Luglio-Settembre 2010
anno III - n° 3 - luglio-settembre 2010
Sommario
Editoriale
Patrizio Rosi
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51030 Pontelungo (PT)
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DIRETTORE RESPONSABILE
Luca Lubrani
COMITATO DI REDAZIONE
Patrizio Rosi
Paolo Ferretti
Pier Francesco Francioli
Roberto Cresci
Mauro Pagliai
Stella Passini
REDAZIONE
E AMMINISTRAZIONE
Edizioni Polistampa, Firenze
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50142 Firenze
Tel. 055 737871 (15 linee)
Il comitato di redazione si riserva
la decisione di pubblicare o meno
articoli e notizie inviati.
I materiali inviati alla redazione
non saranno restituiti
Periodico registrato
presso il Tribunale di Pistoia
al n° 3/2008 in data 15/04/2008
Finito di stampare in Firenze
presso la tipografia editrice Polistampa
nel mese di giugno 2010
La nostra storia
Sandra Soldani
CONTADINI CORAGGIOSI
VIBanc a sostiene le Aziende del territorio
PAG.
1
» 2
Personaggi
Simone Trinci
“STEFANO TONCHI
UN PISTOIESE MOLTO DI MODA”
Storia
Maria Valbonesi
I SANTI DELLA CATTEDRALE
Arte
Enzo Cabella
PITTORE DELLA NATURA
Siliano Simoncini
VIAGGIO NELLA PITTURA
CONTEMPORANEA PISTOIESE
Società
Andrea Guerri
I NONNI
Enzo Cabella
I GIOVANI E IL MONDO DEL LAVORO
Fabrizio Borghini
PISTOIA: “IO LA CONOSCEVO BENE”
Sport
Enzo Cabella
IL RILANCIO DELL’UC PISTOIESE
Luca Lubrani
“PROGETTO TOSCANA PER I
MONDIALI DI CICLISMO 2013
È stata siglata con CENTRO FIDI TERZIARIO
un’importante convenzione denominata
“Finanziamento VIBanca ”
» 7
» 9
finalizzata a fornire un concreto aiuto
alle Imprese del territorio che vantano
un sano progetto aziendale ma che subiscono carenza
di liquidità per il contingente momento economico
» 12
» 13
» 17
» 18
fino a € 150.000 in 84 mesi
Sono destinabili ad ogni azienda fino a € 150.000
rimborsabili fino a 84 mesi con rate mensili
e con preammortamento di 6 mesi
» 19
» 20
» 23
Aziende
Alessandra Chirimischi
DALLE TORRI VERSO IL MARE
» 24
Enogastronomia
Augusto Meloni
ENOTECA “DAL MIZIO”
» 26
Scienza
Paolo Baldassarri
LA DIVINA SEQUENZA
» 28
Tempo libero
LE NOSTRE GITE
SU IL SIPARIO a cura di Luca Lubrani
IL CINEMA IN BANCA
» 29
» 30
» 31
L’accordo con CENTRO FIDI TERZIARIO
prevede condizioni di assoluto vantaggio
Ancora una volta VIBanca è dalla parte dell’Imprenditore
I
l 23 maggio presso la sala convegni della Banca, è stato approvato il bilancio d’esercizio 2009, un anno in cui la crisi economica e finanziaria ha mostrato in maniera pesante i suoi effetti
sull’economia reale.
Le proiezioni della stampa specializzata per l’anno 2010,
anche se non mancano i primi segnali di una lenta ripresa, non sono incoraggianti.
Nonostante lo scenario di riferimento VIBANCA ha continuato ad esercitare un ruolo attivo di sostegno e supporto all’economia locale.
Infatti oltre l’80% dei fondi totali raccolti sono stati investiti sul territorio
di riferimento andando a soddisfare le esigenze degli operatori che principalmente lo caratterizzano, quali in particolare le famiglie e le imprese
medio piccole e svolgendo nell’attuale congiuntura economica un’importante funzione di sostegno e fiducia.
Nel 2009 i principali aggregati patrimoniali sono cresciuti in maniera
importante: in particolare rispetto a dicembre 2008 la raccolta diretta ha
registrato un aumento di oltre il 15% e gli impieghi di oltre il 7%.
L’utile di bilancio 2009, pari a 492 mila euro, pur in presenza della particolare congiuntura economica che ha caratterizzato l’esercizio, conferma
l’efficacia degli indirizzi gestionali perseguiti nel costante rispetto dei principi che regolano e guidano l’operato della nostra Banca ovvero l’interesse
dei nostri Soci, “Mutualità”, e l’interesse del nostro territorio, “Localismo”.
Ma il bilancio non sono solo numeri: la Banca nel corso del 2009 ha aperto una nuova filiale nel centro storico tentando di dare una risposta concreta
alle richieste dei clienti in termini di vicinanza e flessibilità nell’orario di
apertura, ed ha continuato la sua azione di supporto e sostegno a favore di
enti ed istituzioni locali.
I primi mesi del corrente esercizio sembrano confermare le criticità previste dalla stampa specializzata per l’intero sistema bancario; Vibanca continuerà ad essere vicina alle esigenze del territorio.
Nell’augurare buone vacanze a tutti Voi, porgo un sincero ringraziamento a coloro che hanno contribuito al raggiungimento degli obiettivi aziendali
in un momento particolarmente difficile.
Vi aspetto numerosi al prossimo appuntamento collegiale, previsto per
questo autunno, che sancirà un traguardo importante per la nostra Banca:
n
“i nostri primi cento anni”.
Luglio/Settembre 2010
1
Editoriale
Patrizio Rosi
Sandra Soldani
Contadini coraggiosi
A
Il difficile inizio di una Cooperativa di Credito
ll’inizio del secolo scorso alcuni contadini della Valle del Vincio iniziarono un processo di autogestione delle
loro risorse, attraverso forme di cooperazione e di aiuto reciproco.
L’insegnamento di questi “buonuomini” coraggiosi è quello di una
forma economica in cui il benessere
individuale non è raggiungibile al di
Pontelungo com’era e
la chiesa di San Piero in
Vincio. Collezione di
cartoline storiche Ideale
Mosi, per gentile
concessione
Nella pagina a
fianco, Niccolò
Pieracci, socio
fondatore
informa
Luglio/Settembre 2010
2
fuori di un contesto di relazioni interpersonali.
Si posero contro alla competizione del mercato con un atteggiamento solidaristico, dando sostegno ad
attività bisognose di protezione perchè più facilmente escluse dai circuiti
ordinari del credito.
In quegli anni aveva preso avvio
un vasto processo di nascita e diffusione delle Casse Rurali in diverse regioni italiane, sul modello importato dalla Germania da Wollemborg
(1859-1932), un grosso proprietario
terriero che in seguito diverrà Ministro delle finanze e che nel 1883
fondò una Cassa Rurale in Provincia
di Padova. La seconda in Italia fu la
Cassa di Cambiano a Castelfiorentino, nel 1884, tutt’ora in attività. Fu
testimone all’atto costitutivo lo stesso Wollemborg: la sua organizzazione era finalizzata alla cooperazione
agricola ed era aconfessionale.
Ma il credito cooperativo si diffuse in tutta Italia con l’emanazione nel
1891 dell’enciclica Rerum Novarum
di Papa Leone XIII, che esortava i cattolici ad intraprendere iniziative concrete in campo economico per stimolare lo sviluppo dei ceti rurali e
del proletariato urbano, e soprattutto per effetto della politica iniziata da
Don Luigi Sturzo, che riteneva causa della disgregazione delle famiglie
contadine e artigiane la forte concorrenza delle grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime, la lotta rovinosa che si facevano tra loro i
Luglio/Settembre 2010
sercizio dei loro affari ed in modo
speciale alla loro Azienda Agricola e
favorendone il Risparmio”.
Il parroco di San Pietro in Vincio
Don Rinaldo Maccioni mantenne la
presidenza fino al 26 febbraio 1911,
sindaco revisore era Padre Panori,
frate francescano del vicino convento di Giaccherino, ma la modesta attività stentava a decollare. Solo il 1°
marzo 1911 fu emesso il primo libretto a risparmio, la somma depositata era di £ 1.000. Nella stessa data fu approvata la prima domanda di
prestito, di £ 2.000. Oltre ai prestiti
per acquisto del bestiame, si accettavano depositi su libretti a piccolo risparmio al 4% netto fino a
£ 200, depositi a libero risparmio fino ad un
massimo di £ 15.000
al tasso del 3,50%,
mentre sui prestiti si
stabilì l’interesse del
5,50%. La differenza
tra i tassi attivi e passivi doveva rimanere
minima, per sconfiggere
l’usura e mantenere il carattere solidaristico.
Si vollero far nascere istituzioni di
questo tipo in ciascuna parrocchia,
all’ombra di ogni campanile.
Il territorio della chiesa di San Pietro in Vincio era stato suddiviso scorporandone la fiorente borgata attestata lungo la Via Provinciale Lucchese da Barile alla Villa Forteguerri. Era stato Scipione de’ Ricci Vescovo di Pistoia e Prato dal 1780 al
1791 che nel 1783 propose di elevare Spazzavento a Parrocchia, e nel
1787 ne incamerò le rendite nel Patrimonio Ecclesiastico, rimanendo al
parroco di San Pietro solo una modesta rendita per garantire l’offiziatura dell’Oratorio, ma si giunse al 30
novembre 1819 quando fu concesso
il Beneficio Parrocchiale di Santa
Maria Maddalena e San Lazzaro “a
libeccio di San Piero in Vincio, da cui
3
il suo territorio è stato smembrato”.
Si capisce così come mai, in un
ambito limitato e caratterizzato da
un’economia agricola che di poco superava la sussistenza, i primi anni
fossero così difficili, e tutta l’attività
rimanesse circoscritta in un ambito
familiare. I primi soci, Cesare Biagioni, Settimo Pacinotti, Adolfo Pieracci, Niccolò Pieracci, Narciso Ghelardini e Sabatino Marini infatti erano quasi tutti in qualche modo imparentati tra loro, e così Eliseo Pacinotti colono, Angelo Pagliai mugnaio, Sabatino Galardi operaio, Luigi Lombardi falegname, Leonardo
Dolci possidente, Enrico Zarrini, Pietro Spagnesi, Adolfo Gherardeschi, Modesto Villani
anch’essi coloni che si
erano iscritti nel febbraio del 1911. Era
piuttosto che una
banca solamente
una società di mutuo soccorso nata da
uomini onesti per promuovere attività oneste.
Dal 26.2.1911 al 6.4.1919
venne eletto Presidente Torello Galligani, possidente, impiegato comunale che dall’atto stipulato in una sala del Piccolo Credito Toscano il 7 luglio 1909 risulta anche tra i soci fondatori della Cassa Rurale di Santa
Maria a Spazzavento, di cui era Presidente suo fratello Francesco, e riuscirà a dare quel certo impulso che
mancava.
Le due parrocchie limitrofe, entrambe sedi di una cooperativa, lungi dal farsi concorrenza si sostenevano e coadiuvavano. Vicepresidente fu Niccolò Pieracci colono, Consiglieri furono Sabatino Marini operaio e Sabatino Galardi colono, Sindaco revisore fu Don Rinaldo Maccioni. Il 27 marzo 1912 si tenne la terza assemblea dei soci della Banchina di S. Pierino in Vincio, come veniva conosciuta dalla gente del po-
La nostra storia
produttori locali, la mancanza di capitali e l’indebitamento.
Pistoia fu tra le città pioniere di
questo movimento, talché nel 1900 il
Seminario Vescovile fu sede del convegno di economia sociale dei cattolici italiani, la cui finalità dichiarata
era quella di promuovere un’attività
associativa e politica dei cattolici, anche per contrastare l’avanzata delle
dottrine del socialismo.
Vi furono sacerdoti capaci e coraggiosi che fecero proprio l’impegno a difesa dei ceti meno abbienti,
come quel Don Flori detto “Sbarra”
che organizzò scioperi nelle campagne, ed un sindacato delle “trecciaiole”, le donne che lavoravano la
paglia per i cappelli fiorentini. La prima Cassa Rurale del pistoiese nacque alla Ferruccia, frazione di Quarrata, il 28 settembre 1901 per opera
di Don Orazio Ceccarelli, che in quella località riuscì a impiantare un mulino sociale cooperativo, una cooperativa di consumo, una mutua per
l’assicurazione contro gli incendi,
una società per l’assicurazione del bestiame, che ne erano non solo corollario ma scopo fondante.
Anche all’ombra del campanile
della piccola chiesa di San Pierino in
Vincio, o San Pietro a Vicopetroso come è ricordata nei documenti più antichi, il 29 ottobre 1910 alla presenza del “signor Don Orazio Ceccarelli fu Luigi, domiciliato in Tizzana nella Parrocchia della Ferruccia”, incaricato di provvedere alle pratiche legali, fu stipulato l’atto costitutivo di
una società cooperativa che ebbe nome “Cassa rurale di prestiti e risparmi di San Pietro Apostolo in Vincio”.
Lo Statuto rispettava i Criteri Direttivi nell’ordinamento pubblico del
credito elaborati da Don Luigi Cerutti. Vi si legge: “La Società ha per
iscopo il miglioramento morale ed
economico dei propri Soci, fornendo loro nei modi determinati dallo
Statuto, il denaro necessario per l’e-
sto: il Bilancio 1911 fu chiuso con lire 269,61 di rendita e £ 237,79 di spese con un attivo di £ 9.954,55 ed un
passivo di £ 9.922,79 e quindi con un
utile netto di £ 31,82, che dava da ben
sperare per il futuro.
I soci di S. Pietro in Vincio nel 1914
erano già 44, nel 1918 saliranno a 50,
tutti coloni tranne Angelo Pagliai,
Guglielmo Maraviglia e Vittorio Paolini che sono mugnai, Sabatino Galardi operaio, Luigi Lombardi e Tommaso Spagnesi falegnami, Ghelli fabbro, Guido Rabuzzi muratore e Oreste Mazzolini fonditore.
