Periodico trimestrale di informazione culturale a cura dell’Associazione Sylva Tour and Didactics Marzo 2012 - Numero 09 Anno III Distribuzione gratuita In questo numero La cultura ai tempi della crisi Dalla Redazione Maria Antonietta Salamida In un susseguirsi di spread, bund e btp, in cui la crisi economica sembra essere il tema principale di ogni discussione la cultura non è apprezzata come risorsa per la crescita economica e sociale. Non ci si rende conto di come in altri stati europei, in periodi di crisi essa non venga danneggiata, ma sostenuta con più vigore. Addirittura in Polonia, si è riusciti a sestuplicare i fondi da destinare alla cultura e “questo proprio a causa della crisi” come afferma Pier Luigi Sacco, docente universitario e autore del libro, insieme a Christian Caliandro, “Italia Reloaded”. Ma l’Italia non era considerata la culla dell’arte, meta per eccellenza del Grand Tour? Certamente è strano il fatto che in questa nazione, pur essendoci studi universitari legati all’ambito in questione, non venga ancora riconosciuta la figura di operatore culturale, anzi il più delle volte non viene nemmeno compresa. Accostando la crisi e la cultura al nostro territorio, assistiamo invece, (e direi fortunatamente) ad un atteggiamento fiducioso dovuto in gran parte alla buona volontà di molti (operatori culturali). Sempre il prof. Sacco, intervistato nella trasmissione di Rai Tre “Presa diretta” lo scorso 26 febbraio ha affermato che, ritenendo la cultura un lusso elitario, che alla maggior parte degli italiani non interessa e non serva già dimostra quanto rozza e limitata è la concezione del ruolo sociale ed economico della cultura nel nostro paese; egli sostiene che anche chi non lavora nel settore cultura abbia bisogno di essa per mettere in discussione le proprie convinzioni. Il CENSIS dichiara che il Paese ha difficoltà ad uscire dalla crisi perché appare schiacciato sul godimento del presente e incapace di desiderare e la cultura cos’è se non coltivare le proprie passioni per sperare nel futuro? E’ possibile pensare che la cultura sia il mezzo con il quale uscire dalla crisi? Einstein credeva di sì. Approfitto del dono fatto da un amico per portare alla conoscenza dei nostri lettori un passo del grande scienziato: “E’ dalla crisi che sorgono le scoperte, l’inventiva e le grandi strategie. Senza crisi non ci sono sfide e senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. […] E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi, però parlare di crisi significa incrementarla. Meglio lavorare duro, poiché l’unica crisi davvero pericolosa è il non voler lottare per superarla”. Dobbiamo ammettere che ciò che mancano sono la volontà e le idee? E allora dove si trova la forza di essere giovani? Redazione hanno collaborato Editore DIRETTORE RESPONSABILE..........DOMENICO GILIBERTI PASQUALE ANNESE, VINCENZO ANNESE, MARIA ADELAIDE BELLINO, CATIANNA BIMBO, PIERO IPPOLITO, ALBERTO LIPPOLIS, ANTONELLO LEO, ANNALISA MANCINO, ANGELO PANARESE, TITTI SEMERARO, DONATO SPECIALE, REBECCA VENEZIANO. ASSOCIAZIONE SYLVA TOUR AND DIDACTICS sede legale: L.GO TREVISANI 8, sede operativa c/o MUSEO DEL TERRITORIO CASA PEZZOLLA 70011 - Alberobello (Ba) RESP. REDAZIONE........MARIA ANTONIETTA SALAMIDA RESPONSABILE GRAFICO.......................LUCA DE FELICE WEBMASTER....................................FRANCESCO PINTO redazione: [email protected] Il personaggio Pietro Campione, 1875 - 1945 Mostre ed eventi L’Orchestra della Provincia di Bari al teatro Libri già letti e.. da leggere “Il bosco nel cuore” di Giordano Bruno Guerri “Non ho tempo da perdere” di Tommy Di Bari e Fabio Credico In evidenza “Giallo Ciliegia” di Gabriella Genisi Gli studenti Rebecca Veneziano Sindaco dei Ragazzi L’Aula Magna della Scuola Media Workinprogress “Il canto nelle tenebre”: in ricordo della Shoa Cinque domande a.. Angelo Panarese, autore del libro “Donne, giacobini e sanfedisti” IL PERSONAGGIO ALBEROBELLOCULTURA 2 Pietro Campione, 1875 - 1945 Sindaco 1920 - 1925 Maria Antonietta Salamida Parallelamente a Via Manzoni si trova la strada dedicata a Pietro Campione, sindaco di Alberobello dal 1920 al 1925. Nato a Bari nel 1875, frequentò il ginnasio ad Altamura dove la famiglia si trasferì. Nel 1893 si iscrisse al Socialismo e insieme ad altri fondò a Bari la Federazione Socialista Pugliese, nella quale si distinse per la sua qualità oratoria. Ma cosa condusse Pietro Campione ad Alberobello? Giunse ad Alberobello in qualità di rappresentante della ditta barese Mastaller, che aveva preso in affitto lo stabilimento vinicolo Agrusti, successivamente alla morte proprio di Angelo Agrusti. Avvalendosi della sua esperienza, fondò il “circolo del Popolo” nel quale riunì su base socialiste artigiani e contadini. L’ Unesco è una risorsa Alberto Lippolis L’approfondimento della problematica