Due testimonianze per Pietro Simone
Anno II - n. 3 - febbraio 2009
Vogliamo, anche in questo numero, dedicare la prima pagina al ricordo di Pietro Simone, al quale il Pivot ha intitolato la 10a edizione del Premio Letterario 2009. Scegliamo due testimonianze, che sono state edite nell’opuscolo
Nel 10° anniversario della morte del Rag. Pietro Simone 1935 - 12 luglio - 1945, curato da Giovanni Silvestri, stampato a Locorotondo dalle ArtiGrafiche Angelini & Pace, rispettivamente alle pagine 2 e 5. (L’opuscolo è di 16 pagine e le pagg. 7-14 raccolgono brani da conferenze del Simone). La 1a testimonianza, Notizie biografiche, che come
si vedrà non sono solo biografiche, è firmata dal Sac. Prof. Giovanni Silvestri, docente del Liceo Classico di
Conversano, fondatore dell’Opera Assistenziale oggi a lui intitolata. La 2a testimonianza è di Fra’ Agostino Castrillo,
Provinciale O.F.M. (nel ’45), poi vescovo, infine avviato alla causa di beatificazione.
Notizie biografiche
In Memoria
Sono passati dodici anni, o caro e buon
Nacque il 28-5-1901
Pietro Simone, e ancor mi dura vivo e musi… Tutta la sua vita spirituale si impernia
intorno ai nomi dei due Sacerdoti ed artisti D.
cale nell’anima il ricordo dei nostri quasi
Giuseppe Ottomano e D. Pietro Giannuzzi e
quotidiani incontri nei ventiquattro mesi di
intorno al loro programma: «Religione - Patria
permanenza nel suggestivo convento di S.
- Arte divina dei suoni».
Maria della Vetrana.
In questo ambiente religiosamente elevato
Allora nella pace raccolta della mia
e distinto il suo animo, mediante il lavorio
nuda cella, e per vie solitarie, snodantisi tra
interno della Grazia, venne disponendosi
le belle campagne Castellanesi, popolate di
all’Apostolato sociale in mezzo alla gioventù e
vigne e di oliveti, e, in primavera, festanti di
la fondazione, nel maggio 1921, del Circolo giomandorli in fiore, sotto il vasto azzurro del
vanile, dedicato alla memoria del Maestro D.
cielo, noi si discorreva, cuore a cuore, di Dio
Pietro Giannuzzi, primo Cappellano d’Italia
… di apostolato … di francescanesimo … di
morto in guerra, segna l’inizio della sua attività sociale, a cui attese con santo entusiasmo,
poesia … di musica … di che il nostro giovasempre sotto le direttive del proprio Vescovo, il
ne spirito era vago e insaziabile.
quale ebbe più volte ad incoraggiarlo e in una
E di tutte queste cose godevamo e soffrilettera del 21-1-1924, diretta all’Assistente
vamo insieme. Ora vive un palpito del tuo
ecclesiastico degli Esploratori cattolici, così
mondo interiore, e risuona un’eco della tua
scriveva: «Invio la mia Benedizione con i più
Pietro Simone in perfetta tenuta da caporiparto boy scout,
attività di giovane Cattolico e di Terziario
durante
una
conferenza
per
l’Associazione
Scoutistica
Cattolica
Italiana
fulgidi e santi auguri allo zelante Simone
Anni 1921-25
Francescano
in queste pagine, che si pubbliPietro!»
cano a cura e a Conforto dei tuoi Cari e di
Da questa attività non andò disgiunta quella francescana.
Iscritto infatti al T. O. F. ed entusiasta dell’Apostolato dei Figli di S. molti che ti vollero bene. E a me, che ti fui amico dell’anima e fratelFrancesco in mezzo al popolo, li aiutò nel rendere con il canto più lo in S. Francesco, è serbato l’onore di segnalarle all’ammirazione dei
decorose le sacre Funzioni e specialmente nel farsi promotore della buoni e all’imitazione di tanta gioventù bisognosa di orientamento
loro sistemazione giuridica nei riguardi del Comune.
cristiano.
