Anno 1 - n° 0 L’informazione sull’attività di Woland Agosto/Settembre 2015 WOLAND ART MAGAZINE Published on line by Associazione Woland Editor in chief: Edward Lucie-Smith - Founders: Claudio Crismani, Fabio Fonda, Federico Fumolo, Sergei Reviakin - Editor Board: Fabio Fonda, Franca Marri, Patrizia Piccione, Giulietta Tismineztky € 0,00 - £ 0.00 Art Director: Federico Fumolo - Media Partner: Juliet Cloud Magazine Published in: www.associazionewoland.org Email: [email protected] All rights reserved. Reproduction withoyt permission is strictly prohibited TRIESTE AND THE PROMETHEUS PROJECT by Edward Lucie-Smith T hroughout its history Trieste has been a crossroads – a place where people can to exchange not only goods but also ideas. It is not for nothing that the city has been associated with James Joyce, Italo Svevo and Sigmund Freud. Because it stands at a crossroads, the city has continually had to reinvent itself, both culturally and commercially. The Prometheus Project, backed by a number of important citizens, chief among them the internationally celebrated pianist Claudio Crismani, is the most recent example of this process of re-invention. Crismani is known as an interpreter of the work of the turn of the century Russian composer Alexander Scriabin, who was the most radically experimental member of his musical generation in Russia (and perhaps, indeed, in all of Europe). Scriabin’s most ambitious composition is his Prometheus: the Poem of Fire, first premiered in Moscow in March 1910, under the baton of Serge Koussevitsky. The first performance did not fully realize the composer’s intentions, which were that the music should be accompanied by a display of changing colours, which echoed both its harmonies and dissonances. The colour combinations to be used a notated on a staff of their own, at the LA GENESI DEL SOGNO “Perchè una verità universalmente conosciuta possa esprimersi, deve attendere l’occasione fortunata che le arride ogni cento anni. Una di queste occasioni fu Aleksander Skrjabin. Come Dostoevskj non è soltanto romanziere, come Blok non è soltanto poeta, così Skrjabin non è soltanto compositore, ma eterna occasione di gaudio, celebrazione e sagra personificata della cultura e dell’arte russa”(dall’autobiografia di Boris Pasternak). Cento anni dopo ancora, e siamo a Trieste nel 2015, l’Associazione Culturale WOLAND in collaborazione con la Provincia di Trieste, prendendo spunto dal messaggio contenuto nelle composizioni del musicista russo e simbolicamente rappresentato dall’opera “Prometheus”, dà avvio ad una nuova lettura del sogno, che non è più solo quello di Skrjabin, ma diventa un mix sinestesico realizzato in questo percorso espositivo dove - negli incontri fra arte visiva, e musicale, letteratura e storia - si intrecciano Pasternak e di Fabio Fonda Kudryashov, sulla traccia di una casualità mai descritta finora, fatta di momenti vissuti (dalla Russia a Trieste) e di relazioni interpersonali presenti e future (da Trieste a Londra), che, evidentemente, avevano bisogno proprio di questa nostra “difficile” città per uscire dal loro sogno. Progetto espositivo in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Trieste top of the score. Essentially the Prometheus Project’s aim is to establish Trieste as a new home for the experimental visual arts. (continua a pag. 3) Woland Art Magazine Anno 1 N° 0 FREEDOM INSIDE YOURSELF Oleg Kudryashov: the Life in Two Cities by Sergei Reviakin I f there is one single factor to describe a certain category of lonely genius it would be his indifference to the bustle and vanity of everyday life around him. He receives little self-gratification from basking in the light of fame and his contact with the outside world is limited to the point of getting his working materials and drawing the inspiration from it. Egli riceve poca autogratificazione dal crogiolarsi nella luce della fama e il suo contatto con il mondo esterno si limita al prenderne ispirazione e a ottenere i materiali da lavoro. Uno dei primi incontri di Oleg Kudryashov con l’arte avvenne grazie alla madre Vera, una pre-rivoluzionaria diplomatasi al liceo classico. Vera, che parlava correntemente il tedesco, ricordava sempre con rammarico “quei giorni prima della rivoluzione”, quando lavorava da Muir & Mirrielees, uno dei più noti grandi magazzini in Russia gestiti da un omonimo scozzese. Secondo l’artista, Vera era una disegnatrice di grande talento. Lo stesso Oleg ricorda come da bambino, con una stampa del 18° secolo della vista di St Petersburg basato sul disegno di Mikhail Makhaev difronte al letto, sua madre gli mostrò una sfera ed un cubo che aveva disegnato. Gli sembrarono così reali che desiderò toccarli. La madre, che deve aver avuto un talento naturale per il disegno che il figlio ereditò, probabilmente instillò in lui anche i suoi ricordi, ricordi che successivamente vennero proiettati nel rifiuto consapevole da parte di Oleg dell’ordine politico stabilito e nella sua decisione di emigrare. La nonna materna dell’artista, Maria Ryazanova, ebbe un importante ruolo nella nascita delle capacità artistiche di Oleg fin dai suoi primi giorni