Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
frontespizio
Kantiana 1
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Vittorio Imbriani
Gli epicedii del Kant
(1884)
a cura di
Giuseppe Landolfi Petrone
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Traduzioni italiane di Kant nell'Ottocento · TIKO
volume XI-1
Testo
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Kantiana Edizioni
www.kantiana.it
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
colophon
V. Imbriani, Gli epicedii del Kant, Napoli [s.e.], 1884
edizione digitale a cura di G. Landolfi Petrone
•
eBook realizzato con ePubEditor (www.epubeditor.it)
versione 1 · 6/09/2015
Volume promosso da
Kantiana. Testi – Ricerche – Materiali sull'irradiazione di Kant (
www.kantiana.it)
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
Nota editoriale
La serie Traduzioni italiane di Kant nell'Ottocento (TIKO) è prevista in
13 eBook ognuno dedicato a un'opera diversa e ognuno diviso in due distinti
volumi digitali: il primo ospita l'edizione del testo, il secondo un apparato
critico e una serie di strumenti di lavoro di volta in volta appositamente
studiati (indici, glossari ecc.).
Il testo delle traduzioni, per la cui trascrizione non ci si è avvalsi di
procedimenti OCR, conserva le caratteristiche ortografiche e tipografiche
degli orginali (le eccezioni sono indicate negli apparati critici). Tutto quello
che compare fra parentesi quadra (salvo diverso avviso) è intervento
redazionale.
Sono gradite e molto apprezzate le segnalazioni di errori e di sviste, che
possono essere inviate a [email protected].
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
Piano editoriale di TIKO
I. Geografia fisica (1807-1811)
1. I/1-1 testo; I/1-2 commento
2. I/2-1 testo; I/2-2 commento
3. I/3-1 testo; I/3-2 commento
4. I/4-1 testo; I/4-2 commento
5. I/5-1 testo; I/5-2 commento
II. Idee sull'educazione (1808) • II-1 testo; II-2 commento
III. Il diritto delle genti (1814) • III-1 testo; III-2 commento
IV. Critica della ragione pura (1820-1822)
1. IV/1-1 testo; IV/1-2 commento
2. IV/2-1 testo; IV/2-2 commento
3. IV/3-1 testo; IV/3-2 commento
4. IV/4-1 testo; IV/4-2 commento
5. IV/5-1 testo; IV/5-2 commento
6. IV/6-1 testo; IV/6-2 commento
7. IV/7-1 testo; IV/7-2 commento
8. IV/8-1 testo; IV/8-2 commento
V. Del sublime e del bello (1826) • V-1 testo; V-2 commento
VI. Della forza dell'animo (1828) • VI-1 testo; VI-2 commento
VII. Manuale di geografia fisica (1843) • VII-1 testo; VII-2 commento
VIII. Logica (1874) • VIII-1 testo; VIII-2 commento
IX. Il potere dello spirito (1882) • IX-1 testo; IX-2 commento
X. Pedagogia (1883; 1886; 1887) • X-1 testo; X-2 commento
XI. Epicedi (1884) • XI-1 testo; XI-2 commento
XII. Per la pace perpetua (1885) • XII-1 testo; XII-2 commento
XIII. Pedagogia (1901) • XIII-1 testo; XIII-2 commento
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
Presentazione
Il testo che viene qui presentato è un apax in tutta la storiografia kantiana:
la traduzione dei versi che Kant scrisse per commemorare alcuni suoi
colleghi dell'Università Albertina di Königsberg. L'iniziativa è opera di uno
dei più estrosi autori italiani dell'Ottocento: Vittorio Imbriani (1840-1886), il
critico e letterato napoletano legato ai maestri del primo hegelismo italiano
Francesco De Sanctis e Bertrando Spaventa.
Dopo aver studiato a Berlino, Imbriani ottenne a Napoli la libera docenza
di letteratura tedesca e, in seguito di estetica. Nel 1866 si arruolò fra i
garibaldini e finì prigioniero. Al rientro in Italia si dedicò all'attività letteraria
(con romanzi, fra cui Dio ne scampi dagli Orsenigo, e racconti intrisi di un
caratteristico virtuosismo linguistico), alla critica (famoso il suo saggio del
1865 contro il Faust di Goethe raccolto in Fame usurpate) e alla
demopsicologia (celebri alcune sue raccolte di fiabe e racconti di varie
tradizioni dialettali, come la Novellaia fiorentina e quella milanese).
