Giovanni Laurito Sogno di una notte di mezza età (DIARIO DI SEI ANNI - Marzo 2008 / febbraio 2014) Parte prima IL TOMBINO (marzo 2008- marzo 2009) Abbiamo fatto un sogno. Gli uomini vivevano felici in pace e prosperità. La vecchiaia iniziava a 180 anni. Eravamo tutti giovani e belli e si girava in macchina per ore con lo stereo a palla. Insomma, un mondo perfetto. Poi ci siamo svegliati. E la benzina era a 1 euro e 50. E gli specchi continuavano ad esistere. Allora abbiamo sentito delle voci sempre più insistenti che ci chiamavano. E siamo stati costretti ad uscire ancora una volta dal nostro tombino. VENERDÌ, 21 MARZO 2008 Uno dei blog più letti del mondo è quello di Beppe Grillo. C'è di che vantarsi? Io non ne sono sicuro ... Infatti, è UNO dei più letti, ma non è certo IL PIU' LETTO! Invece io ritengo che bisogna perseguire l'eccellenza in ogni campo. E' per questo che, dopo molti ripensamenti, ho infine deciso di aprire il mio blog soltanto quando sono stato davvero sicuro che il risultato sarebbe stato all'altezza delle mie aspettative. Grafica, contenuti ... ho lavorato molto, e adesso posso essere ragionevolmente sicuro che il mio sarà IL BLOG MENO LETTO DEL MONDO!!! SABATO, 22 MARZO 2008 La pubblicità è l'anima del commercio. Qualche sera fa ho visto le prime due puntate di una nuova serie TV su CULT. Si tratta di Mad Men, creata da Matthew Weiner, uno degli autori dei Sopranos. La serie è ambientata negli anni '60, l'epoca d'oro dei creativi, in un profluvio di citazioni di canzoni, marche, personaggi dell'epoca. Ogni puntata è costruita con un trucco di sceneggiatura "alla Dr. House". Mentre in quest'ultimo c'è sempre all'inizio una patologia strana da curare, ed alla fine, dopo molte difficoltà, se ne riuscirà a venire a capo, così in Mad men c'è uno slogan efficace da creare per vendere un prodotto, ed il protagonista trarrà lo spunto da qualche vicenda personale, o da una banale coincidenza, da un sogno a quant'altro, per soddisfare i clienti dello studio. Mentre riflettevo sull'acutezza dei copywriter, pronti a cogliere ogni indizio dei desideri dei clienti per vendere il proprio prodotto, mi sono imbattuto nella home page di splinder, dove, accanto alla casella in cui noi blogger siamo invitati ad inserire i nostri interessi, si apriva un banner pubblicitario in cui, con un sottile collegamento, veniva sponsorizzata la visita a diversi istituti di credito, dove venivano promessi prestiti con "interessi" molto bassi. Geniali questi pubblicitari nostrani, eh? Ma come possono credere che la gente sia così cretina? Ora scusatemi, devo scappare, non so perchè ma mi è venuta un'irrefrenabile voglia di correre in banca a contrarre un mutuo! LUNEDÌ, 24 MARZO 2008 Chi ha ucciso la poesia? Mi è venuto un brivido quando ho sentito la notizia: in uno studio legale in terra, dietro la scrivania con il computer riverso tra carte bollate, cambiali, querele è stato rinvenuto il cadavere della poesia. Interrogato, l’avvocato titolare ha descritto i suoi ripetuti tentativi di rianimarla, infarcendo di espressioni letterarie i propri scritti salvo constatare la vanità di ogni sforzo di fronte alla innegabile e crudele realtà La poesia si nutre di verità. Non può sopravvivere negli sforzi continui di chi, pure in buona fede cerca di ricondurre tutto alla propria opinione ad essa sacrificando l’oggettivit{ e talvolta il sonno. Mentre piuttosto assopito descrivo un sinistro, gli unici versi che sgorgano non hanno alcunché di fierezza assomigliando di più allo sbadiglio di un gattino annoiato che a leopardi, figurati poi con la maiuscola. MARTEDÌ, 25 MARZO 2008 Cinque minuti Aspettando le sei e mezza per collegarmi a internet senza spendere troppo ho scritto una poesia, e questo dimostra quanto la poesia sia vicina alle cose concrete, non uno strumento anacronistico come dicono in molti equivocando il mezzo ed il fine. Sar{ pure un retaggio d’altri tempi il mettere in fila parole spesso desuete cercando talvolta con sforzo un’inadeguata rima d’orzo, ma che cazzo potevo fare in questi cinque minuti? Non c’era neppure il tempo di scendere al bar a farmi una birra. VENERDÌ, 28 MARZO 2008 La poesia di oggi La poesia di oggi parla di cose belle proprio così senza fronzoli di giorni di sole e di pioggia che consola di occhi sinceri e sereni di bicchieri mezzi pieni la poesia di oggi è un misto di falso e di vero per sua stessa natura perché nelle poesie non sempre sei sincero ed è vero che la vita è dura. DOMENICA, 30 MARZO 2008 sfide Chiuso nel mio solitario tombino, pensavo di essere un artista. Unico, geniale, inarrivabile. Uno scrittore eccelso, un delizioso musicista, un raffinato umorista. Poi mi sono affacciato all'esterno, ed ho scoperto un mondo pieno di scrittori, musicisti, umoristi, migliori di me. Allora avevo due alternative: ritornare di corsa nel mio tombino, e bearmi del mio primato sotterraneo, oppure rimanere ancora un poco all'aperto a confrontarmi con gli altri. Per il momento ho scelto la seconda. Perchè è facile credersi il migliore se non ci si mette in discussione, se non si accettano le sfide, i duelli. Un po' come Berlusconi. MERCOLEDÌ, 02 APRILE 2008 Una certezza e una crepa (Il Bukowsky del Tombino) Una certezza e una crepa. La certezza di crepare e la crepa di essere ancora vivo. Il frigorifero puzza e non so di cosa e non ho proprio voglia di appurarlo il dubbio è come un tarlo dove siamo, chi siamo, come si lava il sapone? Me ne faccio una ragione, esco di casa come un regalo sgradito dal suo pacco ben confezionato nessuno mi aspetta (o almeno in senso positivo) mi convinco, e del resto lo avevo già in testa, che è sconveniente essere vivo, come un barbone a una festa, come un chiodo in una gomma, come una gemma rubata prima della mostra come sugli alberi a Natale la neve grigia di New york che, peraltro, non ci sono stato mai. DOMENICA, 06 APRILE 2008 statistiche Una volta tanto la battuta non è mia, ma del grandissimo David Letterman (e dunque si ride sul serio), sentita un paio di sere fa al Late Show. "Una recente statistica ha dimostrato che il tempo ottimale del rapporto sessuale oscilla tra 3 e 13 minuti. Io, non faccio per vantarmi, impiego proprio 13 minuti: 1 minuto per il sesso e altri 12 per le scuse ..." DOMENICA, 06 APRILE 2008 I due post di oggi hanno lo stesso riferimento: David Letterman, il notissimo conduttore del Late Show, in onda tutte le sere sulla CBS ed in Italia, con ottima traduzione ma in orari pessimi, su Raisat Extra. Nel primo post c'è una classifica scritta da me qualche tempo fa sul modello delle Top Ten che da oltre vent'anni Letterman presenta nel suo programma. TOP TEN “dieci modi con cui Berlusconi promette di risolvere i problemi del caro-petrolio” 10. facendo sposare suo figlio a tutti gli automobilisti 9. incaricando Tremonti di spiegare al Tg che il caro petrolio è dovuto al buco nel serbatoio lasciato dal precedente governo. 8. facendo gestire l’emergenza dal Milan Lab ed invitando gli italiani a mandargli un sms con i loro problemi (il rischio è che, invece, gli italiani lo mandino a Kakà) 7. invitando gli italiani a mettere solo pochi litri di benzina nei serbatoi, e farli comunque apparire pieni tramite una conferenza stampa del Premier. 6. cavalcando il classico ottimismo della classe dirigente, inviare a tutti gli italiani un adesivo, da applicare sullo sportellino del serbatoio, con uno smile pacioccone e la scritta “sono pieno!”. 5. facendo cessare gli sprechi dei leghisti che usano la benzina per cospargere gli immigrati e dare loro fuoco, invitandoli ad usare fonti di energia alternative (tipo olio di colza) - in alternativa (consiglio MPA) strizzando nei serbatoi gli immigrati già irrimediabilmente cosparsi di benzina. - in ulteriore alternativa (idea AN) infilare una marmitta nel posteriore degli immigrati già cosparsi di benzina, saltare loro a bordo e partire sgommando. 4. installando nelle piazzole dei distributori grandi cartelloni pubblicitari 6x10 con Berlusconi grande leader internazionale che stringe la mano a Clinton e la frase “meno pompe e più pomp … per tutti”. 3. per evitare i costi del recarsi al lavoro in auto, invitare gli italiani a licenziarsi e rimanere a casa a fare un bel lavoro in nero (magari avvisando il datore di lavoro con uno dei due telefonini di cui ciascun italiano dispone). 2. inviare a casa di tutti gli italiani un asinello (ottimo soprattutto per chi percorre la Salerno – Reggio Calabria) e in allegato un opuscolo del futuro premier sorridente fotografato in groppa ad un asino sorridente (con opportuna didascalia esplicativa). 1. … e la prima soluzione del governo per risolvere il problema del caro benzina è installare nelle piazzole dei distributori grandi cartelloni pubblicitari 6x10 con il premier in tuta da ginnastica che invita gli italiani a lasciare l’auto in garage ed “andare a farsi footing”. LUNEDÌ, 07 APRILE 2008 manutenzione Certi giorni tocchi il cielo con un dito eppure senti dolore certi giorni sfiorare i tuoi seni è dura prova figurarsi lo stringersi vogliosi nell’alcova ... Certi giorni tremi anche per una carezza a tua figlia e il suo sguardo stupito non ti meraviglia … Certi giorni come Tommaso vorresti toccare per non avere più dubbi o timore ma anche quel semplice gesto ti fa soffrire … Allora meglio provare una pomata (tipo Voltaren) oppure, per quella mano così indolenzita, farsi coraggio ed andare dal dottore … SABATO, 12 APRILE 2008 Uno sfregio "E’ sabato, e fa' un caldo bestiale" … Così cantava Nino Buonocore alla radio, ed era, guarda un po’, davvero così caldo, era luglio ed io avevo appena mangiato a casa di mio nonno e stavo guardando il TG uno perché a casa di mio nonno si guardava sempre il TG uno, come se a cambiare canale si commettese un sacrilegio … Mi ricordo che da bambino durante le vacanze i compagni parlavano di figure per me mitologiche ed irreali, quali ad esempio Goldrake … Nient’altro che un cartone animato, lo so, ma il fatto è che lo davano sul secondo canale, e a casa di mio nonno, d’estate, era off limits … Ed allora sono cresciuto nutrendo un sano odio per i vari Pippi Baudo, Raffaella Carrà, eccetera, simboli di Rai Uno e, non di meno, per Bruno Vespa o tutti quei tipi del TG Uno … Tornando a noi, quel pomeriggio, la giornalista, si trattava di Lilli Gruber, faceva ai telespettatori le solite raccomandazioni del cazzo per proteggersi dal caldo: stare all’ombra, bere acqua, evitare l’alcol eccetera … Io pensavo “ci vuole questa per dire di stare al fresco ad agosto” ma poi vedevo che ci metteva un impegno, un'enfasi, quasi come se ci tenesse davvero che noi telespettatori evitassimo di aggravare con il nostro comportamento la calura estiva … Quasi che ci rimanesse male, che avesse un interesse personale in questo … allora mi ricordai dei cartoni animati persi su rai due e pensai di farle uno sfregio a questa stronza di Rai Uno: aspettai che il nonno si addormentasse sul divano … andai nel tinello, faceva un caldo che si squagliava, aprii la credenza, presi una bottiglia di Stock 84, nuova nuova, e me la scolai tutta, alla faccia di Lilli Gruber e delle sue raccomandazioni del cazzo! (G. Laurito, da "Per il momento no (Vita di Enrico S.)", di improbabile pubblicazione) SABATO, 19 APRILE 2008 Duecento anni fra Sono chiuso in questa galera. Sbarre alle finestre, alla porta, impossibile uscire dalla cella. Eppure ne avrei di cose da fare, io potrei sconvolgervi ... Il mondo così come lo conoscete non esisterebbe più ... il bene ed il male sarebbero concetti antichi e incomprensibili come quelli di fame o sete, odio ed amore ... tutti residui di un passato ormai talmente remoto da non essere certo neanche se le cose siano andate veramente così. Davvero c’è stato un tempo in cui credere in qualcosa aveva un senso? Davvero c’è mai stato un mistero? Ora che è tutto così chiaro e lineare da apparire scontato, da quando finalmente venne rivelato, nel secolo scorso, il senso della vita, siamo entrati nel periodo che – lo sappiamo bene – si chiama “l’et{ dell’oro”. Ma duecento anni f{, ad esempio, come si poteva convivere con l’idea della morte senza impazzire? E come accettare le passioni e gli impulsi frenetici della sessualità senza aver compreso appieno la loro natura puramente chimica? Leggo qui, in un angolo oscuro, la parola DIO. E’ una di quelle parole che forse è soltanto un suono senza un significato, ma io, senza rendermene conto, capisco che la si potrebbe leggere in miliardi di modi, quella parola, senza comprenderne nè il senso nè la ragione ... Eppure mi chiedo il perchè, chi l’abbia scritta, cosa voglia dire ... Vorrei parlarne con qualcuno, chiedere spiegazioni, confrontarmi con gli altri, con quei tanti che vedo passare al di fuori delle sbarre di questa prigione, le moltitudini che sfilano lungo le Prospettive, all’orizzonte. E provo ad urlare, con quanto fiato ho in gola, ma le mura sono insonorizzate, credo ... O non sarà piuttosto che mi sentono e non vogliono rispondermi, magari non possono rispondermi ... E’ tanto tempo che provo ad uscire di qui, in ogni modo, ma è tutto inutile; sembra che quanti più sforzi io faccia, tanto più vani risultino essere: nessun progresso, nessuna speranza, niente ... Ed allora ritorno nell’angolo oscuro, leggo quella parola, e mi sforzo di comprendere; magari tra qualche giorno, mese, anno, ci riuscirò, capirò. Ho tutto il tempo che voglio, di questo sono sicuro ... o forse no, forse da un momento all’altro verranno a prendermi e sarò anch’io in quella moltitudine silente ... Inizio a tremare e rimango rannicchiato nella penombra, aspetto che dalla feritoia nel muro arrivi, come ogni giorno, la scheda contenente il numero da leggere per far venire buio ed addormentarmi e la parola contro questo curioso stimolo che continuo a sentire ... Poi, mi stendo sul pavimento, e cerco di perdere coscienza, riflettendo ancora sulla mia condizione di Ultimo Dubbio Sopravvissuto. GIOVEDÌ, 01 MAGGIO 2008 Una striscia invitante ... La festa di compleanno a Stio andò alla grande … Non so bene come si chiamasse la festeggiata, me la ricordo vagamente anche riguardo a com’era fatta, mi pare che avesse un bel paio di tette, però, che quando le feci gli auguri – e lei mi guardava sforzandosi invano di ricordare il mio nome tra gli invitati (ah, quante volte ho visto quello sguardo!) dovetti stringere forte per arrivare ad abbracciarla come si deve … Che bella serata, alcol a fiumi, poi presi anche la chitarra che tenevo in macchina per ogni evenienza, come un pronto soccorso, e ci mollai una dopo l’altra tutta una serie di canzoni di Vasco e sempre alla fine quella Vita Spericolata che essendo il mio inno la volevano sempre quei fedelissimi delle mie serate, e si fece tardi, davvero tardi … Verso le quattro, salii sulla cinquecento e dissi ai compagni che era ora di andare; magari qualcuno avrebbe potuto chiedermi se volevo essere accompagnato ma a prescindere che se avessi buttato un cerino sarebbero avvampati tutti tanto erano pieni di alcol, mi sentivo perfettamente in grado di guidare fino a casa, magari con un po’ di attenzione in più … Dalla casa di Sara, o Michela, o Giuseppina, insomma dalla casa della festa, sino a casa di mio nonno, dove stavo tornando, ci sono un paio di chilometri di curve prima dell’abitato di Gorga. La strada era illuminata soltanto dalla luce della luna, ma c’era una luna, ragazzi, sembrava un uovo fritto gigantesco, tutta gialla con un alone chiaro ed irregolare intorno … mi sentivo stanco ma leggero, lucido, preciso, pronto a sfidare chiunque … Mi stupivo anche di come avessi retto bene l’alcol, non avevo nessun sintomo di sbornia … vedevo chiara in lontananza, nella valle che si stendeva al di sotto della collina lungo la quale scendevo, la grande diga dell’Alento, tonnellate d’acqua fresca e brillante, in cui si rispecchiava la luna come in una padella quell’uovo fritto di cui abbiamo gi{ parlato non fatemi ripetere … Poi guardai la strada e proprio poche decine di metri prima dell’incrocio che porta a Gorga, mi accorsi con un certo disappunto che tutta questa lucidità non era poi così sicura, infatti la striscia di mezzeria mi appariva doppia, ma ricordavo bene che la linea era costituita da una sola striscia. La stanchezza si faceva sentire ancora di più, e la casa di mio nonno si intravedeva già dopo la curva, bastava imboccare l’incrocio, svoltare a sinistra ed era fatta, ma quella cazza di doppia striscia non la sopportavo: cioè, tu passi una bella serata, il mondo per una volta ti sembra decente, dignitoso, ma dài, lo voglio dire, pure bello, e poi una stronza di doppia striscia inesistente ti riporta paradossalmente alla realt{ … Lo sapevo che quella striscia era singola, lo sapevo bene: quindi, com’era falsa lei, così lo era anche la mia serenità, soltanto frutto di un’illusione dettata dall’alcol. Non lo potevo accettare, ve l’ho detto che mi sentivo di sfidare chiunque. All’incrocio non svoltai a sinistra, ma andai dritto. Benzina ce n’era: avrei guidato fino a che quella cazza di doppia striscia non fosse diventata unica. Feci almeno una trentina di chilometri e giunsi alla Diga, ma la doppia striscia era sempre lì, imperterrita, non gliene faceva né caldo né freddo dei miei scazzi, col mio guanto di sfida si era pulita il culo … Si incominciava ad intravedere il chiarore dell’aurora, parcheggiai la macchina sul ponte della diga, guardai quella straordinaria distesa d’acqua, piatta, senza un’increspatura, non c’era un filo di vento, mi venne un breve capogiro, sentii anche qualche conato di vomito, ma tutto sommato, quella serenità che avevo provato su a Stio non era scomparsa, il sole che stava per nascere non era cattivo, non mi sembrava preannunciare niente altro che un’altra giornata di sole. Risalii in macchina, accesi lo stereo, misi Vasco a palla e dopo una breve retromarcia, ripresi la via di casa. Parcheggiato in una piazzola c’era uno di quei mezzi meccanici che servono a ridipingere la segnaletica stradale. La strada da Stio alla Diga era troppo stretta, e qualcuno aveva pensato bene di vietare i sorpassi con una bella doppia linea continua, ancora fresca. (G. Laurito - "Per il momento no. Vita di Enrico S.") DOMENICA, 04 MAGGIO 2008 I CIECHI SONO OCCHI Da qualche settimana dò ripetizioni di latino ad una ragazzina di primo liceo che incontra difficoltà nelle traduzioni. Dopo averle a lungo cercato di spiegare come procedere - iniziare dal soggetto, caso nominativo, poi il verbo, la consecutio, e poi i complementi, genitivo, dativo, accusativo, ablativo - si è accinta a tradurre la prima frase dell'esercizio: "Caeci sunt oculi, cum animus in re incerta agit". Più o meno, la traduzione corretta è: "Ciechi sono gli occhi, quando lo spirito vaga nell'incertezza". Dopo circa mezz'ora ho chiesto se avesse finito e lei mi ha risposto di sì. Mi sono avvicinato soddisfatto, certo che avesse fatto tesoro dei miei insegnamenti, e l'ho invitata a leggere. Allora, iniziamo: "Caeci sunt oculi ...", come l'hai tradotto? "I ciechi sono occhi". LUNEDÌ, 12 MAGGIO 2008 CINEMA TOMBINO Qui sotto è buio, freddo, umido ... non c'è un cavolo da fare e ci si diverte con poco. Mi sono messo a pensare ai titoli di film, e che cambiando una sola lettera se ne possono ottenere altri, altrettanto interessanti se non di più ... Vi faccio qualche esempio fra quelli che mi son venuti in mente negli ultimi cinque minuti di noia. 1) Trama: scimmione semina distruzione in città a causa della sua insana passione per il tennis tavolo. Titolo: Ping Pong 2) Trama: tedesco molto miope provoca involontariamente la salvezza di numerosi ebrei non riuscendo a leggere il loro nome sull'elenco da consegnare agli incaricati della deportazione. Titolo: la Vista di Schindler. 3) Trama: Gruppo di compagni di scuola si azzuffano per accaparrarsi in anticipo le tracce dei temi per la maturità. Titolo: Botte prima degli esami. 4) Trama: Falegname crea burattino particolare al quale si allunga l'organo sessuale quando vede burattini del suo stesso sesso. Titolo: Finocchio E così via ... Partecipate anche voi, c'è tanto tempo da perdere nel Tombino! LUNEDÌ, 19 MAGGIO 2008 Genitori prodigio Provo ad insegnare a leggere a mia figlia, di tre anni e mezzo. Già riconosce ad una ad una le diverse lettere dell'alfabeto. Il problema per lei è metterle insieme e leggere la parola intera. Per aiutarla, Le abbiamo comprato un album in cui vi è la raffigurazione di un oggetto e poi il nome dell'oggetto stesso con lettere grandi, in stampatello, ben leggibili. La prima è PERA. Forza, tesoro: "P", "E", "R", "A" ... allora, cosa c'è scritto? Attimo di riflessione ... uno sguardo all'immagine, poi alla parola scritta, e poi la sua vocina convinta esclama: "Pera". Brava! Hai già imparato a leggere! Che bambina prodigio ... Passiamo alla prossima. Il disegno raffigura un tavolino. Lei inizia a leggere la parola. "T", "A", "V", "O", "L", "O". Esatto! Tutte giuste! Sei propria una campioncina. Allora, amore, metti insieme le lettere, cosa c'è scritto? Uno sguardo al disegno e poi: "SGABELLO", dice la vocina, ancora più convinta. SABATO, 24 MAGGIO 2008 !!! MILLE E NON PIU' MILLE !!! Oggi, 24 maggio 2008, un evento straordinario ha allietato questo blog underground. Ad appena due mesi dall'apertura, oggi, alle 19.30, è stato visitato per la millesima volta!!! Vorrei averlo qui il millesimo visitatore per abbracciarlo forte, sbaciucchiarlo, ma che dico ... addirittura ... mi sbilancio, sono così in estasi che mi verrebbe voglia di fare proprio l'amore con questo misterioso visitatore/trice !!! Anzi, se ha l'occasione di leggere questo post, si faccia vivo! (uff... finito questo stupido post ... voglio spegnere il computer e andare a prendere un po' d'aria .. me la merito! Ci ho messo un'ora buona per uscire e rientrare ripetutamente dal blog per far scorrere quel contatorino del cazzo ... segnava 976 ... e quando ci arrivava a mille? E pure a 976 ... chi ce l'ha fatto arrivare, eh? Se stavo alla speranza dei visitatori, stavo fresco, stavo ... Sì, "mi verrebbe voglia di fare proprio l'amore con questo misterioso visitatore", e come no ... quasi quasi prendo un giornaletto porno, me ne vado in bagno e lo festeggio per davvero il "misterioso visitatore", uh! che mistero, mamma mia! chi sarà stato? ma vaff...! Fammi chiudere 'sto tombino, và, che entra pure corrente ...) VENERDÌ, 30 MAGGIO 2008 Qua si schrive iltitolo?? Stamattina in cielo no c'erano nuvole ... come nel mio cuore la vita è gioia, incanto, e pure quando soffro nelle soferenze il Padrone dall'alto mi protegge ho aperto queto blog per poter parlare con tutti voi farvi sentire la mia voce scritta e condividere i pensieri schivere poesie, riflessioni, uinsomma un vero e proprio diario lego tanti gli altri blog e vedo che somigliano pareccio al mio allora penso che ho fatto la scelta giussta che i miei penzieri sono i vosti penzieri e mi sento meno solo anche in questo Tombino dove aojvcepijbfpaijncaneve (Cazzo, Fido, quante volte t'ho detto che non devi salire sulla scrivania, guarda la tastiera del computer com'è sporca! che hai fatto, ci hai giocato con le zampette, eh? Ma il tuo padrone è buono, vieni ti porto a fare pipì ... oops, mi pare che già l'hai fatta! E' la mia gamba, non un albero, stupido cane ...) MARTEDÌ, 03 GIUGNO 2008 Giustizia divina e stitichezza Alzo gli occhi al cielo ... alla grata di quel tombino che da tanta parte dell'orizzonte il guardo esclude ... e intravedo un raggio di sole, e mi illudo che qualcosa nel mondo stia cambiando, che l'oscurità si stia finalmente dissolvendo. Poi accendo la tv, il televideo ... "Alluvione in Piemonte: quattro morti" e, subito sotto: "Il Papa si rallegra del nuovo clima che c'è in Italia". Allora un po' mi dispero ... ma solo un po', magari il santopadre si riferiva al clima politico ... c'è ancora una speranza ... finchè mi appare a pag. 201 un altro titolo : "Il presidente del Real Madrid ancora insiste per Kakà" e io me lo immagino sforzarsi, paonazzo, nei cessi del Santiago Bernabeu ... Allora tiro una tendina al tombino, indosso un paio di occhiali scuri, e quel benedetto (XVI) raggio di sole è già un lontano ricordo ... VENERDÌ, 13 GIUGNO 2008 La posta del cuore di Don Tombino 28 maggio 2008 Ciao, Don Tombino. Sono un ragazzo di 24 anni, omosessuale dichiarato, ma in realtà eterosessuale. Ho fatto questa scelta di dichiararmi omosessuale così potevo avere rapporti con le donne senza problemi, tanto ero omosessuale, non so se mi spiego. Solo che ora ho un problema: mi sono innamorato di una donna, che però sta con me solo per sesso ma in realtà è lesbica dichiarata. Come devo comportarmi? Caro Nicola Maria, il tuo problema non è così raro come potresti pensare. Molti uomini fingono di essere omosessuali per poter avvicinare le donne senza problemi, e poi si ritrovano prigionieri della loro finzione. La soluzione migliore a nostro avviso è una sola: fatti operare e cambia sesso, così potrai farti amare dalla tua lei, che è lesbica. 6 Giugno 2008 Don Tombino, ho seguito il tuo consiglio. Sono appena tornatA da Casablanca dove sono stata operata ed ho cambiato sesso: sono finalmente una donna. Questo cambiamento mi è costato tanti soldi, dolore, sacrifici, ma tutto è sopportabile se penso che finalmente potrò amare la mia amata. Maria Nicola '48 Brava Maria Nicola! Ora corri dalla tua lei, e potrete finalmente vivere un amore lesbo come piace a lei e ricco di soddisfazioni veramente notevoli e che proprio ne valeva la pena di farsi operare. 13 giugno 2008. Caro Don Tombino. Sono una ragazza di 23 anni, lesbica dichiarata, ma in realtà eterosessuale. Ho fatto questa scelta di dichiararmi omosessuale così potevo avere rapporti con gli uomini senza problemi, tanto ero lesbica, non so se mi spiego. Solo che ora ho un problema: mi sono innamorata di un maschio omosessuale che però stava con me solo per sesso, e forse secondo me è eterosessuale. Ora è da un paio di settimane che non lo vedo, ma ha detto che quando sarebbe tornato mi avrebbe fatto una sorpresa sconvolgente. Io ho paura delle soprese, così ho pensato che quando torna glielo dico che non sono lesbica ma mi piacciono i maschi. Faccio bene? Surprise '85 No. Slam! MERCOLEDÌ, 18 GIUGNO 2008 Il vecchio al mare Qualche anno fa si parlò a lungo di un'inutile diatriba sull'affermazione - apparsa su diversi organi di stampa - che Hemingway avrebbe tratto spunto per "il vecchio e il mare" da un suo non dimostrato soggiorno ad Acciaroli-Pollica, nel Cilento (sud della provincia di Salerno). Sul "Tombino" (all'epoca periodico underground) apparve allora un articolo in argomento, che, partendo dai reali fatti di cronaca, accendeva una fantomatica disputa campanilistica fra due paesini del Cilento, Acciaroli (località balneare) e Cannalonga (montagna, patria dell'autore del Tombino). Non avendo un cazzo da fare e niente in mente da scrivere, lo ripropongo qui, sul "Tombino" blog. Il "chi se ne frega" da parte dei lettori è d'obbligo. Sulla stampa nazionale e locale si è acceso da qualche settimana un aspro dibattito sulle affermazioni della nota scrittrice cult della beat generation, Fernanda Pivano, in merito alla decisione del Sindaco di Pollica di far inserire – come richiamo turistico – nelle informazioni relative al proprio comune, la circostanza che Ernest Hemingway1[1] vi avrebbe lungo tempo soggiornato e che, addirittura, dalle sue frequentazioni con pescatori del borgo di Acciaroli, e dai racconti di questi ultimi, sarebbe derivato lo spunto per “Il vecchio e il mare”. La Pivano ha bollato quest’iniziativa come mera speculazione, affermando che mai Hemingway sarebbe stato ad Acciaroli. Gli abitanti di Pollica hanno dal canto loro avviato numerose iniziative atte a dimostrare che effettivamente il famoso scrittore avrebbe dimorato per oltre un anno in quei luoghi; addirittura la vicenda ha inciso sui rapporti nell’attuale maggioranza comunale, con le dimissioni di alcuni consiglieri. Nella querelle si inserisce ora, con fragore, una nuova, appassionante rivelazione: che Hemingway sia stato ad Acciaroli o meno è davvero poca cosa rispetto alla scoperta sensazionale che è di questi giorni: Ernest Hemingway ha vissuto per circa due anni a Cannalonga, tra il 1949 ed il 1951 ed è stato lì che ha concepito il suo capolavoro: “il vecchio e il mare”. Questa la storia, così come ci è stata raccontata e documentata da un anziano signore di Cannalonga che ha chiesto per il momento di restare anonimo. Lo scrittore di Chicago, dopo aver trascorso alcuni mesi in Africa, tra safari e scalate del Kilimangiaro, su consiglio del proprio medico curante, viene invitato a trascorrere un periodo di tranquillità per ritemprare il corpo e la mente. Gli viene consegnato di puntare su un’area particolarmente depressa. Le opzioni che gli vengono proposte dalla sua agenzia di viaggi comprendono l’Afghanistan centromeridionale, gli altipiani dell’Atlante in Algeria, ed il Cilento. Ovviamente egli, che non ama il confort, tra le tre sceglie il Cilento e, precisamente, proprio Cannalonga, a ciò consigliato anche dalla lettura di una cronaca del Giustiniani, edita a Napoli nel 1797, 1[1] Grande scrittore americano (1898/1961), autore tra l’altro di “Addio alle armi” e “Per chi suona la campana”. che così, laconicamente, la descrive “… Il Casale è cinto di colline, e l’aria che vi si respira non è delle migliori”2[2]. Lo scrittore, giunto in paese a dorso di Bardotto3[3], in quanto non esistevano strade carrabili, prese alloggio in una locanda, dove trovò subito felicemente conferma delle sue aspettative, nonché della Cronaca del Giustiniani. Trascorse molti mesi in totale serenità, degustando i prodotti tipici e chiacchierando con gli indigeni o in (purtroppo) interminabili partite a scacchi di cui ancora si conserva memoria tra gli anziani del luogo, i quali ancora si arrovellano nel cercare di capire come procedere quando si deve fare scopa con un Alfiere, oppure le modalit{ del “pedone pigliatutto”. L’unica mancanza avvertita da Hemingway era l’assenza del mare. L’aria che si respirava era sì, effettivamente, alquanto salmastra, e l’odore del pesce era surrogato alla grande da ben altri olezzi, tuttavia il desiderio di rivedere la distesa azzurra era il cruccio dell’americano. I cannalonghesi non avvertivano tale carenza, non avendo mai visto il mare se non da lontano, qualora, trovandosi in localit{ “Tempa”, guardavano verso valle e vedevano quella striscia colorata che sembrava cielo ma, secondo alcuni, non lo era o, almeno, non del tutto. Infatti, alla fine degli anni ‘40 del secolo scorso, gli abitanti dei paesi del Cilento interno vivevano ancora quasi esclusivamente di agricoltura e pastorizia. La povertà endemica, la carenza di mezzi di comunicazione e di trasporto facevano sì che, salvo per il periodo di leva, difficilmente ci si allontanava dal proprio paese, se non per emigrare. Dunque, gli abitanti di Cannalonga, paese interno per eccellenza, non conoscevano altri luoghi se non il loro piccolo paese e qualche paese limitrofo, dove magari si recavano ad una fiera del bestiame o ad un mercato, e certamente non potevano permettersi vacanze. Lo scrittore, allora, approssimandosi il tempo in cui avrebbe lasciato il paese, volle fare un regalo agli abitanti, e, fattosi nel frattempo eleggere sindaco capeggiando la lista civica “Leone del Kilimangiaro”, istituì, con delibera di Giunta Municipale del 15.6.1951, il primo “servizio gratuito di balneazione per anziani a dorso di Bardotto”. Così per la gioia di tutti i cannalonghesi, meno uno (il solito Bardotto), finalmente poterono vedere il mare a spese del comune. Hemingway fu particolarmente affascinato dall’immagine di un anziano del luogo, che appena scaricato sulla spiaggia, in braghe e canottiera di lana e con le scarpe ai piedi, si avvicinò con circospezione al bagnasciuga, e quindi, guardando ammirato e incredulo la distesa di acqua, grattandosi la testa come uno Stanlio cimentano, esclamò: “ngùlo che pùzzo ruòsso!” (corbezzoli, che vasta pozza d'acqua! n.d.t.). Da questo episodio, fra un bicchiere di “Brunello di Rastacane”4[4] ed una fumata di “vetose”5[5], concepì il lungo racconto “Il vecchio e il mare”, pubblicato nel 1952 e più volte portato sul grande schermo, interpretato tra gli altri dal grande Spencer Tracy, premio Oscar. Altro che Acciaroli! 2[2] Storico. 3[3] In genere, ibrido ottenuto dall’incrocio del cavallo con l’asina; più piccolo del mulo; nello specifico, trattavasi di Bardotto Toribio, il tassista locale. 3[4] ameno nettare locale. 3[5] steli di piante acquatiche usati nei tempi andati come surrogato delle sigarette. Purtroppo, il travagliato soggiorno cannalonghese incise molto sull’indole dello scrittore, fino ad allora particolarmente vivace ed intraprendente. Colpito da una grave sindrome depressiva, dalla quale non riuscirà più a guarire, morirà suicida nella sua nuova casa di Sun Valley in Idaho, nel 1961, ripensando con acrimonia a quella sfilza di vecchi con i pezzi degli scacchi in mano come carte di tressette. (G. Laurito e B. Mercuri - 2004) DOMENICA, 22 GIUGNO 2008 L'uomo già iniziato Entro in casa. Mia figlia di tre anni mi corre incontro, visibilmente contrariata. "Non lo voglio finire!", mi dice piagnucolando. "Cosa non vuoi finire?" "L'uomo già iniziato!" Rimango un attimo interdetto. Si tratterà di uno dei suoi puzzle ... "Perchè non vuoi finirlo?" "Perchè ... e' CATTIVO!" Oddio ... forse la lasciamo troppo sola nella stanzetta dei giochi! Non è che ha iniziato a sfogliare i trattati alchemici ed ha realizzato un Golem? Oppure un homunculus con la radice di mandragora? O non sarà piuttosto che la lettura di Frankenstein di Mary Shelley ... Mentre sono lì a rimuginare sulla possibilità che mia figlia abbia iniziato a dare vita ad un mostro, entra mia moglie con un vasetto in mano. "Piccola, muoviti, vieni a finire l'omogeneizzato!" DOMENICA, 29 GIUGNO 2008 La caduta Vivo in un paesino nel quale ci conosciamo tutti. Uscendo di casa sabato, dopo pranzo, ho visto sul tetto della casa di fronte un signore, Valentino, che di mestiere ripara le grondaie. Bello tranquillo, camminava sulle tegole a sei-sette metri di altezza, senza alcuna protezione. Mi ha salutato, agitando la mano con forza. Gli ho risposto lievemente, quasi preoccupandomi che anche un mio gesto eccessivo potesse fargli perdere l'equilibrio. Più tardi, in piazza, mi si avvicina un amico. "Sai, Valentino è caduto!" "O Cristo, l'avevo visto poco prima ... Cosa si è fatto?" rispondo atterrito. "Niente ... E' ripartito, ma è arrivato undicesimo". (credo di essere stato l'unico in Italia ad apprendere con sollievo della caduta di Valentino Rossi nel circuito di Assen) MERCOLEDÌ, 09 LUGLIO 2008 Amarcord Chi di noi non ricorda una delle scene più belle di Amarcord di Fellini? Ciccio Ingrassia sull'albero che urla al mondo il suo desiderio disperato: VOGLIO UNA DONNA!!! E chi di noi non ricorda mia figlia piagnucolosa che scappava per evitare di dover finire l'UOMO GIA' INIZIATO? (chi non ne fosse al corrente, si vada a rileggere il post del 22 giugno - NDR) Se mettiamo insieme queste due immagini, e teniamo presente che ora mia figlia ha finalmente superato la paura dell'omogeneizzato, e invece rifiuta categoricamente lo yogurt (propostole quale alternativa all'omogeneizzato), si spiega la scena felliniana (e piuttosto inquietante per un padre) che mi si è proposta ieri, al mio rientro a casa: mia figlia di tre anni che gridava a pieni polmoni VOGLIO UN UOMO!!! (sottintendendo, come ho capito poi, che non voleva lo yogurt ...) DOMENICA, 13 LUGLIO 2008 Informazioni Dalla grata del Tombino, ieri pomeriggio, s'infiltrava una luce pensosa. Innalzai il periscopio (ché uscire non se ne parla!) e vidi una metà del cielo oscurata dalle nubi, mentre dall'altra parte una sfera luminosa brillava nel cielo sereno. La sua luce non era, però, accecante; e, a guardare meglio, la superficie sembrava coperta di crateri. Guardai l'ora: le 16.30. E siamo nel mese di luglio. Pieno giorno. Ripresi il libro di geografia astronomica del liceo, ma non mi sembrò affidabile: iniziava con una mappa celeste in cui erano il sole e gli altri pianeti a girare intorno alla terra, immobile. Ne rilessi l'autore: G. Galilei. Gli orli erano un po' bruciacchiati. Nella terza di copertina, accanto a frasi del tipo: "questo libro è un quadrifoglio se lo perdo lo rivoglio se non sai di chi è vai a pag. 33", c'era una scritta quasi illeggibile, a matita, in volgare: aguzzai la vista e mi sembrò di interpretare: "la terra nun girerà punto, ma le mi' palle sì 'he girano, santa inquisizione del mi' 'azzo". Non avevo avuto risposta alle mie domande. Anzi, altre se ne erano insinuate. Allora decisi di essere empirico. Mi feci coraggio, salii la scaletta, scansai la grata e mi sporsi dall'orlo del tombino. Alzai l'indice e provai a fermare un passante. "Senta, mi tolga una curiosità. Ma quello che risplende in cielo, a quest'ora, è il sole o la luna?". Il tizio, senza darmi retta, continuò per la sua strada, borbottando: "... non lo so, non sono del posto". VENERDÌ, 18 LUGLIO 2008 Aspettando Crocamo Esco forzatamente dal Tombino per una visita all'ASL, reparto Otorino. Un certo numero di persone attendono, nella sala d'aspetto, il loro turno. Mi accomodo anch'io. Il mio appuntamento è alle 16.00. Sono le 15.50. Dopo qualche minuto si apre la porta dell'ambulatorio ed esce una persona. La porta rimane socchiusa. Dall'interno si sente pronunciare un cognome. Mi sembra di capire "Crocamo", o qualcosa del genere, non usano un microfono. Nessuno si alza. La voce sconosciuta non ripete e passa al prossimo cognome. Una signora si alza ed entra. Dopo qualche minuto, esce la signora, si ripete la scena del cognome. Prima "Crocamo", poi subito un altro cognome, entra un tizio, la porta si richiude. Alle 16.30 non mi hanno ancora chiamato. Probabilmente le visite sono durate un po' di più del previsto. Mi chiedo se sono ancora presenti persone con la prenotazione ad un'ora precedente alla mia. A due sedie di distanza c'è un vecchietto, che era già lì quando sono arrivato. Provo ad informarmi. "Senta, mi scusi, lei per che ora è prenotato?" "Come?", risponde, mettendo la mano a conchiglia dietro all'orecchio destro. "Lei per che ora è prenotato?" ripeto, a voce più alta, avvicinandomi a lui. Capisce. "Per le 2", risponde. Cazzo, se è ancora qui, allora ne avrò per molto. Il vecchietto continua: "Sono qua da mezzogiorno, mi ha portato mia figlia che doveva andare a lavoro". Nel parlare, si avvicina e mi mostra la sua prenotazione. Leggo il suo nome. Nel frattempo la porta si apre. "Laurito", dice la flebile voce dall'interno. E' il mio cognome. Mi alzo, prendo sottobraccio il povero vecchio Antonio Crocamo, e lo accompagno nell'ambulatorio. Poi torno al mio posto. Non prima di aver ricordato al dottore la sua specializzazione e le classiche patologie dei suoi assistiti, che imporrebbero di tenerne conto, al momento di chiamare i loro nomi. SABATO, 26 LUGLIO 2008 Amore e morte Questo racconto (col titolo di "amore a Palazzo") è uno dei suicidi quotidiani apparsi sul magnifico blog di Suicidatore http://dailysuicides.splinder.com/. Se non l'avete ancora fatto, vi invito a visitarlo al più presto, sia per divertirvi che per trovare spunti inediti per lasciare al più presto questo pianeta (o questo Tombino, fate voi). Su quel sito trovate anche due miei precedenti suicidi (vi consiglio di leggere quello di Mussolini "Plurale singolare"). Io l’avevo amato come si può amare un dio in terra. Ed ora, nella maniera peggiore, da un giornale, avevo dovuto sapere delle sue ripetute “scappatelle” con delle sciocche soubrettine che volevano solo approfittare dei suoi favori per emergere. Adesso le ritrovavi a condurre programmi televisivi, a coordinare partiti politici, alcune addirittura ministri della Repubblica! Orrore. Decisi di togliere il disturbo, per non ricevere ulteriori, sicure, amarezze. Ma non potevo accettare che ciò avvenisse in maniera, per lui, indolore. Di certo, quello che c’era stato fra di noi non poteva averlo lasciato del tutto indifferente. Allora escogitai un piano diabolico: sarebbe stato proprio lui a togliermi la vita, e, dunque costretto a vivere il resto dei suoi giorni nel più atroce dei rimorsi. Entrai, come facevo tutti i giorni, a Palazzo. Sapevo che a quell’ora leggeva la Gazzetta dello Sport e l’avrei trovato da solo. Prima di entrare, mi fermai nell’anticamera, e tirai fuori la parrucca. L’indossai, provai qualche smorfia e l’intonazione della voce, l’inflessione dialettale molisana. Mi guardai allo specchio: ero pronto. La fotocopia precisa del suo peggiore nemico. Entrai senza bussare. Appena mi vide, sbiancò. “Che cosa ci fa qua dentro?” esclamò, “esca subito fuori, mi consenta!” “Mi consenta un cazzo!” risposi, “lei è un magnaccia e adesso viene con me nelle patrie galere!” Era con le spalle al muro. Farfugliando una serie di “mi consenta” e “bieco giustizialista”, lo vidi rovistare in un armadio e poi brandire quello che mi aspettavo, quello in cui speravo: la lupara che gli aveva donato in segno di devota amicizia un suo fedele collaboratore stalliere. Senza pensarci su due volte, la puntò verso di me e fece fuoco, gridando: “muori, cane comunista!” Io, finto Di Pietro, mi accasciai soddisfatto, avendo anche il tempo di dedicare al mio irresistibile giustiziere una delle mie meravigliose poesie, che composi all’istante: Amato Romeo stella polare imperituro imperatore nanetto afrodisiaco E spirai. (Oh, finalmente Bondi si è tolto dalle palle! Era diventato troppo geloso ultimamente … Questa sceneggiata di travestirsi da Di Pietro, poi, mi ha tolto le carfagne dal fuoco … i miei avvocati non avranno problemi a ritenere la mia una legittima reazione a quello che ritenevo un credibile attentato da parte di quello sporco forcaiolo … E quelle lamentose poesie? Oh, Madunina … ne ho uno scaffale pieno, quasi quasi le mando a Kak{ … Ora la scrivo io una vera poesia e poi chiamo l’amico Apicella … Questa è bella: “Osteria della lasagna / a Palazzo c’è Carfagna …”) Occorrente per il suicidio: una parrucca (ed un amato trapiantato) LUNEDÌ, 18 AGOSTO 2008 Tema: Parla delle tue vacanze Le mie di vacanse sono state molto bela. Ho andato almare ma pioveva, pero l'ombrelonne non si e paerto. Poi ho visto la tevelisione le olipiadi e noi delbelgio abiamo fatto una bela figura contro litalia, che solo cosi devo dire per non biastemare. Sono handato a mangiare ad una sagra e mi ha venta la diarea. Ho giocato a carte con due vecci e ho perso che gli ò dovutoe pagare quatro bire e dodici cafè che si ci posano strozare. Poi la machina si ha rotta e sono tornato acasa col pulmans e una signora nelle curve mi ha gomitato adosso. Hora non vedo lora di ritornare a squola alla mia amati gramatica e analse loggica che mi manchavano tropo. Spero di prendere un voto buone, perpiaceri sigora maestra altrimendi mio patre mi mete in punizzione che dice che durande le vacanzs penzo solo a divertrimi infece che farmi i compiti delel sudette vacanse. Ma a me mi piace tropo schrivere e cosi ho penzato che quasisquas mi apro un glob su internets dopve trovo molti de amicis e ci scmapiamo i penzieri questi del cervelo intewsta di me sul colon. GIOVEDÌ, 28 AGOSTO 2008 Dialogo sui massimi sistemi - Aristìppolo, non sei stanco di questo monotono fluire del tempo? Non ti tedia la pietosa retorica dell'invecchiare? - No, mio buon Tucanide; ritengo piuttosto che ogni giorno che passa accresce le mie esperienze e mi rende più saggio. - Non ne dubito, Aristippolo, anche se la tua accresciuta saggezza avrebbe dovuto già indurti ad evitare di dialogare con me. Ma credi davvero che si possa essere al fine così saggi da accettare di buon grado anche la vecchiaia, l'infermità, ed infine la morte? - La penso anch'io così, Aristippolo! - Citrullide, sei pregato di non intervenire a sproposito, giacchè un dialogo è per sua natura tra due individui, e dunque vatti a fare un giro nell'agorà, peripatetico che non sei altro. Dicevo, Tucanide, che sono propenso a credere che nel momento in cui la morte oltrepasserà la mia soglia, quantunque io non fossi in estrema vecchiezza, ma ancora nel pieno delle forze, la avvertirei come altro da me, giacchè è noto il sillogismo secondo cui quando c'è la morte non c'è l'uomo e viceversa. - Mio ingenuo Aristippolo: prescindendo a fatica dal fatto che ti chiami come un nano di una pseudo Biancaneve ellenica, davvero questo sofisma da quattro dracme è sufficiente ad alleviarti il peso della nostra inevitabile caducità mortale? Allora sei proprio un testa di cazzo, scusa, lasciatelo dire ... - la penso anch'io così, Aristippolo! - Citrullide, hai rotto le palle anche a me con questi interventi, vai a farti una nuotata nello Stige ... allora, Aristippolo, non rispondi? Per caso sei già morto e sei altro da qui? - No, Tucanide, è che m'inquieta alquanto la rozzezza dialettica di cui ti armi quando sei a corto di argomenti filosofici, e quasi quasi ti prenderei a calci in quel culone sfondato ... - Ma andate a prendervi la cicuta tutt'e due ... - Acchiappalo! Acchiappalo! Uff... che corsa, ahia, mi fa male il petto, il braccio sinistro formicola, o la peppa! sarà mica un infarto ... mamma mia, ho tanta paura! - E così finisce la tua atarassìa, caro il mio stupido ed illuso Aristippolo! Basta una piccola angina e te la fai addosso ... Fai come me, io ho abbracciato una nuova religione che dopo morto vado in paradiso e me ne fotto! - Se segui così pedissequamente i dettami della tua nuova religione, col cazzo che vai in paradiso! - (a due voci) Vaffanculo, Citrullide! LUNEDÌ, 08 SETTEMBRE 2008 Tentazioni Oggi, dopopranzo, mentre io mi preparavo svogliatamente a tornare al lavoro, mia figlia di tre anni e mezzo aveva messo un fermaglietto per capelli in un foglio di quaderno, poi li lanciava in aria entrambi e li faceva ricadere a terra. Il foglio si riapriva ed il fermaglio cadeva in terra da qualche parte. Lei lo cercava, poi lo richiudeva di nuovo nel foglio, e lo lanciava ancora in aria. Tutto questo, senza sosta, per una lunga mezz'ora, inframmezzato da strilli di gioia e frasi del tipo "com'è divertente!!!". Io, quando stavo per uscire, mi sono mostrato accondiscendente, ed ho annuito: "sì, è proprio divertente quel gioco.." Allora lei mi ha guardato stupita, e, con logica ferrea, mi ha inchiodato: "Papà, ma se anche a te sembra divertente, perchè non smetti di fare l'avvocato e vieni a giocare con me?" Non le ho risposto e sono uscito. Ma ora, mentre scrivo questo post, non ho ancora deciso. LUNEDÌ, 15 SETTEMBRE 2008 A Cannalonga, piccolo paese nel Cilento (provincia di Salerno), nella seconda settimana di settembre, si svolge una tradizionale Fiera gastronomica, il cui piatto tipico è la carne di capra bollita. Nonostante l'apparenza poco attraente, pare che tale tipo di carne sia leggera e particolarmente gustosa, per cui ogni anno decine di migliaia di persone affollano la Fiera per consumare questa specialità. Ovvia, dolente, conseguenza: pare che solo quest'anno, nella fiera appena conclusa, sia stato necessario uccidere oltre duemila capre, e questo olocausto avviene, documentato, da oltre seicento anni. Aggiungo che la Fiera ha spesso culmine nell'11 settembre, per cui ormai tale data è associata anche dalla popolazione ovina e caprina come anniversario di una sciagura. Non stupisca, allora, che un poeta locale abbia ritenuto così di parafrasare un esemplare Ungaretti, sinonimo della fragilità della vita tutta, umana e caprina. "Si sta come d'autunno le capre a Cannalonga. ... Ed è subito fiera" MERCOLEDÌ, 17 SETTEMBRE 2008 Pendevo dalle sue labbra ... Entro nell'ascensore. La porta sta per chiudersi, quando una mano dall'esterno la fa riaprire. Lei entra. E' bionda, alta, gli occhi profondo blu, l'aria vagamente orientale, esotica. Dall'emozione per quella inattesa visione, lo spazio già angusto appare soffocante. Il suo profumo fa il resto. Sono quasi stordito quando avvicino il dito alla tastiera, e colgo l'occasione per avviare una conversazione. "A che piano và?" le sussurro, con voce il più possibile calda e rassicurante, e aggiungo: "Io scendo al settimo" Osservo le sue morbide labbra schiudersi lentamente, e attendo le sue parole come un'epifania: "Io all'ottimo". LUNEDÌ, 22 SETTEMBRE 2008 Dialogo sui sogni e sui miti - Aristippolo, siediti presso la fonte di Yele, voglio raccontarti il mio sogno di stanotte; - Ti esaudisco di buon grado, Tucanide, così ne approfitto anche per dissetarmi; anzi, mi disseterò due volte, con l'acqua e con il tuo racconto; - Va bene, se finalmente hai finito di trangugiare, ora accquattati e porgimi le orecchie ... Allora, questa notte le valli del sonno sono state percorse da uno strano e oscuro presagio, che vorrei da te mi fosse svelato, mio buon Aristippolo ... - Sì, sì, svelalo, svelalo! - Citrullide, sentivamo la mancanza dei tuoi interventi non richiesti! Comunque, accquattati anche tu presso la fonte e abbeverati, così magari terrai un po' la bocca chiusa! ... Dove ero rimasto ... Nel sogno ero in una caverna buia e solo con la luce della mia fiaccola riuscivo ad intravedere, dipinti sulle pareti, degli enigmatici disegni ... - Tucanide, non ricordi cosa diceva il maestro Platone? Sono le nostre anime che si proiettano ... - Il famoso mito del cinematografo! - Citrullide, tu al cinematografo al massimo venderesti granturco fritto ed esploso ... - Lasciami continuare ... Mentre avvicinavo la fiaccola, uno di quei segni si è animato, erano come delle onde, e poi vi era una figura stilizzata, ma dai contorni umani ... ed ha preso a danzare, una danza, una danza ... - ... che si balla nella latitanza! - Senti, Aristippolo, se non è di troppo grave peso al tuo Essere, aiutami nell'afferrare il Citrullide, e ad immergerlo nella copiosa fonte di Yele, affinchè possa strozzarvisi ... - Ma tu stai obliando, Tucanide, che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume ... - Io sono un empirico, caro il mio Aris; SPLASH - Visto che si può? AIUTO ! AIUTO! ANNEGO! - Mi permetto di obiettare: Eraclito direbbe che, trascorso un tempo X, non è lo stesso fiume di prima! - Eraclito mi fa una pippa, dolce Aristippolo ... A me interessa che in un tempo y quel tanghero si sia tolto dalle gonadi ... Allora, non lo sveliamo il sogno? - Io credo che la figura fosse fallica ... hai mai sentito del Complesso di Edipo? - Si, suonano stasera nell'Agorà ... - Citrullide! Ma non eri trapassato? LE ACQUE DELLO STIGE SI SCHIUDONO ED APPARE ADE, IL DIO DEI MORTI ... - Dopo Eracle e prima di Lazzaro, sei il primo, Citrullide, a varcare all'indietro la soglia ... - Quali meriti aveva questo giovane, divino Ade, dall'ottenere una sì grande grazia e, per noi, una così terribile sventura? ADE OSSERVA, NON RISPONDE, SOSPIRA, SI FA IL SEGNO DI CROCE E SCOMPARE ... - Allora, Ary e Tuky, dov'eravamo rimasti? - (all'unisono) Aspetta, Ade!!! GIOVEDÌ, 25 SETTEMBRE 2008 Le regole dellautodifesa Passeggiando nel tombino, ho incontrato il mio maestro di karate di tanti anni fa. Quanti ricordi sono affiorati d'improvviso ... Come quando ci faceva disporre sul tappeto "a coppie di tre"... VENERDÌ, 26 SETTEMBRE 2008 Evergrinne Parlando nel post precedente del Complesso di Edipo, mi è venuta la curiosità di sapere che fine avessero fatto i complessi "capelloni" degli anni '60 e '70. Un rapido giro nella rete (fognaria, of course, siamo in un tombino!), ed ho ottenuto alcune informazioni, che condivido subito con voi. I cugini di Campagna. Fino a non molti anni fa venivano ingaggiati per numerosi concerti. Il problema era che la Salerno - Reggio Calabria, proprio all'altezza dell'uscita di Campagna è perennemente chiusa al traffico per lavori in corso, e quando provavano ad uscire dal paese con il loro tir degli strumenti rimanevano imbottigliati all'altezza di Eboli, e lì facevano notte, mentre, davanti al palco vuoto, i comitati festa che li avevano messi sotto contratto, al grido di "Anima mia?, All'anima loro invece! Col cazzo che li chiamiamo più!", cancellavano il nome dei cugini di Campagna dall'elenco degli artisti da invitare. Categoria "vittime della (auto) strada". Dik Dik. La vicenda è complessa (ovvio, per un complesso). Dopo anni di successi, sono sorte delle incomprensioni insormontabili, si sono sciolti ed ogni Dik ha preso la sua strada. Dik continua la carriera da solista nel vero senso della parola, mentre Dik lo puoi trovare di notte sui cavalcavia accanto agli idioti che scrivono 3MSC ed altre stronzate simili - che con una bomboletta spray riafferma la propria identità: "DIK C'E'". Gli alunni del sole. Brutte notizie, purtroppo. Gli anziani alunni, dopo breve malattia, sono tornati al Maestro Unico. I camaleonti. Vicenda metafisica e metaforica. Si erano talmente identificati nel loro nome che negli ultimi anni, quando si presentavano ad un concerto, non appena salivano sul palco, si mimetizzavano con lo sfondo e con gli strumenti, tanto che il palco sembrava vuoto, la gente iniziava a fischiare e allora chiamavano un altro complesso. I componenti risultano essere attualmente in cura da Piero Angela, ma la notizia non è certa. Infatti, c'è Piero Angela che parla con loro in una stanza in cui non c'è nessuno. Vai a sapere se è perchè sono mimetizzati con l'arredamento oppure se davvero Angela parla da solo. Non sarebbe la prima volta ... P.S. Se avete altre notizie, condividetele anche voi. E' una campagna umanitaria promossa dall'ACI. GIOVEDÌ, 09 OTTOBRE 2008 La stampa ed il mistero dei cinesi scomparsi La comunità cinese in Italia è piuttosto numerosa. Da diversi decenni le nostre metropoli - Roma, Milano, Torino, Firenze - hanno quartieri abitati prevalentemente da cinesi, delle vere e proprie "Chinatown" nostrane. Una persona che, rapita e bendata, venisse rilasciata nel quartiere alle spalle della Stazione Termini a Roma, potrebbe fondatamente ritenere di trovarsi a Pechino. Negozi con insegne in cinese gestiti da cinesi, cinesi che passeggiano, discutono con altri cinesi, ovviamente in cinese. E' una comunità chiusa, con le sue regole e le sue tradizioni, che hanno generato molte leggende, come quella che i loro morti non vengono dichiarati, così da permettere l'arrivo di altri immigrati irregolari che ne acquisiscono le generalità, favoriti dalla difficoltà - almeno per le nostre autorità - di distinguerli. In realtà, tranne alcuni rari episodi, la comunità cinese italiana è certamente la più "tranquilla" fra i vari gruppi di immigrazione presenti in Italia. Sorprende, perciò, che la quotidiana misteriosa scomparsa di molti di loro, che da tempo mi sembra abbia assunto i contorni di una vera e propria "strage", non venga fatta oggetto di indagini serrate da parte delle forze dell'ordine, giacchè, in fondo, si tratta per lo più di onesti lavoratori, e sicuramente quello che sta accadendo sta prostrando le famiglie dei superstiti (anche se, devo dire, neanche di questo si parla). Al contrario, la nostra indifferente stampa quotidiana si limita, come sempre, a titolare: "rinvenuto un cadavere. E' GIALLO". VENERDÌ, 17 OTTOBRE 2008 Marco se n'è andato e non ritorna più (per fortuna) Un articolo oggi in prima pagina su Repubblica.it ci informa che il 20% della popolazione mondiale soffre di solitudine. Io credo che siano difficili le generalizzazioni, e che sia facile cadere nell'ovvietà: è evidente che l'altro 80% non soffra di solitudine, sono in tanti! Qui nel Tombino la solitudine (scusate l'ossimoro) è una compagnia quotidiana. La poca luce che filtra dall'alto, il silenzio appena rotto, talvolta, da un lontano squittìo, favoriscono la riflessione. E' per questo che l'articolo su Repubblica mi ha colpito. Secondo gli esperti, l'isolamento indebolisce l'organismo e complica la vita, provocando addirittura danni alla salute. Ma io credo che con un po' di fiducia anche la solitudine possa essere una risorsa. Del resto, lo canta anche Jovanotti: "io lo so che non sono solo anche quando sono solo ...". Una frase che è una speranza per chi è forzatamente solo (c'è sempre qualcuno che pensa a me, qualcuno che mi aspetta, che mi accompagna, almeno in spirito). Una frase che può anche essere letta in maniera diversa, e cioè che anche quando finalmente si pensa di poter stare tranquilli è sicuro che capiterà qualcuno a disturbare (in quel caso la frase si pronuncerà con un annuire sconsolato). La solitudine. Laura Pausini. Questione di punti di vista. Una vecchia canzone inedita di Baglioni, quasi uno scioglilingua ... "sono solo sotto il sole e so solo un solo in sol" e una mia vecchia canzone ... "mancami, perchè adesso ci sei ... e straziami ora che non ci sei" Questione di bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Come canta Max Pezzaro. O come questa battuta, dal Letterman Show di ieri sera: "John Mc Cain è ottimista, ha detto che vede sempre il suo bicchiere mezzo pieno ... di denti finti". (strano post, questo, pensieri senza capo nè coda; sarà stata la solitudine ...) MERCOLEDÌ, 22 OTTOBRE 2008 La magia che fa sparire la solitudine del post precedente Mia figlia. Tre anni e mezzo. Dice la maestra che a scuola i bambini hanno iniziato a scrivere le vocali. Il suo quaderno. Lo apro. La prima pagina. Un numero incommensurabile di lettere "O". Sfoglio le altre pagine. Lo scenario non cambia. La chiamo. Le chiedo se le hanno insegnato solo la lettera "O". No, anche la lettera A. Benissimo. Vediamola, questa lettera A. Qual è la differenza? Se la scrivi corsiva, manca solo una stanghetta. Ok, tesoro, vogliamo provare a scrivere la lettera A? Non c'è spazio. Tutte le pagine sono occupate da "O". Allora ho un'idea. Facciamo così: trasformiamo le "O" in "A". Papà, e con cosa le trasformo? Con la penna, rispondo. Mi sembra ovvio. Gliela porgo. La guarda un po' perplessa. Poi si convince, la punta verso il quaderno ed esclama: "Abracadabra". LUNEDÌ, 27 OTTOBRE 2008 Dialogo sul passato e sul futuro - Mio buon vecchio Aristippolo, mi sembri oltremodo euforico ... - Torno or ora da una manifestazione nell'Agorà ... i pupilli contestavano l'introduzione del Precettore Unico da parte dell'Arconte Ghelminòs. - E a te cosa cale, amico mio, che nella scuola del Peripatèo, ormai, ci vai soltanto per versare le consuete 50 dracme alle peripatetiche con cui giaci? - Tucanide, ma non senti anche tu il richiamo ai valori del '68 A.C.? A quel sentire comune che anima le coscienze a prescindere dall'età e dal ceto sociale? E poi, quell'entusiasmo ... saremo stati in due milioni e mezzo almeno ... - L'oracolo di Delo ha parlato di 200.000 ... - Citrullide, ma non dovevi essere annegato nello Stige? (v. Dialogo sui sogni e sui miti http://iltombino.splinder.com/post/18477425/Dialogo+sui+sogni+e+sui+miti) - Lascialo perdere, Aris, torniamo a noi ... E' ben vero che in astratto sussistono valori condivisi, ma nella realtà quotidiana, conosci bene il detto "ghnòti s'autòn" .... - "Conosci te stesso"? - No, "fatti i cazzi tuoi" ... - Io non sono d'accordo ... nessun uomo è un'isola - Citrullide, se tu fossi un'isola, e possibilmente fuori da tutte le rotte Fenicie, io sacrificherei vittime agli dei ! - Ma l'oracolo non vuole sacrifici umani! - E allora sacrificherei te, Citrullide! Gli animali sono sempre graditi ... - Tucanide, stavamo discorrendo così sapidamente, e basta un mikrobòs come Citrullide per farti trascendere ... Quando raggiungerai la pace e la serenità necessarie a portare avanti le tue idee? Noi, invece, nell'Agorà eravamo milioni ed abbiamo trascorso la giornata a scandire slòganoì senza che vi sia stato un solo scontro con le guardie della pòlis ... - L'oracolo ha detto che eravate tetra felinoi e che l'agorà non potrà rovesciare gli arconti democraticamente eletti ... - Tucanide, casualmente mi sono rimaste qui alcune delle verghe con cui reggevamo i papiri con gli sloganoi ... potresti aiutarmi ad usarle per rettificare i dati dell'oracolo? Crash, sock, bang ed altre onomatopee per indicare che Citrullide è stato percosso a sangue Tucanide e Aristippolo si allontanano, cantando slogan ... "Osteria numero penta ... la Ghelminos sarà contenta ...." GIOVEDÌ, 30 OTTOBRE 2008 Chi vorresti essere? Tutti, almeno una volta, ci siamo posti questa domanda: se non fossimo noi stessi, chi vorremmo essere? Per lunghi anni avrei desiderato essere Paperinik. Ci fu pure un periodo, inizio anni '90, in cui sognavo di essere Ligabue. Poi, per diverso tempo, preso in questa stramaledetta, inutile, frenesia, non ci ho più pensato. Fino a stamattina, quando, in fila al tabacchino per comprare marche da bollo da attaccare a qualche stupido atto giudiziario, in pauroso ritardo, coi soldi contati, e chiuso in giacca e cravatta d'ordinanza, ho sentito il tizio davanti a me - più o meno la mia età, giacca di jeans sformata, barba di una settimana, comode scarpe da ginnastica - chiedere sorridente al tabaccaio: "mi dà 20.000 euro di cambiali ed un pacco di preservativi?" Illuminazione. Ecco: io vorrei proprio essere quello lì. (questo è uno sciocco sfogo; il post vero è quello coi tre idioti greci che si azzuffano, scendete di poche righe, godetevelo, e dimenticatevi di quanto avete appena letto) MARTEDÌ, 04 NOVEMBRE 2008 Che occasione irripetibile per perdere tempo e denaro! Premessa: In questi momenti di estrema crisi, quando si fatica ad arrivare alla fine del mese, quando persino la pasta è aumentata del 32% ad ottobre, e i bambini ormai sniffano colla per non sentire la fame, una persona che avesse solo 13 euro sul conto corrente come potrebbe spenderli? Una pietra sopra di giovanni laurito Prezzo di vendita € 13,00 Libro GIALLI - NOIR 304 pagine Copertina Morbida - Formato 12x18 - bianco e nero Visualizza anteprima Quattro ragazzi quindicenni in un´appassionante caccia al tesoro che improvvisamente si tinge di giallo. Amicizia, ironia, storia e sentimenti che si intrecciano in un noir ambientato nel profondo sud Italia dei primi anni ´80. Ho scritto questo romanzo e, in attesa di risposte, spero positive, dalle case editrici cui l'ho spedito, mi attirava l'idea di averlo in mano (non equivochiamo ...). Così me ne sono fatto stampare alcune copie sul sito di Repubblica, "Ilmiolibro". E' venuto fuori, a mia insaputa, che così appare anche in Vetrina e, addirittura, lo si potrebbe anche acquistare online. Pazzesco, no? Quasi quasi lo compro, qui nel Tombino non c'è un cavolo da fare ... VENERDÌ, 07 NOVEMBRE 2008 Cronache dal Tombino Per una volta anch'io sono dalla sua parte. Come si può chiamare razzismo una battuta di spirito, sotto certi aspetti anche delicata? E' proprio vero che quei tristi figuri dell'opposizione non perdono mai un'occasione per tacere! Che aveva detto mai, Obama? "Silvio ha tutto: è un simpatico nanetto afrodisiaco" In fondo, chiamare "nanetto" una persona è anche un atto d'amore. Razzismo? Come se esistesse una razza di uomini bassi! (certo, i Pigmei, ma quelli stanno con l'Udeur) Secondo me, Obama non ha nessuna colpa ad essersi espresso in quel modo, e non si merita tutte quelle critiche strumentali. Se io potessi parlargli gli direi di fregarsene, e di godersi il primo sabato e domenica da presidente, in ossequio al suo straordinario motto: YES, WEEKEND! (magari su una spiaggia a prendere il sole, anche se non ne avrebbe bisogno, a sentire S.) MARTEDÌ, 11 NOVEMBRE 2008 Le parole sono importanti! ... lo diceva Nanni Moretti in un film del quale non ricordo il titolo e non ho voglia di sforzarmi come la mia insegnante di lettere del liceo che quando le facevamo una domanda e la coglievamo in castagna diventava tutta rossa e diceva lo so certo che lo so ma ora non mi sovviene certo che se facessi una tirata di memoria ma non ho voglia di farla figurati se ne aveva voglia ... e così in barba a wikipedia non mi interessa il film ma il concetto che le parole sono importanti e oggi televideo titolava "ragazzi incendiano un barbone: è grave" e grazie al cavolo che è grave che pensavi che era un cosa da niente appiccare il fuoco ad un barbone e poi bastava uno scappellotto certo che è grave e non ci si può passare sopra anzi quello è ancora più grave che restano le impronte se sei a piedi o le tracce degli pneumatici o si dirà dei pneumatici qui ci vorrebbe un'altra tirata di memoria ma figurati è meglio che spengo il computer ed esco a prendere una boccata d'aria le parole sono importanti e non bisogna usarle a vanvera premo stop poi esci e mi appare la domanda sei sicuro di volere uscire? e certo che voglio uscire che in questo tombino l'aria è putrida ma tu computer vorresti instillarmi il dubbio sei proprio sicuro di voler uscire? sicurissimo anzi sai che faccio non aspetto nemmeno la procedura di sicurezza e stacco la sp MERCOLEDÌ, 12 NOVEMBRE 2008 'U portàbbile Mercoledì 12.11.08 - Intercity delle 9.32 - posti prenotati e purtroppo NON modificabili. Protagoniste attive: due ragazze forse calabresi di apparente età fisica di 30-40 anni e mentale da definire. Protagonisti passivi: Io, non meno quarantenne di loro e altri tre passeggeri. Il capotreno, in inglese postmoderno, premette: "plis tarn off the sellfòn, dunàt distàrb" Le ragazze: "Questa, devi sentire questa!!!" Musica a palla prodotta da un cellulare (dunàt distàrb?) "O madonna troppo bella, Giggi d'Alessio ti amooooooooo!!!" "Te la vuoi scaricare? C'ho il blutùtt?" "Ora te la mando! Oggesù, ma io leggo due destinazioni ... quale sarà il tuo?" Io prego in ginocchio che non lo mandi al MIO cellulare. "Ecco, sta andando vaivaivaivai sììììì" "O padreterno sembra che stai godenne..." "Lo volesse il cielo, giggi, vieni qua, ti faccio vedè io, altro che tatangela!" "L'hai sentita questa? ahahahahahah! E' 'na barzelletta troppo fortissima!" Dal cellulare a manetta si sente una storia di preti e uccelli in mano non necessariamente in quest'ordine. "Ti shcarico anche questa? Col blutùtt?" "Vai, che la faccio sentire a Ggiacomino mio!!!" "Eh, che pure lui, tu stai qua e lui sta con l'uccello in mano ahahahahahahah!!!" Un'altra signora accanto a me, visibilmente scioccata, cerca di astrarsi estraendo dalla sua custodia un portatile ed iniziando a lavorare. Una delle "ragazze" si fionda su di lei. "Uhhh! Com'è bello! Me l'aggia pigghiàri pure io 'nu portabbile!!!" Ormai al limite, mi salva la voce del capotreno da Buckingham Palace: Salerno, iu ar arraivinghe in Salerno. Saluto. Esco. La signora accanto a me piange. Le "ragazze" si sbellicano dalle risate commentando lo scarso inglese del capotreno. Sento di amarle già. Questo blog esiste anche per loro, grazie a loro. VENERDÌ, 21 NOVEMBRE 2008 La posta del Dottor Tombino Il Dottor Tombino risponde a tutti i vostri problemi di salute. Scrivete e aspettate fiduciosi, un consiglio non vi verrà fatto mancare, purtroppo. Per invogliarvi, ecco alcune delle ultime risposte su questioni comuni. Dietelecom Domanda: Dottor Tombino, mi chiamo Angela ed ho problemi di linea ... Risposta: Non ti preoccupare, succede a molte, prova a rifare il numero. Influenza localizzata D: Dottor Tombino, sono Anna: ho paura dell'influenza australiana che sta arrivando ma ho anche paura del vaccino perchè, essendo allergica, temo uno shock anafilattico, cosa mi consiglia? Pensa che in via orale sia meno rischioso? R: io penso che non è questione di via, dove te lo fai fai il rischio c'è, magari vai in Piazza Vittorio Emanuele che lì c'è l'ASL Fuso e schiamazzi D: Dottor Tombino, ho notato che con il cambio di orario fra ora legale e ora solare avverto dei disturbi .. R: forse perchè i negozi aprono prima e c'è più movimento, comunque per queste questioni di disturbi deve chiamare i vigili urbani Il coccodrillo come fa ... D: Dottor Tombino, sono Mirko, non so come dirle, ho un problema ... erettile R: ha sbagliato numero, deve rivolgersi al veterinario. Aridàtece Pierino D: Dottor Tombino, ho difficoltà a camminare per un dolore ad un piede, lei è anche pediatra? R: oops ... scusate è partito un nastro registrato con una domanda che mi era fatto da solo per farmi pubblicità ... Scrivete con fiducia (E ce ne vuole davvero tanta per scrivere al Dottor Tombino). Le risposte prossimamente nei commenti. DOMENICA, 30 NOVEMBRE 2008 Un racconto scritto in una domenica un po' così Giovanni voleva fare ancora, per l'ultima volta, la ruota. Come tanti anni prima, quando da ragazzo era famoso in paese per la sua straordinaria agilità. Poi il tempo era passato, i lunghi decenni avevano appesantito la sua figura, ed ormai era già tanto se riusciva a fare qualche passo senza affaticarsi troppo e doversi sedere a riprendere fiato. La mattina precedente, mentre cercava come al solito nella sua libreria qualcosa da leggere per attraversare indenne una nuova giornata, dalle pagine ingiallite del volume era scivolata una foto. Era ancora bellissima, Teresa, in quell'autunno del '59, quando un passante era stato costretto a scattare loro quella foto sul molo di Trieste. Poi anche su di lei il tempo si era accanito, come la bora che, invisibile, era stata ritratta insieme a loro mentre deformava pettinature e vestiti. Si era ricordato dell'ultima volta che aveva sentito la voce di lei, diversi mesi prima. Era anche allora una mattina presto, il suono inatteso del telefono aveva scheggiato l'aria sospesa del suo studio, dove si era rintanato, come sempre, a leggere. "Giovanni, come stai?" aveva esordito Teresa, con la voce un po' incrinata nonostante di sicuro avesse provato a lungo il tono e l'intensità della voce prima di chiamare, per non apparire emozionata. Lui aveva risposto senza neppure provare a mascherare la sua, di emozione. Le aveva chiesto dei lunghi anni di silenzio, ed aveva ottenuto in cambio ancora silenzi frammisti a risposte elusive. E poi Teresa, di punto in bianco, aveva chiesto d'incontrarlo, aveva magnificato con la consueta gentile ironia il corpo atletico di Giovanni "sarai ancora agile e snello come allora". "Vorrei vederti" gli aveva chiesto, infine. E così le diede appuntamento nel parco all'indomani. Lei attaccò prima che lui le indicasse il punto dove incontrarsi. Ma erano entrambi certi che non ce ne fosse bisogno. La panchina vicino al loro "posto" esisteva ancora. Era lì che si erano baciati la prima volta, e non c'era altro luogo in cui potevano immaginare di rivedersi, nell'intero mondo conosciuto, figuriamoci in quel piccolo parco. Giovanni si era alzato di buon'ora. Era sceso piano in salotto e lì, tra un divano e il televisore, la badante lo trovò verso le dieci disteso faccia a terra e si precipitò subito al telefono per chiamare un'ambulanza, pensando, tra le lacrime, di aver perso l'ennesimo cliente. Ma Giovanni con un filo di voce la tranquillizzò. Stava solo provando a fare delle flessioni. UNA flessione, per essere precisi. Irina lo aiutò a rialzarsi e provò a convincerlo che non era il caso di uscire con quel freddo. Ma il vecchio non volle sentire ragioni. Indossò un cappotto leggero ed una sciarpa di seta, si riavviò con antica eleganza il ciuffo di capelli bianchi ed uscì in strada, orgoglioso. Intorno a mezzogiorno arrivò, stremato, al parco. La sua casa, che distava non più di cinquecento metri, si trovava sul lato est, e dunque non entrò dall'ingresso principale, ma da un viottolo laterale, che lo avrebbe condotto al loro "posto" giungendo alle spalle. La panchina era sempre lì. E non era vuota. Giovanni sentì un tuffo al cuore. Si avvicinò di soppiatto, e giunto a non più di due metri, provò a flettere leggermente le gambe, poi le stese dandosi una forte spinta di lato e poggiò la mano sinistra a terra, poi la destra, e si librò in aria. Quando precipitò davanti alla panchina, già diverse persone stavano accorrendo per aiutarlo, e la stessa signora che prima vi era seduta era intervenuta prontamente e cercava di rianimarlo. Giovanni aprì gli occhi, imbarazzato, prim'ancora di alzarsi cercò subito di mettersi in ordine, spolverandosi il cappotto, e poi sollevò gli occhi verso di lei, in preda ad una gioia mista all'imbarazzo. Ma quella donna non era Teresa. "Signore, non faccia sforzi, ora l'accompagniamo da un dottore" Lui si rifiutò con veemenza, ma alla fine non potè evitarlo. Quando ritornò a casa, acciaccato nel fisico e nell'orgoglio, provò a telefonare a Teresa ma non ottenne risposta. Forse era stato presuntuoso a pensare che lei ricordasse il luogo del loro incontro e, magari, non si erano trovati per quel motivo. No, non poteva essere, era quello il loro "posto". Forse aveva semplicemente fatto tardi. In fondo era stato meglio così, pensò, vista la figuraccia che aveva fatto. Provò altre volte a chiamarla nei giorni successivi, ma non la trovò mai. Del resto erano passati così tanti anni, forse il numero non era giusto e lei aveva cambiato casa. Il primo impulso fu di pensare che era così che doveva andare, e riprendere la sua vita, se così la si poteva chiamare. Più tardi, invece, si convinse che glielo doveva, a Teresa, quell'incontro, e quando sarebbe successo si sarebbe fatto trovare pronto. Così , un po' di mesi più tardi, dopo aver ritrovato per caso quella foto nel libro, ed averla interpretata come un segnale, si mise d'impegno e riuscì davvero a fare la ruota. Un po' stentata, è vero. Ma almeno non si ruppe un femore. Quindi indossò il soprabito e uscì, con una nuova speranza. Forse quella mattina avrebbe finalmente avuto il coraggio di riavvicinarsi alla "loro" panchina. Erano passati appena pochi minuti che, a casa, il telefono suonò. Irina rispose. "No, il signuor Giuovanni non c'è. E' andato al parco, come fa uormai quasi tutte le mattine da qualche mese. Devo lasciare detto qualcosa? Ah, mi dispiace, era un parente del signuor Giuovanni? No, non credo verrà al funerale, preferisco non dirgliele queste cose, che poi ci soffre troppo. Anche un paio di mesi fa hanno informato che era muorta una sua vecchia amica, ma io non gliel'ho mica detto". "Altrimenti gli veniva un infarto e io me ne dovevo tornare di