ASSESSORATO ISTRUZIONE, FORMAZIONE, LAVORO,
POLITICHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
DELLA PROVINCIA DI BOLOGNA
STUDI E RICERCHE
/
Il testo è disponibile sul sito Internet di Carocci editore
nella sezione “PressonLine”
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Provincia di Bologna
Assessorato Istruzione, Formazione, Lavoro,
Politiche per la sicurezza sul lavoro
della Provincia di Bologna
Per una transizione sostenibile
Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro
Atti del convegno
Imola, ° dicembre 
A cura di
Giorgio Bozzeda, Antonella Magnabosco, Sergio Suzzi
Carocci editore
RIF. P.A. / approvato con Determinazione dirigenziale n. / CR  del ...
Il Nuovo circondario imolese e il Centro integrato servizi scuola/territorio ringraziano tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo appuntamento che conclude un primo
triennio di indagini sulla transizione scuola-lavoro nel territorio del circondario imolese. Un riconoscimento particolare va alla Fondazione Cassa di risparmio di Imola per il finanziamento
assicurato e alle imprese Coop Adriatica e Cefla Group per il contributo elargito.
a edizione, giugno 
© copyright  by
Provincia di Bologna
Realizzazione editoriale: Studioagostini, Roma
Finito di stampare nel giugno 
dalla Litografia Varo (Pisa)
ISBN
----
Riproduzione vietata ai sensi di legge
(art.  della legge  aprile , n. )
Senza regolare autorizzazione,
è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia, anche per uso interno
o didattico.
Indice
Prefazione
di Giorgio Bozzeda

Interventi di saluto delle autorità

Relazione introduttiva
di Nara Rebecchi

La transizione scuola-lavoro nel circondario imolese. I risultati di
un triennio di indagini
di Massimo D’Angelillo e Pietro Caporaso

Il raccordo scuola-formazione-mondo del lavoro nella provincia
di Bologna
di Paolo Rebaudengo

Scuola, università e mercato del lavoro
di Silvia Spattini

Modelli di transizione scuola-lavoro: fattori di rischio e di protezione per lo sviluppo dell’identità
di Laura Bonica

Le aspettative delle imprese e delle organizzazioni dei lavoratori
circa le competenze richieste per l’inserimento lavorativo
di Massimo Dessì


INDICE
Scuola e mondo del lavoro: un incontro che arricchisce la formazione dei giovani
di Paolo Marcheselli
Dibattito. Dalla riflessione all’azione: quali sinergie tra le istituzioni e quali opportunità nel territorio imolese



Conclusioni
di Paola Manzini

Prefazione
di Giorgio Bozzeda*
La transizione scuola-lavoro rappresenta una delle fasi più interessanti nel
nostro sistema sociale. È il periodo della vita che si pone al confine tra il
sistema dell’education e il sistema lavoro: il momento in cui ci troviamo a
verificare l’adeguatezza delle competenze acquisite nel percorso formativo con quanto ci viene richiesto nel mercato del lavoro.
O almeno così sembrava fosse nel passato…
Oggi dobbiamo accettare la dilatazione, anche temporale, della transizione e considerare che il passaggio non avviene solo in un senso. Si rimane più a lungo nella transizione e migriamo, durante la nostra vita, nei
due sensi.
La transizione scuola-lavoro raffigura il confine tra i due sistemi e ne
rappresenta al contempo la fase di incontro, di scambio e possibile integrazione.
Esistono obiettivi comuni per i due sistemi, sui quali concordare modalità congiunte, attenzioni appartenenti a entrambi?
Il circondario di Imola, per cercare le possibili risposte a questa domanda, ha organizzato il ° dicembre  il convegno “Per una transizione sostenibile: il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro”, invitando al confronto numerosi soggetti istituzionali, sociali e professionali.
Il Nuovo circondario imolese da tempo osserva con attenzione la fase di transizione scuola-lavoro. Già a partire dal , una serie di ricerche hanno interessato i diplomati degli istituti di istruzione superiore del
territorio in un percorso di sperimentazione di un modello di analisi della transizione scuola- formazione professionale-lavoro-università, mentre, nel recente triennio -, l’attività di ricerca si è estesa a comprendere organicamente tutti gli istituti d’istruzione superiore operanti
nel territorio, coinvolgendo . diplomati.
Il convegno ha presentato e discusso i risultati dell’indagine, realizzata con il contributo della società Genesis Srl di Bologna e ha cercato di
* Esperto di formazione degli adulti.

GIORGIO BOZZEDA
“alzare lo sguardo”, osservando quanto avviene a livello regionale e in altre realtà del nostro paese e dell’Europa, nella ricerca delle indicazioni utili per la progettazione di percorsi sostenibili, cioè affrontabili dalla società
(le imprese, la scuola, la formazione) e dai singoli in modo soddisfacente.
Il sincero ringraziamento del Nuovo circondario imolese va a tutti coloro che hanno consentito la realizzazione dell’indagine e che hanno partecipato al convegno, e in particolare alla Fondazione della Cassa di risparmio di Imola, a Coop Adriatica e a Cefla Group, per il loro sostegno
finanziario.

Interventi di saluto delle autorità
È con particolare soddisfazione che, nel portarvi i saluti della presidenza
del Nuovo circondario imolese e miei personali, sono ad augurare a tutti
noi una proficua giornata di riflessione e approfondimento sul tema che
oggi affrontiamo: “Per una transizione sostenibile: il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro”.
Voglio senz’altro ringraziare le istituzioni che hanno permesso l’indagine che oggi viene presentata e la realizzazione del nostro convegno: la
Regione Emilia-Romagna, l’Ufficio scolastico regionale, l’Ufficio scolastico provinciale, la Provincia di Bologna, la Camera di commercio e il tavolo di coordinamento delle associazioni imprenditoriali del nostro circondario. In particolare il nostro ringraziamento va alla Fondazione della Cassa di risparmio di Imola, a Coop Adriatica e a Cefla Group, per il
loro sostegno finanziario concesso alla nostra iniziativa.
In apertura voglio segnalarvi che noi siamo consapevoli che lo sviluppo socio-economico-culturale di un territorio ha, tra i suoi elementi fondanti, la conoscenza delle dinamiche tra “il mondo del sapere e il mondo
del fare”. Riteniamo infatti che non sia neppure adeguatamente progettabile uno sviluppo territoriale, senza che vengano analizzate le interdipendenze tra le competenze in esso esistenti e la loro attuazione nei processi
economici per la costruzione del valore.
Indagare, pertanto, come prevediamo di fare nel convegno che stiamo iniziando, sulla fase di transizione tra scuola/formazione/università e
lavoro diventa essenziale per sostenere e perseguire uno sviluppo che sia
di qualità: la qualità di uno sviluppo territoriale viene misurata anche dal
grado di partecipazione e di consenso dei suoi attori. E infatti, l’indagine
che oggi viene presentata ha visto la collaborazione di diversi protagonisti e di qualificati attori: a fianco delle istituzioni locali, hanno fornito il
proprio contributo gli istituti scolastici superiori e le parti sociali, in rappresentanza delle imprese e dei lavoratori.
L’indagine ci conferma come il passaggio dal mondo della scuola al
mondo del lavoro sia effettivamente il momento cruciale, più significati
I N T E RV E N T I D I S A L U T O D E L L E A U T O R I T À
vo e determinante nella vita dei giovani che si affacciano in una società,
che può renderli protagonisti. La qualità professionale delle risorse umane rappresenta l’elemento di gran lunga più importante e determinante
per restare su standard produttivi di qualità e per non arretrare nella
competitività di mercati sempre più grandi, globali, esigenti e selettivi.
Non dobbiamo dimenticarci che noi, come soggetti pubblici, siamo
chiamati a mettere in campo politiche di sviluppo che abbiano effettivamente origine nella conoscenza di ciò che realmente si muove nel tessuto
sociale, scolastico, formativo e imprenditoriale.
Auspichiamo, dunque, che anche l’indagine che viene oggi presentata
ci aiuti nell’identificare la strada, e quindi le politiche, in grado di rispondere alle legittime prospettive, umane e professionali, dei giovani, ma anche a quelle delle imprese che hanno necessità di poter investire nei giovani, attendendosi freschezza, qualità, voglia, competenza e intelligenza.
Questo sistema è il nostro territorio; ha alle spalle una storia di tradizioni, di cultura e di valori; ha bisogno di conoscere se stesso per migliorarsi e poter essere degno prosecutore del bel passato che abbiamo alle
spalle.
FRANCO LORENZI
Presidente del Nuovo circondario imolese
È con piacere che porto oggi il saluto del CISS/T (Centro integrato servizi
scuola/territorio), ma più in generale della scuola imolese, ai presenti a
questa giornata di studio e riflessione su uno degli aspetti più importanti
non solo della vita dei giovani ma di ognuno di noi.
La transizione tra scuola e lavoro era nel passato il momento che segnava il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Oggi non solo questo
momento è spostato sempre più avanti negli anni in quanto la società richiede maggiori saperi, ma è un passaggio che avviene più volte nei due
sensi. Formazione scolastica iniziale, lavoro, formazione, lavoro, formazione, lungo tutto l’arco della vita: questo è lo scenario nel quale siamo già
immersi. Ciò richiede un cambiamento profondo nel modo di concepire
i “tempi scuola” e i “tempi lavoro”. Sempre più la scuola e il mondo del
lavoro si devono intrecciare, si devono sintonizzare per creare quella qualità di vita che nel nostro paese, ma anche nel nostro territorio circondariale è un obiettivo di primaria importanza.

