CRONACA
P A G I N A
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Como
IL SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI COMO - 8 MAGGIO 2010
PADRE E FIGLIA IN VIAGGIO DA COMO AL SUDAN
Medici
«con» l’Africa
E
ssere “Medici con
l’Africa”. Sta tutto nella parola
“con” il senso e
la vocazione del
CUAMM, associazione
nata a Padova sessant’anni fa, che lavora per promuovere il diritto alla salute, anche nelle zone più
isolate e impervie del pianeta. Regioni come quella di Yirol, provincia del
Sud Sudan, verso il confine con l’Uganda. Una cittadina, raggiungibile solo
dopo ore di jeep lungo una
pista che corre per chilometri nel cuore della
savana. E’ qui che, per circa un mese, hanno prestato il loro servizio un infermiera e un chirurgo membri di Medici con l’Africa
– Como Onlus. Quest’ultima è un’associazione
comasca formata da una
decina di medici e chirurghi che hanno vissuto
esperienze in Africa con il
CUAMM e che si sono riuniti per sostenere le attività dell’associazione padovana organizzando nel
nostro territorio attività
di formazione e sensibilizzazione. Negli scorsi mesi
hanno tenuto un seminario alla facoltà di medicina della Bicocca e
all’Insubria di Varese,
mentre collaborano a
Como con l’ambulatorio
per extracomunitari e
senza fissa dimora.
Ma c’è un particolare che
Allegato a “Il Settimanale” trovate
un opuscolo che illustra le iniziative
dell’associazione Comasca e il modo
in cui aiutarla a fare sì che il diritto
alla salute, diventi un diritto di tutti
rende la storia di questi
due volontari ancora più
affascinante. Massimo e
Veronica Brenna sono infatti padre e figlia. “Siamo partiti in dicembre
per il Sudan – racconta
Veronica, diplomata in infermeria al S.Anna di
Como e pronta a prendere servizio nel nosocomio
di via Napoleona - perché
mio padre doveva sostituire temporanemente la
chirurga del CUAMM in
servizio nella struttura di
Yirol: l’unico medico di
tutto l’Ospedale”. Il centro con i suoi 50 posti letto e il piccolo pronto soccorso, serve la popolazione delle zone circostanti
(circa 100 mila persone),
abitate in prevalenza da
pastori semi-nomadi. Nonostante la presenza di
alcuni volontari italiani
l’ospedale, aperto nel
2007, rimane una struttura pubblica e la quasi
totalità del personale è locale. “La formazione –
racconta Massimo Brenna, medico chirurgo in forze all’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio e diversi anni passati in Africa
sulle spalle – è uno dei
principali problemi del
continente africano. Basti
pensare che negli ultimi
cinquant’anni, anche a
causa delle guerre e
dell’AIDS, l’età media nell’Africa sub-sahariana si
è abbassata. Formare il
personale medico e paramedico, in particolare
infermieristico, diventa
dunque fondamentale”.
Proprio accanto alla
struttura di Yirol sta nascendo, con il contributo
del CUAMM una scuola
per infermieri. “Molti infermieri – racconta
Veronica Brenna – provengono dal vicino
Uganda, perché il personale sudanese è poco preparato. Su alcuni non siamo nemmeno sicuri che
avessero realmente un diploma perché hanno raccontato di averlo perso
durante la guerra che per
vent’anni ha visto contrapposto il nord al sud
del Paese”. Ancora più difficile è trovare medici
sudanesi. L’unica università di medicina del Paese si trova nella capitale
Karthoum e le tensioni
politiche ancora presenti
in Sudan rendono diffici-
Pastori semi-nomadi
del Sud Sudan
le la presenza negli ospedali del Sud di medici provenienti dal Nord. La
guerra è finita nel 2005
con la firma di un accordo di pace ma le tensioni
sono rimaste in varie zone
del Paese. Nel gennaio del
2011 è previsto un referendum in cui il Sud
Sudan potrà scegliere se
diventare indipendente:
un appuntamento che per
molti potrebbe causare
nuovi scontri. Nel frattempo, nonostante la presenza di diversi organismi internazionale, il Paese fatica ad imboccare la
via dello sviluppo. “Nonostante la fine delle ostilità e il tentativo di smilitarizzazione delle varie milizie – racconta il dottor.
Brenna – la maggioranza
degli uomini continuano a
tenere dei fucili e non è
raro dover curare ferite
provocate da armi da fuoco”. Accanto a questi vi
sono problemi e malattie
comuni a molte realtà
Il dottor Massimo Brenna
visita un paziente a Yirol
africane: la malaria, la
tubercolosi ma anche
semplici problemi di igiene. “Ci sono molte donne
– racconta Veronica
Brenna – che facevano
diversi chilometri per poter venire a partorire nel
nostro ospedale”. “Il caso
del Sudan – conclude
Massimo Brenna –
comferma come il diritto
alla salute non è solo un
problema medico ma di
ricchezza o, forse, dovrem-
mo dire di qualità della
vita. In molti casi, in Africa ma non solo, non è la
malattia ad uccidere ma
tutto un’insieme di
concause che possono andare dalla malnutrizione,
alla mancanza di strutture o, anche, di strade. Perché parlando di diritto
alla salute si finisce così
quasi inevitabilmente a
parlare di politica e di sviluppo”.
MICHELE LUPPI
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