corsa a Minsk", aggiunse, soddisfatta della propria arguzia, dopo aver riagganciato. GIOVEDÌ, 11 DICEMBRE 2008 ai miei tempi i bambini nascevano sotto un tavolo Mia figlia è alle prese con un brodino vegetale nel quale galleggiano strane verdure (brodo primordiale?) "Papà, cosa sono quelle?", indica, piuttosto diffidente. "Sono cicorie. Mangiale, fanno bene" Due lacrimoni improvvisi le solcano le guance. "Che succede, ora?", chiedo stupito. "Non le mangio, non si devono mangiare le cicorie!", afferma perentoria. "E perchè mai?". "Perchè altrimenti non nascono più bambini!" "E che c'entra questo?", ribatto, stupito del presunto effetto anticoncezionale di quella verdura "Papà, ma come, sei grande e non lo sai che i bambini li portano le cicorie?" "..." DOMENICA, 21 DICEMBRE 2008 splinder è morto e neanch'io mi sento troppo bene Il numero degli utenti on line è, giorno dopo giorno, paurosamente in diminuzione ... Gli amici in rete sono ridotti al lumicino ... Ormai sono tutti su facebook ... Splinder sta morendo ... Le visite ai blog scemano ... (cioè, rendono scemi? Se è così, voglio dare il mio contributo) Tratto da una puntata dei Simpson: "- Homer, usi boxer o slip? - Homer: (guardando nei pantaloni) ... No!" MARTEDÌ, 30 DICEMBRE 2008 Bergonzoni si rivolterà nella tomba! (è morto? Non lo sapevo: sono i migliori quelli che se ne vanno). Sì, rimango. E' stato un anno complesso. L'altra sera abbiamo chiuso suonando in un locale gremito. Al tavolino c'erano tre persone. La terza si era portata la sedia da casa. Entusiasmo alle stelle. Da noi, sulla terra, neppure l'ombra. E non vi sorprenda, era di notte ed era andata via la luce. Non gradiva il nostro sound. In realtà non gradiva nessun sound. Io invece il primo novembre apprezzo ogni sound. Il mio preferito è sound Alfonso, che era un musicista ed anche un avvocato. Ed il mio tempo, cioè quello della batteria del portatile, è bell'e terminato. Buon 2009. Pronti a ripartire da zero ... "il carrozzone va avanti da sè ..." VENERDÌ, 09 GENNAIO 2009 Dialogo sulle origini del Citrullide "Aristippolo! Aristippolo! Ti supplico! Accorri!" "Che c'è, Citrullide? Zeus ha finalmente dato ascolto alle mie preci scagliando una saetta?" "No, maestro, niente di tutto questo! E' solo che ho un forte mal di testa ..." "E per chi mi hai preso, per un seguace di Esculapio?" "No, non mi permetterei mai, perlomeno in pubblico, di ritenerti tale! Il mio mal di testa origina da uno strano pensiero ..." "Impossibile, mio buon Citrullide, ti sarai confuso: alcun tipo di pensiero può mai albergare nella tua testa di kàizon che è vuota come le tasche dei ko-ko-pro del Peloponneso ..." "Eppure, maestro, io ho cogitato!" "Ti avrà fatto male qualcosa!" "No, sicuro, ho cogitato! E, come dicevano i cineasti latini, "cogito ergo zoom", e subito mi sono precipitato qui!" "Nello Stige ti dovevi precipitare! Ma ricordo bene che neppure il dio degli inferi ti ha sopportato e sei ritornato qui ..." "Amici Aristippolo e Citrullide, che allegrèia vedervi insieme nel peripatèo! Mi ricordate la gioia dei bei tempi della mia infanzia, quando vi venivo talvolta a passeggio con mia madre ..." "Diletto Tucanide, riferisciti in particolare a Citrullide, ha anch'egli tanti ricordi di sua madre a passeggio ... e molti se la ricordano bene ... " "Maestro Aristippolo, noto un senso di familiarità nelle tue parole, e ... a guardarti bene ... ora che mi fai pensare (AHI!) ... io mi ricordo di te con mia madre, talvolta, durante le passeggiate ..." "E' vero Aris, anch'io mi ricordo di te con la madre del giovane Citrullide ... tu che le davi spesso delle dracme ... forse per un voto alla dea Venere, di cui lei era sacerdotessa?" "... no, per un debito con Pappònos, il suo ..." "Sì, è vero, mamma aveva un santo patrono!" "Più che altro un protettore ..." "Ahi! Di nuovo il mal di testa ... ecco a che pensavo prima: a mia madre! Poi ti ho visto e si è scatenato più forte il dolore!" "Aris, ne convieni? Un classico caso di Edipo di terzo grado" "O un classico caso in cui era meglio che quella volta invece che da quella sacerdotessa della mamma, me ne andavo dal mio diletto Luxùrion" "Dalle tue parole, Aristippolo, devo forse intendere che tu sei mio ...?" (continua) VENERDÌ, 16 GENNAIO 2009 Considerazioni oggettive e neologismi Quando mi si presenta un'occasione buona non me ne accorgo subito. E quando finalmente lo faccio è già sfumata da tempo. So bene che gli ideali non portano pane, e che il comportamento più utile è quello di seguire sempre il vento che tira. Io credo negli ideali, e una volta che ho voluto fare il furbo e seguire anch'io il vento, era una scorreggia. Se devo scegliere tra un amico ed un buon affare, scelgo sempre l'amico. Ma lui nel frattempo ha scelto l'affare. Ormai me lo dicono tutti. Sono un inopportunista. E che ci volete fare? Non sarò certo il primo nè l'ultimo a tenere comportamenti così fuori dal comune che mancano le parole a definirmi e me le devo inventare. Come quella volta che definii il sacerdote un lavoro amorale. Fui aggredito dai benpensanti: ma io mi riferivo al precetto "ama il tuo prossimo"; intendevo dire che la loro missione era offrire amore. Come le prostitute. Ma quelle, se le chiami amorali, nessuno ti dice niente. MARTEDÌ, 27 GENNAIO 2009 Oggi è la giornata della memoria ma non mi ricordo cosa si festeggia... In questo blog non parlo mai di cose personali. Ma questa sera, con la pioggia violenta che sporca i muri e i quarant'anni che incombono come uno spettro a ricordarmi che ho un grande futuro dietro le spalle, voglio parlarvi di Angela, e di come il suo incontro cambiò la mia vita. Molti dicono che la gioventù è uno stato d'animo. Siamo noi a condizionare il tempo e non il contrario. Gli indiani, che ricordavano con precisione assoluta nomi, luoghi ed eventi, faticavano molto a collocarli in una data precisa, in quanto le loro stagioni non erano precise ed immutabili (non come da noi che l'estate inizia il 21 giugno anche se nevica). La stagione primaverile coincideva con la fioritura delle prugne, ma se il clima non era favorevole, e la fioritura tardava, lo faceva anche la primavera anagrafica e cronologica. Io invece ho sempre pensato di scandire la mia esistenza secondo i ritmi del tempo. Ci sono cose che di punto in bianco decisi o non decisi di fare più una volta compiuti i trent'anni, e altre cose ho previsto di non fare più a partire dai quarant'anni. Angela la conoscevo già. In un piccolo paese si conoscono tutti, ma non avevamo mai scambiato una parola. Lei aveva sedici anni. Io ne avevo, allora, trentatre. Quella sera di primavera uscivo baldanzoso, annusando l'aria gravida di polline. Il mio giovane cuore pompava irrequieto, lusingato dalle promesse di quel maggio. Mentre percorrevo fischiettando il Corso Europa, la vidi venire verso di me, e già, nella luce incerta dell'imbrunire, incrociai il suo sguardo che mi sembrava velarsi di un tenero rossore. Sono un giovane di bella presenza - pensai - è inevitabile che le ragazzine mi vedano come un idolo. Mi preparai ad un saluto affabile come se facessimo parte dello stesso gruppo di amici: volevo rompere il ghiaccio superando subito i convenevoli, come fanno i giovani ad ogni latitudine. "Ciao bella!" ... oppure "Come butta?" ... "Bella lì" ... Mentre selezionavo nel mio immenso database di esperienza la frase più adatta, lei era ormai ad un passo. Avevo già aperto bocca e le stavo dando fiato, quando lei mi precedette, con voce insieme rispettosa ed indifferente. "Buonasera". Buonasera. Come si dice agli adulti. Come si dice ai vecchi. Mi fermai a guardarla mentre proseguiva incurante. Mi stava quasi scappando un singhiozzo, che mascherai con un colpo di tosse. Mi sembrò allora che stesse per voltarsi. Trattenni il fiato. Non sia mai che tornava e mi aiutava ad attraversare. Quello stesso settembre mi sposai. E a primavera, da allora, faccio come gli indiani. Solo se si verificano alcune circostanze, ritengo che sia primavera. Altrimenti all'inverno segue immediatamente l'estate e non ci penso più. Ma, da allora, le mie prugne non sono più fiorite. LUNEDÌ, 09 FEBBRAIO 2009 ... Stavo infilando a forza una busta nella stampante ed è apparso l'avviso sullo schermo "premere il pulsante Cancel modalità di alimentazione manuale", così mi è venuta in mente Eluana, ed ho pensato per un attimo di scrivere un post. Ma poi mi sono detto: chi cavolo sono io per parlare di lei? Ma la conoscevo? Conosco la sua famiglia, la tragedia dei genitori, dei familiari, degli amici? Il disastro di tante esistenze? E allora chi mi dà il diritto di farlo? E le stesse domande se le sono poste tutti quelli che su tiggì, televideo, mediavideo, giornali, programmi televisivi e radiofonici, mettono questa notizia in prima pagina da settimane (magari accanto allo spogliarello di Belen)? E se le sono poste S.B. e P.B.XVI che così tranquillamente emettono giudizi trancianti per poi tranquillamente tornare a - rispettivamente - dire boiate in mondovisione e (per il secondo non mi viene niente di diverso, dunque mi astengo: e sarà sicuramente contento, visto che l'astinenza è in cima al suo ordine del giorno)? Spero che ancor prima di finire di scrivere questo post sia tutto finito. VENERDÌ, 13 FEBBRAIO 2009 Mio fratello è figlio unico ... Mio fratello, avendo constatato l'enorme successo del mio romanzo "Una pietra sopra", favorito a suo tempo dalla pubblicità su questo blog, mi ha chiesto ripetutamente di potervi pubblicare una delle tante canzoni che compone da anni. Oggi, che volevo scrivere un post ma non mi veniva in mente niente, l'ho accontentato. Aspetto con trepidazione i vostri commenti. Vi prego, siate sinceri, fatelo per questo mio povero fratello, così si toglie una volta per tutte l'illusione di poter sfondare nel mondo della musica (dopo aver finora sfondato soltanto i timpani). La canzone si intitola "Si è fatto tardi" ed è del 2005. Ostriche e petali di rosa, e un po' di sfortuna con dodici anni di ritardo sull'altra faccia, l'altra faccia della luna Dulcinea e mulini a vento? Sei il solito matto le hai provate proprio tutte ma il mondo, il mondo è ancora piatto Si è fatto tardi, penso mentre accendo la luce si è fatto tardi e subito mi trema la voce ... Come quando fuori piove e dentro proprio non vuoi stare come quando se ne andò e non sapevi, non sapevi come fare Si è fatto tardi ... Chi è felice non lo dice perchè ha paura del destino ma se tu mi sei vicino il mio destino non lo sa Ho riletto quelle frasi mi è sembrato così strano che lei non mi sentisse forse l'amavo, io l'amavo troppo piano Si è fatto tardi ... SABATO, 21 FEBBRAIO 2009 ... altro che indiani! Non per rubare la scena a mio fratello Harpo, la cui canzone deve ancora rimanere, per tacito accordo fra di noi, ancora qualche giorno in vetrina per i vostri commenti, ma oggi non potevo esimermi dal riferire che ... ... per tutto il tragitto casa / tombino (4 km), che è sostanzialmente privo di incroci, il conducente dell'auto che mi precedeva ha acceso la freccia ad ogni curva. Non so se mi spiego: quando, ad es., la strada curvava a destra lui accendeva la freccia di destra. Come se avesse potuto scegliere un'altra direzione! ... E così, ho ripensato ad una battuta dei miei tempi ... "Come si dice, curva DRITTA o DIRITTA?" VENERDÌ, 06 MARZO 2009 ... E' che fuori nevica ... Dalla grata del tombino i fiocchi appaiono ancora più soffici, in questo marzo sorprendente, e il bianco amalgama tutto e sembra nascondere per un po' le asperità, come se tutto fosse ugualmente buono e degno di essere vissuto, assaporato, come una primavera che in questo momento sembra di là da venire e magari domani saremo già al mare... ... e nell'attesa, caro il mio blog, volevo parlarti di tante cose... ... volevo parlarti di quel buon uomo del pediatra di mia figlia che ieri se n'è andato, a 48 anni, e nessuno, dico nessuno, aveva una giustificazione per una morte così prematura, che era sempre disponibile, allegro, attento ... "sono sempre i migliori quelli che se ne vanno", dicevano in tanti, ed io, cinicamente, mi sono pure rinfrancato, pensando che se è così resterò qui mooolto a lungo ... ... volevo parlarti di questa tremenda influenza che ci ha martellato un po' tutti, nella scorsa settimana; e di mia figlia, che dopo sette giorni di febbre alta e poca voglia di mangiare e mille medicine, la madre, mentre le faceva il bagnetto, aveva constatato che quel pancino rotondo di prima, per il digiuno, era scomparso .... "Rosaria, il pancino ti è diventato liscio ..." "Perchè, mamma, prima era riccio?" ... ... volevo parlarti ancora una volta dei miei quarant'anni alla porta, ma poi mi son detto che palle 'sti quarant'anni, e così ho deciso di chiudere definitivamente l'argomento, e mai più compleanni e largo ai giovani ... ... poi però volevo parlarti del fatto che mia madre mi ha promesso un regalo bellissimo per il mio compleanno, cioè i volumi mancanti per completare "la grande dinastia dei paperi", ed allora ho fatto bene a dire che erano quaranta se no tutti pensavano che ero un bambino che vuole i fumetti, invece sono solo un grosso idiota che vuole i fumetti, ed è tantotantotanto contento di ricevere i fumetti!!! ... e magari volevo parlarti di una canzone lasciatami come commento alla canzone del mio inesistente fratello nel post di qualche settimana fa, e di come le canzoni dicano sempre di più e meglio di come si possa fare e dire in qualsiasi altro modo possibile, e quelle di Fossati in particolare ... ... oppure volevo parlarti dell'ultimo Montalbano che ho letto in un solo pomeriggio di febbre a 39, e che sì era imperfetto, un po' buttato lì, scritto con il pilota automatico, però quando alla fine Laura muore una lacrima è scesa anche a me, chissà, magari era il raffreddore, sì, certo, proprio così ... ... e volevo parlarti di tutto questo, ma poi mi sono detto, caro il mio blog, eri abituato a quei post ironici, brillanti, sarcastici, ed invece da un po' di tempo a questa parte tutto si è trasformato in un pessimismo comico che non ne vale neppure la pena, ed allora ho pensato di cancellare tut GIOVEDÌ, 12 MARZO 2009 we had a dream ... "Abbiamo fatto un sogno. Gli uomini vivevano felici in pace e prosperità. La vecchiaia iniziava a 180 anni. Eravamo tutti giovani e belli e si girava in macchina per ore con lo stereo a palla. Insomma, un mondo perfetto. Poi ci siamo svegliati. E la benzina era a 1 euro e 50. E gli specchi continuavano ad esistere. Allora abbiamo sentito delle voci sempre più insistenti che ci chiamavano. E siamo stati costretti ad uscire ancora una volta dal nostro tombino". Con questo post, che era più che altro una dichiarazione d'intenti, esattamente un anno fa prendeva il via l'avventura del blog "Il Tombino", che per un amante della scrittura come me è stata una delle esperienze più belle, intense ed interessanti che mi siano capitate negli ultimi anni. E rileggendo il post ho pensato che andasse ugualmente bene (o male) sia come inizio che come fine. Ora che sono entrato negli anta (potete dunque trovarmi in un armadio), mi sono però accorto di avere voglia di cambiare aria (quella delle fogne era diventata un pochettino irrespirabile - ma in Italia da un po' di tempo è così anche all'aperto), e inventarmi qualcosa di nuovo, che al momento non so se sarà iscrivermi in palestra (e so bene dell'enorme buco nero che c'è tra iscrivermi e frequentare sul serio), oppure dedicarmi di più alla Famiglia (vacanze a Corleone?), o tentare altri modi vari di ammazzare il tempo (magari scaricando le pile dell'orologio), o tuffarmi nel mondo del lavoro con rinnovato entusiasmo alla velocità della luce (ma basterà la prolunga?), o dedicarmi interamente all'amore (ed anche lì le mie prestazioni viaggiano alla velocità della luce) ... Insomma, non so ancora cosa farò in futuro (e di sicuro non sarà nulla di fisico), ma adesso è il momento dei ringraziamenti a chi ha reso possibile tutto questo, commendando (non è un errore, si capirà dopo) ogni mio post rendendolo sempre migliore di quello che era. Dunque, con l'autorità che mi sono concesso, fregio del titolo di Commendatore, in ordine di apparizione sul mio blog: katana78 - thaliondur - charlotte01 - amatotarallo - zairaforever - donnachic - jessamine - asharani pornodyva - websurfer - betazed - pensieriincorso - nebbiolina - andos - ilariee - soulmape temporanigra - joli- pensieridivale - dreamwriter - ofisnoir - pv64 - caoss- bonaska - dorame bansheE46 - criticomistico - volonellemieali - o0osunshineo0o - fogliachecade - donburo damnedfairy84 - inmandicoside - meatpuppet - lilytime - mirelladeparis - affabile - trobairitz ligeia666 - sonoetta- jolyjoly54 - matto81 - castruccio - iridefelice - 18emme75 - tessy84 - iky1389 shanshan - Lacapa - latteo - eleonorade60 - royboulevard - matteoplatone - madameidiota - valtaire mirandadenoche - xanthippe - emmetbrown - kappadue72 - mordocielo - paoladazero - momy musasilenziosa - arabapernice - smeraldoneve - geakaren - dejanirac - rajma - merchesadixit - eosdea passionauta - iperfabri - yum - forcarnival - giada803 - mailameini - disceseardite - candace - babol81 - ilranocchio - tokombo - useless87 - stellaila - geakaren - nikolo - drake69 - machbeth3 - orqcie dylandicarlo - cassiera - siofossifoco - giustosentiment - maded - medioborghesi - ladysarky - rigel7 profumodimare - sophi - art3mide86 - lunanima - blacksmith- shootyoudown - cencio- obyonekenobi4margant4 - elsker72 - alem75 - gandolini - ciardellimic - melina2811 - lucyblade - clockclock maddalena79 - delfinafuriosa - bettarm37 - paoladazero - serenaserena - aitan - altrabetta cequejesuis - sgrinfia - nicanoise - cattivissima - 000eva000 - paciuko - lauramentre - saltonelvuoto biancaby - spagnostic - larossadiklimt - pitunpi - barbyelucy - sliced - sinforosa72 - inesclusiva oonefertitioo - madamelebowski ... ... con alcuni dei quali è anche nata (o proseguita) una bella amicizia epistolare (eh, sì, principalmente donne, e che vuoi farci, qui nel Tombino si sentiva la mancanza di un rapporto serio e disinteressato, c'erano solo zoccole - ecco l'ho fatta questa terribile battuta ... - così appena uscivo pensavo solo alle donne!) ... amicizia che spero sopravviverà anche all'uscita del Tombino ed all'entrata in chissà cos'altro ... forse un nuovo blog, o più probabilmente nell'armadio. Baci & Abbracci. Giovanni Laurito visitato 7.700 volte … Parte seconda Il Contrario di tutto (marzo 2009 - novembre 2011) Voglio Far Con Te Ciò Che La Primavera Fa Con Gli Allergici (P. Neruda?) (Intervista apparsa su Vanity Fair del 27 marzo 2009) Alla vigilia della pubblicazione del nuovo romanzo, incontriamo lo scrittore Giovanni Laurito in un caffè di Via del Corso a Roma. E' come al solito in forma strepitosa. Ci viene incontro con passo deciso. Indossa una tuta da jogging dai colori sgargianti. E' leggermente sudato, ma non sembra per niente affaticato. Si scusa del ritardo, giustificandosi con il fatto che si era imposto di correre per 20 km e il suo smisurato ego non gli aveva consentito di smettere neppure un centimetro prima. Ci sediamo. In pochi minuti si crea una piccola folla di persone che lo hanno riconosciuto e gli chiedono autografi, foto, c'è persino una ragazza davvero molto carina che accenna un sensuale strip tease canticchiando una nuovissima canzone dei Negramaro il cui testo è stato scritto proprio dal Laurito. Chiediamo al titolare di farci accomodare in una saletta riservata, e così finalmente la nostra breve chiacchierata può iniziare. - Laurito, lo chiedo a molte delle persone che intervisto, e da lei mi aspetto una risposta non scontata: come fa a gestire il suo straordinario successo? - Basta rimanere sempre con i piedi per terra. - Eppure non deve essere facile, passare da tanti anni di anonimato ad una popolarità così inattesa ed esplosiva. Le capitava anche prima che le ragazze appena la vedevano improvvisassero uno spogliarello? - Dipende da quanto ero disposto a spendere ... - Il suo primo romanzo, Una pietra sopra, ha venduto un milione di copie solo in Italia e Salvatores sta già girando il film tratto da quella storia. Se lo sarebbe mai aspettato, solo un anno fa? Credeva possibile una svolta nella sua vita alla soglia dei quarant'anni? - Mi scusi se la interrompo. Prima di svegliarmi vorrei tornare di là a vedere se la ragazza è andata via. - So che il suo tempo è prezioso, ma vorrei farle ancora un paio di domande. Lei ha una bambina di quattro anni: ha già capito chi è suo padre? - Che fa, insinua? Comunque ho già in mente di fare il test del DNA al postino. - Per chiudere, vorrei cambiare argomento. Lei, prim’ancora che scrittore, è avvocato da quindici anni. Sentiamo parlare spesso di disfunzioni, ritardi, processi saltati o “aggiustati”. Vorrei conoscere la sua personale opinione in proposito, da addetto ai lavori. Qual è lo stato della giustizia? - Non so darle una risposta precisa. Non certo l’Italia. (copyright d/n dreamnightmare inc.) le origini di un mito (intervista apparsa sul corriere dei piccoli il 4.4.1996) Siamo venuti in questo piccolo paese del Cilento per incontrare Giovanni Laurito, un giovane avvocato col pallino della musica. Ci è stato segnalato da alcuni addetti ai lavori come uno dei più promettenti autori della nuova generazione e abbiamo deciso di intervistarlo. Chissà mai che fra qualche anno questa intervista sia citata nelle biografie di quello che potrebbe diventare uno dei nuovi miti dei giovani. La casa del Laurito è piccola ma accogliente. Insieme alla sua fidanzata ci riceve nello studio, dove notiamo un certo disordine tipico del genio. Cataste di libri, musicassette, riviste, ostacolano il nostro procedere verso il divano su cui ci fa accomodare, dopo averlo sgombrato da alcuni fumetti. Laurito, abbiamo ascoltato alcuni suoi pezzi, e siamo rimasti colpiti dall'ecletticità con la quale affronta diversi generi musicali e se ne appropria creando uno stile che appare del tutto innovativo, sia pure nel solco della tradizione italiana d'autore. I testi, poi, sono intrisi di una vena di umorismo annegata in una sorta di inquietudine. Lei come definirebbe la sua musica? Sono tuttora indeciso fra dolce stil nuovo e pessimismo comico. Sono entrambi molto accattivanti. E qual è il suo cantante preferito? Negli anni della mia formazione ho molto amato Renato Zero. Ma non come pensa lei. E neppure come pensava lui, in effetti. Lei suona qualche strumento? Il pianoforte e la chitarra. Ha studiato la musica? Compone sul pentagramma? Diciamo che sono un arrangiatore. Ah, quindi è un ottimo conoscitore delle partiture? No, più che altro mi arrangio. Ha composto nuove canzoni di recente? Sa, per me scrivere musica è come respirare ... Allora ne scriverà in continuazione! coff! coff! Signor Laurito! Mi perdoni, un attacco di asma. Diceva? Mi farebbe sentire qualche nuovo brano in anteprima? Ne sarei onorato. Guardi, proprio lì, accanto a lei, dovrebbe esserci un cd. Lo può prendere per cortesia? Ci provo, ma non è facile, in quelle cataste di cui vi ho detto. Dopo un po' devo arrendermi. Glielo dico. "Mi dispiace, Laurito, ma non riesco a trovarlo, è sicuro di averlo messo lì?" Mi pareva proprio di sì, però non vuol dire niente. Era un cd ROM, quelli non stanno mai nello stesso posto. L'intervista sta per finire. Abbiamo parlato tanto di musica. Volevo chiederle come immagina il suo futuro? Penso che ci siano buone speranze. Immagino sempre nuovi cd, concerti, programmi televisivi ... L'ottimismo fa bene. E il futuro della musica? Ma non era questa la domanda di prima? No, prima intendevo il "suo" futuro. Non della musica. "Suo" di lei. Penso che anche la mia fidanzata potrà farcela. Ma ci vorrà tanta pazienza. Non ne dubito. (copyright pessicosmy inc.) Sabato, 11 Aprile 2009 Mitt. Sellerio Editrice Palermo Egr. Avv. Giovanni Laurito SEDE Egregio Avvocato, invio la presente per significarLe il particolare gradimento della commissione editoriale, una volta ricevuto il plico contenente il Suo manoscritto, così gentilmente sottoposto al vaglio di questa casa editrice. Non trovo le parole per descriverLe con quale impeto i vari componenti abbiano letteralmente divorato ogni briciola della Sua opera. In particolare, sono state apprezzate le soppressate di cinghiale, che i membri hanno annaffiato con il vino novello da Lei con arguzia allegato, in uno al pane casereccio, ancora fragrante come all'atto dell'invio. Indi, con lucidità ed allegria, ci si è accinti all'esame del suo scritto, previo ennesimo brindisi alla Sua salute. L'incipit, certamente pregno di significati, è stato, purtroppo, necessariamente saltato, in quanto pregno anche di unto derivante dal fortuito rovesciamento di uno dei vasetti contenenti le predette soppressate. Quanto, poi, ai capitoli successivi, rilevante stupore ed apprezzamento da parte dei membri ha suscitato la perizia con la quale Lei abbia saputo inserire, in una storia così romanticamente travagliata, descrizioni così asciutte e intense del terribile contagio che sconvolse la città di Milano nella metà del seicento, evento mero frutto della Sua inestinguibile fantasia. L'immenso bagaglio culturale dei membri si è poi arricchito di nuova linfa nell'osservare come Lei abbia saputo fondere così mirabilmente i vari dialetti della nostra amata penisola in una lingua per così dire neutra, assimilabile - si parva licet - alla vulgata fiorentina. Infine, abbiamo colto l'omaggio - voleva nasconderlo, eh? - ad alcuni sceneggiati andati in onda negli scorsi lustri sulla televisione pubblica, dei quali mirabile è quello di una tale Monaca e del suo sciagurato amante, come pure quella figura del parroco fifone, che di sicuro è stata da Lei ricalcata sull'interpretazione di quei bravi caratteristi dei quali il nostro cinema è dovizioso. Concludendo, la Sua opera pare assai interessante, e non esitiamo a dire che, salvi quegli omaggi di cui sopra, eccelso pregiò è insito nella sua novità, con un intreccio originale che, di certo, sarà apprezzato dai lettori di ogni età, i quali, di sicuro, anelano leggere tale genere di romanzi, e bene farebbe l'istituzione scolastica a proporne l'adozione nelle scuole di ogni ordine e grado. Ma sappiamo che è pia illusione, in quanto la cultura alberga soltanto in menti aperte ed attente come quelle dei suddetti membri, che trascorrono le loro intere giornate ad aprire allegramente plichi, e dunque conoscono con attenzione il panorama letterario italiano dalle origini fin nelle più recenti espressioni. Per quanto riguarda la proposta di pubblicazione, tuttavia, La invitiamo a trasmetterci una copia intonsa del manoscritto, in quanto quella a noi spedita, deve essere stata fatta oggetto, a nostra insaputa, di una curiosa celia. Essa, infatti, appare largamente annotata a matita, come se qualcuno si fosse divertito - pensate un pò! - a farne un commento, e poi vanno cancellate le frasi a penna nelle prime pagine come "questo libro è un quadrifoglio se lo perdo lo rivoglio se non sai di chi è vai a pag. 33", oppure "come il mare lascia la scia così ti lascio la firma mia", evidentemente altre Sue delicate produzioni poetiche, erroneamente allegate allo scritto. Ah, dimenticavo, Le ritrasmetto un appunto che forse sarà stato inserito per errore, ma magari è importante, che trascrivo: "per martedì portare quinto e sesto capitolo, altrimenti quell'innominato del professore mi sega in due come i rami del lago di Como". In attesa di un Suo cortese e pronto riscontro, è gradita l'occasione per porgerLe i più cordiali saluti. Il direttore del comitato editoriale Salvo Rebellini Domenica, 19 Aprile 2009 (di seguito la trascrizione apparsa su Repubblica dell'intercettazione di una telefonata fra Corona - il noto fotografo dei vip, al centro dell'inchiesta giudiziaria denominata "Vallettopoli" per presunte estorsioni ai danni di personaggi del mondo dello spettacolo - ed il poliedrico artista Giovanni Laurito. Per le espressioni usate e gli argomenti trattati la lettura è consigliata ad un pubblico adulto) Laurito: Pronto? (voce sconosciuta): resti in linea, c'è Corona per lei L: cos'è, una telepromozione? A me la birra non piace, sono astemio. Buon lavoro (riaggancia) il telefono squilla ancora L: Pronto? (voce sconosciuta): signor Laurito, attenda un secondo, le passo il signor Corona L: (a bassa voce) che ditta sfigata. Le telefonate di pubblicità le fa proprio il titolare. Manco fosse Giovanni Rana. Corona: Giovanni! L: Non credo ci conosciamo. Grazie di essersi disturbato ma io non ho bisogno di niente. C: Giovanni, ma che stai a dì, sò Corona, Fabrizio Corona, il fotografo! L: ah, il fotografo. Non ho ritirato un rullino? C: vengo subito al sodo ed a quello che te riguarda. C'ho un bel po' di merda fra le mani. L: mi dispiace, ma non capisco ... C: nun ce pensà, io de sta merda me voglio liberà ... ma tu me devi da aiutà L: e che dovrei fare? C: io le mani me le voglio ripulì ... L: senti, non capisco come ... C: me devi versà ducentomila euro su 'sto conto che te dico L: e che cazzo di sapone usi? C: 'a Laurì, nun fa lo stronzo, io c'ho st'affare in mano da circa un mese, ed è un affare grosso, pesante ... L: i tuoi problemi coniugali non mi riguardano, ed ora se permetti ... C: st'affare può scoppià da un momento all'artro, Laurì, e poi va a finire su tutti i giornali ... L: ma sono cose che non si fanno da quando eravamo bambini! Usa i fazzoletti ... C: Laurito, tu vuoi fà er furbo, ma io ora me so' stufato. Io c'ho qui le foto tue co' Elkann! L: e quando me le hai fatte? Mi sembra impossibile ... C: vedi che cominciamo a ragionà? Nun è impossibile, perchè io ho i miei collaboratori ai quali nun sfugge gnente! L: sì, però, ripeto, mi sembra proprio strano, io non mi sono accorto di nulla e poi non pensavo ... C: e ora devi inizià a pensà. Se faccio uscì le tue foto co' Elkann succede un macello, Te puoi scordà de annà più a ffà er figo da Fabio Fazio. L: Vabbè, e allora che devo fa? C: te l'ho detto. Ce vogliono ducentomila euri. L: ma che stai dicendo? E' vero, non voglio fare figuracce, però è eccessivo! C: amico mio, ma tu pensa a cosa si dirà in giro quando si saprà quello che è successo, che hai fatto quello che hai fatto co' Elkann ... L: innanzitutto io non ho fatto niente, ha fatto tutto lui ... e poi al limite mi prendo una multa, ma non credo che l'importo possa essere neanche lontanamente ... C: che multa? La tua carriera sarà finita, se si saprà ... L: senti, Giovanni Rana, alla fine la sola colpa mia è di non avere eliminato le tracce ... C: eh, sì, dovevi stà più attento ... quando si esce co' Elkann ... L: ... ma sai che ti dico? Fai quello che vuoi. Pubblicale 'ste foto, che sarà mai? Anzi, quasi quasi li chiamo io i vigili e glielo dico quello che ho fatto ... C: ai vigili? Alla buoncostume, se mai! L: perchè, adesso se ne occupa la buoncostume di chi sporca in strada? C: eh? L: vabbè, m'avete fotografato mentre portavo il cane a fare i bisognini, e dov'eravate, poi? in un cassonetto? non fa niente, fatti vostri ... Non ho pulito? Pago la multa. E così la merda che avete raccolto ve la tenere per ricordo .... C: ma quale cane! Io ho le tue foto con Lapo! Lapo Elkann! L: senti, io non ho altro tempo da perdere, che sto scrivendo una nuova canzone per Mina. Ora vado, e non mi scocciare più ... e sta buono Lapo, non mi leccare le pantofole, non vedi che sto al telefono? Sabato, 25 Aprile 2009 Il settimanile rassegna delle principali notizie della settimana a cura del p.a. (poliedrico artista) Giovanni Laurito Spettacoli. Nella settimana appena trascorsa si sono conclusi alcuni dei più seguiti reality show, come il Grande Fratello e la Fattoria. Qualche bastian contrario potrebbe dire che finalmente è possibile accendere la televisione. Io non la penso affatto così. La televisione bisognava accenderla anche prima, mentre quei programmi andavano ancora in onda. Con una molotov. Il fatto della settimana. Il giocatore del Palermo, Carrozzieri, trovato positivo alla cocania. Politica. Ancora polemiche per gli sprechi dovuti agli stipendi dei parlamentari. La Corte dei Conti avvia un'indagine contro l'ex Presidente Ciampi per avere nominato Rita Levi Montalcini senatrice a vita con troppo anticipo. Attualità. Berlusconi ha deciso: via i grandi della terra dalla Maddalena. Si oppongono Franceschini e Di Pietro. Favorevole Gesù, storico fidanzato. Dogmi. Svolta clamorosa dei vertici vaticani. Il Papa Benedetto XVI ha finalmente consentito l'utilizzo di alcune marche di preservativi. Quelli usati dal marito di Nadya Suleman*. Ricorrenze. Questa settimana Indro Montanelli, avrebbe compiuto cent'anni, se fosse stato vivo. Ci siamo risparmiati il regalo. Finanze. L'amministratore delegato della Fiat, Marchionne, ha acquistato la Chrysler. Nemmeno lui acquista una Fiat. *americana, già madre di sei figli, nel gennaio scorso ha partorito otto gemelli (la nota "ottomamma") Martedì, 28 Aprile 2009 finanza creativa La crisi incombe. E ne risentono tutti, anche i bambini, visti i costi dei giocattoli. Così bisogna arrangiarsi. Per esempio, a mia figlia, per il suo compleanno ho regalato un bel gioco di parole. "Cosa vuoi da papà per il tuo compleanno?" "Mi piacerebbe la barbie!" Ed io subito me la son fatta crescere. Giovedì, 30 Aprile 2009 febbre suina Esordio in conferenza stampa del ministro della salute: - allora, vogliamo chiarire tutti i vostri dubbi sulla cosidetta influenza suina. Avete delle domande da porci? Domenica, 03 Maggio 2009 scegli il tuo profilo psicologico Ecco il primo dei nuovi test approvati dall'associazione psicotici italiani per individuare il vostro profilo psicologico. Provate a partecipare. Gli esiti prossimamente su questo blog. Quale delle seguenti persone ha appena pronunciato la frase "è stato terribile, tutte quelle croci!" ? a) un visitatore del sacrario di Redipuglia, dove sono sepolte migliaia di vittime della Grande Guerra? b) un integralista islamico entrato per sbaglio in una scuola elementare italiana? c) uno scrutatore analfabeta, dopo aver vidimato ad una ad una le schede elettorali? Venerdì, 08 Maggio 2009 A metà degli anni '90 mi chiedevo che fare della mia vita. Nel frattempo scrivevo decine di incipit di romanzi che non hanno mai visto veramente la luce. Come questo, che stasera mi è venuto di pubblicare sul blog, per farlo sentire almeno un po' illuminato, come da un piccolo abat-jour. Dopo tanti anni chiuso nel mio computer, se lo merita. A proposito: alla fine del primo decennio del nuovo millennio, ancora mi domando che cosa fare della mia vita; e se mai troverò qualcuno che regali anche a me un piccolo abat jour. (che palle 'sti post intimisti e lagnosi; mò chiudo pure 'sto blog!) SOLARIUM (1998) Intro Sono un tipo perbene. Giacca, spesso cravatta, ventiquattr’ore, mi fiondo di qua e di l{ a fornire la mia preziosa opera. E tutto con grande umanità, serietà, max riservatezza. Anni ventotto. E già mi sono rotto. Sono un avvocato, e questo non è assolutamente un legal thriller, anche perché siamo in Italia. Sono proprio un tipo perbene. Mai una parola fuori posto, mai sopra le righe, buonasera e un bel sorriso, come và, trallallà, pacche sulle spalle, caffè a tutti e io un bel succo di frutta, come al solito peraopesca, ma va là, preferisco l'ananas, extracomunitario e quindi politically correct. Torno a casa e provo a guardarmi allo specchio, mi riavvio i capelli sulla sinistra, direzione di moda al giorno d’oggi, e mi sento più a mio agio così, come se fuori non dovessi ancora scendere e salire numerose scale e stringere poderosamente mani che si attendono una stretta vigorosa, non mani fragili e, diciamocelo, anche sudaticce per l’emozione. Qui non c’è posto per i sentimenti, ma solo per i sorrisi e le strizzatine d’occhio, ed io ne sono maestro, io che sono assolutamente e maledettamente perbene. Eppure stanotte, sulla litoranea, con la mia luccicante Daewoo, magari involontariamente, ho messo sotto una puttana. I. Stamattina già alle nove fa un caldo bestiale. Vorrei andarmene al mare. Telefono a Laura. “Si, no, scusa un po’ ci dovrei pensare....” Muy bien, Laura, ma mi raccomando, non fare scelte avventate, tanto è ancora lunga l’estate! Allora parto da solo, come se poi fosse possibile al giorno d’oggi andare al mare da solo. Eppure neanche cinquant’anni fa al mare di Ascea ci andavano solo i pastori a sciacquare la lana delle pecore, pecore comprese, prima della tosatura. Oggi invece per stare un po’ per i cazzi miei su questa spiaggia esclusiva devo inforcare un doppio occhiale da sole, col rischio neanche troppo remoto di far nascere un flirt, diceva Carboni[1]. Infatti, sono qui su di una sdraio a leggere il Sole e a prendere il sole, e si avvicina una tipa sui venticinque, naturalmente ‘bbona, costume tipo quattro toppe tenute insieme da filamenti di DNA, si stende sulla sedia accanto alla mia quando ce ne sono altre due libere più in là, mi chiede se disturba. No, affatto, ma figurati, anzi, ma chi sei, chi non sei, cosa fai, chi ti fai, alla fine si alza – ed è alta, pure – la guardo controsole stagliarsi con una testa rotonda enorme – respiro! – è solo il cappello di paglia, mi stringe la mano, la guardo allontanarsi e lei lo sa certamente e mi pare che scodinzoli di più, fa sempre più caldo, la sabbia respira a fatica esalando fumi ondulati che si innalzano al cielo e le figure sullo sfondo si appannano un po’. Contengo con estrema tranquillit{ un’erezione spontanea, mi tuffo accaldato nell’acqua ancora abbastanza fredda delle dieci e rischio di frantumarmi come un bicchiere, ne esco, mi stendo per poco, poi ancora bagnato risalgo in macchina, non prima di avere posizionato sul sedile un asciugamani di spugna, e via. II. Il 18 maggio mi ricorda qualcosa. Non ho assolutamente voglia di perdere tempo a pensarci, ma sento che qualcosa deve essere successo un qualche 18 maggio della mia vita, o magari è un compleanno di qualcuno che conosco. III. In questa città sta accadendo qualcosa di molto strano. Le persone che incontro sono quasi sempre le stesse. Attraverso il Corso e devo sbracciarmi a destra e a manca a salutare, neanche fossi il Papa; entro in un locale e dai tavoli mi chiamano amici e conoscenti, mi invitano a sedere, mi offrono da bere; vado a giocare a tennis e si raccoglie un piccolo pubblico che applaude ad ogni mio punto, sottolinea gli scambi più combattuti con mormorii di approvazione ad ogni mia buona giocata. Le guardo queste persone, e sono quasi sempre le stesse. Va bene. Direte che è semplicemente perché sono abbastanza noto per la mia professione, perché la mia è una buona famiglia, perché sono impastato in numerose attività sportive-culturali-politiche. Ma non è solo questo. Io credo che qualcuno mi stia tendendo una trappola. Allora continuo a comportarmi come al solito, sono se possibile ancora più affabile e rassicurante e simpatico e coinvolgente, ma dietro i miei occhiali io li guardo e so che è tutto un tranello, e mi regolo di conseguenza. Vogliono fottermi. Ma li sto gi{ fottendo. E’ una corsa. Io sono in netto vantaggio, e il traguardo non è lontano. E, soprattutto, loro non lo sanno. IV. Mio fratello si è appena laureato – in giurisprudenza, of course – e mio padre vuole che gli dia una mano per il periodo di pratica. Io gli direi invece di puntare a cose grandi. Non lo so, per esempio fottersi la figlia di Clinton, ad esempio, senza preservativo, e poi non solo metterla incinta, ma presentare anche a suo padre un certificato di sieropositività e dirgli: come la mettiamo? Che potrebbe guadagnarci, non ho la minima idea, però caspita se sarebbe una cosa grande. Invece lui tutto pulitino si è messo in testa che vuole diventare un principe azzurro del foro. V. Devo cambiare aria. VI. Quando fa così caldo devi essere per forza cinico: è uno stato di necessità. VII. Un giorno di questi devo chiedermi che cazzo significano certi miei comportamenti, non sopporto di rimanere nel dubbio, devo sapere. Per esempio, perché l’altra notte, dopo avere investito quella troia, non mi sono neanche non solo fermato, ma posto il problema se dovessi farlo? Devo sapere, devo sapere tutto, non posso convivere con una persona che non si apre totalmente a me. Certo che sono uno schizofrenico da quattro soldi, ma si fa quel che si può, sarebbe bello avere un paio di grandi personalit{, ma Cristo, c’è chi fatica ad averne una decente, figuriamoci, e poi una delle mie due ha le palle, signori, che puoi romperci le noci di cocco. E’ l’altra che mi preoccupa. E’ come dire, troppo affabile, tranquilla. Un giorno farò il culo anche a lei, prometto. Prometto, perché a giurare non si sa mai. [1] Scoppier{ l’energia di chi, abbassando gli occhiali, ha fatto nascere un flirt (L. Carboni – Solarium – 1985) Martedì, 12 Maggio 2009 Ancora e sempre incipit Nella lunga serie di romanzi che ho soffocato quand'erano ancora in fasce, ne ho ritrovato uno di quelli che appartengono alla categoria "tentativo di ripetere l'insuccesso editoriale" dell'unico che ho completato "Una pietra sopra", del 2007. Il titolo provvisorio di questo frammento era: “Dalla parte sbagliata”. Mi farebbe piacere un vostro commento. Alla fine, un altro romanzo dovrò pure provare a scriverlo e portarlo a termine. Chissà ... La nota che lo introduceva - e che ho lasciato lì, in corsivo - dimostrava la mia piena consapevolezza del fatto che dal letame possono nascere i fiori, ma più spesso altro letame. Iniziato in un giorno di sole, con poca voglia di lavorare, o con poco lavoro, e dopo aver compilato – facciamoci del male – un preventivo delle probabili spese da sostenere quest’anno. Avevo dodici anni quando ebbi la mia prima chitarra. Fu un regalo di mia madre. Si era sforzata a propormi palestra, corsi di nuoto, di lingue, di computer, sempre senza avere da me una risposta positiva. Aveva poi “ripiegato” sulla musica (non era certo ai primi posti nella sua scala di valori, ma era sempre meglio, a suo dire, che vedermi in giro senza fare nulla). La prima opzione che mi era stata offerta era il violino. Strumento nobile. Scartata subito, insieme al pianoforte: pare che ci volessero ore ed ore di esercizio quotidiano, figuriamoci! Poi, una sera, chissà come, mi era scappato un commento favorevole a non so quale canzone vista in tv in cui un capellone dinoccolato, ancheggiando, grattava delle corde, e in men che non si dica, la mattina dopo la mamma era comparsa in camera mia con una confezione di cartone a forma trapezoidale, dalla quale, accuratamente avvolta nel cellophane, era apparsa lei. La chitarra. Sono tornato a casa dei miei e mi fermerò qualche giorno. La tourneè ha una pausa di qualche settimana fino agli inizi di luglio, quando si inizierà a girare per la stagione dei concerti all’aperto. Ho ripreso possesso della mia vecchia stanza, dove il tempo sembra non essere passato. In realtà, se si è attenti a cogliere alcuni segni rivelatori, i giorni e gli anni trascorrono anche lì. Per esempio, gli angoli delle maxi foto adesive degli eroi di Spagna ’82 si iniziano a staccare dal muro, aggrediti dalla forza di gravit{ che una volta o l’altra avr{ la meglio. Ma non oggi. Ne sono sicuro. Il tempo è ancora a mio favore. La mia foto di adolescente brufoloso è sempre sulla mensola alta. Risale al liceo. Era una festa in cui, come al solito, mi era stato chiesto di strimpellare qualcosa. L’abbigliamento improbabile, i capelli arruffati, le basette lunghe, le sopracciglia folte, gli occhiali troppo grandi. Guardo quella foto che è accanto allo specchio ed ogni volta penso che è il mio ritratto di Dorian Gray. Osservo il mio viso di oggi, pulito, curato, senza un filo di barba, i capelli biondi corti perfettamente pettinati, gli occhi azzurri che hanno riacquistato la vista con il laser e non hanno più bisogno di lenti. Sono un bell’uomo, me lo dicono in molte. Poi osservo di nuovo quella foto e penso - mi auguro - che mai più nella vita potrò essere così inguardabile. Tutte le mie peggiori nefandezze sembrano essersi concentrate in quel ritratto. Ma allora ero soltanto un adolescente ingenuo e disordinato che soffriva per amore. Non c’era, in realt{, traccia alcuna di nefandezze nella mia vita. Potrei dire lo stesso di me, oggi? Distolgo subito lo sguardo ed il pensiero. Nella mia cameretta non ci deve essere spazio per i problemi del presente. Qui i baffi di Bergomi sono ancora nerissimi. E Cabrini è un sex simbol. E Gaetano Scirea è sempre lì, in piedi, sul campo verde, che guarda sereno l’obiettivo. Ignaro del proprio amaro destino. Venerdì, 22 Maggio 2009 Qua mi si recensisce sul serio ... Io faccio il simpatico e mi autointervisto, mi autocito, mi autoerotizzo, tutto in macchina, e c'è chi il mio romanzo l'ha letto davvero e addirittura lo recensisce! http://iosonoetta.splinder.com/post/20587304/Una+pietra+sopra Andate a leggere quanto scritto da Sonoetta, nel suo blog di recensioni, in merito alla mia opera, che non esito a definire "una pietra miliare" (ne hanno infatti usato una copia quelli dell'ANAS per segnare il km mentre pulivano una cunetta). Forse era meglio quello, come titolo. Chi, hai visto mai, volesse saperne di più del romanzo e del suo autore (ma è difficile saperne più del suo autore, onnisciemo), lo rimando nel tombino, dove alcuni mesi fa pubblicizzavo per la prima volta "Una pietra sopra". http://iltombino.splinder.com/post/18943088/Che+occasione+irripetibile+per Per chi invece, e giustamente, se ne frega, ed ha letto questo post sin qui senza ottenere soddisfazioni, lo premio comunque con uno scampolo di vita vissuta, che oggi va così di moda. Ieri il vetro dello specchietto laterale sinistro della mia macchina, di punto in bianco, ha deciso di cadere e frantumarsi. Mentre ne raccoglievo i pezzi inneggiando spensierato a personaggi storici della santa romana chiesa, un ignoto passante non ha trovato di meglio che soffermarsi, osservare a lungo la scena e poi concludere: "ti sei specchiato". Per rendere ancora più appetibile il tutto, ci vorrebbe una bella freddura! "Papà, sai cosa sono Corso Polmone, Piazza Trachea e Largo Narici?" "No, Trucidide, cosa sono?" "Sono Vie Respiratorie!" ahahahaha!!! (forse la freddura non era la più adatta a questi luoghi) Concludo con una citazione d'autore (sempre il solito autore). "Lo sapevamo che la crisi imponeva delle scelte di vita anche dure; che il benessere di una volta era un lontano ricordo. Ma in fondo che cosa chiedevamo di così straordinario? Nessuno bramava castelli in aria: volevamo solo continuare a scopare" (da "Memorie di uno spazzino cassintegrato del 21° secolo" di Glaurito) Mercoledì, 27 Maggio 2009 non c'è più religione Mia figlia, quattro anni, è diventata una cattolica integralista. Complice il fatto che io e mia moglie lavoriamo, le nonne approfittano per portarla spesso e volentieri in chiesa. Niente di male, direte voi: in fondo un po' di sani principi morali non fanno male ai bambini. Ma abbiamo avuto i nostri dubbi quando ieri sera, giocando con le Winx nella sua stanza, la sentivamo gridare, probabilmente all'indirizzo di una bambola: "Addio, cara, Addio! Purtroppo non ci vedremo più!" Siamo entrati. Le Winx distese sul divano. E mia figlia, tutta sorridente: "Papà, mamma, le Winx sono morte!" "Ma come sono morte? Non è un gioco da fare, questo! Devono volare, fare magie, perchè le hai fatte morire?" "Ma non vi dovete arrabbiare, è una cosa buona: sono morte per cancellare i nostri peccati!" Martedì, 02 Giugno 2009 le dieci migliori scuse di Berlusconi per giustificare il suo rapporto con Noemi 10. Non c’è niente di piccante. Io dico sempre la verità. Ci siamo conosciuti su facebook, nel gruppo “quelli che non approfittano del potere per ottenere favori” 9. Ispirandomi ad un mio collega, l’avevo incaricata di costruire un’arca in Sardegna in cui accoppiare tutte le specie di veline 8. Semplice istinto paterno. Io e Bondi non riuscivamo ad avere figli. 7. Avevamo bisogno sempre di nuove meteorine per Emilio Fede, affetto da meteorismo. 6. Siamo amici di famiglia. Vedevo suo padre tutte le mattine, prima che il mio specchio si rompesse 5. Avevo un flirt con la sua bisnonna ai tempi delle medie. Poi io fui bocciato. 4. Provavo semplicemente a raddrizzare la mia immagine all’estero. E gi{ che mi trovavo … 3. I nostri incontri notturni erano ampiamente giustificati: si sa che la notte porta consiglio … e chi meglio di me che sono il Presidente! 2. In fondo cosa volete che siano 60 e più anni di distanza? E’ cambiato qualcosa in Italia dai tempi del fascismo? 1. E’ stata solo una montatura. Vabbè, magari due o tre, non ricordo … Sabato, 06 Giugno 2009 Un racconto di Natale che doveva finire sul Tombino e invece finì prima il Tombino (www.iltombino.splinder.com) Stasera volevo scrivere un racconto, io che nella mia vita ne avrò scritti si e no una decina, e di questi non più di due-tre si lasciano leggere, mentre gli altri fanno cacare (caCare e non caGare, sono campano). Quando inizi a scrivere un racconto dovresti già sapere dove andare a parare. Un racconto nasce attorno ad un’idea, è soltanto il corollario di un’idea. A me, invece, non viene in mente nulla, che so una trama, un minimo intreccio, un qualcosa su cui imbastire una storia. Però sono particolarmente triste, non lo so se è proprio la parola giusta, magari sono depresso. La distinzione è importante: quando sei triste, di solito, ti viene voglia di scrivere. Quando sei depresso, in genere, riordini le bollette. Quando sei triste e depresso? Scrivi sul retro delle bollette … Forse era questa la cosa da fare, stasera: mettere un po’ a posto carte e cartuscelle, poi infilare un giaccone, uscire in strada e mettersi a camminare senza meta. Ma la situazione economica è quella che è un po’ per tutti. Avrei visto soltanto negozi vuoti e vane vetrine natalizie, non certo un rimedio ideale per la tristezza. Avrei potuto forse leggere qualcosa, ma invece di concentrarmi sulla storia sono certo che mi sarei depresso ancora di più pensando “guarda un po’ questo sfigato scrittore di merda è stato pubblicato mentre io che sono un genio …”. Forse è questo il mio problema, la troppa autostima. Ma poi mi dico che non è vero, che se avessi la giusta autostima sarei stato pubblicato anch’io, oppure avrei il buongusto di fregarmene. E allora non rimane che il racconto. Una paginetta va bene, giusto per ingannare il tempo nell’attesa di vedere la replica della replica del Letterman show su Raisat extra. Il protagonista lo chiamerò … Nel mio primo romanzo li ho chiamati con i nomi dei miei compagni delle scuole elementari, per un racconto di una pagina lo chiamerò Agostino, come il bidello … “Agostino Agostinelli c'ha la cacca nei capelli”. Che sciocca canzoncina: ma a Roma, negli anni ’70 – cristosanto - quando io frequentavo le elementari, Agostinelli era un calciatore biondo idolo della curva Nord della Lazio, e i tifosi della Roma lo apostrofavano così; e di rimando, i miei compagnucci romanisti estendevano lo slogan anche al povero Agostino il bidello. Ironia della sorte – della sua sorte! – io non ho il minimo ricordo della sua voce, delle sue fattezze fisiche, o di qualsiasi altra informazione che lo riguardi. Ricordo solo quella canzoncina. Ma poi, vai a sapere quanti di me ricordano soltanto qualche stupidaggine simile, mentre io non vedo l’ora di morire per vedermi dedicare una piazza. Quando ho scritto “piazza” in realt{ era venuto fuori “pizza”: dedicarmi una “pizza” poteva essere più allettante. Cosa prendete? Una quattro stagioni? No, preferiamo la Pizza Tombino: alici, funghi e zoccole, il tutto innaffiato con eau de fogne … Si è fatto tardi, il racconto lo scriverò un’altra volta. O l’ho gi{ scritto? Giovedì, 11 Giugno 2009 Un mondo perfetto In un mondo perfetto io sarei altro. In un mondo perfetto, i miei sogni di bambino si sarebbero avverati e allora sarei uno sceriffo oppure Paperinik. Ed anche i miei sogni di rock & roll di maturo adolescente, nei quali non passava notte nella quale non fossi su un palco a suonare le mie canzoni in uno stadio gremito. Siccome questo non è un mondo perfetto, talvolta ho provato a farmi io stesso creatore di mondi migliori, e così il protagonista del mio romanzo "Ho un anno di più", del 1997, nel capitolo 28°, canta un brano di quelli che qualche anno prima avevo suonato - rigorosamente di notte e con gli occhi chiusi - nello stadio di San Siro, quando Ligabue mi aveva fatto da apripista. Un vero e proprio corto circuito. Come se Paperinik fosse stato, alla fine, catturato dallo sceriffo. § "Quando la sera del concerto salii sul palco del Marlowe, il locale era un calderone. La gente si era accalcata fin sotto le casse e battendo le mani – centinaia di mani! – ci chiamava con voce sempre crescente fino a confondersi in un fragoroso applauso. Iniziammo con Don’t you dei Simple Minds e la sequenza di accordi iniziali fu proprio l’ideale per scatenare il pubblico, così finimmo per scioglierci anche noi del gruppo, e la serata andò avanti con molta emozione e soddisfazione. Al momento dei bis, io chiesi un attimo di attenzione. In quel momento di relativo silenzio, scrutai per quanto possibile le facce dei ragazzi in sala, cercando quelle facce che avrei voluto fossero sotto il palco. Ma Walter non c’era, e lo sapevo. E non c’era neanche Marzia, e sapevo anche questo. Chiesi al pubblico di comprendermi, ma io dovevo proprio far loro sentire una mia canzone, che avevo scritto in quei giorni, e che seppure rivolta ad una persona non presente, doveva arrivare alle sue orecchie, e se possibile, a tutto il resto. “Perciò, al ritornello, per favore, datemi una mano!”. Dimmi, senza me come ti va? Oggi è un giorno sereno e sto bevendo veleno, come ti va? Sei lì seduta che pensi al mare o devi ancora studiare prima di scappare via? E, quando un giorno ti sembrerà tutto troppo lontano, chiuso in una mano, cosa sarà? Un palloncino libero nel vento o uno schiavo contento? Grida, che non sento, come ti va? Sabato, 20 Giugno 2009 Trilogia del Luna park - volume 1 Volevo intitolare questo post "Luna pork" o "Lunatic park", con un gioco di parole alquanto idiota che qualcuno mi ha sconsigliato (il mio senso del ridicolo?). Ma il fatto è che l'altra notte mentre fingevo di dormire (ebbene sì, io talvolta fingo di dormire, che c'è di strano, si comporta meglio chi finge l'orgasmo? Peraltro io fingo anche quello, è facile, occorre solo un po' d'orzata ...), dicevo, mentre fingevo di dormire mi era venuto in mente un altro squallido gioco di parole, "tre palle un sordo", che avevo immaginato come un baraccone del luna park in cui con un euro avevi tre possibilità per colpire un nanetto dalle grandi orecchie ... Da lì il passo ad altre fantastiche creazioni legate al mondo del luna park il passo era stato breve. Molte di esse, però, non superarono la prova del mattino e del risveglio della coscienza critica, ma nonostante tutto erano servite a farmi riflettere sul fatto che devo avere un conto in sospeso con il mondo delle fiere di divertimenti, perchè, andandomi a rileggere alcune delle cose che ho scritto in passato, ho trovato molti riferimenti, dei quali ho pensato di pubblicarne qui due. Il primo è quello che segue, tratto dal mio notissimo romanzo "Una pietra sopra", talmente citato nei miei blog che ormai qualsiasi lettore vorrebbe che io finalmente mettessi in pratica il titolo. Il secondo sarà tratto dal romanzo "Un anno di più", mentre il terzo, nelle mie intenzioni - ma sto ancora trattando con la mia coscienza per i diritti sulla pubblicazione - dovrebbe essere quel che rimane delle mie intuizioni di quella famosa notte delle tre palle. Quelle che, probabilmente, chi fosse arrivato a leggere fin qui, avrà già in rotazione (e in dotazione) da un bel pezzo. "Verso le nove ci avviammo di nuovo lungo il corso, sul quale era iniziato lo struscio serale, e centinaia di persone lo percorrevano senza sosta, nell’aria ormai rinfrescata di una giornata che era stata rovente. Già dai giardini si sentiva in lontananza un ritmo incessante di bassi ed una musica allegra. Camminando nel corso la musica si faceva sempre più forte. Dalle conversazioni ad alta voce di un gruppo di ragazzi che ci venivano incontro, capimmo che proveniva dalle giostre. Rossana, sorridendo un po’ timidamente, mi chiese se mi andava di accompagnarla a fare un giro. Non sono mai stato attratto dai luna park. Mi ha sempre dissuaso il contrasto stridente tra le luci sfavillanti della notte con le giostre in funzione, i colori vivaci, l’entusiasmo, e lo scenario desolante alla luce del giorno, le macchine ferme, i pupazzi meccanici spenti, le vernici scrostate. Come una magia svelata. Come il clown stanco e senza trucco. Ma tutti quei luoghi comuni – ah, dimenticavo, il mare d’inverno! - in quel momento non mi passarono minimamente per la testa. Quella volta fui io a prendere Rossana per la mano e ci avviammo quasi di corsa lungo la discesa del Cafasso, fino allo spiazzale dei pullman, dov’era stata sistemata la giostra. Lei volle salire sul Tagadà, e fu emozionante poterla salvare con le mie braccia e stringerla al mio petto tutte le volte che lo scossone dato dal conducente metteva a durissima prova il nostro equilibrio. Poi, appena scesi, mentre ancora eravamo barcollanti come ubriachi, e per il capogiro le luci danzavano senza sosta formando lunghe scie, si stagliò improvvisamente dinanzi ai nostri occhi il volto orrendo di una vecchia sdentata e dal naso adunco. Istintivamente feci un passo indietro, sobbalzando. Poi alzai gli occhi, la giostra nella mia testa si era ormai rallentata, e lessi la scritta colorata che indicava che quello dinanzi a noi era il Tunnel dell’orrore. Non potetti esimermi dal chiedere a Rossana di andare a farci un giro. Lei era piuttosto restia, ma il mio entusiasmo la contagiò. Il custode ci fece salire sulla macchinina, abbassò la sbarra di protezione e poi diede il via. La vettura iniziò a scorrere sui binari, nel giro di pochi secondi entrammo nelle fauci spalancate della vecchia strega e poi fu il buio. Gli ingenui stratagemmi per creare paura erano davvero stratagemmi ingenui. Lo scheletro di plastica che calava di colpo dinanzi a noi, la risata sinistra, i finti pipistrelli che scorrevano lungo fili ben visibili. Ma chi li aveva architettati sapeva bene che cosa avrebbero provocato: insensata paura nelle ragazze, che si sarebbero avvinghiate ai ragazzi i quali, più scafati, avrebbero potuto così dare prova di coraggio e conquistarle definitivamente. Però, sar{ stato che ero un po’ distratto dall’avere Rossana al mio fianco, nonostante fossi ben consapevole che era tutta una finzione e piuttosto grossolana, quando da una lato della vettura mi sentii afferrare da una mano fredda e viscida saltai letteralmente dal sedile e lanciai un urlo, dando pure una ginocchiata sulla barra di metallo, che lì per lì pensai di essermi frantumato una rotula. Rossana, che non si era accorta di nulla, si spaventò della mia paura e gridò con me all’unisono, abbracciandomi, prima che entrambi ci rendessimo conto che la mano apparteneva ad un improbabile pupazzo sorridente che, nelle intenzioni degli ineffabili autori, doveva forse rappresentare E.T., ma che in quell’atmosfera da horror di provincia era davvero fuori luogo, un vero e proprio alieno. Fatto sta che quel testone si sporse dinanzi a noi e agitando il dito gracchiava “telefono, casa” con un effetto esilarante che ci fece esplodere in una risata liberatoria. Mentre l’E.T. a molla rientrava nel suo alloggio, il giro volgeva ormai al termine. Già si sentivano le voci degli altri ragazzi all’ingresso, pronti al prossimo. Pensai di approfittare di quei pochi istanti. Rossana fu d’accordo con me. Ci baciammo per la prima volta e, mentre la porta si spalancava, l’ultimo trucco ci sorprese. Una ragnatela gigante si posò lievemente sopra di noi e ci coprì, proteggendo la nostra piccola intimità dagli sguardi degli altri ragazzi. Ma fu soltanto una protezione inconscia, giacché i fili erano trasparenti. Come i sentimenti che avevamo provato quella sera". Mercoledì, 24 Giugno 2009 vulgaria tantum Ma io dico: va bene che tutti i sodali di Berlusconi sfidano il ridicolo ogni giorno per difenderlo (se possiamo parlare di "difesa" nel suo avvocato che lo chiama "utilizzatore finale" di prostitute, o in Feltri che per negare l'evidenza dice che il premier è impotente) ... ripeto, va tutto bene, è anche comprensibile che, in una società come la nostra priva di qualsiasi meritocrazia, si difenda a spada tratta e contro ogni evidenza il proprio capo che tanti piaceri ci ha fatto e ci continua a fare ... Ma, signori miei, ieri sera, in televisione, era proprio il caso che a difendere Berlusconi accusato di fare ripetutamente sesso con minorenni e prostitute, mandassero Bocchino? Venerdì, 26 Giugno 2009 Ieri sera al tramonto Ieri sera al tramonto ho scritto una poesia in realt{ l’ho scritta oggi pomeriggio verso le tre e mezza ma faceva più scena il tramonto in realtà non era neppure una poesia erano appunti su un foglietto senza nemmeno una rima e con parole banali del tipo che ero felice con te o che mi sentivo solo quando tu non c’eri è vero non l’ho scritta ieri e non era neppure una poesia ma era un modo per dirti che provavo nostalgia di te di noi e chissà quante altre cose se quel foglietto non fosse stato così piccolo era in realtà uno scontrino della lavanderia per quel vestito buono peccato aver imparato ad usare così bene la tua lavatrice magari avrei portato più vestiti e ci fosse stato più spazio per parlare di noi e del nostro amore e del tramonto di tutte le cose belle ivi compreso il condizionale e le virgole che in fondo altro non sono che punti sbavati Giovedì, 09 Luglio 2009 Proprio il contrario di tutto Ho scritto l'ultimo post ormai due settimane fa, ma cos'ho fatto in queste due settimane? Partito per le vacanze? No, io ODIO partire per le vacanze, parafrasando il Puffo Cacacazzi, o come si chiamava ... E' che a me le idee per i post vengono di notte, o meglio, all'alba, quando mi sveglio e - esaurito come sono - non riesco a riprendere sonno, ma è troppo presto per alzarmi ed allora rimango lì a pensare. Solo che in queste due settimane - più esaurito del solito? - quando mi svegliavo alle cinque mi venivano in mentre delle cose che forse erano troppo strane persino per un post sul mio strano blog, ed allora soprassedevo, come diceva Franco Franchi saltando in groppa a Ciccio Ingrassia negli sketch della mia gioventù nella quale era bello e facile ridere. E del resto, il mio ultimo post era stato una poesia che era piaciuta persino a me che ODIO le poesie (v. P.C.), quindi la mia coscienza si ribellava, credo, giustamente, ad un salto di qualità verso il basso così repentino. Ma poi, stamattina, chissà perchè, ho avuto proprio voglia di farlo quel salto. 1) Io scrivo post piuttosto brevi per una questione genetica e di ereditarietà: mio padre era un postino. Se mio padre fosse stato un attacchino, avrei scritto post-it. 2) Avete mai notato che quando si va a fare una visita di controllo per un qualsiasi disturbo anche di poco conto, esce sempre qualche altro problema inatteso che costringe ad ulteriori prescrizioni, visite ecc.? Ecco il vero senso dell'affermazione: "gli esami non finiscono mai". 3) Io non sono ricco. E comunque per me i soldi non sono mai stati un problema, semmai la soluzione. 4) Se l'idea di tenere l'incontro dei grandi leader del pianeta in una zona appena colpita da un terremoto fosse venuta ai politici italiani al tempo del sisma nell'Umbria, magari collocando la sede nella basilica di Assisi, si sarebbe avuta la straordinaria coincidenza di tenere la riunione del G8 sotto un affresco di G8. 5) Gli avvocati non vanno mai in pensione, e fanno gli avvocati sempre allo stesso modo, incuranti del tempo che passa, esempio concreto della relatività einsteniana. Ricordo l'Avvocato "Don" Lorenzo X, già oltre la novantina, che frequentava quotidianamente il Tribunale, magari "trasportato" dai figli, avvocati anch'essi. Legale della vecchia scuola, applicava alla lettera il vecchio detto secondo cui una causa "dum pendet, rendet", cioè, fino a quando non finisce, procura sempre denaro e, dunque, se poteva, cercava sempre nuovi e lunghi rinvii. Quella mattina, davanti al Giudice, trattava per un nuovo rinvio, che il Giudice, benignamente, gli concesse, proponendo una prossima udienza di lì a qualche mese. Ma l'avvocato ultranovantenne, non soddisfatto di quei pochi mesi, insisteva: "più oltre, Giudice!". Il Giudice, allora, rinviava ad un anno, ma l'avvocato insisteva "più oltre, ancora più oltre". Al che, il realista avvocato di controparte, intervenne: "Don Lorè, non vi allargate!" Martedì, 14 Luglio 2009 vendetta amme cuando che schrivo posti che penzosieno divertintissimi e nessunom i caca divento iriscibbilee all'ora mi ventico definizione: religioso olandese proveniente dal Polo soluzione: Vangelo Giovedì, 16 Luglio 2009 Devozione Al mio paese oggi è la festa della Madonna del Carmine. La notte caldissima ha costretto tutti a dormire con le finestre spalancate. Alle 6.52 di mattina il comitato feste ha avuto la pensata - quantomai appropriata - di far esplodere sulla collinetta a poche decine di metri da casa mia diversi (colpi di mortaio? bombardamento di Dresda?) fuochi d'artificio in segno di pia devozione. Nel buio della camera da letto, dal profondo del mio sonno e del mio cuore è scaturita inarrestabile e sentitissima un'accorata invocazione alla madre di cristo. Domenica, 19 Luglio 2009 Rinnovare l'Italia. Cap. I : Istruzione Basta materie inutili. voglio dire; matematica chi è che nella vita incolonna numeri per calcolare quanto pagare di tasse o quanto viene la spesa, usiamo tutti il calcolatore no? allora è un investimento insensato che per tanti anni milioni di ragazzi devono essre imparati la matematica, basta che in prima elementare lo stato regala a tutti un calcolatrice, magari a batteria solare così dura di più e in inverno eventualmente si aseptta un po' prima di fare i copmiti d imatematica. greco antico: e che c'è bisogno che lo dico quant'e assurdo stuadiare grego antico, che non serve proprio a niente siamo nel duemila l'italia è lo zibello dell'universo per zeus latino: vedi sopra. poi qualcuno dice ma i ragazzi vanno a roma e non capiscono le scritte sul pandeon o nei fori romani. prima ditutto si farebbe bene ad aggiustarli questi rovini che magari uno si fa pure male, e il colosseo è un vregogna quando in inghileterra fanno stadi così belli. Poi che si deve studiare dieci anni latino milioni di bambini per leggere le iscrizioni, non è meglio che si paga uno che tglie tutte le vecchie scritte, e le traduce mafgari in inglese. fisica: quas siamo proprio messi male, vabbe imbarare che so che l'acqua quando fa freddissimo diventa ghiaccio che se no uno magari apre il frigorifero trova i cubetti e si pensa che qualcuno s'è futtuta l'acqua, ma per sempio sutdiare le leve. A chi può servire studiare le leve nella vita? Allimite a uno che vuole fare il buttafuori? educazione fisica e scenze motorie: inutile che ci accaniamo che il banbino graso deve fare ginnastica quello gli piace mangiare facciamolo fare i cuoco per non prlare poi degli anticapati o i paralitici anni e anni a muovere una gampa o un bracio di un millimetro impariamoli subbito a usare i telefano che fanno i cnetdralinisti,. e se son muti meglio ancgora che così non ti passano quelli sco cciatori della telecòmm e per finire italiano: a chesserve che ci ammazziamo a imparare l'italaino adirritura la letteraturi agli starcomunitari che quelli è chiaro che non s'imbarano vengono da unaltra parte che si parla diveso, lasicamo l'italino e le belle letere a noi taliani e che queli si mbarino subbito per esempio le banbine a guardare i vecchi e i mascietti a pulire i parabrezzi che poi ti trovi quelli che appena c'è un moscherino invece di toglirlo bene te lo spiacciano. Il secondo capitolo traterà del rinovamendo della giusstizia, con abbolizzione di tandi reati sballati tipo cose di razismo e ofese e pari oportunità. Approposito, se si parla tanto della parità dei sessi, perchè il mio è più corto? Domenica, 02 Agosto 2009 Il fantasma La prima volta che mi apparve ero seduto alla mia scrivania, una domenica sera. Ero da solo nello studio e riordinavo come sempre le carte per l’udienza del giorno successivo, quando lo vidi, al di l{ della porta. Non fu un’apparizione inquietante, o meglio, la straordinariet{ del fatto risiedette nella sua ordinarietà. Il sig. Laurito era stato uno dei miei primi clienti, e per oltre un decennio si era recato periodicamente al mio studio a causa di una serie di problemi di natura personale con strascichi legali. Dunque, la sua presenza era, per così dire, quasi familiare, e vederlo seduto nella sala d’attesa non avrebbe dovuto sorprendermi più di tanto, se non fosse stato per la più che valida ragione che ricordavo che Giovanni Laurito era morto da almeno un anno. Era seduto su uno dei divanetti dell’ingresso, con i gomiti sulle ginocchia e la fronte appoggiata sulle mani, così che non ne vedevo il volto, ma la figura a me ben nota, lo stesso abbigliamento consueto – pantalone di stoffa pesante, maglione colorato “alla Laurito”, come con la segretaria usavamo dire per commentare una fantasia eccessiva dello stilista – non lasciavano dubbi sulla sua identità. In effetti, lì per lì la prima cosa che mi chiesi fu come diavolo fosse entrato, di domenica, se la porta era chiusa e la segretaria ovviamente non lavorava. Magari come al solito la serratura un po’ difettosa non aveva lasciato andare lo scatto di chiusura. E poi capitava non di rado che a qualcuno venisse in mente - con aperta contraddizione! - di andare dall’Avvocato nel giorno dedicato al Signore. Fu solo mentre il cervello, con riflesso condizionato, aveva già dato impulso alle mie ginocchia di alzarmi e andargli incontro per salutarlo, che realizzai l’intima incongruit{ della sua presenza. Non solo nel mio studio, ma nel mondo dei vivi. Ricaddi pesantemente sulla sedia, e mentre, ad occhi chiusi, cercavo di calmarmi e riordinare le idee – “non sar{ davvero lui!” “ma ricordo bene? E’ morto davvero?” – sentii un colpo metallico. Mi feci forza e rivolsi lo sguardo ancora verso la porta: il divano era vuoto. Allora mi alzai e percorsi in apnea i pochi passi che mi separavano dall’ingresso, brandendo stupidamente un tagliacarte preso dalla scrivania – come se un fantasma potesse temerlo! La saletta era vuota. I cuscini del divano sul quale l’avevo visto seduto sembravano appena sprimacciati. Li sfiorai con il palmo della mano, come a cercare tracce di un improbabile calore che infatti non riuscii ad avvertire, complici, forse, anche le mie mani sudate per l’agitazione. Mi diressi alla porta, afferrai la maniglia e provai a tirare senza abbassarla, ma era chiusa. Dunque, nessuna possibilit{ di accesso dall’esterno soltanto spingendola. Per scrupolo provai anch’io a spingere. Mi appoggiai con la spalla e premetti più forte, ma non sentii quel clak metallico così simile – mi ricordai solo allora – a quel colpo che avevo sentito poco prima dalla scrivania. Ecco che la ragione prendeva nuovamente il sopravvento sull’illogico. Quella persona non era Giovanni Laurito, sebbene gli somigliasse in maniera davvero notevole. Forse si trattava di un nuovo cliente che si era sentito in imbarazzo nell’essere venuto allo studio di domenica e maggiormente per essere entrato di soppiatto, ed allora aveva preferito prendere di nuovo la via della porta prima di disturbarmi. La banale razionalità della ricostruzione mi rassicurò e, ricordo bene, in fondo mi deluse alquanto. Ma la delusione svanì insieme alla ragione quando il fantasma mi apparve per la seconda volta, e per il modo in cui ciò avvenne fu inevitabile escludere qualsiasi spiegazione razionale. Il mio vecchio cliente tornava sul serio a farmi visita dall’altro mondo. Era anche quella volta tarda sera ed ero solo. Come sempre mi trovavo a sistemare carte, quando, alzando gli occhi come se avessi inconsciamente intuito che stava succedendo qualcosa di strano, lo vidi. Giovanni Laurito era seduto davanti a me, sulla sedia che occupava solitamente quando veniva nel mio studio, quando trascorrevo lungo tempo ad ascoltare i suoi numerosi problemi. Credo che lui soffrisse molto la solitudine, ed in fondo venire a colloquio dal suo avvocato era anche un modo per avere compagnia, per scambiare due chiacchiere. Ricordo che spesso, uscendo, mi ringraziava molto, ben oltre quanto sarebbe stato dovuto per i miei servigi professionali, che peraltro compensava regolarmente. Una volta, addirittura, mi abbracciò. “Avvocato, senza di lei mi sentirei perso”. Il rapporto cliente-avvocato talvolta è assimilabile a quello fra paziente e psicanalista; il fatto che l’avvocato sostenga sempre le ragioni del cliente, porta a confondere quella che è una doverosa presa di posizione professionale, con un rapporto più intimo, di amicizia. Ma sto divagando. Stavo raccontando del nostro secondo incontro post-mortem. Egli era seduto davanti a me e piangeva. Sommessamente. Pensai che in fondo, anche quell’uomo così solo e sfortunato, non fosse stato contento di morire. Magari aveva accettato quell’evento inevitabile, ma un residuo di attaccamento alla vita doveva pur esserci, se continuava a vagare nel nostro mondo, e manifestava una struggente tristezza. Chissà, forse non se ne rendeva neppure conto! La dimensione soprannaturale di quell’incontro mi fu chiara quando lentamente mi sembrò che egli divenisse diafano, che attraverso di lui io riuscissi a vedere lo schienale della poltrona sulla quale era seduto, fino a quando egli sparì del tutto, ma senza che io avessi mai deviato lo sguardo, che era rimasto per tutto quel tempo fisso su di lui, per cui non era possibile che egli, approfittando di una mia distrazione, si fosse alzato ed allontanato. L’ultima volta che lo vidi, era presente anche la mia segretaria. Era una sera d’estate. Anna - quello è il suo nome - era nella sua piccola stanza adiacente all’ingresso a sistemare le ultime faccende, quando Giovanni Laurito entrò. Io, dalla mia scrivania, lo vidi chiaramente, attraverso la porta a vetri. Fui colto subito da un irrefrenabile tremore. Dopo la visita precedente, nella quale avevo avuto la certezza della sua natura, temevo un successivo incontro. Il primo istinto fu di avvertire Anna, così da permetterle di fuggire, e così stavo facendo, quando notai con sommo stupore che essi stavano conversando fra di loro. Io non avevo prima di allora confessato ad Anna l’accaduto, temendo di essere preso per pazzo, né sapevo o potevo supporre se quella visione fosse apparsa anche a lei e, magari, per la medesima ragione era stata taciuta. Ma ora che li vedevo lì non ebbi fegato di avvicinarmi, né di ascoltare quel che si dicevano, giacché dall’interno della stanza sentivo solo indecifrabili bisbigli. Guardavo Giovanni ancora una volta affranto, e Anna che, per quanto a me sembrava dai gesti e dalle movenze, pareva volerlo consolare. Più di una volta notai che gli appoggiava una mano sulla spalla e, con ironia davvero fuori luogo, mi venne da pensare che era fatica sprecata provare a dare una pacca sulla schiena ad un fantasma per sua natura incorporeo. Sentivo forte il peso della stress di quella situazione così irrazionale in cui ero immerso, e, stanco, mi lasciai andare sulla sedia, chiudendo gli occhi con la codardìa dello struzzo, con la speranza di riposare e che al mio risveglio tutto fosse tornato alla normalità. “Signor Laurito, non deve fare così, è tempo di farsene una ragione, ormai è passato quasi un anno dalla sua morte!”