CRONOGRAMMI SEZIONE PRIMA POLITICA, STORIA E SOCIETÀ Direttori Paolo A “Sapienza” Università di Roma Angelo A Università degli Studi “Guglielmo Marconi” Comitato scientifico Nicola A Università di Parma Maria Sofia C “Sapienza” Università di Roma Francesco M Università di Utrecht Andrej M Università Napoca–Cluji, Romania Gaspare M Urbaniana, Roma Philippe N European School of Management, Parigi Rocco P Lumsa, Roma CRONOGRAMMI SEZIONE PRIMA POLITICA, STORIA E SOCIETÀ Ispirandosi all’arte di istituire, all’interno di una frase latina, una corrispondenza tra lettere e numeri in grado di rimandare a uno specifico evento temporale (e, per estensione, alla costruzione di una correlata dimensione spaziale) la collana “Cronogrammi” intende offrire, a studiosi, personalità della politica e lettori interessati ai problemi della vita comunitaria, una serie di monografie, saggi e nuovi strumenti critici aperti a una pluralità di linee interpretative e dedicati a temi, questioni, figure e correnti del pensiero politico. La consapevolezza del complesso e, talvolta, controverso rapporto fra verità e storia costituisce, in tale prospettiva, il presupposto di un approccio critico concepito come una riflessione sul pensiero occidentale incessantemente attraversato da problemi e situazioni che coinvolgono al massimo grado la dimensione della politica sia nella sua fattualità empirica, sia nella sua normatività razionale. Le diverse sfere della convivenza umana hanno da sempre imposto alla politica di affrontare e risolvere (attraverso la decisione o la teorizzazione intellettuale) il nesso spesso ambiguo fra la ragione, il bene comune, l’universalità dei diritti e l’insieme degli interessi individuali e collettivi. Questo insieme di relazioni ha sollecitato pensatori, personalità politiche e osservatori sociali a disegnare una pluralità di modi diversi di regolare l’attività politica, presente sia nella società civile, sia nella sfera istituzionale, in modo da scorgere un terreno di differenziazione e di convergenza fra la forza legittima della decisione e la ragione dell’esattezza legale, tenendo conto della distinzione e a un tempo dell’indissociabilità dell’astrattezza normativa con la molteplicità degli interessi in gioco nella ricerca del consenso. Le distinte sfere della noumenicità della giustizia e della fenomenicità dell’utilità, sempre finalizzate alla felicità della persona e della comunità, hanno presentato nella storia dell’uomo diversi gradi di approssimazione e vicinanza che corrispondono anche alla formulazione dell’estesa quantità di teorie politiche, antiche e moderne. Per questo motivo “Cronogrammi” si propone di offrire un quadro critico, sia dal punto di vista filologico che ermeneutico, della geostoria del pensiero politico affrontando i suoi diversi volti ideali, storici e istituzionali. La sezione “Politica, storia e società” comprende studi e monografie dedicati all’analisi del percorso dialettico e diacronico di pensatori, correnti e personalità politiche affermatesi in Occidente, sulla base di una duplice prospettiva, dell’analisi dottrinale e della concreta realtà storico–politica, che tenga sempre conto del nesso fra teoria e prassi. La sezione “Testi e antologia di classici” è dedicata alla pubblicazione di opere (in particolare inedite o rare), traduzioni e antologie dei grandi pensatori della storia e delle principali ideologie, corredate da aggiornate introduzioni e commenti critici di studiosi e specialisti che ne mettano in rilievo prospettive stimolanti e originali. La sezione “Protagonisti e correnti del Risorgimento” intende valorizzare, nell’attuale contesto internazionale di studi politici e sociali e a fronte della mutevolezza delle circostanze storiche, l’idea di una ricorrente centralità di valori, in linea con la presenza nella storia di una philosophia perennis, che i diversi politici, pensatori e storici (dal Rinascimento al Risorgimento, dal Barocco all’Illuminismo), hanno espresso nei loro studi insistendo sulla specificità di una storia italiana mai disgiunta dal contesto europeo. La sezione “Rosminiana” intende pubblicare studi e ricerche sul pensiero teologico e politico di