Le cariche erano onorarie, l’attività della Cassa rurale che si svolgeva dopo la messa veniva effettuata volontariamente, non vi era nessun impiegato dipendente, per fortuna il Presidente Torello Galligani
aveva una certa conoscenza della
contabilità, che comunque si limitava ad un prospetto su due pagine
di carta da bollo.
In caso di dubbio, consultavano il
manuale redatto da don Luigi Cerutti
e le istruzioni diffuse da Luigi Luzzati
(1841-1927) economista veneziano
più volte ministro, Presidente del
Consiglio nel 1910 ed autore di un’opera dal titolo “La diffusione del credito e le banche popolari”.
La responsabilità dei soci era illimitata, il che significa che essi rispondevano personalmente con i
propri averi di ogni impegno assunto. Era quindi un’impresa fondata su
un codice etico a cui partecipava attivamente l’intero ambiente: soci
clienti, creditori, fruitori, lavoratori,
e che si concreterà nelle trasformazioni territoriali dovute allo sviluppo
economico.
Don Ceccarelli che nel 1916 aveva
costituito una Federazione Pistoiese
delle Casse Rurali si congratulava per
il buon andamento della Cassa di San
Pietro in Vincio.
Dal 1901 al 1916 le Casse rurali pistoiesi erano diventate già 40: Ferruccia, S. Agostino, Vignole, Piuvica,
San Pierino Casa al Vescovo, Ramini, Castra, San Michele Agliana, Casalguidi, Montemagno, San Sebastiano, Montale, Lamporecchio,
Spazzavento, San Giusto, Santallemura, Santomato, Valenzatico, Chiesina, Poggio a Caiano, Piteccio, San
Niccolò Agliana, Canapale, Pontas-
serchio, Badia a Pacciana, San Pietro in Vincio, Quarrata, Santangelo a
Piuvica, la Vergine, Montepiano, Vinci, Tavola, Carmignano, Seano, Valdibrana, Capostrada, erano invece
Casse Operaie le Casse di Vitolini, Limite, Capraia, Cutigliano.
Ma a disfare il piccolo capitale faticosamente accumulato da queste
formiche industriose piombò loro
addosso come un nero corvo la prima guerra mondiale, seguita quasi
senza tregua dalla crisi che scosse l’economia globale nel 1929.
In preparazione della Visita Pastorale, il Vescovo richiedeva ai sacerdoti una descrizione dello stato
della parrocchia. Nell’Archivio Diocesano è conservato il manoscritto
redatto dal Parroco di San Pietro in
Vincio, che ci restituisce un vivace
quadretto della vita della piccola e
modesta comunità in cui si radicò la
Cassa Rurale.
L’attaccamento della popolazione
alla sua Chiesa, oltre che testimoniato dalle associazioni che vi facevano riferimento, è anche in quel voler la statua della Madonna “vestita”
: una statua di terracotta, anche se
I vertici di VIBANCA
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Presidente
Vicepresidente
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
informa
Rosi Patrizio
Baldi Giuliano
Geri Claudio
Noli Alessandro
Carrara Alessandro
Ferretti Paolo
Pecchioli Stefano
Luglio/Settembre 2010
4
COLLEGIO SINDACALE
Presidente
Sindaco Effettivo
Sindaco Effettivo
Sindaco Supplente
Sindaco Supplente
Sala Stefano
Becciani Roberto
Tognozzi Luca
Coen Emanuele
Carmignani Claudio
Collegio Dei Probiviri
Presidente
Probiviro Effettivo
Probiviro Effettivo
Probiviro Supplente
Probiviro Supplente
Sanchini Paolo
Bellizzi Giancarlo
Marini Luca
Arcangeli Cristina
Biagioni Giacomo
Direzione
Direttore Generale
Vicedirettore Generale
Francioli Pier Francesco
Cresci Roberto
“20 giugno 1929 questionario
Stato della Parrocchia
1 - Esistono in questa Parrocchia
due sacerdoti. Il parroco D. Rinaldo
Maccioni di Leopoldo, nato nella Parrocchia di S. Maria Assunta in Gora
ed ivi battezzato a dì 15 maggio 1865,
ordinato Sacerdote a dì 4 giugno 1887
nominato Cappellano Curato nella
Parrocchia di Casalguidi fino al 1889.
Economo Spirituale a S. Marcello Pist.se fino al 1893 epoca in cui fu eletto Parroco parroco di questa Chiesa
con reddito patrimoniale complessivo
di £ 3.000.
P. Ottavio Spagnesi fu Cesare nato
in questo popolo e battezzato il
11.6.1883 nella Chiesa di Vicofaro,
promosso al S. Ordine del sacerdozio
a dì 22 settembre 1906 e nominato subito Cappellano Curato senza reddito
alcuno tranne che l’intero mantenimento e quello che gli proviene dalla
soddisfazione del Pio legato Baldi.
2 - Esiste in questa Parrocchia una
famiglia religiosa abitante nel Convento di Giaccherino composta da 14
Sacerdoti, tra cui un Guardiano, un
Vicario, un Economo e alcuni laici al
Luglio/Settembre 2010
La banda durante
una processione
religiosa
servizio praticanti la regola francescana dei Minori Osservanti. Tutti sono pronti a coadiuvare il Parroco e il
Cappellano nel Ministero quando di
ciò richiesti.
3 - per i tempi che corrono, in generale non si esagera dicendo che delle migliori, e fatte poche eccezioni di indifferenza che si riscontrano in due
borgate, praticano tutti vita cristiana.
Non vi sono anche negli indifferenti
idee anticristiane ed è difficile che,
tranne forse in una famiglia, si leggano giornali irreligiosi. Scandali gravi
e pericoli per la fede non ve ne sono.
In generare anche gli indifferenti procurano i genitori l’istruzione cristiana
dei loro figlioli facendo ad essi frequentare la Dottrina Cristiana.
4 - più di 700 sono coloro che fanno Pasqua e nel corso dell’anno le Comunioni che si fanno nelle diverse ricorrenze festive passano il mille, si intende comprese quelle ripetute. I giovinetti, fra maschi e femmine, che frequentano la scuola di dottrina cristiana sono un cento.
5 - Quattro sono i matrimoni celebrati soltanto religiosamente, di cui tre
perchè di persone avanzate di età ed
uno perchè essendo la sposa minorenne non si potè celebrare il matrimonio anche sotto il rito civile, per
mancanza del consenso paterno e la
necessità imponeva l’unione. Non vi
è alcuno che si sia unito col vincolo civile soltanto, come pure non vi sono
creature non battezzate. Dentro gli otto giorni al più tardi si portano i bam-
5
bini al S. Fonte per il Battesimo e se alcuno ritarda di quei di altro popolo. È
cosa ben difficile che nella popolazione circoli stampa immorale e per
quanto si può, si procura di diffondere opuscoli e buoni giornali.
6 - Esiste in Parrocchia da tempo remoto una Confraternita o Compagnia
sotto la protezione di San Carlo Borromeo assai numerosa, i cui iscritti o
fratelli prestano servizio per il trasporto
dei cadaveri e per le processioni che si
compiono durante l’anno. Sono regolati e gli uffici e gli oneri da un capitolato. Sono ammessi solo quei che tengono vita cristiana e sono informati a
buoni sentimenti. Vi sono altre pie associazioni quali Della S. Famiglia, cui
si iscrivono i capi di casa, Della Madonna Addolorata cui sono ascritte le
madri cristiane. Le Figlie dell’Immacolata per le giovinette e il Circolo di
S. Luigi per i fanciulli. La Congrega
del Santo Rosario eretta fino dal 1828
arricchita di indulgenze. Con i redditi
di questa Congrega si celebra una Messa durante l’agonia dell’iscritto con la
funzione della Buona Morte e la Messa per la Festa del Rosario.
7 - In generale quando più le stagioni lo permettono il popolo interviene alle sacre funzioni alla spiegazione
del Vangelo, del Catechismo Molti più
interverrebbero se non vi fossero alcune cappelle di Signori ove si dice
messa che riesce comodo al alcuni lontani dalla Parrocchia. Difficilmente si
fanno musiche ma nelle sacre funzioni si procura di uniformarsi alle pre-
La nostra storia
più rispettosa dei dettati delle gerarchie ecclesiastiche, non rispondeva
alla volontà di partecipazione con cui
durante le processioni le donne potevano far sfoggio della loro abilità
di sarte e ricamatrici. Altra questione che suscitò notevole tensione fra
clero ed istituzioni laiche fu quella
dei matrimoni, come riportato dal
Sottoprefetto di Pistoia ai suoi superiori: “I rappresentanti del partito clericale han tenuto pubblici comizi e
conferenze intese a contrastare nella pubblica opinione e più specialmente fra i loro correligionari la precedenza del matrimonio civile su
quello religioso” (ASP Sottoprefettura 1914 c. 58). Ed anche il Sacerdote Maccioni se ne preoccupava, giustificando quei riti che non avevano
avuto una trascrizione civile.
scrizioni della S. Sede. Si celebrano diverse feste oltre quella del patrono e fin
qui si è riscontrato una devozione per
le comunioni che si fanno.
Col più solenne apparato che sia
possibile si fa la S. comunione onde
nei giovanetti resti indelebile l’impressione di quel giorno solenne. Si porta
agli infermi il S.mo viatico con quel
seguito che si può riunire. Si eleggono
annualmente i fratelli della Compagnia i quali si obbligano a portare alla Chiesa e al Cimitero tanto i cadaveri dei poveri come dei ricchi.
9- Possibilmente nei giorni feriali si
celebra la Messa a comodo del popolo, che però difficilmente interviene varia a seconda delle stagioni. Dopo Vespro e avanti della benedizione si spiega il catechismo agli adulti e ai fanciulli si fa la Dottrina Cristiana nelle
ore pomeridiane di ogni mercoledì e
dopo la Messa seconda, alle feste e Domeniche, giornali solo in Quaresima.
10- Nel territorio di questa Parrocchia oltre alla Chiesa del Convento di
Giaccherino vi sono quattro Oratori,
uno in Gugliano proprietà del Sig. Galligani Leone, uno alla Scala di Giaccherino proprietà del Sig. Barone de’
Franceschi, il 3° alla Colonna proprietà del Sig. Gai Labindo, il 4° in
Groppoli, l’antica Pieve di San Michele
proprietà degli Eredi Dal Pino, ma nessuno di questi viene ofiziato.
12 Si procura sempre che l’Altare
ove si conserva la SS.ma Eucarestia è
l’altar maggiore sia ben distinto dagli
altri per ornamento e numero di lumi.
Non vi è Badacchino pensile perchè
sopra evvi la volta, il Tabernacolo è di
marmo foderato nell’interno di seta
bianca con pendone ugualmente di seta allo sportellino, che è di metallo
bianco.
Avvi una chiave d’argento ed una
usuale di metallo Vi sono diversi canopei del colore di rito.
13 Tanto i crocefissi come pure le
pietre sacre si ritiene che abbiano la
misura prescritta. I confessionali so-
informa
Luglio/Settembre 2010
no muniti di grata metallica e spesso
vengono dai sagrestani spolverati e puliti. L’acqua benedetta. allorchè si vede torbida si rinnuova. Gli altari sono
provvisti di palme di fiori di carta.
Esiste una statua vestita rappresentante la madonna del Rosario e per
quanto non esservi nell’archivio alcun
documento, sono di sentimento che
venisse fatta nel 1828 epoca della erezione della Congrega del Rosario. Avvenne un’altra nuova Santa che fu fatta nel 1901 a forza di oblazioni del popolo anch’essa vestita.
Il parroco fece di tutto perchè fosse
fatta tutta di cartapesta facendo vedere come il farla vestita fosse proibito
Il nuovo Presidente eletto Prof.Ugo
Mannori durante la consegna di un
riconoscimento al Presidente uscente
Raffaello Morosi
dalla Chiesa e contro il rito, ma nulla
valse, si rispose dal popolo che non volevano una madonna di terra cotta.
Ricorso al Vescovo Mons. Mazzanti,
il quale veduto che non sarebbe stato
possibile portare il popolo a miglior
consiglio, annuì che fosse contentato
così avvenne e furono tutti quieti.
Le altre due di San Pietro e S. Antonio da Padova sono di Cartapesta.
L’armadietto ove si conservano le Sacre reliquie nell’interno è soltanto tin-
6
to di rosso, quello degli oli Santi è rivestito di seta violacea, il coperchio del
fonte battesimale è foderato di lino
bianco come è il canopeo.
14 - Alla parete esterna della Sagrestia vi è l’acquario col suo manutergio.
Vi sono le tabelle per la preparazione e
ringraziamento della S. Messa con i
relativi genuflessori. in una tabella sono descritti i legati e obblighi di questa Chiesa. La Vacchetta delle Messe si
conserva nell’Archivio Parrocchiale.
Vi sono due Messali con le aggiunte
dei Santi più recenti. Nell’ultima visita fu dal Vescovo consigliato il Parroco ad erigere il Battistero fu eretto, non
furono fatte altre prescrizioni.”
Don Rinaldo Maccioni fu un buon
parroco, aveva studiato in seminario
e predicava in latino ed italiano, ed
aveva passione per l’insegnamento
del catechismo. Ma non fu un buon
amministratore, la contabilità non
faceva per lui, così nel periodo in cui
fu Presidente dal 6.4.1919 al
16.3.1924 tenne i conti in maniera
molto imprecisa, aveva distribuito ai
parrocchiani bisognosi senza alcuna scrittura contabile ben 25.000 lire, cifra enorme all’epoca, che rappresenta la quasi totalità dell’attivo
della Cassa, senza nessuna ipoteca o
garanzia. Per questo, ed a causa del
decadimento delle condizioni agricole, la Cassa Rurale entrò in crisi.
Cercò di porvi rimedio Cesare Biagioni (1850-1945) primo fra i soci
fondatori che dal 16.3.1924 al
28.3.1926 assunse la Presidenza e garantì con le proprie sostanze la ripresa dell’attività.
Ma fu soprattutto a Raffaello Morosi, contadino della Chiesa di San
Pietro, che si deve la rinascita ed il rilancio della Cassa Rurale, ne fu Presidente dal 1926 al 1943 e Vicepresidente dal 1943 al 1965: un vita spesa
bene al servizio della collettività.