I N T E RV E N T I D I S A L U T O D E L L E A U T O R I T À
In questa realtà da anni c’è una forte e intensa collaborazione tra le
scuole, la formazione professionale, le istituzioni, le forze sociali, le imprese e il mondo del lavoro. Penso al grande ruolo di facilitatore di incontri e sinergie rappresentato prima dal distretto scolastico, oggi dal
Centro integrato servizi scuola/territorio, che rappresento come direttrice.
Il CISS/T, nato nel  da un accordo di programma sottoscritto dagli enti locali, dall’Ufficio scolastico regionale e dalle istituzioni scolastiche autonome, si occupa soprattutto di:
– diffondere la documentazione sulle esperienze e buone pratiche, per
creare supporti alla progettazione e alla valutazione del servizio scolastico;
– fornire banche dati, materiali documentali di carattere librario, audiovisivo e multimediale;
– realizzare convegni e seminari sui principali temi della programmazione organizzativa, educativa e didattica delle scuole e dei soggetti formativi.
L’attenzione del CISS/T è prioritariamente rivolta alle tematiche di
maggior rilievo nella definizione dell’offerta formativa, quali:
– le innovazioni metodologiche;
– i curricula;
– la prevenzione del disagio;
– l’orientamento;
– le metodologie e i servizi per l’integrazione e la multiculturalità;
– i nuovi linguaggi;
– i rapporti tra la realtà culturale, ambientale e socio-economica del territorio circondariale.
Tra questi, a mio parere, proprio in rapporto ai temi che oggi verranno affrontati, c’è l’orientamento scolastico e al lavoro, nell’ottica di effettuare scelte consapevoli, riconoscendo le proprie attitudini e considerando le opportunità offerte dal territorio.
Concludendo, io mi auguro che la lunga e consolidata pratica di collaborazione che ha caratterizzato il nostro lavorare insieme possa continuare sui temi della transizione e dell’orientamento per offrire ai nostri giovani un sempre miglior servizio e auguro a tutti i presenti buon lavoro.
LUCIA LEGGERI
Direttore del Centro integrato servizi scuola/territorio

Relazione introduttiva
di Nara Rebecchi *
. Questo convegno intende riflettere e ricavare contributi al tema del
passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro, in generale, ma anche e soprattutto ragionare sulle esigenze del nostro territorio in tema di
scuola (e di scuola superiore in particolare). Per fare questo quale momento migliore che far incontrare, coinvolgere e avere la reciproca collaborazione, appunto qui, oggi, tra scuole, docenti, imprese, associazioni,
sindacati, istituzioni?
Ci aiuta in questa riflessione, e in modo prezioso, l’indagine voluta dal
Nuovo circondario imolese e sviluppata da Genesis (che dopo ce la illustrerà) per conoscere come è evoluto il passaggio dalla scuola al lavoro dei
diplomati delle nostre scuole negli ultimi tre anni.
L’obiettivo che ci poniamo è di partire dai dati acquisiti e analizzati nella ricerca per impostare quelle azioni, quelle scelte di governo che, nell’ambito delle competenze del Nuovo circondario imolese, possano favorire l’incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro, per favorire appunto una transizione “sostenibile”, cioè un passaggio attraverso percorsi concretamente
praticabili, funzionali e gratificanti per i giovani che affrontano il salto fra
due mondi così diversi, come sono quello della scuola e quello del lavoro.
Per raggiungere quest’obiettivo è indispensabile la stretta collaborazione fra le scuole, le imprese, le associazioni, i sindacati; ed è indispensabile mettere a frutto tutte le risorse (culturali, economiche, umane...) di
cui dispone il nostro territorio: in una parola, occorre fare sistema.
Dobbiamo rilevare che nella nostra realtà questo sistema c’è, e funziona. Funziona perché possiamo contare su una formazione in grado di
orientare i giovani e di assicurare una buona preparazione al lavoro; e contare su imprese in grado di offrire ai giovani un’elevata occupazione. Questo dato è certamente anche il frutto del lavoro degli enti locali e, qui, del
Nuovo circondario imolese, sui temi della formazione e del lavoro.
* Referente istruzione, formazione e orientamento professionale del Nuovo circondario imolese.

