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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MAURIZIO LUPI
La seduta comincia alle 12,10.
EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario,
legge il processo verbale della seduta del
12 aprile 2012.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi
dell’articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Bongiorno, Boniver, Bratti, Brugger, Buonfiglio, Cirielli,
Commercio, Distaso, Gregorio Fontana,
Tommaso Foti, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Lombardo, Lucà, Mantini, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca,
Misiti, Mura, Nucara, Pecorella, Pisicchio,
Stucchi, Togni, Valducci e Zaccaria sono in
missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono
complessivamente cinquantacinque, come
risulta dall’elenco depositato presso la
Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all’Assemblea
saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull’ordine dei lavori (ore 12,13).
GIANLUCA FORCOLIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA FORCOLIN. Signor Presidente, sono appena uscito dalla Commissione finanze, che sta esaminando il provvedimento fiscale, e voglio comunicare alla
Presidenza che è stato presentato un
emendamento da parte del Governo sulle
frequenze delle reti televisive riguardo al
quale la Ragioneria generale dello Stato
parla di importanti entrate per il bilancio
dello Stato. Tale emendamento, però, è
completamente estraneo per materia. La
questione è molto importante, anche dal
punto di vista della procedura e dal punto
di vista politico; apre, infatti, un problema
che il Capo dello Stato ha più volte
segnalato al Presidente della Camera affinché provvedesse con molta attenzione
laddove si andasse a sollecitare o a rivedere emendamenti che non hanno nulla a
che vedere con il provvedimento. Pertanto,
oggi il Governo ha esattamente posto questa questione, ossia presentato un emendamento che non c’entra assolutamente
nulla con il provvedimento, solo per far
cassa, solo perché ci sono delle entrate a
disposizione. Se questo è il principio, ne
prendiamo atto, però creiamo un precedente molto delicato e importante perché
molte volte i gruppi parlamentari potranno presentare emendamenti di questo
tipo solo per entrate dello Stato o per altre
questioni che non c’entrano assolutamente
nulla. Volevo segnalare questo alla Presidenza perché porti a conoscenza del Governo che queste questioni sono state più
volte sollecitate e oggi la questione non è
stata posta dai gruppi parlamentari, ma
addirittura da un emendamento del Governo stesso.
PRESIDENTE. Onorevole Forcolin, ovviamente riferirò al Presidente l’osserva-
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zione da lei svolta e credo che nel prosieguo dei nostri lavori la Presidenza le
darà una risposta.
Svolgimento di una interpellanza
e di interrogazioni (ore 12,15).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
lo svolgimento di una interpellanza e di
interrogazioni.
(Iniziative per la prevenzione e la cura
delle malattie rare – n. 3-02141)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato per la salute, Adelfio Elio Cardinale,
ha facoltà di rispondere all’interrogazione
Binetti n. 3-02141, concernente iniziative
per la prevenzione e la cura delle malattie
rare (Vedi l’allegato A – Interpellanza e
interrogazioni).
ADELFIO ELIO CARDINALE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor
Presidente, onorevoli deputati, com’è noto
si definisce rara una malattia che ha una
frequenza di cinque casi ogni 10 mila
componenti di una popolazione. L’Organizzazione europea per le malattie rare ha
stimato che ci sia un totale di 6-8 mila
malattie rare per tipologia che interessano
globalmente 36 milioni di persone e, pertanto, non sono poi in fondo né rare né
così poco diffuse. Globalmente, infatti, si
tratta di una quota importante di cittadini
e soprattutto bambini che sono interessati
da queste patologie.
In Europa la prima normativa sui farmaci orfani è stata introdotta con il regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio dell’Unione europea n. 141 del
2000. Chiarisco che farmaci orfani significa che nessuno se ne vuole fare carico.
Inoltre, stante il rilievo della problematica
relativa ai farmaci orfani e ai pazienti
affetti da malattie rare, sono state intraprese numerose iniziative nel corso degli
anni. In particolare, all’interno della Platform on access to medicines in Europe,
istituita nel 2010 e presieduta dalla Dire-
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zione generale imprese e industrie della
Commissione europea, sono stati programmati cinque progetti allo scopo di garantire un accesso equo e tempestivo ai farmaci dopo la loro autorizzazione all’immissione in commercio attraverso un approccio condiviso tra i diversi Stati
membri. Uno dei progetti all’interno della
piattaforma, « Meccanismi di accesso coordinato ai farmaci orfani », si prefigge lo
scopo di individuare percorsi comuni alternativi fra i vari Stati membri per facilitare l’accesso ai farmaci orfani in maniera sostenibile, superando ostacoli di
natura finanziaria, legale e amministrativa.
Per l’Italia, l’Aifa – l’Agenzia italiana
del farmaco –, in coordinamento con nove
Stati membri, è invitata a sviluppare un
meccanismo operativo di investimenti in
capitale umano e finanziario per ottimizzare il ritorno di questi investimenti e
migliorare la qualità delle cure, condividendo conoscenze e responsabilità.
In Italia, i pazienti affetti da patologie rare
godono di tutela normativa, in accordo a
quanto stabilito dal decreto del Ministero
della sanità n. 279 del 18 maggio 2001,
che istituisce la rete nazionale per la
prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e
la terapia delle malattie rare.
La rete è costituita da presidi ospedalieri,
identificati dalle regioni mediante delibere
regionali, e dal Registro nazionale malattie
rare, istituito presso l’Istituto superiore di
sanità, con l’obiettivo di effettuare la sorveglianza delle malattie rare e di consentire la programmazione nazionale degli
interventi sanitari volti alla tutela dei
soggetti affetti da malattie rare. Il Registro
si propone, inoltre, di promuovere la collaborazione tra i diversi centri clinici esistenti in Italia, al fine di incoraggiarne un
miglior coordinamento per lo studio di
specifici farmaci orfani e delle malattie
rare con essi trattate. A partire dal 2001,
inoltre, le regioni hanno cominciato a
individuare i propri centri di riferimento e
a lavorare all’attuazione dei registri delle
malattie rare.
Ogni regione ha poi intrapreso percorsi
autonomi e alcune regioni sono andate
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decisamente oltre i livelli minimi dei servizi previsti, inaugurando pratiche di eccellenza che vanno essenzialmente in tre
direzioni: l’allargamento dello screening
neonatale, l’ampliamento del regime delle
esenzioni attraverso i livelli essenziali di
assistenza regionali e l’attuazione di percorsi assistenziali. Per quanto attiene al
primo punto, ossia lo screening neonatale,
i presidi delle regioni, di cui sopra, eseguono le prestazioni necessarie alla diagnosi precoce sulla base del sospetto, formulato dallo specialista del sistema sanitario nazionale, sulla base di sintomi o di
anamnesi familiari. Per quanto riguarda,
inoltre, le iniziative normative in materia
di malattie rare, il Ministero della salute
auspica che in tempi brevi possa essere
approvato il disegno di legge dedicato alle
malattie rare, il cui iter risulta avviato
presso la XII Commissione del Senato
della Repubblica, che sono rare ma tante,
come avevo detto prima, e i malati sono
rari ma tanti, anzi tantissimi, e assommano a diverse decine di milioni. Nel
merito delle questioni sollevate in ordine
alle iniziative per la presa in carico e
l’assistenza dei pazienti, l’insieme delle
azioni intraprese negli anni da parte del
Ministero della salute e da parte delle
regioni si configurano come una strategia
piuttosto avanzata, se confrontata con
quella di altri Stati membri. Nel merito del
quesito posto, si osserva che il Ministero
della salute sta predisponendo, con il supporto di un gruppo di lavoro composto da
rappresentanti istituzionali, dell’Istituto
superiore di sanità, regionali ed esperti, il
Piano nazionale per le malattie rare, che
sarà adottato entro il 2013. Tale piano
guida la programmazione di interventi
mirati per l’assistenza delle persone affette
da malattie rare, quali la presa in carico,
l’agevolazione dell’accesso alle cure attraverso opportuni percorsi e la diffusione
delle migliori pratiche di diagnosi e cura,
nonché delle conoscenze specifiche nell’ambito di una rete di strutture competenti che mantenga rapporti di collaborazione a livello internazionale, quando possibile e necessario, tenuto conto che
l’organizzazione dei servizi sanitari, attra-
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verso i quali garantire i LEA, cioè i livelli
essenziali di assistenza, è interamente di
competenza delle regioni, che hanno diretta responsabilità non solo nell’individuazione delle strutture competenti nel
proprio territorio e nell’assetto organizzativo delle stesse, ma anche nella definizione di modalità di cooperazione interregionale, in virtù del riparto delle competenze introdotto con la modifica del
Titolo V della Costituzione.