di vita. Una donna russa semplice, che a mala pena sapeva leggere o scrivere, un Natale regalò al nipote che aveva tre o quattro anni, matita, vernici, un pennello e un album da disegno, incoraggiandolo così a disegnare. Allo stesso modo della bambinaia di Puskin, sua nonna seminò umanità e amore nell’amato nipote. Suo padre Alexander, un procuratore presso il Ministero della Difesa, pensando agli artisti che avevano disegnato i ritratti di Lenin e Stalin, inizialmente s’infuriò quando vide suo figlio dilettarsi con l’arte. Ciò nonostante, il suo atteggiamento verso le inclinazioni artistiche di Oleg cambiò, regalando al figlio una matita a tre colori e un righello topografico (un righello speciale con forme di triangolo, quadrato e cerchio al suo interno) che Oleg usò per realizzare la sua prima composizione “suprematista” durante la sua evacuazione da Mosca nell’autunno del 1942. Durante la prima guerra mondiale Alexander combatté sul fronte turco e durante la guerra civile russa fu uno dei difensori di Tzaritsyn, contro i Bianchi nel 1918. Fu lì che conobbe i pezzi grossi rivoluzionari che lo aiutarono in seguito con la sua carriera presso il Ministero della Difesa. Il padre di Oleg aveva “una mente come un computer” e fu da lui che Oleg ereditò la sua memoria e l’attenzione per il dettaglio. Oleg amò dipingere fin da quando aveva memoria. Iniziò a disegnare sui muri dal basso fino al punto più alto che potesse raggiungere con la mano. Lo faceva con il gesso, un pezzo di terra, carburo o un elettrodo di saldatura che aveva trovato nel suo giardino, proveniente da una fabbrica. L’educazione artistica formale di Oleg fu discontinua. Iniziò a frequentare la Art Studio nella Casa dei Giovani Pionieri tre volte alla settimana dall’età di undici anni. Le pitture a olio erano costose a quei tempi e gli studenti erano incoraggiati a utilizzare acquerelli. Ma gli insegnanti erano indifferenti ai loro allievi e Oleg smise di frequentare un anno dopo. Il futuro artista frequentò il Liceo Artistico Presnya Krasnay situato nell’ex tenuta di Mesherskiy nel centro di Mosca tra il 1950 e il 1951. Sebbene fosse una scuola d’arte per bambini Oleg partecipò alle classi dei veterani di guerra. Fu formato da Ilya Teimkin, il quale studiò a Parigi, e nel 1920 da Yuiy Ryazhskiy, un grande pittore realista, membro dell’Associazione degli Artisti Rivoluzionari. Oleg ricorda con affetto i suoi insegnanti: “ Non erano classicisti e non parlavano molto, ma era- -2- no persone oneste che amavano i loro studenti e ciò che facevano”. Incidentalmente Anatoliy Zverev, uno dei più venerati artisti russi non conformisti degli anni ’60, studiò proprio in quella scuola. Dopo aver trascorso tre anni nell’esercito dal 1953 al 1956, l’agilità e la velocità con cui Oleg potè dipingere gli assicurarono un posto al Cartoon Studio All-Union nel 1956. Gli piaceva frequentare i corsi di perfezionamento, con la loro atmosfera vivace e giovanile. Fu qui che Oleg incontrò sua moglie, Dina, che sposò nel 1957. Studiò lì fino al 1958, ma non si presentò all’esame finale, pensando che fare il cartonista non fosse per lui, consapevole del suo talento. Decise così di trovare un lavoro come illustratore di libri e cominciò a recarsi presso diversi editori, per ben 14 anni. (continua a pag. 3) Woland Art Magazine Anno 1 Freedom inside yourself continua da pag. 2 Ma le risposte erano diverse. Era “troppo pesante per i bambini” per la principale casa editrice per bambini Detgiz, dove Kabakov e altri futuri concettualisti usavano guadagnarsi il pane. La casa editrice statale Goslit, gentilmente gli disse di “tornare il mese prossimo a mettere solo il 25% del vostro temperamento nei vostri lavori” e aggiunse sinistramente “sarà giustiziato per i suoi disegni e noi verremo mandati in prigione “. Tutti nel mondo dell’arte intorno ad Oleg vivevano in modo ben definito, cosa che Oleg non volle mai accettare. Quando i suoi colleghi artisti gli chiedevano se avesse bisogno di soldi e se voleva unirsi a loro, la sua risposta fu sempre la stessa: “Ho bisogno di soldi, ma non voglio fare copertine di vinili”, attività che implicava il seguire le linee guida dei funzionari dell’editoria del partito e la soppressione della propria libertà personale. Emigrò verso l’amata Italia con la moglie e il figlio attraverso l’Austria, nel 1974, e lo stesso anno si trasferì in Gran Bretagna, dove Trieste and the Prometheus Project continua da pag. 1 This is happening at a moment when the world of the visual arts becoming more and more international. It is also taking place at a time when it is becoming increasingly hard to define what the word ‘avant-garde’actually means, in terms of current social, political and technological developments. The current Venice Biennale, for example, is heavily politicized, but there is little sign that the radical causes embraced by many of the artists participating in the event are likely to have much impact on the huge and complex world outside its boundaries. The fact is that the epoch when political views expressed by artists found an immediate echo in the societies they inhabited are long