CHIAMATE AD ESSERE SEGNI DELLA APPARTENENZA A CRISTO SEGUENDO
IL CARISMA DI DON LUIGI GUANELLA
Riflessioni durante la celebrazione Eucaristica durante il XVII Capitolo generale delle
Figlie di S. Maria della Provvidenza. Festa di Cristo Re (21 novembre 2010) e I Domenica
di Avvento (28 novembre 2010)
Del P. Fidel González Fernández mccj
“Lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare” per “rendere l’amore di
Cristo pienamente visibile all’uomo contemporaneo” (Rm. 12, 2b) – CV 13)
PUNTI DI METODO: GUARDARE I VOLTI DEI SANTI E SEGUIRE LE LORO TRACCE (CFR. DIDAKÉ)
Luigi Guanella e' parte di quel Movimento ecclesiale che ha fecondato la Chiesa dalla
fine del Ottocento a tutta la prima parte del Novecento. Per questo e' necessario che le sue figlie
e figli vivano la stessa esperienza di comunione con lui nel mistero della Comunione dei Santi e
con la Chiesa, se vogliono partecipare a quel dono. Con altre parole: guanelliane e guanelliani
avranno oggi un senso nella Chiesa se fanno parte di quel movimento rinnovato e rivissuto nel
presente.
I punti che presento a continuazione celebrando la Santa Eucarestia in onore di Cristo re
e signore della Storia e nel contesto di questo Capitolo Generale hanno come scopo di offrire un
metodo per un tale lavoro in maniera tale che la "famiglia guanelliana" diventi essa stessa
movimento di carità, parte viva del grande movimento di carità commossa, come soleva dire
Madre Teresa,dentro della vita della Chiesa.
Il metodo per dare vita ad un tale Movimento non e' tanto lo studio, ma la
contemplazione ("Contemplata aliis tradere"): il leggere e meditare, il guardare a Luigi
Guanella e a coloro che delle sue figlie e figli che hanno seguito con più chiara fedeltà le sue
tracce, per essere plasmati secondo la sua forma, guardare a lui e imparare.
Non si tratta di interpretare, con il pretesto che siamo in un tempo e contesto culturale
diverso, ma proprio di imparare e di seguire.
Questo lavoro di contemplazione va compiuto sia individualmente che insieme, nella
convinzione che il carisma delle Figlie e dei Figli suoi è il suo, e che per un dono dello Spirito
Santo egli è il maestro per ciascuno di noi con i suoi scritti e con la sua vita.
Ma cosa è la contemplazione? Non e' un semplice guardare, ma un essere trascinati dalla
bellezza. Chi contempla il mistero di Cristo ne viene coinvolto con una passione sempre più
grande fino alla pazzia. Non si tratta quindi della contemplazione estetica d'un'opera d'arte, ma
morta. Ma la contemplazione di una bellezza viva e calda che colpisce la mente e il cuore e
trascina in una passione che sconvolge la vita.
Luigi Guanella, appassionato dal mistero del Cuore di Cristo,
travolto dal desiderio che Cristo sia la salvezza operante nei volti spesso deturpati e segregati
dei più umili e umile, dal suo potentissimo zelo di carità apostolica, trascina anche noi nel suo
amore senza riserve per Cristo, per la Chiesa e per la vita di carità in mezzo e per queste
persone concrete, con potenza e gusto sempre nuovo e vigoroso.
1. Il senso della santità nella vita della Chiesa
Secondo le parole di san Paolo la Chiesa di Cristo è fondata sugli "apostoli e profeti"1,
cioè sulla gerarchia e sui carismi, o meglio sui carismi oggettivi e soggettivi, sulla santità
1
Ef 1, 20.
1
oggettiva e soggettiva. La santità oggettiva, ricevuta (nella gerarchia, nei sacramenti) dalla
Chiesa come promessa inespugnabile per le potenze dell'inferno, garantisce la continuità della
sua missione divina fino alla fine dei tempi2.
Questa promessa non la dispensa però in nessun modo dal proseguire una santità
soggettiva e personale. Anzi tutto ciò che è istituzionale e oggettivo esiste solo in funzione di
questa santità di vita.