La sua anima ardente non poteva rimanere nascosta ai Dirigenti
Tu, ne son sicuro, godrai di poter fare ancora un po’ di bene, e sorsuperiori di A. C.. L’Avv. Rossi, infatti, Presidente della G. C. I., lo riderai dall’alto non più col tuo sguardo velato di soave mestizia, ma
volle fra i suoi propagandisti e fu questo incarico che gli procurò scintillante, ormai, di celestiale letizia.
l’ambita occasione di guadagnarsi la benevolenza di alcuni
Eccellentissimi Presuli della Regione, come di Mons. Curi,
Foggia, 17-9-1945
Arcivescovo di Bari, di Mons. Trama, Vescovo di Lecce e di Mons.
Gioia, Vescovo di Molfetta, il quale ultimo ne era veramente entusiaFRA AGOSTINO CASTRILLO - PROVINCIALE O. F. M
sta.
Le numerose conferenze, da lui tenute in Castellana e fuori in
varie circostanze, destano ammirazione, se si pensi che queste furono fatte, con un’impronta tutta personale, per promuovere ed affermare, solo con l’aiuto di pochi, l’Azione Cattolica, in tempi ed in
ambiente difficili. Degni di speciale rilievo sono poi i suoi frequenti
Colloqui con Dio, che sono indice della elevatezza della sua formaRivista a cura del Circolo Pivot - via Tommaso Pinto 32 Castellana Grotte
zione spirituale, e che richiamano in qualche modo la figura di un
www.circolopivot.it - [email protected] - tel. 0804967250
Giosuè Borsi, del quale egli ammirò le virtù e seguì la preziosa morte
nella primavera della vita …
Consiglio direttivo eletto nel giugno 2008: presidente Federico Simone; viceMorì il 12-7-1935
presidente Maria Sgobba; consiglieri: Antonino Piepoli, Mino Cardone, Giacomo
Castellana, 7 ottobre 1945
SAC. PROF. GIOVANNI SILVESTRI
Loperfido, Scipione Navach, Pierino Lanzilotta, Dina Manghisi, Grazia Salvatori,
Pierino Iurilli, Vito Dellarosa, Pino Mastrosimini.
I
I quaderni del Pivot
Maria La Volpe
Raccolta di poesie:
“A riva per qualcosa da ritrovare” 1997 – Libro italiano
“Il piacere violato” 1998 (nell’Antologia di A.A.V.V.”Il
Calamaio”-Quaderni di poesia)
“Spostando termini” 1999 (Ibidem)
“Coniugando tracce” insieme ad A. Lestingi 2000 –
Book Editore
“Il moto perpetuo della quotidianità” 2004 – Ibiskos
Editrice.
Tranne la prima, che abbraccia gli anni ‘92-‘97, tutte
le altre raccolte, anche se pubblicate in anni diversi, si
riferiscono esclusivamente al periodo ‘96-‘97.
Pertanto, in considerazione della compressione temporale degli anni della massima produttività di Maria e
quindi della difficoltà di poter cogliere una linea di effettivo svolgimento storico di questa produzione, comincerò
ad analizzare l’ultima raccolta “Il moto perpetuo della
quotidianità” (2004), riservandomi di rivolgere successivamente la mia attenzione alle prime, seguendo ovviamente l’ordine cronologico di pubblicazione.
La lettura di queste poesie ci traccia subito il ritratto di un’anima scollata dalla realtà e, per così dire, in
libera uscita. Ma non si pensi che questo voglia significare assoluto vagabondaggio della coscienza storica, che
non sa trovare coordinate, fissare paletti o prendere
spunti dalla realtà, per farne oggetto di meditazione e di
approfondimento.
Una volta A. Einstein affermò che la creatività è più
importante della conoscenza.
E tra tutti coloro che non oserebbero dargli torto ci
potrebbe essere Maria.