over. One reason for this, paradoxically, is the huge reach and equally N° 0 trascorse quasi un quarto di secolo. In Gran Bretagna Oleg scoprì che l’arte pittorica fatta di pennelli e matite non era ricercata. Quest’ultima, infatti, era stata sostituita dall’arte concettuale indotta dalle idee sociologiche o politiche del tempo. Tuttavia la sua ricerca della libertà individuale proseguì trovando ispirazione dentro di sé, aiutato dal nuovo mondo che lo circondava. Oleg abbracciò entusiasta gli splendidi musei e le mostre della città, vedendo per la prima volta opere di Picasso, Braque e di molti altri artisti. Alla fine degli anni ‘70 la sua arte così potente e mutevole fu notata dalle principali figure dell’arte britannica e dai curatori della Tate, Victoria and Albert Museum, Fitzwilliam, Ashmolean, Hunterian e altri musei. Roland Penrose, un grande promotore di arte moderna e co-fondatore dell’Istituto d’Arte Contemporanea, che era lui stesso un artista, apprezzò molto l’arte di Kudryashov. Le opere di Oleg rappresentarono l’arte inglese alla Terza Biennale Internazionale di European Art Graphic a Baden-Badenn nel 1983. Il paesaggio urbano di Londra, con la sua atmosfera e la sua luce, aggiunse alcune qualità alla sua tecnica di Puntasecca tagliente che portarono a quella perfezione che l’artista stesso era troppo timido per ammettere. In Gran Bretagna l’artista continuò a lavorare con il suo soggetto preferito - il paesaggio urbano e la vista di questo attraverso una finestra – e iniziò ad applicare i colori alle sue stampe, che in precedenza erano monocromatiche, in bianco e nero, dando loro un nuovo significato “pittorico”. Fece anche opere tridimensionali, esplorando il regno della scultura e dell’architettura di carta. Immagini di altre opere provenivano dai suoi ricordi d’infanzia: le icone della vicina Cattedrale ortodossa, dove si recava con la nonna, ladri, storpi e criminali per le strade della Mosca post bellica; unendo a volte un’ icona con scene di confine raffiguranti la vita di tutti i giorni. Dal 1998 Oleg tornò a vivere a Mosca. Il suo ritorno a casa fu tranquillo ma distinto: lo accolse una personale alla grande Tretyakov Gallery, seguita dal più alto riconoscimento di Stato per il ‘Achievement in Art’. All’artista fece piacere ma non ne rimase impressionato, dandolo per scontato. A quel punto, infatti, aveva, già opere nei più importanti musei del mondo. E l’artista e la sua arte restano con noi, sempre. traduzione di Giulietta Tisminetzky huge sophistication of contemporary information technology. Yet today’s audiences still feel that the art of their time carries a burden of moral responsibility –that is burden is, fundamentally, to tell us what we are, and who we are. There is, however, an upside to this situation where both Trieste and the Prometheus Project are concerned. The global reach of information technology has enabled the Project to form world-wide relationships with artist who are in tune with Trieste’s cosmopolitan heritage. It is perhaps not entirely an accident that two of the first artists to be presented are both Russian, since Scriabin, too, was a Russian. One of them, Genia Chef, now lives in Berlin, and was, before that, associated with the Novia Akademia (New Academy) group in St Petersburg which got its start in Russia just as the Soviet regime was coming to a close. The other, Oleg Kudryashov, spent many years living and working in London, before returning to settle again in Moscow. Both are, in their very different ways, representative of the creative resilience that Russian art has displayed since the earliest years of the 20th century and the upsurge of Russian Futurism. Another artist active in this early phase of the program is the British painter Joe Machine. Joe resembles many important British artists of the past in being essentially an autodidact – Francis Bacon is a celebrated example. He is also a member of the Stuckist Movement, which originated not in London but in the British provinces, as a rebellion against the institutionalized avant-gardism promoted by central, official patrons of the arts. Its early links were with Punk Rock –that is to say, with rock music at its most provisional and anarchic. This grassroots group of no-sayers has, from modest begin- nings, and without official help, achieved astonishing international reach. As a glance at the flourishing Stuckist web site will demonstrate, there are now Stuckist groups all over the world –233 groups in 52 different countries. One of the places where Stuckism has had most influence is in countries that were formerly members of the Soviet bloc –particularly the Czech Republic, where it is seen as the opponent of the barren Conceptualism that moved in to replace the dead art promoted by Communist bureaucrats. Trieste is not simply a crossroads. It is also a place where there are at the moment not set rules for art. The aim of the Prometheus Group is to do what the hero Prometheus did –to sell fire from heaven and set the world around it alight. Let’s hope there are no vultures around, ready to feast on the livers of its allies and participants. -3- in