Antonio Rosmini Serbati e sulla relativa storiografia, che a partire dall’Ottocento e passando per tutto il Novecento, ha fatto risaltare l’originalità di questo pensatore, la cui fedeltà al cattolicesimo ha contribuito a rinnovare il nesso fra tradizione e innovazione alla luce dell’eterno problema del rapporto fra fede e ragione e in vista della difesa della persona contro ogni forma di dispotismo. Carla San Mauro Unità federativa o indivisibile La questione costituzionale in Italia nel Triennio giacobino Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: novembre Indice Introduzione Capitolo I Le fasi critiche del Triennio giacobino – Capitolo II Il concorso del Capitolo III Temi centrali delle dissertazioni: il risveglio della coscienza nazionale .. Rousseau tra unitari e federalisti, – .. Montesquieu tra unitari e federalisti, . Capitolo IV Unità federativa o indivisibile? Riflessioni sul dibattito politico nell’Italia del Triennio .. Le premesse dell’unità, – .. Le premesse del federalismo, . Indice dei nomi Introduzione “Il genio della libertà comanda al genio della vittoria. . . Il miglior mezzo d’annientare i vostri nemici è di concedere agli oppressi la libertà. . . L’albero della libertà non è straniero nella nostra penisola” Melchiorre Gioia Questo contributo costituisce l’elaborazione di tematiche affrontate in precedenza da chi scrive in un suo recente lavoro ; tematiche che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti in vista di una prossima e più ampia pubblicazione che si concentrerà su alcuni aspetti di questo significativo momento della storia politica e culturale italiana. Esso ricostruisce le vicende del “celebre” concorso bandito dall’Amministrazione generale della Lombardia il settembre sul tema Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità d’Italia? . L’iniziativa di bandire un concorso su un argomento così spinoso e così ricco di significati politici, culturali, istituzionali, sociali, nasceva dall’intenzione di . C. S M, Unità o federalismo? I testi del «celebre» concorso del : una interpretazione della genesi del Risorgimento, in Le filosofie del Risorgimento, a cura di Maurizio Martirano, Milano–Udine, Mimesis, , pp. –. . Cfr. A. S, Alle origini del Risorgimento: i testi di un “celebre„ concorso (), Roma, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, , voll. Introduzione aprire agli ingegni italiani una vasta carriera, in cui trattando i grandi interessi dell’intera nazione, rendino famigliari al popolo gli eterni principi della Libertà ed Eguaglianza, gli facciano conoscere l’estensione de’ suoi diritti, la facilità di rivendicarli, e gli possono ad un tempo stesso indicare gli scogli in cui può inciampare chi passa dal servaggio alla Libertà . Il “Governo, confidato ai saggi eletti dal popolo ossia la repubblica, è l’unica forma di governo in cui fiorisca la libertà — cioè — la voce di Dio che chiama gli esseri dal nulla” . Questa affermazione, tratta dallo scritto del vincitore del concorso Melchiorre Gioia, Dissertazione sul problema dell’Amministrazione Generale della Lombardia: Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia, può essere letta come una efficace testimonianza della profonda fede repubblicana degli autori partecipanti al concorso. Emblematiche anche le parole rivolte dallo stesso Gioia al Direttorio in un suo articolo apparso anonimo sul “Giornale degli amici della libertà e dell’uguaglianza” del luglio del Sulla sorte che attende l’Italia: memoria indirizzata al Direttorio esecutivo da un cittadino di Piacen. Ivi, I, p. IX e s. . M. G, Dissertazione sul problema dell’Amministrazione Generale della Lombardia: Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia, in A. S, Alle origini del Risorgimento, cit., II, pp. , . La dissertazione, premiata il giugno , “fu pubblicata col seguente titolo: Dissertazione di Melchiorre Gioja sul problema dell’Amministrazione Generale della Lombardia: «Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia?». Premiata a giudizio della Società di Pubblica Istruzione di Milano. I. Omnia ad unum; Milano, l’anno I della Repubblica Cisalpina, nella Stamperia altre volte di S. Ambrogio a