Se andiamo difatti ad analizzare il senso più profondo della sua poesia, ci accorgiamo che la sua coscienza
storica non solo esiste, ma giganteggia, nel momento in
cui rifiuta di adagiarsi nella banalità di tutti i giorni ed
accetta l’idea base della creatività, che in ultima analisi
è quella che fa progredire il mondo:
“Ne ha fin sopra i pironi il mio pianoforte
del calar di tono
delle battute d’arresto di creatività
piegate al gusto melenso di mediocrità…”
Il mio pianoforte (16)
Si può discutere semmai sui risultati di questa poesia, che, disdegnando la pedanteria e la ripetitività, va
alla ricerca della creatività, ma non sulla validità del proponimento di fondo né sui temi né sulla sintassi interiore né sul lessico, che Maria si sceglie di volta in volta nel
suo percorso.
Come accade, leggendo tutti i poeti, portati più allo
scavo interiore (a fine lettura, ci accorgiamo difatti che
non esiste in tutta la raccolta una sola poesia che non
abbia, per lo meno un aggettivo o un pronome possessivo) si rimarrebbe delusi, andando in cerca di descrizioni
di cose e di fatti concreti. E questo io, pensante e descrivente se stesso, illudendosi di pensare l’oggetto fisico, il
mondo esterno, si sceglie i suoi spazi ed i suoi tempi.
Esistono dei topi nella poesia di Maria, che sono
come i suoi rifugi spirituali, i suoi punti di riferimento.
C’è, per esempio una piazza famosa:
“Non lontana dalla casa che conosco
c’è una piazza
dove ho smesso d’incontrare il tempo..”
“Non lontano dalla casa…” (13)
II
Analogamente c’è una stanza, in cui questo io narrante
si rintana, per poter scrutare furtivamente
“ ...le più remote lontananze dell’essere”
Anche se la sognante visione dell’orizzonte, riesce appena a stemperare l’assillo del Contingente e della vita, che
detta i suoi ritmi del “Qui” e dell’”Ora”, (ambedue scritti non
a caso con la maiuscola) - “La mia stanza”. (14)
E c’è anche un’ora di diversa natura, non imposta dai
ritmi frenetici di vita, ma liberamente eletta come rifugio,
da poter dedicare a quelle opere, che Maria chiama
“Digressioni”, insolita definizione della poesia, che provvidenzialmente ci allontana dalla realtà, anche se non mancano a cena i soliti “intrusi affogati nel brodo”. - “Comincia al
crepuscolo il mio lavoro”. (23)
Infine Maria non ama il sole ruggente, che tra l’altro
non disdegna di attaccare la pelle del suo volto, che è “pronto a carreggiare via le voci-strascicate degli umani ingorghi.
Morenti- lungo i miei fianchi ormai rocciosi - dove il
granchio si sposta indisturbato…
Trova altre vie di rifugio nel calore dell’amicizia:
“Che m’importa!..se avrò ancora notti,
per bere l’azzurro dei tuoi sogni
e le stelle…”
Questi ancoraggi provvisori dell’anima sono il segno
inconfondibile di questo “male di vivere”, che contraddistinse un po’ più drammaticamente del solito il secolo appena
trascorso. Perché il Monte Tabor, rifugio del recanatese, era
sì il colle dell’infinito, che lo faceva naufragare, ma si trattava di un naufragio dolce, ineluttabile, rassegnato, che equivaleva ad un approdo: mentre l’inquietudine, la scontentezza, l’incertezza accompagnano implacabilmente la vicenda
umana dell’uomo moderno.
Di che pasta è fatta la società, in cui ci tocca di vivere?
“…alla sera, incessanti
ghignano e turbinano
oziose combriccole di mattacchioni…
(Non lontano dalla casa che conosco…) (13)
E le cosiddette serate intelligenti, come le mostre di pittura, sono per caso liturgie politiche, ove persino lo spazio
viene asservito
“ ...dal dispotico e trionfale
ingresso principale
dai suoi annessi e connessi…”
(Palazzo S.Gius. - La sinistra bene adunata) (19)
Dunque: stagnante men che mediocrità da una parte e
politica condita di pseudocultura, dall’altra.
