Gianluca Bo
Flavio Bonifacio
Massimo Negarville
TRE ANNI DOPO:
I DIPLOMATI DEL 2000
VISTI NEL 2003
Introduzione
Il quadro d’insieme
Chi sono
Nel lavoro
Negli studi
Studiare o lavorare. Le scelte dei diplomati torinesi
1. Premessa
2. Il modello delle cause oggettivamente misurabili, O
3. Il modello delle cause soggettive, S
4. Il modello delle reti di relazione, R
5. La legge ferrea della selezione scolastica
6. Ipotesi di spiegazione e possibile evoluzione
La ricerca, di cui si presentano i risultati, riguarda la situazione di 1543 giovani, che si sono
diplomati nel 2000 nelle scuole superiori di Torino e provincia, a tre anni dalla conclusione degli
studi superiori. Il campione utilizzato è pienamente rappresentativo dell’universo dei diplomati torinesi del 2000 45.
La ricerca esamina la collocazione nel lavoro e negli studi e mette in relazione le diverse scelte
con l’appartenenza di genere, gli studi di provenienza, la collocazione sociale e il capitale culturale delle famiglie. Largo spazio viene dato alle analisi sulla condizione che stanno oggi vivendo, alle
considerazioni sulla validità degli studi compiuti e alle possibili evoluzioni della loro situazione.
Questo lavoro si presenta come proseguimento e sviluppo di una analoga ricerca che ha esaminato la situazione nel 1999 dei diplomati torinesi del 199646. E consente di mettere in rilievo i
cambiamenti e le trasformazioni avvenute sul terreno dei comportamenti e delle valutazioni degli
intervistati. Sinteticamente i cambiamenti sono riportati nella tabella che segue, in cui sottolineiamo la variazione più importante: nel tempo sono aumentati coloro che dopo il diploma proseguono gli studi.
Situazione degli studenti a tre anni dal diploma. Confronti su Torino
Dipendente
Autonomo
Disoccupato
Studia a tempo pieno
Studia e lavora
Studia e cerca lavoro
Nulla facente
Totale
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
1999
2003
670
36,29
40
2,19
120
6,49
890
48,19
85
4,58
11
0,61
31
1,66
1846
100,00
334
33,20
18
1,79
31
3,08
522
51,89
85
8,45
7
0,70
9
0,89
1006
100,00
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
1. Introduzione
Questa prima parte è dedicata al commento delle evidenze empiriche emerse nel 2003.
Successivamente verranno trattate nel dettaglio e con gli strumenti opportuni le variazioni emerse
nelle due rilevazioni. In sintesi al 2003 si osserva:
1. L’universo degli intervistati è composto da giovani con un’età compresa tra i 21 ed i 25 anni,
in più della metà dei casi appartenenti al genere femminile (56%).
2. Gli studi di provenienza, in sintonia con il quadro torinese dei diplomati del 2000, vedono una
maggioritaria presenza dei liceali (42,5%).
45
46
A questo proposito si veda nella seconda parte le modalità di organizzazione e di conduzione della ricerca.
Si veda: Città di Torino “Osservatorio su formazione e lavoro 1999” aprile 2000.
63
3. È la condizione di studente (61%) assai più che quella di lavoratore (39%) a caratterizzare questi giovani. Nel 2003, sia la maggioranza degli uomini (59%) che delle donne (63%) è
impegnata negli studi.
4. La condizione di studente è direttamente connessa non solo con l’appartenenza al genere femminile, ma soprattutto agli studi liceali e a una origine familiare contrassegnata da
una scolarità medio alta. Questi elementi tradizionali sono però corretti dall’ampia quota di
giovani con diplomi tecnico/professionali che stanno studiando (41%).
5. La assoluta maggioranza (84,5%) dichiara di essere studente a tempo pieno, anche se
compare una minoranza che affianca o cerca di affiancare allo studio un’attività lavorativa.
Anche in questo caso, però, è lo studio a prevalere nettamente sul lavoro, come dimostrano le
tipologie contrattuali, gli orari di lavoro e le retribuzioni.
6. La maggior parte di chi studia sta frequentando l’università (95,4%); le facoltà preferite sono
ingegneria ed economia, seguono scienza della formazione, architettura, medicina e giurisprudenza. Coloro che stanno seguendo corsi post-diploma sono impegnati soprattutto in
studi in campo informatico e socio-sanitario.
7. Le ragioni che li hanno portati a proseguire gli studi sono in primo luogo culturali. È l’interesse a un determinato campo del sapere il motivo prioritario dell’attuale presenza negli studi,
a questa ragione fa subito seguito la convinzione che per trovare “un lavoro decente” il diploma non sia sufficiente.
8. Per quanto riguarda il giudizio sulla validità e utilità della scuola superiore per proseguire gli
studi compare una significativa minoranza critica: oltre il 30% dichiara di non aver ricevuto
dalla scuola superiore strumenti culturali adeguati e ben il 40% denuncia che le conoscenze tecniche acquisite nella scuola superiore sono pressoché inutili per il percorso di
studi in cui oggi sono impegnati.
9. A tre anni dal diploma il 39% dei giovani diplomati è collocata nel mercato del lavoro,
Sono soprattutto i diplomati tecnici e professionali ad essere presenti nel lavoro. Chi è occupato nella stragrande maggioranza (86,5%) ha un rapporto di dipendenza, anche se compare
un’area di lavoro autonomo. I disoccupati sono l’8%, con una leggera prevalenza maschile.
10. Il gruppo di giovani che sono alla ricerca del lavoro presenta particolari caratteri di debolezza e
di difficoltà. Il 9% non ha mai lavorato ed è alla ricerca del lavoro dal 2000, tra coloro che
hanno avuto un’occupazione prevale la posizione di operaio generico (36%) e le forme contrattuali “flessibili” pesano per l’87,5% dei casi, il lavoro senza alcun contratto è esperienza
assai diffusa (37%).
11. Industria, commercio e servizi alla persona sono i comparti dove ha trovato occupazione
la maggior parte dei giovani. Le imprese che li occupano sono piccole (48,3% sotto i 15
dipendenti).
12. Oltre il 40% lavora in ufficio, una parte significativa (26%) svolge ruoli di impiegato tecnico, il
lavoro operaio sia generico che specializzato coinvolge oltre il 30% dei dipendenti. Il lavoro mantiene ancora una tradizionale separazione di genere: commercio, cura delle persone,
lavoro d’ufficio per le ragazze, industria, edilizia, mestieri tecnici ed operai per i maschi.
13. Il rapporto di lavoro prevalente è l’apprendistato (37,7%), seguono i contratti a tempo indeterminato (32,5%) e a tempo determinato (16,7%). Le cosiddette forme flessibili del lavoro contano per circa il 65% dei casi.
14. Le retribuzioni mensili nette sono generalmente medio basse: il 10% è sotto ai 500 € mensili e il 76% guadagna da 501 a 1.000 €. Solo una minoranza, a netta prevalenza maschile, percepisce retribuzioni più elevate (oltre 1.000 €).
15. Per buona parte di tutti questi lavoratori la giornata lavorativa è tradizionalmente di 8 ore, mentre sono minoritarie le diverse forme di part-time (18%). Sono gli uomini a lavorare con orari
più lunghi delle donne.
64
17. In ogni caso anche il giudizio che i giovani dipendenti si sono formati del loro lavoro è
sostanzialmente positivo. Solo al 3 % il lavoro che stanno svolgendo non piace affatto, mentre ad oltre il 40% piace molto. Non solo, ben il 75% degli intervistati giudica l’attuale lavoro in
grado di evolvere nella direzione delle proprie aspirazioni professionali. È, infine, quasi la metà
di questi giovani (si ricordi che si tratta di persone tra i 21 e i 25 anni d’età) ritiene che la sua
situazione lavorativa non sia un’esperienza temporanea e auspica che sia definitiva.
18. Assai più critico il giudizio sul rapporto tra gli studi superiori ed il lavoro: a questo proposito una
cospicua minoranza (oltre il 40%) dichiara che l’attuale occupazione ha poco o nulla a
che vedere con il percorso di studi compiuto e, in percentuale analoga, sostiene che le conoscenze tecniche acquisite a scuola non sono utili per svolgere l’attività professionale in cui sono
coinvolti.
19. Se tanto una significativa minoranza degli studenti quanto dei lavoratori (circa il 40% degli
intervistati) esprime una valutazione negativa per quanto riguarda l’utilità degli studi superiori in
rapporto con le attività che svolgono nel 2003, assai meno critico è il giudizio sulla scuola
superiore come luogo di formazione utile per vivere ed orientarsi nel mondo. A questo proposito poco meno dell’80% esprime una valutazione positiva.
20. Ponendo a confronto i risultati del 2003 con quelli del 1999, si segnala in primo luogo una
crescita di oltre 10 punti percentuali (dal 50,9 al 61%) della componente studentesca, ancor più
significativa se si considera che cresce soprattutto l’insieme degli studenti a tempo pieno.
Questa componente, nel 2003, rappresenta da sola la maggioranza assoluta degli intervistati.
21. Diminuisce la partecipazione a corsi post diploma mentre cresce la frequenza alle facoltà
universitarie. Ingegneria e economia risultano in entrambe le rilevazioni le facoltà preferite, giurisprudenza ed architettura mantengono la medesima posizione, mentre cade la partecipazione a lettere e filosofia sostituita da scienza della formazione.
22. Esaminando la situazione occupazionale il dato più rilevante è la netta caduta del tasso di disoccupazione (dal 16,1 al 7,8%), anche il cambiamento delle tipologie contrattuali e delle posizioni professionali è significativo: crescono le collaborazioni ed il lavoro interinale, si dimezza il
lavoro nero. Scendono di 6 punti gli operai specializzati in sintonia con una contrazione degli
addetti all’industria, mentre gli impiegati d’ufficio, già maggioritari, crescono ulteriormente.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
16. Il 5,7% dei giovani diplomati esercita nel 2003 un’attività di tipo autonomo. Nel 50% dei
casi si tratta di commercianti ed artigiani. Un terzo guadagna più di 1.000 € mensili, una situazione sensibilmente diversa dai coetanei che esercitano un’attività alle dipendenze. I giudizi
espressi dai lavoratori autonomi circa la propria condizione professionale mostrano un gruppo
nettamente più soddisfatto dei coetanei alle dipendenze.
23. Per quanto riguarda giudizi e valutazioni gli intervistati del 2003 mostrano un atteggiamento più critico degli intervistati del 1999. Sia da parte di chi sta studiando, come da parte di
chi si colloca nel lavoro viene espresso un giudizio più negativo sulle conoscenze tecniche che
gli studi superiori hanno fornito. Anche la valutazione: “la scuola superiore è stata essenziale per
costruirmi una cultura e per muovermi nella vita”, pur ottenendo ampio consenso, segnala una
diminuzione delle adesioni (78% nel 2003, 83,5% nel 1999).
65
2. Il quadro d’insieme
Chi sono
I 1543 intervistati sono caratterizzati dalla prevalenza femminile (56%) e hanno nel 2003 un’età
compresa tra i 20 ed i 25 anni.
Le caratteristiche di età mostrano che nella netta maggioranza dei casi questi giovani hanno concluso gli studi superiori in tempi regolari, solo un ristretto gruppo (3,7%) ha conseguito il diploma in
significativo ritardo. Va notato che in questo gruppo la componente femminile è minoritaria (36%).
I diplomi di cui dispongono sono in gran parte di tipo liceale (42,5%)47.
Si conferma una tradizionale divisione di genere: le ragazze sono maggioranza nei percorsi di
tipo liceale (61,6%), ancor più netta la presenza femminile nel caso dei commerciali-turistici
(71,9%), gli uomini prevalgono tra i geometri e, nettamente, nei percorsi tecnici e professionali di
tipo industriale (81,4%).
Sono stati accorpati con questo termine non solo i licei scientifici, classici ed artistici, ma anche i diplomi
conseguiti in indirizzi sociali, psico-pedagogici, linguistici,etc. Per quanto riguarda le tipologie
commerciali/turistici e industriali sono stati accorpati i diplomati sia degli istituti tecnici che professionali che
fanno riferimento a questi campi di attività.
47
66
Nel 2003 la gran parte di questi giovani è impegnata negli studi (61%), con la forte prevalenza
degli studenti a tempo pieno (l’84,5% di chi sta studiando). Nel lavoro prevalgono altrettanto nettamente i lavoratori alle dipendenze (86,5% di chi è nel mercato del lavoro)48.
La situazione attuale per tipo e voto di diploma
La distribuzione degli intervistati tra lavoro e studio è caratterizzata dalla netta prevalenza della
condizione studentesca nei liceali: l’86,5% sta studiando. Per le altre tipologie di diploma la distribuzione tra lavoro e studio è assai meno netta: i geometri si dividono a metà, mentre tra gli industriali ed i commercialI/ turisticI ben il 40% è impegnato negli studi.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Che cosa fanno
Ai giovani impegnati nel lavoro o negli studi vanno aggiunti 19 casi (14 uomini e 5 donne) che al momento
dell’intervista erano fuori sia da lavoro che dagli studi. I dati e le osservazioni che seguono si basano sui 1524
giovani attivamente presenti nel lavoro o negli studi.
48
67
Se esaminiamo l’attuale condizione in rapporto alla votazione ottenuta in sede di esame vediamo che solo nel caso delle votazioni più basse la maggioranza si trova oggi nel mercato del lavoro (58% di coloro che hanno ottenuto tra 60 e 69), in tutti gli altri casi è la condizione di studente a
prevalere fino a toccare oltre l’80% tra coloro che hanno ottenuto le votazioni più alte (90-100).
La situazione attuale in base alla condizione sociale ed al capitale culturale delle famiglie
La quasi totalità degli intervistati vive con la famiglia d’origine e la situazione sociale e culturale
di questa sembra esercitare una influenza significativa sulla loro condizione attuale49.
Sulla base di questa classificazione emerge che sono solo le famiglie operaie quelle dove prevale per i figli/e la condizione lavorativa (55,7% dei casi), negli altri due gruppi sono gli studi a coinvolgere la netta maggioranza degli intervistati.
49
68
Abbiamo raggruppato le famiglie in tre gruppi sulla base della professione esercitata dai genitori:
• Alta, famiglie connotate dalla condizione di imprenditori, liberi professionisti, dirigenti, professori
universitari.
• Media, famiglie connotate dalla condizione di commercianti,artigiani, altre attività autonome insegnanti,
tecnici, impiegati.
• Bassa, famiglie connotate dalla condizione operaia o da una situazione di disoccupazione.
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Il livello di scolarità delle famiglie solo in parte coincide con la condizione sociale: un basso livello di scolarizzazione è assai più diffuso di una bassa condizione sociale, così come una condizione sociale elevata è significativamente minore della presenza di alta scolarità.
Rispetto a questo indicatore si riscontra per chi proviene da famiglie ad alta scolarità (laurea)
una elevata partecipazione agli studi (82,5%) che diminuisce (61%) per le medie scolarità (diploma)
e diviene minoranza (46%) per la bassa scolarità (licenza media, licenza elementare). Va segnalato
che la maggioranza dei giovani che appartengono a famiglie ad elevata scolarità, indipendentemente dal tipo di diploma posseduto, risultano nel 2003 impegnati negli studi.
69
Alcune osservazioni di sintesi.
