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Anno CXLVI
ARCHIVIO
STORICO ITALIANO
FONDATO DA G. P. VIEUSSEUX
E PUBBLICATO
DALLA
DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA TOSCANA
1 988
DISP. I
L E O S. O L S C H K I E D I T O R E
FIRENZE
. 1988
MEMORIE
L'assedio e la distruzione di Gallipoli·
. (1268-69)
L'umanista salentino Antonio de' Ferrariis, detto il Galateo
(1444-1517), narra nel De situ Iapygjae come la città di Gallipoli, avendo parteggiato per Pietro d'Aragona, che dopo i
Vespri Siciliani aveva strappato la Sicilia a Carlo I d'Angiò, fu
da quest'ultimo, o da suo figlio Carlo II, distrutta, i suoi
abitanti furono dispersi nel territorio circostante, dove dimorarono per cento anni, e soltanto dopo tale periodo poterono
ritornare e riedificare poveramente la città.'
La notizia, per esplicita ammissione del Galateo, è cronologicamente imprecisa: i Vespri sono del 1282, Carlo d'Angiò
regna fino al 7 gennaio 1285, data della sua morte, mentre suo
figlio Carlo II, prigioniero degli Aragonesi dal 5 giugno 1284,
sarà liberato solo nell'ottobre del 1288 e incoronato il 29
maggio 1289.2
Ancora più impreciso è un cronista quasi contemporaneo
del Galateo, il gallipolino Francesco Camaldari, abate del monastero greco di S. Salvatore,' che si dice informato sia .dalla
1 A. GALATEO, über de situ Iapygiae, Basileae, per Petrum Pemam 1558,
p. 40: «Haec Petri Aragonum regis, qui Siciliam regnis suis adiecit, partes
sequuta, a Carolo Apuliae primo, aut secundo rege, nescio, solo aequata. Qui
dadi superfuerunt cives, in villas abiere, ubi centum annos morati sunto Inde
redeuntes domunculas sibi super domorum ruinas aedificavere, ut cuique visum
est [ ...] ».
2 E. G. LÉONARD, Les Angevins de Naples, Paris, Presses Univo de France
1954, pp. 156-160, 169-172.
3 Francesco Camaldari fu ordinato suddiacono il 21 dicembre 1494: cfr. B.
4
Augusta Acconcia Longo
tradizione familiare sia dalla lettura di documenti conservati '
nella cattedrale di Gallipoli" Camaldari parla di un assedio
durato ben sette anni, di una distruzione della città e dell'esilio
dei suoi abitanti, ma non riesce a dare una ricostruzione cronologicamente corretta e storicamente accettabile dell'avvenimento. La distruzione della città, secondo lui, risalirebbe al 1254,
responsabile ne· sarebbe stato l'imperatore Federico Barbarossa (!), gli abitanti, dispersi in località vicine per ottanta
anni, sarebbero tornati nel 1334.
Altri storici locali hanno dissertato sulle notizie del Galateo
e del Camaldari, tentando di stabilirne l'esatta cronologia. Nel
XVII secolo il Rocci 5 adotta la datazione del Camaldari e, con
le dovute rettifiche storiche, addossa la responsabilità dell'azioMemorie istoricbe della città di Gallipoli, Napoli, R. Miranda 1836,
pp. IX, .523·524; C. MASSA, Venezi,! e G~1ipoli ed altr} scritti, con introd.,
appendo e note di M. Paone, GaIauna, TIp. Ed. Salenuna 1984, pp. 47, 91
(dove è scritto che l'ordinazione del Camaldari risale al 21 dicembre 1490),
199. Dal rito greco passò a quello latino. Scrisse una «Lstoria de' successi del
suo tempo », utilizzata da F. UGHELLI, Italia Sacra, IX (2a ed. N. Coleti),
Venetiis, apud Sebastianum Coleti 1721, pp. 98-99. La sua opera fu nota
certamente anche a Giovan Bernardino Tafuri, che utilizza la sua notizia nel
Chronicon Neritinum: dr. più avanti e note lO e 11.
4 Nel passo riportato da L. FRANZA,
Colletta istorica e tradizioni anticate
sulla città di Gallipoli, Napoli, Stampo e cart. del Fibreno 1836, pp. 24·25, si
legge: «lo abate Francisco, ebbi per padre Desiato Camardari, et campò
ottant'anni, e me diceva ch'ebbe un'ava, che campò cento anni, moglie di
Guglielmo Camardari, cantore di Gallipoli, et che suo padre venne dalla Lizza,
quando habitavano là, et si chiamava D. Domenico, che tutte queste casate
sottoscritte vennero alla Lizza, a Rodogallo magno, et Rodogallo parvo, a San
Sirso (l. Tirso), et a San Nicola de Noe l'anno 1254, per causa che
l'Imperadore Barbarossa aveva tenuto assediato Gallipoli sette anni, et poi lo
prese per fame, e lo destrusse. Et in detti lochi stettero, et habitarono
ottant'anni, et poi tornarono l'anno 1334, et questo lo troverete scritto in carta
bergamena dentro la cascia della sacrestia dell'Episcopato de Gallipoli, et
quando tornarono per abitare in detta città trovarono levate tutte le pietre et
quadrielli buoni di detta Ottà per li Messinisi, Catanisi, et Calabrisi con loro
segni,et signanter le pietre dell'episcopato, et del gran monasterio de Santa
Maria de Servine, magnum monasterium ordinis Sancti Basilii [ ...] ». Secondo
F. UGHELLI, Italia Sacra cit., IX, p. 99, che si serve delle notizie del
Camaldari, l'autore della distruzione fu Federico II, ma dr. ibid. la nota 1 del
Coleti.
5 Su Antonello Roccio (Rocei), che nel 1640 scrisse le «Notizie memorabill dell'Antichità dell« fedelissima città di Gallipoli », si veda: B. RAVENNA,
Memorie istoricbe cit., pp. XI, 535-536; C. MASSA, Venezia e Gallipoli cit., p.
107, nota 25.
RAVENNA,
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
5
ne a Manfredi/ che nel 1254 avrebbe punito Gallipoli per la
sua fedeltà alla Chiesa Romana? Invece il Micetti," alla fine
dello stesso secolo XVII, attribuisce con argomentazioni storiche più fondate la distruzione di Gallipoli agli Angioini, dando
cosi la preferenza alla notizia del Galateo,"
.
Una sintesi dei vari particolari tramandati fino a' quel momento è presente nel Chronicon Neritinum, il falso composto
nel XVIII secolo da Giovan Bernardino Tafuri ed accolto dal
Muratori nella sua collezione," che impone come data dell'avvenimento il 1284.11
6 Il passo di Antonello Rocci si può leggere in C. MASSA,La distruzione
di Gallipoli, «Rivista Storica Salentina », III, 1906, pp. 133-135, rist. in In.,
Venezia e Gallipoli cit., pp. 78-79.
7 In effetti nel 1255 i Gallipolini razziarono Nardò durante la rivolta delle
città salentine contro Manfredi: dr. A. ]ACOB,L'année 1255 à Nardò d'après
une note du Scorialensis R I 18, «Quellen und Forschungen aus Ital. Arch.
und BibI. », LVIII, 1978, pp. 615-623. Ma è piuttosto improbabile che una
città prevalentemente greca e con un vescovo greco si sia segnalata per la sua
fedeltà a Roma.
