alliipoli città fantasma
(avvenimenti det 1269)
La tradizione sulla presunta devastazione di Gallipoli del 1284 e conseguente esodo degli abitanti, i cui successori avrebbero fatto ritorno dopo
circa 80 anni, ha trovato in questi ultimi decenni fra i più accesi oppositori
il Massa e il Vernole.
Fonti della tradizione il Chronicon Neretinum, ribadito dal Galateo con
più forti tinte, l'abate Ca►naldari nel XVI sec., il Micetti, il Ravenna e infine
il D'Elia e il Rizzelli.
Quest'ultimo, basandosi su d'un manoscritto inedito, nell'opuscolo pubblicato in Lecce nel 1907, concluse che Gallipoli levò la bandiera della rivolta nel 1268, prima dell'arrivo dei baroni fuggiaschi ribelli.
Il Massa e poi il Vernole ai quali va il merito di aver effettuato le prime ricerche archivistiche sull'assedio del Castello di Gallipoli e cattura dei
baroni ribelli arresisi 1'8 maggio del 1269, commisero il grave errore di limitare gli avvenimenti al castello stesso senza curarsi d'inquadrarli nella
situazione generale e peggio ancora ritenendo favola la tradizione.
A parte ogni considerazione di carattere politico e militare, il Vernole
nella sua opera, (1) attingendo a larga mano dal Massa, non tenne conto che
la documentazione sul castello giungeva fino all'8 maggio del 1269, per poi
saltare a pie' pari al 1274 - 75 (2).
Con argomentazioni del tutto personali « ad usum delfini » concluse poi
che nè la città fu devastata e distrutta, nè fu ribelle, perchè tradizionale era.
il suo lealismo verso la dinastia regnante e la separazione, e talvolta l'an-
tagonismo fra città e castello.
Il presunto lealismo verso la casa regnante, voluta dal pontefice per
scalzare gli Svevi, non ha riscontri storici.
La funzione antipapale e poi ani iangioina, nel primo periodo della dominazione, si riscontra in due importanti documenti del XIII Sec.
Nel 1202 Gallipoli, Brindisi, Matera e Barletta si ribellano a Gualtiero
III da Brienne vicario pontificio. In.nocenzio III interdice la città ed ordina
al Conte Simone Gentile, Riccardo de Biccari, Conte di Sanfelice, Pandolfo
d'Aquino e figlio Giordano di dar man forte al conte di Lecce per ristabilire
l'ordine (3).
(1) E. Vernole - Il Castello di Gallipoli - Roma 1933 pp. 37 a 45.
(2) C. Massa - Rivista Storica Sal. 1911 pp. 6 e sgg.
(3) L. Vendola - Documenti tratti dagli archivi vaticani - Trani 1940 - pag. 45 § 48.
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Gli avvenimenti del 1268 dimostrano ancora che tutto il Regno delle
Due Sicilie andò in fiamme all'annunzio della calata di Corradino in Italia.
In Terra d'Otranto, che contava in quel tempo ben 220 centri abitati,
quasi ovunque fu levata la bandiera della rivolta. Ne fa fede il prezioso documento che esenta dalla tassa di un augustale a fuoco soltanto 15 fra città
e casati rimasti fedeli alla causa angioina (1).
Gallipoli non risulta nell'elenco e lo documenta lo stesso Vernole asserendo che dovette subire la dura imposizione della tassa di guerra.
L'esoso balzello produsse conseguenze funeste specialmente fra le misere
popolazioni rurali. Vassalli, villani e servi della gleba abbandonarono il tetto
natio per rifugiarsi nei boschi o trasferirsi mendicando in località non ancora infeudate.
Il grido d'allarme lanciato da qualche barone rimase inascoltato. Restarono deserte Galatone, Fulcignano e Melloni (2).
In un primo tempo Carlo • I d'Angiò ordinò al Giustiziere di Terra d'Otranto di obbligare i vassalli a far ritorno alle loro case, ma visto che l'esodo dilagava paurosamente chiese allo stesso Giustiziere l'elenco delle Terre
rimaste disabitate col nominativo dei rispettivi feudatari (3).
Il funesto elenco riporta le Terre di Gallipoli, Girifalco, Cesaria, (Porto
Cesareo) Petrolla (poi Villanova nei dintorni di Ostuni), Crispiano, Terra di
Giordano Fichetta (Melissano) ecc., complessivamente 25 centri abitati (4).
Il documento in questione risale alla seconda quindicina di giugno del
1269, ossia oltre un mese dopo la capitolazione dei baroni.
Il punto morto della questione è stabilire l'epoca approssimativa dell'esodo della popolazione. I più poveri probabilmente si allontanarono all'atto
dell'imposizione della tassa di guerra, i compromessi nella rivolta presero il
largo all'annuncio dell'arrivo delle prime truppe angioine e il resto della
popolazione se non fu cacciato con la forza — come asserisce il Galateo — dovette abbandonare la città per far posto alle truppe assedianti.
Non è possibile concepire l'assedio del castello sito in terraferma a sbarramento dell'unica porta della città isolana, a circa 150 m. di distanza, senza
l'occupazione della città stessa. Le operazioni condotte limitatamente sulla
fronte a terra non solo non avrebbero raggiunto lo scopo, ma facilitato col
favore della notte la fuga dei baroni o per lo meno il rifornimento dei viveri.
La flotta angioina agiva al largo, non potendo sfruttare che saltuariamente il malsicuro porto.
Un errore tattico del genere è incomprensibile.
La città fu dunque occupata militarmente, devastata e saccheggiata nel
corso delle operazioni belliche. Le truppe operanti hanno bisogno di tutto :
alloggi, effetti letterecci e soprattutto di legname per il riscaldamento, cucina
e opere di rafforzamento. Quando questo prezioso materiale manca si usano
(I) E. f ilangeri - I Registri. della Cancelleria Angioina Vol. I pag. 315 5 18 (Reg. 14
ff. 45 - 46).
(Reg. 5 f. 95).
(2) E. n'angeli - op. cit. Vol. 111 I ag. I55 §
(3) E. Kilangeri - op. cit. Vol. III pag. 155 § 283.
§ 3G7 (Reg. 1269 S f. 95).
(4) E. Filangeri - op. cit. 'Vol. IV pag.
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porte, finestre e mobili degli alloggi. Il soldato in tutte le guerre si arrangia come può : sono scene di vandalismo del XIII Sec., di ieri e di oggi !
Così si conclusero le dolorose vicende di Gallipoli nel 1269, storia ignorata ritenuta leggenda.
L'esodo dei cittadini non durò poi a lungo, come vuole la tradizione.
Pochi anni dopo la città favorita probabilmente da nuove guarentigie si ripopolò con elementi locali e forestieri, ritornando a nuova vita : città fantasma dalle molte vite, chi mai potrà narrare la tua dolorosa storia
CARMELO SIGLIUZZO
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