Si sottolinea, inoltre, che le persone
affette da malattie rare possono usufruire,
al pari di tutti gli assistiti dal Servizio
sanitario nazionale, delle prestazioni incluse nei LEA e che la maggior parte dei
medicinali utilizzati per la terapia è classificata in fascia A, con erogazione senza
oneri per l’assistito, salva la quota fissa
eventualmente introdotta dalla regione.
Inoltre, la maggior parte degli assistiti
affetti da malattie rare usufruisce del
riconoscimento dell’invalidità civile o della
condizione di handicap ai sensi della legge
5 febbraio 1992, n. 104, atteso che tale
riconoscimento discende dalla valutazione
del danno funzionale connesso alla malattia e non è correlato alla qualificazione
della stessa come malattia rara ed alla sua
inclusione nell’elenco allegato al decreto
ministeriale 18 maggio 2001, n. 279. Per
questo, ai pazienti sono garantite sia
l’esenzione dal ticket per l’assistenza specialistica e riabilitativa sia i benefici e la
tutela in ambito lavorativo e scolastico.
Se l’onorevole Binetti e il Presidente me
lo consentono, vorrei fare qualche ulteriore considerazione a braccio, da medico
a medico e da professore a professore,
cioè questi farmaci orfani hanno un costo
assai elevato, si è visto che oscilla attorno
ai 220 mila euro per la fibrosi cistica e c’è
un range di oscillazione fra i 50 mila ed i
300 mila euro. L’industria sta ricominciando a interessarsi a questi farmaci in
quanto il mercato degli altri farmaci è
quasi saturo, pertanto diventa anche interessante questo settore per la ricerca
scientifica da parte delle industrie. Inoltre
c’è una legge europea del 2000, che prevede norme che facilitano la ricerca.
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In questo settore un ruolo cardinale –
o meglio, cardine, per non creare confusione – svolgono sempre più le associazioni no profit, prime fra tutte Telethon
per esempio che ha attivato 2.300 progetti
di ricerca. È proprio un settore in cui si
magnifica la collaborazione fra pubblico,
privato, industria e associazioni no profit.
Il Ministero e l’Istituto superiore di sanità
hanno nel 2008 attivato trenta progetti di
ricerca e c’è anche una collaborazione
internazionale con gli Stati Uniti attraverso il NIH che è l’associazione americana per la valutazione dei farmaci dove ci
sono 136 progetti. Inoltre abbiamo un
registro dei malati che ci pone all’avanguardia e stiamo costituendo – già in
parte sono attivati – il centro per le
malattie rare e le biobanche.
Voglio dunque sottolineare che in un
contesto difficile come è ancora quello
delle malattie rare – che colpiscono soprattutto i bambini e determinano gravi
problemi per i familiari e la presa in
carico – a mio avviso si incomincia a
intravedere qualche spiraglio di concreto
miglioramento.
PRESIDENTE. L’onorevole Binetti ha
facoltà di replicare.
PAOLA BINETTI. Signor Presidente,
penso che il sottosegretario ci abbia fornito una grande ricchezza di dati e comunque ha reso evidente a tutti l’impegno
che il Ministero sta assumendo per rendere efficaci le promesse tante volte fatte
di fornire risposte operative ai pazienti
affetti da malattie rare. Da questo punto
di vista noi lo ringraziamo anche perché in
altre occasioni il Ministro si era già
espresso positivamente rispetto agli impegni che vanno in questa direzione, però
nell’interrogazione c’erano due passaggi
concreti, signor sottosegretario, che mi
piace in questo momento sottolineare perché non mi sembra che abbiano ricevuto
una risposta e quindi, come lei prima ha
avuto la liberalità di fare intervenendo a
braccio, intendo intervenire anche in questo caso. I punti sono due, uno riguarda i
costi di assicurazione cui vengono sottoposte le sperimentazioni.
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In modo particolare, il decreto ministeriale del 14 luglio 2009, all’articolo 3,
impone all’azienda sanitaria od ospedaliera di estendere la copertura assicurativa
prevista per l’attività assistenziale e di
prevedere anche una specifica copertura
assicurativa per la responsabilità civile
derivante dalla attività di sperimentazione
clinica, con la copertura del rischio di
almeno dieci anni soprattutto quando oggetto della sperimentazione sono i minori.
Che cosa succede ? Questo costo di assicurazione, che è facile sostenere quando ci
si trova davanti a patologie che hanno un
ritorno evidente anche in termini di vantaggio per la ricerca delle case farmaceutiche, diventa francamente insostenibile
quando ci si trova davanti a farmaci
orfani.
Lei stesso prima, parlando dei farmaci
orfani, ha detto che nessuno se ne vuole
fare carico. Certamente, questo livello di
« tassazione » così rilevante ha fatto in
modo che questo tipo di sperimentazione
di fatto risultasse praticamente bloccato.
Cito un esempio molto concreto, che il
sottosegretario sa quanto mi sta a cuore.
Mi riferisco per esempio ad una sperimentazione sui bambini autistici. Era stata
approvata e il comitato etico aveva dato un
giudizio positivo ad una sperimentazione
per la somministrazione di vitamina B6 ai
bambini affetti da autismo. Tutti sappiamo
su questo piano quanto siano ancora più
che scarse le nostre conoscenze sulle cause
che provocano l’autismo.