Raffaello Morosi era nato il
9.1.1890 a S. Pietro in Vincio, da Fer-
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“Stefano Tonchi
un pistoiese molto di moda”
Simone Trinci
I
primi passi a Quarrata, il liceo a
Pistoia, la carriera a New York.
Per chi è in cerca il self made
man, dell’uomo che si realizza
da solo, la storia di Stefano Tonchi è un esempio da far sbarrare gli
occhi. Per gli ambienti della moda a
stelle e strisce, lui è ormai una sorta
d’icona, al pari di quelle che il suo
giornale pubblica sulle copertine.
Megan Fox, Jennifer Aniston, Madonna non sono che alcune delle dive che “W”, la “rivista più patinata
degli Stati Uniti”, ha immortalato.
Tonchi, 50 anni ben portati anche
grazie all’attività sportiva, dirige il periodico da appena qualche mese, dopo una carriera nel giornalismo d’oltreoceano, che sei anni fa lo ha visto
creare “T”, periodico del New York
Times dedicato a moda, personaggi
e tendenze del momento.
L’arrivo a “W” è stato soltanto l’ultimo passo di una vita professionale
costellata di successi. Nel 2001, l’Esquire di cui era direttore creativo si
aggiudicò il premio magazine dell’anno della “Society of publication
designers”, sette anni dopo lo stesso
riconoscimento fu attribuito a “T”,
testata che ha ispirato inserti come
“M” del francese Le monde, o “Wsj”
del Wall street journal. Una corsa
inarrestabile verso l’affermazione
professionale. Il segreto di Tonchi?
“La mia formazione che affonda in
un’educazione classica italiana, che
mi ha portato per esempio a curare
libri che indagano l’intersezione fra
arte, moda e cultura”, ha risposto l’interessato al settimanale Panorama
che in aprile gli ha dedicato un’intera pagina.
Una cultura classica, quella di Ton-
7
chi, “aggiornata e rivista” dagli interessi e le frequentazioni dell’adolescenza toscana. “I miei esordi professionali – racconta il giornalista italiano più conosciuto in America – sono stati su Firenze. Da ragazzo abitavo a Quarrata e frequentavo Pistoia
soltanto per andare a scuola, al liceo
classico Forteguerri. Che giorni – sospira –. Mi ricordo che passavo il tempo sul bus per andare e tornare da
scuola. E mi ricordo che gran parte
dei miei compagni venivano da Montecatini: la nostra era una specie di sezione della provincia. La sezione ‘C’
del liceo classico. Malgrado tutto, insieme a un mio amico, con cui andavo anche ai concerti di Iggy Pop,
fondammo un giornalino che si chiamava Apache”. All’epoca, Tonchi aveva già diversi interessi nel campo dell’arte e della moda, ma il vero primo
salto risale al periodo delle frequentazioni universitarie a Firenze. “Studiavo Scienze politiche – continua –
e cominciai a curare Pitti Immagine.
Per loro facevo ricerche, rassegna
stampa, e seguivo una rivista pubblicata in italiano e inglese. Ho lavorato per tre anni”. Sempre nel mondo della moda, “il motore di quegli
anni, insieme alla musica”. “Mi occupavo anche di quella – prosegue
Tonchi –. Per esempio ho scritto su
‘Mucchio selvaggio’ e altre riviste del
Personaggi
dinando e Ester Bertocci, una famiglia proveniente da Larciano. Era stato tra i primi sottoscrittori della Cassa Rurale di San Pietro in Vincio, promotore di questa forma di accumulo e condivisione di risorse, che doveva consentire un miglioramento
delle condizioni economiche del popolo, con la possibilità di poter trasformare contratti da mezzadria ad
affitto, acquistare bestiame e sementi
e col sogno remoto di comprare un
pezzetto di terra. A soli trentacinque
anni divenne Presidente della Cassa
Rurale di San Pietro in Vincio.
Lo affiancò il valido Contabile Provinciale Torello Romagnani, che anche avendo come solo titolo di studio
la quinta elementare aveva una maggiore conoscenza degli atti amministrativi e seppe dimostrarlo, riportando i Bilanci ad una chiara e produttiva gestione. Era stato Consigliere Comunale, e dal 6 novembre 1920
lo sostituì a rappresentare la popolazione di Pontelungo Raffaello Morosi, eletto per il Partito Popolare.
Grazie all’amicizia di questi due
uomini, a cui più tardi si affiancherà
il figlio di Torello, Arrigo Romagnani, la Cassa Rurale di San Pietro in
Vincio crebbe lentamente ma costantemente, di pari passo con lo sviluppo delle attività agricole e di piccolo artigianato della zona, dandovi
impulso.
Raffaello Morosi resistette anche
alle minacce e percosse dei fascisti,
che scacciarono dal Consiglio Comunale i Popolari ed i Socialisti, e
che tentarono prima con la violenza,
e più tardi con manovre economiche,
di eliminare le Casse Rurali.
Mentre le altre “Banchine” furono costrette a cessare l’attività, i consiglieri della Cassa Rurale di San Pietro in Vincio riuscirono a tenerla in
vita e sempre in attivo, malgrado le
intimidazioni e le avverse condizioni economiche.
n
Ci volle del coraggio.
settore. E poi facevo il dj in discoteche come il Tenax di Firenze, e altri
locali. Per un po’ ho seguito il teatro
e ho lavorato per radio locali del panorama cosiddetto alternativo, con
etichette discografiche indipendenti”. Se a qualcuno è capitato di ascoltare i Litfiba: Stefano Tonchi fu
tra i primi a farli conoscere al grande pubblico. “Ma forse la moda
era il settore con maggiori potenzialità di sviluppo e anche per questo mi sono concentrato in quell’ambito – dice ancora. Allora, insieme ad altri, ho creato Pitti Trend, portando a Firenze tanti stilisti. In pratica,
in quel periodo facevo attività di
scouting per le capitali internazionali della moda”.
Nella più importante, New York,
Tonchi è sbarcato tempo dopo, poco
più di quindici anni fa, iniziando ad
essere sempre più apprezzato dagli
addetti al settore, fino a scalare il vertice delle più importanti riviste di moda e scrivere volumi come “Uniform:
order and disorder” nato da una mostra figlia dei Pitti Immagine e del
museo P.S.1 a New York, curata insieme a un gruppo di autori fra i quali Francesco Bonami (amico e altro
“emigrante” di successo che adesso
cura la Biennale al Whitney museum), e “Excess”, con Maria Luisa
Frisa “che – si nota ancora nell’articolo di Panorama – rivisitava gli anni Ottanta quando ancora nessuno si
era curato di farlo”. “Il mio progetto
– annuncia Tonchi a proposito di ‘W’
– è adesso quello di rendere la rivista
che dirigo più accessibile. Si tratta di
una testata nata nella moda intesa in
senso stretto, ma ora tutto questo è
cambiato. La moda è molto di meno,
ma anche molto di più e ha invaso
tutto. Ci sono l’architettura, l’arte e il
informa
Luglio/Settembre 2010
design: io voglio che ‘W’ si occupi anche di tutto questo”.
Lo farà dal suo ufficio nel grattacielo della Condè Nast della celeberrima Times square. È da lì che dirige
una delle riviste che dettano tempi e
tendenze della moda
internazionale. Un volo non da poco, per il re
pistoiese del giornalismo d’esportazione,
che ha lavorato anche
come direttore creativo
della catena di negozi
“J. Crew”, fra i preferiti della first lady Michelle Obama. “All’inizio ho accusato un po’
il problema della lingua
– spiega Tonchi – ma il
fatto di essere italiano negli Stati Uniti aiuta perché viene riconosciuto un
senso dello stile che forse per noi è
naturale. Ce l’abbiamo nel dna: in un
paio di categorie, nella cucina e, appunto, nella moda, possiamo vantare ancora qualche vantaggio”. Meglio
sfruttare le doti naturali, laddove ancora vengono riconosciute e valorizzate al meglio. E quindi, malgrado le
8
tante offerte, almeno per il momento il ritorno in Italia non è fra le opzioni prese in considerazione. “Non
sono comunque tra coloro che ritengono che il merito venga premiato
soltanto all’estero – afferma Tonchi.
Se fossi rimasto in Italia, forse avrei
fatto una carriera ugualmente soddisfacente”. Per diversi aspetti, il nuovo incarico al “W”, gli ha già permesso di lavorare come redattore di
Uomo Vogue e come collaboratore a
Vogue e Glamour. “La crisi esiste per
tutti, ma credo nel valore del giornalismo su carta – ha dichiarato Stefano Tonchi nell’intervista a Panorama
– e nella magia delle parole e delle
immagini stampate. I periodici
avranno lunga vita perché assolvono
un compito di sintesi che internet
non può soddisfare”.
E le origini? Le radici pistoiesi? “A
dire il vero – ammette – non torno
molto spesso a Pistoia –. Ogni quaranta giorni, vengo a far visita a mio
padre Alfredo, che però si è trasferito a Marina di Pietrasanta. Mai fatto
nemmeno una riunione coi vecchi
compagni del liceo ‘Forteguerri’. Man
gari un giorno. Chissà”.
I santi della Cattedrale
D
Oltre a San Jacopo Apostolo e San Atto,
sono venerati Martino, Proculo, Felice, Rufino
e Zeno, al quale è intitolata la chiesa
Coppo di Marcovaldo,
Crocifisso, 1274 ca.
Luglio/Settembre 2010
iciamo subito che con santi della cattedrale non si intende tutti i santi che
vi sono venerati e nemmeno i due di
gran lunga più importanti e conosciuti, Jacopo apostolo, la cui preziosissima reliquia è da quasi novecento anni potente fattore di integrazione religiosa e civile, e il vescovo Atto, che non solo procurò a Pi-
9
stoia questa reliquia, ma miracolosa
reliquia è diventato egli stesso per Pistoia con la conservazione del suo
corpo intatto.
I santi di cui si tratta – Martino,
Michele, Proculo, Felice, Rufino e
Zeno o Zenone – sono molto più antichi, tanto antichi che talvolta di loro resta soltanto il nome col quale
intitolarono la cattedrale. Anche tutti insieme, come risulta da un documento del 953.
Poi però è successo questo: mentre, come un corpo in crescita, la cattedrale spostava in avanti di sette metri la sua facciata longobarda trasformandola in romanica e rinascimentale; e successivamente, con un
colpo non più di testa ma, per così dire, di coda, ampliava grandiosamente in forme barocche il presbiterio e la tribuna – mentre essa veniva così crescendo, dei suoi santi titolari le è rimasto soltanto Zeno. E
gli altri? San Michele arcangelo e san
Martino di Tours sono nomi di grande risonanza religiosa e storica. A Pistoia per non dimenticare il primo,
se non ci fossero due chiese romaniche e un monastero, basterebbe la
bella statua di Guido da Como.
E in quanto al secondo, chi non sa
almeno che fece a mezzo del suo
mantello con un mendicante e che
per la sua festa, l’11 novembre, ha la
simpatica abitudine di regalare a tutti l’ultima estate dell’anno? Eppure
anch’essi diventarono presenze sem-
Storia
Maria Valbonesi
pre più rarefatte, sfuggenti e labili
nella memoria della cattedrale così
come le loro immagini e gli altari – su
quello di san Michele pendeva il grande Crocifisso di Coppo di Marcovaldo – si sono dispersi nelle successive
modifiche architettoniche.
PROCULO, RUFINO E FELICE
Giovanni Balducci detto il Cosci,
San Felice resuscita il bue di un
contadino che arava, San Felice
guarisce dalla lebbra un fanciullo di
Gora, 1593-1594, pilastro sinistro
della Cappella del Sacramento.
Per Proculo e Rufino il discorso cambia, perché sono santi senza dubbio
locali – ma di quale luogo è cosa sempre tutta da stabilire. Le sporadiche
notizie di fonti diverse, o magari della stessa fonte, si intrecciano in modo contraddittorio, per cui, ad esempio, Proculo sembra venuto da Bologna ma a Bologna non risulta la
presenza di nessun san Proculo; e
Rufino sembra da identificare col vescovo di Assisi padre di san Cesidio,
in tal caso però dovrebbe essere sepolto sia ad Assisi che a Pistoia… e
così via.
Sono, più che figure di santi, questioni a non finire, frammenti che,
in una specie di archeologia della
santità, fanno balenare realtà inafferrabili e perciò anche sottilmente
intriganti…
Ma prima che ci confondano del
tutto, riportiamoli in cattedrale, dove, per quanto siano ormai scomparsi, troviamo la certezza di due
punti fermi: san Proculo aveva una
cappella affrescata nel 1290 da Manfredino d’Alberto nella zona dell’attuale sacrestia, mentre Rufino condivideva con Felice l’altare della Vergine.
San Felice ama lui pure giocare un
po’ a nascondino nel piccolo parco
della storia locale, ma poi finisce
sempre per farsi trovare.
Nacque a Pistoia al tempo della
dominazione longobarda. Ordinato
sacerdote, trascorse un lungo periodo di penitenza e meditazione in
mezzo ai folti boschi e alle acque torrentizie della val di Bure finché «ebbe avviso da un angelo» di far ritor-
informa
10
Luglio/Settembre 2010
Giovanni Balducci detto il Cosci, San
Felice subisce un attacco del diavolo che
gli distrugge il carro, San Felice opera la
guarigione di un bambino, 1593-1594,
pilastro destro della Cappella del
Sacramento.
Storia
no in città. Qui si rimise al servizio
della Chiesa e del prossimo, contribuendo a tenere accesa la luce della
speranza col suo esempio e la semplicità dei suoi miracoli.
Comunque di secolo in secolo anche il ricordo di lui sembrava
sprofondare nelle nebbie del tempo,
quand’ecco che il 12 agosto 1414, durante alcuni lavori di demolizione e
di scavo in cattedrale, dentro una bellissima urna etrusca di alabastro ricompaiono le sue ossa. E dopo neanche altri due secoli, durante i lavori
per la costruzione della cappella Pappagalli, l’arcidiacono Cesare Fioravanti si trovò di fronte alla sua immagine circondata da quadretti votivi
che illustravano altrettanti miracoli.