S. Mattia alla Moneta, pp. X (non numerate) — . . . in pieno Risorgimento, essa fu ristampata più volte”: A. S, Alle origini del Risorgimento cit., II, p. .; cfr. anche M. G, Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia, Introduzione di Salvo Mastellone, Firenze, Centro Editoriale Toscano, . Introduzione za , uscito prima che l’Amministrazione generale della Lombardia bandisse il noto concorso: Noi abbiamo riconosciuto che la natura, col farci tutti eguali, non lasciava a nessuno il diritto di dominarci, e che l’unica base d’ogni politica autorità è il nostro consentimento. . . L’Italia è dunque disposta alla libertà: dite che sia libera, e l’Italia sarà libera. La felicità di milioni di uomini oramai non può costarvi che una sola parola: la giustizia vi comanda di pronunziarla: l’umanità ve ne prega: il fato deciderà se eravate degni d’avere nelle mani le sorti delle nazioni . Emblematiche perché anticipano i grandi temi della libertà e dell’uguaglianza — comuni ai “patrioti” che operarono nel Triennio giacobino – — dominanti nelle dissertazioni presentate al concorso, e non solo, come si vedrà meglio in seguito. Il lavoro, dopo avere ripercorso brevemente le tormentate vicende politiche relative al periodo del Triennio, si concentra su due argomenti principali. Da un lato, vengono prese in esame alcune tematiche centrali delle dissertazioni presentate al concorso che, sul terreno ideologico, costituiscono un elevato contributo al pensiero politico italiano dell’epoca. Dall’altro, si sofferma sullo spinoso quesito posto dagli organizzatori del concorso del : unità federativa o indivisibile? Con quale forma di governo e su quali basi istituzionali si potrà realizzare la “felicità” dell’Italia? È in questi termini che viene posta la questione costituzionale in Italia in quegli anni. . Approfondite informazioni su questo articolo si possono trovare in A. S, Alle origini del Risorgimento, cit. II, pp. –. . Ivi, II, p. e s. Capitolo I Le fasi critiche del Triennio giacobino – Alla fine del Settecento si assisteva, in Italia, alla formazione di un nuovo ceto politico, al cui interno cominciavano a maturare le prime idee di unità, di indipendenza, di libertà, di sentimento nazionale. Sintomi del formarsi di una coscienza unitaria erano già presenti anche prima della discesa del Bonaparte in Italia. Ma si trattava, pur sempre, di voci isolate. Significative a riguardo sono le parole di Adolfo Omodeo: “questo nuovo patriottismo italiano, che dalla cultura si incammina verso l’azione politica, nasce in una solitudine che sgomenta. Germoglia in qualche uomo di dottrina, s’espande in piccole oasi. Manca ancora all’Italia quel sustrato di solidarietà fra le classi che costituisce la patria. . . la nuova cultura, anche conquistando proseliti fra le classi elevate, rimane arginata da queste barriere di classe” . Fin dai primi anni novanta del Settecento, tuttavia, si andavano diffondendo le prime — sia pure solitarie — manifestazioni di un dilagante malcontento attraverso congiure e sollevazioni, nel si temette addirittura lo scoppio di una grande rivoluzione che, a detta dei promotori, avrebbe coinvolto l’Europa intera. Molto attivi furono in tutta . A. O, L’età del Risorgimento italiano, Napoli, Vivarium, , p. e s. Unità federativa o indivisibile Italia i “patrioti”, i “giacobini”, come venivano chiamati in senso dispregiativo, ma che in realtà erano uomini di legge, professionisti, intellettuali di vario genere; durissime furono le repressioni in molte parti d’Italia. Determinante fu l’azione di Filippo Buonarroti, strenuo difensore della soluzione unitaria repubblicana, che non poco influì sul pensiero dei giacobini italiani e non solo; unità e indipendenza erano le parole d’ordine che si andavano sviluppando nella pubblicistica dell’epoca, nei circoli, ma soprattutto nelle società segrete che ebbero magna pars in questo capillare processo di sviluppo dell’idea unitaria. Particolarmente attiva fu la Società dei Raggi , avversa sia ai Francesi sia ai Tedeschi e ben decisa a “volere la indipendenza contro e a dispetto di tutti” , secondo la testimonianza di Carlo Botta che ha offerto una ampia documentazione