Periodico trimestrale di informazione culturale a cura dell’Associazione Sylva Tour and Didactics
Marzo 2012 - Numero 09
Anno III
Distribuzione gratuita
In questo numero
La cultura ai tempi
della crisi
Dalla Redazione
Maria Antonietta Salamida
In un susseguirsi di spread, bund
e btp, in cui la crisi economica
sembra essere il tema principale
di ogni discussione la cultura non
è apprezzata come risorsa per la
crescita economica e sociale. Non ci
si rende conto di come in altri stati
europei, in periodi di crisi essa non
venga danneggiata, ma sostenuta
con più vigore. Addirittura in
Polonia, si è riusciti a sestuplicare
i fondi da destinare alla cultura e
“questo proprio a causa della crisi”
come afferma Pier Luigi Sacco,
docente universitario e autore del
libro, insieme a Christian Caliandro,
“Italia Reloaded”. Ma l’Italia non era
considerata la culla dell’arte, meta
per eccellenza del Grand Tour?
Certamente è strano il fatto che
in questa nazione, pur essendoci
studi universitari legati all’ambito
in questione, non venga ancora
riconosciuta la figura di operatore
culturale, anzi il più delle volte
non viene nemmeno compresa.
Accostando la crisi e la cultura al
nostro territorio, assistiamo invece,
(e direi fortunatamente) ad un
atteggiamento fiducioso dovuto
in gran parte alla buona volontà di
molti (operatori culturali). Sempre
il prof. Sacco, intervistato nella
trasmissione di Rai Tre “Presa diretta”
lo scorso 26 febbraio ha affermato
che, ritenendo la cultura un lusso
elitario, che alla maggior parte
degli italiani non interessa e non
serva già dimostra quanto rozza e
limitata è la concezione del ruolo
sociale ed economico della cultura
nel nostro paese; egli sostiene che
anche chi non lavora nel settore
cultura abbia bisogno di essa per
mettere in discussione le proprie
convinzioni. Il CENSIS dichiara che
il Paese ha difficoltà ad uscire dalla
crisi perché appare schiacciato sul
godimento del presente e incapace
di desiderare e la cultura cos’è se
non coltivare le proprie passioni
per sperare nel futuro? E’ possibile
pensare che la cultura sia il mezzo
con il quale uscire dalla crisi?
Einstein credeva di sì. Approfitto del
dono fatto da un amico per portare
alla conoscenza dei nostri lettori
un passo del grande scienziato: “E’
dalla crisi che sorgono le scoperte,
l’inventiva e le grandi strategie.
Senza crisi non ci sono sfide e
senza sfide la vita è una routine,
una lenta agonia. […] E’ nella crisi
che emerge il meglio di ognuno di
noi, però parlare di crisi significa
incrementarla. Meglio lavorare
duro, poiché l’unica crisi davvero
pericolosa è il non voler lottare per
superarla”. Dobbiamo ammettere
che ciò che mancano sono la
volontà e le idee? E allora dove si
trova la forza di essere giovani?
Redazione
hanno collaborato
Editore
DIRETTORE RESPONSABILE..........DOMENICO GILIBERTI
PASQUALE ANNESE, VINCENZO ANNESE, MARIA
ADELAIDE BELLINO, CATIANNA BIMBO, PIERO IPPOLITO,
ALBERTO LIPPOLIS, ANTONELLO LEO, ANNALISA
MANCINO, ANGELO PANARESE, TITTI SEMERARO,
DONATO SPECIALE, REBECCA VENEZIANO.
ASSOCIAZIONE SYLVA TOUR AND DIDACTICS
sede legale: L.GO TREVISANI 8,
sede operativa c/o MUSEO DEL TERRITORIO CASA PEZZOLLA
70011 - Alberobello (Ba)
RESP. REDAZIONE........MARIA ANTONIETTA SALAMIDA
RESPONSABILE GRAFICO.......................LUCA DE FELICE
WEBMASTER....................................FRANCESCO PINTO
redazione:
[email protected]
Il personaggio
Pietro Campione, 1875 - 1945
Mostre ed eventi
L’Orchestra della Provincia di
Bari al teatro
Libri già letti e.. da leggere
“Il bosco nel cuore” di Giordano
Bruno Guerri
“Non ho tempo da perdere” di
Tommy Di Bari e Fabio Credico
In evidenza
“Giallo Ciliegia” di Gabriella
Genisi
Gli studenti
Rebecca Veneziano Sindaco
dei Ragazzi
L’Aula Magna della Scuola
Media
Workinprogress
“Il canto nelle tenebre”: in
ricordo della Shoa
Cinque domande a..
Angelo Panarese, autore
del libro “Donne, giacobini e
sanfedisti”
IL PERSONAGGIO
ALBEROBELLOCULTURA 2
Pietro Campione, 1875 - 1945
Sindaco 1920 - 1925
Maria Antonietta Salamida
Parallelamente a Via Manzoni
si trova la strada dedicata a Pietro
Campione, sindaco di Alberobello
dal 1920 al 1925. Nato a Bari nel
1875, frequentò il ginnasio ad
Altamura dove la famiglia si trasferì.
Nel 1893 si iscrisse al Socialismo e
insieme ad altri fondò a Bari la
Federazione Socialista Pugliese,
nella quale si distinse per la sua
qualità oratoria. Ma cosa condusse
Pietro Campione ad Alberobello?
