La contrattualistica tra retailer e centri commerciali all’estero: focus UK, Francia, Spagna e Germania 1 «C'era il rombo continuo della macchina in moto che portava dentro i clienti […]. Tutto questo, regolato, organizzato con la precisione di un meccanismo» Émile Zola, Al paradiso delle signore, 1883, descrivendo il primo grande magazzino parigino, Le Bon Marché 2 La contrattualistica tra retailer e centri commerciali all’estero: focus UK, Francia, Spagna e Germania Contenuti Sommario Prefazione: il workshop del 29 gennaio 2015 .................................................................................................... 4 1. La contrattazione tra retailers e centri commerciali: gli interessi coinvolti ................................................ 8 2. La situazione italiana ................................................................................................................................. 11 3. Guardare all’estero. Le tematiche rilevanti: durata, canone e concorrenza ................................................ 13 4. Schede di approfondimento .......................................................................................................................... 16 4.1 Focus Francia........................................................................................................................................ 16 4.2 Focus United Kingdom ....................................................................................................................... 21 3 4.3 Focus Spagna ...................................................................................................................................... 25 4.4 Focus Germania ................................................................................................................................. 31 5. Risultati ...................................................................................................................................................... 34 Ringraziamenti .............................................................................................................................................. 37 4 Prefazione: il workshop del 29 gennaio 2015 Nati negli Stati Uniti a metà degli anni ’50 del secolo scorso, i moderni centri commerciali sono stati oggetto nel corso degli ultimi sessant’anni di una straordinaria diffusione anche nel vecchio continente. Prima in Francia, Germania e Gran Bretagna, poi nel resto d’Europa1, la graduale ed inarrestabile diffusione2 dei centri commerciali ha progressivamente, ma inesorabilmente, spostato dai centri storici delle città verso i centri commerciali stessi il luogo dove avvengono i consumi e gli acquisti dei cittadini. Acquisire la disponibilità di spazi all’interno di centri commerciali per la vendita al dettaglio, dunque, rappresenta oggi per i retailers una necessità, oltre che un’opportunità. In Italia, tuttavia, i modelli contrattuali esistenti non offrono per i retailers una tutela adeguata dei relativi interessi. E all’estero? L’esame delle più significative esperienze europee (Francia, Regno Unito, Spagna e Germania) ci consegna un quadro sfaccettato. I primi centri commerciali in Italia sono stati aperti nel 1971 a Bologna e nel 1974 a Cinisello Balsamo (MI). È stata calcolata in 123.000 mq la superficie complessivamente occupata dai centri commerciali in Europa, con una media di 425 mq per 000 abitanti (fonte: European Retail Guide – Shopping Centres 2013). 1 2 4 Se taluni aspetti delle relative discipline appaiono interessanti, sino a costituire possibili spunti per interventi legislativi in Italia ed elementi di valutazione di possibili business all’estero, l’esame attento degli strumenti contrattuali ivi adottati mostra come anche fuori dall’Italia vi siano inefficienze. Appare allora come gli interessi involti nei rapporti tra retailers e gestori dei centri commerciali risultino a livello europeo poco equilibrati e ciò, in ultima analisi, per l’assenza di strumenti legali e contrattuali idonei ad una loro efficiente regolazione. Questo lo sfondo sul quale si è svolto il workshop dello scorso 29 gennaio 2015, tenutosi presso la sede milanese di Confimprese alla presenza dei suoi consociati ed intitolato “La contrattualistica tra retailer e centri commerciali all’estero: focus UK, Francia, Spagna e Germania”. Durante il workshop sono stati messi in luce quelli che appaiono essere i principali interessi di cui retailers e gestori dei centri commerciali sono portatori in sede di negoziazione dei contratti per l’uso degli spazi nei centri commerciali. A tale indicazione ha fatto seguito l’illustrazione delle principali criticità incontro alle quali vanno i retailers italiani, a fronte degli strumenti contrattuali adoperati in Italia per la regolazione dell’uso degli spazi nei centri commerciali. 