8 Su Leonardo Antonio Micetti, nato nel 1641, che verso la fine del XVII
secolo scrisse una storia della città dal titolo «Memorie storiche della città di
Gallipoli », il cui manoscritto è oggi conservato nella Biblioteca Provinciale di
Lecce, si veda B. RAVENNA,
Memorie istoricbe cit., pp. XII-XIV,548-549; C.
MASSA,Venezia e Gallipoli cit., pp. XII (intr. di M. Paone), 107, nota 25, 201.
9 In C. MASSA,La distruzione di Gallipoli cit., pp. 135-136 (rist. pp.
79-80), si leggono queste parole dal manoscritto del Micetti: «Più di tutti
s'haveva segnalato la città di Gallipoli à favore di Corradino [ ...] per il che meritò esser da Carlo ingiustamente punita, quando per questo capo meritava esser
premiata. Rimasto dunque Carlo per la morte di Corradino libero signore del
Regno, furono forzati tutti quelli della fattione sveva deponer gl'armi con
grandissimo lor danno [ ...]. In questo tempo fù ben castigata, ma non
distrutta la città di Gallipoli; ond'ella covando un'intestino odio contro di
Carlo, che indebitamente l'haveva aggravata, et per servar anche fedeltà alla
regina Costanza moglie del re Pietro d'Aragona, essa nel fatto del Vespero
Siciliano havendo seguitato le parti Aragonesi, fù data in tutto, et per tutto à
sacco, et à fuoco; se la buttarono per terra tutte le muraglie, la nobiltà fù
passata à fil di spada, tutto il resto in mille miserie, et calamità, et quei
cittadini, che rimasero, costretti ad habitare dissuniti, nel feudo, come l'attesta
il Galateo [ ...] »: dr. sopra nota 1.
IO L. A. MURATORI,
Rerum Italicarum Scriptores (= RIS), XXIV, Mediolani 1738, collo 889-910; dr. G. CHIRIATTI,Di G. B. Ta/uri e di due altre sue
probabili falsificazioni entrate nella Raccolta Muratoriana, «Archivio Muratoriano» 1/9, Città di Castello, Lapi 1910, pp. 431-456, riedizione del Cbronicon: pp. 467-496.
11 RIS, XXIV, col. 900; G. UIIRIATTI,Di G. B. Ta/uri cit., pp. 484-485:
«1284. Se rebellaro paricchi lochi de Terra d'Otranto da lo re Carlo et
6
Augusta Acconcia Longo
Su questa data si allinea Bartolomeo Ravenna, che raccoglie,
comunque, anche particolari tramandati dagli altri cronisti locali.12
All'inizio di questo secolo Carlo Massa riprende in esame il
problema," identificando l'origine delle notizie cronologicamente discordanti' sulla distruzione di Gallipoli, riportate dal Galateo e dal Camaldari," nell'assedio condotto contro la città
salentina nel 1268-69 dalle truppe di Carlo I, assedio testimoniato dai documenti della stessa Cancelleria Angioina." Riduce
comunque la portata dell'episodio, relegando nel campo dell'esagerazione leggendaria la distruzione della città e la dispersione
centennale dei suoi abitanti, che non risulta in maniera esplicita
dai documenti, i quali al contrario sembrano indicare che la vita
di Gallipoli riprende più o meno normalmente a partire dal
1274.16 .
Secondo Massa l'assedio di Gallipoli, nel cui castello si
, erano rifugiati alcuni partigiani di Corradino dopo la battaglia
chiamaro Pietro de Raona. Calao lo exercito de lo re Carlo, pe andare a
Brindisi et imbarcarese a la Sicilia; et cosi andao pe omne loro rebbellato et le
feci danno. Andao a Gallipoli, che vulia essere de lo partito de lo dieto re
Pietro, et lo pigliao: scassao omne casa, rovinao et ci menao sale, che li
cettatini pe disperati se ne andavano despersi per li lochi; et se refugiaro a
Casarano, Lizza, Sancto Sodero, Sancto Nerola et paricchi lochi. In eodem
anno lo re Carlo morio a Foggia, che venia a Brindisi, per imbarcarese pe
Sicilia ».
.
12 B. RAVENNA, Memorie istoricbe cit., pp. 181-187, 316-317, 431. A p. 184
nota 3 egliscrive: «Checché ne sia delle diverse opinioni circa l'epoca della
rovina di Gallipoli, egli è certo, che non vi è motivo di dissentire da quello
che risulta dalla Cronica Neritina •.
13 C. MASSA, La distruzione di Gallipoli cit., pp. 133-149 (rist. pp. 77·94).
14 aro sopra, note 1, 3, 4. Massa non nomina il Chronicon Neritinum:
probabilmente perché, ben conoscendo l'attività di falsario di G. B. Tafuri (cfr.
sopra, nota lO), non riteneva necessario discutere la fonte: dr. C. MASSA,
, Venezia e Gallipoli cit., pp. 183-193.
lS Una serie di testimonianze tratte dai Registri Angioini sull'assedio di
Gallipoli era stata già raccolta da G. DEL GIUDICE,Codice' diplomatico del
regno di Carlo I. e II. d'Angiò, voI. I, parte II, Napoli, Stampo della R.
Università 1869, pp. 239-241, 311-322.
.
16 C. MASSA, La distruzione di Gallipoli cit., pp. 140-144 (rist. pp. 85-89).
Su tali documenti e su altri, anteriori anche al 1274, si veda qui di seguito,
. pp. 17-19.
L'assedia e la distruzione di Gallipoli
7
di Tagliacozzo (23 agosto 1268), avrebbe coinvolto solo marginalmente l'intera cittadinanza," che sarebbe stata poi punita
«con la sola imposizione di una tassa estraordinaria di un
augustale per fuoco ».18
Stranamente allo studioso gallipolino è sfuggita una notizia
di Saba Malaspina, 19 che non solo avrebbe confermato la sua
datazione, ma avrebbe potuto entro certi limiti avvalorare il suo
giudizio sulla reale portata dell'episodio. Scrive infatti il cronista guelfo e filo-angioino 20 che, dopo Tagliacozzo, alcuni seguaci di Corradino si rifugiarono a Gallipoli per passare di lì « in
Romaniam ».21 Quando la città cadde, i ribelli catturati furono
messi a morte. Non menziona né la distruzione della Città né
l'esilio dei suoi abitanti." Ricorda, però, che i fuggiaschi (quali?
17 Ibid., pp. 139·140 (rist. pp. 83-85). I documenti relativi all'assedio,
osserva Massa, parlano di « prodltores » rifugiatisi a Gallipoli, ma non di una
ribellione della città, che è detta «ribelle» solo nell'apodixa del 1270 (sì veda
più avanti note 25 e 30).
18 Ibid., p. 147 (rist. p. 92).
19 SABAMALASPINA,
Rerum Sicularum Historie, IV, 17, in RIS, VIII,
Mediolani 1726, collo 853-854; G. DEL RE, Cronisti e scrittori sincroni
napoletani, II, Napoli, Stampo dell'Iride 1868, pp. 285-286: «Nonnulli Barones
de Calabria, quorum rebellionis error obduxerat, curo jam non possent fidelium
de contrata validae instantiae repugnare, nee squamas vellent ab oculis abjicere
coecitatis, nee ad regiae lucem fidel de sui erroris nubilo redire curarent, apud
quoddam castrum in Apulia, quod Gallipolis dicitur, ea intentione praemoniti,
ut, quando vellent, valerent in Romaniam, cujus montes castrum illud respicit,
convolare, pro suarum personarum tutamine se reeeptant; quos demum dura
obsidione fidelium circumseptos, et tandem sicut lupus in subterranea cavea
captos puteus ille judicü et interitus, qui consuevit alios absorbere consimiles,
ad se traxit, et illorum cuique numero XXIV. mortis supplicium intulit et
ingessit ».
