Il desiderio dell’incontro di oggi, 22 Marzo 2003, nasce dalla voglia di confrontarci con altri Gruppi Avo Giovani
che vivono realtà simili o diverse dalle nostre: i Gruppi Avo Giovani della Lombardia e del Triveneto.
Da qualche tempo stiamo riflettendo su alcune domande, stiamo raccogliendo le risposte non solo dai gruppi Avo
Giovani ma anche da volontari di varie età, di varie Avo, con un'esperienza più o meno lunga alle spalle… rielaborando
questo materiale ci siamo accorti della necessità che, sia come giovani che come adulti, abbiamo di relazionarci con gli
altri…
L'incontro che proponiamo vuole essere l'inizio di una riflessione sul significato dell'essere volontari, sul rapporto
di collaborazione possibile tra giovani e adulti all'interno dell'Avo, sull'impegno concreto dei gruppi Avo Giovani per
l'Associazione… vogliamo confrontarci e scambiarci idee e progetti, condividere le stesse fatiche e le stesse soddisfazioni
per continuare con entusiasmo ad essere Avo Giovani!
Il materiale che trovate all’interno di questo fascicolo è il contributo che alcuni volontari hanno voluto dare per la
realizzazione dell’incontro di oggi.
Un grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno aiutato e sostenuti in questo progetto!
Luca Iacovino
(Delegato Regionale Avo Giovani Emilia Romagna e Pesaro)
Silvia Paglia
(Presidente Avo di Reggio Emilia)
1) I giovani ed il volontariato: il perché di una scelta.
Fare volontariato é…
… dimostrare a se stessi e agli altri che l'amore esiste ed ha i connotati della gratuità e dell'interesse verso gli altri e che
non necessariamente tutto si basa sulla legge del "contraccambio"
… dare un senso alla propria vita e crearsi un progetto di vita, è rispondere alle domande "chi sono?", "dove vado?" e
"perché?"
… affermare la propria vitalità, tentare di riprodurre armonia, giustizia, pace, amore, quei valori che a volte sentiamo
dimenticati o calpestati
… non pensare solo a se stessi
… trovarsi lo spazio per chiedersi:"cosa posso fare io?" e non vergognarsi di mantenere il proprio impegno davanti
all'espressione: "ma chi te lo fa fare?"
… sentirsi utili agli altri
… poter donare un po' della giovinezza trovando anche uno scopo per realizzarsi dal punto di vista umano
… cercare affetto, sentirsi dire grazie
… scoprire cose nuove
… scoprire il valore delle piccole cose
… mettersi alla prova
… dare un senso al proprio tempo libero e un aiuto a chi è (Cristian, Avo Correggio)
… ricevere tanto dagli altri (Silvia, Avo Correggio)
… vedere se nel rapporto con gli altri si può dare qualcosa in più (Silvia, Avo Correggio)
… mettersi alla prova, per un senso d'altruismo, per rendersi utili. (Gabriele Barca, Presidente Avo delle Murge)
… bisogno di credere in un ideale, di sperimentare nuovi percorsi esistenziali, bisogno di "comunità"; un modo per
manifestare il proprio dissenso contro il consumismo e l'individualismo dilaganti, voglia di mettersi in gioco, voglia di
provare le proprie capacità, desiderio di esperienze forti, esplorare ambienti e modi di vivere alternativi, voglia di
distinguersi dal qualunquismo e dalla superficialità di amici, parenti, talvolta genitori, colleghi di università, di lavoro
(Claudio Lodoli, Presidente Avo Regionale Puglia)
Esperienze personali:
… per noi giovani è importante che nella nostra vita quotidiana, fatta di studio, lavoro e divertimento, si riescano a
dedicare del tempo e delle energie agli altri, abbiamo sperimentato che l'aiuto al malato e il contatto con la sofferenza e
il dolore insegnano ad apprezzare il dono della vita e della salute costringendoci a vivere con profondità la nostra stessa
vita. (Matteo Bonacini, Avo Correggio - tratto da "DarVoce informa" n*6, Dicembre 2002)
… io mi sono avvicinata all’Avo nove anni fa, nel 1993, quando avevo 27 anni. La mia scelta di fare volontariato non
fu dettata da spirito solidaristico, da un senso di disponibilità verso l’altro. La spinta fu invece egoistica. Ero una persona
oggettivamente fortunata: una famiglia affettuosa, una situazione economica che mi aveva permesso di studiare e lavorare
quando e quanto avevo voluto, senza avere l’assillo di riportare a casa lo stipendio, alcuni amici su cui poter sempre
contare. Tuttavia a volte mi sorprendevo a non essere soddisfatta di tutto questo, benché con la logica e la riflessione mi
accorgessi che la vita mi dava molto. Mi preoccupavo delle piccole cose e stavo in ansia per delle sciocchezze. Allora
pensai che forse, confrontandomi con chi era oggettivamente meno fortunato di me, avrei potuto veramente apprezzare
quello che avevo e stare meglio. Decisi quindi di fare del volontariato, attività che di solito consiste nell'aiutare le persone
svantaggiate (almeno questo era quello che pensavo allora , non conoscendo questo mondo, che poi ho scoperto avere
molte altre sfaccettature). Avvicinarsi all’Avo fu una naturale conseguenza di questa scelta perché mia madre nel 1990
era stata ricoverata una settimana all’ospedale ed aveva avuto modo di conoscere l’Avo e i suoi volontari, riportandone
una valutazione molto positiva. Dopo tutti questi anni, posso senz’altro dire che l’Avo mi e’ stata veramente utile in
quello che volevo. Confrontarsi con la malattia, con le persone che soffrono e’ stato un modo per capire veramente quali
sono le cose importanti nella vita, per imparare ad apprezzare quello che si ha, la bellezza delle piccole grandi cose di
ogni giorno. L’Avo mi ha insegnato a “potare”, a dare valore cioè alle cose importanti, a preoccuparsi quando ne vale
davvero la pena. Adesso non sono più la stessa persona che ero nove anni fa. Certo, non si e’ mai la stessa persona di
molto tempo prima. La vita, le esperienze ci cambiano, ci forgiano, sarei cambiata comunque, anche senza l’Avo. Ma
credo che questo servizio mi abbia molto aiutata a formarmi, a tirar fuori la parte migliore di me e ad affrontare con molta
più forza e serenità alcuni episodi davvero brutti che, da un certo punto in poi la vita mi ha messo davanti. (Michela, Avo
Empoli)
… sono arrivata all'Avo quando avevo 16 anni frequentando il corso di aggiornamento che l'Associazione proponeva
ai volontari che volevano prestare il proprio servizio presso il reparto di Malattie Infettive. Ho bussato alle porte dell'Avo
pur sapendo che avrei dovuto attendere il compimento della maggiore età per poter prestare il mio servizio concreto in
corsia. Provenivo da esperienze diverse di volontariato non organizzato (case di riposo, case di carità, oratorio, case di
accoglienza…) ma sentivo che c'era in me qualcosa che non mi soddisfaceva… sentivo il bisogno di vivere un'esperienza
forte e su suggerimento di un sacerdote cappellano del reparto Aids di un ospedale di una città vicina, sono arrivata
all'Avo. Finito il corso di formazione ho atteso due anni custodendo nel mio cuore il desiderio di diventare realmente
volontaria. La mia determinazione ha superato diversi ostacoli incontrati nel percorso all'inizio del cammino: diverse
persone, anche qualche familiare, non era d'accordo che facessi la volontaria nel reparto di Malattie Infettive. E' stata
un'esperienza bellissima, che in un certo senso mi ha cambiato la vita: ho imparato a guardare con gli occhi del cuore e
ad apprezzare il valore ed il senso delle piccole cose e del quotidiano. Perché dunque ho fatto la volontaria? Non solo
per aiutare gli altri e condividere la loro sofferenza, ma anche per ricevere dagli altri un insegnamento di vita… (Silvia,
Avo Reggio Emilia)
… quando ho iniziato il volontariato ero appena un'adolescente, avevo 16 anni e mi ricordo venne fatta un'eccezione
alla soglia minima dei 18. Ho iniziato come fosse un'avventura, trascinata da un mio amico di allora e di oggi. Ho pensato
tanto al motivo per cui a 16 anni mi sono messa il camice e sono entrata in corsia, sono arrivata alla conclusione che il
primo moto è stato un bisogno egoistico, di superare il terrore della malattia e di sentirmi utile per qualcuno che mi fosse
estraneo. Non ho superato la paura del male e ogni volta che mi sono avvicinata ad un letto non ho pensato di essere
utile… Piuttosto l'esperienza in ospedale mi ha fatto riflettere sulla relatività dei problemi, spesso, tante volte l'ho ripetuto,
arrivavo in ospedale trafelata e di corsa, persa dietro chi sa che cosa, e trovavo ad attendermi il sorriso di una persona
che mi ringraziava solo per il mio essere lì a dire una parola in un momento difficile… (Silvia, Avo Fucecchio)
… il volontariato mi fa sentire meno sola perché vedo situazioni in cui sono persone più sole di me e mi rendo conto di
tutte le persone che ho intorno. (tratto da esperienze di ragazzi di Istituti Superiori all'interno del progetto "Mondi
Lontanissimi" proposto da "DarVoce" - Centro di Servizio per il Volontariato di Reggio Emilia)
… un ragazzo secondo me fa volontariato per rendersi in qualche modo utile verso le persone che hanno veramente
bisogno di un aiuto. (tratto da esperienze di ragazzi di Istituti Superiori all'interno del progetto "Mondi Lontanissimi"
proposto da "DarVoce" - Centro di Servizio per il Volontariato di Reggio Emilia)
… molte persone fanno volontariato perché trovano nella persona da aiutare una risposta a parte delle proprie domande
interiori. (tratto da esperienze di ragazzi di Istituti Superiori all'interno del progetto "Mondi Lontanissimi" proposto da
"DarVoce" - Centro di Servizio per il Volontariato di Reggio Emilia)
… la mia scelta non è dovuta a nessun evento in particolare, è una forte motivazione/devozione che ho avuto fin da
piccola e non sono mai riuscita ad esprimere come avrei voluto. Penso che comunque un po’ per tutti quelli che fanno
questa scelta, il volontariato è già una piccola devozione che si ha dentro, che fa parte del carattere. (Antonella, Avo
Reggio Emilia)
… non è semplice spiegare perché ho scelto, due anni fa, di entrare nell’Avo, perché tanti sono i motivi, le esperienze,
l’importanza di certi valori che hanno contribuito alla decisione di vivere questa esperienza. Il desiderio è nato principalmente
da un’esperienza di sofferenza vissuta personalmente, dove ho potuto toccare con mano quanto umanamente sia difficile
accettare di avere un problema di salute, di rendersi conto, dall’oggi al domani,che davvero la salute è necessaria,
importante ed indispensabile. Conoscere la dimensione della sofferenza in me stessa e negli altri è stata per me una
ricchezza inestimabile, a volte anche difficile da esprimere con le parole. Quel periodo così particolare della mia vita fa
certamente parte di uno dei momenti di più grande crescita spirituale e personale che mi ha portata a considerare la cura
delle persone più sofferenti come qualcosa di assai importante. Da qui è nato il desiderio di conoscere l’Avo e la scelta
di dedicare qualche ora del mio tempo libero in un servizio che pone al primo posto la figura del malato in molti suoi
aspetti. La mia esperienza personale con la sofferenza ha segnato profondamente la mia vita, lasciando, dentro di me, il
desiderio infinito di poter fare qualcosa per i malati. Una massima di Madre Teresa di Calcutta diceva: “Prenditi tempo
per essere amabile, perché questo è il cammino della felicità”. Questa frase, che lessi tanto tempo fa, mi condusse a
riflettere sull’idea di scoprire cosa fosse l’Avo, una volta scoperta… ne sono rimasta piacevolmente colpita. (Chiara, Avo
Reggio Emilia)
… spesso mi è stato chiesto il perché di una scelta simile, il perché di una scelta di un volontariato di questo genere.
Non ho un’esperienza personale particolare che mi abbia spinto verso questa decisione, ad esempio un familiare malato,
è piuttosto un desiderio dettato puramente dal cuore. Lo vivo come una necessità di sentirmi viva e attiva in una società
che sempre più spesso chiede aiuto. Per me, e credo per la maggior parte dei giovani, è difficile trovare del tempo libero
e in maniera continuativa. La vita di un giovane è in continuo movimento e mutamento ma credo anche che sia più difficile
ignorare questo forte bisogno di aiutare attivamente gli altri. Io personalmente svolgo il mio turno la domenica mattina
nel reparto di geriatria e aiuto gli anziani nella prima colazione e spesso trovo faticoso svegliarmi presto dopo una serata
in discoteca ma poi il sorriso di un anziano mi fa dimenticare il sonno e tutto il resto e alimenta sempre di più il mio
desiderio di essere volontaria. La mia scelta risale a tre anni fa circa. Avevo appena cominciato l'università e, avendo
una maggiore flessibilità di orario, ho pensato di poter impiegare il mio tempo in modo utile. A dire la verità all'inizio
avrei preferito avere a che fare con i bambini e mi ero interessata all'ABIO. Poi mi venne detto che c'era molta gente e
che esisteva un'altra organizzazione, l'AVO appunto. Ho cominciato così, per provare. E mi è piaciuto. Quello che ha
spinto me era la voglia di fare qualcosa per gli altri e non avrei mai pensato che questa esperienza potesse donarmi tanto.