Così: L'ufficio del sacerdote esiste per la comunità, le fonti di grazia dei sacramenti
esistono per coloro che vi si accostano, la parola di Dio esiste per chi l'ascolta. Quanto più una
persona, come sacerdote, come membro d'un ordine religioso o come depositario d'una grazia
sacramentale, è vicina alle fonti della santità oggettiva della Chiesa, tanto più è obbligato ad
aprire e adeguare la propria vita alla santità oggettiva che egli serve e custodisce.
Però vale anche il contrario. Se è vero che la santificazione soggettiva dei membri della
Chiesa è lo scopo della sua istituzione, è altrettanto vero che questo scopo non si raggiunge che
nella Chiesa, in questa Chiesa e per questa Chiesa, che esiste a sua volta per il mondo.
La Chiesa è il corpo di Cristo per tutti, e questo corpo si va costituendo mediante
l'attuazione in tutti i fedeli dello spirito di Cristo: "Da questo abbiamo conosciuto che cos'è
l'amore: dall'aver Cristo data la sua vita per noi! Noi pure perciò dobbiamo spendere la vita per
i nostri fratelli"3.Cristo santifica se stesso solo "affinché‚ essi pure siano santificati nella
verità"4
La santità, soggettivamente intesa, scrive von Balthasar5, si identifica con l'amore, che
preferisce Dio e gli uomini a se stesso, che cioè vive per la comunità della Chiesa: "La carità
non cerca il proprio interesse"6.
Non è però lasciato al singolo membro della Chiesa decidere il modo con cui donarsi a
tutta la comunità. L'amore obbedisce a un ordine interiore e lo spirito di carità, che costituisce
la santità soggettiva della chiesa nell'ambito della sua obiettività, è anche lo stesso spirito che
distribuisce gli uffici e i carismi7.
Nella missione che ciascuno riceve è essenzialmente radicata la forma di santità che gli
è stata donata e che da lui si richiede. Il compimento di tale missione si identifica con la santità
a lui accessibile. Di conseguenza la santità è qualcosa di essenzialmente sociale e perciò
sottratto all'arbitrio del singolo. Su ogni cristiano Dio ha un'idea particolare e assegna a ognuno
un posto preciso nella comunità ecclesiale. Tale posto è così eccelso perché partecipa
dell'infinità divina che nessuno, ad eccezione di Maria, l'ha realizzata perfettamente. Tendere
alla santità, cioè tradurre in pratica questa idea che è nella mente di Dio, è la meta ultima di
ogni cristiano.
Quindi la santità o la perfezione a cui ognuno è chiamato a tendere non è l'osservanza di
una legge generale, anonima, uguale per tutti, né l'esecuzione di un progetto individuale, ma la
libera realizzazione del piano d'amore concepito da Dio, che tiene conto della libertà, anzi la
dona: nessuno diventa tanto se stesso quanto il santo che si sottopone al piano di Dio e
conforma tutto il proprio essere, corpo, anima e spirito, al suo disegno: per questo perfezione
cristiana e pienezza umana nel cristiano coincidono: sono la santità.
Nel piano di Dio per ognuno egli tiene conto della natura, delle forze e delle possibilità
del singolo, ma agisce anche in piena libertà, "come un artista che manipola liberamente i colori
2
Cfr. HANS URS VON BALTHASAR, Sorelle nello Spirito. Teresa di Lisieux e Elisabetta di Digione.
Introduzione. Jaca Book. Milano 1979, pp. 17-32. Seguiamo il pensiero di von Balthasar nell'opera segnalata.
3
1 Giov 3, 16.
4
Giov 17, 19.
5
Ibidem, p. 17.
6
1 Cor 13, 5.
7
Cfr. 1 Cor 12, 4-11
2
della sua tavolozza". Dall'osservazione della natura d'un uomo non si può sapere in precedenza
quali progetti Dio abbia su di questa e in che modo questa debba abbandonarsi a lui. E' nella
preghiera e nella meditazione che ciascuno deve cercare di cogliere il tipo di santità che Dio
vuole da lui; al di fuori della preghiera nessuno può scoprire la propria vocazione a una
particolare santità8.
