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amminare nella luce
PERIODICO DI INFORMAZIONE DELLA COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE DI PAVIA - ANNO 42 - N° 3
Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2 - LO/PV
Dicembre 2013
L’accoglienza
a Lampedusa
Papa Francesco
don Dario Crotti
pag. 4
Aprire il cuore
agli ultimi
pag. 17
L’accoglienza oggi
C
Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2 - LO/PV
amminare nella luce
L’Accoglienza di o
L’accoglienza oggi
Papa Francesco
don Dario Crotti
I
pag. 17
L’accoglienza
a Lampedusa
pag. 4
Aprire il cuore
agli ultimi
CAMMINARE NELLA LUCE
Periodico della Casa del Giovane di Pavia fondato nel 1971
DIrEttorE rEspoNsABILE
Sergio Contrini
rEDAzIoNE
don Arturo Cristani, Donatella Gandini,
Bruno Donesana
HANNo CoLLABorAto A quEsto NumEro
Don Dario Crotti, Ilenia Sforzini, Lucia Braschi,
Mattia Barbieri, Pina e Davide Caserini, Simone Feder
CoNsIGLIo DELL’AssoCIAzIoNE CAsA DEL GIoVANE
don Arturo Cristani, don Dario Crotti,
Michela Ravetti, Diego Turcinovich, don Luigi Bosotti,
Paolo Bresciani, don Alessandro Comini
EDItorE
Fondazione Don Enzo Boschetti - Comunità Casa del Giovane - ONLUS
tIpoGrAfIA
Comunità Casa del Giovane
Via Lomonaco, 16 - 27100 pavia
tel.: 0382.381411 - fax: 0382.3814412
Chiuso in tipografia nel mese di dicembre 2013
La comunità Casa del Giovane
Nata in un seminterrato alla fine degli anni Sessanta dal
carisma di carità di don Enzo Boschetti, la comunità Casa del Giovane accoglie giovani e persone in difficoltà in
convenzione con i Servizi Sociali (minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, ecc.) e persone segnate da profonde fragilità psichiatriche condividendo con loro percorsi
di crescita e di reinserimento nel tessuto sociale.
2
n occasione del ventesimo anno dalla scomparsa di don
Enzo abbiamo voluto dedicare l’ultimo numero della nostra rivista, al tema dell’accoglienza: parola-chiave di tutta
la vita del nostro fondatore e atteggiamento fondamentale
che il Natale, ormai alle porte, ci chiede di assumere.
Nel 1982, quindi più di trent’anni fa, don Enzo così
scriveva: “Come può il fratello in difficoltà credere che Dio è
amore, se noi lo rifiutiamo? È tremendo il fatto di rifiutare Gesù
Cristo nella persona del povero e dell’ultimo. Ricordiamo che l’accoglienza fatta per amore è una sublimazione della grazia di Dio e
della solidarietà. Per l’uomo di fede accogliere il fratello è la
premessa per accogliere Dio...” (d. Enzo Boschetti, L’Alternativa,
ed. CdG 1982)
L’accoglienza dei giovani in difficoltà, delle persone povere,
senza possibilità, cariche di difficoltà e senza speranza,
ha mosso il cuore, il pensiero e l’operato di don Enzo a
partire dai tempi dello scantinato di Viale Libertà nel
1968, per arrivare alle prime comunità residenziali.
Così si avviava un cammino che continua oggi nelle varie
realtà della Casa del Giovane e in tutti coloro che si ispirano
all’insegnamento di don Enzo.
L’aumento della complessità burocratica e amministrativa
dei giorni nostri, la velocità delle comunicazioni e la loro
tendenza a frammentare il riflettere e l’operare odierno,
non hanno spento in Comunità il desiderio di accogliere le
oggi per un futuro veramente umano
varie forme di disagio che – oggi
ancor più di prima – attanagliano le
persone più deboli che necessitano
di punti di riferimento e di protezione:
i minori, le mamme straniere con i
loro piccoli, coloro che sono fragili
mentalmente, chi si aggrappa ad
una della varie dipendenze per non
soccombere...
L’accoglienza rimane un verbo fondamentale per la Comunità Casa
del Giovane ma non solo: lo è anche
per la nostra società. In un tempo
dove aumentano a dismisura le situazioni di incontro, di scambio, di
contatto grazie alle varie tecnologie
e agli spostamenti di tante persone
in cerca di lavoro e di dignità, senza
accoglienza dell’altro, i rapporti non
nascono, le differenze diventano muri
insormontabili, prevale la paura e
non si può sperare più. Vediamo
ogni giorno invece come l’accoglienza
rispettosa del dono e della preziosità
dell’altro, di ogni singola persona,
con la sua storia, cultura, fede e dignità, faccia scaturire novità e speranza, aprendo relazioni nuove e
autentiche.
Nelle scuole, nelle parrocchie, nel
condominio, nel quartiere, in ditta,
in famiglia... là dove le persone vivono
assieme, l’accoglienza dell’altro è terreno fecondo di dialogo e di concordia: uniche vie possibili di futuro.
ma occorre imparare l’accoglienza,
insegnarla, educare i giovani a sperimentarla e a farla diventare stile
di vita e di cultura: e questo diventa
una sfida per noi adulti. L’accoglienza
non è una teoria matematica o un
algoritmo informatico: solo vivendola
in prima persona può essere trasmessa e si può educare altri a viverla.
E per far questo occorre fare spazio,
aggiungere il famoso ‘posto a tavola’
che ripeteva una vecchia canzone,
scoprendo che accogliendo l’altro
non ci si impoverisce ma ci si arricchisce, non si diminuisce nè come
persone nè come economia.
In questi giorni, nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium papa francesco scrive: “La Parola di Dio insegna
che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno
di noi [...] ed è l’assoluta priorità dell’«uscita
da sé verso il fratello» uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma
morale e il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale
in risposta alla donazione assolutamente
gratuita di Dio.”
sono - in forma diversa - le stesse
parole di don Enzo... sono l’unica
parola che è di Dio e che quindi è
vera per tutti e sempre... accogliamola
nella nostra vita e assieme ad essa
accogliamo i fratelli e le sorelle che
vivono con noi, a partire non da
quelli più lontani, ma da quelli più
vicini, spesso i più difficili a cui far
spazio nella nostra vita...
don Arturo Cristani
Responsabile della Casa del Giovane
3
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amminare nella luce
Aprire il cuore
all’accoglienza
Attualità
L
4
e parole di papa
Francesco – intrise
di sapienza evangelica –
allargano il cuore dell’uomo
globalizzato e indifferente
all’altro per aiutarlo a ritrovarsi
più autenticamente e più
umanamente nell’accoglienza
del fratello povero e fanno
del cristiano il primo testimone
di un nuovo modo di vivere,
consapevole che la vera
globalizzazione è quella
del cuore e dei rapporti,
che trovano in Dio la
loro vera unità e possibilità.
di don Arturo Cristani
m
entre andiamo in stampa
viene pubblicata l’esortazione apostolica “Evangelii gaudium”, le parole di papa francesco
- intrise di sapienza evangelica - allargano il cuore dell’uomo globalizzato e indifferente all’altro per
aiutarlo a ritrovarsi più autenticamente e più umanamente nell’accoglienza del fratello povero e fanno del cristiano il primo testimone
di un nuovo modo di vivere, consapevole che la vera globalizzazione è quella del cuore e dei rapporti, che trovano in Dio la loro vera
unità e possibilità.
[...] L’indissolubile legame tra l’accoglienza dell’annuncio salvifico e
un effettivo amore fraterno è espresso in alcuni testi della scrittura
che è bene considerare e meditare
attentamente per ricavarne tutte
le conseguenze. si tratta di un
messaggio al quale frequentemente
ci abituiamo, lo ripetiamo quasi
meccanicamente, senza però assicurarci che abbia una reale incidenza nella nostra vita e nelle
nostre comunità. Com’è pericolosa
e dannosa questa assuefazione che
ci porta a perdere la meraviglia, il
fascino, l’entusiasmo di vivere il
Vangelo della fraternità e della
giustizia!
La parola di Dio insegna che nel
fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per
ognuno di noi: «Tutto quello che avete
fatto a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me» (mt 25,40).
quanto facciamo per gli altri ha
una dimensione trascendente: «Con
zione della Chiesa». questa
opzione – insegnava Benedetto XVI – «è implicita nella
fede cristologica in quel Dio che
si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà».
per questo desidero una
Chiesa povera per i poveri.
