Il Bifacciale Numero 11/ Febbraio 2014 Notiziario periodico del Gruppo Naturalistico Paleontofilo di San Daniele Po (CR) 2014 PRODOTTO IN PROPRIO - Gruppo Naturalistico Paleontofilo, via Cantone, 26046 San Daniele Po (CR) - www.museosandanielepo.com DARWIN DAY L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO DARWINIANO L’11 gennaio 1864, mentre veniva diffusa la notizia del fallito attentato a Napoleone III, la stampa torinese dava l’annuncio di una di quelle “letture serali” di argomento scientifico che da qualche tempo si tenevano in via Po, nell’edificio che fu il Convento dei Minimi. “Questa sera - avvertiva il giornale - alle 8.00 nel solito locale del teatro di chimica di S. Francesco di padoa, leggerà il Professor Cav. DE FILIPPI Sull’uomo e le scimie” - La conferenza letta quella sera di gennaio rappresenta un evento fondamentale nella storia del pensiero scientifico in Italia. Per la prima volta nella nazione, infatti, le idee di Charles Robert Darwin venivano pubblicamente sostenute con entusiasmo e subito applicate allo spinoso problema delle nostre origini. De Filippi fu uno scienziato di fama internazionale. Chiamato da Carlo Alberto alla cattedra di Zoologia di Torino, aveva dato un grande impulso a quello che stava diventando uno dei maggiori musei zoologici d’Europa. Dopo la conferenza, il nome di De Filippi sarebbe stato al centro di vivaci polemiche, ma sarebbe anche divenuto in Italia il punto di riferimento per coloro che si stavano convincendo alle nuove idee. L’opuscolo che seguì la presentazione ebbe grande effetto psicologico su un buon numero di naturalisti italiani. Alcuni di essi già conoscevano L’origine delle specie di Darwin e Il posto dell’uomo nella natura di Huxley, ma gli animi erano incerti. La conferenza superò questi dubbi: l’anno successivo comparve la prima edizione dell’Origine delle specie, tradotta da Canestrini e Salimbeni, mentre un po’ ovunque in Italia il darwinismo cautamente entrava nelle aule universitarie e di Darwin si discuteva nelle sale di conferenze, nei salotti, nelle chiese. Entro meno di 30 anni, quasi tutti gli ambienti naturalistici della nazione sarebbero stati darwinisti... La pubblicazione del volume di Giovanni Canestrini Per l’evoluzione, comparso nel 1894, sancisce questa situazione presentando, in appendice ad una scelta di saggi scientifici e filosofici, una serie di cenni biografici e bibliografici www.anellomancante.blogspot.com su quelli che erano stati i protagonisti favorevoli o contrari, della critica postdarwiniana in Italia. Tra il 1864 ed il 1894, si consuma una fase di profondo rinnovamento delle discipline naturalistiche della nazione, in cui il darwinismo viene visto come strumento di un più generale rinnovamento del pensiero che nella nuova nazione acquista un significato particolare. La decisione di dichiararsi pubblicamente favorevole al darwinismo non fu facile per De Filippi. La sua posizione di convinto creazionista e fissista si rivoluzionò di netto alla lettura del trattato darwiniano, tanto da anticipare il naturalista inglese sul tema più “scottante”, l’origine della nostra specie. Sospinto dalla rivelazione appena acquisita, De Filippi anticipò Darwin presentando “L’uomo e le scimie” rivelando un netto e convinto rifiuto delle concezioni tradizionali. Il rifiuto fu così deciso da portare l’autore ad annunciare francamente già nel titolo della conferenza ed in modo quasi provocatorio, il punto più spinoso in discussione, lo stretto rapporto di parentela tra l’uomo e le scimmie che fino a qualche anno prima gli ispirava “una contrarietà decisa e insuperabile”. La sera dell'11 gennaio 1864 Filippo De Filippi, tiene la prima conferenza in Italia sulla teoria di Darwin. A distanza di 150 anni, invitato dal Museo Paleoantropologico di San Daniele Po, l'illustre professore ha accettato di ripetere quella serata indimenticabile per la scienza italiana. (Da “"SULL'UOMO E LE SCIMIE" (Professor Cav. De Filippi, 1864)” - The Missing Link..., 21/01/2014) ATTI DEL CONVEGNO L’UOMO E LE SCIMIE (Filippo De Filippi - Dipartimento di Zoologia della Regia Università di Torino) (Interpretazione di Alberto Branca) «La infinitamente bella e grande varietà di forme di piante e di animali che popolano ora la superficie della terra, non è apparsa tutta insieme d'un sol getto, ma è stata preceduta da una successione di altre forme diverse, di altri mondi di viventi. Serviamoci pure di una locuzione assai usata; parliamo pure ancora di epoche della natura. Quando si facciano rivivere le generazioni passate si è colpiti da questi due fatti: che ogni grande epoca della storia fisica del nostro globo è distinta da un complesso di forme organiche sue proprie; che grandissima è la differenza fra le piante e gli animali delle prime epoche della creazione, in confronto delle forme ora esistenti; ma che, procedendo regolarmente da quelle più lontane epoche, siffatte differenze andarono mano mano scemando verso l'epoca attuale che ha per suo proprio distintivo la presenza dell'uomo.» Questi sono risultati puri e semplici dell'osservazione. Quale uso ne faremo noi? Quale sarà il senso di queste pagine del gran libro della creazione? Qui non v'è a scegliere che fra due ipotesi, che avremo il