. Anna provava a razionalizzare. “Lo so, Anna, lo so. Ma l’avvocato era l’unica persona che mi ascoltava, era un uomo buono, e quando mi trovo a passare per questa strada, non posso fare a meno di salire, anche per un attimo. Lo sai, certe volte ti chiedo anche il permesso di sedermi un po’ di fronte alla scrivania. Lì ripenso alle tante nostre chiacchierate, recito una preghiera. Poi, ogni volta, mi prende la tristezza, e vado via”. “L’avvocato manca tanto anche a me, signor Laurito, certe volte è come se ancora lo vedessi, seduto alla scrivania, a preparare l’udienza dell’indomani”. Venerdì, 14 Agosto 2009 Quando scendevamo insieme Quando scendevamo insieme le scale che portano al mare era ancora il tempo bello dell’estate poi la radio dimenticò quelle canzoni o le mise da parte per una nuova stagione dei ricordi e io che annego da sempre nel tempo che passa stasera son qui a cambiare stazioni per quel ritornello che non ricordo bene come faceva c’era qualcuno che partiva, c’era un tocco di blu, ma non fa niente in fondo non faccio altro che cercare una delle canzoni che cantavi tu quando scendevamo insieme quelle scale che portano al mare per capire su quale gradino ti persi e da quale dovrei ricominciare. Venerdì, 21 Agosto 2009 I-ta-lia! I-ta-lia! C'è una causa che sto trattando che pende in primo grado dal 1987 (ahahahah) Mio padre dopo 35 anni di lavoro prende 950 euro di pensione, mentre un calciatore scarso di serie C prende 300.000 euro l'anno. (uh, troppo forte!) A Napoli hanno tolto la spazzatura dalle vie del centro e l'hanno spostata negli altri quartieri. (buona questa!!) Per vedere la Rai e i canali satellitari ora che si passa al digitale terrestre occorreranno tre decoder (ma come se le inventa!!!) A Capri, l'isola azzurra, un noto ristorante scarica quotidianamente in mare tutti i rifiuti (sei il mago del nonsense!!!) In un concorso pubblico in Campania i 40 vincitori erano tutti familiari di politici locali. (eheheheheh dovrebbero mandarti a zeligghe) Il presidente del consiglio italiano è Berlusconi (ti prego, smettila, non ne posso più!) (tanto per ricordare che questo sarebbe anche un blog umoristico) Mercoledì, 26 Agosto 2009 A me gli occhi Ho parlato di un sacco di cose in questi due anni. Prima nel "Tombino" ed ora in questo nuovo blog, nel quale, sfibrandomi il polpastrello dell'indice fino all'osso a furia di cliccare, sono arrivato a fingere di avere avuto tremila visite in cinque mesi. Ho parlato di un sacco di cose ed oggi come oggi il mio proposito di scrivere almeno un post a settimana è a forte rischio, perchè non mi viene più in mente nulla di interessante o di sensato. E così inizio a scrivere post che poi cancello subito. Questo è il terzo di oggi pomeriggio; il primo parlava di poesia e del rapporto fra orgasmo e rima, in relazione a quanto ho letto di recente di un poeta piuttosto noto che afferma di aver scritto le migliori poesie mentre si masturbava. Va bene che secondo alcuni anche "l'infinito" di Leopardi è una composizione onanistica (che cazzo faceva Giacomino sempre dietro quella siepe) però così la donzelletta che "vien" dalla campagna, oppure "la pargoletta mano", acquistano significati nuovi e francamente un po' inquietanti. Era un post che sviliva troppo la poesia, ed ho dovuto subito cancellarlo. Il secondo faceva parte di un filone consolidato, quello delle uscite di mia figlia ormai quattrenne: nel sillabare la-go, pronunciava la gio, in quanto non aveva ancora imparato a leggere la g gutturale. Allora le avevo disegnato vicino alla sillaba go un gorilla, per suggerirle il suono. Ma complice il mio stile poco realista, lei aveva letto ancora "la-gio", ed al mio invito di guardare al disegno per pronunciare meglio, aveva letto "lascimmia". Ma anche questo post mi era apparso banale e ripetitivo: in fondo questi quadretti familiari erano la nota distintiva del vecchio blog e non aveva senso riproporli qui. Allora ho pensato di soprassedere, in fondo gli ormai pochi utenti rimasti di Splinder avranno ben altro da fare che leggere i miei scritti. Però ... però c'è sempre quel sussulto dell'ego che vorrebbe che tutti miei post fossero letti da schiere di fan complimentosi, e il mio blog assurgere a rilevanza nazionale! Allora ho pensato di dotarlo di quello che il pubblico ama di più leggere, e cioè le tre A: Avventura, Azione e Atette. (credits: la fotografia della giovane Arcuri è di Alberto Magliozzi; la battuta sulle tre A è di Leo Ortolani/ratman; il poeta che si masturba è Giovanni Laurito; un momento, mi dicono anche un tale D'Annunzio ...) Venerdì, 04 Settembre 2009 Se (if) Se saprai dire pane al Pane e vino al Vino senza gioire del culo che hai avuto a beccare i nomi giusti, Se saprai porgere l'altra guancia quando il dentista ti dovrà estrarre un molare senza trovarti con un dente guasto ed uno in meno, Se saprai essere sincero con gli altri riuscendo innanzitutto ad essere sincero con te stesso e rimettendo lo specchio al posto della foto di Brad Pitt, Se crederai con tutta la tua forza in ogni impresa e i lavori di casa non finiranno mai ma avrai fatto un contratto con penale Se saprai conquistare gli occhi di una donna non con vani regali o inutili arredi ma col mero ausilio di S. Lucia Se qualcuno ti chiederà un'indicazione e tu eviterai di dargliela col dito medio Se quando ti parleranno di elettorato passivo non penserai alla fine che da sempre fanno gli elettori Se soltanto nei giorni di pioggia le persone ti faranno il gesto dell'ombrello, Se saprai fare tutto questo senza scambiare le mentine con gli psicofarmaci sarai un uomo, figlia mia Venerdì, 18 Settembre 2009 NON-CREDO Mi accorgo giorno dopo giorno che nella vita – nella MIA vita – non riuscirò mai a fare tutte le cose che avrei voluto fare. Non mi basta il tempo, non mi assiste il corpo. Non vedrò mai tutto ciò che avrei voluto vedere. Non suonerò mai la chitarra come avrei voluto. Non avrò mai le donne che non mi hanno avuto. Non leggerò mai tutte le storie di Topolino. E se pure le leggerò … ho talmente poca memoria che me le dimenticherò subito, e sarà lo stesso. Non pubblicherò mai il mio romanzo, Non vivrò mai un’altra storia come quella di cui ho parlato nel mio romanzo Non scriverò mai più canzoni belle come quelle che scrissi dal 91 al 94 Non dormirò mai più serenamente come da bambino nel lettone di mia madre Non giocherò mai più a pallone nel cortile della scuola elementare Non dormirò mai più con Francesco nella stessa stanza e non rideremo mai più tutta la notte Non vedrò mai più i miei nonni e rimpiangerò sempre di non averli visti di più … Non scenderò mai più a Vallo a piedi o con il passaggio Io e Bernie non sporcheremo mai più di vernice rossa gli occhi della statua della fontana in piazza per fingere un miracolo Non proverò mai più l’emozione profonda dello sfiorare M.T. mentre suoniamo il pianoforte a quattro mani Non leggerò mai più Dylan Dog con l’ansia con cui lessi “Il lungo addio” Non correrò mai più per le strade del paese facendo l’indiano (auauauauauauauau) Non sarò mai più interrogato in latino e la signora Goffredi non mi dir{ che lo leggo così bene che sembro un prete …. Infine, però, una soddisfazione: non farò mai più a gara a chi ce l’ha più lungo. Basta sconfitte. (ad un'amica, circa dieci anni fa, in una notte più scura del solito, scrissi di getto una mail che conteneva questo non-credo, ispiratomi a contrario dalla visione di Radiofreccia di Ligabue, e dal Credo che Stefano Accorsi/Freccia recitava al microfono in una delle scene più toccanti di quel bellissimo film ) Giovedì, 24 Settembre 2009 Invettive & retrospettive Un diario è un DIARIO. E' l'aggettivo di dies: giorno. Allora: quotidiano, giornaliero ... Non dico proprio quotidiano, che la gente c'abbiamo i cazzi propri da fare, ma almeno una volta a settimana (come dice mia moglie) ... Cioè, dico: avete aperto 'sti blog, e allora aggiornateli! Non può essere che una sera uno c'ha i suoi down e allora pensa mo' apro un blog, così mi lamento della vita, delle cose che non vanno, di dio, che vai a sapere ... e poi che succede? Tornate col fidanzato, oppure ve ne trovate uno/una nuova, e fanculo il blog ... oppure volete diventare famosi col blog, non ci riuscite dopo due post del cavolo perlatro sgramaticati e vi arendete, oppure ci riuscite, come certe pernacchie che non si sa come a furia di scrivere boiate su splinder hanno pubblicato un libro, e allora aggiornate il blog come se faceste un piacere ai lettori, mentre il piacere lo fate solo a voi stessi, non l'avete capito? Quando a scuola scrivevate il diario, che lo facevate leggere a qualcuno? No, lo inchiodavate con il lucchetto che per aprirlo mi ricordo ci voleva lo scalpello. Allora, datevi una mossa e mettetevi a scrivere, oppure cancellateli, sti blog abbandonati, che puzzano pure. Dice: hai quarant'anni, non devi abbatterti, se ti prende una malattia grave non puoi arrenderti, oppure se il lavoro ti ha rotto le scatole, non puoi stare a casa e fottertene ... dice: hai una figlia, devi essere responsabile. E allora facciamola sta cazza di legge che chi ha una figlia non può essere licenziato, non può avere malattie, non gli può andare proprio niente di storto ... Alcuni parlano di donne. E fanno gli esperti. "A me vieni a parlare di donne? Ma lo sai quante ne ho viste, nella mia vita di donne?". E tu li rispetti. Per poi scoprire che tutta 'sta esperienza nasce dal fatto che tornando a casa dal lavoro prendevano il raccordo anulare o passavano dalla Salaria. Per chi non è di Roma, lì ci stanno le escort che nessuno invita a Palazzo. Dicevamo: quarant'anni. "Ma non li dimostri affatto, anzi ...". "Poi, questa è l'età migliore, che conosci tutto ed hai ancora la forza di usarla, questa conoscenza." Sì, è l'età migliore, ti ripetono tutti. Ma tu non sei d'accordo, ed allora approfitti della tua sordità incipiente e te ne fotti.. Proprio così: Quarant'anni e non sentirli. P.S. Per scrivere questo post ho aperto una playlist di Guccini su you tube. E mi avvolgono in un vortice di nostalgia quelle parole che avevo dimenticato, quelle canzoni delle quali una volta non riuscivo a fare a meno. Non riuscivamo a fare a meno. Ed ora, molto più di allora, così vere. Per chiunque, credo. E davvero non siamo più quegli eroi pronti assieme ad affrontare ogni impresa siamo come due foglie aggrappate ad ramo in attesa ... Farewell, non pensarci e perdonami, se ti ho portato via un poco di estate, con qualcosa di fragile come le storie passate ... forse un tempo poteva commuoverti ma ora è inutile credo perchè ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me Venerdì, 25 Settembre 2009 Scrivere Scrivere come un gesto automatico come il battito di una palpebra come respirare nella camera a gas come se quegli strani segni fossero davvero parole e insieme vita e morte e amore come un miracolo come la guarigione inaspettata di un ateo Scrivere e in un istante rendersi conto che in fondo non hai fatto altro e neppure oggi hai lasciato una traccia più intensa di quelle che la vita ogni giorno cancella e che ostinatamente continui ad imprimere come quella volta da piccolo sulla spiaggia, tanti anni fa sperando, come sempre invano, che l’onda potesse fermarsi almeno un millimetro prima. (chi è arrivato fin qui a leggere, non si fermi e legga, e se vuole commenti, anche il post successivo: sì, è vero, fa pietà, ma è, in fondo, l'altra faccia di una moneta che ogni volta che lancio per fare testa o croce, chissà perchè, rimane sempre in piedi) Venerdì, 09 Ottobre 2009 Questo non è un post (R. Magritte) Giovanni Laurito in attesa del treno incontra una donna dall'aspetto attraente e cerca di attaccare bottone con estrema classe. Dialogo (sognato) fra un uomo e una donna. Lui, galante tombeur de femme, lo chiameremo per brevità G.L. Lei per comodità la chiameremo Poltrona. G.L. : (ammiccante) Tu sei la prova vivente della fondatezza della relatività einsteniana! P.: (sorpresa, ammirata dalla proprietà di linguaggio di lui): oohh! Ma ... cosa vuoi dire? G.L. Voglio dire che mentre per noialtri il tempo passa impietoso, tu sei sempre giovane e bella! P: (arrossisce) ma và ... Chissà a quante altre lo avrai detto! G.L. (sottile)... devo ammetterlo ... ad altre mille. Ma tu sei la prima a cui lo dico credendoci! P: (colpita, ma scettica) e questo a quante altre l'hai detto? G.L. (il solito buffone) ... anche questo ad altre mille ... Dialogo (reale) fra un uomo e una donna. Lui è sempre G.L. G.L. : Tu sei la prova vivente della fondatezza della relatività einsteniana! P: che?? G.L. (un po' smontato) dicevo che gli anni te li porti bene ... P: (irritata con lui e col congiuntivo) quanti cazzi di anni ti credi che c'ho? G.L. (prova una scappatoia) ma ... non sei P., la mia ex compagna di scuola delle medie? P: 'a vecchio, te sarai stato compagno di matusalamme, salemme, quer comico inzomma ... G.L. (cercando un modo onorevole per dileguarsi) scusi, mi sento chiamare, devo andare ... P: va' va', corri, magari te sta a chiamà ersignore! (tra sè).... ma 'nvedi sti vecchi, oh ... (ad alta voce) sta arrivà er treno, nun lo perde, prendilo in pieno, me raccomando!!! Colgo l'occasione per un'ulteriore riflessione a bassa voce: Lodo Alfano, Lodo Mondadori, non si parla d'altro. Che ci sarà da lodare? Mi chiedo ... Domenica, 11 Ottobre 2009 I sogni finiscono al supermercato Ieri mattina ero al supermercato. Mi piacciono molto i carrelli, mi ricordano la mia infanzia, a Roma, negli anni'70, quando mia madre mi portava allo SMA, mi sedeva nell'apposito scomparto e mi faceva scorrazzare felice per gli scaffali come un pilota di formula uno. Mi piacciono molto i carrelli, e non ne possiedo ovviamente uno, ma se mai mi fosse passato per la testa di appropriarmene indebitamente, mi dissuadeva immediatamente l'eventualità di essere scoperto e, dunque, aggredito dalla sicurezza, chiamato ladro, esposto alla vergogna davanti agli altri clienti del supermercato. Invece, ieri, la lettura di un avviso mi ha fatto pensare che qualora sentirò così forte la mancanza del carrello della mia infanzia, potrò anche provare a prendermelo, perchè la reazione non sarà così violenta e sopra le righe da farmi troppo vergognare per il mio comportamento. Il tranquillizzante avviso, infatti, era: "chiunque ruberà un carrello sarà perseguito CIVILMENTE". Così la guardia, prendendomi delicatamente sottobraccio, mi sussurrerà: "Eh, no, signor Laurito. Questo non si fa. La prego, gentilmente, restituisca il carrello, da bravo". E così finirà il mio sogno di scorrazzare ancora fra gli scaffali. Ma, almeno, in maniera del tutto civile. E, lo sapete bene, non sempre il risveglio dai sogni è così indolore. Giovedì, 22 Ottobre 2009 Gino Paoli è morto? Così è se vi pare ... Sono qui a radermi come ogni giorno e lo specchio d'incanto mi proietta nella grande letteratura del primo novecento. Io, Giovanni Laurito, come Vitangelo Mostarda (o Moscarda?), detto Gengè. No, non è l'improvvisa scoperta di avere il naso storto, come il protagonista del pirandelliano "Così è se vi pare". Non fosse altro perchè io so bene di avere il naso storto da almeno trent'anni per una caduta (saranno stati trent'anni l'estate scorsa? Cazzo, ho mancato la festa!). Quello che vedo è una ruga che non c'era. Ma non una ruga qualsiasi, ché a quarant'anni te ne devi fare una ragione. Una ruga che parte dalla parte sinistra del naso ed arriva fino all'angolo della bocca. Una profonda che devo tirare la pelle per potermi radere in quel punto. Fortuna che nel frattempo mia figlia mi tartassa di domande su Adamo ed Eva, scatenate dalla domanda "cos'è quel coso che ti esce nel collo?" e dalla mia improvvida risposta "è il pomo di Adamo", da cui scaturiscono millemila domande su chi era Adamo, come è possibile che fosse il nonno di tutti, e, soprattutto, quella chissà perchè frequentissima, ultimamente: "Ma Adamo è morto?". La domanda se qualsiasi persona di cui parliamo sia morta ormai è inevitabile. L'altro giorno avevo trovato un vecchio spartito e provavo a suonare al piano Sapore di Sale, quando mia figlia mi chiede chi è quello della foto. "E' Gino Paoli, ricordi? L'abbiamo visto in concerto l'anno scorso". E lei non dice ah sì, bello, oppure me la fai sentire, no, chiede "E' morto?". Ma torniamo allo specchio. Fortuna che c'è mia figlia che mi distrae dai pensieri classici sul tempo che passa eccetera che lo so che ormai negli "anta" grazie al cavolo che passa, anzi è passato, ma certe volte un po' di sconforto ti prende. Ma non è solo quello. Mi torna in mente mio nonno - quello sì morto, per la gioia di mia figlia! Mio nonno che ormai ottantenne aveva difficoltà a radersi ed allora lo aiutavo e mi ricordo che lui diligentemente, non appena col rasoio mi avvicinavo a punti dove lui sapeva bene di essere pieno di rughe, spingeva con la lingua dietro alla guancia per tendere la pelle ed agevolarmi il compito. E io che mi schermivo e lo prendevo in giro e dicevo che cosa c'è lì, cos'hai una caramella? ma in fondo lo sapevo che la vecchiaia è una partita di giro, e lo sapevo che lui ormai contava i mesi e i giorni, e io invece coi miei mille anni davanti, spavaldo, a pensare che la neve non mi avrebbe mai imbiancato i capelli. Dunque attraverso lo specchio, ieri pomeriggio, ho compiuto questo meraviglioso viaggio. Novello Alice. O meglio, come un malinconico Cappellaio Matto. A festeggiare l'ennesimo non compleanno. Sabato, 31 Ottobre 2009 Riflessioni sul caso Marrazzo arrazzare [ar-raz-zà-re] (arràzzo) A v. tr. Accendere, far esplodere come un razzo ‖ fig., pop. Eccitare sessualmente B v. intr. (aus. essere) e intr. pronom. arrazzàrsi Prendere fuoco, ardere come un razzo ‖ fig., pop. Eccitarsi sessualmente M'arrazzo = Mi eccito sessualmente dal Dizionario della Lingua Italiana di GABRIELLI ALDO Non c'è alcun dubbio che la vicenda nella quale è stato coinvolto il Presidente della Regione Lazio non meritasse il clamore mediatico che le è stato riservato. Ci sono determinate scelte che attengono alla sfera privata delle persone e che neppure il ruolo pubblico che esse rivestono dovrebbe consentire di sindacare. Ciò vale, a maggior ragione, quando la critica attiene non a comportamenti sconvenienti, bensì a opzioni legittime e, anzi, da appoggiare con forza. Possibile che quando in tutto il mondo si parli di riscaldamento globale e di attenzione a ridurre l'effetto serra e le emissioni nocive di co2, in Italia si finisca alla gogna mediatica per essere uscito tante volte col trans, che notoriamente è mezzo ecologico? Invece di fare falsi moralismi, faremmo bene a parcheggiare nei cortili le nostre auto blu e uscire tutti, ogni sera, col trans! Seguiamo dunque l'esempio di M'arrazzo, e, meglio ancora, quello di Lapo Elkann, che nonostante sia proprietario di una casa automobilistica, è stato più volte fotografato sul trans* *scrivere "è stato fotografato NEL trans, suonava meglio ma mi sembrava troppo. Domenica, 01 Novembre 2009 HALLOWEEN Tranquilla beatitudo: sepolti i pensieri di un giorno oneroso la quiete domestica pervade le membra e l’utile sonno gi{ mi grava il ciglio. Repente uno squillo frantuma l’idillio; incerti saltelli riecheggiano all’uscio. La notte è incipiente, affranto percorro l’interminabile spazio sacreggiando elenchi di Eletti. Il timore di un mio caro in periglio mi sospinge al di là del travaglio. Apro: mi appare un cocomero. “Dolcetto o scherzetto?”, tintinna l’ometto. Convinto, lo percuote il mio piede sinistro del pari impetuoso e soddisfatto. Venerdì, 06 Novembre 2009 Quasi ken loach. Giovanni è bellissimo. E il sud italia gli sta stretto. Così si fa beffe della laurea faticosamente messa insieme, esame dopo esame, in ben nove anni di studi, e decide di provare la via del successo internazionale. Ha qualche amico in America conosciuto su facebook. Niente di che: ha digitato il suo cognome ed è venuto fuori che un sacco di suoi omonimi, ovviamente del tutto sconosciuti, vivono negli Stati Uniti, ed ha chiesto loro l'amicizia. Ha provato anche a scambiare qualche messaggio, con il suo inglese prescolastico, fatto più di canzoni cantate a orecchio (ui ar de uord) che di vere e proprie conoscenze linguistiche. Così ha intrecciato una pseudorelazione con tale Bruce J, parrucchiere a Beverly Hills, o giù di lì, che in America le distanze sono opinabili, magari nella contea di B.H. significa che sta a 100 miglia, ma Giovanni non se ne cura. Bruce J. ha un sacco di conoscenze nello show business, e peccato che Johnny non è lì che sicuro potrebbe subito rimediare delle piccole parti in qualche produzione televisiva. Certo, ci vorrà la gavetta, ma con la sua bellezza - che Bruce J. ha visto le foto su fb - la sua prestanza fisica, non ci vorrà molto e farà il grande salto. Il tempo di imparare meglio la lingua, fare le conoscenze giuste. E fanculo la Laurea, ha pensato Johnny - ormai è Johnny - a 31 anni è adesso o mai più. Dopo un interminabile viaggio con una compagnia low cost, e una serie di scali, è finalmente riuscito a raggiungere Bruce J, e trascorsa la prima settimana di euforia, si è messo in cerca di lavoro. B.J. l'ha accompagnato da un agente, ha dovuto spendere 800 dollari per un book fotografico da inviare alle case di produzione, ed ora sta attendendo sviluppi. Certamente positivi. Lui è troppo bello. Intanto, i soldi che si era portato - ottenuti cambiando cinque buoni postali fruttiferi di 100.000 lire che gli aveva fatto il nonno al battesimo, e che, vincolati per trent'anni, avevano fruttato la bellezza di 4.700 euro - erano finiti, e B.J., dopo aver provato a farsi dare una mano nel suo salone, con esiti non propriamente esaltanti, gli aveva trovato un posto di commesso in una panetteria. Ora sono sei mesi che è lì, nessuno ancora l'ha chiamato per un provino, ma non si perde d'animo. La sua bellezza lo aiuterà a sfondare. Il suo fascino è ancora intatto. Ne ha la riprova di continuo, quando le signore entrano nel negozio e - evidentemente colpite dalla somiglianza col "bello" di Hollywood per antonomasia - si rivolgono a lui chiamandolo sempre Brad. Ed anche se quelle non sono proprio Angeline Jolie, lui è contento lo stesso. Si sente più realizzato di quando aveva provato ad iniziare la pratica in uno studio legale, con la sua tarda laurea in giurisprudenza. E, mentre quelle ripetono "Brad, Brad", lui si immagina sul red carpet, con la bella di turno al fianco. Intanto, con lo stipendio da commesso, riesce a malapena a tirare avanti con l'affitto; e fra il corso d'inglese e la palestra, non potendoseli permettere entrambi, ha dovuto forzatamente scegliere quest'ultima, almeno mantiene il fisico tirato, hai visto mai che lo chiamino per baywatch. E poi l'inglese in fondo lo conosce, piano piano inizierà a comprendere anche quelle piccole sfumature di pronuncia che al momento gli sfuggono. Come, ad esempio, la differenza fra Bread, pane, e Brad. Venerdì, 13 Novembre 2009 Tetralogo "Da settimane sto incidendo iscrizioni bellissime sulla piattaforma virtuale in puro marmo del Partenone", si lamenta Tucanide, "ma li leggono e commentano in pochi, non è più come una volta ...". "Sai, Tucanide, i giovani virgulti ormai sono disabituati alla lettura, e passano l'intera giornata a giocare a Termopily ... ", risponde un ragionevole Trucidide. "Sarà che solo tu li trovi bellissimi", interviene Aristippolo, maestro di logica. "Quoto Aristippolo!", prende posizione un giovane virgulto di passaggio. "Quoto tua madre!", reagisce Tucanide, noto impulsivo. "Ah, la paidèia, quanti neologismi ... Ai miei tempi l'approvazione si esprimeva con le sfere colorate nell'agorà ...", rimembra un melanconico Trucidide. "Ai tempi attuali invece me le sono fatte io un paio di sfere ... Qua mi frantumo i goniucos a incidere ogni settimana sul mio blògos, e invece questi fannulloni preferiscono dialogare su feis bìblos ... ", commenta amaro la deriva sociale Tucanide. "Ma vuoi mettere com'è più diretto e veloce fèis? Là in tetra e tetrotto incontri amici che non vedevi dalle calende greche!", argomenta Aristippolo. "Al virgulto piace questo elemento!" "Al virgulto piace un altro elemento!", sottintende iroso Tucanide. "Guarda che non ti addo!!", minaccia temibile il virgulto. "Quoto il virgulto", si aggiunge al solito improvvidamente Aristippolo "Non ti addo? Quoto? Mi viene voglia di prendere le vostre madri e aggiungerle a Gruppi: "quelle che passeggiano nel peripatèo"!" "Non puoi fermare il progresso, Tucanide, esso è inarrestabile come l'acqua del fiume in cui non ci si può bagnare due volte ... Panta rei ...", filosofeggia Trucidide. "Ecco perchè Pantaleo puzza da uno stadio di distanza!", trova inaspettate giustificazioni Aristippolo ... "addo Pantaleo tra i miei amici", si inserisce il virgulto socialpatologico. "Panta rei ... Panta leo ... Tucanide, amico mio, vedi, che ci sforziamo a fare?", conferma le sue teorie Trucidide; "ma, Tucanide, che stai facendo chino sul blògos?" "Cancello la mia ultima iscrizione, amico mio. Devo adeguarmi alla realtà, e dunque ne scriverò una nuova, nella quale anch'io parlerò di feisbìblos, come tutti ormai. Spero che i miei pochi lettori rimasti non la prenderanno a male ..." "Quoto Tucanide!". "No, Tucanide, ti prego, lascialo stare, noooooo!!!" Domenica, 29 Novembre 2009 Cronaca nera (e vera) Uscito per una battuta di caccia, l'uomo non aveva più fatto ritorno a casa. Allertate le forze dell'ordine, dopo un'attenta perlustrazione delle campagne circostanti, la macabra scoperta. Il cadavere dell'uomo, riverso bocconi nell'erba. Nessun segno di ferita d'arma da fuoco. Sulle prime si pensa ad un malore, ma i familiari rassicurano che godeva di ottima salute, non aveva che una quarantina d'anni. La locale Procura dispone allora l'autopsia per chiarire le cause del decesso, e smentire le mille illazioni che, come al solito, nascono nei piccoli paesi in occasione di eventi che spezzano la consueta routine. Il medico legale, infine, dopo qualche giorno, accerta che la morte è intervenuta per un motivo banale, ma particolarmente sfortunato. L'uomo risulta essere morto a causa di una piccola torcia che gli ha sfondato la gola ed è penetrata alla base del cervello. La vicenda viene così ricostruita dagli inquirenti: probabilmente il cacciatore, uscito di mattina presto, quando ancora non era sorto il sole, avendo le mani occupate dal fucile, reggeva la torcia fra i denti per illuminare il sentiero, quando è inciampato e, per una tragica fatalità, l'urto col terreno gli ha fatto conficcare nella gola l'attrezzo. Mattina successiva all'esito dell'autopsia. Nella rassegna stampa di una televisione locale, la "giornalista" commenta i titoli delle pagine interne dei quotidiani che pubblicano la notizia della ricostruzione dei fatti: "Finalmente E' STATA FATTA LUCE sulla triste vicenda". Venerdì, 04 Dicembre 2009 Basta preconcetti!!! Mai come stamattina capisco Berlusconi. Io di solito lo critico e apprezzo pochissimo (vabbè, diciamo pure niente) di quel che fa e dice, specialmente per come sta riducendo la giustizia italiana, già un po' malridotta di suo, a dire il vero. (Ricordo una mia battuta all'inizio di questo blog - mi autocito - in un'intervista che facevo a me stesso, come avvocato; alla domanda su quale fosse lo stato della giustizia, rispondevo: "non certo l'Italia"). Ma torniamo all'amato premier, ed alle sue ripetute forzature per introdurre scappatoie pseudocostituzionali che gli evitino i processi. Io non le ho mai condivise, ma stamattina, alzandomi dal letto con un forte mal di gola ed il cinquantesimo raffreddore di questo autunno neppure tanto freddo (evidentemente lo stress mi ha reso deboluccio), ho pensato che non ha poi tutti i torti Berlusconi quando fa di tutto per alzare le proprie difese immunitarie. Magari ci riuscissi anch'io! Venerdì, 11 Dicembre 2009 corto circuito Non ho voglia di impegnarmi a scrivere cose interessanti perchè tanto non mi legge nessuno. Non mi legge nessuno perché scrivo cose poco interessanti e senz'alcun impegno. Ecco, mi sono incartato. L'eterno dilemma: E' nato prima l'uomo o la gallina? Lunedì, 14 Dicembre 2009 Ci sono cose ... Ci sono cose che nel passato sembravano una barriera insormontabile, come la maturità al liceo, e che viste nel presente sembrano sciocchezze che ci fanno sorridere di tenerezza, al pensiero di come eravamo ingenui. Ci sono cose che nel passato sembravano talmente lontane, come l'età adulta, che era facile farsi gioco dei nostri genitori e delle loro apprensioni, mentre nel presente ci ritroviamo a meditare il suicidio anche per un raffreddore dei nostri piccoli. Ci sono cose che nel passato sembravano automatiche, come studiare, poi trovare un lavoro soddisfacente, avere soldi, sposarsi, mettere al mondo dei figli, mentre nel presente ognuna di queste ha rappresentato una guerra con la propria esistenza, dall'esito assai incerto e che ha lasciato sul campo molte vittime, come i sogni. Ci sono cose che nel passato sembravano impossibili, ad esempio andare a letto presto, mentre nel presente sembra incredibile il contrario, e, insomma, spesso mi soprendo a pensare quante persone io sia stato. Ci sono cose che nel presente sembrano ancora estranee, e non si sta lì a pensarci poi tanto, almeno si evita di farlo, come per esempio la vecchiaia, ma poi per caso ti trovi a pensare che i tuoi genitori non tanto tempo fa (almeno a te sembra così) avevano l'età che tu hai oggi, ed ora li vedi lì, con gli anni che diventano un carico ogni giorno più pesante, e ti ritrovi a fare due conti, e non ti tornano, oppure cristo! - ti tornano troppo bene. Ci sono cose che una volta ti sarebbero sembrate banali, come passare un Natale in famiglia, e saresti fuggito via mille miglia pur di non dover affrontare il rituale cenone auguri regali, mentre oggi ti sembra che quella banalità la vorresti trattenere per sempre con te, quella sciocchezza che alcuni iniziati chiamano serenità, e che a me è sempre apparsa una chimera, oggi più di ieri che mi accorgo che la scelta di non afferrarla è e sarà sempre più una scelta sua e non mia. E intanto c'è chi si sorprende che nevica. Mentre sui miei capelli la neve svolge da tempo e con metodo il proprio compito. Giovedì, 24 Dicembre 2009 Natale occidentale C'è la luna sui tetti, c'è la notte per strada le ragazze ritornano in tram ci scommetto che nevica tra due giorni è Natale ci scommetto dal freddo che fà (F. De Gregori, Natale - citata a memoria) Questa notte è stato difficile dormire. Colpa dell'improvviso Natale australiano (alle 10 di mattina 20°) che non ci ha dato il tempo di togliere tutte le coperte, necessarie fino al giorno precedente. Pare che io, nel sonno, mi muovessi in continuazione, ed alle lamentele di mia moglie ho risposto che non era colpa mia, non ero cosciente, non stavo mai fermo perchè ero nella fase ROM ... Ecco, è chiaro, che cosa vuoi scrivere di veramente natalizio in un Natale così caldo? Si perde tutto lo spirito, invece di radunarci intorno al caminetto ad intonare Gospel, faremo un falò in spiaggia (acceso con lo spirito natalizio) e canteremo Vamos a la playa con l'ukulele ... Stamattina Berlusconi ha dichiarato (ma già a quest'ora rilascia dichiarazioni? Forse ha avuto caldo anche lui stanotte: mi auguro che qualcuno gli tiri in faccia un ghiacciolo!) che entro la fine della legislatura sconfiggerà completamente la mafia. Io personalmente non ho paura della mafia. E a differenza di quanto dicono tutti i benpensanti - che si tratta di un sistema insito nella nostra cultura, che non potrà mai essere sconfitto -credo davvero che con un'azione davvero intensa e mirata ci si potrebbe riuscire. Io saprei come combatterla. Ma io non conto niente, non ho potere, sono lontano dalle stanze dei bottoni. Sono un cane sciolto. Nell'acido. Qualche giorno fa mi posi un quesito pirandelliano: qual è la cosa che mi riesce meglio? Mi spiego, non la cosa nella quale eccello, ché non eccello in nulla, ma la cosa che so fare meglio rispetto ad ogni altra. Mi analizzai a lungo, pensai a quanto ero bravo a scrivere, o a suonare, o quanto ero esperto nella mia professione .... chissà, non sapevo decidere. Feci un sondaggio. Chiesi a mia moglie. Lei ci pensò un po', poi disse che aveva la risposta. "Saprò fare il marito" pensai, con un certo d'orgoglio. Poi vidi mia figlia, che si avvicinò e mi abbracciò. "Ma anche come padre non sono male", mi dissi, fiero. "La cosa che sai fare meglio sono le rime, ti viene proprio facile fare le rime, ma come fai? Ecco, quella è la cosa che sai fare meglio!!!" Non il marito, non il padre, non l'avvocato, non lo scrittore ... La mia qualità migliore è fare le rime. Guardai dalla finestra. Vidi passare un mulo. Poi mi guardai allo specchio e mi mandai aff.......... . BUON NATALE!!!!!!!! Giovedì, 31 Dicembre 2009 Epilogo e buon anno Che cosa ci regalò alla fine quell’anno, cosa ne rimane? Io ora non saprei dirlo con precisione, ma certamente è di quel periodo che conservo ricordi vividi più che di qualsiasi altra fase della mia vita. Ed ormai ho trent’anni. Una volta ricordo che stavo sul balcone a studiare al sole - era giugno - e mi fermai all’improvviso a pensare a come avrei rivisto quel momento, quel preciso momento, tra qualche anno. Mi concentrai fortemente, cercai di fissare nella mia mente ogni piccolo particolare. Volevo portare nel futuro una precisa sensazione del passato, e contemporaneamente volevo già immaginarmelo, quel futuro. Poi, lo sapevo, magari non sarebbe stato proprio così, ma in quel momento ci provai. Studiai il modo in cui ero seduto sulla sedia, la sedia stessa, l’ora, la posizione del sole nel cielo, e la forma delle nuvole. Poi guardai nel cortile, le macchine, le biciclette, e ancora in alto verso le finestre ed i balconi degli appartamenti di fronte, i panni stesi, gocciolanti, e quelli già asciutti che aspettavano di essere raccolti ... Quindi lo sguardo tornò sul mio balcone, sui disegni della ringhiera, sul colore, la forma ed il numero delle mattonelle. Attirò allora, casualmente, la mia attenzione uno di quegli insettini rossi che stanno sui muri o sulle terrazze, piccoli puntini vermigli di cui non ho mai conosciuto neanche il nome, che si dirigeva rapidamente verso la mia scarpa. Tolsi il piede, ma inavvertitamente ne schiacciai un altro che era più indietro, lì accanto. Lasciò soltanto una sottile striscia sulla mattonella, come uno sbaffo di rossetto. Di quel momento che nelle mie intenzioni doveva superare gli inganni del tempo, tra alcune immagini confuse, mi rimane soltanto, in maniera molto distinta, quella sottile scia rossiccia. A volte mi sorprendo ad immaginare che questo sia rimasto del nostro anno. Certe altre penso, con un po’ di paura, che solo questo resterà della nostra vita. Se saremo fortunati! Non è proprio paura, non penso sia il termine giusto. Credo sia più esatto dire sgomento. (dal romanzo "Ho un anno di più", Giovanni Laurito, 1998) Mercoledì, 06 Gennaio 2010 Che vita da favola ... (Avere una figlia che chiede in continuazione che tu le racconti una nuova storia fa sì che la fantasia a volte imbocchi binari non proprio consueti ...) C’era una volta una bambina così brutta, ma così brutta, che la mamma le dovette comprare una mantellina con il cappuccio dalla parte davanti, così glielo poteva alzare sulla faccia per non vederla. E siccome lei però così andava a sbattere da tutte le parti – era anche un po’ cretina – la mamma dovette fare due buchi al cappuccio in corrispondenza degli occhi, che comunque non funzionavano granché. In ogni caso, da allora tutti la chiamarono Cappucetto rotto. Una mattina la mamma di Cappuccetto era al telefono, e, quando riagganciò sembrava piuttosto contenta. In casa c’era anche un’amica che chiese quale notizia buona avesse appena ricevuto. “Mia suocera sta tirando le cuoia, ha una febbre alta che non vuole scendere e penso che ormai ne avr{ per poco. Ha chiamato per avere con urgenza gli antipiretici” “e tu che, fai non glieli mandi?” domandò l’amica, preoccupata. “come no”, rispose la mamma, sogghignando “ora provvedo subito! Cappuccetto, corri!!! La bambina, che in giardino stava temperando un serpente, si precipitò letteralmente, schiantandosi contro lo stipite della porta. Mentre si rialzava piuttosto intontita – per fortuna il cappuccio aveva alquanto attutito il colpo – si sentì dire: “Tesoro! (e quando mai la mamma la chiamava tesoro?), senti, qui c’è la tachipirina, fai una corsa e portala alla nonna, dall’altra parte del bosco”. Cappuccetto amava tanto la nonna. E amava tanto pure la tachipirina, potente antidolorifico. Per entrambe le ragioni, rispose di sì con entusiasmo. “Tranquilla mamma, smetto subito di appuntire quei colori cattivi e corro dalla nonna”, rispose, massaggiandosi il braccino sul quale erano evidenti due buchetti rossi. Mentre già si era lanciata verso il primo albero, la mamma le urlò: “E mi raccomando, Cappuccetto, non te la mettere tu!!!” Non sappiamo se lo schianto fu dovuto all’impossibilit{ di frenare la sua corsa o solo per la delusione, fatto sta che Cappuccetto, solo dopo diversi minuti, riprese conoscenza e si avviò meno entusiasta di prima verso casa della nonna. La testa le faceva piuttosto male e, appena si rese conto di non essere più visibile da casa sua, adocchiò un bel campo di margheritine e vi si accovacciò per infilarsi la supposta. In quella, mentre tutta soddisfatta attendeva che facesse effetto, da dietro un albero apparve un individuo poco raccomandabile che si mise ad osservarla con occhi bramosi di desiderio. Cappuccetto, che si era tolta il cappuccio per prendere un po’ d’aria, notò quell’individuo e subito prese a rimettersi a posto in fretta e furia le mutandine, per paura che si trattasse di un maniaco. Ma l’uomo la tranquillizzò: si trattava piuttosto di un chirurgo plastico radiato dall’albo per i suoi esperimenti al limite dell’etica. Pensate che una volta aveva aperto una seconda bocca ad un politico così poteva rispondere a due giornalisti contemporaneamente dicendo una cosa e nel contempo smentendola. Egli fu colto dal desiderio irrefrenabile di donare la bellezza a quel volto di bambina così inguardabile. Siccome portava sempre con sé alcuni ferri del mestiere, le propose un’operazione lampo, tanto più che non c’era bisogno di anestesia avendo la bimba appena preso la tachipirina. Estrasse un catalogo di volti, chiedendole a chi volesse somigliare la bambina, e lei disse che da sempre aveva sognato di diventare bella come la matrigna di Biancaneve, che le ricordava tanto sua mamma. Detto fatto, il chirurgo tirò fuori il bisturi e si mise all’opera. Il lavoro non era facile, ma lui ci si mise con puntiglio, deciso, con quell’operazione gratuita e benemerita di riottenere l’iscrizione all’albo. Quando Cappuccetto si svegliò, era effettivamente splendida, solo che nessuno aveva uno specchio e non c’era modo di vedersi. Casualmente, passava di lì una vecchina e allora le chiesero se ne avesse con sé uno. Manco a farlo apposta, ce l’aveva! Cappuccetto si vide nello specchio e pianse dalla gioia: sembrava proprio la splendida Grimilde. Le venne spontaneo chiedere: “specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” Non ci crederete, ma quello era veramente lo specchio magico della matrigna, che subito rispose: “la più bella sei tu, mia regina”. Allora Cappuccetto, gioiosa, se ne andò insieme al chirurgo plastico, che fu riammesso nell’ordine, si sposarono ed ebbero tanti bambini orrendi – che il DNA mica si può modificare – che però il papà provvide a rimodellare a piacimento. La nonna, senza tachipirina, ci stava lasciando le penne, ma fortuna volle che passasse di lì un anziano farmacista in pensione munito di una buona scorta di tachipirina. E’ vero, era scaduta da tempo, ma conservava ancora un po’ di principio attivo, così, inserendone una trentina, si ottenne l’effetto di far star bene la nonna. Nel corso della lunga operazione i due vecchietti ebbero anche modo di conoscersi ed innamorarsi, si sposarono e si trasferirono in città. Così la mamma di Cappuccetto in un colpo solo si liberò di figlia e suocera e vissero tutti felici e contenti. Lunedì, 11 Gennaio 2010 PUBBLICITA' Dice che noi vecchi ci si spaccano i femori come bicchieri per mancanza di calcio ??? Passiamo di corsa (magari!) a SKY tutti i campionati italiani ed esteri in diretta, 24 ore su 24!!!! (ma pure a mediaset premium) Giovedì, 14 Gennaio 2010 Terribili minacce e autarchia Sono profondamente offeso. Non scriverò più sul blog fino a quando qualcuno non commenterà la straordinaria battuta del post precedente dicendo che è una straordinaria battuta. Martedì, 19 Gennaio 2010 Vocabbolario Prchè se in qusti giorni aprite il giornale magari che certi vocabboli non sapete cosa significhen allora ho penzat oche vi aiuto io in collabborazzione con l'academia dela Cruscia. Rabbino: Piccolo sacerdote ebreo nervoso Paparazzinger: Vecchio religioso tedesco con l'hobby della fotografia dei VIP (e amante di Lady Gaga) Craxi: suono onomatopeo dell'apertura tramite strappo di una busta piena di soldi Tramsessuale: mezzo di trasporto da prendere per andare a puttane Balotelli: chi non salta Nero / Terrone : chi non salta (sinon. Balotelli) Avatar: copia del recipiente dove mangiano i porci (questa la capiranno soltanto pochi eletti del mio dialetto) Grande Fratello: Figlio maggiore guardone Processo breve: tempo che ci vuole a capire che certe leggi servono solo a chi le fa Venerdì, 22 Gennaio 2010 Riflessioni sul ruolo di uomo e di padre nella società del duemila RIFLESSIONE N. 1 Causa impegni di lavoro di mia moglie, ultimamente passo molto più tempo del solito con mia figlia, di quasi cinque anni. Cerco di fare del mio meglio, acconsento alla maggior parte delle sue richieste, la coccolo, sono appena appena più severo quando serve, insomma, mi sembra di riuscirci. Poi, però, per esserne sicuro, decido di mettermi alla prova. "Tesoro, mi fai la classifica delle cinque persone a cui vuoi più bene?" "Allora... primo posto MAMMA!!!" "Poi?" (chiedo sorridente e retorico, sicuro della risposta) "Secondo posto, nonna, terzo posto nonno, quarto posto l'altra nonna e quinto l'altro nonno". Il mio sguardo deve apparirle piuttosto sconsolato, perchè è lei stessa a domandarmi: "Vabbè, posso mettere anche un sesto posto?" Acconsento, anche se piuttosto deluso, ma, alla fine, si è ricordata, forse era stata solo una dimenticanza ... Evviva! Allora al sesto posto metto EMILIO!!!" "Ecchicazz... ehm chi è Emilio??" "Il mio fidanzatino dell'asilo!!!" "Senti, ma papà NON ESISTE??????"" "ah, sì ... vabbè allora a te ti metto settesimo". RIFLESSIONE N. 2 Ho il cellulare con la Tre, ad una tariffa che credo si chiami "tutto per tre", nel senso che ho l'impressione che ogni telefonata mi costi il triplo del normale e, puntualmente, il credito finisce nel giro di qualche ora, così ho sempre il telefonino scarico. Ma ieri, leggendo le prime pagine dei giornali, ho pensato di avere trovato la soluzione per garantirmi delle ricariche a costi contenuti. Leggevo, infatti, di un magnifico stratagemma che molti adolescenti adottano: prostituirsi in cambio di ricariche telefoniche!!! Idea straordinaria!!! Allora ci ho provato anch'io, avevo giusto il cellulare scarico e dovevo fare delle importanti telefonate di lavoro. Mi sono truccato, sono uscito in giro per un po', ma forse per il freddo - sicuramente per quello! - nessuno mi ha adescato. Ed il cellulare rimaneva tristemente scarico. Allora sono tornato a casa, da solo, me ne sono andato in bagno, e mi sono dato all'autoricarica. Mercoledì, 27 Gennaio 2010 Oggi è la giornata della memoria ma non mi ricordo cosa si festeggia Il 27 gennaio dell'anno scorso pubblicai sul mio vecchio blog IL TOMBINO - molto più bello di questo, lo so! - un post dal titolo, appunto, "oggi è la giornata della memoria ma non mi ricordo cosa si festeggia", che scatenò pure una polemica con una lettrice che pensava volessi dileggiare l'Olocausto o chissà cosa, mentre io parlavo di tutt'altro ed il titolo era solo un'occasione, sbagliata, per fare un'altra "battuta straordinaria". Insomma, se a qualcuno andasse di rileggere quel post, ecco il link. Lunedì, 08 Febbraio 2010 In un mondo dove la puntualità è un optional, anch'io mi sono adeguato, e non ho scritto un post da alcune settimane, nonostante avessi promesso (a chi?) che avrei scritto almeno una volta ogni sette giorni. Però la coscienza mi rimorde, e dunque eccomi qui, con le idee piuttosto chiare sul fatto che non so proprio cosa scrivere. Vediamo ... se il blog è un diario (web log) allora potrei scrivere quello che ho fatto in questi giorni: ma non ho fatto nulla, a chi potrebbe interessare? Bè, proprio nulla nulla non direi, una sera ho anche visto Sherlock Holmes. "Ma come, non era un personaggio immaginario?". Ma l'ho visto al cinema, no? "E che film eravate andati a vedere?". Ma con chi? "Con Sherlock, se l'hai incontrato al cinema!". Vabbè, vedo che ci vuole una logica deduttiva troppo elevata per capire che ho visto il film di Sherlock Holmes (e mi è pure piaciuto). Poi, che cos'altro ho fatto? Ho mangiato una pizza e faceva schifo, sembrava un cracker. Ho ricevuto tanti avvisi di pagamento e non ho guadagnato abbastanza per pagarli. Ho visto partite in tv in cui le squadre per le quali tifavo hanno sempre perso. Mi si è rotto il fax (anche a voi, a questo punto della lettura, eh?). Ho letto un romanzo di Camilleri, "la Rizzagliata", niente di che, qualche fumetto, ho scritto un paio di mediocri articoli per una rivista, è finito il gasolio del riscaldamento e fa un cazzo di freddo e i neuroni sono atrofizzati per cui adesso vado ad accendere il fuoco nel caminetto, poi mi metto comodo in poltrona, accendo lo stereo - oggi ho voglia di sentire i Radiohead - e inizio a pensare ad un post decente. Mercoledì, 10 Febbraio 2010 Oggi fa ancora più freddo, e se aspetto di riscaldarmi per scrivere un nuovo post ci vediamo a luglio (papi è freddoloso, si sa). Dunque, approfitto dell'aria condizionata a palla che c'è nello studio per tenere fede ai miei propositi di scrivere un diario. Ieri c'è un certo materiale, diciamo che il post si scriverà da solo (qua bisogna abituarsi a fare le cose da soli, che siamo grandi, fra poco si compie un anno, si cammina con le proprie gambe..) (ognuno è legittimato a farsi da solo le proprie battute sul "farsi le cose da soli"). Sono all'Agenzia delle Entrate, in fila per avere udienza allo sportello. Ho preso il numerino e attendo che appaia sul display. Funziona così: su un tabellone tipo aeroporto appaiono i primi cinque numeri di codice che saranno chiamati. Quando tocca a te, il codice lampeggia, e poi una voce chiama il numero e ti dice a che sportello andare. Io ho KA 7. Ancora non tocca a me. La fila non si muove. L'atmosfera è piuttosto tesa, il tempo sembra non passare mai e molti iniziano ad imprecare. Ad un certo punto lampeggia il primo codice sul display. Finalmente ci si muove. Il codice è E C 6. Una voce di donna dallo sportello 2 lo pronuncia ad alta voce al microfono. "E C 6". E subito dopo, sempre al microfono, colta da un raptus sanremese. e ci seiiii ..... adesso tuuuu .... Ci guardiamo esterrefatti. Qualcuno abbozza un sorriso. Qualcun altro si mette le mani nei capelli. C'è chi rimpiange di non averne più, di capelli. C'è anche chi rimpiange di non avere portato pietre o pomodori. Io nascondo una zucchina e penso che in fondo non è andata così male. Sdrammatizzare è un dovere, in certe occasioni. Certo, poteva andare anche meglio. Se il codice fosse stato QQ7 ci si poteva anche nascondere ... Giuro. Questi post si scrivono da soli (e si vede) Venerdì, 12 Febbraio 2010 Per guadagnarsi il cielo ... Ricordo un libricino del catechismo, sarà stato di mia madre, dunque degli anni '50. Per ammonire i bimbi a tenere sempre comportamenti rispettosi, li si invitava a tenere presente che "Dio ci osserva sempre, dall'alto". Soggetti al controllo di quella instancabile Sentinella, generazioni di ragazzi sono cresciuti onesti, laboriosi e timorati di Dio. Il Paradiso ha, per loro, già le porte spalancate. Mi è sempre rimasto impresso un brano del mio libro di lettura delle elementari. Anni '70. Diceva pressapoco così: "quando stai per compiere un'azione, fatti questa domanda: se la mamma fosse presente, approverebbe?". Spesso e volentieri, diciamoci la verità, non avrebbe approvato. E così siamo cresciuti un po' repressi ma, sostanzialmente, onesti. Manitù, Budda o Kali dalle molte braccia sono pronti a stringerci, quando sarà il momento. Oggi, in questa società laicamente bigotta, e in cui la Morale è andata a farsi fottere in qualche "centro di fisioterapia", l'ultimo valido imperativo cui attenersi per avere una condotta opportuna è: "comportati sempre come se ti stessero intercettando". Magari non ti guadagnerai il cielo (che a nessuno interessa, ormai), ma eviterai Regina Coeli. Giovedì, 18 Febbraio 2010 L'eterno ritorno Chissà se, diciottenne scribacchino di diari, avrei semplicemente riso di me, o piuttosto mi sarei intimamente commosso nel vedermi a ora dei quarantun'anni chino su questo quaderno di mia figlia cinquenne in una sera piovosa di febbraio, a scrivere per tentare ancora, invano, di esorcizzare il terrore del tempo che passa ... ...In una sera che non ha voluto concedermi neppure il più piccolo conforto materiale - pure la mia squadra ha perso - che mi poteva consentire un più agevole corridoio verso il sonno, quello sì lontano da venire. Accanto al caminetto, con un esile fuoco, eccomi qui a cercare di tirare tardi - sono appena le undici aggrappandomi ad un libro che comprai ma non lessi all'epoca della sua pubblicazione, a metà degli anni '80, e che mi chiama spesso dalla libreria sfidandomi a verificare se la maturità può finalmente rendermelo piacevole, come non lo trovai, appunto, a diciott'anni. "L'insostenibile leggerezza dell'essere", un romanzo che fece epoca, o meglio, moda, citato persino da Venditti in una canzone dal titolo omonimo. Leggo le note biografiche: Milan Kundera è del '29. Se è ancora vivo - non mi risulta il contrario, ma chissà - ha più di 80 anni. Io lo ricordo ospite di varie trasmissioni, ancora giovanile, facendo due conti sarà stato sui 50-55 al massimo. Che avrà fatto in questi 25 anni nei quali la sua opera più nota è rimasta ad impolverarsi nello scaffale? Riderebbe di me o piutosto sarebbe intimamente commosso nel vedermi a ora dei quarantun'anni, chino su questo quaderno di mia figlia cinquenne, in una sera piovosa di febbraio, a scrivere del suo romanzo senza averlo letto, per tentare ancora, invano di esorcizzare il tempo che passa ... P.S. Dimenticavo. Ora che scrivo queste note è Carnevale. Chissà se, diciottenne scribacchino di diari travestito da Uomo Lagno avrei semplicemente riso di me ... Venerdì, 26 Febbraio 2010 La leggenda del re pescivendolo "Cosa faresti al posto mio? Cosa faresti? Se ogni pensiero fossi io, cosa faresti tu?" Sono qui. La sveglia non è ancora suonata e non suonerà, non fa mai in tempo. Fuori fa freddo, il letto è caldo, la voglia di alzarsi non c'è, quella non c'è mai. Stamattina sarà un'altra giornata di non-routine. Fare l'avvocato è una sorpresa continua. Spesso negativa. Si vive di alti e bassi e, ultimamente, questi ultimi prevalgono di brutto. Rimango ancora un po'. Cerco di astrarmi, di pensare a qualcosa di bello. Ogni sera, da sempre, per addormentarmi, provo a inventarmi un sogno. Sono stato ospite per anni di Maurizio Costanzo, nell'ultima sedia a destra, quella del comico o del cantautore. Spesso mi ha intervistato anche Fabio Fazio, eravamo molto amici. E ho fatto un sacco di concerti. Dovevate sentirlo, l'urlo del pubblico non appena dalla chitarra uscivano le note dell'ultimo successo! Ah, ho partecipato pure a diverse finali mondiali, da ragazzo. E sono stato a letto con un sacco di donne. Ci fu un tempo in cui addirittura annotavo sul mio diario le donne con cui avevo sognato di essere a letto. L'errore era di non precisare che si trattava di un sogno, così ho rischiato di essere lasciato quando quella che è la mia attuale moglie per caso lesse il diario. Ma non è successo, infatti ora è mia moglie. Anche se - come darle torto? - non ha mai creduto del tutto a questa storia dei sogni ed ha giurato che prima o poi? (prima?) me la farà pagare. Il tempo passa velocemente. Sono le 7.37. Ultimamente ho difficoltà a programmare i miei sogni. Non perchè li abbia tutti realizzati, al contrario, mi sembra che siano sfumati tanto che non è più credibile per me neppure immaginarli per addormentarmi. Come posso pensare di giocare la finale dei mondiali a 41 anni? E poi il Maurizio Costanzo show ha chiuso. E le donne? Dal megafono del furgone, la voce ammiccante del pescivendolo mi riporta alla realtà. "Donne, venit' a verè che bello pesce che tengo!" E' proprio ora di alzarsi. Mercoledì, 10 Marzo 2010 Happy birthday? Certi giorni guardi il mondo da prospettive diverse e ti ritrovi a sorprenderti. Oggi mia figlia compie cinque anni. Io mi ricordo dei miei cinque anni, era l'11 marzo del 1974. La foto ha cristallizzato l'attimo in cui spegnevo le candeline, vestito con un improbabile maglione giallo su pantaloncino corto, in marzo. Fisse di mia madre. Secondo lei le gambe non soffrono il freddo. Ho foto sulla neve del Terminillo, a 2.000 metri, con cappotto e passamontagna, e i cosciotti al vento. Dicevo che mi ricordo dei miei cinque anni. Mi rivedo in camera da letto chiedere a mia madre "ma oggi quanti anni compio?"."Cinque". "Dunque fino a ieri ne avevo quattro?". E lì a struggermi un pochettino del non avere apprezzato più di tanto l'avere avuto quattro anni fino ad un attimo prima ed aver perso, così, quell'attimo. Capirete che i compleanni, il tempo che passa, non sono mai stati una cosa che ho preso alla leggera. Un po di pressione, però, ha provveduto a toglierla mia figlia, che si è premurata di nascere il giorno prima del mio compleanno, in modo che di quest'ultimo nessuno si ricorda più, tutti presi dalle feste per la piccola, e io spero sempre passi inosservato, per non dovere fare i soliti conti dell'uno in più, che ora sono proprio tanti. Però, dicevo all'inizio, certi giorni guardi il mondo da prospettive diverse e ti ritrovi a sorprenderti. Ieri sera, prima di andare a letto, mi ricordai di quel mio infantile timore del vedere sfuggire il tempo senza poterlo più riprendere, dei miei quattro anni fuggiti via in un lampo senza che me ne fossi accorto. Mi avvicinai a mia figlia, pensai che dovevo dirglielo. Lei fino a ieri sera aveva ancora quattro anni, poteva apprezzarli ancora, prima di compierne cinque. "Rosaria, sai, oggi è l'ultimo giorno che hai quattro anni. Domani ne avrai cinque e mai più quattro" "Che bello, non vedo l'ora che venga domani!!". Ecco, questa prospettiva io non l'avevo considerata. Non l'ho mai considerata. Forse oggi fingerò di non pensare troppo che domani è il mio compleanno e, per l'ultima volta, ho quarant'anni. E poi andrò a fare un test di paternità per capire di chi cazzo è presa mia figlia. Tanti auguri, amore mio, sii felice come fai felice me. Chisenefottedeltempocheèpassatosepoiseinatatu? Domenica, 21 Marzo 2010 ancora un'altra primavera E così è di nuovo primavera. Tempo di novità, di rinascita. Tempo di metamorfosi. Fra una settimana si torna a votare. Ieri un tizio anziano sul palco in piazza del Popolo a Roma ha detto a denti stretti che la sfida è fra il partito dell'amore e quello delle spie. Ora, a parte il fatto che mi sembrava che Moana fosse morta, io resto sempre dell'opinione che quello di cui parla lui non è amore (ai miei tempi Escort era solo una buona macchina della Ford), e che in questi tempi senza etica sia un bene che qualcuno ci spii, perchè almeno questo ci costringe ad essere più attenti. Ieri la scuola di mia figlia ha organizzato una manifestazione per la giornata della legalità. Nel corso della stessa si sono svolti alcuni giochi (lanci di palle, come in piazza del Popolo), e per stilare la graduatoria finale alcune mamme e maestre si sono accapigliate accusandosi reciprocamente di imbrogli per favorire l'una o l'altra scuola, proprio sotto il cartellone che ricordava la giornata della legalità, ed il sacrificio di don Peppino Diana. Il Papa ha inviato una lettera contenente una dura reprimenda ai vescovi ed al clero irlandese per gli abusi sessuali ai danni dei seminaristi. Saranno giudicati da Dio e dai tribunali. Sul giudizio del primo non ho titolo ad esprimermi, anche se ad oggi una sentenza non l'ho ancora letta, e forse sarebbe il caso che lì si approvasse il processo breve. Quanto ai tribunali terreni, è lecito dubitare. Svolgendo en passant la professione di avvocato e difendo alcune famiglie i cui figli sono stati vittime di abusi in una scuola materna da parte di una suora. Orbene, una chiesa di quelle di cui si parlava nel catechismo avrebbe detto ai giudici "questa è la nostra pecorella smarrita, giudicatela senza timore". Nel caso specifico, invece, questa suorina deviata ha come difensore uno dei più noti penalisti italiani (la sua parcella equivale a diversi anni del mio lavoro, ed è ovviamente a carico della chiesa e del nostro otto per mille), e si sono sollevati tali e tanti cavilli che ad oggi, dopo diversi anni, il processo non è ancora iniziato. E' di nuovo primavera, tempo di rinascita. Ed io mi consolo pensando che qualcosa di pulito c'è ancora. Fra una settimana torna l'ora legale. L'unica cosa legale rimasta in Italia. Lo so, questo ci farà perdere un'ora. Scegliete quella che preferite. Un'ora di traffico, un'ora seduti sul water, se siete stitici. L'ora persa a leggere questo blog. Io farò come al solito. Dimenticherò di spostare le lancette dell'orologio e fra sei mesi le ritroverò magicamente a posto senza avere fatto nulla. Bibbidi bobbidi bu. Giovedì, 01 Aprile 2010 un post per me Una canzone per te come "non è vero"? Sei te!! Ero davanti al portone, leggevo i nomi sul citofono, ma non ne riconoscevo nessuno. Del resto il cognome della signora Angela, la mia vicina di pianerottolo, forse non l'ho mai conosciuto. E poi quanti anni avrà (avrebbe) oggi? Un'ottantina, se fosse viva. Che poi chissà quanti anni aveva allora, che quando sei bambino ti sembrano tutti vecchi ... Era una donna divorziata, ma magari aveva solo trent'anni, che ne so? Comunque, non leggo nessun cognome che mi ricordi qualcosa. Nel frattempo si avvicina un corriere, mi domanda un'informazione che io non sono in grado di dargli e prim'ancora che io abbia risposto negativamente ha letto la mia esitazione e sta già chiedendo ad un passante. Il palazzo mi sembra diverso. Al piano terra, nell'appartamento dove abitavo, c'è un laboratorio. L'intonaco mi sembra rifatto di recente, è di un giallo paglierino piuttosto luminoso, io invece ricordavo un rosa pastello. E poi la strada, ora è asfaltata, mentre prima era in terra battuta. E la collinetta dietro al palazzo, dove andavamo a fare le passeggiate, è stata sostituita da un altro condominio (la dove c'era l'erba ......). Mi incammino verso la chiesa dei SS. Protomartiri, passo davanti al parco giochi. Ricordavo un grande spazio attrezzato, c'era pure il campetto di calcio. Ora la maggior parte è adibita a parcheggio. In un angolo è rimasto un po' di verde, c'è uno scivolo, una giostrina, un girotondo. Mi avvicino. Non so se lo scivolo è lo stesso. Certo, se lo fosse, bisognerebbe fare un monumento alla ditta produttrice di giochi capaci di attraversare il tempo: sono passati più di trent'anni da allora. Non lo so, non riesco a ricordare. La ruggine pare un ottimo testimone a favore, ma la mia altezza è un ostacolo insormontabile per una valutazione definitiva. Sorrido amaramente e passo oltre. La strada che porta alla scuola elementare. Tutte le mattine a prendere la pizza bianca in quel chiosco a S. Damaso. Quanta ne volete? Cinquanta lire, rispondeva mamma. Certe volte ne volevo anche cento. Era troppo buona. C'erano i grani di sale grosso, c'era qualche volta una spolverata di origano. Ora al posto del chiosco c'è un negozio della Tim. E all'angolo di Piazza Borgoncini, prima del mercato, c'era l'edicola. Quella c'è ancora. Mamma sfruttava la mia passione per i fumetti per aiutarmi a vincere la timidezza. Se vuoi comprare Topolino devi andare da solo, ecco i soldi. Paperepopea, si chiamava, il primo fumetto comprato da solo, 400 lire, nel 1977. Classici di Walt disney. Lo ricordo come fosse ieri. E magari quello che è successo ieri non lo ricordo. Sto arrivando nei pressi della S. Francesco d'Assisi, la mia scuola elementare, ed ho tanta voglia di piangere. Non è solo un desiderio, è un qualcosa di irrefrenabile. La gente mi guarda, se ne accorge. Io provo a trattenere le lacrime e non ci riesco. Poi mi sveglio, fuori è ancora buio. Ho sognato la casa in cui abitavo, a Roma, ai tempi delle elementari. Molte descrizioni di adesso sono vere, perchè qualche anno fa ci andai davvero, a rivederla. Molte altre se le è inventate il mio inconscio. Guardo la sveglia. Sono le cinque e dodici. Il giorno è il primo aprile duemiladieci. Diciamo che mi sono fatto uno scherzo, un pesce d'aprile, ma mica è bello scherzare su queste cose. Il prossimo anno ripiego sul più classico "hai la scarpa sciolta". Tanto io indosso sempre i mocassini. Martedì, 13 Aprile 2010 se sono fiori fioriranno, se sono cachi ... Raramente riesco a leggere il giornale, ed anche se lo compro sempre rimane spesso lì senza essere aperto. Purtroppo la frenesia delle mie giornate mi consente appena di dare un'occhiata alle news su internet, e l'unica occasione in cui posso sfogliare un intero quotidiano è quando viaggio in treno come oggi. Peccato, perchè così solo raramente posso approfittare di gioielli del giornalismo, quali la notizia che ho letto stamattina su Repubblica. Si parlava della morte di Carla Mandelli, moglie del registra Francesco Rosi e sorella di Mariuccia (la più nota Krizia). Il giornalista, dopo aver ricordato che era deceduta per un tragico incidente - era bruciata viva a causa di una sigaretta accesa che aveva preso fuoco sulla sua vestaglia - quasi a voler perpetuare, come in un girone dantesco, l'orrenda fine, ha ricordato che per la Mandelli era stata subito "allestita la camera ardente". (lo so è un post cinico e neppure divertente - vorrei vedere! - ma mi sto allenando a trovare lo stile giusto per parlare adeguatamente di quello che è successo venerdì scorso, quando sono stato ospite in diretta a Mi manda rai tre. Quel post si intitolerà "ha ragione Berlusconi", ed è tutto dire). Lunedì, 19 Aprile 2010 Il Generale e il particolare L'Avvocato cammina da solo, come ogni giorno, lungo il vialetto in ghiaia che conduce alla Casina di Caccia di Villa Pamphili, a Roma. Gli altri habituè del parco non conoscono il suo nome, né da dove venga, sanno solo, per sentito dire, che da giovane era un famoso avvocato, e così lo chiamano, quando ne parlano fra di loro: l'Avvocato. Lo vedono puntuale giungere all'ingresso, alle sei di sera, procedere a passo svelto, diritto come un fuso nonostante l'età non più verde, alto e magro, il profilo aquilino che svetta quasi a fendere l'aria nel suo incedere a testa alta. Più che un avvocato, pensano in molti, sembra un generale. E' primavera, e in fondo fa lo stesso, perché lui cascasse il mondo è sempre lì, ad ogni stagione, a farsi i suoi cinque chilometri di passeggiata veloce, buona per le arterie e per non pensare. Ma chissà a cosa pensa, l'avvocato, sempre silenzioso, in quell'ora scarsa in cui, giorno dopo giorno, affronta insieme il fresco ponentino dei tramonti romani e le chiacchiere un po' pettegole di quelle altrimenti delicate signore che mai per caso occupano le panchine lungo il percorso che egli compie abitualmente, per strappargli un saluto che, per la verità, non fa mai mancare loro, sempre educato il generale, pardon, l'avvocato. Una cosa più di altre notano, quelle simpatiche spettatrici non paganti, e ci ricamano sopra. Quando l'Avvocato giunge all'altezza del laghetto, si ferma sempre qualche secondo a contemplare l'altra sponda, verso quei deliziosi gazebo fine ottocento che sembrano fatti apposta per gli incontri galanti. Si appoggia alla ringhiera, accosta la mano aperta alla fronte a ripararsi gli occhi dal sole gesto che fa tanto Generale - e scruta con attenzione le persone all'altra riva. Poi, dopo un po', riparte, deluso. Almeno così sembra a coloro che lo osservano, e che fantasticano di appuntamenti di tanti anni fa, di un amore lontano e di promesse non ancora mantenute e, ormai, chissà se lo saranno più. L'Avvocato, intanto, cammina a passo veloce. E pensa ad un aprile di tanti anni prima, non sa neppure lui quanti. In realtà finge, e ne è consapevole. Tanti ricordi se ne sono andati, ma quell'anno non l'ha dimenticato. Quando redige, periodicamente, il bilancio della sua vita, spesso sul retro di un quotidiano, nello spazio bianco ai margini di una pubblicità, sono pochi gli anni dei quali ha consapevolezza che sia stato bello averli vissuti. E accanto all'anno in cui nacque sua figlia, o a quello in cui mandò al diavolo la professione, c'è quello in cui conobbe lei. Una volta lui le scrisse che avrebbe voluto portarla a Roma. Ripercorrere accanto a lei i luoghi della sua adolescenza, osservare l'immensità di quella città dal cannocchiale a gettoni sopra il colle del Gianicolo, abbracciarsi e tenersi stretti stretti su quella panchina seminascosta di Villa Borghese, per un tempo indefinito da misurare con l'orologio ad acqua del Pincio, e infine aveva sognato di passeggiare mano nella mano nei viali alberati di villa Pamphili, fino alla chiesa di S. Pancrazio dai mosaici dorati che risplendono al sole, e sorseggiare una granita nei gazebo sulle sponde del laghetto. In fondo, quelle deliziose pettegole non hanno tutti i torti. Anche se l'Avvocato non le diede mai un appuntamento, per cui quando guarda da quella parte non soffre per una promessa mancata. E' che alla sua età non ha ancora smesso di sognare. E siccome sa che con lei si capivano anche senza parlare, non ha smesso di sperare che lei ricordi quello che le scrisse e che le voglia finalmente fare quella sorpresa. Fu così che lui aveva mandato al diavolo la professione e si era trasferito a Roma, seguendo l'intenzione di lei che pure, dalla sua città, aveva deciso di andare a studiare nella città eterna. Però, non si erano incontrati mai, o meglio, l'Avvocato non lo aveva mai saputo, perché di lei non conosceva che il nome. Non la voce, non il volto. E così quando guardava verso i gazebo, lui era ben consapevole di non poter sapere se lei ci fosse o no. Ma lo faceva perché sapeva di essere osservato. E siccome lei, invece, il volto di lui lo conosceva oddio, tanti anni prima! - nulla gli toglieva dalla testa che una di quelle sue fan fosse proprio lei, e gli piaceva così farle capire che non l'aveva dimenticata, e che quel 19 aprile sarebbe rimasto impresso nel suo cuore finché fosse vissuto. Del resto non era un'illusione più grande di quella che lo accompagnava da allora. Venerdì, 30 Aprile 2010 La leggenda dell'avvocato pescatore Checché se ne dica o si possa pensare, è molto diverso da questa o da quella parte del teleschermo. E Berlusconi - incredibile a dirsi - non ha tutti i torti. Ma procediamo con ordine. E' il pomeriggio dell'8 aprile quando io e il mio amico Walter (c'è chi lo chiama così) veniamo contattati dalla redazione di "mi manda rai tre" per partecipare in diretta alla trasmissione del giorno successivo che si occuperà di un caso di malasanità, vera o presunta che sia, nel quale noi difendiamo tre infermieri imputati - insieme all'intero personale medico e paramedico del reparto - di gravi reati a carico di un paziente ricoverato in psichiatria e purtroppo deceduto per cause da chiarire. Chiediamo lumi sull'impostazione della trasmissione. Ci viene garantito un autentico contraddittorio anche se - parole di una delle autrici - "sapete com'è, dipende anche da voi, dalla vostra dialettica, il tempo che parlerete". Diciamo che, facendo il mestiere più antico del mondo, noi avvocati almeno un po' di dialettica dovremmo averla, così questa condizione non ci preoccupa. Chiediamo anche se verrà proiettato un video relativo alla degenza del paziente - video che possediamo in versione integrale, oltre 80 ore, e del quale potremmo fornire ampi stralci chiarificatori - e ci viene risposto evasivamente (ma questo lo avremmo capito solo a posteriori) di no. Dunque consultiamo i nostri clienti, i quali si manifestano interessati a che si faccia sentire anche la loro versione dei fatti, ci concentriamo su alcuni argomenti che ci sembra importante toccare una volta in trasmissione ed accettiamo di partecipare. Facciamo una parentesi qualunquista e diciamo anche che è proprio giusto non pagare il canone. La redazione ci fa avere biglietti di prima classe andata e ritorno Salerno Roma, ci paga un albergo quattro stelle, un taxi dalla stazione, ci manda a prendere con l'autista elegantissimo e la mercedes in pelle umana .... E questo a tutti i partecipanti alla trasmissione di quella sera. Moltiplichiamolo per tutte le trasmissioni e tutte le reti, aggiungiamo i gettoni di presenza per i cd. esperti, la diaria del pubblico ecc. ecc. e capiamo in solo giorno quante centinaia di migliaia di soldi pubblici si sprecano. Che, per dire, noi ci andavamo anche a spese nostre, mica eravamo attori che andavano a recitare una parte. Almeno così pensavamo. Poi giunti lì - dopo averci dato il pass e averci fatto annusare le ballerine del lotto alle otto - ci mettono in una stanza due metri per due con moquette puzzolente e disegni psichedelici fatti apposti per confonderci le idee, ci portano due vassoietti di pizzette e pasticcini su cui si avventano i tecnici mentre ci microfonano e poi ci lasciano un'oretta a marcire in attesa di poter incontrare il conduttore "che vi vuole conoscere", ci dice l'autrice. Nel frattempo i familiari e i difensori del paziente deceduto sono in un grande salotto, serviti e riveriti, e truccati, mentre a me mettono solo un naso finto e a Walter imbottiscono le guance con dell'ovatta. A due minuti dalla diretta arriva Vianello, è alto un metro e basta, piuttosto antipatico e scorbutico, io gli chiedo dov'è Sandra, lui non trova la battuta simpatica - nessuno avrebbe potuto - e prima che gli dica che noia che barba è l'ora di entrare. Esordiscono con immagini scioccanti del video - che ci avevano garantito di non trasmettere sintetizzano in due minuti una degenza di quattro giorni, scegliendo con cura spezzoni in cui sembri un lager e non un normale - purtroppo normale - reparto di psichiatria, lasciano parlare mezz'ora la famiglia senza contraddittorio, parlano di torture, di "una persona che aveva avuto solo un attimo di difficoltà e che doveva uscire dopo qualche ora e invece è stato ucciso", e in quell'atmosfera, ci chiamano in diretta ad entrare. Appena qualcuno di noi prova a prendere la parola - magari per dire che non doveva uscire dopo qualche ora, ma che un Giudice ne aveva disposto il ricovero coatto per sette giorni per la pericolosità del soggetto o che il sangue mostrato non era di ferite ma semplicemente uscito da una flebo - gli assistenti di scena aizzano il pubblico a dire "vergogna" al nostro indirizzo. Appena proviamo a formulare una frase di senso compiuto che magari va contro il copione in cui noi siamo i cattivi, il conduttore ci toglie la parola. Certo, Walter si vendicò per bene quando, per chiedere la parola, esclamò: "senta, Dottor MARRAZZO". Ma fu una vittoria di Pirro. Alla fine tornammo in albergo sotto almeno 4 a 0. No, magari 4 a 1, forse il gol della bandiera lo segnammo, qualcosina riuscimmo a dirla, non incrinammo la salda e preconcetta tesi della colpa tutta da una parte (perché colpe ce ne saranno pure state, e saremo lieti che lo accerterà la magistratura e non Vianello), e ricevemmo tante telefonate e attestazioni di solidarietà di amici, colleghi e persone che conoscevano davvero la vicenda. E, soprattutto, raggiungemmo una straordinaria popolarità: la mattina dopo, nel ritornare alla Stazione Termini, in fila per