Essi hanno molto da insegnarci. oltre a partecipare
del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono
il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo
evangelizzare da loro.
La nuova evangelizzazione
è un invito a riconoscere la
forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro
del cammino della Chiesa.
siamo chiamati a scoprire
Cristo in loro, a prestare
ad essi la nostra voce nelle
loro cause, ma anche ad
essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad
accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro.
Il nostro impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di pro-
mozione e assistenza; quello
che lo spirito mette in moto
non è un eccesso di attivismo, ma prima di tutto
un’attenzione rivolta all’altro
«considerandolo come un’unica
cosa con se stesso».
questa attenzione d’amore
è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effettivamente
il suo bene. questo implica
apprezzare il povero nella
sua bontà propria, col suo
modo di essere, con la sua
cultura, con il suo modo di
vivere la fede. L’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di servire l’altro non per necessità
o vanità, ma perché è bello,
al di là delle apparenze.
«Dall’amore per cui a uno è
gradita l’altra persona dipende
il fatto che le dia qualcosa gratuitamente». Il povero, quando
è amato, «è considerato di
grande valore», e questo differenzia l’autentica opzione
per i poveri da qualsiasi
ideologia, da qualunque in-
tento di utilizzare i poveri
al servizio di interessi personali o politici. solo a partire da questa vicinanza reale e cordiale possiamo accompagnarli adeguatamente nel loro cammino di liberazione.
soltanto questo renderà
possibile che «i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana,
come “a casa loro”. Non sarebbe,
questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona
novella del Regno?1» . senza
l’opzione preferenziale per
i più poveri, «l’annuncio del
Vangelo, che pur è la prima
carità, rischia di essere incompreso
o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della
comunicazione quotidianamente
ci espone2».
I testi sono tratti dall’esortazione
apostolica Evangelii Gaudium,
di papa Francesco
Giovanni paolo II, Lett. ap.
Novo millennio ineunte (6
gennaio 2001), 50: AAs 93
(2001), 303.
2
Ibid.
1
Attualità
la misura con la quale misurate
sarà misurato a voi» (mt 7,2);
e risponde alla misericordia
divina verso di noi: «Siate
misericordiosi, come il Padre
vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non
condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato [...] Con la
misura con la quale misurate,
sarà misurato a voi in cambio»
(Lc 6,36-38). Ciò che esprimono questi testi è l’assoluta
priorità dell’«uscita da sé verso
il fratello» come uno dei due
comandamenti principali
che fondano ogni norma
morale e come il segno più
chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita
spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio. per ciò stesso
«anche il servizio della carità è
una dimensione costitutiva della
missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua
stessa essenza». Come la Chiesa è missionaria per natura,
così sgorga inevitabilmente
da tale natura la carità effettiva per il prossimo, la
compassione che comprende, assiste e promuove.
[...] per la Chiesa l’opzione
per i poveri è una categoria
teologica prima che culturale, sociologica, politica o
filosofica. Dio concede loro
«la sua prima misericordia».
questa preferenza divina
ha delle conseguenze nella
vita di fede di tutti i cristiani,
chiamati ad avere «gli stessi
sentimenti di Gesù» (fil 2,5).
Ispirata da essa, la Chiesa
ha fatto una opzione per i
poveri intesa come una «forma speciale di primazia
nell’esercizio della carità
cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradi-
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amminare nella luce
Accogliere il fratello
per accogliere Dio
L
a lettura di questo
testo, che
don Enzo ha scritto
più di trent’anni fa,
ci appare attuale
e profetica...
D
Don Enzo Boschetti
obbiamo essere dei tempisti in
tutto, ma specialmente nell’accoglienza-amore.
Noi non possiamo accogliere Gesù
nell’Eucarestia e nella preghiera e rifiutare il fratello, come non possiamo
accogliere il povero e rifiutare Gesù.
Ci sono tanti modi di rifiutare il povero.
quando non accettiamo il fratello con
cui viviamo, quando non lo amiamo
per aiutarlo nella sua crescita umana
e cristiana quando siamo indifferenti
al dolore che lo affligge, lo rifiutiamo
anche se salviamo le apparenze.
qualche volta la comprensione può
essere difficile, perché non ha sperimentato personalmente la fatica e non
ha provato il pungolo della fame, dell’umiliazione. per chi è abituato ad
avere subito e tutto, ogni scusa è buona
per rifiutare diplomaticamente il giovane
6
non facile. Non dobbiamo dimenticare
mai di sentirci solo “poveri strumenti”
nelle mani del signore e rifiutare l’abilità
diplomatica che mortifica la pienezza
della carità. ricordiamo che la casa
non ha per noi, ma per i fratelli in difficoltà; noi siamo qui per accoglierli.
La carità fraterna è esigente e ci sollecita
alla trasparenza e al rinnegamento di
noi stessi. Accogliere significa amare, e
questo clima deve esistere prima fra di
noi, accettandoci senza pregiudizi di
sorta; altrimenti come possiamo amare
l’altro che arriva alla porta? Dovremmo
accoglierci come fa il maestro che “non
ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga
secondo le nostre colpe” (sal 103, 10).
Gesù ci accoglie alla sua mensa eucaristica, al sacramento del perdono e fa
festa con noi: “Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché
questo mio figlio era morto, ed è tornato in
vita, era perduto ed è stato ritrovato. E incominciarono a far festa” (Lc 15, 23-24).
Vivere il Vangelo significa fare festa
con il povero, accogliendolo come è il
figliol prodigo, con la stessa larghezza
di perdono. ricordiamoci che troveremo
misericordia se saremo misericordiosi.
Gesù ci accoglie nella sua casa, senza
badare a meriti e demeriti e a requisiti
particolari, se non con la buona volontà.
se meditiamo bene, ripensando alle
varie tappe della nostra vita, ci accorgiamo che è una storia di misericordia.
Dimentichiamo tanto facilmente il suo
perdono e i nostri peccati, mentre il
salmo ci suggerisce: “Nella mia angoscia
ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto”
(sal 120, 1).
Il ricordo delle nostre colpe deve renderci
meno intransigenti con i fratelli e più
disponibili all’accoglienza. La fede è
fatta di questi gesti di carità, di condivisione, di premure, perché chi “non
ama il proprio fratello che vede, non può
amare Dio che non vede” (I Gv 4, 20). se
siamo impegnati seriamente ad imparare
ad accogliere senza prevenzioni, sarà
facile una verifica individuale e comunitaria con il responsabile.
Accogliere il povero come accoglieremmo Gesù Cristo – diceva san Benedetto – perché lui accoglieva il
povero come il signore. La nostra
non può essere un’accoglienza da
ostello per salvare i nostri spazi non
sempre veri. Anche noi abbiamo dei
limiti, ma forse non siamo sempre disposti a batterci e a lottare pur di accogliere anche colui che è secondo.
Che senso avrebbe per noi una casa
mezza vuota, ben adornata come un
piccolo castello?
saremo contenti solo quando avremo
fatto tutto il possibile per non rifiutare
nessuno. Benediciamo il giorno in cui
constatiamo il tutto esaurito, in cui
non c’è più un cantuccio libero! resta
inteso che tutto questo non deve andare
a scapito di un minimo di funzionalità
e di serietà della comunità.
Accogliere significa vedere l’uomo
come un segno che rivela quanto Dio
ci chiede per esercitare la speranza e
la carità e per crescere nello spirito
di sacrificio. questo fa dilatare la solidarietà e il regno di Dio. L’accoglienza può diventare un mezzo per
esercitare la povertà e farla diventare
ricca d’amore, rompendo un certo
ghetto, dando respiro alla fraternità
e alla credibilità.
Non avvertiamo il pericolo di un’im-
borghesimento nelle nostre comunità?
questa preoccupazione deve spingerci
ad una frequente verifica e la nostra
crescita deve fare i conti con l’accoglienza generosa.
Non sottovalutiamo che per il fratello
che bussa alla nostra porta questo gesto
potrebbe essere l’ultima o l’unica spiaggia di salvezza. Come può il fratello in
difficoltà credere che Dio è amore, se
noi lo rifiutiamo? meditiamo il giudizio
finale di san matteo e ci accorgeremo
che l’accoglienza-carità ha un significato
ben preciso e reale: “Io ho avuto fame e
mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi
avete dato da bere; (ero) malato e mi avete
visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi…
Ogni volta che avete fatto queste cose a uno
solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete
fatto a me” (mt 25, 35-36.40).