L’indagine conferma e rafforza elementi già da tempo acquisiti:
• le donne hanno nella scuola superiore una migliore performance degli uomini cui corrisponde una maggiore inclinazione a proseguire gli studi dopo il diploma;
• i liceali continuano gli studi più di ogni altro tipo di diplomato;
• più è alto il voto di diploma più frequente è la prosecuzione;
• la correlazione tra appartenenza ad uno strato sociale e soprattutto quella tra la scolarità
delle famiglie e la continuazione degli studi rimane nitida ed evidente.
Emerge però anche un elemento su cui riflettere:
• dato che il mercato del lavoro torinese è caratterizzato nel periodo 1999-2002 da una forte
crescita degli occupati e che, di norma, i diplomi tecnico-professionali sono finalizzati ad
un inserimento immediato nel lavoro, come spiegare la elevata presenza, ancora nel 2003,
di diplomati di questo tipo negli studi?
Il giudizio sulla scuola superiore
Le valutazioni che questi giovani esprimono sugli studi superiori a tre anni di distanza dall’acquisizione del diploma vanno esaminate su due versanti:
• Il valore di scambio che attribuiscono al diploma
• Il valore d’uso sul terreno della cultura generale e sul terreno dei saperi tecnico-specifici.
Per quanto riguarda il valore di scambio, il diploma viene percepito come “pezzo di carta” da
una non trascurabile minoranza (il 28% degli intervistati si dichiara molto o abbastanza d’accordo
con questa affermazione). Di trascurabile entità le differenze in base all’attuale situazione.
Questa valutazione, esaminata per tipo di diploma, trova maggiore rispondenza tra i diplomati
industriali e tra i geometri.
70
• la scuola superiore come luogo di formazione culturale,
• la scuola superiore come luogo di apprendimento di saperi tecnico-specifici.
Sul primo versante il giudizio è assai più positivo che sul secondo. Una larga maggioranza (78%)
dichiara infatti che gli studi superiori sono stati decisivi per la propria formazione culturale. Coloro
che stanno oggi lavorando sono i più convinti di questa affermazione.
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Per quanto riguarda il valore d’uso distinguiamo i giudizi su due aspetti:
Guardando questa valutazione sulla base del tipo di diploma, emerge che il percorso di studi più
capace di fornire strumenti di orientamento e di cultura sono i licei, ma anche gli istituti tecnici e
professionali ad indirizzo commerciale e turistico ottengono una valutazione lusinghiera, mentre i
percorsi più deboli risultano essere gli indirizzi industriali e particolarmente i geometri.
71
Sui saperi tecnici l’aspetto più evidente e preoccupante sta nella consistente minoranza (45%
di coloro che si trovano sul mercato del lavoro) che ne denuncia la scarsa o nulla utilità. Di molto
migliore la valutazione di chi sta studiando (34% di giudizi negativi).
Il quadro esaminato per tipo di diploma evidenzia una situazione più critica tra i commerciali ed
una polarizzazione dei giudizi tra gli industriali.
72
I giudizi sugli studi superiori individuano tre consistenti minoranze critiche:
• il 28% degli intervistati giudica il diploma un “inutile pezzo di carta”,
• il 34% di chi sta studiando giudica di scarsa utilità per i suoi studi i saperi acquisiti,
• il 45% di chi si trova nel lavoro valuta poco o nulla utili i saperi tecnici.
Nella valutazione di questi diplomati la scuola superiore sembra funzionare con un significativo successo solo sul terreno della cultura generale e gli studi superiori sembrano essere
(anche escludendo i licei) più utili a chi prosegue gli studi rispetto a chi lavora.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Alcune osservazioni di sintesi.
Nel lavoro
Nel 2003 sono attivi sul mercato del lavoro 595 soggetti (319 donne e 276 uomini). In termini
percentuali sono gli uomini ad essere più coinvolti delle donne come mostrano i tassi di attività e
di occupazione.
73
La collocazione nel mercato del lavoro di questi diplomati vede il netto predominio dei lavoratori
dipendenti, il tasso di disoccupazione è poco inferiore all’8%, con una leggera prevalenza maschile.
I lavoratori alle dipendenze
Si tratta dell’86,5% degli attivi, con una contenuta prevalenza femminile. Per quanto riguarda il
tipo di diploma che presentano questo profilo, sono le giovani donne dei commerciali ed i loro
coetanei degli industriali a rappresentare il grosso degli occupati.
La condizione sociale e il livello di scolarizzazione delle famiglie presenta un profilo dove prevalgono una media condizione sociale e un basso livello di scolarizzazione.
74
I canali attraverso cui hanno trovato occupazione sono assai diversificati e si prestano alle
seguenti osservazioni:
1. anche se in termini relativi prevalgono le relazioni personali, inserzioni, domande dirette alle
imprese e chiamata da parte delle imprese, considerate insieme, arrivano ad oltre il 45%
delle assunzioni,
2. la segnalazione della scuola ha un peso notevole, superiore sia ai servizi privati che a quelli pubblici.
I settori, le imprese e le posizioni professionali
Tra i settori predomina il terziario, significativa è la presenza dell’industria, del tutto marginale
l’agricoltura.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Come hanno trovato lavoro
All’interno del settore industriale prevalgono nettamente le attività manifatturiere. Gli uomini sono
maggioranza assoluta in tutti i comparti, ma la presenza femminile è rilevante nel manifatturiero.
75
Nel terziario la presenza maschile è nettamente minoritaria in tutti i comparti. Tra questi predominano il commercio e i servizi alle persone che insieme pesano per oltre la metà dei casi.
In una distribuzione così variegata le imprese in cui lavorano presentano tutte le dimensioni, prevalgono però nettamente quelle piccole; in queste è collocata la maggioranza assoluta delle donne,
mentre gli uomini prevalgono in quelle più grandi.
76
I contratti, gli orari e le retribuzioni
Sono le forme flessibili ad essere le più diffuse, poco meno di un terzo possiede contratti a
tempo indeterminato. La presenza di lavoro nero è marginale.
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Le posizioni professionali vedono il netto predominio delle figure impiegatizie che pesano per quasi
il 70%. Le donne prevalgono nettamente tra gli impiegati d’ufficio e, in misura minore, tra i lavoratori
generici, gli uomini sono maggioranza tra gli operai specializzati e tra gli impiegati tecnici.
Il lavoro a tempo indeterminato coinvolge più le donne che gli uomini. Tra le forme flessibili l’apprendistato è quella più diffusa, seguita, a distanza, dal tempo determinato (le prime vedono una
maggioranza femminile, le seconde maschile).
77
Il tempo di lavoro si concentra sulle otto ore giornaliere, una minoranza, prevalentemente femminile, lavora con orari part-time. Il 10% degli uomini dichiara di lavorare più di otto ore al giorno.
Le retribuzioni si collocano nella maggior parte dei casi sopra i 500 €. Le variazioni per genere
sono significative, anche in considerazione del regime di orari: le donne sono sotto i 500 € nel 10%
dei casi, una significativa percentuale di uomini guadagna più di 1000 €.
78
I dati presi in esame permettono di avanzare alcune osservazioni che suonano a conferma
delle tendenze in atto nel mercato del lavoro torinese:
• l’ingresso nel lavoro non sembra essere difficile, chiamate dirette da parte delle imprese e
segnalazioni alle imprese da parte delle scuole rappresentano una quota notevole delle
modalità di ingresso nel lavoro,
• il settore è il terziario, l’industria rappresenta poco più di un terzo dei posti di lavoro,
• si tratta di un terziario articolato, ma al cui interno predominano comparti tradizionali:
commercio e servizi alla persona assorbono la maggior parte dei diplomati,
• le posizioni professionali prevalenti sono impiegatizie e la presenza di lavoro generico
limitata.
• si entra nel lavoro attraverso forme contrattuali flessibili: l’apprendistato è la modalità
preferita dalle imprese, ma anche tempo determinato e contratti di progetto hanno un
peso rilevante,
• si lavora a tempo pieno nell’80% dei casi, tenendo conto di questo dato le retribuzioni
percepite sono decisamente basse.
Le differenze di genere permangono. Fanno eccezione le forme contrattuali, non esistono
infatti differenze sensibili per quanto riguarda i contratti “atipici”, mentre nei contratti con più
garanzie (tempo indeterminato) le diplomate sono netta maggioranza.
Per il resto valgono queste considerazioni:
• le donne guadagnano mediamente meno degli uomini,
• hanno, assai più degli uomini, orari part-time,
• svolgono essenzialmente mansioni di impiegate d’ufficio, gli uomini invece ruoli tecnici e
di operai specializzati,
• sono più coinvolte in mansioni generiche,
• sono impegnate prevalentemente nei comparti del terziario, mentre gli uomini sono netta
maggioranza tra i dipendenti dei comparti industriali.
Emerge forte consenso e notevole interesse per il lavoro, non in astratto ma proprio per
quello che stanno facendo.
Il lavoro è coerente con gli studi in oltre la metà dei casi.
Per quanto riguarda i saperi acquisiti con gli studi superiori la cultura generale conta
significativamente di più che le conoscenze tecnico-specifiche.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Alcune osservazioni di sintesi.
I lavoratori autonomi
Si tratta di 34 persone (5,7% degli attivi) a maggioranza maschile. Per quanto riguarda il tipo di
diploma presentano questo profilo.
79
La condizione sociale e la scolarità delle famiglie è assai diversificata: la prima presenta un profilo medio-alto, la seconda mostra una prevalenza relativa dei bassi livelli. Una situazione decisamente diversa dalle famiglie dei dipendenti.
Il lavoro autonomo si declina in diverse tipologie, tra queste i commercianti e gli artigiani pesano per il 50%. La composizione per genere vede la prevalenza delle donne nelle attività commerciali e degli uomini in quelle artigianali.
Per quanto riguarda il reddito mensile emerge una notevole polarizzazione tra donne e uomini:
le prime guadagnano assai meno dei secondi. Un gruppo quasi interamente femminile conta su
guadagni assai ridotti (fino a 500 €), la maggioranza si attesta tra i 500 e i 1000 € e un gruppo, a
netta maggioranza maschile, percepisce introiti superiori ai 1000 €. In sostanza, pur guadagnando
mediamente più dei loro coetanei alle dipendenze, i diplomati che si definiscono “autonomi” non
godono affatto di redditi elevati.
80
Alcune osservazioni di sintesi.
I lavoratori autonomi presentano mediamente un profilo più soddisfatto dei lavoratori dipendenti, si tratta in particolare degli uomini che in quasi la metà dei casi godono di redditi relativamente più consistenti.
Va notato, in particolare per le donne, che la categoria “lavoro autonomo” in cui si sono autocollocate risponde più all’aspetto di un lavoro “flessibile” alle dipendenze che ai tratti di una
vera e propria attività in proprio.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
I giudizi sul lavoro sono oltremodo positivi, del tutto analoghi a quelli espressi dai lavoratori
dipendenti, anzi ancor più accentuata è sia l’identificazione con l’attività che si sta svolgendo sia la
fiducia che possa evolvere nel senso delle loro aspirazioni. Per quanto riguarda gli studi superiori
una consistente minoranza oltre il 40% rimane critica sui saperi tecnici acquisiti, mentre una maggioranza, più ampia di quella riscontrata per i lavoratori dipendenti, riconosce agli studi superiori
importanza e significato relativamente al possesso di un’adeguata cultura generale.
Le persone alla ricerca del lavoro
Si tratta di un gruppo di 46 persone (il 7.8% degli attivi). La composizione per genere vede una
situazione di totale equilibrio. Sono i liceali a evidenziare il tasso di disoccupazione più alto, anche
se in valori assoluti si tratta di un gruppo ristretto.
81
Questi diplomati presentano particolari caratteristiche di debolezza. La condizione sociale e la
scolarità delle famiglie mostrano un quadro dove alta scolarità ed elevata condizione sociale sono
decisamente minoritarie, notevolmente inferiori agli occupati sia dipendenti che autonomi.
È significativo notare che circa il 10% non ha mai avuto occasione di lavorare e che ben il 45% ha
trovato solo occupazioni temporanee. Chi può definirsi disoccupato in senso stretto è minoranza.
Le posizioni professionali e, soprattutto, le tipologie contrattuali riferite all’ultima occupazione
rafforzano ulteriormente l’impressione di difficoltà di questo gruppo: il lavoro generico pesa per
oltre un terzo, Le tipologie flessibili riguardano quasi il 90% dei casi ed il lavoro senza alcun tipo di
contratto è la modalità più diffusa.
82
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Le aspirazioni di questo gruppo di persone sono polarizzate: una netta maggioranza presenta
caratteri di rigidità: è disposta ad accettare solo un contratto a tempo indeterminato. Al polo
opposto, una consistente minoranza è ultra flessibile: è disposta ad accettare qualsiasi condizione contrattuale pur di lavorare.
Il giudizio sul valore del diploma e sull’utilità delle conoscenze tecniche acquisite con gli studi
superiori è notevolmente più negativo di quello espresso dagli occupati.
83
Alcune osservazioni di sintesi.
Le persone in cerca di occupazione sono connotate da tratti di notevole difficoltà e debolezza.
Più che un gruppo che casualmente e temporaneamente si trova in condizione di disoccupazione, questi diplomati sembrano in misura considerevole vivere da tempo una condizione di assenza di lavoro.
Sul piano delle prospettive si dividono nettamente tra una maggioranza che vuole solo un
lavoro ad orario pieno e a tempo indeterminato ed una minoranza disposta ad accettare
qualsiasi occasione lavorativa.
La fiducia nel diploma e nei saperi di cui dispongono è bassa.
Il lavoro ottenuto e il ruolo della formazione professionale
di secondo livello: approfondimento e confronti 1999-2002.
Il lavoro ottenuto
Limitandoci, per omogeneità dei dati, all’area metropolitana, è possibile evidenziare come, nel
mondo del lavoro, ci sia stato negli ultimi 4 anni un cambiamento nella distribuzione del tipo di contratto. Si nota un incremento delle nuove forme di contratto a spese del lavoro nero. Sono infatti
diminuiti i contratti a tempo indeterminato, quelli a tempo determinato ed il lavoro nero e sono
aumentate le collaborazioni coordinate, i contratti di apprendistato ed il lavoro interinale.
Tipo di contratto per anno di rilevazione
Tempo indeterminato
Tempo determinato
Collaborazione
Coordinata Continuativa
Apprendista/C.F.L.
Socio/lav. Cooperativa
Lavoro interinale
Lavoro nero
Totale
84
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
1999
2003
250
30,31
172
20,89
19
2,35
267
32,41
16
1,99
8
0,98
91
11,06
824
100,00
116
26,42
75
17,08
47
10,71
154
35,08
3
0,68
17
3,87
27
6,15
439
100,00
Nero
11,1%
Interinale
1,0%
Cooperativa
1,9%
CFL
32,4%
Interinale
60,2%
Indeterminato
30,4%
Cooperativa
0,7%
Nero
60,2%
CFL
35,1%
Co.Co.Co.
2,3%
Determinato
20,9%
Co.Co.Co.
10,7%
Indeterminato
26,4%
determinato
17,1%
In parte questo cambiamento è sicuramente dovuto al numero maggiore di ragazzi che scelgono di conciliare lo studio con il lavoro (studenti lavoratori). Chi studia e lavora ha contratti di lavoro
più flessibili (co.co.co, lavoro nero, cooperative), mentre chi si rivolge esclusivamente al mondo del
lavoro ha lavori più stabili.
