ANNO III NUMERO 24 LUCERA MARZO 2011 La voce del PASTORE VERSO IL CONVEGNO SUL LAICATO + Domenico CORNACCHIA I n cammino con le Chiese di Puglia, verso il Terzo Convegno Ecclesiale Regionale che si celebrerà a San Giovanni Rotondo dal 27 al 30 aprile 2011, desidero come vostro pastore e guida accompagnarvi in questo tempo di preparazione immediata a tale evento. Il tema sul quale rifletteremo è “I laici nella chiesa e nella società pugliese, oggi”, cercando così di indicare ai laici il loro impegno specifico come già il Concilio Vaticano II ha delineato: essere lievito nel mondo. Vorrei riportarvi agli orientamenti per il 2010-2011: “Dalla responsabilità alla corresponsabilità”, che vi ho donato all’inizio di quest’anno pastorale a conclusione del Convegno Pastorale Diocesano e desidero sostare con voi guardando con amore e passione alla vocazione laicale nella nostra Chiesa locale. È quanto mai essenziale, nella nostra identità di Chiesa in cammino, prendere sempre più consapevolezza del doveroso passaggio dalla responsabilità alla corresponsabilità personale e comunitaria. “Questa è l’ora dei laici”, abbiamo detto! È questo il momento in cui il laico con dignità ed impegno rivela il suo volto maturo di uomo, chiamato da Dio, ad abitare quella zona di separazione che esiste ancora, tra Chiesa e mondo. Il laico cristiano diviene sempre più, quel ponte, quel canale che attingendo acqua da Gesù Cristo, vera ed unica Fonte, è capace di generare il Regno di Dio non solo in ambito educativo ma anche nella vita sociale, politica e familiare. Mi tornano alla mente le parole che Paolo VI, pronunciò in una Parrocchia di Roma nel 1964, rivolgendosi proprio ai laici: “Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato; chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente, casa aperta a tutti e al servizio di tutti. Da' il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza. Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di fede e vera comunità eucaristica”. Sento che l’ora dei laici profuma già di santità di chi privilegia la concretezza dei fatti, la dolcezza del linguaggio, il calore di un abbraccio, la gentilezza dell’accoglienza. Auguri di Buona Quaresima! PAG 2 Educare alla pienezza della vita Piero SAFFIRIO VIZI PRIVATI E PUBBLICHE VIRTÚ Movimento Pro Sanctitate - Milano I Partiti non esistono quasi più, solo gruppetti e clientele. Le grandi idee cadono davanti al disgregarsi morale di tutti i centri di potere. Chi è al centro scivola di qua o di là a seconda delle convenienze. La funzione principale del pensiero e della comunicazione dovrebbe evidenziare i difetti, penetrando con attenzione e competenza i problemi nazionali. Invece tutto si sfarina. Cosi sembra normale che un bravo papà vada in vacanza in oriente, potrebbe essere per meditare, invece è per catturare bambini che hanno l’età dei suoi figli. O ci sono quelli di cui si sa molto che non si vorrebbe sapere e, molti altri, di cui non si sa nulla, ma che parteggiano per i primi come se fossero dei leader. Così per la giovane signora che, stanca di un lavoro di routine, lascia tutto e si mette a fare la “escort”; fa più fine e rende bene; anche le frequentazioni sono buone, si può far carriera. E tutto, proprio tutto, passa attraverso la televisione, scivola nelle case di ogni famiglia. Pier Paolo Pasolini a proposito di questa omologazione televisiva, aveva detto: “La sua mediazione mi fa paura; finirà per essere tutto!” Grande confusione tra ciò che è strettamente privato e ciò che è pubblico. È un tema di grande rilevanza nel nostro mondo contemporaneo. Una degenerazione strutturata della società, e tutti ne siamo coinvolti. Persino la PAG 3 L’A.C. per l’impegno educativo politica, che dovrebbe rappresentare l’espressione più alta e nobile della società, sta scivolando su questo piano liquido che degrada. Eravamo abituati a politici come De Gasperi e Togliatti; sembravano grandi nemici inconciliabili, chiaramente separati, ma si rispettavano e, al momento giusto, riuscirono a scrivere una Costituzione avveduta e salda che ancora ci guida stante la grande confusione morale di molti. Dalla politica della speranza e del fare, si è passati a quella delle grida e dei segni; Senatori che rispondono alle domande con il dito medio alzato e altri che lo espongono a Milano come monumento contemporaneo. Se non morta, l’informazione è almeno addormentata di qualità, ricca di valori. Se la politica si fa con i sondaggi, lo sguardo non vede lontano e i pensieri hanno il fiato corto. La gente non pensa. Dopo vent’anni di televisione commerciale tutto si è degradato; il pubblico e il privato si fondono in una grande melma senza confini e senza rispetto. Il caso Boffo non indigna neppure più. Cose che non si dovrebbero pensare vengono lette come se si trattasse di previsioni del tempo, dell’oroscopo. Senza una coscienza forte tutti si sentono tranquilli e acquietati. Invece siamo tutti schizofrenici. Quella nobiltà d’animo che comporta l’impegno da parte dei più solidi a difendere i più deboli, chi se la ricorda PAG più. Bisogna cogliere ogni occasione per ricordare ai fratelli, la grandezza della nostra fede perché “Dio torni a risuonare gioiosamente nei cieli dove viviamo” disse il Papa in Spagna. Così potremo riprendere a guardare con gratitudine e speranza alla Croce, “segno supremo dell’amore portato sino all’estremo”. Non può essere Lele Mora il nostro traguardo. Non può rimanere muta l’Italia della gente che lavora, che studia, che si impegna nel sociale, che prega e desidera vivere in un ambiente non inquinato e infetto. Non si può continuare a rimanere indifferenti in un ambiente volgare, impregnato di ostentazione e sessualità oltre il limite, senza etica. L’ambiguità di certe frequentazioni raccontate e fotografate sono in forte contrasto con quello che, una volta, chiamavamo il comune senso del pudore. Non ha nulla di virtuoso questa libertà che è licenza di fare tutto ciò che piace al “consumatore finale” come si usa dire oggi. La stessa spettacolarizzazione dei casi di omicidio come se fosse un reality, il turismo dell’orrore visto ad Avetrana; solo squallore. Quante persone vengono corrotte a causa dei nostri silenzi colpevoli? Quante false promesse e falsi successi attecchiscono in questi tempi di rarefazione del lavoro. 