NARA REBECCHI
. Riconoscere questa situazione indubbiamente positiva non significa
che non si debbano individuare i punti deboli del sistema e soprattutto
non essere coscienti della necessità che esso debba evolvere di fronte alle
sfide dell’innovazione e ai mutamenti economici italiani e mondiali, sapendo appunto:
– che il sistema produttivo imolese è fortemente proiettato sui mercati
nazionali e internazionali;
– che si tratta di un sistema economico ad alto tasso di innovazione.
Sono alcuni gli elementi problematici su cui riflettere:
– le imprese che lamentano la carenza di giovani diplomati in alcuni
profili tecnici e professionali;
– la crescente tendenza dei giovani a preferire una scuola di indirizzo liceale piuttosto che tecnico-professionale;
– la situazione critica dei laureati, che tendono a trovare lavoro con più
difficoltà e ad avere redditi inferiori a quelli dei diplomati;
– la crescente diffusione di contratti di lavoro di tipo precario, a breve
termine;
– le difficoltà di inserimento per le donne ad alta scolarità.
Altri ce li potranno dire gli esperti, le aziende, i diretti interessati che
sentiremo nel corso della giornata.
A questi punti di criticità dobbiamo sicuramente aggiungere il problema della dispersione scolastica. Nella nostra realtà la quasi totalità dei
ragazzi prosegue gli studi dopo la terza media, ma non tutti completano
il percorso con un diploma. I dati ci dicono che nella nostra provincia il
% degli alunni non termina la scuola superiore, e il % è promosso
con debito. Un dato che non possiamo accettare, tenendo conto:
– che l’uscita dal sistema formativo dopo un fallimento scolastico non
coincide necessariamente con l’ingresso nel mondo nel lavoro;
– che può portare a situazione di crisi personale e sociale;
– che può comportare un inserimento lavorativo dequalificato e uno
spreco di risorse umane.
Su questi punti dobbiamo fermare la nostra attenzione e valutare gli
interventi più opportuni.
. Credo poi che dobbiamo confrontarci anche sulle questioni più generali che riguardano le caratteristiche che tende ad assumere il passaggio fra scuola e lavoro in un’economia avanzata, che è sempre più un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione.
Di fatto, questo passaggio non può più essere concepito, come in passato, fra due fasi della vita ben separate. Oggi esso può richiedere un periodo lungo, con tentativi, insuccessi, adattamenti, cambiamenti; è un pas
R E L A Z I O N E I N T R O D U T T I VA
saggio che in un certo senso non va mai considerato concluso una volta per
tutte, perché l’esigenza di aggiornamento del proprio bagaglio di conoscenze investe tutto l’arco della vita lavorativa. Siamo in un’epoca che richiede una formazione flessibile, una formazione ricorrente, uno stretto legame fra sapere e saper fare. Il rapporto permanente (per tutta la vita lavorativa) formazione-lavoro è l’asse portante di un’economia avanzata.
Dobbiamo quindi pensare a una relazione sempre più costante fra scuole
e mondo dell’impresa, fra contenuti della formazione e mutamenti nel sistema economico e produttivo, fra formazione ed esperienze di lavoro.
E d’altra parte il mondo delle imprese ha bisogno di grande capacità di
aggiornamento tecnologico e organizzativo, perché il confronto con il mercato mondiale non consente più di contare sul basso costo della manodopera o sulla stabilità di posizioni di mercato acquisite, ma richiede costante capacità di innovazione non solo nelle tecnologie, ma anche nei processi, nel
marketing, nella logistica; e quindi, sul versante del lavoro, ha bisogno di lavoratori capaci di aggiornarsi costantemente, di rinnovare, di progettare.
. È chiaro che questi aspetti richiedono anche cambiamenti. Uno sicuramente di carattere più generale: una riforma dell’intero sistema della
formazione, in particolare di quella superiore.
Vi sono alcuni punti, ben noti, sui quali l’Italia marca un forte ritardo
rispetto agli altri paesi dell’Europa occidentale e dell’OCSE; in particolare:
– il basso livello di scolarità obbligatoria;
– lo scarso peso della formazione scientifica nei nostri programmi scolastici;
– l’insufficiente attenzione al sistema della formazione tecnico-professionale di livello elevato.
Nel panorama della scuola superiore italiana c’è in particolar modo la
necessità di rivedere, rivalorizzare e potenziare il ruolo della formazione
professionale e tecnica, che vede in generale una debolezza in questo campo della nostra scuola rispetto ad altre esperienze europee e rispetto alle
esigenze del mercato del lavoro; di recente, poi, si è verificato un forte indebolimento di immagine di questo tipo di scuole rispetto ai licei, percepiti come in grado di dare una formazione più alta, più elastica e più rispondente alle esigenze dell’economia futura. Le scuole professionali, in
particolare, rischiano di diventare il luogo dove vengono indirizzati essenzialmente i ragazzi più deboli nell’apprendimento, gli immigrati, i diversamente abili, indebolendone non solo l’immagine, ma anche la possibilità effettiva di formare quelle capacità operative qualificate delle quali
il nostro sistema economico ha assoluta necessità. Non v’è dubbio che solo una riforma del sistema complessivo può dare risposte adeguate; rite
NARA REBECCHI
niamo urgente porsi il problema di valorizzare questo tipo di scuole, riqualificandole e superando una distinzione ormai di scarso significato fra
“tecnico” e “professionale”.
Credo che su questi temi dobbiamo seguire con la massima attenzione quanto si sta muovendo a livello del governo nazionale. Mi riferisco
al programma che si è dato in questo campo il governo Prodi, che si pone l’obiettivo di elevare la qualità della formazione tecnica e scientifica e
della formazione tecnica di alto livello (scuole tecniche postdiploma).
Mi riferisco soprattutto ai contenuti che sono stati inseriti nella legge
finanziaria . Dove:
– viene innalzato l’obbligo scolastico per almeno  anni;
– viene spostata a  anni l’età per l’ingresso nel mondo del lavoro;
– viene definita come finalità minima della formazione scolastica il conseguimento «almeno di una qualifica professionale triennale»;
– si prevede che possano essere «concordati tra il Ministero della Pubblica Istruzione e le singole Regioni percorsi e progetti in grado di prevenire e contrastare la dispersione»;
– si riordina radicalmente il sistema della formazione degli adulti «allo
scopo di far conseguire più elevati livelli di istruzione alla popolazione
adulta, anche immigrata», prevedendo «centri provinciali per l’istruzione
degli adulti», con autonomia amministrativa, organizzativa e didattica e
con il riconoscimento di un organico proprio;
– si prevede una «piena fruizione degli ambienti e delle attrezzature
scolastiche, anche in orario diverso da quello delle lezioni, in favore degli
alunni, dei loro genitori e, più in generale, della popolazione giovanile e
degli adulti», per favorire ampliamenti dell’offerta formativa;
– per gli anni ,  e  si destina una spesa di  milioni di euro «per dotare le scuole di ogni ordine e grado delle innovazioni tecnologiche necessarie al miglior supporto delle attività didattiche».
Come si vede, è un pacchetto di provvedimenti di grande importanza, che puntano a ridisegnare tutto il sistema della formazione, a fornire
maggiori opportunità, e quindi a porre l’obiettivo di una formazione permanente.
È chiaro che anche nel nostro territorio questi provvedimenti incideranno profondamente e che dobbiamo saper intervenire per valorizzare
al massimo la loro efficacia sul nostro sistema formativo e produttivo.
. Cosa chiediamo alle nostre scuole?
– Di confrontarsi costantemente con la realtà del mondo produttivo e
del lavoro, e quindi di adeguare costantemente i propri metodi e i contenuti dell’istruzione in relazione ai cambiamenti economici e sociali;