Fra il 1593 e il ’94 la illustrazione
pittorica dei miracoli venne rifatta
dal Cosci nel sottarco d’ingresso alla
cappella, mentre una statua austeramente barocca di san Felice veniva
sistemata sotto il nuovo altare della
Madonna.
A questo recupero devozionale e
artistico ne corrispose anche uno
“mondano” quando, nel 1643, san Felice fu scelto come patrono della più
importante accademia pistoiese,
quella dei Risvegliati.
SAN ZENO
Andrea Vaccà, San Zeno, 1718.
Come s’è detto, santo titolare della
cattedrale restò alla fine Zeno o Zenone, africano di nascita, veronese
di santità e pistoiese di adozione.
(Sembra che a farlo adottare dai pistoiesi, che hanno sempre paura di
veder straripare i loro fiumi, sia stato decisivo il miracolo con cui nel 589
aveva bloccato la piena dell’Adige davanti alla porta spalancata della chiesa dove era sepolto.)
Ben presto però in cattedrale san
Zeno si venne a trovare in una posizione, se non incresciosa, quanto
meno delicata e ambigua. Infatti è
vero che, vestito di chiaro marmo o
di lucido bronzo dorato, egli vi com-
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pare solennemente a più riprese; ma
da quando ci si sono insediati anche
Jacopo e Atto si è subito visto – e si
vede tuttora che il padrone di casa
non è lui.
Perciò si può anche capire che nel
1599 un vescovo recente e forestiero
come monsignor Fulvio Passerini lo
considerasse alquanto decaduto, se
non ormai desueto, e che, nonostante le rimostranze del proposto Giovan Battista Cancellieri, il giorno delle sua festa (8 dicembre) preferisse
passarlo in villa a riposarsi piuttosto
che fra digiuni e processioni. Un po’
meno si capisce come, quando giun-
11
se la notizia che in villa il vescovo era
rimasto vittima di un banalissimo e
tuttavia mortale incidente domestico,
il suddetto proposto abbia potuto –
pazienza esclamare, ma lasciare
scritto per i posteri nei suoi Ricordi:
«San Zeno pur fa de’ miracoli!» n
CENNI BIBLIOGRAFICI
F. Panieri, Catalogo dei santi e dei beati, Pistoia, 1818.
A. Pacini, La Chiesa pistoiese ela sua cattedrale nel tempo, vol.IV, Pistoia, 1995.
N. Rauty, Il culto dei santi a Pistoia nel
Medioevo, Firenze, 2000.
AA.VV., La cattedrale di san Zeno a Pistoia,
Milano, 2003.
Giovan Battista Cancellieri, Ricordi,
B.F.P., raccolta Chiappelli, 187.
Enzo Cabella
U
n altro pezzo della cosidetta
«Generazione di mezzo» –
quella di Alfredo Fabbri, Remo
Gordigiani, Aldo Frosini, Mirando Jacomelli, Valerio Gelli,
Lando Landini, Francesco Melani –
se n’è andato, lasciando la moglie teresa e due figli che lo hanno tanto
amato, un amore ricambiato tanto
era solito dire che «senza di loro non
saprei vivere». Marcello Lucarelli si
è spento all’età di 87 anni, dopo una
vita vissuta ‘dentro’ la pittura, sia come insegnante di disegno nelle scuole superiori di Pistoia, Ales (provincia di Oristano) e Cagliari. Lucarelli
era un artista figurativo. E ne andava fiero. L’astrattismo e tutte le altre
forme d’arte moderne gli sono rimaste saldamente lontano. I suoi paesaggi erano, come ha detto qualcuno, «fotografie mentali della realtà».
Se ne andava in giro a prendere ap-
informa
Luglio/Settembre 2010
Marcello Lucarelli
pittore della natura
punti – un casolare, un ruscello, una
pianura circondata dalle colline, alberi, marine – che poi rielaborava e
traduceva sulla tela nel suo studio, ai
quali sapientemente aggiungeva la
fantasia, la carica umana, il pudore
di uomo umile, mite, garbato. «Erano ricchi, coloratissimi sogni di natura» ha scritto Maurizio Tuci nel
presentare la sua ultima mostra nella Pieve Vecchia di Piteglio, tre anni
fa. Lucarelli è stato uno specialista
nel rappresentare i colori morbidi e
quieti del paesaggio toscano con
quelli accesi e aspri dell’amata Sardegna. Un amore, peraltro, ricamMarcello Lucarelli con la moglie Teresa,
in occasione della sua ultima uscita in
pubblico il 26 febbraio 2010
all’Auditorium della Vibanca per “Viaggio
nella pittura contemporanea pistoiese”
a cura di Domenico Asmone
12
biato con l’isola, tanto che le sue opere sono conservate nel museo regionale di Cagliari.
Marcello Lucarelli nasce a Pistoia
nel 1923. A 15 anni viene iscritto dal
nonno alla Scuola artigiana di Fabio
Casanova, dove conosce Remo Gordigiani e Aldo Frosini, che diventeranno gli amici più fidati e sinceri.
Con Frosini continuerà gli studi all’Istituto d’Arte di Porta Romana a
Firenze. Nel 1946 si iscrive al Magistero d’Arte e nello stesso anno inizia
una carriera scolastica come assistente di Pietro Bugiani alla Scuola
d’Arte di Pistoia. Espone con Frosini, Gordigiani e Jorio Vivarelli alla
Saletta Masaccio di Pistoia. La Biennalde del ’48 lo mette in contatto con
la grande pittura del Novecento internazionale ed è da lì che Lucarelli
matura il suo stile di paesaggista. Nel
’50 ottiene una cattedra come insegnante di disegno in Sardegna, prima
ad Ales (Oristano) poi a Cagliari. Rimane nell’isola dieci anni, durante i
quali partecipa attivamente alla vita
artistica cagliaritana. Lucarelli si afferma come un pittore figurativo, privilegia il paesaggio come elaborazione della memoria, fatto di ricordi
e suggestioni maturate e fissate in
piccoli appunti, realizzate dal vero e
poi elaborate nel silenzio del suo studio, in via degli Orafi, che divide con
l’amico Gordigiani. La sua prima personale è del 1954, a Pistoia, presentata da Giulio Innocenti, altre ne seguiranno e incontreranno sempre il
favore del pubblico. Pistoia lo ha celebrato nel ’97 con una antologica
nelle Sale Affrescate di Palazzo Comunale e nel 2004 con una mostra di
n
dipinti sulla Sardegna.
Viaggio nella pittura
contemporanea pistoiese
V
Lando Landini, Domenico Asmone,
Alessandro Ciantelli, Giorgio Giacomelli
IBANCA, Banca di Credito Cooperativo di S.Pietro in Vincio festeggia i
suoi cento anni di storia. Numerosi
Due opere di Lando Landini.
Olio su cartone
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sono gli eventi già effettuati e quelli ancora in programma, per celebrare un’attività operosa diffusa sul
territorio a sostegno delle aziende e
dei cittadini. La promozione culturale, grazie alla volontà del Consiglio Direttivo e all’impegno assiduo
della responsabile del settore signora Stella Passini, ha avuto un ruolo
importante e significativo come
ben dimostra l’esposizione di quadri presso la sede di Pontelungo
(iniziata il 26 febbraio si concluderà il 17 dicembre) dal titolo Viaggio nella pittura contemporanea
pistoiese ottimamente curata dall’artista Domenico Asmone.
Dopo l’inaugurazione della
prima delle mostre previste, dedicata alla collettiva dei 14 pittori
invitati, i primi quattro espositori a
Arte
Siliano Simoncini
Domenico Asmone, Cromatico blu, 2009, olio
e carta velina su tela, cm 100x120x5
presentare una personale sono stati: Lando
Landini, Domenico Asmone, Alessandro Ciantelli e Giorgio Giacomelli, rispettivamente presentati da Siliano Simoncini, Ugo Barlozzetti,
Maurizio Tuci e Ilaria Minghetti. I relatori
hanno messo a fuoco la poetica creativa delle
distinte personalità e commentato, oltre alle
opere in mostra, la visione di altrettanti CD
che, attraverso una sintesi significativa di
opere inerenti l’intera attività di ogni singolo
artista, hanno consentito ai presenti di rendersi conto di come si sia evoluta l’esperienza
pittorica di ciascuno sul piano formale, stilistico e semantico.
Lando Landini, uno dei maggiori esponenti dell’arte del secolo scorso, ha una storia
feconda non soltanto come pittore ma anche
come critico d’arte. Stimato da Roberto Longhi fu chiamato, dal grande personaggio della
cultura internazionale, a collaborare
(1951/1956) alla prestigiosa rivista Paragone e
molti, negli anni, sono stati i suoi contributi
inerenti al dibattito sulle problematiche emergenti dell’arte moderna e contemporanea. Va
ricordato che Landini è stato il primo a far
conoscere in Italia un artista come Nicholas
De Staël. Infatti, nel 1960, scrivendo un saggio
memorabile, presentò l’artista francese alla
galleria Il milione di Milano. La sua pittura è
l’esempio di come l’artista riesca a elaborare
un linguaggio stilisticamente autonomo muovendo dagli elementi essenziali che lo identificano come fattore estetico/percettivo: il colore, la luce, la materia, intesi come identificazione espressiva del concetto di tempo. Ma
non il tempo effimero espresso dalle opere
degli impressionisti, bensì quello stabile ereditato dalla lezione di Piero della Francesca.
La pittura di Landini è, di fatto, la restituzione
di un assoluto “molecolare” le cui particelle
sono legate grazie alla “fisica fantastica”
messa in atto tramite una singolare tecnica
pittorica. Un’arte, quella di Landini, dall’alto
quoziente intellettuale, perché chiunque conosca l’artista sa bene quanto profonda sia la
Domenico Asmone, Cromatico rosso, 2010, olio
su tela, cm 80x100
informa
Luglio/Settembre 2010
14
sua cultura e creativo
il suo ingegno.
Domenico Asmone
è un autodidatta e sedimentata la sua esperienza nell’ambito della figurazione. Infatti
dipinge da molto tempo ed è stato in grado
di fare notevoli progressi grazie ad una
perseveranza ammirevole e alla frequentazione di un gruppo
di amici, anch’essi pittori, con i quali ha
condiviso conoscenze di personaggi
importanti dell’arte pistoiese e fiorentina, ha visitato abitualmente mostre di settore e, in particolare, ha
scambiato con loro esperienze e confronti critici che sono stati per tutti
motivo di significativo arricchimento. I suoi quadri attuali sono il risultato di una sintesi formale, di una stilizzazione linguistica basata sulla proprietà
della materia pittorica, sul suo spessore,
sul “corpo”del colore.
Gli esiti quindi sono di
natura tattile e gli strati di pigmento, influenzati dalla luce,
contribuiscono a rendere plastica la superficie con effetti estetici di singolare efficacia. Asmone ha però
anche una notevole
Arte
Alessandro Ciantelli,
Autunno, 2009, tecnica
mista e oro, cm 50x70
sensibilità cromatica così le sue opere, essenzialmemente sintesi radicali di visioni paesaggistiche, vivono dinamicamente di energia sprigionata
ora da gamme di vigorosi rossi, ora
da sinfonie di acidule tonalità verdi,
per poi esplodere nell’assolutezza visionaria della profondità dei blu.
Alessandro Ciantelli,
Campi arati, 2009, olio e
tecnica mista, 55x80 cm
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15
Asmone è ancora “in cammino” perché continua a elaborare, rinnovandolo, il suo linguaggio espressivo e
dunque, da lui, ci aspettiamo ulteriori quanto piacevoli sorprese.
Alessandro Ciantelli è pittore di
talento. Fin da giovane si è infatti
distinto per la sua libertà espressiva
Giorgio Giacomelli, Senza titolo,
2010, filo di lana e tecnica mista,
cm 40x40
e per un vigore cromatico-formale che a tutt’oggi, incrementato
dalla efficace resa materica presente nei dipinti degli ultimi
lustri, lo qualifica come uno dei
pittori fra più interessanti della
sua generazione. Partito da un
figurativo di matrice espressionista, nella versione tutta toscana
magistralmente interpretata a
Pistoia da un artista come Alfiero
Cappellini, Ciantelli ha progressivamente affinato un personale
linguaggio visivo basato essenzialmente sulla sinteticità delle
forme e, soprattutto, sulla loro
valenza simbolica. Vissuto in
prossimità della campagna e di
famiglia contadina, egli ha sempre interpretato quel mondo
agricolo dipingendone il paesaggio, i casolari con le aie, i campi
coltivati, gli utensili usati dal
padre, gli arredi della propria
casa natale, fino a sostituire l’uso
del colore con strisce di cotone
ricavate dal tessuto di rivestimento dei vecchi materassi. Ma
ha fatto di più, ha iniziato anche
a inserire sul supporto dipinto,
oltre al tessuto, frammenti di
intonaco delle coloniche abbandonate e a celebrare la “sacralità”di tali memorie, incastonandole su preziosi fondi oro. Dunque il significato simbolico come
riscatto di un passato che non
può, e non deve essere dimenticato. L’arte di Ciantelli è anche
questo e, al contempo, è misura
di una calibrata organicità compositiva.
Giorgio Giacomelli è uno speGiorgio Giacomelli, Senza titolo,
2010, filo di lana e tecnica mista,
cm 40x40
informa
Luglio/Settembre 2010
16
Luglio/Settembre 2010
Società
rimentatore. Per lui la consequenzialità con se stesso non ha ragione
di essere e così, per tutta la sua lunghissima carriera artistica, ha dato
libero sfogo al desiderio di adottare
tecniche diverse e di rigenerare
continuamente le modalità stilististico-espressive delle sue esperienze
creative. Dalla pittura a olio a quella a tempera; dal collage di veline
all’intarzio con cartoni colorati, per
approdare, cosa davvero singolare,
alla realizzazione di “prodotti” artistici realizzati con filati di lana e di
cotone. Un percorso, quello di Giacomelli, tipico della cultura posteriore alle avanguardie storiche, ma
senza che egli faccia riferimento
all’esempio della transavanguardia
degli anni Ottanta, piuttosto interpreta, in maniera personale la filosofia della postmodernità come
processo ineludibile. Ovvero, prendendo atto che gli artisti, ormai
stanchi di tentare l’invenzione di
altri “ismi”, hanno iniziato a “rigenerare” le fonti, le sorgenti originarie dell’arte del secolo scorso. Così
anche Giacomelli, isolato e fuori
dalla congerie del sistema dell’arte,
ha preso a pretesto l’esperienze dell’astrazione geometrica di Mondrian, del concretismo, e ha elaborato, rifacendosi a queste matrici,
opere decisamente autonome e singolari. L’intreccio di fili sapientemente orchestrato sul piano cromatico e formale, presente nelle sue
opere recenti, offre un esempio di
come l’arte sappia autorigenerarsi
grazie alle capacità inventive di
autori come Giacomelli.