Tipo di contratto per studente/non studente
Solo
lavoratori
Tempo indeterminato
Tempo determinato
Collaborazione
Coordinata Continuativa
Apprendista/C.F.L.
Socio/lav. Cooperativa
Lavoro interinale
Lavoro nero
Totale
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
340
30,65
222
20,05
36
3,27
399
35,95
14
1,25
21
1,89
77
6,94
1109
100,00
Studenti
lavoratori
26
16,82
25
16,13
30
19,56
22
14,51
6
3,58
4
2,67
41
26,72
154
100,00
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Tipo di contratto per anno di rilevazione
Questa tendenza (flessibilità/precarietà) nei contratti di lavoro rimane anche se si limita l’analisi
ai soli lavoratori (escludendo gli studenti lavoratori cioè). Si osserva una netta riduzione dei contratti
a tempo indeterminato e a tempo determinato, in favore delle collaborazioni coordinate e continuative, dei contratti di apprendistato e del lavoro interinale.
85
Tipo di contratto per anno di rilevazione (Solo non studenti)
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
Tempo indeterminato
Tempo determinato
Collaborazione
Coordinata Continuativa
Apprendista/C.F.L.
Socio/lav. Cooperativa
Lavoro interinale
Lavoro nero
Totale
1999
2003
237
31,67
158
21,17
9
1,24
260
34,72
12
1,59
7
0,93
65
8,69
748
100,00
103
28,53
64
17,73
27
7,48
139
38,50
2
0,55
14
3,88
2
3,32
361
100,00
Per quanto riguarda le mansioni, pur nelle difficoltà della riclassificazione50 di risposte ad una
domanda aperta a volte poco chiare, osserviamo intanto una prevalenza nei due anni delle mansioni di servizio (circa i due terzi). Prevalenza che nel tempo si accentua. Nelle prime posizioni della
tabella delle frequenze si osserva, per entrambi gli anni insieme considerati, una preferenza verso
professioni terziarie. Questa tendenza sembra manifestarsi soprattutto nel 2003 con lo scivolamento delle mansioni operaie dal primo al quarto posto.
Distribuzione delle mansioni per macro tipologia: mansioni di servizio/mansioni di produzione
Mansione
Produzione
Servizio
N
%
N
%
1999
2003
2002/2003
289
39,21
448
60,79
181
33,15
365
66,85
470
36,63
813
63,37
Nella classificazione delle mansione abbiamo cercato di raggruppare attività simili per il contenuto del lavoro dichiarato. Ne è venuta fuori la seguente lista di attività. In corsivo abbiamo segnato le mansioni di servizio
o terziarie che hanno dato luogo ad una classificazione più sintetica. Le attività sono state considerate di servizio indipendentemente dal settore dichiarato per l’impresa di appartenenza. La lista è la seguente programmatore/internet/informatica, segretario, commesso, impiegato, operaio industria, impiegato tecnico, disegnatore, installazioni, manutenzione/riparazione, impianti elettrici, magazziniere, agente di commercio/addetto
vendita/rappresentante, edilizia, cameriere/cuoco/addetto mensa/barista, geometra/praticantato, pulizie, assistenza socio assistenziale/sanità, baby-sitter/volantinaggio, poliziotto/carabiniere/militare, insegnante, impiegato contabile/fatturazioni, vendita/commercio, controllo qualità, tecnico collaudatore, call center, impiegato
banca/assicurazioni, controllo numerico, rapporto con clienti/fornitori, gestione personale, trasporto/fattorino,
tecnico di laboratorio/chimica, assistenza tecnica/assistenza post vendita, coltivatore diretto/agricoltura, artigiano/arte bianca, consulente, pubblicità, poste, capostazione/macchinista, data entry, operaio montaggio,
odontotecnico/assistente poltrona, progettista, paghe e contributi, archivisti, operaio tessile, spedizioni, addetto vendite, altra professione.
50
86
Mansione
Impiegato contabile/fatturazioni
Programmatore/internet/informatica
Operaio industria
Impiegato
Disegnatore
Commesso
Segretario
Vendita/commercio
Impiegato tecnico
Addetto vendite
Tutti
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
158
12,31
111
8,65
110
8,57
102
7,95
60
4,68
59
4,60
58
4,52
45
3,51
39
3,04
30
2,34
Distribuzione per mansione 1999. Le 10 posizioni più frequenti.
Mansione
Operaio industria
Impiegato contabile/fatturazioni
Programmatore/internet/informatica
Impiegato
Disegnatore
Segretario
Commesso
Impiegato tecnico
Operaio montaggio
Vendita/commercio
1999
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
77
10,45
75
10,18
73
9,91
60
8,14
38
5,16
37
5,02
34
4,61
28
3,80
22
2,99
22
2,99
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Distribuzione per mansione 1999-2003. Le 10 posizioni più frequenti.
87
Distribuzione per mansione 2003. Le 10 posizioni più frequenti.
2003
Impiegato contabile/fatturazioni
Impiegato
Programmatore/internet/informatica
Operaio industria
Commesso
Vendita/commercio
Disegnatore
Segretario
Addetto vendite
Artigiano/arte bianca
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
83
15,20
42
7,69
38
6,96
33
6,04
25
4,58
23
4,21
22
4,03
21
3,85
16
2,93
16
2,93
Il ruolo della formazione professionale di secondo livello
Per chi ha scelto di non continuare gli studi (595 persone nell’indagine del 2003 51) la probabilità
di lavorare, è in generale pari al 92,3%.
Probabilità di lavoro per chi non studia più.
51
88
Nell’indagine 1999 erano 891. Gli occupati erano l’84,9%.
Occupati per profilo di lavoro.
Si osserva che la percentuale più alta di occupati si registra tra coloro che hanno abbandonato
gli studi subito dopo il diploma.
Probabilità di lavoro per modo di abbandono dello studio.
Università interrotta
Formazione post diploma
Abbandono dopo il diploma
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Sempre nel 2003 il 51,6% degli occupati ha un profilo di lavoro alto, il 48,4% ha un lavoro di
basso52 profilo.
Il profilo del lavoro è più alto tra coloro che hanno iniziato e poi interrotto l’università. La formazione professionale di secondo livello sembra consentire, tra gli occupati, l’accesso a lavori di più altro
profilo rispetto a chi ha abbandonato subito, ma non migliora le chance di trovare un lavoro nel
breve periodo. Da questo punto di vista sembra anzi meglio mettersi subito alla ricerca di lavoro.
52
È stata costruita una classificazione (basso/alto) sulla base della posizione professionale e della retribuzione mensile per graduare il profilo del lavoro.
89
Profilo del lavoro per modo di abbandono dello studio.
Università interrotta
Formazione post diploma
Abbandono dopo il diploma
Il contenuto degli studi effettuati per il diploma influenza la probabilità di trovare lavoro
(maggiore tra chi ha seguito studi “industriali” più bassa tra i liceali) ma non il livello del lavoro
svolto.
Probabilità di lavoro per tipo di scuola superiore (solo per chi non studia più).
Liceali
Commerciali turistici
Industriali-Geometri
Profilo del lavoro per tipo di scuola superiore (solo per chi non studia più).
Liceali
Commerciali turistici
Industriali-Geometri
La distinzione licei/altre scuole vale anche per differenziare probabilità di trovare lavoro e
profilo del lavoro svolto distinguendo le scuole nel modo più tradizionale: si nota però che la differenza nelle probabilità di trovare lavoro è molto più piccola se si considera la distinzione tradizionale tecnici/professionali piuttosto che la distinzione di contenuto commercialituristici/industriali-geometri.
90
Liceali
Tecnici
Professionali
Profilo del lavoro per tipo di scuola superiore (solo per chi non studia più).
Liceali
Tecnici
Professionali
Dettagliando maggiormente per tipo di scuola frequentata, sembra che la formazione professionale aiuti i liceali che hanno smesso di andare a scuola a trovare lavoro ed i diplomati da istituti tecnici a migliorare il profilo del loro lavoro. Questi effetti si registrano soltanto per il 2003. Nel
1999 l’efficacia della formazione professionale nel triennio precedente sembrava meno evidente.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Probabilità di lavoro per tipo di scuola superiore (solo per chi non studia più).
91
Probabilità di essere disoccupati per tipo maturità e tipo abbandono per l’anno 2003.
Tipo maturità
LICEALI
COMMERCIALI
INDUSTRIALI
TECNICI
PROFESSIONALI
TUTTE LE SCUOLE
Percorso scolastico
post diploma
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
n.
11
25
52
88
8
79
205
292
11
59
145
215
15
103
277
395
4
35
73
112
30
163
402
595
%
disoccupati
18,2
8,0
13,5
12,5
12,5
13,9
6,8
8,9
9,1
6,8
2,8
4,2
13,3
8,7
5,4
6,6
0,0
17,1
4,1
8,0
13,3
10,4
6,2
7,7
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
n.
9
22
44
75
7
65
187
259
10
50
133
193
13
87
252
352
4
28
68
100
26
137
364
527
%
livello alto
33,3
31,8
59,1
48,0
28,6
40,0
52,9
49,0
40,0
54,0
45,9
47,7
38,5
44,8
50,4
48,6
40,0
54,0
45,9
47,7
34,6
43,8
51,1
48,4
+
+
+
+
+
+
Probabilità di essere disoccupati per tipo maturità e tipo abbandono per l’anno 2003.
Tipo maturità
LICEALI
COMMERCIALI
INDUSTRIALI
TECNICI
92
Percorso scolastico
post diploma
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
n.
6
12
28
46
15
150
229
394
21
137
293
451
28
189
345
562
%
disoccupati
0,0
25,0
21,4
19,6
13,3
20,0
22,3
21,1
9,5
16,1
9,2
11,3
7,1
14,8
9,3
11,0
+
+
+
+
+
-
n.
5
9
17
31
12
112
159
283
18
110
241
369
24
151
280
455
%
livello alto
40,0
55,6
82,4
67,7
50,0
48,2
47,8
48,1
50,0
45,5
53,1
50,7
50,0
43,1
51,1
48,4
+
+
+
+
+
+
PROFESSIONALI
TUTTE LE SCUOLE
Percorso scolastico
post diploma
n.
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
Università interrotta
Formazione Post diploma
Abbandono
Totale
8
98
177
283
42
299
550
891
%
disoccupati
25,0
24,5
26,0
25,4
9,5
18,4
15,3
16,1
+
+
-
n.
6
71
120
197
35
231
417
683
%
livello alto
50,0
54,9
50,8
52,3
48,6
47,2
52,3
50,4
+
+
Negli studi
La maggioranza assoluta dei diplomati è nel 2003 impegnata negli studi (61%). Si tratta di 929
persone a maggioranza femminile. La condizione di gran lunga prevalente è quella di studente a
tempo pieno.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Tipo maturità
La composizione per tipo di diploma vede la netta prevalenza dei liceali che da soli pesano per
oltre la metà dei casi.
La scolarità delle famiglie ha un peso rilevante. Solo nel caso dei liceali la partecipazione agli
studi è sempre maggioritaria, anche se sensibilmente diversa a seconda della scolarità, per tutti gli
altri tipi di diploma solo l’alta scolarità determina una partecipazione maggioritaria.
93
La presenza si concentra nell’università, marginale la partecipazione a corsi post-diploma. In
questi ultimi prevalgono nettamente i diplomi non liceali.
I corsi post diploma sono soprattutto quelli relativi all’ informatica, alle telecomunicazioni e all’area socio-sanitaria. Le persone che li stanno frequentando si sono iscritte dopo aver provato ad
occuparsi una volta acquisito il diploma. La loro scelta di studio è legata all’insoddisfazione per le
occasioni di lavoro trovate e la loro iscrizione a questo tipo di studi relativamente recente, nel 20%
dei casi sono studenti lavoratori.
Per quali motivi hanno continuato gli studi
È una scelta culturale la motivazione fondamentale che li ha portati a continuare a studiare. Un
peso notevole riveste anche la convinzione che proseguire gli studi significhi una miglior collocazione professionale, del tutto minoritarie sono le ragioni di status sociale.
94
Queste ragioni hanno portato a scegliere in modo articolato l’intero spettro delle facoltà universitarie, le prime dieci, che insieme raccolgono oltre l’80% delle adesioni, sono le seguenti:
Facoltà
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
ingegneria
economia
architettura
scienza della formazione
medicina
giurisprudenza
lingue straniere
lettere e filosofia
scienze politiche
scienze matematiche fisiche naturali
% di iscritti
17,5
15,1
6,9
6,9
6,8
6,4
6,1
6,0
5,8
5,3
Queste scelte subiscono variazioni significative se le esaminiamo per genere.
Tra le dieci facoltà citate ben otto sono caratterizzate da una maggioritaria presenza femminile,
da sottolineare la prevalenza femminile ad economia e giurisprudenza.
Facoltà
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
lingue straniere
lettere e filosofia
scienza della formazione
scienze politiche
medicina
architettura
economia
giurisprudenza
% femminile
84,8
81,8
78,8
66,7
66,7
63,5
62,3
56,3
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
All’università
Solo due vedono una maggioritaria presenza maschile.
Facoltà
1.
2.
ingegneria
scienze matematiche fisiche naturali
% maschile
85,6
65,0
I liceali sono significativamente presenti in tutte e dieci le facoltà, gli altri tipi di diploma mostrano una specifica concentrazione su alcune.
95
Facoltà
ingegneria
economia
architettura
scienza della formazione
medicina
giurisprudenza
lingue straniere
lettere e filosofia
scienze politiche
scienze matematiche
fisiche naturali
Liceali
%
Commerciali
%
Geometri
%
Industriali
%
15,3
10,8
7,3
8,3
7,5
6,8
5,6
8,3
4,4
7,5
36,0
1,4
6,8
3,4
8,8
10,9
2,0
14,3
40,5
10,8
35,0
36,4
5,7
2,3
2,3
11,4
2,3
3,4
5,8
2,0
2,7
2,7
2,3
10,2
Gli studi superiori e il proseguimento degli studi: giudizi e valutazioni
Interrogati a proposito del valore del diploma e dell’utilità delle conoscenze acquisite nella scuola superiore in relazione all’attuale condizione di studente universitario, valutano assai positivamente la cultura generale mentre sono più critici per quanto riguarda le conoscenze tecnico-specifiche.
Gli studenti ed il lavoro
Nel 2003 la gran parte di questi studenti dichiara di dedicarsi interamente agli studi (84,5%).
Non è stato sempre così, negli anni precedenti la maggioranza di essi ha lavorato e solo il 33%
non ha mai cercato di occuparsi. Coloro che tengono insieme lavoro e studio sono oggi poco più
del 25%, mentre ben il 67% ha fatto nel triennio una o più esperienze di lavoro. Questa drastica
riduzione è dovuta, in un numero significativo di casi, al fatto che molti, dopo aver provato a lavorare subito dopo essersi diplomati, hanno preferito rientrare negli studi, insoddisfatti delle opportunità che erano riusciti a trovare, in altri casi perché non sono riusciti a conciliare studio e lavoro.
Che questa coesistenza sia problematica è evidenziato dalla situazione lavorativa di chi ci prova.
La condizione di chi nel 2003 studia e lavora ha infatti il tratto dello studente che cerca trova e lascia
occasioni lavorative assai più di quello del lavoratore che concilia una effettiva attività professionale con lo studio.