Giunse ad Alberobello in qualità di
rappresentante della ditta barese
Mastaller, che aveva preso in affitto
lo stabilimento vinicolo Agrusti,
successivamente alla morte proprio
di Angelo Agrusti. Avvalendosi della
sua esperienza, fondò il “circolo del
Popolo” nel quale riunì su base
socialiste artigiani e contadini.
L’ Unesco è una
risorsa
Alberto Lippolis
L’approfondimento della
problematica della gestione dei
processi di conservazione, recupero
e valorizzazione del patrimonio
urbano e territoriale è al centro
di un’interessante azione che si
è avviata a partire dal 2002 in
Italia nei siti iscritti nella Lista del
Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Tale azione ha avuto un importante
riconoscimento a livello normativo
con l’approvazione della legge n.
77/2006 che, tra l’altro, definisce e
prevede che siano approvati i piani
di gestione dei siti UNESCO italiani.
Durante il regime fascista seppe
rispondere con onore alle offese
che gli venivano rivolte, grazie
soprattutto alla sua cultura e
alla pluriennale partecipazione
come corrispondente dell’Avanti,
della Conquista, di Fede Nuova. E’
interessante e curioso sapere che
prima di eleggere sindaco Pietro
Campione, era stato eletto, nello
stesso giorno, il 1 novembre 1820,
il signor Leonardo Salamida, il
quale durante la seduta si dimise
a causa delle precarie condizioni
economiche che gli imponevano di
lavorare tutti i giorni e del suo basso
grado di istruzione che non riteneva
compatibili con quell’impegno.
Con responsabilità e tenacia Pietro
Campione accettò la carica a cui era
stato chiamato.Durante il mandato
di Campione svariate furono le
opere eseguite: la frazione Coreggia
fu dotata di elettricità e il centro
urbano venne dotato di un maggior
numero di lampadine; utilizzando
l’antico progetto di Antonio Curri,
fu eretto il Monumento ai Caduti;
fu creata una nuova toponomastica
tanto che piazza Vittoria diventò
Piazza del Popolo e corso Nazionale
prese il nome di Corso Vittorio
Emanuele II; si costruì il ponte sulla
provinciale per Noci; a causa di
problemi economici non furono
terminati l’ampliamento del
cimitero e l’edificio scolastico.
Dai documenti si rileva che ci
fu molta commozione durante la
cerimonia per la posa della prima
pietra per l’erezione del Monumento
dei Caduti, avvenuta il 16 luglio
1922, data in cui fu scoperta
anche una pietra marmorea
dedicata a Don Francesco Gigante,
antesignano della Scuola Agraria.
Ancora oggi sulla lapide centrale
del monumento è leggibile
l’epigrafe dettata da Campione.
Il 1 maggio 1924 il sindaco
accolse ad Alberobello l’illustre
geografo Cosimo Bertacchi,
autore del famoso opuscolo “La
città Singolare”. Questo periodo è
ricordato soprattutto per i disordini
che si creavano a causa dell’antitesi
tra socialismo e fascismo; dopo il
riconoscimento della sezione
fascista di Alberobello, avvenuto
il 23 aprile 1923, si acuirono
le provocazioni tra i diversi
gruppi politici. Il sindaco e tutta
l’amministrazione furono attaccati
quando si tentò di annoverare il
nostro comune fra quelli di terza
classe per un miglior introito
daziario, poiché questo avrebbe
gravato notevolmente sull’intera
popolazione. Ma l’intervento
del Commissario Prefettizio, Guido
Spotorno acquietò gli animi.
Il 27 maggio 1924 fu inaugurato
il Parco della Rimembranza e fu
scoperta la targa con la quale
si dedicava il Rione Monti al
Principe di Piemonte; un corteo,
anticipato dalla banda musicale di
Locorotondo si riversò nelle strade
di Alberobello. Fino alla caduta
del Fascismo, Pietro Campione si
ritirò a vita privata occupandosi di
enologia. Morì il 31 ottobre 1945.
Sicuramente nell’analisi e nella
conoscenza dei personaggi storici
recenti, un certo valore hanno anche
le testimonianze dirette; a questo
proposito è opportuno citare il
pensiero di Angelo Martellotta nel
cui libro “I sindaci di Alberobello
dall’Unità d’Italia” (prezioso
strumento bibliografico per questa
rubrica) scrive: “Ricordo con piacere
quando mio padre, che socialista
non era, mi parlava di lui con
benevola espressione e ne evocava
il ricordo evidenziando il carattere, la
personalità e soprattutto la grande
disponibilità che l’analfabeta, il
misero, l’infelice incontravano
quando si recavano sulla Casa
Municipale dove i funzionari non
superavano le cinque unità”.
L’esigenza espressa dall’UNESCO
coincide con la volontà, in più modi
evidenziata in Italia, di passare da
una tutela meramente passiva
ad una tutela attiva che coniughi
le esigenze di conservazione
del patrimonio culturale con le
necessità di trasformazione indotte
dalle dinamiche socio economiche.