La Genesi del Sogno Magazzino delle Idee Corso Cavour, Trieste (ingresso lato mare) Ingresso libero Lunedì e giovedì 10 - 13, 14 - 17 Venerdì e sabato 18 - 22 Chiuso domenica, martedì e mercoledì Visite guidate ogni venerdì alle 19 Anno 1 Woland Art Magazine N° 0 Boris Pasternak nelle foto di Nappelbaum “Twenty thousand faces of Pasternak” raccontate da Ilya Rudiak I l Fotografo Moisei Salomonovich Nappelbaum si stava avvicinando ai suoi 90 anni. Da lì a poco, con l’approssimarsi della sua morte, sarebbe stato dimenticato. Il Maestro ne aveva abbastanza di tutto quello che aveva sopportato in questo mondo e cessato di essere affascinato dai capricci degli uomini di potere. La sua “camera” aveva già ritratto Lenin e Trotsky, Dzerzhinsky… Il destino era stato gentile con lui: non aveva mai dovuto sedersi nelle loro “camere”. Questo è un gioco di parole: in russo, la parola “camera fotografica” e la parola “stanza” (come giungerne uno di Hrennikov, o probabilmente alla fine aggiungere un ritratto di Babel. Moisei Salomonovich Nappelbaum morì serenamente, come se stesse dormendo, perdendo la pubblicazione del “suo” libro per pochi mesi. Ma se fosse vissuto, egli avrebbe sofferto un dolore maggiore, e fu meglio così. Ventimila copie del suo libro “Dal mestiere all’arte” infatti, con copertina rigida, giacevano grigie in pile ordinate nel magazzino del tipografo. I figli di Moisei Solomonovich, loro stessi ingrigivano per l’età, ognuno con in mano un libro, provando in quel momento l’orgoglio per il loro padre, ed un senso di reciproca tenerezza. Tuttavia, passavano le settimane, ed il libro non aveva superato “la selva”. Ripetutamente, venivano avanzate richieste, senza ottenere risposta. Fino al momento di una chiamata dal comitato edi- nelle camere a gas) sono sinonimi. La nota di Lenin che diceva “… con gratitudine saluti comunisti” lo aveva protetto per molto tempo. Ma Ida, la sua maggiore, non si era comunque potuta salvare dal gulag. Grazie a Dio però, lui aveva vissuto abbastanza da poterla rivedere dopo la morte di Joseph Vissarionovich. Un vecchio desiderio bruciava però ancora nel profondo della sua anima: vedere pubblicato il “suo” libro. Era stato accettato per la pubblicazione, inviato allo stampatore, ma la stampa non era stata autorizzata: bisognava togliere un ritratto di Stalin, ag- -4- toriale…“ Il libro è stato confiscato e l’intera edizione deve essere eliminata” “… per quale ragione?” “Pasternak!” Sbattuto giù il telefono… I freddi giorni dell’inverno seguente avevano infatti donato al mondo il “Dottor Zhivago” di Boris Pasternak, scuotendolo come una tempesta invernale. Il primo a pubblicarlo fu Feltrinelli a Milano, poi Londra, America, Svezia, Germania Occidentale. Madre Russia rispose al meglio con caustici articoli, lettere pubbliche di giudizi negativi sull’autore, incontri segreti per denigrarlo, isolarlo, ed espellerlo dall’Unione degli Scrittori. Leader del partito, colleghi di penna, pur non avendo mai visto con i propri occhi il libro, agitando i pugni chiusi in aria, urlavano dalle tribune: “maiale sotto la quercia”, “straniero e traditore”, “erbaccia letteraria” e “fuori dalla Russia” (continua a pag. 5) Anno 1 Moisei Salomonovich Nappelbaum aveva sempre desiderato fotografare Pasternak. Ascoltando il suo veloce, ambizioso, a volte incomprensibile parlare, egli ripeteva “peccato che io non possa scolpirti. Tu sei stato creato per essere scolpito. Dovresti essere direttamente di marmo, bronzo, legno. Non dimenticare: le tue labbra devono stare chiuse.” E Boris sorrideva mostrando quello spazio fra i denti… Moisei Salomonovich Nappelbaum aveva messo uno dei suoi migliori ritratti nel libro: Boris LeonodivochPasternak a sessant’anni, leggermente brizzolato, onda sopra la fronte alta, scintillanti occhi giovanili, e una bocca ben chiusa… “La Faccia di un cavallo”. Ed era proprio questo ritratto che impediva l’uscita del libro. Per salvare la pubblicazione, fu avviata la seguente procedura: molti lavoratori furono assunti (mezzo litro di vodka a testa), per lavorare nei loro giorni di riposo e strappare via ventimila immagini di “qualcuno chiamato Pasternak”. Provate ad immaginare una sequenza cinematografica con il seguente scenario kafkiano: un Woland Art Magazine lungo magazzino… silenzio… solo il suono della carta strappata… hanno riempito tutto lo spazio… accatastati, premuti contro le pareti, e finestre e porte aperte… un forte vento solleva i fogli, che volteggiano nel cielo sopra Mosca, a somiglianza dei martiri della Russia. Insieme al ritratto di Pasternk soffrirono innocentemente altri tre. Sul retro della pagina c’era Anna Andreyevna Akhmatova. La terza pagina (corrispondente nel foglio di stampa) mostrava Solomon Michoels e Boris Dobranrovov, un oscuro attore finito in questa compagnia così esclusiva. “Cosa possiamo fare? se abbattete una foresta, voleranno schegge” L’editore, stampò su sottili strisce di carta incollate nel libro la seguente “poetica” spiegazione: Correzione: difficoltà tecniche nella pubblicazione di questa edizione del libro hanno determinato errori nella sequenza delle pagine. Venticinque