R E L A Z I O N E I N T R O D U T T I VA
– di valorizzare le esperienze di rapporto degli studenti col mondo del
lavoro, attraverso stage frequenti e ripetuti;
– di dare ai giovani la capacità di apprendere continuamente, di acquisire quella flessibilità necessaria per affrontare situazioni e mansioni differenti nel tempo; la capacità di relazione con gli altri, di fare squadra, di
stare all’interno di organizzazioni complesse.
. Cosa chiediamo alle nostre imprese?
– Di permettere alle scuole di apprendere dal mondo del lavoro, attraverso stage frequenti e ripetuti nel corso dell’esperienza scolastica;
– di favorire l’azione formativa delle scuole e la loro capacità di aggiornare metodologie e contenuti attraverso consulenze e anche aiutando il
rinnovo delle attrezzature utilizzate nei laboratori.
A livello delle imprese va rilevata come una peculiare ricchezza del
nostro territorio l’iniziativa del movimento cooperativo per l’orientamento e la formazione dei giovani. Penso in particolare al progetto Experiment, per la formazione nei giovani di capacità imprenditoriali.
Un’altra importante esperienza di intreccio fra mondo della formazione e mondo del lavoro, che va valutata positivamente e sviluppata nei
prossimi anni, è quella dei bienni sperimentali, avviati in alcune scuole superiori del nostro territorio grazie alla L.R. /: questi bienni consentono ai ragazzi nei primi due anni degli istituti professionali e tecnici di
sviluppare percorsi formativi strettamente legati alle realtà aziendali del
territorio, “integrando” appunto le nozioni apprese a scuola con l’esperienza concreta del mondo del lavoro.
. Quale impegno per gli enti locali?
È chiaro che per rendere fattibile tutto questo è fondamentale il ruolo di raccordo, coordinamento, di collaborazione, di sollecitazione che
deve venire dagli enti locali. In particolare è fondamentale l’azione del
Nuovo circondario imolese imolese.
A questo proposito, voglio sottolineare il ruolo essenziale che ha svolto e sta svolgendo, in questo sforzo di raccordo fra scuola e lavoro, il
CISS/T, organismo che ha attivato numerose iniziative per far conoscere ai
giovani la realtà delle imprese del territorio, per far conoscere alle imprese la realtà delle scuole, per l’orientamento, per la formazione dei docenti... Un ruolo quindi di grande valore.
Ma, proprio come Nuovo circondario imolese, quale organismo deputato alla programmazione territoriale, ci corre l’obbligo oggi più che
mai di un impegno: una riflessione nuova sulla pianificazione scolastica
del nostro territorio.

NARA REBECCHI
È diventato ormai indispensabile procedere.
La realtà del circondario si è ampliata, il mondo economico e delle
imprese viaggia a un ritmo rilevante, per cui le esigenze del territorio sono aumentate; dobbiamo quindi procedere ad adeguare anche la realtà
del mondo della scuola alle mutate esigenze e necessità dei nostri giovani, del lavoro e del territorio.
È ormai giunto il momento – non più rinviabile – di intraprendere
un ragionamento, una programmazione delle scuole superiori concertata, sancita in un documento preciso che parta da una riflessione sul
ruolo per ciascuno dei nostri comuni – in particolare Imola, Castel San
Pietro e Medicina –, gli unici che ospitano scuole superiori.
Occorre:
– capire se gli indirizzi di scuola superiore presenti sul nostro territorio sono quelli giusti e necessari, se sono quelli richiesti dalle nuove esigenze o dalle mutate aspettative dei nostri ragazzi;
– riflettere e capire le scelte giuste da adottare a fronte della crisi di
iscrizioni di alcune scuole, e per converso del sovraffollamento di altre;
– capire se la concentrazione dei nostri ragazzi sulle scuole della
città di Imola deve continuare (ma poi le scuole di Imola, già sovraccariche, devono essere adeguate all’esigenza, e si deve potenziare tutto il sistema dei trasporti) o se occorre invece estendere e arricchire
la rete scolastica, favorendo un decentramento delle scuole superiori
del circondario e valorizzando il ruolo di Castel San Pietro e di Medicina; a questo scopo puntando a sviluppare le offerte formative sul
territorio; e valutando anche la possibilità di forme di delimitazione
territoriale delle iscrizioni, come quella attuata nell’ultimo anno a Bologna.
Occorre a questo proposito ribadire che non condividiamo le pressioni in senso contrario, per una concentrazione dell’offerta formativa
in pochi punti; e la tendenza a considerare le sedi staccate presenti sul
territorio come un peso inutile, da sopprimere al più presto. Per questo
difendiamo l’esistenza della sede dell’Alberghetti a Castel San Pietro,
così come consideriamo un positivo sviluppo l’apertura a Medicina di
un indirizzo liceale, accanto all’IPC.
Consideriamo, infatti, la presenza di una sede di scuola superiore
come un elemento di ricchezza per il territorio, che può sviluppare con
le realtà presenti (amministrative, culturali, imprenditoriali, associative...) legami stretti e proficui; inoltre la presenza di un legame col territorio può consentire una didattica più attenta e puntuale rispetto alle
esigenze degli adolescenti, permettendo di intervenire in modo più efficace per prevenire la dispersione scolastica.

R E L A Z I O N E I N T R O D U T T I VA
Senza nulla togliere all’opportunità di perseguire il consolidamento
dimensionale, l’articolazione negli indirizzi, la stabilità del personale docente, non si può però dimenticare il ruolo che la piccola dimensione può
avere per favorire un rapporto più stretto col territorio e con le famiglie,
per attuare una didattica personalizzata e per affrontare in modo più
puntuale i problemi complessi della motivazione all’apprendimento, dell’inserimento di alunni stranieri, dei portatori di handicap...; aspetti affrontati in modo apprezzabile, con risultati assai positivi, laddove si sono presentate queste esperienze. Ciò non toglie che consideriamo la diversificazione dell’offerta formativa un obiettivo importante, e a questa
esigenza risponde l’attivazione di nuovi indirizzi avvenuta nel presente
anno scolastico.
La realtà attuale delle nostre scuole superiori ci impone una riflessione a tutto campo in questo senso; le questioni sono infatti anche altre: scaturiranno e vi ragioneremo nel percorso che va intrapreso e che dovrà sfociare in una conferenza territoriale.
Questo è importante non solo per la scuola ma per tutto il territorio
e per il suo futuro.
Quindi anche gli altri aspetti, quali le infrastrutture viarie e i collegamenti pubblici, diventano strategici ai fini della distribuzione territoriale
e dell’incentivazione. Anche questi temi spettano alla pianificazione del
Nuovo circondario imolese, sui quali sta già infatti lavorando.
Il Nuovo circondario imolese, quindi, ne emerge come il protagonista e il detentore di impegni in questo e in altri campi per lo sviluppo dell’intero territorio: impegno che ci assumiamo qui, oggi; e da qui, oggi, partiremo con anche i suggerimenti e gli indirizzi che usciranno da questo
convegno con i vostri contributi.

La transizione scuola-lavoro
nel circondario imolese.
I risultati di un triennio di indagini
di Massimo D’Angelillo e Pietro Caporaso*

Premessa: il progetto osservatorio
sulla transizione “scuola-formazione professionale-lavoro-università”
nel circondario imolese
Nel circondario di Imola si è avviato, a partire dal , un percorso di
sperimentazione di un modello di analisi della transizione “scuola-formazione professionale-lavoro-università”, tramite una serie di ricerche
che hanno interessato i diplomati degli istituti di istruzione superiore
del territorio.
Grazie alla stretta collaborazione fra il Nuovo circondario imolese, gli
istituti di istruzione superiore e le locali agenzie degli enti di formazione
professionale IAL ER e CIOFS ER e in virtù del supporto finanziario della
Provincia, della Fondazione della Cassa di risparmio di Imola, della Camera di commercio e del tavolo di coordinamento delle organizzazioni
imprenditoriali del territorio imolese è stato messo a punto nel corso degli anni un modello di analisi dei processi della transizione “scuola-formazione professionale-lavoro-università”.
Questa attività di ricerca-intervento (-) ha coinvolto in una prima fase di sperimentazione prototipale ben  diplomati degli istituti d’istruzione superiore di Imola “F. Alberghetti”, “Paolini-Cassiano”, “Scarabelli-Ghini” e “Rambaldi-Valeriani”.
Nel triennio - l’attività di ricerca “Indagine sulla transizione
scuola-lavoro nel circondario imolese” si è estesa a comprendere organicamente tutti gli istituti d’istruzione superiore operanti nel territorio,
coinvolgendo . diplomati.
L’indagine  ha riguardato  diplomati negli anni scolastici  e -, mentre quella del  ha riguardato  diplomati negli anni - e -.
* Genesis Srl.