Gli altri incontri verranno recensiti sulle pagine dei prossimi numeri di questa rivista. Grazie dunque
allo staff della VIBanca che ha voluto sostenere un’esperienza così
significativa e un doveroso apprezzamento va rivolto a Domenico
Asmone, curatore della mostra. n
Andrea Guerri
I
I nonni
l 2 ottobre di ogni anno si celebra la “Festa dei nonni”. Una festa nazionale, istituita per legge
nel 2005. Quel giorno è quanto
meno doveroso brindare agli 11
milioni di italiani che sono nonni,
«depositari e testimoni dei valori fondamentali della vita», come ha ricordato di recente papa Benedetto
XVI. Nella vita sociale e familiare di
oggi i nonni sono, più di ieri, una presenza insostituibile «quando i genitori non sono in grado di assicurare
un’adeguata presenza accanto ai figli
nell’età della crescita». Il ruolo dei
nonni assume diverse tipologie: sono insegnanti, consiglieri e soprattutto baby sitter. Il babbo e la mamma lavorano: a chi lasciano i loro figli se non ad una persona (o persone) fidata come è il nonno e/o la nonna? I quali vengono incaricati di assolvere, durante la giornata, ai vari
compiti: portano al nido o all’asilo o
a scuola il nipote e poi, a fine mattinata o al pomeriggio, lo vanno a riprendere; incontrano le maestre o i
professori per informarsi sullo stato
di salute e di socializzazione del piccolo, sul rapporto che ha con i coetanei o, se più grandicello, sul suo
grado di rendimento scolastico. Non
17
basta. E al pomeriggio, magari dopo
averli aiutati a fare i compiti, incombe lo sport, nel senso che bisogna portare i nipoti in piscina o al circolo di tennis, in palestra a giocare a
basket o a pallavolo o a tirare di
scherma o a fare karate. I nonni non
dicono mai no, sono sempre disponibili, perché «ai nipoti si vuole bene
quanto ai figli, e forse di più». Alla fine di una giornata intensa, piena di
impegni (ma anche di preoccupazioni per la responsabilità che hanno), i nonni si sentono comprensibilmente stanchi. Eppure sono felici.
Non solo per il piacere di stare con i
nipoti, di vivere le loro stesse emozioni, di vedere la loro costante crescita ma perché si rendono utili, in
grado di svolgere tutti quei compiti
che spettano ai figli diventati genitori e che, in parte, svolgevano prima di
andare in pensione. Insomma, il gravoso compito di tirar su i nipoti mantiene giovani gli anziani. È una nuova fase della vita, attiva, a volte anche
troppo, ma che riserva soddisfazioni
e gioie immense. E comunque, dobbiamo rivolgere un sentito grazie ai
nonni, patriarchi delle famiglie moderne, purché in esse regnino l’amon
re, l’armonia e il rispetto.
Enzo Cabella
I giovani e il mondo del lavoro
I ministri Sacconi e Gelmini hanno predisposto il piano d’azione “Italia 2020
per l’occupazione dei giovani”. Ecco le principali piste d’intervento
I
ministri del Lavoro, Maurizio
Sacconi, e dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, hanno predisposto, alcuni mesi fa, il Piano d’azione “Italia 2020 per l’occupazione dei giovani”. Rilanciare l’apprendistato e i tirocini formativi, incentivare l’istruzione
tecnico-professionale, avvicinare la formazione alle esigenze delle imprese: sono questi i principali obiettivi del Piano. I due ministri hanno delineato una serie di linee d’intervento che dovranno facilitare il passaggio tra scuola e
lavoro, con un forte ruolo anche dell’università. Se siamo
preoccupati per il futuro dei
nostri giovani dobbiamo convincerci che la qualità dei posti di lavoro non dipende solo dalle
riforme del mercato del lavoro. Rispetto ai coetanei di altri Paesi europei i nostri giovani incontrano il lavoro in età troppo avanzata e con conoscenze poco spendibili anche per
l’assenza di un vero contatto col mondo del lavoro. Si impone, dunque,
una riflessione su due temi prioritari: la mobilità degli studenti universitari e l’alta formazione professionale da un lato e il valore legale del
titolo di studio dall’altro. Per quanto
riguarda l’università, è necessario superare la moltiplicazione delle sedi,
offrendo una reale opportunità di
scelta. In che modo? Ad esempio, ampliando le borse di studio, offrendo la
residenza secondo il merito e offrendo strumenti di finanziamento agli
studenti che intendono investire sul
proprio futuro. Il valore legale del titolo di studio non può garantire la
qualità e la differenziazione dei percorsi formativi. Ecco, quindi, la necessità di offrire corsi in grado di offrire una preparazione di alto livello
qualitativo coerente con i bisogni della persona, dell’economia e della società. È necessario, pertanto, inserire dei correttivi per evitare la dispersione scolastica e universitaria.
I due ministri hanno delineato delle piste d’intervento. Queste le principali. 1) Facilitare il passaggio dalla
scuola al lavoro, che da sempre è una
delle principali criticità dell’Italia. Occorre regolare meglio l’incontro tra
domanda e offerta di lavoro e anticipare il contatto tra lo studente e l’impresa. Sono le scuole e le sedi universitarie a dover svolgere a livello
istituzionale, e con il coinvolgimento di tutti i docenti e delle famiglie,
un ruolo di intermediazione tra i giovani e la società, preparandoli ade-
informa
18
Luglio/Settembre 2010
guatamente all’inserimento nel mondo del lavoro. 2) Rilanciare l’istruzione tecnico-professionale. Un altro
grave limite dell’Italia nella competizione internazionale è rappresentato dalla mancanza di profili tecnici e
professionali intermedi e superiori. L’istruzione tecnica
rappresenta un’opportunità
per i giovani e per le imprese.
Quindi è necessario sviluppare e creare gli istituti tecnici superiori nelle aree tecnologiche
più strategiche per l’innovazione e la competitività, soprattutto delle piccole e medie
imprese. 3) Rilanciare il contratto di apprendistato, che
rappresenta un’integrazione
tra sistema educativo e mercato del lavoro. 4) Promuovere le
esperienze di lavoro nel corso degli
studi, educare alla sicurezza del lavoro, costruire sin dalla scuola e dalla università la tutela pensionistica.
5) Ripensare il ruolo della formazione universitaria. L’iscrizione di massa dei diplomati alla università non
risponde alle reali esigenze del mondo del lavoro e neppure alle prospettive di crescita degli stessi studenti,
poiché in numero rilevante abbandonano l’università già dopo il primo
anno. Da rilevare anche che sono
sempre meno i laureati che trovano
un’occupazione attinente alla formazione del lavoro. Dobbiamo abbandonare la vecchia concezione del
titolo di studio universitario come
punto di arrivo unico e finale nella
carriera e nella vita degli studenti. È
necessario, altresì, incentivare le università a creare percorsi formativi e
n
di approfondimento.
Fabrizio Borghini
Pistoia: “Io la conoscevo bene”
Stefania Sandrelli ricorda i suoi soggiorni di fine estate
nella città della madre
A
ll’uscita del mio libro “Pistoia
al cinema” suscitò molta curiosità l’inserimento di Stefania Sandrelli fra i personaggi pistoiesi del cinema. Infatti, pochissimi erano a conoscenza che
la famosa attrice, la cui immagine è
indissolubilmente legata alla città di
Viareggio, avesse origini pistoiesi.
Fu lei stessa a svelarlo in un’intervista realizzata grazie alla segnalazione del pittore Salvatore Magazzini, suo lontano parente.
“Sono nata e cresciuta a Viareggio – racconta Stefania – dove ho passato un’infanzia felice e spensierata.
Mio padre Otello era fiorentino e mia
madre Florida di Pistoia.
Fu la mia nonna materna, che si
chiamava Iginia Gori, a trasferirsi a
Viareggio aprendo un negozio di ricami in passeggiata. Era una bella
ragazza, anche se di origini umili; il
nonno, Gilio, uomo di fascino, possidente, la rapì per impalmarla. Ebbero nove figli in otto anni e poiché
il nonno di cognome faceva Flori,
battezzarono tutti i figli con nomi di
varianti floreali: Fiore, Flora, Florio,
Florida.
I miei nonni materni erano persone piacevoli; sono vissuti a lungo
e li ho conosciuti bene, ho di loro uno
splendido ricordo. Per me i pistoiesi sono gente mite, amante dell’arte.
È questa l’impressione che ho ricevuto dai miei parenti di Pistoia: ho
colto in loro una particolare sensibilità artistica, anche nelle persone
più semplici.
Mio nonno paterno, invece, era di
Firenze e aveva avviato a Viareggio
una pensione. Le due famiglie, per
questi motivi, erano convenute in
Luglio/Settembre 2010
Versilia dove una sera mio padre e
mia madre avevano ballato insieme
al Salone Margherita e si erano subito capiti. Dopo il matrimonio andarono a vivere nella Pensione Sandrelli che si trovava proprio nel centro della città. Lì vivevamo in tanti: oltre ai miei genitori, i miei nonni paterni, i tre fratelli di mio padre con le
rispettive mogli e i loro sette figli, tutti maschi, mio fratello Sergio ed io
che ero l’unica femmina.
Verso la città di Pistoia ho pochi
ma intensi ricordi. Ogni anno a settembre, alla fine della stagione balneare e prima della riapertura delle
scuole, passavo un periodo presso
una delle sorella di mia madre nella
campagna pistoiese.
Ho una memoria precisa di quegli anni, di un boschetto in un paesino che si chiama Olmi vicino a Quarrata. Era un paesaggio fantastico, fiabesco, che è rimasto scolpito nel mio
immaginario. Ricordo di aver visto
in quel boschetto i primi scoiattoli
della mia vita, e di aver assaporato il
profumo dei ciclamini, che sono ancora oggi i miei fiori preferiti per il loro aroma particolarmente intenso.
Dall’età di tre anni ero abituata ad
essere ripresa dai fotografi locali “nell’azzurro mare e cielo di Viareggio” e
così non ci feci molto caso quando,
a quindici anni, un fotografo di Roma, Paolo Costa, volle farmi un ritratto per un reportage sulle belle ragazze in riviera. Invece, quella foto
finì sulla copertina di un settimanale di attualità e spettacolo che si chiamava “Le Ore” e tutto cominciò da lì,
per puro caso: Pietro Germi, che cercava una ragazzina per il film “Divorzio all’italiana”, la vide e ne rima-
19
se colpito. Quando mi telefonò un
agente per conto del regista offrendomi di andare a Roma per un provino cinematografico, ci fu una specie di riunione di famiglia, visto che,
essendo morto mio padre quando
avevo solo nove anni, avevo tanti padri (zii, cugini e fratello, maggiore di
me di sette anni) e tutti si sentivano
un po’ responsabili del mio destino.
Alla fine chi decise fu, comunque,
mia madre che, dopo aver preso qualche informazione, mi lasciò partire
per Roma con mio fratello”.
“Quando Stefania e Sergio vennero a Roma e si sistemarono in una
pensione – ricorda Gianfranco Magazzini – lavoravo all’Eni e abitavo in
via Ximenes, ai Parioli, proprio di
fronte alla casa di Totò. Io e loro avevamo in comune una zia, Dina, che
era sorella della loro mamma e aveva sposato Melindo Magazzini andando ad abitare a Olmi; fu lei che
mi chiese di incontrarli per aiutarli a
cercare un alloggio. Li misi in contatto con una nobildonna romana
che era la mia padrona di casa ed aveva numerosi altri appartamenti da
affittare; non riuscì a sistemarli e così trovarono un’abitazione verso la
via Salaria. Successivamente, ci siamo incontrati di nuovo per un aperitivo; nel corso di questo incontro mi
ricordo di aver dato ai due ragazzi alcuni consigli e il numero di telefono
di Alfredo Cifariello, di cui ero amico, che era uno dei giovani più promettenti del cinema italiano. Fu l’ultima volta che li vidi perchè poco dopo partii per gli Stati Uniti per conto
dell’Eni.
La prima volta che avevo incontrato Stefania era stato nel 1961 agli
Olmi nella vecchia casa Magazzini
dove abitava zia Dina e dove lei veniva spesso con la mamma Florida.
Me la ricordo seduta sulla panca del
pane vicino al focolare. Aveva da poco fatto una piccola apparizione nel
film “Il federale” a
fianco di Tognazzi;
era già bellissima
ed aveva quel sorriso seducente che è
stata una delle tante componenti del
suo successo. Il boschetto dell’infanzia di Stefania era
formato da alberi di
tiglio che aveva
piantato mio nonno materno, Gino
Filippini di Firenze,
per abbellire un’aia
brulla della casa dei
miei genitori, Rina
e Giovanni Magazzini, agli Olmi”.