Il 25 maggio 1884 Imbriani legge nella seduta dell'Accademia di scienze
morali e politiche di Napoli una breve memoria su una poesia
commemorativa di Kant ritrovata qualche anno prima. Il 30 giugno pubblica
a proprie spese un opuscolo contenente la traduzione di tutti e sei gli
epicedi kantiani noti. Pur consapevole della «bruttezza de' versi», si
impegna in una resa poetica dei componimenti fornendo scarne
informazioni sui personaggi commemorati.
Con l'ironia che gli è tipica, al di sotto della quale si agita un sottile
sarcasmo, Imbriani con i suoi martelliani piani e sdruccioli sembra voler
marcare impietosamente la distanza che separa l'autore della Critica della
ragione pura da quello di quegli alessandrini esangui, quasi volesse
smitizzare il genio filosofico di Kant e la proverbiale difficoltà del suo
linguaggio.
Si veda la voce Vittorio Imbriani del Dizionario biografico degli italiani sul
sito della Treccani.
Il testo degli Epicedi è anche consultabile sul sito di Kantiana.
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Epicedii del Kant
Vittorio Imbriani
Epicedii del Kant
In quai lande selvagge, oltre quai mari, non è giunta e non giganteggia la
fama di Emanuele Kant? Ma, forse, a profondi conoscitori, eziandio, degli
scritti del grande regiomontano (tanto maggiore di Giovanni Müller, quanto
la sua della costui Regiomonte) giungerà nuovo, che egli scrivesse, anche,
versi. V'era l'usanza, in Regiomonte, nel secolo scorso, d'invitare i professori
della Sapienza, a celebrare, in un cosiddetto programma accademico, con
versi latini o tedeschi, la memoria de' colleghi, de' predicatori,
degl'insegnanti liceali (come noi diremmo) e degl'impiegati o magistrati
superiori, che trapassavano. A tali inviti, s'è conformato, più d'una volta, il
Kant.
Nell'undecimo volume delle sue Opere, pubblicate da Carlo Rosenkranz e
da Federigo-Guglielmo Schubert, leggonsi cinque di questi epicedî, che vi
sono intitolati: Ehrendenksprüche auf verstorbene Collegen. A' quali cinque,
m'è dato, aggiungerne un sesto, sfuggito, a que' raccoglitori, per quanto
solerti. Tutti sono in alessandrini, rimati a coppie (AA; BB; CC; DD; eccetera);
alternando, proprio, alla franzese, rime maschili e femminili, ma le maschili
precedendo, sempre, le femminili. I più brevi constan di quattro; il più lungo
conta dodici versi.
Il primo di questi epicedî fu scritto, per Cristoforo Langhansen, professor di
teologia e matematica, mancato, a' vivi, ne' primi mesi del
millesettecensettanta. La professio ordinaria matheseos, disponibile, per la
costui morte, passò, a Federigo-Giovanni Buck, professor logices et
metaphysices ordinarius, che il Kant surrogò, divenendo professore, solo,
nell'anno suo quadragesimosettimo e dopo tre lustri di privata docenza. Che
ne dicono i nostri contemporanei, che vogliono essere e divengon professori
universitarî, un pajo di anni dopo lasciata l'università da studenti e senza
aver fatta una lezione, come privati insegnanti? E, per entrare in ufficio, il
Kant dovette pubblicare e difendere, solennemente, il venti agosto, la
dissertazione: De mundi sensibilis atque insensibilis forma et principiis.
Dem, der die aeuss're Welt nach Maas und Zahl verstand
Ist, was sich uns verbirgt, das Inn're dort bekannt.
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Epicedii del Kant
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Was stolze Wissenschaft unsonst hier will erwerben,
Lernt weise Einfalt dort im Augenblick: durch's Sterben.
È lode schietta? o satira mite? Io tenterò di tradurre questo tetrastico, in
altrettanti martelliani Italiani rimati, ma tutti parossitoni.
Per numero e misura, comprese il mondo esterno;
Or, quanto, a noi, s'occulta, là, conosc'ei: l'interno.
Ciò, che, invan, qui, superbo saper vuol conseguire,
Lì, semplicità savia, ratto, sa: col morire.
Dodici alessandrini furono, dal Kant, consacrati, alla memoria del
cancelliere dello studio regiomontano, Celestino Kowalewsky, professor di
dritto, defunto nel millesettecensettantuno.
Die Lehre, welcher nicht das Beispiel Nachdruck giebt,
Welkt schon beim Unterricht und stirbt unausgeübt.
Umsonst schwillt das Gehirn von Sprüchen und Gesetzen,
Lernt nicht der Jüngling früh das Recht der Menschenschätzen
Wird niedrem Geize feind, vom Vorurtheil bekehrt,
Wohlwollend, edel, treu, und seines Lehrers werth.