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
La scelta di osservare la scansione del campionamento temporale è
stata calibrata al fine di approfondire tali aspetti – nel breve termine, ossia a tre anni dal diploma e nel medio termine, vale a dire a sette anni dal
diploma – in modo tale da poter monitorare l’evoluzione delle conoscenze e competenze fornite dal sistema scolastico in rapporto a quelle richieste dal mercato del lavoro.
L’indagine sulla transizione scuola-lavoro nel circondario imolese si
propone come presidio dell’integrazione fra i circuiti dell’istruzione, della formazione e del mercato del lavoro. Uno snodo che rappresenta un fattore cruciale della potenzialità di una comunità di rispondere efficacemente alle sollecitazioni di uno scenario macroeconomico sempre più
competitivo, realizzando le condizioni di una prosperità solida e sostenibile come quella che il territorio del circondario di Imola ha saputo costruirsi in una lunga storia di impegno e intelligenza.
La sorte di questa sfida è legata a filo doppio alla capacità di innescare un circolo virtuoso fra due bisogni vitali: quello dei giovani, di coltivare adeguate prospettive di crescita umana e professionale, e quello delle
imprese, di trarre dalla propria terra quella linfa di energie e intelligenza
indispensabili per affrontare un mercato globale estremamente selettivo.
L’incontro fra queste diverse realtà, pur complementari, richiede una
regia organica, che a sua volta deve essere guidata da un quadro di conoscenza sufficientemente chiaro e completo delle relative istanze, e della loro evoluzione sull’arco di un orizzonte ampio e mutevole.
Con l’obiettivo di fornire ai soggetti decisori informazioni adeguate e
pertinenti, l’indagine ha cercato di dotarsi di un impianto di ricerca calibrato sul medio periodo, mettendo a punto un sistema di monitoraggio
capace di cogliere le tendenze strutturali, di leggere quei fenomeni che sostengono la trasformazione dell’organizzazione sociale, senza farsi ingannare dalle distorsioni indotte da oscillazioni transitorie, di corto respiro,
frequentissime in uno sfondo fluido e travagliato come quello attuale.
Attraverso tale studio si è cercato di raccogliere, con metodologia
scientifica, informazioni relative alle scelte di formazione postdiploma,
agli esiti occupazionali dei giovani diplomati in uscita dagli istituti interessati, alle conoscenze e competenze fornite dal sistema scolastico, nei
suoi vari indirizzi e ai profili professionali richiesti dal mercato del lavoro, anzitutto locale.
Le ragioni per focalizzare l’attenzione specificamente sul percorso intrapreso dall’universo dei diplomati, monitorato in varie fasi del suo sviluppo, sono molteplici e riconducibili a importanti tratti della recente
evoluzione del sistema dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema economico e sociale del territorio imolese.

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
Il sistema dell’istruzione, negli ultimi anni, è stato caratterizzato da alcuni importanti cambiamenti di carattere normativo quali: la legge
/, che ha introdotto l’autonomia scolastica (divenuta operativa a
partire dall’anno scolastico -), consentendo ai singoli istituti di poter sviluppare il proprio Piano dell’offerta formativa in funzione del sistema economico imprenditoriale del territorio; il decreto ministeriale
/, che ha portato una profonda trasformazione del sistema degli
studi universitari (a partire dall’anno accademico -), attraverso la
nuova offerta didattica che prevede due cicli di studio: il primo di durata
triennale, volto a fornire una formazione generale di base, il secondo –
laurea specialistica – di durata biennale, volto a offrire elevata qualificazione in ambiti specifici; la legge / (la cosiddetta “legge Moratti”)
che prevede modifiche ai cicli scolastici, alla durata dell’obbligo scolastico, al rapporto con le famiglie e a quello tra scuola e mondo del lavoro.
Modifiche, queste, ancora in via di sperimentazione.
Il mercato del lavoro, invece, è stato caratterizzato sin dal  da frequenti interventi normativi sul lavoro, ma solo con la legge /, Norme in materia di promozione dell’occupazione (meglio nota come “pacchetto Treu”) si è avuta la prima riforma organica del mercato del lavoro,
che ha svincolato, dal requisito di eccezionalità, il contratto a tempo determinato (esistente sin dal ), ha introdotto il lavoro interinale oggi
chiamato somministrazione di lavoro, ha incentivato il part-time riducendo gli oneri retributivi e ha esteso l’apprendistato alle qualifiche medioalte. Nel , il mercato del lavoro è stato nuovamente modificato con la
legge / (meglio nota come “legge Biagi”), che ha previsto la nascita di un nuovo strumento, la collaborazione a progetto in sostituzione delle COCOCO, al fine di ridurre le tipologie cosiddette parasubordinate; inoltre, ha maggiormente regolamentato le collaborazioni occasionali e infine
ha cercato di aumentare le forme flessibili di lavoro dipendente.
Il sistema economico e sociale del territorio imolese, al pari degli altri
sistemi economici, è stato fortemente influenzato dalla concorrenza internazionale, dalla forte crisi demografica, dal tasso sempre più elevato di
scolarizzazione, dal processo di riorganizzazione del lavoro. Quest’ultimo
elemento è stato accentuato dall’attuale difficile situazione congiunturale
locale, caratterizzata da una debole crescita pur in un quadro di complessiva solidità dell’economia.
Gli elementi caratterizzanti delle indagini sono stati:
– il riconoscimento della centralità del collegamento fra sfera del sapere e sfera del fare nella catena di formazione del capitale collettivo;
– un crescente coinvolgimento dei principali attori di tale filiera;
– la natura di “ricerca-intervento”, che ha posto le condizioni per inne
MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
scare un confronto ad ampio raggio fra voci diverse, orientando pur sempre la riflessione a una sintesi che generasse una ricaduta concreta e propositiva sui relativi sottosistemi;
– la disponibilità di ognuno dei soggetti implicati a mettersi in gioco,
partecipando con coraggio e onestà intellettuale a un inedito processo di
disamina critica.

I principali risultati
.. La transizione dalla scuola media alla scuola superiore
L’orientamento alla scelta degli studi superiori è una fase molto delicata
per i giovani, poiché il passaggio dalla scuola media inferiore a quella superiore costituisce la prima vera occasione di differenziazione del proprio
percorso formativo.
La Provincia di Bologna, come evidenziato nel Programma provinciale delle politiche dell’istruzione, della formazione e del lavoro -, si
pone come obiettivo quello di realizzare le condizioni di formazione e di
informazione necessarie a una scelta consapevole da parte delle scuole,
delle famiglie e dei ragazzi stessi. A tal proposito, l’impegno del Servizio
scuola in tema di orientamento si è focalizzato sulla formazione degli insegnanti e la diffusione delle buone prassi e sulla promozione di azioni
formative e informative rivolte ai ragazzi e alle loro famiglie.
L’importanza dell’attività di orientamento è riconosciuta da tutti i
protagonisti del tessuto economico e sociale locale, anche se con punti di
vista sensibilmente diversi. Infatti, per i rappresentanti delle associazioni
imprenditoriali del circondario di Imola le attività di orientamento devono indirizzare i giovani verso una formazione più tecnica e/o professionale, considerata la forte caratterizzazione industriale del territorio imolese e anche le buone possibilità occupazionali che il sistema economico
è in grado di offrire.
Mentre, per tutti gli altri rappresentanti dei soggetti operanti in materia di occupazione e sviluppo del territorio le attività di orientamento
dovrebbero considerare sia le prospettive occupazionali del territorio, sia
le aspettative e gli interessi dei giovani.
È interessante notare che, come per i diplomati intervistati, la scelta
dell’indirizzo di studio superiore è stata fatta quasi esclusivamente sulla
base dei propri interessi personali e delle proprie preferenze di studio. Solo i diplomati della sezione liceale hanno dichiarato di essere stati leggermente influenzati nella scelta anche dai genitori e dagli insegnanti.