5 Nel corso dell’incontro sono state, quindi, individuate le tematiche di principale interesse da considerare nell’analisi delle esperienze estere: durata dei contratti e relative possibilità di way-out unilaterali, determinazione del canone e dei relativi “oneri accessori” e gestione dei profili di concorrenza, anche “tra prodotti”. A ciò è seguita, dunque, l’illustrazione, da parte dei relatori intervenuti, di come le suindicate tematiche sono affrontate in Francia, Regno Unito, Spagna e Germania: i Paesi europei che, per percentuale di centri commerciali e per prospettive di sviluppo futuro del settore, appaiono più significativi. Il workshop ha riscosso un grande successo. Grazie all’organizzazione di Confrimprese è stato possibile raccogliere la presenza, in qualità di relatori, del Legal Counsel di Gruppo Percassi (marchio KIKO), del Direttore Administration & Finance di Value Retail Management Italy S.r.l., nota ed internazionale società titolare e gestore di centri commerciali, e dei professionisti esperti di real estate appartenenti al network internazionale Crowe Horwath International e Studio Associato Servizi Professionali Integrati (SASPI). 6 Il presente opuscolo intende raccogliere i principali passaggi del workshop dello scorso 29 gennaio 2015. Inoltre, attraverso i focus dedicati a Francia, Regno Unito, Spagna e Germania, è nostra ambizione fornire un valido strumento di confronto per l’apprezzamento delle differenze, nella materia in parola, tra le varie realtà europee esaminate. Avv. Fabio Ambrosiani Milano, 20 marzo 2015 Partner Legal S.A.S.P.I. Crowe Horwath Milano - Via della Moscova 3 * * * 7 1. La contrattazione tra retailers e centri commerciali: gli interessi coinvolti In sede di negoziazione dei contratti per l’uso degli spazi in centri commerciali, retailers e gestori dei centri commerciali sono portatori di diversi interessi, spesso confliggenti tra loro. Un approccio pragmatico, evidenzia come il retailer sia portatore dei seguenti interessi: durata del contratto adeguata al proprio progetto imprenditoriale e schema di business; esistenza di way-out unilaterali che gli assicurino una certa flessibilità in uscita; certezza relativamente alle way-out unilaterali e discrezionali in capo al locatore; previsione di un canone di locazione commisurato, almeno in parte, al proprio fatturato e non soggetto ad inaspettati aumenti; 8 previsione di agevolazioni, incentivi e/o riduzioni del canone in determinate ipotesi, quali lo start up o in contesti di elevato vacancy rate3 nel centro commerciale; oneri accessori al canone (i.e. key money, spese comuni, assicurazione, fideiussioni obbligatorie, etc.) bassi; tutela dalla concorrenza da altri conduttori competitors nel centro commerciale; libertà nella commercializzazione dei propri prodotti o nell’apertura punti vendita, anche nei pressi del centro commerciale (e, dunque, in concorrenza con esso). Viceversa, i gestori dei centri commerciali sono tendenzialmente portatori dei seguenti interessi: durata tendenzialmente prolungata del contratto; scarsa flessibilità in uscita per i conduttori, anche e soprattutto in presenza di ipotesi di “uscita in blocco” dei retailers dal centro commerciale; previsione di way-out in caso di inadempimento da parte del conduttore; Per vacancy rate si intende la percentuale di spazi del centro commerciale non locati o affittati a retailers, e dunque inadoperati. 