Wenn dann gepriesne Pflicht den Lehrer selbst verbindet,
Der Einsicht im Verstand, im Herzen Tugend gründet,
Wenn reine Redlichkeit mit Wissenschaft vereint
Dem Staate Diener zieht, dem Menschen einen Freund,
Denn darf kein schwülstig Lob, kein Marmor ihn erheben:
Er wird auch unberühmt in ihren Sitten leben.
Continuo a riportare il testo originale: e perchè poco noto e poco
accessibile; e perchè poco noto e poco accessibile; e perchè, comparandolo,
con la traduzione, si sia indulgenti, verso i difetti di questa e la bruttezza de'
versi, in grazia della fedeltà e della stringatezza. E la versione, stavolta,
sarà, pure, in martelliani piani, rimati a coppie.
Dottrina, cui l'esempio non infonda vigore,
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Epicedii del Kant
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Nello insegnar, già, vizza, non posta in uso, muore.
Nel cervel de l'alunno, che stipi e norme e detti,
Se, per tempo, non curi, che il dritto uman rispetti,
Nemico a cupidigia, purgato d'ogni errore,
Benigno, onesto, fido, degno del precettore?
Quando il dover lodato, poi, vincoli il docente,
Che virtù, nel cuor, fonda, saggezza, ne la mente,
Quando integrità schietta, giunta al saper, prepari
Servitori, allo stato, pii, verso i loro pari:
Non lo esalti ampollosa lode, non sasso sculto!
Vivrà, ne' lor costumi, resti, anco, il nome occulto.
Nel millesettecentottanta, l'autore futuro de' Fondamenti metafisici
primordiali del Dritto (che dovevano veder la luce, diciassett'anni dopo, nel
novantasette) scrisse otto alessandrini, in memoria di Carlandrea Christiani,
morto il ventun giugno.
Nicht was Tribonian, noch was das Landrecht spricht
Nein, das Gesetz in uns, von Menschenrecht und Pflicht,
Das die Natur uns lehrt, hat Völker sonst erhalten,
Und Richtern war's genug, nur dieses zu verwalten.
Dies ewige Gesetz trug Christiani vor.
Selbst lebt' er ihm getreu, bis er den Hauch verlor.
Ietzt wohnt er da, wohin sich Themis aufgeschwungen,
Seitdem ein künstlich Recht sie aus der Welt verdrungen.
Versi, che tenterò tradurre, in altrettanti endecasillabi sdruccioli Italiani.
Mi permetto, di apocopare il cognome Christiani e di farne Cristian,
dissillabo, consonantizzando la seconda i, come, pure, si fa, normalmente,
nello aggettivo cristiano.
Non il romano gius, non il germànico,
Ma legge interna, che Natura insègnaci,
D'un dritto umano e d'un dover, già, i pòpoli
Resse; e bastò, sola, per norma, a' giùdici.
Questa eterna il Cristian legge esponèvaci:
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Epicedii del Kant
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Fido ei le fu, sino allo estremo anèlito.
Ora, ei soggiorna, ov'ha Temi ricòvero,
Poi ch'artefatto un gius, dal mondo, espùlsela.
Di questo Carlandrea Christiani, regiomontano, parla l'Arnoldt, nella sua
Istoria dell'università regiomontana (II. 425). Nacque il ventinove novembre
millesettecentosette. Dal millesettecentrentacinque, fu professore di
filosofia pratica. Scrisse:
Diss. phil. sistens regulas, quas homo stando ac eundo observat. 1735.
Diss. phil. inauguralis de Pugna adpetitus et aversationis rationalis cum
aversatione et adpetitu sensitivo. 1735.
Diss. phil. demonstrans veram religionem firmissimum civitatis
conservandae vinculum esse. 1745.
Diss. phil. inaug. disquirens num paroemia juris: Emtor expellit
Conductorem, Kauf gehet vor Miethe, sit iuris naturalis. 1749.
Trascriverò, qui, un brano di una lettera del professor Teodoro Schirmer,
dello studio regiomontano, al professor Ottone Mejer, in Gottinga,
gentilmente, comunicatami. Parafraso.
