rale di fanteria piemontese
Santa Maria e la Fontana miracolosa
due terzi della via Thaon De Revel, sulla sinistra, si apre alA
la vista il santuario di Santa Maria alla Fontana, uno dei
complessi monumentali più amati dai fedeli di tutta Milano.
Narrano le cronache dell’epoca che Luigi XII nominò governatore del Ducato di Milano il nipote del suo primo ministro, il giovane maresciallo di Francia Carlo II d’Amboise. Egli governò per
undici anni e morì nel 1511 a soli 38 anni. Appena giunto a
Milano una malattia agli occhi gli minacciava la vista. La paura
della cecità fu tale che vista l’impotenza dei medici, Carlo diede
retta ad alcune voci che gli parlavano di una fonte che guariva i
mali dei fedeli. Si trovava oltre le mura della città, in aperta campagna, tra i campi a settentrione, in una zona disabitata e caratterizzata da boschi e fontanili.
La zona era attraversata da sud a nord dalla via Comasina, che,
partendo dal centro di Milano, percorreva l’asse oggi rappresentato da via Mercato, corso Garibaldi, corso Como, via Borsieri, via
Thaon di Revel, via Menabrea, piazzale Maciachini; qui iniziava
il comune di Niguarda a nord-est ed il comune di Dergano a
nord-ovest. La leggenda narra che già da secoli la popolazione si
recava in quel luogo, pregando il nome di Maria. Il governatore
si fece allora pellegrino, si bagnò e pregò. Guarì e la riconoscenza fu
tale che anni dopo fece sorgere un tempio in onore della Vergine. La
prima pietra fu posata il 29 settembre 1507, esattamente cinquecentodue anni fa.
Attorno alla fonte e alla naturale depressione del terreno il complesso di Santa Maria alla Fontana si presenta composto da parti diverse: il Santuario collocato in una piccola conca sotto il livello del terreno su cui poggia la chiesa secentesca sovrastante, che corrisponde
alla fabbrica del primo Cinquecento. È composto da una cappella
quadrata coperta da una volta ribassata, al cui interno è posta la fonte miracolosa, e da un retrostante vano rettangolare, comunicanti
tra loro per mezzo di un raffinatissimo doppio arco.
un porticato che circonda il piccolo complesso e che sui lati meridionale e settentrionale si sviluppa in due chiostri anch’essi quadrati,
dando origine sul lato occidentale ad un lungo porticato che, ancora
nell’Ottocento, si affacciava su una grande vasca, ora divenuta un
semplice piazzale.
La Cappella comunica coi chiostri e il porticato per mezzo di tre ingressi, uno spazio aperto e arioso grazie ai bellissimi e armoniosi
chiostri, per meglio accogliere i pellegrini, specie i malati, che usufruivano anche della farmacia-sacrestia annessa, e alloggiavano in
alcune costruzioni adiacenti; infine la Chiesa, posta a un livello superiore e ad esso collegata da una scala.
I primi custodi della Fontana furono i monaci benedettini di
San Simpliciano, con il quale ebbe inizio anche la decorazione
del santuario e che erano i proprietari dei terreni attraversati dalla via Comasina.
Alla metà del Cinquecento Ferrante Gonzaga, governatore spagnolo, promuove l’ingresso alla Fontana dei Padri Minimi di san
Francesco di Paola, chiamati a sostituire o affiancare le forme del
monachesimo di origine medioevale.
Intanto nel seicento la Fontana non è più solo un luogo di devozione,
ma è ormai il centro di una comunità stabile che diverrà presto parrocchia. Quando nel 1787 i Minimi si trasferiranno nell’attuale via
Manzoni, il Santuario è ormai il punto di aggregazione dei fedeli di
un borgo vivo a prevalente attività agricola, destinato ad essere uno
dei futuri quartieri cittadini più attivi sul versante dell’artigianato.
Da vedere ci sono alcuni affreschi attribuiti alla scuola del Luini, con
un gusto naturalistico tutto lombardo.
Eccezionale, perché raro, l’ornato a grottesche dell’ex sacrestia, con
intrecci in cui si riconoscono figure simboliche come il sole raggiato
della divina Provvidenza, l’ibis (uccello sapienziale secondo la
La Fonderia Napoleonica Eugenia
Bibbia), il caduceo (la verga alata emblema della medicina).
L’affresco della singolare volta “a ombrello”: nei dodici spicchi, i dodici apostoli - senza il traditore Giuda, ma con il convertito Paolo - in un carosello celestiale dai toni squillanti e
dalla vivace espressività dei volti che al centro ha Dio Padre
benedicente, astro d’amore e di beatitudine che rifulge di luce: una figura che emerge non solo simbolicamente, ma anche materialmente, non essendo soltanto dipinta, ma scolpita in legno e modellata in stucco.