“Il legame con
Pistoia – ricorda
ancora la Sandrelli
– si è mantenuto vivo nel corso degli
anni grazie alla frequentazione di alcuni concittadini della mia mamma
che lavoravano nel cinema con i quali è scattata subito un’amicizia. Mauro Bolognini è stato uno di questi. E
mi piace ricordare anche Piero Piccioni, che è stato il mio mentore musicale. Essendo più grande di me, mi
portava ai concerti e alimentava il
mio interesse per la musica. Lui mi
parlava molto di Pistoia alla quale era
ancora molto affezionato. Anch’io
parlavo spesso della città e dei miei
parenti che ci abitavano, tanto che
Ettore Scola, sceneggiatore del film
“Io la conoscevo bene”, attinse molto da quei racconti e mi cucì addosso il personaggio di Adriana, la protagonista, che, guarda caso, è proprio
n
pistoiese”.
informa
Luglio/Settembre 2010
Enzo Cabella
P
Il rilancio
dell’UC Pistoiese
n rilancio sulle orme del passato. Quasi una nuova vita,
ricca di speranze e promesse. L’Unione Ciclistica Pistoiese vuole tornare a mietere successi sulle strade di tutta Italia con una nuova squadra di atleti,
vuol tornare a rivivere i momenti fulgidi del periodo che va dagli anni Sessanta agli anni Novanta. Negli ultimi due decenni, la società si è dedicata, con la regìa del presidente Loretto Petrucci, solo all’organizzazione di gare di ciclocross e della Firenze-Pistoia a cronometro individuale
per professionisti, ma dopo l’abbandono di Petrucci e la costituzione di
un nuovo consiglio direttivo, la società vuole rinascere grazie all’interessamento di alcuni ex corridori che
hanno indossato la gloriosa maglia
arancione. Loretto Petrucci, il non
20
dimenticato campione degli anni
Cinquanta, vincitore di due MilanoSanremo e di altre classiche nazionali e internazionali, ha lasciato il timone per motivi di salute, ma i fedelissimi dei colori arancioni hanno
saputo raccoglierne il testimone.
Hanno deciso di rinnovare e potenziare la società, col proposito di tornare in auge e conquistare successi
in serie come in passato. Il nuovo organigramma societario risulta così
composto: Renzo Soldani (da professionista vinse un Giro di Lombardia e altre corse importanti) presidente onorario, Andrea Panconi presidente effettivo, vice presidenti l’ex
assessore provinciale allo sport Floriano Frosetti e Samuele Breschi,
Andrea Panconi, neopresidente
dell’UC Pistoiese
Sport
consiglieri Edo Rosellini, Mario Mosi, Mauro Nannini, Carlo Cavallini,
Marcello Vannacci e Giampiero Corsini. L’Uc Pistoiese parteciperà alle
più importanti gare regionali e nazionali con una squadra di dilettanti élite e under 23. Questi gli atleti:
Federico Bulleri, Alessio De Michele,
Enrico Gori, Silvio Pieraccini, Tommaso Targetti e Marco Da Castagnori, quattro pistoiesi, due pratesi e un
lucchese di Pietrasanta, ragazzi poco conosciuti (ad eccezione di Da Castagnori, che ha già conquistato successi importanti in campo nazionale) ma animati da una forte volontà
di fare strada.
L’Unione Ciclistica Pistoiese compie quest’anno ottant’anni. Nasce, infatti, nel 1930, sulla scia del Centro
sportivo San Marco, fondato da un
gruppo si sportivi di quel rione, i fratelli Settimo e Colombo Innocenti, i
fratelli Landi, Cutini, Galardini, Pierucci Bonistalli, che ben presto richiamano molti giovani che si avvicinano al ciclismo. Primo presidente della nuova società è Marino Marini, che ha come principali collaboratori Alberto Cappellini, Marino
Mezzani, Betti, Morandi. Viene scel-
Luglio/Settembre 2010
Loretto Petrucci vince la Milano-Sanremo nel 1952. Sotto, con Fausto Coppi
21
Uno dei tanti premi ricevuti da Petrucci
to il colore della maglia sociale: l’arancione, come quello della squadra
di calcio. L’Uc Pistoiese ha molti atleti che ben presto si impongono in
campo nazionale: Ezio Cecchi e Alberto Arinci conquistano la maglia
tricolore Allievi e il campionato italiano dei ‘giovani’ (un titolo molto
ambito a quell’epoca). Cecchi e Arinci, con Del Gancia e Bernacchi dominano in campo dilettantistico,
conquistando tra l’altro la finale della coppa Italia.
Passati professionisti Cecchi, Del
Gancia e Bernacchi, l’Uc Pistoiese rimane alla ribalta del ciclismo dilettantistico con Serafino Biagioni,
Bianco Bianchi e Sergio Degli Innocenti. Il più forte dei tre si rivela Serafino Biagioni che, da professionista, corre con Coppi, Bartali, Magni
e tanti altri grandi campioni del ciclismo europeo. Biagioni vince, tra
l’altro, una tappa al Giro d’Italia e una
al Tour de France, dove indossa la
maglia gialla di leader. Famosa la sua
dichiarazione dopo il trionfo: «Anche le querci fanno i limoni». Gregario di lusso di tanti campioni, per un
giorno anche lui diventa campione.
Sergio Degli Innocenti, dopo aver
conquistato il titolo di campione italiano Allievi su strada nel 1932, da dilettante si dedica alla pista, dove conquista il titolo tricolore negli anni ’43
e ’45. Bianchi veste la maglia azzurra alle Olimpiadi di Berlino.
Dopo la Seconda guerra mondiale. l’Uc Pistoiese riprende l’attività,
con Piero Sala presidente, il quale ricopre per vari anni la carica di vice
presidente nazionale dell’Uvi (Unione Velocipedistica Italiana), la progenitrice dell’attuale Federazione Ciclistica Italiana. A Sala succedono
Giulio Cappellini (con vice Alberto
Cappellini, detto Pasquino), Remo
Galardini. Ma è doveroso citare Ermanno Cappellini, segretario tuttofare, infaticabile e preparatissimo. In
quegli anni gli atleti più illustri che indossano la maglia arancione e ottengono prestigiosi successi anche
tra i professionisti sono: Loretto Petrucci, Renzo Soldani, Rino Benedetti, Serafino Biagioni, Silvano
Ciampi, Sergio Vitali e Graziano Corsini. La società si distingue, oltre che
in gare dilettanti, allievi ed esordienti, anche nell’organizzazione di corse. Nel 1982 avviene il totale rinno-
Loretto Petrucci ha seguito molte
edizioni del Giro d’Italia
informa
Luglio/Settembre 2010
22
vamento della società con l’elezione
a presidente di Loretto Petrucci.
Molte le affermazioni degli atleti
arancioni, numerosi i riconoscimenti per l’organizzazione di gare
importanti. Petrucci riesce ad ottenere l’arrivo di due tappe del Giro
d’Italia: nel 1978 la frazione a cronometro individuale Larciano-Pistoia e nel 1979 la tappa Rimini-Pistoia. Oltre a gare per Dilettanti e Allievi, la società organizza gare di ciclocross: a Pontedera la prova master per professionisti, varie edizioni del Trofeo internazionale Garinei,
la Pistoia-Abetone (Trofeo dello scalatore), il Trofeo Serafino Biagioni,
le cronoscalate di Sammommè e la
Maresca-Foresta del Teso.
L’apice, in fatto di organizzazione,
è la Firenze-Pistoia, la corsa più antica del mondo: la prima edizione risale al 1870 e fu vinta dall’americano Rynner Van Hest. Petrucci la ripropone nel 1985, in occasione del
centenario della Federazione ciclistica italiana. È riservata ai professionisti, si corre a cronometro individuale e in pratica chiude la stagione agonistica in Italia. Il primo vincitore è il tedesco Golz, cui seguono
campioni come il polacco Piasecki e
lo svizzero Rominger. Negli ultimi
venti anni, l’Uc Pistoiese ha una vita
piuttosto anonima e travagliata, essendo sempre più difficile allestire
squadre di giovani. Fa eccezione la
Firenze-Pistoia, che Petrucci continua ad organizzare con sacrificio e
grande amore, e alla quale aderiscono ogni anno molti cronomen illustri, sia italiani che stranieri. Petrucci rimane presidente dell’Uc Pistoiese fino al 2007. Nei due anni successivi gli succede Edo Rosellini. E nel
2010 s’inaugura il ‘nuovo corso’, con
il giovane Andrea Panconi al timone,
fiducioso anzi sicuro che la bandiera arancione sventolerà di nuovo per
salutare nuove vittorie e rinverdire i
n
fasti del passato.
“Progetto Toscana”
per i mondiali di ciclismo 2013
Pistoia e Montecatini candidate con Firenze e Lucca nel ricordo di Franco Ballerini
P
istoia e Montecatini sono candidate ad ospitare i mondiali di
ciclismo del 2013 insieme a Firenze e Lucca. La prima sfida
eliminatoria tutta italiana con
Genova è stata favorevole al «Progetto Toscana». Ora la scelta passa a
livello internazionale con le altre candidate europee e la decisione sulla sede del meeting iridato da parte dell’Unione ciclistica internazionale si
avrà il 29 settembre, prima dei mondiali di Melbourne in Australia. Il comitato organizzatore è presieduto dal
manager lucchese Claudio Rossi, che
vanta esperienze dirette nell’organizzazione dei recenti mondiali di ciclismo a Varese. A farne parte è stato chiamato un altro manager montecatinese, Andrea Luchi, parecchi
anni trascorsi nel basket d’élite dopo
le prime esperienze fatte proprio a
Montecatini. Nel comitato promotore fanno parte anche il sindaco di
Montecatini Giuseppe Bellandi e l’assessore allo sport Stefano Pucci, altro manager sportivo a livello internazionale. Il comitato d’onore comprende Alfredo Martini, il ministro
Altero Matteoli e il vicepresidente del
Senato Vannino Chiti.
La forza della Toscana è che il ciclismo lo respira a pieni polmoni, se
ne nutre, mostrando con orgoglio le
sue bandiere. Una di queste è Alfredo Martini, il ct ciclistico più vittorioso al mondo, compagno di Coppi
e Bartali, che osserva: «La Toscana è
il ciclismo e bastano alcuni nomi per
renderne il senso: Bartali, Magni,
Nencini, Tafi, Cipollini, Bettini. Noi
viviamo da sempre di questo sport
con una passione che è il pane di tut-
Luglio/Settembre 2010
ti i giorni. E sarebbe bello ospitare il
mondiale per onorare la memoria di
un grande uomo, il Ballero».
L’immagine di Franco Ballerini è
nelle teste e nei cuori di tutti e trova
posto anche nella copertina del dossier mondiali consegnato al presidente della della Federazione cicli-
L’indimenticato Franco Ballerini con
Mario Cipollini iridato
stica Renato Di Rocco.?Di Rocco
traccia i punti di forza di Firenze
2013: «Quella della Toscana mi pare
una candidatura articolata e molto
ben composta, che può contare su valori, storia, tradizione e una grande
cultura ciclistica».?Il presidente del
comitato organizzatore Claudio Rossi spiega che per organizzare il mondiale «ci vorranno 15 milioni e stiamo lavorando come se fossimo già
stati scelti». L’obiettivo, prosegue
23
Rossi, «è di utilizzare l’impiantistica
esistente senza dover fare particolari infrastrutture, sfruttando il sistema ferroviario e l’alta velocità, considerando che il bacino turistico toscano è secondo solo a Roma». Il
Mondiale dovrebbe creare un indotto economico pari a 150 volte l’investimento, spiegano gli
uomini del comitato.
I mondiali porterebbero sicuramente una
crescita per il territorio,
partendo da progetti infrastrutturali storici come il doppio binario della ferrovia e la terza corsia dell’A11.?”Per la nostra terra la manifestazione – afferma il sindaco Bellandi, grande appassionato di ciclismo –
rappresenterebbe la molla per finanziare opere di
cui la zona ha bisogno da
tempo, non a caso nel comitato promotore ci sono il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli e il vice presidente del
Senato Vannino Chiti”. Soprattutto
la ferrovia avrebbe un ruolo strategico come soluzione logistica per gli
spostamenti e come possibile sponsor. “Il treno sarebbe il veicolo ideale – continua Bellandi – per seguire
le gare che partono da Lucca, o da
Montecatini, fino a Firenze”.
Anche la mascotte della manifestazione dovrebbe essere un’icona del
territorio valdinievolino, Pinocchio,
come sarà disegnato dai ragazzi delle scuole che parteciperanno ad un
n
concorso.
Sport
Luca Lubrani
Alessandra Chirimischi
O
Dalle torri verso il mare
ltre ad essere un settore trainante per la nostra economia
nazionale, la nautica da diporto è anche un piccolo mondo
del quale resta difficile non
subire il fascino.
La cantieristica italiana è, in termini di fatturato mondiale, seconda
soltanto a quella statunitense
(anche se la congiuntura economica
internazionale pesa sul settore
come su ogni altro), ed ha portato
per anni ad iscrivere un segno positivo sul bilancio nazionale del
nostro paese. Un vero e proprio
gancio di traino, intorno al quale
girano molteplici opportunità di
lavoro, grazie ad un indotto che
trova coinvolti molti operatori sia
nella fase di realizzazione di una
unità da diporto, sia nel momento
in cui la barca inizia a navigare,
diventando un prezioso supporto
per chi vive di turismo.
I numeri della cantieristica nautica italiana devono molta della loro
informa
24
Luglio/Settembre 2010
Maurizio e Giovanni Granai nella sede
GPY al Cala de’Medici. Alle loro spalle le
foto di alcuni modelli Atlantis, barche dalle
linee prettamente sportive, ben
armonizzate con allestimenti interni
ricercati e confortevoli
consistenza ad una creatività che è
figlia della manualità ereditata da
abili artigiani progenitori nel settore, a noi ovunque riconosciuta, tale
da far considerare la barca made in
Italy un prodotto pregiato, apprezzato in ogni mare del mondo.
Questa breve premessa è necessaria per parlare di un nostro concittadino, che della nautica da
diporto ha fatto la propria professione, spostandosi passo dopo passo
dall’ombra delle torri di Serravalle
Pistoiese, fino al mare. Vediamo la
sua storia.
Era il 1978 quando Maurizio
Granai entrò impiegato in Italcaravan, facente parte del gruppo Maltinti, con il ruolo di ragioniere: l’azienda era nata da poco tempo, ma
crebbe in fretta e proficuamente. Il
settore nel quale svolgeva la propria
attività era tanto delicato quanto
gradevole, visto che trattava beni
che gli utenti avrebbero impiegato
nel loro, sacrosanto, tempo libero,
ovvero articoli per il campeggio ed
in parte anche per la nautica, essendo Italcaravan rivenditore del cantiere nautico Gobbi.