96
Solo una minoranza possiede le caratteristiche “storiche” del lavoratore studente, ma è
soprattutto la forte presenza del lavoro nero a segnalare la precarietà e l’occasionalità del lavoro degli studenti. Il confronto delle posizioni professionali dove le mansioni generiche sono predominanti rafforza l’impressione di essere di fronte ad attività casuali e discontinue nella netta
maggioranza dei casi.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Questa affermazione trova una prima conferma nel confronto tra le forme contrattuali degli
studenti lavoratori con quelle dei diplomati alle dipendenze.
Infine il quadro degli orari e delle retribuzioni mostra che l’attività lavorativa è marginale del tutto
subalterna allo studio: la maggioranza assoluta degli studenti lavoratori percepisce salari inferiori ai
500 € mensili e un orario a tempo pieno appartiene ad una esigua minoranza.
97
Alcune osservazioni di sintesi.
La netta maggioranza della leva dei diplomati del 2000 si trova tre anni dopo il diploma nella
condizione di studente. È l’università il luogo principe del proseguimento, i corsi post diploma
riguardano un’esigua minoranza.
Le ragioni di questa così forte presenza negli studi stanno in un mix di motivazioni dove
specifici interessi culturali e ricerca di una migliore collocazione lavorativa pesano in modo
pressoché analogo.
La scelta delle facoltà conferma sia per genere che per tipo di diploma tendenze già da
tempo in atto: emergono ingegneria ed economia, ma la distribuzione è assai variegata.
Solo una minoranza cerca di affiancare studio e lavoro. È in ogni caso lo studio a prevalere
sul lavoro che presenta caratteri di saltuarietà e di provvisorietà come evidenzia il confronto
con i diplomati della stessa leva che lavorano alle dipendenze.
3. Studiare o lavorare. Le scelte dei diplomati torinesi
Premessa
Uno dei dati più importanti che emergono dalla ripetizione dell’indagine sui diplomati a distanza di quattro anni è l’aumento del numero di coloro che hanno scelto di proseguire gli studi dopo
il diploma. Gli studenti universitari sono infatti il 61% dei diplomati del 2000 (intervistati nel 2003),
contro il 53% di quelli diplomati nel 1996 e intervistati nel 199953.
Una lunga serie di studi sulle scelte scolastiche e professionali ha dimostrato che queste scelte possono discendere da vari fattori:
➤ circostanze oggettivamente misurabili al momento dell’indagine quali la provenienza
sociale, i risultati scolastici, il tipo di scuola frequentata;
➤ atteggiamenti e significati attribuiti alla scuola, al lavoro e ad altri aspetti della vita
quotidiana
➤ sistemi di relazioni in cui le persone sono inserite
Questi differenti fattori possono essere rappresentati come variabili indipendenti in tre distinti
modelli nei quali la variabile dipendente è sempre costituita dalla dichiarazione relativa all’attività
attuale dell’intervistato (studia o lavora)54.
Il modello O considera come variabili indipendenti la professione del padre e della madre combinate, il titolo di studio del padre e della madre combinati55, il rendimento scolastico dell’intervi-
Ci riferiamo qui ai dati ponderati per tipo di scuola. Cfr. Appendice 1, pubblicate sul sito della Provincia.
La teoria enunciata è validata dai tre modelli O,S,R gerarchicamente connessi in logica stepwise: cioè
costruiti in modo che i modelli gerarchicamente dipendenti, che seguono, valutano gli effetti della scelta studio/lavoro non spiegati dai modelli da cui dipendono, che precedono.
55
Le scelte compiute per ricodificare la variabile da inserire nei modelli sono descritte nell’Appendice 2, pubblicate sul sito della Provincia.
53
54
98
Come mostra la figura seguente, e come vedremo meglio nell’analisi successiva, i tre modelli
spiegano complessivamente oltre il 50% della variabilità del fenomeno.
Fig. 2.1 - Le varianze spiegate dai modelli.
V
A
R
I
A
N
Z
A
T
O
T
A
L
E
Varianze
spiegate
39
%
O
10
%
3
%
61
%
S
58
%
R
48
%
100
%
Varianze residue
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
stato (voto maturità e ritardo accumulato), il tipo di scuola frequentata, l’anno del diploma.
Il modello S che utilizza come variabili indipendenti comportamenti e atteggiamenti degli intervistati ne comprende in realtà due legati dalla stessa logica gerarchica: il primo prende in considerazioni valutazioni circa il valore dell’educazione e della formazione acquisita e del diploma ottenuto con la scuola media superiore, il secondo ha come variabili indipendenti atteggiamenti che
hanno a che fare con lo stile di vita (impegno sociale, culturale, conformismo, ecc.).
Il modello R, assumendo che il tipo di scuola frequentato dia indirettamente informazioni sul tipo
di relazioni esistenti tra studenti, famiglie, docenti, ha come variabile indipendente l’istituto scolastico frequentato.
Il modello O è stato usato in due versioni: la prima modella la probabilità di studiare, la seconda, simmetrica alla prima, la probabilità di lavorare56.
Il modello delle cause oggettivamente misurabili, O
Il modello logistico utilizza 9 variabili indipendenti e registra un valore di R2 pari a circa il 39%,
come illustrato in fig. 2.157.
Nella fig. 2.2 si illustra la direzione e la forza delle relazioni tra le variabili indipendenti e la variabile studia/non studia. Valori superiori allo zero indicano una relazione direttamente proporzionale,
Il modello O e il modello S1 lavorano sulle osservazioni delle due rilevazioni, 1999 e 2003. Il modello S2 ed
il modello R solo sul 2003. I risultati vengono estesi per induzione anche al 1999.
57
Il modello O utilizza regressioni logistiche per le stime. Da un punto di vista matematico i valori predetti di una
regressione logistica, valori che variano tra un minimo di 0 ed un massimo di 1, vengono interpretati come probabilità di osservare, stante una certa combinazione di valori delle variabili indipendenti, il valore “bersaglio” della variabile dipendente (il soggetto studia – il soggetto lavora). Da un punto di vista semantico appare più ragionevole parlare di propensione (propensione a studiare, propensione a lavorare) piuttosto che di probabilità. In questo modo i
casi nei quali, a fronte di un alto valore stimato dal modello si osserva un esito contrario (per esempio alta propensione allo studio – abbandono degli studi), possono essere interpretati non tanto come errori del modello, quanto
come un comportamento anomalo del soggetto. Tutto ciò apre due strade di ricerca: da un lato autorizza il tentativo di modellare e quindi di interpretare e spiegare questo fenomeno (almeno nella componente riprodotta dal modello logistico), dall’altro il soffermare l’attenzione sui comportamenti anomali può rappresentare un utile passo nella
definizione di strategie volte ad esempio a favorire il proseguimento degli studi da parte dei diplomati.
56
99
mentre valori inferiori allo zero una relazione inversamente proporzionale58. Come ci si poteva
aspettare, l’aver frequentato un liceo ha un peso preponderante nel determinare la scelta di continuare gli studi. Influiscono sulla medesima scelta anche il rendimento scolastico, la regolarità degli
studi, l’origine sociale, in termini di titolo di studio e di professione dei genitori (nel senso che più
i genitori hanno studiato e più hanno una buona posizione nella professione più il figlio si orienta
verso lo studio). Come si è già visto nei quattro anni trascorsi tra le due indagini è aumentata la
popolazione che sceglie di continuare gli studi. Spingono invece verso il lavoro il ritardo scolastico,
l’aver frequentato una scuola di tipo tecnico, il risiedere in Provincia.
Fig. 2.2 - Modello logistico: importanza e segno delle relazioni.
Utilizzando un valore soglia del 50% per dicotomizzare i valori predetti dalla logistica (potenziale studente si/no) secondo l’usuale metodologia ed incrociando le previsioni ottenute con i dati
osservati si ottengono i risultati riportati in fig. 2.3.
Fig. 2.3 - Incrocio tra i valori osservati e valori riprodotti della variabile studio.
58
100
La misura rappresentata nel grafico è il logaritmo degli odds ratio.
Fig. 2.4 - Valori medi di probabilità riprodotti dal modello per condizione dell’intervistato.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Il modello assegna correttamente il 78,5 % dei casi. Negli altri la situazione osservata differisce dalle previsioni del modello nel senso che 286 soggetti lavorano mentre, secondo le previsioni del modello, avrebbero dovuto studiare e, viceversa, 441 intervistati studiano mentre avrebbero dovuto lavorare.
L’andamento del valore medio della probabilità stimata nelle sette condizioni possibili dell’intervistato previste dal questionario evidenzia differenti gradi di propensione a seconda della condizione dichiarata, il che dimostra la buona performance del modello: i soggetti che studiano soltanto hanno, secondo il modello, probabilità più alta di studiare rispetto ai soggetti che studiano e
lavorano; costoro hanno valori più alti di coloro che studiano e cercano lavoro. I lavoratori autonomi hanno, sempre secondo il modello, probabilità di studiare più elevate dei lavoratori dipendenti e
questi ultimi presentano valori superiori ai disoccupati. Coloro che non fanno nulla stanno in mezzo,
non sapendo bene quale scegliere tra alternative che sembrano loro uguali (fig. 2.4).
L’analisi causale
All’interno del modello O, vi sono varie possibilità di influenza reciproca tra le variabili indipendenti. L’effetto sulla scelta di proseguire gli studi o di andare a lavorare sarà il risultato della
composizione di tali influenze. Sembra naturale59 considerare la sequenza temporale come criterio di scelta delle variabili indipendenti, che influenzano, e di quelle dipendenti, che vengono
influenzate. Il disegno di Path Analysis60 adottato descrive uno dei modi possibili nel quale le
principali caratteristiche dei soggetti influenzano la probabilità assegnata dal modello logistico,
rispettando per l’appunto il criterio della dipendenza temporale. Le variabili del modello causale61, sono in parte “variabili endogene”, cioè dipendono più o meno direttamente dal soggetto,
come la scelta del tipo di diploma superiore e il rendimento scolastico ed in parte “variabili esogene” al soggetto, come il genere e la provenienza sociale e culturale della sua famiglia d’origine. Si sono stimati quattro modelli: uno per il totale degli intervistati nelle due indagini, uno per
Questa è la prassi normale delle indagini sociologiche, cfr. p.es. R.K Merton, Teoria e Struttura sociale, Il
Mulino, Bologna, 2000.
60
Altrimenti designato come modello di equazioni strutturali a variabili manifeste (cfr. L.Hatcher, 1998). Cfr.
anche Macdonald, 1978.
61
Alcune variabili indipendenti del modello logistico sono state escluse dall’analisi. Si tratta del ritardo scolastico, dell’anno, e della localizzazione della scuola.
59
101
gli intervistati nel 1999, uno per i residenti nell’area metropolitana torinese intervistati nel 2003 e
uno per i residenti nella provincia intervistati nel 2003. I modelli stimati a seconda del tipo di
osservazioni e del tipo di variabili sono riassunti nella seguente tabella. Nelle celle è indicato il
numero delle osservazioni:
Tab. 2.1 - Modelli stimati.
Modello
1)
2)
3)
4)
Generale
1999
2003 Torino
2003 Provincia
Studia si/no
3389
1846
1006
537
Il modello causale lavora sulle probabilità di studiare previste dal modello logistico, cioè
prende in considerazione soltanto la variabilità del fenomeno spiegata dal modello delle cause
oggettive, O. Nell’architettura del modello causale, le variabili provenienza culturale (X4), provenienza sociale (X5), e genere (X6), sono variabili esogene, cioè non sono derivabili da altre
variabili contenute nel modello stesso, tutt’al più è possibile studiare in che modo sono correlate tra di loro (in termini statistici calcolarne la covarianza o correlazione). Le variabili
“Frequenza al Liceo-magistrali-artistici” (X2) ed il voto di maturità (X3), sono variabili endogene
nel senso che, oltre ad influenzare la variabile dipendente “Studia”(X1), sono influenzate dal set
di variabili esogene.
Utilizzando tutti i dati (1999-2003, Torino e Provincia. Modello 1 in tab. 2.1) si ottiene il seguente schema:
Fig. 2.5 - Il modello causale.
102
Oltre alle variabili prese in esame esistono altri elementi in grado di condizionare la propensione degli individui allo studio: il tempo e lo spazio. I dati della ricerca consentono di confrontare i
risultati del 1999 con quelli del 2003 e quelli dell’area metropolitana di Torino con quelli del resto
della Provincia64.
Tab. 2.2 - Propensione a continuare gli studi per anno e zona di residenza (dati pesati).
Area metropolitana
Resto Provincia
2003
0,61
0,53
1999
0,53
n.d.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
L’effetto più forte è legato alla scuola scelta, quindi al rendimento e al capitale culturale della
famiglia d’origine. Quest’ultima variabile evidenzia anche un importante effetto indiretto, agendo
sulla scelta dell’indirizzo di studi ed in modo meno evidente sul rendimento. Il fatto che gli effetti
dovuti allo status socio-economico della famiglia siano più blandi di quelli attribuibili al patrimonio
culturale si spiega con la parziale sovrapposizione di queste due caratteristiche (correlazione=.50).
Le ragazze proseguono gli studi più dei ragazzi, ma tale fenomeno sembra determinato più dalla
scelta dell’indirizzo di scuola superiore e dal miglior rendimento scolastico che da un effetto diretto del sesso sulla probabilità di studiare, che nel modello non è significativo62. Cioè: tenuti costante il rendimento scolastico e il tipo di scuola frequentata, le ragazze non proseguono gli studi più
dei ragazzi, come a prima vista potrebbe apparire.
In estrema sintesi il modello causale ci dice che le variabili che influenzano maggiormente la
scelta di studiare sono, in primo luogo, il tipo di scuola superiore frequentata (il liceo e, in secondo
luogo, il rendimento scolastico). La scelta del liceo è a sua volta influenzata in larga misura dal capitale culturale e, in secondo luogo, dalla provenienza sociale.
Il capitale culturale ha poi anche un effetto diretto sulla scelta di continuare a studiare. Per
descrivere compiutamente l’effetto del capitale culturale e tener conto di tutti gli effetti, diretti ed
indiretti, dovremo dire che il capitale culturale influenza la probabilità di studiare almeno in quattro
modi: in primo luogo direttamente; in secondo luogo aumentando la probabilità di frequentare il
liceo; in terzo luogo aumentando il rendimento sia direttamente, sia indirettamente attraverso l’azione sul titolo di studio. Frequentare il liceo alza infatti la probabilità di continuare gli studi (è l’effetto più forte registrato nell’analisi causale).
Occorre ricordare che il grado di correlazione tra le due variabili esogene è molto alto. Il capit3.
Quest’ultima agisce anche sul rendimento e direttamente sulla probabilità di studiare: più alta la
classe sociale, più alto il rendimento e più alta la probabilità di studiare. Sul rendimento agisce
anche la scelta della scuola: frequentare il liceo alza il rendimento. Essere donna favorisce un buon
rendimento, anche se non influenza direttamente la prosecuzione degli studi, come precedentemente sottolineato.
In realtà la figura riporta un coefficiente di –0,03 al limite di significatività. Quest’ultima scompare se il
modello viene ristirato non considerando le magistrali e i licei pedagogici. Preferiamo ritenere casuale il leggero effetto negativo registrato. Le equazioni strutturali stimate dal modello sono: X1=0,70 X2 + 0,35 X3 + 0,21
X4 + 0,07 X5 - 0,03 X6; X2=0,42 X4 + 0,05 X5 + 0,10 X6 e X3=0,08 X2 + 0,10 X4 + 0,12 X6.
