JUS ET FAS
COLLANA DI STUDI INTERDISCIPLINARI

Direttore
Agata C. A M
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Comitato scientifico
Ángela A
Universidad de Navarra
Maria Pia B
Libera Università “Maria SS. Assunta” (LUMSA) di Roma
Jesús B
Universitat de València
Hermann-Josef B
Universität Erfurt
Gabriella C
“Sapienza” Università di Roma
Francesco D’A
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Maria Rosa D S
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Stelio M
Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali
e sulle Autonomie “Massimo Saverio Giannini” (ISSIRFA)
Gian Piero M
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Cesare M
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Sandra S
Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno
Elda T B
Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
JUS ET FAS
COLLANA DI STUDI INTERDISCIPLINARI
Il vivace e assai spesso aspro dibattito intorno alla legittimità o
meno della presenza di simboli e di riferimenti religiosi in luoghi pubblici testimonia una difficile, quanto ardua, separazione di ambiti. Del
resto, non appena si guarda al diritto, alla politica e alla religione, non
si può non notare una permanente comunicazione tra le dimensioni.
Jus e lex, certo diversi, richiamano comunque l’idea di ordine: ora
l’ordine determinato dall’opposizione tra ciò che è giusto e ciò che è
ingiusto, ora l’ordine posto in via generale e astratta dalla volontà di
un’unità politica. E fas è l’assise mistica, invisibile, quell’assise che si
ripercuote sul piano del vissuto e che sostiene tutte le condotte e le
relazioni, visibili, definite dal diritto.
Se così, la complessità del rapporto diritto/religione è tale da non
poter essere banalizzata nel suo significato più autentico. La collana di studi interdisciplinari “Jus et fas” si propone di approfondire
i profili e le prospettive di questi due ambiti che ad alcuni possono
apparire come due mondi differenti e anche opposti, e ad altri simili o
convergenti.
Nella collana “Jus et fas” il direttore approva le opere e le sottopone a referaggio con
il sistema del double blind peer review process, nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore,
sia dei due revisori scelti, uno, da un elenco deliberato dal comitato scientifico, e l’altro,
dallo stesso comitato in funzione di revisore interno. Nel caso di giudizio discordante fra
i due revisori, la decisione finale sarà assunta dal direttore, salvo casi particolari in cui il
direttore provvederà a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la
valutazione dell’elaborato. Il termine per la valutazione non deve superare i venti giorni,
decorsi i quali il direttore della collana, in assenza di osservazioni negative, ritiene approvata
la proposta. Sono escluse dalla valutazione gli atti di convegno, gli scritti dei membri del
comitato scientifico e le opere di autori di chiara fama.
Nel licenziare gli atti del convegno “Diritto e religione. Tra passato e futuro”,
si ringraziano molto vivamente il Rettore Renato Lauro e il Preside della Facoltà
di Giurisprudenza Gian Piero Milano per aver favorito l’iniziativa e sostenuto la
realizzazione del progetto. Si ringraziano, altresì, i presidenti di sessione, i relatori e
tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito, rendendolo particolarmente vivace
e ricco.
L’interesse dell’argomento è tale da aver suscitato ulteriori riflessioni e approfondimenti: alle relazioni dei convegnisti, nella IV Sezione, sono stati aggiunti alcuni
contributi sul tema di ricercatori della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di
“Tor Vergata”.