Non è certo tra le più confortanti la visione che M. ha
della vita.
Ripercorriamo, adesso a ritroso l’ordine non cronologico,
che l’autrice ha voluto dare ai suoi componimenti .
Neanche la scuola, intesa come viva realtà istituzionale, ove M. opera, si salva da questa visione.
Espressioni volutamente tronfie, come “pulpito scolastico”, la dicono lunga a proposito, mentre quel participio passato sbreccato”, sottolinea la sensibilità tutta femminile, con
cui M. vede soffrire le cose, che, come gli esseri animati,
paiono rompersi, a contatto della vita quotidiana.
Ci si ritrova dinanzi al “ rivo”, alla “foglia” al “cavallo” di
E.Montale, che differentemente, ma tutti intensamente soffrono.
Può illuminare questo buio quella “conca di cielo”, che
ad un certo punto fa capolino nella poesia?
I quaderni del Pivot
Anche la poesia “A mia madre”, tanto consacrata dall’uso e divenuta quasi
un atto dovuto della classe poetica, che avrebbe potuto costituire per M. una
pausa di serenità e di appagamento, appare intristita da queste “lacrymae
rerum”: “prato spiegazzato”, “audaci sfrontatezze”, “lotte senza quartiere”,
“strinando camicie”, “collera incrinata”, “stanco annaspare”. – “Quando bardavi a festa” (27) e “Il pulpito scolastico” (44).
Voglio soffermarmi con particolare riguardo, anche perché so benissimo
che sono molto a cuore alla poetessa, su due poesie, che rappresentano, più
delle altre, il punto d’approdo più significativo di questa sofferenza, che consiste nel deliberato, stoico proposito di precludersi aprioristicamente la possibilità di sognare.
La prima, “Han tranciato le dita alla luna” (18), è l’uomo moderno, razionale, che spazza qualsiasi ostacolo, che si frapponga tra il soggetto e l’oggetto;
è l’uomo profondamente smagato, che rompe “la spessa corazza (che) chiudeva
la sua fiaccola”, che non gli permetteva di vedere “le infiorescenze dei vissuti
andati a male”. Ma tale rifiuto non è un caotico, deliberato proposito, che
potrebbe suonare conformismo, ma il naturale portato di una civiltà rinsecchita, ripiegata su se stessa, cui non rimane altro che la coscienza dolorosa di questa incapacità: “Sapessi nutrire l’alea col canto eccitato della leggerezza…”.
Questo mi pare essere, dopo quello leopardiano, che ancora conserva un barlume di attaccamento a questo mondo, il vero “..tramonto della luna” dell’uomo
moderno.
La seconda, “Dietro i miei giorni fluttuanti” (17), riecheggia forse inavvertitamente l’ansimare montaliano del mare: “(Ripullula il frangente - ancora
sulla balza che scoscende…)”
Bene sempre il mare riesce a simboleggiare la mutevolezza della vita. La
solitudine s’appiatta dietro i giorni fluttuanti di ognuno di noi e ci fa brillare di
sfumature diverse, anche la schiuma della battigia.
In questa raccolta non c’è argomento che ci indichi in qualche modo la via
del rifugio.
Ovunque un diffuso sentimento di sdegnoso e dignitoso distacco dalle cose
del mondo, che appare non frutto di un incidente di percorso, ma logica conclusione di un lungo itinerario senza fremiti ne’ scosse. È stato detto della sua poesia che sa toccare le nostre corde talmente in profondità, che le sensazioni
rimangono impresse nella memoria sensoriale assai più e ancor prima che in
quella razionale.
Non sono molto d’accordo con questa visione.
Da questa breve opera poetica spira una tristezza serena, che, sotto immagini di poesia, è il risultato di profondi convincimenti ben radicati e verificati.
Altrimenti come si spiegherebbero quelle espressioni complesse, in cui il significato d’una parola sembra subire il bombardamento di un’altra, che pare spezzettarla in tante sfumature di significati, che non sembrano affatto affidate al
caso.