Certamente il dubbio che si possa trattare di un coinvolgimento abbastanza rilevante sul piano genetico, come eziologia
che poi abbia la sua espressione a livello
neurologico – non a caso dal punto di
vista del deficit della comunicazione vengono frequentemente chiamati in causa i
famosi neuroni a specchio – faceva sì che
la sperimentazione con la vitamina B6
potesse configurarsi come un’ipotesi di
ricerca interessante da verificare. Senonché il premio per questa stessa sperimentazione era di 75 mila euro. Chiaramente
era una spesa che le case farmaceutiche
non hanno inteso assumere su di sé come
rischio da affrontare, per cui la sperimen-
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tazione è stata sospesa. Ora non sto difendendo questa sperimentazione in modo
particolare, sto dicendo però che, quando
ci si trova davanti a patologie che rappresentano un elemento davvero di grande
disagio e quando gli interventi sembrano,
come lei sa, prevalere piuttosto sul piano
della riabilitazione, ignorando il piano
eziologico e quindi anche rendendo tutti
gli interventi in fondo di tipo empirico,
perché non ne conosciamo poi, di fatto, né
il fondamento eziologico né il meccanismo
patogenetico, è evidente che ridurre la
sperimentazione in questi campi significa
davvero mortificare profondamente il bisogno di sapere, ma anche il bisogno di
curare in senso proprio e non solo di
riabilitare. L’interrogazione poi al secondo
punto faceva riferimento ad un’altra cosa,
ad una discriminazione cui erano stati
soggetti i bambini sottoposti a screening in
Emilia-Romagna e in Toscana. In EmiliaRomagna i genitori avevano potuto conoscere i risultati di questo screening cui
erano stati sottoposti i figli e in Toscana si
era ritenuto opportuno non comunicare
questo risultato. L’interrogazione chiedeva
che anche da questo punto di vista il
Ministero della salute adottasse delle linee
di comunicazione e di rapporto che potessero essere riconoscibili sul piano nazionale. È vero che ci troviamo davanti
alle distonie del Titolo V, però è anche
vero che i genitori che hanno figli che
soffrono della stessa patologia pensano di
avere diritto allo stesso tipo di trattamento, sia che si tratti di una regione sia
di un’altra (Applausi dei deputati dei gruppi
Unione di Centro per il Terzo Polo e Italia
dei Valori).
(Elementi ed iniziative di competenza in
ordine alla decisione della giunta comunale di Bologna di istituire tre istituti
scolastici omnicomprensivi – n. 2-01246)
PRESIDENTE. L’onorevole Garagnani
ha facoltà di illustrare la sua interpellanza
n. 2-01246, concernente elementi ed iniziative di competenza in ordine alla decisione della giunta comunale di Bologna di
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istituire tre istituti scolastici omnicomprensivi (Vedi l’allegato A – Interpellanza e
interrogazioni).
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, questa interpellanza fa riferimento
alla decisione della giunta comunale di
Bologna di creare tre istituti scolastici
omnicomprensivi, nonostante il parere
contrario degli organi collegiali e di gran
parte del corpo docente. Questa decisione
però è in contrasto con la legislazione
nazionale, che prevede un numero minimo
di alunni – mille – per istituto nelle città
di media e grande dimensione come Bologna.
Ora, fa riferimento anche ad un ricorso
alla Corte costituzionale della regione
Emilia-Romagna, che, contenendo una serie di valutazioni in merito all’organizzazione della rete scolastica, sulla quale si è
basata la decisione della giunta comunale,
ha interferito pesantemente con le competenze del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Mi riservo in sede di replica anche di
chiarire quali sono gli atti alla base di
questa decisione. Di fatto, si è creata una
discrasia nel territorio, perché una serie di
istituti scolastici omnicomprensivi che
svolgevano un ruolo proficuo nel territorio, profondamente radicati nel territorio
e con una sorta di continuità tra scuola
materna, scuola primaria e istruzione secondaria di primo grado, si sono visti
aumentare il numero da due a tre, non
sulla base di una logica educativa e didattica funzionale agli obiettivi della
scuola, ma sulla base di questa decisione
della giunta regionale e di una definizione
strutturale-organizzativa della giunta di
Bologna che ha voluto prescindere completamente dal parere degli esperti del
consiglio di quartiere, che è competente
per quella zona, che incide su quella zona,
e di una serie anche di operatori scolastici.
Al di là di questo aspetto tecnico, vi è
l’aspetto politico, ancora più rilevante, cioè
la continua, tenace e persistente opera di
interferenza politica della giunta regionale,
della giunta comunale – non mi riferisco
tanto al ricorso alla Corte costituzionale –
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e degli enti locali della mia regione, che
traggono occasione da ogni situazione presunta anomala della scuola per gestire in
completa, totale e assoluta autonomia
competenze che, invece, sono riservate allo
Stato, e in particolare al Ministero.
Vi è un’opera sottile di politicizzazione, di condizionamento politico che
credo sia inaccettabile. Al riguardo, ho
presentato questa interpellanza basandomi
su un fatto che può apparire, tutto sommato, marginale, ma che, di fatto, è emblematico di una situazione, che ho appena illustrato, che è molto più grave e
che credo il Governo debba affrontare con
decisione, perché riguarda le sue competenze. Tra l’altro, nelle more della decisione della Corte costituzionale – la regione ha presentato ricorso contro il Governo e questo Governo mi pare che abbia
confermato quel provvedimento, che stabilisce un dimensionamento minimo di
mille alunni per gli istituti omnicomprensivi – credo che il Governo debba reagire,
ripristinando non tanto la certezza del
diritto, quanto le competenze esatte che
presiedono al ruolo del Governo e al ruolo
della regione e degli enti locali. Da qui la
mia interpellanza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di
rispondere.
MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario
di Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca. Signor Presidente, in merito a
quanto sottoposto dall’onorevole interpellante, si ricorda innanzitutto – questo è il
problema – che l’articolo 138 del decreto
legislativo n. 112 del 1998 e l’articolo 3 del
decreto del Presidente della Repubblica
n. 233 del 1998 rimettono all’esclusiva
competenza delle regioni la determinazione della rete scolastica e dell’offerta
formativa.
Il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, all’articolo
19, commi 4 e 5, ha dettato norme per la
razionalizzazione della spesa relativa alla
riorganizzazione scolastica, prevedendo
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che le scuole dell’infanzia, primaria e
secondaria di primo grado, siano aggregate
in istituti comprensivi, con la conseguente
soppressione degli istituti scolastici costituiti unicamente da circoli didattici o
scuole secondarie di primo grado.
La stessa norma stabilisce che gli istituti comprensivi, per acquisire l’autonomia, debbano essere costituiti da almeno
mille alunni, come è stato ricordato, ridotti a 500 per le piccole isole e i comuni
montani. Sul caso specifico delle scuole
della città di Bologna, il competente ufficio
scolastico regionale ha comunicato che la
regione Emilia-Romagna, con deliberazione n. 55 del 12 ottobre 2011, ha fornito
alle province e ai comuni gli indirizzi per
la programmazione territoriale e per l’organizzazione della rete scolastica per il
triennio 2012/2013, 2013/2014 e 2014/
2015.
Sulla base di tali indirizzi e in ottemperanza al disposto dell’articolo 19 del
citato decreto-legge n. 98 e dell’articolo 45
della legge regionale n. 12 del 2003, il
comune di Bologna ha proceduto alla
riorganizzazione della rete, al fine di costituire istituti comprensivi, aggregando le
direzioni didattiche e le scuole secondarie
di primo grado.
Il medesimo ufficio scolastico regionale
ha precisato che l’ambito territoriale di
Bologna, nell’esaminare in sede tecnica la
proposta complessiva del comune, non ha
rilevato particolari difficoltà, né interventi
penalizzanti.
Il documento di riorganizzazione delle
istituzioni scolastiche statali di competenza del comune di Bologna è stato
approvato con delibera comunale pubblicata in data 23 novembre 2011. Secondo
tale delibera, gli effetti della riorganizzazione approvata non decorreranno prima
dell’anno scolastico 2013-2014, al fine di
consentire una concreta discussione nel
merito con le parti interessate, ossia genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, ed
altri, e addivenire, da un lato, alle modifiche che si rendessero necessarie rispetto
al piano approvato e, dall’altro, alla creazione di tutte quelle condizioni organizzative che possano rendere le aggregazioni
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proposte realmente funzionali al miglioramento della qualità dell’offerta formativa.