anni dopo, nel 1990, in America, Carl Proffer ed io abbiamo corretto queste “difficoltà tecniche” e pubblicato il libro di ritratti di Nappelbaum in cui Boris Pasternak, Anna Andreyevna Akhmatova e Solomon Michoels hanno ripreso il loro posto di diritto. “I libri, proprio come le persone, hanno il loro destino.” Infatti, nel 1993, a Chicago, la copia del libro qui esposta fu regalata a Jan Tabachnik, nipote di Boris Pasternak, che nel ‘95, -5- N° 0 ad Odessa, a sua volta ne fece omaggio a Claudio Crismani, dopo un suo concerto dedicato a musiche di Skrjabin. Si, proprio Skrjabin il visionario compositore che così profondamente segnò la vita di Pasternak. Anno 1 Woland Art Magazine N° 0 IL MIRACOLO PASTERNAK di Simone Volpato Libreria Antiquaria Drogheria 28 C ome avrebbe reagito Pasternak di fronte alla notizia che su Abebooks, uno dei maggiori portali di vendita di antiquariato librario, è stata venduta in questi giorni a 10.000 euro di una delle 1.160 copie del Dottor Zivago stampate come parte di un programma di propaganda della CIA, il tutto sotto copertura con l’obiettivo di distribuire materiale vietato in URSS e nell’Europa dell’Est? E questa cifra pagata per la prima edizione basta a ricompensare - nemmeno il Nobel per la letteratura bastò - tutta la serie di vessazioni che Pasternak dovette subire per poter, illecitamente, far pubblicare da Feltrinelli il 15 novembre 1957 (al 1961 si contano 45 edizioni) questo romanzo, peraltro poi reso ancor piùfamoso dall’adattamento cinematografico in cui campeggiavano Omar Sharif e Julie Christie. Vi sono libri la cui storia editoriale che li conduce dal manoscritto al libro a stampa a volte è ancor più avvincente di tanti pseudo libri giocati sul mistero: la storia del Gattopardo, dei Promessi Sposi, della Gerusalemme Liberata sono vere e propri gialli. Tra questi un rilievo assoluto va al Dottor Zivago; proprio sul numero del 23 agosto 2015 de «La Lettura», appare un articolo di Pierluigi Battista che introduce al volume di Paolo Mancosu, Zivago nella tempesta (Feltrinelli), ricchissimo di inedita documentazione. Va detto che su questo argomento già è stato ben scritto da Carlo Feltrinelli (Seniore service) e Sergio d’Angelo (Il caso Pasternak: storia della persecuzione di un genio) ma questo lavoro di Mancosu, peraltro uscito prima in edizione americana getta ulteriori fasci di luce su questo celeberrimo caso. Giàil suo traduttore, Pietro Zveteremich, scriveva a Feltrinelli che «non pubblicare un romanzo come questo costituisce un crimine contro la cultura». Trancianti e sinistre sono le prime parole con le quali Pasternak incontra il braccio destro per la narrativa russa, Sergio D’Angelo, “fin d’ora siete invitati alla mia fucilazione” quasi a voler ribadire come questo manoscritto che sarebbe stato pubblicato senza le ovvie manomissioni e censure dell’autorità russe, sarebbe stato gravido di conseguenze, per tutti. Con il Dottor Zivago si entra in un vero giallo, dove però i possibili delitti sarebbero state reali, concreti: all’ombra o sotto la cappa della guerra fredda rischiava in prima persona Pasternak il quale poteva rendersi conto di come furono trattati Anna Achmatova, Marina Cvetaeva e lo stesso Mande’lstam, poi lo stesso Feltrinelli che peraltro era visto con buon occhio nella vecchia Russia ma che doveva subire le pressioni del partito comunista italiano; contro avevano l’autorità russa, l’Unione degli scrittori sovietici, ambigua la posizione della Cia. Tanti e tali attori per un libro che ai giorni nostri potrebbe sembrare anacronistico (ma basterebbe qualche riga di Leggere Lolita a Teheran per capire come anche la lettura sia oggetto di censura nei tempi di internet). Il 15 novembre 1957 il libro esce in tutte le libreria italiane. La prima tiratura, in 12.000 copie, viene subito esaurita e la tipografia sarà costretta a ristampare il volume ogni due settimane. Cosa importante il libro presenta una copertina disegnata da Ampelio Tettamanti e da una rilevante Nota dell’editore. Il -6- libro poi fu presentato alla stampa il 23 novembre presso l’Hotel Continental di Milano. Moltissime le recensioni che si susseguono, da Giorgio Zampa a Paolo Cattaneo, fino alla capitale intervista L’editore Feltrinelli dice perchénon accetta il divieto sovietico di pubblicare Pasternak: soffermandosi sul fatto che si è cercato di far terra bruciata attorno all’autore, Feltrinelli cita una frase dello scrittore Ilij Ehrenburg, che ben si può adattare ancora oggi al tema della libertà d’espressione, «può darsi che gli uomini ricoprano tutta la terra d’asfalto, eppure, da qualche parte, in Islanda o in Patagonia, si aprirà una crepa: ne sbucheranno fuori teneri fili d’erba e comincerà un pellegrinaggio di studiosi e di innamorati verso questa miracolosa manifestazione». E questo miracolo ancora oggi è il Dottor Zivago. Anno 1 Woland Art Magazine JOE MACHINE Testo critico di Edward Lucie-Smith C ome molti dei più importanti artisti dell’epoca moderna e post, Joe Machine è autodidatta. E questo fa parte della miglior tradizione inglese o, come politicamente corretto dovrei chiamarla, ‘britannica’. Francis