Ho cominciato per curiosità e spero di non essere mai costretta a smettere. Oggi penso di avere una maggiore consapevolezza
di quello che faccio: rispetto i miei turni perché sono convinta che anche solo un sorriso, una stretta di mano, una carezza
in un momento di grande difficoltà, per un'altra persona, che poi potrei un giorno essere io, significhi tantissimo. Ci sono
ancora momenti in cui mi trovo a non esser sicura di quello che faccio, magari davanti ad una persona particolarmente
sofferente, di quello che dico…a volte penso che potrei fare sempre meglio ma il ricevere un grazie, ma neanche un
grazie, basta un sorriso, da una persona a cui si è stati vicini e si è riusciti anche solo per un minuto a far dimenticare la
sofferenza che vive…beh, penso che questo valga l'impegno. Anzi vale molto di più. Quando si racconta ad altri che si
fa volontariato si viene solitamente coperti di complimenti…ma non penso che ci sia bisogno di questo. Io sono convinta
di ricevere molto di più di ciò che riesco a donare. Vorrei aggiungere un'altra cosa. Quando sono diventata volontaria
non esisteva un vero gruppo. Partecipavo alle riunioni ma non avevo nessun legame di amicizia ad eccezione delle mie
compagne di turno. Oggi esiste un motivo in più per entrare a far parte dell'associazione. Esiste un gruppo. Si possono
veramente incontrare nuovi amici che hanno la mia stessa età o possono esser molto più grandi. Ci sono innumerevoli
motivazioni che possono spingere un giovane a fare questa esperienza: la voglia di crescere, la curiosità di scoprire come
funziona la vita in un'associazione, la voglia di impiegare il proprio tempo in modo utile, il desiderio di stringere nuove
amicizie. Non ne esiste una sola. Ne esistono molteplici che possono esser diverse da persona a persona ed ognuna è
legittima e vera. (Gruppo Avo Giovani Magenta)
… credo sarebbe interessante, una volta elencate le diverse ragioni per cui un giovane fa volontariato (e, a meno che
non sia disoccupato, di solito lo fa con qualche difficoltà a “incastrare” al meglio i tempi di lavoro/studio…), fare un
esame serio delle dinamiche emotive e psicologiche che portano alle scelte suddette; e di quale equilibrio sia possibile
fra offrire e ricevere, sia nella qualità che nella quantità. Nel senso che non ci sono scelte assolutamente “pure” nelle
motivazioni, né -qualcuno ci ricordava nei corsi di formazione- sarebbe giusto averle: è ovvio che quanto faccio, e faccio
oltretutto volontariamente, mi richiede qualcosa e mi offre elementi di crescita (o di crisi, dipende dai contesti). Indagare
questi spazi della emotività e della decisionalità potrebbe essere un buon lavoro. (Gruppo Avo Giovani Brescia)
… io credo che qualsiasi giovane che decide di entrare a far parte di un’associazione di volontariato (e quindi svolgere
settimanalmente un servizio in ospedale come volontario) la maggior parte delle volte lo fa perché spinto da una
“insoddisfazione” personale o generale della società, perché di trova in un momento particolare della vita, in cui magari
sente che ha bisogno di mettersi alla prova e di rendersi utile, ma soprattutto per migliorare “se stesso”! Qualsiasi volontario
lo può confermare: è vero che si fa “molto” per gli altri, ma ciò che è più importante è che ci si aiuta ad essere più aperti
con il prossimo e più sereni con se stessi e il mondo! Chiaro è che comunque una persona debba essere portata ad un
minimo di ascolto all’altro per poter essere un buon volontario, ma anche questa è una caratteristica, che col tempo
trascorso in corsia, con l’impegno a frequentare corsi di specializzazione ed aggiornamento, qualunque persona che ha
voglia di dare amore lo può fare appieno! E’ vero anche che una persona se lo deve anche sentire, insomma il mio caso
per esempio è stato questo: fin da piccola mi ha sempre attirato questa cosa, l’idea di poter far sorridere una persona
malata, triste, in difficoltà, mi avrebbe riempito il cuore e allora, ad una certo punto, quando tutto diciamo poteva anche
andare bene, a casa tutto bene, il lavoro tutto bene, mi sono ritrovata a voler fare di più, ma non direttamente a me ma
agli altri e iniziai a contattare associazioni di volontariato, frequentai il corso AVO con un proposito “IO CI PROVO”,
con i timori di una 25enne, essendo anche una persona abbastanza timida, continuando a ripetere a me stessa che anche
avessi fallito, volevo provare a vedere se fossi stata in grado, insomma se faceva per me. Ho partecipato al corso, ho fatto
il tirocinio e dopo quattro anni mi ritrovo soddisfatta pienamente di ciò che il volontariato mi ha dato, di come sono
cambiata e come il volontariato mi abbia rafforzato; l’inizio non è stato facile, tante volte entrando in corsia mi ripetevo
"e adesso cosa dico al primo paziente che incontro?" e poi vedevo che tutto filava liscio come l’olio, le cose venivano
da sé, la gente era triste ma alla fine uscivo dalla stanza e la persona era più serena ci eravamo trovati bene, insomma
avevo fatto passare anche solo cinque minuti sereni a una persona malata. Il volontariato per me è stato ed è tuttora una
lezione di vita che consiglio a qualsiasi giovane! (Gruppo Avo Giovani Desio)
… essere volontari significa fare dono di sé, mettere a disposizione di chi ne ha bisogno le proprie risorse. Implica
donare amore, comprensione ed aiuto ma, allo stesso tempo, una grande occasione per mettersi in discussione e migliorarsi.
Il bisogno di essere volontari nella propria vita nasce da un’attenta valutazione del sé: non si può essere volontari se prima
non ci si conosce bene. L’aiuto che si può dare non deve mai essere compensazione di mancanze personali ma deve essere
aiuto puro all’altro. Non possiamo donarci interamente o perderemmo l’integrità del nostro dono. L’aiuto è amore ma
amore equilibrato. Il giovane che arriva ad essere volontario offre la sua forza, energia e purezza a chi soffre ricevendo
gioia e saggezza. Per essere cittadini del mondo è fondamentale saper “essere per” ma prima di questo bisogna imparare
ad “essere con” gli altri, attraverso il raggiungimento della conoscenza dell’altro e dell’importanza della relazione con
l’altro possiamo dare valore alla nostra esistenza e sentirci realmente vivi e felici e per qualsiasi essere umano ciò è
fondamentale. (Gruppo Avo Giovani Mantova)
… credo che in una società come la nostra, improntata ad uno stile di vita frenetico, allo stress e alla minimizzazione
del tempo libero, il desiderio di diventare volontario è sicuramente un gesto positivo e che apre molta speranza. Il
volontariato non è solo “donare” parte di se stessi a qualcuno ma anche ricevere molto in cambio; un arricchimento
interiore, una sorta di crescita che porta nel tempo numerosi benefici interiori alla persona. (Gruppo Avo Giovani Cinisello
Balsamo)
… dietro questa scelta c’è una forte motivazione: quella di fare del bene al prossimo senza chiedere nulla in cambio.
Mi rende particolarmente felice l’idea di poter fare qualcosa per delle persone bisognose di aiuto, mi sento utile e ciò
che faccio lo faccio con amore. Soprattutto è una cosa gratuita e naturale che arricchisce la vita quotidiana di ogni giorno.
In realtà qualcosa in cambio lo si ha, senza alcuna richiesta o pretesa, è la gratificazione che arriva da piccoli gesti, poca
cosa rispetto alla sofferenza del malato, ma grandi per l’amore che esprimono. (Gruppo Avo Giovani Cinisello Balsamo)
… dopo aver fatto esperienza come obiettore curando i malati ho conosciuto tramite una persona l’AVO e allora ho
pensato di poter continuare l’esperienza come volontario per aiutare gli altri e sono contento della scelta che ho fatto.
(Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… dopo aver lasciato l’oratorio sentivo il bisogno di dare ancora spazio agli altri soprattutto di quelli con più bisogno
del mio tempo libero. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… in origine era il grande rimorso per non essere riuscito ad aiutare una persona a me cara; poi durante il corso formativo
si è accesa una grossa curiosità sulle possibilità di portare un sorriso a chi soffre, un ascolto a chi ha tanto da raccontare.
Durante questi anni ho potuto capire che loro ci aspettano e mi sembra un peccato mancare al servizio. (Gruppo Avo
Giovani Ponte San Pietro)
… il perché è da cercarsi all’interno di ognuno di noi. Ogni persona decide per sé. Il mio di perché è da ricercarsi in
un’altra esperienza la Croce Rossa. Lì trovavo stimoli e sensazioni diverse, del tipo: soccorrere la gente, conoscenze
riguardo il primo soccorso. Appagava in parte la voglia di aiutare gli altri, mancava qualcosa, il rapporto con il paziente.
Facendo volontariato ho trovato quello che cercavo perché puoi aiutare gli ammalati sia fisicamente che mentalmente
nel senso che li puoi imboccare, portare il caffè, ma ciò che conta di più per me è saperli ascoltare e poter dare piccoli
consigli. Questo è il tutto. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… secondo me la domanda è posta male, anche perché … non è una domanda, mancando il punto di domanda. E’ sempre
la classica domanda che mi viene posta da mille persone e in mille occasioni. Appena conosco una nuova persona e le
dico che sono volontario in ospedale, nove volte su 10 la sua domanda è “Perché lo fai?” Per non parlare delle persone
(cioè i pazienti) che incontro in ospedale: “Perché lo fai?”. Sinceramente, non ho la risposta alla domanda e di solito mi
viene di rispondere con… una domanda: “Perché non dovrei farlo?”, “Esiste uno o più motivi per cui non dovrei farlo?”
Si parte sempre da un punto di vista “normale”: normalmente i giovani NON fanno volontariato. O meglio, la maggior
parte dei giovani non fa volontariato e preferisce la discoteca, il pub, la bella macchina, andare a sciare, lo stadio, una
canna… Sono banale, vero? Ma provate a guardare i telegiornali o le trasmissioni “porta a portiane” che si fanno sul
malessere giovanile: la nostra immagine è quella di persone senza ideali, svuotate. “Se entri in un pollaio, troverai polli,
non aquile” e quindi se vai a una discoteca alle quattro della domenica mattina, troverai ragazzi di un certo tipo, ma non
sono tutti così. Se vai in Croce Rossa o all’AVO la domenica mattina troverai altri ragazzi, diversi dai primi, ma non
tutti i ragazzi sono così. Il perché di una scelta è, secondo me, di una semplicità disarmante: “Perché mi piace”. Punto e
basta. Non esistono, per me, ragioni religiose o filosofiche: ogni persona libera tende sempre a fare ciò che gli piace,
varieranno i gusti, ma l’obiettivo è sempre fare ciò che ci fa star bene. Così io, per stare bene, faccio il volontario, mentre
il mio vicino di casa va allo stadio: non siamo diversi, siamo due persone uguali, con gusti differenti forse, ma sempre
con l’obiettivo di stare bene. Certo, all’inizio uno prova. Anche io ho provato a fare il volontario, non avendolo mai fatto
non potevo sapere che riflessi avrebbe avuto su di me. Poi ho scoperto che la cosa mi piaceva, mi faceva stare bene e
quindi era naturale che continuassi. Concludendo… ritorno all’inizio: “Perché lo fai?“, “Mi piace, perché non dovrei
farlo?” (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… é bello ogni tanto ritornare al perché di questa scelta maturata senza particolari momenti di riflessione alle spalle.
L’opuscolo dell’Avo arrivava a casa mia nel mese di settembre 2001: a ottobre iniziava il corso. Non conoscevo neppure
cosa significasse Avo, cosa facesse, insomma per me era buio assoluto. Il corso è stato interessante, formativo, e mi ha
aiutato a dare risposta ad alcune delle mie domande. Così senza un perché particolare iniziai ad andare in corsia. Da quel
giorno mi sono resa conto dell’importanza di vivere la propria vita cercando di non sprecare neppure un piccolo spazio,
donando tanto amore verso il prossimo a partire da quello che mi sta accanto. La scelta dell’Avo non è altro che la scelta
di vivere in pienezza la propria vita. Dopo una settimana di lavoro perché non dare un po’ di tempo a chi è sofferente,
senza fare delle super cose, basta saperli ascoltare!!! Per me l’AVO è Amore nel Vivere l’Oggi. (Gruppo Avo Giovani
Ponte San Pietro)
… a parte le motivazioni personali, a volte i giovani si avvicinano al volontariato per sentirsi parte di un "qualcosa",
per avere la certezza di lasciare un segno del loro cammino, del loro passaggio, realizzando qualcosa di positivo per gli
altri. L'AVO può essere per i giovani un punto di riferimento, di aggregazione, un mezzo per poter dare il loro contributo
impegnandosi nel sociale. (Agata Danza, presidente dell'AVO di Foggia - Don Uva - Casa di cura protetta - e Referente
regionale dell'AVO Giovani Puglia)
… é difficile per noi individuare una risposta univoca a questa domanda. Ognuno di noi, nella propria vita, sceglie di
aderire ad iniziative di vario genere auspicandosi sicuramente un esito positivo di quell’attività che andrà ad intraprendere.
Eppure, sempre, ogni decisione comporta dei rischi, delle possibilità di insuccesso. E’ così anche per il volontariato,
specialmente per il volontariato che implica il coinvolgimento della persona nella sua componente di relazione con l’altro.
Per scendere nello specifico possiamo suddividere in tre categorie le motivazioni che ci hanno portato a scegliere di
svolgere un’attività di volontariato: Motivazioni di tipo espressivo/relazionali: sono per noi le prevalenti, non avremmo
scelto di svolgere alcuna attività di volontariato senza queste come presupposto. Comprendono motivazioni del tipo “stare
con gli altri”, “aiutare gli altri in difficoltà”, “condividere con altri - volontari e non- la mia vita”, “mettere al servizio
degli altri un po’ del mio tempo libero”, ecc… Motivazioni di tipo strumentale: sono quelle motivazioni che vedono il
volontariato come mezzo per raggiungere obiettivi specifici. Ad esempio: “unire le forze per obiettivi comuni”, “partecipare
alla società civile”, “far sentire la voce di chi non può parlare”, ecc…
Motivazioni di tipo individualistico, qui intese non in senso negativo, ma positivo, come riflesso dell’identità della
persona. Sono le motivazioni del tipo: “perché mi sento predisposto”, “per riempire ancora di più la mia vita”. Crediamo
che ognuno di noi, sotto sotto, abbia scelto il volontariato anche per motivazioni di tipo individualistico, anche se spesso
sono inconsce e/o non volutamente dichiarate. D’altronde lo rendiamo evidente spesso, quando diciamo che il volontariato
ci dà di più di quello che diamo. E’ ovvio che i “perché” della scelta iniziale si evolvono nel corso del tempo: cambiano
a seconda di quello che ci capita, di chi incontriamo e dei momenti che viviamo. Fanno dapprima scegliere di aderire
ad un’attività di volontariato e poi a tutto ciò che è connesso (cioè alla vita associativa, con l’assunzione di incarichi per
l’associazione, ecc…). A volte possono esaurirsi e portano all’abbandono del volontariato, di quel tipo di volontariato.