Sicuramente il risultato che
fino ad ora sembra essere il
più interessante nei casi di
maggiore successo dell’iniziativa
è quello del coordinamento dei
numerosi soggetti che a vario
titolo hanno competenze nella
gestione del territorio, delle
città e del patrimonio culturale e
paesaggistico. Questo particolare
aspetto è stato fin dall’inizio alla
base della impostazione italiana
della metodologia per l’attuazione
dei piani di gestione. Anche nella
nostra comunità oggi questa prassi
inizia ad assumere un carattere più
deciso. Se Alberobello è stato uno
dei primi paesi Unesco a dotarsi
di un piano di gestione valido e
conforme alle richieste espresse
dalla legge sopracitata, attualmente
risulta essere uno dei siti UNESCO
più vitali grazie all’accaparramento
di numerosi finanziamentti pubblici
che stanno interessando svariati
progetti: quello dell’ecomuseo, i
corsi per i diversi istituti scolastici, il
censimento dei trulli che si trovano
nell’area suburbana. In realtà era
stato predisposto anche un progetto
che riguardava la sostituzione
degli infissi dei trulli, ma allo stato
attuale la legge in questione non
prevede interventi materiali. In
programmazione ci sono altri due
iniziative, già approvate: lo studio
dei piani urbanistici di Alberobello
e Matera e l’attuazione del piano
di gestione creato dal Consiglio
Comunale dei Ragazzi nel 2010,
proprio a conclusione di un altro
progetto. Senza dubbio queste idee
non sarebbero diventate fatti senza
la disponibilità dei finanziamenti
e la collaborazione con il SITI di
Torino, che costituisce un partner
fondamentale. Il fatto che questi
progetti siano rivolti in gran parte
alle giovani generazioni manifesta il
desiderio di infondere ai più piccoli
il senso d’identità e la passione per
lo studio del proprio territorio allo
scopo di creare cittadini attivi in un
paese sito UNESCO.
MOSTRE ED EVENTI
ALBEROBELLOCULTURA 3
L’Orchestra della Provincia di Bari al teatro
Le note di Beethoven
Ornella Lasaponara
Interessante occasione per
Alberobello quella offerta, lo scorso
17 febbraio, dall’Orchestra Sinfonica
della Provincia di Bari, grazie alla
collaborazione tra Comune, Nuovo
Cinema-Teatro e Associazione
Musicale Alberobellese, che
ha varato il nuovo teatro con
l’esecuzione dal vivo di musiche
di Ludwig van Beethoven: due
Ouverture, Egmont e Leonore n. 2,
e la Settima Sinfonia, pagine che
prevedono un organico classico del
repertorio sinfonico (2 flauti, 2 oboi,
2 clarinetti, 2 fagotti, ottoni, timpani
e archi).
Un equilibrio armonico e
timbrico perfetto per collaudare un
luogo che ha tutte le potenzialità
per ospitare un pubblico come in
un vero auditorium.
La serata si è aperta con un
grande applauso per il caro giovane
batterista Giuseppe Girolamo.
E, sicuramente, ai fruitori più
attenti della produzione sinfonica
non sarà sfuggita la sorprendente
coincidenza con questa sinfonia
di Beethoven in cui tutto sembra
prendere origine e trasformarsi
proprio da una ricerca ritmica che
portò Richard Wagner a definirla
“apoteosi della danza”.
L’eccellente maestria dei professori
di orchestra, prestigiosamente
diretti dal M° Oleg Caetani, ha
portato tutti ad apprezzare, nella
sala vibrante di suoni, armonie
perfette ed impasti timbrici, dal
pianissimo al forte esilarante, in
un’atmosfera ben raccolta, ma al
contempo adeguatamente ampia
per ospitare un numeroso pubblico.
Probabilmente la qualità della
fruizione del concerto è stata
danneggiata da alcuni problemi di
carattere tecnico-organizzativo: la
sistemazione di una pedana, almeno
per i fiati, avrebbe facilitato la visione
e l’ascolto completo anche alle
prime file; la presenza di un piccolo
ronzio di fondo del sistema di
amplificazione ha rovinato qualche
pianissimo e qualche silenzio del
grande sinfonista.
S or prendentemente,
nel
pubblico, tra tanti adulti presenti,
Il maestro Oleg Caetani
c’ erano anche dei giovanissimi
ragazzi, a dimostrazione che la
musica classica non è un genere
obsoleto e che molti giovani si
dedicano con passione all’arte
della musica. Certo, l’occasionalità
dell’evento, unita al gran
coinvolgimento di pubblico, vi
lascia ben sperare che anche ad
Alberobello si possa strutturare
una stagione concertistica di tutto
rispetto, con grande eco non solo
dell’immagine turistica del paese,
sempre all’altezza dei numerosi
ospiti che gradirebbero più attività
in tal senso, oltre alla qualità
dell’ospitalità, ma anche per la
diffusione della cultura musicale
tra i nostri concittadini e nel nostro
territorio.
La musica colta non deve
essere riservata a pochi cultori,
ma divulgata più capillarmente
smontando alcuni pregiudizi che
l’accompagnano, poichè ha tanto
da dire al grande pubblico così come
a ciascuna persona, comunque e
dovunque viva.
Non possiamo rimanere fuori da
questi circuiti.
LIBRI GIÀ LETTI E...