Bacon, notoriamente, non ha avuto una formazione professionale come pittore. William Blake, per molti versi un precursore di Joe Machine, ha trascorso sei anni a studiare alla Royal Academy, ma l’istruzione ricevuta sembra essere rimbalzata via da lui. L’unico risultato è stato infondergli una profonda mancanza di rispetto verso i modi di pensare accademici, almeno per come questi venivano interpretati nell’Inghilterra del suo tempo. […] Oggi i moderni mezzi di comunicazione, la sempre più ampia disponibilità di libri d’arte e riviste d’arte con illustrazioni a colori, l’aumento dei programmi di arte in televisione, tutto questo ha democratizzato l’esperienza dell’arte. E, dato che questo è avvenuto, la vita dell’artista viene sempre più assimilata alle formule di miti popolari la cui validità si estende ben oltre i confini delmondo dell’arte. Questo mondo popolare è quella a cui Joe Machine appartiene per nascita. I suoi genitori gestivano una sala giochi sull’isola di Sheppey, un’isola vicino alla foce del fiume Medway, che ha origine nel West Sussex, ma scorre in gran parte attraverso Kent fino -7- N° 0 a raggiungere il Tamigi. Come le opere della ‘Cronaca di violenza’ testimoniano, Joe ha avuto un’infanzia estremamente turbolenta e la gioventù, segnata da numerosi episodi di furti e violenze, che ha continuato nella sua età giovane ed adulta, sovrapponendosi agli inizi della sua vita di artista creativo e di scrittore creativo. La sua prima collaborazione con altri spiriti creativi è stata con il gruppo di poesia “Poeti Medway”,che ha dato recital nelle varie città attorno al Medway, gruppo essenzialmente di diseredati e divorziati dalla raffinatezza dei circoli letterari della classe media di Londra. Anche se Joe non è venuto a contatto con il gruppo fino alla fine del 1993, l’impulso che ha portato alla sua formazione era radicato già molto prima, e in sostanza si potrebbe far risalire all’ascesa del punk rock in Gran Bretagna della metà degli anni 1970. I Sex Pistols, forse il più famoso di tutti i punk rock, suonarono il loro primo concerto nel 1975, hanno pubblicato il loro singolo, Anarchy in the UK, l’anno successivo, e, nel 1977, l’anno del Queen Silver Jubilee, il loro famigerato secondo album “Never Mind The Bollocks, Ecco i Sex Pistols” prontamente salito in cima alle classifiche inglesi, nonostante fosse vietato dalla maggior parte dei negozi di dischi. La musica punk è sempre stata legata alla poesia. La sua discendenza remota include i poeti della scena di Liverpool, che sono stati oggetto di due delle migliori antologie pubblicate nel 1967, in cuiè sempre stata posta molta enfasi sulle prestazioni. Uno dei poeti centrali per la scena di Liverpool è stato il pittore Adrian Henri. Come Roger McGough, un altra presenza leader sulla scena di Liverpool, ha commentato: “I bambini non hanno visto questa poesia con una ‘p maiuscola’, l’hanno capita come moderno intrattenimento nell’ambito del movimento pop. Un antenato americano del punk, o progenitrice, se preferite, è la poetessa-performer Patti Smith, già compagna del fotografo Robert Mapplethorpe. Joe Machine, ai suoi inizi, era affiliato tanto sulla scena musicale che su quella puramente letteraria. E’ stato membro fondatore della “junk band” ‘The Dirty Numbers’. Bande spazzatura, con quasi qualsiasi strumento - o non strumento - che potevano essere utilizzati per emettere un suono, erano un fenomeno degli anni 1990 e dei primi anni Duemila. Come il fondatore della Junk Band originale una volta ha spiegato: “[E ‘] stato creato in parte per dimostrare che i giovani non hanno bisogno di un sacco di soldi per essere in una band e fare grande musica. Essi svolgono la loro musica con strumenti che essi stessi hanno costruito da ‘junk’ … o da negozio dell’usato/lotteria a premi”. Anche se è ancora uno scrittore prolifico, per Anno 1 Joe alla fine è stata l’arte visiva il suo veicolo principale d’espressione. Come le illustrazioni di un suo libro dimostrano, stava già facendo dipinti,basato sulla sua storia personale tempestosa, nel 1980. Dipinti di questo tempo, come Lotta Bar (1987) e Mask (1989), sembrano mostrare l’impatto dell’espressionismo tedesco, e in particolare, forse, l’influenza di Emil Nolde. Vale la pena notare, ad esempio, che Nolde fatto alcuni potenti dipinti di maschere, facilmente assimilabile alla pittura di una singola maschera creata da Joe. Se avesse saputo di questa fase di Joe, due affermazioni di Nolde certamente si sarebbero bene adattate. Nolde una volta ha detto: “L’artista non ha bisogno di sapere molto; meglio di tutto lasciarlo lavorare istintivamente e dipingere come naturalmente si respira o si cammina “Ha anche detto: “ciò che un artista impara poco importa. Quello che lui scopre ha valore reale per lui, e gli dà l’incitamento necessario per lavorare “. La figura dominante nell’arte, la poesia e la musica scena del Medway era il pittore, poeta e musicista Billy Childish, da Chatham, una ruvida città di cantieri che è anche sul Medway, territorio già familiare a Joe. Ed una serie di opuscoli di poesie di Joe sono stati pubblicati da The Hangman Press, fondato da Childish