Bene è cresciuta l’azienda, altrettanto bene si è fatto le ossa Maurizio Granai, sia sotto un profilo strettamente imprenditoriale, con la graduale acquisizione della proprietà,
sia sotto un aspetto più strettamente
professionale e se vogliamo anche
personale visto che, come lui stesso
dichiara, considera il lavoro una
vera e propria vocazione.
L’anno 2000 lo trovò pronto a
compiere la svolta professionale
decisiva: le barche avevano avuto la
meglio sul camping, tanto che già
Luglio/Settembre 2010
scuola è anche suo figlio Giovanni,
un simpaticissimo ragazzo che, se
da un lato ammette la difficoltà di
lavorare in famiglia, perché le
immancabili conflittualità fra padre
e figlio rischiano di trascinarsi sul
lavoro, afferma anche di sentirsi in
un certo qual modo privilegiato dal
fatto di poter acquisire, lavorando al
suo fianco, tutta l’esperienza maturata dal padre. E si parla di un bel
bagaglio, documentato da un palmarès di tutto rispetto grazie anche
ai tanti riconoscimenti che il cantiere Atlantis ha più volte conferito
a GPY, come suo miglior dealer.
La realtà imprenditoriale messa
dare il proprio contributo attivo nel
portare la pallacanestro pistoiese a
livelli importanti.
È chiaro che la strada di Maurizio Granai è lastricata da pietre
scolpite con l’entusiasmo, ma
incontrandolo colpisce ancor di più
la pacatezza con la quale si pone ai
suoi interlocutori, probabilmente
naturale conseguenza di una forza
acquisita con il tempo, della gratificazione per essere riuscito ad affermarsi contando solo su se stesso. È
il classico uomo che “si è fatto da
solo”, e proprio per questo gli
abbiamo chiesto cosa si senta di
suggerire ai giovani che, soprattutto
Il capannone dove ha sede il punto
GPY di Serravalle Pistoiese, è oggi
utilizzato prevalentemente per il
rimessaggio delle imbarcazioni
in questo momento, fanno fatica ad
inserirsi nel mondo del lavoro: la
risposta è stata illuminante. Ha
infatti dichiarato che: “È un
discorso molto soggettivo, che varia
da persona a persona, ma trovo che
l’umiltà sia un valore che oggi
manca spesso fra i ragazzi, abituati
ad avere tutto e subito. È invece
importante porsi nella condizione
di voler apprendere da tutti i concetti importanti della vita. Essere
una persona umile non è denigrante, bensì indica la posizione di
forza in cui si trova un individuo, la
forza di saper trasportare in propria
n
realtà l’esperienza altrui.”
in piedi da Maurizio Granai è quindi orientata prevalentemente oltre
le torri di Serravalle, verso il mare,
ma non per questo lui si lascia distogliere dalle vicende della sua città e,
soprattutto, da un amore giovanile
nel quale si è rituffato (restiamo ligi
ai termini di sapore marinaresco!)
con la vitalità che lo contraddistingue. Da alcuni anni è infatti consigliere della società Pistoia Basket,
che segue e sostiene nell’ottica di
25
Aziende
dagli anni Ottanta era operativa una
sede sul mare a Bocca di Magra per
rendere l’azienda più idonea a soddisfare le richieste dell’utenza nautica, quindi, quando ne divenne l’unico proprietario, Maurizio decise
che era giunto il momento di modificare radicalmente la rotta, iniziando con l’abbandonare il vecchio
nome di Italcaravan, ormai fuorviante, ed acquisendo l’attuale Granai Prestige Yachting, più indicato
per l’esclusivo mondo degli yacht
che sarebbe andato a rappresentare.
Dal 2001 Maurizio Granai è concessionario del brand Atlantis, di
proprietà del gruppo Azimut-Benetti, e tratta quindi signore barche
nelle cui qualità crede molto e che,
di conseguenza, non ha avuto difficoltà a diffondere brillantemente sul
mercato.
La struttura di GPY comprende,
oltre alla sede storica di Pistoia ed a
quella di Bocca di Magra, un punto
vendita con relativi posti barca al
marina di Cala de’Medici, e due
punti in Sicilia, ai quali probabilmente si affiancheranno presto altre
basi in Basilicata, con nuovi posti
barca. Ben consapevole che vendere
una barca aderente alle aspettative
dell’armatore rappresenti solo una
minima parte dei servizi da offrire ai
propri clienti, GPY ha scelto di configurare la sua struttura organizzativa in modo da proporre loro non
solo belle barche con le quali navigare in totale relax, ma anche per
garantire un servizio di assistenza
pre e post vendita ineccepibile.
Per realizzare tutto questo si
avvale della collaborazione di un
team molto qualificato e ben preparato, da lui stesso selezionato e formato con molta cura, per essere
sicuro che ogni persona del suo
organico si dimostri compatibile
con l’entusiasmo e la dedizione che
lui per primo investe nel lavoro.
Ad essere stato forgiato a questa
Augusto Meloni
ENOTECA “dal MIZIO”
N
egli articoli precedenti abbiamo osservato che il mondo
della ristorazione italiana si
divide in locali di tradizione,
vuoi per effettiva antichità di
nascita vuoi per scelta di proposta,
ed in locali di idea più moderna
ovvero basati sull’evolvere in atto sul
piano sia tecnico che gustativo. In
entrambi i casi capita d’incontrare
(ma fin qui non è mai stato il nostro
caso) delle forzature ed assistiamo
ad una proliferazione di ristoranti e
trattorie che si fregiano di appellati-
vi talvolta artificiosi quali “vecchio”,
“antico” o che fanno riferimento ad
improbabili zie, nonne, sore e massaie ma in realtà con risultati legati
alla vera tradizione spesso dozzinali;
dall’altra parte, anche se attualmente in calo, troviamo esercizi nei
quali, pur senza arrivare alla cucina
“molecolare”, il nuovo ad ogni costo
è un imperativo nel cui nome si
perde di vista lo scopo principale del
fare buona opera e servizio e si
determinano situazioni sperimentali spinte all’eccesso. Fortunatamente
da noi il senso della misura è patrimonio consolidato e raramente si
arriva ad aberrazioni, ma
qualche eccesso qua e là si
trova.
In questo panorama
non immune da negatività
c’è però a ridarci fiato e
speranza una fascia di
ristoranti nei quali si ha un
appassionato approccio al
mestiere fatto di piccole
scoperte che hanno una sola provenienza una, che denota attenzione,
rispetto e voglia di crescere sempre:
questa provenienza è la caccia sistematica alle “denominazioni”, ovvero
la ricerca dell’eccellenza certificata
in ogni prodotto che si mette in
carta, insomma quando una sola
fetta di salame di sicura origine e
fatto come si deve dà scacco a molte
preparazioni di tendenza di cui
spesso piace il nome, a volte solo
quello. Questa situazione virtuosa si
verifica solo se il ristoratore è persona attenta alla cura di ogni dettaglio, ed è bella cosa che da noi
informa
26
Luglio/Settembre 2010
imprenditori così ce ne siano ancora
in buon numero. Fra questi annoveriamo Maurizio Niccolai, detto
Mizio, titolare dell’esercizio di via
dei Macelli oggi apprezzato come
uno dei migliori ritrovi cittadini.
L’Enoteca “dal Mizio” nasce nel
1999 come vendita di dolciumi e
cioccolateria (ancora oggi c’è una
stanza dedicata che ha sugli scaffali
i nomi più belli del settore, con selezioni di cacao da tutto il mondo
dalle quali nascono prodotti da
sogno da abbinare a vini speciali e
distillati dando vita a mariages perfetti). Successivamente è stata sviluppata in maniera importante l’attività di enoteca, cogliendo il
momento in cui il prodotto vino si
poneva come una delle punte di diamante dell’eccellenza italiana; è
stato in questo periodo che molte
persone, privati e non, hanno frequentato a vari livelli i corsi tecnici
per Sommelier o analoghi con le
relative estensioni al rapporto vino-
V: Mizio, raccontaci com’è nato il
locale e come sei arrivato all’attuale
impostazione.
M: Debbo dire che è stato un percorso costante fin dalla nascita dell’esercizio; passare dalla cioccolateria ed industria dolciaria di qualità
alla ristorazione vera e propria
nasce da una spontanea propensione al buon servizio verso il cliente,
da un’attenzione verso l’eccellenza
del prodotto, dalla voglia di progredire, che sono poi sfociate in una
scelta gastronomica “totale” a dire
il vero facilitata dalla fantasia e bravura di chi sta in cucina, segnatamente Paola e Barbara. È stato un
cammino graduale, intrapreso con
attenzione ed evitando improvvisazioni generalmente dannose.
V: Nella presentazione abbiamo
citato l’importanza delle “denominazioni d’origine”, ovvero la garanzia
della provenienza, per cui ad esempio il Pecorino è di Pienza, il controfiletto argentino è Angus, i pistacchi
sono di Bronte, il Parmigiano è il
Vacche Rosse e così via. Tu di questo
modo di lavorare sei uno degli esponenti più accurati. Spiegaci con quali
criteri compi le tue scelte.
M: Non ci sono particolari segreti: è una sorta di fil rouge all’inse-
Luglio/Settembre 2010
gna della qualità, e questo è scontato, ma anche di un’originalità equilibrata che passa attraverso selezioni di prodotti non solo locali in
senso stretto ma anche di un’eccellenza nazionale ed internazionale
che possa intrigare, incuriosire, oltre
che soddisfare sul piano gustativo,
con l’ultimo aspetto come elemento basilare. I criteri di scelta sono
semplici: passione ed attenzione; poi
è la legge a dire che le denominazioni devono assicurare la qualità
assoluta dei prodotti, per cui il il
cliente è tutelato sotto tutti i punti di
vista dal momento che di cose
buone in giro ce ne sono davvero
tante, e non necessariamente di
prezzo proibitivo: basta saperle cercare.
V: Nel tuo ristorante il legame
cibo-vino è pressoché d’obbligo. Dal
tuo osservatorio i clienti scelgono
prima l’uno o l’altro, ovvero si viene
da Mizio per bere bene e ci si mangia
sopra o è il contrario?
M: Chi si diletta in queste cose
sa che entrambe le pratiche hanno
pari dignità. In senso lato cibo e
vino sono sempre complementari
per la ricerca dell’armonia gustativa;
è comunque vero che il vino è stato
ed è alimento di grande interesse
per le nuove generazioni che magari, incuriosite, partono da lì per poi
sviluppare il resto della cena, spesso
accade. Vorrei però aggiungere che
i piaceri della tavola sono parimenti
accessibili anche a chi non beve
vino ed in questo senso non sarebbe
giusto creare sbarramenti: ciò si
ottiene proponendo pietanze nelle
quali ci siano, banale ma inevitabile,
la bontà e la gradevolezza al primo
posto.
V: Vista l’attuale situazione economica e visto che i prodotti top sono
comunque di pregio e prezzo, hai
27
notato cambiamenti nelle scelte delle
clientela o l’alta qualità resta immune
da crisi?
M: In linea generale l’alta qualità
dovrebbe soffrire un po’ meno ma
spesso la realtà è diversa. Una sana
attenzione verso le scelte che si
compiono anche al ristorante è
buona cosa, e non scopro io che
attualmente ci sia adeguata prudenza con le spese, anche da parte
di chi ha maggiori disponibilità. In
questo caso sta anche a noi essere
capaci di proporre il meglio al prezzo più conveniente possibile; mi
piace quindi dire che nella nostra
enoteca si puo andare da piatti
semplici (dai crostoni alle insalate)
fino a preparazioni più complesse e
di prezzo, il che vale anche per la
scelta dei vini. Il buon vecchio concetto di equilibrio nelle cose che si
fanno ci ha sempre guidato fin qui e
ci piacerebbe continuare ad essere
adeguati al mercato mantenendo
giusto senso della misura ma guardando anche alla piena soddisfazione di chi ci favorisce con la sua pren
senza.
R i c e t t a
SPAGHETTI SCALOGNO
E CALSTEMAGNO (formaggio di
capra e vaccino)
Cuocere in abbondante acqua spaghetti trafilati al bronzo, nel frattempo
far rosolare nell’olio uno scalogno
sminuzzato, sfumare con vino
bianco, aggiungere crema di latte
q.b. e abbondante castelmagno stagionato 12 mesi. Saltare gli spaghetti, servire nel piatto di portata
aggiungendo ancora castelmagno
sminuzzato con le mani e una grattata di pepe. Buon appetito.
Gastronomia
cibo creando, con la derivante
nuova articolazione di richiesta, le
condizioni perché Mizio, attento a
come il mondo ristorativo cambia,
decidesse di dar vita all’attuale connotazione. Si tratta di un locale a
gestione familiare nel quale oltre a
Mizio che presidia la sala, operano
la moglie Paola e la figlia Barbara
che non esitiamo a definire veri assi
della cucina con le loro ricette fantasiose ma disciplinate e mai fuori
dagli schemi fondamentali di gusto
ed armonia.
La divina sequenza
Paolo Baldassarri
N
ell’ambito della matematica –
e quindi dell’architettura e dell’arte – si indica, con ‘sezione
aurea’, il rapporto fra due
grandezze lineari disuguali, di
cui la maggiore è medio-proporzionale tra la minore e la loro somma,
mentre lo stesso rapporto esiste
anche tra la grandezza minore e la
loro differenza…
Per meglio far comprendere al lettore, mi permetto un attimo di scrivere, in formula, il concetto precedente.
Sia dato un segmento AB, si prenda sul segmento AB un punto P che
divide il segmento AB in due parti disuguali a e b. Si dice che il punto P è
la sezione aurea del segmento AB se
il rapporto tra l’intero segmento AB
ed il segmento maggiore a è uguale
al rapporto tra il segmento maggiore a ed il segmento minore b, se è soddisfatta cioè la seguente relazione:
Camposanto Monumentale di Pisa,
Monumento dedicato a Leonardo
Fibonacci
Per trovare la sezione aurea di un
segmento basta moltiplicare la lunghezza del segmento dato per 0,618
e si ottiene la lunghezza del segmento maggiore a.