4 After Job: giovani e lavoro pagina 2 marzo 2011 anno III n. 24 FORMAZIONEeCULTURA Chi AMA educa TESTIMONI CREDIBILI PER L’EMERGENZA EDUCATIVA EDUCAZIONE ALLA PENITENZA CARLO CARRETTO “Q uanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure. No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te. E poi, dove andrei? A costruirne un’altra? E se la costruirò sarà la Mia Chiesa, non più quella di Cristo”. Carlo Carretto nasce in una famiglia di contadini ad Alessandria il 2 aprile 1910 è terzo di sei figli, frequenta l’oratorio salesiano e l’Azione Cattolica. Lo spirito della GIAC si farà subito sentire anche nella vita professionale, a diciotto anni è maestro elementare e il regime lo radierà presto. Ciò non lo ferma a fondare nel ‘45 l’Associazione Maestri Cattolici Italiani, nel ’46 accetta la presidenza nazionale della GIAC, famosa è l’adunata dei trecentomila “baschi verdi” che organizzerà a Roma in occasione degli 80° dell’AC. Nel ’52 è in disaccordo con una importante parte del mondo politico cattolico che desiderava allearsi con la destra, si dimette così dalla presidenza nazionale. Sceglie vita eremitica nel deserto del Sahara, nella congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù. Uomo della parola e della penna che usò per comunicare agli altri le sue "scoperte" nella fede. Nel ’65 rientra in Italia, e a Spello fonda un centro di spiritualità, lì muore il 4 ottobre 1988. “Mai, come ora, sia giunto il tempo di prendere la sacca del pellegrino per marciare nella fatica e nella penitenza, onde ritrovare la luminosità del nostro corpo, tempio di Dio. E perché vorrei che nessuno si scoraggiasse in questa marcia indico ai più deboli un segreto: non fidatevi del vostro coraggio, della vostra volontà. Fidatevi della vostra preghiera, tenete una cosa per certa: Non è la virtù che crea la preghiera, ma è la preghiera che crea la virtù”. Enza BRUNO Messaggio per la 33a Giornata Nazionale per la vita (6 febbraio 2011) EDUCARE ALLA PIENEZZA DELLA VITA L’ educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione. Come osserva Benedetto XVI, “alla radice della crisi dell’educazione c’è una crisi di fiducia nella vita” (Lettera alla Diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). Con preoccupante frequenza, la cronaca riferisce episodi di efferata violenza. Cogliamo in questo il segno di un’estenuazione della cultura della vita, l’unica capace di educare al rispetto e alla cura di essa in ogni stagione. Il fattore più inquietante è l’assuefazione. Smarrito il senso di Dio, l’uomo smarrisce se stesso. Occorre perciò una svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana. Tanti uomini e donne di buona volontà i VIZI capitali 3 sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita. Grazie a loro anche quest’anno molte donne, seppur in condizioni disagiate, saranno messe in condizione di accogliere la vita che nasce, sconfiggendo la tentazione dell’aborto. Occorre diffondere un nuovo umanesimo, educando ogni persona di buona volontà a guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’umanità. È proprio la bellezza e la forza dell’amore a dare pienezza di senso alla vita e a tradursi in spirito di sacrificio, dedizione generosa e accompagnamento assiduo. Pensiamo alle famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari anziani e agli sposi che accolgono con slancio nuove creature. Guardiamo con affetto ai genitori che accompagnano i figli adolescenti nella crescita umana e spirituale e li orientano verso ciò che è giusto e buono. Ci piace sottolineare il contributo di quei nonni che si affiancano alle nuove generazioni educandole alla sapienza e aiutandole a discernere, alla luce della loro esperienza, ciò che conta davvero. Molti giovani incontrano autentici maestri di vita: sono i sacerdoti che si spendono per le comunità loro affidate, esprimendo la paternità di Dio verso i piccoli e i poveri; sono gli insegnanti che introducono al mistero della vita, facendo della scuola un’esperienza generativa e un luogo di vera educazione. Ogni ambiente umano, animato da un’adeguata azione educativa, può divenire fecondo e far rifiorire la vita. È necessario, però, che l’anelito alla fraternità, posto nel profondo del cuore di ogni uomo, sia illuminato dalla consapevolezza della figliolanza e dalla gratitudine per un dono così grande, dando ali al desiderio di pienezza di senso dell’esistenza umana. Consiglio Episcopale Permanente Per essere bisogna apparire? L’ amore che Dio ha messo nell’uomo è di una bellezza enorme proprio perché può rifrangere realtà diverse. Le forme dell’amore, pur essendo sostanzialmente uguali, sono assai diversificate e possono essere così esemplificate: amore amicale, amore sponsale-generativo, amore materno, amore fraterno, amore sublimato nella consacrazione. In pratica, però, l’uomo libero, invece di rispettare i piani e i doni di Dio, li ha spezzati e ne ha fatto due realtà divise. È così che si va oltre il piano di Dio e si giunge per esempio a voler gustare la gioia dell’amore in età e in relazioni non idonee. Il cuore è la cosa più delicata che possa esserci e noi non abbiamo il diritto di giocare con esso, sia il nostro o quello degli altri. Il cuore ha la capacità di amare ma deve farlo con serietà, e nel momento adatto. Purtroppo spesso si arriva a cosificare il corpo proprio o altrui, a volte fino a farlo arrivare a oggetto di vendita: noi non possiamo invece vendere o comprare il tempio di Dio. Si arriva a crea- re l’idolatria del sesso, o anche a creare l’industria della pornografia. Tali sollecitazioni ci portano a vedere tutto questo campo con un’ottica diversa da quella di Dio; solo la luce