20
.
B. CAPAS
SO, Le fonti della storia delle provincie Napolitane dal 568 al
1500, 2a ed., Napoli, R. Marghieri 1902, pp. 108-109.
21 Saba Malaspina, cfr. sopra, nota 19, dice: «[ ...] ut [ ...] valerent in
Romaniam, cujus montes castrum illud respicit, convolare ». In effetti, a parte
l'imprecisione geografica, non è da escludersi che i ribelli filosvevi intendessero
fuggire da Gallipoli verso Oriente, dove, ad esempio, in quel momento il
castello di Valona sulla costa albanese era ancora in mani sveve: dr. A.
DUCELLIER,
La façade maritime de l'Albanie au Moyen Age. Durazzo et
Valona du XI~ au XVe siècle, Thessaloniki 1981, pp. 232-236, (Ecole Prato des
Hautes ~t. VIe sect. Documents et Recherches, XIII).
22 Mentre non tace sulla crudeltà della repressione nelle altre città ribelli
di Augusta e Lucera: dr. Rerum Sicularum Historie, IV, 18,/20, in RIS,
.
Augusta Acconcia Longa
8
i cittadini o i ghibellini rifugiatisi nella città?) furono crudelmente perseguitati, tanto che Carlo d'Angiò dovette ad un certo
punto intervenire in un tentativo di pacificazione."
Il passo del cronista guelfo è invece noto a Ferruccio
Rizzelli, il quale, pur concordando con Massa nel considerare
leggendaria la distruzione di Gallipoli, rivendica alla città un
ruolo politicamente attivo nella ribellione contro I'Angioino,"
Gallipoli, secondo Rizzelli, si sarebbe sollevata e sarebbe stata
assediata già prima della battaglia di Tagliacozzo, fin dall'aprile
1268.25 Costretto a concentrare i suoi sforzi nella lotta in campo
VIII,
collo 854-855, 857-858;
291·292.
G. DEL RE, Cronisti
n
cit.,
II,
pp.
286-288,
23 aro sopra, nota 19. Il passo
citato così continua: «Hinc est, quod
geminatur ubilibet subditorum fidelitas, et dum ubique per regnum quilibet
nititur per fidelitatis officia, concusso rebellantium capite, complacere, ultro se
contra nondum reversos ad fidem parat, et in eos, quos modica infidelitatis
infamia forte notabat, usurpabat
sibi gladü potestatem;
quo imprudenter
assumto, vel praesumto potius, quilibet habens vel resumens jam potentiam
aliqualem abuti non metuit, sed hos absque prolatione sententiae damnat et
perdit, illos exorbat, alios mutilat motu propriae voluntatis, quosdam spoliat,
quosdam revendit, et fugat audax praesumtio plurimorum, omnesque sibi jus in
propria causa dicunt, et bona fugientium et caesorum quasi licenter occupant,
et usque hodie nonnulli taliter ita detinent occupata. Proinde Majestas regia
dìu quondam et varia infidelium persecutione jactata, considerans quod ad
laudem trahi non poterat vindicta mediocrium et minorum, turn pietatis
remedio, rum indulgentiae beneficio et Ienitate jussionum revocat ad se, si
valeat, usquequaque
rebelles;
ac, volens dignitatis suae potentiam parere
humanitati et justitiae, non dolori, ne odiorum Iivor edax, qui totam contratam
sedula corrosione vastabat, Iuxuriaret
ulterius insolenter;
subjectos, quos
spontaneos poterat sine bellico labore subigere, ad misericordiae gratiam
admittebat [ •..] ».
24 F. RIZZELLI, L'assedio di Gallipoli del 1268-69, Lecce 1907, 12 pp.
25 F. RIZZELLI, ibid., p. .3, segnala, a sostegno della sua asserzione,
un
documento dell'Archivio di Napoli: Reg. 1268 O, n. 2, f. 4, che già C. MINIERI
RICCIO, Alcuni latti riguardanti Carlo 1 d'Angiò dal 6 di agosto 1252 al 30 di
'decembre 1270, Napoli, Tip. R. Rinaldi e G. Sellitto 1874, p. 27, assegnava al
30 aprile 1268. Ma il contenuto e i nomi citati dai due studiosi indicano che si
tratta dell'apodixa relativa alla ratio del Giustiziere di Terra d'Otranto,
Gualtiero di Sumerosa (Sommereuse), comprendente il periodo 8 luglio 1268 - 1.5
ottobre 1269, presentata il 15 novembre 1269 e registrata dopo il 26 marzo
1270. L'apodixa è ora edita in due parti ne 1 Registri della Cancelleria
Angioina (= RCA), Napoli 19.50 sgg. (Testi e documenti di storia napoletana
pubblicati dall'Accademia Pontaniana), V, pp. 20.3-209; VII, pp. 257-264: dr.
anche ibid., p. 256. Una riprova di questo è nel fatto che i quattro militi
nominati dal Rizzelli, p. 3 (inviati, secondo lui, a Gallipoli nell'aprile 1268: i
loro nomi sono Bernardo de Guarzaville, Bertrando Artur, Guglielmo de
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
9
contro Corradino, Carlo I, d'Angiò avrebbe poi allentato la
morsa intorno alla città e solo dopo la vittoria sullo Svevo si
sarebbe dedicato alla repressione della rivolta e alla punizione
dei ribelli." In effetti un programma di repressione sistematica
viene formulato da Carlo I proprio dopo Tagliacozzo," ma si
dovrà attendere fino a dopo l'esecuzione di Corradino 28 per
avere notizie precise di Gallipoli.
Il primo documento che parli dell'assedio di Gallipoli è del
13 novembre 1268.29 Altri documenti ne testimoniano la prosecuzione fino alla primavera del 1269/° ma allo stato attuale
delle fonti non è possibile individuare il giorno esatto della
capitolazione."
Ragona e Guido de Pratis), e in RCA, V, pp. 203·204, sono gli stessi che
Carlo d'Angiò invia all'assedio di Gallipoli il 15 novembre 1268: cfr. RCA, I,
pp. 258-259, nn. 255 e 256.
26 F. RIZZELLI, L'assedio di Gallipoli cit., pp. 3-5.
27 Cfr. C. DE FREDE, Da Carlo I d'Angiò a Giovanna I (1263-1382),
Napoli, Soc. Ed. Storia di Napoli 1969, p. 25, (Storia di Napoli, III).
28 Avvenuta il 28 ottobre 1268: cfr. ibid., pp. 26-28; E. G. LÉONARD,Les
Angevins de Naples cit., pp. 70-72.
29 RCA, I, p. 258, n. 254.
30 RCA, I, pp. 258-259, nn. 255-257; p. 260, n. 260; p. 262, nn. 266·267;
p. 263, n. 269; II, p. 99, n. 362; p.' 293 sg., n. 90. Secondo F. RIZZELLI,
L'assedio di Gallipoli cit., p. lO, il termine dell'assedio sarebbe 1'8 maggio
1269, ultima data segnata nell'apodixa del 1270 relativamente all'assedio di
Gallipoli: cfr. RCA, V, p. 206, n. 32, a proposito di Angarramo di Sumerosa
(ma dr. dopo, nota 31). Accettano tale data E. VERNOLE, Il castello di
Gallipoli. Illustrazione storica architettonica, Roma 1933, p. 41, e P. F.