63
Analoghi risultati abbiamo ottenuto in altra indagine analizzando la probabilità di trovare lavoro dei laureati
in discipline umanistiche. Anche lì il tipo di studio, il capitale culturale e rendimento contano all’incirca nello
stesso modo ed il capitale culturale copre l’effetto del capitale sociale (cfr. F. Bonifacio, P. Borgna, S.Scamuzzi,
I lavori degli umanisti, Celid, Torino, 2000, p. 28). Comunque questa struttura delle relazioni è abbastanza nota
nella letteratura corrente sull’argomento. Un modello analogo, anche se più direttamente riferito ala mobilità
sociale è quello di Blau e Duncan riportato p.es. da R. Boudon, Istruzione e mobilità sociale, Zanichelli,
Bologna, 1979, p. 20. Si veda anche per una rassegna più esaustiva D. Gambetta, Where they pushed or did
they jump?, Cambridge University Press, Cambridge 1987, pp.7-30.
64
Per come è strutturato il disegno della ricerca (nell’anno 1999 solo interviste nell’area metropolitana, nel 2003
in tutta la provincia), i confronti vanno fatti utilizzando sempre come riferimento la situazione “Torino 2003”. Il confronto tra la provincia ed i risultati del 1999 non può essere fatto direttamente poiché diviene impossibile attribuire le diversità eventualmente osservate alla differenza temporale piuttosto che a quella territoriale.
62
103
La propensione agli studi è aumentata dell’8% (da 0,53 a 0,61) nel periodo 1999 – 2003.
L’analisi differenziata per modello (per anno e territorio) evidenzia i mutamenti strutturali avvenuti.
Fig. 2.6 - Path Analysis Studio – Anno rilevazione, Luogo rilevazione.
Stante una sostanziale stabilità dei risultati, è possibile osservare alcune differenze soprattutto
negli effetti indiretti. Per quanto riguarda le variabili endogene, nel passaggio dal 1999 al 2003 l’effetto dovuto alla scelta del liceo si riduce lievemente65 (-0,01), mentre aumenta quello del voto di maturità (+0,07). Anche la relazione Liceo – voto si è fatta più intensa (+0.05). Venendo alle variabili esogene si registra una diminuzione generale degli effetti: diminuisce ad esempio l’effetto del capitale culturale della famiglia, sia quello diretto (-0,03) che quello indiretto tramite la scelta del liceo (-0,13).
L’effetto diretto della provenienza sociale rimane pressoché costante (+0,01) mentre quelli indiretti
scompaiono. L’influenza del genere sulla scelta del liceo e sul rendimento aumenta di poco e nella
stessa misura66 (+0,01) e aumenta ancora l’effetto negativo sulla scelta dello studio (-0,01).
Dunque sembra che nella scelta di continuare a studiare le variabili endogene (in senso statistico e sostantivo) abbiano aumentato il loro peso, almeno il peso relativo67. Diminuiscono gli effetti
del capitale culturale e della provenienza sociale (quest’ultima perché gli effetti indiretti che si
annullano superano il minimo aumento dell’effetto diretto registrato). Confrontando le distribuzioni
del titolo di studio dei genitori nei due periodi si osservano nel 2003 valori più alti di quelli registrati nel 199968.
Tra parentesi le differenze tra i coefficienti.
Perché nel 2003 sono state inserite le magistrali e i licei pedagogici.
67
L’effetto indiretto della scelta del liceo che passa attraverso l’incremento del rendimento (0,05*0,40=0,02)
supera infatti la lieve diminuzione dell’effetto diretto ricordata (-0,01).
68
Ciò potrebbe essere l’effetto dell’innalzamento dell’obbligo a 14 anni (riforma 1962). Il titolo di studio di questa nuova generazione di genitori è perciò cresciuto in base ad un’imposizione legislativa che, diminuendo la
variabilità del fenomeno (tutti hanno almeno la licenza media inferiore) ne ha ridotto il valore informativo e quindi la rilevanza nel prefigurare il futuro dei figli.
65
66
104
Limitandoci ai dati relativi all’area metropolitana, per la quale è disponibile una minima serie storica (1999-2003), vediamo come ci sia stato un aumento nella propensione a continuare gli studi,
sia a tempo pieno che part-time, come più sopra ricordato (tab. 2.3)
Tab. 2.3 - Situazione degli studenti a tre anni dal diploma (pesata).
Dipendente
Autonomo
Disoccupato
Studia a tempo pieno
Studia e lavora
Studia e cerca lavoro
Nulla facente
Totale
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
N
%
1999
2003
670
36,29
40
2,19
120
6,49
890
48,19
85
4,58
11
0,61
31
1,66
1846
100,00
334
33,20
18
1,79
31
3,08
522
51,89
85
8,45
7
0,70
9
0,89
1006
100,00
Fig. 2.7 - Situazione degli studenti a tre anni dal diploma (pesata).
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
La simulazione del futuro delle scelte post-diploma
ANNO
105
Nel 1999 tra studenti a tempo pieno e studenti lavoratori la percentuale di coloro che continuavano a studiare era del 53,4%, mentre nel 2003 arriva a 61,04%.
In parte questo è spiegabile con il differente comporsi dei fattori (quelli contenuti nello schema
del modello causale) che, almeno in parte, determinano la scelta di proseguire gli studi o meno69.
Ipotizzando future modifiche a questo schema (aumento del numero di persone che scelgono il
liceo o differenti relazioni interne al modello) si possono simulare gli scenari che prossimamente ci
si potrebbe attendere. Per la simulazione degli scenari si è costruito un programma che, generando casualmente profili diversi di soggetti, permette di testare l’influenza di diverse distribuzioni iniziali sulla scelta di proseguire o lasciare il corso di studi70.
Attualmente circa il 39% degli studenti torinesi sceglie il liceo (nelle sue varie articolazioni). Se
si confermasse la tendenza ad un aumento della percentuale di studenti che scelgono il liceo (mantenendo costanti tutti gli altri elementi) si osserverebbe un aumento di coloro che, ottenuto il diploma, continuano a studiare (fig. 2.8).
Fig. 2.8 - Quota di studenti che prosegue gli studi aumentando la quota dei frequentanti il liceo.
Si veda il paragrafo 4, “La legge ferrea della selezione scolastica”.
Per effettuare la simulazione della situazione futura si è proceduto a generare casualmente con distribuzione normale una serie di profili di intervistati rispettando la distribuzione delle variabili significative del modello
logistico e le loro relazioni reciproche. Applicando alle variabili così costruite i parametri della regressione logistica è stato assegnato a ciascuna osservazione simulata un valore di probabilità di continuare gli studi.
Dicotomizzando la probabilità si è costruita una stima di quanti soggetti proseguiranno gli studi e quanti
andranno a lavorare.
Definito un programma di simulazione capace di ricostruire con buona approssimazione la situazione attuale
è divenuto agevole simulare scenari possibili agendo sulla generazione casuale di osservazioni. Aumentando
di una o due unità la variabile anno, è possibile ad esempio ricostruire la situazione al 2004 ed al 2005 (e così
oltre). Forzando la distribuzione della variabile scelta del liceo ad avere valori più alti si simula la situazione
derivante da una maggior scelta da parte dei ragazzi di iscriversi al liceo. Cambiando i valori delle relazioni tra
variabili si può ipotizzare un meccanismo di generazione della probabilità di continuare gli studi differente, nel
quale ad esempio il livello sociale della famiglia d’origine acquisti o perda importanza.
69
70
106
Il modello delle cause soggettive, S
Abbiamo osservato (fig. 1) che il modello delle cause oggettive spiega circa il 40% della variabilità delle scelte post-diploma, e abbiamo detto in che modo. Rivolgiamo ora la nostra attenzione
a quella metà del fenomeno che il modello non spiega. Lo faremo in due modi: i) rimanendo all’interno dell’indagine, ovvero considerando la valutazione degli intervistati verso l’istruzione acquisita ed altri atteggiamenti; ii) richiamando brevemente le circostanze non osservate dall’indagine che
possono influire sulla scelta di proseguire gli studi oppure di andare a lavorare.
La valutazione dell’istruzione
La varianza residua, che le valutazioni dell’istruzione ricevuta spiegano, è di circa il 1,5%, (oltre
il 40% spiegata dal modello delle cause oggettive). Una fetta molto piccola dunque, significativa
comunque in termini rigorosamente statistici. Nel seguito analizziamo questi nuovi effetti considerandone l’incidenza su quelli previsti e non previsti dal modello. A questo scopo ritorniamo alla
matrice che mette in relazione previsioni del modello e stati di fatto, già riportata in fig. 2.3, riproponendola in un formato soltanto leggermente diverso.
Le probabilità generate dal modello logistico (studio versus lavoro) sono state trasformate in
variabili discrete (studio previsto sì/no ). Incrociando le variabili così ricostruite con quelle osservate si ottiene, a partire da ciascuna coppia di valori, una tipologia a 4 categorie (cfr. Tab. 3.1).
Tab. 3.1 - Matrice scelte osservate, scelte previste.
Previsto
osservato
Studia
Non studia
Studia
Non studia
1249 (36,85%)
286 (8,44%)
441 (13,01%)
1413 (41,69%)
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Tradotte in valori assoluti, queste percentuali indicano che gli studenti che proseguono gli studi
potrebbero aumentare rispettivamente a 7.851, 8.218, 8.529, 8.87371 se le iscrizioni ai licei passassero dall’attuale 39% al 40, 45, 50, 55%72.
In questo modo si individuano 286 soggetti che il modello logistico assegna alla categoria degli
studenti, ma che in realtà non vi appartengono e 441 soggetti che in modo non previsto proseguono negli studi.
Preliminarmente consideriamo l’effetto dei due item che misurano la valutazione dell’istruzione
ricevuta sulle previsioni del modello e successivamente sulle combinazioni generate dalla matrice.
I due item sono “Le superiori sono state essenziali per costruirmi una cultura per la vita” e “Gli studi
superiori mi hanno dato solo un pezzo di carta”. Esprimere accordo con la prima affermazione o
essere in disaccordo con la seconda affermazione significa dare una valutazione positiva dell’istruzione ricevuta.
Rimanendo costante la popolazione dei diplomati (12.848 nel 2003 in Provincia di Torino secondo il C.S.I.
Piemonte).
72
È ipotizzabile comunque che, come già osservato nel confronto tra il 1999 ed il 2003, a una scelta crescente
del liceo potrebbe accompagnarsi una riduzione della correlazione tra la scelta di questo tipo di scuola superiore ed il proseguimento degli studi post-diploma. Se la propensione alla scelta rimanesse anche nei prossimi anni pari a quella attuale si avrebbe secondo il modello un aumento annuale degli studenti che proseguono gli studi pari a oltre il 4%. Si avrebbe perciò una percentuale pari al 65,8% di studenti che proseguono nel
2004, del 70,3% nel 2005 e del 75,2 nel 2006. Ciò è dovuto al fatto che i dati della ricerca registrano il forte
aumento che si avuto nel periodo 1999- 2003 (+8%).
71
107
Mentre la prima statistica ci dice (tab. 3.2, tab. 3.3) che chi dà una valutazione positiva dell’istruzione ricevuta tende più di altri a proseguire negli studi, con la seconda statistica ragioniamo
sulle distorsioni che la valutazione dell’istruzione ricevuta introduce nella previsione del modello.
Scopriamo in questo modo che chi svaluta l’istruzione ricevuta è presente in proporzione maggiore tra coloro che si prevede non studino e in realtà studiano (FALSI NEGATIVI) rispetto a chi non la
svaluta. Ci sono tre evidenze di ciò: i) la presenza percentualmente più consistente di coloro che
affermano che le “superiori” non sono state essenziali per costruirsi una cultura tra coloro che
secondo le previsioni del modello avrebbero dovuto andare al lavoro e invece proseguono gli studi
(FALSI NEGATIVI), rispetto a coloro che hanno dato valutazioni positive (+8,6%); ii) la presenza percentualmente più consistente di coloro che pensano che le superiori abbiano dato loro soltanto un
pezzo di carta tra coloro che il modello prevede al lavoro e ritroviamo a studiare (FALSI NEGATIVI),
rispetto a coloro che non lo pensano (+4,4%); iii) la presenza percentualmente più consistente di
coloro che affermano che le superiori non hanno dato loro soltanto un pezzo di carta tra coloro che
il modello ha previsto proseguire negli studi e invece ritroviamo a lavorare (FALSI POSITIVI), rispetto a chi pensa l’opposto (+5,6%) (tab. 4, tab. 5).
Il risultato di questa analisi appare a prima vista controintuitivo. Si è soliti pensare, infatti, che la
propensione a continuare gli studi sia più elevata tra coloro che hanno fatto un’esperienza scolastica positiva. I dati della ricerca mostrano, al contrario, che tra i ragazzi che per estrazione sociale e per tipo di scuola scelta avrebbero dovuto continuare gli studi e non l’hanno fatto prevale un
giudizio positivo verso l’istruzione ricevuta nella scuola media superiore. Viceversa. tra chi, secondo il modello, non avrebbe dovuto proseguire gli studi e invece si è iscritto all’università prevale un
giudizio negativo verso l’esperienza scolastica pregressa.
Sembra dunque plausibile considerare le opinioni degli studenti verso la scuola e lo studio come
effetti che distorcono la relazione tra il tipo di scelta e le condizioni strutturali prima analizzate.
Tab. 3.2 - Previsioni del modello e valutazione delle superiori.
Le superiori sono state
essenziali per costruirmi
una cultura per la vita
NO
Sì
-
-
FREQ
%
FREQ
%
NO
360
59.0
1240
45.9
Sì
251
41.0
1459
54.1
TOTALE
611
100.0
2699
100.0
STUDIO - PREVISIONE
Tab. 3.3 - Previsioni del modello e valutazione del diploma.
Gli studi superiori
mi hanno dato solo
un pezzo di carta
NO
Sì
-
-
FREQ
%
FREQ
%
NO
1103
46.5
486
53.8
Sì
1267
53.5
434
47.2
TOTALE
2370
100.0
919
100.0
STUDIO - PREVISIONE
108
Le superiori sono state
essenziali per costruirmi
una cultura per la vita
STUDIO PREVISIONE
NO
Sì
NO
Sì
-
-
FREQ
%
FREQ
%
239
121
360
66.4
33.6
100.0
930
310
1240
75.0
25.0
100.0
38
15.1
229
15.7
Sì
213
84.9
1230
84.3
TOTALE
251
100.0
1459
100.0
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
STUDIO REALTÀ
NO
Tab. 3.5 - Previsioni e realtà e valutazione del diploma
Gli studi superiori
mi hanno dato
solo un pezzo dicarta
STUDIO PREVISIONE
NO
Sì
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
NO
Sì
-
-
FREQ
%
FREQ
%
821
282
1103
74.4
25.6
100.0
340
145
486
70.0
30.0
100.0
218
1049
1267
17.2
83.8
100.0
50
384
434
11.6
88.4
100.0
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Tab. 3.4 - Previsioni e realtà e valutazione delle superiori
Tra coloro che sono propensi a studiare, studia di più chi ritiene che il diploma equivalga ad
un pezzo di carta (+5.6%), mentre quando il modello ipotizza un futuro senza ulteriore istruzione, succede il contrario. Proseguono gli studi i soggetti che reputano insufficiente l’istruzione
ricevuta per affrontare la vita (+8.6%) e pensano che il diploma conseguito non abbia un grande
valore (+4.4%).