della gestione dei processi di conservazione, recupero e valorizzazione del patrimonio urbano e territoriale è al centro di un’interessante azione che si è avviata a partire dal 2002 in Italia nei siti iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Tale azione ha avuto un importante riconoscimento a livello normativo con l’approvazione della legge n. 77/2006 che, tra l’altro, definisce e prevede che siano approvati i piani di gestione dei siti UNESCO italiani. Durante il regime fascista seppe rispondere con onore alle offese che gli venivano rivolte, grazie soprattutto alla sua cultura e alla pluriennale partecipazione come corrispondente dell’Avanti, della Conquista, di Fede Nuova. E’ interessante e curioso sapere che prima di eleggere sindaco Pietro Campione, era stato eletto, nello stesso giorno, il 1 novembre 1820, il signor Leonardo Salamida, il quale durante la seduta si dimise a causa delle precarie condizioni economiche che gli imponevano di lavorare tutti i giorni e del suo basso grado di istruzione che non riteneva compatibili con quell’impegno. Con responsabilità e tenacia Pietro Campione accettò la carica a cui era stato chiamato.Durante il mandato di Campione svariate furono le opere eseguite: la frazione Coreggia fu dotata di elettricità e il centro urbano venne dotato di un maggior numero di lampadine; utilizzando l’antico progetto di Antonio Curri, fu eretto il Monumento ai Caduti; fu creata una nuova toponomastica tanto che piazza Vittoria diventò Piazza del Popolo e corso Nazionale prese il nome di Corso Vittorio Emanuele II; si costruì il ponte sulla provinciale per Noci; a causa di problemi economici non furono terminati l’ampliamento del cimitero e l’edificio scolastico. Dai documenti si rileva che ci fu molta commozione durante la cerimonia per la posa della prima pietra per l’erezione del Monumento dei Caduti, avvenuta il 16 luglio 1922, data in cui fu scoperta anche una pietra marmorea dedicata a Don Francesco Gigante, antesignano della Scuola Agraria. Ancora oggi sulla lapide centrale del monumento è leggibile l’epigrafe dettata da Campione. Il 1 maggio 1924 il sindaco accolse ad Alberobello l’illustre geografo Cosimo Bertacchi, autore del famoso opuscolo “La città Singolare”. Questo periodo è ricordato soprattutto per i disordini che si creavano a causa dell’antitesi tra socialismo e fascismo; dopo il riconoscimento della sezione fascista di Alberobello, avvenuto il 23 aprile 1923, si acuirono le provocazioni tra i diversi gruppi politici. Il sindaco e tutta l’amministrazione furono attaccati quando si tentò di annoverare il nostro comune fra quelli di terza classe per un miglior introito daziario, poiché questo avrebbe gravato notevolmente sull’intera popolazione. Ma l’intervento del Commissario Prefettizio, Guido Spotorno acquietò gli animi. Il 27 maggio 1924 fu inaugurato il Parco della Rimembranza e fu scoperta la targa con la quale si dedicava il Rione Monti al Principe di Piemonte; un corteo, anticipato dalla banda musicale di Locorotondo si riversò nelle strade di Alberobello. Fino alla caduta del Fascismo, Pietro Campione si ritirò a vita privata occupandosi di enologia. Morì il 31 ottobre 1945. Sicuramente nell’analisi e nella conoscenza dei personaggi storici recenti, un certo valore hanno anche le testimonianze dirette; a questo proposito è opportuno citare il pensiero di Angelo Martellotta nel cui libro “I sindaci di Alberobello dall’Unità d’Italia” (prezioso strumento bibliografico per questa rubrica) scrive: “Ricordo con piacere quando mio padre, che socialista non era, mi parlava di lui con benevola espressione e ne evocava il ricordo evidenziando il carattere, la personalità e soprattutto la grande disponibilità che l’analfabeta, il misero, l’infelice incontravano quando si recavano sulla Casa Municipale dove i funzionari non superavano le cinque unità”. L’esigenza espressa dall’UNESCO coincide con la volontà, in più modi evidenziata in Italia, di passare da una tutela meramente passiva ad una tutela attiva che coniughi le esigenze di conservazione del patrimonio culturale con le necessità di trasformazione indotte dalle dinamiche socio economiche. Sicuramente il risultato che fino ad ora sembra essere il più interessante nei casi di maggiore successo dell’iniziativa è quello del coordinamento dei numerosi soggetti che a vario titolo hanno competenze nella gestione del territorio, delle città e del patrimonio culturale e paesaggistico. Questo particolare aspetto è stato fin dall’inizio alla base della impostazione italiana della metodologia per l’attuazione dei piani di gestione. Anche nella nostra comunità oggi questa prassi inizia ad assumere un carattere più deciso. Se Alberobello è stato uno dei primi paesi Unesco a dotarsi di un piano di gestione valido e conforme alle richieste espresse