Altre volte, invece (e per fortuna!), seguono un percorso ad aumento: è quell’energia incontenibile che permette di “fare”,
di andare avanti e di rispondere positivamente alla domanda sul senso della scelta compiuta. (Gruppo Avo Giovani
Piacenza)
2) Il ruolo dei giovani all'interno dell'Avo: quale possibile collaborazione tra giovani e adulti? (risposte
ricavate da interviste a volontari Avo)
Dati Federavo ricavati dai questionari elaborati al Convegno di Fiuggi 2001 relativi al gruppo di lavoro D:
circa la metà dei giovani è presente negli organi sociali e tutti i volontari ritengono importante la loro presenza in quanto
il giovane porta all'interno dell'Associazione nuovo entusiasmo ed idee
il 90% dei giovani che hanno risposto ai questionari si sente valorizzato dalla propria Avo e considera il rapporto tra i
giovani e gli organi sociali più che sufficiente, così come il rapporto tra giovani e adulti
è dall'unione della creatività e dell'entusiasmo del giovane con la concretezza e la costanza dell'adulto che potrà crescere
l'Associazione;
Testimonianze di volontari:
… prima di tutto dobbiamo imparare a conoscere i giovani, poi dobbiamo affiancarli ed amalgamarli con serenità
all'interno del gruppo e dell'Associazione affidando loro, per gradi, i compiti che già oggi svolge l'adulto. (Anna, Avo
Reggio Emilia)
… il ruolo dei giovani è essenziale, necessario, unico; non riesco a pensare a questa nostra Associazione con solo volontari
adulti. (Vilma, Avo Reggio Emilia)
… penso che siamo coloro che vogliono che l'Associazione si adegui alla realtà in cui viviamo; siamo il futuro
dell'Associazione; siamo volontari a cui piace vivere l'Avo; oltre alle attività in Associazione cerchiamo anche altre forme
di attività o iniziative da condividere insieme, dentro e fuori dall'Avo; vogliamo contribuire a rendere l'Avo più grande.
(Ivan, Avo Cinisello Balsamo)
… credo che la collaborazione sia un elemento importante all’interno di qualsiasi contesto e quindi anche in una
associazione come l’Avo. In associazione si deve quindi sempre mirare a promuovere una cultura della collaborazione.
Chi nell’associazione ha compiti di natura organizzativa e direttiva (il consiglio, i responsabili di reparto) deve farsi
promotore di questo modo di operare con l’esempio, con il coinvolgimento dei volontari, nella consapevolezza che un
volontario coinvolto e collaborativo e’ un volontario più soddisfatto e più disponibile. La collaborazione serve a trovare
la giusta via fra le esperienze e i punti di vista delle persone ed e’ senz’altro il mezzo per far crescere l’associazione nel
modo migliore. E’ qualcosa che deve circolare fra tutti i membri dell’associazione aldilà dell’età, aldilà dell’essere giovane
o adulto o vecchio. Purtroppo l’esperienza dimostra che questa cultura del collaborare non e’ ancora molto diffusa e che
spesso siano sempre le stesse persone a fare e ad imporre il proprio punto di vista. Bisogna lavorare ancora molto in
questo senso per far capire l’importanza di questo concetto e come questo sia sempre più irrinunciabile in una associazione
che deve essere sempre viva e pronta a cogliere i cambiamenti dell’ambiente in cui si trova ad operare. Collaborare con
i giovani, nelle Avo dove questa cultura e’ diffusa e praticata (e qui faccio riferimento alla mia realtà), può presentare
delle maggiori difficoltà a causa del fatto che la maggior parte di loro si dimostra poco costante nella partecipazione e
poco affidabile nel portare a termine un incarico. (Michela, Avo Empoli)
… creatività, entusiasmo, immediatezza nelle relazioni, competenze informatiche; ma i giovani nell'AVO in corsia hanno
il ruolo di portare la loro giovinezza: per i malati ricordi, speranza, luce, voglia di esserci nonostante tutto. La collaborazione
è possibile ad ogni livello, se si rispetta lo spirito profondo dell'AVO che si fonda sull'unità dei diversi. E pluribus unum!
Si tratta di mettersi con serenità intorno ad un tavolo e far emergere le qualità di ciascuno (giovani e anziani insieme)
per valorizzare le potenzialità complessive del gruppo. Basta ricordare che qualunque rapporto si fonda sulla fiducia e
sul rispetto reciproci. (Claudio Lodoli, Presidente Avo Regionale Puglia)
… la collaborazione tra i giovani e gli adulti è sicuramente di grande importanza: l’esperienza che hanno gli adulti, le
varie problematiche che hanno affrontato, l’insegnamento che ci possono dare sono sicuramente un grande appoggio ma
la presenza degli adulti non deve escludere quella dei giovani e i loro contributi. (Antonella, Avo Reggio Emilia)
… la collaborazione tra giovani ed adulti è una delle più grandi ricchezze di questa associazione: la presenza di molte
persone con tanta esperienza di servizio è un “faro guida” per chi, come me, è giovane e alle prime armi! All’Avo si
viene accolti con molto calore proprio dalle persone più “anziane” del mestiere, che con molta delicatezza si affiancano
a te, durante il cammino, non solo nella fase iniziale ma anche in tanti momenti successivi dove, magari, si incontrano
le prime difficoltà o le prime delusioni. Lo spazio per collaborare insieme è sempre presente ed è, credo, la forza dell’Avo.
La presenza di diverse età rende questa associazione un esempio splendido di come sia possibile la convivenza e la
condivisione, mettendo a confronto generazioni diverse che, insieme, sono in grado di collaborare, consapevoli della
reciproca ricchezza, nel rispetto e nella condivisione degli stessi valori. (Chiara, Avo Reggio Emilia)
… l’AVO di Magenta è ancora all’inizio e la strada da percorrere è molto lunga. Si sta ancora lavorando per migliorare
la gestione base dell’associazione per esempio la maniera di far arrivare le informazioni a tutti i volontari in modo semplice
e veloce. Il gruppo giovane è nato dopo il convegno di Napoli, siamo circa in 10 ma purtroppo solo in due partecipiamo
attivamente alla vita associativa. E’ difficile capire quale tipo di collaborazione può esserci tra giovani e adulti quando
ancora questa collaborazione non esiste tra i giovani stessi. Sappiamo che un giovane è incostante e ha bisogno di stimoli
continui e dove cercarli se non tra ragazzi che come lui condividono questa esperienza ? Troviamo difficile proporre le
nostre idee agli adulti perché siamo solo in due anche se il nostro impegno è costante. Essere in tanti dà più forza alle
idee e alle proposte. Con questo non voglio dire che gli adulti hanno una cattiva considerazione di noi giovani, solo che
non viene considerata alcuna differenza tra i due tipi di volontari quando invece nella realtà esiste. Un giovane non può
essere trattato allo stesso modo di un adulto ma deve essere continuamente stimolato e coinvolto. Credo che gli adulti
dell’AVO di cui faccio parte non tengano in considerazione la presenza concreta di un gruppo giovani. Per loro i giovani
ci sono ma che facciano gruppo o no è la stessa identica cosa. Credo che in questo momento preciso dovrebbero aiutarci
a formare questo gruppo affidandoci dei compiti su cui lavorare tutti insieme. Questo è secondo me il primo passo verso
una solida collaborazione. Sembra incredibile ma a momenti di svago come le “pizzate” non partecipa nessun giovane…
Sembra quasi impossibile far capire ai giovani che far parte dell’AVO non significa solo andare al svolgere il proprio
turno ma anche incontrarsi con gli altri volontari, passare dei momenti piacevoli in allegria e condividere con loro le
nostre esperienze di volontariato per stimolarsi a vicenda. In questi giorni si sta svolgendo un nuovo corso di formazione
e ci sono cinque nuovi giovani, non mi resta che dire….speriamo in loro!!!! (Gruppo Giovani Avo Magenta)
… credo, quella legata alla matura e consapevole accoglienza delle ricchezze (e delle difficoltà) diverse, legate alle varie
età. Non penso sia facile lavorare su questo punto senza prima aver fatto mente locale sulle differenze che dividono
adulti/anziani dai giovani nel vedere la vita, le sue esigenze, le sue sfaccettature. Differenze legate alla storia vissuta, al
contesto sociale mutato, ai valori che si ritengono fondanti…. E, allo stesso tempo, è importante capire a fondo ciò che
unisce (e COME le unisce) persone forse così diverse per età, esperienze, sensibilità. Non è sufficiente dire che il punto
di unione è l’ammalato, di fronte al quale la diversità di reazione tra un volontario anziano e uno giovane può facilmente
portare a non comprendere reciprocamente le modalità di approccio e di condivisione del suo percorso. (Gruppo Avo
Giovani Brescia)
… io credo che tra giovani e adulti dell’AVO ci possa essere una vera e propria collaborazione, credo che i giovani siano
sempre il futuro e che gli adulti debbano dare più carta bianca a loro. Ma purtroppo non è così. Bisognerebbe una volta
creato un gruppo solido di giovani, organizzare delle riunioni mensili nelle quali gli adulti dell’AVO ci diano consigli,
ci raccontino le loro esperienze all’inizio del loro servizio, ci diano insomma le basi, che a noi mancano, per creare un
gruppo sempre più unito e solido. (Gruppo Giovani Avo Desio)
… la collaborazione può, secondo noi, essere e allo stesso tempo non essere un problema. L’obiettivo comune, nonostante
la differenza di età e, talvolta, di opinione, è quello di collaborare attivamente per l’associazione e per il degente in
funzione del quale esiste il volontariato. Il contatto tra giovani ed adulti è fondamentale e non evitabile. Impegno di
entrambi (giovani e adulti) deve essere quello di riuscire a scendere a compromessi. Inevitabilmente, differenze di opinioni,
di idee e di possibilità minano la buona riuscita del “rapporto”; riuscire a superare questi blocchi deve essere l’obiettivo
primario da ambo le parti. Quello che i giovani devono e possono fare all’interno dell’Avo è condizionato dall’associazione
e dai giovani stessi, dalla volontà di questi ultimi e dalla disponibilità ed apertura degli altri. Per un buon rapporto secondo
noi è fondamentale che: esista un contatto diretto e costante tra Avo Giovani e Direttivo e ci si ponga come obiettivo di
conquistare la fiducia reciproca, di conseguenza non bisogna isolarsi!! I due gruppi devono lavorare in sintonia! Le scelte
e le decisioni da entrambe le parti devono assolutamente essere condivise! (Gruppo Avo Giovani Monza)
… giovani ed adulti AVO possono dare vita ad una grande collaborazione poiché si può unire la freschezza mentale e
fisica dei giovani alla grande saggezza ed esperienza degli adulti. Si tratta di creare una collaborazione attenta, aperta
tesa al miglioramento della prestazione del volontario nelle varie strutture. L’adulto insegna al giovane a moderare certi
atteggiamenti magari impulsivi e disattenti ed il giovane può offrire la propria freschezza di pensiero, la creatività,
l’innovazione e, anche, quell’insicurezza che aiuta a sperimentarsi ed a dare una nuova luce e speranza alle situazioni
problematiche e non. (Gruppo Avo Giovani Mantova)
… non è un luogo comune dire che dagli adulti non si finisce mai di imparare, quindi ritengo che anche nel campo del
volontariato la collaborazione tra adulti e giovani è molto importante. Ascoltare le esperienze delle persone che da anni
esercitano il volontariato può essere utile a noi giovani al fine di confrontarci e “lavorare” su eventuali miglioramenti.
In egual misura gli adulti, in una società come la nostra che è in continua evoluzione, possono trarre dai giovani nuove
idee e suggerimenti. Un lato negativo di questa esperienza di “scambio” potrebbe essere da parte di entrambi la presunzione
di voler imporre a tutti i costi il proprio modo di prestare volontariato e non accettare i suggerimenti, le sensazioni
dell’altro. Probabilmente il modo in cui avviene l’approccio verso il malato, tra un volontario adulto e uno giovane rimarrà
sempre diverso, tuttavia è bello pensare che sia da una parte che dall’altra ci sia la volontà di imparare ad ascoltare le
idee di tutti, rispettandole e non ostacolandole. Questo principio comunque credo sia la base che andrebbe utilizzata
sempre, in ogni momento della nostra vita. (Gruppo Avo Giovani Cinisello Balsamo)
… la collaborazione tra giovani e adulti deve essere totale, altrimenti si rischia di creare sette in seno all’associazione:
da una parte gli adulti e dall’altra i giovani. Occorre che l’intraprendenza e l’esuberanza dei giovani venga mitigata e
smussata dall’esperienza degli adulti, insomma bisogna creare un cocktail non troppo alcolico, ma neanche una camomilla!
Per nostra fortuna, le persone adulte dell’associazione sono sempre ben disponibili nei nostri confronti e quando abbiamo
chiesto spazio all’interno dell’associazione non ci è stato mai negato: alla riunione annuale e a quella di reparto abbiamo
cantato l’inno AVO accompagnati da chitarra; la nostra rappresentante ha lanciato l’idea di una pizzata che è stata accolta
da quasi 30 volontari; il Consiglio AVO ha pagato il vitto ai sei giovani che hanno partecipato al Convegno di Napoli.
Inoltre nel Consiglio stesso sono presenti due giovani volontari che quindi sono nostri portavoce all’interno dell’associazione.