e per un periodo gestito dall’allora fidanzata di Childish, Tracey Emin. Joe, poi intraprese un percorso di psicoterapia con un terapeuta che aveva conosciuto attraverso Billy Childish, al fine di cercare di frenare il suo modello di comportamento violento e autodistruttivo. Nel 1998 incontrò un altro pittore-poeta Charles Thomson, in una performance di lettura di poesie al pub Limehouse a Chatham. Thomson gli disse che lui e Childish stavano per formare un nuovo gruppo artistico, al fine di contrastare quello che descriveva come “la degenerazione concettualista” del mondo di allora dell’arte britannica. Thomson ha chiesto a Joe se avrebbe partecipato, e così nel 1999 assieme a Thomson e Childish è diventato un membro fondatore del Gruppo Stuckist, che si presenta descrivendosi come il primo “Remodernist Art Group”, che avrebbe tentato di tornare a principi spirituali di base arte, cultura e società. Il nome derivò da uno sfogo impaziente di Tracey Emin a Billy Childish, da cui si stava separando: “Your paintings are stuck, you are stuck! – Stuck! Stuck! Stuck!” (I tuoi quadri sono bloccati, si sono bloccati! - Bloccato! Bloccato! Bloccato!)”. Childish inserì il termine in una poesia intitolata “Poem for a Pissed Off Wife”, scritto nel 1994, molto tempo dopo che Emin lo aveva lasciato. Nonostante il suo ruolo di primo piano nella fondazione, Billy Childish non è rimasto con il gruppo a lungo. Essen- Woland Art Magazine do in disaccordo con il modo in cui Charles Thomson aveva presentato le sue attività, si dimise nel 2001. Joe, però, è rimasto coinvolto con lo Stuckism fino a questi giorni. Ha partecipato alla prima importante mostra stuckista, tenutasi a Shoreditch, nel 2000, ed è stato l’artista di primo piano nella mostra stuckista tenutasi al Walker Art Gallery di Liverpool del 2004, che ha segnato una certa riluttante accettazione ufficiale per il gruppo, le cui attività però sono ancora “scorticate” da molti critici. L’ironia è che gli Stuckists sono, per molti ed ovvi aspetti, i successori di gruppi d’avanguardia chesono emersi in varie occasioni nel passato. […] Il comunicato stampa per un recente (2012) mostra Stuckist, tenutasi al Bermondsey Project a Londra, si appropriò del testo rilasciato per una concomitante mostra al Tate Britain dedicata al movimento preraffaellita. Cambiando solo poche parole, gli Stuckists sono stati in grado di utilizzarlo per dire esattamente quello che volevano intendere per la propria iniziativa. Il Preraffaellismo, abusando molto ai suoi inizi, proprio come -8- N° 0 i Stuckists lo sono stati nel loro tempo, si pose all’inizio di una lunga catena di iniziative d’avanguardia. E negli anni successivi esso proseguì nel Movimento Estetico, che abbandonò presto la religiosità preraffaellitica ed il moralismo, forse sotto l’influenza della filosofia positivista di Auguste Comte (1798-1857), che afferma come “l’obiettivo della conoscenza è semplicemente descrivere i fenomeni sperimentati, e non chiedersi se esistono o meno”. Stranamente, ma anche logicamente, questo, in termini puramente estetici, significa sostituire un culto della bellezza - verificabile attraverso l’uso dei sensi - per i dettami della religione e dellamoralità, che non sono così verificabile. Questa varietà di preraffaellismo ha avuto un forte impatto sul Movimento europeo simbolista. Il principale rappresentante in Gran Bretagna, Edward Burne-Jones, ha avuto un’importante influenza a livello europeo: uno degli artisti che è chiaramente in debito con lui è il giovane Picasso, i cui primi quadri del “periodo blu” sono chiaramente legati a Burne-Jones, anche se l’artista spagnolo conosceva probabilmente il lavoro solo attraverso stampe e riproduzioni. Sebbene quadri di Joe Machine non hanno, forse, una somiglianza immediatamente evidente al Picasso di questa fase, ci sono alcuni punti interessanti in comune. La più ovvia, forse, è l’accento su quello che i francesi chiamano misérabilisme, l’accento su un ambiente squallido e scalcagnato che deve essere in qualche modo redento attraverso l’arte. L’ambiente di Joe Machine è la Chatham grintosa in cui è cresciuto, non il glamour marginalmente Montmartre che Picasso ha abitato quando è venuto in primo luogo a vivere a Parigi, proprio all’inizio del ventesimo secolo. La miseria che Picasso raffigura è essenzialmente passiva. Gli abitanti del suo mondo sembrano ripiegati su se stessi, spesso letteralmente così. I protagonisti di Joe Machine, al contrario, sono proattivi e spesso violenti. Ciò, tuttavia, che entrambi questi mondi raffigurati condividono è un senso di isolamento, un sentimento per cui sono universo di loro stessi. Chatham è una città cantiere sporca, operaia, dominata dalla popolazione navale impegnata, a volte offrendo un servizio in più di un modo. Dipingendo i marinai che lottano e fanno gli spacconi in città, Joe viene fuori e, così facendo, controlla anche le questioni della violenza che lo hanno tormentato fin dalla sua infanzia. Questi dipinti targati Chatham, concentrarsi anche molto apertamente sull’erotismo, sono qualcosa che Picasso non avrebbe certamente sentito. Con lo sviluppo del