dalla legge sopracitata, attualmente risulta essere uno dei siti UNESCO più vitali grazie all’accaparramento di numerosi finanziamentti pubblici che stanno interessando svariati progetti: quello dell’ecomuseo, i corsi per i diversi istituti scolastici, il censimento dei trulli che si trovano nell’area suburbana. In realtà era stato predisposto anche un progetto che riguardava la sostituzione degli infissi dei trulli, ma allo stato attuale la legge in questione non prevede interventi materiali. In programmazione ci sono altri due iniziative, già approvate: lo studio dei piani urbanistici di Alberobello e Matera e l’attuazione del piano di gestione creato dal Consiglio Comunale dei Ragazzi nel 2010, proprio a conclusione di un altro progetto. Senza dubbio queste idee non sarebbero diventate fatti senza la disponibilità dei finanziamenti e la collaborazione con il SITI di Torino, che costituisce un partner fondamentale. Il fatto che questi progetti siano rivolti in gran parte alle giovani generazioni manifesta il desiderio di infondere ai più piccoli il senso d’identità e la passione per lo studio del proprio territorio allo scopo di creare cittadini attivi in un paese sito UNESCO. MOSTRE ED EVENTI ALBEROBELLOCULTURA 3 L’Orchestra della Provincia di Bari al teatro Le note di Beethoven Ornella Lasaponara Interessante occasione per Alberobello quella offerta, lo scorso 17 febbraio, dall’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari, grazie alla collaborazione tra Comune, Nuovo Cinema-Teatro e Associazione Musicale Alberobellese, che ha varato il nuovo teatro con l’esecuzione dal vivo di musiche di Ludwig van Beethoven: due Ouverture, Egmont e Leonore n. 2, e la Settima Sinfonia, pagine che prevedono un organico classico del repertorio sinfonico (2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, ottoni, timpani e archi). Un equilibrio armonico e timbrico perfetto per collaudare un luogo che ha tutte le potenzialità per ospitare un pubblico come in un vero auditorium. La serata si è aperta con un grande applauso per il caro giovane batterista Giuseppe Girolamo. E, sicuramente, ai fruitori più attenti della produzione sinfonica non sarà sfuggita la sorprendente coincidenza con questa sinfonia di Beethoven in cui tutto sembra prendere origine e trasformarsi proprio da una ricerca ritmica che portò Richard Wagner a definirla “apoteosi della danza”. L’eccellente maestria dei professori di orchestra, prestigiosamente diretti dal M° Oleg Caetani, ha portato tutti ad apprezzare, nella sala vibrante di suoni, armonie perfette ed impasti timbrici, dal pianissimo al forte esilarante, in un’atmosfera ben raccolta, ma al contempo adeguatamente ampia per ospitare un numeroso pubblico. Probabilmente la qualità della fruizione del concerto è stata danneggiata da alcuni problemi di carattere tecnico-organizzativo: la sistemazione di una pedana, almeno per i fiati, avrebbe facilitato la visione e l’ascolto completo anche alle prime file; la presenza di un piccolo ronzio di fondo del sistema di amplificazione ha rovinato qualche pianissimo e qualche silenzio del grande sinfonista. S or prendentemente, nel pubblico, tra tanti adulti presenti, Il maestro Oleg Caetani c’ erano anche dei giovanissimi ragazzi, a dimostrazione che la musica classica non è un genere obsoleto e che molti giovani si dedicano con passione all’arte della musica. Certo, l’occasionalità dell’evento, unita al gran coinvolgimento di pubblico, vi lascia ben sperare che anche ad Alberobello si possa strutturare una stagione concertistica di tutto rispetto, con grande eco non solo dell’immagine turistica del paese, sempre all’altezza dei numerosi ospiti che gradirebbero più attività in tal senso, oltre alla qualità dell’ospitalità, ma anche per la diffusione della cultura musicale tra i nostri concittadini e nel nostro territorio. La musica colta non deve essere riservata a pochi cultori, ma divulgata più capillarmente smontando alcuni pregiudizi che l’accompagnano, poichè ha tanto da dire al grande pubblico così come a ciascuna persona, comunque e dovunque viva. Non possiamo rimanere fuori da questi circuiti. LIBRI GIÀ LETTI E... ALBEROBELLOCULTURA 4 “Il bosco nel cuore” di Giordano Bruno Guerri Recensione a cura di Maria Adelaide Bellino Con l’occhio attento ai fatti, ma senza la freddezza dell’analista che si ferma al documento, anzi con la passione di chi va alla ricerca della verità, in questo libro, G.B. Guerri fa la storia delle Italiane che, durante il Risorgimento, agirono da protagoniste, ribellandosi alla legge che sanciva l’ ìnferiorità della donna, legge non scritta, ma radicata nelle coscienze al punto da sembrare naturale alle donne stesse che la subivano e si sentivano oneste solo se obbedienti e remissive. Il libro, infatti, nonostante il titolo, non parla solo delle