A questo punto si potrebbero fare degli esempi: “Infiorescenze di vissuti
andati a male …(18) …dissapori dei crogiuoli di quartiere…fornelli di schietta
diffidenza accesi (22)…Pantani di adeguamenti ad alto credito rischio
nullo…(28) - …“s’affaccia il tuo plotone d’armonie al muricciolo spento dell’ubbia integralista dei pedanti…(29)…il mio campo umbratile incredibilmente
rastrellato dallo zelo di madreggianti prudenze arcaiche (31)…la tua dedizione
oscurata da dissimulati ravvedimenti maritali…(34).
Questo costante percorso svagato, dettato soprattutto dalla razionalità
avrebbe potuto trovare scampo nel “garrulo ritorno”, nel “nostos” alla città d’origine. Ma cosa attendersi da chi, invece di calarsi, seppur per un attimo, in un
bagno ristoratore di ricordi, avvolge e dissolve in un sottile velo di humour persino le favole della nonna?
“Sbugiardati i brusii freschi di giornata,
a bagnomaria cuocevo le narrazioni di mia nonna.”
D’immigrazione ed altro (22)
Malgrado tutto non appare totalmente spenta la capacità di sognare, in
quest’anima bella, anche se i sogni non diventano ali per volare quotidianamente, ma appaiono piuttosto un impegno programmatico, fortemente affidato a quei tempi futuri: “scorrerete… culleranno…saetterete…”.
E questa nobile tristezza è presente sin dai primi versi.
Un II vol. di poesie di Stefano Mallardi
Nostra poesia d’amore!
Nel n. 445, a p. 10, di PG del
2008, dicendo poche parole del vol. I
di Puglia, nostra poesia d’amore! di
Stefano Mallardi, scrivevo: “Un
libro piccolo piccolo, pieno pieno
d’amore…”. Che dovrei scrivere ora,
che è uscito con lo stesso titolo, dello
stesso autore, presso lo stesso editore,
Suma (non Summa come scrisse il
detto n. 445!), stesse pp.: 76, stesso
prezzo: 5 euro, il II volume? Che
dovrei scrivere?
Questo II volume, quanto ad
amore, ad ogni pagina tracima, trabbocca ed esonda per impeto coinvolgente e sconvolgente. Dirò di più: ci
sono spunti, allusioni, guizzi “piccanti”, arditi, sensuali (vedi – ad esempio
– le pp. 12, 16, 23, 27), che coinvolgono tutto il corpo (e specialmente le
mani,… ma anche i piedi, vedi le pp.
37, 62, 63). Nella tormenta di tanto
amore non manca - ovviamente – il
diluvio dei baci: tanti, tanti, tanti… (a
p. 67 ce n’è un elenco abbastanza dettagliato: “il primo bacio vicino al
mare; il bacio sull’altare; i baci della
notte; i baci del mattino; i baci d’estate, d’autunno, d’inverno, di primavera; già sto pensando a quelli di stase-
ra, ecc. ecc.: … li ricordo tutti!”.
Cornice sottintesa o dichiarata
a tanto amore è la Puglia, magari
Sammichele, patria dell’autore, o i
suoi dintorni, o la sua campagna
(vedi la 1a poesia, p. 7, Il Paradiso,
vedi gli ulivi, che son presenti alle
pp. 17, 31, 58, 68, 74). E, a proposito di Puglia, voglio richiamare la
tua attenzione sulle due copertine
dei due libri. Illustrazione del 1°
era San Nicola di Bari, del 2° San
Nicola Pellegrino di Trani, due
delle più importanti cattedrali
romaniche di Puglia. Il III vol.
(sono quasi certo) avrà in copertina
la cattedrale di Conversano, o quella di Bitonto.
Una citazione particolare
voglio dedicare alle poesie delle pp.