lavoro, Joe Machine ha iniziato a esaminare altri temi. Uno di questi è la campagna del Kent a breve di- Anno 1 stanza dalla città Medway. Egli è affascinato non solo dai boschi del Kent, come cose in sé, ma come ambienti in cui scoprire e conoscere antichi metodi di illuminazione o di costruzione di rifugi. Anche i viaggi in altri paesi sono concentrati sul concetto di antico e primitivo. Nel 2003 ha fatto una mostra di pittura per le montagne Sleive Mish nella contea di Kerry, e ha visitato le camere sepolcrali del Neolitico e gli insediamenti celtici che si trovano nella regione. E, forse non a caso, le montagne sono il nome di una principessa celtica particolarmente crudele. Joe ha pure visitato la regione delle Black Isle nelle Highlands della Scozia, con la sua Holy Wood e santi pozzi, dove piccole offerte di stoffa sono lasciati dai pellegrini legati al biancospino vicino. Un’altra visita ancora è stata alla Untersberg, una montagna vicino a Salisburgo in Austria, all’interno della quale l’imperatore Federico Barbarossa si dice giaccia addormentato, curato da creature nane chiamate Untersberger Mandln. Un giorno, quando l’imperatore si sveglierà, sarà per combattere l’ultima grande battaglia del genere umano, in una pianura a Wals, vicino a Salisburgo. Durante questo periodo nei primi anni 2000, Joe ha studiato intensamente : i suoi soggetti sono prelevati da psicoanalisi e scienze sociali, politica socialista e natura. Il risultato è stato una notevole fioritura e l’ampliamento della materia. Una nuova serie, denominata “Fallimento della rivoluzione russa” tratta di politica radicale, e in particolare della politica della violenza. Questi dipinti hanno un elemento molto più forte di diretta critica sociale rispetto al lavoro precedente, ma sempre in combinazione con la fantasia. In nessun senso sono tentativi di realismo sociale e socialista. In effetti, si potrebbe anche arrivare al punto di pensare a loro come derivazioni da icone narrative, utilizzate da un artista bizantino e russo per raccontare lavita di Cristo e dei santi. Un’altra serie “La prima rivoluzione” riguarda apertamente la religione. Vi sono impiegati simbolismi del Testamento, materiale tratto dal libro della Genesi, ma solo in maniera eterodossa. Il tema è la caduta dell’uomo. Joe Machine suggerisce che alcuni dei contenuti Woland Art Magazine N° 0 di espressione, ma lui non si aspetta che una faccia il lavoro dell’altro. Il paradosso è che, essendo inesperto, è stato libero di scoprire ciò che vuole veramente fare. Questo sembra doppiamente paradossale, quando si guarda le proposte formative di molte importanti scuole d’arte britanniche che offrono M.F.A. degrees nell’arte. In queste istituzioni il grido spesso è che gli studenti devono essere “a sinistra per trovare se stessi”. In altre parole, non offrono l’insegnamento delle tecniche, basta il permesso di lavorare fuori. Dopo diverse generazioni di questo andamento il sospetto di queste opere provengono da studi della è che le scuole d’arte spesso ora rifuggono Kabbalah. Se questo è il caso, si ha la necessità dall’offrire un’istruzione tecnica, non tanto di prendere in considerazione che uno degli perché hanno una disapprovazione morale di scopi di chi studia la Kabbalah è quello di farlo, ma perché coloro che dovrebbero istrucapire e descrivere il regno divino. Un altro è ire sono disagio, consapevoli della propria quello di raggiungere l’unione estatica con la carenza tecnica. divinità. E queste immagini inevitabilmente In altre parole, la barriera che una volta seportano alla mente ciò che troviamo nei libri parava gli artisti professionisti da coloro che profetici di William Blake, l’artista con il quale sono “outsider ‘autodidatti è più o meno colquesto saggio è iniziato. Una delle cose che la lassata. maggior parte delle persone condivide circa il Non è davvero casuale che Francis Bacon, che lavoro di Blake, se essi rispondano ad esso o non è mai andato a scuola d’arte, ora è molto no, è che è del tutto individuale. E’ sui generis, probabilmente il più rispettato, e anche il più e non assomiglia a nessun altro. Credo che si celebre, artista inglese del ventesimo secolo. possa dire la stessa cosa di quello che Joe Ma- Joe Machine, iniziando la sua carriera creativa chine produce, nonostante tutti i confronti che nelle condizioni più sfavorevoli che si possaho suggerito con il lavoro di altri artisti. no immaginare, ha avuto il coraggio di rifare Qualunque sia l’oggetto - Dio, gli uomini se stesso come un uomo intero. della Royal Navy, prostitute, divi del cinema, boschi del Kent, Trotsky assassinato in Messico - la calligrafia artistica rimane sempre immediatamente riconoscibile. Si può dire di questo delle forme d’arte concettuali ora moda a cui si oppone Joe Machine? La domanda, naturalmente, si risponde da se stessa, quando nessun segno della mano umana è presente. Oppure, se presente, resta irrilevante rispetto il significato inteso dell’opera. Penso che sia significativo il fatto che Joe Machine, come Blake, è uno scrittore, oltre ad essere un artista. Per lui, la scrittura e la pittura sono mezzi paralleli -9-