brigantesse che difesero il Sud, ma di tutte le protagoniste attive del Risorgimento, da Cristina di Belgioioso, alle Garibaldine, a Maria Sofia di Borbone, a Filomena Pennacchio, a Michelina De Cesare, a Ciccilla ecc. Naturalmente le donne che combattevano dalla parte dei Piemontesi erano tutte eroine, belle, bionde, valorose e generose, invece quelle che lottavano coi briganti erano brutte, mascoline, cattive e feroci e, se si trattava di una regina, come la bellissima, intelligente e coraggiosa Maria Sofia, moglie di Francesco II, per denigrarla, si ricorreva addirittura a fotomontaggi, che la ritraevano nuda, in atti osceni. La scoperta delle verità prima occultate - repressione feroce, distruzione di interi paesi, arresti arbitrari, fuci-lazioni facili, deportazioni crudeli e, addirittura, un tentativo di pulizia etnica, attraverso la creazione di “colonie penali da impiantare il più lontano possibile…..per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario“ porta lo storico ad affermare che dal 1861 al 1865 il brigantaggio fu un fenomeno collettivo di rivolta contro lo Stato Unitario, dopo il tradimento delle promesse di Garibaldi: abbassamento delle tasse e distribuzione delle terre demaniali ai contadini. I Piemontesi, invece delle terre, diedero ai contadini tasse insostenibili, una lunghissima ferma militare e soprattutto repressione e disprezzo per “ le canaglie “, che non accettavano le nuove regole e dovevano essere rieducate con la forza o annientate. La causa fondamentale del brigantaggio è questa e i fatti veri nella conquista del Sud furono mistificati dalla propaganda piemontese, che cancellò ogni umanità nei contadini – briganti e soprattutto nelle loro compagne, le brigantesse, trasformandoli in mostri. Invece, in quegli uomini e in quelle donne, che presero le armi contro i liberatori, rivelatisi più aguzzini dei vecchi padroni, lo storico Guerri riconosce dignità ed orgoglio. “Meglio morire in piedi che continuare a vivere in ginocchio” era il loro motto. Non è certo una affermazione da delinquenti; ribellarsi e resistere alla prepotenza feroce ed ingiustificata dei più forti, non è da tutti! Briganti e brigantesse in questo libro non sono aprioristicamente studiati e giudicati come delinquenti, ma visti come persone, che rivendicarono il diritto di vivere da protagonisti la loro vita, assumendosi la responsabilità delle proprie scelte. Chissà perché, quando questa scelta fu operata dagli uomini e dalle donne del Nord, fu eroismo, quando invece, a farla, furono “i cafoni“ del Sud, la si etichettò come brigantaggio. Il libro riporta molti esempi di questo pregiudizio; la bella Gigogin, la fidanzata di Mameli che combatté a Milano sulle barricate del “48, così come la bela Masenela - l’unica donna arruolata come vero soldato da Garibaldi e promossa caporale per il suo coraggio – erano celebrate dai poeti. La bella Gigogin forse non è mai esistita, ma figura storica o no, è diventata il mito della donna che accende l’animo dei soldati e, con la sua fede ostinata, “Dàghela avanti un passo“, ne tiene vivo il coraggio. Le brigantesse del Sud, al contrario, erano streghe in combutta col demonio. Ad esempio Maria Oliverio, detta “ Ciccilla”, da Ciccio cioé Francesco II, divenne anch’essa un mito, ma del male. Fu ritratta dal fotografo Emanuele Russi, che era al seguito del Gen. Pallavicini, così come esigeva la propaganda: una proterva belva feroce senza luce di umanità. Allo steso modo fu ritratta Maria Capitanio, compagna di Antonio Luongo, brigante in Terra di Lavoro; eppure la sua storia è di una drammaticità e di un romanticismo commovente. Come si vede il taglio del libro è nuovissimo, Guerri, non solo rifiuta la storia raccontata dai vincitori, di cui rivela gli abomini, ma cerca di restituire umanità e dignità alle vittime; questo non significa negare i valori del processo di unificazione; significa invece riconoscere che fu affrontato male, come problema di ordine pubblico, il che trasformò “l’integrazione in conflitto e la liberazione in assedio”. Su questo dobbiamo riflettere, se vogliamo superare i pregiudizi ed i rancori che ancora ci dividono e ci impediscono di crescere come Italiani, nel rispetto delle reciproche differenze. ...DA LEGGERE “Non ho tempo da perdere” di Tommy Di Bari e Fabio Di Credico Recensione a cura di Catianna Bimbo Nel continuo dibattito tra Nord e Sud, tra pellicole cinematografiche che si rincorrono mettendo in evidenza le differenze tra settentrione e meridione d’Italia, ecco la storia di un giovane pugliese emigrato al Nord per inseguire i suoi sogni. Non è un caso che ogni capitolo sia preceduto da una citazione cimatografica. Lazzaro, questo il nome del protagonista, originario di Polignano a Mare, decide di raggiungere Milano per realizzarsi come chef e uscire dalla coltre iperprotezionistica