13, 24, 47. Esse faranno arricciare
il naso a diversi miei amici. Non a
me, che ho studiato Storia
Moderna col prof. Vlora della
Cattolica di Milano. Il risorgimento
italiano fu la conquista e l’umiliazione del Sud. Sono d’accordo con le
pagine citate e, proprio nel n. 483,
p. 7, di PG, ho detto qualcosa del
famigerato brigante, il Sergente
SCIPIONE NAVACH
Romano di Chiara Curione.
Un’ultima notazione. Quando
il 20.02.2008, sul Pivot, presentai il
I volume del Mallardi, mi complimentai con lui per la 1a poesia di
quel vol., dedicata al padre.
Lamentai che, della madre - invece
- erano dati solo due cenni, ammirevole l’uno (l’augurio per tutti i
bambini del mondo, v. I, p. 9), amorevole l’altro (la carezza della
mamma al suo bimbo, id., p. 52).
Ed osservai che una mamma così
doveva essere ricordata ancora.
Quasi risposta alla mia osservazione, in questo II vol. ci sono tre poesie, dedicate dalla madre. La
prima è 8 marzo, p. 25, che ha nel
finale, coprotagonista il padre,
un’esplosione di amore (per noi…
vecchi!): “.., amò il tramonto del tuo
volto”. La 2a è Parole semplici, p.
53, che ha ancora per coprotagonista il padre. La 3a è Mi aspetta, p.
74, che si chiude con due versi semplici e consolanti, sintesi eterna
dell’amore materno: “… come mi
aspetta / una madre … sempre!”
PIERINO PIEPOLI
III
Pivot news
Una raccolta di versi di un valido poeta del Sud
“Scaglie di sale” di Domenico Lattarulo
A tre anni di distanza dalla 2a è
uscita, di nuovo presso le Edizioni
VivereIn di Monopoli, la terza raccolta di poesie di Domenico
Lattarulo, che fu professore e sindaco di Polignano.
Il titolo è marino: Scaglie di
sale, come quello degli altri due
(s’intitolava Come onde di cristalli il
1°, del 1994; Polignano in versi il 2°,
del 2005). È composta , così, una
Trilogia del mare, che consacra il
Lattarulo fra i più validi poeti contemporanei del nostro Sud.
Della Trilogia, la raccolta più
“amara” è - senza meno - questa: lo
dichiara anche la breve poesia che il
Lattarulo pone come epigrafe a tutt’e tre i volumi. L’epigrafe di Scaglie
di sale recita: “Scaglie di sale / l’ardente sole / dall’acqua di mare /
spreme, / pianto amaro / dell’universo, / in grumi di lacrime / raccolto.”
Intanto ci sono i terribili
momenti della situazione politica
mondiale: i Kamikaze d’Oriente
d’ogni giorno (cfr. p. 44), il tragico
attentato delle due torri (p. 45), il
vigliacco - crudele omicidio dei cecchini (p. 67), il costante “matricidio”
che l’uomo commette contro la
Madre Terra (p. 55). Non meno
drammatico il problema degli emigranti (“Emigrante 2000” è il titolo
a p. 27 e sembra un ricordo personalmente vissuto del poeta socialmente impegnato); ed il ricordo
della fanciullezza, vissuta durante
la II Guerra Mondiale (p. 64); e poche pagine prima - il pianto e il
grido soffocato del genocidio degli
ebrei (Il grido di Auschwitz, p. 61).
Un lampo di gioia, in queste “scaglie” di contemporanea attualità, il
peana agli atleti ed alle atlete
d’Italia, per le vittorie nelle
Olimpiadi invernali del 2006, a p.
63. Altri lampi di serenità ed occasioni di consolazione sono qua e là
per le pagine di queste Scaglie e
sono, specialmente, determinati
dagli affetti famigliari. Nelle prime
“scaglie”, a p. 12, mite e dolcissima
la figura della madre, che carezza
la guancia dell’autore “fanciullo felice”. A tutto tondo la figura materna
ritorna, a p. 31, colta nell’attesa
ansiosa per il ritorno a casa dei figli
a notte inoltrata e poi, di nuovo, “la
sua mano dolce / che scorreva sul
calore / dei nostri giovani corpi”.