lasciare i bagagli al deposito, fummo riconosciuti (!) da uno degli addetti, che ci fece pure passare, congratulandosi con ampi gesti. "avvocà, avete fatto proprio 'na bell'ARINGA iersera eh!". E mentre parlavamo, accanto a lui, una mendicante ascoltò tutto poi ci chiese se eravamo psichiatri. "Ci dispiace, signora, siamo avvocati, non possiamo aiutarla": Sono soddisfazioni. Non ce ne dimenticheremo. In fila al deposito bagagli abbiamo avuto così il nostro quarto d'ora di celebrità, per dirla alla Andy Warhol. E nel tornare a casa, in treno, abbiamo considerato che rai tre è proprio un covo di comunisti, che dovrebbero essere tutti epurati, e che il premier ha proprio tutte le sante ragioni di lamentarsi. E non pagheremo più il canone. E però è stata una bella esperienza. Così abbiamo deciso di non chiedere il rimborso delle spese del taxi, per non contribuire a quel vergognoso spreco. Per dirla tutta, abbiamo perso la ricevuta. Domenica, 16 Maggio 2010 Quando un libro ti apre la mente (e non solo ...) Problema La mia vita è piuttosto noiosa e monotona. Quando me ne lamento, tutti mi dicono che devo trovarmi degli hobby. Ma a me le soluzioni estemporanee non sono mai piaciute. Quando ho un po' di tempo libero voglio già sapere come posso impiegarlo, non è che può essere sempre pronta la squadra per la partita di calcetto, o le condizioni climatiche adatte per andare a pesca o in cerca di funghi, o per coltivare l'orticello. No, voglio un diversivo costante, che mi possa divertire ogni qualvolta io ne senta l'esigenza, qualcosa di eccitante e al tempo stesso che richieda impegno così da essere ancora più stimolante. Premessa e interludio Io sono stato un bambino piuttosto chiuso. Figlio unico, molto legato alla mamma, non ho frequentato neppure l'asilo, e sono stato molto spesso da solo, così da sviluppare una fantasia molto spiccata, un mondo interiore in cui rifugiarmi. La scoperta della sessualità, a causa della mia innata timidezza, è stata in età più tarda rispetto alla media dei miei coetanei. Mi sono rifugiato così nella masturbazione come oasi di serenità, rispetto alla difficoltà di approccio con le ragazze. Non ho mai amato gli animali, vivi, perlomeno. Quando mio padre andava a caccia e tornava con degli uccellini morti, io ci giocavo a lungo. Anche le lucertole sono state oggetto di esperimenti, ricordo bene quando le bombardavo con gli stecchi di plastica colorata dei ghiaccioli, e le mummificavo in forme variopinte. Soluzione Oggi pomeriggio leggevo un libro, "Anatomia del serial killer", di R. De Luca, ed. Giuffrè. A pagina 191 ho trovato la soluzione al problema di cui sopra. E dire che, a pensarci bene, era stata da sempre a portata di mano, soprattutto perché uno dei miei clienti - che peraltro non soddisfa come dovrebbe le mie parcelle - è titolare di un'agenzia di onoranze funebri. Finalmente so come potrò d'oggi in poi occupare proficuamente il tempo libero e, soprattutto, assecondando le mie tendenze ed aspirazioni! "L'assassino seriale necrofilo, di solito, è stato un bambino chiuso in sè stesso, timido e poco socievole con i coetanei. Il mondo della fantasia occupa un posto centrale nella vita di questo soggetto, a scapito del mondo reale, con il quale il serial killer necrofilo non ha molta dimestichezza. L'interesse per gli animali morti è generalmente il primo segno rilevante della futura necrofilia, anche se, a differenza dell'assassino seriale sadico che prova piacere a torturare gli animali, questo soggetto è incapace di infliggere dolore agli animali. Il sesso con delle persone vive è qualcosa che incute loro paura: il piacere sessuale è inibito dalla paura dell'oggetto". Certo, mi servirà l'aiuto di tutti, soprattutto di voi, amiche lettrici. Chissà perché, prevedo un incremento esponenziale delle cremazioni. Domenica, 23 Maggio 2010 invocazioni e cattive interpretazioni ... All'asilo di mia figlia - 5 anni - è tempo di recita di fine anno. La drammatizzazione prevede che ogni bambino interpreterà un sentimento, sulla base di quello che le insegnanti pensano sia il tratto distintivo del suo carattere. Prima di assegnare i ruoli, la maestra (che mi ha raccontato questo episodio) ha provato ad interrogare i bambini sulle espressioni dei sentimenti, per vedere se fossero loro ben chiare. Giunti alla collera, molti bambini sono apparsi un po' in difficoltà a spiegarla. Ma non mia figlia, che agitava la manina impaziente di poter dare una definizione. "Maestra, maestra, lo so io com'è la collera!!" "Rosaria, va bene, ho capito, dimmelo!" "Allora, la collera è quando il mio papà scende i Santi!!" La maestra cercava di glissare: "ma no, quelle sono le preghiere ..." "No, maestra, è proprio così: la collera è quando papà si arrabbia e scende i santi! Sai, li scende proprio tutti!!" P.S. Tranquilli. Mia figlia nella recita interpreterà la Gioia. Sabato, 29 Maggio 2010 pensiamo prima di parlare!! In Italia ultimamente ci si indigna troppo e, a parer mio, assolutamente a sproposito. Se fossimo meno superficiali capiremmo che certe condotte che vengono ritenute riprovevoli, in realtà sono più che giustificate. Faccio solo qualche esempio, ma ce ne sarebbero millanta. Vediamo ... Saviano e compagnia bella se la prendono troppo, e fa bene il Premier a dire che danneggiano l'immagine dell'Italia, per questo fatto che al sud bisogna pagare il pizzo. E che siamo, in Cina? Dove i lavoratori vengono rinchiusi negli scantinati a cucire palloni per un centesimo al mese? E' chiaro che il pizzo si deve pagare!! Che queste povere donne che ricamano ci rimettono la vista e le dita per realizzare quei bei merletti e poi li devono dare via gratis?? Dice che tutti questi sprechi alimentari dell'occidente sono un oltraggio ai paesi poveri. E l'esempio che diamo ai nostri figli, poi??? Quando non mangiano tutto, subito lì a dire: "Come, tu butti via il cibo e quei poveri bambini muoiono di fame?? Mangia tutto e non lasciare una briciola!" Come se poi il bambino del biafra col pancione gonfio sia più contento se il nostro bambino si strafoga e lecca pure il piatto! ... E tutti a dare addosso al povero Scajola, che a sua insaputa gli hanno pagato l'appartamento e ora si è dovuto dimettere da ministro e magari lo sbattono pure dentro ... Paese di ipocriti!!! Come se non vi fosse mai capitato di ricevere una ricarica al cellulare fatta da qualcuno che per sbaglio ha digitato il vostro numero. Vi devono linciare per questo?? Poi quei gentiluomini degli appalti per le grandi opere ... infamati a dismisura!! Dice che hanno gioito per il terremoto. E allora? Quella è gente religiosa, stanno pure nei cori(sti) vaticani ... Sanno che prima muori prima vai in paradiso, e perciò festeggiano ad ogni catastrofe: meglio un viaggio in comitiva con tutti i familiari che una trasferta da solo e gli altri a piangere! E nel frattempo, in attesa del giudizio universale e del ritorno in terra, loro ricostruiscono tutto a regola d'arte, tanti appartamenti nuovi, magari anche all'insaputa di qualcuno!! Sabato, 05 Giugno 2010 Ti avevo scritto una poesia Ti avevo scritto una poesia c'erano dentro le parole delle nostre canzoni quei giorni che non torneranno Ti avevo scritto una poesia avevo scelto le frasi con cura quella cura che forse non ti diedi quando l'orizzonte, da nitido che era si è leggermente velato Ti avevo scritto una poesia nata così, mentre il sole di un'altra primavera si insinuava curioso tra le nuvole e le sbarre della finestra Ti avevo scritto una poesia forse sperando in un nuovo inizio o di ritardare all'infinito questo lungo addio Ti avevo scritto una poesia poi da quelle nuvole è sorto un temporale improvviso che ha fulminato l'hard disk e addio file eorachicazzoselaricorda? Venerdì, 11 Giugno 2010 I sogni e la crisi Una volta si diceva "sogni d'oro" quando si voleva augurare a qualcuno un viaggio onirico d'eccellenza. Perchè l'oro era il metallo nobile, perchè il desiderio di tutti era sguazzare nell'oro come zio Paperone, perchè chiunque sperava di potere avere il tocco di Mida. Ma oggi, con questa crisi, anche i sogni devono essere ridimensionati, e i pubblicitari, sempre attenti al loro target, lo sanno bene. Nell'ultimo spot dell'Alfa Romeo, per presentare la nuova Giulietta, interamente costruita in alluminio, l'intrigante Uma Thurman, citando Shakespeare, declama: "Io sono Giulietta, e sono fatta della stessa materia di cui sono fatti i sogni" D'alluminio. Dunque ora i sogni migliori sono fatti di alluminio. Io non puntavo all'oro, ma, trattandosi di sogni, perlomeno al bronzo! Invece ci tocca sognare l'alluminio. Una padella, magari. E i sentimenti dove sono finiti allora? Una volta dell'uomo buono si diceva avesse un "cuore d'oro". Ora passeremo all'alluminio? In certo senso sarà meglio, così le emozioni, come i cibi, non attaccano, e vivremo più sereni. Senza dimenticare, come conclude lo spot, che ... "senza cuore saremmo solo macchine". No, cara Giulietta, non sono d'accordo. Senza cuore saremmo semplicemente attaccati alle macchine. (e non è forse questo ciò che i pubblicitari vogliono?) Martedì, 15 Giugno 2010 Razzismo o esterofilìa? Ero molto in dubbio su che tipo di post provare a scrivere. Ironico? Sociologico? Politico? Il tutto scaturiva da un manifestino affisso alle pareti della stazione ferroviaria di Ascea (Sa), dal seguente contenuto: CERCASI donna straniera per aiuto domestico dalle 14 alle 16. Telefonare a ..... Perchè l'autore del manifesto voleva per forza che i propri piatti ecc. glieli lavasse una straniera??? La miriade di possibili risposte rendeva possibili altrettanti tipi di post. Allora mi sono detto: perchè non chiedere ai miei 36 lettori di trovarla per me questa risposta? Partecipate al concorso??? Al vincitore andrò io a fare i servizi. Con la parrucca e quell'accento cingalese, che mi viene così buono, badrone. Sabato, 19 Giugno 2010 metafore Me lo riprometto da anni, ma ancora non ho attaccato un poster alla parete di fronte al tapis roulant, e così fisso un muro verde allenando anche la mia scarsa fantasia per immaginarmi un sentiero accogliente nell'ombra di un bosco, un raggio di sole dietro una curva, un incontro inaspettato ... In realtà sono nella stanza adiacente al mio studio, fra una fotocopiatrice, un fax, una scrivania ricoperta di vecchie carte, e corro, corro, i chilometri passano sul display, ma a dispetto della fantasia, il muro è sempre un muro, ed io son sempre lì. Proprio come nella vita. Che ci affanniamo e siamo sempre al punto di partenza, e d'un tratto si taglia il traguardo e non è una vittoria, alla fine, tutt'altro! (Chissà se questa metafora del cazzo (tapis roulant / vita) l'avrà già fatta qualcun altro? Invece di fare il filosofo, meglio che mi concentri un po', ancora con le calorie siamo a 90, non ho bruciato nemmeno una yogobrioss ... ) Domenica, 27 Giugno 2010 devolution e fumetti Intervista a Flavio Briatore (con moglie al fianco) su RaiUno oggi pomeriggio nel pregara del Gran Premio di Formula 1. "Pensa di tornare alla giuda di un team?" "Per il momento no, ma poi vediamo la cosa come si Devolve". "Una domanda anche alla signora: Elisabetta, innanzitutto il bambino come sta?" "Falco Nathan sta bene, grazie". Domenica, 27 Giugno 2010 Vivo in un paesino nel quale ci conosciamo tutti, e quando mi trovo, come avvocato, a risolvere un piccolo problema a qualcuno, nella maggior parte dei casi non mi faccio pagare, ma capita spesso che poi i clienti vogliano comunque sdebitarsi in qualche modo. Così successe con quella giovane e formosa contadina, che mi ripagò in natura (una busta di broccoli), o con quel pastore cui avevano sequestrato il gregge perché affetto da brucellosi, e mi regalò una cassetta di formaggio. Ma quel che successe con la signora Carmela ve lo voglio proprio raccontare. Carmela era stata convinta da un astuto agente ad iscrivere il proprio figliolo ad un corso di informatica per una cifra considerevole, solo che il figlio non ne voleva sapere e, a causa di una clausola-capestro, pur senza che egli frequentasse le chiedevano il prezzo dell'intero corso. Come fu e come non fu, a seguito di mie numerose telefonate, lettere, incontri con i rappresentanti della società, alla fine le fu consentito di non pagare nulla. Quando la chiamai per darle la bella notizia non passarono dieci minuti che si presentò a casa mia, con l'intenzione di sdebitarsi subito. Prese dalla borsa una busta bianca e me la porse. Io fui colpito dalla sua delicatezza - aveva evitato di mettermi in mano dei contanti, ma mi pagava con discrezione e rispetto - ma altrettanto delicatamente provai a rifiutare, spiegandole che non usavo prendere nulla dai miei compaesani e non c'era motivo perché facessi eccezione per lei, che pure era stata gentile ad accordarmi fiducia. Magari, in futuro, si sarebbe rivolta a me per questioni più serie e sarei stato lieto di aiutarla, in quel caso ricevendo il giusto compenso. Ma lei insistette così tanto, che non ci fu verso di farla desistere e mi fece prendere la busta Io ero agli inizi della professione e sarei bugiardo se affermassi che qualche soldo non mi avrebbe fatto comodo. Solo che tenendo in mano la busta mentre la salutavo e la ringraziavo mi sembrò straordinariamente leggera e allora, pur consapevole che non era un comportamento garbato, la aprii davanti a lei. Vuota, come le mie tasche di giovane avvocato. Feci senza pensarci il gesto di restituirgliela. Ma lei , ferma nel suo proposito. "No, avvocato, ve la dovete prendere e basta. Non è giusto che io approfitti del vostro lavoro. Avete spedito una lettera per me e ci avete messo anche la busta di tasca vostra, almeno prendetevi questa che avevo a casa in cambio". Neanche a dirlo, poi, quando qualche tempo dopo il marito dovette affrontare un processo importante, si rivolse ad un altro avvocato. Non ricordo se ne fui dispiaciuto. Venerdì, 02 Luglio 2010 diario vs. blog Più o meno a partire dal liceo ho tenuto un diario, e fino a metà degli anni '90. Quando nel 2007 ho deciso di aprire un blog, l'ho immaginato come una continuazione di quel discorso con me stesso interrotto una decina d'anni prima. Solo che - in ragione di un mio malcelato pudore - quel che scrivo, proprio perché può essere letto da tutti, non può contenere davvero il racconto dettagliato dei miei reali stati d'animo, i resoconti critici delle mie esperienze, le vicende che compongono il mosaico della mia quotidianità. Sì, è vero, talvolta faccio riferimento a situazioni personali, ma filtrate dall'ironia, o comunque paradigmatiche di situazioni comuni o note alla maggior parte dei lettori (le storielle della mia bambina, divertente e tenera come tutti i bambini, il rifiuto degli anni che avanzano, disagio certamente condiviso da chiunque). Ma tutto ciò, se risulta essere assai piacevole soprattutto per lo scambio di commenti e messaggi con chi mi legge e magari apprezza quel che scrivo e mi invita a sua volta a leggere, non assolve però alla straordinaria funzione catartica del diario vero e proprio. Mi spiego meglio. Per me è stato sempre molto salutare poter tirare fuori e mettere su carta i miei "demoni", le mie reali sensazioni, confidarle all'altro me stesso che era il diario ("Caro diario ...") senza temerne il giudizio, anzi essendone approvato, e così facendo liberandomi in un certo qual senso dei pesi che la mia coscienza quotidianamente accumulava e dei "segreti" - fosse stato anche una cosa banalissima, che però per me era importante e volevo dire senza realmente confidarla a qualcuno. Tutto questo non è il blog, e mi manca. Ma il tempo non è passato indenne, non so neppure se riuscirei ancora a prendere in mano una penna chissà quanti ripensamenti e cancellature, mentre col computer è tutto perfetto! - e, in fondo, se provo a rileggere i miei diari di allora col senno di poi, non credo neppure che la mia vita di adesso sia mai in grado di regalarmi sensazioni così forti come quelle frequenti della gioventù. Non mi arrabbio più come una volta, e se mi capita è più un rammarico che un rancore. Non mi emoziona mai così tanto un libro o un film come quando mi sentivo di raccontarlo al diario. La vita non è più un'esperienza nuova ed eccitante, perché i passi più importanti sono stati già tutti fatti. E se vedo una bella donna non mi fermo più a parlarle con l'intenzione di corteggiarla, né m'immagino che quel saluto abbia un seguito. Non ci penso nemmeno, figuriamoci a tradire e parlarne col diario. Come quando fu inevitabile smettere di scrivere per salvare il salvabile. In fondo, a pensarci bene, quella del blog è stata la scelta migliore. Domenica, 04 Luglio 2010 la felicità è questione di prospettiva Prendiamo la musica. Suono la chitarra da vent'anni, a orecchio. Ho preso in tutto tre o quattro lezioni. E si sente. Il pianoforte lo strimpello dopo aver studiato, da piccolo, per un paio d'anni, organo da un maestro di fisarmonica. Con la batteria riesco a portare il tempo, cassa, rullante e charleston. L'armonica a bocca l'ho imparata a furia di imitare De Gregori e Bennato. Ho composto parole e musica di almeno un centinaio di canzoni che conosciamo in pochi e ci sarà un motivo. Sono pure arrivato secondo a qualche concorso musicale per brani inediti. Nel '91 prima arrivò una canzone intitolata "Mulazza vagabonda". Risparmio uguali considerazioni in ogni altro settore in cui la mia eclettica esistenza mi ha visto impegnato. Insomma, non eccello (esisterà questa parola?) in nulla, e me ne rammarico molto, detesto la mediocrità . Che bel giorno sarebbe quello in cui riuscissi a pensare (e a gioire) di saper fare decentemente un sacco di cose! Invece passo i giorni a maledire quel maestro di fisarmonica disonesto che non disse a mia madre che l'unico organo che aveva mai toccato era il suo. (... a pensarci bene, una volta voleva toccare anche il mio, ecco perchè smisi le lezioni!!) Lunedì, 05 Luglio 2010 ma sarà proprio perfetto lo stato di salute??? Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente messaggio privato ricevuto or'ora, ché possa illuminare tutti noi che siamo su Splinder sull'internazionalità dei lettori e sul loro perfetto stato di health!! Hi! Sono la signora Minnie come stai! spero tu stia bene e in perfetto stato di health.I ha attraversato il tuo profilo e ho letto e ha preso interesse, scrivere di me su questo ID ([email protected]) Sarò aspettando la tua mail perché ho qualcosa di MOLTO importante da dire you.lots d'amore Minnie. [email protected] Se qualcuno ha preso interesse e volesse scrivere a Minnie, non sono geloso, può andare tranquillo. Lots d'amore a you. Giovanni Giovedì, 08 Luglio 2010 Sempre più inopportunista Me ne sono accorto definitivamente durante questi campionati mondiali di calcio. Ho iniziato tifando Italia, ovviamente, ed è andata come sappiamo. Poi ho ripiegato sull'Argentina, e ne ha prese quattro dalla Germania. Allora ho scelto la Germania, e ieri è stata eliminata dalla Spagna. E' sempre così, quando io faccio una scelta di campo si dimostra subito errata, anche se appariva quella vincente, e se tutto deponeva in favore di quella opzione. Così fu, ad esempio, quando scelsi di candidarmi alle elezioni, in una lista che aveva vinto con facilità alla precedente scadenza, ed invece fu ignominiosamente battuta. E non è solo una questione recente; uno degli episodi che mi hanno segnato in maniera indelebile risale a quando avevo neppure diciott'anni. Per una partita di calcio a 5 eravamo in 11. In tal caso, per giocare tutti, si usa che la persona in più giochi un tempo per parte. Dando per scontato che avrete già capito chi era la persona in più, si presume che nel tempo in cui una delle due squadre giochi con l'uomo in più, essa sia avvantaggiata. Orbene, alla fine del primo tempo la mia squadra (quella con l' "uomo" in più) perdeva due a zero. Si cambia campo, io passa con l'altra squadra e il risultato finale è di 3 a 2 per la squadra in cui militavo nel primo tempo, che senza di me trova una straordinaria rimonta. Che dire? Già ne parlai circa un anno e mezzo fa nel mio vecchio blog a questo indirizzo: http://iltombino.splinder.com/post/19597080/considerazioni-oggettive-eneologismi Sono un inopportunista, c'è poco da fare. Quanto ai mondiali, rimane solo la finale. L'ultima chance di sconfiggere il mio amaro destino. Tiferò Olanda con tutte le mie forze. Potete già iniziare a complimentarvi con gli spagnoli. Sabato, 10 Luglio 2010 Pietre miliari Afferrammo la pietra e tentammo di sollevarla, ma per quanti sforzi facessimo non si spostava di un millimetro. Pietro, che più di noi era pratico di lavori manuali, ci chiese spazio. Innanzitutto, poggiò un ceppo di legno ai margini della buca. Poi tolse le cinghie al suo zaino, creò una specie di cappio e lo fece passare sotto un angolo della pietra. Quindi, ci consegnò le estremità dicendo di tirare con forza. Appena la lastra si sollevò di qualche centimetro, vi infilò sotto il badile, e poi fece leva appoggiando il manico del badile sul ceppo. Con quell’azione coordinata, riuscimmo a mettere la lastra in verticale, in modo da guardare cosa ci fosse sotto. La luce del sole illuminò, dopo oltre un secolo, il coperchio di metallo di una piccola cassa. Rimanemmo un attimo sconcertati dal fatto che fosse proprio come ce l’eravamo immaginata. Come nella vita sembra non debba succedere mai, perché quando ti aspetti, ti prefiguri una cosa, il diavolo ci mette sempre la coda e una sorpresa, bella o brutta, c’è sempre, ognuno di noi in cuor suo probabilmente sperava di ritrovare la cassa proprio così, con le borchie dorate coperte di terra ma che le vedevi che erano pronte a scintillare con una passata di gomito; con il coperchio bombato, proprio il forziere come era disegnato sulle illustrazioni dell’Isola del Tesoro, il libro di Stevenson che mi aveva regalato mamma quando avevo superato gli esami delle elementari. Ma ancora non riuscivamo a credere che sarebbe stato proprio così, che per quattro ragazzi, a soli quindici anni, si fosse avverato un sogno. Ed invece la cassa era lì. E sembrava anche sorriderci beffarda, sembrava dire “ué ninni che ne sapete voi della vita, che tanta pioggia vi deve ancora cadere in testa, che tanta neve deve imbiancare i vostri capelli …”. Nessuno si azzardava a fare il primo passo verso la buca, quell’istante, quel lungo istante della scoperta, sembrò cristallizzarsi all’infinito. Era chiaro che appena uno di noi si fosse mosso tutti ci saremmo mossi immediatamente, che avremmo preso a ridere, a piangere, ad urlare la nostra gioia, ma ancora, evidentemente, non era il momento. Eravamo ancora tutti fermi lì, in cerchio attorno alla buca, quasi tenendoci l’un l’altro per mano come in un girotondo fotografato e consegnato alla posterit{, come la riproduzione dell’attimo in cui tutto è già accaduto o tutto deve ancora accadere, ma tu sei lì e non lo sai ancora, non riesci proprio ad immaginartelo. (da "Una pietra sopra", di G. Laurito) Venerdì, 16 Luglio 2010 Leggete, presto, che appena torno in me lo cancello subito!!!!!!!!!!!!!!! Oggi fa un certo caldo (38,5° alle 16.30), e la fantasia ne risente. Quale idea migliore di farmi il questionario di Prost? * (*Scrittore francese appassionato di corse che una volta ripensò alla sua infanzia odorando i fumi di scarico di una Ferrari). Vi dico tutto, a cuore aperto. La mia verità, le mie opinioni sulle questioni più importanti. Così, per conoscerci meglio! 1) (partiamo facile) Qual è il senso della vita? Se è quello che suggerisce il mio navigatore è sicuramente sbagliato. 2) C'è vita sugli altri pianeti del sistema solare? Mah, forse un po' il sabato sera... 3) Credi in Dio? Credere è una parola grossa ... diciamo che lo stimo (thanks, W.A.) 4) A quanti anni hai fatto per la prima volta l'amore? Ricordo solo che era estate. Al mare. 5) Ti è piaciuto? Ricordo solo che pensai che piantare l'ombrellone era un gioco da ragazzi, al confronto. 6) Animale preferito? Cincillà 7) Perché lo preferisci? Mi piace pronunciarlo. Cincillà. Cincillà. 8) Cosa cerchi in una donna? ooops, scusa, la smetto subito ... 9) Facciamo il gioco del "se fossi ..." : Se tu fossi un fiore? Sarei allergico 10) Se fossi una pianta? Quella dei piedi. 11) Possibile dare una risposta seria? Sentiamo la domanda 12) Cosa cambieresti della tua vita? Mi trattengo dal dire le maniglie dell'amore. E rispondo che questa vita è andata così, e non mi lamento, ma spero tanto nella prossima. 13) Credi nella reincarnazione? E' un dogma. "De scarpibus strettibus provocandae sunt reincarnationis ungularum" 14) Credi che possa bastare? Direi proprio di sì. E questa certamente era una risposta seria. 15) Vuoi aggiungere qualcosa? Sì. Conservate bottiglie vuote (thanks again, W.A.). Domenica, 18 Luglio 2010 In un mondo imperfetto e materiale, che deplora la fantasia ... ... Scrivo perché sono solo, e sono solo perché scrivo. Quando anni fa strimpellavo indegnamente la chitarra, nel medesimo aforisma sostituivo la parola "scrivo" con "suono". Ciò parafrasando - anche prima di averlo letto e, dunque, in contatto medianico con il buon Groucho del mio avatar - un dialogo dei Marx Brothers contenuto in programma radiofonico degli anni '30. In quell'occasione Chico Marx, musicista da strapazzo, raccontava al fratello Groucho che i locali sulla via principale gli offrivano dieci dollari a sera per suonare. E venti per non suonare. E ancora di più per suonare nel locale concorrente! Venerdì, 23 Luglio 2010 Sono ore che tergiverso su una comparsa conclusionale. Inizio una ricerca, poi leggo la prima pagina di Repubblica, poi scrivo due righe, poi vedo se è arrivata posta, poi sfoglio una rivista, poi continuo un po' la ricerca, e so già che stasera non sarò approdato a nulla. Faccio sempre così. Scrivo un romanzo, ci impiego un anno, lo mando ad una casa editrice (su mille), non mi risponde e lo lascio lì, senza insistere, senza provare a superare la prima difficoltà. Conosco qualcuno in chat, faccio due chiacchiere, forse potrebbe essere un amico speciale, forse la donna della mia vita, ma non lo saprò mai, perché poi leggo la prima pagina di Repubblica, controllo la posta ecc. Questo è il mio più grande cruccio. Forse avrei potuto raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissi. Ma lascio sempre a metà tut Mercoledì, 28 Luglio 2010 Muore giovane chi è caro agli dei ... Leggo questa frase di Menandro sul manifesto che il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati ha fatto stampare per le esequie di un collega di appena trentadue anni, scomparso domenica per un incidente stradale. Osservo gli sguardi increduli dei familiari di Enrico. Più che disperati, increduli. Era uscito per una semplice passeggiata domenicale in auto con la giovane moglie e la figlioletta di quattro mesi, e non è più tornato a casa. Un ubriaco li ha falciati, rimanendo peraltro illeso. Enrico è morto. La figlioletta è ancora in prognosi riservata. La moglie forse se la caverà. Come se poi sopravvivere, in certi casi, significhi cavarsela. Muore giovane chi è caro agli dei ... Questo ragazzo, pieno di vita, il cui vocione allegro riempiva i corridoi dei tribunali e delle aule di udienze, non potrà godersi il momento più appagante dell'esistenza, quello in cui si raccolgono i frutti di anni di sacrifici, quello in cui ci si alza la notte, sfiniti eppur felici di consolare il pianto di quell'esserino appena venuto al mondo, vederlo crescere. Quell'esserino, che nel caso di Enrico, se tutto andrà bene - se tutto andrà bene!!! - e vivrà, non avrà più il suo papà. Muore giovane chi è caro agli dei ... E io, per comprendere, per trovare un senso, mi ritrovo a pensare alle farfalle. A quella vita spensierata e felice, che pure dura solo una settimana, ed evidentemente, nell'equilibrio delle cose divine, deve essere il tempo giusto. Così, vuol dire che non era più tempo di farci, con Enrico, quelle battute sul vestito uguale che avevamo comprato, e che entrambi, scherzando, ci lamentavamo ad alta voce che dovevamo metterci d'accordo, che non sia mai che io sia scambiato per quell'azzeccagarbugli di Giovanni, e non sia mai che io sia confuso con quello sciattone di Enrico ... Muore giovane chi è caro agli dei ... ... E mentre seguo il corteo funebre e osservo gli sguardi increduli dei familiari, mi giro di lato, avverto un po' di fastidio e mi ricordo con enorme vergogna del mio torcicollo. Quel torcicollo per il quale ieri mi ero lamentato a lungo, mentre stavo spaparanzato su un divano a guardare la tv, mentre godevo dell'aria mite di quest'estate, mentre mia figlia giocava accanto a me, mentre progettavo il mio futuro e ancora posso farlo. Io. Io che, senza aver fatto niente, agli dei sto sul cazzo. Giovedì, 29 Luglio 2010 sono popolarisssimo!!! !!! 10.000 persone hanno visitato il mio profilo !!! E nessuna mi ha consigliato una rinoplastica. (sarà perché, per la maggior parte, sono io ad aver cliccato, ed ho paura dell'anestesia?) Grazie, comunque. Dio ve ne sarà grato (v. post precedente) Martedì, 03 Agosto 2010 Il meglio deve ancora venire "è con questa canzone che faremo adesso, che tutto è cominciato, vent'anni fà" Ligabue pronuncia queste parole e attacca il riff di chitarra diBalliamo sul mondo. E c'eravamo anche noi, vent'anni fa, a ballare sul mondo. Io e il mio amico Walter, nella nostra 126 bianca, sul lungomare di Ascea, con lo stereo a palla, a fingere di ripetere procedura civile - l'esame fra qualche settimana - ma in realtà a memorizzare quegli straordinari pezzi. Leggere la track list del primo album di Ligabue giustifica la convinzione che il primo album, come il primo romanzo (e il primo amore?) è sempre il migliore. Perché in quello fai la summa di tutte le esperienze passate, hai avuto tutta la vita fino ad allora. Mentre il secondo (album, romanzo, amore) godrà soltanto del lasso di tempo trascorso dal primo. Un tempo infinitamente minore. Un tempo di seconda mano. Non è tempo per noi, Piccola stella senza cielo, Bar Mario, Bambolina e barracuda, Balliamo sul mondo. Tutte in quell'album. A tacere di Sogni di rock & roll, proprio quello che vivevamo in quell'estate del '90, appena ventenni, con tutta la vita davanti, a spingerci forte verso il futuro, verso il domani. E la sera quei pezzi ci accompagnavano nelle feste, nei falò, nelle serenate, nei baci, nelle corse a perdifiato, insomma in tutto quello che poteva venire fuori mescolando chitarre, canzoni, emozioni e la voglia di vivere dei vent'anni. E il primo concerto di Ligabue, a Napoli. nel 93, e quello di Palinuro, davanti a non più di cinquanta persone, la maggior parte delle quali eravamo noi e i nostri amici. Sono ancora orogoglioso di esserci stato in quel concerto, di quella tournèè in cui il Liga ha scritto, poi, che aveva pensato di dover smettere, perché non se lo cagava nessuno. Noi sì, Luciano. Sicuro. E infatti, vent'anni dopo siamo ancora qui a sentirti. Salerno, stadio Arechi. Ci vedi in mezzo a quelle trentamila persone? Siamo quelli lì, nella tribuna numerata e coperta, troppo vecchi per il prato, e per rischiare l'acquazzone previsto dal Meteo. E infatti, quando alle 23 esatte attacca a piovere, noi siamo lì, tranquilli. Poi smette e lasciamo il nostro comodo rifugio, con nelle orecchie e nel cuore sempre quei vecchi sogni di rock & roll. Certo, poi si metterà a piovere a dirotto nel tragitto fra lo stadio e il parcheggio. Tanto da dover tornare a casa guidando in mutande, comunque cantando. Ma questa è un altra storia. E un altro modo di sentirsi leggeri. Come può succedere solo certe notti ... Sabato, 14 Agosto 2010 proprio come fèisbuc Oggi vi parlo delle mie vacanze, rapidamente, perché si sta scaricando la batteria del pc Positano - la perla della costiera amalfitana Giovanni - il pirla della costiera amalfitana (120 euro per due grigliate di calamari) Oasi WWF di Morigerati (Sa), uno degli ultimi posti in cui vive la lontra, ma dove i visitatori scoprono dalle guide che NESSUNO ha mai visto la lontra, che esce solo al buio e raramente (come me), e la cui presenza è testimoniata solo dal rinvenimento dei suoi escrementi (che vacanza di m...) Lago dell'Alento, dove una salutare animazione per bambini li porta, per la caccia al fantasma, nei cunicoli sotto la diga, a - 15 gradi, al buio, sotto ventidue metri di acqua, e dove l'unica vera apparizione (a prescindere dall'idiota col lenzuolo e le scarpe da ginnastica) è stata la polmonite. E poi, in ordine sparso, la tipa nordica sul battello che ha scattato foto a tutta la costiera amalfitana, che avrebbe suggerito al compianto scrittore svedese un ulteriore romanzo "donne che fotografano le rocce" ... oppure i calamari di cui sopra, che appena messo piede sul traghetto col mare mosso, hanno pensato prepotentemente di voler ritornare nel loro habitat naturale ... e ancora la consapevolezza che la vera vacanza "mordi e fuggi" è quella delle inafferrabili zanzare dell'Alento ... e i discorsi carpiti da alcune ragazze sulle scalinate del duomo di Amalfi, da cui ho dedotto che alle donne piace un sacco il sesso orale, nel senso che ne parlano in continuazione ma non la danno mai via. Per le foto delle suddette vacanze, potete andare su facebook sull'album personale della tipa nordica, sicuro che non si sarà fatta sfuggire il tuffo spettacolare dei calamari dal mio stomaco al ponte di prua ... Lunedì, 23 Agosto 2010 Sarebbe bello uscire e parlare di noi in questa sera di settembre che sembra sempre estate eppure piano piano bisogna farne a meno Senza ali è raro che si possa volare ma una volta mi è riuscito ho fatto un salto sulla luna roba di un minuto son subito caduto Ma io non so perché se non ti vedo non è lo stesso è già successo e non è possibile sarò invisibile una volta ancora No, non è successo niente ho solo letto i tuoi pensieri quando hai detto "son sicura" avevi un po' paura lo so è stata dura ma io non so perché ... Lunedì, 30 Agosto 2010 Lo so, sembra una canzone di de gregori dei bei tempi (nel senso che la capisce si è no chi l'ha scritta) Quando pensi di avere capito tutto, alla fine non hai capito nulla. Figuriamoci quando sin dall'inizio pensavi di non avere capito un cazzo! (G. Laurito, De Profundis, 2010) No, è che certe volte le parole non servono, ma quando le pronunci un peso poi ce l'hanno. Come quando qualcuno che non ti aspetti ti dice di avere avuto un colpo di fulmine. E tu magari - perché la speranza è l'ultima a morire - speri tanto di sentire puzza di carne bruciata. Le parole hanno un peso. E ancora di più le azioni. Ma non scherzano neppure le omissioni. Quando poi vieni a sapere che da una mazzata in fronte ti puoi pure salvare. Ma che nessuno ti salverà da un colpo ben assestato di parquet in pieno cuore. Quel parquet che una volta ti rifiutasti di far mettere in salotto. E le destinazioni? Anche quelle sono incerte e sorprendenti. Che pensavi di andartene in Sicilia in vacanza, in Val di Noto, all inclusive. E magari la destinazione rimane, ma tu non sei compreso nel pacchetto. E allora ti ritrovi, ancora, a sognare un viaggio a Catania, da solo, al massimo due giorni. Il primo per girare la città alla ricerca di un indirizzo che non conosci. Ed il secondo per misurare la profondità del cono dell'Etna. Facendo da scandaglio. Sabato, 04 Settembre 2010 Corsi e ricorsi (fanculo a G.B.Vico) Sono stato in visita nella casa (ora museo) di Giambattista Vico, il filosofo del seicento che ha teorizzato il principio per cui la storia si ripete (i cd. corsi e ricorsi storici). Lì, in una serata di inizio settembre e già piuttosto fredda, ho teorizzato a mia volta. Non una tesi, forse un'utopia, ma qualcosa che sarebbe da perseguire con intenzione: l'anticiclicità del tempo. Non ne avete abbastanza di tristi autunni che fanno inevitabilmente seguito a sempre brevissime estati? Non sarebbe meglio che di punto in bianco nevicasse, arrivasse Natale, le feste, le vacanze, e poi magari per due o tre anni sempre estate, oppure una lunga primavera di sei sette mesi? E che è questa sciocca cosa di mettersi insieme con qualcuno e poi lasciarsi? Non sarebbe più auspicabile lasciarsi già prima di mettersi insieme? E poi invecchiare .... Non sono il primo a dirlo, ma ha senso trascorrere la gioventù nell'insensatezza e poi invecchiare e crepare quando appena si iniziava a capire qualcosa della vita? E ancora: non sarebbe meglio avere la pensione da giovani, così te la potresti davvero godere, e poi, quando sei vecchio, che non ce la fai a fare un cazzo, ti siedi finalmente alla scrivania in mezzo a queste stramaledette carte? Ecco, esempi ce ne sarebbero a bizzeffe, ma il senso l'avete capito: sono depresso perché l'estate è finita, la gioventù è finita (da un pezzo), la vacanze sono finite e io sono immerso fra carte accumulate senza nessuna voglia di rimettermi a lavorare ... E non mi viene neppure un bel finale per questo post, io che sono famoso per i bei finali: applicherò anche qui l'anticiclicità: il finale lo scriverò all'inizio del prossimo, quando mi verrà in mente. Venerdì, 10 Settembre 2010 ... non tutto il male viene per nuocere Sin da piccolo sono affetto da disturbi ossessivo compulsivi, più frequenti in periodi di maggior stress, e che in molti casi mi complicano abbastanza le attività quotidiane. Niente di particolarmente grave, certo, ma comprenderete come non sia piacevole dover ripetere decine se non centinaia di volte un'azione, per evitare che possa accadere "qualcosa di brutto". Ovvio, quel "qualcosa di brutto" è previsto solo nella mia mente, ché non c'è alcuna regola generale in base alla quale se non posiziono i calzini precisamente nel cassetto, o se calpesto inavvertitamente il bordo di una mattonella, o se non accendo e spengo le luci con un numero dispari di clic, debba venire l'apocalisse ... "Pensiero magico", lo chiama tecnicamente una mia amica psicologa (è solo un'amica, perché io non vado come paziente dallo psicologo, potrebbe accadermi qualcosa di brutto). Pensiero magico, una sorta di scaramanzia all'ennesima potenza ... E di "scaramanzie" ossessive ne ho avute e ne ho talmente tante che sarebbe un elenco lunghissimo e noioso, dalle prime, di quando avevo neppure cinque anni e non potevo mai camminare sopra una grata o un tombino, all'ultima, alla quale si riferisce la foto all'inizio del post. Per chi non la conoscesse, si tratta di Tania Zamparo, ex miss Italia e oggi giornalista conduttrice del telegiornale di SKY Sport. Bene, chissà in virtù di quale associazione mentale, che ormai non mi impegno neppure più a ricostruire, si è manifestata la scaramanzia che, non appena cambiando canale vedo Tania Zamparo, devo mandarle un bacetto. Devo proprio fare tutto il gesto, devo appoggiare un bacio sul palmo della mano destra e devo soffiarlo verso il teleschermo. Altrimenti, mi accade "qualcosa di brutto" ... Mi direte, non tutto il male viene per nuocere, ci sono disturbi peggiori. Potrebbe venirmi l'ossessione di mandare baci a me stesso, appena mi specchio in qualcosa, anche in strada. O appena appare in TV Berlusconi. O Schifani. O, magari, inviarli ad una persona vera, quando la incontro. Forse in quest'ultimo caso, una bastonata, risolverebbe tutto d'un colpo i miei annosi problemi. O, vallo a sapere, magari ricambierebbe il bacio. Ma niente illusioni: sicuro che, in tal caso, anche lei sarebbe affetta da pensiero magico ... Martedì, 21 Settembre 2010 Ho voglia di scrivere il mio secondo romanzo. Ho tante storie che mi frullano in testa. Sbattono contro le pareti del cranio come farfalle notturne cui un vetro invisibile ostacola il ritorno alla luce. Sogno di perdermi nel raccontare una storia complessa e articolata, che mi tenga impegnato per molti mesi. Immedesimarmi nei personaggi, e vivere per mezzo di loro quella vita che a me manca. Ma c'è il mio primo romanzo che è ancora piccolo, ha bisogno di attenzioni. Alcune case editrici dicono di averlo apprezzato, ma mi chiedono denaro per pubblicarlo. Ma a me sembrerebbe di mandarlo a quelle scuole di recupero anni scolastici, dove se paghi il diploma è assicurato. Io invece voglio che credano davvero in lui. E allora, dopo averlo trascurato per qualche tempo, mi sto dedicando di nuovo a lui. Gli ho cambiato titolo, che "una pietra sopra" mi sembrava suggerirmi quel che avrei dovuto fare e non voglio. Così ho scelto un titolo più commerciale e accattivante, "il bambino e il brigante". E poi ho iniziato una lunga revisione, trecento pagine da rileggere, con il dizionario dei sinonimi e contrari in mano, per evitare ogni ripetizione, per sfoltire dov'è ridondante, per aggiungere se occorre. E poi, se riuscirò a fargli spiccare il volo, metterò in cantiere il secondo. Ma prima devo trovare un editore che realizzi il mio sogno. Che per pubblicare un romanzo bisogna essere in due. Ho voglia di avere un secondo figlio. Magari un maschietto, per insegnargli quel poco che so, ed imparare insieme quel che non sappiamo. Mia figlia ormai va a scuola, ha appena iniziato la prima elementare. E' cresciuta in fretta, e in fretta sono invecchiato io. Non voglio che lei cresca ancora da sola, che invecchi da sola, come me, che avrei tanto desiderato avere un fratello o una sorella. Invece niente, figlio unico. Ma per avere un figlio bisogna essere in due. Lunedì, 27 Settembre 2010 arti e misteri Istruzioni per l'uso. Questo post è da leggersi ascoltando Feel good dei Gorillaz. Io non so fare il link. Ma in fondo se ne può fare benissimo a meno, tanto non era altro che la canzone che ascoltavo mentre scrivevo, e poteva rifletterne le sensazioni, ma arrivato a questo punto era già finita (ho iniziato a scrivere che era già quasi finita) , quindi ... Ora invece sto sentendo Ho ancora la forza, di Ligabue e Guccini. Se volete, sentite questa. Allora, è risaputo che c'è un arcano mistero nei titoli dei libri e dei film. Libri scadenti valorizzati da titoli bellissimi, film che nella traduzione in italiano acquistano un titolo orrendo, libri inesistenti e titoli senza libri. Pensiamo al famigerato La solitudine dei numeri primi, che come direbbe Di Pietro non c'azzecca niente con la trama (io comunque a scanso di equivoci non l'ho letto). E' innegabile che gran parte del successo dipenda dal titolo. Oppure Se mi lasci ti cancello, splendido film con Jim Carrey, dal titolo inglese poetico ed evocativo Eternal sunshine of a spotless mind (cito a memoria, potrei sbagliarmi), distrutto in italiano, e perciò visto da pochi. O i romanzi di quello scrittore svedese morto che mi scoccio di sforzare la memoria per ricordarmi il nome, Uomini che odiano le donne, che in francese, per non urtare chissà quale sensibilità, è diventato Uomini che NON AMANO le donne ... O La montagna incantata di Thomas Mann, che di incantato nel titolo originale non ha proprio nulla (incantato è il libro nella mia libreria, nel senso di bloccato lì da vent'anni senza che io lo abbia letto). In originale è La montagna magica, chissà perché in italiano hanno ritenuto non andasse bene. O l'importanza di Wilde, che fra traduzioni di Ernesti, Onesti, Fedeli, in italiano ha cambiato una miriade di titoli senza neppure avvicinare quell'Earnest originale, che nessun nome in italiano ha reso opportunamente. Questo sproloquio non ha nessun senso. Intanto sono finite diverse canzoni. Al momento io lo so che non sono solo anche quando sono solo dice Jovanotti, intendendo che c'è sempre qualcuno che rompe improvvisamente il cazzo anche quando pensi di poter stare un po' tranquillo ... In questi giorni pensavo ad un post, ma mi venivano solo frammenti. Frasi, doppi sensi, giochi di parole. Cose del tipo di tre tipi che si confrontano sulla loro visione della vita. Il primo dice che vede il bicchiere mezzo pieno. Il secondo che lo vede mezzo vuoto. Il terzo si guarda intorno e dice "ma dove cazzo è 'sto bicchiere?". Ecco, io sono quel terzo. Non sono né ottimista, né pessimista. Io sono la solitudine dei numeri parimpari. Bello questo titolo? Non lo so, ma mai come quello che mi viene in mente per un romanzo che parla del Natale e dell'eterno oscillare degli uomini fra verità e bugie. L'intermittenza delle palle. Forse è meglio smettere qui. Il CD è finito, la musica scema. E io non sono da meno. Grazie a chi è arrivato fin qui. Come abbia fatto è un mistero. Come l'arte. Come l'ispirazione, che non si sa quando venga, ma che arrivi o manchi, toglie sempre il fiato. P.S. Il cd aveva un'ultima traccia. Il mio pensiero, di Ligabue. Una volta un'amica mi dedicò questa canzone. A buon rendere. Domenica, 03 Ottobre 2010 dei minori e mandaranci (7+) Il professor Ivanov è solo, nella sua dacia a pochi passi da Alma Ata. L'inverno russo, con temperature fino a -30°, amplifica la sua solitudine. Era abituato al sole della Guinea, a quella vegetazione lussureggiante, non alla steppa. E gli mancano le folle acclamanti, i riconoscimenti dei colleghi scienziati e dei membri del partito, la riconoscenza degli allevatori che i suoi studi hanno arricchito a dismisura. Mentre egli ora è lì in esilio, a scontare la pena di un reato che non ha commesso, a pagare per l'invidia del mondo scientifico. Quanto tempo è passato, da quando lo stesso Stalin lo ha pubblicamente omaggiato, riconoscendo la straordinaria validità delle sue scoperte, che avrebbero potuto dare vita ad «...un nuovo, invincibile essere umano, insensibile al dolore, resistente e indifferente alla qualità del cibo.». E' accaduto solo pochi anni prima, ma a lui sembra un secolo. [...] Lo scacciano perché non ha funzionato. Ma questa è solo la loro opinione. E' quel che, sotto sotto, pensa anche Gorbunov. Pensa che Il'ja Ivanovic Ivanov sia solo un vecchio folle che credeva di essere Dio. "Dio è l'unico creatore". Ma Dio fece tutto in sette giorni, luce, buio, terra, acqua, animali e pesci brulicanti, non gli era stato possibile occuparsi dei dettagli. E Ivanov non si sentiva certo Dio, ma solo un suo piccolo assistente. Per dire: Dio aveva creato le arance e i mandarini. Ma non aveva avuto tempo per i mandaranci. [...] Lei si chiamava Simi. Lui la chiamava See me, guardami. Il mare della Guinea sembra sconfinato, ma da qualche parte alla fine c'è l'Australia. Il blu pervinca degli occhi di lei era realmente infinito. E quando Ivanov voleva perdersi in quell'oceano, le chiedeva di guardarlo. Simi fu la prima su cui provò l'inseminazione artificiale. Era così certo della riuscita dell'esperimento che s'imbarcarono subito alla volta della Francia. La lunga navigazione non dovette giovare all'esperimento. Lo sperma non attecchì. E l'unico orango maschio era, purtroppo, rimasto in Guinea. (si tratta di alcuni piccoli brani di un lungo racconto cui lavoro da tempo, ancora senza titolo. La vicenda, romanzata, parla della vita di Il'ja ivanovic Ivanov, lo scienziato russo che all'inizio del '900 tentò, senza successo - ma chissà? ecco a cosa servono i racconti di fantasia! - a creare il primo ibrido uomo-scimmia, ipotesi che aveva suscitato la vera reazione di Stalin sopra citata. Mi piacerebbe avere un commento dei lettori di questo blog sull'idea del racconto e anche sullo stile dei piccoli brani di cui sopra. Per il resto, un'importante anteprima. Il prossimo post dovrebbe parlare, se non cambio idea, di un giorno qualsiasi nella vita di Cappuccetto Rosso, che mica c'è sempre un lupo cattivo a vivacizzarla!) Martedì, 05 Ottobre 2010 Paradossi (7+) Achille e la lepre, la lepre e la tartaruga, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume ... ah, gli innocui paradossi che ci illustrava al liceo il prof. di filosofia...! Un anno fa mi recavo al Tribunale di Eboli per un'udienza. Si percorre una statale che, in pratica, è un lunghissimo ed ampio rettifilo per decine di chilometri. Nonostante tutti sfreccino, io mantengo sempre un'andatura moderata. Quel giorno andavo a 72 kmh - come sa bene chi guida su strade di quel genere, ero quasi fermo. Una solerte pattuglia non segnalata e nascosta in una siepe, munita di autovelox ritenne la mia andatura eccessiva (per un incongruo limite di 50 kmh, che se rispettato, credo provocherebbe più incidenti di quanti ne accadono, in quanto vi sarebbe un chiaro intralcio del traffico). Risultato: qualche centinaio di euro di multa e sottrazione di punti dalla patente. Feci ricorso al Giudice di Pace di Eboli. Dopo un anno, finalmente stamattina c'era l'udienza. Già difendere sé stessi non è il massimo, poi mi costringeva a perdere una mattinata di lavoro, ma tant'è, che ci puoi fare? Magari riuscivo a farmela annullare. Così, sono partito (un'ora e mezza di viaggio all'andata e altrettanto al ritorno). Giunto lì, ho scoperto con disappunto che il Giudice era nel frattempo andato in pensione e nessuno l'aveva ancora sostituito, ragion per cui l'udienza era rinviata a data da destinarsi. Viaggio a vuoto. Non bastasse, nel viaggio di ritorno - dove, incazzato e in ritardo, cercavo di recuperare tempo - ho beccato una nuova solerte pattuglia. Quindi, per andare a fare un'udienza per la multa sono incappato in una nuova multa e l'udienza non si è neppure tenuta ed ora dovrò fare un'altra udienza anche per la nuova multa ecc. ecc. Ah, l'antica Grecia! Le lepri e tartarughe che si rincorrevano non si raggiungevano in virtù del paradosso. Se fossero state in Italia il paradosso l'avrebbe risolto subito la pattuglia dell'autovelox. E poi saremmo andati insieme ad un'udienza fantasma. Io, la lepre e la tartaruga. Achille non può venire, veloce com'è, ha già perso tutti i punti. Martedì, 12 Ottobre 2010 nientology (8-) Sono stato ospite in una rassegna stampa televisiva. In realtà intervenivo come curatore di una rivista forense, ma per l'occasione mi è stato chiesto anche di commentare le notizie presenti sui quotidiani. Gli amici che hanno visto la trasmissione si sono complimentati con me, che a loro dire sono riuscito a dare la mia opinione sulle questioni più svariate. Secondo questi amici, sono un "tuttologo". Ma il fatto di essere in grado di avere un'opinione sui fatti di attualità non significa conoscere approfonditamente l'argomento. Io sono piuttosto ferrato nella cosiddetta cultura generale, e dunque posso dare l'impressione di essere molto preparato, ma quando si scende più nel particolare annaspo. Così, se fossi furbo, e non lo sono, mi limiterei ad uscite "ufficiali", parlerei solo di quel che mi sono documentato. Come fanno molti politici che non accettano, per tale motivo, il contraddittorio, e fanno monologhi. Come fanno quelli che si fanno scrivere i discorsi. Il mio problema è che i discorsi me li scrivo da me. Sono il ventriloquo di me stesso e il movimento delle labbra è troppo accentuato per non essere notato. Parlo, ad esempio, di pena di morte, in maniera banale e fuori luogo, invece di tacere. Credo che fare autocoscienza significhi sedersi in macchina a pensare. E autocritica sedersi in macchina a dirti che sei uno stronzo. Mi credo esperto di musica ma in realtà guardo Mtv hits (forte Katy Perry!) Non credo nei preti, poi mi confesso su un blog e mi aspetto l'assoluzione. Il titolo del blog lo anticipa, sono un nientologo. Parafrasando Socrate. Non so di non sapere nulla. Sabato, 16 Ottobre 2010 C'è ancora la mezza stagione? (8) Piccola indagine preilminare: Da piccoli vivevamo in una casa così sporca che i piedi sul tappetino ce li pulivamo per uscire. E' una battuta mia o di qualcun altro? Mi potete aiutare? No, perché se fosse mia me la vorrei mettere nel curriculum. Se no vorrà dire che la metteremo nel curriculum di qualcun altro. Veniamo al merito del post. I luoghi comuni. Cos'è un luogo comune? Come qualcuno che mi conosce un po' meglio sa bene, io vivo con zingarelli. No, non in una roulotte, non sto parlando di rom - altra parentesi: nel primo o secondo post di questo blog, un bel po' di tempo fa, mi venne fuori un'altramemorabile battuta: che non trovavo mai i cd rom, perché quelli non li trovavi mai fermi nello stesso posto. Dicevo, Zingarelli il vocabolario. Che alla voce luogo comune, parla di frase fatta, trita. Luoghi comuni, in accezione più vasta, potremmo definirli quelle convinzioni dettate più dal sentito dire che da un accertamento concreto. Come il fatto che non c’è più la mezza stagione. Sta di fatto, però, che quest’anno la mezza stagione c’è, eccome. Dalla metà di settembre si sono alternati giorni sereni e giorni piovosi, temperature miti ed ogni tanto un lieve calo. Proprio come l’autunno, quello di cui leggevamo a scuola elementare, quello con le foglie che lentamente ingialliscono, non quello del luogo comune, secondo cui improvvisamente, mentre siamo in spiaggia a settembre, vediamo qualcuno su un acquascooter trainato da renne, ed è babbo natale a dirci che, di punto in bianco, è arrivato l’inverno. L’autunno è quel periodo speculare, ma inverso alla primavera in cui le promesse sembrano impossibili da mantenere, e le speranze si affievoliscono. E’ il periodo nel quale vorrei tanto andarmene in letargo sulla sedia a dondolo accanto al caminetto acceso e svegliarmi a maggio. Nel frattempo sto accumulando le riserve per passare l’inverno, sotto forma di biscotti. I biscotti danno dipendenza, ripete spesso Letterman, e non ha tutti i torti (luogo comune?). Alzi la mano chi è mai riuscito a mangiare un solo biscotto senza ripetere? Ah, nessuno, eh? Tutti impegnati a mangiare biscotti che non riuscite neppure ad alzare una mano. Alzatela col biscotto, non fa niente, siamo dei vostri. Chissà cosa volevo dire, parlando dei luoghi comuni? Ci avevo pensato stanotte, poi avevo dimenticato dove andare a parare, ma confidavo che iniziando a scrivere ci sarei riuscito e sfangarla anche stavolta, invece non mi sembra affatto. Sarà che oggi, nonostante sia autunno, piove a dirotto e fa un freddo di merda. Non ci sono più le mezze stagioni. Mercoledì, 20 Ottobre 2010 Scusate, era finito il prozac (s.v.) Mirror mirror on the wall who's the fairiest one at all? Come Grimilde, ho passato il tempo a bearmi delle risposte consolanti del mio specchio. Sono un grande scrittore, certo. Un marito perfetto e un valido professionista. Invento parole alate, come un novello Cirano, nessuno mi può resistere. Poi un giorno le certezze, come il vetro, si incrinano. E non trovo cacciatori disposti a strappare il cuore a Biancaneve. E di Cirano mi rimane solo il naso. Ma mi sbagliavo anche in quel caso. Erano tutte bugie. Il naso era quello di Pinocchio. Sabato, 23 Ottobre 2010 le domande ancestrali (7) Ogni sera una lunga ed estenuante trattativa per far mangiare mia figlia. E' capace di impiegare delle ore per terminare un piatto di qualcosa che non gradisce particolarmente. Allora si cerca di distrarla, di raccontarle delle storie e, nel frattempo, si insiste continuamente affinché porti il cibo alla bocca, mastichi, deglutisca ... Insomma, anche qualcuno più paziente di me probabilmente non ne potrebbe più. Ieri sera ci si era infilati in un vicolo cieco, perché non si sa come, si era giunti alle domande sui massimi sistemi. Dopo aver dovuto discettare il sottoscritto, in termini il più possibile comprensibili ad una bambina di cinque anni e mezzo, sul darwinismo, selezione naturale, inframmezzati da domande del tipo papà ma perché le lucertole sono piccole e i dinosauri erano grandi? papà ma perché gli uccelli volano? papà quanto tempo hanno impiegato le scimmie per scendere dagli alberi? papà ma che animale è il capotreno? (al mio sbigottimento relativo al degeneramento delle ferrovie dello stato è stato invece spiegato che in un cartone che lei guarda, "il treno dei dinosauri", c'è un dinosauro capotreno che spiega le varie vicende) Dicevo, dopo queste serie di domande, trascorsa oltre un'ora, col piatto neppure a metà, passiamo ai dubbi teologici. Papà ma è Dio che ha creato tutte le cose? - Secondo la Bibbia è così. Papà ma se Dio ha creato tutte le cose, però chi ha creato Dio? A questo punto, risultando difficile un'ulteriore argomentazione coerente, e sfinito, ho purtroppo risposto - Eh, tesoro, forse uno che non aveva un cazzo da fare! Come te stasera, eh, papà?, la logica, inevitabile risposta. Mercoledì, 27 Ottobre 2010 W la squola (s.v.) Initalia ci lamendiamo tuti che le cosse non vano mapoi nesuno che simbegna a fare antarle megglio. E sapete percè? Che sono tuti nnoranti. VI facio uno scempio. La squola dice che si devono mparare i bampini ma che caszo s'iparano? Cose nutili. Italiano: pare che per strata si parla brasliano? Non fosse megglio non perdere tembo su cose che tuti sano? Matematica: io ggià lo disi tembo fa su questo posto. Ani e ani a fare radici squadrate che non lo spaete che anno già nventato la carcolatrice?? Diritto: cosi faciamo tuti gli abbocati e poi gli abbocati se muoreno de fame che ce più abbocati che clienti. Geografia: le machine di ogge anno l0alligatore ve lo dice lui nodve cazo dovete andare e pure affare alpiu presto inversione sulautostrada come dice il mio AStronomia: co nu bello calcio nel culo ve le facesse verè io le stelle ve le facesse Storia: se antiamo avant3 di questo paso vaffinire che cretiamo puro allo locausto Latino e greco: qua è proprio la maccietta del mondo: cimparano le linque morte, mala tempora currunt! Inclese: oh ma sta ggente ha fissato con le linque?? ma uno che si limita apparlare perfettamento lo ttaliano come il sottoscrito si penzno che è nu nnorante comalloro? Penzzassero ale cosse serie, mbarassero la destra e la sinistra che poi vano in ingliterra e fotteno vicina nu muro co la machina. Opure che in itali se mbrogliano e votano condra a lo povero Presdente Bersculoni che no capisceno quale lea destra e quale la sinestra. Educazione fisica: checazzo se aggitano a ffa, che puzzeno. Tnado sembe muorto ar'esse. Loso qua ce pruovamo a canpià le cose, ma ci scondriamo con unmuro di gomma. Solo che non se rimbalza ma s'azzecca che era gomma masticata. Come quela c'azzeccavo soto il panco quant'ero picola e la squola era 'na cosa serria, che stavi seduta sulla tua fortuna, quela che m'ha fato diventare minestra della distruzione. Mariasetllaglemini. Domenica, 31 Ottobre 2010 Un post a settimana (8 1/2) Eccolo qui il post. E' uscito il nuovo romanzo di Umberto Eco, il Cimitero di Praga. Io mi innamorai del Pendolo di Foucault, ormai più di vent'anni fa. In realtà non capii un cazzo. Forse perché ero giovane e all'epoca uscivo in giro, vedevo gente, facevo cose ... Nanni Moretti, invece, non lo fa più un film? Io mi innamorai di Caro Diario, del giro in Vespa alla Garbatella (altro che Cesaroni, sempre ambientati lì), del luogo squallido in cui trovò la morte Pierpaolo Pasolini, del racconto autobiografico del cancro, e oggi ogni volta che ho un prurito penso di avere il morbo di Hodgkin ... Morire a quarantunanni, alla mia età, quella che aveva Massimo Troisi quando si spense nel 1994. Io mi innamorai di Jo Champa, dai manifesti di Le vie del signore sono finite che tappezzavano il corso di Salerno, era il tempo dell'università, della spensieratezza, dell'amore ... L'amore che oggi ritrovi in tutte le parole di ieri, e che se ti distrai un attimo ti mangia vivo. Il "magna magna emotivo", lo chiamano alcuni che parlano bene. Quell'erosione della coscienza, quel distacco dalla realtà causato da un bagno di reale ancora più forte, intenso, straordinariamente vero e straordinariamente falso. Come il film Benvenuti al Sud. Ambientato dalle mie parti. In una Castellabate che è un presepe. A pochi chilometri da quell'altro Presepe, Acciaroli, nel quale ha visto la morte il sindaco pescatore, Vassallo. E fra poco è Natale. Mi sovviene Eduardo. Quello straordinario incipit di Natale in Casa Cupiello, che neppure a rileggertelo un milione di volte, riesci ad inventarti una serie di situazioni e battute così spiazzanti ed esilaranti su quello sfondo di miseria. Al concerto di Ligabue, quest'estate, durante la canzone Buonanotte all'Italia, passavano sul maxischermo immagini e volti di un'Italia che non c'è più. Gli applausi più forti furono per Troisi, Eduardo, Falcone e Borsellino. Falcone e Borsellino. La memoria. Tradita. Ormai per molti una coppia come Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto. Perchè mentre loro sono stati fatti saltare, bum bum, a palazzo si balla il bunga bunga. Pover'Italia, cantava Battiato. E povero me, che a Battiato somiglio, come mi rivelò il cancelliere del Giudice di Pace di Pisciotta tanti anni fa, che somiglia a Tiberio Murgia (in realtà mi disse, somigli a Battiato, quello che canta Viva l'Italia). E che non mi rassegno al bunga bunga, che ho tutte le commedie di Eduardo e i film di Troisi, che comprerò l'ultimo romanzo di Eco, che non so come e quando morirò, e nel frattempo, per quanto mi sarà possibile e consentito, mi consumerò fino alle ossa in un magna magna emotivo che mi distruggerà. Ho voglia di innamorarmi, cantava Baccini (mica scemo Baccini, sappiatelo). Io ho voglia di non smettere mai di esserlo. E, se ancora lo vorrete, continuerò a scrivere un post a settimana. Venerdì, 05 Novembre 2010 Groucho e la libertà (9) I In una giornata così. Con uno splendido sole e ventiquattro gradi a novembre, non si può pensare ai problemi propri, e figuriamoci a quelli altrui. Così la mia Audi A6 Avant grigio metallizzato con alligatore incorporato decide di non fermarsi alle porte del mio studio ma di proseguire, verso la libertà. La libertà di avere dimenticato il cellulare. Il cd di Ligabue suona "il peso della valigia". e io canto a squarciagola e schiaccio sull'acceleratore. No, non mi ferma una volante della polizia, non mi spiaccico ad un muro, non mi chiama un cliente a cui hanno stuprato una pecora, non c'è una battuta conclusiva, nè il lieto fine. Semplicemente stereo a palla e macchina veloce e canzoni che amo e una strada vuota del primo pomeriggio. E quando ritorno allo studio, dopo un'ora, ho un sorriso ebete stampato sulla faccia e saluto anche quella cessa della segretaria facendo il figo. Viva la libertà, come cantava Marco Masini. E vaffanculo a tutto il resto, sempre Marco Masini. II Personaggi. Giovanni e Pietro, due avvocati. Il primo dirige una piccola rivista, il secondo rompe le palle da mesi con chiunque che vuole scriverci e io non l'ho invitato, però, dopo che l'ho saputo e gliel'ho chiesto ora fa il prezioso, che non ha tempo, troppi impegni. Mentre io, ovviamente, mi gratto dalla mattina alla sera. Dialogo. Con diversi altri colleghi presenti. Giovanni: Allora, PIetro, me lo scrivi 'st'articolo, che il giornale esce fra una settimana Pietro: eh, ma tu non mi credi ma non trovo un momento libero, ho un'agenda pienissima G: e vedi un po' di dedicarci cinque minuti, che ci vuole? P: Uh, ma veramente io non ho neppure il tempo di spararmi ... G: se credi, visto che io non faccio un cazzo dalla mattina alla sera, ti posso sparare io. Risultato. L'articolo non l'ha scritto, grazie a dio perchè scrive di merda, e per la battuta mi ha tolto il saluto. Il problema della battuta pronta. Quando iniziai il blog, tre anni fa, con atteggiamento snobistico misi come avatar una mia foto con barba incolta ed un cappellone di paglia. Insomma, un idiota. Poi non scrivevo altro che poesie, secondo me divertenti. Secondo me. In realtà il blog era deserto. Un visitatore sporadico mi consigliò di cambiare look. Iniziai a scrivere cose più comprensibili, e per avatar scelsi Groucho. Uno con la battuta pronta, ma sul serio. L'uomo più divertente del mondo, come fu definito, e che, dopo una gloriosa carriera teatrale e cinematografica, seppe riciclarsi anche nel dopoguerra come autore e presentatore radiofonico e televisivo, col famosissimo programma You bet your life, finto gioco a premi nel quale tutto era giocato sulla sua verve nel botta e risposta con il pubblico e le sue straordinarie doti di improvvisazione. E' stato sempre un mio riferimento, e sono certo che anch'io, in un contesto del genere, funzionerei. Nella vita reale, invece, è una vita che non riesco a trattenermi e faccio battute sarcastiche e la gente mi odia. Perciò il blog con la mia faccia non funzionava. E anche la vita con la mia faccia non ha funzionato un granché. III Tanti anni fa ero iscritto all'ufficio di collocamento. Non so neppure se ancora esista, ma allora, giovane universitario squattrinato (non come ora, famoso avvocato squattrinato), fare qualche lavoretto ogni tanto era un toccasana. E c'era quella impiegata giunonica, elegante e dalle tette enormi, che tutti cadevano ai suoi piedi estasiati e la riempivano di complimenti, e noi ragazzi ci disputavamo un suo sorriso come il giovane Fellini con la sua Gradisca in Amarcord. Oggi l'ho incrociata per caso, un'anziana signora con vent'anni di più di allora, uno scialle sulle spalle, i capelli con la tinta da rinnovare.... Ricordo ancora che da ragazzi facevamo le classifiche delle ragazze più belle del paese, e ad un amico più grande di una diecina d'anni chiedevamo chi fossero le più belle ai suoi tempi. Lui ci elencava delle ragazze che nel frattempo erano diventate donne sposate, con figli, ed a noi apparivano tutt'altro che desiderabili, ormai. La bellezza sfiorita è amara. Il confronto distrugge, su sè stessi e su chi ci conosce. Io mi salvo perché sui brutti il declino non si nota. E quell'amico più grande che faceva le classifiche, è morto di cancro a una cinquantina d'anni lo scorso inverno. Non c'entra un cazzo, è una frase forte, è marketing anche questo. Come le tette dell'arcuri in un post di qualche tempo fa, o gli occhi azzurri di Tania Zamparo, quando mi inventai che le mandavo bacetti. Trucchi, vanità, ricerca di affetto, stimoli dell'ego. Io me ne intendo di comunicazione, dall'alto del mio superamento dei quiz di ingresso all'università nel 2002. All'epoca mi ero ingrippato di prendermi la seconda laurea, optai per scienza delle comunicazioni. Ma a 33 anni con tutti quei bimbi intorno mi sentii fuori posto. E allora pur essendo arrivato primo, non mi iscrissi. O forse fu perché il giorno che scadeva il termine mi sposai, boh, chi si ricorda? E' passato tanto tempo. Chi cazzo era la ragazza più bella del mio paese, poi? Boh, sarà morta anche lei, suppongo. A causa delle maledizioni che le inviai perché non me la diede mai. Giovedì, 11 Novembre 2010 L'elmo di glaurito (7) Io sono uno di quelli che quando suona l'inno nazionale (ormai solo nelle partite di calcio) si alza in piedi. Non per un'idea di patria che forse gli italiani è giusto che non abbiano, non è nel nostro dna. Ma perché ho sempre presente che, per quella bandiera tricolore, in nome di quell'ideale, migliaia e migliaia di giovani sono caduti. Lo stesso Mameli, il cui Fratelli d'Italia è così vituperato - che mai significheranno quelle parole astruse? - morì a poco più di vent'anni in difesa della neonata repubblica romana ... Anni fa scoprii che il mio trisnonno era stato fra i garibaldini. In un vecchio baule trovai un certificato con il quale gli veniva riconosciuto - in virtù del suo aver partecipato alla campagna del 1860 - il diritto a partecipare ad un concorso che metteva in palio un riconoscimento in denaro. Una lotteria, in sostanza. Non credo che nonno Matteo abbia vinto. Le uniche foto lo ritraggono pastore, con abiti consunti, ed una antica fierezza ammorbidita dagli anni e dagli stenti. "Il generale", lo chiamavano in paese, e quel soprannome è rimasto ad identificare un ramo della famiglia. "Quelli del generale". Ma la sua storia forse la ricordo solo io. E le mie foto, scoperte per caso da un mio lontano trisnipote? Saranno subito trasformate in coriandoli. Nessuno individuerà alcunché di fiero in quella toga lisa. E il ramo della famiglia, "quelli dell'avvocato"? Non scherziamo. Nessuna lapide ricorderà "qui visse Giovanni Laurito". Se non per dire girate alla larga. Magari ci sarà una lapide ai clienti caduti sotto le mie grinfie. Io comunque ho impostato l'alligatore su Teano. Un giorno che non ho voglia di andare allo studio, metto un cd e parto. Magari incontro Vittorio Emanuele. E facciamo l'Italia, che ne avrebbe tanto bisogno. O più propriamente dovrei impostare l'alligatore verso Ballando sotto le stelle. Rileggendo i miei post, uno psicologo potrebbe emettere una semplice diagnosi. Disturbo tripolare. Talvolta faccio ridere, talvolta faccio piangere, talaltra faccio cacare. Questa sera è così. Un post che fa cacare. Ma è la vendetta dell'uomo scimmia (l'ultimo post che faceva cacare prima di questo). Sarà che questa settimana ha piovuto ininterrottamente. Oppure che in questo post avrei tanto voluto parlare di fumetti. Ma al giorno d'oggi a chi piacciono i fumetti?? Oddio, ora che ci penso!!! E a chi piace la patria??? Domenica, 14 Novembre 2010 Curiosità (8 1/2) I corposi epistolari di fine ottocento furono dovuti al fatto che il tipo di colla usata all'epoca sul retro dei francobolli conteneva una sostanza che dava assuefazione Il parto gemellare con il minore numero di gemelli fu registrato in Ossezia nel 1872, e fu pari a zero. La donna che non diede alla luce nessuno si chiamava Mikhail Andropovenko. Il programma televisivo con il maggior numero di repliche di tutti i tempi è la Santa Messa. La scoperta del fuoco nelle comunità primitive del pleistocene fu preceduta dalla scoperta delle pantofole. Contrariamente a quanto si possa pensare, la tisana non sempre ti-sana. Fino al 1933 i segni zodiacali erano 16 e comprendevano anche bisonte, tigre dai denti a sciabola e gnu. La prima telefonata che Antonio Meucci fece a sua moglie risultò occupato. Cristoforo Colombo. tornato a casa dal suo primo viaggio nel 1492, credette per lunghi anni che il signore trovato a letto con sua moglie fosse un indiano. Il dilemma fu sciolto da Amerigo Vespucci nel 1507, quando sposò in seconde nozze la moglie di Colombo. Per i primi dodici anni del suo cancellierato, Hitler cercò la soluzione finale sulla settimana enigmistica. La siepe dietro alla quale Leopardi compose l'infinito era un cespuglio di marijuana. UNA DOMENICA ESEMPLARE Questa riflessione è indirizzata in special modo ai posteri della famiglia Laurito. Quando vedrete il vostro anziano congiunto lamentarsi, prostrato dagli anni, e certamente insopportabile rivangare i vecchi tempi, "ah se avessi ancora quarant'anni", non dategli alcun credito e non abbiate compassione. Invero, egli, il 14 novembre 2010, all'età non più verde ma neppure decrepita di anni quarantuno e otto mesi, trascorse l'intera domenica stravaccato su un divano a: leggere di tutto: un saggio di psicologia forense, un manuale di marketing dello studio legale, un giallo di Colin Dexter, l'ennesima pagina alla volta del Teatro di Sabbath di Roth, un fumetto di Julia ... guardare tutto lo sport possibile in tv, dalla vittoria dell'amata Lazio, alla sconfitta dell'amata Ferrari, ai risultati di qualsiasi incontro italiano ed estero trentuno minuti di tapis roulant a ben 5.4. kmh, utili solo a farsi una doccia senza rimorsi, e biscotti a profusione e inventare queste sciocche curiosità con la speranza di giustificare questo post ... in sostanza ed in definitiva, tutte cose che a novant'anni potrà fare benissimo e probabilmente meglio. Quindi, nessuna pietà, contemporanei e posteri di GLaurito. E, quel ch'è peggio, egli è felice di questo andazzo misantropo e pantofolaio. Martedì, 16 Novembre 2010 oggi portate ripetizione, io nel frattempo scrivo una poesia (6 1/ 2) La voglia di scrivere come un rifugio, alcova la chiama il poeta in erba e pure chi fa cruciverba tu te ne freghi e rimani verticale alle intemperie tanto il sole torna e torna sempre e quello che illumina o è paradiso o il suo contrario in fondo è lo stesso vada come vada ha da passà 'a nuttata si vedrà se all'alba sarà un nuovo inizio o solo terra bruciata che sembra il titolo di una telenovella ma la voglia di scrivere nasce proprio da quella Domenica, 21 Novembre 2010 Knowledge (8+) Solo la conoscenza permette di apprezzare (o non apprezzare) le cose. Pino Daniele era quello che alla fine di una canzone diceva "nun me scassate 'o cazzo". Un cafone. E l'aspetto musicale non lo consideravo nemmeno. Certo, siamo alla fine degli anni settanta, io non ho neppure dieci anni, e cosa volete che fosse la mia opinione. Anzi, non avevo neppure una vera e propria opinione, quella che consideravo tale era invece quella dei miei genitori che avevano visto in televisione un capellone che diceva parolacce in una canzone e faceva rumore con la chitarra. Più tardi, però, nella cameretta di Celestino - l'unico ad avere uno stereo vero, non come quello creato da me attaccato col filo di rame le casse di una vecchia 127 alla radiolina del nonno - ascoltai Nero a metà, e ne fui rapito. Imparai a conoscere la differenza fra una chitarra blues e una chitarra vagabonda (la canzone folk suonata dal fruttivendolo), e compresi che quanno chiove ci si bagna, ma c'è sempre una speranza, "tant' l'aria s'ha da cagnà". Lo stesso concetto eduardiano dell'ha da passà a nuttata, di cui al post precedente, oppure del non può piovere per sempre, ma qui siamo già al Corvo. I fumetti sono una mia grande passione, ma per lunghi anni il mio orizzonte è stato soltanto quello dei fumetti disney. The Crow, il fumetto di James o' Barr, mi investì di crudo realismo e poesia nera. E il film, visto con la mia ragazza di allora, che per uscire con me - per uscire con me a tutti i costi - ricevette anche uno schiaffo dal padre, per la prima volta nella sua vita. Il cinema. Certo, l'ambiente non era dei migliori per poter coltivare una passione cinefila, però bisogna dire che qui i miei genitori, per altri versi retrogradi, mi avevano educato bene. Ricordo che già da bambino non passava settimana che non mi portassero almeno un paio di volte al cinema - allora esistevano le sale di prima, seconda e terza visione - e fra film di cassetta, come la saga di Trinità, o il Corsaro Nero, piacevolissimi soprattutto a quell'età, capitava talvolta qualche mattone - il dottor Zivago, che mamma voleva vedere assolutamente, noncurante delle ripercussioni su un bambino di otto anni - o qualche capolavoro, soprattutto