È tremendo il fatto di rifiutare Gesù
Cristo nella persona del povero e dell’ultimo. ricordiamo che l’accoglienza
fatta per amore è una sublimazione
della grazia di Dio e della solidarietà.
per l’uomo di fede accogliere il fratello
è la premessa per accogliere Dio.
Nella preghiera contemplativa infatti
impariamo l’arte del conoscere noi
stessi e la gloria di Dio, che è l’uomo,
qualunque esso sia. Che cos’è la contemplazione se non accogliere Dio e
lasciarci afferrare dal suo amore? questo
significa rinnovare nella nostra vita
l’amore di Cristo per il padre e per le
sue creature e rendere presente nella
vita la dinamica della santissima trinità.
Chi di noi non sente il bisogno di superare certi momenti di lacerazione
interiore, di fatalismo, di incapacità
di armonizzare con le creature?
L’unità è il bene visibile dell’amore e
cresce se ci avviciniamo, per mezzo
della preghiera contemplativa, al roveto
ardente che è Cristo signore.
se viviamo con intensità l’amore del
signore, troveremo un sano equilibrio
nell’accoglienza e nel rapporto con i
fratelli. L’atteggiamento giusto è quello
di sforzarsi per far sentire al fratello
un rapporto di comunione. tutto questo presuppone un rapporto confidente
con il signore.
La contemplazione-accoglienza è un
cuore che celebra l’amore di Dio perché
i sentimenti, la delicatezza, la premura
la solidarietà umana abbiano a raggiungere il massimo della perfezione.
Il testo è tratto da “L’alternativa” di
don Enzo Boschetti, edizioni CdG, 1982
Uno showroom solidale a Pavia
Il 19 novembre scorso è stato inaugurato il nuovo spazio
espositivo della CdG dato in uso dal Comune per
promuovere le attività di laboratorio della Comunità.
L’inaugurazione
• I prodotti Casa del Giovane sono il frutto del lavoro
dei giovani, delle mamme e delle persone che vivono
presso le varie case e centri della comunità.
• Sono realizzati nei laboratori CdG Carpenteria,
falegnameria, centro stampa, sartoria, oggettistica
e decoupage ed esprimono la creatività nell’impegno di
crescita vissuto insieme.
• SPAZIO ESPOSITIVO - Via Garibaldi, 20 - Pavia
Mercoledì 9.30 -11.30 e 16-19; Sabato 10-12 e 16-19
Uno dei tanti lavori esposti
• È possibile consultare i cataloghi ed ordinare i prodotti
nei laboratori (via Lomonaco, 16) e dal sito: www.cdg.it
Don Enzo Boschetti
• Acquistare uno di questi prodotti significa valorizzare
e sostenere il percorso educativo e di speranza che
giorno dopo giorno si realizza in comunità e permettere
che questa proposta di accoglienza e di responsabilità
possa continuare.
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amminare nella luce
Il volontariato,
una ricchezza
per l’accoglienza
L
a Casa del Giovane è nata grazie al contributo insostituibile di molti volontari:
professionisti, madri e padri di famiglia, giovani alla ricerca, tutti con una forte
motivazione e predisposizione al servizio gratuito. Molti di loro hanno visto
nel servizio svolto un’occasione per mettere al servizio degli “ultimi” le loro
competenze, ma anche un’occasione di crescita. La testimonianza di Mattia,
un volontario attualmente in servizio, va nella stessa direzione...
di Mattia Barbieri*
Uno sguardo alla Comunità
t
8
rascorsi quasi cinque
mesi dal mio arrivo come volontario alla Casa del
Giovane trovo ancora difficile esplicitare che senso abbia il volontariato e chi sia
il volontario e nonostante io
abbia “fatto” negli anni
passati molto volontariato,
non mi ero mai veramente
soffermato a riflettere sul
suo significato. Ho sempre
pensato ingenuamente che
fosse semplicemente un restituire agli altri i doni e le
doti che avevo ricevuto, un
modo insomma per fare del
bene a chi aveva bisogno,
fossero ragazzini e bambini
dell’oratorio o disabili con
cui mi trovavo a passare del
tempo. pensavo che fosse
un dare qualcosa di mio,
qualcosa di bello che avevo,
trasmettere del bene a chi
incontravo. Non che questo
sia sbagliato, anzi, ma il sapore che vi scorgo è quello
di una certa superbia.
fin dai primi giorni di vita
passati qui a pavia mi sono
accorto invece, non senza
una certa fatica e un certo
imbarazzo, che nessuno qui
si aspetta da me, da un volontario, che anzitutto elargisca buoni consigli o faccia
qualcosa di buono, quanto
piuttosto che si metta in
mezzo alla mischia a vivere
e condividere fatiche e gioie
dei fratelli; non più il bravo
ragazzo che fa del bene,
l’eroe che si spende gratis e
liberamente per una causa
giusta, ma il giovane che,
alla pari di chi cammina
con lui, vive le stesse tensioni,
le stesse fatiche, le stesse
gioie, gli stessi passi di chi
incontra ogni giorno, ogni
mattina svegliandosi e scendendo per la colazione e le
sigarette e saltando entrambe se in ritardo!
Alla luce di questa nuova
consapevolezza direi che
volontario sia colui che non
si vergogna di dirsi fratello
di colui che fatica nel cammino della vita, perchè la
sua fatica e quella del fratello
sono la stessa fatica, la fatica
e la bellezza del vivere.
Dove sta la differenza allora
tra il volontario e chi si
A sinistra Mattia in servizio “musicale”
vane in cammino, tu adulto
in difficoltà, tu...
Non vi nascondo che in
particolare questa forma,
per me nuova, di volontariato residenziale e “strutturato” con momenti di formazione periodici, caratterizzato dal contatto continuo
con gli altri, sia a volte difficile e pesante: ogni tanto
viene voglia di mandare tutto "a quel paese" e andarsene a fare un giro in moto:
a volte può essere un bisogno
sacrosanto e si può fare, a
volte è solo una fuga, ed è
giusto invece stare dentro
la fatica, mia, tua, sua, e
ascoltarla. Non direi tuttavia
il vero se omettessi che tutto
questo per me è molto stimolante interiormente: non
c’è giorno in cui non mi
Giovani al servizio
Progetto di servizio civile comunale
I
l Settore Servizi Sociali del Comune di Pavia, in
collaborazione con altri Enti che già operano nel
territorio, propone un progetto rivolto a tutti i ragazzi e ragazze di età compresa tra i 20 e i 30
anni che abbiano assolto l’obbligo scolastico e
senta rimesso in discussione
da ciò che vivo o che provo;
non sempre è piacevole, ma
fa sentire vivi, mi fa sentire
in cammino con gli altri,
più vicino, ora, a loro e alle
loro difficoltà di quanto non
lo potessi essere prima grazie
soltanto allo studio sui libri.
E questo è un grande dono
e una grande occasione che
mi trovo a vivere.
Credo dunque per tutti questi motivi che rappresenti
una grande ricchezza il fatto
che il Comune di pavia abbia lanciato l’iniziativa del
servizio Civile. Al di là di
tante interpretazioni, il fatto
che 25 giovani tra i 20 e i
30 anni si siano resi disponibili per incontrare e camminare con diverse realtà
di servizio sul territorio, è
senz’altro un segno positivo,
sono giovani pronti a “sporcarsi le mani” e a mettere
in discussione loro stessi in
questo cammino arricchente
sotto il profilo umano e personale, non soltanto sotto il
profilo tecnico-professionale.
Non si tratta infatti solo di
acquisire competenze o titoli
che certifichino la nostra
bravura, bensì di lasciarsi
coinvolgere in un esperienza
che formi la persona, le sue
scelte e le sue decisioni in
maniera più piena e responsabile, più adulta e attenta
a tutti gli altri.
per lo meno, mi auguro che
sia così per me e per chi
come me si trova coinvolto
in questa folle e bella avventura del volontariato.
*Volontario della Casa del Giovane
siano adeguatamente motivati a una attività di
supporto non esclusivamente assistenziale ma
partecipativo.
L’impegno ha una durata di 9-12 mesi, dedicato
ad attività inerenti al servizio alla persona: prevenzione e reinserimento sociale, particolare attenzione allo sviluppo dei bambini, alla crescita
dei ragazzi e alla formazione dei genitori; assistenza socio-sanitaria, tutela della salute e benessere psicofisico della persona, servizi di prossimità a favore di persone fragili.