3 9 pattuizione di un canone di locazione predeterminato o predeterminabile, attualizzato ed indicizzato, da pagarsi in anticipo; oneri accessori al canone (i.e. key money, deposito/fideiussione, spese comuni, assicurazione; fideiussioni bancarie) elevati; raggiungimento di un numero elevato di retailers presenti nel centro, anche in spregio alle possibili difficoltà per questi ultimi frutto di una forte concorrenza tra prodotti; previsione di limitazioni imposte ai retailers alla facoltà di aprire nuovi punti vendita nei pressi del centro commerciale, alla possibilità di vendere determinati prodotti/marchi, alla possibilità di commercializzare mediante vendita on-line. In una certa prospettiva, gli interessi dei retailers e quelli dei gestori dei centri commerciali possono convergere: entrambi hanno interesse a massimizzare la redditività degli investimenti effettuati; sia i retailers che i gestori di centri commerciali di una certa notorietà hanno interesse a proteggere ed ad accrescere la rispettiva brand equity; 10 entrambi hanno come obiettivo l’accrescimento della clientela, garantendo alla stessa elevati standard di servizio, prodotti, shop-fit, ospitalità. 2. La situazione italiana Dal punto di vista del retailer, il modello contrattuale italiano che più degli altri assicura il raggiungimento (di parte) degli interessi di cui è portatore è la locazione di immobili ad uso non abitativo, di cui alla L. 392 del 1978. Tale disciplina, infatti, è informata a principi di tutela dei conduttori. Tuttavia, nella quasi totalità dei casi il rapporto tra retailer e gestore del centro commerciale viene inquadrato nell’ambito dell’affitto d’azienda (art. 2562 cod. civ.). Adottando lo schema dell’affitto d’azienda, il retailer va incontro ad una serie di inconvenienti, tra cui in particolare: il rapporto non è sottoposto ad una durata minima; durante la pendenza del rapporto non esistono limitazioni all’adeguamento del corrispettivo per l’uso del locale; 11 alla cessazione del rapporto, l’affittuario non ha diritto all’indennità per la perdita di avviamento; l’affittuario non ha alcun diritto di prelazione in caso vendita dello spazio ovvero di sua successiva locazione a terzi; il subentro da parte di un terzo nell’attività esercitata nello spazio commerciale è sottoposto alla preventiva approvazione da parte del gestore del centro commerciale; non esistono limiti al deposito cauzionale che il locatore può richiedere. Oltre a quanto sopra, il principale inconveniente per il retailer derivante dall’applicazione dello schema dell’affitto d’azienda è costituito dal fatto che la disciplina legale dell’affitto d’azienda è assolutamente scarna (ad esempio, non è fissato ex lege alcun vincolo di durata) e derogabile (le norme sulle successioni nei contratti, art. 2558 cod. civ., nei crediti, art. 2559 cod. civ., nei debiti, art. 2560 cod. civ., inerenti l’azienda, sono infatti derogabili): con la conseguenza che la quasi totalità del rapporto è rimessa all’autonomia privata delle parti. Così, ad esempio, in tema di durata e di previsione di way-out, il gestore del centro commerciale sovente potrà ottenere condizioni a lui favorevoli, vincolando a sé il retailer per periodi di tempo prolungati. Allo stesso modo, in tema di canone, anche qualora quest’ultimo sia pattuito in forma mista (fisso+% sul fatturato), l’affittante potrà riservarsi ampli poteri ispettivi sulla contabilità dell’affittuario. Non solo, il 12 canone potrà poi essere soggetto ad incrementi durante la vigenza del rapporto, in completata antitesi con i meccanismi “calmieratori” della L. 398/’78. Ancora, le spese di manutenzione andranno sempre a gravare sull’affittuario, insieme agli oneri accessori. Traendo le fila, il problema principale in Italia sembra essere rappresentato dalla rigidità di fatto di un sistema che lascia i retailers esposti alla maggior forza contrattuale dei gestori dei centri commerciali. 3. Guardare all’estero. Le tematiche rilevanti: durata, canone e concorrenza E all’estero? Ogni Paese regola in maniera parzialmente differente la materia in parola. A titolo di esempio: in Francia la legge fissa una durata minima per i contratti di locazione degli spazi commerciali, mentre in Inghilterra detta durata minima non è prevista ex lege. Ciò che però unifica le esperienze estere, tra di loro e con l’Italia, è la centralità delle seguenti tematiche: durata dei contratti e possibilità di way-out unilaterali; 13 canone di locazione e relativi “oneri accessori”; regolamentazione della concorrenza. Tali tematiche, infatti, costituiscono i principali nodi attorno cui si avviluppano gli interessi coinvolti nella negoziazione dei contratti per l’uso degli spazi nei centri