del genere western, del quale mio padre era appassionato. Ma, trasferitomi da Roma al sud, le cose cambiavano. Per lunghissimi anni, a Vallo della Lucania, l'unico cinema trasmetteva solo porno. Quando finalmente si riconvertì al cinema di prima visione, non c'era più l'abitudine. Avrò forse già raccontato che, dopo avere convinto a fatica due miei amici ad accompagnarmi a vedere il nome della rosa - blockbuster di quell'anno - il cinema rimase vuoto, e di noi tre amici, uno lo vide sentendo musica con le cuffiette, l'altro dormì tutto il tempo, con alcuni segni di risveglio a qualche scena di sesso, e solo io volli seguirlo fino alla fine, fra le ire anche del gestore che voleva chiudere. E i romanzi. Quando vieni da capitani coraggiosi, i ragazzi della via pal, al limite i promessi sposi, e a sedici anni ti trovi in mano Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli, o diventi gay, o drogato, o scrittore. Io non sono diventato nulla di tutto questo, o forse tutt'e tre le cose insieme, ma lo shock che mi provocò la lettura di quei racconti lo ricordo ancora oggi. Se provo a rileggere Autobahn, quella storia di un viaggio raccontata tutta d'un fiato, volutamente senza alcun rispetto della punteggiatura, della sintassi, tutta sul filo dell'emozione di una corsa di migliaia di chilometri in 500, mi rivedo ancora lì, nella mia stanza, con tutto il mondo e tutto il tempo davanti, e mi sembra ancora di potere avere una scelta. quella possibilità che non mi avevano dato nè capitani coraggiosi, nè i ragazzi della via pal e neppure i promessi sposi. Anche in quel caso la conoscenza diveniva esperienza, e poi capacità di soffrire e godere. Come in amore, dove all'inizio credi sia tutto facile, e poi non è mai così. E se hai culo e capisci tutto in tempo, raddrizzi le cose. Se invece la conoscenza la trovi solo a posteriori, allora ti rimane solo di fare una battuta, scontata, sulla parola a posteriori. Lunedì, 29 Novembre 2010 La patente di Dorian Gray (8 1/2) Il testimone si avvicina al banco. Devo identificarlo e gli chiedo un documento. Estrae una vecchia patente stropicciata. Quelle di una volta, rosa, di carta telata. La srotolo, letteralmente, e cerco di decifrare le generalità. Il nome di battesimo è appena leggibile, il cognome forse, ma la data di nascita per nulla, tracce di inchiostro blu non riconducibili a cifre. Il signor M. nota la mia difficoltà, quasi si scusa. "Una volta mia moglie l'ha lavata insieme al pantalone. Comunque sono del '47, me la dia un momento". Prima che io possa muovere obiezioni, tira la patente verso di sé e con la penna, puntuale, ci scrive sopra 15.6.1947. Poi, rinfrancato, me la restituisce. Probabilmente dovrei denunciarlo per la contraffazione, ma nessuno ha visto nulla, il giudice è girato dall'altra parte a parlare, faccio finta di niente e, finalmente, posso annotare sul verbale le sue generalità complete. E' ancora un bell'uomo, il signor M., a sessantatre anni. Ma quello della foto non può essere lui. Il tempo è impietoso. Davanti a me ho un signore quasi completamente calvo, piuttosto robusto, con le guance paffute e gli occhi immersi nelle rughe. Dalla foto in bianco e nero e detersivo, invece, mi sorride un giovane di una ventina d'anni, dal volto affilato, con il ciuffo ben pettinato, gli occhi vispi e taglienti. Mi viene in mente la patente di mio padre, presa nel '64, a ventun'anni. Le foto di una volta, dove il fotografo si prendeva la briga di metterti in posa, ti pettinava, sceglieva il tuo profilo migliore, uno sfondo adeguato. Perché le foto sulla patente sono per sempre, e a quei tempi l'avevano capito. A quei tempi in cui una foto aveva un significato, non esistevano le macchine digitali, rien ne va plus, gli sbagli non si correggevano. La foto di mio padre, bello come un attore, elegante e con un sorriso discreto, ha attraversato quasi cinquant'anni di esibizioni di documenti, rendendo sempre un buon servizio al proprietario dell'immagine. La mia patente fu presa a diciott'anni. Nessuno aveva spiegato al mio fotografo cosa fosse una patente, quanti anni ci sarebbe stata attaccata e quanti viaggi avrebbe fatto e superficialmente si predispose a fotografarmi, ad immortalarmi per l'eternità con i capelli scombinati, gli occhiali a goccia storti e la sciarpa - sissignore - la sciarpa a coprirmi fino al mento. Tutte le mie nefandezze sono state confinate nella foto della mia patente, i miei capelli che da quando hanno subito la forza della gravità sono diventati meno ribelli, gli occhiali dei quali ho poi imparato a scegliere i modelli giusti, la sciarpa da non indossare come un bandito, e la gioventù - la vera nefandezza! - che è rimasta solo lì, ma se davvero era quella l'immagine della migliore età, c'è da nutrire forti dubbi sul fastidio di invecchiare. Quando mi prende una botta di nostalgia per il tempo che passa e per i vent'anni, do un'occhiata alla foto sulla patente, e penso che in fondo non è stato tutto tempo perso. E fra qualche tempo, quando gli anni peseranno sul serio, porterò il pantalone in lavanderia, dimenticando distrattamente la patente in una tasca. Così, se qualcuno, stupito, guarderà un po' troppo la foto e la mia faccia, innanzitutto prenderò una penna e gliela ficcherò in un occhio. Poi interverrò sulla patente, ma non come il signor M. per correggere la data. Correggerò la mia faccia. Non so ancora come, deciderò lì per lì. Magari la girerò di spalle, come in quel quadro di Dalì. Il signor M. ha finito la sua deposizione. Non sapeva un cazzo della causa. Si riprende il documento, saluta ossequiosamente. Io lo osservo andare via, e non smetto di chiedermi se fosse davvero il signor M. Mercoledì, 08 Dicembre 2010 (8) I ragazzi protagonisti del romanzo Il bambino e il brigante (di glaurito ed. glaurito) speravano in qualcosa che desse loro la possibilità di cambiare vita. E il destino gliela diede quella possibilità, sotto forma di un tesoro nascosto da un brigante centocinquanta anni prima. Come andò a finire, poi, non importa per questo post. Qui parleremo, invece, della realtà, non di sciocche fantasie narrative del solito glaurito. COLPO DI FULMINE Non credo di essere il solo ad aver pensato, magari con sgomento, a come cambierebbe la mia vita dopo una vincita milionaria. Certe volte immagino che comprerei tutto il paese in cui vivo, in modo da poterne sfrattare la maggior parte degli abitanti che mi stanno sulle scatole. Oppure che comprerei delle ville agli antipodi, in modo da poter trascorrere tutto l'anno in un'estate perenne. Non come in Italia, dove adesso comincia la neve perenne (ma la neve non è sempre cominciata per ENNE? ahahahah). Altrimenti, penso che sarei attorniato da questuanti, che rischierei rapimenti, che mi buscherei un colpo apoplettico al momento di scoprire di aver vinto ... Così mi consolo pensando alla statistica secondo cui ci sono più probabilità di essere colpito da un fulmine che fare sei al superenalotto. Nel mio caso, poi, se consideriamo che non ho mai giocato ... PARASSITI Un altro modo di cambiare vita sarebbe quello di avere un figlio che si realizza, ad esempio mi diventa un calciatore famoso. Io faccio il suo procuratore, contratti astronomici e mie parcelle adeguate, poi con la mia classe vengo invitato in tutti i programmi a parlare di mio figlio, ma in realtà divento io la star, simpatico, intelligente, arguto. Meno male che ho una figlia femmina e il calcio femminile non conta niente sul mercato. PAPPONI Come sopra, ma con una figlia bona che mi diventa velina. PROSTITUTI Come sopra, ma con una moglie ricca che mi diventa vedova (giuro che solo ora che lo rileggo mi sono accorto che in questo caso sarei morto io e non lei ...) :) Questo post mi ha scocciato, ma in realtà era solo un pretesto. E' che dovevo dire per forza, l'avevo promesso, che la partigiana è uno sformato di melanzane che si gustava sugli appennini nel '45 plutone è un filosofo extraterrestre famoso per i Monologhi plutonici e, ancora, che vengono pubblicate continuamente nuove scioccanti rivelazioni sul sito di wikileaks ecco le ultime In Cina non c'è troppa libertà di stampa Carla Bruni ha sposato Sarkozy per interesse Berlusconi pensa che Rosy Bindi sia un effetto collaterale del viagra La notte dopo san Lorenzo alcune stelle si rialzano Cielo a pecorelle è una posizione del kamasutra delle nuvole Sui libri di educazione sessuale delle api l'accoppiamento si spiega con le chat e i blog Secondo i creazionisti il terremoto non è un movimento tellurico creato dalla deriva dei continenti, ma Dio che ha messo la terra a vibrazione Mosè aveva la tariffa you and god, senza scatto alla risposta e tariffazione al secolo, che permetteva chiamate illimitate con la divinità partner e dieci comandamenti sms a montagna. Giacché sarei capace di continuare a lungo, l'unica è stacc Mercoledì, 15 Dicembre 2010 commenti eccellenti alla chiusura di un blog (s.v.) "A saperlo prima, ci pensavo due volte!" (M. Monicelli) "Finalmente la smetterò di cliccare per vedere se ho scritto un nuovo post" (G. Laurito) "Proprio ora che avevamo comprato i diritti per il film Il contrario di rutto" (Fratelli Vanzina) "Non mi dimetto" (S. Berlusconi) In realtà, i commenti importanti sono sempre stati quelli che ho trovato sotto i miei post, e che mi hanno fatto compagnia per quasi tre anni. Commenti veramente eccellenti, quelli. Grazie della compagnia, dell'affetto, della pazienza e ... alla prossima. Giovedì, 22 Dicembre 2010 glaurito: g sta per giovane (7) Primo giorno di vacanze. Chiamo dal telefono fisso la mia agenzia di viaggio per prenotare un weekend da qualche parte. Le cinque terre. Ma dove cazzo sono? Sfoglio l'atlante. Chiedo un preventivo via fax. Come trascorro il pomeriggio? Mi metto in poltrona ad ascoltare un cd, poi, dopo aver sonnecchiato un po', scelgo fra le cassette un vecchio film di woody allen: "il dittatore dello stato libero di Bananas". Esisterà, poi, questo stato? L'enciclopedia me ne parla come di una nazione di fantasia. La sera si avvicina, accendo il computer, dopo avere inciampato su un cavo. Cerco la pagina delle news e mi capita sotto gli occhi questo articolo. "CON IL NUOVO DECENNIO ADDIO A FAX, VHS E CD Sul celebre giornale online Huffington Post l'elenco degli oggetti che diventeranno obsoleti nell'era della tecnologia digitale. Citate anche le agenzie di viaggio e le enciclopedie. AI PRIMI POSTI LE VHS. Al primo posto della classfica il videorgistratore e le vhs, capaci ormai di far quasi sorridere al cospetto del ben più autorevole Dvd. Il Washington Post scriveva della sua morte già nel 2005: "Il Vhs è morto, a soli 29 anni di vita". A seguire troviamo nella classifica delle cose obsolete le agenzie di viaggio, ormai spazzate via dai siti e dalle applicazioni per viaggiatori digitali, capaci di offrire soluzioni ben più capillari e originali. Al terzo posto Huffington Post cita il tramonto della separazione tra vita lavorativa e privata, definitivamente annientata dopo anni di assottigliamento di un confine sempre più labile, complici il multitasking e le connessioni senza fili. Ma nell’ultimo decennio si sono dissolte, impercettibilmente e lentamente, tante altre cose. Nella lista c’è un posto per le linee erotiche, decisamente demodé, le cartine geografiche (impallidite rispetto alle mappa online e al Gps), la chiamata telefonica, gli annunci sui giornali, le connessioni dial-up, l’enciclopedia, il Cd, la linea fissa, le pellicole, le pagine gialle, i cataloghi, il fax. Infine, grazie al wireless sono diventati obsoleti i fili". Basito, prendo le cartoline che avevo scritto e le butto nel caminetto. Poi, anche se il blog è in quiescenza, scrivo un post. E gli auguri ve li faccio così, virtuali. Buon Natale. Giovedì, 06 Gennaio 2011 Nequizie & Liquirizie (7+) Non mi piacciono le citazioni. A parte che come avvocato fanno parte del mio quotidiano, e cosa c'è di meno appetibile del quotidiano?, trovo oltremodo stucchevole riportare frasi di altri, fregiarsi di intuizioni non proprie, stare - uninvited guest - sulle spalle dei giganti, come diceva Isaac Newton. Per questa ragione mi hanno sempre fatto sbadigliare - ma talvolta sbadiglio di commozione - i libri di Enzo Biagi, che ne sono infarciti. Ci sono poi le citazioni inconsapevoli, come quelle musicali, frutto di un comune sentire, di una formazione della quale sei intriso, come l'impronta di Springsteen in ogni canzone del primo Ligabue, o le melopee dylaniate di De Gregori (come diceva Roberto D'Agostino), e quelle volontarie, anche se talvolta non gradite, come lo stesso De Gregori, citato (questa volta, però, in tribunale) da Iva Zanicchi per avere apertamente omaggiato (come si fa a parlare di plagio, se è così evidente il richiamo?) la canzone Prendi questa mano zingara in un brano di qualche anno fa ... Ora mi trovo qui a scrivere di nuovo su questo blog che avevo chiuso, ma si sa, come ripete sempre Maurizio Costanzo, che la coerenza è degli sciocchi, ma questo post non potevo metterlo sull'altro, lì non si fa sul serio. E' sul contrario di tutto che deve essere incisa ogni nequizia. Parola che fa rima con liquirizia. E che, come questo post, fa cacare. (Come diceva spesso Glaurito per ogni suo post del quale un po' si schermiva, ma che sotto sotto lo faceva andare fiero della sua capacità di dire tutto (che odia le citazioni) e il contrario di tutto (riempirne un post)). Venerdì, 14 Gennaio 2011 a vita bassa (7+) Sono in udienza penale. Il pubblico ministero, in altre parole la pubblica accusa, il rappresentante dello Stato, è una donna (bella o brutta non conta) con un maglione grigio piuttosto peloso (angora? topo muschiato?) e un jeans a vita bassa. Null'altro. O meglio, nessun altro indumento, perché la pancia e il fondo schiena sono in bella mostra. Quando si curva in avanti per prendere un fascicolo presenta a tutti noi il canyon delle sue chiappe (ho riscritto dieci volte questa espressione, ma non ne ho trovato di altrettanto evocative). Non è la prima volta che si veste in maniera - diciamo così - estroversa, suscitando, ovviamente, commenti e ilarità tra i presenti. Ma lei non se ne cura, e fa come le piace fare. Piacerebbe anche a me essere un uomo a vita bassa. Avere il coraggio di essere sempre me stesso, e di farlo tranquillamente. Invece io cerco sempre, a tutti i costi, di essere me stesso, ma mi costa fatica, rabbia, insonnia, frustrazione. E pantaloni fin sotto le ascelle. Giovedì, 27 Gennaio 2011 segreti inconfessabbbili (7) L'altra notte mi intervistavo. Ebbene sì, lo faccio, talvolta. Quando mi sveglio, puntualmente, intorno alle cinque di mattina e non riesco più a prendere sonno, devo passare il tempo in qualche modo. Fra le tante domande interessanti, mi ritrovai a chiedermi? "Lei ha segreti?" La domanda mi lasciò perplesso (per la gioia dell'intervistatore che, in attesa della risposta, poteva provare a prendere sonno). Cosa intendiamo per segreti? Quelle cose che non confidiamo, ad esempio, al nostro partner? Oppure quelle cose che sappiamo solo noi? Nelle prime potrebbero rientrare tradimenti, ma anche pvt scambiati su splinder. Forse il livello di "segreto" si raggiunge per quelle cose che, se scoperte, portano ad un litigio, o solo quelle che conducono ad una separazione? Ed esistono cose che davvero conosciamo solo noi stessi? Una malattia che non vogliamo confidare, per pudore. Ma è nota, almeno, al medico che ce l'ha diagnosticata. Una caduta che ci ha imbarazzato? Ma qualcuno sarà stato presente, altrimenti perché l'imbarazzo? Pensa che ti ripensa, e limitandomi ai segreti "piccanti", mi vennero in mente due cose che so solo io e che non ho mai detto a nessuno. Dei veri e propri segreti. Il primo. Quando uso il cotton fioc inizio a grattarmi voluttuosamente all'interno del condotto uditivo con un piacere che talvolta sfiora l'orgasmo. Il secondo. Certe volte col jeans riesco a fare pipì aprendo anche un solo bottone. Fortunatamente, allorché stavo per rispondere, mi accorsi che l'intervistatore si era placidamente addormentato. Così tenni per me quei segreti, che dunque rimarranno tali ... Venerdì, 04 Febbraio 2011 (7, per non aver continuato) - Buongiorno, dottore. - Buongiorno, sig. Laurito, si accomodi nell'ingresso, fra poco la faccio entrare Mi siedo su una poltrona scura, alle pareti riproduzioni di scarso valore di quadri di Munch e Bosch. Le tende pesanti alle finestre non lasciano trapelare luce, l'unica fonte di fioco chiarore è una lampada giallognola. Provo a sfogliare qualche rivista, ma sono tutte noiosissime. Non ci sono altre persone che attendono in quell'ingressino. Sto quasi per assopirmi, quando lo psicanalista si affaccia e mi fa cenno di entrare. - Si era annoiato? - mi sorprende. - Beh, per la verità un po', l'atmosfera era un po' ... così, ed effettivamente .... - E' normale, sig. Laurito, è l'anticamera della depressione. Mi sorprende di nuovo. Ha già diagnosticato il mio male oscuro. Poi menziona il quadro di Munch e capisco che stava semplicemente parlando - ironicamente? - dell'ingresso in cui mi ero accomodato. Dentro non c'è il lettino dove sdraiarmi, forse solo un retaggio dei molti film sull'argomento. Ci sediamo uno di fronte all'altro, io sul divano, lui su una sedia girevole. - Allora, perché siamo qui? - esordisce - Forse avevo dei soldi da buttare - faccio io, sperando che così mi inquadri subito per lo scettico che sono. - Ah, lo stesso motivo per cui provai a laurearmi! - fa lui, acuendo il mio disagio con una battuta che, come per l'anticamera, non fa nulla - un cenno, l'occhiolino - per dimostrarmi come tale. - Senta, so che devo essere io a parlare, ma parlerei di tutto e niente, mi faccia delle domande - cerco di uscire dall'imbarazzo - Faccia così, mi dica qualcosa a piacere - e io ripiombo nel terrore. La "domanda a piacere" è stata l'incubo del mio periodo universitario. Io, in genere, ero preparato in maniera uniforme verso il basso su tutto il programma, diciamo che un 18 lo meritavo sempre, ma non sapevo nulla perfettamente. Quindi, a qualsiasi domanda non facevo scena muta, bensì mi arrabbattavo, quando bene, quando meglio. Ma una domanda a piacere presupponeva che conoscessi un argomento a menadito, quindi se sceglievo io la domanda e poi tergiversavo, che doveva pensare il professore? "figurati le domande NON a piacere!". Così, oltre al programma, dovevo anche prepararmi un argomento "a piacere", meglio degli altri, sperando tanto in domande a spiacere. (continua) Venerdì, 11 Febbraio 2011 Qualunquismo da basso impero (6-) Salvo future indagini della finanza, per il momento riesco a garantire a mia figlia una vita comoda. Senza viziarla troppo, ha però tutti i giocattoli che desidera, guarda in tv migliaia di canali di cartoni, veste alla moda, è coccolata da tutti - lei, figlia e nipote unica - con mille attenzioni e regali. Può scegliersi le merendine, i libri, gli astucci. Insomma, a sei anni non ha ancora avuto cognizione della possibilità che certi agi potrebbero anche mancare. Per me non è stato così. I miei genitori, con un solo, piccolo stipendio di mio padre e casa in affitto, hanno affrontato duri sacrifici per farmi studiare, per costruire non una ma ben due case, così da consentire a me, una volta adulto, di poter partire da solide basi. E, anche se hanno fatto del tutto per darmi comunque il necessario, ho vissuto sulla mia pelle di bambino le piccole difficoltà, avere un solo paio di scarpe - e se le rompi sono dolori! - , aspettare la befana come unica portatrice di regali di un anno, regali utili - libri e quaderni - affrontare l'adolescenza senza mai una lira in tasca ... I miei genitori, invece, figli di poveri contadini, cresciuti nel dopoguerra, loro sì hanno conosciuto ogni sorta di privazioni, morali e materiali. Si dice sempre che la nostra generazione sarà, probabilmente, la prima che starà meglio dei propri figli e, comunque, che si è interrotta la spirale positiva. Ma, mi chiedo, sarà di certo un male? Quale tensione positiva può dare l'agio? Non sarà che i nuovi bambini, poi adulti, cresciuti senza desideri, debbano trovare soddisfazione nella mollezza, nel superfluo sempre più insulso? Come i romani della tarda età imperiale, che dopo aver gozzovigliato si provocavano il vomito per poter banchettare ancora ... Come i plurimiliardari di oggi, ebbri di denaro e potere, che inseguono ogni più ardita forma di perversione. Come i giovani di oggi che annegano nella cocaina e nell'alcol la propria mancanza di obiettivi. E, come nel 476 d.c., ad andare avanti così, ben presto orde di nuovi barbari - inarrestabili perché spinti da desideri e bisogni primari, insopprimibili - spazzeranno via le nostre mollezze e il nostro consumismo. No, a me non sembra tanto male se i nostri figli avranno un po' meno di noi. Forse meno denaro, ma più voglia di migliorarsi, che se manca quella, la vita è solo una perdita di tempo, e quando proprio non sai cosa cazzo fare, difficilmente ti viene un'idea buona. Domenica, 20 Febbraio 2011 Non mi va di fare i compiti!!! (7-) Horror vacui. Da sempre il mio problema, declinato in tutte le salse (mai declinato una salsa-ae?). Ne parlavo ieri con un'amica. Se per un giorno non ho scadenze impellenti, vado in paranoia: "non ho più clienti, nel giro di poco tempo finirò sul lastrico!!". Se ho troppe cose da fare, le faccio a rilento, per paura di ritrovarmi nella situazione di prima. E rimango indietro, capriccioso, come un bambino che non vuole fare i compiti. Scrivo un post, ho tanti commenti gentili. Sarebbe meglio non ci fossero, so già che al prossimo post farò il confronto, avrò aspettative, e sarò perdente, e soffrirò, e non avrò più voglia di scrivere, e chiuderò il blog, e poi non saprò stare senza i commenti gentili e lo riaprirò, e poi me li farò sotto forma di utente anonimo. Mi guardo allo specchio, involontariamente, nella vetrina in salotto. Un faccia annoiata, per caso senza barba, persa fra i bicchieri del servizio buono, mai usati. Quasi quasi riempio di limoncello quella teiera sheffield del mio matrimonio e mi sbronzo pensando di essere sul porticciolo di Amalfi. Lo so, la soluzione sarebbe quella di andare nella sala d'aspetto di una stazione affollata, far finta di svenire, così di sicuro ci sarebbe qualcuno a gridare "c'è un medico in sala?", e così troverai qualcuno con cui parlare senza dover decidere di andarci io, da un medico, un'altra delle mie paranoie: non andrò mai in un ospedale salvo esservi portato a forza o in stato di incoscienza. Paranoie, come quella di non poter mai più sentire in auto una canzone di Fabio Concato da quando scrissi un racconto in cui il protagonista moriva in un incidente e, fra le lamiere contorte e fumanti, si sentiva la voce serena e beffarda dallo stereo "che domeeenica bestiaaale ...". Ecco, penso di aver scritto un post geniale, lo rileggo, lo limo qui e là, mi convince ma manca la battuta finale. Cosa andava forte, una volta? Ah, le uscite di mia figlia. Ieri notte la mia bambina di neppure sei anni mi ha chiamato. Sono accorso. "Senti, papà, scusa se te lo chiedo, ma i vulcanologi possono anche sbagliare?" Non so cosa volesse dire, e stamattina non lo ricordava neppure. Ma so che cosa ho pensato. Che quel vuoto è contagioso. Meglio aprire le finestre e cambiare aria. Sabato, 05 Marzo 2011 (7) Questa mattina, alle 9.37, mi hai pensato. Ne sono sicuro, mi hai pensato, perché guardando dalla finestra, d'improvviso, una nuvola mi ha sorriso e le mie lacrime infinite d'incanto sono sparite. Questa mattina, alle 9.37, mi hai pensato, non c'è dubbio, mi hai pensato, le pagine del libro, leggere, sfogliavano da sole quella storia strana che chiamavamo amore. Questa mattina, alle 9.37, mi hai pensato, come allora, mi hai pensato, e un'altra primavera, ineffabile, si è fatta strada nel mio cuore distratto. Lo so, non t'inganno stamattina sono stato io ad averti pensato guardando dalla finestra questa pioggia insistente come i miei pensieri che per timidezza o per pudore ho finto essere tuoi ed invece era solo il mio dolore. Sabato, 19 Marzo 2011 ... e ha pure preso "ottimo + lode" !!!! (10 a mia figlia) 18 marzo 2011 Tema Il mio papà Il mio papà si chiama Giovanni Laurito. Ha i capelli neri, gli occhi marroni, il naso lungo, la bocca normale, le mani grandi con i peli sopra. E' alto, magro, assomiglia quasi quasi a un grissino. Lui si arrabbia, ma non con me, spesso si arrabbia con il giudice. Di lavora fa lo avvocato, va anche ai suoi due studi, uno si trova sotto casa e laltro a Vallo. Papà mangia poche cose perche dice che gli fa male la pancia. Quello che gli piace di più sono i cornetti e i salatini. Papà è contento quando siamo tutti insieme a casa mia. E' molto severo quando lo faccio arrabbiare ma soprattutto quando lo fa arrabbiare mamma. La sera quando torna dallo studio mi prende in braccio e muoviamo i pupazzetti. Io sono tanto felice di avere un papa che mi vuole bene e tene voglio anche da vecchio e me ne vorrai anche da vecchio. Venerdì, 25 Marzo 2011 mezzogiorno di sonno (6 1/2) Dipende pure dall'orario in cui ci si accinge a scrivere. Di sera spesso cediamo allo sconforto, alla depressione, talvolta al sentimento. Di mattina c'è di solito uno spirito diverso, si riesce ad essere più leggeri, ironici, interessati più al mondo che a sè stessi. Di solito. Ma quando scambi la notte con il giorno in quanto soffri d'insonnia, il mondo si rovescia. E dunque di notte fai progetti, rifletti, studi strategie, magari fantastichi pure su quella collega intrigante che si è fatta offrire un caffè. Poi succede che al mattino dopo, ti sei dimenticato i progetti che avevi messo in cantiere, provi a riflettere ma nel frattempo hai dimenticato dove hai parcheggiato e giri a vuoto, le strategie si infrangono contro il vigile che ti segnala che hai imboccato distrattamente un senso unico, e quando offri il caffè alla collega intrigante dimentichi di pagarlo e fai una solenne figura di merda. Comunque, per sparigliare le carte, questo post l'ho scritto di pomeriggio, dopo un sonnellino davanti alla tv. Martedì, 29 Marzo 2011 l'ora legale di religione (7 -) Spesso da premesse corrette vengono fuori conclusioni errate. Talvolta accade il contrario. Talaltra, come quella di cui vado a parlare, sono corrette, a mio avviso, sia le premesse che le conclusioni, anche se in realtà fra le due fasi non c'è alcun collegamento fondato sulla logica comune. Lo scorso week end è entrata in vigore l'ora legale. Cerco di spiegarne la ragione a mia figlia, che ha provato su di sè lo sforzo di doversi, per tale motivo, alzare un'ora prima per andare a scuola e si sta lamentando che è troppo presto, e non vuole recarsi a scuola a quell'ora. Giustifico il tutto spiegando che se si dorme un'ora di meno, nel contempo si gode di un'ora di luce in più prima che venga sera. "Ma Dio non poteva fare che la mattina dormivamo di più e faceva luce lo stesso più tardi?", si lamenta lei, riconducendo al Signore l'iniziativa. "Eh, bambina mia, a ragionare così ci potremmo fare molte domande. Per esempio, perché Dio ha creato la scuola? Potevamo anche nascere già imparati!" "No, papà, non dico questo, forse è chiedere troppo, ma almeno Dio poteva far togliere quella noiosissima ora di religione!" Lunedì, 04 Aprile 2011 fenomeni inspiegabili e una questione di m..... (6+) Ho letto da qualche parte di un fenomeno che gli scienziati faticano a spiegare. Pare che nell'emisfero australe, quando si tira lo sciacquone, il vortice d'acqua nel water giri in senso orario, mentre nel nostro emisfero il vortice gira in senso antiorario. Bella questione, invero. Ma il fenomeno veramente inspiegabile, a mio avviso, è che qualcuno se ne sia accorto. Come sarà potuto succedere? Una persona che si è trovata in tempi diversi in entrambi gli emisferi si è soffermata per caso sulla direzione dell'acqua nello sciacquone notandone la differenza? Una persona da un emisfero, colta da tale dubbio esistenziale ("il senso dell'acqua nello sciacquone"), ha telefonato ad una persona residente nell'altro emisfero, invitandola a verificare in che direzione scendesse l'acqua nello scarico del suo cesso? (Non oso immaginare la reazione del destinatario della telefonata, magari di notte, a causa del diverso fuso orario). Se qualche lettore avesse spiegazioni più plausibili, gliene sarei grato. Nel frattempo, non mi crederete, ma ora, sperando di cogliere il verificarsi di un'ipotesi diversa, mi sono fissato di verificare ogni volta che vado in bagno in che senso scende l'acqua quando tiro lo scarico L'altro giorno ho verificato un campione statisticamente rilevante: ho avuto la diarrea. Sabato, 09 Aprile 2011 Sono un poeta, sono un signore (7) Io sono un poeta, non un avvocato. Mi spiace lo pensiate tutti, non sono un avvocato. O meglio, faccio il poeta per vivere, e l'avvocato per non morire. Se per strada trovo un incidente mi comporto da poeta, rifletto sulla fine di una vita, provo a indovinarne il senso un pensiero struggente e alato l'avvocato invece si ferma e chiede una firma sul mandato. Credetemi, non sono un avvocato, le ragioni sono più che certe nella mia vita, quella del poeta le porte non sono mai aperte. E' la poesia la mia maniglia antipanico signori dell'accusa, gente della strada, Te, che tante volte ti ho delusa, e rimedio non in fatti ma a parole, che in quelle sono bravo e perciò ancora una volta, fiero, chiedo per me l'assoluzione dal peccato di essere poeta solo quando mi fa comodo, senza averne davvero l'intenzione. (ecco, ci sono ricascato, anche oggi, alla fine, ho fatto l'avvocato) Martedì, 12 Aprile 2011 La lirica e l'euro (6) Musicalmente, sono un relitto del secolo scorso. Insomma, sono rimasto al tempo della lirica, e ora c'è l'euro. Intendiamoci, non ho perso di vista la realtà, non sono fuori dal mondo: se incontro Rihanna o Katy Perry le riconosco e chiedo pure loro un autografo per mia figlia (ammesso che sappiano scrivere), e se ci stessero le porterei pure a fare un giro in balera (nel secolo scorso usava così). (Se incontro Lady Gaga scappo a gambe levate, ma questa è un'altra storia). La mia antiquatezza musicale la avverto quando la sera mi siedo al pianoforte e canto. Al di là del fatto che ciò comporta una dura reprimenda da parte di mia figlia perchè deve vedere i cartoni e la disturbo (parentesi: ma c'è un 'ora in cui NON trasmettono cartoni??), quando mi accingo a suonare, mai che mi venisse voglia di fare, che so?, voglio caloooooreeeee ... No, ogni santa sera canto alcune fra queste canzoni: Santa Lucia (De Gregori) My ever changing moods (Style council) You do something to me (Paul Weller) Don't leave me now (Supertramp) Nun me scuccià (Pino Daniele) The power of love (Frankie goes to hollywood) Atlantide (De Gregori) Cambio casa (Fossati) Hand in hand (Dire Straits) ... e così via. E nessuna di queste canzioni ha meno di venticinque-trent'anni. Intendiamoci, qualche canzone nuova provo a farla. Per esempio l'ultima di Jovanotti mi piace molto, ma delle canzoni recenti non riesco in alcun modo a ricordare le parole e come al solito improvviso ... "Mi riconosci, ho le tasche piene di carte la macchina che non parte le scarpe sporche di terra il cuore batte per mia figlia e gli occhi pieni di cigliaaaaa" Ecco, ogni sera finisce che appena torno nel secolo attuale mi ritrovo a dire stronzate. E per chi mi legge non è certo una novità (ma una canzone di De gregori mutuata da Dylan non diceva una frase del genere? Quale sarà? Al primo che indovina canterò l'ultima canzone di Anna Tatangelo) Mercoledì, 20 Aprile 2011 Hellzapoppin' (6+) Non esistono più i film di una volta. Questo luogo comune mi si è palesato in tutta la sua verità guardando l'altra sera al cinema "Mia moglie per finta", una pellicola con Adam Sandler e Jennifer Aniston, la cui scena più divertente (la più divertente!) è stata quella del bambino che di notte va in bagno e caca sulla mano di un tizio che dormiva nella vasca da bagno e aveva allargato il braccio fino a dentro il water. Fino a una decina di anni fa c'erano ogni settimana anche più film che meritavano di essere visti. Ora, invece, durante la visione, sono sempre più ricorrenti frasi sconfortate del tipo "cazzo, ma non è ancora finito il primo tempo!!!". Ricordo ben pochi film visti negli ultimi tempi che mi sono rimasti impressi. Forse Gran Torino, con Clint Eastwood (lì ho pianto sul serio, non come al solito per i dieci euro sprecati del biglietto), o, in altro genere, Basilicata coast to coast di Rocco Papaleo (proprio la settimana scorsa l'ho ripensato, mentre ero in vacanza a Maratea, ai piedi della gigantesca statua del Redentore). Il cinema è finito anche a causa dei titoli che non attraggono. Già parlai un'altra volta delle orrende traduzioni italiane dei titoli dei film di altri paesi (una per tutte l'arcinoto "Se mi lasci ti cancello"), ma anche quelli originali non scherzano affatto. Come si poteva andare a vedere l'uomo che sussurrava ai cavalli (ricordo una battuta dell'epoca: Piave: il fiume che mormorava ai soldati), oppure l'uomo che fissa le capre, o la talpa nel bioparco, o carciofi a Mimongo ...?? Parlando d'altro, vorrei condividere con i lettori un'esperienza divertente, che consiglio. L'altra notte (insonne, of course) ho trascorso molto tempo nel letto, al buio completo, ad indovinare se avevo gli occhi chiusi o aperti. Volevo anche parlare del mio corpo che cambia, come dicevano i Litfiba. Nel 1995, o giù di lì, ero un giovane praticante avvocato, e c'era una collega di qualche anno più grande che talvolta flirtava con l'avvocato nel cui studio lavoravo, per cui passava spesso da noi. Alta, bionda, molto attraente, avrà avuto trent'anni, e insieme agli altri praticanti parlavamo spesso di lei, fantasticando avventure irrealizzabili per noi pischelli. Come fu e come non fu, un giorno me la ritrovai nella stanza, seduta alla scrivania dove io lavoravo. La camera era "un flacone d'odore di lei", diceva il Liga in bambolina e barracuda. Io, timidissimo, mi avvicinai per prendere una mia pratica dalla scrivania e lei - Cecilia, si chiamava - si girò verso di me, fissandomi con i suoi occhi verdi - indossava un vestito di lino leggero, molto leggero - io non sapevo dove guardarla, provai a farfugliare delle scuse per qualcosa che non avevo fatto, lei mi prese la mano e schiuse le labbra, non so cosa cazzo stesse per dire magari solo scusa se ti ho fottuto il posto a sedere, ma fatto sta che ebbi un'erezione spontanea. Dopo ben sedici anni in cui non mi era più accaduto, un paio di sere fa è successo di nuovo, inaspettatamente, mentre leggevo qualcosa, mi pare fosse un reportage sull'Unità d'Italia. O Anita Garibaldi mi ha ricordato Cecilia, oppure, più banalmente, ho quarantadue anni e sarà ora di farmi controllare la prostata. Questo post-porno (postporno postporno porno porno ...) non è granchè, lo so, ma non aggiornavo da una settimana e ricordo a me stesso che gli impegni si rispettano. Il motivo è pure quello che non ho voglia di fare nulla, e se la prospettiva di questo pomeriggio era di passarlo al computer scrivendo una memoria difensiva per una causa sul ripristino di una rampa di accesso, chi potrà biasimarmi se ora, dopo aver scritto queste quattro quisquilie (ottimo scioglilingua), me ne vado un po' a passeggio? Dal mio studio al Tribunale c'è un viale alberato di quasi un chilometro, a quest'ora pressoché deserto. L'occasione giusta per provare a sgombrare un po' il cervello. Ma c'è troppo sole ... Trovato! Ipod alle orecchie e cappellino delle Winx. Cosa mi manca? Giovedì, 28 Aprile 2011 Io c'ho un cuggino che conosce un cuggino .... (s.v.) Per andare avanti, in Italia, occorre conoscere qualcuno, è noto. Se conosci il professore, la laurea è facile e assicurata. Io mi sono rotto il culo per anni, senza conoscere neppure uno straccio di assistente. Fai l'avvocato, se hai fortuna di essere nelle grazie di un politicastro qualsiasi, cause assicurate. Altrimenti ottieni meno della metà col triplo dell'impegno. Ovviamente, mai conosciuto un politico. Ma pure per un parcheggio sotto casa, se sei ammanigliato col vigile, chiude un occhio, altrimenti multe su multe, oppure lasci la macchina talmente lontano che valeva la pena essere uscito a piedi. Quarantadue anni girando il mondo, laurea, premi, fascino da vendere, e non avevo mai conosciuto uno famoso. Ma da oggi le cose cambieranno. Conosco LUI (sul serio). http://youtu.be/sWDhmkmzetk Martedì, 03 Maggio 2011 Genitori o chi ne fa le feci (5 1/2) Domani mia figlia - prima elementare - va in gita ad Amalfi. A scuola le hanno fatto fare un breve dettato in cui si spiegava, tra l'altro, che si trattava di una repubblica marinara, al pari di Genova, Venezia e Pisa, e che dopo un periodo di splendore, era stata invasa dai pisani e saccheggiata. Oggi, mentre parlavamo a pranzo di cosa avrebbero fatto ad Amalfi, la vedevamo insolitamente poco comunicativa. Le abbiamo chiesto che cosa la angustiasse e lei ci ha rivelato che era un poco preoccupata per domani. "E se ci sono ancora i pisani? Io ho un po' paura", ci ha confessato. "Ma no, devi stare tranquilla, è una cosa che risale a mille anni fa!". "Sarà, ma io prima mi guardo intorno, e se vedo qualche pisano, non scendo dal pullman, oppure lo dico alla mia compagna Maria, che quella è fortissima e li batte". Pisani in gita, siete avvisati. Venerdì, 20 Maggio 2011 Dare i numeri (s.v.) Non ho scritto nulla nelle ultime due settimane perché impegnato in elezioni amministrative perse malamente, come il mio personaggio decadente impone. Al rientro alla (a)normalità del blog, ho constatato con stupore di non avere nulla di sensato da scrivere. Così, scottato dai voti non dati a me, ho pensato di darmeli io stesso, o meglio di darli ai miei post dell'ultimo anno. Ragion per cui, accanto al titolo di ogni post, troverete un voto, che è il mio giudizio su quello scritto. L'assenza di insufficienze non è segno di ingiustificata autostima, bensì semplicemente del fatto che quando ho pensato che un post facesse proprio schifo non l'ho pubblicato. Solo questo. Che poi, per il resto, io non ho mai amato i voti. Per dire, nei temi di italiano, in cinque anni di liceo, non ho mai preso più di cinque (in verità neppure di meno, ho preso sempre cinque, in tutte le sue varianti + - 1/2 ...), però guardate poi che raza di scritore sono divetato. Mentre all'epoca avrei potuto scrivere anche la divina commedia e la prof di italiano mi avrebbe messo il solito cinque, mentre qui, da grande, posso scrivere tutto e il suo contrario, e permettermi anche il lusso di mettermi un buon voto, che sento proprio di meritarmelo, quantomeno alla memoria. Che se qualche volta appaio ignorante, è solo analfabetismo di ritorno, quello che a quarantadue anni, e a ventiquattro di distanza dal liceo, non ti permette più di ricordarti qual è il modo corretto di scrivere qual'è. E insomma, con questo post interlocutorio aspetto le idee che al momento latitano, ma è pure un modo di soddisfare la mia curiosità invitandovi, miei amati lettori, a esprimere il vostro voto personale nei commenti, e, in tal modo, a rileggervi alcune delle straordinarie perle contenute nel mio blog. Cioè a dire: ancora una volta, oggi portate ripetizione. Mercoledì, 25 Maggio 2011 Poesia nel retrobottega La poesia è universale. Se mi lasci e sto male, se una sera c’è luna piena, se un uccello si posa sul davanzale, è poesia o meglio, può essere poesia perché di questi tempi se mi lasci non vale sono un lupo mannaro e ho la licenza di caccia La poesia è universale, allora, ma a macchia di leopardo è poesia solo se ne hai voglia, se è quello il tuo sguardo incantato, parziale, elevato … Se invece non hai ancora mangiato se non ti tornano i conti hai a cena i parenti i pensieri sono tanti hai voglia a rimare … la poesia, allora, non è universale, il leopardo è candeggiato osservi la luce e ti senti all’oscuro più che un usignolo, ti ispira un canguro che salta, salta, e ti va sempre nel culo. Mercoledì, 01 Giugno 2011 Educazione sentimentale Un ragazzo appena laureato fa pratica di avvocato presso il mio studio. Non è ancora fidanzato, ed io lo prendo in giro invitandolo a darsi da fare, ci sono tante giovani e belle colleghe in tribunale, deve svegliarsi un po'! Ma lui è molto timido, non ha esperienza, a mio avviso rischia di fare brutte figure, magari di essere grossolano, poco delicato, per cui non posso fare altro che offrirmi come maestro: è ben noto il mio savoir faire, unanimemente riconosciuta la mia classe, apprezzata la mia raffinata e ammaliante dialettica. Guarda e impara! Così di lì a poco si dà l'occasione giusta: passa a trovarmi allo studio una giovane collega, facciamo due chiacchiere, poi arriva il momento dei saluti. Lei è graziosa ma piuttosto bassina, intorno al metro e cinquanta. Io sono uno e ottantacinque, allora il classico saluto col bacetto sulle guance, nonostante io mi chini, si trasforma per lei quasi in un'arrampicata. Lei allora scherza, un po' imbarazzata: "vedi com'è complicato, fra di noi? Ma che aspetti a darmi una ventina di centimetri?!. Io rispondo subito, raffinatamente allusivo: "guarda che se è per questo sono sempre a disposizione!". Mi giro verso il mio praticante, convinto che stia prendendo freneticamente appunti sul modus operandi, invece sta lì, alla scrivania, ad occhi bassi, rosso come un peperone. Che sia gay? La collega, intanto, se n'è andata alla chetichella, senza replicare. Vabbè, forse ho esagerato, certe volte mi capita, il gusto della battuta mi dà dipendenza e ne abuso. Però sono convinto di essere un buon maestro e insisterò nell'esempio. E se il ragazzo non imparerà, tornerò ai sani metodi di una volta: lo picchierò col righello. § Sono in fila in cancelleria, una coda parecchio lunga. La collega davanti a me è davvero attraente. Dobbiamo trascorrere molto tempo insieme prima che tocchi a noi, allora già studio qualche (altra) irresistibile battuta per attaccare bottone, quando l'occhio mi cade sulla sua agenda, aperta alla pagina delle udienze. Leggo il suo appunto manoscritto: "oggi udienza colleggiale". Mi cadono le braccia, la battuta mi si ricaccia in gola. Sarai anche bellissima, penso, ma io con donne così ignoranti proprio non me la sento di avere a che fare. Forse ho perso una buona occasione, ma sono cose su cui non transigo. Addio, tesoro. Lo so, soffrirò per un po', ma poi me ne farò una raggione. Venerdì, 10 Giugno 2011 piccola maddalena bastarda... La tecnologia mi si sta ritorcendo contro. E lo fa perché ha capito che io la disprezzo; anzi, no, ché il disprezzo pure è un sentimento forte, è più corretto dire che le sono del tutto indifferente. E lei se la prende. Così, nel giro di pochi giorni prima è saltato internet: volevo fare il furbo, passare ad un'offerta più conveniente, invece la nuova vodafonstèscion non ha funzionato e il rientro in telecom è di là da venire. Poi si è incantato il telecomando di Sky e per cambiare i canali devo premere i tasti con un martello. Ancora, si è inceppato il videoregistratore (sì, io sono fermo al videoregistratore) e non posso registrare i miei telefilm preferiti e poi rivederli la notte quando ho tempo e soprattutto non dormo. Infine, si è rotto il lettore CD. Semplicemente non si apre più, e una spia lampeggia. Allora io ci tiro un cazzotto, si apre e poi non si richiude, allora un altro cazzotto e così a furia di pugni è finita che c'è un disco incastrato dentro e buonanotte non lo tirerà fuori di lì neppure un'ostetrica. Così ho rispolverato le audiocassette (figuriamoci se avevo il lettore mp3!), ne ho centinaia, che risalgono ad anni in cui la musica era una passione che riuscivo a coltivare uber alles, quindi parliamo di album mitici, oggettivamente e/o soggettivamente. Prima ho riascoltato Canzoni con il naso lungo di Cristiano De Andrè, nel quale c'era una canzone, Invincibili, che citavo anche in un racconto di tanti anni fa, parlando dei tempi dell'università "ci sentivamo invincibili, ci sentivamo così" ... Poi ho messo su il primo album degli Audio2, chissà se qualcuno li ricorda ancora, degli imitatori originali di Battisti, e soprattutto una canzone, "Un anno in fretta", che pure mi ha riportato per incanto a tempi ben più leggeri, intensi, significativi e cruciali di adesso. In tutto questo, mia figlia cenava, ché impiega delle ore, è tutto un "mastica, forzaaa, e quando finisci" che sembra voglia conservarsi i bocconi per un atavico sentimento meridionale di risparmio per periodi di magra, guerre puniche, carestie post-nucleari eccetera. Lei, vedendomi in estasi per quelle canzoni, me ne ha chiesto la ragione. Io mi sono lanciato in una non richiesta spiegazione dell'evocatività delle canzoni e di tutto ciò che colpisce i sensi, in una sorta di stupido manuale della serie "spiegare Proust ad una figlia di sei anni" in vendita all'autogrill. Insomma, mi sono ritrovato a dire che una volta un signore di nome marselprùst stava facendo colazione e dando un morso ad un biscotto che si chiama piccola maddalena insieme al tè gli venne in mente quand'era piccolo e le mangiava e si ricordò della madre che non c'era più e della sua infanzia e pure io così sentendo quella canzone che non sentivo dall'università mi ero ricordato di quand'ero giovane e tante belle cose di quel tempo, i capelli lunghi, le chitarre, gli amici ... Poi la differenza fra rimorso e rimpianto e, in conclusione, che bisogna cercare di fare tante cose belle nella vita, e poi sarà bello un giorno, per caso (mmm, la canzone di D. Silvestri) ricordarsele. Lei ascoltava, osservando un po' invidiosa il mio sciocco entusiasmo senile, e mi ha chiesto se per lei fosse già possibile avere dei ricordi che la commuovessero; io ho detto che pensavo di no, ancora, e allora lei, ipotizzando quali potessero essere in futuro, mi ha detto "ora ho sei anni, allora quando potrò avere ricordi belli?" Io ho buttato lì "fra dieci anni". Lei è sembrata un po' scocciata di dover attendere ancora, comunque se n'è fatta subito una ragione e poi mi ha domandato quale potesse essere un bel ricordo. Prima che io le rispondessi (pensavo, che ne so, a una gita, una bambola cui è particolarmente affezionata), le si è illuminato il viso. "Ecco cosa ricorderò commuovendomi, fra dieci anni!" Cosa, piccina mia? "Mi ricorderò di te, di quand'eri vivo e giocavi con me! Lunedì, 20 Giugno 2011 L'ortica Mi capitò di prendergli la mano, e notare delle macchie rosse tra il pollice e l'indice. "Conosci l'ortica?", mi chiese, resosi conto della mia curiosità. Io annuii. Mi raccontò che ne portava sempre in tasca delle foglie, da strofinare di tanto in tanto. Pensai fra me e me ad una sorta di rimedio naturale, omeopatico, ma non era niente di tutto questo. G. soffriva di depressione, e talvolta di attacchi di panico. Gli capitava, per la maggior parte, nei momenti belli. Mentre guardava un bel film, mentre passeggiava al tramonto con la sua ragazza sul lungomare e pensava che fosse un giorno in cui valesse davvero la pena di vivere. In quei momenti, puntuale, il pensiero nefasto della morte. La morte che avrebbe cancellato via tutto, che l'avrebbe azzerato, il pensiero insostenibile della caducità umana. Le prime volte che accadeva, si metteva a correre e ad urlare, fino a quando, sfinito, in lacrime, tornava in sè - o meglio, riusciva ad abbandonare quel pensiero che, ahimè, è reale, non frutto di fantasia. Poi iniziò a trovare dei rimedi. Si rese conto - mordendosi una mano nel cercare di resistere dall'urlare - che un dolore immediato riusciva a scacciare quel dolore finale, quello della morte. Allora, non appena quel pensiero si affacciava, affondava i denti nel proprio indice destro, fino all'osso, e la crisi passava, così com'era venuta, lasciando soltanto lo strascico del segno dell'arcata dentale sul dito, un segno che, via via che le crisi si facevano più frequenti non scompariva più dopo qualche minuto, ma era rimasto lì, definitivo, come la cicatrice di una ferita dell'anima. Così, quando neppure quello era stato più sufficiente, aveva pensato all'ortica, ad una foglia strofinata fra le mani, a quel dolore intenso del veleno urticante sulla pelle, per provare ad allontanare, ancora una volta, il pensiero della morte, più orrendo della morte stessa. "Da bambino pensavo che sarei morto di paura, della paura di morire. Un bel paradosso, sarebbe piaciuto ai sofisti, la corrente filosofica che al liceo mi interessava di più". Un bel paradosso, come quello di quando mi ha confessato di aver pensato, di recente, più di una volta, che sarebbe meglio morire, la paura passerebbe di colpo. Salendo le scale di casa mia, dal lato dell'orto, c'era un cespuglio di ortica. Ne ho strappato a mani nude parecchi gambi. Le mie dita sono in fiamme. ma ci rido sopra, leggo questo post, e sono contento così. Per ora. Giovedì, 23 Giugno 2011 Il mare fa bene? Dice prendi la casa al mare che fa bene ma a chi? Mia figlia dieci giorni di mare finora dieci notti di antistaminici, io mi sono scottato perché non metto protezioni figurati se un uomo si mette la crema che so 'nu ricchione, tutte le cose in villeggiatura costano il doppio e valgono la metà, poi vai a mangiare e come si chiama il ristorante "Alla rotonda?" tu chissà che pensi e si chiama così perché dove si trova? Proprio vicino a una rotonda stradale, così puoi dire a quale ristorante quello vicino alla rotonda, puoi anche omettere vicino e dici direttamente alla rotonda; e poi i vecchi sulla spiaggia - il toccasana! - tutti rintronati e screpolati, e l'aria di mare, sì, pure che cammini sul lungomare fa bene, lo iodio e cazzi vari, uno è inciampato sulle piastrelle sconnesse e s'è rotto la caviglia e io come avvocato dovrei pure essere contento però insomma mica è venuto da me e poi guarirà subito, sai, lo iodio fa bene alle ossa, ma non era il calcio? Sì, in culo me lo avrebbero dovuto dare il calcio quando ho pensato di affittare 'sta casa al mare, ecco a chi fa bene il mare, solo alla padrona di casa che si frega 1.100 euro per quella mansarda/stamberga che il cesso e il bidè sono nella parte bassa della mansarda e allora mentre ero seduto a trarre le conseguenze di quella pizza scaduta comprata alla rotonda, distrattamente mi alzo - eh sì, dopo cacato ci si alza - e sbatto una solenne capocciata sul soffitto meno male che era di cartongesso così sono uscito al piano superiore ho dato un'occhiata e c'era un cuculo, pensavo esistessero solo nei film, invece ad Ascea Marina c'è il cuculo, emette il suo verso di merda continuamente, specialmente la notte quando si schiatta e devi tenere le imposte aperte, per non parlare poi dei cani, degli uccellini col loro tintinnante cinguettio che ti ammorba le palle dalle cinque di mattina e hanno fatto il nido proprio sul mio balcone che stamattina all'alba mi sono alzato e gliel'ho sfrantumato con la mazza dell'ombrellone; dice vai al mare vuoi mettere? e ancora mancano ben ventuno giorni alla fine .... (continua?) Domenica, 10 Luglio 2011 Mediavideo invece non ne avrebbe parlato. Allora, c'è questo caro amico che non vedo da un po', abbiamo tante cose da raccontarci e decidiamo di farci una lunga passeggiata, solo che si aggrega un conoscente poco simpatico e assai chiacchierone. Io dico all'amico di liberarcene con una scusa qualsiasi, ma lui dice che sembra brutto, cose così, e allora ce lo teniamo. Quando poi incontriamo due donne, Rosa e Maria Grazia si chiamano, il terzo incomodo attacca bottone pure con loro e viene fuori che queste stanno aprendo un localino in una vecchia stalla ristrutturata, e ci invitano a vedere come stanno procedendo i lavori e, insomma, si va, attraversando a piedi vicoli e strettoie del centro storico, sotto il sole cocente. Effettivamente il posto è grazioso, tutto in legno - pavimento e soffitto con travi a vista - e mentre ci illustrano "qui verranno i tavoli", "qui la cucina", io inizio ad avvertire un odore di fumo, e in pochi attimi ci rendiamo conto che un incendio sta divampando nel fabbricato. Scendiamo a precipizio per le scale, già invase dalle fiamme; quella via è bloccata. Proviamo dalle finestre, aiutiamo a far scendere le donne, poi il chiacchierone, che non smette di lamentarsi invece di cercare una soluzione sensata o chiedere scusa per averci trascinati in quell'inferno, quindi il mio amico e io scivoliamo lungo un cornicione, ma quando arriviamo giù l'imbocco del vicolo è stato ostruito da pezzi di travi infuocate caduti dal tetto giusto un attimo dopo che gli altri si mettessero in salvo. E, infine, pur essendo riusciti a uscire come acrobati da quella casa in fiamme, i soccorsi non arrivano in tempo e ci lasciamo le penne. Mi alzo presto e leggo sul televideo la notizia della mia morte e quella del mio caro amico. E' la prima notizia a pag. 103, non pensavo fossimo tanto importanti, conoscono perfino il nostro nome e cognome! Poi, in lacrime dico alla mia famiglia - li sveglio, perché stanno ancora dormendo - che purtroppo sono morto. Quindi, sfinito, me ne torno a dormire, ingannato dal caldo soffocante di questa notte e da quel cretino del vicino, che all'alba si è messo a bruciare sterpaglie sotto il mio balcone aperto. Giovedì, 28 Luglio 2011 Qualcosa di usato, qualcosa di blu ... Il nostro passaggio sulla terra, nonostante tutte le ottime intenzioni, rimane piuttosto ambiguo. Realizzare qualcosa di memorabile per i posteri è ormai possibile soltanto mediante stragi di livello internazionale (ricordo Bin Laden e Breivik, non gli ultimi Nobel per la pace). E acquisire un credito in vita è più una questione di coincidenze che per il proprio comportamento. Per intenderci: io sono una persona piuttosto media, in tutto. Ma sono convinto che se un giorno dessi di matto e sparassi immotivatamente a qualcuno, ci sarebbero sicuramente persone pronte ad affermare che sì, effettivamente, a pensarci bene, dei segni di squilibrio li avevo dati, quella volta che avevo litigato per il parcheggio, quell'altra che mi ero messo a scrivere sui blog e chattare con persone mai viste ... Quello stesse persone, però, se per ipotesi io fossi dichiarato Santo dalla chiesa, ricorderebbero un sacco di aneddoti in proposito, quella volta che restituii un portafogli trovato in terra con venti euro, quell'altra che al ristorante mi alzai in piedi quando una mia commensale lasciò il tavolo ... Alla fine, è proprio inutile sforzarsi, sarebbe meglio fare sempre e solo quello che ci viene di fare: quando entriamo nell'ufficio postale, diciamo "buongiorno" e nessuno risponde, chiamarli ad altra voce cafoni e mandarli immediatamente tutti a quel paese. Quando facciamo una ramanzina al cameriere per qualche ragione, prima che lui ci sputi di nascosto nella pizza dobbiamo essere noi a sputargli in faccia. Quando è estate e comunque piove da dieci giorni, piuttosto che pensare che vacanze di merda, strappare i fogli dal calendario fino a dicembre ed accendere i termosifoni. Quando il tuo blog langue e non ti viene in mente proprio nulla di sensato, piuttosto che riflettere e poi scrivere qualcosa di serio e ponderato, spegnere il cervello, buttare le dita random sulla tastiera, pensare un titolo che non c'entra nulla col testo, generare un concetto basic ("come conquistarsi il proprio quarto d'ora di celebrità"), e scrivere di default tutte le più banali idiozie. Ivi compreso l'utilizzo sconsiderato di termini come random, basic e default, che grida revenge. Domenica, 31 Luglio 2011 Prove tecniche di solitudine Questa notte ho dormito nel letto di mia figlia. (Da solo, ovviamente: l'incesto è ancora punibile, anche se io non sempre sono d'accordo, ma questa è un'altra storia e comunque segnatevelo come indizio quando compirò la strage di cui parlavo nel post precedente). Prima di addormentarmi avevo fatto tra me e me delle riflessioni che mi sembravano brillanti, tanto da meritare un post, e il titolo, poi??, geniale, assolutamente geniale. Fatto sta che ora non mi ricordo nè l'uno nè l'altro, eppure ero sveglio, non ancora in fase ipnagogica. In tale fase, invece, verso le cinque stamattina - dopo essermi alzato a chiudere tutte le imposte a causa del solito vicino che brucia le sterpaglie e induce sogni pilotati verso la catastrofe - avevo pensato ad un tale che, innamorato di una donna che però conosce appena, si trova con lei ad una festa e medita invano una serie di approcci simpatici, quindi si avvicina baldanzoso: "oh, guarda chi c'è!", e lei, sorpresa, si gira intorno e chiede "dove?". All'alba mi faceva molto ridere, ora per niente. Non è che i film come Vacanze di Natale li scrivono verso le cinque? Ieri sera, terminato ormai ogni programma che guardo normalmente, e visto che la tv trasmette soltanto repliche o programmi per cerebrolesi - come se la vacanza non fosse un premio ma un contrappasso! - ho scelto fra le videocassette (yess), la biografia di Charlot di Attenborough, con uno straordinario Robert Downey jr (infatti premiato con l'Oscar, se ricordo bene). Sarà per questo che i miei sogni si sono trasformati in una comica finale slapstick? Insomma, dopo mille disavventure, stamattina mi sono alzato già sfinito. L'unica era scrivere un post. Magari quello brillante, col titolo geniale ... ma qual era? Scrivere è un bel modo di iniziare una giornata, per me. Del resto le alternative non sono all'altezza. E' vero, ho sempre l'ombrellone nel cofano dell'auto, ma non fa testo, lo lascio lì anche a Natale, e poi il tempo non è dei migliori, in quest'estate finta e, ormai, bell'e finita. Lo so, non siamo neppure ad Agosto (i mesi si scrivono con l'iniziale maiuscola?), ma da sempre io soffro della sindrome del prefiera. Cos'è? Al mio paese nella prima settimana di settembre si svolge una fiera-mercato (per chi fosse curioso e me ne stupirei molto, si tratta della Fiera della Frecagnola). In quella settimana, da sempre come per un tacito accordo fra le fiere concorrenti e Giove Pluvio, fa freddo e piove a dirotto. Insomma, per noi è stata sempre considerata la fine dell'estate. E io, nell'esplicazione del mio pessimismo comico, sin da piccolo, appena finita la scuola, quando tutti dicevano "wow, ora avrai tre mesi di vacanze", rispondevo, conscio della caducità del bene e del bello: "eh, vòle sta assai e vvène 'a Fèra!". Pochi capivano cosa volessi intendere nel mio dialetto cilentano, ma per quei pochi eletti la reazione era toccarsi le palle ed evitarmi, e solo alcuni condividevano, a parole, e poi di fatto, mentre io avviavo tristemente il conto alla rovescia se ne tornavano a giocare a pallone. Post catartico, questo, in fondo. Quasi meglio aver scritto di queste cose che quel post brillante che avevo pensato ieri sera, e quel titolo, assolutamente geniale, chissà qual era? Boh? Chiamatemi Nunù, sta cantando Capossela. Mi pare azzeccato, piuttosto e anzicheno. Giovedì, 11 Agosto 2011 "donna inglese affetta da amnesia dimentica gli ultimi 19 anni" 19 anni fa avevo appena comprato - a caro prezzo e dopo molti sacrifici - l'agognato biglietto per il concerto dei Dire Straits, ed ero il ragazzo più felice del mondo. Ben venga l'amnesia. Domenica, 14 Agosto 2011 Superpoteri ... Io sento le voci nella testa. Detta così suona come schizofrenia, mentre in realtà è un superpotere. Quando leggo qualcosa che è stata scritta da una persona che conosco, io ne sento la voce. Proprio così. Sono io a leggere, ma in realtà mi sembra di stare ascoltando quella persona parlare. E' un superpotere, ma non serve a un cazzo. Al massimo, qualche volta riesco ad accorgermi se uno scritto è veramente di chi lo firma, nel senso che mi accorgo se la prosa corrisponde all'eloquio verbale, ma a chi potrebbe interessare? Mi sento uno di quei supereroi dei periodi d'inflazione di superpoteri (se ne parla in Rat-man). Ad esempio l'Uomo Pentola, il cui potere consisteva nell'accorgersi di quando l'acqua andava in ebollizione ed avvisava di buttare la pasta. Invece, avere dei superpoteri efficaci potrebbe risolvere in quattro e quattr'otto i nostri miseri problemucci. Lo aveva capito bene Massimo Troisi, quando in Ricomincio da tre provava in tutti i modi a spostare gli oggetti con la forza del pensiero: "Muoviti, che ti costa?", diceva al vaso, consapevole che invece per lui sarebbe stato un terno al lotto, quel potere gli avrebbe aperto le porte del successo, economico soprattutto. Mi piacerebbe - come a tanti - saper volare. Ma in realtà non ho mai preso un aereo, figuriamoci: e poi mi beccherei subito un raffreddore con tutte quelle correnti. Mi piacerebbe anche saper nuotare, ma questo non è un superpotere (anche se a me che non riesco in alcun modo a stare a galla, pare proprio un miracolo vedere cani e porci che nuotano senza manco rendersene conto, mentre io sono quarantadue anni che mi affanno, e l'unico stile che sono sicuro di sapere fare bene è il morto, ma non ci tengo a provarci). Mi piacerebbe anche avere il tocco di Mida, leggere nel pensiero, esaudire desideri, parlare con i morti (quest'ultimo in realtà lo sperimento quando chiedo soldi invano ai clienti). Ma poi mi dico che, come insegnava lo zio morente all'Uomo Ragno, grandi poteri danno grandi responsabilità, e io ne ho già abbastanza. Così quel superpotere che ho me lo gioco in silenzio, le voci rimangono confinate nella mia testa, e se qualche volta mentre leggo il giornale mi vedete strizzare gli occhi o appizzare le orecchie non mi sta venendo un ictus, ma sto leggendo con il mio potere qualche dichiarazione di Bossi e Calderoli. Lunedì, 22 Agosto 2011 zibald-one two La guida è una ragazza piuttosto interessante. Mentre spiega con dovizia di particolari quanto accadeva in quelle stanze un bel po' di tempo fa, ogni tanto mi perdo nei suoi occhi (e, diciamolo, nella scollatura) e non sono sicuro di capire ogni dettaglio. Ci parla di quei volumi che Lui da bambino fu costretto a divorare per vincere la solitudine (anche il Bignami dei logaritmi, che la maestra Enza delle elementari non sapeva dove sbattere la testa), della finestra della casa-prigione dalla quale osservava lei (Teresa?) passare alla Domenica di ritorno dalla messa, del padre apprensivo e della madre rigida, delle poesie composte a soli otto anni (la freccia dell'est, Francesca ...), del genio precoce (i punti della briscola contati in due secondi mentre il padre Monaldo? - ancora sommava sulla punta delle dita cavallo e re) della sensazione di impotente nullità di fronte all'infinito, dei pensieri cosmici spezzati da una voce che avvertiva del pranzo, della paura di vivere non meno incombente della paura di morire, della frustrazione dell'ego dinanzi all'incomprensione dei propri concittadini (ottavo alla Corrida con Rimmel chitarra e armonica), delle seimila pagine di appunti, di una correzione tardiva (infinità / immensità), delle feste degli altri, del pianoforte finto con i soli tasti bianchi eppure riusciva a ricavare il tema di Michele Strogoff, del tavolino per leggere, pesante e spostato a fatica ogni ora in favore di luce per provare a fottere la miopia (etimo mi-ops: sguardo ad occhi socchiusi), del dolce naufragio, delle colline digradanti verso il mare e di quell'estate tremenda brulicante di vita altrui (non so nuotare, meglio l'ombra della siepe), della luna silenziosa e delle lucciole (con le mani agitano l'aria i bambini per afferrare le lucciole, misteriose scintille), delle continue illusioni dalle fragili radici di ginestra ... ... e nel frattempo la visita alla Casa Leopardi di Recanati volge al termine, la guida ci ringrazia dell'attenzione - ma io in realtà mi ero un po' distratto, perso nei suoi occhi e nei miei pensieri - e un po' interdetto mi chiedo dove abbia preso tutte quelle informazioni, che io nelle Marche neppure c'ero mai stato, e su google a scrivere Giovanni Laurito esce un fotografo amatoriale. Venerdì, 26 Agosto 2011 Mocciarieddo Dalla punta del mio pennarello Carioca riemergi, d’un tratto, Mocciarieddo ... e riassaporo il tempo incuneato tra le righe diseguali del mio quaderno di terza. Poi, mi coglie un’improvvisa irrequietezza; allora mi affaccio alla torre e rimiro la coltre di nubi, trafitta da una réfola, frangersi in mille forme, che ricordano, al mio guardo stupìto, altrettanti mocciarieddi. Lunedì, 29 Agosto 2011 Cose così si leggevano su Ciao 2001 Ieri sera ho assistitito ad un concerto di Edoardo Bennato. Non era la prima volta, anzi l'ennesima, ché lui da anni prosegue un never ending tour di Dylaniana memoria, e io appena passa dalle mie parti (intendendo entro un raggio di una cinquantina di chilometri) non mi perdo l'occasione di riascoltarlo. E anche questa volta ne è valsa davvero la pena. Un concerto coerente. Sia musicalmente che nei contenuti. Musicalmente, perché ha resistito alla facile tentazione di riproporre i vecchi successi nella veste più facilmente apprezzabile dal pubblico - pubblico non pagante, dunque non di soli fans - ed ha amalgamato in un suono omogeneo ed attuale brani la cui composizione spazia nell'arco degli ultimi quattro decenni, senza che davvero apparissero in alcun modo datati pezzi come "Non farti cadere le braccia"; del '73, il cui arrangiamento originale è stato sostituito da un tappeto di sonorità rock che hanno comunque mantenuto e se possibile acuito l'energia inossidabile di quel brano. Lo stesso dicasi per pezzi classici come "Mangiafuoco" o "In prigione, in prigione", tratti da Burattino senza fili del '77 (il primo album italiano a superare il milione di copie vendute), riletti in chiave elettrica con risultati sorprendenti. Ma la coerenza di cui parlavo è stata maggiormente apprezzabile sui contenuti, e qui è stata davvero inquietante la riprova della lungimiranza del cantautore, che, accompagnando l'esecuzione dei brani con video raffiguranti l'attuale situazione politica ed economica italiana e mondiale, ha mostrato come canzoni scritte anche trent'anni fa fossero apertamente adattabili alla situazione odierna, confermandone le doti ampiamente riconosciutegli di grillo parlante dell'establishment socio-politicomusicale, le quali, se all'inizio gli hanno garantito ampia visibilità e meritato successo, dall'altra ne hanno sicuramente ostacolato la carriera. Senza dubbio il non omologarsi alle logiche di mercato - ricordiamo ad esempio che nell'80, contro ogni criterio discografico, pubblicò contemporaneamente due straordinari album, semplicemente perché li aveva scritti, ma potendo nuocere alle vendite (in realtà andarono ai primi due posti della classifica!) - ed alle ipocrite scelte di convenienza di colore del momento, lo ha in un certo senso emarginato dai canali preferenziali attraverso cui si consolida il consenso, anche discografico, e solo la passione di molti suoi fans, anche eccellenti, unita all'indiscusso valore della sua produzione, gli ha consentito di poter ancora oggi, a sessantadue anni suonati, dire la sua, sebbene in piccole piazze, e ad ingresso libero. Ed a questo proposito, mentre ascoltavo rapito i vecchi e nuovi brani di Edo, interpretati con la consueta verve e convinzione a prescindere dal contesto, non potevo non considerare come questo straordinario menestrello del rock, che nel 1980, primo in Italia (un altro dei suoi tanti record) trascinava ottantamila spettatori paganti a San Siro, si esibisse ieri sera davanti a non più di un migliaio di spettatori vacanzieri, molti dei quali apertamente distratti, fra bancarelle, lidi e giostre che affollavano il lungomare di Ascea Marina, dove si svolgeva il concerto. Mentre Lui, con la consueta capacità di affabulazione, spiegava i contenuti di alcuni brani nuovi, qualcuno dalla platea gridava titoli di vecchie canzoni (forse le uniche che conosceva), qualche altro pensava ad avviarsi per evitare il traffico, altri ancora, estemporanei, improvvisavano balli e canti a prescindere dal contenuto della canzone, accompagnandosi con birre e panini e salsicce e sandali e sudore appicicaticcio dell'ultima coda d'estate. E così, dopo l'ultimo, magnifico bis - Un giorno credi - allorché mi lasciavo portare dal flusso umano del ritorno al parcheggio, mi tornavano in mente le parole di un'altra sua vecchia canzone, Feste di piazza, il cui testo fu scritto dal grande Patrizio Trampetti quasi quarant'anni orsono ... Feste di piazza le carte colorate gli sguardi sempre ben disposti a dolci ed aranciate... ... E tutto a un tratto arriva l’attrazione la gente applaude nervosamente per mascherare un po’ di delusione.... tutto è finito si smonta il palco in fretta, perché anche l’ultimo degli addetti ai lavori ha a casa qualcuno che lo aspetta... Restano sparsi disordinatamente i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente..... Sabato, 03 Settembre 2011 Bilanci & Semafori Un giorno o l'altro arriva, nella vita di un uomo, il tempo di fare bilanci. D'accordo, ma come ce ne accorgiamo che è arrivato quel momento? Spesso succede a Capodanno, ma più che di bilanci si tratta di (buoni) propositi, puntualmente non rispettati. Un'altra occasione potrebbe essere la malattia, lo scoraggiamento circa le proprie sorti che impone un redde rationem con la speranza - visto che alla morte non c'è rimedio - di trovare alle proprie azioni passate un saldo positivo che ci faccia affrontare con più serenità la prossima dipartita. La mia occasione di un parziale bilancio mi è stata invece offerta dalla partecipazione al matrimonio di un amico. Ma non, come si potrebbe pensare, dal confronto spesso impietoso con i propri coetanei che non si vedono da un po' - tu che lavoro fai, quanto guadagni, ma sei proprio tu senza capelli non ti riconoscevo, vedo che hai mangiato bene negli ultimi vent'anni ecc.. No, l'occasione me l'ha data l'addio al celibato dello sposo. Sentivo gli altri raccontare di quanto si erano divertiti (io non ero stato invitato, e capirete perchè), dello sposo che ballava sui tavoli, della spogliarellista affittata, dell'alcol a fiumi, delle canzoni pecorecce fino all'alba... Sentivo tutto questo ed io - che non ho mai partecipato ad un addio al celibato, declinando sempre gli inviti, anche piuttosto disgustato - oggi, stranamente, mi sono reso conto (a torto o a ragione?) di essermi finora perso un sacco di esperienze, molte delle quali in maniera irrimediabile, e che - hai visto mai? - potevano anche piacermi. Ecco, dunque, il più che sommario bilancio, stilato durante il pranzo, intervallando le mie riflessioni alle chiacchiere cui non partecipavo - ecco!!! - ed alla lettura delle componenti dell'acqua minerale. 1) Mai marinato la scuola 2) Mai ubriacato ma neppure mai bevuto neanche tè, al massimo deteinato ma comunque mi agita. 3) Mai preso l'aereo. Penso di avere il mal d'aria, ma in fondo che ne so? 4) Mai fatto l'addio al celibato (appunto) o partecipato ad altri. 5) Mai stato con una prostituta (in altri tempi era una vanto, ma ora, visto l'esempio che arriva dall'alto…) 6) Mai uscito dall'Italia (se si esclude Lugano da piccolo a far benzina in macchina con i genitori). 7) Mai ... Ecco, mi dico: sto facendo il bilancio, e ora? Che posso farci? Mettermi definitivamente l'anima in pace, ché sono fatto così e non mi posso cambiare a quarantadue anni, oppure iscrivermi ad una scuola serale di cucito solo per potere uscire di casa fingendo di andare a lezione ed invece marinare la scuola e andare in aereo fino ad un bar in Costarica ad ubriacarmi avendo nel frattempo ingaggiato una prostituta con esperienze da stripper per addii al celibato che esce da una torta e giace con me sorseggiando del tè ...?? Ci penserò. Intanto, mentre sto pensando al n. 7 arriva il cameriere, e per risvegliare la mia attenzione mi fa cadere una mozzarella sul pantalone, e così al bilancio dovrò aggiungere anche il costo della lavanderia, che forse in questi tempi di crisi é meglio preoccuparsi di quei bilanci, che, di sicuro sono sempre in rosso (o al verde, chissà come si dice? è un vero giallo). La vita è un semaforo. 