Anzi, spesse volte sono proprio gli adulti dell’AVO (e in primis la nostra presidente) che ci invitano a trovare idee per
rivitalizzare l’associazione e cementare il gruppo. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… per fortuna nell’Avo ci sono i giovani, altrimenti questa associazione non potrebbe pensare al futuro. E’ una sfida
quella dell’Avo: affiancare l’esuberanza dei giovani, ma anche la fragilità degli stessi, a volte per causa della loro
immaturità, con le certezze “sicure” degli adulti. Secondo me l’adulto, come un padre premuroso, dovrebbe intervenire
e aiutare con consigli mirati, ma prima ancora ascoltando le difficoltà del giovane senza criticarlo in modo gratuito e
senza senso. I giovani potrebbero organizzare momenti ricreativi anche all’intero dell’ospedale con i malati. A volte la
“follia” dei giovani predispone piani che poi difficilmente trovano riscontro nella realtà: sta agli adulti prendere in
considerazione l’idea e aiutare i giovani a metterla in pratica laddove è possibile. Lasciare che i giovani si occupino di
determinati reparti: tipo la pediatria. E’ importante creare il clima di accoglienza all’interno dell’Associazione: ogni
membro si dovrebbe sentire parte della stessa. Quindi si potrebbe affidare ai giovani il comitato di accoglienza
dell’associazione. Creare uno spazio all’interno del proprio ufficio dove poter comunicare sia tra di loro ma anche per
promuovere iniziative cosicché tutti gli aderenti dell’associazione, giovani e adulti siano a conoscenza. (Gruppo Avo
Giovani Ponte San Pietro)
… lavorare insieme su una biblioteca AVO. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… poter avere uno scambio di idee e di esperienze di attività per poter migliorare e poter così lavorare insieme. (Gruppo
Avo Giovani Ponte San Pietro)
… da parte mia è difficile riuscire a collaborare con loro. Dipende da loro se riescono a farmi sentire a mio agio e riesco
a collaborare. Per riuscire a collaborare con loro si possono organizzare serate in cui si mettono a confronto esperienze
d vita riguardanti l’Avo ma soprattutto quelle personali in modo da riuscire a conoscersi meglio o anche per affiatarsi
meglio. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… i giovani possono portare un po’ di serenità in una fase di dolore di altra gente, ma non solo per i malati ma anche
per i parenti molto preoccupati per la salute dei propri cari. Poi possono anche portare nuove idee da discutere con i
volontari più esperti e trovare nuove soluzioni per problemi un po’ datati. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… la collaborazione tra giovani e adulti nell'associazione non deve essere solo possibile ma necessaria. Il percorso di
crescita deve essere fatto assieme nel rispetto e nello scambio reciproco delle proprie esperienze. (Agata Danza, presidente
dell'AVO di Foggia - Don Uva - Casa di cura protetta - e Referente regionale dell'AVO Giovani Puglia)
… lavorare insieme alla propria formazione accettando le idee innovative dei giovani per creare un solido futuro all'AVO.
(Gabriele Barca, Presidente Avo delle Murge)
… la risposta più semplice e generale che ci viene in mente corrisponde ad una constatazione di fatto: i giovani possono
assumere all’interno dell’Avo niente di meno che il ruolo che si affida loro. Nello stesso tempo, però, è impossibile, per
i giovani (ma è così per tutti), agire ruoli che non fanno parte del loro modo di essere, che non sentono parte della loro
identità personale. Il primo ruolo che i giovani agiscono all’interno dell’Avo è quello di volontari Avo: forse quest’osservazione
può sembrare banale, ma ci sembra importante sottolinearlo. Da questo punto di vista siamo tutti uguali, giovani e adulti:
la collaborazione deve essere massima per offrire sempre di più al malato. I responsabili di reparto fanno però notare
che la loro collaborazione con i volontari più giovani è molto diversa rispetto a quella con gli altri volontari: i giovani
vanno accompagnati e seguiti per più tempo, vanno chiamati spesso perché altrimenti si sentono abbandonati, vanno
“educati” all’ascolto perché, spesso, tendono a “fare” più che ad essere, ecc… Comunque, secondo noi, a grandi linee, i
giovani agiscono due ruoli prevalenti all’interno dell’ Avo di Piacenza, ruoli che abbiamo cercato di chiarire attraverso
due immagini . I giovani come “la nostra speranza del futuro” (= i giovani sono i nipoti, coloro che faranno sopravvivere
nel tempo il nome e le usanze della famiglia): è il ruolo preponderante, non si perde occasione per ricordarcelo (è
confermato anche dalle parole dei responsabili di reparto che abbiamo riportato sopra). La collaborazione che ne deriva
è, però, un po’ sbilanciata nei confronti degli adulti che si sentono in dovere di “educare i giovani ad essere Avo”.
Chiamiamola una forma di tutoraggio che non termina mai, un continuo tenere la mano per evitare la caduta. Questo
atteggiamento fa sentire sicuri anche se, forse, non permette di assumere pienamente la responsabilità di ciò che si
intraprende e, quindi, di fronteggiarne le conseguenze. I giovani come “persone consapevoli e competenti” (= i giovani
sono i compagni di viaggio): questo è un ruolo molto diverso dal precedente, è la diretta conseguenza di un non considerare
i giovani come una categoria a sé, ma solo ed esclusivamente dal punto di vista di ciò che li accomuna al gruppo Avo. I
giovani hanno il diritto/dovere di (provare ad) agire nell’Avo secondo le proprie competenze acquisendo, con il passare
del tempo, una sempre maggiore consapevolezza ed esperienza. La collaborazione si basa su di un rapporto paritario, di
stima e fiducia reciproca ed è volta al buon funzionamento dell’associazione e all’ottimizzazione del servizio all’ammalato.
(Gruppo Avo Giovani Piacenza)
Quali compiti affidare ai giovani all'interno dell'Avo?
(risposte ricavate da interviste a volontari Avo)
… trovo corretto assegnare responsabilità ai giovani per farli sentire più motivati e più partecipi alla vita associativa; è
importante che un giovane senta dentro di sé quel senso di appartenenza all'Associazione… è una esperienza che fa vivere
il volontariato in maniera più profonda oltre al vissuto del proprio servizio in corsia, credo che noi giovani dobbiamo
avere questa opportunità ed esperienza perché in fondo noi siamo il futuro dell'Associazione ed è importante che fin da
giovani si capisca il senso dell'appartenenza all'Associazione. (Ivan, Avo Cinisello Balsamo)
… affiderei senza alcuna reticenza incarichi importanti ai giovani perché l'Avo è questa: un insieme di volontari nella
diversità di età ed esperienza. (Volontario Avo Reggio Emilia)
… ben venga, a mio parere, che giovani di talento occupino posti di dirigenza nell'Associazione, avrei però una perplessità
riguardo all'incarico di responsabile di reparto, questo non perché il giovane non sia in grado di svolgere in modo adeguato
l'incarico (lo è eccome!) ma essendo volontari misti come dato anagrafico, temo che un responsabile molto giovane possa
incontrare delle difficoltà nel gestire i volontari, ad esempio persone della mia età, parecchio matura, possono creare nel
giovane un sentimento di troppo rispetto che può pregiudicare la serenità nel dare un consiglio o fare una raccomandazione;
per altri incarichi sono convinta che essere diretti da forze giovani sia senza ombra di dubbio auspicabile. (Vilma, Avo
Reggio Emilia)
… affiderei incarichi di responsabilità ai giovani ma sempre con cautela, non dall'oggi al domani e senza un minimo di
aiuto e di accompagnamento, il giovane deve essere coinvolto ma anche guidato perché sarà lui il futuro dell'Avo. (Anna,
Avo Reggio Emilia)
… affiderei al giovane incarichi stimolanti e più vicini alle sue esigenze: promozione dell'Associazione tramite attività
presso le scuole, nel corso di manifestazioni locali…, animazione di feste nei reparti ospedalieri o nelle case di riposo e
delle feste dell'Associazione… (Volontario Avo Reggio Emilia)
…"Perché sono stata votata in Consiglio Direttivo? Credo proprio per la mia età. Mi avranno sicuramente votato i giovani
per ottenere un loro rappresentante, ma forse anche un po' di volontari più anziani... Per quanto riguarda la nomina a
Presidente dell'Avo… questo non bisognerebbe chiederlo a me ma piuttosto ai consiglieri che mi hanno votata all'unanimità!
Ma provo comunque a rispondere… Credo che su queste scelte incida un complesso di valutazioni: dalla disponibilità
di tempo, alla voglia di mettersi in gioco, di rischiare, a componenti emozionali, alle esigenze del privato con le quali
ciascuno deve fare i conti, alla necessità di dare in ogni caso una guida stabile a tante persone che hanno posto nelle mani
dei colleghi il proprio futuro di volontari. Tutto alla fine si gioca in uno spazio di tempo brevissimo nel quale bisogna
individuare una soluzione che sia gradita per alcuni, accettabile per altri, non completamente invisa ai rimanenti. La
nomina di un presidente in un'AVO di una certa dimensione è sempre il frutto di una mediazione. Credo che anche a
Reggio Emilia le cose siano andate così. Se vuoi saperla tutta fino in fondo al momento che mi è stato proposto l'incarico
per il triennio, ho risposto sì, istintivamente, di getto e senza rifletterci neppure un istante. Se stai pensando che in questa
risposta c'entri l'incoscienza giovanile, hai azzeccato in pieno. Ma lo sai come sono fatta, se prendo un impegno poi lo
devo portare responsabilmente fino in fondo ..." (da intervista di Claudio Lodoli a Silvia, Presidente Avo Reggio Emilia
- "Noi Insieme" n*85)
… "Come hai impostato la gestione dei rapporti gerarchici con persone spesso molto più anziane di te? Hai incontrato
difficoltà? No. Non ho incontrato particolari difficoltà. La mia giovane età mi imponeva prima di tutto il rispetto per i
colleghi più anziani; questo atteggiamento ha sicuramente favorito lo sviluppo di buoni rapporti con tutti, facendo rientrare
poco a poco anche incertezze e perplessità che avevano accompagnato la mia nomina. Dunque la prudenza non ha
rappresentato affatto un limite alla possibilità di svolgere la mia funzione propositiva e di coordinamento. Conferendo
al Consiglio un ruolo centrale, come luogo privilegiato per il confronto e per l'individuazione delle strategie, la condivisione
dei problemi e delle decisioni sono diventate il punto di forza di questa AVO. Responsabilità diffuse e ampi spazi di
autonomia hanno fatto il resto…" (da intervista di Claudio Lodoli a Silvia, Presidente Avo Reggio Emilia - "Noi Insieme"
n*85)
… credo che tendenzialmente ai giovani nell’Avo possa essere affidato qualunque incarico, tenendo in considerazione
le loro attitudini, il loro carattere, le loro capacita’ relazionali, la loro formazione culturale. Adottando cioè quei criteri
che di adottano quando si individua una persona che si ritiene adatta allo svolgimento di un certo compito, sia essa giovane,
adulta, vecchia. Forse, per i tratti dimostrati dalla maggior parte dei giovani, essi sono più adatti a svolgere compiti che
necessitano di passionalità, creatività, spirito innovativo e che si esauriscano in un periodo di tempo abbastanza breve,
visto che la costanza e la affidabilità non sono una delle loro caratteristiche più sviluppate. (Michela, Avo Empoli)
… i giovani apportano grande entusiasmo ed energia e la voglia di fare, sicuramente per il malato è fonte di grande gioia
e positività. I giovani possono avere impegni di tipo organizzativo nell’associazione, possono dare con la loro creatività
idee nuove. (Antonella, Avo Reggio Emilia)
… il compito centrale è il servizio in corsia, particolarmente presso gli anziani. Alfabetizzazione informatica nei confronti
di inesperti e anziani, iniziative ludiche e di autofinanziamento, accoglienza in ospedale (Claudio Lodoli, Presidente Avo
Regionale Puglia)
… per noi avere dei compiti da svolgere diventa a questo punto fondamentale per formare il gruppo. Un compito che
può esserci affidato é parte dell’organizzazione del corso base di formazione: noi giovani potremmo occuparci della
stesura del programma e della creazione e realizzazione del volantino, della propaganda nelle scuole per attirare un numero
sempre maggiore di giovani. Tra pochi mesi ci sarà la fiera campionaria e l’AVO di Magenta ha deciso di partecipare
in collaborazione con le altre associazioni, in questo caso potrebbe essere chiesto a noi giovani di pensare allo stand, alla
realizzazione di cartelloni da appendere o attività da svolgere per coinvolgere i visitatori. Credo che sia questo il tipo di
attività da proporre ai giovani: attività divertenti, coinvolgenti e non troppo impegnative che non spaventino il giovane
e gli permettano di portare avanti anche tutti gli altri impegni che ha. Penso che dalla collaborazione giovani-adulti
possano nascere molte cose positive proprio perché si riuscirebbero a sfruttare tutte le risorse che l'associazione mette a
disposizione. Come si diceva al convegno di Napoli… l'Avo deve sfruttare la freschezza dei giovani, che poi significa
creatività, entusiasmo, dinamismo e la maturità e saggezza degli adulti. Sono gli adulti che ci devono guidare, devono
insegnarci cosa significa esser parte dell'associazione, incitandoci, spingendoci, rassicurandoci. Credo che i giovani non
debbano esser lasciati a se stessi altrimenti c'è il rischio che perdano l'entusiasmo. Devono però anche esser istruiti: esser
volontari vuol dire anche assumersi un impegno, cosa che spesso si cerca di evitare. Dall'altra i giovani possono aiutare
gli adulti ad "osare" di più: possono incentivarli a intraprendere strade nuove, a partire dalle sciocchezze fino ad arrivare
alle cose più serie (nuovi appuntamenti, nuovi progetti). Purtroppo io sono dell'idea, per quanto riguarda la mia diretta
esperienza, che i giovani vengano esaltati, vengano visti positivamente come il futuro dell'associazione ma si tenda a
lasciare il futuro come tale. La mia presidente, crede tantissimo nei giovani e non c'è momento in cui non sia pronta a
metterci in risalto (vedi conferenza stampa per la promozione del corso di formazione o i suoi tentativi di coinvolgerci
nelle riunioni), il problema è che a volte l'associazione sembra portata a non voler andare oltre a quanto si fa già. (Gruppo
Avo Giovani Magenta)
… dipende: troppo diversi sono gli aspetti, a riguardo: età, maturazione della propria personalità, tempo da dedicare,
capacità di mettersi in gioco… non sono elementi ‘standard’. Sicuramente è un aspetto trasversale la capacità dei giovani
(in spirito, ma spesso anche in … corpo) di entusiasmarsi più facilmente, perseguendo con tenacia scopi ben definiti –se
lo si ritiene importante davvero- : la preparazione del 1* Convegno Avo Giovani ne è un esempio. Nel valutare quali
siano gli spazi, creativi e decisionali, che si aprono all’interno dell’Avo a persone di giovane età, meglio fare chiarezza
per quanto possibile e chiamarli per nome… (Gruppo Avo Giovani Brescia)
… sono dell’idea che il giovane all’interno dell’AVO debba necessariamente lanciare idee, promuovere iniziative,
rinnovare e animare l’associazione, sia tra giovani che tra adulti e che tra i malati! Organizzare nuovi corsi aggiornamento
con l’aiuto degli adulti, perché il giovane va educato, va acculturato e ha bisogno di ampliare sempre più i propri orizzonti,
solo così si potrà realizzare una vera e propria associazione nell’interesse delle persone che soffrono! Bisogna dare
all’Associazione quell’energia che a volta a causa degli adulti, delle regole, viene a mancare! Un compito importante è
anche quello di portare altri giovani nell’AVO e solo se un altro giovane è entusiasta di quello che fa in reparto e nella
sua associazione può trasmettere all’amico, al parente o al conoscente quel qualcosa che spinge un’altra persona e dire
“IO CI PROVO”! E poi di conseguenza il compito del volontario giovane è anche quello di fare in modo che il nuovo
giovane volontario si inserisca bene e si integri e, quindi, che il gruppo si allarghi sempre più. (Gruppo Avo Giovani
Desio)
… è difficile stabilire esattamente quali compiti spettano ai giovani piuttosto che agli adulti. Noi pensiamo che all’inizio
l’obiettivo principale sia, anche svolgendo compiti semplici, creare un gruppo che sappia lavorare in maniera armoniosa
creando il più possibile sintonia e complicità. Poi, in base anche all’affiatamento che si è creato nel gruppo e al rapporto
di fiducia instaurato con l’associazione si può pensare ad obiettivi più impegnativi ma anche più stimolanti. Parlando
della nostra esperienza possiamo portare come esempio la camminata che ogni anno organizziamo al parco di Monza e
le animazioni di reparto che prepariamo in occasione delle varie festività nei reparti del nostro ospedale. Le prime due
edizioni della camminata non hanno avuto tutto il successo che avremmo desiderato. Questo probabilmente è dovuto sia
al fatto che abbiamo un po’ sottovalutato l’impegno che richiedeva l’assunzione di questa prima grossa responsabilità
sia perché rappresentava una novità anche per la stessa associazione affidare un compito così importante ai giovani e non
tutti hanno accettato di buon grado. Nonostante questi problemi però aggiustando il tiro e cercando sempre di migliorare
siamo arrivati alla nostra 4° edizione e fra qualche mese (a giugno per chi fosse interessato) si svolgerà la 5°. Possiamo
dire che questa esperienza è servita un po’ da “palestra” per sviluppare rapporti più stretti con i volontari adulti che sempre
più numerosi collaborano con noi ed è servito soprattutto a dimostrare come si riescano ad ottenere migliori risultati
unendo la fantasia e le idee dei giovani con la maturità e la concretezza degli adulti. (Gruppo Avo Giovani Monza)
… i giovani AVO possono migliorare la permanenza ospedaliera dei pazienti organizzando animazione pomeridiana,
magari anche solo domenicale, dando una parvenza di normalità a situazioni particolari come quella della degenza in
ospedale. Dovrebbero cercare di costituire un gruppo di aggregazione che diventi riferimento per ragazzi di ogni età.