commerciali e di cui si è fatta indicazione nel primo paragrafo. In linea con quanto appena detto, un recente caso ha destato una certa attenzione nel settore: un noto colosso del retailing ha denunciato a mezzo stampa una serie di inefficienze nel sistema di gestione dei centri commerciali nel Regno Unito. In particolare, è stato denunciato: che la durata media dei contratti di locazione è troppo lunga; l’assenza di adeguate way-out, soprattutto alla luce di un vacancy rate4 mediamente alto; la carenza di meccanismi di riduzione del canone se il vacancy rate rimane invariato/aumenta ovvero se altri operatori rilevanti abbandonano il centro commerciale; 4 Cfr. supra nota 3 pag. 7. 14 il problema costituito dalla diffusione dei “pop-up” stores5, i quali, non sottostando alle logiche tradizionali dei contratti di locazione, sottraggono profitto ai retailers; La denuncia evidenzia, in buona sostanza, la necessità di mutare il sistema inglese verso: una minore durata dei contratti, una maggiore flessibilità in uscita; canoni meno onerosi; una maggiore regolamentazione della concorrenza tra prodotti all’interno dei centri commerciali. Quanto rappresentato offre una conferma di come le suesposte tematiche costituiscano i principali punti verso cui rivolgere l’attenzione nei focus sulle esperienze estere e, più in generale, nelle riflessioni sulla materia in parola. Altrimenti detti temporary shops: negozi a tempo ovvero esercizi commerciali temporanei, la cui durata può variare da pochi giorni a poco più di un mese, spesso in grado di attirare l'attenzione dei consumatori, proponendo le ultime novità in commercio e chiudendo improvvisamente, senza preavviso. 5 15 4. Schede di approfondimento 4.1 Focus Francia In Francia, solo nelle principali città del Paese6, sono presenti circa 60 i centri commerciali. Il presente focus Francia si basa sull’intervento al workshop dell’avv. Caterina Panfilo, Legal Counsel e responsabile estero di Gruppo Percassi (marchio KIKO). _____________________________________________________________________________________ Durata: In Francia i contratti di affitto sono soggetti al codice del commercio francese che prevede una loro durata di nove anni a pena di nullità. Le parti possono tuttavia negoziare durate più lunghe. Se dopo la scadenza del termine, il contratto continua ad essere eseguito si converte in un contratto a tempo indeterminato. E’ quindi consigliabile entro i 6 mesi dalla scadenza, che il conduttore invii domanda di rinnovo per 9 anni o un periodo più lungo, ma determinato, oppure disdetta. Se il locatore rifiuta il rinnovo, dovrà corrispondere al conduttore un’indennità. 6 Fonte: European Retail Guide – Shopping Centres 2013 16 Spesso nei contratti il locatore impone che alla scadenza, il contratto si rinnovi automaticamente per pari durata, oppure inserisce eccezioni al regime legale del canone di rinnovo (v. infra). Way-out: In base al codice del commercio il conduttore ha la facoltà di recedere dal contratto ogni 3 anni, tramite disdetta da inviarsi almeno 6 mesi prima della scadenza con raccomandata r.r. o tramite ufficiale giudiziario. La disciplina del recesso è derogabile tra le parti. Pertanto i locatori cercano di limitare tale facoltà di recesso, vincolando il conduttore a termini fissi più lunghi, preavvisi più lunghi, o al pagamento di un indennizzo. In tal caso bisognerà negoziare affinché trovi applicazione la disciplina di legge. Oltre ad assicurarsi il recesso triennale, il conduttore può cercare di inserire in contratto delle way-out al verificarsi di casi concreti, ad esempio: co-tenancy clause; ritardo nella consegna del negozio; negozio chiuso per lavori del locatore o rovina; fatturato inferiore a un determinato ammontare; recesso in ogni tempo decorso un primo periodo fisso. 