La giunta della regione Emilia-Romagna ha, infine, approvato il piano di dimensionamento con delibera n. 107 del 6
febbraio 2012, recepita dalla direzione
scolastica regionale con decreto direttoriale n. 20 del 13 febbraio 2012.
PRESIDENTE. L’onorevole Garagnani
ha facoltà di replicare.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, direi che il sottosegretario ha risposto in modo estremamente formale,
citando il parere, l’opinione, della direzione scolastica regionale. Mi dichiaro totalmente insoddisfatto. Evidentemente,
con questo Governo, in questa materia, da
parte del sottoscritto, non si riesce a
trovare una soddisfazione perché mi pare
che questo Governo sia più preoccupato e
contento di avere distribuito i sottosegretari tra una tendenza e l’altra – mi
riferisco alla materia della pubblica istruzione – che non di avere affrontato, con
decisione, quelle che sono le sue competenze, per timore di scontentare una parte
politica.
In questa sede, in presenza di una
legislazione nazionale chiara e in presenza
di decisioni della giunta comunale di Bologna – che ha adottato una serie di
provvedimenti in ottemperanza non alla
legislazione nazionale, ma alla decisione
della giunta regionale, che ha fatto ricorso
alla Corte costituzionale contro una legge
nazionale – il Governo doveva rispondere,
a mio modo di vedere, rivendicando la
propria autonomia e assumendo una propria linea politica, che è una linea politica
che fa riferimento a quella che è la
politica scolastica del Governo in questione e dei Governi che lo hanno preceduto.
Ma, in particolare, desidero rilevare
che non si è tenuto conto assolutamente
del parere degli esperti e, soprattutto, del
parere del consiglio di quartiere, che ha
precisato che questa proposta di riorganizzazione della rete scolastica cittadina
riflette – leggo testualmente – « indirizzi
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deliberati dalla regione Emilia-Romagna »
– che ha fatto ricorso alla Corte costituzionale – « ed è funzionale all’obiettivo di
qualificazione dell’offerta formativa e
della razionale distribuzione della stessa »
secondo, aggiungo io, un’ottica regionale, e
non nazionale.
In questo caso credo che un momento
di riflessione ed un’ulteriore spiegazione di
una decisione, che è giunta improvvisa
senza nessuna logica, a mio modo di
vedere, sarebbero stati quanto mai opportuni. Infatti, l’organizzazione degli istituti
comprensivi, che oggi sono stati definiti in
modo diverso con l’inserimento della
scuola dell’infanzia, resa possibile solo
attraverso un processo di statalizzazione,
che oggi è ancora in atto nel comune di
Bologna e che il comune dice di perseguire, tutto questo avrebbe richiesto una
definizione ben più precisa di quest’importante problema, che non è – ripeto –
limitato ai tre istituti comprensivi.
In questa sede credo – lo dico anche al
Presidente di turno – la funzione dell’interpellanza e dell’interrogazione deve essere ulteriormente valorizzata non limitandosi – e non ce l’ho con il sottosegretario – a riportare quello che dicono gli
organi periferici dello Stato ma, ovviamente tenendo conto dell’opinione degli
organi periferici, con un confronto e
un’istruttoria un poco più ampia. Infatti,
quando gli organi periferici dello Stato,
come nel mio caso, sono condizionati dalla
logica politica che presiede al governo
della regione o del comune di Bologna,
non hanno sufficiente libertà per motivare
e dare un parere serio e comprovato,
basato sulla realtà dei fatti. Questa è la
realtà dell’Emilia a Romagna, di Bologna
e di altri comuni, soprattutto in materia
scolastica, dove da sempre assistiamo ad
un continuo condizionamento di logiche
politiche, che pure dovrebbero essere
estranee alla scuola, e ad un condizionamento anche nei confronti degli organi
direttivi e dirigenti della scuola statale da
parte degli enti locali e della CGIL scuola.
Questa è la ragione a per cui avrei
auspicato – e concludo – da parte del
Governo una risposta molto più decisa. Mi
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dichiaro pertanto – lo ribadisco – totalmente insoddisfatto per questa risposta e
in genere per la politica del Governo del
quieta non movere. Capisco la situazione
economica attuale, capisco le necessità di
un Governo tecnico, ma di fronte a problemi come questi avrei auspicato una
risposta più seria, più ponderata, confrontata con altri interlocutori e che soprattutto faccia riferimento al diritto-dovere
del Governo nazionale di governare la
realtà, contemperando le esigenze delle
regioni con il rispetto delle leggi che sono
attualmente in vigore.
(Iniziative per la manutenzione e la messa
in sicurezza dell’istituto di scuola primaria di Pomarico (Matera) – n. 3-02072)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di
rispondere
all’interrogazione
Burtone
n. 3-02072, concernente iniziative per la
manutenzione e la messa in sicurezza
dell’istituto di scuola primaria di Pomarico
(Matera) (vedi l’allegato A – Interpellanza e
interrogazioni).
MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario
di Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca. Signor Presidente, l’onorevole interrogante chiede di sapere quali iniziative
e interventi il Ministero intenda adottare,
nell’ambito delle proprie competenze, riguardo alle condizioni di sicurezza del
plesso scolastico adibito a scuola primaria
nel comune di Pomarico.
Della questione è stato interessato il
competente ufficio scolastico regionale per
la Basilicata il quale, dopo avere interessato anche il dirigente scolastico dell’istituto comprensivo « Spera », il comune di
Pomarico e le altre autorità competenti, ha
rappresentato quanto segue.
Il comune di Pomarico nel mese di
settembre 2008, preso atto dei problemi di
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instabilità ed insicurezza dell’edificio scolastico adibito a scuola primaria, incaricava alcuni tecnici di compiere una verifica sismica del plesso, ai sensi delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei
ministri n. 3274 del 2003, n. 3362 del
2004, e 3505 del 2006, del Decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri del 5
marzo 2007 e della delibera della giunta
regionale n. 609 del 2007 (Attuazione del
II Programma temporale delle verifiche
del patrimonio edilizio strategico e rilevante).
In ragione dell’esito di tali verifiche, il
comune chiedeva ed otteneva dalla regione
Basilicata un primo finanziamento di euro
40 mila, che veniva utilizzato per il consolidamento delle strutture in cemento
armato dei locali refettorio e palestra. A
fine lavori detti locali sono stati sottoposti
a collaudo statico con esito positivo. Successivamente è stato impermeabilizzato il
terrazzo di copertura dei servizi igienici al
fine di eliminare le infiltrazioni di acque
meteoriche verificatesi in tali locali.
Considerata l’ubicazione dell’edificio,
ricadente a monte di una zona ad alto
rischio idrogeologico classificata R4 dall’Autorità di bacino della Basilicata, il
comune stesso, con nota n. 2830 del 18
maggio 2011, chiedeva al dipartimento
infrastrutture, opere pubbliche e mobilità
della regione un finanziamento di euro
600 mila per l’esecuzione dei lavori di
adeguamento sismico e di consolidamento
di tutto l’edificio. Detto finanziamento,
necessario per eliminare alcune criticità
strutturali evidenziate nella verifica sismica, non è stato ancora concesso.