PALUMBO, Terra d'Otranto dagli Svevi agli Angioini e l'assedio di Gallipoli,
« Archivio Storico Pugliese », XI, 1958, pp. 78-79, rist. in In., Contributi alla
storia dell'età di Manfredi, Roma 1959, pp. 307-308, (Biblioteca Storica, IV).
Quest'ultimo, però, la rimette in discussione in ID., Dall'assedio di Amantea
all'assedio di Gallipoli (1269), «Studi Salentini », XXXV-XXXVI, 1969, pp. 200,
204-206.
31 In un precedente
articolo, A. ACCONCIALoNGO, Un nuovo codice con
poesie salentine (Laur. 58, 25) e l'assedio di Gallipoli del 1268-69, « Rivista
di Studi Bizantini e Neoellenici », n.s. XX-XXI, 1983-84, p. 142, nota 47,
osservavo che, forse, l'assedio di Gallipoli era durato più a lungo di quanto
affermato da Rizzel1i, poiché, in una lettera del 13 giugno 1269, Carlo d'Angiò
ricordava la guerra in corso contro Lucera e « altri ribelli »: dr. RCA, II, p.
100, n. 368. Oggi, riconsiderando i dati contenuti nell'apodixa del 1270, non
ne sono più convinta. Infatti nella registrazione delle spese a beneficio dei
militari che avevano preso parte all'assedio, i periodi di servizio indicati vanno
per lo più da novembre a marzo: cfr. RCA, V, pp. 203-209; VII, pp. 257-264
lO
Augusta Acconcia Longo
A Carlo Massa va l'indubbio merito di aver ricondotto le
incerte notizie del Galateo e dd Camaldari alla data reale e ad
un concreto contesto storico, anche se, come si vedrà fra poco,
egli è caduto nel tranello di una critica troppo severa, che ha
respinto nel campo delle leggende campanilistiche tutto ciò che
non era esposto a chiare lettere nei documenti. Eppure i rendiconti amministrativi della Cancelleria Angioina potevano essere
riletti e reinterpretati alla luce della «leggenda », che egli
invece rifiuta in blocco, senza porsi il problema di una sua
giustificazione 32 e minimizzando la portata dell'episodio."
«La leggenda di una totale distruzione della città [ ... ] »,
scrive Massa concludendo il suo studio, «non ha di storico che
quel piccolo nucleo » (l'assedio angioino durato, come minimo,
cinque-sei mesi). «E se altri documenti », continua, «non
(dr. nota 25). Solo due registrazioni, ma esse riguardano l'assegnazione di beni
mobili tolti ai ribelli (quindi presumibilmente dopo la cattura), sono del
penultimo giorno di aprile e del 5 maggio: RCA, VII, p. 262. Quanto alla
data dell'8 maggio, sostenuta dal Rizzelli (dr. nota 30), il documento (RCA, V,
p. 206) non mi sembra probante a questo proposito, poiché dice: «Item per
apodixam [ ...] solvisse [ ...] Angarramo de Summarosa, Curie nostre militi, qui
moratus fuit t a m in dieta obsidione Gallipoli q u a m aliis servitiis nostris, a
primo novembris usque per totum VIII [ ...] mensis madii diete XIIind.,
[ ]
.
32 Si veda dopo, pp. 15-17.
33 L'assedio di Gallipoli è per lo più ricordato come un episodio minore
della ribellione antiangioina: si veda, ad esempio, C. DE FREDE,Da Carlo I
d'Angiò cit., p. 29, e E. G. LÉONARD,
Les Angevins de Naples cit., p. 72, dove
la versione dell'avvenimento (i partigiani di Corradino sarebbero stati massacrati dalla popolazione di Gallipoli) deriva forse da un'interpretazione del passo
di Saba Malaspina (dr. qui le note 19, 23). Ignorano invece la giusta datazione
dell'assedio, ricollegandosi direttamente a B. Ravenna (vedi sopra nota 12),
che lo pone al 1284, G. PINTO,art. Gallipoli, in Dictionn. d'Hist. et de Géogr.
Eccl.; XIX, Paris, Letouzey et Ané 1981, col. 862 sg., e G. FIACCADORl,,
, Sull'intitolazione della cattedrale di Gallipoli, «Rivista di Storia della Chiesa
in Italia », XXXVI, 1982, pp. 416-420; ID., S. Mauro di Gallipoli, nella stessa
rivista, XXXVIII, 1984, pp. 478480; ID., in P. VERGARA
- G. FIACCADORI,
Un
cippo iscritto da Gallipoli e un nuovo epigramma di Giorgio Cartofilace, «La
parola del passato », 211, 1983, p. 316, nota 46. In una recente nota, G •
. FIACCADORI,
Ancora su Gallipoli, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia »,
XL, 1986, pp . .53.5·536,accoglie la mia correzione contenuta nell'articolo Un
nuovo codice cit., pp. 138-139, nota 40, per ribadire comunque la sua
convinzione che per un certo periodo la cattedrale di Gallipoli sia stata
intitolata a S. Mauro: dr. qui di seguito, nota 101.
... ,..
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
11
verranno fuori (e io credo che nuove ricerche in quelli angioini
dell'Archivio di Stato di Napoli non farebbero che confermare
quanto ho detto), bisognerà relegare la distruzione totale di
Gallipoli fra le tante leggende, più o meno belle, che cronisti
creduli e, spesso, ignoranti della storia crearono o amplificarono
ma che non è permesso di ripetere quando sono smentite o
contraddette dai documenti ».34
In realtà altre fonti, non solo documentarie, ma anche
letterarie, permettono di riconsiderare tutta la vicenda gallipolina, rileggendo anche i documenti sotto una luce diversa, e di
dare una spiegazione logica a particolari considerati leggendari e
incongruenti.
Gallipoli era ancora a quel tempo una città greca e proprio
da fonti greche, e per di più dalla parte dei vinti, ci giungono
echi dell'avvenimento finora ignorati o non interpretati in questo senso.
In un precedente articolo ho pubblicato e commentato, da
un codice greco salentino della fine del XIII - inizio del XIV
secolo," quattro poesie di un autore fino ad allora ignorato dai
cultori di letteratura italo-bizantina, Teodoto di Gallipoli, composte per la morte di un'altra personalità appartenente alla
comunità greca del Salento, Teodoro Cursiota." Quest'ultimo
era invece già noto per un opuscolo polemico contro l'arcivescovo greco di Rossano, Angelo, colpevole di aver introdotto
innovazioni liturgiche nel rito greco." Il primo terminus post
34
C.
MASSA,
La distruzione di Gallipoli cit., pp. 148-149 (rist. p. 94).
Un nuovo codice cit., pp. 123-170.
Ibid., pp. 133-152, 158-168 (ed. del testo greco). Le quattro poesie
erano già state edite da E. KURTZ, Feodota Kallipolita stichotooreniia na
konéinu Feodota Kursiota. «Vizantijski Vremennik », XIV, 1909, pp. 1-11, ma
l'edizione era rimasta senza eco.
37 A. ACCONCIA LoNGO - A. ]ACOB, Une anthologie salentine du XNe
siècle: le Vaticanus gr. 1276, «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici », n.s.,
XVII-XIX, 1980-82, pp. 220-221; A. ACCONCIA LoNGO, Un nuovo codice cit.,
pp. 134-137 e la relativa bibliografia.