17 Il locatore può recedere esclusivamente nei seguenti casi: qualora intenda procedere alla costruzione, ricostruzione, o sopraelevazione dell’immobile esistente, o eseguire dei lavori prescritti o autorizzati nell’ambito di un’operazione di restauro immobiliare; qualora vi sia un inadempimento da parte del conduttore. Per legge tale inadempimento deve essere grave ed il recesso preceduto da una diffida ad adempiere di almeno 30 giorni. Infine, la parti possono pattuire il recesso per mutuo consenso, dovendo in tal caso prevederne termini e condizioni. Canone: Il canone è liberamente pattuito tra le parti. Solitamente esso si compone di una duplice componente: canone fisso; canone variabile. A volte una delle suddette componenti viene meno. Il canone è soggetto ad attualizzazione e indicizzazione. Si possono negoziare la non applicazione dell’attualizzazione nonché sconti sul canone per i primi anni. 18 Generalmente il canone viene pagato con prelievo diretto (mandato SEPA) trimestrale anticipato. Spesso è altresì possibile pattuire un periodo di free-rent. Qualora il contratto si sia rinnovato, la legge prevede che il canone di rinnovo sia soggetto all’indice di riferimento (c.d. “plafonnement”), salvo che la durata iniziale del contratto sia più lunga di 9 anni, non applicandosi in tal caso il plafonnement. Questa disciplina è derogabile, pertanto spesso i centri commerciali impongono ai retailers che il canone di rinnovo non sia soggetto al plafonnement a cui avrebbero diritto. Oneri accessori: Gli oneri accessori generalmente previsti a carico dei retailers sono: key money (diritto d’ingresso); deposito o fideiussione; spese comuni; assicurazione. 19 Concorrenza: La materia non è regolata dalla legge. Nella prassi, i contratti di affitto contengono sovente una clausola in virtù della quale i centri commerciali non sono né possono essere in alcun modo limitati nella commercializzazione dei locali. Pertanto conduttori che vendono prodotti anche in diretta concorrenza tra loro potranno trovarsi fianco a fianco oppure in grande numero nello stesso centro commerciale. Il centro commerciale, inoltre, riesce spesso ad imporre al conduttore: di non vendere prodotti di determinati marchi – magari già presenti nel centro commerciale; obblighi di non concorrenza, nel senso che quest’ultimo non potrà aprire negozi per la stessa merceologia entro una certa distanza dal centro commerciale per un determinato periodo. Tutte tali clausole sono negoziabili tra le parti. 20 4.2 Focus United Kingdom Nel Regno Unito, solo nelle principali città del Paese7, sono presenti circa 130 centri commerciali. Il presente focus United Kingdom si basa sull’intervento al workshop dell’avv. Caterina Panfilo, Legal Counsel e responsabile estero di Gruppo Percassi (marchio KIKO). ____________________________________________________________________________________ Durata: I contratti di affitto del Regno Unito possono essere: a scadenza fissa; a tempo indeterminato. La legge non impone nessuna durata minima. I contratti di 7 anni o più devono però essere registrati presso il Land Registry. Per prassi, nei leses in centri commerciali, è pattuito un termine fisso. Way-out: Le parti sono libere di prevedere una facoltà di recesso (“break clause”) a favore di una o di entrambe le parti. 7 Fonte: European Retail Guide – Shopping Centres 2013 21 Il locatore ha diritto di recedere dal contratto o di rifiutare il rinnovo in un numero limitato di casi: qualora intenda procedere alla costruzione, ricostruzione, o sopraelevazione dell’immobile esistente, o eseguire dei lavoro prescritti o autorizzati nell’ambito di un’operazione di restauro immobiliare; qualora vi sia un inadempimento da parte del conduttore. Per legge tale inadempimento deve essere grave ed il recesso preceduto da una diffida ad adempiere di almeno 30 giorni. Qualora il diritto di recesso non sia esercitato o non sia stato pattuito, il contratto: se il conduttore ha “security of tenure”, si rinnova; se le parti hanno concordato il “contract out”, termina automaticamente alla scadenza. In genere il locatore pretende questa clausola. In tal caso il conduttore è obbligato a liberare i locali. Qualora ciò non avvenga, il locatore può scegliere una delle seguenti ipotesi: – il contratto si rinnova di mese in mese; 22 – le parti pattuiscono un nuovo contratto; – iniziare la procedura di sfratto del conduttore. Per il security of tenure, per il contract out e per esercitare il rinnovo bisogna in ogni caso usare specifici moduli. Canone: Il canone è liberamente pattuito tra le parti. Nei contratti con durata fissa, il canone non può subire variazioni, a meno che ciò non sia contrattualmente pattuito, come avviene però generalmente nella prassi. Il centro commerciale, infatti, spesso inserisce in contratto la facoltà a suo favore di aumentare il canone ogni 5 anni di contratto, in base: al valore di mercato dell’immobile; o alla media dei canoni applicati nel centro commerciale per superfici simili; o al fatturato del negozio. Sebbene in UK non via sia molto “spazio di manovra” sul piano contrattuale per i retailers, qualora la soppressione di una tale clausola non fosse accettata, è possibile cercare di prevedere che, in caso di un tale aumento del canone, il conduttore abbia la facoltà di recedere dal contratto. 