Ma nell'ambito della vocazione alla santità non c'è soltanto una grande varietà di
sfumature personali, ma anche una certa differenza di formato: la vocazione alla santità
"abituale" di ogni cristiano, e la vocazione a una santità particolare, differenziata, con la quale
Dio, per il bene della Chiesa e della comunità, eleva una singola persona a esempio tutto
speciale di santità. Cos si spiega il perché Paolo, per esempio, nella consapevolezza della
propria missione, invita la Chiesa a guardare a lui, a imitarlo, come egli a sua volta imita il
Signore. E lo può fare nella certezza di non aver scelto lui questo ruolo, ma di essere stato posto
come "vaso di elezione" in una situazione eccezionale contro qualsiasi aspettativa, e sa bene
che disubbidirebbe se non osservasse il comando di risplendere con la propria condotta davanti
a tutta la Chiesa, di essere uno "spettacolo" ai suoi occhi9.
I fondatori, coloro che hanno ricevuto un carisma speciale e specifico di fondazione e di
creazione di movimenti, forme di vita consacrata, speciale e potente manifestazione del mistero
di Cristo di forma diremmo "inedita" e sempre nuova nella Chiesa10 sono chiamati a una santità
rappresentativa. Fanno in se stessi la stessa esperienza di Paolo: obbediscono ad un comando
preciso dello Spirito Santo. Il presupposto normale per riceve una tale missione alla santità è la
sequela totale di Cristo: mettere la propria vita a disposizione della volontà di Cristo. Una volta
liberatisi da tutti i legami terreni, l'esistenza umana diventa un materiale che la mano di Dio
lavora e da forma. Tale santità è anzitutto frutto d'una grazia, d'una chiamata. E' un dono
(carisma) e non è tanto conseguenza d'un proprio progetto o sforzo etico o morale. E' sopratutto
nei confronti di questa chiamata a una santità particolare che vale la parola del Signore: "Non
siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi e vi ho destinati, perché andiate e portiate
frutto, e il vostro frutto sia duraturo"11.
Non è sufficiente ne il volontarismo, ne il moralismo, se uno vuole attribuirsi una
vocazione alla santità o alla fondazione di qualsiasi movimento ecclesiale non datagli da Dio
(nella storia della Chiesa ci sono tanti esempi). I veri santi e gli autentici fondatori, chiamati e
innalzati da Dio stesso, sono tutti degli obbedienti. Non sono delle cime che in virtù di
particolari sforzi o doti prendono del vantaggio sugli altri dimostrando un maggiore coraggio
personale o una maggiore intelligenza, mentre gli altri rimangono nella mediocrità. Certamente
la santità richiede coraggio e la fondazione d'una famiglia religiosa sapienza, ma in tutti i casi la
cosa più essenziale è che la vocazione a una santità particolare, rappresentativa, come per
esempio quella dei fondatori di ordini, e quindi il carisma fondazionale, è un puro dono di Dio,
che il chiamato, bene o male, deve fare proprio.
Nel corpo di Cristo ci sono missioni e vie di santità che dal corpo tendono di più verso il
capo, e altre, che dal capo tendono di più verso il corpo, benché capo e membra costituiscano
un unico corpo, benché Cristo e Chiesa vivano della sola, unica grazia e santità di Cristo e di
Dio. Esiste all'interno di questa unità una certa polarità, che si manifesta precisamente
nell'ambito della santità polarizzata.
Così ci sono delle missioni, che piombano sulla Chiesa come dei fulmini celesti, in
quanto devono farle conoscere una volontà unica e irrepetibile di Dio nei suoi confronti.
8
Cfr. URS VON BALTHASAR, Ibidem, p. 18.
Cfr. 1 Cor 4, 9.
10
Cfr. Mutuae Relationis, del 14.5.1978, nn. 11-12, in A.A.S., 70 (1978), 473-506 (cfr. in Enchiridium Vaticanum,
6 (1977-1979) E.D.B. Bologna 1980, pp. 431-506.
11
Giov 15, 16.
9
3
Vengono da Dio e la Chiesa le accoglie e l'inserisce nella concreta pienezza della propria
santità12. A nostro modo di vedere questi doni di Dio alla sua Chiesa e al mondo sono in
maggiore o minore misura i fondatori di istituti religiosi, di movimenti ecclesiali o riformatori
della vita cristiana lungo i secoli, i fondatori di Chiese particolari, i martiri che hanno vivificato
una Chiesa con la loro testimonianza inedita. Questa santità straordinaria è sempre
caratterizzata da una totale gratuità, ma allo stesso tempo di una totale tempestività. In certo
senso sono i santi che entrano nel calendario universale della Chiesa per la loro "cattolicità"
nello spazio e nel tempo ("per tutte le stagioni").