coraggio di chiamar teorie. (…) (…) Da tutto ciò si deduce che nel trattare quistioni di filosofia naturale non bisogna mai falsare i risultati per drizzarli forzatamente contro scopi prestabiliti. La filosofia naturale non ha nulla a che fare colla rivelazione non può adoperarsi né pro né contro di essa. I razionalisti fanno cattivo uso della ragione, quando studiano l'opposizione de' risultati scientifici alla credenze od ai sentimenti religiosi; ed i teologi fanno male alla religione quando vogliono darle sostegni che essa non chiede e che, essendo concessi assolutamente alla libera discussione, possono essere rovesciati. (…) ragion per cui si può essere profondamente atei ammettendo la formazione di getto delle specie organiche, mentre un vero sentimento religioso è conciliabile colla dottrina della figliazione genealogica della specie da un tipo primitivo, come l'esclamazione ascetica «non casca foglia che Dio non voglia» è conciliabile col pieno riconoscimento delle leggi della gravità. CARTESIO, DARWIN E IL NEANDERTHAL (Fabio Di Vincenzo – Dipartimento di Biologia Ambientale – Sapienza Università di Roma). Come colto da balbuzie il pensiero darwiniano è sembrato incespicare proprio laddove più sentita è la necessità di una sua più forte a f fe r m a z i o n e , o s s i a n e l l a spiegazione dell'origine biologica delle nostre facoltà cognitive e del linguaggio in particolare. La sostanziale incapacità di giustificare in termini di selezione naturale il passaggio dai sistemi di comunicazione degli animali alla complessità che caratterizza il linguaggio è sembrata poter fornire l'ultimo puntello (ma forse il più difficile da abbattere) ai fautori dell'irriducibile unicità dell'uomo, g a l va n i z z a n d o l a va r i e g a t a compagine dei fautori di un pensiero cartesiano che vede nell'uomo e nella sua mente il prodotto di una netta discontinuità di ordine qualitativo rispetto la muta, meccanica e inconsapevole natura degli altri viventi. In effetti, tutti gli esseri viventi comunicano ma soltanto gli esseri umani lo fanno attraverso il linguaggio. Questo perché, per funzionare, il linguaggio necessita della concomitanza di una “mente simbolica” e di una “mente computazionale”; la prima deve essere capace di attribuire un significato particolare a gesti, suoni e segni che in se stessi non ne avrebbero alcuno, mentre la seconda è necessaria per generare e disporre segni e simboli in un ordine corretto, tale da formare frasi comprensibili a chi li riceve. Entrambe queste capacità – riconducibili a semantica e sintassi – ricalcano modalità proprie del funzionamento del cervello. È quindi dallo studio di quest'organo e della sua evoluzione che occorre partire per comprendere l'origine del linguaggio da un punto di vista Il Bifacciale darwiniano. La nascita e lo svilupparsi della mente simbolica, colta nell'esplosione delle manifestazioni artistiche e culturali che hanno accompagnato la nostra specie Homo sapiens, nel suo espandersi dall'Africa in cui è nata circa 200 mila anni fa, ci dice molto sulle capacità cognitive in cui è potuta germogliare la prima parola. Le capacità computazionali del cervello invece, affondano ancora più indietro nel tempo legandosi alle modalità di apprendimento per imitazione di complesse procedure motorie mimico-manuali, che si ritrovano già nella produzione di strumenti litici per l'accesso al cibo a partire da 2,5 milioni di anni fa. Numero 11/ Febbraio 2014 L'intrecciarsi nella nostra specie di queste proprietà mentali in un'unica facoltà, ci ha fatto dono del linguaggio attraverso cui possiamo immaginare e comunicare una scienza capace di fare una qualche luce sul mistero della sua (e nostra) origine. CHARLES DARWIN, AUGUST WEISSMAN E SIGMUND FREUD. L'UOMO È UN CONSERVATORE SENZA SPERANZA? (Luca Zendri - Psicoanalista) La teoria darwiniana sull'evoluzione della specie, applicata all'uomo, somiglia a un uragano. Anche al lettore moderno, la lettura attenta del testo di Darwin causa sconcerto: i 5.500 anni di cultura umana tramandata grazie alla scrittura, dal punto di vista dell'evoluzione naturale sono un niente, l'affannarsi discorde di 220 generazioni. L'effetto di ridimensionamento del fenomeno umano causa un' esplosione dirompente nelle radici dell'identità personale e sociale di ciascuno. E' un fatto, la teoria dell'evoluzione naturale eccita con tutte le sue forze il problema ontologico, al punto da correre il rischio di essere letta essa stessa come una risposta al problema che crea, ma che, in realtà, lascia del tutto aperto. La teoria di Darwin rende terribilmente urgente la questione ontologica, tanto quanto non la risolve. Questa vasta faglia è loghi stata riempita in molti modi (dal darwinismo sociale alla neuroetica), ma risulta, per fortuna, a tutt' oggi ben aperta. Darwin invita ad una radicalità che ritroviamo in Freud intatta, e che ai nostri giorni sembra orfana. Eppure, proprio da un'idea radicale sull'uomo è possibile guardare al di là della tendenza della nostra specie a considerare il proprio simile come preda. L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO DARWINIANO (Emiliano Troco) Dipinto a olio, 70x70 cm. Collezione privata del Museo Paleoantropologico del Po di San Daniele Po (CR).