23 Oneri Accessori: Relativamente agli oneri accessori al canone locatizio, occorre distinguere tra tipologia di contratto: nel FRI lease: tutti i costi di manutenzione e riparazione e i costi assicurativi sono a carico del conduttore; nel Gross rent lease: il conduttore paga il canone e i costi specificati relativi al locale; il locatore paga i costi di manutenzione, assicurazione, utenze, e tasse. Il conduttore inoltre deve versare un deposito oppure emettere una fideiussione, oltre che accendere una propria polizza assicurativa. Infine, si tenga presente che spesso il locatore concede al conduttore una “capital contribution” per i lavori di fitting-out. Concorrenza: La materia non è regolata dalla legge. I centri commerciali sono tendenzialmente più forti dei retailers sul piano negoziale. Nella prassi sono spesso incluse nei contratti clausole: 24 con cui si vieta al retailer la commercializzazione di un prodotto, a vantaggio di un altro retailer con cui si vieta al retailer la vendita on-line di prodotti dallo stesso venduti nel centro commerciale che limitano la facoltà del retailer di pubblicizzare i propri prodotti 4.3 Focus Spagna Oltre 140 centri commerciali tra Madrid e Barcellona8. Negli ultimi anni il vacancy rate medio è salito al 16%. Il presente focus Spagna si basa sull’intervento al workshop di Victor Gené Tolnay, Associate e Responsabile IP&IT-Dipartimento Commerciale presso Crowe Horwath International a Barcellona. ____________________________________________________________________ Durata: La disciplina dei contratti di locazione in Spagna è contenuta nell’Urban Lease Act n. 29 del 1994, ispirato ad una larga autonomia contrattuale delle parti. Non è prevista ex lege una durata minima dei contratti. 8 Fonte: European Retail Guide – Shopping Centres 2013 25 Nella prassi: prima del 2007, i contratti erano tendenzialmente a medio-lungo termine (da 10 a 20 anni); oggi, la tendenza del mercato è verso contratti con short term (massimo 5 anni). Sovente è previsto il rinnovo automatico del contratto alla scadenza. In tali ipotesi: è comune predeterminare o fissare i criteri per determinare il canone applicabile in caso di rinnovo; altrimenti viene nominato un terzo indipendente per la determinazione del canone. Fuori da questo quadro, si collocano i pop-up stores, che sono ammessi. Way-out: Se non pattuito contrattualmente: il recesso unilaterale da parte del retailer comporta che questi debba risarcire il centro commerciale continuando a pagare le pigioni ancora dovute sino al termine di scadenza naturale del contratto; 26 in caso di mutuo recesso, le parti si accorderanno per la reciproca sopportazione dei costi. La giurisprudenza sembra acconsentire ad una riduzione del risarcimento da recesso anticipato, in casi di contratti di medio-lunga durata (oltre 10 anni). I gestori dei centri commerciali difficilmente accettano l’inserimento nel contratto di clausole che riconoscono a favore del retailer il diritto di recesso per i casi di: fatturati inferiori a determinate soglie; vacancy rate elevato; scarsa qualità e reputazione degli altri retailers. La legge riconosce al retailer il diritto all’indennità da avviamento: se il retailer ha condotto la stessa attività nel corso degli ultimi 5 anni; se, spirato il termine del contratto, il retailer ha espresso la volontà di rinnovare il contratto per almeno ulteriori 5 anni. 27 Tuttavia, i gestori dei centri commerciali spesso inducono i retailers a rinunciare a tale diritto. Canone: Le parti hanno ampia libertà nella fissazione del canone. Il canone può essere, dunque, fisso o composto da una misura fissa e una variabile. Generalmente, il canone composto fisso e variabile è così articolato: la componente fissa, di solito di importo inferiore ai canoni medi non composti da parte fissa e parte variabile; la componente variabile viene calcolata in base: – al fatturato annuale del retailer; – in alcuni casi, è collegato al vacancy rate del centro commerciale. Ove possibile, è bene pattuire con i centri commerciali clausole di aggiustamento del canone, alternativamente alla facoltà di recesso, per i casi di: fatturati inferiori a determinate soglie; vacancy rate elevato; scarsa qualità e reputazione degli altri retailers. 