Diritto e religione
Tra passato e futuro
Atti del Convegno internazionale
Villa Mondragone, Monte Porzio Catone (RM)
- novembre 
a cura di
Agata C. Amato Mangiameli
Maria Rosa Di Simone
Contributi di
Mario Ascheri
Jesús Ballesteros
Francesco D’Agostino
Maria Gigliola Di Renzo Villata
Marco Fioravanti
Nadia Gimelli
Pierfrancesco Grossi
Fabio Macioce
Stelio Mangiameli
Giovanni Minnucci
Cesare Mirabelli
Maria Bianca Carmen Predescu
Claudio Sartea
Herbert Schambeck
Hans Schlosser
Gianfranco Zanetti
Copyright © MMX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 
Indice
Introduzione
11 Profili filosofici
Agata C. Amato Mangiameli
23 Profili storici
Maria Rosa Di Simone
Prolusione
39 Qualche considerazione su diritto e religione tra passato e futuro
Cesare Mirabelli
49 Diritto e religione. Una domanda di ontologia giuridica e un
problema di etica del diritto. Lezioni romane
Herbert Schambeck
parte prima
Prospettive storiche e orizzonti filosofici
79 Diritto e religione nelle città–Stato medievali. Una questione
di prospettiva
Mario Ascheri
5
6
Diritto e religione. Tra passato e futuro
95 Alberico Gentili tra diritto e teologia
Giovanni Minnucci
127 Dignità umana e dialogo interreligioso
Jesús Ballesteros
parte seconda
Questioni religiose e considerazioni giuridiche
145 Oltraggio alla religione, libertà religiosa e confini del diritto penale
Hans Schlosser
163 Vecchie e nuove considerazioni sull’articolo 7 della Costituzione Italiana e sui rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica
Pierfrancesco Grossi
173 La sussidiarietà: principio oppure strumento?
Bianca Maria Carmen Predescu
225 Filosofia del diritto divino
Francesco D’Agostino
parte terza
Dalla tolleranza alla libertà
243 L’argomento del Cardinal de Retz
Gianfrancesco Zanetti
259 Il matrimonio tra sacro e profano. Dalla lezione giusnaturalistica al giurisdizionalismo
Maria Gigliola di Renzo Villata
327 L’identità dell’Europa: laicità e libertà religiosa
Stelio Mangiameli
Indice
7
parte quarta
Qualche variazione sul tema
351 Cittadinanza e religione. François–Dominique Montlosier e il dibattito sulla Compagnia di Gesù nella Francia della Restaurazione
Marco Fioravanti
385 Le confessioni religiose tra libertà di vivere nella realtà dell’ordinamento statale e potere di creare norme giuridiche all’interno dello Stato. Il caso della Chiesa di Scientology
Nadia Gimelli
423 La laicità come principio giuridico
Fabio Macioce
459 Il ruolo della religione nelle “grandi narrazioni” normative.
Appunti a partire dalla Torah
Claudio Sartea
477 Gli Autori
Introduzione
Diritto e religione. Tra passato e futuro
ISBN 978–88–548–3535–1
DOI 10.4399/97888548353511
pp. 11–21
Profili filosofici
Agata C. Amato Mangiameli
1. Per il nostro tema è degno di nota il caso giudiziario Glassroth
vs. Moore. La rappresentazione simbolica della legge, oggetto della
controversia stessa, evoca a suo modo lo stretto rapporto diritto e
religione e consente alcuni cenni filosofico–giuridici.
Nel 2001 in Alabama, Roy S. Moore, giudice della Corte Suprema — ormai tra i più celebri eroi dei diritti religiosi, così da essere
designato Ten Commandments Judge — fa installare nel palazzo di giustizia di Montgomery una scultura monumentale che rappresenta
i dieci comandamenti iscritti sulle tavole della legge. Due anni più
tardi il monumento è rimosso, in ottemperanza alla sentenza della Corte distrettuale del novembre 2002 e alla sentenza della Corte
d’appello del luglio 2003. Qui l’argomento fatto valere è che in uno
spazio pubblico simili installazioni contravvengono la separazione
Stato/Chiesa e il principio costituzionale di laicità dello Stato.
Con qualche variazione, si tratta dell’argomento usato più di
frequente in tali controversie. Ad esempio, nell’accogliere il ricorso
presentato da Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani d’Italia, il Tribunale dell’Aquila ordinava la rimozione del crocifisso esposto nelle aule della scuola frequentata dai figli dello stesso Smith,
giacché la presenza del simbolo in un edificio pubblico e destinato
all’istruzione violerebbe l’equidistanza dello Stato rispetto alle diverse esperienze religiose, realizzerebbe un rapporto di interferenza/
dipendenza tra Stato e Chiesa escluso dall’articolo 7 della Costituzione, indurrebbe l’alunno ad una comprensione errata del confronto simboli religiosi e simboli civili.