ALBEROBELLOCULTURA 4
“Il bosco nel cuore” di Giordano Bruno Guerri
Recensione a cura di Maria Adelaide Bellino
Con l’occhio attento ai fatti, ma senza
la freddezza dell’analista che si ferma
al documento, anzi con la passione di
chi va alla ricerca della verità, in questo
libro, G.B. Guerri fa la storia delle
Italiane che, durante il Risorgimento,
agirono da protagoniste, ribellandosi
alla legge che sanciva l’ ìnferiorità
della donna, legge non scritta, ma
radicata nelle coscienze al punto da
sembrare naturale alle donne stesse
che la subivano e si sentivano oneste
solo se obbedienti e remissive. Il libro,
infatti, nonostante il titolo, non parla
solo delle brigantesse che difesero
il Sud, ma di tutte le protagoniste
attive del Risorgimento, da Cristina
di Belgioioso, alle Garibaldine, a
Maria Sofia di Borbone, a Filomena
Pennacchio, a Michelina De Cesare,
a Ciccilla ecc. Naturalmente le donne
che combattevano dalla parte dei
Piemontesi erano tutte eroine,
belle, bionde, valorose e generose,
invece quelle che lottavano coi
briganti erano brutte, mascoline,
cattive e feroci e, se si trattava di
una regina, come la bellissima,
intelligente e coraggiosa Maria
Sofia, moglie di Francesco II, per
denigrarla, si ricorreva addirittura
a fotomontaggi, che la ritraevano
nuda, in atti osceni. La scoperta delle
verità prima occultate - repressione
feroce, distruzione di interi paesi,
arresti arbitrari, fuci-lazioni facili,
deportazioni crudeli e, addirittura,
un tentativo di pulizia etnica,
attraverso la creazione di “colonie
penali da impiantare il più lontano
possibile…..per risolvere il problema
del sovraffollamento carcerario“ porta lo storico ad affermare che
dal 1861 al 1865 il brigantaggio fu
un fenomeno collettivo di rivolta
contro lo Stato Unitario, dopo
il tradimento delle promesse di
Garibaldi: abbassamento delle tasse
e distribuzione delle terre demaniali
ai contadini. I Piemontesi, invece
delle terre, diedero ai contadini tasse
insostenibili, una lunghissima ferma
militare e soprattutto repressione
e disprezzo per “ le canaglie “, che
non accettavano le nuove regole
e dovevano essere rieducate con
la forza o annientate. La causa
fondamentale del brigantaggio è
questa e i fatti veri nella conquista
del Sud furono mistificati dalla
propaganda
piemontese,
che
cancellò ogni umanità nei contadini
– briganti e soprattutto nelle
loro compagne, le brigantesse,
trasformandoli in mostri. Invece, in
quegli uomini e in quelle donne, che
presero le armi contro i liberatori,
rivelatisi più aguzzini dei vecchi
padroni, lo storico Guerri riconosce
dignità ed orgoglio. “Meglio morire
in piedi che continuare a vivere
in ginocchio” era il loro motto.
Non è certo una affermazione da
delinquenti; ribellarsi e resistere alla
prepotenza feroce ed ingiustificata
dei più forti, non è da tutti! Briganti e
brigantesse in questo libro non sono
aprioristicamente studiati e giudicati
come delinquenti, ma visti come
persone, che rivendicarono il diritto
di vivere da protagonisti la loro
vita, assumendosi la responsabilità
delle proprie scelte. Chissà perché,
quando questa scelta fu operata
dagli uomini e dalle donne del
Nord, fu eroismo, quando invece,
a farla, furono “i cafoni“ del Sud, la
si etichettò come brigantaggio. Il
libro riporta molti esempi di questo
pregiudizio; la bella Gigogin, la
fidanzata di Mameli che combatté
a Milano sulle barricate del “48,
così come la bela Masenela - l’unica
donna arruolata come vero soldato
da Garibaldi e promossa caporale
per il suo coraggio – erano celebrate
dai poeti. La bella Gigogin forse non
è mai esistita, ma figura storica o
no, è diventata il mito della donna
che accende l’animo dei soldati e,
con la sua fede ostinata, “Dàghela
avanti un passo“, ne tiene vivo il
coraggio. Le brigantesse del Sud, al
contrario, erano streghe in combutta
col demonio. Ad esempio Maria
Oliverio, detta “ Ciccilla”, da Ciccio
cioé Francesco II, divenne anch’essa
un mito, ma del male. Fu ritratta dal
fotografo Emanuele Russi, che era
al seguito del Gen. Pallavicini, così
come esigeva la propaganda: una
proterva belva feroce senza luce di
umanità. Allo steso modo fu ritratta
Maria Capitanio, compagna di
Antonio Luongo, brigante in Terra di
Lavoro; eppure la sua storia è di una
drammaticità e di un romanticismo
commovente. Come si vede il taglio
del libro è nuovissimo, Guerri, non solo
rifiuta la storia raccontata dai vincitori,
di cui rivela gli abomini, ma cerca
di restituire umanità e dignità alle
vittime; questo non significa negare
i valori del processo di unificazione;
significa invece riconoscere che fu
affrontato male, come problema di
ordine pubblico, il che trasformò
“l’integrazione in conflitto e la
liberazione in assedio”. Su questo
dobbiamo riflettere, se vogliamo
superare i pregiudizi ed i rancori che
ancora ci dividono e ci impediscono
di crescere come Italiani, nel
rispetto delle reciproche differenze.
...DA LEGGERE
“Non ho tempo da perdere” di Tommy Di Bari e Fabio Di Credico
Recensione a cura di Catianna Bimbo
Nel continuo dibattito
tra Nord e Sud, tra pellicole
cinematografiche che si
rincorrono mettendo in evidenza
le differenze tra settentrione e
meridione d’Italia, ecco la storia
di un giovane pugliese emigrato
al Nord per inseguire i suoi
sogni. Non è un caso che ogni
capitolo sia preceduto da una
citazione cimatografica. Lazzaro,
questo il nome del protagonista,
originario di Polignano a Mare,
decide di raggiungere Milano per
realizzarsi come chef e uscire dalla
coltre iperprotezionistica della
famiglia. Cerca di fare fortuna,
accompagnato da una sana
ingenuità che contraddistingue,
chi, limitato in una realtà a sè ha
voglia di evadere e di sperare.
