Come canta il Protestantesimo? 1 Di Renata Pampuro l professor Ferruccio Corsani (diplomato in organo e composizione organistica; 40 anni di direzione di coro in chiesa; 60 anni di servizio come organista; la partecipazione nel 1969 e nel 2000 alle Commissioni per il Irinnovamento del nostro innario cristiano) dedica il volumetto “PICCOLA GUIDA ALL’INNOLOGIA” a “chiunque abbia a cura la musica ed il canto nelle chiese evangeliche. In alcuni capitoli disserta appunto sulla musica e sul canto in chiesa.. La musica “sacra” in effetti non esiste. La si definisce così perché eseguita nelle funzioni religiose. Brani profani di Haendel, Gounod, Mozart, Shubert, Sibelius, Lendelssohn, Brahms, Beethoven furono adottati perché idonei a creare un clima di serenità, di preghiera e disponibilità all’ascolto della predicazione, o di conforto in occasioni dolorose. Lo stesso Bach si ispirò per i suoi oratori a cantate e forme musicali profane. Durante il culto musica d’organo, o altri strumenti, viene eseguita come preludio, interludio, al momento della colletta, dopo la benedizione (la cosiddetta “uscita”). All’estero anche tale brano è ascoltato in silenzio e precede l’uscita silenziosa dei fedeli. In Italia, viene coperta dai saluti e dalle conversazioni dei presenti ed a volte è addirittura abolita. “Mancano tra noi le condizioni culturali per tale prassi”. Veniamo al canto. Gesù, durante l’ultima cena con gli apostoli, cantò gli “inni”, ossia i salmi. La tradizione liturgica ebraica passò nella pratica liturgica del primo Cristianesimo. Sin dalla Chiesa primitiva, l’apostolo Paolo invitava a pregare non solo con le parole, ma con il canto. Sant’Agostino, Calvino, Lutero provarono una vera passione per i salmi di Davide. Essi asserirono che nessuno può cantare cose degne di Dio, se non le ha ricevute da Lui, perciò i canti migliori sono i salmi di Davide, che lo Spirito Santo stesso gli ha dettato. Occorre cantare, sostennero, con ikl cuore e con l’intelligenza. Ciò distingue il canto dell’uomo, che sa quello che dice, dal canto degli uccelli, eseguito senza comprensione. E qui mi permetto di dissentire. Il melodioso cinguettio di un uccellino, inconsapevole, mi commuove e mi avvicina a Dio più del mio canto consapevole. Lutero sostiene che “dove si canta non può esservi malvagità. La gioia del canto non è peccato, anzi piace a Dio” e “doppiamente prega colui che canta”. Egli elaborò sette salmi in musica e un volume di canti spirituali. Fu pure autore di corali, sia dei testi che delle musiche, trascritte per lui da musicisti suoi collaboratori. Lo scopo era di non ridurre i fedeli al solo stato di “ascoltatori” trasmettere contemporaneamente i fondamenti della fede riformata. Per quanto concerne il “canto assembleare”, l’autore fa una distinzione tra quello tedesco (omogeneo, uniforme nei ritmi e nei respiri, ove nessuno emerge, accelera o ritarda) e quello italiano (un insieme di individui che cantano con diversi tempi, espressioni, gradazione di voce). A questo proposito mi torna alla mente la bellissima poesia di Giuseppe Giusti “Sant’Ambrogio”. Il poeta si commuove nell’ascoltare il canto dolcissimo e solenne che esce”da quelle bocche che parean di ghiro” di quei soldati “impalati, come fantocci esotici di legno”. 1 Ferruccio Corsani, Piccola guida all’innologia, Claudiana, Torino 2012 p. Grande importanza hanno le “corali”, sia di adulti che di bambini, che non vanno intese come esibizioni personali o elemento decorativo, ma sono parte integrante del culto di lode a Dio e strumento di servizio. Per quanto concerne la scelta degli inni per il culto, deve essere fatta in modo che “abbiano corrispondenza di argomenti con il sermone e, possibilmente, anche con le letture e le preghiere”, cosicché essi siano una “risposta comunitaria al messaggio del predicatore”. L’autore dedica spazio al nostro innario: Quello del 1922 nacque dall’assemblaggio di inni tratti dai tre innari preesistenti (il valdese del 1907; il metodista del 1909; il battista del 1910) e fece sì che gli evangelici italiani delle varie denominazioni potessero fraternamente fruire di un unico testo ed avere frequenti attività comuni. Nel 1969, e poi specialmente nel 2000, si lavorò ad inserire inni di stile moderno, spirituals e gospels, ed a modernizzare certi temi desueti degli inni in uso (e purtroppo ad eliminare alcuni bellissimi inni, per adulti e per bambini della Scola Domenicale) suscitando non poche polemiche. Le innovazioni non vanno respinte, servono ad accrescere il numero dei canti e ad esprimere la sensibilità delle epoche che si succedono, così come non si deve dare l’ostracismo al tradizionale messaggio musicale, scaturito dai vari momenti storici e culturali, quindi patrimonio per tutti. Il nostro innario cristiano comprende manifestazioni musicali dal Medioevo ad oggi. L’opera comprende un elenco dei principali compositori di inni evangelici, articolato in quattro settori: Corale Luterano; Salmi Ugonotti; Canti del Risveglio; della fine dell’800 e del ‘900. Riporta poi informazioni tecniche sugli strumenti musicali, un glossario della terminologia musicale, un elenco di opere suggerite per approfondire l’argomento (tra essi il bell’opuscolo edito in occasione del XVII Febbraio 2000, “Cantar Salmi a Dio” di Gianni Long e lo stesso Ferruccio Corsani. Nella foto: festa delle corali valdesi negli anni ’80 all’interno del Castello di Fossano.