Incrociando le due variabili tale effetto diviene ancora più evidente. Infatti, posizionando in un
grafico le risposte alle due affermazioni (asse orizzontale) e la combinazione tra previsione della
scelta e scelta post-diploma effettiva (asse verticale) si può notare come coloro che hanno scelto
di proseguire gli studi contro le previsioni del modello diano valutazioni molto più negative di coloro che hanno effettivamente smesso, mentre coloro che hanno abbandonato gli studi, quando ci si
sarebbe aspettati il contrario, diano valutazioni più positive dei loro coetanei che hanno fatto scelte coerenti con le previsioni.
109
Fig. 3.1 - Schema riassuntivo della relazione delle valutazioni delle scuola con le previsioni
del modello
Atteggiamenti e stili di vita
Le dimensioni soggettive della scelta di proseguire o meno gli studi sono state esplorate anche
a partire da un’altra batteria di domande che fanno riferimento a comportamenti e atteggiamenti
verso il tempo libero, la famiglia, i consumi, ovvero agli stili di vita dei giovani. Queste domande
sono state sintetizzate in quattro macrovariabili, indicatori sintetici di impegno sociale, di conformismo, di impegno culturale e di impegno sportivo.
Tab. 3.673 - Indicatori di stili di vita
Sono impegnato in attività politiche/sociali
Svolgo attività di volontariato
Mi piace spendere per vestirmi
Guardo la TV
Sono religioso
Mi dedico alla famiglia
Leggo libri
Mi piace il cinema
Amo il teatro la poesia e l’arte
Uso il computer e Internet
Pratico Sport
Faccio il tifo per una squadra/atleta
Leggo abitualmente un quotidiano
impegnato
conformismo
culturale
sportivo
Confrontando il punteggio medio sulle quattro macrovariabili ottenuto da chi studia e da chi non
studia si notano differenze importanti che hanno consentito di spiegare un altro 1,5% della varianza non spiegata dal modello delle variabili strutturali.
A un primo livello descrittivo emergono differenze significative di comportamento e atteggiamento tra chi lavora e chi non lavora. I lavoratori presentano valori inferiori alla media per le variabili relative alla cultura, all’impegno e allo sport. Al contrario, gli studenti danno con meno frequenza risposte di tipo conformista. (fig. 3.2).
Le due domande rimanenti (Intendo lasciare le cose come stanno, Ascolto la musica) non sono correlate
significativamente alle altre, e si presentano come interessi trasversali.
73
110
Gli effetti netti degli indicatori descritti sono significativi nella scelta post-diploma. Cioè gli atteggiamenti aggiungono varianza spiegata al modello. Nella regressione lineare che ha come variabile
indipendente i residui del modello logistico tutti e quattro i fattori entrano infatti in modo significativo.
Secondo la metodologia già sperimentata74, vediamo perciò come queste variabili entrino nella
spiegazione di quella parte della scelta non spiegata dal modello delle cause oggettive e dalle
variabili di atteggiamento già misurate. A parità di altre condizioni svolgere attività di volontariato
favorisce la scelta studio (tab. 3.7). Tra chi svolge attività di volontariato la proporzione dei falsi
negativi è infatti maggiore (sono proporzionalmente di più coloro che vanno a studiare quando il
modello prevede lavoro) ed è minore la proporzione dei falsi positivi (coloro che anziché studiare,
come prevede il modello, vanno a lavorare). Allo stesso modo (tab. 3.8) chi ama l’arte e la poesia
tende a proseguire gli studi anche quando il modello prevede lavoro (falsi negativi); viceversa tende
di più a smettere di studiare quando il modello prevede studio (falsi positivi) chi non le ama.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Fig. 3.2 - Dislocazione degli indicatori per condizione dichiarata al momento dell’inchiesta
Tab. 3.7 - Previsioni e realtà e attività di volontariato
Molto
FREQ
%
STUDIO PREVISIONE
NO
Sì
74
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
Svolgo attività di volontariato
Abbastanza
Poco
Per niente
FREQ
%
FREQ
%
FREQ
%
15
15
30
48.6
51.4
100.0
43
17
60
71.1
28.9
100.0
68
32
101
68.1
31.9
100.0
362
136
498
73.8
27.2
100.0
7
63
69
9.5
90.5
100.0
18
105
123
14.6
85.4
100.0
23
143
166
13.8
86.2
100.0
104
383
487
21.3
78.7
100.0
Le relazioni così misurate sono al netto degli effetti imputabili alle dimensioni strutturali (modello logistico).
111
Tab. 3.8 - Previsioni e realtà e amore per il teatro e l’arte
Molto
FREQ
%
STUDIO PREVISIONE
NO
Sì
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
Amo il teatro la poesia e l’arte
Abbastanza
Poco
Per niente
FREQ
%
FREQ
%
FREQ
%
50
35
85
58.5
41.5
100.0
144
75
219
65.9
34.1
100.0
154
66
220
70.2
29.8
100.0
131
23
154
85.2
14.8
100.0
32
188
220
14.6
85.4
100.0
65
303
368
7.7
83.3
100.0
34
154
188
18.1
81.9
100.0
9
44
64
30.4
69.6
100.0
Il guardare poco la televisione trasforma una previsione verso il lavoro in una scelta per lo studio; guardarla di più una previsione verso lo studio in una scelta per il lavoro (tab. 3.10).
Tab. 3.10 - Previsioni e realtà e TV
Molto
FREQ
%
STUDIO PREVISIONE
NO
Sì
STUDIO REALTÀ
NO
Sì
TOTALE
STUDIO REALTÀ
No
Sì
TOTALE
Guardo la TV
Abbastanza
Poco
FREQ
%
FREQ
%
Per niente
FREQ
%
112
32
144
78.1
21.9
100.0
189
87
276
68.4
31.6
100.0
158
68
226
69.8
30.2
100.0
23
13
35
64.3
35.7
100.0
29
82
110
25.9
74.1
100.0
60
342
402
14.9
85.1
100.0
56
236
293
19.3
80.7
100.0
6
34
39
14.1
85.9
100.0
La fig. 3.3 mostra sinteticamente come stanno le cose. I due gruppi per i quali la previsione è
corretta (blu scuro lavoratori attesi, verde scuro studenti attesi) hanno profili di atteggiamento speculari, mentre i gruppi per i quali la previsione non coincide con la scelta (verde chiaro lavoratori
inattesi, azzurro studenti inattesi) hanno dei profili intermedi e più simili. Coloro che il modello prevede scelgano il lavoro e che invece studiano, gli studenti inattesi (colore azzurro), si differenziano
dai lavoratori attesi principalmente sul fattore culturale. Viceversa, i lavoratori inattesi (verde chiaro) sono caratterizzati da un pattern che li differenzia da coloro che effettivamente studiano in particolar modo sul fattore conformismo.
112
Il modello delle reti di relazione, R
Fino ad ora le informazioni raccolte attraverso la ricerca (variabili oggettive e soggettive) ci
hanno consentito di spiegare il 42% della varianza relativa alle scelte di studio e di lavoro dei giovani torinesi. Dobbiamo dunque ipotizzare che questa varianza non spiegata dal modello sia dovuta a variabili non riconducibili direttamente alle caratteristiche individuali acquisite o ascritte accertate nell’indagine. Tra queste, sono sicuramente da prendere in considerazione sia variabili relative
ai contesti di apprendimento in cui i ragazzi sono stati inseriti 75, sia variabili relative al mercato del
lavoro locale76 sia, ancora, al tessuto di relazioni sociali in cui i giovani hanno vissuto. In assenza di
altre informazioni, si può assumere che i singoli istituti per il tipo di popolazione scolastica che
accolgono, per la qualità dell’insegnamento e delle attrezzature di cui dispongono, per il tipo di relazioni che intrattengono con l’ambiente circostante, svolgano un ruolo importante nella determinazione del destino post-diploma.
Nel nostro caso, l’introduzione di questa dimensione di analisi ha consentito di aggiungere ben
il 10% di spiegazione al modello (cfr. fig. 4.1).
Le tabelle 4.1 e 4.2 dicono in che senso l’istituto agisca rispetto al modello strutturale. Nelle
tabelle la colonna “% Studenti” riporta la percentuale di coloro che proseguono negli studi dopo il
diploma sul totale previsto dal modello. Su tutte le scuole la percentuale di coloro che proseguono
gli studi quando il modello predice studio è l’83%. La percentuale si abbassa al 26% quando il
modello predice lavoro (tab. 4.1). Consideriamo gli Itis: a fronte di una congruenza media tra scelta e previsione del 56% (la tabella riporta i valori marginali in neretto77), all’istituto “TC”78 la percentuale sale al 69% mentre al “TD” scende al 46%. Pur nell’ambito dello stesso tipo di scuola (TC e
TD sono entrambe ITIS) la variabile “Istituto” agisce in modo diverso: data una certa previsione del
modello “a proseguire gli studi”, andare all’“TC” aumenta la probabilità di proseguire gli studi,
rispetto all’andare al “TD”. D’altra parte andare al “TD” aumenta la probabilità di proseguire gli
studi, data la previsione del modello a “non proseguire”.
Prendiamo il caso dei licei scientifici. Anche qui, a parità di altre condizioni, andare all’istituto “SA”
rafforza la probabilità di proseguire gli studi rispetto al modello, mentre andare al “SL” la riduce.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Fig. 3.3 - Previsioni di studio e di lavoro ed atteggiamenti – Sintesi
75
OCSE, Completing the Foundation for lifelonglearning. An OECD Survey of Upper Secondary Schools,
2003.
76
cfr. supra cap. Giovani e mercato del lavoro nell’area torinese.
77
Le percentuali marginali di un gruppo possono essere minori di tutte le percentuali riportate per tutte le
scuole listate in tabella per quel gruppo in quanto dalla lista sono state escluse le scuole con poche osservazioni per quel tipo di previsione (<=15 studenti intervistati): è il caso degli ITC.
78
I nomi delle scuole sono stati sostituiti con lettere per evitare un effetto “valutazione”. D’altro canto il fatto
di registrare percentuali più o meno alte di passaggi all’università indica soltanto che ci sono differenze legate alla scuola. La ricerca non può dire nulla circa le cause di queste differenze.
113
Tab. 4.1 - Effetto istituto sulle previsioni del modello: area metropolitana
114
0 – Tutti
Altri licei/magistrali
Geometri
Geometri
IPSIA
IPSSCT
Ist, d’Arte
ITC
ITC
ITC
ITIS
ITIS
ITIS
L, Classico
L, Classico
L, Classico
L, Classico
L, Classico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
0 – Tutti
0 – Tutti
0 – Tutti
GA
0 – Tutti
0 – Tutti
0 – Tutti
0 – Tutti
TA
TB
0 – Tutti
TC
TD
0 – Tutti
CA
CB
CC
CD
0 – Tutti
SA
SB
SC
SD
SE
SF
SG
SH
SI
SL
0 – Tutti
Geometri
Geometri
Geometri
IPSIA
IPSIA
IPSIA
IPSIA
IPSIA
IPSSCT
IPSSCT
IPSSCT
IPSSCT
IPSSCT
It Femminile
It Femminile
ITC
ITC
ITC
0 - Tutti
0 - Tutti
Aalto
Guarini
0 - Tutti
PA
PB
PC
PD
0 - Tutti
PE
PF i
PG
PH
0 - Tutti
TE
0 - Tutti
TF
TG
Previsione
Modello
Freq
% Studenti
Sì
Istituto
1699
132
53
30
27
19
44
153
17
23
128
36
24
282
25
62
120
46
833
67
34
24
40
63
131
50
139
80
76
0,83
0,74
0,70
0,77
0,74
0,47
0,59
0,67
0,77
0,70
0,56
0,69
0,46
0,97
1,00
0,98
0,96
0,94
0,91
1,00
0,97
0,96
0,93
0,91
0,90
0,90
0,89
0,86
0,86
No
Tipo di scuola
1690
136
51
36
197
63
50
19
24
281
66
68
77
50
21
21
508
16
18
0,26
0,25
0,24
0,14
0,30
0,60
0,18
0,16
0,13
0,15
0,20
0,19
0,12
0,06
0,38
0,38
0,29
0,44
0,39
39
89
58
22
57
38
22
36
36
483
47
89
59
34
138
22
29
18
0,31
0,30
0,29
0,27
0,21
0,18
0,18
0,36
0,36
0,27
0,34
0,33
0,27
0,27
0,26
0,23
0,14
0,11
Tab. 4.2 - Effetto istituto sulle previsioni del modello: resto provincia
0 – Tutti
Altri licei/magistrali
Altri licei/magistrali
Altri licei/magistrali
Altri licei/magistrali
Altri licei/magistrali
Altri licei/magistrali
Geometri
IPSIA
IPSSCT
Ist, d’Arte
ITC
ITIS
L, Classico
L, Scientifico
L, Scientifico
L, Scientifico
0 – Tutti
0 - Tutti
MA
MB
ME
MF
MG
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
SM
SN
0 - Tutti
Geometri
Geometri
IPSIA
IPSSCT
It Femminile
ITC
ITC
ITC
Iti Aeronautico
ITIS
0 - Tutti
0 - Tutti
GB
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
0 - Tutti
TJ
TY
0 - Tutti
0 - Tutti
Previsione
Modello
Sì
Istituto
No
Tipo di scuola
Freq
% Studenti
1699
132
17
23
17
23
20
53
27
19
44
153
128
282
833
21
21
0,83
0,74
0,88
0,74
0,71
0,65
0,55
0,70
0,74
0,47
0,59
0,67
0,56
0,97
0,91
1,00
0,95
1690
136
17
197
281
21
508
18
29
36
483
0,26
0,25
0,41
0,30
0,15
0,38
0,29
0,67
0,24
0,36
0,27
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
TH
TI
TL
TM
TN
TO
TP
0 - Tutti
TQi
0 - Tutti
TR
TS
TT
TU
TV
TZ
TW
TX
No
ITC
ITC
ITC
ITC
ITC
ITC
ITC
Iti Aeronautico
Iti Aeronautico
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
ITIS
115
Siamo così arrivati a spiegare il 52 della varianza totale (cfr. fig. 1.1).
Non potendosi stimare l’intensità dell’effetto di altre variabili esterne, non misurate dall’indagine, ciò che si può dire, in conclusione, circa il resto della varianza non spiegata è che probabilmente
essa dipende, oltre che da caratteristiche individuali non indagabili attraverso una survey, da altri
fattori sociali ed economici, quali l’ inserimento nelle reti sociali, il grado di conoscenza del mercato del lavoro, le caratteristiche stesse del mercato del lavoro, l’evoluzione della situazione economica nel suo complesso… Tutte variabili il cui peso non può essere misurato attraverso una survey.
La legge ferrea della selezione scolastica
La legge
In questo paragrafo riprendiamo le evidenze empiriche illustrate nei precedenti e ne deduciamo
alcune conseguenze, in relazione anche alle trasformazioni che attualmente interessano il mondo
della scuola.