In ogni caso, considerata la significativa
vulnerabilità degli elementi non strutturali
– parapetto, impianti, infissi e via di
seguito – più volte segnalata dal dirigente
scolastico, l’amministrazione comunale,
con delibera della giunta comunale n. 10
del 27 febbraio 2012, approvava il progetto
definitivo per la messa in sicurezza delle
parti a rischio non strutturali, con lavori
da eseguirsi in amministrazione diretta o
in economia con fondi del bilancio del
comune.
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DISCUSSIONI
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Per tali problematiche l’edificio scolastico è stato inserito nel secondo programma straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico,
finalizzati alla riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi anche non strutturali, per l’importo complessivo di euro 180 mila.
Allo stato attuale l’edificio scolastico,
così come si evince dalla nota del responsabile dell’ufficio tecnico comunale, non
presenta pericoli immediati per gli alunni
e comunque è costantemente monitorato.
Voglio aggiungere a titolo personale
che, data la mia particolare sensibilità alla
questione della sicurezza delle scuole, intendo chiedere ai nostri uffici della Basilicata di monitorare da vicino questa questione.
PRESIDENTE. L’onorevole Burtone ha
facoltà di replicare.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per l’attenta analisi che ha
fatto del problema della scuola di Pomarico, ma anche per l’ultimo impegno che
ha voluto esprimere, di monitorare ciò che
si è verificato e si verifica in quella comunità. Io torno su questa comunità,
signor Presidente, anche perché già avevo
posto al Governo un problema relativo
complessivamente al territorio di Pomarico e allora il sottosegretario Misiti aveva
predisposto un’ispezione e aveva attivato il
capo della protezione civile perché si realizzasse un intervento complessivo in
quella comunità, signor sottosegretario,
che presenta questi problemi, seri dal
punto di vista sismico e del territorio.
Con questa interrogazione invece ho
voluto porre due questioni fondamentali:
una è quella della scuola e più complessivamente c’è il tema del Mezzogiorno,
perché in questo caso la scuola, signor
sottosegretario, parlo per lei che è nato al
sud ed ha questa particolare attenzione
per le nostre comunità, è la metafora del
Mezzogiorno. Infatti, la scuola di Poma-
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rico è stata realizzata quando c’è stato il
boom economico, quando in quel territorio della Val Basento fu scoperto il metano
ed allora Enrico Mattei fece tantissimi
interventi. Ora, dopo che quelle comunità
hanno superato i problemi di arretratezza
e avevano avviato un loro processo di
sviluppo, quelle stesse comunità sono tornate indietro e la scuola, che prima era un
modello di edilizia scolastica, è fatiscente
e presenta quei problemi di impermeabilizzazione e soprattutto di rischio, perché,
signor sottosegretario, parliamo di una
scuola primaria e parliamo di una comunità che avrebbe bisogno di un intervento
serio.
Lei ha qui dato delle cifre significative:
ci vorrebbe un intervento di circa 600 mila
euro per mettere a norma questa scuola.
A me pare invece che dalla risposta – e in
questo non posso che evidenziare una nota
di insoddisfazione – non si evince che ci
può essere un intervento. È vero, non
abbiamo risorse: l’ultimo piano serio che
venne fatto nella nostra comunità nazionale fu il piano Falcucci. Parliamo quindi
di tanti, tanti anni fa. Ci sarebbe bisogno
di un intervento significativo. A me pare
che si potrebbe cogliere l’esigenza per il
Mezzogiorno, soprattutto con uno strumento che può non soltanto ridare dignità
alle nostre strutture scolastiche, ma potrebbe essere significativo sul piano anche
economico della ripresa lavorativa, perché
lei ben sa, signor sottosegretario, che toccando l’edilizia, reintervenendo in questo
caso nell’edilizia scolastica, si muoverebbero anche gli altri settori trainanti della
vita economica. Tra l’altro solo il 18 per
cento delle nostre scuole sono in sicurezza
rispetto alle norme antisismiche.
Ho seguito una vicenda del comune
dove sono nato, Militello in Val di Catania:
anche lì ci sono questi problemi.
Le scuole, innanzitutto del Mezzogiorno, hanno questo serio rischio: associano i problemi dal punto di vista delle
norme antisismiche alla fatiscenza di alcuni ambienti, che non sono idonei ad una
scuola, che invece è fondamentale per
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formare le giovani generazioni (signor sottosegretario, so in questo di trovare la sua
sensibilità) e i cittadini del domani.
I comuni non possono neppure utilizzare le risorse che hanno. Noi abbiamo
fatto un appello e reiteriamo questa nostra
proposta di allentare il Patto di stabilità,
perché i comuni potrebbero fare qualcosa
ma non sono in grado.
Infine – concludo – la proposta che noi
facciamo è che si utilizzino i fondi FAS.
Invece di pagare le multe per le quote
latte, così come nel passato qualche Governo ha fatto, si utilizzino finalizzandole
a questo obiettivo, alle scuole innanzitutto
del Mezzogiorno. Credo di trovare nel
sottosegretario un interlocutore. Spero e
mi auguro che si faccia di più per le nostre
comunità meridionali, in modo particolare
nel comparto della scuola.
(Iniziative per diffondere nelle scuole la
conoscenza dei tragici eventi per i quali è
stato istituito il Giorno del ricordo
– nn. 3-02098 e 3-02114)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca scientifica, Marco Rossi Doria, ha
facoltà di rispondere alle interrogazioni
Menia nn. 3-02098 e 3-02114, concernenti
iniziative per diffondere nelle scuole la
conoscenza dei tragici eventi per i quali è
stato istituito il Giorno del ricordo (vedi
l’allegato A – Interpellanza e interrogazioni)
che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
MARCO ROSSI DORIA, Sottosegretario
di Stato per l’istruzione, l’università e la
ricerca scientifica. Signor Presidente, si
risponde congiuntamente agli atti di sindacato ispettivo n. 3-02098 e n. 3-02114,
riguardanti la ricorrenza del Giorno del
ricordo, istituito con legge n. 92 del 2004.
L’onorevole interrogante, illustrando le
iniziative assunte in tale occasione dai
comuni di Pistoia e Milano, non ritenute in
linea con i valori propri della ricorrenza,
chiede di conoscere quali interventi il
Governo intenda intraprendere al fine di
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conservare la memoria storica dei tragici
eventi di quel periodo, diffondendone la
conoscenza presso i giovani delle scuole di
ogni ordine e grado e favorendo a tale
scopo la realizzazione di studi, convegni,
incontri e dibatti. Si sottolinea al riguardo
come tra i compiti che la scuola è chiamata a svolgere vi è quello di contribuire
a rimuovere ogni forma di intolleranza,
violenza, pregiudizio e discriminazione e
di favorire un insegnamento fondato sulla
conoscenza dei diritti fondamentali, sull’educazione alla legalità, rispetto e benevolenza.