Inoltre, gli interessi dei giovani possono offrire nuovi spunti per affrontare tematiche importanti in corsi di formazione
e giornate di confronto. (Gruppo Avo Giovani Mantova)
… i compiti da affidare ai giovani dell’AVO sono quelli di assistenza al malato, soprattutto in campo psicologico, ovvero
tenergli compagnia scambiando due chiacchiere e alleviando la permanenza in ospedale che come ben sappiamo non è
sempre piacevole. Avere sempre un sorriso pronto e la voglia di ascoltare. Donare piccoli gesti che spesso non sono
fattibili dal malato, dimostrando sempre di essere “amichevolmente” presenti. (Gruppo Avo Giovani Cinisello Balsamo)
… i compiti che affiderei ai giovani dell’AVO sono: l’organizzazione di alcuni eventi in ospedale, per le feste ad esempio,
o attività di animazione, iniziative all’interno dell’associazione come la redazione di un giornalino. (Gruppo Avo Giovani
Cinisello Balsamo)
… potrei rispondere a questa domanda elencando quello che fanno o hanno fatto i giovani all’interno del mio gruppo
AVO: il servizio nel reparto di Pediatria è quasi sempre svolto da giovani con risultati molto brillanti l’organizzazione
di momenti di svago come una pizzata, una camminata: i giovani devono dare un po’ la scossa al gruppo, ma non è
possibile dare scossa a un qualcosa che non c’è. E’ essenziale prima che il gruppo si cementi, che le persone si conoscano.
Quale miglior modo se non davanti a una pizza o camminando sulle rive dell’Adda? anche le riunioni che spesso risultano
essere solo “fiumi di parole” possono essere ravvivate dai giovani. Una chitarra, quattro ugole, il testo de “Il sogno AVO”
distribuito a tutti i volontari e il gioco è fatto. Ci vuole fantasia e i giovani dovrebbero esserne ben forniti. i momenti
speciali in ospedale: a Natale distribuiamo dei regali ai pazienti. Prendiamo quattro persone le vestiamo da Babbo Natale
e le spediamo, accompagnati da volontari in tenuta classica, in reparto per la distribuzione. Quest’anno avevamo 2 giovani
e una bellissima e giovane “Babba Natale”. E’ una bella esperienza, io l’ho provata e ha anche il suo risvolto positivo:
si possono baciare le belle infermiere… ravvivare l’ufficio AVO: alcuni nostri giovani volontari hanno ravvivato il nostro
ufficio appendendo lavagne al muro su cui ogni volontario può lasciare il proprio messaggio. E’ stato creato un angolo
per l’AVO Giovani. Ai muri tristemente bianchi abbiamo appeso poster di luoghi splendidi perché ravvivassero un po’
le triste mura portare un po’ di tecnologia nell’associazione: stiamo pensando all’allestimento di un sito per il gruppo
AVO e sicuramente all’attivazione di una casella e-mail. la stesura dei verbali e dei documenti: nel nostro gruppo ci sono
alcuni giovani che si sono presi l’impegno di trascrivere in maniera elettronica tutti i verbali di tutte le riunioni. Anche
la scrittura di documenti e la gestione delle spese è, normalmente, tenuta informatizzata dai giovani. (Gruppo Avo Giovani
Ponte San Pietro)
… animazione nei reparti durante le feste. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… i compiti da affidare all’interno dell’Avo si devono trovare nel settore dei computer a seconda delle proprie caratteristiche
e dalle possibilità dell’associazione. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… ai giovani il compito di portare avanti ciò che c’è e nel frattempo fare qualcosa di nuovo per migliorare il tutto.
Esempio: prendersi l’impegno di organizzare le feste di Natale e Pasqua, creare un gruppo ricreativo all’interno dell’Avo
per fare piccole feste per i malati. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… attività quali lavori di manualità e compagnia, inventare nuovi giochi di gruppo per l’intera affiatare l’associazione.
(Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… organizzare gite in montagna, anche lontano così da dover pernottare fuori una notte. Per i più volenterosi si potrebbe
organizzare una sciata in estate sul ghiacciaio. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… animazione nei reparti di pediatria (come del resto noi già facciamo). Purtroppo la nostra clinica non lo permette ma
sarebbe bello fare un festa per OGNI STAGIONE coinvolgendo i malati con tombolate, momenti di allegria, soprattutto
la domenica. Organizzare momenti di allegria tra i giovani invitando anche gli adulti. Organizzare la festa annuale
dell’Avo. Avere uno spazio all’interno delle varie riunioni di reparto. Avere anche loro delle serate in cui possono
confrontarsi tra loro e nel caso far emergere dei problemi/difficoltà da riferire poi al grande gruppo. Apertura all’esterno,
cercare di “pubblicizzare” questo stile di vita, soprattutto nel viverlo ogni giorno, a più persone. Creazione del sito in
internet. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… non devono esserci necessariamente dei compiti prestabiliti da affidare ai giovani. Ogni qualvolta si presentano delle
necessità all'interno della associazione i giovani devono farsi parte in causa, partecipi in toto, questo anche in base alle
competenze, alle risorse e al contributo personale di ognuno. (Agata Danza, presidente dell'AVO di Foggia - Don Uva Casa di cura protetta - e Referente regionale dell'AVO Giovani Puglia)
… tutti i ruoli che ricoprono i volontari in servizio, fino a coprire ruoli di responsabilità seguiti dai volontari più anziani.
(Gabriele Barca, Presidente Avo delle Murge)
… secondo noi non ci sono compiti specifici per i giovani poiché tutto dipende dalle competenze di ognuno e dalle sue
caratteristiche personali. Spesso sentiamo dire che ai giovani dovrebbero essere affidati compiti “più creativi”. Se però
tra i giovani nessuno ha competenze o interessi specifici in merito nessun progetto potrà mai decollare in tali ambiti. Poi
è chiaro che, anche se ci fossero specifiche competenze in tal senso, la realizzazione di qualsiasi iniziativa deve prevedere
la collaborazione tra tutti i volontari, non solo di quelli più giovani perché si sa che la “voglia di fare assolutamente” va
sommata all’esperienza per raggiungere risultati più concreti. (Gruppo Avo Giovani Piacenza)
Quali sono gli aspetti "negativi" e "positivi" evidenziati dai giovani e dagli adulti rispetto la collaborazione? (risposte
ricavate da interviste a volontari Avo)
… il volontario adulto ha delle certezze, un criterio di valutazione più cauto ed ha maturato un atteggiamento condizionato
dal suo vissuto che a volte può fare emergere atteggiamenti caparbi e molto critici, il giovane, al contrario, non manifesta
comportamenti di questo tipo, è "nuovo" e la sua grande curiosità è una garanzia di ricerca verso il positivo, lotta per
l'autostima e si mette in gioco per raggiungere mete prefissate… ci sono giovani che affascinano per la loro disponibilità,
sensibilità ed intelligenza affettiva, nel nuovo corso ho avuto la gioia di ammirare giovani che mi hanno colpito per la
loro umiltà nel mettersi in gioco e per l'entusiasmo dettato dalla costruzione di nuovi rapporti, non è possibile pensare
alla nostra Associazione senza il loro contributo: frasi nuove e vivacità nei dialoghi, sorrisi non convenzionali, occhi
vivaci e voglia di fare, il domani è loro!… mi auguro che nella nostra Avo ci siano giovani disposti a dedicare tempo,
intelligenza e cuore perché abbiamo bisogno di questo, di persone disposte ad accettare questa importante sfida e per tutto
questo ringrazio i giovani. (Vilma, Avo Reggio Emilia)
… i giovani sono discontinui nel servizio e permangono poco tempo all'interno dell'Associazione
… alcune volte i giovani lasciano l'Avo perché non si sentono sufficientemente coinvolti, responsabilizzati o stimolati
a continuare il servizio
… sento la necessità di sentirmi maggiormente coinvolto nell'Associazione, di avere una maggiore collaborazione tra
giovani e adulti
… entrando a fare parte di questa associazione, noi giovani ci siamo sentiti ben accolti e abbiamo sentito una grande
disponibilità sia da parte dei medici e degli infermieri, che dagli altri volontari e con il loro aiuto siamo riusciti a vincere
le difficoltà che si incontrano nell'entrare in questi ambienti. (Matteo Bonacini, Avo Correggio - tratto da "DarVoce
informa" n*6, Dicembre 2002)
… mi e’ un po’ difficile rispondere a questa domanda. Io mi ritengo una adulta e quindi posso dare il mio punto di vista
da adulta, anche se questa differenziazione giovani/adulti e’ sempre molto vaga e nell’Avo e’ un concetto molto relativo
visto che teoricamente sono presenti tutte le fasce di età, ma la maggior concentrazione si ha in quella della pensione.
Credo che quando si arriva davvero alla collaborazione, questa ha solo aspetti positivi. E’ prima di arrivarci che si può
cogliere l’aspetto negativo, che secondo me va ravvisato in una reciproca diffidenza che si manifesta in tutta la sua
evidenza quando si prova a collaborare. Gli adulti hanno un percorso culturale, esperienziale, operativo già sedimentato,
formatosi in un periodo diverso rispetto ai giovani di oggi. I giovani d’altro canto hanno il loro percorso, sicuramente
in via di formazione, ma che spesso considerano già formato e che si e’ formato, ovviamente in un periodo diverso da
quello dei giovani di un po’ di anni fa. Ogni giovane ed ogni adulto, forte del suo percorso formativo, spesso dimostra
poca apertura mentale nei confronti dell’altro, poca umiltà, credendo di essere sempre dalla parte della ragione. Questo
si traduce in una mancata comunicazione che e’ sempre una occasione mancata. La responsabilità e’ da entrambe le parti,
perché ognuno deve sempre sforzarsi di andare incontro all’altro. Ma gli adulti, proprio perché forti di una maggior
esperienza delle cose del mondo, dovrebbero essere sempre quelli che fanno il primo passo per cercare di accogliere
coloro che nella vita sono all’inizio. (Michela, Avo Empoli)
… “E' vero che il turnover dei giovani è frequente, e sicuramente inarrestabile. Un giovane studia, cerca lavoro, si sposa,
crea una famiglia. E' impossibile ed ingiusto arrestare un tale processo anche perché se le persone anziane si ricordassero
di quando erano giovani, capirebbero di aver fatto lo stesso. Ma questo non deve impedire a nessuno di credere nell'operato
dei giovani e non deve far perdere la voglia di investire sul giovane. Il giovane è importante perché diversi sono gli
approcci con il malato. Io non voglio parlare dei giovani come qualcosa di a sé stante, distinto dai meno giovani dell'Avo.