Se vuoi aderire al progetto, svolgendo la tua
attività di volontariato presso la Comunità
Casa del Giovane, puoi contattare il Comune
di Pavia - Settore Servizi Sociali ed Abitativi
Piazza Municipio, 3 - Pavia
tel 0382 399519
e-mail: [email protected]
Se vuoi avere maggiori informazioni
sul volontariato alla Casa del Giovane:
www.cdg.it - e-mail: [email protected]
Uno sguardo alla Comunità
trova in una condizione di
fragilità? tante volte me lo
chiedo anche io. forse è libera scelta di condividere
e ascoltare gli altri. forse è
soltanto il senso di responsabilità verso gli altri. forse
è soltanto un altro “ruolo”
in campo, tra educatori e
persone accolte, uno che è
sempre pronto a fare da
“jolly” nelle situazioni ordinarie.
forse i ruoli e le differenze
tante volte le costruiamo
noi per tenere le distanze,
perchè il contatto con l’altro,
volontario o non volontario,
è sempre foriero di novità
e di cambiamento, ci mette
in discussione e può far
paura, quindi è meglio distinguere: tu volontario, tu
educatore, tu prete, tu gio-
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amminare nella luce
I lavori dei laboratori d
Attività promozionali
I laboratori della Comunità
hanno un valore promozionale.
Lo scopo di questa attività è di
aiutare il giovane
a occupare il tempo in modo
costruttivo, a sperimentare
le proprie risorse e ad acquisire
nuove competenze.
In queste pagine alcuni
dei lavori offerti al pubblico
per sostenere le attività
della Comunità.
Ogni oggetto è stato realizzato
all’interno dei laboratori.
Così don Enzo Boschetti,
fondatore della Casa
del Giovane ne parlava:
“Facciamo tutto come se fosse
l’ultimo lavoro della nostra
vita, con tutta la precisione
possibile: nulla deve essere
fatto superficialmente
o con grossolanità.
L’esperienza comunitaria
diventa davvero promozionale,
nel senso che insegna
al giovane un preciso lavoro
che gli sarà di grande aiuto
all’uscita dalla Comunità”.
10
Per informazioni
Segreteria: 0382.3814490
Centro Stampa
Stampati di vario genere a partire dalla progettazione
grafica: biglietti da visita, inviti e partecipazioni
per matrimoni, battesimi, comunioni, cresime, libretti
per Messe matrimoni, libri, opuscoli, pieghevoli,
locandine,volantini, servizio di postalizzazione.
Carpenteria
Cancelli, recinzioni, grate di sicurezza, serramenti in
acciaio, lavori vari in ferro battuto
della Casa del Giovane
Falegnameria e restauro
Restauro di mobili, librerie, armadi a muro, mobili su misura, tavoli.
Laboratorio di Casa San Michele
Borse e sciarpe realizzate a mano al telaio. Lavori di taglio, cucito, confezione e riparazione abiti.
Preparazione di dolci e biscotti su richiesta.
Laboratorio del Centro Diurno
Attività promozionali
Bomboniere, oggetti in legno, oggetti in ceramica (calamite, fermatende, acchiappasogni, collane,
orecchini, portachiavi), cornici vassoi, appendini. Oggetti vari del laboratorio di cucito.
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C
amminare nella luce
A cura
dell’Area
donne
Donne in cammin
L’esperienza comunitaria deve spingersi oltre l’assistenzialismo
In cammino
con mondi diversi
L
’ accoglienza delle donne in Comunità non può
prescindere dai criteri educativi della Casa del Giovane:
non dare cose, ma richiedere un impegno alla persona accolta
per farla essere protagonista del proprio cammino.
di Lucia Braschi*
Area donne
D
12
all’esperienza comunitaria comprendiamo
sempre più che la forza della Comunità è l’Amore che
mette al centro la persona
portandola a scoprire la
propria dignità, la libertà, le
potenzialità e le proprie responsabilità. oggi noi viviamo la globalizzazione, l’apparente crescita di tutti gli
uomini in un unico mondo,
ci sono tante possibilità di
stabilire contatti e di comunicare, eppure in realtà siamo molto lontani l’uno
dall’altro... e non è solo questione di stranieri.
In ogni mondo è contenuto
tutto ma in ogni mondo,
spesso, alcune cose hanno
un significato diverso. ognuno ha le sue bellezze, la sua
originalità, ma anche le sue
fragilità che possono diventare minacce.
Ci siamo chiesti più volte
come sia possibile arrivare
ad un incontro e ad un dialogo vero che portino ogni
persona a crescere nella libertà. In particolare, in questo ultimo periodo e dopo
anni di esperienza con molte
Donne
al lavoro
al mercato
di Benin City
in Nigeria
donne straniere ed i loro
figli, a Casa san michele ci
troviamo davanti al difficile
problema di una vera intercultura o meglio dell’integrazione.
Già don Enzo, fondatore della Casa del Giovane, all’inizio
del fenomeno migratorio e
multirazziale diceva che, questo, non doveva trovarci spiazzati e impreparati. Il dinamismo preventivo e progettuale doveva camminare con
no assieme
una grande capacità d’accoglienza e di solidarietà.
In realtà, spesso, si è confusa
la “carità” con il puro assistenzialismo sia da parte delle
istituzioni, sia in ambito ecclesiastico. Il donare “cose”
senza richiedere in cambio
un impegno, che è comunque
espressione di dignità, il far
vivere in modo irreale tante
persone giunte da situazioni
disastrate, sta purtroppo dando i suoi frutti. purtroppo
non sono frutti buoni perché
abbiamo dato molto spesso
l’impressione di avere troppo,
con il nostro consumismo
che ormai non tiene più e
che sia molto facile ottenere
tutto, senza sacrificio.
Non vogliamo generalizzare,
ma ci limitiamo al nostro
osservatorio di comunità, arricchito dal confronto con
altre realtà di servizio che
vivono gli stessi problemi.
Accogliamo persone che arrivano attratte da falsi miraggi, a volte pretenziose ma
senza impegnarsi nelle loro
personali responsabilità. Del
resto ci chiediamo se, tutti
allo stesso modo, abbiamo
cercato di farle crescere con
un lavoro educativo mirato.
È necessario conoscere il
modo di vivere del paese che
accoglie per riuscire ad integrarsi e ascoltare le risorse
di chi è accolto.
sempre Don Enzo diceva:
“Fare tutto il possibile significa
anche impegnarci intelligentemente,
non pensando solo ai nostri limiti,
ma soprattutto alle vere esigenze
dell’indigente, per creare un’autentica cultura del lavoro, dandole
un’anima, un volto umano e di
dignità, per lo sviluppo della
civiltà, affinché l’uomo riscopra
sempre meglio la sua naturale
vocazione di meraviglioso continuatore della creazione. Educhiamoci ad essere portatori consapevoli
di precisi doveri e diritti, senza
badare al sarcasmo e all’incomprensione di tanti, per sviluppare
la più ampia partecipazione possibile in modo umano, senza
*Responsabile Casa S. Michele
Area donne
La scuola di un villaggio nigeriano
cadere nel paludoso efficientismo
del nostro mondo consumista”
(da: sotto il segno della speranza, don Enzo Boschetti,
Edizioni CdG).
per raggiungere un così alto
e vero obiettivo, è importante allora costruire insieme
percorsi reali di vera integrazione e dove ciò non sia
possibile intraprendere anche a progetti di rimpatrio
costruttivi per il bene delle
persone.
La carità vera è creativa, coglie i bisogni propri e dell’altro, straniero o italiano,
accoglie per crescere verso
la libertà nella verità.
Gesù stesso ci insegna che
non è importante dare cose,
sostituirsi alle persone per
sentirci bravi. Egli solo ridà
dignità e significato all’esistenza. I suoi primi discepoli
non avevano né oro né argento ma al contrario l’amore
vero e per questo possono
dire ancora oggi a chi è in
situazioni di stallo e di sofferenza: “alzati e cammina”.
Ci auguriamo di fare tutti
insieme questo percorso,
con un attenzione particolare ai bambini e ai più piccoli. Andare, incontrare è
nella natura dell’uomo, ci
mette in moto, attraendoci
con il suo mistero, ma richiede tanto impegno e responsabilità.