della fede e l’impetrazione della grazia possono guidarci sulla strada giusta (Guglielmo Giaquinta). Il vizio ci fa deviare dalla strada giusta! Il terzo della lista è la lussuria, lo sfrenato desiderio del piacere la cui azione è cosificare, consumare, possedere. Dio ha creato la sessualità per la procreazione, perché l’uomo possa continuare a vivere sulla terra. Nel libro della Genesi si parla di istinto tra i due sessi ma l’istintività non guidata, eccede. Occorre vigilare sulle passioni! Quando ci vengono desideri, fantasie che spingono ad atti immorali occorre fermarsi, riflettere sulle conseguenze. Aprendo internet siamo bombardati da proposte di single che cercano compagnia, la cronaca ci informa su omicidi passionali, su violenze a donne e bambini, sulla vita immorale di uomini e donne di rilievo sociale; alcune trasmissioni sono costruite proprio per svelare i sentimenti più profondi in modo spudorato e l’imperativo è: per essere bisogna apparire! L’immoralità che sembra dilagare ha bisogno di cristiani che credano nel valore dell’amore vero. L’amore è cosa buona, è divino. Dio è amore! L’antidoto per questo vizio è la preghiera, una comunione profonda con Dio che alimenta la virtù della temperanza accompagnata dal servizio agli altri. Il vizio ci chiude in noi stessi, la virtù apre gli orizzonti, il vizio fa appagare le nostre debolezze, la virtù perfeziona la nostra natura, il vizio promette gratificazioni e poi ci delude, la virtù richiede sacrificio ma con essa otteniamo ciò che promette. La capacità di amare che il Signore ha posto nel nostro cuore possa essere esercitata in pienezza, è una grande responsabilità che noi cristiani oggi abbiamo per il futuro! Tiziana DAVICO Movimento Pro Sanctitate - Roma SPECIALE 01 ANNO III NUMERO 24 LUCERA MARZO 2011 SALUTO A S. E. MONS. MICHELE DI RUBERTO Angelo Card. Amato GRAZIE, C arissima Eccellenza, è questa, per tutti noi, una circostanza carica di emozioni e, vorrei dire, di commozione. Mi rendo interprete dei sentimenti di tutti, nell’indirizzare a Vostra Eccellenza il nostro augurio fraterno e filiale in questa occasione intima e semplice. Questo snodo nel percorso della Sua esistenza è anche un momento di bilancio. Lo è per Lei, che, dopo tantissimi anni, quasi una vita, trascorsi al servizio della Santa Sede, per riecheggiare con un po’ di leggerezza i versi di Dante, “uscito fuor dal pelago a la riva / si volge a l’acqua perigliosa e guata” (Inf I, 23-24). Ma lo è anche per noi, avvezzi alla Sua amabile presenza nel Dicastero. In tutti questi anni Lei si è pienamente riconosciuto nella Congregazione quasi identificandosi con essa, al punto che, scherzando simpaticamente, possiamo dire che Vostra Eccellenza è un classico! L’intensa e tranquilla concentrazione sul lavoro quotidiano, di cui Ella ha offerto quotidiana testimonianza, la condivisione di idee e di attività con i Confratelli e i Colleghi, il tratto cordiale e gentile, il Suo ottimismo dinamico, il Suo equilibrio nei momenti di incertezza o di incomprensione, la Sua competenza nel curare “l’architettura” dell’operosità del Dicastero, l’acu- + Domenico CORNACCHIA L’ARCIVESCOVO MICHELE MONS. DI RUBERTO! tezza nel comprendere i problemi, ma soprattutto la Sua sensibilità nel comprendere le persone...: tutto ciò resterà impresso nel nostro animo, non solo come dulcis memoria, ma anche e soprattutto come stile di azione e di vita.Ella, Eccellenza, è stato in mezzo a noi l’uomo dell’ascolto e del dialogo, portato avanti con mitezza, pazienza, capacità di relazione, disponibilità a cercare le soluzioni migliori. Di tutto questo noi La ringraziamo con affetto sincero. Il risultato della Sua attività è penetrato intimamente nelle “vene” del Corpo mistico di Cristo: Ella, infatti, ha notevolmente contribuito a promuovere le cause di beatificazione e canonizzazione, facendo conoscere quelle donne e quegli uomini che sono i più autentici benefattori dell’umanità. L’intercessione dei Santi e dei Beati La seguirà sempre nel cammino dei giorni. Ora nel paesaggio della Sua esistenza si delinea una nuova tappa, ricca di armonia e di serenità: nuovi progetti, nuove possibilità di approfondimenti, soprattutto una nuova attenzione verso la vita a cui rivolgersi con il carico dell’esperienza e con l’entusiasmo della creatività. Desideriamo accompagnarLa con il nostro augurio, che vogliamo esprimere con il dono di un calice. Ella, Eccellenza, ben sa quanta ricchezza simbolica si manifesti attraverso questo oggetto. Due significati, in modo particolare, vengono evidenziati nella tradizione biblica. Il primo, purtroppo, è l’amarezza: l’espressione “calice amaro” è diventata addirittura un proverbio! Perciò, Eccellenza, cogliamo l’occasione per chiedere perdono a Lei per qualche amarezza che involontariamente talora forse Le abbiamo procurato. Per fortuna c’è un secondo significato nel simbolo del calice, un significato più bello e gioioso. Esso è “il calice della salvezza e della benedizione”. Ecco, Eccellenza, il nostro augurio: i Suoi giorni siamo traboccanti di benedizione e di pace e, quando, con questo calice celebrerà il memoriale dell’Agnello immolato, affidi anche noi al Signore, noi che siamo parte della Sua famiglia. Si ricordi di noi tutti, Eccellenza. Nello scrigno delle Sue memorie più belle custodisca un posto anche per noi, come certamente è importante il posto che Lei occupa e continuerà ad occupare nei nostri cuori. A Lei e a tutti noi il Signore conceda che ogni amarezza si trasformi in sorriso, ogni lacrima sia accolta nel calice della sua misericordia, ogni momento di tristezza e di delusione diventi sorgente di speranza. Auguri e ad multos annos! Vincenzo Francia D alle semplici colonne del nostro periodico Il Sentiero, con sincerità vogliamo esprimere la profonda gratitudine al nostro carissimo Arcivescovo Mons. Michele Di Ruberto, che ha ricoperto il prestigioso incarico di Segretario della Sacra Congregazione delle Cause dei Santi, fino a dicembre 2010. Le Congregazioni