7) Mai passato col rosso. Giovedì, 08 Settembre 2011 La brutta fine del "sicuro" Non si finisce mai di imparare, e va bene. Ma una cosa è apprendere qualcosa che ancora non sai, diverso è, invece, renderti conto, improvvisamente, che le tue certezze erano ingiustificate. Diverso, e terribilmente spiazzante. Come quando ti vengono a dire che è la terra a girare intorno al sole, vanificando il senso (e la logica) di mille straordinari tramonti. Come la convinzione che eri solo tu a fare le corna a tua moglie. Come scoprire che quel tale di cui leggevi da anni sul blog i simpaticissimi post è, dal vivo, una palla mortale. Come le masturbazioni ispirate dal fotoshop. Come le arachidi, che mia figlia ha letto sul sussidiario che nascono sottoterra. E io che per quarantadue anni, ingannato dai fumetti di Superpippo, le pensavo attaccate ad un cespuglio. Mercoledì, 14 Settembre 2011 La religione è l'ovvio dei popoli Mia figlia, di sei anni, ieri sera ha trovato una busta da lettera vuota ed ha deciso che doveva riempirla con una cartolina disegnata da lei contenente un messaggio d'amore o d’affetto per qualcuno. Preparato questo biglietto, mi chiede a chi può dedicarlo. Io, che stavo nel frattempo guardando Barcellona - Milan, rispondo distratto la prima cosa che mi viene in mente. "Puoi dedicarlo a ... Gesù!" “Ma pap{, io voglio darlo a qualcuno di SENSATO!” … Passato qualche minuto, ritorna tutta gongolante per mostrarmi il frutto delle sue riflessioni. “Ho fatto un biglietto per te!!” Lo osservo. Si tratta di un cuore con all’interno la scritta a mano “Ti voglio tantissimo bene”. E la dedica in stampatello “per pap{”. Com’è dolce il mio tesoro! Tuttavia, ad osservarlo con attenzione, sotto la parola “PAPA'” c’è un tratteggio, quindi originariamente si presentava: “per _ _ _ _ “ “Ma allora non l’hai fatto per me” “Beh, io l’avevo preparato per un familiare qualsiasi, siccome a casa c’eri tu …” Nel frattempo il Barcellona raddoppia. Mi consolo pensando che, almeno per mia figlia, sono più sensato di Gesù. Lunedì, 19 Settembre 2011 saviano mi fa un baffo Ricordo che quando entrai la prima volta a far parte di Splinder nel 2008 gli utenti on line non erano mai meno di 2000. Ora raramente raggiungono i 500, anzi, la media è di 300, e la tendenza è negativa, novella Piazza Affari. I riflessi sui blogger di questo decremento costante di lettori possono essere raggruppati in tre macroaree. La prima che contiene tutti coloro - la gran parte - che si sono rotti le scatole di scrivere senza essere letti da nessuno o quasi, e se ne sono andati su facebook a dire mi piace questo elemento e a quotare qualsiasi cosa che respiri. La seconda e la terza macroarea sono tra loro speculari. Si tratta di coloro che sono rimasti qui a scrivere, ma con opposto atteggiamento. C'è chi, quando gli utenti erano tanti, non si sforzava di mettere insieme post brillanti, tanto aveva comunque una marea di lettori, mentre ora che questi ultimi sono ridotti al lumicino, si impegna allo spasimo a scrivere cose interessanti sperando di tenerseli stretti. E c'è, d'altra parte, chi all'epoca sentiva una grossa responsabilità per quello che scriveva, visto il gran numero di utenti del blog, mentre ora si sente libero di postare tutto ciò che gli passa per la testa, tanto predica nel deserto. Mi ha fatto riflettere molto sull'argomento la mia recente ritrovata vena (dopo periodi di magra sto ampiamente rispettando il proposito originario di almeno un post a settimana), che cozza però con il fuggi fuggi dei lettori da splinder (e, così, dal mio blog) come i topi dalla nave che sta affondando. Che le scrivo a fare, queste straordinarie perle, se vanno ai porci (cioè rimangono a me stesso)? Non importa, io persevero, indefesso, respingendo ogni intima tentazione di abbandono. Affonderò con la nave, se necessario, come ogni buon capitano. Perchè sono cinque giorni che volevo scrivere questa cosa. Che a me Saviano mi fa un baffo. Lui che, è vero, in Gomorra ha parlato a tutti apertamente della criminalità organizzata, della camorra, anzi del "Sistema", come più propriamente viene definito dall'interno. Ma il suo impegno, pur dando ottimi frutti, non è riuscito nel proposito definitivo. Mentre io, dopo che ho installato windows xp ho in mano i fili di una svolta epocale. Dopo aver premuto "spegni", mi è apparsa la scritta luminosa: VUOI ARRESTARE IL SISTEMA? Io ci ho pensato, ho un po' paura di ritorsioni, ma alla fine credo che darò l'ordine. E poi forse me ne andrò da Splinder con la scorta. Quella che se oggi avessi ancora tanti lettori come un po' di tempo fa, avrei di certo dovuto assoldare, dopo un post del genere. Mentre ora posso permettermi, impunito, di scrivere tutto e il contrario di tutto. Sabato, 24 Settembre 2011 Un post a tempo, nel senso che potrei anche vergognarmi di averlo scritto e cancellarlo prima che qualcuno l'abbia letto Conosci te stesso. Facile a dirsi, ripetendo meccanicamente il dettato socratico. In realtà è un percorso tutt'altro che scontato. Per alcuni, anni di analisi. Che non è la panacea di tutti i mali psicologici. Più semplicemente, il tentativo di essere pienamente sè stessi. Meglio: quel te stesso che saresti stato se il tuo patrigno non ti avesse toccato il culo da piccolo. Dunque, la psicoanalisi ti aiuta a indivudare, se possibile a rimuovere le conseguenze di quell'incidente di percorso nella tua formazione. Ma quel che eri, rimani. E "che cosa" eri, continui a non saperlo. Ed Wood, il regista autore dei film definiti i più brutti di tutti i tempi, nella pellicola "Glen or Glenda", smaccatamente autobiografica, affrontava da par suo (!) il tema del travestitismo, concludendo con una pseudo-morale secondo cui bisognava avere il coraggio di rendere pubbliche le proprie tendenze, quali che esse fossero (e nello specifico, si parlava di un etrosessuale che amava indossare golfini d'angora rosa). Ed Wood, in quel modo, invitava ad essere sè stessi o piuttosto ad essere con gli altri quel "sè stesso" che ci sente di sapere dominare meglio, quel sè stesso così paradossale che, anche se non ben accetto, consegue una sconfitta altamente prevedibile e, perciò, assai meno dolorosa? Quando una quindicina d'anni fa o più ci si affacciava al mondo delle prime chat, costituiva già un esame interiore la scelta del proprio nick cui affidare la propria attrattiva per essere contattati dagli altri internauti. E dunque c'era chi già condensava nel nick lo scòpo (lo scopo!) della sua presenza in chat (donnavogliosa, torodamonta, patatina69), e chi diversamente e letterariamente pretendeva di diventare un idolo della chat con identità quali Aratea, John Barleycorn, ecc., confondendo chissà quanto involontariamente il termine nick con il concetto di nicchia. Comunque, la sintesi più elementare era che se eri una donna avevi mille persone che ti cercavano, se eri un maschio non si batteva chiodo informatico. Fu allora che decisi di esordire in "easychat 2000" con il nick Julia, mutuato dal fumetto di G. Berardi, le fattezze di Audrey Hepburn, e conquistai un sacco di uomini con dosate moine e classe da vendere. Non consumai con nessuno, of course, ma almeno mi cercavano tutti, ricevevo un sacco di messaggi anche privati, a qualcuno che insisteva per avere il mio numero di telefono lo diedi anche, quello vero, per il piacere di dire che aveva sbagliato numero, in modo da fargli pensare che Julia lo aveva preso in giro dandogli un numero di un altro. Bugia nella bugia, doppia bugia o forse verità, chissà. Conosci te stesso. La frase scritta sul tempio di Delfi, dove moltitudini di piccoli uomini per secoli sfilarono fiduciosi di avere una risposta dagli dei sul loro futuro. Qualunque essa sia stata, ora sono tutti morti, dunque la procedura stessa era chiaramente viziata. Come l'idea - se si è ammalati - di andare a Lourdes per guarire. Andare, cioè, in un posto in cui si radunano quotidianamente migliaia di ammalati, con una percentuale di rischio contagio ben più elevata che in qualsiasi altro posto della terra. Se io ritenessi possibile squarciare per un attimo il velo del tempo, fra i due posti, andrei a Delfi. Oggi. Quando gli dei dell'Olimpo sono da tempo in ferie e magari più disponibili ad esaudire i nostri desiderata. Dove sentirmi rispondere "ibis et redibis non morieris in bello", se qualche millennio fa poteva ingannare un sovrano e fargli affrontare una spedizione che, a ben comprendere, era persa in partenza, oggi alla stessa frase potrei tranquillamente rimanere impassibile, si tratta di una lingua morta, non capisco un cazzo del latino, a me interessa sapere solo dello spread e dell'apertura della borsa di domani, è quello ormai l'unico futuro che interessa conoscere, e non a caso Delfi con le sue profezie del cazzo si trova in Grecia, l'oracolo non ha saputo dare un solo consiglio comprensibile ed è arrivato il default. L'Italia, invece, è un paese di merda, con un premier a tempo perso, in cui l'oracolo parla al telefono e puoi sapere cosa ti aspetta, cosa veramente sta succedendo, soltanto intercettandolo. Non so dove volevo andare a parare oggi. E' nato tutto dalla lettura di un post su un altro blog, che mi ha suscitato un ricordo, e dalla febbre che mi trascino dietro da giorni senza avere il tempo di curarla, e dalla puntata di Lady Oscar in cui ho rivisto Maria Antonietta, quella regina che davanti alla ghigliottina, piuttosto che piangere, o lanciare anatemi o proclami, seppe semplicemente scusarsi con gentilezza per avere involontariamente calpestato un piede al boia. Lady Oscar, Ed Wood, Julia, Delfi, Conosci te stesso. Questi i tags di questo post. E Aratea, che pur cercando in tutte le stelle del cielo non ho capito chi fosse. Sabato, 01 Ottobre 2011 Relativismo delle crisi Nemmeno un blog minimalista come questo può prescindere in assoluto da ciò che accade a livello nazionale e internazionale. La parola crisi fa ormai parte del lessico quotidiano, sempre più spesso avulsa dal reale contesto socioeconomico, ed anzi divenuta quasi evento non più spiegabile in termini di contingenza bensì ineluttabile come la morte, nonché argomento di banale conversazione in coda all'ufficio postale né più né meno del tempo atmosferico. Eppure, ad indagare sul significato delle parole - lo studio dell'etimologia ci consente di capire a posteriori quel che stiamo dicendo! - ci accorgiamo che la crisi, piuttosto che portarci alla resa, può essere anche un'occasione. La parola greca dalla quale deriva, krisis, a sua volta mutuata dal verbo krino, aveva due accezioni in un certo senso complementari: separazioni o discernimento, e decisione. Dunque, la crisi è il momento temporale nel quale è avvenuto un mutamento, ed in cui occorre prendere una decisione. Quella che, tuttavia, i nostri governanti tardano ad assumere, e quando, larvatamente, accade, è puntualmente sbagliata. I periodi di crisi - comune o personale - hanno, poi, dei curiosi corollari. Ad esempio, è emerso da uno studio come storicamente, nei periodi di peggiore congiuntura economica degli ultimi cento anni, sia proporzionalmente aumentata la spesa dei cittadini per la cultura ed il tempo libero. Nella Repubblica di Weimar, quando l'iperinflazione galoppante portò ad assurdi quali la necessità di recarsi dal fornaio con le carriole piene di banconote dal valore quasi di carta straccia, i teatri germanici conobbero il periodo di maggiore afflusso di spettatori, situazione ripetuta anche nel biennio 1943-45 in Italia, durante la guerra civile, con i generi alimentari razionati e le compagnie comiche fare il tutto esaurito in ogni piazza. Si potrebbe concludere, dunque, se pur con evidente approssimazione clinica, che la crisi economica induce nei soggetti da essa più colpiti una sorta di sindrome del "carpe diem", del "chi vuol essere lieto sia, del doman non v'è certezza". Ma io credo anche che - trasmutando le situazioni collettive nelle reazioni di ciascuno di noi alle piccole o grandi crisi quotidiane - si tratti di una "fuga" momentanea dai problemi, un immergersi voluto e fortemente auspicato in una realtà "altra", quella della letteratura, della fiction cinematografica e televisiva. Riprova ne è, ancora, ad esempio, la straordinaria diffusione delle telenovelas nelle favelas brasiliane Si potrebbe anche pensare, secondo alcuni, se tutto ciò non sia spia del fatto che la crisi è un fenomeno più che altro mediatico, strumentalizzato ed acuito a scopi utilitaristici, come ad esempio, nel settore farmaceutico, quello delle tanto strombazzate e temute pandemie, rivelatesi, alla fine, delle bufale. Nessuno avrà dimenticato le ripetute rassicurazioni del nostro premier circa il nostro conclamato benessere, comprovato dai ristoranti sempre pieni, oppure della domanda retorica del ministro dell'economia ad un consesso di industriali su chi realmente si sentisse povero fra i presenti. Ed è lì che mi è tornata in mente la copertina di uno splendido album dei Supertramp degli anni '70, "Crisis, what crisis?", le vacanze spensierate sulle macerie, il ballo di gala a bordo del Titanic che affonda Certe volte ho l'impressione che chi ci governa abbia una visione della realtà a 4:3 piuttosto che a 16:9. Come nelle vecchie televisioni che non supportano il nuovo formato orizzontale di trasmissione dei programmi, e fanno perdere la maggior parte delle immagini laterali, lasciando solo intatto il centro. E' la visione laterale, quella che manca, la fantasia, la capacità di trovare soluzioni innovative ai vecchi problemi. Invece si va avanti di rimozione, si reagisce non reagendo. Invece di energia per rialzare la testa, l'Italia oppone alla crisi un sonno profondo, come nel racconto di Banana Yoshimoto. Eppure dovremmo provare a superare i nostri traumi originari, quelli di una cultura, appunto, supina all'ineluttabile che, invece, non sempre è tale. Ma io non sono l'uomo giusto, mi spiace. Io sono del sud, io sono di quelli che per scaramanzia non risponde mai "va tutto bene", ma così così, per non essere oggetto di invidia, di malocchio. Io sono uno di quelli che - come in un cartone dei Simpson - se la notte per dormire conto le pecore, sul vello di ognuna leggo "bollette da pagare", "scadenze", "strano gonfiore". Io sono uno di quelli che se rimuovo un trauma non ho un'abreazione (una reazione di sollievo), ma mi sento ancora più solo. (BIBLIOGRAFIA: lo studio sulla Repubblica di Weimar ecc. è di G. Laurito, 2011, come pure tutte le affermazioni a cazzo di cane contenute nel post e contrabbandate per riflessioni pseudostoriche o sociologiche o psiconanalitiche dotate di qualche fondamento, del tutto escluso, di converso, dalla unanime dottrina). Domenica, 09 Ottobre 2011 Prospettive "L'uomo che non lavora è paragonabile alle acque degli stagni, le quali imputridiscono restando sempre quiete". Questo è l'incipit del paragrafo intitolato "Necessità del lavoro", sul testo PEANA, antologia italiana per le scuole di avviamento professionale, del 1955. Un libro di scuola di mia madre che oggi, per caso, mi è capitato fra le mani mentre cercavo tutt'altro nella libreria. Negli anni '50, sulla spinta della ricostruzione post-bellica, in piena era pre-boom degli anni '60, la disoccupazione era un fenomeno sconosciuto per le nuove generazioni italiche. Chi non lavorava lo faceva per sua scelta ed era meritevole di forte biasimo. Dunque, l'autore del paragrafo poteva profondersi in considerazioni del tipo di quella che ho premesso, oppure: "Il lavoro, ragazzi miei, primieramente è un dovere verso Dio e verso gli altri uomini. Tutti, chi più, chi meno, chi in un modo, chi in un altro, secondo le proprie forze e le proprie attitudini, dobbiamo lavorare per aver diritto a vivere". E ancora: "San Paolo apostolo disse: chi non fatica non deve mangiare". Oggi, cinquantacinque anni più tardi, riguardando le stesse affermazioni dal punto di vista della disoccupazione forzata e della scandalosa sottoccupazione, mancano le parole. Del tutto. -------Devo telefonare a Sky per avere alcune informazioni sul mio abbonamento. L'unico numero al quale risponde l'operatore è a pagamento. Dopo una lunga attesa - spese a mio carico - finalmente la voce di un signore che con cortesia prova a rispondere a tutte le mie domande, per cui la telefonata potrebbe concludersi in pochi minuti. Peccato però che il suddetto non sia di madrelingua italiana, sia un perfetto imitatore di Stanlio e che abbia evidentemente studiato il nostro idioma l'ultima volta nel 1955 sul PEANA, antologia italiana per le scuole di avviamento professionale, perché ne so meno di prima dopo ben diciassette minuti di nulla a 14,86 cent. Misteri italiani. Come quello dell'ufficio informazioni turistiche al castello Arechi di Salerno. Si giunge in uno spiazzo nel quale lasciare obbligatoriamente l'auto e proseguire a piedi nel bosco per poi giungere sulla vetta della montagna sulla quale sorge il castello che domina il golfo. Dunque è necessario chiedere informazioni, perché la strada non è facilmente individuabile. Peccato, però, che il tizio si esprima soltanto a gesti e suoni gutturali. La stessa cosa nella cancelleria della Corte d'Appello di Salerno: dovevi ottenere informazioni su un procedimento da un impiegato sordomuto. Gentilissimo, ma sordomuto. A dare informazioni. Misteri italiani. Logiche che sfuggono. Pazienza che si corrode, ormai, a partire dalle piccole assurdità quotidiane. Una volta, per molto meno, si scendeva in piazza. Ma non, come oggi, per caffè e giornale. Domenica, 16 Ottobre 2011 Ma che saabato beestialeee ... Nelle mie intenzioni doveva essere, finalmente, un sabato di tutto relax. Non avevo fatto però i conti con il portare e prendere mia figlia a scuola, aiutarla a fare una marea di compiti, provare a sistemare il televisore improvvisamente in tilt proprio quando inizia il programma preferito, rispondere a duecento telefonate di clienti i cui problemi diventano di colpo improcrastinabili proprio nel weekend, preparare lettere, rispondere a mail, addirittura un sopralluogo con tanto di macchina fotografica per una questione condominiale e poi a sera, finalmente pronto a gustarmi almeno la partita - peraltro persa - ricevere la chiamata inopinata di un lontano parente americano - in lingua inglese, dunque da parte sua una serie di domande su tutto lo scibile umano, e dalla mia una sfilza interminabile di what? speak slowly e de chetz is on de tèibol - ad arrivare alle undici sfinito, con le riviste che accumulo accanto al letto per sfogliare nel fine settimana che si erano addormentate, affrante, prima di me. Eccheccavolo, perfino il Signore si riposò, al sabato (dal che l'aggettivo "sabbatico"). Sabbatico ... Perché no? Prendersi un anno sabbatico. Ma non solo dal lavoro. Dalla mia vita. Mollerei tutto e zaino in spalla, in una giornata tersa e serena come questa, mi avvierei sui monti novello Bonatti - a respirare aria pulita e a detergermi i pensieri a contatto con la natura, orientato non da banali navigatori satellitari ma dal muschio che, come tutti sanno, si forma sul lato nord dei fusti degli alberi. Riuscirei finalmente a terminare l'interminabile It, di Stephen King, che giace da anni sul mio comodino, mattone di 1300 pagine, con i bambini protagonisti che ho eternamente bloccato a pag. 100 e qualcosa fra le grinfie del clown, che da allora non smette mai di ringraziarmi. E, perché no, potrei allora rimettere mano ai miei infiniti romanzi rimasti appesi, alle indagini dell'avvocato Ierardi, alla leggenda dello scienziato cui riuscì l'ibridazione uomo-scimmia, a quella storia del falso miracolo che poi era vero ... Viaggerei, infine, vedrei quei cento posti che non ho visto mai - anche perché son posti così astrusi e fuori rotta che nessuno è mai voluto venire con me, ma non importa, lo farei da solo, libero da problemi, da legami, è sabato, signori miei, ho diritto di non pensare a nulla se non a me stesso. Ma poi, tanto, lo so come sarebbe, davvero, il mio anno sabbatico. Lo utilizzerei per provare a riorganizzare il lavoro sempre in arretrato, a rimettere in ordine la contabilità, a inviare parcelle e fatture ai clienti sperando che, una volta tanto, qualcuno voglia pagarmi non dico tutto, ma almeno il necessario per potermi permettere di continuare a lavorare aggratis, e poi a rincorrere la maledetta tecnologia che non riesco mai a mettermi in pari, altro che aipèd, aggiustare il videoregistratore, sostituire le lampadine, far cambiare il gas al climatizzatore dello studio che stamattina fa un cazzo di freddo ed esce solo aria qualsiasi, libera, autonoma, condizionata da niente e da nessuna, manco a parlarne. Il giorno del Shabbath, Yahvè si riposò. Ma lui se lo poteva permettere. Che con uno schiocco di dita gli si aggiusta tutto, e la sua squadra vince comunque (tanto le ha create tutte lui). E in più, c'è San Pietro che risponde alle chiamate. E se non si capisce un cazzo, no problem, altro che what? Arriva la colombella dello Spirito Santo e si parla in tutte le lingue del mondo, oh yeah! Martedì, 25 Ottobre 2011 Gesù è morto, Mitra è morto e io non mi sento tanto bene All'interno del dibattito filosofico fra "Pensiero forte" (Cristo, Marx) e "Pensiero debole" (i nichilisti), non si è adeguatamente approfondito, a mio parere, il rilievo del mezzo di diffusione sulla classificazione del pensiero stesso. Su questo blog, ad esempio, si affrontano per la maggior parte dei casi argomenti minimalisti, e la loro diffusione rimane, perlopiù, limitata agli utenti di Splinder (ad alcuni, di questi utenti), per una discussione talvolta leggera, talaltra magari più riflessiva e intensa, con piacevoli ed interessanti scambi (almeno per chi scrive), ma comunque con numeri di partecipazione e diffusione assolutamente marginali nel panorama dei media. A cosa dobbiamo questo? Agli argomenti, in primis, e soprattutto alla non-autorevolezza di chi li introduce: probabile pure che se questo blog non fosse mio ma di Gianni Vattimo, il concetto di "inopportunismo" che creai anni fa su queste pagine (o su quelle del Tombino, non ricordo) poteva avere anche qualche trafiletto sulla stampa nazionale (magari per essere stroncato subito come frutto della demenza senile del noto filosofo), o al più trovare qualche adepto che poteva riconoscersi in quella versione aggiornata e lauritiana della legge di Murphy. Ma nulla più, di sicuro. Ed anche il fatto che questo blog non sia pubblicizzato altrove, non goda delle attenzioni della stampa, che chi lo scrive è, sostanzialmente, un eremita della parola, certamente non giova alla sua diffusione oltre la cerchia di simpatici ed attenti lettori che si possono però contare sulle dita dei piedi di un cavallo (queste metafore sono un altro dei motivi). Ma, mi chiedo, e se su questo blog scrivesse Gesù? Il campione del pensiero forte di ogni tempo, il fondatore della cristianità, l'autore di formule banalissime ma dirompenti come "ama il tuo prossimo" e "gli ultimi saranno i primi": riuscirebbe ad uscire dagli stretti recinti dell'inadeguatezza di questo medium? Se Gesù non fosse il Gesù che già tutti conoscono, ma un Messia di provincia ancora ignoto che però ha un sacco di parabole interessanti da sottoporre all'umanità, di suggerimenti da dare per una vita migliore e per conquistarsi un post-vita per noi ancora tutto da decifrare, questo blog si trasformerebbe a poco a poco in un sito cliccatissimo e di lì a cascata in giornali, tv, radio, o piuttosto i fedeli - è vero, attenti, spesso entusiasti - si continuerebbero a contare sulle dita della mano destra di Muzio Scevola? Mi annoio a continuare, la risposta non c'è, o forse chi lo sa, perduta nel vento sarà. Ma prima di criticarmi ricordatevi che a) comunque è tutto gratis, b) Mitra del titolo mi sono scordato come volevo collegarlo al resto e comunque andatevelo a cercare su wikipedia e in ogni caso è uno stimolo alla vostra voglia di cultura che proviene da questo discount culturale quindi non lamentatevi; c) soprattutto bisogna pure tenere conto che non ho dormito affatto perché dovevo preparare - e non l'ho fatto - un ricorso per far ottenere l'indennità di accompagnamento ad una signora anziana, e questa notte, alle 3:03 mi sono svegliato di soprassalto da un incubo in cui una vecchia - che non era proprioquella ma comunque un suo simulacro - mi aveva costretto ad entrare nel tugurio della sua abitazione, e reggendo chissà come una bottiglia con un braccio che terminava in un moncherino mi versava zabaglione in un bicchiere opaco e laido invitandomi con una voce cavernosa che avrebbe fatto pisciarsi sotto l'orco di Hansel e Gretel a sbrigarmi a preparare quel ricorso ... Ecco: dopo questo post, c'è qualcuno che si soprende del perché i miei lettori si possano contare sulle dita della strega Zabagliona del mio incubo? Venerdì, 28 Ottobre 2011 PICCOLO SPASIO PUBBLICITA' Mamme!!! Basta coi soliti pannolini!! Il vostro marmocchio si piscia e caca sotto un'altra volta, quasi a sfregio, subito dopo che gli avete cambiato il pannolino, sporcandosi di nuovo tutti i vestitini? Mettetegli subito PAMPER FOCACCIA Il pannolino tutto unto e bisunto che non lascia trapelare nulla. PAMPER FOCACCIA e vedrete che il marmocchio si leva il vizio. (Armandotestadicazzoproject) Martedì, 01 Novembre 2011 Singin' in the head Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa sentire una specie di orchestra suonare suonare suonare suonare zum zum zum zum zum zum zum zum zum Mia figlia ultimamente canta in continuazione. Ieri sera cantava anche a tavola, mentre mangiava. Piacevole fino a un certo punto, solo che talvolta non se ne può più. Così Le ho detto di smetterla, quantomeno durante la cena! Mi ha obbedito, almeno all'apparenza, perché poi la vedevo muoversi continuamente, oscillare il capo. "Che fai?" Le ho chiesto. "Canto nella testa" è stata la risposta. Così ho pensato ai Coldplay, la "anthemic band" per eccellenza, i cui ritornelli sono veri e propri inni, o le canzoni di Vasco, cantate all'unisono da decine di migliaia di persone durante i concerti. Se il cantante sul palco, arrivati al momento della canzone più attesa, quella che conoscono tutti, piuttosto che declamarla a piena voce si mettesse a cantarsela nella testa, e invitasse tutti i fan a fare altrettanto? Sarebbe uno spettacolo inconsueto e affascinante, a mio avviso. Ed anche un inno alla fiducia reciproca. Chi ci dice che il cantante non stesse invece mentalmente mandando a quel paese tutti i presenti, o che ognuno dei fans pensasse ai fatti suoi? Non credo, penso anzi che si tratterebbe di un fantastico rito collettivo, quasi un'orgia muta. Certo, il massimo della fiducia sarebbe acquistare un CD di canzoni cantate nella testa. (non è vero: il massimo dei massimi della fiducia è quello di quei parlamentari "responsabili" che nonostante il paese allo sbando continuano a tenere in piedi il governo Berlusconi, mentre quest'ultimo, ne sono certo, mentre finge di governare - nella testa! - in realtà nei suoi pensieri altro che quel cantante di cui sopra ...) Venerdì, 11 Novembre 2011 Si stava peggio quando si stava meglio? Questo mio racconto del 2008 (col titolo di "amore a Palazzo") è uno dei suicidi quotidiani apparsi all'epoca sul magnifico blog di Suicidatorehttp://dailysuicides.splinder.com. Successivamente lo pubblicai sul mio vecchio blog Il Tombino, dove postai anche altri due racconti/suicidi, fra cui quello di Mussolini, intitolato "Plurale singolare". Mi sembrava piuttosto attuale, alla luce delle vicende politiche di questi giorni. Per chi non lo avesse ancora letto ... Io l’avevo amato come si può amare un dio in terra. Ed ora, nella maniera peggiore, da un giornale, avevo dovuto sapere delle sue ripetute “scappatelle” con delle sciocche soubrettine che volevano solo approfittare dei suoi favori per emergere. Adesso le ritrovavi a condurre programmi televisivi, a coordinare partiti politici, alcune addirittura ministri della Repubblica! Orrore. Decisi di togliere il disturbo, per non ricevere ulteriori, sicure, amarezze. Ma non potevo accettare che ciò avvenisse in maniera, per lui, indolore. Di certo, quello che c’era stato fra di noi non poteva averlo lasciato del tutto indifferente. Allora escogitai un piano diabolico: sarebbe stato proprio lui a togliermi la vita, e, dunque costretto a vivere il resto dei suoi giorni nel più atroce dei rimorsi. Entrai, come facevo tutti i giorni, a Palazzo. Sapevo che a quell’ora leggeva la Gazzetta dello Sport e l’avrei trovato da solo. Prima di entrare, mi fermai nell’anticamera, e tirai fuori la parrucca. L’indossai, provai qualche smorfia e l’intonazione della voce, l’inflessione dialettale molisana. Mi guardai allo specchio: ero pronto. La fotocopia precisa del suo peggiore nemico. Entrai senza bussare. Appena mi vide, sbiancò. “Che cosa ci fa qua dentro?” esclamò, “esca subito fuori, mi consenta!” “Mi consenta un cazzo!” risposi, “lei è un magnaccia e adesso viene con me nelle patrie galere!” Era con le spalle al muro. Farfugliando una serie di “mi consenta” e “bieco giustizialista”, lo vidi rovistare in un armadio e poi brandire quello che mi aspettavo, quello in cui speravo: la lupara che gli aveva donato in segno di devota amicizia un suo fedele collaboratore stalliere. Senza pensarci su due volte, la puntò verso di me e fece fuoco, gridando: “muori, cane comunista!” Io, finto Di Pietro, mi accasciai soddisfatto, avendo anche il tempo di dedicare al mio irresistibile giustiziere una delle mie meravigliose poesie, che composi all’istante: Amato Romeo stella polare imperituro imperatore nanetto afrodisiaco E spirai. (Oh, finalmente Bondi si è tolto dalle palle! Era diventato troppo geloso ultimamente … Questa sceneggiata di travestirsi da Di Pietro, poi, mi ha tolto le carfagne dal fuoco … i miei avvocati non avranno problemi a ritenere la mia una legittima reazione a quello che ritenevo un credibile attentato da parte di quello sporco forcaiolo … E quelle lamentose poesie? Oh, Madunina … ne ho uno scaffale pieno, quasi quasi le mando a Kak{ … Ora la scrivo io una vera poesia e poi chiamo l’amico Apicella … Questa è bella: “Osteria della lasagna / a Palazzo c’è Carfagna …”) Occorrente per il suicidio: una parrucca (ed un amato trapiantato) Lunedì, 14 Novembre 2011 Col quore in mano Penso ad un racconto, "Anestesia totale" è il titolo. Ce l'ho in testa, da tempo, ma non lo scrivo. Eppure è divertente, parla di un tizio che deve subire un'operazione e che ha sentito dire che a causa dell'anestesia spesso capita che al risveglio, nel dormiveglia, si allentino i freni inibitori e si dicano cose riservate, ad esempio il nome dell'amante, o si confessi un omicidio. E il protagonista del racconto ce n'ha di questi problemi. Non lo scrivo chissà perché, per mancanza di tempo, di voglia, forse per scaramanzia. Penso ai miei fantasmi, alla mia casa che sorge su un terreno che dopo l'editto di Saint Cloud, è stato per un paio di decenni, fino al 1840, un cimitero. Vi furono sepolte in fretta e furia centinaia di persone vittime dell'ultima peste del meridione, quella del 1817. Pure una mia antenata, Santa Fede Laurito. Spesso la sento aggirarsi nell'intercapedine fra il terrapieno che ho sbancato riportando alla luce le ossa, e la parete del cesso. Chissà se è vero, o se è solo un altro racconto che non scrivo per scaramanzia. Un giorno glielo chiederò, alla pro-pro-prozia. Penso a quello che succede in questi giorni, al nanetto afrodisiaco che si è (è stato) allontanato ma non troppo, allo spread che assomiglia tanto al rumore che emetto quando in bagno sento la presenza della Santa Fede, alla Venaria Reale che volevo visitare quest'anno nel ponte dell'Immacolata e mi sa che i soldi per allora saranno finiti perché pare che il nuovo governo metterà un freno all'evasione ed allora i miei clienti non hanno avranno più soldi guadagnati in nero da versarmi in nero. Vedo nero. Ma dove c'è nero c'è amor, canta Zucchero, il quale peraltro ha scritto una bellissima autobiografia a metà fra Amarcord e Pupi Avati, malinconica e carnale. Chissà chi sarà stato il suo ghost writer, il suo scrittore fantasma. Forse ancora una volta la pro-pro?? Penso alle amicizie nate qui, penso a quelle troppo intense per continuare ad esserlo toccandosi solo tramite una tastiera, ed a quelle per le quali toccarsi tramite una tastiera è stato già un enorme passo in avanti rispetto al nulla di prima, e mi chiedo come sia possibile ipotizzare che Splinder chiuda, e tutto questo - compreso un post del genere che la maestra mi avrebbe messo ottimo + lode - debba scomparire, come lacrime nella pioggia. Penso a tutto questo, forse perché amo il rimpianto, forse perché non ho un cazzo di voglia di lavorare, stamattina, o forse perché in fondo mi piace questa nave senza nocchiero che è l'Italia, che è la mia vita, che è il filo sospeso fra due diversi e speculari nulla, mai niente di concreto, mai troppo di vero, sempre così attaccato eppure immensamente distante dalla morale cantiana di oggi, che non è quella del filosofo, bensì quella di Sanremo, finché la barca va. Parte terza Due caramelle di resto (natale 2011- febbraio 2014) Natale. Una parola densa di significato per chi è credente. Comunque l'occasione di un nuovo inizio. Io a Natale ho perso la fede. Non per il consumismo sfrenato. Non per il mercimonio di preghiere e indulgenze. Perché stamattina, mentre mi sciacquavo le mani con il sapone, nel lavandino del piano di sotto dove manca il tappo, mi si è sfilata ed è caduta nel sifone, e vani sono stati i tentativi di recupero. Ho perso la fede. Così, finalmente libero da vincoli e legami, ho pensato di ricominciare daccapo. A raccontare storie, a contrabbandare dolcezze. Inutili come, un tempo, le caramelle di resto. A meno che la mano del negoziante pescasse quella giusta. venerdì 6 gennaio 2012 ONLUS Uno dei mali che affliggono la nostra società moderna è la depressione. Il confronto spesso impietoso con il successo degli altri mette a dura prova la nostra autostima. Quante volte ci si sente sprecati, sottovalutati... E l'umore, inevitabilmente, crolla. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a dare una mano, perché si tratta di un male oscuro che miete sempre più vittime, specialmente in tempi di crisi come questi. E io, in questo 2012, voglio darmi da fare nel mio piccolo ad aiutare tutti coloro che pensano che la loro vita non valga la pena di essere vissuta, facendo in modo che possano sentirsi meglio, che possano smettere di sentirsi i più infelici, c'è chi sta peggio, e non bisogna buttarsi giù. La parola magica è "confronto". La notte di capodanno avevo la febbre (il 34° giorno di febbre, per la precisione), e sono andato a letto alle undici e venti. Non pare sufficiente a rivalutare la vostra condizione? Allora sappiate che fino ad allora avevo atteso il nuovo anno guardando il programma di raiuno con Carlo Conti, il cui ospite più vivace era Edoardo Vianello; bella lotta, però, coi Dik Dik che festeggiavano in diretta il secolo di carriera cantando canzoni, appunto, dei loro inizi. La befana ha portato cenere e carbone nel vero senso della parola. Ad una mia zia stanotte si è incendiata la casa. E io nella calza stamattina ho trovato un piede. mercoledì 25 gennaio 2012 STORIE DI DONNE, PADRI E IPOCONDRIA Amo il pane. E' il mio alimento preferito. Per questa ragione cambio spesso forno per acquistare quello che trovo più fragrante, particolare, sfizioso. In realtà non è solo quella la ragione del mio continuo esodo da un negozio all'altro. Anni fa mi servivo in un piccolissimo forno che preparava un ottimo pane; tuttavia la negoziante mi metteva in imbarazzo fissandomi ogni volta a lungo negli occhi e non so per quale ragione, per cui decisi di cambiare aria. Scelsi un forno che faceva del pane casereccio a legna, molto gustoso, ma poi la mia professione mi portò a spostarmi anche da lì, in quanto una dipendente che lavorava in nero si rivolse a me per fare causa al proprietario, e allora volli evitare che mi tirassero una pagnotta rafferma in fronte. Passai allora ad un negozio dove mi trovavo bene, gente discreta, pane che soddisfaceva il mio gusto. Se non che da qualche settimana lo gestisce una tizia che mi dà del tu dalla prima volta che mi ha visto e senza assolutamente conoscermi. E io non amo che mi sia dato del tu. Non sono più un ragazzo, non sono socievole, sorrido poco, non do confidenze: nulla che lo giustifichi. Così oggi ho cambiato ancora, hanno aperto un nuovo panificio, anche piuttosto elegante. Entro, un avvolgente odore di pane fresco è un ottimo viatico e, in realtà, anche la magnifica ragazza bionda alla cassa, che peraltro mi saluta con un "ciao"; però, magari mi conosce, è un paese di diecimila abitanti, può anche succedere, per cui non penso ancora di reagire fuggendo come con il "tu" dell'altro negozio. Il prezzo da pagare è di un euro e quindici centesimi. Le consegno un euro e trenta (50 centesimi + quattro monete da 20) e aspetto il resto. Lei invece prende le monete, chiude il cassetto e mi dice ancora, con uno splendido sorriso, "ciao". Io rimango lì come uno scemo - intendendo dire "e il resto?" - farfuglio qualcosa del tipo "erano tutte, le monetine?", e lei, sempre sorridendo "tranquillo, non fa niente". E mi congeda. In sostanza, ha pensato che io le avessi dato di meno senza dire niente e che volevo vedere se se ne accorgeva, così ho fatto la figura del pezzente per cinque centesimi. Domani dovrò cambiare di nuovo, chi ha il coraggio di affrontarla ancora? (Ecco, è tornato il pezzente, penserà appena mi vede ...). Devo studiare la mappa dei panificatori ... Oppure stasera quando torno a casa, mentre guardo la partita e ascolto le infinite chiacchiere di mia figlia sui compiti, i compagni, le bambole, mi metto ad impastare acqua e farina ... Questa notte ho sognato di essermi vestito di nero, con una curiosa giacca col collo "alla coreana", e di essermi recato in udienza, dove un giudice che non conoscevo, scambiandomi per un prete venuto a testimoniare, mi ha chiamato: "Padre, si avvicini". Al che, sempre in sogno, ho risposto, signor Giudice, sono un padre putativo, in realtà sono un avvocato. Insomma, anche sognando faccio battute di m.... Che poi, da piccolo mica volevo fare l'avvocato. Da piccolo sognavo di fare l'edicolante, per poter leggere tutti i giornaletti possibili. Poi, via via che crescevo, volevo essere, per le stesse ragioni tautologiche, un gelataio o il proprietario di un sexy shop. Oggi, a quarantatre anni da suonare e con tutti gli acciacchi veri o presunti che mi ritrovo, vorrei tanto approfittare di questo decreto sulle liberalizzazioni ed aprirmi una farmacia. Quasi un anno fa è morto un amico e collega poco più grande di me, sposato, con due figli piccoli. Da allora quando ho incontrato la moglie per caso, per le vie del paese, indossava sempre maglioni ampii e coprenti, tuta, capelli raccolti e occhialoni neri. Da un paio di giorni - la mattina ci incrociamo sempre lungo la strada che porta al mio studio ed a casa sua - l'ho invece incontrata elegantissima, con magnifici cappelli a tesa larga, senza occhiali, truccata con gusto, i lunghi capelli neri perfettamente stirati, e vestita con capi d'alta moda. Alcune persone mi hanno detto "visto la vedova di ...? improvvisamente è tutta tirata, deve aver rimpiazzato il marito". Io credo semplicemente che a un certo punto ci si debba per forza convincere che la vita va avanti. Certe volte, dopo certe sere nere, ho avuto anch'io la voglia di indossare un cappello a tesa larga. E non avevo rimpiazzato nessuno. Nessuno da rimpiazzare. Mercoledì 1 febbraio 2012 DOV'È LA STRADA PER LE STELLE? Anna e Marco erano cresciuti insieme. Non che si fossero conosciuti da bambini, ma le loro strade si erano incrociate proprio all’alba delle prime esperienze veramente significative, e le avevano affrontate, dapprima affascinati, e poi segnati, per sempre. Ecco perché Anna e Marco erano cresciuti insieme. E insieme, come in quella canzone di Dalla, avrebbero voluto andarsene lontano. Solo che la vita non aveva accettato la loro proposta. O meglio, aveva acconsentito a che si allontanassero, ma l’uno dall’altra. E lontani l’uno dall’altra, e a persone nuove, avevano alla fine dovuto affidare i loro progetti di costruire una casa ed un nido in cui far crescere quella bambina dai due nomi che avevano immaginato avere i loro occhi. Così Marco si trovava a mille mila chilometri di distanza quando, una sera d’inverno di tanti anni dopo, seppe, con infinito dolore, che Anna quella bambina l’aveva persa. La stessa sera in cui Marco aveva perso la sua bambina. Giovedì 1 marzo 2012 NON DIRGLI MAI C'è un cd di Mark Knopfler, c'è una macchina veloce, c'è la voglia di andare via e non tornare più. E la strada scorre, dai finestrini la mia vita di ieri e di oggi. La banca che gode del mio scoperto. Il benzinaio col gasolio a 1,80. La casa di quella donna che una volta era la mia ragazza. Il liceo dove meritavo 60 ma ebbi 48 perchè mio padre era un postino e non un avvocato. L'edicola che ha sempre finito i miei fumetti. Il gatto nero che non riesco ad investire. Le targhe delle auto che mi stanno davanti, lo sciocco giochino della somma dei numeri che danno sempre lo stesso risultato. Quel vecchietto che chiede sempre il passaggio, dove mai dovrà andare ... E l'aria calda, le zanzare redivive, dove cazzo se ne stanno in inverno? chi le ha mai viste? loro sì che hanno trovato il modo di ricaricare la spina lontano da tutto e da tutti mentre io, chiuso in macchina, farfuglio appresso al cantante col mio inglese fortemente campano, e mi illudo in questi dieci minuti di traffico in centro prima di arrivare al lavoro di riuscire ad andare via e non tornare più. E intanto il tempo passa, si avvicina il mio quarantatreesimo compleanno, e, a 24 ore di distanza quello dei sette anni di mia figlia. Che, previdente, sul suo diario alla data del 10 marzo, ha scritto: "ricordarsi di divertirsi". Mai che ci avessi pensato io, il solito smemorato. P.S. Il titolo di questo post è una canzone di Gigi d'Alessio, per la sola ragione che il titolo dell'ultimo post era una frase di Lucio Dalla e proprio stamattina abbiamo visto com'è andata a finire. Sabato 10 marzo 2012 MORTA LA SZYMBORSKA PASSO AL PRIMO POSTO L'orologio va indietro. Se fosse fermo non succederebbe nulla ma un orologio che va indietro è languido e struggente come la risacca, è come la stitichezza, ovvero il ritardo della cacca. E' come acconciarsi i capelli stile anni '70 per andare al supermercato, come restare a chiacchierare a lungo dopo avere mangiato. Il mio orologio va indietro: a volte di un solo minuto mai più di un paio d'ore, giusto il tempo di ricordarmi i miei capelli ed il primo amore. Mercoledì 28 marzo 2012 LE PAROLE DELLE CANZONI Mi son trovato per caso a riascoltare Rimini di De Andrè. Ero pressoché disabituato ad ascoltare le parole delle canzoni, reso superficiale dalla fretta, istupidito da MTV, dai video musicali, dai brani usa e getta delle radio, quasi convinto, alla fine, a perdonare l'autore del testo di ai se eu ti pego, che pure più volte meditavo di rapire e scannare dopo un sommario processo senza garanzie di contraddittorio. Delicia. Poi, senza preavviso, la voce tagliente di Faber ha scolpito nell'etere "non regalate terre promesse a chi non le mantiene" E ora sono qui su google a cercare l'indirizzo di qualche maoista indiano che voglia coadiuvarmi nel sequestro. Nossa. Sabato 28 aprile 2012 FUTURO INTERIORE Sul sito Flutrackers è segnato l'andamento dell'epidemia influenzale di ogni anno. Oggi riporta che da questa settimana si è raggiunto il livello base, cioè quello preepidemia, con il numero più basso di ammalati di tutto l'anno. In questa elìte sono ricompreso, ovviamente, io. Io, che non pago di ben quarantasei giorni di febbre a cavallo tra il 2011 e il 2012 (appunto, febbre da cavallo), sono di nuovo sulla breccia da una settimana, specialmente durante le feste o nei weekend, novello John (Laurito) Travolta. Così, questa notte, nella quale speravo di avere finalmente debellato il virus, la temperatura ha ripreso a salire (forse facendo pendant con quella meteorologica, improvvisamente passata da 8° a 28° in 48 ore). Dunque, la mia notte è stata popolata di numerosissimi sogni strampalati da delirio febbrile, o veri e propri incubi. Ho vissuto addirittura l'inizio della terza guerra mondiale - lo sapevate? - che sarà combattuta contro i marziani. Invece, nei momenti di veglia, ho riflettuto sui massimi sistemi, le domande universali, ho perso e ritrovato la fede più volte (quella che mi era caduta nel lavandino dell'ateismo, e poi recuperata a furia di "invocazioni" a varii santi). Sono poi passato dall'universale al particolare, ho considerato la mia vita, le scarne prospettive, il magnifico futuro dietro le spalle (zona lombare), ed ho iniziato a sudare, e credo che qui la febbre c'entrasse davvero poco. Ho considerato con stupore il gran numero di formazioni sociali dalle quali mi sono escluso litigando (spesso) e sono stato escluso dopo aver litigato (anche questo è successo) o neppure invitato ad entrare e dunque litigato per questo. Un ampio ventaglio che va dalla politica alla palestra al catechismo ed al rock 'n' roll. Ho riletto più volte la "scheda di valutazione" di un mio romanzo scritta dall'agente letterario cui mi sono rivolto, e che parla di "vero e proprio capolavoro". L'attendo, nella realtà, entro un paio di settimane. Ma spero che questo tempo si allunghi, altrimenti nemmeno quello potrò immaginare, di buono, durante le notti insonni. In tutto questo mi rivoltavo nel letto continuamente e non stavo mai fermo nello stesso posto (la fase ROM, la chiamai una volta), provocando ovvi risentimenti da parte di chi mi sta accanto, ma credo da parte anche dei vicini, nonché di mia figlia nell'altra stanza: "papà, stanotte ronfavi così forte che non potevo dormire!". Chissà, forse i marziani saranno scappati proprio per questo. P.S. Questo post non vale proprio nulla, sembra scritto da una persona con la febbre ed arrabbiata che ha un sacco di lavoro arretrato ed invece è costretta in casa ancora chissà per quanto, visti i precedenti. E' un post non all'altezza di quelli passati. Come la mia vita. P.S. II Meno male che questo è un blog che non legge nessuno, altrimenti arriverebbero a casa i servizi sociali. Chissà, poi, se sarebbe un male, almeno gli potrei raccontare quel che ho sognato, scambiare due chiacchiere sulla mia febbre e sulla mia vita. E così sarebbero loro ad avere bisogno dei servizi sociali. P.S. III Rileggo e mi affanno a rendere questo scritto un po' più brillante. Ma non ci riesco, ci vorrebbe almeno una chiosa ad effetto, che so?, un bel gioco di parole, una citazione colta, un colpo di genio dei miei. Ma è che mi rende anche difficile scrivere col termometro sotto l'ascella. Proverò a sondare con quello rettale. All'esito esaminerò il risultato come gli antichi aruspici e conoscerò il responso: il mio futuro interiore. domenica 6 maggio 2012 LE SMORFIE NELLE FOTO Smòrfia: "atto svenevole, lezioso" (1619, Buonarroti il Giovane); "contrazione del viso, tale da alterarne il normale aspetto" (1598, Florio). Dall'antica forma verbale morfia "bocca", di origine incerta. Alzi la mano chi non ha mai fatto una smorfia in una foto. Il fenomeno, una volta circoscritto agli album di famiglia e ai diari delle liceali, oggi, con l'avvento di internet, e, soprattutto, dei social network, ha assunto dimensioni globali. Sono pochi i profili internet su facebook che non ospitano l'ormai classica foto con le labbra a cuoricino, o con un dito davanti alla bocca, o con gli occhi sgranati, le mani a palme aperte sulle guance e la bocca spalancata a perpetuare il silenzioso urlo di Munch (per inciso, proprio nei giorni scorsi battuto all'asta per una somma record, quindi ...). Come per tutti gli argomenti talmente superficiali da diventare sostanziali e universali (proprio perché chiunque può dire la sua, persino io), la rete ospita addirittura dei contest per la smorfia migliore, come pure, di converso, gruppi di coloro che "odiano" le foto con le smorfie, con ampie discussioni sui forum. Il fenomeno, a differenza di quanto potrebbe apparire, non è limitato ai cosiddetti "bimbiminkia" o "bimbeminkia" (definiti da fonte autorevole come "una delle piaghe che affliggono l'umanità, e negli ultimi anni è sempre più comune sul web"), ma è assolutamente trasversale rispetto al sesso, all'età ed alle condizioni sociali. Ciascuno può pescare, fra i propri ricordi familiari, immagini di persone insospettabili (il bisnonno medaglia d'oro della prima guerra mondiale che digrigna i denti, il preside durante la gita di fine anno che finge di scaccolarsi (finge?), la bidella che soffia un bacio all'applicato di segreteria gay) colte in quell'atteggiamento. Ed è nell'iconografia globale la famosa smorfia di Einstein, non meno nota della linguaccia del calciatore Del Piero che così festeggia i propri gol. Quali sono le ragioni? Tanto negli animali come presso l'uomo le situazioni di fame, sete, appetito sessuale, gioia, dolore, si esprimono con delle reazioni esterne, le sole attraverso le quali una vita sociale si rende possibile. Nei rapporti fra individui, l'atteggiamento conoscitivo dell'uno è agevolato dall'espressione dell'altro, espressione che si estrinseca soprattutto con la mimica. comunemente intesa come quella del volto e del gesto. Poiché il linguaggio è nato dalla mimica (ed anche la scrittura, basti pensare alla "O"), l'espressione vocalica è stata da prima accompagnata dal gesto, ed è quella la situazione pre-verbale delle immagini fotografiche, dove il messaggio è esclusivamente gestuale (salvo tenere in mano un cartello con una frase, tipo ostaggio sequestrato o mendicante straniero , ma non divaghiamo): Anche fra gli animali è possibile riscontrare qualcosa di simile, con una preponderanza naturale del grido sul gesto, specialmente di notte, quando cioè il gesto, non visibile, diventa inefficace. Questo postulato fa scaturire en passant delle riflessioni darwiniane sul grado evolutivo dei giovinastri urlanti che stazionano in ore notturne sotto le mie finestre. In psicologia si tende a distinguere le smorfie in due macrocategorie. Quelle che riflettono un atteggiamento distorto del superego (es. Berlusconi che fa le corna), e quelle che tendono a mascherare un'intima convinzione di inadeguatezza. Quest'ultima non è necessariamente di carattere estetico (mi vergogno dei miei capelli crespi o scombinati e faccio una smorfia simulando che tutto l'insieme sia volutamente deformato), ma anche legata al contesto (mi sento fuori posto in quella festa di ragazzine e facendo una smorfia derubrico la mia presenza come involontaria o inevitabile e, dunque, non censurabile)... (cazzo 'sto quarto d'ora prima dei Simpson non finiva mai, meno male, non sapevo più cosa scrivere, ma come mi sarà saltato in mente questo argomento, poi? Magari ho registrato a livello subliminale la foto di una ragazza che mi piace coi baffi finti o che spara bacetti, o che mette avatar finti al posto della propria foto, boh? sarà che quando certe cose non le riesci proprio a capire ti incuriosiscono ... quasi quasi mi faccio una foto con l'autoscatto, che tanto, anche oggi. come sempre, mi sento fuori contesto e indosso il naso finto e al posto della mia faccia c'è il buon vecchio Groucho). sabato 12 maggio 2012 ASPETTA E SPARA Certo, potevo pensarci prima. Ma mi scappava un post, e quando senti lo stimolo non puoi farci niente, se non metterti a scrivere. Che è una vita che aspetto, e spero sempre che non succeda. Che non fa niente se quel che aspetto sia bello o brutto. Voglio sempre che non succeda. Perché come diceva quel tizio che dai migliori salotti di Londra, ammirato ed idolatrato, finì a spaccare pietre nel carcere di Reading, "quest'ansia è insopportabile, speriamo che duri". Che finita la causa non voglio sapere se ho vinto, perché magari ho perso. E intanto è bello pensare di aver vinto. Che le a nalisi attendano. E attenda pure questo dolore, con cui ho imparato a convivere. E magari non è niente. Che Scritture Scriteriate si tengano quei 75 euro e non mi dicano mai che il mio romanzo è una ciofeca. Io nel frattempo leggo il loro messaggio che è un capolavoro e me lo pubblicheranno presto. E il test di gravidanza non occorre. Sto già cullando il mio bambino. E non piange affatto, non come quella vera. Tutti i miei concerti rimangano deserti, non è il caso di specchiare la propria autostima nel consenso degli altri. Che poi apri gli occhi, e prima di capire come sia accaduto che sei solo, stai già volando dalla torre più alta, dietro di te solo un biglietto di inutili scuse. Avrei da dire mille altre cose, ma dovevo pensarci prima. Prima di iniziare, dovevo accorgermi che la batteria del pc era quasi esaurita. Ma chissà se non è stato meglio così, interrompermi sul più bello. Mica è detto che sarebbe andata come mi attendevo. Magari facevo cilecca per l'ennesima volta. Invece il mio orgasmo è, da sempre, parafrasare Beckett. Aspettando, godo. domenica 27 maggio 2012 SENZ'ARTE NÉ PARTY Se sapessi scaricare le foto dal mio telefonino, lo vedreste. Quel che avrei potuto essere. Quel che, in fondo, avrei voluto essere. Il testo di una mia canzone di tanti anni orsono, Questo Paradiso, faceva pressappoco così: "Potessi abitare in un posto migliore non farei tante storie, non scriverei canzoni, non mi farei illusioni, forse non mi chiamerei neanche così". Non sembri irriverente scomodare paragoni illustri. Anch'io, nel mio loco natìo, per molti versi, mi son sempre sentito romìto e strano. Ritornatovi quasi adolescente, dopo l'infanzia trascorsa nella capitale (era la fine degli anni '70), mi son ritrovato d'improvviso catapultato in una piccola realtà (quella che, in parte, ho raccontato nel mio romanzo Una pietra sopra) nella quale, pur alla fine inseritomi, mi sono sempre intimamente sentito estraneo, diverso. E tale, ne sono consapevole, mi hanno considerato e continuano a fare molti dei miei concittadini. Ma, in fondo, le mie passioni non erano diverse da quelle dei miei coetanei di allora. Solo che - complice la differente cultura (detto in senso rispettoso per entrambi) - le abbiamo sempre declinate in maniera confliggente, se non addirittura opposta. Amavo lo sport come loro. Solo che a me piaceva il tennis, parecchio anche il golf, a tutti gli altri il calcio. Dunque loro giocavano insieme, ed io seguivo da solo le telecronache di Gianni Clerici o di Mario Camicia. Ero innamorato anch'io dei motori. Le macchine d'epoca, le straordinarie Lancia che vedevo ancora circolare, ben curate, in certi quartieri di Roma, mentre qui la macchina che più vi si avvicinava era il vecchio torpedone che ci portava a scuola. Ai miei amici del paese piacevano le Uno Turbo e le moto da cross, e si sfidavano in interminabili corse contro la morte, che però li facevano sentire vivi. E la musica, un'attrazione ancestrale per tutti. Per me, i Supertramp, o i Genesis di Peter Gabriel. Per loro Gigione e le tette della campagnola. Vuoi mettere? La solitudine è stata la mia compagnia. E spesso, nella compagnia, mi sono sentito e mi sento ancora più solo. Oggi sono un uomo di quarantatre anni, che passa molte serate a casa, a suonare al pianoforte le proprie canzoni tristi. Nella mia Audi, a velocità di crociera, ascolto in questi giorni un CD di Paul Weller. E proprio ieri, guidando nel traffico i cui rumori mi giungevano ovattati perché filtrati dalla voce blues dell'ex leader degli Style Council, d'improvviso mi sono incontrato. Ho incontrato Giovanni Laurito diamante grezzo, senza orpelli e sovrastrutture. Orgoglioso delle sue passioni e deciso a coltivarle in pieno. Il rombo del motore ha spezzato l'incanto flebile della chitarra jazz di Moon on your pijamas. Ho visto nello specchietto questo malato mentale che, a bordo di una moto da enduro, sorpassava, impennando, le auto in fila al semaforo. Quando mi ha affiancato, l'urlo della marmitta, sicuramente truccata, ha fatto tremare i vetri austeri della mia auto. L'ho guardato, avrà avuto la mia età. Non il mio sguardo, ché il suo era fiero e determinato. Non i miei residui capelli, corti, ingrigiti e timidi, ma una lunga coda di cavallo fresca di tinta e forse non di shampoo. Mi ha superato di slancio, ancora una volta a pinna sulla ruota posteriore. Dietro la sua schiena, mi è sembrato a prima vista, uno zaino. Il traffico lo rallenta, osservo meglio. E' un organetto. Poi schizza via, non troppo veloce, però, da impedirmi di scattargli una foto ammirata col mio cellulare. Peccato non la sappia scaricare. Avreste visto quel Giovanni Laurito, nato qui, ben inserito, che non passa le serate da solo a comporre e cantare al pianoforte sciocche canzoni dai testi complicati e pessimisti. L'immagine vi avrebbe rimandato quel Glaurito che passa le serate in compagnia, a bere vino e a ballare la tarantella. E che non ha bisogno di sognare un posto migliore, perché ce l'ha già. domenica 17 giugno 2012 PSICOSI MARRONCINE Un'ondata di furti nelle abitazioni, in una zona da sempre tranquilla, ha gettato i residenti, me compreso, nel panico, ed ingenerato psicosi. Io stesso mi ritrovo a nascondere qualche soldo nei cassetti, fra le mutande, in ciò consigliato da un sito ad hoc, dove c'è chi ha inventato le mutande fintamente scoreggiate con striscia marrone per proteggere i contanti dai ladri. Provo anche a tenere la macchina "buona" in garage fino al cessato allarme, utilizzando per gli spostamenti la vecchia fiat 500 di mio padre, risalente al 1969 (che, comunque, se fossi un ladro, apprezzerei, e per la quale, se mi venisse rubata, credo soffrirei molto di più, dal punto di vista affettivo, che se mi fregassero l'Audi. Ma che ci vuoi fare, tutto si fa ormai in base al valore economico, al diavolo gli affetti!). Sto ragionando anche sul tenere una pistola sotto il cuscino, ma è già abbastanza pistola quello che sta con la testa sopra il cuscino, quindi ... Così, ormai, dopo che sono state saccheggiate ripetutamente le villette nei dintorni, previa narcotizzazione dei proprietari, ci si addormenta col terrore di persone che ti entrino in casa, e ci si sveglia col terrore di trovarla a soqquadro. In realtà, con un po' di senso pratico, a ragionarci bene avrei tutto da guadagnare con una dose di cloroformio, una buona dormita - che mi manca da mesi se non da anni - sarebbe priceless. E quanto al saccheggio, sono già abituato a quello che si prova, a quel senso di vuoto. Quando rientrando a casa a ora di pranzo - la mia famiglia è al mare - apro fiducioso il frigorifero, e campeggia fiera della propria unicità la solita foglia stantia di lattuga, per cui sconsolato ripiego sulla consueta pizza pret a porter consumata da solo sul divano dinanzi a una partita in cui la mia squadra perde (o pareggia, senza qualificarsi...). Quasi quasi stanotte non mi corico neppure, rimango sveglio in cucina, e quando arrivano i ladri ci facciamo un bello spaghetto. E allora, grato, alla faccia della psicosi, gli faccio pure vedere che cos'ho nelle mutande. lunedì 9 luglio 2012 DISTRATTAMENTE PERSONALE Certe volte penso che mi piacerebbe scrivere la mia autobiografia. La romanzerei un bel po', come del resto faccio sempre quando parlo di me. Ma sarebbe inevitabile. Diversamente, a raccontare la nuda verità, la maggior parte delle pagine descriverebbe una persona immersa in una continua "zona del crepuscolo", fatta di giornate tutte uguali, noiose, e di pensieri di inadeguatezza, di horror vacui e di tempo vanamente sprecato. Stasera ... Potrei cominciare parlando di stasera. Ma ancora una volta siamo alla fine di un giorno uguale agli altri, nel quale fatico ad intravedere luce. Solo che sto ascoltando una canzone, una bellissima voce. E quella canzone e quella voce mi riportano a tanti anni fa, ad un piccolo me di otto anni. Che ancora non sapevo suonare nessuno strumento, ma cantavo a squarciagola Gloria, mentre il mio cuginetto, testimone di Geova, appena si arrivava alla frase "con te nuda sul divano", correva ad abbassare il volume, temendo un'eccitazione contraria alle Sacre Scritture e la punizione del Dio vendicatore dell'Antico testamento. Un piccolo me, costretto a vivere per qualche mese da mia zia nell'estate del '77 in cui mia madre moriva per venti minuti insieme al mio fratello mai nato per una gravidanza extra-uterina. E che incredibilmente non diventato gay - passavo l'estate a leggere fumetti e fotoromanzi della mia cugina quattordicenne, ad ascoltare le prime radio libere, con le dediche telefoniche "da un Toro ad una Vergine con speranza", con ancora una volta l'immancabile Tozzi e la sua Ti Amo, a cristallizzare nel mio immaginario la donna che stira cantando e il bambino che tà, sogna cavalli e si gira ... E l'estate '78 (ché Tozzi faceva un'hit ad ogni estate!), al mare ad Ascea perseguitati dal dan-dabadan dell'ipnotica Tu, la cassetta con la copertina gialla e blu (la mia prima cassetta), mentre ci abbuffavamo di gelati col biscotto e partite a briscola, con quel piccolo me, già presuntuosamente autistico, che contava in microsecondi i punti di tutti, mentre gli altri si arrabbattavano sulle punte delle dita, alluci e talloni ... Tozzi ha pubblicato di recente un album di inediti e di vecchi brani riarrangiati, la sua voce è ancora la più bella della musica italiana. Per tutti i ricordi che mi evocano, dovrei essergli grato e correre a comprarlo. Sicuro. Invece l'ho scaricato da E-mule. Ci ho messo una settimana, sicuro ho speso di più per tenere il pc acceso e collegato in rete tutto 'sto tempo, e in tasca all'Umberto non è andato nulla. Ma io sono così, mi nutro di emozioni, ma le scrocco, non le merito e non le ricambio. Così scrivo, mettendomi a nudo, solo con la speranza che qualcuno mi legga e mi faccia un commento, ma non leggo mai quello che scrivono gli altri, perché mi annoia o perché sono invidioso se mi piace. Faccio complimenti alle donne pur non credendoci, solo per farle innamorare, mentre amo solo me stesso. Poi in uno scatto di verità (ed un èmpito di solitudine) vado su facebook, e vorrei dire davvero quel che sto pensando, ma sarebbero solo parolacce, visto quel che trovo scritto. Oppure direi la parola aiuto. Ma quella, se la dici, e poi non ti aiuta nessuno, ti girano ancora di più. E allora la volta successiva non c'è l'alternativa: solo parolacce ... Come quel piccolo me, quando si spezzò il nastro di quella cassetta di Tozzi, mentre la riavvolgevo con la penna. E così, quando, dopo trentaquattro anni, l'ho sentita di nuovo, ho pianto, giuro. Come un idiota. Senza ritegno. Per quel bambino che pensava di dire e sentirsi dire Ti Amo credendoci entrambi. Che sognava cose importanti, di ottenere Gloria, di trascorrere meravigliose Notti Rosa. E invece è qui, a quarantatrè anni, da solo, a scrivere pezzi incoerenti della propria squallida autobiografia. Pensando che il tempo è ormai passato, definitivamente, ma invano. E che di certo si poteva dare di più. mercoledì 11 luglio 2012 SUMMER UPDATE ... che poi c'è pure la vita reale oltre alle caramelle, e allora ecco gli aggiornamenti all'11 luglio, gli eventi salienti di questi primi venti giorni di meravigliosa estatica estate. Una vecchia di feci che ritiene io le stia usurpando il parcheggio condominiale, mi lascia bigliettini sgrammaticati sotto il tergicristallo. Nell'ultimo minacciava di denungiarmi, e di chiamare i carrabinieri. Ho sognato un giovane giudice che conosco (donna) che mi dava i numeri, li ho giocati e ho fatto ambo. Cinquanta euro. Gliel'ho detto il giorno successivo, facendo il figo l'ho ringraziata dichiarandomi disponibile a ricambiare andando nei suoi sogni. Mi ha risposto stringatamente che non c'è bisogno, che io do i numeri anche da sveglio. In tutti i rapporti meteo, la temperatura più bassa d'Italia si rileva sempre a Potenza, città interna e montana per eccellenza. Io non c'ero mai stato, fino ad oggi, dove mi sono recato per lavoro, sfottendo gli altri che invece dovevano rimanere a schiattare nelle nostre zone di mare. Quarantadue gradi, temperatura rilevata col termometro nel culo di Minosse che risulta essere proprio di lì, anzi fa il parcheggiatore e mi ha rifilato sei grattini a un euro l'uno e non mi ha fatto neppure parcheggiare all'ombra. Ho scoperto che trasmettevano in replica Sherlock, una serie nuova che io avevo perso. La prima puntata era di mercoledì, ma io pensavo fosse martedì, ho acceso la tv lunedì pensando fosse martedì, poi ancora il giorno successivo, il digitale terrestre da installare seicento volte fino a quando ho trovato Mediaset Italia due. Una puntata bellissima, ne è valsa la pena, anche se verso la fine la ricezione era ballerina. Non sono sicuro, perciò, se ho capito bene l'intricata soluzione. Mi pare, però, che il colpevole si chiamasse no signal. domenica 22 luglio 2012 NON È FRANCESCA Quando hai amato una persona una volta, l'amerai per tutta la vita. Perché amare è come nuotare, come andare in bicicletta. Cose che non si dimenticano. Ho ritrovato in un vecchio cassetto un quaderno di tanti anni fa. Di quelli che non si usano più, con la copertina nera e i bordi delle pagine colorati carminio. C'era una poesia che avevo scritto, una poesia d'amore. Francesca, si chiamava lei, ma forse era un nome di fantasia. O forse no, che io avevo davvero una compagna di scuola di nome Francesca. Insomma, a rileggere le frasi intense e ingenuamente passionali, io quella ragazzina l'avevo amata sul serio. Solo che non riuscivo a ricordare niente di lei. Né il bel volto diafano incorniciato da capelli corvini, né le labbra così anelate, di cui era unico testimone quel quaderno dei tempi andati. E io, che sono un avvocato, so bene che dei testi non c'è troppo da fidarsi. Giocherello distratto con le pagine, ormai perso in pensieri altri, e in terza di copertina, accanto alla tavola pitagorica, scorgo un elenco scritto a mano. Tutti gli alunni di quella classe, una quinta elementare di più di trent'anni fa, a Roma. Ed anche quel nome. Dove sarai ora, Francesca? C'è anche un cognome, di cui non avevo alcuna memoria, e oggi, a differenza di una volta, quando per fortuna potevi perderti per sempre, c'è Facebook. Ho ritrovato Francesca, o quella che il cognome e i pochi ricordi che ho mi fanno pensare che sia lei. Le ho chiesto l'amicizia, lei l'ha accettata. Ma non ho mandato nessun messaggio, non ho dato alcuna spiegazione, né lei me ne ha chieste. Magari crede che io sia un amico di un amico. "Persone che potresti conoscere". Quelle a cui, se ti chiedono l'amicizia, gliela dai (l'amicizia!) senza pensarci troppo. E, del resto, cosa potevo dirle? Sei la bambina che ho amato tanto? Un amore che avevo dimenticato? Perché gli amori si dimenticano. Non credete ai proverbi, alle frasi fatte. Io una volta riuscivo a restare a galla, ora affondo come una pietra. Mia figlia ha imparato ad andare in bici, poi si è bucata una gomma, il tempo di ripararla e non sa più stare in equilibrio e ha le gambette piene di lividi. Ecco cos'è Francesca, cosa sono gli amori di un tempo. Lividi dell'anima. Che se per caso ti trovi a sbatterci, un po' fanno male, e tu lì a pensare per un secondo: ma quando me lo sarò fatto? Poi lasci perdere e ti tuffi di nuovo nella vita del presente. Nella quale io, appunto, affondo come una pietra. sabato 28 luglio 2012 L'ALTALENA E LO SCIVOLO Magari fosse solo lo spread. Che un giorno sale, l'altro scende. Che un giorno siamo sulla via della ripresa, e l'altro sull'orlo del baratro. Magari fosse solo lo spread, perché certe mattine sembra pure di essere fuori dal tunnel. Un'illusione, è vero, ma in fondo non viviamo anche di quelle? Magari fosse solo lo spread. Invece, a me, ultimamente, arrivano solo brutte notizie. Succede solo a me? Non è che prima fossero tutte rose e fiori, ma c'era una sorta di alternanza. Se ti andava storta una cosa, era lecito attendersi una buona notizia a controbilanciare. Poi il rapporto è sceso a due a una, a tre, a quattro, e infine, in barba a tutte le leggi statistiche, hanno preso ad andare tutte storte. In perfetta applicazione, però, della legge di Murphy secondo cui se una cosa può andare male, ci andrà. E, credetemi, non si tratta affatto di depressione, del vedere sempre il bicchiere mezzo vuoto (peraltro fra le varie cose sto attendendo da un mese l'allaccio dell'acqua al mio studio, quindi il bicchiere è TUTTO vuoto). No, per niente, nessuna interpretazione pessimistica. Sono semplici dati oggettivi, incontrovertibili. Se leggi i valori positivi di un'analisi, quelli sono fatti. Se per un errore del tuo commercialista stai pagando quindicimila euro, quelli sono fatti. Se si rompe un preservativo mentre sei con l'amante, quelli sono cazzi. Certo, a meno di dover essere sconsideratamente ottimisti e gioire per essere ancora vivi, o per avere contribuito a ripopolare il continente, o per avere mangiato anche oggi. Nessuna di quelle cose mi è veramente successa, sono solo esempi. Anche perché comporterebbero comunque la contemporanea presenza di buone notizie, tipo l'avere un'amante, o quindicimila euro per pagare la sanzione, e dunque smentirebbero la legge statistica di cui sopra. Mi sono successe, invece, e continuano imperterrite ad accadere, centinaia di piccole cose negative che si addensano, anche inconsapevolmente, nella mia mente, contribuendo ad uno stato di continuo giramento di palle alternato a scazzo, quella voglia di non fare niente tanto se lo fai comunque va a schifo (una sorta di nuova declinazione post moderna del bonum otium virgiliano?). Chissà. Magari già mentre sto scrivendo il vento sta cambiando. Magari c'è qualcuno, il mio angelo custode o la BCE, che sta operando per ridurre il mio spread, o almeno per coinvolgerlo in un'altalena certamente più sopportabile di questo scivolo. Chissà se è il vento che sta cambiando, questa puzza che sento. Vedremo. Intanto resto qui, in attesa, come nel deserto dei tartari, a inutile protezione della mia personale fortezza Bastiani. domenica 5 agosto 2012 THE WALKING DEAD E' come quel tizio, il Paolini, che si piazza davanti alle telecamere in ogni occasione. Quello che lo vedi sullo sfondo, capelli lunghi, occhiali e faccia di cazzo. Quello che ti chiedi come mai non abbia mai niente di meglio da fare. Quello che lo prenderesti a calci in culo, perché senza alcuna ragione ti distrae dalle cose serie. Un tipo così esiste anche per i blog. Uno che si intrufola nei blog dimenticati, e ogni tanto posta qualcosa, così, tanto per scrivere. Perché a volte succede che il titolare del blog muoia, ma i lettori non lo sanno. Allora periodicamente si affacciano, vediamo se c'è scritto qualcosa di nuovo. Intanto l'autore del blog è già cibo per i vermi. Tante volte capita, però, che il blog venga aggiornato comunque. Come? E' il Paolini del blog. Non so quale sia il suo nome, in realtà. So solo che si infila chissà come nella gestione di blog un tempo interessanti, divertenti, e ora abbandonati per mille ragioni, si rilegge i vecchi post e prova a farne di nuovi sulla stessa falsariga. Ma, è ovvio, non ci riesce affatto. E forse non gli interessa nemmeno, essendo il suo scopo soltanto quello di segnare un'altra tacca sul suo carnet di lettori ingannati. Non scrive cose nuove. Scimmiotta lo stile e gli argomenti dell'autore, e se qualcuno commenta come se il post fosse veramente del titolare, lui se la ride di gusto. Per esempio, c'era una volta un blog chiamato "il contrario di tutto". Non c'erano argomenti fissi, ma certuni ricorrevano, tipo aneddoti sulla figlia dell'autore, sul tempo che passa. Poi l'autore morì di fame perché in agosto, uscendo a buttare la spazzatura, un colpo di vento fece chiudere la porta alle sue spalle e le chiavi erano rimaste dentro. Così restò sul pianerottolo per diversi giorni senza che nessuno lo trovasse, e quando finalmente il vicino di casa rientrò dalle vacanze era già cadavere. Allora il Paolini dei blog si impossessò del contrario di tutto, gli cambiò anche nome (due caramelle di resto) e piattaforma, e si mise a scrivere dei noiosissimi post che se volevano far piangere facevano ridere e viceversa. Così insultò la memoria e la reputazione dell'autore, ma lo tenne in vita, almeno virtualmente. Gli diede la postuma illusione di esserci ancora, di dare e avere un senso. Fino a quando - come al Paolini vero - qualcuno gli mollò una pedata nel sedere, perché davvero non se ne poteva più di quello scimmiottare, e lo mandò a quel paese, almeno per un po'. E l'autore si riprese la scena, almeno fino al prossimo agosto e al prossimo colpo di vento. P.S. Maledetta differenziata. Ma da domani sul pianerottolo esco col sacchetto giallo in una mano e nell'altra una scorta di panini. sabato 11 agosto 2012 LE MIE INCONFESSABILI FANTASIE ERETICHE Mi sono innamorato. Lei è una ragazza molto più giovane di me. Siciliana di origine svedese, ha appena ventun'anni. Meno della metà dei miei. Mi sono innamorato. Lei è una ragazza davvero attraente. Alta, mora, con le tette grandi. Come tutte le siciliane di origine svedese. Ci siamo messi insieme quando abbiamo capito che l'uno aveva quel che l'altra cercava. Lei è attratta dal mio conto in banca. Io dal suo scoperto. Qualunque cosa lei scopra, mi fa impazzire. Eppure, quando ieri notte per la prima volta siamo andai a letto insieme, ho fallito. Avevo fantasticato a lungo su come sarebbe stato eccitante. Per me e anche per lei. In fondo, nonostante la mia età, mi tengo fisicamente in forma. E poi sono sano. Non ho mai avuto quella malattia venerea, la "lunghezza". Lei era lì. Vestita solo della sua pelle ambrata da siciliana di origini svedesi. Mi si offriva come può fare una giovane donna al suo mentore. Ma io non ce l'ho fatta. Sarà stato lo stress, l'età, l'andropausa, i sensi di colpa? Non lo so, più che altro dovremmo chiederlo a lui. A Papa Benedetto XVI che si era piazzato in un angolo della camera da letto. Faceva capolino dietro all'armadio. Con quei dentini bianchi scintillanti, le manine grifagne, le pantofole di ermellino vivo. Ha spento ogni mio ardore. Ha raffreddato ogni ritrovato entusiasmo erotico. Lui lì, con quegli occhietti da Santa Inquisizione, a ricordarmi che non si fa. Che non è giusto. Che quella siciliana di origini svedesi rimarrà un pensiero buono solo per il rammarico. Che nulla di bello mi deve succedere mai. Neppure in sogno. (P.S. per questo piccolo racconto onirico sono debitore di Leo Ortolani, per avere raccontato in una splendida storia la prima masturbazione di Rat-man, che dimenticava aperta la porta del bagno e veniva sorpreso dal Papa. E di due sms, ai quali, con sofferenza, non ho risposto, ma che mi hanno indotto il sogno della ragazza siciliana di origine svedese). venerdì 17 agosto 2012 NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE Sto aspettando una mail importante, che tarda ad arrivare. Il bagno è occupato. Quasi quasi scrivo un post. Il desiderio di conoscenza è insito nella specie umana. Altrimenti, per cuocere la carne aspetteremmo ancora il fulmine. Crederemmo ancora che il sole gira intorno alla terra. E che l'uomo è disceso dalla scimmia. Mentre la scienza ha spiegato che è ancora lì, appollaiato su uno scimpanzè. Il desiderio di conoscenza è insito nella specie umana. Per tale ragione, io amo wikipedia. Che qualsiasi dubbio io abbia avuto nella mia vita, me lo chiarisce. E io so tante cose in più che posso esporre, colo mio eloquio forbito, e facendo finta che è farina del mio sacco, cuando mi capiterebbe di parlare con glialtri. Non sapevate perché fra il primo e il secondo album di successo degli AC/DC la voce del cantante era un po' diversa? Perchè Bon Scott, il cantante di Highway to Hell, era morto in una macchina, soffocato nel proprio vomito, dopo una notte di bagordi, e avevano dovuto sostituirlo. Non vi riuscivate a spiegare perché al funerale di Totò molte persone erano incorse in malori, credendo