13
C
amminare nella luce
A cura dell’Area
Giovani
e dipendenze
In cammino con i
L’accoglienza
dei più giovani
I
Il fenomeno delle dipendenze è in continuo mutamento,
uno dei tanti cambiamenti evidenti attualmente
è l’abbassamento dell’età di inizio di abuso delle sostanze
stupefacenti e dell’alcool. Le caratteristiche di questi ragazzi
così giovani differiscono molto da quelle degli adulti
e necessitano pertanto di interventi differenziati.
di Simone Feder*
Area giovani e dipendenze
A
14
questo proposito, visto
che la maggior parte
dei ragazzi viene accompagnato dai genitori ai colloqui di ingresso in comunità,
spesso non si è ancora arrivati a una rottura definitiva
della relazione con i genitori, anzi i ragazzi rientreranno nel contesto familiare al
termine del percorso comunitario. tuttavia proprio la
famiglia si è rivelata un ambiente disfunzionale e non è
stata in grado di prevenire e
affrontare il problema della
dipendenza. pertanto, in comunità sono organizzati interventi rivolti a tutta la famiglia, per modificare le dinamiche relazionali esistenti
ed evitare che al rientro del
ragazzo si ripresentino le
stesse difficoltà.
per quanto riguarda la scolarità, la maggior parte ha
conseguito il diploma di
scuola media inferiore, ma
è da sottolineare che il 5%
ha solo la licenza elementare.
Diventa importante pensare
per questi ultimi ragazzi un
recupero scolastico che gli
permetta di conseguire la
scuola dell’obbligo e per tutti
gli altri la possibilità di proseguire gli studi, impegno
che non riuscirebbero a mantenere nel loro ambiente di
provenienza e con l’utilizzo
di sostanze. tutti i ragazzi
hanno iniziato l’abuso di sostanze con i cannabinoidi,
la maggior parte utilizza al-
meno un’altra sostanza stupefacente e gli anni che intercorrono tra l’inizio del
consumo di cannabinoidi e
la prima assunzione di un’altra sostanza stupefacente
sono in media 2. quindi esiste un periodo "finestra" in
cui i ragazzi hanno già iniziato un consumo di stupefacenti, ma non sono ancora
passati ad altre sostanze e a
una vera e propria dipendenza. quasi la metà dichiara di abusare anche di
alcol, e questo comportamento inizia tra i 12 e i 15
anni per la maggioranza,
quindi in concomitanza, se
non addirittura prima, dei
cannabinoidi. Considerando
questi dati e, di fronte a un
nuovo target, mettere in atto
giovani
disturbo in età adolescenziale
fa sì che la dipendenza si
radichi come elemento strutturale della personalità in
via di sviluppo, con conseguenze sempre più gravi per
il futuro. Il consumo di sostanze negli adolescenti incide negativamente su aspetti
fondamentali della vita, fino
a comprometterli gravemente: le relazioni sociali, le relazioni familiari, il percorso
scolastico, la situazione legale… L’adolescenza è un
periodo caratterizzato da
comportamenti orientati alla
ricerca di novità e all’assunzione del rischio, dall’immaturità nel controllo degli
impulsi, da una reattività
accentuata agli incentivi, e
dalla ricerca di vantaggi im-
Alessandro, Alex
e Sebastiano sorridono
guardando
al loro futuro
mediati rispetto a quelli a
lungo termine. queste caratteristiche chiaramente li
rendono più vulnerabili ai
comportamenti di dipendenza e meno recettivi agli interventi di tipo ambulatoriale,
che non hanno una continuità nella vita quotidiana.
Nella società attuale gli adolescenti si trovano sempre
più in una condizione di rischio: il raggiungimento
dell’autonomia è sempre più
ritardato e il giovane si sente
più fragile e si rivolge a “oggetti sostitutivi”, i nuovi ca-
Area giovani e dipendenze
un intervento diversificato
da quello per “adulti”. In
particolare la "Casa del giovane" ha integrato i suoi
programmi per i più giovani
con un coinvolgimento delle
famiglie d’origine, una presa
in carico psicologica individuale, il recupero scolastico
e il proseguimento degli studi, l’attenzione alle attività
sportive, culturali e di impegno sociale.
L’importanza di intervenire
tempestivamente e in modo
risolutivo è data anche dalla
considerazione che nell’adolescenza il sistema nervoso
centrale è ancora in fase di
sviluppo: la corteccia cerebrale arriva alla sua piena
maturità dopo il 20° anno
di vita e l’insorgenza del
15
C
amminare nella luce
Area giovani e dipendenze
nali di comunicazione espongono a stimoli sempre più
precoci e non filtrati dagli
adulti, l’influenza del gruppo
dei coetanei è sempre più
forte e vincolante.
Alla luce di questi dati e di
queste considerazioni è necessario agire precocemente
sul problema della dipendenza e con interventi che siano
davvero risolutivi. si tratta
di affrontare situazioni in cui
il problema va ben oltre la
dipendenza da una sostanza,
coinvolgendo lo stile di vita
del ragazzo, la sua personalità
e le sue relazioni interpersonali e, perchè questo accada,
non è pensabile che sia sufficiente un trattamento ambulatoriale. La comunità garantisce una presa in carico
globale della persona, e soprattutto l’allontanamento
da un ambiente e da uno
stile di vita che impediscono
anche al ragazzo più motivato
di cambiare davvero, perchè
rappresentano un richiamo
16
troppo forte all’abuso di sostanze. Il percorso deve essere
a lungo termine, perchè per
raggiungere un vero cambiamento personale non possono bastare pochi mesi. Inoltre, con i più giovani è indispensabile garantire continuità anche dopo l’uscita
dalla comunità, per mantenere un punto di riferimento
costante nel reinserimento e
nelle tappe successive della
vita.
In un ambiente contenitivo,
in cui il ragazzo non deve
gestire lo sforzo continuo di
non usare sostanze, può impiegare tutte le proprie energie in attività costruttive per
il proprio futuro (studio, lavoro...), nel cambiamento
della propria personalità e
nel costruire relazioni diverse.
Data l’enorme importanza
del gruppo dei pari a questa
età, l’ambiente comunitario
offre un luogo dove poter
assumere ruoli diversi rispetto
all’ambiente di provenienza
e sperimentare un modo più
funzionale e "sano" di vivere
le relazioni, in cui si trovano
immersi per 24 ore al giorno.
La comunità indirizza i propri interventi quotidiani sul
sostegno alla motivazione di
questi ragazzi, sul fornire
loro modi concreti di gestione del proprio tempo e sull’incrementare il proprio senso di autostima e autoefficacia, parallelamente agli
interventi strutturati di terapia psicologica individuale
e di gruppo.
Il fatto che il numero delle
interruzioni del percorso sia
inferiore nei più giovani rispetto alla media significa
che un intervento precoce
di tipo residenziale può essere
efficace già a questa età e
prevenire drammatiche conseguenze future.
*Coordinatore Area Adulti
della Casa del Giovane
La Comunità di Casa Accoglienza
in gita sul lago Maggiore
Lampedusa
di don Dario Crotti*
L
a prima reazione dopo
la notizia dell’ultima
tragedia avvenuta a Lampedusa all’alba del 3 ottobre, è
stata quella del silenzio per
l’orrore; faccio anch’io fatica a trovare le parole per
scrivere una riflessione in
merito; a volte i fatti ci superano e il silenzio diventa
davvero l’espressione umana più autentica.
Il primo “fare” è l’accoglienza rispettosa, che si
apre alla preghiera, a un
grido che sale a Dio, a cui
affidare i nomi, i volti e le
storie di chi non c’è più e di
chi è sopravvissuto ma rimarrà profondamente segnato da quanto ha visto e
sentito in quel barcone, quella notte. Indubbiamente
enorme è stato il dramma,
il lutto, le lacrime per chi
non c’è più: cosa non abbiamo provato davanti a
quella serie infinita di bare,
segnate con un numero? ora
dobbiamo chiederci però lealmente: e i superstiti? siamo
disposti ad ascoltarli? A
prenderci cura di tutte le
ferite di cui sono portatori?