Ma ce ne sono anche altre che crescono dal seno della Chiesa, della comunità, degli
ordini religiosi e che per la loro purezza e coerenza diventano modello a tutti i cristiani.
Nascono dalla Chiesa, sono fiori di essa, nella sua grazia feconda. La Chiesa li presenta a Dio
come le proprie primizie13.
Ambedue questi tipi di santi vivono della medesima santità di Dio. Ambedue sono
cristiani e insieme ecclesiali. Tuttavia il primo caso ha un'impronta pi— marcata del secondo.
Sono le pietre miliari di santità, che Dio pone nel cammino della Chiesa, una specie di schema
valido del vangelo per oggi e per i secoli futuri. Comunicano ciò che lo spirito divino, che è
sempre vivo e spira dove vuole dischiudendo aspetti sempre nuovi della sua rivelazione
inesauribile, intende manifestare proprio ai nostri giorni. Von Balthasar scrive che nella
canonizzazione di questi santi è più la Chiesa che obbedisce al Signore, mentre nella
canonizzazione del secondo gruppo di santi invece è più il Signore che accondiscende al giusto
desiderio della sua Chiesa14. Ma poiché è più importante che la Chiesa assecondi i desideri di
Dio e non viceversa, per essa è anche più importante cercare attentamente e accogliere quei
santi che Egli chiaramente, senza ombra di dubbio le invia, fare proprio il loro messaggio,
nonché impetrare e rendere possibile con la propria santità generale il sorgere di simili
ambasciatori divini, anziché erigere, per così dire di proprio arbitrio, un gran numero di santi.
I fondatori sono degli apostoli donati e mandati da Dio alla sua Chiesa. E come la
sorgente del dono e del mandato, Iddio, hanno in sé qualcosa della sua caratteristica. Sono cioè
totalmente concreti e nello stesso tempo inafferrabili. Come la natura di Dio sono
assolutamente determinati, inconfondibili, irrepetibili, concreti, e tuttavia possiedono un'infinità
interiore, una ricchezza illimitata, che sfugge a qualsiasi costatazione e definizione. Proprio per
questo stimolano, riaccendono la Chiesa, perche ciascuno, pur cogliendo la vera essenza della
santità, vi ravvisa qualcosa di conforme al proprio gusto. Per questo la propria vita è già un
trattato di teologia; aiutano a scoprire aspetti sempre nuovi del Mistero di Cristo e lo
manifestano concretamente nella loro vita.
Ma questi santi fondatori non sono degli extraterrestri. Appartengono alla nostra storia
umana di peccato, ma redenta da Cristo. Generano con la grazia delle famiglie di discepoli. Per
questo sono anche modelli di perfezione di una o di molte virtù cristiane. Il popolo cristiano
percepisce prontamente tale dono attraverso il "sensus fidei". Mostrano come si può arrivare
nelle medesime condizioni di vita naturale e soprannaturale alla piena adesione a Cristo.
12
Von Balthasar nell'opera citata, fa una distinzione fra i due tipi di santità, ma per lui il primo tipo sarebbe una
santità che dal Capo tende verso il corpo; il secondo tipo, all'inversa, cresce nel seno della Chiesa, come un dono
suo al Capo (URS VON BALTHASAR, Ibidem, p. 20). A nostro modo di vedere la Storia della Chiesa mostra
come quel primo tipo di santità lascia un solco permanente, un rinnovamento tangibile nella vita della Chiesa e un
approfondimento del Mistero di Cristo. Aiutano a formare anche le grandi scuole di spiritualità cristiana. A questo
gruppo appartengono senz'altro i grandi fondatori di istituti religiosi.
13
URS VON BALTHASAR, Ibidem, p. 20.
14
Ibidem, p. 20.