sull’esistenza di questa setta. Egli faceva riferimento ad alcune “adunanze segrete, che fra di loro corrispondevano, e la cui sede principale era in Bologna; e siccome da Bologna, come da centro; queste adunanze si spandevano a guisa di raggi, tutto all’intorno negli altri paesi di Italia, così chiamarono questa loro intelligenza società dei raggi” . L’azione della Società dei Raggi subì, tuttavia, un brusco fallimento dovuto a forti contrasti tra i generali Lahoz e Pino e, con molta probabilità, a notevoli carenze organizzative. Ma lascerei direttamente alle parole di Pellegrino Rossi la descrizione dell’attività di questa società: . Cfr. a riguardo R. S, Le Società segrete, l’emigrazione politica e i primi moti per l’indipendenza. Scritti raccolti e ordinati da Silio Manfredi, Modena, Società Tipografica Modenese, , passim. . C. B, Storia d’Italia dal al , Italia, , tomi in voll., V, libro XIV (), p. . . Ivi, V, p. e s. . Le fasi critiche del Triennio giacobino – un fatto assai più importante e meno conosciuto è la società secreta che si formò in Italia, società il di cui centro era, dicesi, Bologna, e le innumerabili ramificazioni della quale (che i socj si chiamavano raggi) si stendevano fino in Sicilia. Si assicura che la sua origine rimontava al , all’occasione dei cambiamenti inaspettati e violenti che Trouvé, inviato a Milano dal Direttorio, fece nella costituzione della repubblica cisalpina. Quest’atto tutto dispotico e militare, esercitato su d’un paese ch’era stato recentemente complimentato per la sua indipendenza, eccitò l’indignazione, e fece prendere la risoluzione di operare per preparare il paese agli sforzi necessarj onde assicurargli l’esistenza politica . Ben presto nacque una sostanziale divergenza tra i vertici della società. Gli uni determinati a utilizzare qualsiasi mezzo, anche l’uso della forza se necessario, contro i “nemici”; gli altri, più cauti, non particolarmente ostili ai Francesi e fermamente convinti che alla Francia convenisse “assai meglio d’avere un’alleata fedele che un popolo tributario ma freddo e malcontento” . Rossi aggiungeva che i “disastri del vennero a colpire la società nella sua culla” , anche se la battaglia di Marengo consentì alla società di riprendere cautamente i suoi progetti e di accelerare il processo di ramificazione. Nel , infatti, essa raggiunse il cospicuo numero di cinquantamila soci: autorevoli militari, maestri del foro, funzionari pubblici, ma anche attivi membri del clero. Sembra che Melzi — a differenza della polizia del Bonaparte — fosse a conoscenza dell’esistenza della società e che essa gli destasse non pochi timori. . P. R, Sulla situazione politica dell’Italia. Articolo tratto dalla revista francese n. XII (Novembre ) e tradotto in italiano da P. Mirri, Brusselles, , p. e s. . Ivi, p. . . Ibidem. Unità federativa o indivisibile Successivamente, come è noto, in seguito alle schiaccianti vittorie del Bonaparte, quasi tutta l’Italia, direttamente o indirettamente, finì per rientrare nell’orbita francese. Gli storici concordano, in linea di massima, nel far coincidere le radici del Risorgimento con la proclamazione delle repubbliche italiane a seguito dell’occupazione militare dell’armata francese. Nonostante fossero nate sotto la protezione di Napoleone, queste repubbliche, “potenzialmente” non filofrancesi , si sentivano psicologicamente svincolate da qualsiasi legame di sudditanza. Diffuse furono, con il passare del tempo, le manifestazioni di intolleranza a “questa forzata e perpetua dipendenza da una straniera autorità nel riordinamento delle nostre cose” . Ognuno si ricorda lo straordinario fremito di gioja che, al primo scendere de’ Francesi, si suscitò ne’ Popoli Italiani. Memori questi della loro antica prosperità, si alzarono dal monarchico letargo a nuove e sublimi speranze, e ravvisarono nelle Truppe nemiche ai loro Re i loro proprj liberatori. Ma sgraziatamente si è abusato di queste felici disposizioni; uno stormo di avvoltoj, quanto piccolo tanto più ghiotto e feroce, si è sparso su la misera Italia; e si trovarono pure tra le nostre Autorità uomini che o per perfidia o per debolezza loro lambendo gli artiglj, se non alla