Vaticane sono l’equivalente dei Ministeri dello Stato civile che interpretano, traducono ed esprimono il pensiero del Sommo Pontefice, Vicario di Cristo e Successore dell’Apostolo Pietro. Per circa cinquant’anni Mons. Di Ruberto ha svolto un ruolo certamente ricco di onore, ma non privo di grandi responsabilità, prima come Officiale e poi, come Segretario, con la dignità di Arcivescovo, dal 2007, presso la Sacra Congregazione per le Cause dei Santi. La fedeltà al Papa, un grande discernimento e il bene della Chiesa sono state, certo, le coordinate del servizio di Mons. Michele. Egli ha collaborato con diversi Papi e Cardinali, studiando, approfondendo, vagliando centinaia di positio (veri e propri processi) riguardanti molti candidati all’eventuale riconoscimento ufficiale della loro santità. Pensiamo che, a volte, si tratta di Santi vissuti nel tempo e in luoghi, lontani da noi. Il suo è stato un lavoro di grande prestigio, di singolare precisione e, nel contempo, silenzioso e discreto. La Chiesa gli dovrà molto! Paolo VI diceva qualche giorno dopo la sua elezione a Papa: <La Curia Romana è lo strumento di cui il Papa ha bisogno, e di cui il Papa si serve per svolgere il proprio divino mandato. La sua funzione reclama capacità e virtù somme, perché sommo è il suo ufficio> (21.9.1963). Unanime e costante è il riconoscimento di tali qualità attribuite al nostro amatissimo condiocesano Mons. Di Ruberto! Eccellenza, siamo fieri di voi, mentre vi auguriamo di spendere una lunga stagione nella quale, la vostra qualificata esperienza diventi una grande opportunità di crescita nella fede, per molti ancora! I l 29 dicembre 2010 Sua Eccellenza Mons. Michele Di Ruberto ha concluso il suo servizio diretto alla Santa Sede. Dopo 47 anni (un’intera vita!) di lavoro assiduo, paziente, molte volte nascosto, il caro Don Michele ora mette a disposizione tutto il suo bagaglio di esperienza e di saggezza a quanti avranno la gioia di incontrarlo. Il «mestiere» di un prete e di un vescovo, infatti, non ha mai termine, perché sempre ci sarà un’anima da ascoltare, un cuore da confortare, un orizzonte da scrutare. Con questo spirito, ricco di disponibilità e di apertura, egli ha vissuto il suo ministero sacerdotale. Non di rado tanti di noi hanno attinto dalla sua viva voce episodi che bene illustravano questa sua indole generosa e autenticamente «cattolica». Naturalmente il quotidiano impegno come diretto collaboratore del Papa ha ampliato la sua visione delle cose e ha fatto maturare in lui il senso dell’appartenenza alla Chiesa in un’ottica universale. Originario della nostra Diocesi, nativo di Pietramontecorvino, poco dopo la sua ordinazione presbiterale venne chiamato a Roma come segretario personale di Mons. Pietro Parente, futuro Cardinale. Per moltissimi anni accompagnò l’insigne Porporato, al quale era legato anche da vincoli di consanguineità, e ne condivise le ansie pastorali in un momento di profonde trasformazioni nella Chiesa, che culminò nell’epoca del Concilio Vaticano II e nella problematica, e spesso tormentata, stagione post-conciliare. Una di queste trasformazioni, di cui Mons. Di Ruberto fu testimone, è la nascita della Congregazione delle Cause dei Santi. Don Michele, infatti, era entrato nel servizio alla Santa Sede come dipendente dell’allora Congregazione dei Riti. Nel 1969 Paolo VI scorporò, da questo Dicastero, tutta la sezione riguardante lo studio dei Santi e dei Beati: nasceva, così, l’attuale Congregazione delle Cause dei Santi. Ebbene, proprio in questo ambito, Mons. Di Ruberto ha espresso le sue non comuni doti umane e cristiane, profondendovi precisione, riservatezza, intelligente creatività, credibilità co-stante, disponibilità al dialogo, notevole capacità di operare collegialmente, senso di universalità. Le ore dell’ufficio, la passione del lavoro, l’affascinante scoperta di un progetto di verità e di bellezza che risplende in quelle «iconi di santità» ogni giorno sono state oggetto della sua attività e del suo studio. Grazie al suo impegno, ma soprattutto alla sua amabile presenza, si è stabilito nel Dicastero un clima di serena e feconda operosità, idoneo alla migliore realizzazione delle aspettative non solo del Papa e della Chiesa, ma della società tutta: i Santi, infatti, sono i veri benefattori della famiglia umana e, perciò, costituiscono un polo di attrazione che va ben oltre i confini visibili della cristianità. In tutti questi anni di responsabilità rilevanti e progressive, il cui arco si è veramente esteso a livello mondiale, Mons. Di Ruberto non ha mai dimenticato la sua terra di origine e l’amata Diocesi di Lucera-Troia. Ha sempre seguito con attenzione e partecipazione la vita di questo territorio, dal succedersi dei vescovi all’avvicendamento dei parroci, dall’esperienza dei religiosi alla crescita del laicato, dalla promozione umana e culturale all’impegno apostolico e missionario. Non di rado, sia da semplice sacerdote sia da prelato curiale e infine da Arcivescovo, ha presieduto la santa liturgia, ha rivolto la sua parola profonda e affettuosa, si è messo in ascolto delle voci del suo popolo, cercando di interpretarne le esigenze e condividendone i percorsi. Pur lontano geograficamente, mai si è estraniato dal ritmo della sua Chiesa di origine, sempre amandola e contemplandola nel più grande mistero della Chiesa universale. Segno autorevole di questa sua appartenenza all’organismo diocesano è il titolo di Arcivescovo di Biccari che gli fu conferito nel 2007 dal Santo Padre Benedet- to XVI. È chiaro che si tratta di un titolo simbolico: Biccari, infatti, appartiene alla Diocesi di Lucera-Troia e non possiede alcuna sua specifica autonomia. Simbolo, tuttavia, profondo e incisivo di un duplice legame: quello che unisce gli Officiali della Curia Romana alla persona e alla missione del Papa e quello che unisce Mons. Di Ruberto al territorio pugliese. Don Michele ha vissuto e continua a vivere con crescente entusiasmo il suo progetto cristiano e