11
12
introduzione
Ma l’affaire Moore — nella giurisprudenza americana sono da segnalare Adland vs. Russ (2002) e McCreary County vs. ACLU (American
Civil Liberties Union) of Kentucky (2005), come pure l’ancora irrisolta
questione del Mount Soledad Cross (San Diego): simbolo religioso o war
memorial? — ha una sua particolarità. Con quel monumento, forse
unico nel suo genere e non proprio interessante per l’arte, è per così
dire messa in scena, secondo una logica tutta mondana e in nome di
un’appartenenza ideologica, la confusione–sovrapposizione tra simbolo religioso della parola divina e simbolo secolare della legge.
Come noto, Ten Commandments di Hahnemann è una scultura in
granito di forma cubica: la parte superiore presenta le tavole della
legge (i dieci comandamenti sono nella versione inglese della Bibbia
di re Giacomo), la base ha invece molteplici iscrizioni di testi storico–giuridici, aventi quale caratteristica comune il riferimento alla
religione o a Dio. Sulla facciata si ritrovano poi: la solenne promessa
di fedeltà alla bandiera americana (one nation, under God, indivisible,
with liberty and justice for all), due citazioni di Wilson e Jefferson e,
al centro, con caratteri più importanti, Law of Nature and Nature’s
God della Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti. Ma non è
finita. Sul lato sinistro è possibile leggere so help me God del Judiciary
Act (1789), come pure due citazioni di George Washington e John
Jay; sul lato destro si ritrovano citazioni di Mason, Madison, Blackstone in tema di legge divina e di legge naturale, e, infine, sul retro, il
Preambolo della Costituzione dell’Alabama che invoca the favor and
guidance of Almighty God.
Nonostante la strenua difesa di Moore, a detta del quale le Tavole
della legge ricorderebbero ai giudici le origini della Costituzione dalla quale traggono la loro autorità, vi è quanto basta perché Glassroth
vs. Moore si concluda con l’ingiunzione di rimuovere il monumento.
Con Ten Commandments, infatti, non sono solo in gioco la rappresentazione classica della legge e le origini religiose del diritto. Detto
altrimenti, senza accompagnare i dieci Comandamenti da un’analisi
storica e da un contesto critico, l’obiettivo di mostrare le origini religiose del diritto si confonderebbe con uno scopo statuale di promozione della religione. In breve: occasione di propaganda religiosa,
anziché memoria storica di una cultura e di una civiltà. In contrasto
parte prima
Prospettive storiche e orizzonti filosofici
Diritto e religione. Tra passato e futuro
ISBN 978–88–548–3535–1
DOI 10.4399/97888548353515
pp. 79–94
Diritto e religione
nelle città–Stato medievali
Una questione di prospettiva
Mario Ascheri
1. Spigolando tra i dati di fatto
Ho modificato il titolo originario della mia relazione come previsto
nel programma, Diritto e religione nelle città–Stato medievali, non a caso.
Avevo dapprima pensato di riferire sulle normative statutarie
relative a questioni interessanti le istituzioni religiose o i cittadini
in quanto fedeli, normative non infrequenti soprattutto nel Duecento e primo Trecento, sul finire del nostro Medioevo, ossia nel
momento più creativo per la storia del Papato e per la storia delle
istituzioni politiche e giuridiche italiane.
Che ci sia stato un rapporto stretto tra le creatività dei due versanti non c’è dubbio, infatti, anche se è difficile dire quale sia stata
«trainante», o se sia invece inevitabile parlare di una loro contestualità. Certo, gli sviluppi politico–culturali urbani e quelli delle
culture ecclesiastiche cittadine — di cui anche il Papato era profondamente partecipe — durante i secoli X–XI «spiegano» molto della
creatività successiva di cui parliamo1.