Sempre all’ultima parte del Cinquecento è da far risalire la grande tela posta dietro l’altare, per cui si fanno i nomi dei fratelli
Campi, ma l’attribuzione è ardua, per l’assenza di documentazione e per i numerosi rimaneggiamenti e le pesanti ridipinture cui
negli anni è stato sottoposto il quadro.
Nel dipinto la Vergine col Bambino è attorniata da cherubini e dagli arcangeli Michele e Gabriele, mentre ai suoi piedi
si vede un uomo prima malato e prostrato, poi guarito e
orante, accompagnato dal santo fondatore dei Minimi e dal
provinciale dell’epoca. Forse si tratta dello stesso Carlo
d’Amboise. (Angelo Longhi)
La Tipografia Tob
iero Oberti è nella bottega della Tipografia Tob da trentacinque
P
anni. Sarà per il lavoro che facciamo, ma l’odore dell’inchiostro,
del piombo e della carta stampata ci fanno un certo effetto, e le macchine da stampa di questa tipografia ci affascinano. Un pregio che
macchine moderne, con quell’aria da grossa fotocopiatrice, non possono certo vantare.
Oberti produce stampati, modulistica, biglietti da visita, carta intestata, cataloghi, dépliant… tutto per una efficace comunicazione
aziendale, in un ambiente piccolo e stracolmo di macchine al punto
che c’è da chiedersi come ci si raccapezzi.
Lavora da solo, nei vecchi locali della via Thaon di Revel, che hanno
conservato il fascino delle botteghe di una volta, come si vede dalla
foto che pubblichiamo.
arcato il portoncino del numero 21, si deve percorrere un breV
ve vialetto tra case prima di arrivare al cortile di accesso vero
e proprio al grande edificio della fonderia. Ma già in alto, tra i tetti, si scorge l’ala protettiva del campanile di Santa Maria alla
Fontana. È una vista emozionante perché la si indovina immutata da oltre due secoli, da quando carri, uomini, buoi, muli si affollavano in questi spazi per alimentare le grandi fornaci della fonderia o ripartirne con le incredibili campane di bronzo di mezza
Europa. Di colpo cadono i rumori del traffico e l’aria si rinfresca.
È come veramente entrare in una caverna del tempo. La struttura della fabbrica è imponente, con i suoi muri in bugnato anneriti dal tempo, le volte dei suoi soffitti quasi invisibili tanto sono alte, con misteriose travature e grosse catene inquietanti. Una specie di materializzazione delle prigioni fantastiche di Giovanni
Battista Piranesi, il grandissimo, visionario incisore veneto del
700. La fonderia, d’altronde, viene costruita nei primissimi anni
dell’800, ed è facile pensare che le robuste strutture di carceri, fortezze, fornaci, non fossero davvero molto cambiate.
Nell’ampio stanzone di ingresso, quest’anno, si sono tenuti agli inizi dell’estate degli apprezzatissimi lunch musicali. Gli strumenti
solisti o le miniformazioni musicali che accompagnavano il buffet
trovavano in effetti nei grandi spazi irregolari e ruvidi dell’edificio
un ambiente dall’acustica perfetta. Passata dai primi proprietari,
i Manfredini, ad un’altra dinastia di fonditori, i Barigozzi, la fonderia ha continuato ancora, per oltre un secolo, a “produrre” campane e monumenti in bronzo. Sue le campane di San Marco. Sue
le campane del Duomo di Firenze.
Attualmente dismessa come fonderia attiva, continua ad essere,
nelle mani dell’ultimo erede Barigozzi, un luogo di arte, di cultura, di trattenimento. Oggi i suoi antichi edifici sono praticamente
divisi in due parti; una parte aperta alle iniziative estemporanee
di utilizzo, l’altra organizzata in museo fisso dedicato all’arte fusoria ed all’attività della famiglia Barigozzi.
Evento straordinario, due anni fa circa, il ciclo di giornate durante le quali il Fai (Fondo per l’Ambiente Italiano) ha fatto conoscere la fonderia-museo a molte centinaia di giovani studenti. Il museo è visitabile su prenotazione. La necessità di una guida per l’accompagnamento e la tutela dei visitatori, favorisce chiaramente,
per motivi economici comunque mai proibitivi, le visite di gruppo.
La visione diretta è insostituibile, ma dopo la visita sono comunque in vendita opuscoli illustrativi che permettono di comprendere e prolungare nel tempo lo spirito e la bellezza della grande
Eugenia. (Primo Carpi)
Foto: © Fonderia Napoleonica Eugenia
Anziani, attenti ai truffatori! Non fate entrare sconosciuti in casa vostra.
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