sacerdotale. Con pazienza mite e tenace ha fatto maturare dentro di sé i germi di bontà che la sua indole gli suggeriva e ha costruito con coerenza il suo percorso di vita. Le dinamiche del nostro tempo non lo hanno trovato impreparato: la sua cultura, la sensibilità spirituale e pastorale, l’approccio personale alle diverse questioni favoriscono in lui e intorno a lui il superamento di ostacoli e di eventuali incomprensioni. Nel salutare Mons. Michele Di Ruberto al termine del suo servizio nel Dicastero, il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione e anch’egli pugliese, dopo averlo ringraziato per il lavoro svolto in tanti anni, gli ha rivolto queste splendide parole: «Ora nel paesaggio della Sua esistenza si delinea una nuova tappa, ricca di armonia e di serenità: nuovi progetti, nuove possibilità di approfondimenti, soprattutto una nuova attenzione verso la vita a cui rivolgersi con il carico dell’esperienza e con l’entusiasmo della creatività. Desideriamo accompagnarLa con il nostro augurio». Anche noi ci uniamo a questi sentimenti e per il caro Don Michele, fratello nella fede e Vescovo nel ministero, auspichiamo sovrabbondanza di serenità e di soddisfazioni. Ad multos annos, Eccellenza! Continui ad essere per la Chiesa e per la Sua Diocesi l’uomo dell’ascolto e del dialogo, l’operatore instancabile per il Regno di Dio, il gioioso annunziatore di una speranza che non conosce tramonto. pagina 2 marzo 2011 anno III n. 24 Numero speciale Riportiamo il messaggio augurale che sua Santità Benedetto XVI ha formulato a Mons Zerrillo nel giorno del suo Anniversario di Ordinazione Episcopale MONS. ZERRILLO DA 25 ANNI VESCOVO (1986 - 2011) + Domenico CORNACCHIA I l 25 gennaio scorso abbiamo celebrato solennemente a Reino (Benevento) il XXV di Episcopato di Sua Eccellenza Mons. Francesco Zerrillo. La neve ci ha scortati quasi per l’intero percorso. In cambio, abbiamo goduto di un’atmosfera molto calda per la semplicità e l’intensità degli affetti che molti hanno manifestato al loro concittadino nella solenne e familiare Liturgia. Noi pure ci uniamo al coro di coloro che elevano al Signore il loro grazie per una figura di padre, di maestro e di pastore ad immagine di Gesù il Buon Pastore. Eccellenza, grazie a nome dell’intera Comunità diocesana di Lucera – Troia, per aver speso tra di noi esattamente dieci anni (1987-2007) di ministero episcopale, ma soprattutto perché avete incarnato quello che la Chiesa dice a proposito dei Vescovi: “Nel Battesimo ogni cristiano riceve l’amore di Dio tramite l’effusione dello Spirito Santo, il Vescovo, mediante il sacramento dell’Ordine riceve nel suo cuore la carità pastorale di Cristo. Questa carità pastorale è finalizzata a creare comunione. Prima di tradurre quest’amore - comunione in linee di azione, il Vescovo deve impegnarsi a renderlo presente nel proprio cuore e nel cuore della Chiesa attraverso una vita autenticamente spirituale” (Giovanni Paolo II, Pastores Gregis, 44). Grazie, perché ci avete parlato di Gesù prima con la vita e poi con le parole! Dalle colonne del nostro giornale diocesano Il Sentiero, desideriamo manifestare l’affettuoso legame che ci unisce alla vostra amata persona. Vogliamo auguravi, Eccellenza, lunga vita, ma soprattutto che voi abbiate tante opportunità per condurre molte persone ancora, a calcare le orme di Cristo. Il motto episcopale da voi scelto: Benignitas et Humanitas, sicuramente è divenuto chiara bussola del vostro itinerario pastorale e, come una meridiana, illuminata dal sole, è capace di indicare l’ora esatta, così la vostra vita è un riflesso della presenza di Gesù il Buon Pastore, nel suo gregge. Portateci nel cuore, mentre noi vi assicuriamo l’umile ricordo nella preghiera. Al Venerabile fratello Francesco Zerrillo Vescovo emerito di Lucera-Troia, il quale ricorderà felicemente il prossimo 25 gennaio XXV anno della sua ordinazione episcopale, ricordando il suo fruttuoso ministero, compiuto con grand impegno, ci congratuliamo per l’evento tanto gioioso della sua vita e, augurandogli ogni bene, volentieri impartiamo la benedizione apostolica, segno della protezione e della consolazione divina, pegno del nostro amore fraterno per Cristo. Dalla sede del Vaticano, 13 Gennaio 2011. Benedetto XVI LA “BENIGNITÀ E L’UMANITÀ” DI S.E. MONS. ZERRILLO Antonio Pitta A l motto episcopale di Mons. Zerrillo, “benignitas et humanitas”, si può applicare quanto nel mondo latino si diceva del nome di una persona: nomen omen; il nome è un presagio o un programma. L’espressione tratta dalla Lettera di Paolo a Tito (3,4) ha accompagnato come il navigatore di una barca il ministero episcopale di Mons. Zerrillo nella diocesi di Tricarico e in quella di Lucera-Troia. La benevolenza e l’umanità di Dio si è manifestata in Cristo e in coloro che sono chiamati, ogni giorno, a conformarsi a lui, con la vita e il ministero. Abbiamo toccato con mano la benignità e l’umanità di Dio nel ministero episcopale di Mons. Zerrillo attraverso quattro note dominanti. Anzitutto la benignità e l’umanità nell’accoglienza incondizionata di ogni persona: forse a pochi pastori è dato di memorizzare e di ricordare i nomi e non il numero delle persone, come a Mons Zerrillo, in una visione della pastorale sempre più individuale e non massificata. Il ricordo dei nomi è stato accompagnato dall’ospitalità che il cuore di Mons. Zerrillo ha espresso senza alcuna restrizione di campo, ma con una dilatazione smisurata: ricchi e poveri, intellettuali e semplici, cittadini e contadini, uomini e donne, bambini e anziani. Il terzo ambito della sua benignità e umanità si è manifestato nella semplicità del linguaggio che lo ha caratterizza: saper esprimere concetti densi ed elevati della teologia nel linguaggio più comune e quotidiano per risultare comprensibile a tutti. Infine di grande rilievo è stata la sua ansia pastorale per tutte le comunità che ha guidato: dai presbiteri ai laici, abbattendo qualsiasi steccato ecclesiale. Ed è stata quest’ansia pastorale che