4
Il popolo cristiano avverte subito che i fondatori (come i martiri e i mistici) sono i
grandi regali di Dio al suo popolo, posti come luminari nella vita dell'uomo. Essi rappresentano
una nuova forma d'imitazione di Cristo suggerita dallo Spirito Santo, illustrazione ed
esemplificazione del vangelo ai nostri giorni. Per i teologi essi sono piuttosto una nuova
spiegazione della rivelazione, un arricchimento della dottrina, un approfondimento delle verità
lasciate finora piuttosto in disparte, anche se personalmente essi non furono dei teologi ne degli
eruditi, la loro esistenza costituisce un fenomeno teologico, che contiene una dottrina viva,
donata dallo Spirito Santo e perciò degna della massima attenzione, adeguata ai tempi, feconda,
che nessuno può lasciar passare sotto silenzio, perché è rivolta a tutta la Chiesa.
Da qui deriva la necessità d'un rapporto stretto e intenso fra teologia speculativa e
santità vissuta, teoria e teologia dei santi. Solo chi vive personalmente nell'ambito della santità
può capire e spiegare la parola di Dio. Tutta la teologia ecclesiastica vive ancora dell'epoca, che
dagli apostoli va fino al medioevo, in cui i grandi teologi erano santi. Qui la vita e la dottrina,
l'orto prassi e l'ortodossia si spiegavano, si fecondavano, si testimoniavano a vicenda.
Nell'epoca moderna la teologia e la santità si sono pur troppo sviluppate, troppo
frequentemente, indipendentemente una dall'altra, con grande danno di ambedue. Soltanto in
rari casi i santi sono ancora teologi, e non sono perciò tenuti da questi nella dovuta
considerazione, ma relegati con le loro opinioni in una specie di zona periferica della
spiritualità o della teologia spirituale nei migliore dei casi. La agiografia moderna ha contribuito
certo a questo divorzio dimenticando il compito teologico dei santi e presentandoli quasi
sempre con categorie semplicemente storiche o psicologiche.
Bisogna capovolgere la situazione e partire da una fenomenologia soprannaturale: le
grandi missioni suscitate da Dio nella storia e sulla terra. Perché‚ la cosa più grande nel santo è
la sua missione, il nuovo carisma donato dallo Spirito alla Chiesa. L'uomo, che ne è depositario,
è solo il suo servitore, che spesso si rivela debole e manchevole nelle massime realizzazioni; ciò
che brilla in lui non È la sua persona ma la sua testimonianza, la sua missione: "Non era lui la
luce, ma venne per rendere testimonianza della luce"15.
Tutti i santi si rendono conto di quanto debole e imperfetta sia la loro testimonianza, il
servizio prestato alla propria missione. La cosa principale in loro non È la loro opera personale,
ma la decisa obbedienza con cui una volta per sempre si sono messi al servizio d'una missione,
concependo tutta la propria esistenza solo in funzione di essa. Occorre quindi mettere in
evidenza ciò che essi stessi vogliono e devono mettere in evidenza e cioè la loro missione, la
loro interpretazione e spiegazione di Cristo e della Sacra Scrittura. Occorre lasciare nell'ombra
ciò che essi stessi vogliono e devono lasciare nell'ombra: la loro povera personalità16.
Attraverso la loro esistenza di santi si dovrebbe dunque cercare di cogliere e
comprendere la missione che Dio compie nella Chiesa, distinguendo la missione vera e propria
dalle realizzazioni limitate. Non nel senso d'una divisione, dal momento che questa missione
s'incarna nella vita, nell'opera e nelle sofferenze del santo, nonché‚ nella sua persona, nella sua
storia, nella sua psicologia e in tutti i piccoli aneddoti e avvenimenti che ne accompagnano
l'esistenza; non dunque in un'astrazione della vita, in una concettualizzazione del concreto, in
una spersonalizzazione di ciò che è personale e irrepetibile, ma sulla scorta del metodo
fenomenologico, che, per quanto È possibile all'uomo, nel fenomeno concreto coglie l'essenza,
la "forma", l'intelligibile nel sensibile. Solo che qui l'intelligibile è qualcosa di soprannaturale e
la sua contemplazione presuppone la fede, anzi la partecipazione alla vita della santità.
Ciò che nel santo è perfetto è prima di tutto la sua missione. In un secondo momento
anche lui può essere chiamato perfetto, se realizza tale missione nella misura consentita da tutte
15
16
Gv 1, 8.
Cfr. BALTHASAR, Ibidem, pp. 22-23.