Carlandrea Christiani fu, qui, professor di filosofia pratica; quindi,
collega speciale del Kant. Desumo le notizie, dall'archivio del
senato accademico, ove si conservano gli elenchi manoscritti de'
corsi della facoltà filosofica, sebben monchi, dal
millesettecensessantrè, come pare: ed, allora, il Christiani era, già,
fra gli anziani. In biblioteca, vi hanno da esser i cataloghi a stampa
di quel tempo e gli anteriori: ma, oggi, non ho potuto recarmici. Il
Christiani dettò lezioni d'Etica, Logica, Psicologia, Istoria letteraria
erudita, Dritto naturale, Dritto delle genti, Matematica pura, Fisica
sperimentale e teoretica, Ottica, Meccanica, Idraulica e, persino,
Architettura militare e civile... e non corbello! Del resto, sul serio,
debbo dire, in sua lode, che egli, per quanto apparisce dagli atti,
non gli toccò nessuna di quelle ramanzine, che i superiori
impartivano, in quel tempo, a molti suoi colleghi, per la poca
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Epicedii del Kant
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assiduità, nello insegnamento. Una necrologia del Christiani,
scritta da Giorgio-Cristoforo Pisanski, si custodisce, in biblioteca.
Ma, poichè si ritiene esemplare unico, ci vuole un permesso
speciale, per vederla; ed, oggi, non ho potuto. [1]
Dello stesso anno millesettecentottanta, abbiamo quest'altro epicedio del
Kant, sul professor di dritto L'Estocq.
Der Weltlauf schildert sich so jedem Auge ab,
Wie ihn der Spiegel malt, den die Natur ihm gab.
Dem scheint's ein Gaukelspiel zum Lachen, dem zum Weinen,
Der lebt nur zum Genuss, der Andre nur zum Scheinen.
Gleich blinde Thorheit gafft einander spöttisch an.
Der tändelt bis ins Grab, der schwärmt im finstern Wahn.
Wird eine Regel nur dem Herzen nicht entrissen:
Sey menschlich, redlich, treu und schuldfrei im Gewissen!
(So lautet L'Estocq's Lob!) das andre ist nur Spiel,
Denn Mensch und weise seyn ist Sterblichen zu viel!
Eccolo, alla meglio, in altrettanti martelliani sdruccioli. Del cognome
L'Estocq, evidentemente, francese (si trattava, credo, d'un rampollo d'una
delle tante famiglie, ricoverate, nella Germania protestante, dopo la revoca
dell'editto di Nantes) ho fatto Stocco.
Tal porgesi, ad ogni occhio, lo stato, ognor, degli uòmini,
Come lo specchio il pinge, che Natura impartìscegli.
V'ha, cui, sembra un prestigio buffo: altrui, per tragèdia,
Quei, pel piacer, sol, vive: questi, che n'ha del vivere?
Le due follie, del pari cieche, ghignando, squàdransi.
L'un celia, infino a morte: l'altro, tetro, farnètica!
Se non vali a cavarti, tu, dal cuore, una règola
– «Sii probo, fido, umano, la coscienza scarica!» –
(Tal dello Stocco suona la lode!) il resto è chiàcchiera!
Che troppo è, pe' mortali, l'essere ed uomo e sàvio.
Del millesettecentottandue, (l'anno, che seguì la pubblicazione della
Critica della ragion pura
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), sono due epicedî del Kant. Il primo è pel, professor di giurisprudenza
Cristian-Renato Braun, che spirava il quattordici febbrajo.
Was giebt den Leichtstern in der Rechte Dunkelheit?
Ist's Wissen, oder mehr des Herzens Redlichkeit?
War Rechtthun niemals Kunst, die man studiren müssen,
Wie ward's denn schwere Kunst, was Rechtens sey, zu wissen?
Wenn nicht gerader Sinn dem Kopf die Richtung giebt,
Wird alles Urtheil schief, das Recht unausgeübt.
Durch Redlichkeit allein (Braun kann's im Beispiel lehren)
Wird Kunst zu der Natur einmal zurücke kehren.
Ed eccolo, reso, in un ugual numero di martelliani sdruccioli:
Qual astro guideranne, del dritto per le tenebre?
La scienza? o, piuttosto, la probità de l'animo?
Se il retto oprar, ned arte fu, nè, mai, volle studio,
Saper, ch'è il Dritto, e come divenne arte, tant'ardua?
Se retto senso il capo non soccorre a dirigere,
Si storta ogni giudizio, ned il Dritto s'esèrcita.
La probità sol'essa (del Braun l'esempio illùmini)
Alla Natura, un giorno, saprà l'arte ritraere.
L'altro componimento di quell'anno è in morte del professore di teologia
Teodoro-Cristoforo Lilienthal.
Das, was auf Erden folgt, deckt tiefe Finsterniss;
Was uns zu thun gebührt, des sind wir nur gewiss.