gli ha permesso di non desiderare diocesi più grandi in cui servire il Signore, ma di dedicarsi alle diocesi più piccole della Basilicata e della Puglia, ben sapendo che non è il numero, ma la qualità che rende fecondo il proprio ministero. Come per l’Apostolo Paolo, la benignità e l’umanità di Mons. Zerrillo è stata a volte fraintesa come forma di populismo; ma è il prezzo che si paga per qualsiasi testimonianza da rendere al vangelo. Gli esiti positivi del suo ministero hanno, tuttavia, dimostrato che la benignità e l’umanità di Mons. Zerrillo non sono state mai affettate o dettate da secondi fini, ma sono diventate la via maestra per farsi tutto a tutti pur di guadagnare qualcuno alla causa di Cristo e del vangelo. La Diocesi festeggia e ringrazia Dio per l’episcopato di Mons. Francesco Zerrillo sabato 2 aprile 2011 ore 17.00 con la celebrazione eucaristica presso la Basilica Cattedrale in Lucera anno III n. 24 marzo 2011 pagina 3 CRONACHEedESPERIENZE XIV Assemblea Diocesana di Azione Cattolica L’A.C. PER L’IMPEGNO EDUCATIVO “V ivere la fede, amare la vita. L’impegno educativo dell’A.C.” è stato il tema della XIV Assemblea diocesana di Azione Cattolica della diocesi di Lucera-Troia celebratasi domenica 6 febbraio al presso il Centro della comunità “Giovanni Paolo II”, per il rinnovo delle cariche istituzionali per il triennio 2011/2014. All’assemblea è intervenuto il presidente nazionale di A.C. Franco Miano il quale nella sua relazione ha sottolineato come l’A.C. “riprende il suo patrimonio dell’impegno educativo che non è un impegno tecnico di animazione, ma capacità di far cambiare la vita con coerenza più profonda tra fede e vita. La fede è testimonianza di vita. Nella fede - ha proseguito il relatore - siamo chiamati a crescere e se siamo qui è perché abbiamo avuto dei modelli quali laici, sacerdoti, responsabili. Questa assemblea - ha ribadito Miano - non è celebrare un momento rituale, ma è esercizio della responsabilità, una risposta gioiosa e responsabile ad un invito del Signore per e nella Chiesa”. La giornata è iniziata con la celebrazione della messa nella chiesa di san Matteo al Carmine, presieduta dal vescovo Domenico Cornacchia, assistito dal parroco don Michele Tangi, dagli assistenti diocesani don Ciro Fanelli e don Rocco Coppolella. Il vescovo ha messo in risalto come “l’A.C. ha un ruolo particolare nella Chiesa e le sue coordinate sono preghiera, azione, sacrificio e studio, punti cardini imprenscindibili. Il principale è la preghiera che è l’anima di ogni apostolato”. Il presidente diocesano uscente Raffaele Checchia, nel presentare Miano, ha evidenziato l’impegno del massimo responsabile A.C. nel servizio all’Associazione e alla Chiesa. All’assemblea era presente il delegato regionale A.C. Vincenzo Di Maglie. Sabato 5, invece, i delegati parrocchiali, dopo le relazioni dei vicepresidenti diocesani dei settori adulti e giovani, dell’A.C.R., del MSAC. e della coppia cooptata, hanno eletto i nuovi consiglieri: per gli adulti Raffaele Checchia Donato Coppolella, Sara Margiotta, Antonietta Ricucci e Filippo Rotunno; per i giovani Laura Bonghi, Mario Mansueto, Sara De Marcoa, Giusy Lepore e Angela Fiore Angela; per l’A.C.R. Enza Bruno, Annamaria Nardone, Serena Checchia, Loredana Catapano e Agostina Bozza. Il neo eletto Consiglio, riunitosi il 22 febbraio, ha proposto alvescovo tre nominativi per la nomina del nuovo presidente diocesano. Molte le idee emerse dall’assemblea per una A.C. “luce del mondo e sale della terra”. UN’ESPERIENZA DI FORMAZIONE PERMANENTE A vviato il 18 febbraio scorso il percorso formativo per sacerdoti giovani (dieci anni). Don Peppino Cito, Direttore dell’Ufficio Catechistico della Diocesi di Conversano-Monopoli, li ha aiutati a consapevolizzare la necessità di guardare alla realtà pastorale che sono chiamati a servire, con occhi fiduciosi e umili; individuando in essa la grazia di Dio che li precede. Attraverso un lavoro sull’organizzazione reale e ideale di ogni realtà pastorale, hanno compreso che la storia di una comunità, i soggetti che la compongono, il lavoro di chi li ha preceduti, sono il linguaggio con cui lo Spirito parla al loro discernimento. Quanto più saranno in grado di ascoltare e interpretare questo linguaggio, tanto più la comunità crescerà nella fede e i presbiteri con essa. Di certo questo non farà mancare i conflitti che a volte incidono non poco sulla vita di una comunità, ma è proprio questa la sfida che ci attende se vogliono veramente andare “verso una Chiesa tutta ministeriale”. Oltre a queste tematiche, tanto necessarie al loro ministero, lo stare insieme nel confronto e nel lavoro su di sé sono le ragioni per cui vale la pena vivere con entusiasmo la formazione permanente. Donato COPPOLELLA Alessandro CLEMENTE La festa di san Secondino a Troia COSTRUTTORE DI PICCOLE CHIESE DOMESTICHE C on grande giubilo domenica 13 febbraio scorso si sono celebrati i festeggiamenti in onore di san Secondino nellaSparrocchia intitolata all’omonimo santo, nella città di Troia. Il triduo di preparazione, guidato dal giovane don Antonio Moreno, con la celebrazione conclusiva nel giorno della festa presieduta da mons. Domenico Cornacchia, ha voluto far riscoprire la figura zelante e il ministero episcopale del vescovo di Aecae Secondino, costruttore di piccole chiese domestiche, svolto durante gli anni di massimo fervore per le prime eresie contro il cristianesimo. Quella terra che agli albori dell’era cristiana egli calpestò e sulla quale egli testimoniò la propria fede attraverso il suo ministero di “successor Apostolo- rum”, accoglie oggi, nel quarantesimo della fondazione della parrocchia, centinaia e centinaia di famiglie che, protese verso l’incontro con la Parola, nell’occasione hanno ricordato le loro La Voce del DIRETTORE S iamo responsabili della vita del creato e della storia umana, nel mondo e nel tempo che viviamo. Ai laici in modo speciale è affidato di rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze, in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro, essendo