Lazzaro non si sottrae a nuovi
incontri e relazioni, e da qui si
crea un nuovo “io” che lo conduce
a darsi completamente agli altri
senza difese ed inibizioni. La sua
indifesa lo porterà a trovarsi in
situazioni spiacevoli tanto che sarà
picchiato e derubato. Trova una
casa e convive con quattro ragazze,
curioso di fare nuove esperienze,
che mai gli erano capitate nel suo
alveo familiare. Sicuramente non
ha vita facile perchè cambia più
volte lavoro, ma ciò che non gli
manca è la volontà. Ad incontri
negativi si intrecciano conoscenze
positive che lo aiutano ad inserirsi
in un contesto diverso da quello
originario e lo apprezzano per
quello che è. Quando tutto sembra
andare per il verso giusto, una
telefonata del fratello Paolo lo
riporta al suo passato; si ritrova
«assistente» di Carmine Cordaro,
un tizio circondato da dubbia fama
e viene coinvolto in un lavoro
denso di misteri e strani traffici.
IN EVIDENZA
ALBEROBELLOCULTURA 5
“Giallo Ciliegia” di Gabriella Genisi
Annalisa Mancino - Titti Semeraro
La bellezza dei trulli ha incantato
la scrittrice barese Gabriella Genisi,
organizzatrice della rassegna letteraria
“Il libro possibile” che si svolge a
Polignano a Mare. Nell’accogliente
sala meeting dell’Hotel Lanzillotta
il 10 febbraio scorso per iniziativa
del Presidente dei “Presidi del libro”,
Giuseppe Palmisano è stato presentato
il libro “Giallo Ciliegia”, il secondo caso
della sexy- commissaria Lolita Lobosco,
fortunata creazione letteraria della
Genisi.
Dopo una breve introduzione a
cura dell’Assessore alla cultura Alberto
Lippolis, l’autrice ha carinamente
dialogato con le moderatrici della
serata.
Gabriella Genisi è nata nel 1965 e
abita vicino al mare, a pochi chilometri
da Bari. Appassionata di arte, cucina
e letteratura ha scritto numerosi libri:
Come quando fuori piove, Fino a quando
le stelle, Il pesce rosso non abita più qui.
Alcuni suoi racconti sono presenti in
antologie. Con Sonzogno ha pubblicato
La circonferenza delle arance (2010),
primo caso della commissaria Lolì.
Il romanzo è una gustosa commedia
poliziesca che reinventa il giallo
meridionale in versione femminile.
Contro Montalbano, o come affermato
dalla stessa autrice “da una sua
costola”, nasce una donna, barese,
coraggiosa e soprattutto molto
sexy e passionale che, nella torrida
estatebarese del 2010, si imbatte in
una serie inqiuetante di personaggi
che la conducono sino in Montenegro
affiancata dall’insostituibile Tonino
Esposito e dal sedicente sciupafemmine
Antonio Forte, la commissaria
Lobosco si troverà invischiata in
una pericolosa rete di criminali e
sfruttatori, cui terrà testa grazie alsue
descritte prerogative “tutte femminili”.
La Genisi, divoratrice di libri, non
legge romanzi gialli, ma li scrive, e
li scrive così bene da venderne a
migliaia tant’è che, ben presto saranno
sceneggiati da Ivan Cotroneo per la Rai
ed interpretati da Micaela Ramazzotti.
L’autrice, nel corso della serata ha
affermato di avere un segreto nello staff di
consulenti di medicina legale e giuridici
che la assistono in fase di scrittura.
A dirla in breve , il segreto è proprio
in lei, nella sua tenacia e nel suo savoirfaire, emerso nel simpatico dibattito
instauratosi con tutti i presenti, che,
immediatamente a loro agio, non
hanno avuto alcuna remora nel
porre qualsivoglia tipo di domanda
all’autrice felice di confrontarsi con tutti.
La prima domanda rivolta all’autrice
ha destato non poca curiosità tra i
presenti: Perchè la scelta di “Giallo
ciliegia” quale titolo del romanzo? La
Genisi simpaticamente ha sciolto ogni
dubbio affermando che il titolo guarda
al genere del romanzo ed al frutto tanto
amato dai pugliesi e che nel contempo
aiuterà Lolita alla risoluzione del caso.
La serata si è conclusa con la
degustazione di una squisita torta molto
gradita realizzata per l’occasione. L’amore
per la lettura passa anche attraverso la
condivisione di momenti di convivialità
e con Gabriella Genisi riteniamo
sia stato pienamente realizzato.
L’ autrice Gabriella Genisi
GLI STUDENTI
Rebecca Veneziano sindaco dei ragazzi
Luca De Felice - M. Antonietta Salamida
Se nella storia amministrativa di
Alberobello la carica di Sindaco
è stata ricoperta da soli uomini,
all’interno del Consiglio Comunale
dei ragazzi sembra prendere piede
il trionfo femminile; infatti, dopo
Rosella Matarrese, questo ruolo
è ricoperto da un’altra giovane
donna Rebecca Veneziano, 12
anni, frequentante la seconda A
della Scuola Media “L. Tinelli”. La
incontriamo per conoscerla meglio
e per valutare le sue impressioni,
in questa nuova veste. Rebecca,
quali sono state le modalità di
votazione? Ti aspettavi questo
risultato? Per me è stata davvero
una sorpresa, speravo di entrare a
far parte del Consiglio Comunale
dei ragazzi ma non mi sarei mai
aspettata di ricoprire questa carica.