Io credo nel confronto: l'impulsività del giovane deve essere mediata dalla saggezza del meno giovane e la mancanza di
idee e di originalità del meno giovane deve essere integrata dall'euforia e dalla voglia di fare del giovane. Solo così avremo
una grande Avo: un'Avo cioè completa perché rivolta ad accogliere tutti gli impulsi della società." (tratto da intervista a
Quali sono gli aspetti "negativi" e "positivi" evidenziati dai giovani e dagli adulti rispetto la collaborazione? (risposte
ricavate da interviste a volontari Avo)
… il volontario adulto ha delle certezze, un criterio di valutazione più cauto ed ha maturato un atteggiamento condizionato
dal suo vissuto che a volte può fare emergere atteggiamenti caparbi e molto critici, il giovane, al contrario, non manifesta
comportamenti di questo tipo, è "nuovo" e la sua grande curiosità è una garanzia di ricerca verso il positivo, lotta per
l'autostima e si mette in gioco per raggiungere mete prefissate… ci sono giovani che affascinano per la loro disponibilità,
sensibilità ed intelligenza affettiva, nel nuovo corso ho avuto la gioia di ammirare giovani che mi hanno colpito per la
loro umiltà nel mettersi in gioco e per l'entusiasmo dettato dalla costruzione di nuovi rapporti, non è possibile pensare
alla nostra Associazione senza il loro contributo: frasi nuove e vivacità nei dialoghi, sorrisi non convenzionali, occhi
vivaci e voglia di fare, il domani è loro!… mi auguro che nella nostra Avo ci siano giovani disposti a dedicare tempo,
intelligenza e cuore perché abbiamo bisogno di questo, di persone disposte ad accettare questa importante sfida e per tutto
questo ringrazio i giovani. (Vilma, Avo Reggio Emilia)
… i giovani sono discontinui nel servizio e permangono poco tempo all'interno dell'Associazione … alcune volte i giovani
lasciano l'Avo perché non si sentono sufficientemente coinvolti, responsabilizzati o stimolati a continuare il servizio
… sento la necessità di sentirmi maggiormente coinvolto nell'Associazione, di avere una maggiore collaborazione tra
giovani e adulti
… entrando a fare parte di questa associazione, noi giovani ci siamo sentiti ben accolti e abbiamo sentito una grande
disponibilità sia da parte dei medici e degli infermieri, che dagli altri volontari e con il loro aiuto siamo riusciti a vincere
le difficoltà che si incontrano nell'entrare in questi ambienti. (Matteo Bonacini, Avo Correggio - tratto da "DarVoce
informa" n*6, Dicembre 2002)
… mi e’ un po’ difficile rispondere a questa domanda. Io mi ritengo una adulta e quindi posso dare il mio punto di vista
da adulta, anche se questa differenziazione giovani/adulti e’ sempre molto vaga e nell’Avo e’ un concetto molto relativo
visto che teoricamente sono presenti tutte le fasce di età, ma la maggior concentrazione si ha in quella della pensione.
Credo che quando si arriva davvero alla collaborazione, questa ha solo aspetti positivi. E’ prima di arrivarci che si può
cogliere l’aspetto negativo, che secondo me va ravvisato in una reciproca diffidenza che si manifesta in tutta la sua
evidenza quando si prova a collaborare. Gli adulti hanno un percorso culturale, esperienziale, operativo già sedimentato,
formatosi in un periodo diverso rispetto ai giovani di oggi. I giovani d’altro canto hanno il loro percorso, sicuramente
in via di formazione, ma che spesso considerano già formato e che si e’ formato, ovviamente in un periodo diverso da
quello dei giovani di un po’ di anni fa. Ogni giovane ed ogni adulto, forte del suo percorso formativo, spesso dimostra
poca apertura mentale nei confronti dell’altro, poca umiltà, credendo di essere sempre dalla parte della ragione. Questo
si traduce in una mancata comunicazione che e’ sempre una occasione mancata. La responsabilità e’ da entrambe le parti,
perché ognuno deve sempre sforzarsi di andare incontro all’altro. Ma gli adulti, proprio perché forti di una maggior
esperienza delle cose del mondo, dovrebbero essere sempre quelli che fanno il primo passo per cercare di accogliere
coloro che nella vita sono all’inizio. (Michela, Avo Empoli)
… “E' vero che il turnover dei giovani è frequente, e sicuramente inarrestabile. Un giovane studia, cerca lavoro, si sposa,
crea una famiglia. E' impossibile ed ingiusto arrestare un tale processo anche perché se le persone anziane si ricordassero
di quando erano giovani, capirebbero di aver fatto lo stesso. Ma questo non deve impedire a nessuno di credere nell'operato
dei giovani e non deve far perdere la voglia di investire sul giovane. Il giovane è importante perché diversi sono gli
approcci con il malato. Io non voglio parlare dei giovani come qualcosa di a sé stante, distinto dai meno giovani dell'Avo.
Io credo nel confronto: l'impulsività del giovane deve essere mediata dalla saggezza del meno giovane e la mancanza di
idee e di originalità del meno giovane deve essere integrata dall'euforia e dalla voglia di fare del giovane. Solo così avremo
una grande Avo: un'Avo cioè completa perché rivolta ad accogliere tutti gli impulsi della società." (tratto da intervista a
Lorenzo Calucci - AVOnews n*9 ottobre 2000)
… il mondo giovanile è stato uno degli obiettivi che ho dato per il mio mandato di Presidente poiché nell'Avo c'era e
c'è bisogno dei giovani (Angela, Avo Correggio)
… i giovani sono un raggio di sole che entra nelle stanze (Franca, Avo Correggio)
… i giovani non sono affidabili. Se ne vanno appena entrati nell'AVO. Vengono solo per curiosità o per i crediti formativi.
Gli adulti ci trattano con sufficienza, ci fanno fare i portatori d'acqua, non ci consentono di far emergere le nostre capacità,
non ce ne perdonano una. Se queste posizioni fossero inamovibili, non avrei investito metà delle mie energie nell'AVO
giovani come ho fatto e sto facendo; se ciò fosse vero l'AVO non avrebbe alcuna speranza di sopravvivere a se stessa
(Claudio Lodoli, Presidente Avo Regionale Puglia)
… non esiste una vera e propria collaborazione tra giovani e adulti nell’AVO di Magenta. E’ una serena convivenza
senza troppe distinzioni tra le categorie. Non essendoci mai stato affidato un compito da svolgere, è quasi impossibile
poter evidenziare gli aspetti “positivi” e “negativi” di una collaborazione quasi inesistente. L’unico momento di confronto
è stato dopo il convegno di Napoli in cui abbiamo parlato della magnifica esperienza, dei lavori di gruppo svolti e delle
simulazioni malato-volontario. Ci hanno detto di avergli trasmesso tutto l’entusiasmo di quei giorni tanto da spingere
altri volontari a partecipare al prossimo convegno di Montecatini. Questo è stato l’unico momento di “collaborazione”,
se così si può chiamare! Sicuramente il problema deriva dal fatto che siamo solo in due ad impegnarci, se fossimo in tanti
saremmo certamente più ascoltati. (Gruppo Avo Giovani Magenta)
… per me è, sinceramente, difficile parlare della collaborazione giovani-adulti. Secondo me i giovani dovrebbero esser
coinvolti nelle attività dell'associazione: dovrebbero partecipare alle iniziative organizzate, ad esempio dovrebbero
collaborare nella realizzazione dei regalini che vengono donati in reparto durante le feste (Natale, Pasqua), o quelli che
vengono donati in cambio delle offerte durante le feste del volontariato; dovrebbero partecipare agli incontri cercando
di far sentire la propria voce, per permettere agli adulti di superare le proprie barriere. Io penso che però questo sia una
semplice partecipazione alla vita di gruppo. Ci vorrebbe di più… Durante un incontro dei giovani ha parlato la Delegata
Nazionale ed è stato magnifico ascoltarla… quanti spunti ci ha dato! Lasciare ai giovani la possibilità di realizzare la
brochure esplicativa dell'associazione, impegnarli per il volantinaggio o mandarli nelle scuole o negli oratori a spiegare
in che cosa consiste la nostra attività… Io sono convinta, perché l'ho provato su di me, che l'entusiasmo che si può
trasmettere agli altri riguardo a ciò che si fa e che piace, possa diventare contagioso e spingere altri giovani ad entrare a
far parte del gruppo. Anche gli adulti amano il proprio essere volontari ma il giovane è tendenzialmente più carico ed
entusiasta. Perché farsi perdere questa opportunità? (Gruppo Avo Giovani Magenta)
… domanda non del tutto chiara. Se vogliamo evitare le solite cose (gli adulti hanno più esperienza, i giovani più forze…)
dovremmo forse indagare sul versante pratico e su quel che l’esperienza ci dice: cosa i malati rilevano di positivo e di
negativo, rispetto a giovani e a adulti nel servizio? Cosa invece rilevano i compagni di avventura (gli altri volontari)
rispetto a ciò? Forse interessante sarebbe avere racconti a gamma ampia. A volte elementi che a noi volontari sembrano
ovviamente positivi, vengono vissuti non bene dagli ammalati; e viceversa. Mi dicono, comunque, che nella media il
giovane viene visto come più portato a praticità (che vuol anche dire ‘fare cose’) piuttosto che all’astrattezza, se vogliamo,
-ma anche alla pazienza- dell’ascoltare/dell’accogliere. Che, effettivamente, ha una dimensione molto meno ‘produttiva’.
Ma è esperienza di pochi o di molti? (Gruppo Avo Giovani Brescia)
… l’unico aspetto negativo, continuamente evidenziato dai giovani volontari, che ora mi viene in mente e che mi sembra
di percepire anche all’interno di altri gruppi Avo, è che la collaborazione tra giovani e adulti non si a facile! La grande
difficoltà degli adulti a lasciare le porte aperte ai giovani, pur sapendo che il giovane è il futuro dell’associazione, porta
molti giovani ad andarsene e trovare un altro tipo di associazione come ad esempio la croce rossa dove, in prevalenza,
ci sono giovani. E tutto questo non può che portare l’associazione a “morire”. (Gruppo Avo Giovani Desio)
… la collaborazione tra giovani ed adulti AVO può diventare difficile quando il divario generazionale fa da barriera al
dialogo. Se ci si arrocca nel proprio pensiero senza cercare di capire le motivazioni dell’altro, non si riuscirà a trovare
un’intesa vincente. Occorre elasticità nella discussione ed apertura verso l’altro. L’ascolto attivo che sperimentiamo in
corsia deve essere utilizzato anche tra noi. (Gruppo Avo Giovani Mantova)
… aspetto positivo: la disponibilità degli infermieri verso i volontari; aspetto negativo: la mancanza di pazienza e di
disponibilità verso i pazienti. (Gruppo Avo Giovani Cinisello Balsamo)
"al momento posso rispondere solo per quanto concerne i giovani: io non ho mai avuto problemi di collaborazione con
gli adulti. Ci sono stati alcuni giovani volontari che hanno avuto problemi con alcuni adulti durante il servizio in reparto.
I giovani volontari erano ancora dei tirocinanti e la volontaria adulta non li riteneva idonei ad andare da soli in reparto,
senza la supervisione di un volontario esperto. Ciò ha creato dei malumori tra questi giovani e la persona adulta in
questione, malumori che però, fortunatamente, nel tempo si sono dissolti. Forse bisognerebbe dare più fiducia ai giovani,
evitando di tenerli legati a regole troppo rigide, senza però correre il rischio opposto, cioè di mandare i giovani allo
sbaraglio in reparto e poi bruciarli. Come in tutte le cose ci vuole buon senso." (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… Negativi: mancanza di fiducia. E’ vero che ci sono adulti che non vedono di buon occhi l’avo giovani come se questo
togliesse qualcosa alla loro qualifica di volontariato. Anzi è una fortuna potere avere dei giovani: a loro si possono
tramandare piccoli consigli, i propri modi di fare, ecc. Mancanza di ascolto. Ci sono degli adulti che non sanno ascoltare
i giovani, i quali chiedono solo di essere riconosciuti come persone desiderose di donare qualcosa agli altri. Mancanza
di accoglienza. Ci sono degli adulti che non accolgono i giovani ma li mettono in una condizione di inferiorità.. Mancanza
di appartenenza: aiutare a creare nei giovani il desiderio di appartenenza all’associazione. Positivi: con gli adulti che ti
spronano a dare il meglio come non investire tutte le proprie energie e voglia di fare?! Gli adulti sono importanti per
l’Avo ma anche i giovani sono necessari per l’Avo. Dal connubio di ADULTI e GIOVANI possono uscire solo cose
belle. Occorre che tutti si vada con lo stesso passo verso il futuro della nostra Associazione: i giovani cercheranno di
affrettare il passo ma sta all’ADULTO “frenare” l’avanzata facendo capire al giovane di assaporare la bellezza anche di
un solo istante di vita vissuto con pienezza invece di mille attività fatte veloci. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… personalmente non rilevo aspetti negativi, anzi c’è sempre la possibilità di imparare un modo diverso di approcciarsi
alla varie iniziative o problemi emersi durante il servizio. (Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… aspetti negativi io personalmente non ne ho riscontrati. L’unico forse è che qualcuno ha detto che sarebbe meglio
ogni tanto cambiare gruppo di volontari nel turno nei reparti perché non riescono ad inserirsi. (Gruppo Avo Giovani
Ponte San Pietro)
… i lati positivi sono appunto la freschezza e la spontaneità dei giovani, ma di contro c’è il problema che ai giovani non
piace quando gli adulti fanno delle critiche che non sono costruttive ma che fanno solo correre cattivo sangue tra i colleghi.
(Gruppo Avo Giovani Ponte San Pietro)
… nella nostra associazione fino ad ora c'è stata la massima collaborazione tra i giovani e gli adulti. C'è spazio per tutti,
per chi vuole davvero impegnarsi, che sia giovane o adulto. (Agata Danza, presidente dell'AVO di Foggia - Don Uva Casa di cura protetta - e Referente regionale dell'AVO Giovani Puglia)
… l'aspetto negativo evidenziato dai giovani è l'età alta dei volontari in servizio nonchè la diversa mentalità; l'aspetto
positivo è la collaborazione di alcuni volontari dal punto di vista operativo. (Gabriele Barca, Presidente Avo delle Murge)
… sono gli aspetti negativi o positivi della collaborazione in un gruppo che ha al suo interno persone diverse, con proprie
specificità. Gli aspetti più positivi sono il confronto e l’arricchimento reciproco: è ovvio, la possibilità di relazionarsi
con persone di “mentalità” diverse, la complementarietà delle competenze, l’ascolto delle esperienze altrui portano a
sperimentare in prima persona momenti di crescita costante sia all’interno dell’Avo che a livello personale. Il fatto poi
di condividere un ideale stimola ancora di più al dialogo e alla ricerca di soluzioni comuni in caso di opinioni differenti.