3S A. ACCONCIA LoNGO,
36
Augusta Acconcia Longo
12
quem di questi epitaffi è quindi il 1266, data dell'elezione di
Angelo di Rossano," vicina agli avvenimenti del 1268-69.
Nella prima poesia Teodoto di Gallipoli lamenta, oltre alla
perdita dell'amico, anche le sventure che affliggono lui stesso,
)(1X'tIXXflL.&év1'1X XIXÀe:1t'Ìjv 7r IX fl o ~X (IX v, v. 6, e poi ricorda, v ..
18, È{J-~v )(IXX(GTIJV ~v ~Xw 7r IX P o ~x ( IX v, e, cosa più importante, alla fine del carme, vv. 119-122, rivelando il suo
nome, ee:6801'oç ••• I KIXÀÀL7roÀtTIJç,
aggiunge: È{J-{l6vwç G1'OLXßlV
M1t'IXLç
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K IX À À L 7r o À L 't'
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1t'ot<TIJç XIXXOUXLlXç.
x IX 7r IX
P
o L X t IX ç
I
't'"ijç
39
Il termine· 7rIXpOLXtlX è usato nella Bibbia per indicare la
deportazione degli Ebrei a Babilonia 40 e nei Padri definisce
anche la permanenza degli Ebrei in Egitto." Inoltre è significativo che il proemio di questa poesia, vv. 1-22, sia modellato
sullo schema del Salmo 68, cioè il salmo del giusto perseguitato."
Teodoto di Gallipoli non si limita quindi a ricordare la
sofferenza sua propria di esiliato e la morte dell'amico, ma
inserisce la sua vicenda personale nella più vasta tragedia della
. deportazione collettiva dei Gallipolini, che è causa per lui di
ogni miseria e sofferenza.
I versi di Teodoto non possono collegarsi ad altro che agli
avvenimenti del1269 e ci obbligano, come già scrivevo allora,"
a riconsiderare la notizia di una distruzione della città e della
deportazione dei suoi abitanti.
Ma Teodoto non è il solo greco di Gallipoli a tramandarci
un'eco dell'avvenimento. Anche nell'opera del più famoso Gior38 Cfr. N.
KAMp, Kirche und Monarchie im staujiscben Königreich
Sizilien, I: Prosopographiscbe Grundlegung ..., 2. Apulien und Kalabrien,
München, WilheIm Fink Verlag 1975 (Münstersche Mittelalter-Schriften, IO/I.
2), pp. 879·880.
39 A. ACCONCIA LoNGO, Un nuovo' codice cit., pp. 158·162.
40 I Esdr. 5, 7; II Esdr. 8, 35. Cfr. anche Ps. 118, 54; 119, 5.
41 Cfr. G. W. H. LAMPE,
A Patristic Greek Lexicon, Oxford, Clarendon
Press 1961·68, S.V. 7tlXpOLXtlX.
•
42 Cfr. A. ACCONCIA LONGO, Un nuovo codice cit., pp. 143, 147-148.
43 IbM., pp. 138.145.
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
13
gio, cartofilace della cattedrale di Gallipoli, di cui sono ben noti
gli slanci ghibellini e le lodi a Federico II,44 si può riconoscere
una traccia del dramma vissuto dalla sua città nella ribellione a
Carlo I d'AngiÒ.45
In un suo carme, composto 1tpOt; 't'LVcxt; le:pe:!t; ßLcxa't'LXwt; 8LCXPp~~cxv't'CXt; 't'at; 7tUÀcxt; -njt; lxxÀ'1jaEcxt; cxÒ't'O;) 8La 1tpoa't'&.y!'cx't'cx 't'o;)
lmax61tou,46
Giorgio si scaglia contro i preti che hanno assalito
e depredato le chiese della sua città,"
Il carme è stato considerato dall'editore «una veemente
deplorazione di un assalto violento contro la chiesa greca di
Gallipoli ordinato dal vescovo della chiesa latina» 48 e messo in
relazione con altri due epigrammi dello stesso autore," uno dei
quali scritto sicuramente al tempo di Federico II,sO in cui è
celebrata la costruzione della porta del palazzo vescovile, ornata
da due leoni ed un'aquila, emblemi imperlali," voluta dal
vescovo di Gallipoli, il greco Pantoleon."
Secondo tale interpretazione, dopo l'assalto brigantesco del
clero latino contro la chiesa 'greca descritto nel carme che qui
44 M. GIGANTE,
Poeti bizantini di Terra d'Otranto nel secolo XIII, Napoli
1979, pp. 59-66 (Byzantina et Neo-hellenica Neapolitana, 7).
,
4S A. ACCONCIA LoNGO, Nota su Giorgio di Gallipoli, « ~(7t't1.lXIX », IV,
1986, pp. 426-432.
46 M. GIGANTE,Poeti bizantini cit., p. 174 e p. 187, dove il titolo è
tradotto «contro alcuni sacerdoti ehe violentemente squarciarono le porre della
sua chiesa per ordine del vescovo ».
'f1 Infatti «la sua chiesa» del titolo è contraddetta dai vv. 6 e 8, dove
Giorgio parla di templi al plurale: ibid., p. 174.
~ Ibid., p. 203. Nella mia Nota su Giorgio di Gallipoli cit., p. 426, nota
4, rilevavo come la dizione sia ambigua, poiché non è chiaro di quale chiesa
latina si parli. Cfr. anche qui di seguito nota 61.
49 Uno è l'epigramma in cui il vescovo di Gallipoli invoca i Santi
Confessori di Edessa contro i suoi nemici: M. GIGANTE,Poeti bizantini cit.,
pp. 168, 184, 194-196.
~ Ibid., pp. 173, 186-187, 202-203.
51 Cfr. J. DEÉR, The Dynastie Porphyry Tombs, Cambridge Mass. 1959,
pp. 66-69 (Dumbarton Oaks Studies, 5); ID., Adler aus der Zeit Friedrichs
II.: Victrix Aquila, in P. E. SCHRAMM, Kaiser Friedrichs II. Herrschaitszeicben,
Göttingen 1955, pp, 88-124 (Abhandl. der Akad. der Wissenseh. in Göttingen.
Philol. Bist. Kl., III, 36).
52 Cfr. N. KAMp, Kirche und Monarchie cit., I. 2, p. 728.
Augusta Acconcia Longa
14
interessa, il vescovo Pantoleon si sarebbe messo «sotto la
protezione di Federico II, i cui emblemi in evidenza sopra la
porta del Vescovato avrebbero dovuto tener lontano eventuali
-aggressori ».53
In realtà io credo che il carme sull'assalto alle chiese della
città appartenga ad un momento storico diverso."
In esso Giorgio non nomina più Federico II quale difensore
della chiesa greca di Gallipoli, come aveva fatto invece nel..
l'epigramma sulla porta del palazzo vescovile. 'Inoltre, quando
descrive la schiera dei sacerdoti assalitori, che definisce, fra
l'altro, XlXt <pr.ÀIXÀ~.&Cùe;t&pe!e; 'rije; IXtax,UVl)C;, v. 5, citando il passo
biblico del sacrificio di Elia sul Carmelo," dice, v. 3, ore; 'AX«&:~
l~IXPxoe; de; xlXXoupyElXv. Poiché Achab è un sovrano, non credo
possa rappresentare allegoricamente il vescovo del titolo. Allo
stesso modo non mi sembra possibile che il ghibellino Giorgio si esprima in tali termini su Federico II o su Manfredi.56
Inoltre, ai vv. 13-14, dice degli assalitori )«Xl "t"Ìlv xLßCù"ròv
-r6lV 0eoü xeL(.I.l)ÀECùv IlXtpouow IXlX(.l.Iiì.Cù'rov & t e; à. À À o <p 6 À o u ç,
dove la citazione biblica ricorda sia la perdita dell'arca del
B.