della famiglia. Cerca di fare fortuna, accompagnato da una sana ingenuità che contraddistingue, chi, limitato in una realtà a sè ha voglia di evadere e di sperare. Lazzaro non si sottrae a nuovi incontri e relazioni, e da qui si crea un nuovo “io” che lo conduce a darsi completamente agli altri senza difese ed inibizioni. La sua indifesa lo porterà a trovarsi in situazioni spiacevoli tanto che sarà picchiato e derubato. Trova una casa e convive con quattro ragazze, curioso di fare nuove esperienze, che mai gli erano capitate nel suo alveo familiare. Sicuramente non ha vita facile perchè cambia più volte lavoro, ma ciò che non gli manca è la volontà. Ad incontri negativi si intrecciano conoscenze positive che lo aiutano ad inserirsi in un contesto diverso da quello originario e lo apprezzano per quello che è. Quando tutto sembra andare per il verso giusto, una telefonata del fratello Paolo lo riporta al suo passato; si ritrova «assistente» di Carmine Cordaro, un tizio circondato da dubbia fama e viene coinvolto in un lavoro denso di misteri e strani traffici. IN EVIDENZA ALBEROBELLOCULTURA 5 “Giallo Ciliegia” di Gabriella Genisi Annalisa Mancino - Titti Semeraro La bellezza dei trulli ha incantato la scrittrice barese Gabriella Genisi, organizzatrice della rassegna letteraria “Il libro possibile” che si svolge a Polignano a Mare. Nell’accogliente sala meeting dell’Hotel Lanzillotta il 10 febbraio scorso per iniziativa del Presidente dei “Presidi del libro”, Giuseppe Palmisano è stato presentato il libro “Giallo Ciliegia”, il secondo caso della sexy- commissaria Lolita Lobosco, fortunata creazione letteraria della Genisi. Dopo una breve introduzione a cura dell’Assessore alla cultura Alberto Lippolis, l’autrice ha carinamente dialogato con le moderatrici della serata. Gabriella Genisi è nata nel 1965 e abita vicino al mare, a pochi chilometri da Bari. Appassionata di arte, cucina e letteratura ha scritto numerosi libri: Come quando fuori piove, Fino a quando le stelle, Il pesce rosso non abita più qui. Alcuni suoi racconti sono presenti in antologie. Con Sonzogno ha pubblicato La circonferenza delle arance (2010), primo caso della commissaria Lolì. Il romanzo è una gustosa commedia poliziesca che reinventa il giallo meridionale in versione femminile. Contro Montalbano, o come affermato dalla stessa autrice “da una sua costola”, nasce una donna, barese, coraggiosa e soprattutto molto sexy e passionale che, nella torrida estatebarese del 2010, si imbatte in una serie inqiuetante di personaggi che la conducono sino in Montenegro affiancata dall’insostituibile Tonino Esposito e dal sedicente sciupafemmine Antonio Forte, la commissaria Lobosco si troverà invischiata in una pericolosa rete di criminali e sfruttatori, cui terrà testa grazie alsue descritte prerogative “tutte femminili”. La Genisi, divoratrice di libri, non legge romanzi gialli, ma li scrive, e li scrive così bene da venderne a migliaia tant’è che, ben presto saranno sceneggiati da Ivan Cotroneo per la Rai ed interpretati da Micaela Ramazzotti. L’autrice, nel corso della serata ha affermato di avere un segreto nello staff di consulenti di medicina legale e giuridici che la assistono in fase di scrittura. A dirla in breve , il segreto è proprio in lei, nella sua tenacia e nel suo savoirfaire, emerso nel simpatico dibattito instauratosi con tutti i presenti, che, immediatamente a loro agio, non hanno avuto alcuna remora nel porre qualsivoglia tipo di domanda all’autrice felice di confrontarsi con tutti. La prima domanda rivolta all’autrice ha destato non poca curiosità tra i presenti: Perchè la scelta di “Giallo ciliegia” quale titolo del romanzo? La Genisi simpaticamente ha sciolto ogni dubbio affermando che il titolo guarda al genere del romanzo ed al frutto tanto amato dai pugliesi e che nel contempo aiuterà Lolita alla risoluzione del caso. La serata si è conclusa con la degustazione di una squisita torta molto gradita realizzata per l’occasione. L’amore per la lettura passa anche attraverso la condivisione di momenti di convivialità e con Gabriella Genisi riteniamo sia stato pienamente realizzato. L’ autrice Gabriella Genisi GLI STUDENTI Rebecca Veneziano sindaco dei ragazzi Luca De Felice - M. Antonietta Salamida Se nella storia amministrativa di Alberobello la carica di Sindaco è stata ricoperta da soli uomini, all’interno del Consiglio Comunale dei ragazzi sembra prendere piede il trionfo femminile; infatti, dopo Rosella Matarrese, questo ruolo è ricoperto da un’altra giovane donna Rebecca Veneziano, 12 anni, frequentante la seconda A della Scuola Media “L. Tinelli”. La incontriamo per conoscerla meglio e per valutare le sue impressioni, in questa nuova veste. Rebecca, quali sono state le modalità di votazione? Ti aspettavi questo risultato? Per me è stata davvero una sorpresa, speravo