Da quanto precede79 è piuttosto evidente che la probabilità di andare a lavorare dopo il conseguimento della maturità o, viceversa, la probabilità di proseguire gli studi, è, per una cospicua parte,
funzione della scuola media superiore frequentata, essendo la probabilità di frequentare un determinato tipo di scuola superiore a sua volta funzione dello status socioeconomico della famiglia di
origine (e/o del suo capitale culturale). Nel seguito stimeremo la probabilità di lasciare la scuola
dopo la maturità in funzione della classe sociale usando le stime delle probabilità di iscriversi ad un
certo tipo di scuola superiore (Liceo vs. altre scuole) data la classe sociale d’origine (bassa, media,
alta) e le stime delle probabilità di lasciare la scuola dopo la maturità dato il tipo di scuola frequentato calcolate nella presente indagine. Allo scopo utilizziamo la seguente equazione80:
|
|
|
|
|
Pr (R1 Ci ) = Pr (R1 E1) + Pr (E2 Ci ) . [Pr (R1 E2) - Pr (R1 E1)]
(1)
Dove :
|
Pr (R1|E1) = probabilità di lasciare la scuola R1 dato che si è frequentato il liceo E1.
Pr (E2|Ci ) = probabilità di essere iscritto in un tipo di scuola che non è un liceo E2 data la
Pr (R1 Ci ) = probabilità di lasciare la scuola R1 data la classe sociale d’origine Ci .
classe sociale d’origine Ci .
[Pr (R1|E2) - Pr (R1|E1)]
= la differenza tra i tassi di uscita dal sistema scolastico secondo il
tipo di scuola.
In realtà i modelli path sono più complessi e coinvolgono anche altre variabili (il rendimento, il capitale culturale) come si è visto. In questa parte del lavoro prendiamo in considerazione soltanto le variabili che hanno
un effetto più importante in termini di varianza spiegata (a rigore avremmo dovuto tener conto del capitale culturale e non dello status socioeconomico. Come si vede dai modelli i loro effetti sono però in larga misura
sovrapposti e dunque la scelta tra i due è abbastanza indifferente).
80
L’equazione è stata usata in Bonifacio, 1996, p. 45, n. 3 per riprodurre le differenze di riuscita scolastica
data la classe sociale di origine. Cfr. anche Bonifacio 1995, p. 115.
79
116
Tab. 5.1 - Probabilità di lasciare la scuola al termine della media superiore per tipo di scuola
Scuola
Simbolo
Non liceo
Liceo
R1/E2
R1/E1
Probabilità
.6625
.1057
Tab. 5.2 - Probabilità di essere iscritto ad un’altra scuola (non al liceo) data la classe sociale
Scuola
Simbolo
C1
C2
C3
E2/C1
E2/C2
E2/C3
82
Probabilità
.7977
.5795
.3702
Calcolando le probabilità di uscita dal sistema scolastico secondo la (1) otteniamo una riproduzione abbastanza fedele (tab. 5.3, col. 1) delle probabilità effettivamente stimate (tab. 5.3, col 2).
Tab. 5.3 - Probabilità riprodotte dal modello e probabilità osservate
Scuola
C1
C2
C3
Probabilità di uscita
riprodotta R1/Ci (1)
Probabilità di uscita
osservata R1/Ci (2)
.5491
.4284
.3118
.6519
.3971
.2558
Il modello non riproduce esattamente le probabilità osservate poiché non considera l’effetto di
interazione tra tipo di scuola frequentata e classe sociale sulla probabilità di uscita. Il fatto cioè che
le probabilità di uscita dal sistema a seconda della classe sociale d’origine sono diverse a seconda del tipo di scuola. Tenendo conto anche di quest’effetto le probabilità osservate vengono esattamente riprodotte83.
Come si nota dalla tabella il modello utilizzato riduce le differenze di fatto riscontrate tra le probabilità di uscita dal sistema scolastico data la classe sociale.
Possiamo comunque osservare, analizzando la (1):
1- Se, costante il resto, la differenza di probabilità di uscita dal sistema tra i tipi di scuola diminuisce, la propensione ad uscire dalla scuola diminuisce per tutte le classi sociali e diminuirà di più per le classi sociali che con maggiori probabilità mandano i propri figli in scuole che
assegnano probabilità alte di uscire dal sistema. Si può attribuire in parte a ciò la maggior
propensione a studiare registrata nell’indagine 2003 rispetto all’indagine 1999. La differenza
tra i licei e i non licei è infatti da questo punto di vista diminuita nei due periodi.
2- Se la probabilità di iscriversi a scuole che non sono licei aumenta (diminuisce), aumenta
(diminuisce) la probabilità di abbandonare il sistema scolastico. Nell’indagine 2003 la probabilità di iscriversi ai non-licei diminuisce e diminuisce la probabilità di abbandonare il sistema
scolastico84.
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
Le stime calcolate per l’indagine sono815:
Le distribuzioni usate sono ponderate sul tipo di scuola. Usando quelle non ponderate il discorso non cambia.
C1 classe sociale bassa, C2 classe sociale media, C3 classe sociale alta.
83
Ciò è implicito nell’equazione considerata, cfr. Bonifacio 1996, p. 48. Bisognerebbe considerare in luogo
delle Pr(R/E) le Pr(R/EC).
84
Ciò è confermato a livello macro nelle previsioni dell’evoluzione del sistema scolastico al 2020 dove si evidenzia la crescita dei licei rispetto agli istituti tecnici. Cfr. L. Abburrà, F. Bonifacio, G. Bo 2002, pp. 61,64. Il
lavoro condotto per IRES Piemonte tra il 2000 e il 2002 si basa sulle ipotesi di riforma della scuola della scorsa legislatura e dunque potrebbero risultare non più attuali dati gli attuali sviluppi della riforma.
81
82
117
3- Se le differenze delle probabilità ad iscriversi in scuole non-licei data la classe sociale aumentano (diminuiscono) tra classe e classe, le differenze di probabilità di uscire dal sistema scolastico data la classe sociale aumentano (diminuiscono) tra classe e classe. Nell’indagine
2003 le differenze nelle probabilità di iscrizione per classe sociale diminuiscono rispetto all’indagine 1999 e le differenze nelle probabilità di abbandonare il sistema scolastico per classe
sociale diminuiscono.
Ipotesi di spiegazione e possibili evoluzioni
Vi sono varie ragioni che spiegano questa evoluzione, alcune interne, altre esterne al sistema
scolastico. Tra le ragioni interne possiamo annoverare la progressiva liceizzazione della scuola
media superiore, avvenuta negli anni recenti a seguito dell’ attuazione dell’autonomia scolastica e
delle varie sperimentazioni85.
Tra le ragioni esterne si potrebbe far riferimento al ciclo economico che, essendo debole, favorirebbe la scelta dello studio rispetto al lavoro. Oppure, secondo un’altra interpretazione, all’evoluzione della domanda di lavoro che richiederebbe titoli di studio più elevati. A questo livello, che è poi
quello del mercato del lavoro, sono comunque tali e tante le trasformazioni cui assistiamo che risulta
difficile privilegiarne qualcuna nella spiegazione delle dinamiche che si registrano dentro la scuola.
Per quanto riguarda le possibili evoluzioni occorre tener conto dei meccanismi posti in atto dalla
riforma del marzo 2003. In particolare occorre porre attenzione all’evoluzione della dicotomia formazione-istruzione: è facile prevedere che maggiori saranno gli incentivi al consolidamento del
doppio canale, l’uno prevalentemente orientato al lavoro, l’altro prevalentemente orientato allo studio, maggiore sarà l’effetto sulla prosecuzione degli studi oltre la scuola media superiore. Ci saranno meno persone che proseguiranno86 e tra quelli che lasceranno la scuola saranno molti di più
coloro che avranno una bassa origine sociale. Potrà anche succedere che le differenze si producano tra scuole di eccellenza e scuole ordinarie, come in parte già avviene nell’ambito delle scuole
medie superiori 87 e dell’istruzione superiore, universitaria e postuniversitaria 88.
Cfr. ancora L. Abburrà, F. Bonifacio, G. Bo 2002, p. 58. La tendenza della scuola media superiore a produrre più maturità liceali per inciso, produce maggiori difficoltà analitiche nel collocare le scuole nella dicotomia liceo-non liceo.
86
Proseguire deve essere inteso in senso reale, e non causato dalla svalutazione “naturale” dei titoli di studio
per cui chi arriva alla laurea di primo livello in realtà vale un diplomato di qualche anno fa.
87
Si confronti le tabb. 4.1 e 4.2 dove le probabilità di proseguire gli studi e/o di andare a lavorare sono analizzate per singolo Istituto Scolastico.
88
Uno dei modi potrebbe essere quello di creare situazioni di eccellenza: “Ci sono tutorial system, la palestra
e la biblioteca. Il computer wireless in dotazione, la cafeteria e la camera singola con bagno… Non è un grand
Hotel, ma il Collegio di Milano, il primo campus universitario d’Italia… Requisiti minimi per entrare nel club:
media del 28 e ruolino di marcia degli esami tassativamente rispettato, con rare eccezioni. Retta annuale
10.000 Euro”, La STAMPA, 29 Settembre, 2003. Direttamente dal sito (www.collegiodimilano.it) otteniamo i criteri di ammissione:
“Il Collegio è aperto ai migliori studenti iscritti a tutte le Facoltà delle Università Milanesi, dottorandi, ricercatori, italiani e stranieri. Verrà ammesso un numero limitato di studenti esterni, residenti in città. Per presentare
domanda di selezione occorre essere iscritti almeno al terzo anno di università, essere in pari con gli esami e
avere una media superiore ai 28/30. La valutazione verte però anche su altri criteri, più umani e meno di merito. Le domande per la selezione vanno inviate entro il 30 maggio 2003. Sono a disposizione circa trenta posti.”
E poi ancora si specifica:” La retta per accedere al Collegio in qualità di residente è fissata in Euro 10.000 (per
11 mesi escluso agosto). Ogni anno, il Comitato Scientifico della Fondazione propone al Comitato dei Garanti
la retta per il successivo anno accademico. Il nostro augurio è che, in analogia all'uso anglosassone, gli studenti in condizioni economiche adeguate non chiedano agevolazioni sulla retta. È invece un punto d'onore per
il Collegio garantire a chi ne abbia bisogno sostegni finanziari. La valutazione della disponibilità verrà fatta in
base a molteplici elementi e parametri. I sostegni finanziari saranno assegnati a giudizio insindacabile del
Comitato di Ammissione. Per i criteri di assegnazione e modulo per la domanda vedi bando di ammissione.”.
Bisognerà vedere la probabilità di essere ammessi data la classe sociale d’origine, dato che il rendimento è
costante per definizione, degli allievi che avranno inoltrato la domanda di ammissione per capire se anche in
questo caso opera la legge ferrea della selezione scolastica. Tra i finanziatori spiccano i maggiori gruppi industriali milanesi, il Corriere della Sera, Mediaset, oltre a banche e privati cittadini. Tra questi ultimi spicca la figura di Umberto Eco.
85
118
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È certo che una buona formazione è almeno altrettanto importante di una buona istruzione e che
si può far carriera89 anche in assenza di una scuola lunga, specialmente in un periodo di crisi e di
svalutazione dei titoli di studio. Inoltre è altrettanto certo che non tutti desiderano una scuola lunga:
ci sarà sempre qualcuno che tenderà ad uscire motu proprio dal sistema e per questi è opportuno
predisporre canali di apprendimento alternativi90. Ma è altrettanto certo che la moltiplicazione dei
canali di formazione-istruzione produrrà maggiori disuguaglianze sociali. Abbiamo visto in che
modo: data una struttura della scuola e certe propensioni degli individui, favorite od ostacolate da
quella struttura, le conseguenze che ne derivano hanno la forza di una legge fisica, la legge ferrea
della selezione scolastica.
L’indagine mostra che negli ultimi anni, pur tra spinte contraddittorie, la scuola stava andando
nel senso di una riduzione del peso delle caratteristiche ascrittive nella scelta post-diploma.
Staremo a vedere a quali approdi porterà il nuovo modo di governare il mondo dell’istruzione.
Come la legge ferrea della selezione scolastica afferma vi è un aspetto cruciale nell’organizzazione scolastica che può a priori, cioè sulla base dell’origine sociale, selezionare le leve per il lavoro e le
leve per la le classi dirigenti ed intellettuali. Questa è la strutturazione del sistema scolastico in due
filoni: l’uno professionale o formativo in senso stretto, l’altro liceizzante. Questa suddivisione è in parte
connaturata a questo sistema sociale ed in particolare alla divisione del lavoro che in esso si attua:
una volta si sarebbe detto lavoro manuale ed intellettuale, oggi forse è meglio dire tecnico-esecutivo
da una parte e intellettuale-organizzativo dall’altro. L’indagine mostra che tra il 70 e l’80%, a seconda dei metodi di stima91, della varianza della scelta post-diploma spiegata dal modello delle variabili
oggettive O, è dovuta alla provenienza socio-culturale. Questa quota, rapportata alla variabilità totale
spiegata dal modello completo O,S,R si riduce al 27-31% circa, cioè circa il 29% (fig. 1.1). È opportuno notare che tale influenza sulle scelte è strutturale e ben difficilmente trasformabile nel breve
periodo, a meno di enormi cambiamenti sociali, come correttamente ha notato Girod:
“Malgrado tutti gli ostacoli prevedibili, sarebbe meno utopistico prevedere l’uguaglianza completa
del reddito e del grado di partecipazione al potere, o anche la completa abolizione delle gerarchie sul
lavoro grazie ad un rimescolamento degli impieghi per arrivare ad una medesima proporzione di attività manuali e non manuali e di attività di progettazione e di direzione, che di cercare di raggiungere una
quasi uguaglianza del livello delle conoscenze degli allievi. È infatti possibile immaginarsi un regime che
imponga l’uniformità dei redditi, l’eguale ripartizione del potere, una divisione ugualitaria del lavoro, per
decreto o persuasione, senza preoccuparsi del prezzo da pagare. Le conoscenze dipendono invece
dall’attività mentale dell’allievo, che è un’attività autonoma, che implica fenomeni profondi di organizzazione del pensiero. L’allievo non è un oggetto, è un soggetto. La sua attività di learning (studio) è funzione di molti fattori. L’insegnamento non è che uno di essi. La condizione sociale dei genitori, la loro
istruzione, i loro redditi sono altri fattori che hanno anch’essi un’influenza sui risultati degli allievi. È da
sottolineare, ma essa non li spiega che per una parte. I risultati sono funzione di tutto ciò che condiziona l’attività di learning dell’allievo: la sua individualità, il suo modo di rapportarsi agli altri, i modi di pensare e d’essere del suo ambiente famigliare - che lo status sociale, i redditi, l’istruzione dei genitori non
riflettono che molto debolmente - e degli altri gruppi che frequenta, del suo modo di utilizzare i media
e di reagire ai loro messaggi, degli avvenimenti particolari di ogni sorta.”92 (Girod 1981, pp. 102-103)
Ammesso che il far carriera sia l’unica cosa che valga la pena di perseguire nel corso della vita. In termini
un po’ più rigorosi si dovrebbe parlare qui di mobilità sociale.
90
Per una illustrazione di possibili canali alternativi cfr. D. Astrologo, F. Bonifacio, 2001.
91
Calcolando l’effetto lordo di provenienza sociale e culturale (tenendo conto degli effetti diretti ed indiretti
calcolati nel modello) si arriva all’82%. Ricalcolando la regressione utilizzando soltanto le provenienze (trascurando cioè le altre variabili nel modello) si arriva al 73% della varianza spiegata del modello che è, come
ricordato nel testo, il 39% del totale della varianza delle scelte post-diploma (fig. 2.1).