Infatti, le modalità di votazione per
la prima elezione non designavano
sindaco il più suffragato. Alle
“primarie” potevano candidarsi tre
alunni per ogni classe di prima e
seconda e le preferenze espresse
dai votanti dovevano essere due. La
seconda votazione è avvenuta nella
Sala Consiliare e i votanti erano i 21
ALBEROBELLOCULTURA 6
e le richieste di tutti, portare
avanti le proposte . Spero che il
nostro Consiglio Comunale dei
ragazzi possa dare un contributo
significativo, che possa portare
idee nuove. Ogni cosa può essere
guardata da diversi punti di vista:
ciò che per un adulto può sembrare
superficiale, per un ragazzo può
essere fondamentale. Il confronto
è sempre proficuo. Sei legata
ad un particolare luogo della
nostra città? Mamma mai ven
dall’Aira Pccenn , attanm da “sous
i piendm”. Le mie origini parlano
ragazzi più suffragati della scuola
primaria e secondaria di primo
grado, ognuno dei quali poteva
esprimere una sola preferenza. Sono
stata scelta con 19 voti su 21, mentre
vicesindaco è stata designata
Miriana Sabatelli, rappresentante
della scuola primaria. Il Consiglio
resterà in carica per due anni. Hai
già avuto occasione di presentarti
in questo nuovo ruolo? La mia
prima settimana da sindaco è stata
molto impegnativa: due giorni dopo
l’elezione ho dato il benvenuto
Piero Ippolito
all’On. Fioroni, alla dott.ssa Stellacci,
Il 3 febbraio 2012 è stata inaugurata
e all’On. Gero Grassi, intervenuti alla
cerimonia di inaugurazione della presso la Scuola Secondaria di primo
nuova Aula Magna della S.M.S. grado di Alberobello “L.Tinelli”
“L. Tinelli”. Il lunedì successivo , l’Aula Magna titolata a quanti,
insieme a Miriana, ho partecipato hanno concretamente operato
alla giornata ” Arance della salute”, affinché si realizzasse il predetto
promossa dall’AIRC. Cosa significa obbiettivo di struttura funzionale.
per te ricoprire questo ruolo All’evento sono intervenuti: la prof.
soprattutto in una città come ssa Teresa Turi, D.S. Scolastico della
Alberobello? Quale sarà il vostro medesima istituzione educativa, il
contributo? Alberobello è una città Sindaco prof. Bruno De Luca, nella
unica al mondo. Essere sindaco doppia veste di Primo cittadino
significa prima di tutto essere e docente della stessa agenzia
al servizio della comunità che si educativa, l’ass. alla P.I. del Comune
rappresenta, ascoltare le opinioni di Alberobello sig. Lallo Greco, l’on.
Giuseppe Fioroni, ministro della P.I.
nel secondo governo Prodi, l’on.
Gero Grassi e la dott.ssa Lucrezia
Stellaci già dirigente dell’Ufficio
scolastico regionale per la Puglia
e responsabile dipartimentale
centrale del M.I.U.R.. Nonostante
l’avversità metereologica, una folta
presenza di pubblico e di addetti ai
lavori hanno valorizzato l’evento già
di per sé di alto spessore qualitativo.
L’incipit della manifestazione è stato
reso gioioso dalla performance
della scuola cantorum, composta
dai discenti della scuola, diretta
dalla prof.ssa Anna Maria Miccolis
che ha guidato le giovani voci
nei virtuosismi musicali degli inni
nazionale ed europeo. Subito dopo
l’inaugurazione dell’aula magna si
è entrati nel vivo della serata, con
l’ascolto dei singoli interventi, che
hanno analizzato i vari aspetti del
tema proposto alla riflessione degli
astanti nella medesima occasione
della inaugurazione dell’aula
magna: “La scuola per una società
più corretta e solidale”; interventi
per me! Sono alberobellese DOC.
Ho imparato l’amore per la mia città
dalla mia famiglia: da mio nonno
Franco, che tante volte l’ha decantata
nelle sue canzoni e nei suoi scritti, dai
miei nonni e dai miei zii che hanno
fatto parte del Gruppo Folkloristico,
da nonno Nino, che con maestria ha
restaurato tanti gioielli del nostro
paese. Non ci sono luoghi privilegiati.
Ogni angolo ha una sua storia e una
sua magia: anche il nome. I latini
dicevano: In nomine omen. L’albero
è una realtà viva,che cresce ogni
giorno. Proprio come noi ragazzi.
L’Aula Magna della Scuola Media
quelli che all’unisono hanno
evidenziato l’eccellenza della
iniziativa che si stava vivendo,
ed hanno proposto delle analisi
puntuali del pianeta scuola con tutte
le problematiche ad esso connesse.