Epigrammi di scuola ottantine in un foglio messinese,
I, 1964, pp. 43-44, rist. in In.,
Atakta. Scritti minori di filologia classica, bizantina e neogreca, Palermo,
Palumbo 1978, pp. 651-652, dove osserva, tra l'altro, come ad episodi dci
genere « sia da attribuire la precoce estinzione in Puglia delle comunità di rito
greco» (dr. anche M. GIGANTE, Poeti bizantini cit., p. 203), il che non è
esatto, poiché la scomparsa del rito greco in Puglia è databile al XVII secolo:
dr. M. CASSONI, Il tramonto del rito greco in Terra d'Otranto (Documenti
inediti), «Rinascenza Salentina s, II, 1934, pp. 1-5; III, 1935, pp. 71-80; IV,
1936, pp. 73-83; V, 1937, pp. 234-250.
54 Or. A. ACCONCIA LoNGO, Nota su Giorgio di Gallipoli cit., p. 428, dove
criticavo il convincimento comune che la morte di Federico II abbia segnato la
fine della produzione poetica greca in Terra d'Otranto, espresso, ad esempio,
da M. B. WELLAS, Griechisches aus dem Umkreis Kaiser Friedricbs II.,
München, Arbeo-Gesellschaft 1983, p. 79 (Münchener Beiträge zur Mediävistik
und Renaissance-Forschung, 33).
55 III Regn. 18, 19. 25. Sono detti anche el 'f:WV ß8EÀupwv &u!d'toov
imcrrtXTOtt, v. 4, con allusione sempre allo stesso episodio: dr. III Regn. 20, 26.
56 Or. A. ACCONCIA LoNGO, Nota su Giorgio di Gallipoli cit., pp. 429-430,
dove esaminavo, escludendola, anche l'ipotesi che la poesia di Giorgio si
potesse inquadrare durante la rivolta delle città salentine contro Manfredi degli
anni 1255-57.
"
53
LAVAGNINI,
« Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici ., n.s.,
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
15
Signore nella guerra contro i Filistei," sia la sua sparizione
nella cattività babilonese."
Achab, il protettore dei « profeti della vergogna », colui che
aveva lasciato uccidere Nabot per usurparne i beni," poteva
invece rappresentare, per un ecclesiastico greco e per di più
ghibellino dichiarato come Giorgio Carlo I d'Angiò, l'uccisore
di Manfredi e Corradino, I'usurpatore, il campione del papa,
l'invasore straniero. Anche se nel titolo la responsabilità diretta
dell'azione è attribuita ad un anonimo vescovo,"
Nella stessa poesia, vv. 10-14, Giorgio precisa che nel
saccheggio delle chiese furono asportati vesti sacerdotali e arredi sacri. Potrebbe essere una coincidenza che nell' apodixa del
127062 tra le varie voci del bottino fatto a Gallipoli siano
registrati anche vesti sacerdotali e oggetti di uso liturgico."
Comunque dovette essere ben poco ciò che del saccheggio
giunse fino al tesoro regio, se lo stesso Giorgio, v. 12, sottolinea che gli assalitori riempirono le loro case di bottino.
Di fronte a queste testimonianze che hanno il valore dell'immediatezza, non si possono più respingere come invenzione
leggendaria le notizie del Galateo e del Camaldari: ci si dovrà
piuttosto porre il problema del modo in cui esse si sono
formate.
~ I Regn. 4, 11; 5, 1-2.
58 aro Jer • .3, 14-16.
59 III Regn. 20, 1-16. Si noti che il metodo con il quale, nella Bibbia, è
eliminato Nabot poteva essere paragonato ai mezzi legalitari di cui si servi
Carlo d'Angiò per sbarazzarsi di Corradino: cfr. E. G. LÉONARD, Les Angevins
de Naples cit., pp. 70-71; C. DE FREDE, Da Carlo l d'Angiò cit., pp. 26-28.
60 Si veda il suo carme XIII edito in M. GIGANTE,
Poeti bizantini cit., pp.
175-179.
61 Secondo M. GIGANTE,
ibld., p. 203, sarebbe il «vescovo della chiesa
latina ». Ma in Nota su Giorgio di Gallipoli cit., pp. 431-432, osservavo che,
anche se probabile, non è sicuro che il vescovo e i sacerdoti responsabili
dell'assalto alle chiese fossero di rito latino, ricordando le controversie
dottrinarie che in quel periodo dividevano le comunità di rito greco.
~ aro sopra, nota 25.
63 A. ACCONCIA LoNGO, Nota su Giorgio di Gallipoli cit., pp. 430-431;
RCA, VII, p. 258.
Augusta Acconcia Longa
16
A giustificare la diffidenza che finora tali nottzie hanno
suscitato sono soprattutto le date: per il Camaldari il 1254, e
per il Galateo una data imprecisa dopo i Vespri Siciliani, che
Giovan Battista Tafuri nel suo Cbronicon Neritinum fissa al
1284.64 Queste date in realtà sono spiegabili perché derivano
ambedue da un calcolo errato dell'ìndìzione." Infatti tutti i
documenti della Cancelleria Angioina relativi all'assedio sono
contrassegnati dalla XII indizione, che comprendeva nel caso
specifico il periodo dal l° settembre 1268 al 31 agosto 1269.66
L'indizione doveva essere segnata anche nei documenti consultati dal Camaldari,". poiché ad una dodicesima indizione appartiene anche il periodo l° settembre 1253 - 31 agosto 1254, e non
sarà una pura coincidenza che il Camaldari abbia fissato l'avvenimento proprio al 1254.68 Anche il 1284, data scelta dal
Tafuri, che preferisce la traccia cronologica indicata dal Galateo,
rientra in una dodicesima indizione."
Quanto al Galateo, che pone l'assedio dopo i Vespri Siciliani,m egli potrebbe aver riferito a quel periodo gli avvenimenti
del 1268-69, attratto dall'episodio più clamoroso e fortunato
della lotta antiangioina e al momento di crisi più noto del
potere di Carlo I in Italia. Tantopiù che la sua notizia non è
completamente priva di giustificazioni nella realtà.
Infatti, nonostante il colpo subito nel 1269, negli anni
successivi Gallipoli non sembra del tutto domata, né sembra
aver abbandonato sogni di rivalsa antiangioina.
Si veda prima, note 1, 4, 11.
Un nuovo codice eit., p. 142.
66 Cfr. sopra, note 29 e 30. Sull'indizione bizantina in uso presso la
Cancelleria Angioina, cfr. V. GRUMEL, La Chronologie, Paris, Presses Univo de
France 1958 (BibI. Byz., Traité d'Ét. Byz., 1), p. 201.
67 Cfr. sopra, nota 4, dove dice: «[ ...
] et questo lo troverete scritto in
carta bergamena dentro la cascia della sagrestia dell'Episcopato di Gallipoli
[ ...] ».