92
Nota ancora Girod: “...Questi fenomeni possono essere confrontati con quello che capita nella sanità.
Grandi progressi sono stati fatti. Essi sono di grande valore per i pazienti che, grazie ad essi, vivono in salute
anziché morire o condurre una vita rattristata dalla malattia. Nondimeno gli individui continuano ad essere
diversi per quanto riguarda la loro salute e la loro longevità.
Questo confronto suggerisce che l’istruzione fallisce senza dubbio il proprio obiettivo dandosi per missione la
realizzazione dell’eguaglianza dei risultati. Questa idea è utile per ciò che mette in movimento. Ma il fine che
essa propone all’insegnamento non appartiene al dominio del possibile. A meno d’improbabili scoperte pedagogiche che cambierebbero il mondo facendo di fatto dell’insegnamento una macchina capace di riprendere
da zero la formazione intellettuale degli allievi per portarli tutti, salvo eccezioni, ad uno stesso livello di conoscenza, molto elevato. Anche in quel caso resterebbero ancora tutte le differenze relative alle conoscenze che
non vengono dalla scuola, e tutte le differenze che provengono dalla vita postscolare, nell’età adulta. Quello
che importa, in pratica, è che la scuola migliori il più possibile lo sviluppo intellettuale e le qualifiche di ciascuno, così come la medicina lotta per la salute di tutti, senza preoccuparsi troppo di portare la popolazione
ad uno stadio in cui tutti gli individui siano egualmente in salute.”(Girod 1981, pp. 102-103).
89
119
Il restante 20/30% (10% del totale) della variabilità delle scelte post-diploma spiegata dal
modello O, sembra dipendere esclusivamente dal tipo di scuola frequentata e dal rendimento, cioè
da caratteristiche individuali (l’inclinazione personale verso un tipo di studio e la “bravura”). Inoltre
un 3% circa è attribuibile a ragioni soggettive, e un altro 10% alle reti di relazioni incontrate nel singolo istituto scolastico. Complessivamente le ragioni soft, oggettivamente e soggettivamente misurate, delle scelte scolastiche arrivano dunque a spiegare circa il 23% della variabilità totale del
fenomeno. Quasi la metà (fig. 5.1) di tutta la varianza spiegata dal modello O,S,R è spiegata da
ragioni di questo tipo.
È su questa parte delle scelte individuali, sul modo di formazione delle preferenze cioè, che
hanno effetto le politiche scolastiche: queste ultime sembrano infatti avere poco potere nel limitare un effetto così forte dell’origine sociale e culturale degli allievi.
Fig. 5.1 - Varianza spiegata dal modello O,S,R: prospetto per aree intervento
V
A
R
I
A
N
Z
A
S
P
I
E
G
A
T
A
39
%
O
29
%
Ragioni hard Area poco
reattiva
10
%
S
3
%
R
10
%
Ragioni soft Area reattiva
52
%
OSR
Per questa ragione nessun sistema scolastico in nessun paese prevede un unico filone di studio. Cioè non è del tutto evitabile che una parte cospicua della selezione avvenga sulla base di criteri aprioristici ed ascrittivi. Quel che è invece ritenuto possibile, ed è quello che viene fatto, è di
spostare in avanti il momento della scelta tra i due filoni: si crede in questo modo di limitare almeno in parte gli effetti dell’origine sociale sui rendimenti scolastici degli allievi e sulle loro scelte permettendo una più consapevole formazione delle preferenze. La ricerca tra l’altro dimostra che questo spazio, cioè lo spazio delle preferenze autonome o modificabili, esiste ed è considerevole.
Se consideriamo che cosa propone la riforma disegnata nella legge n.53 del Marzo 2003, che in
parte riprende la legislazione precedente in materia, specialmente quella riguardante l’autonomia
scolastica (D.P.R. n.275/1999 di attuazione dell’art. 21 della legge n. 59/1997), il principio dell’alternanza scuola-lavoro (fissato nell’art. 68 della legge n.144 del 17 Maggio 1999) e l’organizzazione della formazione professionale (art. 8 del decreto legislativo n. 281, 28 Agosto 1997),
possiamo immaginare gli scenari futuri. Sembrerebbe che93 tra le principali innovazioni vi sia il
Usiamo allo scopo l’opuscolo divulgativo pubblicato dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca col titolo “Le parole di una scuola che cresce. Piccolo dizionario della riforma” con lo scopo dichiarato di fornire “uno strumento attraverso il quale i cittadini possono comprendere in termini semplici aspetti
anche tecnicamente complessi delle novità che la legge di riforma ha introdotto”(pp. 2-3).
Il primo ciclo d’istruzione “è costituito dalla scuola primaria, della durata di cinque anni, e dalla scuola secondaria di primo grado, della durata di tre anni. L’articolazione interna è diversa dal passato (1+2+2)+(2+1),
con due monoenni, uno all’inizio e uno alla fine, e tre bienni centrali” (p. 21). Sembra di capire che l’obbligo
93
120
È possibile leggere e scaricare le appendici 1 e 2, approfondimenti del presente capitolo, all’indirizzo
www.provincia.torino.it/orientarsi/operatori/approfondimenti
scolastico, inteso nei vecchi termini di permanenza obbligatoria nel sistema scolastico, duri per l’appunto
otto anni: “La legge n.53/2003, oltre a usare l’espressione obbligo scolastico, parla anche di diritto all’istruzione e alla formazione, e di dovere legislativamente sanzionato della fruizione della correlativa offerta di
istruzione e formazione. La scelta dei termini è tesa ad affermare una concezione del rapporto del cittadino
con i pubblici poteri rispettosa della sfera della libertà del primo e aliena da impostazioni autoritarie di matrice statalista, in contrasto con il principio di sussidiarietà. Il primo ciclo si conclude con un esame di Stato, il
cui superamento costituisce titolo di accesso al sistema dei licei e al sistema dell’istruzione e della formazione professionale” (p. 23). In proposito, direttamente nel merito del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, leggiamo ancora “A integrazione del vecchio concetto di obbligo scolastico, la legge amplia il
campo in cui il nuovo diritto-dovere si esercita. Dopo il compimento del primo ciclo di istruzione, che si conclude con l’esame di Stato della scuola secondaria di primo grado, il diritto-dovere potrà esercitarsi indifferentemente all’interno del percorso dell’istruzione (sistema dei licei) e in quello parallelo dell’istruzione e della
formazione professionale regionale. La durata del nuovo diritto sarà di almeno dodici anni all’interno del
sistema di istruzione o fino al conseguimento di una qualifica all’interno del sistema di istruzione e formazione professionale, comunque entro il diciottesimo anno di età. Al raggiungimento di tale obiettivo l’Italia si
troverà, con il Belgio, al primo posto in Europa per durata dell’obbligo”. L’obbligo in realtà sarebbe realizzato soltanto allorquando tutti avessero esercitato il diritto, sembrerebbe di capire. In realtà la lettera dice che
è il diritto a durare, non l’istruzione. Assumeremo, tuttavia,che l’obbligo sia di otto anni e che eventuali modifiche di questo termine siano delegate a futuri decreti attuativi.
È invece certo che nella riforma il momento della scelta viene portato al termine della scuola primaria, dopo
l’ottavo anno, come si è visto. La scelta sarà tra il sistema dei licei e il sistema dell’istruzione e formazione professionale. I due sistemi si differenziano e per i contenuti “I licei curano soprattutto una educazione a carattere teorico, mentre il canale formativo dirimpettaio accentua la funzione delle conoscenze e delle abilità di carattere teorico pratico”(p. 29) e per la durata, 3 o 4 anni il canale formativo, 5 anni il sistema dei licei, e per gli
accessi all’istruzione universitaria: “Il diploma conseguito al termine del percorso di istruzione e formazione
professionale,…, dà diritto ad accedere all’istruzione e formazione tecnica superiore, un percorso specialistico, parallelo a quello universitario, finalizzato alla preparazione di quadri di alta competenza tecnica e professionale”(p. 29). Il sistema della formazione professionale è esclusivamente regionale. Per quanto concerne il
sistema dei licei invece “La legge di riforma prevede la istituzione di licei, che, oltre ai già noti classico, scientifico, linguistico e artistico, comprendono anche i licei: economico, musicale e coreutico, tecnologico e delle
scienze umane…Al termine dei corsi liceali è previsto un esame di stato finale, il cui superamento costituisce
il titolo indispensabile per l’accesso all’Università o all’Alta formazione, artistica, musicale e coreutica”(p. 30).
Vengono dunque nella riforma ricostituiti i due canali. Verso il lavoro l’uno e verso il proseguimento dell’istruzione l’altro, sanzionando anche in termini organizzativi ed istituzionali quanto in realtà in parte già avviene,
come mostra l’indagine.
In realtà i due canali non sono compartimenti stagni: alla fine del percorso formativo si può, con un anno integrativo, accedere all’Università e durante tutto il percorso della scuola media superiore è possibile passare da un
canale all’altro utilizzando le cosiddette passerelle: “Ma questa scelta non è irreversibile, dato che la nuova legge
di riforma prevede la possibilità per le allieve e gli allievi di passare dal sistema dei licei al sistema dell’istruzione
e formazione professionale e viceversa, oppure di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei” (p. 19).
I D I P L O M AT I D E L 2 0 0 0 V I S T I N E L 2 0 0 3
ritorno dell’obbligo a 8 anni e la suddivisione del sistema scolastico in due tronconi: quello della
formazione e quello dell’istruzione. In realtà il sistema configurato è abbastanza complesso. Da un
lato il sistema viene articolato in due canali, dall’altro vengono posti in atto correttivi affinché il sistema in futuro possa autocorreggersi. Se le passerelle diventeranno autostrade, l’anno integrativo la
norma e il diritto a proseguire gli studi un dovere (già oggi gli studenti che si iscrivono alla medie
superiori sono più del 90% degli aventi diritto) certamente gli effetti della biforcazione si faranno sentire poco. Altrimenti tutte le differenze si accentueranno e vi saranno diversità maggiori sulla scelta
di proseguire gli studi dopo il diploma di scuola media superiore, come abbiamo dimostrato.
121
Il COREP (Consorzio per la Ricerca e l’Educazione Permanente) di Torino è nato nel 1987 e ne
fanno parte, oltre ai tre atenei piemontesi, enti locali, associazioni imprenditoriali e importanti realtà
industriali.
Il Consorzio opera come strumento per attuare iniziative di collaborazione fra gli atenei, il mondo
della produzione e dei servizi e le istituzioni pubbliche locali. Le aree di intervento prevalenti sono
l’innovazione tecnologica e la formazione specialistica e di alto livello.
Nell’ambito delle sue attività, il Consorzio:
• Gestisce attività di educazione permanente di livello universitario per l’aggiornamento di tecnici, professionisti e ricercatori.
• Gestisce attività di formazione per neolaureati in settori non previsti dalla didattica istituzionale delle università.
• Promuove attività congiunte fra industrie, enti locali e atenei, nell’ambito di progetti di formazione e ricerca.
• Istituisce e gestisce borse di studio, premi e stage, per studenti universitari, neolaureati e neodottorati, con l’obiettivo di favorire il trasferimento di competenze dai centri di ricerca universitari al mondo della produzione e dei servizi.
Presidenza - Direzione - Gestione risorse
C.so Duca Degli Abruzzi, 24 - 10129 Torino
Tel. 011.564.51.04 - Fax 011.564.51.99
e-mail: [email protected]
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Luciano Abburrà è dirigente dell’IRES Piemonte, responsabile dell’Area Società e Cultura. È
responsabile scientifico dell’Osservatorio sul Sistema Formativo Piemontese, realizzato in collaborazione con la Regione Piemonte, ed è autore di studi sul mercato del lavoro. Tra le pubblicazioni
più recenti: Il ruolo degli incubatori nella creazione di nuove imprese, Torino, Rosenberg & Sellier,
2003 (con A. Grandi e R. Grimaldi); Migliorare l’istruzione con la scuola e con il lavoro. Esperienze
nel segno dell’alternanza negli Stati Uniti d’America, Torino, Contributi di Ricerca Ires, 2003 (con C.
Barettini).
Gianluca Bo, laureato in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni, docente di Statistica
Psicometrica presso la facoltà di Psicologia dell’università degli studi di Torino e dal 1999 collaboratore di Metis ricerche. Con Luciano Abburrà e Flavio Bonifacio ha pubblicato, Un modello per
l’analisi e la previsione dei flussi scolastici, studenti e diplomati in Piemonte dal 2000 al 2020, IRES,
Torino, 2002. La publbicazione più recente è Modelli gerarchici ed effetto intervistatore, in Claudio
Melchior, La Rappresentazione dei soggetti collettivi, Forum, Udine, 2003.
Flavio Bonifacio è direttore della Metis Ricerche che dal 1986 opera nel campo delle indagini di
opinione e di mercato, dell’elaborazione di modelli statistici di previsione e in generale nel campo
dell’analisi dati. Tra le pubblicazioni più recenti relative all’argomento in questione Pour un modèle
scientifique du système scolaire, Harmattan, Paris, 1996 e Un modello per l’analisi e la previsione
dei flussi scolastici, IRES Piemonte, 2002.
Adriana Luciano insegna Sociologia del Lavoro all’Università di Torino e dirige il Master
Universitario in Management della Formazione Professionale e delle Politiche del Lavoro. Tra i suoi
lavori recenti: Imparare lavorando. La nuova scuola dell’obbligo e il lavoro, Torino, 1999 e Politiche
del lavoro. Linee di ricerca e prove di valutazione, Milano 2002
Stefano Musso si occupa di storia del mercato del lavoro, dei sistemi scolastici e formativi, delle
imprese e delle istituzioni nello sviluppo locale. Insegna Storia dei movimenti e dei partiti politici
all’Università di Torino. Tra le recenti pubblicazioni, Storia del lavoro in Italia dal’Unità a oggi,
Venezia, Marsilio, 2002; in corso di stampa il volume Le regole e l’elusione. Il governo del mercato
del lavoro nell’industrializzazione italiana (1888-2003).
Massimo Negarville si occupa prevalentemente di ricerca sociale con una specifica attenzione ai
bisogni formativi e culturali della popolazione adulta, in particolare quella in condizioni di difficoltà
e debolezza nei confronti del lavoro e della partecipazione ai percorsi di comunicazione e di decisione. È presidente dell’Associazione Formazione 80 (ricerca, studi e progetti per l’educazione degli
adulti). Ha diretto significativi interventi sia sul piano nazionale (progetto OFF: Italia Lavoro) che sul
piano torinese (l’osservatorio su formazione e lavoro della città). Tra i suoi lavori recenti: I lavoratori
socialmente utili, Roma 2001. Barcellona, Parigi, Torino, interventi sulla prostituzione extra-comunitaria, Torino, 2002, Le Olimpiadi a Torino: analisi e valutazione dei problemi connessi all’incontro
domanda-offerta del mercato del lavoro,Torino 2003, i Centri territoriali permanenti per l’educazione
degli adulti in Piemonte, Torino 2003.
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Finito di stampare
nel mese di Aprile 2004
da Tipolito Subalpina - Rivoli (TO)
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tre anni dopo: i diplomati del 2000 visti nel 2003