Per la ricorrenza della Giornata del
ricordo il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica ha
inviato alle scuole di ogni ordine e grado
una nota a firma del Ministro con la
quale, nel rispetto della piena autonomia
organizzativa e didattica delle scuole, è
stato proposto alle stesse di realizzare
iniziative, anche avvalendosi della collaborazione delle associazioni degli esuli, per
diffondere la conoscenza dei tragici eventi
che costrinsero centinaia di migliaia di
italiani, abitanti dell’Istria, di Fiume e
della Dalmazia, a lasciare le loro case
spezzando secoli di storia e di tradizioni –
voglio qui ricordare che anche io mi sono
recato in varie scuole per varie iniziative
così come il signor Ministro –, quanto
sopra nella consapevolezza che tali iniziative sono utili per valorizzare e preservare
il patrimonio culturale, storico, letterario e
artistico delle comunità istriano-dalmate
residenti nel territorio nazionale e all’estero e a porre in rilievo il loro contributo allo sviluppo sociale e culturale del
territorio della costa nord-orientale adriatica.
Uno dei presenti atti di sindacato ispettivo è rivolto anche al Ministero per i beni
e le attività culturali, che ha illustrato le
principali iniziative attuate in base a
quanto previsto dalla legge 16 marzo 2001,
n. 72, e dai successivi provvedimenti normativi in materia di « Interventi a tutela
del patrimonio storico e culturale delle
comunità degli esuli italiani dall’Istria, da
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Fiume e dalla Dalmazia ». Si tratta, in
particolare: della organizzazione di convegni, mostre e seminari di studio; dell’istituzione e il potenziamento di centri di
documentazione sulle terre d’origine e
sulle vicende dell’esodo; della valorizzazione e la divulgazione, anche tramite
stampa periodica, della storia, della cultura, delle arti plastiche e figurative, della
musica, delle tradizioni linguistiche e dialettali, dell’artigianato e del costume di tali
luoghi; di manifestazioni e incontri volti a
favorire il mantenimento dei contatti culturali con le terre d’origine.
Il predetto Ministero ha anche informato che è stata istituita una Commissione
tecnico-scientifica per la valutazione dei
progetti presentati dalle associazioni degli
esuli, presieduta dal direttore della Biblioteca nazionale centrale di Roma, la quale,
nel triennio 2008-2010, ha espresso parere
favorevole al finanziamento di complessivi
401 progetti presentanti, per un importo
totale di contributi ammissibili nel triennio pari ad euro 6.759.094.
I progetti relativi all’anno 2011 sono
attualmente in corso di valutazione.
Per quanto riguarda le iniziative assunte dai Comuni di Pistoia e Milano sono
stati interessati i competenti direttori scolastici regionali, che hanno riferito quanto
segue. Il direttore dell’ufficio scolastico per
la Toscana ha comunicato che le scuole
del comune di Pistoia hanno effettivamente ricevuto come omaggio una copia
del libro di Giacomo Scotti Dossier Foibe
e che i docenti di alcuni istituti hanno
esaminato il testo al fine di trarne eventuali spunti per una riflessione critica
della tesi negazionista proposta dall’autore, ritenendo tuttavia il testo non adatto
e quindi non utilizzabile nel lavoro con gli
studenti.
Il direttore scolastico per la Lombardia
ha richiesto al comune di Milano di conoscere se gli opuscoli a firma di Enrico
Weiser, già presidente dell’ANPI, fossero
stati effettivamente diffusi presso scuole
cittadine con il patrocinio del comune e
del sindaco di Milano. L’ente suddetto ha
chiarito come il sindaco non abbia posto
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sugli opuscoli alcuno scritto né la sua
firma e che gli stessi non sono stati
distribuiti nelle scuole cittadine.
L’iniziativa in esame è nata dal consiglio di zona 3 il quale, per celebrare la
Giornata del Ricordo 2012, ha esaminato
le seguenti due iniziative: la proposta dell’ANPI, consistente in un’esposizione di
una serie di pannelli fotografici intitolata
Fascismo, foibe, esodo. Una mostra della
Fondazione Memoria della deportazione e
nella distribuzione dell’opuscolo Le foibe.
Dramma del confine orientale italiano, testo dello stesso Enrico Wieser; la proposta
dell’associazione nazionale Venezia-Giulia
e Dalmazia dell’esposizione di una serie di
pannelli fotografici intitolata Giorno del
Ricordo e la distribuzione dell’opuscolo
Istria, Fiume e Dalmazia. Profilo storico di
Guido Rumici.
Nel corso della seduta della commissione cultura e socialità del 31 gennaio
2012, l’opuscolo proposto dall’ANPI è stato
visionato e nessuno dei commissari ha
sollevato obiezioni su di esso, anzi, entrambe le associazioni si sarebbero dichiarate favorevoli ad un’iniziativa congiunta.
Il consiglio di zona ha quindi approvato
l’iniziativa realizzata con le seguenti modalità: apertura il 10 febbraio 2012 con la
presentazione di entrambe le serie di pannelli; presentazione e distribuzione di entrambi gli opuscoli, stampati in 150 copie
cadauno; chiusura il 17 febbraio, con un
convegno a cura e con la partecipazione di
entrambe le associazioni, per illustrare,
analizzare e dibattere il tema.
Successivamente l’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha comunicato il ritiro della propria adesione all’iniziativa, che pertanto ha avuto luogo
con la sola partecipazione dell’ANPI.
I pannelli e gli opuscoli sono stati
esposti e messi a disposizione soltanto
nella sala consiliare del consiglio di zona
3, dal 10 al 17 febbraio 2012.
PRESIDENTE. L’onorevole Menia ha
facoltà di replicare.
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ROBERTO MENIA. Signor Presidente,
ringrazio per la risposta che, devo dire, è
stata puntuale. Come può immaginare,
non mi aspettavo che dalla sua risposta
venissero novità tali da farmi affermare
che il dato politico, che sottolineavo con le
denunce, in qualche modo potesse essere
risolto. Infatti, in questi due atti di sindacato ispettivo, mi riferivo alla vicenda di
Pistoia e alla vicenda di Milano, ma ve ne
sarebbero molte altre. Infatti, sta accadendo un fatto paradossale: man mano
che, attraverso la legge che ha istituito il
Giorno del ricordo, soprattutto le giovani
generazioni acquisiscono o almeno in
parte riacquisiscono elementi di memoria
nazionale e di identità storica nazionale,
nello stesso tempo crescono – è questo il
paradosso – iniziative a cura talora di
scuole, talora di istituti universitari, talora
di istituzioni pubbliche e di amministrazioni che servono, invece, ad affermare
l’esatto contrario dei principi che quel
giorno intende celebrare.
Con il Giorno del ricordo, ci riferiamo
ai fatti tragici che investirono quelle terre
e, quindi, alle decine di migliaia di infoibati, massacrati, uccisi, ammazzati nei
modi più atroci: è la prima faccia di quella
medaglia.
L’altra faccia della medaglia è il grande
esodo che seguì le persecuzioni delle foibe,
che – voglio sottolinearlo – sono in gran
parte, nella stragrande maggioranza, uccisioni di massa a guerra finita. È il più
grande esodo che la storia nazionale ricordi: 350.000 italiani che avevano origine
nelle terre di Istria, di Fiume e della
Dalmazia, terre che da duemila anni parlano di Roma e poi di Venezia. Chi vuole
farsi un giro incontrerà le arcate romane
e troverà i leoni di San Marco, talora con
libro chiuso, quando Venezia era in guerra
sul fronte di confine, « pax tibi Marce,
Evangelista meus ».