In questo senso, per noi giovani, l’Avo è una scuola di vita, perché ci apre a conoscere e a salvaguardare la diversità pur
nel perseguimento del fine comune. Gli aspetti negativi sono invece rappresentati dalla difficoltà di comunicazione (sia
per modalità comunicative differenti, sia per una capacità di comunicare ancora da sviluppare pienamente, sia per paura
di esporre le proprie idee) e dalla conseguente incapacità di realizzare insieme ciò che si è prefissato (per cui accade che
per questioni di tempo o di capacità si preferisce delegare). (Gruppo Avo Giovani Piacenza)
Quale impegno da parte dell'Avo verso i giovani e quale impegno dei giovani verso l'Avo? (progetti, idee, esperienze
concrete, suggerimenti, riflessioni, considerazioni…)
… bisogna studiare il modo per avvicinare i giovani all'Avo e più in generale al volontariato cercando di rinvigorire e
dare nuova linfa all'Associazione, lo scambio tra adulto e giovane deve avvenire senza chiusura e prevaricazione ma con
disponibilità al dialogo.
… dovremmo essere attenti alle esigenze del giovane non chiudendogli la porta e rifiutandogli la possibilità di restare
in Associazione qualora i suoi impegni scolastici o lavorativi non gli permettano più di garantire la presenza in reparto,
prima di costringere un giovane a lasciare l'Avo cerchiamo percorsi o impegni alternativi: aiuto in segreteria, redazione
di un giornalino Avo, organizzazioni di attività nei reparti e per l'Associazione, promozione dell'Avo…
… l’impegno dell’Avo verso i giovani, secondo me, dovrebbe consistere soprattutto in un grande senso di accoglienza.
Accogliere, dare fiducia, coinvolgere, far sentire i giovani a loro agio nell’associazione e metterli in condizione di dare
il loro contributo alla vita associativa. L’impegno dei giovani verso l’avo potrebbe essere il mettere a disposizione le loro
conoscenze, le loro competenze in attività utili alla vita dell’associazione. Questi giovani, che magari studiano o hanno
studiato materie che non sono patrimonio dei giovani di un paio di generazioni fa, potrebbero elaborare progetti specifici
che mirino a rafforzare la cultura del volontariato all’interno e all’esterno dell’associazione, a far capire l’importanza
della formazione continua e dello stare insieme nell’associazione (per fare degli esempi che mi stanno molto a cuore).
Progetti che abbiano una durata limitata nel tempo, in modo che i giovani possano portarli a termine con tranquillità, ma
che siano ripetibili e trasmissibili in modo da diventare patrimonio dell’associazione (Michela, Avo Empoli)
… anche se molti luoghi comuni ci descrivono come presenze momentanee e fugaci, noi vogliamo fortemente evidenziare
la nostra presenza per lasciare un solco profondo e tangibile del nostro passaggio in seno a questa esperienza che non
significa soltanto essere attenti a chi soffre, ma alla quale si può attribuire il valore di una prima importante prova vissuta
all'interno della società… intendiamo rappresentare una parte dell'Avo e non un'Avo nell'Avo, quella che dona una ventata
di allegria e di nuove idee… (testimonianza tratta da AVOnews n* 12/13 Giugno-Settembre 2001)
… "condividere e confrontarsi su esperienze, momenti, sensazioni, sentimenti e stati d'animo. Questo è il punto di partenza
di noi Giovani Amici dell'Avo, verso un percorso da vivere con il nostro principale punto di forza e di riferimento: il
malato…" (testimonianza tratta da AVOnews n* 12/13 Giugno-Settembre 2001)
… i giovani possono svolgere attività di promozione e propaganda nelle scuole in collaborazione con gli adulti, possono
partecipare al Consiglio Direttivo come portavoce del Gruppo Giovani, è necessario coinvolgere i giovani anche solo
nelle piccole cose come ad esempio nell'animazione delle feste poiché sono momenti ed opportunità di aggregazione e
socializzazione. (Cristian, Avo Correggio)
… posso parlare per me. Ripeto, io ho investito sui giovani tutto ciò che avevo in termini di fiducia: consigli a tutto
campo, sostegno morale, incoraggiamento, condivisione di problemi e di successi. Ai giovani non farò mai venir meno
la tolleranza e la comprensione ma esigerò da loro il rigoroso rispetto delle regole e degli accordi, pretenderò insomma
che onorino gli impegni assunti. I compiti saranno sempre proporzionati alle loro forze, e assegnati tenendo conto del
loro bisogno di svago, dei loro problemi esistenziali, del tempo da dedicare allo studio, agli affetti. Ad un gruppo AVO
affiderei un progetto: creare una rete di giovani aderenti a tutte le associazioni di volontariato che insistono sul territorio
per avviare insieme una proposta di collaborazione trasversale rivolta alle associazioni stesse e alle istituzioni, alle imprese,
finalizzata a iniziative di promozione della cultura del volontariato in piazza e nelle scuole, tra i professori prima di tutto;
dalla donazione del sangue, degli organi, del tempo all'assistenza ai bisognosi, al servizio in biblioteca... Incidere sulla
mentalità della gente è fondamentale; convincere la cittadinanza che non ci sono giustificazioni per sottrarsi anche ad
un minimo impegno sociale. Che i volontari sono persone uguali a tutte le altre. Che non si può delegare agli altri ciò
che ciascuno ha la possibilità e il dovere di fare. Questo tipo di stimoli messi in atto da giovani hanno un impatto
straordinario e nello stesso tempo possono sopprimere molti stereotipi sull'immagine indifferente, disincantata se non
cinica che dei ragazzi molti amano offrire. Alla fine la pubblicazione di un sito Internet potrebbe rappresentare la comunità
virtuale con la quale proseguire l'esperienza fino all'anno successivo per il prossimo appuntamento (Claudio Lodoli,
Presidente Avo Regionale Puglia)
… l'impegno da parte dell'AVO verso i giovani è soprattutto quello di rispettarli e considerarli, senza relegarli in ruoli
prestabiliti o chiuderli in "recinti palettati". Lo stesso rispetto viene chiesto ai giovani nei confronti dell'associazione,
dimostrabile attraverso il loro impegno nel portare a termine nel migliore dei modi gli incarichi e le responsabilità che
si sono assunti e che nessuno ha imposto loro. Una riflessione: il volontario giovane può avere una carica di entusiasmo
maggiore, una forza nel credere che "le cose possono cambiare" e perciò spesso si butta a capofitto quando crede sia
necessario il suo contributo e per questo a volte può risultare dispersivo. Mille impegni nella sua vita e tutti "fondamentali"!
Questo lo fa mancare spesso nell'assiduità, base indiscutibile di una associazione di volontariato. Per questo penso sia
importante il sostegno e la guida di un volontario adulto nel dargli fiducia, aiutandolo a non disperdere le energie ma
soprattutto dimostrandogli massima accoglienza se per un periodo il giovane dovesse perdere di vista l'obiettivo principale,
uguale e identico per tutti i volontari dell'AVO. (Agata Danza, presidente dell'AVO di Foggia - Don Uva - Casa di cura
protetta - e Referente regionale dell'AVO Giovani Puglia)
… i giovani chiedono all'AVO di essere sostenuti nella formazione, di essere motivati e di non creare false illusioni; i
giovani vogliono dedicare più tempo alla disponibilità e alla collaborazione. Un suggerimento ci viene dato dai giovani:
durante i convegni o manifestazioni di altro tipo il giovane vuole essere vicino a tutti i volontari e non isolato come spesso
capita, vuole fare gruppo ed anche vivere quei momenti di unione evitando distacchi logistici in altre strutture alberghiere…
insomma condivisione di tutte le fasce di età." (Gabriele Barca, Presidente Avo delle Murge)
… penso che l’impegno da parte dell’Avo sia quello di continuare ad istruire noi giovani che vogliamo fare tanto ma
che, al nostro ingresso in Avo, abbiamo soprattutto l’entusiasmo e la motivazione ma non la conoscenza dell’associazione.
Porci di fronte a volontari più anziani che ci danno consigli è indubbiamente un grande aiuto. Il compito di noi giovani
è comunque quello di non prendere con leggerezza questo servizio, ma di considerarlo un vero impegno a cui dedicare
tutta la nostra attenzione e determinazione. Impegno inteso non solo verso gli ammalati ma anche verso noi stessi, i nostri
colleghi e l’associazione. (Antonella, Avo Reggio Emilia)
… per noi l’impegno su entrambi i fronti deve essere univoco: sia gli adulti che i giovani si devono impegnare seriamente
per l’Avo di domani. Occorre più collaborazione ed impegno reciproco. I responsabili di reparto, invece, chiedono ai
giovani una maggiore concretezza e costanza e si impegnano ad “imbottirli” di meno con parole e consigli sul dover
essere. Una riflessione: sicuramente è possibile considerare i gruppi Avo giovani i luoghi ideali per una progressiva
crescita e acquisizione di responsabilità dei volontari più giovani. Facciamo però notare che li abbiamo definiti “luoghi
ideali”: sul concreto siamo infatti un po’ (molto) carenti. (Gruppo Avo Giovani Piacenza)
Riflessioni sui Gruppi Avo Giovani:
INCONTRO GRUPPO AVO GIOVANI PESARO
(esperienze di Luca Iacovino, Delegato Regionale Avo Giovani Emilia Romagna e Pesaro)
Lo scorso 22 Novembre 2002, dopo aver concordato con Franca Bacin -Presidente dell’AVO di Pesaro- la data, ho
incontrato i giovani dell’AVO locale. L’incontro si è svolto presso la locale sede, ed hanno partecipato circa una ventina
di ragazzi/e. L’età variava dai 20 ai 35 anni. L’incontro si è svolto in maniera molto cordiale, disteso e soprattutto teso
a migliorare ed accrescere, se possibile, le motivazioni di appartenenza al gruppo. Il Gruppo Avo Giovani Pesaro ha avuto
una storia un po’ travagliata. E’ stato, forse, uno dei primi a nascere oltre 10 anni fa, ma per vari motivi non ha avuto
lunga vita. Questo “scioglimento” ha provocato grande smarrimento, soprattutto tra coloro che erano in quel gruppo (ed
hanno partecipato anche all’incontro del 22 Novembre). Se da un lato questo fa sì che si possa contare su un mini-gruppo
già con un'esperienza (seppur di breve durata) alle spalle, dall’altro però questa nuova possibilità e chance viene vista
dal medesimo gruppo di ex-giovani come un prossimo sicuro nuovo fallimento. Tutto ciò comporta la necessità di
rimotivare i “vecchi” giovani e cercare di creare ed infondere fiducia ai ragazzi nuovi che con entusiasmo si avventurerebbero
in quest’impresa.
L’impressione generale è che:
i nuovi hanno una grande motivazione intrinseca, nonché una grande energia da incanalare in una direzione ben precisa;
la voglia di riformare un Gruppo Giovani c’è, ma allo stesso tempo vi è la renitenza ad incominciare e soprattutto a
guidare il gruppo, o parimenti, a farsi promotori di iniziative, incontri, eventi, ecc….;
ci sono singole potenzialità da “sfruttare” per creare una nuova immagine dell’AVO e soprattutto dell’AVO Giovani;
c’è una grande disponibilità da parte dell'AVO, della sua Presidente e del Consiglio tutto in genere, a coinvolgere i
giovani in attività non solo di tipo “Promozionale” ma anche in ruoli ben più impegnativi;
l'AVO di Pesaro sia inserita in modo ormai “totale” nella realtà cittadina dove c’è una forte e stretta integrazione/collaborazione
con il Centro Servizi, e con la voglia e la di coinvolgere il Gruppo Giovani in attività sempre più importanti e decisive
per la sopravvivenza e la crescita della stessa AVO.
RELAZIONE DI IVAN DI BITETTO, DELEGATO REGIONALE AVO GIOVANI LOMBARDIA
Viviamo in una società in continua evoluzione, dove ogni giorno accade sempre un qualcosa di nuovo e non sempre è
facile stare al passo con questi mutamenti di identità sociale. In questi anni l’AVO ha subito, secondo la mia esperienza,
una fase di stasi, ignorando il mondo che si poteva scorgere al di fuori dalla finestra: “la realtà”. L’AVO si è trovata a vivere
su delle basi ben consolidate in partenza, dalle quali ci si è accorti della necessità che al giorno d’oggi sono diventate
obsolete rispetto alla nostra società. I mutamenti sociali il più delle volte possono trovare nelle persone un atteggiamento
di non condivisione, perché richiedono alcuni anni in cui la persona va educata e sensibilizzata. Mutamenti ai quali forse
più gli adulti rispetto ai giovani preoccupano non riuscendo di conseguenza ad adeguarsi, ad adattarsi, ad accettare….mentre
i giovani il più delle volte né sono attratti non lasciandosi spaventare da queste “novità”… come ad esempio il campo della
tecnologia.
Nella regione in cui vivo, la Lombardia, a differenza di altre regioni italiane, secondo la mia esperienza è molto diffuso
il fenomeno “dell’individualismo”. Fenomeno che induce le persone a pensare ed a preoccuparsi per quello che accade
all’interno della propria sfera personale, o meglio all’interno del proprio habitat. In questo modo si viene a creare una sorta
di quasi isolamento all’interno delle proprie mura, che porta a non considerare ed a non interagire con l’habitat dell’ALTRO.
Tipico esempio è con i vicini di casa, il più delle volte ci si limita solamente a salutarli senza scambiare qualche espressione
meno formale. L’individualismo sicuramente è presente un po’ ovunque, e penso sia soprattutto legato, nella maggior parte
dei casi, al contesto ambientale in cui si vive. Le conseguenze che ne derivano sono certamente non le migliori, arrivando
persino a ridurre le relazioni interpersonali, a limitare la comunicazione con l’ALTRO, che in termini tecnici si definisce
“il non guardare nella mappa dell’altro”. In questa panoramica sociale che fa da sfondo alla nostra quotidianità, la maggior
parte del nostro tempo è dedicata al lavoro, allo studio, alla carriera, al successo, vivendo spesso in funzione di quello che
sarà il nostro futuro… senza pensare che nella vita presente vi sono altri aspetti fondamentali, che possono essere quelli
d’importanza sociale, altruistica, morale e non lucrativa. La mission del settore non/profit va al di là del profitto/reddito
da produrre in un determinato periodo di tempo, poiché ha degli obiettivi non economici da raggiungere, che possono
portare alle persone delle soddisfazioni maggiori di quelle che possono essere nel vedere accreditato nel proprio conto
corrente lo stipendio del mese. Secondo dati statistici, la maggior parte delle ore nella vita di un uomo è trascorsa sul posto
di lavoro, arrivando in questo modo a dedicare poco tempo sia per se stessi sia per la propria famiglia. A questo punto sorge
una domanda:
“come trovare del tempo da dedicare agli altri?”