preda, almeno allo strazio parteciparono. . . Ma il primiero entusiasmo più non esiste; la difidenza è nel cuore del Popolo, e il non troncato disordine la ravviva . . “i giacobini italiani furono tutti in una situazione di indipendenza psicologica dalla Francia ed è un far falsa strada il voler scorgere minor giacobinismo allorché erano più forti le speranze e le illusioni verso la Grande Nation e maggior giacobinismo quando la situazione diverrà diversa. In realtà, i giacobini italiani furono sempre potenzialmente non filofrancesi”, A. S, La questione del «giacobinismo» italiano, in “Critica storica”, , , p. . . “Il Tribuno del Popolo”, agosto , num. . . “Il Tribuno del Popolo”, agosto , num. . . Le fasi critiche del Triennio giacobino – Sempre nel giornale “Il Tribuno del Popolo” del agosto del vi era una forte denuncia — unita a delusione — della strumentalizzazione subita dalla Francia e da Bonaparte: se la nostra prosperità fosse il vero motivo delle cure di Bonaparte, sarebbe stato a lui più onorevole e più utile a noi, s’egli avesse usato co’ Popoli Italiani più da amico che da padrone, e se si fosse ristretto a giovarci nella nostra libera carriera colla prudenza de’ suoi consiglj, anzi che constringerci ad eseguire indeclinabilmente l’assoluta sua volontà. Per tal modo egli avrebbe schivato la taccia di aver voluto costituirci in un libero governo coi mezzi della servitù. . . A’ varie cagioni è dovuta la nostra libertà, ma tutto da Bonaparte dipende il di lei stabilimento; egli può essere il nostro amico, il nostro padre, il nostro benefattore: ch’esso il voglia, e sarà fatto . Molto spesso, però, accadeva che questi giacobini si rifugiassero nel mondo delle utopie e aspirassero ad ambiziosi, quanto irrealizzabili, progetti di radicali riforme sociali. Pur consapevoli che i tempi non fossero ancora maturi per agire e che la liberazione dell’Italia dalla presenza francese dovesse passare attraverso tutta una serie di sciagure, i giacobini erano, tuttavia, fiduciosi che l’Italia potesse “risorgere a nuova vita ed a nuova grandezza; nel qual pensiero erano infiammatissimi” , e pareggiare “Germania e Francia per potenza, come le pareggiava per civiltà e per dottrina” . Propendevano quasi tutti per la forma repubblicana, infatti “ognuno voleva essere, ognuno si vantava di essere repubblicano, cioè amatore del governo della repub. “Il Tribuno del Popolo”, agosto , num. . . C. B, Storia d’Italia dal al , cit., I, libro III (), p. . . Ibidem. Unità federativa o indivisibile blica” . I “patrioti” continuavano a sperare che potesse giungere “presto il giorno fortunato, che tutti i popoli dell’Italia deposta ogni antica gelosia” potessero formare “un solo corpo, il quale, imponente per la sua forza e per la sua energia”, facesse rinnovare “nel di lei seno i secoli gloriosi della Romana Repubblica” . Carlo Botta nella sua Storia d’Italia dal al dedicava pagine toccanti, dal sapore autobiografico, agli “utopisti”: Ora per raccontare di coloro che inclinavano ai Francesi, od almeno desideravano che per opera loro si facessero mutazioni nello stato, diremo, che per la lettura dei libri dei filosofi di Francia era sorta una setta di utopisti, i quali siccome benevolenti ed inesperti di queste passioni umane, credevano esser nata una era novella, e prepararsi un secolo d’oro. Costoro misurando gli antichi governi solamente dal male che avevano in se, e non dal bene, desideravano le riforme. Questa esca aveva colto i migliori, i più generosi uomini; e siccome le speculazioni filosofiche, che son vere in astratto, allettavano gli animi, così portavano opinione, che a procurare l’utopìa fra gli uomini non si richiedesse altro che recare ad atto quelle speculazioni, persuadendosi, certo con molta semplicità, che la felicità umana potesse solo e dovesse consistere nella verità applicata . Essi tuttavia peccarono di ingenuità e commisero il grave errore di porre la loro fiducia in uomini “infedeli”: gli utopisti di quei tempi per amicizia, per sincerità, per fede, per costanza d’animo e per tutte quelle virtù che alla vita privata si appartengono, non siano stati piuttosto singolari che . Ivi, I, III, p. . . “Giornale degli