Ebbene, di tutto questo l’Italia, dopo la
sconfitta della seconda guerra mondiale,
ha avuto una conoscenza sommaria, anzi
spesso vi è stata una sorta di congiura del
silenzio. Vi sono generazioni intere che
non hanno semplicemente conosciuto queste vicende, perché non suonavano bene
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né alla storiografia resistenziale né, sotto
un altro profilo: visto che dall’altra parte
c’era la Jugoslavia, che era il capofila dei
non allineati, anche vicende di carattere
internazionale – diciamola così molto velocemente e molto rapidamente – facevano sì che non si potesse dire che dall’altra parte c’era quello che c’era, cioè
c’era il sistema comunista titino, che era
un sistema assassino. Infatti, non si poteva
dire che quello che veniva elevato come
grande capo di Stato e come grande statista era invece colui il quale aveva pianificato le uccisioni di massa e gli stermini
di massa di italiani.
Così generazioni intere di italiani queste vicende non le hanno conosciute. Chi
ne ha parlato o ne ha trasmesso il ricordo
sono coloro che, come capita a me, sono
gente di lassù: io sono figlio di esuli
istriani, mio nonno era una mazziniano
che se ne andò come tanti altri per
scegliere di essere libero e italiano. Ebbene, l’Italia però per decenni ha disconosciuto queste vicende. Noi abbiamo
perso il senso del ricordo, della dignità
nazionale e della conoscenza della storia
nazionale. Oggi gli italiani non sanno che
quella che viene chiamata Dubrovnik, con
dizione croata, era la quinta Repubblica
marinara italiana, la Repubblica di San
Biagio, la Repubblica di Ragusa. Quelli che
parlano di Split non sanno che parlano di
Spalato, nata intorno alle mura del palazzo di Diocleziano. O quando parlano di
Rijeca non sanno che parlano di Fiume,
che non è soltanto il mito dannunziano,
ma è Flumen Sancti Viti e così via. O
quando parlano di Pula non sanno che
parlano di Pola, in cui vi è una grande
arena romana nata prima del Colosseo.
Poi c’è tutta una storia dispersa appunto
di italiani e di vicende.
Quello che rattrista è che in questa
Italia, mentre da una parte noi cerchiamo
di riacquistare queste pagine di storia e
memoria nazionale, vi è chi invece fa
opera totalmente contraria e utilizza quel
giorno per dire il contrario di ciò è
avvenuto e quindi usa tesi che sono state
talvolta giustificazioniste (come dire: è
vero, sono stati infoibati ventimila italiani,
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ma in fin dei conti se lo meritavano
perché fascisti) oppure semplicemente negazioniste, cioè dicono che ciò non è
avvenuto.
Io vorrei – è questo il tema politico che
pongo – che in Italia ci si indignasse per
tutto ciò. Come è giusto indignarsi quando
qualcuno sostiene che non è vero che è
accaduta la shoah, così è giusto indignarsi
per la nostra piccola shoah italiana, che
non è una storia di noi di lassù, ma è un
fatto che deve appartenere a tutta la
coscienza italiana e deve fare indignare gli
italiani e far vigilare il Governo e le
istituzioni.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento della interpellanza e delle interrogazioni all’ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle
15 con il seguito della discussione della
proposta di legge recante « Definizione del
processo penale nei casi di particolare
tenuità del fatto ».
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legazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha chiesto di essere sostituito dall’onorevole Giacomo Stucchi, attualmente membro supplente della medesima delegazione.
Con la stessa lettera, il presidente
Dozzo ha altresì chiesto che l’onorevole
Paolo Grimoldi sia nominato membro supplente della predetta delegazione, in sostituzione dell’onorevole Giacomo Stucchi.
Se non vi sono obiezioni, la Presidenza
procederà in tal senso secondo la costante
prassi applicativa dell’articolo 56, comma
4, del Regolamento.
Preavviso di votazioni
elettroniche (ore 15,02).
La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa
alle 15.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della
seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di
preavviso di cinque e venti minuti previsti
dall’articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Missioni.
Sull’ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi
dell’articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Casini è in missione a
decorrere dalla ripresa pomeridiana della
seduta.
Pertanto i deputati in missione sono
complessivamente cinquantasei, come risulta dall’elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato
A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni
ed essendo prevista la riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo alle ore
15,30, la proposta del Presidente è che i
lavori dell’Assemblea, poiché in sede di
Conferenza dei presidenti di gruppo si
deciderà l’andamento e l’organizzazione
dei lavori, possano riprendere al termine
della stessa.
Modifica nella composizione della Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.
PRESIDENTE. Il presidente del gruppo
parlamentare Lega Nord Padania, onorevole Gianpaolo Dozzo, nel rassegnare, con
lettera in data 11 aprile 2012, le sue
dimissioni da membro effettivo della de-
GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, non ho alcuna obiezione al riguardo; è solo che il collega Gidoni dovrebbe chiedere di parlare.
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PRESIDENTE. Rimane, dunque, stabilito che i lavori dell’Assemblea riprenderanno al termine della Conferenza dei
presidenti di gruppo.
Prima di sospendere la seduta, ha chiesto di parlare sull’ordine dei lavori l’onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.
FRANCO GIDONI. Signor Presidente,
poiché informalmente in Commissione difesa è stato detto che vi sarebbero degli
sviluppi importanti in Siria, intervengo
solo per chiedere che questa comunicazione informale possa essere portata in
Aula in modo formale.
PRESIDENTE. Onorevole Gidoni, sicuramente mi farò latore del suo intervento,
tuttavia, credo che anche adesso, in sede
di riunione dei presidenti di gruppo, il
Presidente Dozzo potrà ulteriormente rafforzare il messaggio che darò al Presidente
Fini.
Sospendo la seduta, che riprenderà al
termine della riunione della Conferenza
dei presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa
alle 16,15.
Inversione dell’ordine del giorno.
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente,
intervengo per proporre alla Presidenza
un’inversione dell’ordine del giorno, sostituendo il quarto punto dell’ordine del
giorno con il secondo punto. Tecnicamente, quindi, vi sarebbe la sostituzione
del seguito della discussione del provvedimento sulla definizione del processo penale nei casi di particolare tenuità del
fatto con il seguito della discussione del
testo unificato delle proposte di legge recanti disposizioni in materia di professioni
non organizzate in ordini o collegi.
Pertanto, di fatto, signor Presidente,
cambieremmo il provvedimento all’esame
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iniziale da parte dell’Assemblea. Rimarrebbe, al secondo punto dell’ordine del
giorno, l’assegnazione a Commissione in
sede legislativa della proposta di legge
n. 5123 e all’ultimo punto dell’ordine del
giorno andrebbe, qualora fosse approvata
la proposta che le chiedo di porre in
votazione, il provvedimento, a prima firma
dell’onorevole Tenaglia, relativo alla definizione del processo penale nei casi di
particolare tenuità del fatto.
PRESIDENTE.
Onorevoli
colleghi,
provo a sintetizzare e a ripetere in maniera più chiara – non perché non sia
stato chiaro, ma perché vi era distrazione
in Aula – quello che l’onorevole Baldelli
ha proposto, chiedendo l’inversione dell’ordine del giorno.
In sostanza, si dovrebbe passare adesso
all’esame del provvedimento al quarto
punto dell’ordine del giorno, che reca il
seguito della discussione del testo unificato
delle proposte di legge in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi;
quindi, successivamente alla discussione
del testo unificato, si dovrebbe passare al
provvedimento al terzo punto dell’ordine
del giorno, recante l’assegnazione di una
proposta di legge a Commissione in sede
legislativa. Poi, di seguito, si dovrebbe
discutere il provvedimento al secondo
punto dell’ordine del giorno. Questa è la
proposta che l’onorevole Baldelli ha avanzato, relativa all’inversione dell’ordine del
giorno.