68 Le Sue scarse conoscenze storiche gli avranno poi fatto indicare Federico
Barbarossa come responsabile degli avvenimenti.
69 Cfr. la nota 11.
70 aro la nota 1.
64
6S A. ACCONCIA LoNGO,
17
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
Bartolomeo di Neocastro, funzionario della corte aragonese 71 testimonia di un'ambasceria inviata da Gallipoli dopo la
m~rte di Carlo I (7 gennaio 1285) a Pietro III e Giacomo
d'Aragona,'2 i nuovi padroni della Sicilia, che si presentavano
come gli eredi legittimi della monarchia sveva," La precaria
situazione dinastica che si delinea dopo la morte di Carlo I, con
l'erede al trono prigioniero degli Aragonesi, avrà indubbiamente
incoraggiato le speranze di una riscossa ghibellina." Già da
prima inoltre i documenti' angioini segnalano sintomi di ribellione, poiché Carlo I invia il 7 agosto 1284 Gazo di Echinard
in, Terra di Bari e Terra d'Otranto, della cui fedeltà egli dubita,
e Il 20 agosto dello stesso anno ordina indagini a Taranto, dove
si erano verificati disordini e cospirazioni 7S dopo la cattura del
principe di Salerno, avvenuta il 5 giugno,"
Una volta spiegato il perché dell'errata cronologia contenuta
in Camaldari e Galateo, e confermata dalle fonti contemporanee
greche almeno una parte delle loro notizie, si dovranno riesaminare quei documenti che avevano spinto Carlo Massa a negare .....
"
la distruzione della città e la dispersione dei suoi abitanti n e
che, nel precedente articolo, mi avevano indotto a considerare
con prudente diffidenza l'eventualità di un lungo esilio dei Gal-
· lini' ,78
1IpO
71 RIS 2a ed. a cura di G. PALADINO,XIII.
3, Bologna, N. Zanichelli
1921-22, pp. III-XIII; Repertorium fontium blstoriae Medi; Aevi 2, II, Roma,
1st. Storo Ital. per il Medio Evo 1967, p. 455.
72 Historia Sicula, XC, in RIS 2, XIII. 3, p. 70: ~ ]am. Galli~lis Ncivit;u,
quae posita est juxta Leucadas Apuliae, nomen regrum lDvocayt.t. . uilliuS
abinde ad infantem transmittitur
et ad regem. Ad populum C1V1tatlS t;S
]aco?us Fellapani de Neapoli miles alter exulum ab Infante curo n~~
~~M~
.
E. G. LÉONARD,Les Angevins de Naples cit., pp. 140-141, 148.
74 Ibid., pp_ 15~161.
.
75 Or.
C. MooERI RICCIO, Diario ~gio!no dal 4 gennaIo 1284 al 7
gennaio 1285, Napoli, Stampo della R. Università 1873, pp. 42-43.
76 E. G. LÉONARD, Les Angevins de Naples cit., pp.
15~157.
n Or. le note 13, 16.
78 A. ACCONCIALoNGO, Un nuovo codice cit., pp. 143-144.
7J
2
18
Augusta Acconcia Longo
Un documento che Massa non citava è la lista del 1270
delle «terre omnino exhabitate in Terra Ydronti », comprendente, insieme a quelle di alcuni « proditores », anche la « terra
Gallipolis » 79 e che conferma, almeno a breve termine, l'esilio
lamentato da Teodoto di Gallipoli.
Ma ben presto, e prima di quanto sia segnalato dal Massa,"
Gallipoli compare nei registri amministrativi di Carlo I d'Angiò
per contributi, tasse e prestazioni varie.
Ad esempio nel 1271 è -richiesto il pagamento delle decime
al vescovo di Gallipoli." Nel 1273 Carlo dispone che i Gallipolini contribuiscano all'allestimento di navi.82 Nel1274,83 1276,1.
1277 8S sono registrate altre prestazioni fornite dalla città. Nel
1276 avviene l'elezione di un vescovo di Gallipoli, che sarà
confermato nel 1277.86
Quale fosse, però, la situazione dei contribuenti potrebbe
indicare una lettera datata all'Il ottobre 1277, che Carlo scrive
a Reibaldo de Vocker, esattore delle collette in terra d'Otranto,
rimproverandolo del fatto che «per le vessazioni usate nelle
esazioni delle collette e delle altre tasse fiscali, le terre di
Gallipoli e di Otranto, appartenenti al R. Demanio, sono ridotte quasi disabitate per le continue emigrazioni: gli ordina di
smettere il rigore e con buoni metodi ottenere che gli emigrati
rimpatrino ».87 Più che una manifestazione di benevolenza da
79 ReA, IV, pp. 60-61, n. .387. n documento non è dci 1269, come avevo
scritto in Un nuovo codice cit., p. 143, ma sta in un registro con atti datati
dal lo aprile al 31 agosto 1270 (XIII indizione): dr. ReA, IV, p. XIII.
8) Or. p. 6 e nota 16.
81 ReA, VI, p. 141, n. 711; VII, p. 206, n. 160.
82 ReA, X, p. 59, n. 213.
'
83 ReA, XI, p. 206, n. 90.
84 ReA, XIII, pp. 253-254, nn. 213, 215.
8S ReA, XVI, p. 54, n. 17.3; XVII, p. 91, n. 174.
86 N. KAMp, Kirche und Monarchie cit., 1.2, p. 728, nota 18; M. H.
LAURENT,
Contributo alla storia dei vescovi del regno di Sicilia, «Rivista di
storia della Chiesa in Italìa », II, 1948, p. 375.
87 RCA, XIX, p. 86, D. 54: è, purtroppo, solo il regesto di Minieri Riccio.
L'assedio e lo distruzione di Gallipoli
19
parte dell'Angioino," si potrebbe vedere in questo provvedimento la preoccupazione che i Gallipolini si sottraggano alla
morsa del fisco e insieme una conferma della loro dispersione.
Nel 1280 e nel 1284 sono registrate altre contribuzioni
degli abitanti di Gallipoli."
Nel 1299 Carlo II conferma i privilegi comunali della città
e nel 1306 Filippo principe di Taranto parla dei cittadini di
Gallipoli «tam scilicet in civitate ipsa, quam locis aliis intra
tenimentum, quod est, et esse consuevit Civitatis eiusdem in
nostro dominio »/0 espressioni che secondo Massa indicherebbero una situazione normale," mentre per Ravenna costituirebbero un'ulteriore conferma della dispersione dei cittadini nel
territorio circostante."
Si potrebbe discutere all'infinito sulla presenza o assenza
di Gallipoli nei documenti della Cancelleria Angioina," e sulla
reale portata della ripresa civile che indubbiamente quelli appena ricordati testimoniano.
La soluzione del problema viene ancora una volta da fonti
relative alla chiesa greca di Gallipoli, di molto posteriori, individuate da André jacob," che confermano una volta per tutte la
sostanziale veridicità della «leggenda» riferita dal' Galateo e
dal Camaldari ed accolta dal Ravenna.
.
Un nuovo codice eit., p. 144.
RCA, XXII, p. 164, n. 265; XXVII, p. 361, n. 739.
90 Cfr. C. MASSA, La distruzione di Gallipoli eit., pp. 141-142 (rist. pp.
86-87); B. RAVENNA, Memorie istoricbe cit., p. 185; M. PASTORE, Fonti per la
storia di Puglia: Regesti del Libri Rossi e delle pergamene di Gallipoli,
Taranto, Lecce, Castellaneta e Laterza, in Studi di storia pugliese per G.