Significativi sono stati a tal proposito
gli interventi della dott.ssa Lucrezia
Stellacci che ha edotto i presenti, col
un qualificato intervento, sullo stato
di salute della scuola secondaria
di secondo grado in Italia; con
particolare attenzione alla nostra
regione che stanti gli ultimi dati
dell’INVALSI ( istituto nazionale della
valutazione del sistema di istruzione)
da lei citati, ha raggiunto in più
occasioni risultati ragguardevoli
e significativi. Ė stata poi la volta
dell’on. Giuseppe Fioroni, che ha
offerto con la sua relazione un’analisi
circostanziata e strutturalmente
cognitiva delle difficoltà nelle quali
deve dipanarsi l’azione educativa e
formativa dei soggetti protagonisti
dell’agenzia educativa scuola, con
tutto il corollario di problemi e di
difficoltà che li attanagliano quali: la
riduzione sistematica delle risorse,
l’inadeguatezza delle sedi, la carenza
del personale, sacrificato in trincea
e sottopagato, e la necessita di
realizzare collegamenti funzionali a
livello sociale tra la formazione e il
mondo del lavoro. Ci auguriamo che
l’iniziativa de qua ascrivibile tra le
note di merito della dirigente prof.
ssa Teresa Turi non costituisca un
evento isolato ma rappresenti la
prima tappa di iniziative e progetti
futuri finalizzati al conseguimento
dell’ eccellenza educativa e
formativa nella nostra comunità.
WORKINPROGRESS
Il canto nelle tenebre: in ricordo della Shoa
Spettacolo di suoni e parole
Pasquale Annese - Vincenzo Annese
Poco più di un anno fa veniva
inaugurato il cinema - teatro
di Alberobello, accogliendo i
desideri di molti e gli auspici di
chi ha voluto scommettere su un
impresa non facile. La stagione
2011- 2012 si è aperta con proposte
cinematografiche dedicate ad un
pubblico vasto e con un programma
di eventi dedicati alla musica, alla
danza e al teatro, nati dalla buona
collaborazione con le associazioni
del territorio. Una di queste
esperienze si è svolta lo scorso 20
febbraio, con la collaborazione de
i Presidi del Libro di Alberobello,
in occasione de “I giorni della
memoria”. La rappresentazione “Il
canto nelle tenebre. Suoni e parole
della memoria” è stata realizzata
come una narrazione verbale e
musicale dell’abissale esperienza
dell’Olocausto. La musica e la lettura
si sono alternate in una descrizione,
che nel corso dello spettacolo si
è fatta sempre più drammatica,
della caduta dell’uomo nel campo
di sterminio: sia dell’aguzzino e
carnefice del quale si è narrata la
storia, Franz Stangl, comandante
a Treblinka, l’uomo che toltasi
di dosso l’umanità e vestita la
terrificante “giacca bianca” con
cui divenne tristemente famoso
nel campo, si trasformò in uno
strumento di abiezione e morte per
quasi un milione di esseri umani; sia
delle vittime, degradate ad esistenze
subumane di cui liberarsi nel più
rapido dei modi. L’attore triestino
Alessandro Mizzi, seduto ad una
essenziale scrivania, ha dato voce
a Stangl, leggendo passi dal celebre
libro scritto da Gitta Sereny, In
quelle tenebre, al quale l’autrice ha
consegnato il testo dei suoi lunghi
colloqui con Franz Stangl nel carcere
di Düsseldorf nel 1971.
Mizzi è riuscito, a nostro parere, a
ricreare con una alternanza timbrica
e recitativa, l’incalzante ritmo del
domandare e del rispondere tra
intervistatrice e intervistato, facendo
emergere efficacemente, anche
in modo fonetico, la differenza
tra i quesiti morali con i quali la
Sereny pungolò Stangl e le risposte
agghiaccianti fornite dal comandante
per il quale tutto era giustificato,
legittimo, e comunque da farsi perché
così ordinato dall’alto. I musicisti,
ovvero i Ventanas – Vittorio Gallo
(sax), Adolfo La Volpe (chitarra, oud),
Giacomo Mongelli (percussioni),
guidati dal contrabbassista Vito M.
Laforgia – hanno dato voce, questa
la nostra impressione, al dolore
e all’orrore patito dalle vittime,
iniziando con atmosfere musicali
rarefatte (il contrabbasso solo al
centro della scena con il suo suono
grave, il piatto della batteria suonato
con un archetto per contrabbasso –
imitazione dei cardini di un cancello?)
che con l’avanzare dell’intervista si
sono fatte sempre più incisive man
mano che il racconto di Stangl
si arricchiva di particolari, anche
macabri. Il quartetto ha eseguito
con raffinatezza esecutiva e con una
straordinaria ricchezza di sfumature
sonore brani che, ispirandosi alle
intuizioni del musicista ebreo
statunitense John Zorn, hanno unito
il jazz con la musica della tradizione
ebraica.
Non c’è stato bisogno di atti, di
movimenti, di oggetti. È bastato il
suono. Il suono ha prevalso su tutto:
il suono di una voce narrante che,
riteniamo, ha saputo trasmettere al
pubblico lo sconcerto intellettuale
che l’uomo prova di fronte alla
distruzione di ciò che lo rende tale, e il
suono di quattro strumenti che sono
riusciti, ne siamo convinti, a muovere
e turbare la parte più emotiva del
nostro essere mentre attraverso le
note descrivevano la tragedia di un
popolo.
ALBEROBELLOCULTURA 7
CINQUE DOMANDE A..