1. Sono secoli sui quali per l’intreccio esaminato la ricerca di Giovanni Tabacco
ha segnato un solco profondo; v. ora la benemerita raccolta di suoi scritti sotto il titolo
Medievistica del Novecento. Recensioni e note di lettura, I–II, a cura di P. Guglielmotti, Firenze 2007. Lo sfondo complessivo sul quale leggere queste pagine è ben disegnato in
Ph. Jones, The Italian City–State from Commune to Signoria, Oxford 1997; per problemi
storiografici e culturali può essere utile il mio Le città–Stato: le radici del municipalismo e
del repubblicanesimo italiani, Bologna 2006.
79
80
parte prima – Prospettive storiche e orizzonti filosofici
Ma, per tornare al tema propostomi, devo ammettere che ho poi
pensato che non poteva essere perduta l’occasione prospettata da un
convegno come questo, cioè quella di un dibattito apertamente di
prospettiva, sulla lunga durata, diretto ad una meditazione a largo
raggio e propositiva, più che ad una analisi dotta in senso stretto e
meno che mai solo medievistica.
Un libro recentissimo di Laura Baietto sui papi e le città che ci
interessano2, con un sottotitolo espressivo: «Papato e Comuni in Italia centro–settentrionale durante la prima metà del secolo XIII», contiene
un’ampia ricognizione riassuntiva anche degli aspetti normativi laici
che si sarebbero dovuti richiamare, in quanto rilevanti per la loro
contrarietà alla libertas Ecclesiae. Riferendosi all’età decisiva di Innocenzo III, in primo luogo, l’impegnativo lavoro della Baietto ci mostra
i Comuni, nella prospettiva papale, come un mondo da combattere e
da pacificare, con esempi anche pesanti, quali quelli dati dal conflitto
tra il vescovo e il Comune di Novara, tra il Comune di Treviso e i
vescovi di Feltre, Belluno e Ceneda, e soffermandosi in particolare
sui conflitti per la tassazione a Bergamo e a Modena e sul conflitto
giurisdizionale tra il Comune di Faenza e la chiesa di Ravenna.
I tanti richiami non sono certo esaustivi. La loro diffusione geografica, comunque, vale a dare un’idea della generalità, della diffusione sotto tutti i cieli cittadini di quei conflitti, che si accentuarono con la Vergentis, la famosa lettera di Innocenzo III indirizzata nel
1199 al clero, ai consoli e al popolo di Viterbo e generalizzata nella
sua portata normativa confluendo infine come decretale nel Liber
Extra (X.5.7.10). Essa delineava l’eresia anche come disobbedienza tale da configurare il crimen lesae maiestatis e decretava l’infamia
2. L. Baietto, Il papa e le città, Spoleto 2007. Alle pp. 465–501 fonti e bibliografia,
cui rinviamo. Si tratta comunque, in questo come in altri casi, di bibliografie ovviamente
incomplete per definizione, vista l’enormità dei problemi coinvolti; senza nulla togliere
alla bontà del lavoro, per l’infamia ad esempio uno storico del diritto avrebbe ricordato il
libro di Peter Landau, per la «constitutio in basilica Petri» un Filippo Liotta, per i rapporti
tra autorità centrale e locali la monografia canonistica di Francesco Migliorino, e così via;
sempre per gli storici del diritto segnaleremo in particolare l’interesse delle pagine dedicate all’ordo iudiciarius, appello, giustizia delegata, inquisitio veritatis, aequitas canonica
(pp. 141–172).
parte seconda
Questioni religiose
e considerazioni giuridiche
Diritto e religione. Tra passato e futuro
ISBN 978–88–548–3535–1
DOI 10.4399/97888548353518
pp. 145–162
Oltraggio alla religione, libertà religiosa
e confini del diritto penale
Hans Schlosser
1. Ancora fino a pochi anni fa i tribunali penali tedeschi e la dottrina del diritto penale erano unanimi nella valutazione della punibilità
di un oltraggio alla religione o alla confessione religiosa. Secondo la
loro convinzione, nella prassi penale dello Stato secolarizzato, non
c’era più nessun caso da prendere sul serio di delitto contro la religione, che avrebbe potuto giustificare una punizione. Le statistiche
della giustizia sembravano confermare questo orientamento1.