di avere notato fra la folla il comico redivivo? Semplice, si trattava di Osvaldo Natale, alias Dino Valdi, sua misconosciuta controfigura in numerose pellicole. E che dire delle molte analogie fra la sceneggiatura di "Riusciranno i nostri eroi ..." di Monicelli, e la storia disneiana Topolino e il Pippotarzan, di Romano Scarpa? Potremmo, poi, dimenticare l'accento sardo di Amedeo Nazzari che causava tanti scompisciamenti fra i figuranti quando doveva recitare il famoso "chi non beve con me péste lo colga"? E la mascella disarticolata da una pistolettata del povero Robespierre condotto al patibolo con le mandibole sostenute da una garza, per evitare che la parte inferiore, letteralmente, se ne cadesse? Insomma, altro che Diderot o Pico de Paperis. Meno male che il bagno s'è liberato, va. Altrimenti vi parlavo della famosa regina degli ottentotti e della sua vagina lunga un metro. domenica 19 agosto 2012 1Q84 DI MURAKAMI: RECENSIONE Allora ho appena terminato questo romanzo che ci sono due che si erano conosciuti da bambini, innamorati senza dirselo, e poi mai più incontrati nei successivi vent'anni, ma senza dimenticarsi l'uno dell'altra. Siamo nel 1984. L'uomo ora fa il professore di matematica e lo scrittore a tempo perso, e si trova ad essere il ghost writer di una ragazzina che fa domande senza punti interrogataivi che ha scritto un enigmatico romanzo, che chissà perché scala tutte le classifiche. Lei, invece, è una sorta di serial killer di uomini violenti con le donne. La storia promette bene e potrebbe anche dipanarsi in maniera sensata, da qui in poi. Invece no. D'un tratto due lune in cielo, omini magici che escono dalla bocca delle persone, superpoteri, realtà parallele. E alla fine non succede niente. Salvo venire a sapere che addirittura deve uscire un successivo volume a breve, con la continuazione. Figuriamoci, già ho perso dieci giorni così, che potevo leggermi il catalogo di bottega verde era meglio. O, al limite, continuare le mie interessanti ricerche su wikipedia (v. post precedente). Piuttosto che 'ste stronzate giapponesi. E già Murakami m'aveva fregato un'altra volta. Ora la smetto, che sta facendo scuro, lo vedo da qui. Ma quella alta nel cielo è la luna? E quell'altra sfera celeste lì accanto? Sarò anch'io in una dimensione parallela? O piuttosto si tratta della mia gonorrea dopo la lettura? mercoledì 22 agosto 2012 POSTO ERGO SUM Ho iniziato a scrivere una sceneggiatura per Dylan Dog. In quella storia, però, Dylan Dog sono io. Nessuno me l'ha chiesta, ovviamente. Quindi, rimarrà nel mio cassetto. Insieme a molte altre cose scritte solo perché avevo voglia di farlo. Spesso per sentirmi vivo. E' vero, alcune sono uscite da quel cassetto. Canzoni, racconti, poesie, persino una commedia. Ma quelle più vere, intime, sono ancora lì. Ma le sorprendo affacciarsi qui ogni tanto, confondendosi con un calzino. Come la poesia per Francesca. Come le caramelle di resto. Piccole cose (di pessimo gusto, Gozzano docuit). Quelle piccole cose gridano al mondo che ci sei ancora. Più che in grido, in effetti, un sussurro. Ma sufficiente a confermare la validità delle tesi cartesiane, e del mio concittadino Parmenide. Posto, dunque esisto. sabato 25 agosto 2012 NUOVI MESTIERI IN TEMPI DI CRISI Tutto è relativo, anche i mestieri. Dipende da dove nasci. E da quando nasci. Fare l'avvocato fino a una trentina d'anni fa significava essere rispettabile e ricco. Ora siamo più avvocati che clienti. E considerati ... vabbè, che lo dico a fare. Meglio l'antennista, allora? Due orette scarse per sistemare la parabola, 200 euro. Direi! E però se invece di essere nato qui, l'antennista era nato in paradiso, mica gli andava così bene. Che in cielo non c'è bisogno della parabola per vedere Sky. Un artigiano che in questi periodi va molto è il restauratore di coglioni. Che, per la gran parte, sono tutti in frantumi. E a causa di questi anticicloni, Lucifero, Caronte ecc., tutti a parlare della siccità e dei poveri agricoltori, ma nessuno ha speso una parola per gli ombrellai, già provati, ormai sul lastrico. E' proprio vero che NON piove sul bagnato. La crisi e la necessità di economizzare hanno fatto riemergere mestieri dimenticati e ormai in disuso. Come il leccaculo dei politici, utile per sopperire alla spending review della casta sulla carta igienica. Nuovo slancio anche nella chiesa, che vista la reazione negativa dell'opinione pubblica al veto ai matrimoni gay, ha pensato di autorizzare non solo quelli, ma addirittura i sette sacramenti gay. Particolarmente richiesto il battesimo gay, con acqua di giò, e la estrema unzione gay, che è la morte sua. Una volta usavo tenere dei block notes sui quali, quando mi veniva in mente una cazzata, me l'appuntavo. Oggi mi trovavo a leggere il giornale sul pc e me ne sono venute parecchie, ma non avevo fogli su cui prendere appunti. Se qualcuno leggerà, sicuramente correrà a comprarmi un altro block notes. Ma quando è uno si chiamerà sempre block notes con la esse finale? martedì 28 agosto 2012 HAYDEN, MI È SALTATA L'OTTURAZIONE Ho speso una vita per la musica. E non sopporto l'ignoranza, in argomento. Altro che la comprensibile domanda "chi erano gli Stadio?", della famosa canzone dei Beatles. Arriva una neofita, mi chiede con gli occhioni sgranati cos'è mai un clavicembalo. E che diamine! Bach ci ha fatto su una carriera. "Il clavicembalo ben temperato". Una matita del settecento. E le famose fughe di Chopin? Chi lo teneva rinchiuso? E il suo vero nome era Edmond Dantès? Beethoven era sordo. Ma poteva recitare lo stesso. Grazie al fischietto a ultrasuoni del suo padrone. Comunque, come attore era un cane. I Pink Froyd? Musica psichedelica o psicoanalitica? Le quattro stagioni di Vivaldi. Bulgakov invece Margherita (troppo sottile, questa, come la pizza di Cesare, sotto casa, che si arrotola). Toscanini non ripete, occhio al colesterolo. Il conto. Paga nini. Questo non è più un mondo per gli amanti della buona musica. In giro c'è gente che va a vedere Emma Marrone. Un colore che dice tutto. E i testi, neppure più la rima cuore/amore. Non fanno neanche questo sforzo. Ora la rima è amore/amore. E se si sforzano, Marrone. I rapper sono pure bravi, ma dicono solo parolacce. Musica dodecafonica. Quando voglio rifarmi l'udito, ormai passo dalla manicure. martedì 4 settembre 2012 CHIAMARE ORE PASTI (SONO A DIETA) Chi s'imbattesse in questo blog, sappia che chi scrive non è una persona qualsiasi. E' gente, tanto per dire, che mentre caca legge il manuale di filosofia di Adorno. Gente che si masturba pensando a Platone e al mito della caverna (mmm...). Certo, forse ciò accade in mancanza di meglio. Al mio paese non c'è l'edicola. Neppure una libreria. Va bè, che poi capita da Feltrinelli, tutta una parete tappezzata di cinquanta toni di grigio ecc. Che magari il titolo è intrigante e ti attrae pure, però dopo aver saputo che 'sto romanzo lo leggeva sulla spiaggia Nicole Minetti, insomma ... Dice che la predetta girerà un film porno. In fondo che c'è da scandalizzarsi? Ci sarebbe differenza se mentre sto seduto a dormire sul divano qualcuno mi riprendesse? Parliamo in entrambi i casi della classiche occupazioni quotidiane. Ecco, chi leggesse queste cose, sappia che chi scrive non è una persona come tante. E' gente, per dire, che la notte prima di (o per) addormentarsi si dice le preghiere. Ma non crede in Dio. Gente che saltella col piede sinistro tre volte prima di cambiare stanza. Certo, tutte cose che magari si risolverebbero con una buona dose di psicofarmaci. Ma sono gli effetti collaterali che ti spaventano. Ad esempio, il calo del desiderio. Odio avere giustificazioni. Chi scrive ha un bisogno insopprimibile di farlo. Ah, sì, anche il bisogno di scrivere! Se qualcuno, avute queste prime sommarie informazioni fosse interessato, può contattarmi. Il mio numero di cellulare non lo ricordo, al momento (grazie, non mi chiamo mai!), ma sicuro si trova da qualche parte su internet. La mail, uguale. Importante, la parola d'ordine è rose di raso rosa, oppure rubinetto rosso rubino. Ma contattarmi per cosa? venerdì 7 settembre 2012 PIG BROTHER Nell'epoca di Instagram, della mania di fotografare tutto e tutti in qualsiasi circostanza e di postare le immagini sui social network, io sto con i fotografati inconsapevoli. Sono loro, le persone sullo sfondo delle foto fatte ad altri, i genuini testimoni del nostro tempo. Poveri cristiani che si stanno facendo tranquillamente i cazzi loro, che magari si trovano anche a guardare nell'obiettivo, senza rendersene affatto conto. Gente che ha un certo languorino, che pensa al mutuo, che ha un prurito, che sta trattenendo una scorreggia (o magari l'ha pure mollata, non lo sapremo mai, almeno fino alla nuova app di instagram con il sensore olfattivo), e senza volerlo si ritrova catapultata sotto gli occhi di tutti noi social voyeur, sublimi cristallizzazioni di un attimo di verità, merce ormai rarissima in questa società dove è tutto posato, artefatto, da quando il Grande Fratello, sotto forma di videosorveglianze, satelliti, smartphone ecc., ci costringe ad un'attenzione costante cui deve necessariamente soccombere la spontaneità. Vi adoro, ignari passanti, e vi sono apertamente solidale. Io che, da sempre, nelle rarissime fotografie cui ho dovuto sottostare, ho lo sguardo e l'imbarazzo di chi avrebbe voluto (e dovuto, visti i risultati) essere sicuramente altrove. venerdì 14 settembre 2012 GLI INDIANI D'AMERICA Strano destino, quello dei nativi americani. Cacciati dalle loro terre in nome del progresso. Cancellati dalla storia, in virtù di una damnatio memoriae che ne ha oscurato persino il nome. Quale nazione viene identificata con il nome di un altro popolo? I nativi americani non hanno nulla da spartire con gli indiani, eppure hanno dovuto adattarsi a questa curiosa contaminazione che, peraltro, non fa piacere neppure agli indiani veri, quelli dell'India. Non di rado si legge di pacifici bramini, seduti sulle rive del Gange con le loro scheletriche vacche sacre, rincorsi da bellicosi cowboys incorsi in errore in nome del secolare equivoco. Lo stesso Gandhi dovette declinare numerose sfide a duello. D'altro canto, pure lui ci metteva del suo: insistendo a sedersi a gambe incrociate (come da classica iconografia del Mahatma), non doveva dolersi che lo scambiassero spesso per Toro Seduto. Tempo fa lessi una interessante biografia di Cavallo Pazzo, di Vittorio Zucconi. In realtà io pensavo di avere acquistato un libro con la storia del Crazy Horse, il locale con le spogliarelliste, ma ciò non toglie che mi appassionai molto all'epica dei Lakota. Del resto, come non eleggere fra gli episodi bellici più leggendari la battaglia di Little bighorn, la caduta del tronfio Colonnello (ebbene sì) Custer, "belli capelli", come lo chiamavano i Sioux ... Ormai siamo nel duemila, gli episodi di coraggio non interessano più, navighiamo in piena etica Schettino, i politici predicano una vita spartana che non ci appartiene e tantomeno appartiene a loro. Vorrei vederlo Monti accovacciato in teepee a sgranocchiare pennicam (bisonte secco), magari accanto alla sua squaw Passera (mmm). No, non è più tempo per l'orgoglio dei nativi americani, e pure gli indiani veri, quelli dell'oriente, sono passati dai fasti dei maharajah e della caccia a dorso di elefante alle spiagge italiane ed agli sguardi scocciati delle famigliole che addentano la parmigiana sotto l'ombrellone e se ne fregano dell'argento indiano che, peraltro, si fa subito nero, soprattutto a contatto con l'acqua di mare. L'unica caratteristica di quei fieri popoli che ancora resiste, ed anzi prospera è quella denominata "fare l'indiano". Oggi, ad esempio, ne ho avuto la consueta prova quando ho fatto un giro di telefonate per chiedere ai miei clienti se, per piacere, si volessero degnare di pagarmi, che c'ho le bollette. lunedì 17 settembre 2012 L'APPARENZA Apparenza n. 1 Ho scoperto un nuovo widget per il mio blog. Fino a qualche anno fa non sapevo che volesse dire blog. Fino a ieri non sapevo che volesse dire widget. Messe insieme le due cose, in sostanza si tratta di una funzione in più per i lettori di questo diario. Il traduttore. Ovviamente a nessuno interessano queste quattro sciocchezze che scrivo, figuriamoci se uno straniero potrebbe mai pensare di volerle tradurre. In questo caso, invece, il widget serve a me. Sapeste lo sfizio di tradurre in tutte le lingue queste quattro sciocchezze che scrivo! In inglese facevano la loro figura, in francese suonavano romantiche, in tedesco acquistavano un'autorevolezza che normalmente non hanno, in norvegese, bè, suonavano un po' fredde (ahahaha). Uno degli ultimi post si intitolava Pig brother. L'ho tradotto in varie lingue, poi, invece di tornare all'originale, ho sbagliato e ho chiesto la traduzione in italiano, e mi è uscito Pig fratello. Chissà perché non porco fratello? Sarà che sono figlio unico. Apparenza n. 2 Non bisogna lasciarsi andare, la routine può essere sconfitta. Anche stare seduti otto ore ad una scrivania può essere passabile, con un po' di impegno. Puoi mettere una foto nuova sul desktop, cambiare le tende, trovare una nuova stazione radio. Non rammaricarti se il tuo autore preferito ormai scrive libri insulsi, lasciati consigliare, svaria. E' vero, De Gregori ha scritto una cinquantina di volte la stessa canzone, ma poi ti trovi a sentire l'ultimo di Dylan e ti accorgi che ha copiato De Gregori, dunque rivaluti tutto. Il solito tran tran. E' chiaro che ontologicamente è proprio così. Ma se ti abbandoni, è la fine. Il sesso. Venti anni, sempre nella stessa posizione, io dietro e lei davanti. Chiaro che non ne puoi più. Un po' di fantasia, e le cose migliorano! Ieri notte è bastato girarla e tutto è andato alla grande. Anche perché non era lei. Apparenza n. 3 Una volta ho scritto una poesia di Montale. Sì, l'ho scritta io. Una poesia di Montale. "Quando scendevamo insieme le scale che portano al mare ...". E dovete vedere tradotta in polacco, che figata. Sembrava di Szymborzska. Chissà come si scrive. Lo so, potrei vedere su wikipedia, ma così sono buoni tutti. Una volta ho scritto una poesia di Bukowski. C'erano una città americana con la neve e un frigorifero con dentro roba andata a male. L'avevo scritta io. Di Bukowski. Una volta ho scritto una poesia. Mia. Parlava di un amore che mi aveva perso. Ho provato in tutte le lingue del mondo. Un vuoto intraducibile. E purtroppo, tutto mio. venerdì 28 settembre 2012 ATTENZIONE SPOILER Situazione già ampiamente descritta da Borges. Se esistesse una biblioteca in cui sono conservati i volumi che raccontano la storia di ognuno di noi, voi la leggereste? Come fare a resistere alla curiosità di sapere come andrà a finire? Per quanto mi riguarda, penso proprio che eviterei. Per capirci, io sono il tipo che non si fa le analisi perché va troppo in ansia per i risultati. E poi - parlo sempre di me - come andranno a finire le cose, sarà piuttosto facile prevederlo. Perché c'è una legge superiore. Alcuni la chiamano disegno divino, altri statistica. Altri per la verità la chiamano diversamente, ma questo è un blog elegante, non si può. Ogni volta che c'è un evento appena appena fuori dall'ordinario, mi succede qualcosa. Un incontro con un amico caro che non vedo da tempo? Il colpo della strega. Un'udienza cui non posso non essere presente? Quaranta di febbre. Devo pubblicizzare il mio Cd? L'ernia del disco (vabbè questa era una battuta) Sono l'incubo di ogni programmazione. Non c'è mai certezza di niente. Tutto last minute. E, dunque, quando arriverà il mio last minute so già cosa succederà. Non ho bisogno di leggerlo, quel libro, per sapere che non sarò pronto. Che sia domani, fra venti o cinquant'anni, ci sarà di certo qualcuno che mi sta aspettando incazzato, che era venuto apposta per me, e io sarò sul water con la diarrea. Nessuna sorpresa, Signora, se non mi avrai trovato a Samarcanda. mercoledì 17 ottobre 2012 HO VOGLIA DI TE Ci sono film, tratti da romanzi cult, che pur affidati alle mani di sapienti sceneggiatori, non sono riusciti a ricreare le atmosfere del libro. Gli esempi sarebbero numerosi, da Alta Fedeltà a La versione di Barney. E ci sono invece film che sono riusciti ancora meglio dei romanzi da cui erano tratti. Penso a Shining di Stephen King, una storia contorta con un finale troppo surreale, che, nelle mani sapienti di Kubrick e con l'interpretazione luciferina di Nicholson, è passata alla storia della settima arte (parlo del cinema; l'ottava è il rutto polifonico). Ci sono, infine, cose che si pensano in un modo ma si espongono in maniera diversa. C'è chi scrive da Dio, che trasforma in prosa alata anche la lista della spesa. E c'è - qui tocchiamo il tasto dolente - chi si arrabatta ed industria in ogni modo a mettere per iscritto i propri pensieri, i sentimenti, le emozioni, cercando di trasmetterle al lettore nella loro forza e intensità, ma che nei fatti, molto spesso, sortisce l'effetto contrario. Che se vuole essere ironico, viene preso per sarcastico. Che se prova ad essere romantico, è solo stucchevole. Che la sua malinconia appare solo lamentele di una depressione patologica. Che se, per caratteriale timidezza, vuole provare a farsi capire senza dire veramente, passa per freddo. Incompreso. Come il film di Comencini, tratto da un romanzo di Montgomery. Brutti entrambi. Eppure, credimi, ho voglia di te. E Moccia non c'entra un fico secco. domenica 21 ottobre 2012 ADESCO O MAI PIÙ La vita sfugge di mano. Che mi sia stata mai in mano, è un altro discorso. Che sfugga, non c'è dubbio. Già in gioventù, il problema mi era chiaro, infatti chiamai Tempo Sprecato il mio complesso. Il cui successo tenne fede al nome che avevo scelto. E da sempre, a chi mi chiede come immagino di morire, rispondo "con un infarto per la paura di morire". In alternativa, c'è sempre l'ipotesi dell'incidente stradale in cui i soccorritori mi trovano cadavere tra le lamiere accartocciate mentre l'autoradio, miracolosamente illeso, continua a trasmettere un pezzo di Concato. Guido piano. Ma anche Domenica Bestiale, dipende se eravamo nel weekend (yes weekend, lo slogan di Obama che si riposerà dopo avere perso le prossime presidenziali USA). Insomma, sto divagando, lo so, ma è che mi scanto (v. Camilleri) di affrontare l'argomento. Da tempo progetto di pubblicare, riveduti, corretti e collegati fra loro, i post di questo blog e dei precedenti (Il Tombino e Il Contrario di tutto). Stanotte mi è venuto in mente un magnifico titolo: Sogno di una notte di mezza età. Conoscendomi, il progetto si fermerà qui, alla soddisfazione per avere trovato il titolo. L'effetto brutale è stato quello di accorgermi che, realmente, sono un tizio di mezza età. A questo ho collegato un articolo letto sulla Stampa qualche tempo fa (facilmente recuperabile su internet): "Uomo di mezza età, il profilo del suicida ideale". Insomma, Dante era sulla via di mezzo a trentacinque anni. Gli studi attuali collocano la mezza età sui cinquantacinque. Io ne ho quarantatrè, più nel mezzo di così! E, dunque, è l'ora di esorcizzare le mie più che giustificate paure con una botta di vita. Prima che mi sfugga di mano. Avevo pensato di comprare il nuovo I Phon, ma, diciamoci la verità, a chi serve davvero un telefono che asciuga anche i capelli? E, poi, visto il loro diradarsi, mi metterebbe in crisi ancor di più. L'orecchino? Un bel solitario, magari. Ma così saremmo in due, e la parola perderebbe significato. Ho deciso. Devo farmi un'amante. Donne, siete avvisate. Adesco, o mai più. giovedì 1 novembre 2012 JOVANOTTI E MODUGNO Piove. Un giorno sprecato. Quante frasi fatte. Governo Ladro! Piove sul bagnato. E le canzoni, madonna come piove sul nostro amor. Piove. C'è chi vorrebbe dissolversi in nebbia. Io invece preferisco i goccioloni. Lì è tutto chiaro. Lì ti rendi conto che l'ombrello è necessario. Con la nebbia, pensi un po' d'umidità che vuoi che sia? Piove. Tempo di bilanci. Ma cazzo, ogni occasione è buona per fare bilanci? E la fine dell'anno, e il nuovo inizio, e la primavera, e l'autunno ... Non l'ho capito ancora che il mio bilancio non sarà mai approvato? Piove. E non la smette, così ad ogni capoverso posso riscriverlo. Vorrei anche descriverlo, ma non è una pioggia speciale. E' la solita acqua che cade dal cielo. Quella di Jovanotti e Modugno, dei Supertramp. It's raining again. Piove. Adesso i minuti son tanti, un acquazzone che intride pure i sassi. E' il giorno di Ognissanti. E io li ho invocati tutti, bloccato in auto, nell'attesa che passi. giovedì 8 novembre 2012 DESISTERE, DESISTERE, DESISTERE Questo doveva essere il titolo del post di ieri. Solo che mi è venuto in mente oggi. Avrebbe avuto più successo, credo, di uno sfogo anonimo. Eppure, spesso, le lettere anonime colgono nel segno. E', credo, la loro natura misteriosa che spaventa. Una volta mi trovavo a difendere una persona accusata di non so quale reato inerente dei fondi di montagna, a seguito di una denuncia di cui non conosceva l'autore. Questo poveraccio, assolutamente innocente, sospettava di qualche suo nemico, e mi chiese ardentemente di poter fare in modo di verificare nel fascicolo delle indagini chi fosse stato a indirizzare le indagini contro di lui. Il mio cliente era una persona di indole buona, ma, come tutti i montanari, piuttosto rude e incline alla vendetta a tutela del proprio onore vituperato. Quindi, non mancava l'occasione di preannunciarmi cosa avrebbe fatto a chi lo aveva calunniato. Finalmente riuscii ad essere autorizzato dal Pubblico Ministero ad estrarre copia del fascicolo in cui era contenuta la denuncia. Mentre sfogliavo il corposo incartamento in cerca di quel nome, ero alquanto dubbioso sulla opportunità di riferire al mio assistito le generalità dell'accusatore, non avrei voluto scatenare una faida. "Mah, vediamo di chi si tratta e poi deciderò", mi dissi, mentre ero giunto ad avere fra le mani quel foglio dattiloscritto, in calce al quale era stata apposta una sottoscrizione. Non riuscivo a credere ai miei occhi, e già iniziavo a tremare, quando realizzai che quel nome era il mio! "Giovanni Laurito", si leggeva sotto quella serie di ingiurie e calunnie che avevano condotto il mio cliente da diversi anni sotto processo penale. Già mi vedevo con il cranio spaccato in due da un'ascia, maneggiata sapientemente dal mio assistito, boscaiolo, con la camicia di flanella a quadri che a malapena conteneva guizzanti bicipiti. Pensai di raggomitolarmi sotto la toga ed attendere i fendenti, come Cesare dinanzi al Senato, alle Idi di marzo. Era chiaramente una firma falsa, la grafia non era la mia, però non credo che la presenza di un perito grafologo avrebbe dissuaso il vindice braccio. Il caso volle che, prima di riferire la ferale notizia, ne parlassi a casa, dove mio padre mi tranquillizzò: esisteva un mio omonimo, proprietario di un fondo confinante a quello del mio cliente. Niente di più facile che fosse stato lui l'autore della denuncia. Quando glielo riferii, egli fortunatamente non ebbe dubbi sul mio conto - magari non sapeva neppure come io mi chiamassi, si rivolgeva sempre a me "nè avocà", ma diresse immediatamente la sua ira nei confronti del Giovanni Laurito giusto. Il caso volle che di lì a poco egli fosse comunque assolto, quindi la vendetta non si compì mai, se non, credo, in forma verbale, non meno grave, forse, per noi che sappiamo che le parole sono come pietre, ma quando hai a che fare con soggetti che le pietre le scagliano meglio di una catapulta, sempre meglio le parole. Non so perché ho raccontato questo aneddoto. Tutto è nato da un titolo che non c'era. E dalla voglia di desistere dal desistere, per non trasformare un titolo di testa nei titoli di coda. E comunque, il colpevole di tutto è il mio cliente, firmato Giovanni Laurito sabato 10 novembre 2012 L'ULTIMA CENA Uno passa la vita a temere la morte, a provare in tutti i modi ad esorcizzarla, invano. Poi, a quarantatré anni suonati, per caso, la soluzione. Per far sì che la vita abbia perso ogni interesse, in modo che l'arrivo della morte ti sia indifferente, anzi, addirittura agognato, occorre partecipare, come ho fatto io ieri sera, ad una cena. Appuntamento al ristorante alle 21. Un ristorante molto fuori mano. Da una ventina di persone che dovevano partecipare siamo in sette. Non conosco gli altri sei. Altri due devono arrivare, ma fanno "un po' tardi". Ordiniamo alle 22.45 (ora in cui io di prassi, dopo avere già ampiamente cenato e digerito, sono a letto felice a leggere due righe di un romanzo qualsiasi prima di crollare). Alle 23.10, dopo avere fintamente ascoltato chiacchiere delle quali non m'importava un fico secco, dopo essermi morto di freddo (forse perché la mia temperatura basale è 35.6?), vinto dal sonno e dall'abulìa, dopo avere già fatto incetta di qualsiasi cosa fosse caduta sotto il tavolo vuoto - briciole, tozzi di pane raffermo, ghiande - per placare la fame, avere invano invocato un incendio, un terremoto, l'Apocalisse, ho fatto finto di ricevere una telefonata (ma tanto non mi cacava nessuno e la cosa era ampiamente reciproca) e, siccome la persona con cui ero arrivato voleva restare, ho salutato e me ne sono andato a piedi a casa, al buio, per un paio di chilometri. A casa dormivano tutti, il frigo era vuoto come il mio stomaco, il fuoco del caminetto spento. In quel caso, la morte sarebbe stata una visita sgradita? E' che a quarantatré anni suonati la pazienza è finita. Si vuole fare soltanto quello che si vuole fare. Pleonastico, ma è così. E se non è possibile, se la cosa si fa difficile, non è più tempo di lotta. Si scappa finché si può. E altrimenti, dono gli organi. Tanto, nemmeno suonare mi riesce più come una volta. mercoledì 21 novembre 2012 A ZIGO ZAGO ... E' solo colpa della memoria. Perchè di cose da scrivere me ne erano venute in mente molte, soprattutto di notte. E hai voglia a ripeterti "domattina non ti dimenticare!", perché, puntualmente, puff! svanite. C'era la storia di un grande prestigiatore, bravissimo, ma sempre triste, lì lì per piangere. La storia del Magone. C'era quell'episodio dell'avvocato di vaglia, che difendeva le Poste. C'era quel racconto sul cliente della banca che faceva la corte ad una cassiera molto carina, e dopo averla invitata a cena, non si spingeva oltre, per non tradire la moglie, ma poi scopriva che quella se la faceva con un altro cassiere. Ma chissà come finiva? C'era pure una favola, parlava di un pettirosso di città che a causa dei rumori del traffico non riusciva a far sentire il suo canto d'amore alla bella pettirossina che viveva nel parco dall'altra parte della strada. C'era un bel titolo per un nuovo romanzo, ancora non scritto. C'era il finale di quella sceneggiatura. Insomma, come cantava Elio, mi ricordo di un ricordo ma non ricordo cosa. sabato 24 novembre 2012 COPIA E INCOLLA Le stesse parole. Per ogni dolore, per ogni nuovo amore. Copia e incolla. martedì 27 novembre 2012 IL MONDO FLUTTUANTE Che poi io il dono della sintesi non l'ho mai avuto. Una battuta buona ogni tanto, ma mai quelle frasi proprio precise, quegli aforismi che li leggi e ti colpiscono così tanto che pensi questa cosa avrei voluto proprio dirla io, e allora ti sforzi a memorizzarla per poi poterla citare nel momento giusto fingendo che sia tua, ma siccome sei uno sciocco smemorato non ti viene mai in mente proprio bene, e invece lo sai che gli aforismi o li dici come vanno detti o non vale. Così al liceo, fra le tante sfide, c'era quella dei diari. Di chi ce l'aveva meglio illustrato, più lungo (no, ho confuso le sfide!), con le frasi più belle. E io ci provavo, ma non mi veniva mai in mente nulla di interessante. Talvolta rimediavo con i testi delle canzoni, ma l'adolescena è un'epoca passionale, intensa, non acchiappavo mica con versi come "gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming"! A me piaceva Battiato, mica Baglioni. Epperò, quelle con la maglietta fina che si vedeva tutto con me non ci venivano. A ragione. Perché devi sapere dire le cose giuste, sentite. Non copia e incolla. Non haiku, non versi che scimmiottano Matsuo Basho, quando il mondo fluttuante della tua gioventù è stato, al massimo, il subbuglio di stomaco nei tornanti quando guidava Angelo. Rileggendo un mio diario del liceo, non trovo frasi memorabili. Non cuori e baci di fanciulle, come su quelli di Roberto. Non simpatiche battute alle quali si scompisciavano tutte, prerogativa di Carmine. Non profonde riflessioni, da uomo maturo e perciò irresistibile, come Claudio. Niente di tutto questo. Neppure il classico "i giorni passano, il tempo vola, e noi cretini andiamo a scuola". Non c'era neppure il mio nome, semplicemente la scritta "questo diario è un quadrifoglio, se lo perdo lo rivoglio, se non sai di chi è, vai a pag. 33". Però, poi, un sussulto di dignità. Nel bordino di pag. 33, non c'era scritto, come d'uso, Giovanni. Ci avevo scritto sòreta. giovedì 6 dicembre 2012 IL VOLO Poter volare. Un bambino preferirebbe sempre poter volare. A qualsiasi altra possibilità, ad utopie ancor più irraggiungibili. Uno dei tre desideri da consegnare al genio della lampada è sempre poter volare. Poi si cresce. E non solo non si vola mai. Ma non si pensa nemmeno più di volerlo fare. Non ricordo neppure quando ho dimenticato l'isola-che-non-c'è. Nè perchè ho fatto quel nodo al fazzoletto. Non solo per rompermi il naso quando ho il raffreddore, spero. La madeleine stavolta è stata una canzone di Finardi. "Oggi ho imparato a volare", appunto. Così ho sfregato di nuovo la mia lampada personale. Tutte risposte con la esse. Le solite. Salutesessosoldi. Ma le ali, no, non ci ho pensato. Mai leali con i nostri sogni. Intanto il cd arrivava ad extraterrestre. Quello che voleva un pianeta su cui ricominciare. E poi voleva tornare a casa per ricominciare. Che una ragione la trovi sempre e solo dentro di te. Per andare avanti. Che sia dovere, rassegnazione, o sciocca speranza nel tuo Cristo personale. Volare, una volta che hai imparato, dovrebbe essere una cosa che non si dimentica. Come nuotare. O come affondare. Che una volta sotto, si scende che è un piacere. Magari ad un certo punto ti torna in mente come si fa. Come da bambino su quella terrazza del condominio, dove mamma stendeva i panni. Era il 1976. Roma ai miei piedi. Stendevo una manina e potevo toccare il Cupolone. Chiudevo gli occhi e volavo sui sette colli, sul Gianicolo, insieme ai cigni sui laghi di Villa Pamphili. Poi mi cadeva lo sguardo sulle mattonelle sbreccate, a quei piccoli insetti puntini rossi che li schiacci e rimane la scia color carminio, e pensavo che quello restava della nostra vita, se andava bene. Ora ripenso a quella terrazza. Il volo è quello di Lucentini, di Primo Levi, di Monicelli. lunedì 17 dicembre 2012 SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ETÀ I La fine dell'anno è tempo di riflessioni. In questo fine settimana, infatti, piuttosto che uscire, non ho fatto altro che riflettere (come diceva Oscar Wilde, quando mi viene voglia di fare attività fisica mi stendo sul divano e aspetto che passi). E son giunto alla conclusione che alcune rigidità che mi ero imposto potrebbero anche essere derogate, in un prossimo futuro. Una sorta di emendamenti alla Costituzione americana, introdotti melius re perpensa. Mi riferisco al mio antico proposito di non esibirmi più in pubblico quale musicista, una volta varcata la soglia dei quarant'anni. Più precisamente, il mio autodiktat prevedeva che dopo i trent'anni non suonassi più in concerti all'aperto, e dopo i quaranta neppure nei locali. Finora l'ho rispettato, risalendo la mia ultima esilarante esibizione live (ve n'era traccia persino su youtube) al 2009. Nè mi era venuta particolare voglia di rifarlo, per la verità. Solo che qualche tempo fa mi era balenata un'idea particolare che coniugava la musica con la mia passione per il dialetto, ed avevo iniziato a scrivere dei pezzi in lingua cilentana. Non è un progetto folk, tutt'altro. Si tratta di rifare in dialetto brani famosi della musica rock. Non una mera traduzione, ma una nuova canzone che conservi, per quanto è possibile, lo spirito del brano originale, ma inserito in un contesto locale. Così, ad esempio, Born in the Usa è diventato "Nato a lu Ciliendo", e non parla della guerra nel Vietnam, ma dell'emigrazione dal Sud Italia negli anni '70. Sto reclutando alcuni amici musicisti. Pensiamo ad una versione acustica nei locali per la prossima primavera, poi si vedrà, non mi attendo la vostra partecipazione. Sono consapevole che si tratta di un piccolo progetto, locale, non attirerà folle oceaniche, io non sono Madonna. Anche se, per la verità, chi più di Madonna è una cantante di nicchia? N.B. tutto il post non aveva altro scopo che fare la battuta su Madonna e la nicchia. II Nel fine settimana sono successe molte cose di rilievo. Alcune anche piuttosto gravi. E' capitato che sono stato taggato. E non sapevo come reagire, non mi era mai successo. Stavo per chiamare l'assicurazione, poi mi hanno detto che bastava un po' di riposo (e in questo sono maestro), è rimasto solo una leggera vertigine, e quella foto coattivamente posata, che, come un livido, piano piano sparirà dal web, lasciando sopravvivere solo le ben più genuine foto in background, inconsapevoli, delle quali parlai tempo fa, e che sono il vero specchio del sè. III Che poi sto a lamentarmi, ma io in fondo faccio proprio quello che mi piace fare. Tornando al dialetto, "non vòto 'no spruoccolo" (non muovo una paglia). Me ne sto semplicemente qui, disteso, a leggere, a pensare (leggasi dormire), a guardare le partite di Champions. Poi capita che in questo fine settimana, senza spostarmi dal divano, il ditino trovi un film carino di Aldo, Giovanni e Giacomo, "Tu la conosci Claudia?", che invece di risolvermi la serata in tranquillità, mi lancia un agguato. C'è questa moglie, Paola Cortellesi, che attacca una lagna col marito, Giovanni!, perché appunto, sta solo lì sul divano a leggere, a pensare, a guardare le partite di Champions e non vuole mai uscire. E lei lo molla, poi mille impicci, fino al lieto fine. Solo che io non voglio impicci, e il lieto fine non può esserci (v. terrazza del post precedente). Allora vorrà dire che devo cambiare. Stasera si va a mangiare la pizza. Ma dove? Ho preso l'elenco, ma guarda un po', tutte le pizzerie che frequentavo hanno chiuso da tempo. Non c'è più la "Vecchia casa", dove andavamo spesso? E che diamine, saranno passati solo una quindicina d'anni! Allora gira e rigira, rimane il solito takeaway. Davanti alla mia porta, accanto alla stella cometa, scriverò Pizzeria "da Giovanni". E pure questa è risolta, e poi di nuovo, a pancia piena, a pensare sul divano. E il titolo sarà sempre lo stesso. Sogno di una notte di mezza età. martedì 1 gennaio 2013 UÈ ARE THE CHAMPIONS I Leggevo su Repubblica un articolo sulle 13 tipologie di persone fastidiose che ci rovinano la vita. Il falso, il colpevolizzatore, lo psicopatico ecc. Io, a detta di tutti, sono almeno due di queste. Il nevrotico ed il lagnoso. Propositi per il nuovo anno? Rientrare anche in almeno un'altra categoria. II Se scrivo un sms cerco di sintetizzare soltanto per rientrare nei 140 caratteri (ecco la terza categoria, il tirchio!) e dunque anche a me capita di scrivere x ecc.. Però provo una certa repulsione per quelle abbreviazioni che stravolgono completamente le parole. Per dire, ho ricevuto un messaggio di auguri concluso con "un bacio sux". Ora la radice etimologica della seconda parola mi rimandava a baci alla francese, insomma ero anche un po' arrossito dinanzi allo schermo del cellulare. Poi ho capito che significava semplicemente super. Benzina, non saliva. III E le chat? Mi trovo su facebook e si apre una finestrella con luce verde e la scritta "we". We? Che esordio è? Pluralis maiestatis? Come il Papa all'Angelus? No, voleva dire uè. Capisco le abbreviazioni, ma qui sempre due lettere sono. Anzi, mi sono informato in giro, più spesso l'esordio quando non ti senti da tempo è weeeeee. Come se per strada incontri un amico e suona la sirena dell'ambulanza. Soluzione non scontata, per chi invece di salutare dice we. IV A mezzanotte guardiamo dal balcone i mille fuochi d'artificio che la gente campana esplode. Sì, la gente campana, a mezzanotte, esplode, anche quest'anno. Noi siamo rimasti a casa, al calduccio. Non è affatto conveniente uscire. Solo che mia figlia di sette anni, sentendo tutto quell'entusiasmo pirotecnico in strada, mi chiede, con delicatezza assunta dal dna paterno: "scusa, papi, ma com'è che tutti sono fuori a divertirsi e noi siamo chiusi qui dentro come vermi?". I vermi sono contenti a stare chiusi. Quelli si arrabbiano quando apri la mela e li trovi, fino ad allora erano i più felici del mondo. Secondo proposito per il 2013. Convincere mia figlia della bontà del divano. V Al di là di queste sciocchezze che ho scritto, che regalo mi attendo dal nuovo anno? Non lo so, davvero. Spero che non si presenti mai il genio della lampada, mi metterebbe in forte imbarazzo. Se proprio devo ricevere qualcosa, un pensierino, mi piacerebbe avere una calamita. Sin da piccolo le calamite mi hanno sempre attratto. venerdì 11 gennaio 2013 DA FEBBRAIO A GENNAIO, EH SÌ, CI PUÒ STARE Ma io volevo solo capire, le scrisse Marco. Eppure lei non rispose. (Anna permalosa) Così lui fece delle ipotesi. Pensò alla luna, e al proprio lato oscuro, ai tanti sogni infranti contro un muro a parole private usate come un tormentone, pezzi di pizza insieme, stralci di canzone occhi come lame per affettare il nulla e finalmente, dal nero d'illusione il senso di una culla e di una nuova stagione, per cambiare vita e pelle. Marco pensò, con ragione ha trovato la strada per le stelle. lunedì 14 gennaio 2013 NO, NON VOGLIO ESSERE SOLO MAI, PERÒ ... Ti senti solo. Ma è il tuo carattere, come al solito, che ti frega. Che lo vedevi che quella donna aveva piacere a parlare con te, ma non le hai dato corda. Perchè sei seguace di Hobbes, homo homini lupus. Perché John Donne non ti ha insegnato nulla. Perchè non accetti che con te si possa attaccare bottone. Perchè ti ripeti che nessun uomo è un'asola. domenica 20 gennaio 2013 GIORNO DI PIOGGIA Oggi giorno di pioggia. E la gente si muove. Il tassista è sulla mia stessa lunghezza d'onda. Traffico regolare, tergicristallo velocità uno e mezzo, senza strafare. E nel lettore un cd di De Gregori del 78. Oggi giorno di pioggia, e io sono figlio della pioggia. Il tassametro scorre insieme alla gocce sul parabrezza, un poeta tirerebbe fuori anche una buona metafora con le lacrime, ma io non sono un poeta, e oggi non è giornata. Oggi è solo un giorno di pioggia, e io non piango più da anni. C'era stato un tempo in cui anche uno sciocco cartone animato mi commuoveva. Poi deve essere accaduto qualcosa, si deve essere inceppato un meccanismo. O, più semplicemente, le lacrime sono finite. La destinazione non deve essere lontana, viaggiamo da parecchio. Non c'è navigatore, non può averlo chi ha nel lettore un cd di De Gregori del 78. Provo invano ad orientarmi con le insegne delle strade, fra statisti, santi e navigatori. Ci fermiamo ad un semaforo, una ragazza sul motorino mi osserva a lungo attraverso il casco. Ha braccia lunghe e sottili ed uno sguardo delicato come un haiku. Ecco, talvolta mi piacerebbe saper scrivere una poesia su quegli occhi e quelle braccia. A volte potrai avermi con un fiore, a volte un fiore non ti basterà. Potrei scendere e chiederle un passaggio. Risparmierei e forse avrei una vera destinazione. Ma non ho il coraggio. Mai avuto coraggio con le donne. O sono state loro a non averne abbastanza per stare con me. Meglio le puttane, allora. Quelle basta chiedere quant'è per un'ora, tiri fuori cento euro e sai che sono le 9 e mezza. Il semaforo scatta, la ragazza riparte con una lieve sgommata e l'incanto finisce. E' di nuovo tutta prosa. Il tassametro si ferma, ma che siamo arrivati lo capisco dal fatto che spegne il cd. E in un giorno di pioggia come questo, non ci poteva essere altro da scrivere, da viaggiare e da vivere, una volta finita quella canzone. giovedì 31 gennaio 2013 QUELLO CHE NON SEI Puoi definirti onesto, e così ricordare a tutti quella volta che restituisti ventimila lire alla cassiera della Feltrinelli che aveva sbagliato a darti il resto. Ma in realtà sei solo una puttana, perché quella cassiera ti piaceva, ecco tutto. Puoi definirti un ladro, raccontando di quando all'università insieme a Francesco nascondevate i sofficini nella tasca del cappotto, e i fumetti nell'ombrello. Ma non dici che arrivati alla cassa l'umido aveva fatto sulla stoffa una macchia evidentissima della stessa forma del pacco dei sofficini, e che pure l'ombrello non era tuo. Insomma destrezza zero, e alla fine ci hai rimesso pure l'ombrello. Puoi definirti una puttana, l'hai fatto prima. Ma per la maggior parte sono solo pensieri. E' la differenza fra la "maggior parte" e il tutto che non sai ancora quantificare. E lì intercorre il labile ma significativo confine del sognatore. Puoi definirti un artista, con la A maiuscola. Ma ArtistA è una parola con due A, dovresti saperlo. L'alfa e l'omega. L'inizio e la fine. E pure due automobili. Puoi definirti divertente, ma ci sono persone che troverebbero divertente questa definizione. Puoi scrivere un post alla maniera di "if", che hai sempre definito una stupidaggine, e non hai timore a definire stupidaggine anche questo post, e ne sei convinto, ma anche no. Perchè, in fondo, quando questa notte alle cinque hai pensato a questa cosa avevi un gran mal di testa, e dei mille diversivi con cui volevi ingannare il dolore e tornare a dormire, questo è stato il migliore. Quello che sei te lo devono dire gli altri. E quello che non sei, sette. Come le gocce di Novalgina che hanno permesso tutto ciò. venerdì 1 febbraio 2013 ANALISI GRAMMATICALE Mi piace molto, questo titolo. Se ne potrebbe ricavare un buon post, ne sono certo. Del resto, non faceva forse analisi grammaticale Freud, nell'interpretare i lapsus calami nel suo Psicopatologia della vita quotidiana? Ma oggi non volevo scrivere un post, ché quello di ieri deve ancora completare il suo percorso, deve decantare almeno per una settimana, non si merita di essere subito messo da parte. La mia intenzione odierna era di non dimenticare. Questo. - Papà, oggi ho dovuto fare l'analisi grammaticale di queste parole: burrone, pecora, rossetto. - Fammi controllare. Allora, burrone ... pecora ... vediamo rossetto. - Sì, papà: nome comune di cosa, femminile, singolare. - Femminile? Ma ti pare che IL rossetto è femminile? E' maschile! - Ma no, papà, ma che dici? Quello è il burrocacao. Il rossetto lo mettono solo le femmine! giovedì 7 febbraio 2013 RAZZISMO NELLE GROTTE DI LASCAUX Ieri sera sul mio divano si è tenuto un simposio sulla razza. O meglio, questo era il titolo sulle locandine, che faceva più audience, in realtà, più che la razza, interessava il genere. Ma andiamo con ordine. Mia figlia lamentava che un suo presunto fidanzatino (parliamo di terza elementare) aveva dato in escandescenze alla notizia filtrata in classe che un'altra compagna era innamorata di un bambino di quarta. Da quella reazione mia figlia aveva dedotto che lui, piuttosto, amasse la compagna e, quindi, gli aveva tolto addirittura il saluto e aveva subito spostato le proprie attenzioni su un altro bambino. Io, premettendo che non doveva azzardarsi a fidanzarsi prima dei trent'anni (si sa che i padri son gelosi!), provavo a spiegare che forse era meglio non dimostrare così apertamente i propri sentimenti, che noi maschietti siamo fatti che ci piace più l'impresa della conquista, non una cosa troppo facile. L'interpretazione dello stesso consiglio, da parte di mia moglie, uninvited guest, è stata che "i maschi sono una razza inferiore e dunque vogliono essere presi in giro". Non so chi abbia ragione. Ma ho una mia precisa opinione. Basata su fatti. Alcuni anni fa, quando ancora non avevo un blog e dunque vivevo le cose che oggi invece racconto inventandole, mi trovavo nella giuria di un concorso locale per le selezioni di miss nonsocosa. Bene, venne premiata una ragazza, effettivamente molto graziosa, ma quando fu il momento di farle qualche domanda sui propri hobby, insomma su che cosa le piacesse, lei rispose, candidamente: "A me piacciono tanto i complimenti". Ecco, noi saremo anche, banalmente, cacciatori, è nel nostro DNA, ci piace credere di essere stati in grado di conquistare una donna con le nostre strategie (come i Neanderthalensis con i Mammut), e magari il mammut (pardon, la donna) stava solo aspettando qualcuno che gli tosasse la pelliccia e non vedeva l'ora ... Ma entrambi abbiamo bisogno di iniezioni di autostima. Che giungano con i complimenti, o con arco e frecce e schegge di selce, fa lo stesso. Siamo tutti uguali, maschi e femmine. Al massimo, per dirla con Orwell, ammetto che le femmine sono un po' più uguali. Ovviamente, era un complimento. sabato 16 febbraio 2013 NOI GUARDIAMO AVANTI Il titolo di questo post era lo slogan che avevo creato per una campagna elettorale di qualche anno fa, in cui, come forza giovane e alternativa, ci contrapponevamo al ripescaggio come sindaco di un tizio che lo era già stato trent'anni prima. Ma in realtà non mi è stato mai congeniale guardare avanti. Anzi. Amo la storia, il passato. Soprattutto il mio. Non è che ci sia un preciso periodo della mia vita al quale io possa ricollegare una presunta età dell'oro, e che dunque mi porti a particolari rimembranze nostalgiche; più che altro preferisco l'usato sicuro. Del resto, se non ho mai scritto un racconto di fantascienza, deve esserci una ragione. O se continuo a pensare alle mie ex. O se dico che voterò Beppe Grillo, ma va a finire che pure stavolta alla fine se lo becca il PD. In fondo, da questo divano è più agevole ripercorrere l'ampio viale dei ricordi, lungo fra un mese 44 anni, piuttosto che intravedere, nelle nebbie della miopia, il tortuoso percorso residuo. Che poi "ricordi" è una parola grossa, visto che ho la memoria di un criceto. Più che altro si tratta di aneddoti, episodi romanzati, veri fino ad un certo punto, ma molto romantici e perfetti per un blog chiamato Due Caramelle di Resto. Vuoi mettere, invece, gli aneddoti del presente? In cui un giudice scorbutico ha scacciato fuori in malo modo dall'aula una mia anziana collega, colpevole di essersi avvicinata prima del suo turno, e lei si è lanciata in una confusa invettiva contro i magistrati, "che ci trattano a calci in faccia e pesci in culo". Ecco, questo è il presente. E che posso aspettarmi, dunque, dal futuro? Se parliamo del futuro prossimo, visto che da quindici giorni casa mia è diventata un bed & breakfast per i virus influenzali, sicuramente questi ultimi vinceranno la battaglia contro i miei anticorpi. E poi arriverà l'ennesima primavera, e io sarò ancora più nostalgico. E l'infinita estate, con lavori di ristrutturazione all'appartamento (e la chiamano estate ...). Tanto meglio il passato, allora. Perché fa bene al mio intestino annoiato, specie se di spinaci. E anche in quanto quella campagna elettorale andò a schifìo. Alla fine tutti votarono il vecchio sindaco (compreso me che ero candidato con l'altra lista), segnale che non sono il solo che a parole vuole guardare avanti ma poi si crogiola nel passato come un pisello in un baccello. Quest'ultima frase copyright Stanlio e Ollio. P.S. Stan Laurel, sul letto di morte, disse che avrebbe tanto desiderato essere sulla neve. Gli chiesero se gli piacesse così tanto la montagna. Rispose che la odiava, ma che sicuramente sarebbe stato un posto migliore di dove si trovava in quel momento. venerdì 22 febbraio 2013 DI RISATE E LACRIME E' una vita che rido. Come uomo, unico animale che - pare - abbia questa capacità. Pure le iene, forse. E non è un bel precedente. Ricordo risate a crepapelle, quelle che dopo ti fanno male gli addominali. Con Francesco, al Liceo, quando scrivevamo la rivista "Il Palo". Con Bernardo, il co-creatore del Tombino. Stamattina, "Capra senza capretto" in vendita su Amazon a 41.028 euro. E' una vita che non piango. Che nemmeno i coccodrilli, così, per dire. Ricordo lacrime a dirotto, non per cose serie, che quelle che piangi a fare? Soprattutto per cazzate. "Un mondo perfetto", con Eastwood e Costner. Quasi mi cacciavano dal cinema. Ma in certi giorni piangere mi farebbe bene. E smettere di far ridere, che c'ho un'età. lunedì 4 marzo 2013 IMPERFETTO E PIUCCHEPERFETTO Sono un perfezionista. Più spesso sulle cose che fanno gli altri, che non perdo occasione di criticare. Leggo un romanzo di successo, Educazione Siberiana, ma avrei avuto dei suggerimenti da dare all'autore affinché venisse ancora meglio. Ad esempio non dilungarsi troppo su 'sta storia dei tatuaggi. Guardo un film di successo, ad esempio Django Unchained, e mi pare che il dr. Schulz poteva anche sopravvivere, il pubblico sarebbe stato più contento. Insomma, anche davanti alla Gioconda, si vabbè, però la poteva fare più grande. Ma non c'è da biasimarmi. L'uomo è un essere imperfetto, mortale. Ogni sua creazione, anche la più geniale, potrebbe essere migliorata. Solo nell'opera di Dio, infine, possiamo rispecchiarci nella perfezione. La proporzione aurea che regola la spirale della chiocciola. Un fiocco di neve visto al microscopio. La meravigliosa complessità dell'occhio. Epperò, quando ti imbatti in animali creati da Dio come il Rhinopitecus Strykeri, che passa le giornate di pioggia raggomitolato con la testa fra le ginocchia, sotto un cespuglio, perché ha le narici all'insù e se no gli entra l'acqua piovana e si strozza, bè, allora, qualche dubbio ti viene. giovedì 14 marzo 2013 CI VORREBBE UN AMICO E' frequente ricordare gli amori della propria vita. Catalogarli, provare a giustificarli, a riviverli, come in Alta fedeltà di N. Hornby. E cercare di averne degli altri, di conquistare ancora l'amore di una persona. Almeno in sogno. Eppure l'amicizia non è un sentimento ugualmente intenso e importante? Ma nessuno, credo, abbia mai catalogato i propri amici. Almeno prima di facebook, ma questo è un altro discorso. E, soprattutto, tutti abbiamo fatto sogni erotici. Ma chi ha mai sognato di aver trovato un nuovo amico? L'elenco dei miei amori è breve, ed è giusto così. Non avrei voluto averlo più lungo. L'elenco. Non so invece elencare chi siano stati i miei amici veri. Forse del tempo della scuola, dell'infanzia, ma la distanza inganna. Un collega non è un amico, è solo un'occasione di amicizia. Mi piacerebbe avere oggi una persona della quale sentirmi davvero amico. Quegli amici veri delle canzoni di Mogol, cantate da Battisti e Cocciante. Uno per cui dividere una montagna, andare a piedi a Bologna. Un amico che ci vorrebbe per dimenticare tutto il male. Ma al giorno d'oggi, con questa frenesia, con questa mancanza di fiducia ... Allora Venditti lo si può parafrasare anche in altro modo. Amici mai. giovedì 4 aprile 2013 NO, VIAGGIARE Non c'è nulla che io possa desiderare che non sia riuscito ad ottenere. In sogno. Ho fatto l'amore con tutte le donne che volevo. Ho visitato posti fantastici. Ho riscosso successi entusiastici in ogni campo. A che mi serve faticare? Quest'idea balzana di una settimana in quell'agriturismo a Perugia, sette ore di macchina per arrivarci. Stanotte senza sforzi risiederò in una beauty farm nel castello di Biancaneve. E magari ci scapperà pure una trombata con Biancaneve. O meglio con la matrigna, che mi ha sempre intrigato di più. Al limite una cosa a tre? Si può fare. Da svegli, invece, figurati ... E non è solo un'idea mia, il cinema ci si è fiondato da tempo. Inception, ad esempio, tutto basato sui sogni. Anche i post migliori mi sono sempre venuti in mente dormendo. Di giorno, invece, cose del genere. Che ti viene voglia di smettere di scrivere (e soprattutto di leggere!) e tornartene a letto. martedì 9 aprile 2013 M'APPAURO Costruito sintatticamente come l'amarcord ("mi ricordo") in romagnolo, o il "to be afraid of" anglosassone, il m'appauro ("ho paura") campano ha più significati. Dal puro e semplice aver paura (m'appauro quanno lampa = ho paura dei lampi), al paventare un evento (pensi che pioverà? M'appauro=penso proprio di sì). Da ragazzo, come molti, ero appassionato di film "di paura". Quelli anni '50 (le varie mummie, i dracula, i mostri della laguna nera), ma anche i classici degli anni '70 e 80, come Poltergeist-demoniache presenze, ambientato in una casa costruita su un antico cimitero indiano, dal quale scaturivano oscure apparizioni che terrorizzavano gli ignari inquilini. Raccontavo a mia figlia della "maledizione" di quel film, che molti di coloro che ci lavorarono fecero una brutta fine; mi ero allargato anche alla maledizione di Tutankhamon, alle misteriose morti della spedizione di Lord Carnarvon. Lei mi sorprese con un altrettanto pauroso aneddoto. "Sai, anche il mio compagno Bartolo mi ha raccontato una storia del genere. Dice che lui fece una puzzetta in faccia ad un cane per sei giorni consecutivi, ed al settimo il cane morì". Attacchi di panico. Paura allo stato brado, incomprimibile ed incontenibile. Spesso mi capita durante un bel film, o nei momenti di serenità. Penso alla morte. Prendo consapevolezza della sua ineluttabilità. E grido. Improvvisamente. La paura mia si associa a quella di chi si trova per caso accanto, che soprassalta. E le scuse sono patetiche, una fitta, un dolore improvviso. Ne parlai da qualche altre parte, del rimedio di mordermi una mano, per avere un dolore momentaneo più intenso di quello dell'anima che mi riporti alla calma. E del sogno di tuffarmi in un mare di ortiche. M'appauro. Uno dei tanti titoli di un romanzo che non scriverò, di un racconto già narrato, del quale il finale è ampiamente spoilerato. Oggi piove di nuovo, un altro giorno di pioggia. Il meteo parlava di una giornata serena e dalle temperature gradevoli al centro-sud. Non è così, nè nel centro-sud Italia e neppure nel mio centro-sud. Freddo, cristalli di ghiaccio. Al nord, alla testa, nebbia; quella che favorisce post del genere. Le paure ancestrali, le più diffuse. Il terrore di essere sepolti vivi. Io sono fuori posto anche in questo. Magari fossi sepolto vivo. M'appauro, invece, che sarò sepolto morto. lunedì 15 aprile 2013 IN COMPAGNIA DELLA SOLITUDINE Una sdraio. Un raffinato blues di Eric Clapton, dal nuovo album. Sorseggiando tè freddo rigorosamente deteinato, sfoglio una rivista, leggera, come la brezza che rende incantevole questo pomeriggio primaverile. E con lo sguardo perduto nell'orizzonte azzurro del Tirreno, affondo. Affondo in errori inconsapevoli. Quelli che la mia miopia non ha saputo evitare. Affondo in errori dolosi. Come quello di rubare le preziose figurine a Toribio che mi aveva rivelato il nascondiglio. Roba che il meno scaltro degli investigatori mi avrebbe arrestato immediatamente. E invece lui restò mio amico, lo è tuttora. Anche perché non legge questo blog. Il tè è squisito, Slowhand suona ancora da Dio. Forse addirittura meglio di una volta. E ricado nel solito errore, di pensare che il tempo aggiusti tutto. Invece ci rende soltanto più indulgenti, perché le occasioni si riducono. Certe volte avrei proprio voglia di mettere sù un bel broncio, come da bambino. Ma a quarantaquattroanni in fila per sei col resto di due, non te lo puoi più permettere. Sorrisi, pacche sulle spalle, frasi ipocrite, tutto fa brodo, perché tieni famiglia. E lo sguardo si perde ancora un po' fra le pagine di quella rivista, e, al di sopra degli occhiali, in quell'orizzonte miope che confonde cielo e mare. Tanto la voglia di fuggire quella rimane la stessa, pinne o ali non importa. Uccidimi, primavera, prima che il mio cuore se ne accorga e si aspetti l'estate domenica 21 aprile 2013 SCRIVO PER DIMENTICARE Perchè si scrive? Per quanto mi riguarda, per un insieme di bisogni. Per scacciare i miei demoni, per esorcizzare le paure. Per il mio ego, per sentirmi apprezzato. O per capire i miei limiti. Ma anche per lasciare qualcosa di duraturo. Anche se sono solo caramelle, che per loro natura dopo un po' si sciolgono. Scrivo di avventure che non ho vissuto, di posti in cui non sono stato. Posti dell'anima, soprattutto, come un Salgari psicoanalitico. Dove Mompracem, la Tigre e la bella Marianne sono tutti nelle mie dita. Sì, per tutte queste cose. Ma stamattina, di domenica, piuttosto che, come sarebbe stato d'uopo, essere a crogiolarmi nel talamo, o a grattarmi l'ombelico, o a passeggiare sotto la pioggia in una piazza vuota e geometrica alla De Chirico, o a fumare oppio da un narghilè (altro che sigaretta elettronica), o dipingere a olio un paesaggio lunare sorseggiando assenzio, sono invece ingobbito alla scrivania perché devo preparare un atto urgente che devo portare in Tribunale domattina. Perciò, il fortissimo desiderio di scrivere questo post mi è sorto soprattutto perché mi sono proprio completamente rotto i cabasisi. Come direbbe Montalbano, che poi la prima puntata l'altra sera non mi è neppure piaciuta granchè, forse era meglio che l'atto lo scrivevo in quelle due ore buttate. E così ora potevo stare a leggere con maggiore attenzione il bugiardino dei farmaci e la scadenza dei cornetti che ieri mattina mi si è messo allo stomaco e grazie era scaduto a dicembre, a coltivare le ortiche nell'orticello sotto casa, a togliere le ragnatele dagli angoli della mia coscienza, a raddrizzare quel quadro che forse però è colpa della puntina, a passare il folletto sulla polvere accumulata, povero esserino del piccolo mondo, speriamo non sia allergico, mi auguro che il rappresentante prima di venderlo gli abbia fatto le prove. domenica 28 aprile 2013 INGENUO E ROMANTICO Tirate fuori le decappottabili! Quelle che pagate bollo e assicurazione tutto l'anno per usarle un paio di volte, se va bene. Quelle che dopo la cervicale ti massacra. Quelle che ti arriva la cicca accesa dalla macchina che ti sorpassa. Per non parlare della lattina di coca cola. Tirate fuori le decappottabili e via, che è arrivata la primavera! Di corsa, lungo le strade franate della costiera, dribblando (ma anche no) i ciclisti della domenica, i maratoneti della crociata anticolesterolo, le passeggiatrici con carrozzina (mmm!), gli anziani con le Panda bordeaux, i tedeschi già in pantaloncini, le coppiette distratte dagli ormoni che in aprile intridono la carne, gli odori, i pensieri. Tirate fuori le decappottabili, è tempo di uscire! Di gettarsi alle spalle i freddi mesi di riflessione e puntare all'istinto. Di confermare la statistica secondo cui le spider sono comprate perlopiù da quarantenni in crisi di mezz'età. Di confermare la statistica secondo cui le spider hanno un'aerodinamica di merda. Di confermare la statistica secondo cui, da tempi del Sorpasso, fino a Thelma e Louise, alla fine della corsa c'è sempre un burrone. E infatti. Sono sulla veranda del lido la Poseidonia ad Ascea, a finire di leggere 'Salem's Lot, che Ben ha appena dovuto conficcare un paletto nel cuore della sua bella Susan trasformata in vampira. il tutto leccando un cornetto al pistacchio, indifferente al grido sordo dei miei denti sensibili (tutto èsensibile, in Glaurito) e ascoltando sull'ipod Ingenuo e romantico, dall'ultimo album di Cristiano De André. Quella bionda in pareo mi ha già adocchiato. Il mio fascino, del resto, è innegabile. Il predetto mix di cultura, sensibilità e gusto non poteva non cogliere nel segno. La farò salire a bordo della mia 500 del '69, aprirò la capote, e via col vento. Domani è ancora un altro giorno di aprile. Poi si vedrà. martedì 7 maggio 2013 SILLOGISMI Un anno fa, di questi tempi, avevo guadagnato davvero molto. E perciò non avevo alcuna voglia di lavorare. Pensavo di mettermi finalmente a coltivare il mio hobby. Quest'anno ho guadagnato davvero poco. Così non ho proprio voglia di lavorare, tanto nessuno mi paga. Penso di mettermi finalmente a coltivare il mio hobby. martedì 14 maggio 2013 EI FU Leggo su facebook che una ragazza del mio paese si è laureata. Il suo volto sorridente che non vedevo da tempo mi fa tornare in mente una vicenda di tanti anni fa. Ne scrissi su un vecchio blog, nessuno l'avrà letto, posso ripetermi. Se qualcuno invece ricordasse, fa niente, tanto sono io a non ricordare quello che scrissi, e dunque ne faccio un remake con parole nuove. Quel che importa è che fu lei a darmi la prima intima consapevolezza di quello che sono, e del tempo che passa. Sarà stato una decina di anni fa. Una sera di inizio primavera. Quelle sere improvvisamente calde e piacevoli, che te le vuoi godere di più, perché lungamente attese. Percorrevo il corso, desideroso di facce, di sguardi, di novità. Eravamo io e un mio ormone che si stava risvegliando dal letargo, stavamo lì a chiacchierare, a progettare, non sapevamo se prendere la 500 decapottabile e via a seguire una morbida scia, o un gelato in terrazza, e ci guardavamo intorno. Ed ecco questa ragazza, avrà avuto 18 anni, chissà, carina, sorridente, che mi viene incontro. Sebbene sola, sembrava chiacchierasse anche lei, magari un fitto dialogo con il suo, di ormone. Si prospettava come minimo uno scambio di coppie. Provai uno sguardo, il migliore sorriso, la voce più calda. Era ormai lì, la distanza giusta, la mia postura eretta, la pancia dentro e il petto in fuori, il ciuffo a posto, l'emissione delle corde vocali pronta ad essere modulata. "Ciao, Angela", flautai. "Buonasera", rispose lei, educatissima, continuando a guardare in avanti e a camminare, senza rallentare. Ci mancava che aggiungesse "nè zì". Il mio ormone si nascose in un vicolo. La 500 accapottata. Il gelato squagliato. Giovanni Laurito, hai più di trent'anni. Sei un vecchio. Girai i tacchi e mi diressi verso casa. Da dietro l'angolo l'ormone nascosto saltò fuori, mi si parò davanti e mi salutò. Buonasera. E sparve. mercoledì 22 maggio 2013 C'EST PLUS FACILE Sì, sì, rapitele e tenetele segregate in uno scantinato! Vuoi mettere il tempo che si perde a conquistare una donna, anni di fiori, telefonate, battute tendenzialmente simpatiche, idee per sorprenderla, protezione, carezze, sorrisi, pensieri, e tutto questo per riuscire finalmente a convincerla a passare la vita con te? Sì, sì, stupratele! Vuoi mettere la fatica a convincerle ad uscire insieme, ad essere gentili, cortesi, interessanti, attraenti, per sperare che poi a fine serata della decima uscita magari c'è la speranza di riaccompagnarla a casa e chissà ... Invece con lo stupro non c'è neppure la necessità di fare in modo che piaccia un poco anche a loro, e, ancora, non devi neppure lavarti prima, che è così demodè! Sì, sì, uccidetele! Ci mancherebbe che possano avere delle opinioni contrarie, che possano anche stufarsi di subire, o addirittura che smettano di amarvi. Così risolverete il problema una volta per tutte. Sì, sì, fate tutto questo! Ci mancherebbe che dobbiate anche essere uomini e non bestie, che purtroppo è così facile, a leggere i giornali in questi ultimi giorni. E in questi ultimi anni. E non solo. venerdì 24 maggio 2013 QUESTA È LA MIA VITA Per tuffarsi nel tempo perduto, si sa, non c'è nulla di meglio delle canzoni. Un viaggio di otto ore in macchina con tutta la discografia di Ligabue appositamente nel lettore, con gli amici pure loro appassionati, a ricordare i tanti aneddoti, la prima volta che io portai al mare quella cassetta tarocca comprata da un marocchino, "Balliamo sul mondo", e a predire che quello lì, quello sconosciuto con la voce roca, sarebbe diventato famoso. E lungo l'A1 a cantare a squarciagola Lambrusco e pop corn, coprendo la voce del navigatore che provava invano a consigliare l'uscita a 200 metri, invece saltata allegramente, e ancora a rispondergli "Questa è la mia vita!", quando quello insisteva, stremato "fare al più presto inversione di marcia". E a confrontare da veri intenditori le due diverse versioni di "M'abituerò", scoprendoci tutti concordi nel preferire quella di vent'anni prima, dalla metrica approssimativa, ma intrisa del dolore di una delusione vera, come quelle che per amore puoi provare solo a vent'anni, e che tutti, beneomale, sapevamo di cosa si parlava. Si parlava dei giorni dell'università, dei domani neppure abbozzati, dei propositi buoni solo ad impegnarci ad arrivare al mattino successivo, e delle persone appena sfiorate eppure ancora presenti in certe notti di pensieri, e di quelle con cui invece hai fatto un bel frontale, e che non è il male nè la botta, ma purtroppo il livido perenne, una cicatrice col punto a croce. Da una canzone di Ligabue, se hai un po' di tempo libero e voglia di holding back the years (ah, il vecchio Mick Hucknall), t'infili in un percorso che ti porta, in una sera piovosa di maggio, a rileggere Altri Libertini di Tondelli, e trovarlo straordinariamente inattuale proprio come te stesso, poi a metterti al pianoforte con i vecchi spartiti e suonare le tue canzoni, quelle che componevi nello stesso periodo in cui nell'aria del tuo borgo, a mille chilometri, girava la stessa brama di vita di Correggio e gli argomenti non potevano che essere gli stessi, tutti via a seguire una morbida scia, come se la pioggia che senti battere sui vetri fosse la stessa che rigava il parabrezza della 500 sulla strada per Ascea, quando non bastava il tergicristalli, e non bastavano le risate, le mani, i sogni di rock and roll. Invece, quando si fa troppo tardi e la musica finisce, che domani si lavora, che i condomini reclamano, che tua figlia poi magari si sveglia e sono cazzi, allora ti accorgi che l'acqua ai balconi è acqua nuova, nè peggiore nè migliore, ma diversa, come quello che ci si specchia, ancora una volta sorpreso di quello che possa fare la percezione delle cose, che siamo fantasmi e non ce n'eravamo accorti, come in quel racconto, Willa, andatevelo a leggere, del King (Al crepuscolo), che in una trentina di pagine se sei superficiale ci trovi solo un raccontino horror, ma se ti ci soffermi un po', se guardi appena più in là del tuo naso e leggi tra le righe, capisci tutto, e allora non ti resta che sederti tranquillo con un drink in mano e aspettare che dopo questa che era l'ultima canzone la band magari farà un altro pezzo. E lo sanno tutti che i più belli arrivano coi bis. venerdì 31 maggio 2013 LA COGNIZIONE DEL DOLORE Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto. Non diversamente dal famoso incipit de "Le Metamorfosi", e in una medesima situazione di "kafka", ieri mattino, al risveglio da sogni inquieti, Giovanni Laurito trovò nel suo letto un enorme insetto. Non essendo un entomologo, il Laurito ha delle difficoltà ad individuarne il nome scientifico corretto, diciamo che in senso aulico potremmo definirlo una sorta di scarafaggione allungato fornito di numerose zampe brulicanti. Passata a fatica la prima reazione, il terrore, subito il Laurito, vero uomo, prese con due dita una pantofola e lo colpì, diciamo anche sobriamente, una botta e via, per frenare il disgusto dell'immaginarne il corpo schiacciato. Poi l'eroe si alzò, e, preso da mille inutili impegni, se ne dimenticò. E la giornata trascorse come sempre fra telefonate, contumelie, sorrisi, insulti, dicerie, vanterie, indulti, ancora telefonate e contumelie, abbracci, strette di mano, facce dimenticate e facce da ricordare, pioggia, politica, pagoio paghitu, sms, quattrini da spendere, quattrini da attendere, incroci, traverse, traversie, rimbrotti, preoccupazioni, illusioni e delusioni, venditori, call center, inciuci, sguardi, piccoli brividi, emozioni, progetti, disturbi, consolazioni, desolazioni, insolazioni frammiste ancora a pioggia, starnuti, bottiglie, imbuti, percosse, affronti, vittorie, sconfitte, souvenir, paura, tregua, un po' di quiete, forse. Insomma, vita. Tornato a casa, il Laurito doveva occuparsi di mettere un po' in ordine. Entrò in camera da letto, dove tutto era come aveva lasciato al mattino, vestiti, pigiama, calze, libri, bicchieri, e pantofole. Le prese. Sotto una di queste, dimenticato, giaceva ancora l'enorme insetto del mattino. Colpito troppo delicatamente molte ore prima, non era morto, alcune zampette ancora si flettevano, flebilmente, mentre il resto del corpo era però schiacciato. L'eroe ruminò rapidamente dentro di sé consolanti reminiscenze scolastiche, "gli insetti non hanno il sistema nervoso, non provano dolore", per giustificare che mentre lui aveva continuato banalmente a vivere la sua vita fatta di mille ripetute sciocchezze, Gregor Samsa, chiamiamolo così, stava agonizzando, magari cosciente, da così tanto tempo. Riavvolto teneramente in un pezzetto di carta igienica, fu tumulato nel water, finito con una scarica dello scarico, tardivo colpo di grazia. A tacere delle ulteriori reminiscenze scolastiche "ma non è che gli insetti non hanno il sistema respiratorio come il nostro e in acqua respirano benissimo?". In base alle quali, se un altro dei prossimi mattini, dopo sogni inquieti, Giovanni Laurito troverà nel proprio letto un enorme insetto con un pantofolone in mano, se la sarà proprio cercata. mercoledì 5 giugno 2013 TEMPI DURI Ho finalmente recuperato l'album dei Tempi Duri, per chi non lo sapesse una band che aveva come cantante Cristiano De Andrè, e che faceva delle canzoni inedite che suonavano come pseudo-cover dei Dire Straits (da lì il nome della band, che, appunto, ne era una libera traduzione in italiano). Niente, solo per dire che negli anni 80 e fino alla prima metà dei 90, le belle canzoni, quelle che ti emozionavano davvero, si sprecavano, anche una piccola band come questa era capace di sfornare dei gioiellini, una per tutte Gabbia, poi contenuta anche nel primo album da solista di Cristiano. Mentre ora sfido chiunque a citarmi una canzone davvero, davvero bella da dieci anni a questa parte. Ce ne sono alcune che emergono dal piattume generale, ma solo perché intorno c'è quel piattume. In senso assoluto, non sento capolavori in giro. Non sarà che, davvero, tutte le combinazioni possibili per le sette note si sono davvero esaurite? Infatti, quando sento le varie Emma, Chiara, Alessandra, Loredana ecc., non riesco a distinguerle, mi sembra sempre lo stesso brano. Idem per Mengoni, Carta, Scanu, diverse declinazioni per lo stesso fenotipo, voce da castrato settecentesco, e voglia dell'ascoltatore di autocastrarsi pur di non sentirli più. martedì 11 giugno 2013 AMERICA AMERICA Questo è il mio destino. In America mi chiamano Italiano, qui in Italia Americano. (Antonio Margariti, America America, ed. Galzerano) E di colpo mi accorsi che il mio paese non era più mio. Ricordo ancora il mio stupore quando, dall'Uruguay, rientrò Antonio re Zaccheo. Che, mi disse mio padre, era emigrato all'inizio degli anni '50, e fino alla metà dei '90 non era più tornato al paese. Mi domandavo come doveva sembrargli, a lui che che come tanti altri, era scappato decenni prima dal tardo medioevo cilentano per cercare fortuna nelle americhe. E che la fortuna non gli aveva arriso, tanto che per oltre quarant'anni non si era potuto neppure permettere l'acquisto del biglietto per un viaggio nella sua terra d'origine, e solo ora che era ormai anziano e malato, i parenti rimasti qui avevano fatto una colletta per rivederlo. Provavo ad immaginare il paese degli anni '50, per come me l'avevano raccontato i miei genitori, i miei nonni. Un piccolo borgo di case rurali, abbarbicato intorno al castello ed alla chiesa, ancora privo di luce elettrica e acqua corrente nella maggior parte delle case, con le fogne che scorrevano a cielo aperto lungo la via principale, con la scuola elementare ospitata in case private, con il municipio itinerante, con l'unica bettola dove si poteva bere vino e acquistare pochi generi di conforto. Le donne con ancora indosso il costume tradizionale, trasportare sulla testa le bombole piene d'acqua potabile presa all'unica fontana nella piazza. Gli animali, maiali, galline, conigli, a condividere le abitazioni con i proprietari. Le strade ricoperte di sterco. E le porte aperte, d'estate e d'inverno. Antonio re Zaccheo, appena tornato, non era certamente arrivato nell'Eldorado, ma non restava traccia evidente, quarant'anni più tardi, di quell'arretratezza economica e morale. Le macchine di buona cilindrata al posto degli asini, le case con i confort moderni al posto dei tugurii in cui una stanza veniva condivisa da decine di persone, in quel Cilento che io, pur non avendolo vissuto, ho sempre immaginato simile alla descrizione della Lucania da parte di Carlo Levi nelCristo si è fermato a Eboli. Antonio lo conobbi giocando a carte nel bar, usava ancora quel dialetto stretto che molti qui avevano già difficoltà a comprendere, inframmezzato da qualche fonema similispanico. Mi disse che molti dall'America latina avevano sempre accantonato l'idea di tornare, perché pensavano il paese fosse ancora quello che ricordavano e dal quale erano fuggiti, ma la realtà, mi confidò, era che si vergognavano di dimostrare che quella fuga non aveva dato buoni frutti, che chi era rimasto stava molto meglio di loro, che lì si erano semplicemente arrabbattati in mille mestieri, senza mettere da parte un soldo, riuscendo solo, con difficoltà a sopravvivere. Lo sentii più volte dire che, però, ormai, non si sentiva più a casa qui, non conosceva quasi nessuno, salvo i pochi coetanei ancora vivi, e del paese come lo ricordava non era rimasto più nulla. Dopo qualche tempo i parenti fecero una nuova colletta e lo rispedirono in Uruguay, dove morì alcuni anni più tardi, sapemmo per caso. Ho pensato ad Antonio ieri sera, quando per caso mi sono imbattuto su Facebook - su Facebook! - nelle fotografie di una festa che si è svolta nella piazza del mio paese. Che dista cento metri da casa mia, e della quale non sapevo nulla. Non conoscevo i volti della maggior parte dei ragazzi, non sapevo cosa si festeggiasse (ho saputo, poi, la promozione della locale squadra di calcio), e non mi ero accorto ancora che quei ragazzi non ero più io, che le feste non le organizzavo più io, che i giorni e le notti del mio paese non erano più