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
Inoltre, dalla ricerca emerge che la scelta della sezione di studi da parte dei giovani viene condizionata anche dalla valutazione conseguita al termine delle scuole medie e dal contesto familiare di provenienza.
Infatti, l’analisi del voto di ingresso dei diplomati nelle tre sezioni rileva come la scelta di frequentare la sezione liceale sia associata a una valutazione medio-alta al termine delle scuole medie, mentre per la sezione
tecnica e professionale la valutazione in uscita dalla scuola media inferiore risulta essere rispettivamente media e medio-bassa.
Anche il contesto familiare di provenienza, osservato attraverso il titolo di studio, la professione e il settore di attività dei genitori, sembrerebbe influenzare la scelta della sezione di studio, infatti per i liceali la posizione socio-economica familiare risulta essere medio-alta, mentre per i
giovani della sezione tecnica e professionale risulta essere rispettivamente media e medio-bassa.
.. Le scelte scolastiche
Il fatto che l’industria del circondario imolese costituisca il perno attorno
a cui ruota gran parte dell’economia locale è indirettamente testimoniato
dalle scelte scolastiche compiute dai giovani studenti.
Come mostra con chiarezza la FIG. , nel circondario imolese la quota
degli iscritti agli istituti soprattutto professionali, ma anche tecnici è nettamente più elevata rispetto a quella nazionale, in virtù anche delle prospettive occupazionali che questi istituti offrono.
Infatti, confrontando i dati nazionali, provinciali e locali relativi alle
nuove iscrizioni nell’anno scolastico -, si rileva come nel circondario imolese la scelta degli studi superiori abbia una forte caratterizzazione tecnico-professionale.
Se i dati a livello nazionale e provinciale sono più o meno similari,
quelli del circondario imolese registrano meno iscritti nella sezione liceale e più iscritti nella sezione professionale, mentre i valori percentuali degli iscritti nella tecnica sono leggermente più elevati rispetto a quelli nazionali e provinciali.
Anche se i licei hanno storicamente, nel circondario, una dimensione
numerica inferiore a quella rilevata a livello provinciale e nazionale, occorre sottolineare che negli ultimi anni il trend delle iscrizioni ha consentito ai licei un forte recupero.
I tassi di crescita delle immatricolazioni nella sezione liceale sono stati più elevati di quelli della sezione tecnica e della sezione professionale,
confermando quel trend alla “liceizzazione” presente nella realtà italiana
degli ultimi anni.

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO

Nuove iscrizioni per sezioni nell’a.s. - (valori in percentuale)
FIGURA

,




,








Italia
Provincia di
Bologna
Sezione liceale
Circondario
imolese
Sezione tecnica
Sezione professionale

Andamento delle iscrizioni agli istituti superiori presenti nel circondario imolese
FIGURA
.
.
.





.
.
.





-

Immatricolazioni
sezione liceale
.
.




-
-
Immatricolazioni
sezione tecnica


-






-
Immatricolazioni
sezione professionale

.
-
Totale
immatricolazioni
L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
Nel circondario imolese negli ultimi anni si è verificato un aumento
degli iscritti alla sezione liceale e un incremento, seppur minore, degli
iscritti alla sezione tecnica e professionale. Ciò è stato possibile grazie al
progressivo aumento delle iscrizioni complessive.
Tale incremento, negli anni scolastici - e -, è stato del
% e ha riguardato tutte e tre le sezioni, anche se in misura differente.
Infatti, la sezione liceale ha avuto un incremento negli ultimi sei anni del
% con ben  iscrizioni nell’anno scolastico -, pari al % del
totale; la sezione tecnica ha avuto un incremento pari al %, raggiungendo quota  iscrizioni nell’anno -, pari al % del totale; e infine, la sezione professionale ha avuto un incremento del %, raggiungendo  nuove iscrizioni nell’anno scolastico -, pari al % del totale delle nuove iscrizioni.
Occorre ricordare, per una migliore comprensione dei dati, che l’offerta formativa di istruzione superiore nel circondario è rappresentata dai
seguenti istituti superiori:
– Istituto di istruzione superiore “Paolini-Cassiano” di Imola;
– Istituto statale tecnico agrario “Scarabelli” e professionale chimicobiologico “Ghini” di Imola;
– Polo umanistico “Rambaldi-Valeriani-A. da Imola” di Imola;
– Istituto d’istruzione superiore ITIS-IPSIA “Alberghetti” di Imola;
– Istituto alberghiero di Castel San Pietro Terme;
– scuole medie superiori parificate e paritarie (Visitandine);
– Istituto professionale “Canedi” di Medicina.
E dai seguenti indirizzi di studio: liceo classico, liceo scientifico, sia
tradizionale che tecnologico, liceo linguistico, liceo delle scienze sociali e
liceo socio-psico-pedagogico per la sezione liceale; ragioneria amministrativo-IGEA, ragioneria programmatore, geometra, perito agrario e il perito delle industrie per la sezione tecnica; professionale per l’industria,
professionale chimico-biologico, professionale dei servizi alberghieri e ristorazione, professionale della gestione aziendale, professionale dei servizi turistici e quello dei servizi sociali per la sezione professionale.
Altri dati che consentono di leggere e interpretare le tendenze degli
ultimi anni sono quelli relativi all’obbligo formativo.
La popolazione in obbligo formativo, che negli ultimi anni ha frequentato le scuole secondarie di II grado presenti nel circondario imolese, è progressivamente aumentata, infatti negli ultimi sei anni si è registrato un incremento pari al %, portando la popolazione da . unità
dell’anno scolastico - a . nell’anno -.
Dall’analisi della composizione della popolazione in obbligo formativo che ha frequentato le superiori, nell’anno scolastico -, si rileva

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
come siano la sezione professionale e quella tecnica con il maggior numero di iscritti, rispettivamente con il  e il %; segue con il % la sezione liceale.
L’indirizzo di studio maggiormente scelto nella sezione liceale è quello scientifico, nella sezione tecnica è il tecnico industriale e nella sezione
professionale i servizi alberghieri e ristorativi e l’indirizzo industriale.
Analizzando la componente di genere della popolazione si rileva come la sezione liceale sia fortemente caratterizzata dalla componente
femminile (%), di contro la sezione tecnica ha una forte caratterizzazione maschile (%), mentre nella sezione professionale, così come per
il totale del campione, le due componenti di genere sono equamente ripartite.

Popolazione in obbligo formativo negli istituti superiori presenti nel circondario di
Imola
FIGURA
.
.
. . .
.
.
.
.
.

. . . . .
.
  
