MEDICINA PARTECIPATIVA MESSA
ALLA PROVA CON LA MENOPAUSA
Un progetto di medicina partecipativa: quale
informazione per la donna in menopausa sulla terapia
ormonale sostitutiva? Il ruolo di PartecipaSalute nel
coinvolgere in modo sempre più rilevante i cittadini nel
dibattito sulla salute.
Paola Mosconi
I
l ruolo dei cittadini nelle
scelte di pubblico interesse sta diventando sempre
più rilevante. Recenti fatti
nella vita politica del Paese
hanno dimostrato come, in
democrazia, è il cittadino che
direziona scelte e opportunità, così come, di conseguenza, è il cittadino cui devono
tener conto e dar di conto
coloro che esercitano poteri
decisionali.
Tutto ciò è altrettanto vero, e
si complica e si arricchisce al
tempo stesso, quando si parla di temi riguardanti le scelte relative alla salute. Infatti,
in questo campo, si sovrappongono tra loro aspetti
esperienziali con variegate
valenze personali e aspetti
tecnici su conoscenza e metodi che rivestono particolare
rilevanza nel contrastare opinioni con dati, il tutto intricato dal difficile passaggio da
una visione personale a una
visione collettiva. Intorno ai
concetti di health literacy ed
empowerment si intravede la
direzione da perseguire sulla
strada di una medicina in cui,
dal singolo alla collettività, le
scelte siano operate in modo
consapevole, partecipativo e
informato. In questo percorso tutti sono coinvolti: pazienti, loro rappresentanze,
operatori sanitari e decisori.
UN ESEMPIO DI MEDICINA
PARTECIPATIVA
Se in teoria un po’ tutti sono
convinti di quanto sopra
detto, un po’ più difficile risulta trovare nel nostro Paese
esempi riconducibili a progetti di ricerca che abbiano coinvolto davvero quanto più possibile tutti gli attori in gioco.
L’occasione che si vuole qui
presentare è quella dell’iniziativa Quale informazione per la
donna in menopausa sulla
terapia ormonale sostitutiva?
che si è articolata, tra il 2006 e
il 2011, in due progetti consequenziali. Il primo una conferenza di consenso, il secondo
uno studio di valutazione
d’impatto di interventi rivolti
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ai cittadini e agli operatori
sanitari per l’uso appropriato
di farmaci in terapia ormonale sostitutiva. Le due fasi si
sono svolte in collaborazione
tra il progetto PartecipaSalute
(Istituto Mario Negri, Centro
Cochrane italiano e Agenzia di
editoria scientifica Zadig) e
l’Istituto superiore di sanità
(CNESPS, reparto Salute della
donna e dell’età evolutiva). La
prima parte è stata sostenuta
da un finanziamento della
Compagnia di San Paolo, la
seconda da un finanziamento
AIFA per i progetti interregionali di farmacovigilanza.
Quel che ha caratterizzato
l’intero percorso è stata la
multidisciplinarietà che si è
cercato di rispettare in ogni
fase e per ogni gruppo di lavoro e, in particolare, con il coinvolgimento attivo dei rappresentanti della cittadinanza, i
cosiddetti laici. Fondamentale
per la scelta di questi interlocutori è stato il GRAL, un
gruppo di lavoro composto da
rappresentanti di associazioni
e membri laici di comitati eti-
>Janus n. 2
L’Obiettivo: Governo clinico: sudditi o protagonisti?
STORIA, STORIE
ci che si alimenta con i partecipanti alle diverse edizioni
del percorso di formazione di
PartecipaSalute Orientarsi in
salute & sanità per fare scelte
consapevoli.
PARTECIPARE COME E DOVE
I cittadini, e in particolare i
rappresentanti di associazioni, sono stati coinvolti a più livelli, esprimendo così diverse
potenzialità di partecipazione
correlate alla propria vicenda
singola o collettiva. Possiamo
leggere l’esperienza fatta
dando a questi laici precisi
ruoli: valutatori e decisori nella prima parte del progetto,
fonte di dati nella prima e seconda parte e infine divulgatori nella seconda parte.
VALUTATORI
Uno dei gruppi di lavoro della
conferenza di consenso si è
occupato del materiale divulgativo disponibile sulla
luglio 2011<
menopausa e la terapia ormonale per la popolazione
femminile. A questo gruppo
hanno partecipato tre laici su
cinque componenti, valutando in doppio, con una scheda
standardizzata più di 70 documenti tra opuscoli o pagine web.
Gli stessi hanno partecipato
alle riunioni di programmazione, presentazione e discussione dei dati e alla messa a punto del documento e
della presentazione finale del
lavoro.
Oltre a informazioni sulla
qualità espositiva dei vari
materiali della valutazione, è
emerso un giudizio che ha
evidenziato come il materiale valutato non aiutasse propriamente le donne a prendere decisioni in autonomia.
E questo alla luce della considerazione che benefici e
danni erano trattati in modo
incompleto e parziale, mentre prevalevano apparenti
certezze anche su dati ancora
in discussione da parte della
comunità scientifica.