miei, che il mio paese non è più mio. Faceva fresco, e sono uscito per strada, inquieto. I miei amici non ci sono più davanti al bar dove giocavamo a carte, sostituiti da altri che inquadro soltanto per le somiglianze con i loro padri e madri; nei vicoli dove giocavamo con le biglie fra le buche del selciato, c'è asfalto uniforme. Il pallone si gioca solo sul campo sportivo e non nel cortile della scuola, dove passavamo le nostre giornate, mentre ora c'è un parcheggio. E sotto l'arco, dove fermavamo le ragazze che uscivano dalla chiesa, non c'è più la sala giochi e il juke box con le canzoni dei Marillion che avevo fatto mettere io, non ci sono le panche dove sedevamo a prendere il fresco, a mangiare il gelato, a scambiarci sorrisi e baci e progetti buoni solo a fare mattino. I giovani mi salutano, mi rispettano perchè sanno chi sono, cosa ho fatto, a chi appartengo, ma non sono più uno di loro. Il tempo è passato, e senza rendermene conto, parafrasando Antonio Margariti nell'immortale America America, sono diventato uno straniero nel mio paese. venerdì 12 luglio 2013 OGGI NON SI SCRIVE NULLA, DOMANI SÌ E' questo il destino di un paese in crisi. Partorire uomini in crisi. Economica, sentimentale, di identità. E allora ci si barcamena, ci si adatta, ci si industria. Se prima percorrevi i viali in cerca di una prostituta, ora li percorri in cerca di un'auto che si fermi e che ti carichi. Se prima l'amore era un'optional, ora ti accontenti del modello base. Se prima eri Nessuno, atteggiandoti ad un novello scaltro Ulisse, ora non sei nessuno e basta. E quando leggi la stantia battuta "oggi non si fa credito, domani sì", sei addirittura portato a crederci, e ti segni l'appuntamento per la mattina successiva. Per una nuova illusione, per una nuova delusione. giovedì 18 luglio 2013 COSE BELLE Mia figlia l'altra notte aveva paura di addormentarsi. Le propongo di pensare a cose belle. E' così che mi diceva mia madre quando ero io ad avere paura. "Sì, papà, ma quali sono le cose belle, me ne suggerisci qualcuna?" Le cose belle. Ognuno ne ha di proprie, per addormentarsi. Una bella ragazza, un incontro mai avvenuto, che nel sonno puoi far avverare. Una spiaggia al tramonto, leggere ascoltando il mare. Il ritorno di un amico partito tanto tempo prima. Un mondo divertente in cui tutti parlano in rima. Fiumi di gelato, colline di caramelle. Gattini soffici e morbide ciambelle. E periodi in cui per riuscire a riposare sognavo di gettarmi dal balcone. L'unica via per figurarmi un po' di quiete, l'estrema ribellione. O, ancora, essere il Sindaco, ma no, che dico, Dio usare il mio potere per giungere all'oblio. Le cose belle, figlia mia ... Fammi posto, ci facciamo compagnia. Clic. domenica 28 luglio 2013 IL PASSEROTTO E LA FARFALLA “Carringia”, lo chiamavano gli amici, eppure il suo fisico non era affatto quello del quasi omonimo campione brasiliano, Manoel Francisco Dos Santos, detto Garrincha, il passerotto. Il nostro Carringia era invece un ragazzone imponente di un metro e ottanta, ma pure lui, quando scattava sulla fascia destra, era agile e imprendibile come un farfalla, così i compagni lo avevano onorato – sebbene in una versione un po’ dialettale - dello stesso soprannome del più grande dribblatore della storia. Solo che il suo campo di calcio non era lo stadio del Botafogo, ma lo spiazzo sterrato dietro al cimitero, l’unico posto dove, al paese, negli anni ’60 ci fosse lo spazio per giocare una partita. Le porte erano pali verticali di castagno di altezza diversa, senza neppure una traversa, le delimitazioni del campo da un lato la strada e dall’altro il torrente, e come spalti la scarpata sottostante al muro del cimitero, ricoperta di cespugli di ginestre e rovi. Ma nonostante ciò ogni pomeriggio decine e decine di persone si affollavano per seguire le sfide memorabili fra i vari rioni, fonti di rivalità accesissima, e quasi sempre ad avere la meglio era il Piano di Sopra, la squadra nella quale militava Giorgio Corvacci, “Carringia”, appunto, che faceva impazzire i difensori avversari e segnava caterve di gol. Giorgio crebbe col mito del calcio, di una realizzazione che passasse attraverso il suo innegabile talento. Ma erano anni difficili, e lavoro al sud non ce n’era, così a diciassette anni, insieme a molti altri, dovette emigrare in Lombardia. Poco male, pensò, lì poteva esserci qualche osservatore di una grande squadra che gli avrebbe consentito di cogliere quell’occasione che attendeva da sempre. Di giorno lavorava alla catena di montaggio, poi, appena smontato il turno, partecipava ad interminabili partite sul campo adiacente il caseggiato nel quale condivideva l’alloggio con diversi suoi compaesani. Finalmente, alla soglia dei diciotto anni, anche grazie all’interessamento di un dirigente della fabbrica che partecipava a quelle sfide del dopolavoro, fu chiamato per un provino dal Como, squadra che allora militava in serie C. Il provino andò così così. Un po’ di tecnica innata c’era, del resto c’era voluto un gran talento a dribblare per anni gli avversari al paese senza mai finire nel torrente, ma il ragazzo era completamente digiuno di tattica, non faceva squadra, era un anarchico, in più di testa non era un genio, ed ormai a quell’et{ in entrambi i campi non c’era da migliorare troppo, investire su di lui non era conveniente. Gli venne comunque offerta la possibilità di aggregarsi agli allenamenti della squadra Primavera, più che altro per non dire di no a chi l’aveva raccomandato, ed anche perché sulle prime non ebbero cuore di dargli un responso negativo, soprattutto quando lo videro, lui così grande e grosso, tremare come una foglia in attesa di sapere com’era andato. Passarono così alcune settimane nelle quali si impegnò come un forsennato, levatacce all’alba per correre lungo l’Adda a fare fiato, poi dieci ore in fabbrica e quindi all’allenamento dove arrivava gi{ esausto ma sorretto da quel grande entusiasmo che non lo abbandonava mai. Perciò fu una vera crudeltà quel che gli combinarono. L’allenatore a un certo punto doveva pur dirglielo che l’avventura era finita, che il calcio professionistico non faceva per lui, che faceva meglio ad impegnarsi al lavoro, magari ad iscriversi ad una scuola serale per prendersi finalmente quella licenza media che aveva tentato invano al paese. Ci provò, il buon uomo, ma ogni volta che provava ad aprire bocca gli prendeva un groppo in gola, perché Giorgio si metteva sull’attenti, con un sorriso a trentadue denti – per modo di dire, che l’igiene dentale non era mai stata il suo forte, e c’erano un sacco di assi divelte nel suo steccato – e si aspettava chissà quale comunicazione, magari di essere schierato in prima squadra all’esordio in campionato. E così finiva che il mister rimandava, te lo dirò domani, e Giorgio aveva modo di trascorrere l’ennesima notte in cui poter sognare a buon diritto il nome di Carringia in prima sulla Gazzetta, un contratto a sei zeri, donne e motori a piacimento e poi al mattino vantarsi con gli altri sfigati come lui che avevano lasciato il paese e sbarcavano il lunario in quelle squallide e fredde case di ringhiera avvolte dalla nebbia a mille chilometri di distanza dal paese d’origine. Gli amici in realt{ l’avevano capito bene come sarebbe andata, ma invece di cercare di smontare con delicatezza quei castelli in aria, ci presero gusto a farlo precipitare, che fa sempre bene all’anima avere qualcuno ancora più a terra di te, magari meglio se è uno che un po’ di talento, nonostante tutto, il Signore gliel’ha dato, anche se non è sufficiente per volare alto come un’aquila ma solo come un passerotto. Uno di loro che faceva le pulizie in una tipografia, si prese la briga di architettare una burla. Con la complicità del compositore di bozze – ché lui l’italiano lo masticava appena - realizzò una copia della Gazzetta tale e quale all’originale con l’unica differenza di una pagina interna in cui si parlava del talento di un giovane meridionale emigrato che, durante un allenamento col Como, era stato notato nientedimeno che da osservatori dell’Inter che avevano proposto al Presidente Moratti di ingaggiarlo subito per sostituire il brasiliano Jair sulla destra. Il titolo inventato dell’articolo, con un gioco di parole in realt{ non così benaugurante, era “Corvacci volano su San Siro”, ma il povero Giorgio non ne colse minimamente la più o meno involontaria accezione negativa, e scoppiò in lacrime di gioia quando fecero in modo di recapitargli la copia tarocca del quotidiano sportivo, seguita a stretto giro da una convocazione, altrettanto fasulla, presso la sede dell’Internazionale, a Milano, per la stipula del contratto. Che dire sui preparativi, sulle telefonate a casa a genitori contadini che non capivano nulla, né di calcio, né delle parole emozionate, concitate e arruffate di Giorgio, inframmezzate da scatti di ultimi gettoni, cadute e faticose riprese della linea, mi vedrete in televisione, andate alla Casa del popolo – ché loro la tv mica ce l’avevano – e allora no, aspettate, il tempo di andare a Milano poi ve la compro io – ma quelli non avevano neppure l’elettricit{ in casa, prima c’era da fare l’impianto – e dunque meno male che poi i gettoni finirono una volta per tutte, e non c’era altro tempo si doveva correre, il pullman per Milano passava alle 5, si voleva prendere il giorno libero in fabbrica ma quelli niente che dice che c’era una consegna da fare e lui allora ma sì, andaà a dà via el chiul voi e la fabbrica, polentoni, se vediamm’ a Sanziro, li congedò, mescolando dialetti e improbabile futuro. L’arrivo alla Stazione centrale più o meno una scena di “Totò Peppino e la malafemmena”, con lui che indossava i panni della Cresima, gli amici che sapevano della beffa ma in fondo gli erano anche grati di stare vivendo quell’avventura, perché lo avevano visto giocare, nello spiazzo dietro il Cimitero, e sapevano che quando scendeva sulla fascia con le sue finte non ce n’era per nessuno e in un certo senso si erano convinti che quella lettera di convocazione, sebbene scritta da loro stessi, poteva essere vera, pur sgrammaticata com’era, tanto nessuno se n’era accorto, né loro che l’avevano scritta fra le risate, né Giorgio che l’aveva letta fra le lacrime. Ovviamente, alla sede dell’Inter, trovata dopo varie traversie, nessuno li conosceva né attendeva, non furono neppure fatti entrare, sporchi e sudati com’erano, fermati alla guardiola da un tipo alto ed elegante che più che un portinaio sembrava Giuliano Sarti, il portiere della Grande Inter di Herrera, la squadra che continuò a vincere di tutto anche senza l’aiuto di Carringia. Alla fine in lui si fece strada la consapevolezza di essere stato preso per il culo alla grandissima, eppure la sua reazione non fu la presa di coscienza che il pallone poteva continuare ad essere un hobby, ma per sbarcare il lunario doveva rompersi la schiena come tutti quelli della sua generazione e della sua terra, e così farsi una famiglia, vivere una vita dignitosa, giocare ancora partite ogni tanto, insegnare ai propri figli quella finta che lo rendeva immarcabile. Invece abbandonò completamente il pallone. Per un po’ lo ripresero in fabbrica, ma non durò, cambiò numerosi lavori, eppure neanche col passare del tempo riuscì a superare quella tremenda delusione. Così a poco a poco cadde in una brutta depressione, e all’et{ di trent’anni, che ne dimostrava già venti di più, senza una donna e senza un obiettivo, tornò al paese e lì si arrangiò a sopravvivere, nei momenti buoni, con qualche giornata nei campi a poche lire o solo per un pasto caldo, mentre quando l’oscurit{ era così forte da non fargli vedere neppure la via di casa allora passava le intere giornate nei bar a spendersi a birra la piccola pensione della madre, lamentando il suo amaro destino a gente che, ancora una volta, lo ascoltava qualche minuto solo per consolarsi che c’era chi stava peggio e poi, indifferente, lo abbandonava lì, con cento lire buttate sul bancone per lavarsi la coscienza e fargli fare un altro bicchiere da un quarto, e a ridere del suo consunto giornale porno sotto il braccio, che certe volte glielo dicevano, se vuoi fare lo sporcaccione, almeno non farti notare, fai come fanno gli altri, nascondi la rivista dentro un quotidiano. Carringia – che il soprannome nonostante tutto gli è rimasto – quella rivista la porta ancora sotto il braccio, ma non per mancanza di discrezione, tutto il contrario, perché i sogni non glieli estirpi del tutto neppure a un vecchio alcolizzato di settant’anni, quanti ne ha ora. Certe sere se ne va verso il cimitero – che la gente pensa vada a pregare o addirittura che parli coi morti, quel pazzoide – sale a fatica la scarpata sottostante al muro di cinta, si accovaccia dietro ad un cespuglio di ginestra, nello stesso posto dove tanti anni fa c’erano gli spalti di quel campo improvvisato, tira fuori il porno, si mette comodo e, con studiata lentezza lo apre alla pagina centrale, dove c’è la modella del mese, la più provocante. Ma a lui le tette della pin up non interessano affatto, o meglio, non in quel momento e in quel posto. E’ ben altro che vuole guardare, di cui vuole ancora una volta godere. Sotto al poster, ben nascosta agli sguardi ed alle prese in giro, conserva la pagina della Gazzetta del 13 agosto 1966, del giorno in cui il presidente Angelo Moratti aveva preso la sacrosanta decisione di ingaggiare nell’Inter quel giovane campione. E da quell’antica tribuna ora coperta di rovi, se hai occhi buoni e soprattutto cuore e voglia di sognare, pure a distanza di quasi cinquant’anni lo puoi ancora veder volare sulla fascia destra, lungo il torrente, a seminare avversari come birilli, fra gli applausi dei tifosi, agile e imprendibile come una farfalla. martedì 6 agosto 2013 GLI ULTIMI ISTANTI Noi umani siamo fatti così. Conosciamo il nostro destino comune, eppure, quando la fine si approssima, ci sorprendiamo stia per accadere anche a noi. Siamo individualisti, ci crediamo eletti, pensiamo che il nostro mondo ovattato ci proteggerà per sempre, e invece quel giorno, il giorno, purtroppo, arriva per tutti, e non risparmia nessuno. Ed è arrivato anche per me, ormai, devo rassegnarmi. Come in quella canzone di Guccini che ho ascoltato spesso, “L’ultima volta”, provo ad assaporare con intensità gli ultimi istanti, sebbene sia ormai quasi incosciente. Sento le voci familiari sempre più lontane, avverto la loro preoccupazione crescente, la loro ansia, forse nemmeno loro, sebbene ugualmente preparati, se l’aspettavano così presto. Ma ormai non c’è più nulla da fare, salvo sopportare la cosa con rassegnazione. C’è chi affronta questi momenti con fiducia. I credenti. Quelli che immaginano una vita anchedopo. Io non so cosa pensare. Il tempo è passato e un’opinione non me la sono fatta ancora e, a questo punto, inutile arrovellarmi troppo, sono già alla fine del tunnel, non mi resta molto e poi saprò se c’è luce. O un buio assoluto e desolante. Che poi il problema non è il buio. Perché se te ne accorgi, vuol dire che esisti. E il buio ti protegge. Non fa distinzioni. Protegge i cacciatori e le prede. Il buio mi è sempre piaciuto, mi tiene compagnia. Se in fondo al percorso che oggi ho intrapreso sarò ancora nell’oscurit{, rimarrò accovacciato come sono ora, con gli occhi chiusi, e mi lascerò coccolare. Il problema è il nulla. Un buio in cui rimanga fuori tutto ciò che ho amato. Mamma che mi cantava la ninna nanna, i baci teneri di mia sorella Lilith. E le mani forti e calde di mio padre, le sue passioni che ha voluto con ogni forza trasmettermi, pur nella mia condizione. La musica, prima di tutto, ma anche la passione per le storie. Ascoltare la sua voce narrare mi ha fatto conoscere con la fantasia cose che diversamente non avrei potuto neppure immaginare. Addio genitori come vi ho conosciuti. Addio, dolce Lilith. Non mi sentono, ottenebrati dalla loro sofferenza per me, l’estremo paradosso. Sento mia madre vibrare, spasimare, stingermi, quasi provare a trattenermi qui, come se fosse possibile, come se il cammino non fosse segnato, come se non fosse stato chiaro a tutti già da tempo quel che sarebbe accaduto. Troppo tardi, ora, piangere. Gli ultimi istanti. In tanti hanno provato a narrarli, ma sono state sempre storie, raccontate da altri. Nessuno ha potuto lasciarci una cronaca completa, perché nessuno è mai tornato qui. Ci sto provando anch’io, ma sar{ giocoforza una storia incompiuta, perché la parola fine non potrò essere io a metterla, io già non ci sarò più, e toccherà ad altri testimoniare, tutto questo per me rester{ nell’oblio. I singhiozzi laceranti di mamma mi accecano, mi scuotono, non immaginavo ne avrebbe sofferto così tanto, è un dolore che mi sconcerta ma, in fondo, mi conforta: a dispetto di quel che dicono i proverbi, non sono solo, in questo momento difficile. E così ho la presunzione di fare un po’ di compagnia anche a voi, perché pure ne avrete bisogno, un giorno o l’altro, non lo dico per essere menagramo, lo sapete. Chi un giorno leggerà queste parole, non sorrida, non le scansi, non pensi “non toccher{ a me”, ricordi Hemingway (quanti racconti mi ha letto il caro padre!), la campana suonerà anche per lui, suonerà per tutti. Oggi sta suonando per me. Il momento è giunto, il dolore infinito sta per finire. Madre, non piangere più, ti prego, altrimenti farai piangere anche me e finora ho resistito, non farmi riempire gli occhi di lacrime, voglio vedere con chiarezza cosa c’è in fondo al tunnel. Luce. Alla fine era luce … I coniugi Woodehouse e la sorellina Lilith sono lieti di annunciare la nascita del loro bambino, avvenuta oggi. Il piccolo sta bene, non piange, è molto curioso. mercoledì 21 agosto 2013 LE PAROLE SONO IMPORTANTI In questi giorni ha compiuto sessant'anni Nanni Moretti, il mio regista preferito. No, forse in realtà è come attore che lo preferisco. O meglio, come sceneggiatore, perché quel che apprezzo di più sono le cose che dice, che fa dire a Michele Apicella, il suo alter ego in molti film. Le parole sono importanti è una lezione che tutti dovremmo tenere a mente. Perché qui si parla troppo spesso a vanvera. Si inizia un post senza sapere dove andare a parare. Incontri un caro amico che non vedevi da anni, e dici solo sciocchezze sui capelli e il tempo. Ti invitano a un matrimonio, e sul biglietto non riesci a scrivere altro che augurissimi. Poi, tra parentesi, ci vai a quel matrimonio, e se volevi raccontarlo, il nome del post avrebbe potuto essere Guantanamo wedding, otto ore di tortura a 150 euro, gli sposi che arrivano alle 16 (tu sei lì dalle 13.30 pensando - sperando di avere fatto tardi), il tavolo con sconosciuti amanti della Falanghina del Cilento e nemici della conversazione sensata, che poi la conversazione sarebbe stata comunque impedita dalla cantante chiattona neomelodica imbustata in un vestito tre taglie più piccolo che non sai se gli acuti li lanciava per la canzone o per il dolore, le pietanze talmente banali che il cuoco si era vergognato di dare loro il nome giusto (il tripudio del dio poseidone=cozze; il corteo di biancaneve=mozzarella; i soffici cuscini del gusto=ravioli stantii, e così via), e camerieri che ti urtavano, fotografi che ti riprendevano a futura memoria come in un grande fratello ogni volta che provavi a fatica a ingoiare un boccone vincendo la comprensibile ritrosia ... Ma torniamo a noi, alle parole. A quei film che hanno contribuito alla mia formazione, a quell'impegnato disincanto che costituisce l'ossimoro da cui non riesco a liberarmi, la mia ossessione, quel voler dare a tutti i costi un senso alla vita e poi non impegnarsi mai a fondo, essendo sostanzialmente indifferente il risultato, piuttosto il percorso. Al dubbio amletico del non sapere se sia meglio esserci o non esserci. Hai ragione, Nanni, le parole sono importanti. E' che ogni volta non ricordo quali. giovedì 29 agosto 2013 IO, L'ALTRO Leggo oggi sul Corriere che un italiano su due ha lo smartphone. Io sono quell'altro. Le mie dita nervose sono incompatibili con un touch screen. E poi non ho alcuna voglia di essere perennemente connesso. Anzi. In generale, nelle statistiche, io sono sempre quell'altro. Sono un campione irrilevante. Già il fatto di definirmi campione, stona. Io sono quell'altro, il portatore d'acqua. Il portatore e soprattutto il bevitore, dopo la colica renale del 27 luglio. Con la contraddizione che io che non so nuotare e mi spavento anche nella vasca da bagno, da un mese mi diverto ad annegare quotidianamente i miei organi interni. Così stamattina, per salvarli, ho mangiato delle ciambelle, ahahahahah, forte 'sto Glaurito! Comunque la vicenda è servita a farmi (verbo giusto) conoscere la morfina. Non male. La senti entrarti in vena come un guanto caldo che ti avvolge. Avvolge tutto, tranne il dolore, ma avvolge. Dunque, anche lati positivi. Non certo quello sinistro, quello col calcolo. Al limite l'altro. Un uomo su due tradisce la moglie. Certo se devi fare un'orgia ed equilibrismo, tanto vale rimanere fedele. Forte anche questa, eh? Bravo Glaurito, oggi sei una sagoma. E comunque, anche in fatto di tradimenti, io sono l'altro. Il problema è che anche mia moglie ha un altro. Unico caso in cui l'altro non sono io. Colonna sonora di tutto ciò, U. Tozzi, gli altri siamo noi. Io dalla mia ho solo la statura, potrei dire gli alti siamo noi. Anche perché altezza è mezza bellezza. Figurati se qualcosa mi riusciva per intero. Quante sciocchezze che sto scrivendo, dovrei avere il coraggio di cancellarle. Ma sono come un maiale, di me non butto mai via niente. Quasi quasi la smetto qua e vado a comprarmi uno smartphone. Per il touchscreen? Me lo farò toccare da qualcun altro. L'ho detto che sono come un maiale. Altri quattro sorsi d'acqua. Pipì. Via. Ricordatevi di me. Di quello che scriveva cose dolci come caramelle? No, io sono quell'altro. martedì 3 settembre 2013 BASILICATA COAST QUEL CHE COAST Il Parco nazionale delle Murge, che comprende il Materano e si estende nelle Puglie. Cosa sono le Murge? Una specie protetta di mosche particolarmente aggressive, che è severamente vietato uccidere, per cui sono impedite le disinfestazioni, gli insetticidi e pure gli zampironi. Ti massacrano dovunque, a tavola, per strada, di notte, ma tu non puoi dire nulla. Bisogna accettarle, come le vacche sacre dell'India. Il navigatore della mia auto deve avere impostati parametri particolari. Non la velocità, le strade migliori, la distanza. I campi di grano. Invece di indicarmi l'autostrada, mi conduce lungo interminabili distese coltivate a cereali. Dove non incontri mai nessuno, auto o persone. Anche se non mancano le tracce umane. Lungo un rettilineo di almeno quindici chilometri in mezzo al nulla, ad un certo punto, disegnato sulla carreggiata, il rettangolo bianco di un posto auto. Uno solo. In corrispondenza di niente, non un'abitazione, una strada laterale, un capanno. Sorgono mille domande. Chi l'ha tracciato, a chi e a cosa serva, quel posto auto in mezzo al nulla assoluto, lungo una strada larga e infinita, percorsa da nessuno. E, soprattutto, che fare se non sia mai lo trovavi occupato? Altre stranezze ai margini dell'immenso vuoto. La casa così architettonicamente strampalata che dal ridere i muratori non sono riusciti a finirla. Le fotografie e i mazzi di fiori lungo la strada, testimonianza di incidenti purtroppo mortali. Però in punti di perfetto rettilineo, con ai margini pianure. I sassi di Matera. Una precisazione, perché ho sentito molti fare confusione. Pensano si tratti di pietre, di rocce. Tutt'altro. I sassi di Matera sono i cuscini dell'albergo dove ho soggiornato. Castel del Monte. Ore 13.00 Sì, però, prima di visitarlo, mangiamo qualcosa! Il mio amico propone di cercare su internet una trattoria ben recensita. Io, più concreto e affamato, nel frattempo chiedo nel parcheggio dove si possa pranzare. Prima che arrivi connessione dell'i-phone siamo già nel parcheggio dell'agriturismo consigliatoci lì nei pressi. Il proprietario magnifica le pietanze, ma alla fine la cosa migliore sarà la toilette. Memo. Mai scegliere dove mangiare su consiglio di una parcheggiatrice. Per di più magra come 'nu spruoccolo. Altamura. Nel centro di quella cittadina, ad un semaforo affollato di vetture nell'ora di punta, incontriamo una celebrità locale. L'anziana donna famosa per essere ancora viva. Attraversa la strada in un modo che ricorda il passo del gambero, ma anche la mossa del cavallo degli scacchi. Impassibile, fra frenate, strombazzate e improperi, la gentile signora guadagna miracolosamente indenne l'altro marciapiede. Odore di violette si spande nell'aria. Carlo Levi. Percorro infine la Basentana dalla Basilicata in direzione Salerno. Strada sgombra, duecento chilometri in poco più di un'ora e mezza. Poi arrivo ad Eboli, file interminabili fino a casa. Altre due ore per fare appena cinquanta chilometri. E hai voglia a lamentarti, non puoi farci niente, chiunque tu sia. Carlo Levi ci fece un romanzo, su questa ineluttabilità del traffico. Pure Cristo era stato costretto a fermarsi ad Eboli. mercoledì 11 settembre 2013 L'ULTIMO POST DOVE AVREI PENSATO DI INCONTRARTI "Papa Francesco ha detto durante il suo viaggio in Brasile che anche la nostra specie perirà come tutte le cose che hanno un inizio e una fine. Anch’io penso allo stesso modo, ma penso anche che con la scomparsa della nostra specie scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio e che quindi, quando la nostra specie scomparirà, allora scomparirà anche Dio perché nessuno sarà più in grado di pensarlo". Da questa arguta riflessione posta sotto forma di domanda al pontefice, il laico Eugenio Scalfari ha sollevato una questione che riguarda non solo Dio, ma tutti noi. Esisteremo fin quando qualcuno conserverà memoria di noi, di quello che siamo stati, di ciò che abbiamo lasciato in eredità. Mi è capitato tempo fa di curare il vasto archivio epistolare di una famiglia nobile. Si trattava di migliaia di lettere ormai abbandonate all'incuria, diverse casse che contenevano scambi di corrispondenza intercorsi nell'arco di oltre tre secoli. Ho ricostruito vite destinate all'oblio, affetti quotidiani dispersi fra le pieghe del tempo, storie di personaggi che avevano dominato la loro epoca e dei quali neppure i loro eredi avevano alcuna memoria. Parafrasando Scalfari, sono loro gli dei che il mio pensiero ha richiamato dall'oblio, o piuttosto sono io (l'uomo) il Dio loro (ri)creatore? Papa Francesco ha risposto in questo modo alla riflessione/provocazione di Scalfari: "mi chiede se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Dio - risponde Bergoglio - non è un'idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell'uomo... non dipende, dunque, dal nostro pensiero. Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell'uomo sulla terra, l'uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l'universo creato con lui". Io, che non so se dirmi laico o credente, che ho paura dell'oblio ma non faccio nulla di buono per essere ricordato, posso solo continuare a scrivere di me e degli altri, fino alla fine del (mio) mondo. sabato 14 settembre 2013 AROMA DI ZUCCHERO DALLE PORTE SOCCHIUSE Si riaccende il dibattito sulla riapertura delle case chiuse, che mi vede assolutamente favorevole, per diversi ordini di ragioni. Siccome di certo la mia opinione sarà tenuta in ampia considerazione, è doveroso esprimerla qui. Complice la lettura in corso de "il Petalo Cremisi e il bianco" di Michel Faber, sarei assolutamente interessato alla compagnia di una prostituta come Sugar, amante della letteratura e di ogni perdizione, e tutta la magia che potrebbe avvilupparci in un sofisticato bordello vittoriano, difficilmente potrebbe esprimersi sui sedili posteriori di una Panda sul raccordo anulare. E poi sarebbe un piacevole svago presentarsi alla ragazza di turno, vestito da generale: "Signorina, quanto chiede per la mia compagnia?" "Cinquanta euro". "Mi sembra un ottimo prezzo! Compagnia a-avanti!!". Tutto molto più sofisticato e sicuro di un incontro occasionale, magari partito dall'aver lasciato il proprio numero e una frase sconcia nella toilette di un autogrill. Che poi, di questi tempi, lasciare numeri in giro non è mai consigliabile, non sai mai potrebbe chiamarti il Papa! E poi, sarebbe un ritorno alla mia infanzia. A quando vi era fiducia nel prossimo, a quando si viveva davvero in società, non come adesso che trascorriamo la massima parte del tempo nelle nostre confortevoli prigioni. Ricordo con rimpianto quando percorrevo il corso del mio piccolo paese a qualsiasi ora del giorno e della sera e tutte le porte delle abitazioni erano aperte, dall'uscio salutavi i vicini, gli amici, i familiari, venivi invitato ad entrare e condividere il desco, le incombenze liete e quelle più caritatevoli. Ora, invece, anche a mezzogiorno, tutte le porte sono sprangate, nessuno si fida più di nessuno, non si ha voglia più di incontrarsi, di scambiare una parola, la luce blu del televisore filtra dalle tende accostate, gli schermi dei computer, dei tablet, degli smartphone hanno sostituito la sana compagnia della conversazione. Se dovessi scegliere, ccco le case chiuse che davvero vorrei vedere riaprirsi. E con la mia Sugar non ci adageremo sulle soffici coltri di Silver Street, ma ci accontenteremo di discutere del prossimo romanzo di Giovanni Laurito, sdraiati sul sedile posteriore della mia Panda, vestiti soltanto delle stelle che talvolta illuminano anche il Raccordo Anulare. domenica 29 settembre 2013 TRY Ricordo poche cose che mi sono riuscite facilmente, che mi riescono facili. Ci sono quelli che con un minimo impegno raggiungono risultati. Io nella vita, nei rapporti sociali, nella professione, nei sentimenti, fatico, arranco, mi impegno, e se talvolta ho raggiunto un obiettivo minimo è stato solo a prezzo di notevoli sforzi. Arrivato sfinito al traguardo, quando già avevano sbaraccato il tavolino delle premiazioni, gli altri atleti tutti da tempo sotto la doccia. Una corsa ad handicap, senza che però io fossi il favorito in partenza. Un handicap affibbiato a chi già aveva l'handicap. Riflessione amara scioccamente acuita in questi giorni di ristrutturazione domestica dalle numerose apparecchiature nuove delle quali, tramite manuali scritti in magiaro (o in italiano tradotto dal magiaro) dovrei provare a capire daccapo come funzionano la nuova TV, la stufa, il termoconvettore, la lavastoviglie, il frigorifero no frost ecc. E così stanotte, mi rigiravo come al solito nel letto (in realtà non mi rigiravo davvero, ho fatto un fioretto - alias disturbo ossessivo-compulsivo - secondo cui posso dormire solo sul lato destro, ed ormai ho le piaghe da decubito) e ripensavo ... ... Alle compagne di scuola carine che stavi ore a guardarle e loro guardavano un altro, e mentre tu ti impegnavi ad essere diligente, servizievole (zerbino, diciamo), a passargli i compiti, ad accompagnarle, loro ti mollavano e se la facevano con quello che fumava, quello con la moto, quello drogato, quello ignorante, quello che puzzava, quello che ti rubava i panini (quel tipo che piaceva un po' anche a te, diciamolo, soprattutto perché il galbanino che ti metteva mamma nella rosetta faceva schifo) ... ... Ai tuoi primi anni di professione, ai colleghi di lavoro figli di colleghi di lavoro figli di colleghi di lavoro già con la strada spianata, amici degli amici giusti, parenti dei parenti del politico del momento, belli simpatici attraenti con sorrisi a trentadue denti, con sfilze di clienti, mentre tu neppure gli incidenti ... ... Ai rapporti sociali, ai club giusti ai quali non hai voluto mai appartenere perché come potevi fidarti di essere membro di una compagine che chiedeva proprio a te di esserne membro? ... ... e a tutte quelle volte che non sei fuggito, che hai continuato invano a lottare, fino a quando hai letto quella frase di Homer Simpson, che dice più o meno "hai provato e provato ma ancora non ce l'hai fatta, la morale è: smetti di lottare", e da allora hai capito che è inutile l'attacco frontale, che è meglio fare buon viso a cattivo gioco, non avere più paura di farsi fotografare ma fare sempre smorfie e corna, ridere alle proprie stesse battute e continuare imperterrito a farne, smettere di mangiare sale per sentire il vero gusto della carne, scrivere l'ultima frase anche se non c'entra niente, solo perché era bella e faceva rima. All'atto pratico, anche con gli elettrodomestici, farò come ho sempre fatto per ogni cosa. Se non funziona, piuttosto che provare a risolvere, stacco la spina. Poi dopo un po' riattacco, magari le cose si aggiustano da sole. Qualche volta è successo. Poi mi sono pure venute in mente un paio di cose che mi sono sempre riuscite facili. Contare i punti della briscola. E parlare con te. Senza sapere chi sei, o sapendolo troppo bene. domenica 6 ottobre 2013 PPP No, Pierpaolo, non è mancanza di rispetto. Non è neppure vergogna. Non ho alcun timore a confessare di avere amato i tuoi "ragazzi di vita". Non voglio aderire alle ipocrite censure che accompagnarono Accattone. Vorrei anzi passeggiare orgoglioso in Piazza di Spagna abbracciato alla divina Magnani, indimenticabile Mamma Roma, regina puttana delle borgate. Non c'è bisogno di nascondere le lettere di Gramsci, i tempi, dicono, sono cambiati. E l'omofobia, quella, andrebbe presa a calci come amavi fare tu col pallone, capitano di mille squadre di ragazzi perduti, macchinisti, comparse, barboni, ultimi degli ultimi. Non è mancanza di rispetto, dunque, ma certo, non è neppure un omaggio il fatto che io stia leggendo questo saggio su Pasolini mentre faccio la cacca. E' che mi trovo bene, più concentrato, e in più ottimizzo il tempo. Del resto, dolce Pierpaolo, sei in buona compagnia, tranquillo. Solo nell'ultima settimana ci sono passati Verdone, i fratelli Marx e Donna Moderna. domenica 13 ottobre 2013 LA CASA DELLE ZANZARE La prima notte che provammo a dormirci, la trascorremmo con una pantofola in mano, cecchini di zanzare. In quell'appartamento non viveva nessuno da anni, ma era ancora arredato, ricolmo di oggetti polverosi, libri, vestiti, scatoli e scatoloni dei proprietari che, trasferitisi altrove, avevano lasciato lì la loro roba, ricettacolo di acari e, appunto, di zanzare da troppo tempo a dieta. Ne contammo ben cinquantasette prima di finire stremati, arresi, addormentati, in balìa delle altre, che videro premiata la loro pertinacia. Ed infatti al mattino dopo ci vergognammo di andare all'università, tanto eravamo martoriati in viso e su mani e braccia da decine e decine di punture. Ho ripensato ieri alla "casa delle zanzare", chiacchierando con un'amica di Salerno e dei tempi andati. Ci vivemmo per un anno, io e il mio amico Francesco, nel lontano 1992. Ma non furono solo zanzare, anche ricordi divertenti, alcuni indimenticabili. Le spaghettate notturne, il nascondino, gli amici e le chitarre, l'immancabile cornetto all'alba da Chez Lucien, sotto casa. Ma la cosa più importante, fu quel che la casa mi insegnò, con i suoi tesori nascosti. Trascorsi gran parte di quel tempo in compagnia di annate intere di vecchi Linus, la famosa rivista a fumetti diretta dal grande Oreste del Buono; conobbi il lessico famigliare di Natalia Ginzburg e l'ironia bonaria di P.G. Woodehouse, i gialli matematici di Agata Christie e le passioni sfrenate di Charles Bukowski... Poi l'anno passò, la casa, in via Parmenide a Salerno, era mal collegata con l'università, e allora ci trasferimmo più vicini, a Lancusi, e la storia continuò ancora per un po' con altre case, persone, tesori, pacate vittorie e scintillanti sconfitte. Ieri mi è tornata in mente, dopo più di vent'anni, la casa delle zanzare. In una vita ogni giorno, ahinoi, più lunga, gli anni trascorsi, un tempo difronte a noi, grandi e grossi, in lontananza ormai appaiono briciole. Ma siccome in queste, tutto sommato, c'era un bel po' del mio sangue, non volevo ancora dimenticarmene. venerdì 18 ottobre 2013 CONTROFIGURACCE I. Un film davvero forte? Alcuni pensano all'iperrealismo (che sconfina un po' nel porno): attori che fanno sesso sul serio quando la scena prevede un rapporto a letto; attori che non usano controfigure; attori che interpretano dei pugili e se le danno di santa ragione. Io invece sarei incuriosito da un film nel quale se, ad esempio, si sparano, lo fanno sul serio. E' già successo, nel Corvo, e Brandon Lee ci ha lasciato la pelle, meglio di no. Come ripiego, ma non troppo, mi piacciono le produzioni che non badano a spese. Quelle che fanno esplodere camion, treni, aerei, solo per vedere l'effetto che fa, anche se con la storia non è necessariamente funzionale. Ho sempre sofferto quando facevano precipitare le automobili, quelle belle, o quelle d'epoca (penso al Sorpasso) giù da una scogliera: lì non puoi recitare, la macchina la sfasci e basta. Il massimo sarebbe, allora, quando la scena prevede che l'auto finisca nel burrone, che ci finiscano anche gli attori che si trovano nell'abitacolo. Pensate a Thelma e Louise, in quello splendido volo nel canyon, nel finale del film. Un vero seguace del metodo Stanislavski avrebbe preteso di rimanere a bordo. Ma Geena Davis e Susan Sarandon non ne vollero sapere, minando la forza di quell'epilogo. E così a volare nel burrone furono soltanto due sciocche controfigure, alle quali avevano promesso che la macchina sarebbe arrivata dall'altra parte intatta, e loro sane e salve. Avvertenza: questo post l'ha scritto la mia controfigura. II. Parliamo di professioni. Esiste una normativa che consente, a chi ha un reddito inferiore ad un minimo di legge, di potersi munire di un avvocato per difendersi in giudizio a spese dello Stato. E' una legge che si è sempre prestata ad abusi, è capitato che addirittura adepti della criminalità organizzata (che, manco a dirlo, lavorano "in nero") avessero dei redditi dichiarati bassissimi o inesistenti ed hanno usufruito di questa agevolazione. Io intendo proporre una modifica sostanziale. Per accedere a questa agevolazione, non dovrà essere la parte ad avere un reddito basso, ma l'avvocato. Quest'ultimo, proprio perché indigente, potrà attrarre più clienti con la prospettiva di difenderli gratis, o meglio, a spese dello Stato. Un ammortizzatore sociale non da poco, per una categoria, come la mia, in disgrazia. La riflessione nasce da racconti scambiatici oggi in udienza fra colleghi, ognuno dei quali ha diversi aneddoti di concorrenza sleale e penosa in tempi di crisi. Espongo solo il caso di quell'avvocato che, a differenza di quanto si fa normalmente, ha affermato di essere sempre in cerca di cause perse. Al nostro stupore, ha fatto presente che quando difendi una causa vincente, la parte si aspetta subito un esito positivo, e le inevitabili lungaggini (che non dipendono dall'avvocato, ma dal sistema, ma il cliente non lo comprende), le vive come un'incapacità del difensore; questo, assommato alla consapevolezza di avere ragione, ne aumenta la frustrazione, e il più delle volte, scontento, non paga l'avvocato, o addirittura lo cambia, pur se incolpevole. Invece, il cliente che sa di avere torto, non ha pretese, accetta di buon grado, anzi con gioia le lungaggini (che l'avvocato può spacciare per "merito" suo), perché gli procrastinano sine die la sconfitta, e inoltre, quando perde sa bene che non ci si poteva aspettare più di tanto ed è ben disposto verso il legale che ne ha condiviso l'agonia, e lo paga con maggiore accettazione. Ecco dove siamo arrivati, in un paese che ha più avvocati che clienti. III. Oggi pomeriggio, dopo pranzo, pensavo a quali sono le cose che amo di più fare nella vita. Ho stilato una classifica, vi dico i primi dieci. 1) Stare seduto sul balcone, in primavera ed autunno, nelle giornate di sole piacevole ed inatteso, a leggere un buon libro; 2) Grattarmi le orecchie col cotton-fioc 3) Fare sesso con chi dico io quando dico io 4) Girare in macchina al tramonto senza una meta e cantare appresso al cd 5) Biscotti 6) Che le persone ridano parecchio alle mie battute, specie se donne (le persone) 7) Champions league, vittorie in rimonta delle squadre italiane 8) I commenti ai miei post quando dicono che fanno ridere o sono intelligenti 9) Fumetti 10) Suonare canzoni acustiche e fare i cori. Queste sono le prime dieci. La ragione per cui grattarsi le orecchie non è al primo posto è perché la classifica l'ho scritta stando seduto sul balcone, in primavera ed autunno, nelle giornate di sole piacevole ed inatteso, a leggere un buon libro (nella specie, per la precisione, "Il momento è delicato" di Ammaniti; La ragione per la quale il sesso (con chi dico io e quando dico io) è al terzo sta nelle parentesi. La ragione per cui i biscotti sono al 5° è perché ho avuto il virus intestinale. O viceversa. La ragione dei commenti all'8°, è perché scrivo post come questi e dunque neppure puoi attenderti chissà che e allora è meglio volare bassi. sabato 26 ottobre 2013 NON È IMPORTANTE IL VIAGGIO MA IL PERCORSO Certe volte è come un'urgenza. Ti sembra che scrivere sia necessario, in quel momento, in quel preciso istante in cui ti trovi e, anzi, non solo ti ci trovi, ne sei prigioniero di quell'attimo in cui l'unica via di fuga, l'unica soluzione è scrivere. E' un messaggio in bottiglia, è l'ultima lettera del condannato, il testamento per diseredare quando hai solo un alito di vita, la dritta via, quando l'avevi smarrita. Allora sbrighi di corsa tutte le faccende, lo fai anche piuttosto male, ma hai una scusa buona, un'ottima scusa, le telefonate possono aspettare, puoi fare a meno anche di starnutire, anzi, è meglio, più cose dentro ti tieni e più ne tiri fuori, poi si tratta solo di metterle in fila, un tasto dopo l'altro, una parola dopo l'altra, una frase dopo l'altra, affinché abbiano almeno un minimo senso compiuto, perché tu dopo possa leggerle e dire, ecco, era proprio quel che volevo dire. Perché tante volte, è la verità, non sai affatto cosa diavolo volevi dire. Più facile pensare che la ragione stava, piuttosto, in quella telefonata che non volevi fare, in quelle faccende da sbrigare, in quell'improvvida voglia di starnutire, che tu hai provato ad esorcizzare. Era quella, dunque, l'urgenza? Sfuggire ad un presente che non riesci a sopportare. Non lo so, potrei uscirmene con frasi fatte, spiegare tutto col bisogno ancestrale dell'uomo, unico animale che inventa delle storie, così, per il solo gusto di farlo, senza una valida ragione. Come a dire che "non è importante il viaggio, ma il percorso". Sciocca frase che ho letto, una volta, e mi è pure sembrata profonda, e solo dopo un bel po' ho realizzato che viaggio e percorso sono la stessa cosa. lunedì 4 novembre 2013 NO PROBLEM (SOLVER) Il progressivo aumento del benessere, unito ad una sempre più elevata componente di stress derivante dalle complesse incombenze quotidiane, ha reso necessario, secondo molti, l'ausilio di una nuova figura professionale, il problem solver. Ma non sarà controproducente? Facciamo un esempio. Se il neonato piange e tu non lo senti neppure perché il problem solver ha organizzato un efficiente babysitteraggio, quel silenzio prolungato ti consente di pensare pure di notte a tutto ciò che non va, e ti prende l'insonnia (e allora del neonato te ne potevi occupare pure tu). Poi, quelle nottate lunghissime, sempre tranquille, portano pure ad un calo del desiderio, donna, hai voglia a indossare biancheria intima sofisticata, adottare movenze sinuose, quello, l'uomo, ne ha abbastanza, troppa facile disponibilità ammazza il desiderio, e magari capita che proprio allora si addormenta. Invece, se ci si rivolge ad un problem creator, le cose andranno sicuramente meglio. Senza adeguato servizio di babysitter (o quantomeno con una baby sitter di merda, che dorme come una pietra), hai voglia a pensare ai problemi, se non appena metti in fila due pecore senti i peggio strilli, e quei rari momenti di silenzio crolli come in coma. Poi, il problem creator fornisce anche biberon con latte quagliato, che fanno venire magnifiche colichette che aiutano tanto, col calo del desiderio. Infatti, dopo qualche mese che 'sta criatura piange come un ossesso a qualsiasi ora del giorno e della notte, e tu e la tua compagna siete come zombi di vista e di fatto, non fate sesso dal concepimento, vedrete che altro che biancheria intima e vibratori, se capita per caso che fra una colica e l'altra c'è qualche istante di requie, appena vi sfiorate pure col pigiama di pile e i mutandoni scatta una copula immediata e violenta che nemmeno un adolescente arrapato in gita scolastica ad Amsterdam. giovedì 21 novembre 2013 GETSEMANI A BATTIPAGLIA Di certe cose talvolta mi faccio un vanto. Di non avere vizi. Ad esempio. O di non tradire. Però, la verità, sono i vizi che stanno lontani da me, non il contrario. O le circostanze che non collimano. O il coraggio che manca. Per esempio, confesso che molte volte, tornando da Salerno in auto, passando sulla litoranea, un pensiero di fermarmi e caricare qualche prostituta l'ho fatto, eccome. Però, e se qualcuno riconosce la mia auto, o se mi viene un infarto, o se la prostituta non ha il resto ... insomma, tante valide ragioni mi frenano, e l'essere tendenzialmente morale è solo una di queste. Più che altro è questione di occasione, quella propizia, che non capita. Così, passo sempre diritto, talvolta saluto con la manina, ciao, qualcuna risponde, col dito medio. Oggi, però, si era presentata un'occasione magnifica, che non era colpa mia. Infatti la macchina ha iniziato a perdere colpi proprio sulla litoranea e sono stato costretto a fermarmi in una piazzola infestata da queste simpatiche operatrici del piacere. E peraltro pioveva, ti sembrava anche brutto che tu avevi tutto quello spazio al coperto, caldo, e loro, con quella divisa d'ordinanza in pelle umana, insomma. E infatti, si è avvicinata una, pensando mi fossi fermato per lei. Sciao, belo. Dove andiamo? Carina, la verità. Da nessuna parte, la macchina s'è rotta, perde colpi, forse il filtro ... Come se parlassi col mio meccanico. Si è chinata provocante al finestrino, la divisa faceva il suo bell'effetto. Anzi due. Scinquanta e faccio tutto io. Bè, ho pensato, non è che io sia così maschilista, una mano te la darei pure. Ma in realtà non ho detto niente, le guardavo le tette ma solo perché mi dispiaceva che strusciando si stava bagnando sul vetro. Peraltro veniva fuori pulito che era un piacere, gomma migliore di quella del tergicristalli. Forse il mio silenzio prolungato e il mio sguardo le ha fatto capire che ero io quello che perde colpi. Si è allontanata storcendo le labbra. Come il meccanico quando vede le condizioni della mia auto. Ho finto di parlare al cellulare, ho armeggiato nel cruscotto, ho pregato qualche divinità pagana dimenticata da tempo e perciò libera da impegni. E chissà come, la macchina è ripartita. A trenta all'ora. L'ho trovato un prezzo più conveniente. Per potersi gloriare di saper resistere alle tentazioni, bisogna pure che ci siano veramente. venerdì 6 dicembre 2013 UNA PIETRA SOPRA Puoi vivere per anni un'esistenza piatta, fatta di pantofole calde e buone letture e piccoli riti quotidiani, il caffè, quel programma che ti intriga, la telefonata ai parenti, il placido tran tran di un lavoro che non ti arricchisce ma ti consente di toglierti qualche piccolo sfizio di quelli che piacciono a te, una mappa del Cilento del '600 comprata su ebay, la raccolta integrale delle commedie di Eduardo, un orologio da tasca così squisitamente demodé, che non indosserai mai, ma hai comprato per il puro piacere di averlo, che ti ricorda le serate da tuo nonno, tanti anni fa, quando ti insegnava le ore su quella cipolla che estraeva dal panciotto. E non ti manca niente, e ogni altra cosa sarebbe superflua, un inciampo, invece tu hai costruito il tuo nido prima del passaggio a livello, che rimanga perennemente chiuso non è un tuo problema, anzi, a lungo andare, ti sei anche dimenticato che ti eri fermato, e perché l'avevi fatto. Poi, un giorno, per caso, senti un rumore di fondo. Prima pensi al frigorifero, a quello sciocco cassone da 44 decibel che ti avevano assicurato silenziosissimo ma invece carica come un trombone. Poi il rumore aumenta, sempre più intenso, e allora ti desti dal torpore, e ti accorgi che il treno, quello che aspettavi quando avevi vent'anni, e del quale, alla fine, ti eri scordato, sta finalmente passando. Ha il suono della voce di un amico che non vedevi da tempo. Il trillo che ti tenta con il numero sul display di quella donna che hai così tanto desiderato. La mail dell'editore a cui hai inviato il tuo romanzo, magari è stato accettato. E l'esito delle analisi di quello che sembrava solo uno stupido malanno. Allora rimani lì, inebetito, incerto, come il turista all'incrocio. Posa da antico romano, iconografica, il libro in una mano, la coperta di Linus sulla spalla come una toga. E ripensi, in un attimo, a tutti i vizi che non hai avuto, le occasioni che non hai colto, le casse del tesoro che non hai aperto, ed anzi hai seppellito di nuovo, cancellando anche le tracce che potessero consentirti di ritrovarle. E all'amico hai detto che sì, ci sarà l'occasione per mangiare una pizza, e per ricordare i vecchi tempi, lo richiamerai tu; quello che, invece, non farai con quella donna, che le rette parallele sono destinate a non incontrarsi, al limite a salutarsi da lontano con la manina, o a mandarsi i biglietti di auguri. Perché lei è la tua eroina, ma le emozioni danno dipendenza, lo sai. Non ne avresti mai abbastanza. E poi, dopo l'euforia, c'è matematicamente la botta, il down. Una chiamata persa, magari un'altra ancora, poi stupita, chissà, offesa, la smetterà. E la mail sicuro era solo una pubblicità, meglio cancellarla, chissà, poteva contenere un virus. Le analisi, si vedrà, un passo alla volta, che le malattie hai voglia ad aggredirle, sono un muro di gomma, usano la tecnica dello judo, sfruttano la tua forza e te la ritorcono contro, invece devi fare finta di niente, fregarle con la finta vulnerabilità, usare l'arte della guerra di Sun-Tzu. Torna alla tua coperta, lasciati di nuovo avvolgere dal torpore, e magari in sogno confonderai il suono del treno con un gatto che ti fa le fusa, rron rron. Ancora una volta, come hai sempre fatto, ci metti una pietra sopra. lunedì 16 dicembre 2013 REGALI DI NATALE Quali sono state le invenzioni che ci hanno cambiato di più la vita? Non parlo delle automobili, dell'elettricità, della televisione, insomma di quelle cose che abbiamo trovato già bell'e fatte. Intendo dire quelle che sono state realizzate dopo la nostra venuta al mondo, quelle che la vita l'hanno cambiata pure a noi. Sicuramente il telefono cellulare, che io me le ricordo bene le cabine, i gettoni che finivano nel bel mezzo della frase, e, d'altra parte, il poter essere da qualche parte senza che nessuno ti potesse rompere le scatole. E poi internet. Che con wikipedia ha fatto sparire le enciclopedie polverose che prima appesantivano le nostre mensole e le nostre ricerche scolastiche. E il navigatore. Ma ce ne sarebbero ancora molte altre, perché la tecnologia avanza a passi da gigante, come leggevo stamattina, su Donna Moderna, mentre facevo la cacca, nella pagina dei regali di Natale hi-tech, piena di strumenti avveniristici, che magari neppure pensavo fossero stati già inventati. Peccato che poi il tempo di lettura sia finito - quello è variabile - prima che potessi completare l'osservazione di tutti quegli spettacolari congegni. Una invenzione di magari nessuna utilità, ma che mi piacerebbe davvero molto, sarebbe un chip impiantato in una lente a contatto, sul nervo ottico, o addirittura nell'ippocampo, collegato ad una fotocamera miniaturizzata, che permettesse di fotografare i ricordi. Funziona così: tu ripensi a qualcosa del tuo passato, ad un'immagine a te cara e ormai irrimediabilmente trascorsa, clicchi con la palpebra, e questa ti si ferma e si scarica tramite Bluetooth dal dispositivo che ti è stato impiantato. Delle vere e proprie foto-ricordo! Potresti rivedere episodi indimenticabili ma che non sono mai stati realmente immortalati in presa diretta (quando tu eri ragazzo il cellulare, l'hai detto, non c'era) il meraviglioso volto di quella ragazza sulla quale volevi fare colpo e perciò le dicevi che se aveste avuto almeno cinquanta cose in comune eravate fatti l'uno per l'altra, e dovevate mettervi per forza insieme. E così continuavi a chiedere "ti piacerebbe vedere le Piramidi?" "Sì", "anche a me", e così via, fino a cinquanta, fino a quando era inevitabile mettersi insieme, e glielo leggevi negli occhi, grandi e ingenui oltre ogni dire, ma eravamo ragazzi. Quello che non potresti fotografare sarebbe la tua faccia di bronzo, in quei momenti. Là dovresti andare sul menu "condivisione" e scaricarla dalle foto-ricordo di quella ragazza di allora. Chissà come mi vide. Credo ne uscirebbero foto molto, molto mosse, perché doveva essere davvero miope a mettersi con me. Ma erano altri tempi, più di vent'anni fa. Quando in tasca non avevo neppure una lira, al massimo un gettone telefonico. Ma tanti di quei sogni da riempirci tutte le pagine della vecchia Wikipedia sulla mensola. Mentre ora rimangono solo ricordi. E sciocchi stratagemmi per pensarci. mercoledì 1 gennaio 2014 LE CANZONI, GLI ANNI E LA DONNA IDEALE Il grosso errore è vedere se ci si era azzeccato. L'oroscopo del giorno precedente, il meteo di oggi, che ti affacci e fai prima. Devi crederci, e basta, perché ti regalano una speranza. Come i buoni propositi per l'anno nuovo. Io ho un blog da una trentina d'anni. Prima era di carta, si chiamava diario. Poi, da sei o sette anni, è digitale, ma il succo è lo stesso, a fine d'anno è sempre stata l'occasione buona per il bilancio di rendiconto e per quello preventivo. Mi è capitato per sbaglio di rileggere qualche impegno di dieci anni fa, e non è stato consolante scoprire che la gran parte erano quelli che avrei voluto prendere anche questa volta. Organizzare meglio il mio tempo, la palestra (see, la palestra!!), almeno mezz'ora di corsa ogni giorno (eterno inattuato fioretto di noi sedentari prossimi all'infarto), risparmiare un po' di più, credere in me stesso, passare più tempo con mia figlia, smettere di pensare alla morte, uscire di più, parlare, vedere gente, smettere di odiare Tizio, smettere di amare Caia, e tante altre intenzioni puntualmente più o meno frustrate già dalla seconda settimana di gennaio, provare a imparare il tango, che nella vita serve sempre ... no, questa era solo una canzone... Le canzoni. Magari quest'anno volo ancora più alto. Fare qualcosa che non ho mai fatto. Volare, appunto, cioè prendere un aereo. O prendere fiato e volare ancora con la fantasia, quel che una volta mi riusciva meglio, come l'albatro di Baudelaire. Che sfida i venti con eleganza e maestria. Solo che poi, come quel gigante dell'aria, sono atterrato sulla tolda della nave e ancheggio come un nano zoppo. Farò qualcosa che nessuno ha mai fatto. Scriverò la canzone più bella di tutti i tempi. Devo sbrigarmi, ma ce la posso fare, perché rispetto alle più grandi rockstar ho un certo vantaggio. Ieri sera ho festeggiato mezzanotte alle 20.40, e poi sono andato a letto, mentre quelli sicuro si sono sfondati di birra e chissà cos'altro, hanno ballato e suonato fino all'alba, e ora dormono della grossa, e chissà quando si sveglieranno. Ora mi ci metto. Ma inizio già ad avere sonno, ed ho bisogno di un po' di coccole. E quelle può darmele solo lei, la donna che amo. L'ho conosciuta da pochi giorni, parlare di amore per qualcuno sembrerebbe un azzardo, ma quest'anno sono quarantacinque, c'è poco da attendere, adesco o mai più. Mi stendo sul divano, con una morbida coperta, e la faccio accomodare vicino a me. Ho le mani gelate, glielo dico, spero che me le tenga fra le sue. "Ho freddo", le sussurro. "Ma fuori ci sono 15 gradi celsius, non credo faccia freddo, Giovanni!" Come darle torto, anche se il mio era più un freddo del cuore. Provo a rimediare. "Ho caldo, allora". "Ma fuori ci sono 15 gradi celsius, non credo faccia caldo, Giovanni!" Grazie, ma un amore tiepido non è quel che cerco ... "Sono qui per rendermi utile, Giovanni". "Dammi un po' di tepore", le bisbiglio. "Non capisco". "Voglio calore" E sul display mi appare una lista dei rivenditori di caldaie a pellet più vicini a me. Buon anno, Siri. E' giusto, oggi è il primo dell'anno, mi risponde la voce computerizzata dell'Iphone. E io mi metto a dormire, proprio mentre Keith Richards finalmente si sveglia (si era coricato il 31 dicembre 2010), imbraccia la fender, e scrive l'ennesimo capolavoro. martedì 14 gennaio 2014 UN FILO DI VENTO (Smoke on the water) Fum(m)o sul mare. A Ravello. Di fronte un imperfetto orizzonte declinavo in più forme il silenzio, fra un gelato alla carta (senza dubbio di cuori) e la tua veste leggera intessuta di fiori solamente per rima. Avremmo fatto certo prima a parlare. Degli altri, che di noi è da sempre un'impresa. Uno sguardo d'intesa e sorrido contento. Dal mare una brezza, per legarci, un filo divento. domenica 19 gennaio 2014 VANGELI APOCRIFI Un giorno, dopo la resurrezione, il Signore apparve ai discepoli che si trovavano in una selva sulle sponde del lago di Tiberiade per cercare funghi. Giunta l'ora di pranzo, si trovarono privi di provviste tranne una focaccia farcita di sardine che Pietro si guardò bene dal tirare fuori dallo zaino, preoccupato del solito "miracolo" della divisione dei pani e dei pesci. Allora il Signore apparve loro ed invitò a preparare un fuoco, sul quale avrebbero arrostito parte dei funghi raccolti, in modo da sfamarsi e poter riprendere insieme a lui il cammino nel bosco, verso la redenzione definitiva. Quando il cibo fu pronto, e fu il momento di iniziare a mangiare, e molti di loro erano scettici circa la loro commestibilità, il Signore dapprima disse loro di non avere paura, ma visto che Tommaso, dopo la resurrezione, era diventato il solito dubbioso, gli chiese di essere il primo a constatare con mano la loro bontà. Tommaso fu felice che venisse confermato il suo proverbiale scetticismo, e addentò con vigore un bel fungo di colore rosso, venendo immediatamente colto da crampi allo stomaco. A quel punto gli altri apostoli guardarono il Signore, sorpresi, atteso che egli li aveva rassicurati. Ma il Signore precisò loro che aveva detto testualmente che non dovevano avere paura, non certo che i funghi erano buoni, e li invitò per il futuro a porre maggiore attenzione al suo Verbo. Nel frattempo Tommaso si contorceva in preda al dolore, per cui Giacomo detto Zebedeo suggerì al Signore di attuare nuovamente il miracolo della resurrezione, come con Lazzaro. Al che, però, Tommaso, pur sofferente, ebbe modo di precisare al collega che non era affatto morto, e sferrò un calcione negli Zebedei di Giacomo, evidentemente non nuovo a tali uscite tanto da essersi meritato quel soprannome. Tutti erano stati distratti da quella diatriba e, quando si voltarono di nuovo verso il Signore, videro soltanto un posto vuoto e, dovunque essi guardassero, non c'era traccia di lui, così pensarono che era quello il significato dell'invito a mangiare quei funghi e a non avere paura, evidentemente in quel modo essi sarebbero stati subito seduti con lui alla destra di Dio. Presero tutti, dunque, Pietro per primo (per non essere detto che lo rinnegava per la quarta volta) a mangiare i funghi. Nel frattempo, da dietro un cedro, il Signore li spiava mentre stava per finire la focaccia di Pietro, e sorrideva soddisfatto per l'ennesimo insegnamento che lasciava loro in eredità. sabato 25 gennaio 2014 BELLI PER UN GIORNO Con una buona musica country nelle cuffie la vita ti sembra migliore. C'è l'ottimismo innato dell'America delle infinite occasioni, dei muscoli lucidi, dei grandi spazi, delle interminabili interstate che attraversano il nulla, dei confini che non sono mai un limite ma un obiettivo da raggiungere e possibilmente superare. E poi ci sono le canzoni dei rimpianti, della malinconia, da cantare di notte a bassa voce accanto ad un fuoco, accompagnati dall'armonica e dal profumo di cuoio, le canzoni che parlano di polvere sugli stivali e sul cuore, di cenere e brace, di ricordi spezzati e di nomi che non si dimenticano. Ascoltavo un pezzo di Faith Hill e immaginavo come sarebbe stata la mia vita se le nostre strade non fossero così strette e tortuose, se il coraggio non avesse sempre ceduto alla sciocca prudenza, se avessi anch'io acquistato almeno una volta il biglietto per il treno delle occasioni. La canzone si interruppe per una pubblicità, e io continuavo a fantasticare, quando mi ridestò lo slogan "Belli per un giorno". proponevano un programma di straordinario miglioramento estetico, una sorta di photoshop direttamente applicabile sul proprio viso, frutto di una ricerca sperimentale che garantiva per almeno ventiquattr'ore l'eliminazione dei difetti, delle imperfezioni. Molte occasioni - lo dico per chi mi capisce - spesso le abbiamo perse perché non ci sentivamo, a ragione o a torto, belli abbastanza. Belli abbastanza per presentarsi a quel colloquio di lavoro con concrete speranze, belli abbastanza per quella ragazza così desiderata, quella collega che invece non abbiamo mai avuto il coraggio di avvicinare, timorosi non solo di un rifiuto, ma di una risata sprezzante, "ma come ti permetti, non ce l'hai uno specchio?". Così, sarà stata quella canzone, magari il profumo della primavera in arrivo, mi appuntai il numero e più tardi chiamai. Dopo una serie di filtri, riuscii a parlare con una responsabile, che mi spiegò il funzionamento, una specie di incrocio fra botulino, acido ialuronico, non so quale altra diavoleria chimica ma in una concentrazione assai elevata che si poteva riuscire, incredibile a dirsi, a modellare il viso, addirittura eliminando difetti evidenti come orecchie da elefante, nasi adunchi, labbra sporgenti e menti sfuggenti. Due erano le controindicazioni, la prima era la durata, assai limitata nel tempo, appena un giorno, e che, per la possibile tossicità, non consentiva di ripetere il trattamento. E la seconda il costo, assai elevato. Ma ne sarebbe valsa la pena, mi convinse la mia interlocutrice, perché sarei stato davvero irresistibile e se mi organizzavo bene avrei potuto raggiungere, in quel giorno, obiettivi impensabili. Ad esempio avrei potuto avere qualsiasi donna ai miei piedi, intessere relazioni professionali vantaggiosissime col mio seppure temporaneo fascino irresistibile e sarebbe stato poi compito mio dimostrare che oltre alla bellezza, svanita all'alba, rimanevano le mie doti umane, che, però, causa il mio aspetto non troppo gradevole, di solito nessuno voleva approfondire. Mi feci un po' di conti in tasca, tentennai solo per darmi un tono (per non sembrare che se accettavo immediatamente voleva dire che ero davvero orribile), ma in realtà io avevo deciso già nel momento stesso in cui mi appuntavo il numero da chiamare. I giorni seguenti furono frenetici, fissai il trattamento per il giorno in cui ero riuscito a sapere che la mia collega che mi faceva impazzire sarebbe stata sola in ufficio. In altre circostanze non avrei avuto minimamente il coraggio per provarci, ma quel giorno, invece ... Inoltre fortuna volle che in quella stessa serata ci sarebbe stato un colloquio in cui scegliere il titolare della filiale dello Studio che doveva aprirsi a Salerno, e come al solito in vantaggio c'era il collega spigliato e piacione. Ma io avrei avuto ben altre carte da giocare. Così arrivò il momento fatidico, l'appuntamento per il trattamento era alle cinque di mattina così avrei potuto avere l'intera giornata da sfruttare. Il tempo bestiale non mi spaventò. Non mi fermò neppure la rottura del cambio dell'auto, che mi costrinse a piedi per oltre mezz'ora sotto l'acquazzone, ma nella nebbia, come su uno schermo cinematografico, proiettavo il viso di lei, di noi due abbracciati, e superai di slancio le avversità. Alle sette ero pronto. Mi portarono uno specchio e stentai a credere ai miei occhi. Mi innamorai io stesso, la verità. La titolare si fece consegnare la carta di credito, mai salasso fu accettato più volentieri. Me la riconsegnò guardandomi, mi parve, con un profondo desiderio. Ma seppure assai carina, non era lei che dovevo conquistare. Tossii un paio di volte per riprendere contegno, la salutai ed uscii. Fuori pioveva ancora abbastanza, presi un taxi e arrivai a casa che erano le otto. Caspita che freddo! Accesi il riscaldamento ma continuavo a tremare, mi sentivo di colpo febbricitante. Si avvicinava l'ora in cui sarei dovuto uscire per andare in ufficio a sfruttare la mia nuova avvenenza. Ma non mi sentivo affatto bene. Diciamo pure che stavo uno schifo. Telefonai al centro, esposi il problema, e quella mi disse che effettivamente, in qualche raro caso, e magari se si era un po' raffreddati, c'era stato questo tipo di effetto collaterale al trattamento e purtroppo non era immediatamente reversibile, insomma che per almeno 24 ore avrei avuto la febbre alta e non sarei stato bene. Però, mi disse, credendo di avermi rassicurato, che per quei casi, visto che il prodotto era sperimentale, ci sarebbe stato il rimborso integrale di quanto avevo pagato. Riattaccai, sconfortato. Che potevo fare? Chiamarla e invitarla a casa mia? E con quale scusa? Non c'ero mai riuscito in due anni, figuriamoci se ne avevo il coraggio ora, in quelle condizioni. Idem per la serata, il titolare dello studio sarebbe stato il bel gagà, com'era forse giusto. E magari per festeggiare si sarebbe pure scopato lui la mia amata collega. Auguri e figli maschi. Mi feci forza, in fondo in fondo la giornata non sarebbe stata peggiore di tante altre. Presi un buon libro, mi infilai il pigiama, calai le serrande e mi avviai a letto. Passai davanti allo specchio. Ero davvero incantevole. Anche se ai miei piedi non avevo tutte le ragazze del mondo, ma solo un paio di vecchie ciabatte. Volevo scattarmi una foto, ma tanto, mi dissi, nessuno avrebbe creduto che ero davvero io. Lessi appena poche pagine e crollai in un sonno profondo. Quando mi svegliai era il mattino dopo. Mi sentivo molto meglio. Mi alzai e temevo di passare di nuovo davanti allo specchio. Dottor Jekyll o Mr. Hide? Avrei visto Gregor Samsa o lo scarafaggio? Invece la metamorfosi fu indolore, anzi il mio naso mi sembrò quasi gradevole. Mi era ... come dire, mancato! Le ventiquattr'ore, in realtà, erano durate il tempo di una canzone, il tempo di scrivere questo racconto. E ora nella cuffia ce n'è un'altra, ancora più bella, di Darius Rucker. Parla di amicizia, di nuvole che vanno e vengono, di mani che si stringono e cuori che si capiscono nell'intimo e se ne fregano dei soldi, dell'aspetto, delle macchine veloci, delle parole di circostanza. Vale la pena fermarsi ad ascoltare. Magari fino alla prossima illusione, da esorcizzare con un nuovo racconto. mercoledì 29 gennaio 2014 IL MEGLIO FORSE C'È GIÀ STATO In questi giorni ascolto, con una certa delusione, Mondovisione, il nuovo album di Ligabue. Non perché questi nuovi pezzi non siano belli. Sono oggettivamente perfetti. Sarà che questi vent'anni sono passati per entrambi. E quel che eravamo non lo siamo e non potremo più esserlo. Come raccontavo in questo post di tre anni e mezzo fa, illudendomi per una notte. Martedì, 03 Agosto 2010 Il meglio deve ancora venire "è con questa canzone che faremo adesso, che tutto è cominciato, vent'anni fà" Ligabue pronuncia queste parole e attacca il riff di chitarra di Balliamo sul mondo. E c'eravamo anche noi, vent'anni fa, a ballare sul mondo. Io e il mio amico Walter, nella nostra 126 bianca, sul lungomare di Ascea, con lo stereo a palla, a fingere di ripetere procedura civile - l'esame fra qualche settimana - ma in realtà a memorizzare quegli straordinari pezzi. Leggere la track list del primo album di Ligabue giustifica la convinzione che il primo album, come il primo romanzo (e il primo amore?) è sempre il migliore. Perché in quello fai la summa di tutte le esperienze passate, hai avuto tutta la vita fino ad allora. Mentre il secondo (album, romanzo, amore) godrà soltanto del lasso di tempo trascorso dal primo. Un tempo infinitamente minore. Un tempo di seconda mano. Non è tempo per noi, Piccola stella senza cielo, Bar Mario, Bambolina e barracuda, Balliamo sul mondo. Tutte in quell'album. A tacere di Sogni di rock & roll, proprio quello che vivevamo in quell'estate del '90, appena ventenni, con tutta la vita davanti, a spingerci forte verso il futuro, verso il domani. E la sera quei pezzi ci accompagnavano nelle feste, nei falò, nelle serenate, nei baci, nelle corse a perdifiato, insomma in tutto quello che poteva venire fuori mescolando chitarre, canzoni, emozioni e la voglia di vivere dei vent'anni. E il primo concerto di Ligabue, a Napoli. nel 93, e quello di Palinuro, davanti a non più di cinquanta persone, la maggior parte delle quali eravamo noi e i nostri amici. Sono ancora orgoglioso di esserci stato in quel concerto, di quella tournè in cui il Liga ha scritto, poi, che aveva pensato di dover smettere, perché non se lo cagava nessuno. Noi sì, Luciano. Sicuro. E infatti, vent'anni dopo siamo ancora qui a sentirti. Salerno, stadio Arechi. Ci vedi in mezzo a quelle trentamila persone? Siamo quelli lì, nella tribuna numerata e coperta, troppo vecchi per il prato, e per rischiare l'acquazzone previsto dal Meteo. E infatti, quando alle 23 esatte attacca a piovere, noi siamo lì, tranquilli. Poi smette e lasciamo il nostro comodo rifugio, con nelle orecchie e nel cuore sempre quei vecchi sogni di rock & roll. Certo, poi si metterà a piovere a dirotto nel tragitto fra lo stadio e il parcheggio. Tanto da dover tornare a casa guidando in mutande, comunque cantando. Ma questa è un altra storia. E un altro modo di sentirsi leggeri. Come può succedere solo certe notti ... martedì 4 febbraio 2014 UN PROFESSIONISTA NAVIGATO La strada è stretta e piena di curve. E' quella che conduce al mio studio, e che mi riporta a casa. E' veramente così, ma potrebbe anche essere una precisa metafora. La metafora di chi lotta contro i mulini a vento solo nelle giornate di bonaccia. Di chi si fa giunco dopo passata la piena. Di chi è specializzato in fallimenti. Anche come avvocato. Venghino siori, venghino. Metafore che si sprecano, stasera, mentre percorro questa strada stretta e piena di curve. E pure bagnata da una pioggia leggera e persistente. Quella che Simenon saprebbe descrivere in almeno dodici modi differenti, ma in fondo non è altro che acqua caduta dal cielo. Una curva dopo l'altra, andare e venire, dire e fare, e c'è tanto di quel mare di mezzo. Troppo anche per uno come me. Per un professionista navigato, come mi ha definito oggi un'amica. Io che su questa strada stretta e piena di curve, levigata d'acqua, mi sento Schettino. lunedì 17 febbraio 2014 A BETANIA, IN QUEI GIORNI In quei giorni il Signore fanciullo frequentava la scuola di Betania, e si distingueva per la sua diligenza fra i figli dei farisei e dei sadducei. Uno di essi, Zappeo, non particolarmente portato per lo studio dell'ebraico, chiedeva sempre al Signore di copiare le frasi dell'analisi del logos, specialmente durante l'esame di fine anno, detto l'Apocalisse. Si sporse quindi verso lo scranno di Gesù, ma il Signore, invece di fargli vedere semplicemente il papiro, sapendo che copiare non è cosa buona e giusta, provò a spiegargli il logos. "Allora, Zappeo, in verità ti dico, per scrivere correttamente le frasi tieni conto che in principio era il verbo ...". Zappeo, giovine pratico e concreto, vedendo che il Messia la prendeva troppo alla lontana, prima gli offrì un dattero del Libano, ma Gesù resistette come al solito alla tentazione, quindi provò a strappargli di mano il papiro per copiare, ma il Signore non cedette fino a quando rotolarono a terra. In quei giorni, però, la maestra Suor Gerusalemma era come al solito piuttosto irritabile, e colpì violentemente Zappeo sul dorso della mano con una canna di bambù di Tiberiade, facendogli ripercorrere mentalmente, preceduta da opportuna invocazione, tutta la genealogia di Abramo. La mano era gonfia e pulsante, e rossa come una bistecca. Il Messia lo osservava soddisfatto che grazie alla sua persistenza la profezia si fosse avverata. "... e il Verbo si è fatto carne!", annunciò. E Zappeo risalì fino ad Adamo. domenica 23 febbraio 2014 QUASI QUASI MI FACCIO UN SELFIE Càpita che una parola inedita entri di colpo nel lessico quotidiano, e che tutti si affrettino ad usarla, quasi si trattasse di un aiuto della divina provvidenza per poter finalmente definire qualcosa fino ad allora anonimo. Non è il caso di "selfie", il termine con cui da qualche tempo si definiscono le foto scattate a se stessi e postate sui social network. Infatti, fino ad ora non è che, per definirle si usassero perifrasi del tipo "no, sai ho postato quella fotografia che mi sono fatta da solo". Semplicemente si parlava di autoscatti. E' una tendenza, una moda, che fa proseliti, la parola amplia la sua copertura onomastica. L'altro giorno la famosa giornalista 84enne della CBS, Barbara Walters, ha confessato candidamente di fare talvolta uso di un vibratore. In realtà, ha detto all'intervistatrice scherzando, io non lo definisco così, lo chiamo "selfie". Insomma, con questo termine definiamo ormai tutto ciò che facciamo a noi stessi. Anche se ci facciamo schifo da soli potremmo dire che è un selfie. Ma nel nostro paese, nella nostra classe dirigente, è una confessione che difficilmente sentiremo. Quelli neppure la benzina si mettono da soli. L'unico selfie che ancora mi concedo. O meglio, l'unico che anch'io ammetto. Uno dei due, in verità. L'altro è questo blog, sei anni di sedute di autocoscienza che spaccio per post. Mentre non è altro che ansia di lasciare una traccia del momento. Un'immagine di me stesso che possa resistere alla feroce corsa del tempo. A pensarci bene, nient'altro che un autoscatto. Anche se questa parola non suona alla moda come un selfie.