.
Sezione liceale
.
.
. . . . .
.
Sezione tecnica
Sezione professionale

Totale
.
L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
Infine, un dato che merita di essere menzionato è che gli istituti superiori presenti nel territorio del circondario di Imola accolgono sia
studenti che provengono dalla città di Imola (%) e dal suo circondario (%), sia studenti provenienti da altri comuni esterni all’area
(%).
Analizzando le singole sezioni, si osserva che quella liceale risulta essere quasi totalmente composta da diplomati residenti nei comuni del circondario, mentre in quella tecnica la presenza di studenti provenienti da
comuni esterni è pari all’% e in quella professionale al %. L’elevata
presenza di diplomati provenienti da comuni esterni nella sezione professionale è dovuta principalmente ai valori registrati nell’Istituto alberghiero di Castel San Pietro, dove circa i due terzi provengono da comuni esterni al circondario.
.. L’esperienza scolastica
Le scelte scolastiche degli studenti appaiono significativamente influenzate
dalla marcata specializzazione industriale dell’economia del circondario.
Iniziando ad attingere ai dati delle nostre indagini, emerge che nel
complesso i diplomati intervistati si dimostrano piuttosto soddisfatti della propria esperienza scolastica.
La valutazione del percorso scolastico, indagato attraverso i giudizi
da parte dei diplomati sul livello di adeguatezza e approfondimento delle materie del corso di studio, è sostanzialmente ritenuta buona, come in
particolare quella data alla sezione liceale e alla sezione tecnica, mentre
la valutazione complessiva attribuita alla sezione professionale è più che
sufficiente.
Occorre inoltre osservare che alcuni diplomati hanno espresso un giudizio non sempre positivo per l’area disciplinare “informatica”.
Tale giudizio deriva sostanzialmente dalla carenza di laboratori di
informatica negli anni scolastici compresi tra il  e il . Negli ultimi anni, invece, gli istituti sono riusciti a recuperare il gap esistente sia
attraverso la realizzazione di nuovi laboratori, sia con l’introduzione di
una maggiore flessibilità curriculare interna per quanto riguarda gli
aspetti didattici.
Il voto di uscita dei diplomati dagli istituti superiori è medio. Infatti ha conseguito un giudizio superiore agli / il % dei diplomati,
mentre il restante % ha conseguito un giudizio inferiore agli /.
Anche per il voto di uscita le performance ottenute dalla componente
femminile sono più elevate rispetto a quelle maschili. Dall’analisi delle
singole sezioni si osserva come in quella liceale e in quella tecnica le va
MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
lutazioni agli esami di Stato siano state più elevate rispetto alla sezione
professionale.
Un altro importante dato è quello rappresentato dal successo scolastico, calcolato attraverso il tasso di promozione dei diplomati negli anni
considerati. Nel circondario di Imola, i diplomati della sezione liceale ottengono un tasso di promozione scolastico del %, valore identico al dato provinciale, mentre i diplomati della sezione tecnica e di quella professionale, rispettivamente con il % e l’% registrano dei tassi di promozione leggermente superiori a quelli provinciali, che sono per la sezione tecnica l’% e per quella professionale il %.
.. Le prospettive per i giovani diplomati
negli istituti superiori del circondario imolese
Conclusi gli studi superiori, i diplomati si dividono tra coloro che si avviano verso un’attività lavorativa – che rappresentano il % dei diplomati
– e coloro che proseguono gli studi universitari, ossia il restante %.
Confrontando i dati dei diplomati nel circondario imolese con quelli
di Almadiploma si rileva che essi sono maggiormente indirizzati verso il
mercato del lavoro, dato che tale scelta riguarda il % rispetto al % rilevato a livello nazionale. Anche questo dato, al pari di quello sugli indirizzi di studio, riflette in gran parte le specificità di un contesto ad elevate opportunità lavorative di tipo industriale.
Non sembra neppure un caso che sia proprio la componente maschile, più collegata alle opportunità offerte dall’industria del circondario, a
presentare un tasso nettamente più basso di passaggio all’università: %
contro il % delle donne.
Confrontando i dati dei diplomati degli anni - con quelli del
- si rileva che nel tempo la percentuale di coloro che proseguono gli studi aumenta, infatti è passata dal  al % con un incremento
di ben  punti.
I tassi di passaggio all’università sono comunque in aumento, anche
per effetto della riforma (decreto ministeriale /) che ha portato
una profonda trasformazione del sistema degli studi universitari (a partire dall’anno accademico -), attraverso la nuova offerta didattica che
prevede due cicli di studio: il primo di durata triennale, volto a fornire una
formazione generale di base; il secondo – laurea specialistica – di durata
biennale, volto a offrire elevata qualificazione in ambiti specifici.
La scelta postdiploma risulta essere molto diversa in funzione della
sezione di studi; infatti, se la scelta di proseguire gli studi universitari
per i diplomati della sezione liceale è stata presa da quasi il % – dato

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
in linea con quello nazionale –, per i diplomati della sezione tecnica e
professionale la scelta di proseguire gli studi è stata fatta rispettivamente dal % e dal %.
Questi ultimi valori sono sensibilmente inferiori a quelli nazionali, dove la scelta di proseguire gli studi ha riguardato il % dei diplomati della sezione tecnica e il % dei diplomati della sezione professionale.
.. Gli esiti occupazionali
Nonostante il basso profilo congiunturale degli ultimi anni, il circondario di Imola continua a esibire buone prestazioni occupazionali, infatti
dalle nostre indagini risulta che il tasso di disoccupazione degli intervistati è pari al % (quello femminile è del %, mentre quello maschile risulta essere del %).
Il tasso di disoccupazione riferito ai soli laureati è più alto, infatti ammonta al ,%, valore identico a quello rilevato nell’indagine campionaria  di Almalaurea rivolta ai laureati nel . Questo valore non può
essere imputato all’indirizzo di studi universitario intrapreso, poiché le
lauree conseguite dai disoccupati sono molto eterogenee, sia per la componente femminile che per quella maschile. Il tasso della componente non
attiva è pari all’%.
I giovani del circondario imolese, oltre ad avere buone opportunità
occupazionali hanno anche un’occupazione di tipo stabile, infatti circa i
due terzi sono assunti con contratti a tempo indeterminato. Tra i contratti atipici, quelli maggiormente utilizzati sono il contratto a tempo determinato e l’apprendistato.
La stabilità lavorativa, calcolata attraverso l’utilizzo del contratto a
tempo indeterminato, riguarda soprattutto i diplomati della sezione tecnica e professionale, mentre per i diplomati della sezione liceale l’utilizzo dei contratti è differenziato: sono utilizzati i contratti a tempo indeterminato, a tempo determinato, a progetto e di apprendistato. Tale stabilità riguarda in misura maggioritaria la componente maschile rispetto
a quella femminile.
È interessante notare come i dati relativi alla tipologia contrattuale riferita solo ai giovani laureati siano del tutto simili a quelli previsionali rilevati da Excelsior per l’anno , riferiti alle nuove assunzioni, dove l’utilizzo previsto dei contratti atipici supera il %.
L’analisi degli occupati per settori mette ancora una volta in evidenza
il ruolo dominante dell’industria, che assorbe circa la metà dei diplomati.
Seguono le intermediazioni e attività professionali, gli alberghi e ristoranti e l’istruzione e la sanità.