di entrare a far parte del Consiglio Comunale dei ragazzi ma non mi sarei mai aspettata di ricoprire questa carica. Infatti, le modalità di votazione per la prima elezione non designavano sindaco il più suffragato. Alle “primarie” potevano candidarsi tre alunni per ogni classe di prima e seconda e le preferenze espresse dai votanti dovevano essere due. La seconda votazione è avvenuta nella Sala Consiliare e i votanti erano i 21 ALBEROBELLOCULTURA 6 e le richieste di tutti, portare avanti le proposte . Spero che il nostro Consiglio Comunale dei ragazzi possa dare un contributo significativo, che possa portare idee nuove. Ogni cosa può essere guardata da diversi punti di vista: ciò che per un adulto può sembrare superficiale, per un ragazzo può essere fondamentale. Il confronto è sempre proficuo. Sei legata ad un particolare luogo della nostra città? Mamma mai ven dall’Aira Pccenn , attanm da “sous i piendm”. Le mie origini parlano ragazzi più suffragati della scuola primaria e secondaria di primo grado, ognuno dei quali poteva esprimere una sola preferenza. Sono stata scelta con 19 voti su 21, mentre vicesindaco è stata designata Miriana Sabatelli, rappresentante della scuola primaria. Il Consiglio resterà in carica per due anni. Hai già avuto occasione di presentarti in questo nuovo ruolo? La mia prima settimana da sindaco è stata molto impegnativa: due giorni dopo l’elezione ho dato il benvenuto Piero Ippolito all’On. Fioroni, alla dott.ssa Stellacci, Il 3 febbraio 2012 è stata inaugurata e all’On. Gero Grassi, intervenuti alla cerimonia di inaugurazione della presso la Scuola Secondaria di primo nuova Aula Magna della S.M.S. grado di Alberobello “L.Tinelli” “L. Tinelli”. Il lunedì successivo , l’Aula Magna titolata a quanti, insieme a Miriana, ho partecipato hanno concretamente operato alla giornata ” Arance della salute”, affinché si realizzasse il predetto promossa dall’AIRC. Cosa significa obbiettivo di struttura funzionale. per te ricoprire questo ruolo All’evento sono intervenuti: la prof. soprattutto in una città come ssa Teresa Turi, D.S. Scolastico della Alberobello? Quale sarà il vostro medesima istituzione educativa, il contributo? Alberobello è una città Sindaco prof. Bruno De Luca, nella unica al mondo. Essere sindaco doppia veste di Primo cittadino significa prima di tutto essere e docente della stessa agenzia al servizio della comunità che si educativa, l’ass. alla P.I. del Comune rappresenta, ascoltare le opinioni di Alberobello sig. Lallo Greco, l’on. Giuseppe Fioroni, ministro della P.I. nel secondo governo Prodi, l’on. Gero Grassi e la dott.ssa Lucrezia Stellaci già dirigente dell’Ufficio scolastico regionale per la Puglia e responsabile dipartimentale centrale del M.I.U.R.. Nonostante l’avversità metereologica, una folta presenza di pubblico e di addetti ai lavori hanno valorizzato l’evento già di per sé di alto spessore qualitativo. L’incipit della manifestazione è stato reso gioioso dalla performance della scuola cantorum, composta dai discenti della scuola, diretta dalla prof.ssa Anna Maria Miccolis che ha guidato le giovani voci nei virtuosismi musicali degli inni nazionale ed europeo. Subito dopo l’inaugurazione dell’aula magna si è entrati nel vivo della serata, con l’ascolto dei singoli interventi, che hanno analizzato i vari aspetti del tema proposto alla riflessione degli astanti nella medesima occasione della inaugurazione dell’aula magna: “La scuola per una società più corretta e solidale”; interventi per me! Sono alberobellese DOC. Ho imparato l’amore per la mia città dalla mia famiglia: da mio nonno Franco, che tante volte l’ha decantata nelle sue canzoni e nei suoi scritti, dai miei nonni e dai miei zii che hanno fatto parte del Gruppo Folkloristico, da nonno Nino, che con maestria ha restaurato tanti gioielli del nostro paese. Non ci sono luoghi privilegiati. Ogni angolo ha una sua storia e una sua magia: anche il nome. I latini dicevano: In nomine omen. L’albero è una realtà viva,che cresce ogni giorno. Proprio come noi ragazzi. L’Aula Magna della Scuola Media quelli che all’unisono hanno evidenziato l’eccellenza della iniziativa che si stava vivendo, ed hanno proposto delle analisi puntuali del pianeta scuola con tutte le problematiche ad esso connesse. Significativi sono stati a tal proposito gli interventi della dott.ssa Lucrezia Stellacci che ha edotto i presenti, col un qualificato intervento, sullo stato di salute della scuola secondaria di secondo grado in Italia; con particolare attenzione alla nostra regione che stanti gli ultimi dati dell’INVALSI ( istituto nazionale della valutazione del sistema di istruzione) da lei citati, ha raggiunto in più occasioni risultati ragguardevoli e significativi. Ė stata poi la volta dell’on. Giuseppe Fioroni, che ha offerto con la sua relazione un’analisi