Dem kann, wie Lilienthal, kein Tod die Hoffnung rauben,
Der glaubt, um recht zu thun, recht thut, um froh zu glauben.
Ed, anche, questo tetrastico mi sforzerò di rendere, alla meglio, nel volgar
nostro, con quattro martelliani sdruccioli. Avverto, però, che, di Lilienthal, ho
creduto bene far Gigli.
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Epicedii del Kant
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Quanto alla terra segue, ravvolgon dense tènebre;
Certi siam, sol, di quanto fare ed oprar convèngasi.
Nè morte può di speme frodar, chi, al Gigli simile,
Crede, per oprar bene; ben opra, lieto a crèdere.
Teodoro-Cristoforo Lilienthal, nacque, in Regiomonte, l'otto ottobre
millesettecentodiciassette; e vi morì, il sette marzo
millesettecentottantadue. Fu professore ordinario di Teologia,
nell'università; e pastore, al Duomo. Ha stampato, in sedici tomi, dal
millesettecentocinquanta al millesettecentottanta, (in trent'anni, cioè),
un'opera, intitolata: La buona causa delle rivelazioni divine, contenute nella
sacra scrittura del vecchio e del nuovo testamento... dimostrata e vendicata
contro i suoi nemici. Opera, che nessuno, più, legge o ricorda. (Vedi il lavoro
del Doering: I dotti teologi di Germania, ne' secoli XVIII e XIX (II, 317 e
segg.); nonchè la Biografia tedesca universale (XVII, 650-651).
Teodoro-Amedeo Hippel, da Gerdauen (nella Prussia orientale) morto,
cinquantacinquenne, in Regiomonte, nel millesettecentonovantasei, (il
quale, uditore, già, del Kant, se n'era appropriate le idee, per modo, che
alcune sue scritture anonime poterono attribuirsi, al filosofo) asserisce, nella
sua autobiografia, d'aver lette parecchie poesie del Nostro. Ma, o si tratta di
questi epicedî, oppure, dice lo Schubert, di componimenti, che, certo, non
sono stati pubblicati, col nome dell'autore. E potrebbe, aggiungiamo noi,
trattarsi, eziandio, d'uno errore: troppo ripugnandoci il supporre una
menzogna senza scopo.
Vittorio Imbriani
[1] Debbo la comunicazione della lettera, alla bontà del mio amico Paulo de
Lagarde, ora, professore, nello studio di Gottinga. – «Carl Andreas Christiani
ist hier als Professor der praktischen Weltweisheit angestellet gewesen, war
also Kant's Special-college. Ich schöpfe meine Notizen wesentlich aus
unseren Senats-Akten, bei denen die handschriftlichen
Lectionsverzeichnisse der philosophischen Facultät, freilich lückenhaft, seit
1763, aufbewahrt werden. In ihnen erscheint schon im ersten, Sommer
1763 oder 1762 (die arabische Zahl ist undeutlich; für 1763 spricht die Folge
von 1764, Sommersemester: das Wintersemester fehlt) Christiani als einer
der älteren. Auf der Bibliothek sollen die gedruckten Kataloge aus dieser
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Epicedii del Kant
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und früherer Zeit vorhanden sein. Ich habe heute aber nicht darnach mich
fügen können. Der Kreis seiner Vorträge erstreicht sich auf: Ethik, Logik,
Psychologie, gelehrte Literärgeschichte, Naturrecht, Völkerrecht, reine
Mathematik, Experimental und theoretische Physik, Optik mit ihren
Nebenzweigen, Mechanik, Hydraulik, selbst auf Kriegs- und Civilbaukunst!
Wenn Ihr Italiener hiernach nicht Respekt vor dem Manne bekommt, so ist's
wenigstens nicht meine Schuld. Uebrigens muss ich im Ernst zu des Mannes
Lobe sagen, dass er, soviel die Akten ersehen lassen, keinen der zahlreichen
Rüffel erhalten hat, die so manchem seiner Collegen wegen Unfleisses im
Halten der Vorlesungen höchst unverblümt und ungeniert jener Zeit von
oben her zu Theil geworden sind. Ein Nekrolog auf Christiani, von dem
Philologen Pisanski verfasst, wird, wie mir der Bibliothekar D.r Reicke
mittheilt, auf der Bibliothek aufbewahrt. Da er vermüthlich überhaupt nur in
diesem einen Exemplare auf der Welt existiert, wird er nicht ohne specielle
Genehmigung zugänglich gemacht. Ich habe ihn daher heute nicht ansehen
können......»
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