Avranno soprattutto bisogno
di una parola che a noi fa
paura: accoglienza; cioè
apertura di uno spazio che
diventi “casa”, per potersi
recuperare, per poter dare
tempo a quelle ferite, che
per guarire hanno bisogno
non di cose, ma di volti, di
relazione, e di tanto tempo
gratuito messo a loro disposizione. per noi uomini, e
per noi cristiani, la sfida è
questa: passare dall’assistenza, (raccolta di pane se ha
fame, di coperte se ha fred-
do, di farmaci se malato, di
soldi per un progetto, ecc...)
alla cultura dell’accoglienza
e della condivisione: al non
fare delle belle cose “per”
l’altro, ma a camminare
“con” l’altro e rimanere davanti al mistero dell’altro;
come diceva già il profeta
Isaia “introdurre in casa i
miseri”, non come il povero
Lazzaro lasciarlo alla porta:
questa credo sia oggi per noi
il vero passaggio da compiere,
il compito che come comunità cristiana ci aspetta. Vogliamo osare il cammino
dell’accoglienza? L’educazione è al bivio diceva maritain, dopo la seconda guerra
mondiale: o con l’uomo o
contro l’uomo. oggi a questo
bivio ci siamo anche noi.
*Responsabile Comunità Casa Madre
e Direttore Caritas di Pavia
Area giovani e dipendenze
crocevia e bivio per la nostra
umanità e la nostra fede
17
C
amminare nella luce
A cura
dell’Area salute
mentale
AttivaMente
La reciprocità
nell’accoglienza
A
ccogliere non è un compito di alcune persone buone
che vogliono dare una mano a persone svantaggiate.
L’esperienza dei centri diurni per la salute mentale è prima
di tutto un’esperienza di condivisione tra gli operatori
e le persone accolte che non lascia indifferente nessuno ma
soprattutto che provoca dei cambiamenti significativi in tutti.
di Ilenia Sforzini*
Area salute mentale
q
18
uando si riflette sull’accoglienza, soprattutto da parte di coloro che
operano nel sociale, diviene
facile proiettare il pensiero
verso situazioni di povertà
estrema, di emergenza di
forte emarginazione. Accogliere allora può rischiare di
apparire quasi come un
“compito” che alcuni, i
“buoni”, svolgono nei confronti di coloro che vivono
in condizioni di indigenza o
sfruttamento evidente.
L’accoglienza ai Centri Diurni si gioca su binari diversi,
o meglio, tocca corde più
profonde. fra ospiti, operatori
e collaboratori, i centri diurni
sono formati da una trentina
di persone che più o meno
quotidianamente si incontrano, si parlano, svolgono
attività insieme, crescono e
si modificano in base al proprio cammino personale, agli
obiettivi fissati e agli imprevisti che possono cambiare
il progetto iniziale. E si accolgono reciprocamente.
ogni giorno, faticosamente
o con leggerezza, ognuno,
con consapevolezza più o
meno piena, porta il proprio
fardello di umanità al Centro
e lo condivide con chi incontra. A volte sommessa-
mente, quasi nascondendosi,
a volte con la rabbia della
sofferenza, scarica il proprio
peso, in attesa che qualcuno
lo raccolga, lo guardi senza
paura e glielo restituisca più
sopportabile o, se non altro,
lo faccia un po’ suo, condividendolo.
perché è prima di tutto il
cammino di accettazione
della propria storia, è innanzitutto l’accoglienza che
ognuno deve imparare a fare
di se stesso, riprendendo,
riabbracciando anche la parte più fragile, la parte di sé
più sofferente. Non esiste
cammino di cura, di riabilitazione se non si parte da lì
Al Centro Diurno si può fare
un cammino di crescita
solo sciogliendo
il pregiudizio verso se stessi
seppur differente, alla mia.
“Non si può accogliere l’altro
se prima non accogliamo
noi stessi: se non sappiamo
amare noi stessi, se non sappiamo perdonarci, non possiamo amare l’altro. Dio perdona sempre: siamo noi che
non sappiamo perdonarci e
perdonare.
Non ho ancora imparato ad
amarmi, ad accettare le mie
debolezze e le mie ferite,
quindi per me è difficile accogliere l’altro, ho sempre
paura di essere tradita.
mi piacerebbe molto saper
amare, ma la strada è ancora
lunga” (sofia)
scriveva Jean Vanier nel
libro “Il corpo spezzato”:
“La vita in comunità è un’esperienza di appartenenza e di solidarietà… (Per la persona) è
un’esperienza profondamente unificante e guaritrice quella di essere
accettato così com’è con tutto ciò
che è (e non è!) con tutto ciò che è
spezzato, tutte le ferite interiori,
con il suo dono e la sua luce”.
ogni giorno ci mettiamo in
cammino anche noi su questa strada.
* Educatrice della Casa del Giovane
‘
Ogni educatore
deve intraprendere
un cammino di
liberazione insieme,
nell’aiuto reciproco
e superare le non
poche difficoltà per
realizzare se stessi.
Si educa lavorando
“con” i giovani e
stando “insieme” il
più possibile.
don Enzo Boschetti
Area salute mentale
e se non si scioglie anche il
pregiudizio, lo stigma, che
si può avere pure verso se
stessi, quando si parla di salute e malattia mentale. Insieme a questa, a volte con
più facilità, si vive l’esperienza di accogliere il nostro
vicino, si impara ad accettarlo per come è, anzi ad
aiutarlo a trovare i suoi punti
di forza, a camminargli accanto anche con le sue debolezze. provando a stimare
l’altro, si impara a stimare
anche se stessi.
questo compito è certamente richiesto agli educatori e
agli operatori, che, per professionalità e per vocazione,
lo svolgono. ma è anche un
mandato a cui tutti coloro
che frequentano il Centro,
in misura diversa, rispondono. È l’accoglienza vera dell’altro, la cui storia di sofferenza, malattia, lotta è simile,
19
C
amminare nella luce
A cura
dell’Area
Minori
Una casa per cres
L’esperienza con i minori in una Casa Famiglia
Accogliere i più piccoli
I
l racconto
dell’esperienza
di condivisione
di Pina e Davide,
che hanno aperto
la loro famiglia
alla condivisione
di Pina e Davide Caserini*
Area minori
N
20
el percorso della nostra
comunità famigliare
abbiamo conosciuto e condiviso il cammino di accoglienza di altre comunità familiari; nel conoscere le loro storie
si coglie come il dare significato al quotidiano e ricercare la pienezza esistenziale
siano valori fondamentali nel
percorso di ogni coppia che
apra la propria casa e la propria vita a bambini e ragazzi
in difficoltà. Coppie alla ricerca di una vita ricca di senso: in alcuni casi tutto nasce
dalla spinta di grandi ideali
capaci di smuovere la propria tranquilla sicurezza di
pensare unicamente a sé e ai
propri figli; una scelta che
chiede però agli ideali di tra-
sformarsi in azione concreta
e di farlo nel modo più radicale possibile, incarnandoli
nella vita di tutti i giorni.
Il desiderio di accoglienza, il
dedicarsi all’altro, la voglia
di trasformare la propria vita
in impegno sociale, coincidono allora con la ricerca
della felicità. una felicità
complessa e complicata, in
continua evoluzione, che trasforma il cambiamento e il
continuo mettersi in gioco in
un punto di forza.
Aprire però la propria casa
all’altro e accoglierlo all’interno delle proprie mura e
tra i propri legami più intimi
significa correre il rischio di
basare la propria quotidianità
sull’incertezza. ma perché
tutto ciò diventi risorsa e non
degeneri in caos, occorre che
la famiglia sia consapevole
del proprio funzionamento e
si concepisca come “contesto
pensato” e non casuale, dotandosi degli strumenti necessari. In questo modo i legami che si vengono a creare
tra i minori accolti, i genitori
ed eventuali figli naturali, non
diventano semplicemente un
vincolo ma vengono significati
e tematizzati, per creare una
storia e quindi diventare pre-
messa di futuro. La dimensione della cura non si esaurisce nell’accudimento, ma
diviene capacità di tenere
nella mente il bisogno e la
mancanza dell’altro e l’incontro nel quotidiano, nelle
cose semplici e banali di tutti
i giorni diventano occasione
di confronto e crescita.
La comunità famigliare non
è né una famiglia affidataria,
né una famiglia allargata, ma
una realtà più complessa con
una sua precisa identità, che
offre un servizio di accoglienza specifico, adatto a ragazzi
con problematiche particolari
che possono non trovare risposte dall’affido famigliare
o dalle comunità educative.
La famiglia affidataria accoglie, mentre la comunità familiare ospita il minore, sono
entrambe forme di accoglienza ma con obiettivi diversi:
nella comunità familiare prevale il senso del servizio, dell’attenzione ai bisogni del minore. La coppia all’interno
della comunità familiare pur
proponendo delle relazioni
forti non si sostituisce alla famiglia di origine, si sente
meno chiamata ad essere una
figura genitoriale, nel senso
che mostra al minore come
cere insieme
Esiste di fatto all’interno dell’organizzazione della comunità
familiare, una flessibilità per
continuare il progetto anche
dopo il 18° anno del ragazzo.
per la coppia vivere in comunità famigliare vuol dire essere
una famiglia, cioè intessere
relazioni affettivamente forti
e significative sia all’interno
della casa che all’esterno: curare le amicizie sia della coppia
che dei ragazzi.