Più tardi, con la pubblicazione delle caricature su Maometto da
parte del giornale danese «Jyllands Posten», questa communis opinio ha
iniziato ad indebolirsi. I disegni, resi pubblici alla fine del 2005, avevano messo in ridicolo la persona del Profeta. La loro rapida diffusione
attraverso la stampa e internet ha causato, sia negli Stati occidentali
che in quelli islamici, una tempesta di indignazione.
I musulmani che vivevano nell’Europa occidentale si sentirono
offesi nel loro credo religioso e pretesero che lo Stato proibisse le
caricature, in quanto opuscoli blasfemi, e promuovesse delle azioni
penali contro gli autori degli oltraggi. Essi motivavano ciò con la tutela della libertà di culto garantita nella Costituzione. Questo diritto
fondamentale impegna lo Stato democratico a difendere in campo
religioso tutti i cittadini — indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa — da attacchi ed offese da parte di forze ostili alla
1. Su queste problematiche, in generale, cfr. A. v. Arnauld de la Perrière, Grundrechtsfreiheit zur Gotteslästerung?, in Religionsbeschimpfung. Der rechtliche Schutz des Heiligen,
a cura di J. Isensee, Berlin 2007, p. 63 e ss.
145
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parte seconda – Questioni religiose e considerazioni giuridiche
religione o ad essa indifferenti. I pubblici ministeri danesi, tuttavia,
non videro nelle caricature che delle semplici satire e negarono la
presenza di un delitto. Nei Paesi islamici le massicce proteste si rivolsero contro le rappresentanze diplomatiche di quegli stati dai quali
provenivano gli autori delle caricature. Gruppi religiosi radicali giustificavano pubblicamente i loro atti di violenza come gesto di difesa
nei confronti degli insulti, da parte degli infedeli, verso la persona
più sacra della loro religione.
Le proteste islamiche contro le caricature si scontrarono inizialmente con l’incomprensione dell’opinione pubblica dei paesi
dell’Europa occidentale. Solo gradualmente questi eventi hanno
dato luogo anche qui a discussioni di carattere fondamentale. Al
centro dei dibattiti si sono collocate le questioni che si riferiscono
alla misura e ai limiti della libertà di religione, di opinione, d’arte
e di stampa garantita dalla Costituzione. Inoltre si è riflettuto criticamente anche sulla portata della protezione di natura penale che
il diritto di Stato garantiva a ogni cittadino che si sentisse offeso nel
suo credo religioso2.
Nello sviluppo delle discussioni, tuttavia, divenne presto chiaro
che i vilipendi non erano in alcun modo una semplice questione di
sentimenti musulmani offesi. Anche gli Stati europei, che talvolta
si riferivano in modo esplicito alle loro radici cristiano–occidentali,
avevano dovuto affrontare scandali e casi, anch’essi spettacolari, di
blasfemia. Azioni di questo tipo si rivolgevano verso simboli e alti
rappresentanti della religione cristiana, facendo in modo che molti
cristiani si sentissero grossolanamente offesi nel loro sentimento
religioso.
Al gruppo di casi che hanno causato scalpore appartiene la
provocazione che la cantante Madonna ha suscitato nel 2006. La
rockstar, che si faceva pubblicità come «queen of pop», si era fatta
simbolicamente crocifiggere sul palcoscenico durante un pubblico
concerto a Roma. Il risultato fu un grido d’indignazione di larghi
2. Sulle posizioni cfr. sostanzialmente J. Isensee, Blasphemie im Koordinatensystem
des säkularen Staates, in Religionsbeschimpfung. Der rechtliche Schutz des Heiligen, a cura di J.
Isensee, Berlin 2007, p. 105 e ss. (p. 135 e ss.).
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