i laici stessi chiamati a vivere con spirito evangelico, a modo di fermento e quasi dall'interno, gli impegni familiari e sociali. Secolarità è stimare il mondo, cercare di capirlo, di indagarlo, sottomettendolo con l'intelligenza prima che con le mani; è capire la dinamica delle cose ed entrare in promesse matrimoniali durante la celebrazione Eucaristica domenicale delle ore 11, solennemente presieduta da don Gaetano Schiraldi. È stata proprio la Parola al centro di tutto il triduo, vista come culla e fondamento della fede del credente, nonché come testimonianza vitale di uomini che si trovano a combattere a favore dei veri valori, contrastando la mondanità odierna piuttosto che le prime eresie di cui la Chiesa fu vittima. Oggi si parla di “sfida educativa”. Per questo la C.E.I. ha voluto presentare il documento degli orientamenti pastorali “Educare alla Vita buona del Vangelo”. A relazionarlo nella serata del 10, presso il Centro Giovanile, il prof. Lelio Pagliara. e della loro natura. Fare male il proprio lavoro, accontentarsi della buona volontà, pensare che la fede supplisca alla mancanza di qualità della nostra azione costituiscono altrettanti modi per mancare di rispetto al mondo che Dio ha creato e per evadere dalla responsabilità che ci ha affidato. “La vita è azione, perciò, ogni uomo che abbia la comprensione della sua dignità e della sua superiorità su tutti gli altri esseri del creato, sente spontaneo il desiderio di lavorare, di operare, di agire, per sé prima di tutto, e poi per gli altri” (A. Marvelli). L a Reale Arciconfraternita “S. Croce, SS. Trinità e Maria Addolorata”, che ha sede adiacente al Santuario san Francesco Antonio Fasani di Lucera, si è resa protagonista di un gesto di solidarietà nei confronti del seminario vescovile di Lucera e della casa del clero della Santa Milizia in Troia. Ad entrambe le comunità è stato donato un nuovo televisore. L’azione caritatevole è una prerogativa delle Confraternite e, in tal senso, l’Arciconfraternita S. Croce anche in passato è stata vicina alle necessità di queste istituzioni. In occasione dell’incontro avvenuto in seminario, il rettore don Rocco Coppolella e il vicario generale mons. Ciro Fanelli hanno ringraziato, anche a nome del Vescovo, il sodalizio per il gradito dono. Il priore dell’Arciconfraternita Arturo Monaco si è inoltre impegnato a nome dei confratelli, a donare un banco per la cappella del seminario da poco restaurata. Leonardo CATALANO Marco TORINELLO Piergiorgio AQUILINO I passi della responsabilità Responsabili del creato relazione con esse nel rispetto intelligente. È questo il senso del lavoro, dello studio e di ogni attività umana: espressione di sé e servizio agli altri, realtà necessaria al senso della propria dignità di persone e alla costruzione di un mondo più fraterno e giusto, ma nello stesso tempo solo uno strumento, non un fine, che trova dunque senso nel riposo e non può diventare centro della vita. La competenza manifesta il nostro rispetto per il mondo: impegno ad acquisire conoscenze e abilità che permettono di fare ciò che è nostro dovere con qualità, nel rispetto delle cose stesse SOLIDARIETÀ DELL’ARCICONFRATERNITA S. CROCE pagina 4 marzo 2011 anno III n. 24 QUARTAPAGINA AFTER JOB: GIOVANI E LAVORO L a disoccupazione giovanile nel Sud Italia è un grave problema di cui la Chiesa, non può far finta di niente. Essa è, nel suo insieme, una sfida di solidarietà e di evangelizzazione al tempo stesso. Circa quindici anni fa, nel dicembre del 1995, nasce, come risposta a tale problema, il progetto Policoro, che prende il nome dalla cittadina in provincia di Matera in cui si tenne il primo incontro organizzativo. Si incontrarono così i tre delegati diocesani delle tre pastorali: pastorale sociale e del lavoro, pastorale giovanile e la caritas diocesana a i responsabili delle associazioni laicali, il Vangelo indicò loro la strada: «Io non ho né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, alzati e cammina!» (Atti 3,1-10). Il progetto Policoro esprime l’attenzione della Chiesa italiana nei confronti dei giovani disoccupati e si rivela un tentativo della comunità ecclesiale di farsi compagnia, di farsi prossimo, agli uomini e alle donne che vivono situazioni difficili nell’ambito della ricerca del lavoro e faticano nel trovare ragioni per vivere. Il sogno di Don Mario Operti, primo ideatore del progetto Policoro, finalmente si realizza e coinvolge molte diocesi di tutto il Sud Italia e ultima- mente provoca interesse anche in alcune diocesi del Centro e del Nord Italia. Nella diocesi di Lucera – Troia è presente da qualche anno e lavora con costanza per dare un pizzico di speranza in più ai giovani disoccupati e precari. Ma c’è bisogno di fare di più! Bisogna andare loro incontro, avvicinandoli in luoghi da loro comunemente frequentati. Ecco che nasce “After Job”, un ciclo di incontri nei pub delle varie La ristampa di un opuscolo su Monsignor Farina zone della diocesi, pregustando un ottimo aperitivo! Il primo incontro è avvenuto il 13 febbraio 2011, presso il Pub “Lupus in Fabula” di Lucera. In una cornice inusuale, la Chiesa si pone in ascolto con i giovani della diocesi. Il tema dell’incontro è stato: “Ora et labora”. Ospiti della serata: mons. Angelo Casile, direttore nazionale dell’ufficio della pastorale sociale e del lavoro della CEI; suor Erika Perini, suora operaia della Santa Casa di Nazareth; Antonio Petraroli, delegato regionale del MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica), tutor del progetto Policoro della diocesi di Brindisi – Ostuni e Irene Milone, presidentessa del consorzio “Nuvola” della diocesi di Oria. Tutti gli ospiti hanno più volte sottolineato quanto il lavoro rende liberi, e quanto esso diventa ancora più libero se lo si crea con le proprie mani. Don Mario Operti era sempre pronto a partire per incontrare l’altro, soprattutto giovane e del Sud ed è questo il motore che spinge le animatrici