Se invece si conosce la lunghezza
del segmento a e si vuol trovare la
lunghezza del segmento AB che ha
per sezione aurea il segmento a
basta moltiplicare la lunghezza del
segmento a per 1,618 per ottenere
la lunghezza AB.
Ecco: formulata così, questa definizione lascia chi legge come sotto
una sorta di doccia fredda. Non si sa
cosa pensare, non si hanno parole da
dire o da aggiungere. Tutto questo fa
parte del cosiddetto “effetto matematica”, una delle scienze più comuni – ne incontriamo gli effetti e le
applicazioni pratiche in ogni momento della nostra vita e in migliaia
di eventi, piccoli o grandi, che ci capitano – ma anche, per così dire, più
misteriose, che ci fanno disperare tutti, almeno un milione di volte lungo
l’arco della nostra vita.
Ricordo che quando da giovane
informa
28
A
P
b
a
B
(a + b) : a = a : b
risolvendo la proporzione si ottiene
la seguente equazione di secondo
grado:
a2 – ab – b2 = 0
che risolta dà come soluzioni
a1 = 1,618
(considerando b = 1)
a2 = – 0,618
Luglio/Settembre 2010
insegnante di matematica iniziavo a
spiegare geometria, coglievo, sui visi dei miei allievi, una sorta di disinteresse e di disagio, per non dire, a
volte, di assoluto imbarazzo. Ma nel
momento in cui iniziavo a introdurre il concetto di “sezione aurea”, e soprattutto quando illustravo le applicazioni di questa norma, ecco che appariva anche una timida curiosità da
parte dei giovani; unacuriosità che
andava sempre più approfondendosi – forse per una specie di idea di magia che che avvolgeva la “sezione aurea” – fino a spingere i ragazzi a domande sempre più esplicite, pertinenti e appropriate.
E che la “sezione aurea” e ciò che
meglio rappresenta, ossia il “numero aureo”, abbia qualcosa di apparentemente inspiegabile, misterioso
e affascinante, ce lo dicono diverse
osservazioni che definire curiose è
dir poco. Se per esempio moltiplichiamo per tale numero – 1,618 appunto – la distanza che, in un adulto, passa tra la pianta del piede e il
suo ombelico, otteniamo il valore della sua altezza; mentre se facciamo la
stessa operazione con la distanza gomito-mano a dita stese, otteniamo
l’intera misura del braccio. Non è
straordinario? Sembra un gioco di
prestigio o un trucco alla Harry Potter, ma è una realtà scientifica, alla
cui diffusione contribuì in maniera
particolare Leonardo Fibonacci, detto anche Leonardo da Pisa, figlio di
un mercante trasferitosi in Algeria, e
vissuto nel Medioevo tra il 1170 e il
1250, scomparso quindici anni prima della nascita del nostro sommo
poeta Dante, venuto appunto alla lun
ce nel 1265.
aggio
CROCIERA
GRECIA
TURCHIA – CROAZIA
MSC MAGNIFICA
11-18 SETTEMBRE
2010
Durata 8 giorni –
7 notti
Scadenza iscrizioni
27 luglio 2010
1° Giorno - 11 Settembre
PONTELUNGO - VENEZIA
Ore 8.00 partenza da Pontelungo
in direzione Venezia.
Arrivo al terminal MSC ed incontro
con l’assistente CAP che assisterà il
gruppo nelle operazioni di check-in.
Operazioni di imbarco e assegnazione
delle cabine.
Partenza dal porto di Venezia alle ore
17.00
2° Giorno - 12 Settembre BARI
Arrivo previsto alle ore 10.00 – Partenza dal porto di Bari alle ore 15.00
3° Giorno - 13 Settembre
KATAKOLON (Grecia)
Arrivo alle ore 08.00.
Partenza prevista per le ore 13.00
4° Giorno- 14 Settembre IZMIR (Turchia)
Arrivo alle ore 09.00 –
Partenza alle ore 15.00
5° Giorno - 15 Settembre
ISTANBUL (Turchia)
Arrivo alle ore 07.30 –
Partenza alle ore 17.00
6° Giorno-16 Settembre in Navigazione
7° Giorno - 17 Settembre DUBROVNIK
(Croazia)
Arrivo alle ore 11.30.
Partenza alle ore 16.30
8° Giorno - 18 Settembre VENEZIA
Arrivo previsto alle ore 09.30,
operazioni di sbarco.
Luglio/Settembre 2010
Incontro con l’autista e il bus,
partenza per il viaggio di rientro.
Sosta lungo il percorso
per ristoro facoltativo.
Arrivo alle località di partenza.
QUOTE DI PARTECIPAZIONE
INDIVIDUALI
Per minimo 25 persone in cabine
matrimoniali o 2 letti
SOCI a partire da € 1.030.00
NON SOCI a partire da € 1.170.00
Supplemento singola € 460.00
3° e 4° letto adulti € 725.00
3° e 4° letto ragazzi 14-17 anni
€ 365,00
3° e 4° letto ragazzi 2-14 anni
€ 340.00
MERCATINI DI NATALE
INNSBRUCK - BOLZANO
4-5 DICEMBRE 2010
Durata 2 giorni – 1 notte
Scadenza iscrizioni 30 ottobre 2010
1° giorno - sabato 4 dicembre 2010
Ore 7.00 ritrovo dei partecipanti al
29
2° giorno - domenica 5 dicembre 2010
1° Colazione in hotel.
Mattina partenza per Bolzano.
Arrivo e visita guidata della città: piazza
Walther, il Duomo, Via dei Portici.
Pranzo libero
Nel pomeriggio tempo a disposizione
per visita del Mercatino di Natale.
Al termine della visita, partenza
per il viaggio di rientro.
Arrivo previsto in serata.
QUOTE DI PARTECIPAZIONE
INDIVIDUALI
SOCI € 210.00
NON SOCI Accompagnatore
€ 240.00
Supplemento singola € 30,00
PRENOTAZIONE
SIG.RA STELLA PASSINI
TEL. 0573 913951
n
Le nostre gite
in
viaggio, incontro con l’accompagnatore Cap.
Partenza in pullman per Innsbruck.
Sosta lungo il percorso per ristoro
facoltativo.
Arrivo ad Innsbruck, sistemazione
in hotel, check-in e assegnazione
delle camere.
Pranzo in hotel (bevande incluse).
Nel pomeriggio visita panoramica
con guida della città e tempo a disposizione per shopping al Mercatino
di Natale, il più famoso dell’Austria.
Cena e pernottamento.
su il sipario...
a cura di Luca Lubrani
PISTOIA
FESTIVAL BLUES
Evento musicale dell’anno molto atteso, di grande richiamo ed interesse di pubblico e critica, torna, per la
XXXI edizione, Pistoia Blues 2010
dal 15 al 18 luglio 2010 nella splendida cornice della città toscana. L’edizione del 2010 è caratterizzata da
una vera e propria esplosione di proposte che nei tre giorni intratterranno il pubblico dalla mattina fino a
notte inoltrata. Tra i nomi di spicco
che si sono succeduti le scorse edizioni ricordiamo: Lenny Kravitz e i
Deep Purple.
tutta Italia come Piero Gambacorti
di Pisa (1380), Erasmo Gattamelata
di Venezia (1434), Carlo degli Oddi
di Perugia (1456), Lodovico degli
Obizi di Padova (1424), Antonio Bentivoglio di Bologna…
MONTECATINI TERME
Mario Biondi, venerdì 16 luglio al
Pistoia Blues 2010
sto a sedere 35, posto in piazza 30 euro. Abbonamento per due serate 1415 luglio: 60 euro per un posto a sedere, posto in piazza 50 euro.
Abbonamento due serate 17-18 luglio: posto a sedere 60 euro, posto in
piazza 50 euro.
PISTOIA BLUES 2010
Mercoledì 14 luglio: North Atlantic Oscillation, Anathema, Porcupine Tree. Per tutti e tre i gruppi,
quella di Pistoia sarà l’unica data italiana. Tribuna numerata euro 35, posto in piazza 30 euro.
Giovedì 15: Labyrinth, Hammerfall (unica data italiana), Gamma
Ray (unica data italiana), Queensryche (unica data italiana).
Tribuna euro 35, piazza euro 30.
Venerdì 16: Mario Bondi. Platea primo settore euro 45, platea secondo
settore euro 35, tribuna euro 30.
Sabato 17: The Last Standing e
Lean On me Gospel Choir, Buddy
Whittington, James Hunter, Dweel
Zappa Plays Zappa, Buddy Guy
(unica data italiana). Posto a sedere euro 35, posto in piazza euro 30.
Domenica 18: Francesco Piu, Cedric Bumside e Lightnin Malcom,
The Robert Cray Band (unica data italiana), Jimmie Vaughan. Po-
GIOSTRA DELL’ORSO
Piazza del Duomo a Pistoia il 25 luglio di ogni anno si anima con un
grande evento folcloristico: la Giostra dell’Orso che si svolge in concomitanza con i festeggiamenti del santo patrono di Pistoia San Jacopo. La
Giostra dell’Orso, il cui nome è relativamente recente, perché trae la sua
origine nel 1947, primo anno in cui
la giostra fu disputata in piazza del
Duomo, è una competizione dalle
origini remote. Cuore del ricco e famoso luglio pistoiese, affonda le proprie origini nell’antico “palio”. Questa competizione era disputata già
nel 1200 in onore di San Jacopo, patrono della città. Vi partecipavano cavalieri famosi e nobili provenienti da
informa
30
Luglio/Settembre 2010
MOSTRA TERME TRA TRADIZIONE
E PROGETTO
“Terme di Montecatini fra tradizione e progetto”. È la mostra che si
tiene alle Tamerici dal 15 maggio
al 15 luglio 2010. Una mostra da non
perdere, definita anche opera di catalogazione per il museo che sarà…
ossia la fase propedeutica al tanto atteso museo dedicato alle Terme e alla Città. Intanto, fino al 15 luglio, alle Terme Tamerici con orario 10-
Lo stabilimento Excelsior nel 1905.
Sotto, le mescitrici. Archivio storico Foto
Rosellini
I
Lo Scià di Persia e Farah Diba alle
Terme nel 1964. Archivio storico Foto
Rosellini
12,30 e 16,30-19,30 da martedì a domenica, si può visitare liberamente
questa interessante rassegna su Montecatini divisa in tre sezioni: origini,
tradizione e progetto. Un percorso
che si snoda tra foto d’epoca e progetti storici, dipinti e opere d’arte,
spartiti musicali e stampe, documenti inediti e rendering e tante altre tipologie di oggetti legati al termalismo montecatinese dalle origini alla progettazione per il futuro.
Una mostra tutta da gustare per i turisti ma ancor di più per i cittadini
che vi ritroveranno le radici della cittadina termale e ancor di più per gli
appassionati d’arte che vi troveranno risposte e spunti di riflessione. n
l terzo ciclo dedicato a Alfred
Hitchkock, sempre con il
commento di Maurizio Tuci,
avrà inizio martedì 21 settembre 2010 alle ore 21.00 nell’Auditorium della ViBanca a Pontelungo.
5 ottobre
IL CASO
PARADINE
(1947)
Gregory Peck,
Charles
Laughton
L’ingresso è libero fino ad esaurimento dei posti (99).
”AVVICINAMENTO
AL CAPOLAVORO”
Calendario delle proiezioni:
OGNI MARTEDÌ ORE 21
21 settembre
2010
REBECCA
LA PRIMA
MOGLIE
(1940)
Laurence
Olivier, Joan
Fontaine
12 ottobre
IO
CONFESSO
(1953)
Montgomery
Clift, Anne
Baxter
19 ottobre
IL DELITTO
PERFETTO
(1954)
Ray Milland,
Grace Kelly
Mike Bongiorno ed Edy Campagnoli al
Rally del Cinema (1955). Archivio storico
Foto Rosellini
28 settembre
NOTORIOUS!
(1946)
Gary Grant,
Ingrid
Bergman.
Luglio/Settembre 2010
31
26 ottobre
LA
FINESTRA
SUL
CORTILE
(1954)
James
Stewart, Grace
Kelly
Tempo libero
“IL CINEMA IN BANCA”
riprenderà a settembre
AVVISO ALLA CLIENTELA
PIANO FAMIGLIE
–
SOSPENSIONE MUTUI
Si avvisa la gentile clientela che la VIBANCA ha aderito all’Accordo tra ABI e associazioni dei consumatori per la sospensione (per 12 mesi) dei mutui a favore delle famiglie in difficoltà.
Possono beneficiare delle misure previste dall’Accordo i mutui che abbiano tutti i seguenti requisiti:
siano garantiti da ipoteca su immobile residenziale;
siano destinati all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di abitazione principale;
siano stati erogati a persone fisiche, con un reddito imponibile non superiore ai 40 mila euro annui per
ciascun mutuatario;
siano stati erogati per un importo non superiore a 150 mila euro.
Tali mutui potranno godere della sospensione qualora tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2010 si
sia verificato o si verifichi uno dei seguenti eventi:
Cessazione del rapporto di lavoro subordinato di almeno uno dei cointestatari del mutuo, ad eccezione delle ipotesi di:
– pensionamento;
– risoluzione consensuale;
– licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;
– dimissioni del lavoratore non per giusta causa.
Cessazione di rapporti di agenzia, rappresentanza commerciale e altri rapporti di collaborazione che
si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, ad eccezione delle ipotesi di
– risoluzione consensuale;
– recesso datoriale per giusta causa;
– recesso del lavoratore non per giusta causa.
Morte o insorgenza di condizioni di non autosufficienza.
Sospensione del lavoro o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni, anche in
attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito.
Il mutuatario che possiede i requisiti sopra elencati può richiedere l’avvio della sospensione in un arco temporale che va dal 1° febbraio 2010 al 31 gennaio 2011, compilando l’apposito modulo disponibile presso ogni filiale e scaricabile dal sito www.vibanca.it
PER QUALSIASI ULTERIORE INFORMAZIONE È POSSIBILE RIVOLGERSI PRESSO LE NOSTRE FILIALI
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VINforma - 2010 n°3