Molte volte mi è stata posta questa domanda cui ho risposto: “Basta Volerlo!” Questo tipo di ragionamento trova
riscontro nel famoso detto “Volere è potere”, considerando che alla base di tutto ciò ci deve essere una personale motivazione.
Come far nascere, crescere la motivazione all’interno dell’individuo? Penso che l’AVO si debba porre questa domanda e
darsi una risposta! Come motivare una persona a…? Come motivare una persona per…? In questo quadro di interrogativi
non ho tenuto conto della motivazione soggettiva o personale, che induce la persona a fare volontariato, ma ho voluto far
riferimento alla motivazione oggettiva. Quest’ultima va rielaborata, sollecitata, stimolata sia negli adulti e sia nei giovani
e soprattutto nella giovane generazione. Come motivare un giovane al volontariato e nel nostro caso, all’AVO? Non sono
certamente in grado di dare una risposta, mi resta possibile solo fare una riflessione.
Il giovane è per sua natura attratto dalle nuove esperienze, è curioso e vuole soddisfare questa sua necessità di scoprire
il mondo che lo circonda. Il giovane è sempre alla ricerca di un qualcosa che molte volte neanche lui ben sa, è alla ricerca
di nuovi stimoli, di nuove esperienze, di avventure, di emozioni… Intraprende tanti cammini, alcuni li porta a termine, altri
preferisce interromperli… ma è importante che affronti questi cammini anche senza arrivare a destinazione… l’importante
è iniziare! Questi cammini o percorsi intrapresi possono essere di breve, medio o lungo periodo, ma indipendentemente
dalla loro durata, sono dei cammini che segnano la vita, lasciano una traccia, utile a contribuire alla formazione della
personalità. Con questo intendo affermare che l’AVO o generalizzando, il volontariato nella sua totalità, è un’esperienza
di vita che i giovani devono compiere. A differenze di quello che potrebbero pensare in molti, non è tanto la quantità di
chilometri percorsi durante un cammino, non è tanto la quantità del tempo trascorso in associazione… ma quello che conta
è la qualità del tempo. Posso svolgere dieci anni di servizio in AVO, in modo discontinuo, irregolare… o posso svolgere
tre anni di volontariato in AVO in modo costante, puntuale… ecco, secondo me… meglio tre anni di servizio in AVO di
qualità che dieci anni di servizio in AVO di mediocrità.
Nella mia realtà locale del nord Milano, è molto difficile far avvicinare non tanto i giovani al volontariato, ma all’AVO.
Le ipotesi per giustificare queste ragioni possono essere le più svariate:
Perché sul territorio esiste un gran numero di associazioni di volontariato.
Perché a differenza di altri tipi di volontariato, in AVO si viene a creare un contatto diretto con la persona in stato di
bisogno e quindi il volontario deve cercare di entrare in relazione con lui mettendosi in gioco.
Perché i giovani preferiscono aiutare il prossimo in maniera indiretta, ovvero non avendo un contatto diretto con la persona.
Ad esempio la differenza intercorrente tra il nostro servizio e quello svolto dai volontari della Croce Rossa.
Perché sul territorio l’AVO è poco conosciuta per mancanza o insufficienza di attività di marketing.
Perché non s’interagisce con le altre strutture presenti sul territorio, quando invece vi è un forte bisogno di integrazione e
di collaborazione.
o ancora…
Divario tra le aspettative e l’effettivo, che nel lungo periodo porta ad un alto turnover dei volontari. Le conseguenze sono
che il tempo medio di permanenza della persona in associazione è in declino.
Con tutti questi aspetti da analizzare, si deve secondo me iniziare a programmare un’attività di ricerca e di sviluppo.
Ad esempio se i giovani sono più portati per un servizio di praticità, ovvero ad una collaborazione attiva consistente in un
“facere”, perché non inserirli nel reparto di Pronto Soccorso?!? Spero che questi punti citati a titolo esemplificativo non
vengano dimenticati bensì riflettuti al rientro di questo incontro.
Ritornando al discorso del rapporto tra AVO e Giovani, l’AVO deve offrire quest’opportunità di vita ai giovani,
conoscendo a priori quali sono i pro e contro della generazione, tutti siamo o siamo stati giovani e reputo giusto che i
giovani devono fare i giovani e gli adulti devono fare gli adulti. La vita è una sola e ciascuno di noi deve viverla nel miglior
modo possibile, facendo tutto quello che si sente di fare… perché non c’è più niente di triste che fare qualcosa che non si
sarebbe mai voluto fare. Bisogna tenere presente che la nostra soddisfazione o la nostra realizzazione non si trova a tutti i
costi nelle grandi cose, spesso non ci rendiamo conto che si trova nelle piccole cose… L’AVO deve essere fiera ed orgogliosa
di offrire ad un giovane l’opportunità di vivere un’esperienza o un’avventura d’importanza sociale, che non sarà dimenticata,
ma sarà custodita dentro ciascuno, per aver fatto provare delle emozioni e delle sensazioni particolari, che entreranno a
far parte del bagaglio di esperienze di ciascuno. Non va dimenticato, e ci tengo a sottolineare che un giovane a distanza
di anni potrebbe sempre ritornare in AVO, l’abbandono dall’associazione di un giovane. Secondo me, non è mai definitivo,
perché col trascorrere del tempo si può sempre ritornare sui passi precedentemente intrapresi. Giusto o no, a mio parere,
non trovo sbagliato che un giovane faccia tutte le esperienze in cui crede e che gli danno soddisfazione. Io sostengo sempre
che nel momento in cui non crederò o non sarò più motivato a rimanere in AVO… smetterò di essere volontario ospedaliero,
ma non rinnegherò niente di quest’esperienza meravigliosa che la vita ha voluto che ne fossi partecipe.
L’AVO deve imparare ad aprire la visuale sui giovani a 360* perché i giovani sono parte integrante della società, sono
realtà e nella nostra associazione i giovani devono essere parte dell’AVO.
L’associazione deve essere soddisfatta anche nel caso in cui un giovane o un adulto frequentino solamente il Corso
Base di Formazione, senza mai diventare volontari ospedalieri. Dobbiamo riuscire a comprendere che questo è ugualmente
un modo per portare la persona a conoscenza e partecipe del servizio AVO. Per noi deve essere visto come un segno positivo
accostare all’associazione queste persone, perché ci viene offerta la possibilità di far conoscere maggiormente e di far
crescere ulteriormente la dimensione reale dell’AVO. È come quando delle persone entrano nella nostra casa: c’è chi rimane
per un’ora, c’è chi rimane per due ore, c’è chi rimane per sempre… l’importante è che le persone siano entrare in casa e
non siano rimaste fuori con il dubbio di pensare: chissà che cosa c’è dietro quella porta?!?
Un saggio dice: “esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici per il semplice caso di aver incrociato il nostro
cammino… semplicemente perché ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un poco di sé e prende
un poco di noi. Ci saranno quelli che prendono molto, ma non ci sarà chi non lascia niente. Questa è la maggior responsabilità
della nostra vita e la prova evidente che due anime non s’incontrano mai per caso”.
L’AVO sicuramente aiuta a crescere, a maturare e a completare sempre di più la nostra personalità. La si può paragonare
ad un “maestro di vita” vivendo delle esperienze che hanno la conseguenza di essere positive o negative. Bisogna tenere
presente che anche le esperienze negative sono da prendere in considerazione per migliorarsi, l’importante è non viverle
come sconfitte, ma come punti di partenza dai quali si deve cercare di ripartire per andare avanti, evitando gli errori
precedentemente commessi.
I giovani devono sapersi conquistare la fiducia negli adulti, collaborando e mostrandosi attenti alle loro aspettative.
E’ indispensabile partecipare attivamente alla vita associativa, proponendo idee innovative tramite iniziative di qualsiasi
carattere (sociale, culturale, ricreativo…). I giovani normalmente sono più incentivati a lavorare in equipe rispetto agli
adulti, che preferiscono rifarsi al detto “chi fa da sé, fa per tre”. Ricordiamo che la squadra raggiunge dei risultati che la
singola persona non può conseguire, può essere da esempio una squadra di calcio, che senza la collaborazione di tutti i
giocatori non può vincere… ovviamente alla squadra occorre la fase propedeutica dell’orientamento, dell’accoglienza e
dell’inserimento (spesso da noi sottovalutate).
I giovani bisogna metterli in condizione, una volta trasmesse le basi, le conoscenze e l’esperienza (che solo gli adulti
possono dare), di provare a camminare da soli arrivando al punto di staccare definitivamente il cordone ombelicale. I giovani
sono il futuro dell’AVO e devono essere messi in grado di riuscire a portare avanti l’Associazione. Se non gli si offre
quest’opportunità, si potrebbe correre il rischio che tutto il sapere non trasmesso muoia e ci si ritrova a dover ripercorrere
dagli inizi il cammino precedentemente intrapreso da altri. Dopo tante fatiche sostenute negli anni, conviene far svanire
tutto?!? No, assolutamente!! Il seguito lo si può avere! Come? Cedere, quando sarà il momento, la staffetta al giovane,
perché possa continuare il percorso di crescita dell’AVO; magari agli inizi camminerà con andatura incerta, ma imparerà
ad assumerla in modo regolare.
Che cos’è per me l’AVOGiovani? Voglio rispondere a questa domanda usando due termini oggi molto diffusi nel
vocabolario AVO:
L’AVOGiovani per me è la freschezza dell’AVO che diventerà la specificità del domani.
RELAZIONE DI CRISTINA PROSPERO, DELEGATA REGIONALE AVO GIOVANI TRIVENETO
I giovani ed il volontariato, il perche’ di una scelta
Tra le motivazioni che spingono i giovani ad entrare nel volontariato troviamo:
molto tempo libero a disposizione
curiosità di conoscere cosa fosse l’Avo
aiutare chi ha bisogno, chi è solo
mettersi alla prova,dare un senso alla propria vita
dimostrare che anche noi giovani possiamo fare qualcosa di socialmente utile
formare e rafforzare il proprio carattere
è un modo per confrontarsi con la fragilità della vita
per avere uno stimolo continuo e maturare
perché volevo fare parte di un gruppo
Il ruolo dei giovani all’interno dell’Avo: quale possibile collaborazione tra giovani e adulti?
Il ruolo dei giovani secondo noi è praticamente lo stesso degli adulti all’interno dell’associazione: essere una presenza
costante ed amichevole vicino all’ammalato.
In particolare però mentre noi giovani rappresentiamo maggiormente la parte creativa, innovatrice e promozionale del
gruppo, gli adulti devono guidarci, accompagnarci e sostenerci nel nostro percorso.
Loro ci devono stimolare ed incentivare a rimanere nel gruppo; in fondo noi rappresentiamo un po’ la linfa vitale per
gli adulti.
Solo da una collaborazione attiva tra tutti i volontari si può concretizzare una efficace crescita dei volontari e della
associazione stessa. Da un reciproco ascolto e da una reciproca conoscenza si possono ottenere ottimi risultati.
Ci dovrebbero essere sempre alla base della collaborazione un rapporto di reciproco rispetto e stima cercando di venirsi
incontro e di non ostacolarsi.
Quali compiti affidare ai giovani all’interno dell’Avo?
Promuovere i corsi di formazione, organizzare ed animare eventi di beneficenza giornate di incontro tra i volontari
tenere la redazione del giornale dell’associazione
seguire i rapporti con altre associazioni di volontariato
i giovani potrebbero avere anche uno spazio all’interno del direttivo
promuovere il volontariato nelle scuole e nelle parrocchie.
Quali sono gli aspetti positivi e negativi della collaborazione evidenziati dai giovani e dagli adulti?
ASPETTI POSITIVI
I ragazzi giovani portano allegria, entusiasmo, hanno un rapporto con gli ammalati davvero speciale. Sono estroversi
e spensierati.
Attraverso una collaborazione si può migliorare certamente il servizio offerto negli ospedali con grande giovamento
per gli ammalato.
ASPETTI NEGATIVI
Può succedere che lavorando insieme a dei progetti si evidenzino diversità di ideologie che possono portare a dei
contrasti o a momenti di tensione. Non sempre infatti gli adulti accettano le nostre proposte (innovative e creative) e quindi
ci sentiamo messi in disparte o non considerati.
A volte tendiamo a prenderci degli impegni che poi non manteniamo ( a causa della nostra incostanza o per la presenza
di altri impegni di lavoro o di studio), oppure ci tiriamo indietro mentre stiamo realizzando un lavoro per timore di essere
giudicati dagli adulti.
Conclusioni:
In generale in molte avo la situazione che abbiamo riscontrato è di una discreta collaborazione tra giovani e adulti
affiancata da dialogo, amicizia e fiducia reciproca. Certo questa situazione non la troviamo in tutte le avo.
In diverse associazioni infatti se non fosse per il sostegno dei/delle Presedenti noi non avremmo neanche un piccolo
spazio.
Nelle avo più grandi sicuramente si può notare un maggior distacco tra i gruppi di giovani e quelli degli adulti, sia
perché salendo il numero dei volontari non ci si riesce a conoscere e a creare momenti di incontro frequenti. Il gruppo infatti
in queste realtà più grandi non è molto agile e la struttura diventa pesante; questo impedisce di creare un gruppo omogeneo.
Oltre alle poche possibilità di contatto e di conoscenza, spesso gli adulti accettano con molta difficoltà idee nuove che
presentiamo all’associazione.
Permangono sicuramente delle barriere da entrambi i gruppi, ed è su queste barriere che dobbiamo lavorare tutti.
Anche noi giovani dobbiamo muoverci verso l’associazione senza aspettare sempre un loro primo passo, dobbiamo
lanciare anche noi dei messaggi, poi sta a loro coglierli.
Alla base delle difficoltà riscontrate nelle varie Avo sicuramente ci sono diversità di età, di idee, di motivazioni, di
approcci con i malati.
Sicuramente la situazione può migliorare ancora tanto con l’impegno di entrambi i gruppi.
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Untitled - AVO - Associazione Volontari Ospedalieri di Reggio Emilia