del progetto Policoro della nostra diocesi ad andare incontro ai giovani, a rimboccarsi le maniche e a cooperare con loro per un futuro migliore e ricco di speranza! Alessandra GORGONE PER RICORDARE PADRE MICHELE PALMIERI DIARIO DI UN PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA L a terra di Gesù non passa mai di moda. Che si parli di cristiani, di ebrei o di musulmani, la terra santa è presente. Terra varia e contraddittoria, spesso insanguinata, vede i secoli succedersi e il tempo mutarsi senza posa, scandito da avvenimenti drammatici, e tuttavia il suo richiamo è reso sempre fresco dalla presenza dei patriarchi e dei profeti. Essi nel nome di Dio hanno parlato e sofferto, hanno guidato gli uomini per le vie della vita, sono stati precursori e testimoni del passaggio del Figlio di Dio. In quella terra il cielo si è congiunto con la terra e gli uomini hanno acquistato il diritto di entrare in cielo. Nessuno dei figli di Abramo sfugge al suo richiamo. Nonostante la drammaticità della sua storia, non ha mai cessato di essere, nella coscienza dei popoli, il solo punto della terra dov'è possibile l'incontro di tutti con tutti nella casa di Dio dove regna, sovrana, la pace. Questa è una delle idee che hanno accompagnato il servo di Dio monsignor Fortunato Maria Farina nel suo viaggio in Terra Santa e che emergono dalla lettura del diario. I curatori Bruno e Donatella Di Biccari, hanno voluto portare nelle famiglie, attraverso la parola di monsignor Farina, il profumo di quella terra insanguinata e benedetta. D ue giorni prima dell’anniversario della morte di padre Michele Palmieri, sabato 25 febbraio 2011, presso l’Opera San Giuseppe di Lucera è stato presentato il libro in suo ricordo. Autrice del libro dal titolo “Un fedele Giuseppino del Murialdo - Padre Michele Palmieri” è Maria Chiechi Coronati di Lucera. Presentatori padre Tommaso Mastrolitto e il professore Michele Urrasio; moderatore Vincenzo Morlacco presidente degli ex allievi. Promotori dell’iniziativa l’Opera San Giuseppe e gli ex allievi a memoria del zelante sacerdote che per 50 anni consecutivi è vissuto a Lucera. Padre Tommaso ha delineato la figura di padre Michele definendolo “sacerdote esempio luminoso di fedele seguace del Murialdo”; Urrasio ha sottolineato: l’uomo, l’educatore e l’insegnante ed ha ribadito come padre SMichele “è stato un educatore moderno, vigile e attento come una mamma con gesti affettuosi e premurosi soprattutto verso i diversamente abili e il silenzio era la sua madre lingua”. La motivazione che ha indotto l’autrice a scrivere il libro è stata “rompere quel velo di silenzio che ha caratterizzato la vita di padre Michele”. Alla manifestazione erano presenti alcuni Amministratori comunali, monsignor Giovanni Pinto in rappresentanza del Vescovo, numerosi ex allievi e fedeli. Mario VILLANI D. C. UN SANTO IN MEZZO A NOI S abato 12 febbraio 2011 la comunità parrocchiale di Roseto Valfortore ha avuto la gioia di accogliere le reliquie di san Francesco Antonio Fasani in pellegrinaggio nell'anno giubilare dei 25 anni della canonizzazione. La comunità dei fedeli ha accolto le Reliquie in arrivo da Lucera. Nella chiesa di san Nicola padre Giovanni Iasi, guardiano del santuario omonimo a Lucera, ha celebrato l'Eucaristia. Durante l’omelia ha parlato della vita del Santo il quale si distinse per la direzione spirituale e per la carità alimentata da una vita molto intensa di preghiera, contemplazione e penitenza. Domenica 13 febbraio, durante la Messa vespertina, padre Alessandro, cappellano del carcere di Lucera, ha sottolineato le opere del Santo quali la mensa della carità e il monte dei pegni dove venivano erogati piccoli prestiti e microcrediti ai poveri. Al termine le Reliquie, riportate in processione fino alla Cappella della Consolazione, sono ripartite alla volta di Lucera. Fiorella FALCONE IL MIRACOLO INSPERATO D opo le due guarigioni straordinarie riscontrate su Francesco Tozzi e sul giovane Valentino Boccuzzi, Francesco Antonio Fasani venne beatificato il 15 aprile 1951 alla presenza dei due miracolati, dei devoti, della comunità dei Frati minori conventuali e degli esponenti dell’intera Chiesa pugliese. Per la santità ne “occorreva” un altro di miracolo, e avvenne esattamente dieci anni dopo, quando nel 1961 si diede inizio al secondo processo canonico grazie alla guarigione accertata di Maria Stratagemma, all’epoca 59enne di San Severo che da nove anni era affetta da una stenosi retto-sigmoidea. La donna, in realtà, era già devota del Padre Maestro in quanto frequentava Lucera per ragioni di lavoro e aveva in casa un’immagine del Beato. Proprio pochi mesi dell’elevazione all’onore degli altari, Maria Stratagemma cominciò ad accusare dolori intestinali che però si rifiutò sempre di curare. Nel 1958 la situazione precipitò, con la diagnosi infausta di un cancro al colon retto che si sarebbe potuta risolvere solo con un intervento chirurgico. La donna oppose ancora una volta qualsiasi cura, nonostante le condizioni continuano inesorabilmente a peggiorare. Nel febbraio del 1961 arrivò a perdere conoscenza, e nello stato di pre agonia, assistita da un sacerdote, riferì di aver ricevuto una visione del Fasani che le toccò la parte malata e poi scomparve. Quando si risvegliò dal sonno, era guarita in modo istantaneo, duraturo e perfetto, senza alcuna spiegazione clinica da parte dei medici. Maria Stratagemma morì nel 1975, per altra causa, a distanza di 14 anni dal miracolo che “valse” la santità del Fasani. Riccardo ZINGARO Mensile di informazione della diocesi di Lucera-Troia Editore Diocesi di Lucera-Troia Direttore responsabile Matteo Francavilla Direttore editoriale Leonardo Catalano Redazione Donato Coppolella Rocco Coppolella Enza Gagliardi Riccardo Zingaro Sede piazza Duomo, 13 - 71036 Lucera - Foggia Tel/Fax 0881 520882 e-mail: [email protected] Stampa Ennio Cappetta & C. srl - Foggia Anno III, numero 24, marzo 2011 Autorizzazione del Tribunale di Lucera n. 139 del 27 gennaio 2009.