28 Sono possibili, inoltre, agevolazioni (sospensione, riduzione, contribuzione del canone) a favore del retailer in determinate ipotesi, quali la fase di start up ovvero per l’allestimento degli spazi. Oneri accessori: Generalmente le spese per gli spazi comuni (acqua, energia, sicurezza, pulizie,…) sono addebitati separatamente ai retailers, proporzionalmente ai mq locati. I retailers sopportano i seguenti oneri: il rilascio di una caparra pari a due mensilità (imposta dalla legge); fideiussione bancaria; applicazione di elevati interessi in caso di ritardo nei pagamenti; licenze amministrative; applicazione di eventuali penali da parte del centro commerciale (ed es. per ritardo nell’apertura del negozio). Concorrenza: In assenza di limitazioni legali alla materia, nella prassi è comune o possibile la previsione delle seguenti clausole. clausole di esclusività, legate alla durata del contratto, in virtù delle quali: 29 – il centro commerciale si vincola a favore di determinati operatori a non far vendere nel centro commerciale generi specifici di prodotti concorrenti; – conseguentemente, alcuni retailers vengono ad essere gravati da un divieto di cambiare il genere di prodotti venduti; clausole di divieto di vendita di determinati prodotti, per ragioni di tutela dei consumatori (ad es. armi); clausole di non-concorrenza, in virtù delle quali i centri commerciali vietano al retailer di aprire un proprio nuovo negozio in un determinato raggio intorno al centro commerciale. 30 4.4 Focus Germania Sono oltre 100 i centri commerciali presenti in Germania tra le principali città tedesche9. Ciononostante si possono a tutt’oggi trovare in alcune città del Paese tracce di retaggi culturali e tradizionali contrari alla diffusione di centri commerciali. Il presente focus Germania si basa sull’intervento al workshop di Pierfranco Di Conza, Direttore Amministrazione & Finanza presso Value Retail Management Italy S.r.l. ___________________________________________________________________________________ Durata: La durata standard dei contratti è di dieci anni. È possibile, inoltre, la conclusione di contratti temporanei, fino a 12 mesi, affinché il centro commerciale possa testare la performance di un determinato retailer. Nel corso della durata del contratto, generalmente il centro commerciale si riserva e conserva il diritto di ricollocare il retailer in uno spazio diverso da quello originariamente assegnato, facendosi carico delle relative spese. Way-out: Il diritto di recesso è sempre riconosciuto a favore del locatore. Il recesso deve essere esercitato con un minimo di 30 e fino a 180 giorni di preavviso. Fonte: European Retail Guide – Shopping Centres 2013 31 In caso di recesso, nessun diritto all’avviamento viene riconosciuto al retailer. Raramente il diritto di recesso viene concesso anche all’affittuario. E, comunque, è riconosciuto solo per determinate ipotesi – quali un volume di vendite inferiori ad un livello prefissato. Canone: Il canone di affitto è strutturato in una parte fissa ed una variabile La componente variabile è spesso determinata quale percentuale sulle vendite. In linea tendenziale, il minimo garantito oscilla tra i 320 ed i 900 Euro/mq/anno, mentre la percentuale sulle vendite varia dall’8% al 13%. Talvolta, il locatore concede al conduttore un periodo di sospensione del canone per la fase iniziale di start up. Oneri accessori: A carico dei retailers gravano: una fideiussione bancaria a prima richiesta, alternativamente ad un deposito infruttifero di importo pari ad almeno 3 mensilità di canone; quota spese di servizi. 32 Relativamente alle spese di servizi, queste normalmente devono essere pagate in via anticipata unitamente al canone. Qualora si opti per una componente fissa ed una componente variabile del canone, la percentuale della quota variabile spesso include anche i costi di servizio. I costi di servizio oscillano, tendenzialmente, da 120 a 300 Euro/mq/anno. Concorrenza: Non esiste una regolamentazione dettagliata della materia, né una prassi uniforme. È comunque abbastanza comune l’introduzione nei contratti di clausole che limitano o escludono la facoltà per i retailers di aprire nuovi punti vendita in strutture concorrenti a quelle del centro commerciale entro un determinato raggio. 