amici della libertà e dell’uguaglianza”, n. , brumifero anno V della Repubblica Francese ( ottobre v. s.). . C. B, Storia d’Italia dal al , cit., I, libro III (), p. . . Le fasi critiche del Triennio giacobino – rari. Solo errarono, perchè credettero, che le utopìe potessero essere di questi tempi, perchè si fidarono di uomini infedeli, e perchè supposero virtù in uomini che erano la sentina dei vizj . Valgano come esempio le parole struggenti rivolte dal milanese Francesco Reina al “Cittadino Generale” Bonaparte nel breve opuscolo, apparso per la prima volta sul “Termometro Politico” del maggio del ( pratile anno V), quando si svolgevano le trattative di Mombello tra Napoleone e il ministro plenipotenziario in Austria marchese di Gallo . Esse sono piene di speranze per il futuro dell’Italia: La Italia per mano vostra è renduta libera in gran parte. Essa sta per passare tranquillamente, esempio unico fra le nazioni, da uno stato di debolezza, d’inerzia, e di avvilimento alla vera grandezza e prosperità. Il popolo spera tutto dalla nuova forma di governo, ma egli è ancora mancante di energia, di cognizioni, e di mezzi, onde pervenire al proprio ben essere rapidamente. Sta a voi, fornito di gran lumi e del necessario potere, a stabilire il fondamento della pubblica felicità. Voi conoscete il genio e la condizione degli Italiani: voi vedete, in loro, talento, vivacità, e coraggio. L’educazione tirannica cospirò sempre a fiaccare queste eccellenti qualità, capaci di risalire presto ad un grado notabile di perfezione. . . Il carattere degli Italiani è capace della grandezza repubblicana, ma bisogna guidarveli. È perciò necessario lo stabilimento di un governo, che tutti raccolga gl’interessi delle varie popolazioni, che ne formi una nazione, e che le dia forza e sicurezza. Ciò non potrassi mai ottenere assolutamente, senza la unità, ed indivisibilità degli stati liberi italiani. . . Costituita una sola nazione sarà essa potente, e capace d’opporsi alle invasioni . Ivi, I, III, p. . . Per quanto riguarda questo opuscolo si rimanda ad A. S, Alle origini del Risorgimento, cit., III, pp. –. Unità federativa o indivisibile dell’imperadore, mercè un vigoroso governo militare; e servirà di forte barriera al mezzodì della Francia. . . Cittadino generale, il sistema dell’unità, ed indivisibilità è quello della vostra patria; è quello d’ogni repubblica, che aspiri ad essere felice. . . La vostra gloria di fondatore di repubblica popolare è la più sublime tra gli uomini, siccome la più tendente al comun bene. La vostra benevolenza sarà pure sempre cara e riverita dagli Italiani. Ma questa gloria sarà poco durevole, questa benevolenza varrà poco, se voi non cercate i mezzi di rendere tranquilla, sicura, e perpetua tra noi la libertà. . . Bonaparte padre della patria italica si studierà per ogni verso di renderla felice . Emblematiche a riguardo anche le parole rivolte da Carlo Botta a Napoleone nella sua Proposizione ai Lombardi di una maniera di governo libero Il popolo lombardo seppellisce colla spesa di dugento mine questo Bonaparte da Corsica; e vuole inoltre, che perpetuamente venga onorato con gare musicali, equestri, e ginniche per aver egli abbattuti i tiranni, ripopolate le più grandi di quelle città, che stat’erano devastate e stabilite ottime leggi ai Lombardi . E quelle, non meno intense, di Giuseppe Fantuzzi: Tu degna d’accogliere questo scritto, e con esso i puri voti d’un . Ivi, III, pp. , . . C. B, Proposizione ai Lombardi di una maniera di governo libero, in A. S, Alle origini del Risorgimento, cit. I, p. , (il corsivo è nel testo). La dissertazione “fu stampata «in Milano, , della Rep. Franc. An. V, nella Stamperia altre volte di S. Ambrogio a S. Mattia alla Moneta». . . L’opera fu ristampata, dopo la morte dell’autore, col titolo Pensieri politici (Italia, , pp. ), A. S, Alle origini del Risorgimento, cit. I, p. . Si ritiene per tradizione che il Botta abbia partecipato al concorso; tuttavia, il Saitta sostiene che la sua partecipazione “non è comprovata da alcuno dei pochi documenti superstiti del concorso stesso; essa è stata negata da L P, I tentativi di nuove costituzioni in Italia dal al ”, ibidem.