Angelo Panarese
Autore del libro “Donne, Giacobini e Sanfedisti nella Rivoluzione Napoletana del 1799”
M. Antonietta Salamida
Donne, giacobini e sanfedisti
nella Rivoluzione napoletana
del 1799” è l’ultimo libro scritto
da Angelo Panarese, insegnante
nella scuola media superiori,
collaboratore dell’Istituto di
Filosofia Politica all’Università di
Bari, partecipante del Dottorato
di Ricerca. Probabilmente gli
alberobellesi
lo
conoscono
meglio come sindaco, carica
che ha ricoperto dal 1994 al
2001. Ecco, partiamo proprio
da qui: in quale ruolo pensi
di aver espresso al meglio
la tua personalità? Ritengo
che qualsiasi attività io abbia
svolto, ho cercato, sempre, di
dare il meglio di me. L’attività
di studioso e quella di politico,
fatte le dovute distinzioni, hanno
molto in comune: la intelligenza,
la pazienza, la capacità di
ascoltare gli altri e di interrogare
le fonti storiche. Sono due forme
di un processo complesso di
conoscenza e di azione; l’una
pratica,concreta,contingente
quella politica, l’altra astratta
e teorica quella
di studio.
Il tuo libro si apre con due
frasi
emblematiche,
una
di Ignazio Ciaia e l’altra di
Eleonora Fonseca Pimentel,
che ben si legano al pensiero
dello storico March Bloch
che
in “Apologia
della
storia o mestiere di storico”
affermava: “Comprendere il
presente mediante il passato
è comprendere il passato
mediante il presente”. Il
compito dello storico è
l’interpretazione della storia
come magistra vitae? L’autore
che tu citi March Bloch è a
me molto caro. Egli insieme a
Pirenne, a Le Febvre, a Le Goff e a
Braudel ha inciso molto sulla mia
formazione. Con loro la Storia è
diventata “ Storia globale”, della
struttura materiale e della cultura
intellettuale e della civiltà. La
storia è tornata ad essere sì
magistra vitae, ma soprattutto
Scienza che interseca altri Saperi
con metodologie e tecniche di
studio appropriate. Assistiamo
ad un notevole incremento
di libri dedicati alla storia
meridionale, soprattutto legati
all’Unità d’Italia. Quali sono
le cause di questo fenomeno,
sempre se di ciò si può parlare?
Inoltre, nel testo insisti molto
sul carattere sociale della
rivoluzione napoletana. Qual
è la definizione più corretta
del binomio libertà/ proprietà?
In questi ultimi anni c’è stata
una esplosione degli studi sul
Mezzogiorno. Ciò è scaturito
senz’altro dal fatto che l’anno
scorso ricorrevano i 150 anni
dell’Unità d’Italia. C’è una
riscoperta del Sud, frutto dei
volumi di Franco Cassano, di
Pino Aprile e di tanti altri insigni
studiosi. Per quanto riguarda
il mio lavoro: è vero io insisto
molto sul carattere sociale
della
rivoluzione napoletana
del 1799, sulla necessità di
comprendere
quella prima
forma di Stato repubblicano,in
cui si pongono le basi
dell’affermarsi della “rivoluzione
borghese” nel Mezzogiorno
d’Italia. In quel processo storico,
il nesso libertà- proprietà è per
la prima tematizzato, soprattutto
ad opera Mario Pagano,
autore
della
Costituzione
napoletana. Per lui la Libertà
è la manifestazione concreta
dell’essere umano che si declina
nel possesso dei beni necessari
al suo sostentamento e alla
acquisizione della proprietà. Un
intero capitolo è dedicato al ruolo
delle donne nella rivoluzione
napoletana, in particolare alla
figura di Eleonora Fonseca
Pimentel. Secondo te perché si
tende a parlare di una storia
fatta da soli uomini? La Pimentel
passa dall’essere sostenitrice
della monarchia al diventare “un’
ardente giacobina”, come altri
intellettuali del tempo. Nel testo
riporti il pensiero di Benedetto
Croce su questo atteggiamento,
secondo il quale il desiderio del
bene sociale era comune alle due
posizioni. Come si distingue la
conquista del bene comune in uno
stato monarchico e in uno stato
repubblicano? Eleonora Fonseca
Pimentel è sicuramente la donna
più conosciuta della rivoluzione
napoletana di quel tempo; ma
ella è, al tempo stesso, giacobina,
letterata, giornalista e martire,
un punto alto nella coscienza
politica del movimento giacobino
meridionale. Spesso si parla di soli
uomini, o perché è difficile trovare
fonti documentarie che ci parlano
anche delle donne, oppure per una
ritrosia degli uomini a considerare
il ruolo delle donne fondamentale
come quello degli uomini.
Nel testo riporto il pensiero di
Benedetto su “donna Eleonora”
e lui spiega come è possibile
passare “dall’idealismo monarchico
all’idealismo repubblicano” e come
è possibile che in un determinato
momento storico il Monarca sia del
tutto inadeguato come fu il caso di
Ferdinando IV e che le forze più
sensibili trasmutino con la stessa
intensità e idealità nel campo
repubblicano. Nel testo prendi
in considerazione anche lo stato
sociale e politico di Alberobello
in quegli anni e fai riferimento a
due atti specifici datati 18 marzo
1800. La difficoltà nel reperire
documenti su Alberobello è
causata esclusivamente dalla
giovane storia della nostra città o
esistono altri fattori? La difficoltà
non consiste nella giovane età
della nostra città, riconosciuta
come città regia nel 1797 proprio
da Ferdinando IV, ma dal fatto
che i documenti storici si trovano
all’Archivio di Stato di Trani, e
che richiede molta pazienza e
buona volontà ricostruire i fili
della storia della nostra cittadina.
Presentazione del libro presso la sala conisgliare avvenuta lo scorso 26 gennaio
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La cultura ai tempi della crisi - Associazione Culturale SYLVA Tour