circostanziata e strutturalmente cognitiva delle difficoltà nelle quali deve dipanarsi l’azione educativa e formativa dei soggetti protagonisti dell’agenzia educativa scuola, con tutto il corollario di problemi e di difficoltà che li attanagliano quali: la riduzione sistematica delle risorse, l’inadeguatezza delle sedi, la carenza del personale, sacrificato in trincea e sottopagato, e la necessita di realizzare collegamenti funzionali a livello sociale tra la formazione e il mondo del lavoro. Ci auguriamo che l’iniziativa de qua ascrivibile tra le note di merito della dirigente prof. ssa Teresa Turi non costituisca un evento isolato ma rappresenti la prima tappa di iniziative e progetti futuri finalizzati al conseguimento dell’ eccellenza educativa e formativa nella nostra comunità. WORKINPROGRESS Il canto nelle tenebre: in ricordo della Shoa Spettacolo di suoni e parole Pasquale Annese - Vincenzo Annese Poco più di un anno fa veniva inaugurato il cinema - teatro di Alberobello, accogliendo i desideri di molti e gli auspici di chi ha voluto scommettere su un impresa non facile. La stagione 2011- 2012 si è aperta con proposte cinematografiche dedicate ad un pubblico vasto e con un programma di eventi dedicati alla musica, alla danza e al teatro, nati dalla buona collaborazione con le associazioni del territorio. Una di queste esperienze si è svolta lo scorso 20 febbraio, con la collaborazione de i Presidi del Libro di Alberobello, in occasione de “I giorni della memoria”. La rappresentazione “Il canto nelle tenebre. Suoni e parole della memoria” è stata realizzata come una narrazione verbale e musicale dell’abissale esperienza dell’Olocausto. La musica e la lettura si sono alternate in una descrizione, che nel corso dello spettacolo si è fatta sempre più drammatica, della caduta dell’uomo nel campo di sterminio: sia dell’aguzzino e carnefice del quale si è narrata la storia, Franz Stangl, comandante a Treblinka, l’uomo che toltasi di dosso l’umanità e vestita la terrificante “giacca bianca” con cui divenne tristemente famoso nel campo, si trasformò in uno strumento di abiezione e morte per quasi un milione di esseri umani; sia delle vittime, degradate ad esistenze subumane di cui liberarsi nel più rapido dei modi. L’attore triestino Alessandro Mizzi, seduto ad una essenziale scrivania, ha dato voce a Stangl, leggendo passi dal celebre libro scritto da Gitta Sereny, In quelle tenebre, al quale l’autrice ha consegnato il testo dei suoi lunghi colloqui con Franz Stangl nel carcere di Düsseldorf nel 1971. Mizzi è riuscito, a nostro parere, a ricreare con una alternanza timbrica e recitativa, l’incalzante ritmo del domandare e del rispondere tra intervistatrice e intervistato, facendo emergere efficacemente, anche in modo fonetico, la differenza tra i quesiti morali con i quali la Sereny pungolò Stangl e le risposte agghiaccianti fornite dal comandante per il quale tutto era giustificato, legittimo, e comunque da farsi perché così ordinato dall’alto. I musicisti, ovvero i Ventanas – Vittorio Gallo (sax), Adolfo La Volpe (chitarra, oud), Giacomo Mongelli (percussioni), guidati dal contrabbassista Vito M. Laforgia – hanno dato voce, questa la nostra impressione, al dolore e all’orrore patito dalle vittime, iniziando con atmosfere musicali rarefatte (il contrabbasso solo al centro della scena con il suo suono grave, il piatto della batteria suonato con un archetto per contrabbasso – imitazione dei cardini di un cancello?) che con l’avanzare dell’intervista si sono fatte sempre più incisive man mano che il racconto di Stangl si arricchiva di particolari, anche macabri. Il quartetto ha eseguito con raffinatezza esecutiva e con una straordinaria ricchezza di sfumature sonore brani che, ispirandosi alle intuizioni del musicista ebreo statunitense John Zorn, hanno unito il jazz con la musica della tradizione ebraica. Non c’è stato bisogno di atti, di movimenti, di oggetti. È bastato il suono. Il suono ha prevalso su tutto: il suono di una voce narrante che, riteniamo, ha saputo trasmettere al pubblico lo sconcerto intellettuale che l’uomo prova di fronte alla distruzione di ciò che lo rende tale, e il suono di quattro strumenti che sono riusciti, ne siamo convinti, a muovere e turbare la parte più emotiva del nostro essere mentre attraverso le note descrivevano la tragedia di un popolo. ALBEROBELLOCULTURA 7 CINQUE DOMANDE A.. Angelo Panarese Autore del libro “Donne, Giacobini e Sanfedisti nella Rivoluzione Napoletana del 1799” M. Antonietta Salamida Donne, giacobini e sanfedisti nella Rivoluzione napoletana del 1799” è l’ultimo libro scritto da Angelo Panarese, insegnante nella scuola media superiori, collaboratore dell’Istituto di Filosofia Politica all’Università di Bari, partecipante del Dottorato di Ricerca. Probabilmente gli alberobellesi lo conoscono meglio