33 5. Risultati Il quadro di sintesi dei temi trattati ci mostra come tanto in Italia, quanto in Francia, Regno Unito, Spagna e Germania, il retailing all’interno dei centri commerciali rappresenti un’opportunità, o meglio una necessità, di business, che non va affatto esente da problematiche. In Italia, l’assenza di una cornice legale in grado di fornire un’adeguata tutela ai retailers rispetto alla maggior forza contrattuale dei gestori dei centri commerciali frustra notevolmente gli interessi dei retailers stessi. E volgendo l’attenzione all’estero, il quadro non muta di molto, nella sostanza. Anche fuori dall’Italia, infatti, la regolazione, legale o pattizia, degli aspetti salienti del rapporto tra retailers e gestori dei centri commerciali – ovvero, durata e facoltà di recesso, determinazione del canone e presenza di oneri accessori, assetto dei profili di concorrenza – non sempre risulta esauriente. Così nel Regno Unito, dove la durata dei leases appare troppo lunga rispetto alle esigenze di business dei retailers – ad esempio. Così in Spagna, ove, accanto ad una prassi che si è orientata verso contratti con durata non eccessivamente lunga, si registrano di converso fitti oneri accessori al canone locatizio. 34 Così in Germania, ove il recesso per il conduttore è assai raro. E così via dicendo. Sembra esservi, in ultima analisi, un’eccessiva rigidità nella regolazione dei rapporti tra retailers e centri commerciali, rispetto alle esigenze di flessibilità che le concrete realtà economiche, di mercato e di business dei retailers richiedono. A tale condizione sembrano, in definitiva, sottrarsi solo i pop-up stores. Quali, dunque, i rimedi? Interventi legislativi a parte, la risposta è certamente quella di andare a negoziare contratti che presentino più estesi profili di flessibilità (inclusione di ventagli ampi di way-out a vantaggio del retailer, ad esempio) rispetto agli attuali. Ma, a completare la risposta, giova sottolineare come la maggiore flessibilità in parola sembra poter essere efficacemente conseguita solo facendo convergere gli interessi dei retailers con quelli dei centri commerciali. 35 Come indicato supra nel primo paragrafo, retailers e gestori dei centri commerciali hanno in comune: l’interesse a massimizzare la redditività degli investimenti effettuati; l’intento di proteggere ed ad accrescere la rispettiva brand equity; l’obiettivo l’accrescimento della clientela, garantendo alla stessa elevati standard di servizio, prodotti, shop-fit, ospitalità. Dovrà essere, allora, facendo leva su tali interessi comuni che la negoziazione dei contratti per l’uso degli spazi nei centri commerciali potrà ispirarsi ad una maggiore flessibilità complessiva, facendosi così l’interesse dei retailers e, anche, dei gestori dei centri commerciali. Per questa via, il retailer di un brand di valore, giovando con la sua presenza un centro commerciale, potrà ad esempio beneficiare di un canone di locazione agevolato o di riduzioni degli oneri accessori. Ancora, un retailer in grado di offrire prodotti esclusivi avrà meno necessità di tutele sul lato concorrenza, disponendo così di un vantaggio negoziale da “spendere”, ad esempio, per una durata del contratto più adeguata ai propri orizzonti di business. * * * 36 Ringraziamenti Si ringraziano tutti gli Associati di Confimprese Milano per la partecipazione al workshop del 29 gennaio 2015, l’Associazione per l’organizzazione del workshop e tutti i relatori intervenuti. In particolare, in ordine di intervento nel corso dell’incontro, si ringraziano l’avvocato Caterina Panfilo, Legal Counsel e responsabile estero di Gruppo Percassi (marchio KIKO), Victor Gené Tolnay, Associate e Responsabile IP&IT-Dipartimento Commerciale presso Crowe Horwath International a Barcellona e Pierfranco Di Conza, Direttore Amministrazione & Finanza presso Value Retail Management Italy S.r.l. Milano, 20 marzo 2015 Avv. Fabio Ambrosiani Partner Legal S.A.S.P.I. Crowe Horwath Milano - Via della Moscova 37