5
le sue forze sorrette dalla grazia. Alcuni hanno attuato la propria missione con gioia; altri
l'hanno accettata con difficoltà, quasi a mala voglia; ma la missione fu più forte di loro e li
costrinse al proprio servizio. Alcuni cercarono di completare con tutto se stessi, corpo ed anima,
la complicata figura geometrica della loro missione fino agli estremi angoli e segmenti, altri
invece si limitarono alla superficie essenziale, lasciando vuote non poche zone periferiche. Nel
regno della santità infatti ci sono molti gradini: da quello più basso di un sostanziale rispetto
della missione affidata, fino a quello più alto di una perfetta identità… fra missione e persona,
vetta raggiunta soltanto dalla Madre del Signore.
Abbiamo voluto seguire, quasi ad litteram, l'esposizione di von Balthasar sul significato
della santità nella vita della Chiesa perché‚ ci da in essa, a nostro parere, una delle più belle
esposizioni sul vero significato dei santi nella vita della Chiesa.
E a questa luce che vorremmo vedere il dono che Dio ha fatto alla sua Chiesa nella
persona del beato Luigi Guanella. A nostro modo di vedere, la sua concezione di perfezione
cristiana e pienezza umana non bisogna tanto cercarla, come d'altronde in tutti i santi, nelle sue
disquisizioni teoriche (anche se importanti), quanto nella sua esperienza concreta di adesione e
obbedienza a Cristo nella sua vocazione-missione concreta. E' da qui che noi possiamo dopo
trarre le conseguenze: più dal vissuto che addirittura dalle sue parole, perche la "lectio sancti
Evangelii secundum sanctum Aloysium Guanella", come nei santi fondatori si da molto di più
nella sua vita che nei suoi scritti, che rappresentano a volte soltanto una minima e insignificante
parte di quella lettura. Nei santi, come del resto in Gesù che non ci lasciò scritta una sola riga di
inchiostro, ciò che conta È la scrittura nella propria carne storica sulla propria adesione al
Padre17. Questo È il succo del loro Vangelo.
2. L'ESPERIENZA CRISTIANA E L'EROICA QUOTIDIANITÀ DI DON LUIGI GUANELLA
2.1. Il concetto di eroicità delle virtù
Anzitutto va chiarito il concetto di "eroicità delle virtù non necessariamente l'eroicità va
giudicata dalla presenza o meno di "opere singolari (fatti insoliti e straordinari) che colpiscono
le menti degli uomini per lo stupore"18.
L'eroicità nella vita cristiana si identifica con la santità: "La santità propriamente
consiste solo nella conformità al volere divino, espressa in un continuo ed esatto adempimento
dei doveri del proprio stato"19. "Soprannaturale fedeltà", dunque, a Dio che chiama anche nel
più umile quotidiano, come diceva Pio XI20.
Pio XII parlando sulla figura, il pensiero e le opere del Sommo Pontefice Benedetto XIV
sottolineava a questo rispetto il pensiero del papa, teologo delle Cause di Canonizzazione:
"Degna di nota è la posizione in cui deve porsi chi giudica i fatti e le opere dei Santi per
accertare l'eroicità della loro virtù: Benedetto XIV non delinea un quadro generale della virtus
eroica, per esempio della fede o della umiltà del Santo, secondo uno schema ideale, sul quale si
debba far combaciare, per così dire, il Santo reale; ciò a cui volge la sua attenzione, nell'esame
critico, sono immediatamente le opere dei Santi, dalle quali poi egli rileva la virtus heroica. Nel
determinare il concetto di questa e nello stabilire norme per una sua giusta valutazione…
Benedetto XIV richiede da una parte, in ogni Santo, una virtù corrispondente al particolare
17
Cfr. “Il Figlio non fa nulla da se, ma soltanto quello che ha visto presso il Padre; Egli È venuto per fare la sua
volontà”: cfr. in Gv 4, 34; 5, 30; 6, 38; 9, 31.
18
BENEDETTO XV, A.A.S, 1920, p. 170. Cfr. Lumen Gentium, cap. V.
19
BENEDETTO XV, A.A.S., 1920, p. 173.
20
Cfr. M.T. MACHEJEK, Eroicità, in Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, Vol. I. Roma 1975, 689-691.