Il clima della famiglia che accoglie, è ispirato ai valori della
fede cristiana: la cura e l’affetto
reciproco, il rispetto delle diverse esigenze tra i minori e
tra i minori e gli adulti, i limiti
e i confini dati da adulti competenti e responsabili della crescita il più possibilmente sana
dei minori con un’attenzione
particolare alla formazione
scolastica e allo studio e alla
crescita globale della persona.
I minori, durante la loro accoglienza, vengono presi in carico
dalla coppia residente che si
occupa del loro percorso come
temporanea figure educative
con compiti genitoriali, ma senza sostituirsi ai genitori, affiancandosi al minore
e facendosi carico
di una responsabiAlcuni ragazzi della
Casa Famiglia
di Fontana con
Davide, loro
educatore, in un
momento di
avventuroso svago
lità che temporaneamente, per
motivi diversi, i genitori naturali
non possono svolgere. Anche
gli operatori che formano l’equipe educativa della comunità
familiare, offrono una presenza
di operatori qualificati mirata
a supportare la responsabilità
educativa della coppia per tutto
ciò che riguarda l’ambito prettamente educativo: collaborazione con i servizi sociali invianti, rapporti con la famiglia
di origine, contatti con le scuole,
stesura dei progetti individualizzati e delle relazioni di aggiornamento.
particolare attenzione viene
data all’integrazione dei minori
nel contesto di vita normale;
viene curato l’inserimento dei
ragazzi nelle attività dell’oratorio, nelle attività sportive e
ricreative del territorio; nella
costruzione di rapporti amicali
con compagni di scuola e con
bambini che abitano nello stesso
contesto abitativo.
per la famiglia agire la propria
funzione naturale dell’accoglienza alla vita attraverso la
dimensione della comunità familiare, vuol dire recuperare
con consapevolezza il proprio
ruolo anche all’interno della
società. Da soggetto debole e
fragile che chiuso in se stesso
teme di crollare sotto le pressioni
esterne ed interne, la famiglia
riemerge come soggetto attivo
e protagonista della propria esistenza e del proprio agire.
*Responsabili Comunità familiare
“Madonna della fontana” di Lodi
Area minori
potrebbe essere un padre e
una madre, come potrebbe
essere una famiglia, ma mantenendo e sostenendo in modo
forte il rapporto affettivo dei
ragazzi con i loro genitori.
È una distanza che pone gli
operatori della comunità familiare in un atteggiamento
di rispetto nei confronti dei
minori e della loro famiglia
di origine; questa distanza tutela il minore e lo aiuta nel
rielaborare la propria storia e
quella della sua famiglia, e
quando è possibile, a recuperare quella parte di rapporto
con i propri genitori che è necessario recuperare.
La comunità familiare fonda
il suo servizio ai minori sull’elemento naturale della famiglia come perno centrale
per l’accoglienza in quanto
alla stabilità ed alla continuità
dei riferimenti per il minore
accolto; di solito viene posto
un vincolo di età all’ingresso
del minore e non all’uscita in
quanto il compimento del diciottesimo anno di età non
necessariamente rappresenta
il momento della dimissione.
21
C
amminare nella luce
Libri
Il padre
libertà dono
Claudio risè
Edizioni Ares
pagg. 192 - € 14
N
el nostro invito alla lettura del libro “Il padre, libertà dono” riportiamo le prime righe della premessa, attraverso cui risé spiega le ragioni che lo
hanno mosso a intraprenderne la stesura: Chi è il padre? È questa la domanda
forse più ansiosamente ripetuta nella
letteratura psicologica contemporanea.
Ciò fornisce intanto due informazioni.
La prima: se continuiamo a chiedercelo
è perché molti non sanno più chi sia. La
seconda: chiarirci le idee è dunque necessario, anche se non facile.
scrittore, giornalista, docente universitario e psicoterapeuta italiano, Claudio risé ha approfondito in particolare
lo studio della psicologia maschile ed
i problemi che nascono in seguito alla
mancanza della figura paterna; è
autore di numerose pubblicazioni ri-
guardanti la figura del padre e la sua
importanza sociale. qui di seguito riportiamo due brani che appaiono particolarmente rappresentativi della riflessioni dell’autore. Il primo è tratto
dal capitolo IV , mentre il secondo è
tratto dal capitolo IX.
Al Padre l’anima dell’essere umano si rivolge
per ritrovare la libertà. Ma questo incontro
richiede la capacità dell’uomo ferito dal malessere
di farsi figlio del padre, di riconoscersi nella
propria figliolanza e bisognoso di un padre che
lo accolga. È questo riconoscimento che lo toglierà
dalla prigionia di comportamenti coatti, abitudini,
dipendenze che l’hanno privato della libertà. Il
padre incrocia a più riprese, la luce ma anche
l’oscurità; la salute, ma anche la malattia.
Perché nell’anima dell’uomo c’è luce, che si fa
ogni volta faticosamente strada nella tenebra,
seguendo il difficile percorso del Figlio del Padre.
imentichiamo troppo spesso che andare
a scuola è una fortuna. In alcune parti
D
del mondo, arrivare a scuola è un’impresa e
ostico è per samuel (tra i pescatori
del Golfo del Bengala), 13 anni, costretto sulla sedia a rotelle per la poliomelite; ogni mattina i due fratellini
lo trasportano per 4 km, e ci vuole
un’ora e un quarto, su strade accidentate. per ognuno di loro è così
forte il desiderio di andare a scuola,
ovvero di conoscenza, che affrontare
lunghi viaggi e pericoli vari è perfettamente normale. sorprende la spinta
positiva delle famiglie, pur in contesti
così miseri che sembra strano non
veder soppresso tale desiderio. E vien
da fare i confronti con ragazzi occidentali che la fortuna di poter andare
a scuola normalmente e senza fatica
non la sanno apprezzare.
Il regista francese pascal plisson, che
punta dritto alla riflessione didascalica
e pedagogica: e il “messaggio” è tale
che una fruizione di insegnanti e
allievi, soprattutto delle scuole elementari e forse delle medie (ma qui
gli allievi sono già fin troppo disincantati) può essere auspicabile.
Recensioni
Film
Vado a scuola
Rassegna editoriale
di pascal pisson
Francia 2013
Documentario
22
accedere all’istruzione una conquista. Ogni
mattina, a volte a rischio della loro stessa
vita, eroici bambini si incamminano verso la
conoscenza. Questi scolari sono gli eroici
protagonisti delle loro storie, storie di vita
vissuta… questo lungo incipit apre
Vado a scuola, documentario che racconta le vite di alcuni bambini, in diverse parti del mondo, e dei loro
lunghi viaggi per arrivare a scuola.
Jackson e la sorella attraversano ogni
giorno la savana del Kenya, partendo
alle 5.30 di mattina e camminando
per 15 km (e altrettanti a tornare) con
il rischio di incontrare elefanti e altri
animali feroci. zahira, 12 anni, vive
sui monti dell’Atlante in marocco: la
sua scuola dista ben 22 km, 4 ore di
cammino, per cui lei e due amiche si
fermano per una settimana in collegio,
e ogni lunedì ripartono, tra valli e
cime. Carlito, 11 anni, vive in patagonia: ogni mattina con la sorellina
va a cavallo per 18 km, un’ora e
mezzo di viaggio. ma il percorso più
Antonio Autieri – Sentieri del cinema
Come aiutare la Comunità
FONDAZIONE DON ENZO BOSCHETTI COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE onlus
FONDAZIONE
via Lomonaco,
43 - 27100, PaviaDON ENZO BOSCHETTI - COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE
Tel. 0382.3814551
- mail: [email protected]
- www.cdg.it
Via Lomonaco
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Pavia - Tel. 0382.3814551 - Mail [email protected] - www.cdg.it
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l’orario della preghiera comunitaria per chi desiderasse
parteciparvi presso la Cappella della resurrezione in via
Lomonaco 43 a pavia.
LA PROPRIA VITA - La vocazione risponde ad una chiamata di Dio per donarsi ai fratelli in difficoltà.
per colloqui e accompagnamento vocazionali: don Arturo:
0382.3814490 - [email protected].