come sindaco, carica che ha ricoperto dal 1994 al 2001. Ecco, partiamo proprio da qui: in quale ruolo pensi di aver espresso al meglio la tua personalità? Ritengo che qualsiasi attività io abbia svolto, ho cercato, sempre, di dare il meglio di me. L’attività di studioso e quella di politico, fatte le dovute distinzioni, hanno molto in comune: la intelligenza, la pazienza, la capacità di ascoltare gli altri e di interrogare le fonti storiche. Sono due forme di un processo complesso di conoscenza e di azione; l’una pratica,concreta,contingente quella politica, l’altra astratta e teorica quella di studio. Il tuo libro si apre con due frasi emblematiche, una di Ignazio Ciaia e l’altra di Eleonora Fonseca Pimentel, che ben si legano al pensiero dello storico March Bloch che in “Apologia della storia o mestiere di storico” affermava: “Comprendere il presente mediante il passato è comprendere il passato mediante il presente”. Il compito dello storico è l’interpretazione della storia come magistra vitae? L’autore che tu citi March Bloch è a me molto caro. Egli insieme a Pirenne, a Le Febvre, a Le Goff e a Braudel ha inciso molto sulla mia formazione. Con loro la Storia è diventata “ Storia globale”, della struttura materiale e della cultura intellettuale e della civiltà. La storia è tornata ad essere sì magistra vitae, ma soprattutto Scienza che interseca altri Saperi con metodologie e tecniche di studio appropriate. Assistiamo ad un notevole incremento di libri dedicati alla storia meridionale, soprattutto legati all’Unità d’Italia. Quali sono le cause di questo fenomeno, sempre se di ciò si può parlare? Inoltre, nel testo insisti molto sul carattere sociale della rivoluzione napoletana. Qual è la definizione più corretta del binomio libertà/ proprietà? In questi ultimi anni c’è stata una esplosione degli studi sul Mezzogiorno. Ciò è scaturito senz’altro dal fatto che l’anno scorso ricorrevano i 150 anni dell’Unità d’Italia. C’è una riscoperta del Sud, frutto dei volumi di Franco Cassano, di Pino Aprile e di tanti altri insigni studiosi. Per quanto riguarda il mio lavoro: è vero io insisto molto sul carattere sociale della rivoluzione napoletana del 1799, sulla necessità di comprendere quella prima forma di Stato repubblicano,in cui si pongono le basi dell’affermarsi della “rivoluzione borghese” nel Mezzogiorno d’Italia. In quel processo storico, il nesso libertà- proprietà è per la prima tematizzato, soprattutto ad opera Mario Pagano, autore della Costituzione napoletana. Per lui la Libertà è la manifestazione concreta dell’essere umano che si declina nel possesso dei beni necessari al suo sostentamento e alla acquisizione della proprietà. Un intero capitolo è dedicato al ruolo delle donne nella rivoluzione napoletana, in particolare alla figura di Eleonora Fonseca Pimentel. Secondo te perché si tende a parlare di una storia fatta da soli uomini? La Pimentel passa dall’essere sostenitrice della monarchia al diventare “un’ ardente giacobina”, come altri intellettuali del tempo. Nel testo riporti il pensiero di Benedetto Croce su questo atteggiamento, secondo il quale il desiderio del bene sociale era comune alle due posizioni. Come si distingue la conquista del bene comune in uno stato monarchico e in uno stato repubblicano? Eleonora Fonseca Pimentel è sicuramente la donna più conosciuta della rivoluzione napoletana di quel tempo; ma ella è, al tempo stesso, giacobina, letterata, giornalista e martire, un punto alto nella coscienza politica del movimento giacobino meridionale. Spesso si parla di soli uomini, o perché è difficile trovare fonti documentarie che ci parlano anche delle donne, oppure per una ritrosia degli uomini a considerare il ruolo delle donne fondamentale come quello degli uomini. Nel testo riporto il pensiero di Benedetto su “donna Eleonora” e lui spiega come è possibile passare “dall’idealismo monarchico all’idealismo repubblicano” e come è possibile che in un determinato momento storico il Monarca sia del tutto inadeguato come fu il caso di Ferdinando IV e che le forze più sensibili trasmutino con la stessa intensità e idealità nel campo repubblicano. Nel testo prendi in considerazione anche lo stato sociale e politico di Alberobello in quegli anni e fai riferimento a due atti specifici datati 18 marzo 1800. La difficoltà nel reperire documenti su Alberobello è causata esclusivamente dalla giovane storia della nostra città o esistono altri fattori? La difficoltà non consiste nella giovane età della nostra città, riconosciuta come città regia nel 1797 proprio da Ferdinando IV, ma dal fatto che i documenti storici si trovano all’Archivio di Stato di Trani, e che richiede molta pazienza e buona volontà ricostruire i fili della storia della nostra cittadina. Presentazione del libro presso la sala conisgliare avvenuta lo scorso 26 gennaio