Alle pp. 40 e 56 si staglia la figura
paterna e , mentre in A mio padre
ricorda le sue mani gonfie ed inerti
e gli occhi espressivi ed il sorriso
“irridente”, ne Il pane ricorda il
“muto rimprovero” del padre, che lo
colpì col bruciare di una ferita” per
un boccone di pane, caduto in terra.
E i nipotini a p. 17 (ma anche 16); e
“Il presepe di casa mia 2008”
Nelle foto A. P. due momenti della premiazione del concorso “Il presepe di
casa mia”. Quest’anno ha vinto il riconoscimento della giuria presieduta dal
noto presepista Pierino Piepoli, Adriana Rizzi (nella foto in basso con
Pierino Piepoli, Dina Manghisi e Maria Sgobba), al secondo posto Giovanni
Fanelli e Isa Cassano, al terzo il presepe condominiale di via Pertini n.11,
con referente Paolo Palmitessa. Menzioni speciali sono andate a
Vincenzo Pellegrino junior, Angelo Di Maggio di Conversano e ai bielorussi Ruslan e Vladislav ospiti della famiglia Piepoli a Putignano. Nella foto
in alto i primi tre classificati (Rizzi, Fanelli e Pellegrino) posano con la giuria.
IV
la sorella a p. 41); e la figlia, credo
(a pag. 51, ché quegli “occhi d’azzurro di cielo” mi ricordano quelli della
figlia Nikla, che il mare hanno prosciugato” (vol. II, p. 63); e l’Incontro
di p. 57, che è un tenero… incontro
d’amore.
Ma la consolazione più grande,
per un’anima profondamente religiosa, qual è quella del poeta
Lattarulo, proviene da quel DIO,
che con tutte le lettere maiuscole è
dichiarato a professato a p. 75.
Anche quando l’intelligenza ed il
cuore sono attraversati dal dubbio
(vedi la or ora citata p. 75 e la p. 68,
intitolata, appunto, Il dubbio), viva
e rassicurante, c’è la presenza del
Dio cristiano, che è contenuto nei
suoi misteri fondamentali: l’incoronazione e la morte di Gesù (p. 70),
la crocifissione e la resurrezione (p.
69). Addirittura La colomba, pag.
72, infine è cantata dal poeta
“emblema del divino Spirito / ad
illuminare la mente dell’uomo”… E
bada bene che si allude proprio alla
Spirito Santo, terza persona della
Santissima Trinità.
Ho superato i limiti che la redazione mi aveva imposto, ma non
posso non dire che, anche qui, il
prof. Lattarulo non dimentica la
sua cultura e la sua formazione
classica: ed ecco apparire Aracne (p.
42), Ulisse e le Sirene (p. 50),
Afrodite (p. 62), ecc.
Ho superato i limiti redazionali,
ma non posso non scrivere il “botto”
finale: queste Scaglie di sale sanno
di salsedine ed hanno il profumo del
mare, il gusto delle “cose buone”,
condite a dovere” da quelle scaglie
che, masticate da sole, hanno sapore amaro… e di amara dolcezza
parla l’autore, a p. 46, quando allude all’ultima fetta dell’età.
PIERINO PIEPOLI
Successo per il recital
Nelle foto A. P. due momenti del recitali “Karol Wojtyla finissimo poeta, profondissimo filosofo”, tenuto nella Chiesa Madre il 15 gennaio dal prof.
Franco Terlizzi, in occasione della conclusione del calendario dei festeggiamenti del 40° anniversario del circolo Pivot.
In alto: Federico Simone, presidente del circolo, Antonella Nuzzi, soprano,
Ferdinando D’Ascoli, flauto, Gabriella Colella, arpa, Franco Terlizzi, voce
recitante, e Scipione Navach.
In basso : il prof. Franco Terlizzi durante il recital al cospetto della Sacra
Immagine della Madonna della Vetrana e del ritratto del compianto
Giovanni Paolo II.
Scarica

Layout 4 - Circolo Pivot