6
stato, e, sempre di nuovo, esige una virtù superiore all'ordinaria del comune cristiano"21. Cioè,
com'è detto dal concilio Vaticano II: "Il singolare esercizio delle virtù cristiane [...] con l'aiuto
della multiforme grazia di Dio"22.
Nell'ottica di tale concetto di "eroicità" e "perfezione" intenteremo di individuare e
accennare su quei tratti della vita e della spiritualità di don Luigi Guanella che nel loro insieme
costituiscono la perfezione cristiana e la pienezza umana. Dando al meno delle piste di lettura
sulla sua esperienza cristiana si potrà rispondere alla domanda su come ha vissuto don Guanella
la perfezione cristiana e la pienezza umana.
Siamo convinti che ciò che è importante è guardare all'insegnamento che proviene dalla
sua vita. E' la sua persona con la sua adesione totale a Cristo che costituisce un carisma. Cioè:
un dono dato da Dio alla sua Chiesa e consegnato all'eredità vitale dei suoi figli/figlie, che
devono essere la "carità di don Guanella nello spazio e nel tempo" per usare una frase di
Bernanos riferita ai domenicani in rapporto a San Domenico23.
2.2. Perfezione cristiana e pienezza umana come esperienza piuttosto che come "dottrina"
nell'esperienza di don Guanella
La eroicità e la perfezione cristiana come la pienezza umana raggiunta da don Guanella
emergono anzitutto da uno sguardo d'insieme della sua esistenza. Tale esistenza si svolge in
modo radicale e coerente nell'ambito d'una obbedienza alla fede e di fedeltà alla sua vocazione
ecclesiale in favore di quei gruppi umani che nella società del suo tempo erano più deboli. Tale
vocazione lo spinse a diverse fondazioni di carità in loro favore.
In lui vediamo anzitutto la netta percezione della soprannaturalità d'una vocazione
ecclesiale che si chiarisce progressivamente. Vediamo anche la corrispondenza a tale divina
chiamata custodita e osservata fedelmente attraverso il variare delle stagioni e situazioni della
vita, come anche attraverso le congiunture che sorgono dal campo dell'apostolato in cui visse.
Inoltre il confronto fra le testimonianze che troviamo riguardanti la sua vita24, e quanto
egli stesso scrive nei diversi opuscoli, libri ecc..mostra una coerenza e una crescita di vissuto
spirituale, autentica tendenza verso la perfezione cristiana (obbedienza alla fede, alla
vocazione) di Don Guanella.
Inoltre non si vede una dicotomia nella sua vita, o una separazione fra la sua esperienza
come uomo e come cristiano insignito con una vocazione ecclesiale specifica di fondatore.
Appare sempre come un genuino uomo di Chiesa, il cui vissuto virtuoso È d'un tale livello da
non patire preclusioni sia di fronte alle logoranti difficoltà della sua vocazione apostolica e di
carità come fondatore, sia nei riguardi dei suoi compagni, superiori e finalmente collaboratori.
Questo non toglie il fatto di aver vissuto a volte momenti di prova e di confronto con alcuni
superiori o collaboratori con prospettive a volte diverse dalle sue. L'essenziale era il senso
d'appartenenza di tutti a Cristo e alla sua Chiesa.
Inoltre la vita di Don Guanella, pur nello straordinario ed eroico della sua tendenza
costante verso la perfezione cristiana, non si discosta per certi versi da tante altre figure
sacerdotali del suo tempo. In questo senso si tratta d'una vicinanza a noi perche lo splendore
21
PIO XII, Discorsi e radiomessaggi di Pio XII. Vol. XX. Città del Vaticano 1959, 466.
Sacrasanctum Concilium, 104; Lumen Gentium, 50; in Enchiridion Vaticanum, EDBI, nn. 187-188; 420.
23
“[...]l'Ordine dei Predicatori ci apparirebbe come la stessa carità di san Domenico realizzata nello spazio e nel
tempo, come la sua preghiera divenuta visibile" (GEORGES BERNANOS, S. Domenico. Ed. Longanesi. Milano
1954, p. 25). Cfr. anche GIOVANNI PAOLO II, Discorso a Shonstatt sulla fedeltà al carisma del loro fondatore
nel settembre 1985.
24
Cfr. S.C. DE CAUSIS SANCTORUM, Positio super vita et virtutibus Servi Dei L. Guanella.