Adesso, ai sensi del nostro Regolamento, darò, per non più di cinque minuti,
la parola a un deputato contro e uno a
favore della proposta di inversione dell’ordine del giorno.
FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, mi scusi per la voce. Sono intervenuto anche per ringraziarla perché, in
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effetti, lei è riuscito a chiarire quello che
era non molto intelligibile nelle parole del
collega Baldelli. Ma, come si sa, questo
può accadere.
Intervengo brevemente e non le ruberò
cinque minuti. Dico solo che noi non
siamo d’accordo con questa inversione
dell’ordine del giorno, perché non ve n’è
alcuna necessità. Abbiamo, alla nostra attenzione, il provvedimento relativo alla
definizione del processo penale nei casi di
particolare tenuità del fatto. La Commissione ha svolto il suo lavoro, è pronta per
discutere il complesso degli emendamenti
e per entrare nel merito del provvedimento stesso. Pertanto, non vi è alcuna
necessità di inversione dell’ordine dei lavori.
Per questo, il nostro gruppo esprimerà
senz’altro un voto contrario sulla proposta
di inversione dell’ordine del giorno e
siamo fiduciosi in un largo consenso su
questa nostra posizione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Prendo atto che non vi
è nessuno che intende parlare a favore.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di
nomi, la proposta di inversione dell’ordine
del giorno, nel senso di passare direttamente all’esame del punto 4 dell’ordine del
giorno, che reca il seguito della discussione
del testo unificato delle proposte di legge
in materia di professioni non organizzate
in ordini o collegi e, quindi, all’esame del
punto 3 dell’ordine del giorno, recante
l’assegnazione di una proposta di legge a
Commissione in sede legislativa.
(È approvata).
La Camera approva per 278 voti di
differenza.
Ricordo che non vi è stata la registrazione dei nomi e che non è necessario
recarsi al banco della Presidenza per eventuali segnalazioni.
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Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Froner ed
altri; Anna Teresa Formisano; Buttiglione ed altri; Della Vedova e Cazzola;
Quartiani ed altri: Disposizioni in materia di professioni non organizzate in
ordini o collegi (A.C. 1934-2077-31313488-3917-A) (ore 16,20).
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca
il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d’iniziativa
dei deputati Froner ed altri; Anna Teresa
Formisano; Buttiglione ed altri; Della Vedova e Cazzola; Quartiani ed altri: Disposizioni in materia di professioni non organizzate in ordini o collegi.
Ricordo che nella seduta del 16 aprile
2012 si è conclusa la discussione sulle
linee generali ed il rappresentante del
Governo è intervenuto in sede di replica,
mentre il relatore vi ha rinunciato.
(Esame degli articoli
– A.C. 1934-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli
articoli del testo unificato della Commissione.
Avverto che, prima dell’inizio della seduta, sono stati ritirati dai presentatori gli
emendamenti Froner 2.13, 2.14, 4.16 e
4.15, Mantini 2.10, 4.10, 4.11 e 7.10 e
Quartiani 4.13.
Avverto altresì che la Commissione ha
presentato l’emendamento 2.100 (Vedi l’allegato A - A.C. 1934-A ed abbinate), che è
in distribuzione e con riferimento al quale
il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato per le ore 16 di oggi.
Avverto inoltre che, per un errore materiale, l’emendamento Siliquini 2.15 è
stato inserito a pagina 9 del fascicolo,
laddove invece, incidendo sul comma 6
dell’articolo 2, sarà posto in votazione
dopo l’emendamento Torazzi 2.12 a pagina
7 del fascicolo.
Ricordo che le Commissioni I (Affari
costituzionali) e V (Bilancio) hanno
espresso i prescritti pareri (Vedi l’allegato
A – A.C. 1934-A ed abbinate), che sono
distribuiti in fotocopia.
Atti Parlamentari
XVI LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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16
SEDUTA DEL
Sull’ordine dei lavori (ore 16,23).
GIANCARLO LEHNER. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, le chiedo un minuto soltanto per
ricordare una ricorrenza storica che cade
oggi, soltanto un minuto. Cento anni fa, a
Fez in Marocco ci fu un pogrom terribile
in cui furono ammazzati migliaia di israeliti ed oggi ricorrono i cento anni.
Questo serva a quanti dicono che i
problemi tra ebrei e mondo islamico sono
sorti a causa della fondazione dello Stato
di Israele. I problemi, purtroppo, c’erano
anche prima ed il pogrom del 17 aprile del
1912 lo prova.
Si riprende la discussione.
(Esame dell’articolo 1
– A.C. 1934-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all’esame dell’articolo 1 e delle proposte emendative ad
esso presentate (Vedi l’allegato A – A.C.
1934-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il
relatore ad esprimere il parere della Commissione.
IGNAZIO ABRIGNANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula
un invito al ritiro, altrimenti il parere è
contrario, sugli emendamenti Cimadoro
1.10 e Siliquini 1.11 e 1.12.
PRESIDENTE. Il Governo ?
GIAMPAOLO D’ANDREA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei
ministri. Signor Presidente, il parere del
Governo è conforme a quello espresso dal
relatore.
Camera dei Deputati
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17
APRILE
2012 —
N.
622
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori
se accedano all’invito al ritiro dell’emendamento Cimadoro 1.10 formulato dal
relatore.
GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, noi abbiamo espresso le nostre
perplessità su questo provvedimento da
subito, da quando è iniziato l’iter in Commissione. Gli emendamenti che abbiamo
presentato rispetto ai 10 articoli che compongono il provvedimento mirano alla
soppressione di tutti gli articoli o perlomeno di otto articoli perché riteniamo che
il provvedimento stesso non vada a favore
dell’utente finale o del cittadino. Peraltro,
si pone in contrasto con un’indagine dell’Antitrust del 1998. Così recita: « Condusse
un’indagine conoscitiva sul mondo delle
professioni, conclusasi con la stigmatizzazione dell’eccesso di regolamentazione
delle professioni in Italia ».
L’indagine suggeriva al legislatore un
percorso fondato sostanzialmente sul principio: « no » a nuovi ordini, « no » a nuove
riserve professionali, « sì » al riconoscimento nelle nuove professioni in un quadro di libertà e di esercizio. Questo è il
tema. Non dovevamo discutere di come
imbrigliare le professioni non regolamentate. Di fatto esistono situazione drammatiche nel nostro Paese. Voglio farvi solo un
esempio a corollario del provvedimento
che riguarda la Camera di commercio di
Bergamo, che è una delle Camere di
commercio importanti sul nostro territorio
nazionale. Si tratta di una banalità: un
idraulico che per quattro o cinque anni ha
svolto onestamente il suo lavoro presso il
suo datore di lavoro, un artigiano che
aveva tre dipendenti, decide di intraprendere un’attività per conto suo, va ad iscriversi alla Camera di commercio e si accorge che il suo ex datore di lavoro non
aveva la qualifica per tre dei quattro punti
per cui era stato autorizzato, cioè uno che
fa l’idraulico, che fa le grondaie dei tetti,
che fa i sanitari, che fa il riscaldamento,
che fa il raffrescamento, può fare uno,
due, tre, quattro o cinque cose. Questo
ragazzo si è ritrovato ad avere lasciato il
lavoro, ad avere iniziato immediatamente
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