BENI MATERIALI - Da sempre la Comunità ricicla, recupera, riutilizza e ridistribuisce vestiti, mobili, elettrodo-
mestici in buono stato. Info: [email protected] oppure Vincenzo
348.3313386
DONAZIONI, LASCITI ED EREDITÀ - Donazione libera
per continuare il servizio rivolto ai giovani, minori, mamme
e bambini che si trovano in difficoltà. La Fondazione Don Enzo
Boschetti Comunità Casa del Giovane di Pavia ONLUS avente personalità giuridica può ricevere Legati ed Eredità
BOLLETTINO POSTALE - Bollettino postale (nella rivista
“Camminare nella Luce” o presso le nostre comunità). C/c
postale n° 97914212.
BONIFICO BANCARIO - Fondazione don Enzo Boschetti Comunità Casa del Giovane ONLUS - Via Lomonaco 43 - 27100
pavia - Cf 96056180183 - Banca prossima (gruppo Intesa
per il terzo settore - Via rismondo, 2 - pavia) - IBAN
It61V0335901600100000005333
C/C POSTALE CONTOBANCOPOSTA
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DONAZIONE ON-LINE - sul sito http://www.cdg.it/
nella sezione “aiutaci” clicca su “Donazione”
IL 5 PER MILLE PER SOSTENERE LA COMUNITÀ
fondazione Don Enzo Boschetti
Comunità Casa del Giovane- Codice fiscale 96056180183
PER INFORMAZIONI
sito: www.cdg.it sezione “Aiutaci” oppure don Arturo Cristani allo 0382.3814490 oppure via mail a [email protected]
La fondazione ‘don Enzo Boschetti - Comunità Casa del Giovane’ è una oNLus (organizzazione Non Lucrativa di utilità
sociale) ai sensi del D.Lgs. 460/97; tutte le offerte a suo favore godono dei benefici fiscali previsti dalla legge.
Iniziative comunitarie 2014
1-5 gennaio - Esperienza di preghiera
Casa S. Cuore - Ronco di Ghiffa (Vb)
20 marzo - Ritiro spirituale per le famiglie
Casa Nuova - Via Lomonaco 43 - Pavia
11 maggio - Festa di Primavera
Via Lomonaco 43 - Pavia
16-20 luglio - Campo vocazionale
Casa S. Cuore - Ronco di Ghiffa (Vb)
21 settembre - Festa degli Amici CdG
Samperone di Certosa (Pv)
Ultima domenica del mese - Ritiro spirituale
Samperone di Certosa (Pv)
Tutti i giovedì - Scuola di preghiera
Cappella della Resurrezione, via Lomonaco 43
Per Informazioni: 0382.3814490
Aiutare la comunità
15 febbraio - XXI Anniversario d. Enzo Boschetti
CONVEGNO - Martedì 11 febbraio ore 21
S. MESSA - Sabato 15 Febbraio ore 17.30
S. MESSA - Domenica 23 febbraio a Costa De’ Nobili
23
C
omunità della Casa del Giovane
Associazione Privata di Fedeli CASA del GIOVANE
Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 - [email protected]
Responsabile Primo:
mons. Giovanni Giudici - Vescovo di Pavia
Curia di Pavia - Piazza Duomo, 1
27100 Pavia - Tel. 0382.386511
Responsabile di Unità: don Arturo Cristani
Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492
[email protected]
CENTRO DURNO “Ci sto dentro” - Via Lomonaco 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814455
[email protected]
CASA FAMIGLIA Madonna della Fontana
Casa-famiglia per bambini in età scolare
Fraz. Fontana - 26900 Lodi
Tel. 0371.423794 - [email protected]
Area GIOVANI e DIPENDENZE
Sede in: Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 - [email protected]
Presidente: Diego Turcinovich - Via Lomonaco 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814490
[email protected]
COMUNITÀ TERAPEUTICO-RIABILITATIVE
Casa Madre - Via Folla di Sotto, 19 - 27100 Pavia
Tel. 0382.24026 - Fax 0382.3814487 - [email protected]
Cascina Giovane - Samperone di Certosa
27012 Certosa di Pavia - Tel. 0382.925729
Fax 0382.938231 - [email protected]
Casa Accoglienza - Vìa Lomonaco, 16
27100 Pavia - Tel. 0382.3814430
Fax 0382.3814487 - [email protected]
www.casaccoglienza.org
Casa Boselli - Modulo specialistico per alcool
e polidipendenze - Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
tel. 0382.3814597 - [email protected]
Casa Speranza - Via del Bottegone, 9
13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015/2439245
Fax 015/2520086 - [email protected]
CENTRO DIURNO BASSA SOGLIA “IN&OUT”
Vìa Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814596 - [email protected]
Piccola Opera San Giuseppe
Area DONNE
Sede in: Via Lomonaco 43 - 27100 Pavia - Tel. 0382.3814490
Presidente: Andrea Albergati - [email protected]
COMUNITÀ PER MAMME CON BAMBINI
Casa S. Michele - Viale Golgi, 22 - 27100 Pavia
Tel. 0382.525911 - Fax 0382.523644
[email protected]
Casa S. Giuseppe - Via Lomonaco, 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814435 - [email protected]
Fondazione DON ENZO BOSCHETTI
COMUNITÀ CASA DEL GIOVANE
Sede in: Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492 - [email protected]
Presidente: don Arturo Cristani - Via Lomonaco, 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814490
Fax 0382.3814492 - [email protected]
Coop. Soc. CASA del GIOVANE
“Arsenale Servire il fratello”
Laboratori di: Centro stampa, carpenteria, falegnameria
Via Lomonaco, 16 - 27100 Pavia
Tel. 0382.381411 - Fax 0382.3814412
[email protected] - [email protected] - [email protected]
SEGRETERIA E AMMINISTRAZIONE
Sede in: Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Segreteria: Tel. 0382.3814490 - [email protected]
Amministrazione: Tel. 0382.3814552 - [email protected]
Area SALUTE MENTALE
Centro diurno “Don Orione” - Via Lomonaco, 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814453 - [email protected]
Centro diurno “Don Bosco” - Via Lomonaco, 43
27100 Pavia - Tel. 0382.3814477 - [email protected]
SPIRITUALITÀ
presso l’Oratorio, sede storica della comunità
Viale Libertà, 23 - 27100 Pavia - Tel. 0382.3814485
Fax 0382.3814487 - [email protected]
Facebook ascoltodisagio
Casa Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249
28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel. 0323.59536
Monastero Mater Carmeli - Via del Bottegone, 9
13900 Biella Chiavazza (BI) - Tel. 015.352803
Fax 015.2527643 - [email protected]
www.carmelitanebiella.it
Archivio “don ENZO BOSCHETTI”
FRATERNITÀ
CENTRO DI ASCOLTO CDG
presso Fraternità “Charles de Foucauld”
Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814469 - [email protected]
Centro Educativo “don ENZO BOSCHETTI”
Coordinamento Area Educativa e di Accoglienza
Via Lomonaco 43 - 27100 Pavia
Area Minori: Tel. 0382.3814490 - Fax 0382.3814492
[email protected]
Area Adulti e Dipendenze: Tel. 0382.3814485
Fax 0382.3814487 - [email protected]
Area Donne: Tel. 0382.525911 - Fax 0382.523644 - [email protected]
Area Salute Mentale: Tel. 0382.3814499
Fax 0382.3814419 - [email protected]
Area MINORI
Casa Gariboldi - Minori 13-17 anni
Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814457- [email protected]
Casa S. Martino - Minori 13-17 anni
Via Lomonaco, 43 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814440 - [email protected]
Fraternità “Charles de Foucauld”
Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814445 - [email protected]
Casa Nuova - Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814464 - [email protected]
Casa S. Mauro - Via Lomonaco, 45 - 27100 Pavia
Tel. 0382.3814435-6 - [email protected]
CASE ESTIVE
Casa Maria Immacolata - Inesio (LC)
Tel. 0341.870190 - [email protected]
Casa Sacro Cuore - Via Risorgimento, 249
28823 Ronco di Ghiffa (VB) - Tel 0323.59536
LA COMUNITÀ sul WEB
www.cdg.it - Sito ufficiale della Comunità
Casa del Giovane di Pavia
www.centrodiascolto.org - per l’ascolto
e l’orientamento nel disagio giovanile
www.casaccoglienza.org - sito della comunità
Casa Accoglienza della Casa del Giovane di Pavia
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Dicembre 2013 - Casa del Giovane