22
7
esterno che prima spesso era ricercato nelle azioni dei santi, ora cede il posto alla più nascosta
ma non meno ardua fedeltà, di ogni ora, in tutti i quotidiani doveri, anche minimi"25.
Se guardiamo alla sua fede, che è l'abito, o disposizione abituale, per cui comincia in noi
la vita eterna, mediante l'adesione dell'intelligenza e della volontà al contenuto della
Rivelazione, in una obbedienza fiduciosa e personale a Dio, autore dell'ordine soprannaturale26,
leggendo la Positio super vita et virtutibus del Servo di Dio L. Guanella e l'altra
documentazione riguardante il suo processo di beatificazione-canonizzazione ci siamo resi
conto del suo itinerario spirituale, e dentro di questo la sua esperienza di fede, che secondo il
Concilio di Trento “è l’inizio della umana salvezza, il fondamento e la radice di ogni
giustificazione, senza la quale non è possibile piacere a Dio ed arrivare a far parte della
comunione dei suoi figli”27, o come la definisce s. Pier Damiani è “origine delle virtù,
fondamento delle buone opere e presupposto di tutta la salvezza umana”28.
Nel caso di Don Guanella l'esistenza della fede si vede dalle sue opere. Seguendo il
dettato di Benedetto XIV come chiave di lettura della vita e del pensiero del Guanella notiamo
che è proprio da questa gratia gratis, ma con la quale coopera liberamente la natura-libertà
dell'uomo Guanella, che egli cresce secondo la statura di Cristo nella carità e nella speranza29. E
questo è la perfezione cristiana che porta l'uomo alla sua pienezza, secondo l'immagine del
Figlio. Perché‚ secondo una tale immagine è stato creato30. Se la fede “da una confessione
esteriore delle cose che per la fede si credono, si può realmente e sicuramente conoscere”31, le
testimonianze sulla vita di don Guanella ci la mostrano come informante tutto il suo agire:
"La sua vivissima fede, afferma il vescovo Aurelio Bacciarini, traspariva da tutta la sua
vita e da tutte le sue azioni, come ne fui per lunghi anni testimone [...]. Si compiaceva con
infantile entusiasmo, della fede dei semplici, dei popolani, dei montanari, che diceva valesse
assai più che la scienza del più profondo teologo..."32.
"Egli quindi pigliava tutte le occasioni per predicare la parola di Dio, sia nei giorni festivi che
nei feriali, usufruiva di tutte le opportunità per far predicare anche agli altri. Ebbe cura eziandio,
di pubblicare libri ed opuscoli di ascetica, apologetica, vite di santi ecc..Io fui più volte
testimonio dello zelo di don Luigi nel fare il catechismo ai piccoli ed a rozzi, nel che si
dimostrava instancabile, parlando sempre piano, in maniera la più adatta anche ai più
deficienti"33.
Questa fede teologale informa tutta la sua esistenza di cui ne è espressione e diventa
missionaria.
25
GABRIELE DI S. M. MADDALENA, in Sermonum Summaria citato in AA.VV., Dizionario Enciclopedico di
Spiritualità, Roma 1975, p. 690.
26
Cfr. S. THOM., Summa Theologica II-II q. I-XVI; De Veritate q. 14, a- 2; q. 68, a, 1; . III Sentez. d. 34, q. I ad I;
cfr. Dei Verbum, 5.
27
"Humanae salutis initium, fundamentum et radicem omnis iustificationis, sine que impossibile est placere Deo et
ad filiorum eius consortium pervenire" : Sess.V, cap. VIII.
28
"Originem virtutum, bonorum operum fundamentum et totius humanae salutis exordium": S. PIER DAMIANI,
Opusculum primum. De Fide Catholica ad Ambrosium. P.L. CXLV, 21.
29
Cfr. Eph 4: 7, 13, 15; Col 1, 10; 1 Petr 2, 2; 2 Petr 3, 18.
30
Cfr. Col 3, 10.
31
["ab externa confessione eorum quae per fidem creduntur dignosci tuto potest"]
32
S.C. DE CAUSIS SANCTORUM, Positio super vita et virtutibus Servi Dei A. Guanella. Summ. p. 262 $ 28.
33
Ibidem, p. 58 $ 33.
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