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DECISORI
La giuria della conferenza di
consenso era composta da
un totale di 14 persone di cui
7 laici. Rispettando la metodologia consigliata per le
conferenze di consenso, il
presidente stesso era un
laico. Nelle due giornate di
discussione che hanno preceduto la pubblicazione del
documento finale, lo scambio di punti di vista differenti
è stato fondamentale per la
messa a punto di un documento che rispondesse alla
domanda posta senza perdersi in complicati tecnicismi
e valutando con spirito critico
le prove disponibili.
Ricordando sempre di tenere
la donna destinata a un trattamento ormonale in menopausa come unico punto di riferimento, il documento finale ha così coniugato le prove
scientifiche con il pragmatismo di indicazioni d’uso facilmente trasferibili alla pratica.
I laici hanno lavorato in pieno
accordo con i tecnici e non si
sono rilevati intoppi o difficoltà dovute alla presenza di
diversi tipi di competenza.
FONTE DI DATI
Rispettivamente nel 2007 e
nel 2010 sono state condotte
due indagini su un campione
di donne tra i 45 e i 60 anni
per rilevare le conoscenze, gli
atteggiamenti e i comportamenti rispetto alla menopausa, alla terapia ormonale e
alle sue possibili alternative.
Nella prima indagine la percentuale di adesione del 74
per cento ha dimostrato una
diffusa disponibilità di partecipazione in prima persona
verso temi di salute di sicuro
interesse per le donne, oltre a
consentire la raccolta di dati
rappresentativi della realtà di
riferimento. Il tempo dedicato riveste di per sé un forte
valore di partecipazione consapevole verso le proprie
esperienze e scelte di salute.
Nella seconda parte del progetto una fase era dedicata
alla messa a punto di materiale informativo dedicato
alle donne. Forti dell’analisi
precedentemente fatta, in cui
il materiale e la divulgazione
sulla menopausa e la terapia
ormonale risultavano molto
carenti da un punto di vista di
qualità dell’informazione e
del giudizio sull’utilità per
fare scelte consapevoli e
informate, si è deciso di lavorare in modo congiunto con
gruppi di donne in modo da
focalizzare bene il taglio da
dare al materiale informativo.
DIVULGATORI
Venticinque donne, tra i 42 e i
63 anni, residenti tra Milano,
Pistoia e Palermo hanno attivamente partecipato alla fase
di messa a punto del materiale informativo. Il contributo
fornito ha permesso di rielaborare il documento finale di
consenso sottolineandone gli
aspetti più incisivi, finalizzati
a permettere alle future lettrici di fare scelte consapevoli.
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CONDIZIONI PER ARRIVARE
A UNA MEDICINA
PARTECIPATIVA
Da questa e altre esperienze,
il cui scopo è quello di integrare punti di vista diversi tra
tecnici e laici, dando spazio e
rilievo al valore delle diverse
competenze e ispirandosi a
un modello informato e partecipativo di discussione e
azione in tema di salute e
sanità, si possono evincere
indicazioni preziose capaci di
facilitare e condurre ad altre
attività analoghe. In particolare su tre aspetti, non in
ordine di importanza, è bene
concentrarsi.
Devono anzitutto essere
superate, in particolare da
operatori sanitari e decisori,
le difficoltà ad accettare i cittadini/pazienti e loro rappresentanze come interlocutori
privilegiati, riconoscendone
esperienza e capacità.
In secondo luogo cittadini/
pazienti e loro rappresentanze devono organizzarsi secondo i principi di evidence
>Janus n. 2
L’Obiettivo: Governo clinico: sudditi o protagonisti?
STORIA, STORIE
based advocacy, partecipando in modo critico in base alle conoscenze scientifiche disponibili senza essere oggetto di strumentalizzazioni e liberandosi di ogni conflitto di
interessi.
Infine diventa fondamentale
verificare sempre l’impatto
delle iniziative di coinvolgimento per evitare, come purtroppo spesso accade, che risultino solo in presenza formale e non sostanziale al dibattito.
UNA STORIA QUOTIDIANA
Questi punti si riassumono in
una piccola storia, vera e non
rara, qui riportata proprio per
far capire quanto ancora il
modello di medicina partecipativa sia lontano nei fatti:
«Qualche giorno fa mi
ha cercata un dirigente
di un’AUSL per un
consiglio: dovendo
partire con la
discussione di un piano
luglio 2011<
terapeutico assistenziale
per una patologia
cronica si era
interrogato sulla
possibilità di coinvolgere
anche le rappresentanze
dei pazienti.
Poi ha pensato che
sarebbe già stato
difficile gestire i medici;
gli operatori sanitari
sarebbero stati poco
inclini ad avere laici al
tavolo; le prove
scientifiche disponibili
lasciavano incertezze
difficili da gestire; c’era
da decidere chi invitare
fra le associazioni
presenti sul territorio o
gestirne i conflitti
interni.
Morale: le associazioni
sono state informate del
lavoro, ma non
direttamente coinvolte».
Altri metodi di partecipazione
sono al momento allo studio
di PartecipaSalute per coinvolgere in modo sempre più
rilevante i laici nel dibattito
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sulla salute. Tra questi: i percorsi di formazione ad hoc mirati, finalizzati alla creazione
di gruppi di lavoro specifici da
integrare nelle attività valutative e decisionali in sanità, come pure esperienze di democrazia deliberativa, in particolare nella forma delle giurie di
cittadini.<<
paola.mosconi@
marionegri.it
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