Chiarelli, II, Galatina, Congedo 1973, p. 175.
91 C. MASSA, La distruzione di Gallipoli eit., p. 142 (rist. pp. 86-87).
92 B. RAVENNA, Memorie istoricbe cit., pp. 185-186.
93 C. MASSA, La distruzione di Gallipoli cit., pp. 143·144 (rist. pp. 88-89),
sottovaluta l'assenza di Gallipoli da alcuni documenti in cui sono invece
enumerate le altre città e i castelli di Terra d'Otranto.
94 Cfr. A. ]ACOB, La cathédrale et les éveques grecs de Gallipoli à l'époque
angeulne, in corso di stampa.
88 A. ACCONCIA LoNGO,
89
20
Augusta Acconcia Longo
In una lettera del 6 gennaio 1330/5 scritta da Avignone
all'arcivescovo di Otranto, il pontefice Giovanni XXII concede
a Melezio (o Milezio), vescovo greco di Gallipoli," di unire in
perpetuo alla sua mensa quattro chiese del territorio, le cui
rendite serviranno a provvedere in qualche modo alle necessità
materiali della chiesa locale. Particolarmente significative sono
le parole: «[ ...] quodque praefata Galipolitana ecclesia paramentis ad usum episcopi necessariis necnon aliis ornamentis,
thuribulis, crucibus, calicibus et aliis divino cultui oportunis
carere dinoscitur et caruij t] {a} tempore quo G a li p o l it a n a c i v i t a s fui t des t r u c t a , quare praefatus episcopus nobis humiliter supplicavit, ut praenominatas quatuor
ecdesias sive loca mensae episcopali praefatae, pro emendis
paramentis et ornamentis praedictis et aliis eius necessitatibus
relevandis, unire et connectere in perpetuum auctoritate apostolica dignaremur». 97
La lettera è non solo una conferma esplicita ed indubitabile
della distruzione di Gallipoli," ma fornisce anche il particolare
che a più di sessanta anni dalla- distruzione della città, il
vescovato di Gallipoli non era ancora riuscito a ricostituire un
patrimonio che consentisse la sostituzione delle vesti e delle
suppellettili sacre perdute: quelle stesse vesti e suppellettili di
cui Giorgio di Gallipoli lamenta il saccheggio nel suo carme? 99
Ancora più illuininante sulla situazione della città è un'altra
lettera di Giovanni XXII scritta sempre il 6 gennaio 1330/00 in
cui il pontefice concede indulgenze a coloro che aiuteranno a
ricostruire la chiesa di Gallipoli, « dopo che la città di Gallipoli
9S Edita in A. L. TAUTU, Acta Ioannis XXII
(1317-1334), Città del
Vaticano 1952, pp. 222-224, n. 117 (Pontificia Commissio ad redigendum
Codicem Iuris Canonici Orientalis. Fontes, ser. III, voI. VII, t. II).
96 Sulla sua elezione, dr. ibid., pp. 211-216, n. 213; sulle sue precarie
condizioni economiche, cfr. anche ibid., p. 222, n. 116.
<J1 Ibid., p. 223.
98 Ibid., p. 224, nota 5, la distruzione è datata 1282.
99 Si veda prima pp. 14-15.
100 A. L. TAUru, Acta Ioannis XXII cit., pp. 224-225, n. 118. La lettera
sarà ripubblicata da A. ]ACOB, neU'articolo indicato alla nota 94.
L'assedio e la distruzione di Gallipoli
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fu distrutta e la sua chiesa cattedrale cadde in rovina ». Ma la
ricostruzione della chiesa e del palazzo episcopale non avviene a
Gallipoli, bensì a cinque miglia dalluogo dove sorgeva prima la
città, alla Lizza, la cui chiesa principale, S. Maria de Cruciata,
prende in questo periodo il nome di S. Agata, cioè la stessa
intitolazione della distrutta cattedrale di Gallipoli.'?'
L'esilio, perciò, almeno l'esilio del vescovo e del clero
greco, dura ancora nel 1330.
Con il nome della Lizza nel documento pontificio si ottiene
una nuova conferma alla notizia del Camaldari, che apparteneva
ad una famiglia ecclesiastica greca lì esiliata.l'"
Da una parte, dunque, bisogna considerare i documenti
segnalati da Massa, che indicano una ripresa della vita civile a
Gallipoli già negli anni Settanta del XIII secolo.!" Dall'altra, i
documenti relativi alla chiesa greca farebbero pensare che l'esilio sia durato ben oltre tale periodo.
Probabilmente, dopo la desolazione seguita alla riconquista
angioina e testimoniata nell'elenco delle «terre omnino exhabitate in Terra Ydronti »/04 un po' alla volta i fuggiaschi
101 Si dimostrano cosi corrispondenti
alla realtà dei documenti le parole di
RAVENNA,Memorie istoricbe cit., p. 316 sg., «i Gallipolitani si avvalsero
per Cattedrale della Chiesa della Lizza, alla quale, per tutto quel tempo,
diedero il titolo della di lor protettrice Sant'Agata» (cfr. anche pp. 411-412). E
si dimostra altresì priva di fondamento l'opinione, secondo la quale nel 1325 la
cattedrale di Gallipoli si sarebbe intitolata a S. Mauro, espressa da G.
FIACCADORI,Sull'intirolazione cito alla nota 33, pp. 416-420; cfr. anche ID., S.
Mauro di Gallipoli cit.,pp. 478-480. Tale opinione è ribadita dallo stesso autore
in Ancora su Gallipoli cit., p. 536. In realtà, la notizia su cui si basa
Fiaccadori, relativa alla • Decima dell'anno 1325' - cfr. D. VENDOLA,Rationes
decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV_ Apulia. Lucania. Calabria, Città del
Vaticano 1939, p. 120 (Studi e Testi, 84) - potrebbe semplicemente indicare
con «maior ecclesia S. Mauri» l'omonimo convento alle porte di Gallipoli,
dove, «presente domino episcopo et aliis canonicis maioris ecclesie gallipolitane
legimus et puplicavimus litteras commissionis nostre ... ». Ma su questo si veda
lo studio di A. ]ACOB, indicato alla nota 94.
102 Cfr. sopra, nota 4, dove egli stesso dice che il suo bisavolo Guglielmo
Camaldari era «cantore» di Gallipoli, e quindi apparteneva al clero greco, così
come probabilmente il suocero di questi, D. Domenico, che era tornato dalla
Lizza.
103 Cfr. pp. 17-19.
104 Cfr. p. 18 e nota 79.
B.
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Augusta Acconcia Longo
cominciarono a tornare e a ripopolare la città. Ciò Però non fu
possibile a tutti: sicuramente non al vescovo e al clero della
cattedrale.
I motivi di questo esilio prolungato potrebbero essere motivi economici, da ricercarsi nella rovina della cattedrale e del
palazzo vescovile e nell'impossibilità di ricostruirli. Comunque,
nel 1330, quando si inizia a ricostruire una cattedrale e un
palazzo vescovile, ciò avviene alla Lizza, e non a Gallipoli.
È più probabile quindi che i motivi siano politici, dettati
dalla diffidenza del governo angioino contro il clero greco, che
nel passato aveva apertamente parteggiato per gli SvevLI05
AUGUSTA
1<15Or. A. ACCONCIA LoNGO,
ACCONCIA
Un nuovo codice cit., p. 145.
LoNGO
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