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
Dall’analisi di genere si rileva come l’occupazione maschile sia prevalentemente orientata al settore dell’industria, mentre quella femminile ai
servizi.
Per i diplomati della sezione tecnica e professionale è sempre l’industria il settore che offre maggiori opportunità occupazionali, mentre per i
diplomati della sezione liceale è il settore delle intermediazioni e delle attività professionali, seguito subito dopo dal comparto dell’industria.
Le professioni più diffuse, per grande gruppo professionale, sono
quella di tecnico, di artigiano e/o operaio specializzato e quella esecutiva. Se la professione tecnica è particolarmente diffusa, a prescindere
dal genere, la professione di artigiano e/o operaio specializzato è maggiormente diffusa per i maschi, mentre la professione esecutiva per le
femmine.
Analizzando le professioni rispetto alle singole sezioni si rileva che i
diplomati della sezione liceale svolgono principalmente professioni di tipo tecnico, mentre i diplomati della sezione tecnica oltre a svolgere professioni di tipo tecnico svolgono anche professioni come quella di artigiano e/o operaio specializzato. Quest’ultima risulta essere la professione
maggiormente svolta dai diplomati della sezione professionale. Seguono
poi quelle tecniche e quelle esecutive.
Le mansioni lavorative maggiormente svolte dai diplomati sono di tipo impiegatizio o manuale, mentre risultano, anche per la giovane età degli intervistati, poco svolte le mansioni a carattere direttivo e/o organizzativo. La componente femminile è particolarmente indirizzata verso
mansioni impiegatizie, mentre quella maschile, oltre a mansioni impiegatizie, ne svolge anche di manuali.
I diplomati della sezione liceale tendono a svolgere principalmente
mansioni di tipo impiegatizio, mentre quelli della sezione tecnica sia mansioni impiegatizie che manuali. Infine, i diplomati della sezione professionale svolgono per lo più attività di tipo manuale.
Nell’% dei casi è richiesto il possesso di un titolo di studio superiore a quello dell’obbligo, sia esso il diploma o la laurea.
Inoltre, l’attività lavorativa svolta dai giovani del circondario di Imola è spesso coerente con il percorso di studi svolto; tale coerenza è maggiore per i diplomati della sezione liceale e tecnica rispetto a quelli della
sezione professionale.
La capacità di assorbire forza lavoro da parte del tessuto economico-imprenditoriale di Imola e del suo circondario sembra nel complesso buona, infatti la metà dei diplomati lavora nella città di Imola, un
quarto nel suo circondario e l’altro quarto in altri comuni, tra cui quello di Bologna.

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
Analizzando il genere non si rilevano differenze, mentre, analizzando
la capacità di assorbimento dei diplomati in funzione della sezione, si rileva come quelli della sezione tecnica vengano assorbiti quasi completamente dal sistema economico-imprenditoriale di Imola e del suo circondario, mentre i diplomati della sezione liceale, tra cui molti laureati, trovano lavoro in aree esterne al circondario in un caso su due. Infine, anche
il valore dei diplomati della sezione professionale che trovano lavoro fuori dal circondario risulta essere elevato; però occorre precisare che circa
un terzo dei diplomati della sezione professionale proviene da comuni
esterni al circondario.
Il tempo richiesto per trovare il primo lavoro stabile è inferiore ai tre
mesi per il % dei diplomati del circondario, percentuale che sale al
% se si considerano i primi sei mesi.
Il sistema economico del circondario di Imola si rileva capace di assorbire nuova forza lavoro con discreta rapidità, infatti, secondo un’indagine ISFOL, il tempo di ricerca di un lavoro si protrae in media per  mesi a livello nazionale e per  mesi nell’area del Nord-Est.
Il canale principalmente utilizzato per la ricerca attiva di lavoro dai
diplomati è quello del contatto diretto in azienda (%); seguono l’interessamento di parenti e conoscenti (%) e il sistema scuola-formazione
(%). Rispetto al genere non si rilevano divergenze, anche se il sistema
scuola-formazione viene utilizzato principalmente per la componente
maschile.
Se il canale del contatto diretto e quello del sistema scuola-formazione sono i due strumenti di ricerca attiva di lavoro utilizzati da tutti i diplomati delle diverse sezioni, l’interessamento di parenti e conoscenti viene utilizzato principalmente dai diplomati della sezione tecnica e da quelli della sezione professionale.
Occorre inoltre rilevare come la partecipazione a concorsi pubblici ha
riguardato principalmente i diplomati della sezione liceale e quelli del
professionale.
Confrontando i dati locali con l’indagine ISFOL sulla ricerca di lavoro, si notano alcune nette differenze; infatti l’iniziativa personale (autocandidature) viene molto più utilizzata nel circondario. Stessa cosa avviene per il canale indiretto delle scuole e degli enti di formazione. Al
contrario, rispetto al dato nazionale, risulta molto meno utilizzato il canale informale (la voce, amici, parenti e conoscenti). Inoltre, un ruolo minore, sia nel circondario sia a livello nazionale, hanno i concorsi pubblici, la stampa e i servizi pubblici per l’impiego. Un’ulteriore aspetto che
si è voluto indagare riguarda il reddito percepito dai diplomati del circondario, nonostante tale dato sia soggetto a fenomeni di reticenza e sot
MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO

I canali di intermediazione del lavoro
TABELLA
Strumenti di
ricerca attiva
del lavoro
Indagine Genesis sulla
ricerca di lavoro nel
circondario di Imola, 
Indagine ISFOL
sulla ricerca di
lavoro in Italia, 
Indagine ISFOL
sulle imprese in
Italia, 









,

,

,
,

,

,
,
–
,
,
,
,
,

Amici, parenti conoscenti
Autocandidature
Concorsi pubblici
Stampa
Scuole e istituti di formazione
Interinale
Servizi pubblici per l’impiego
Altro
Totale
Fonte: elaborazione ISFOL, Ricerca di lavoro .
tostima da parte degli intervistati. Il reddito annuo lordo percepito dai
diplomati a tre e a sette anni dal conseguimento del diploma è compreso tra i . e i . euro. Il % percepisce un reddito inferiore ai
. euro e solo il % un reddito lordo superiore ai . euro. Dall’analisi del reddito rispetto al genere si rileva come la componente femminile percepisce un compenso leggermente inferiore rispetto ai maschi.
Infatti la percentuale femminile che percepisce meno di . euro all’anno è del % rispetto al % dei maschi. Percepisce un reddito superiore ai . euro solo il % delle femmine rispetto al % dei colleghi
maschi. Dal confronto dei dati relativi al reddito tra i diplomati delle diverse sezioni si rileva come i diplomati della sezione liceale percepiscono
in media un reddito inferiore rispetto ai colleghi della sezione tecnica e
della sezione professionale.
Considerando che circa i due terzi degli occupati della sezione liceale sono laureati, è possibile desumere come la retribuzione dei giovani laureati, almeno nella fase di inserimento del lavoro, sia leggermente inferiore a quella dei diplomati.
Questi dati vengono confermati oltre che dall’indagine IRES-CGIL
() anche dal VI rapporto sulle retribuzioni in Italia, realizzato da
OD&M Consulting, secondo cui i laureati si sono trovati a fare i conti con
un’evoluzione retributiva peggiore di quella della media degli impiegati,
e inoltre hanno sempre più difficoltà a veder crescere la propria retribuzione con l’andare del tempo.

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
.. Maschi e femmine:
due diverse modalità di transizione al lavoro
Le modalità di inserimento nel mercato del lavoro da parte dei giovani sono leggermente diverse rispetto al genere.
La transizione al lavoro per i maschi avviene attraverso un contratto
a tempo indeterminato (%) nel settore dell’industria, svolgendo professioni tecniche o specialistiche con mansioni principalmente manuali;
mentre la transizione per le femmine avviene attraverso contratti a tempo
indeterminato (%) e a tempo determinato (%), in particolare nel settore dei servizi, svolgendo professioni tecniche ed esecutive e con mansioni di tipo impiegatizio.
Inoltre, è la componente femminile quella che riesce a svolgere un’attività lavorativa più coerente rispetto al proprio indirizzo di studio.
I canali utilizzati per la ricerca del lavoro (autocandidatura e canale
informale) non presentano differenze rispetto al genere, così come il tempo richiesto per cercare lavoro (spesso inferiore ai tre mesi) e il luogo dove svolgere la propria attività.
Un’ulteriore differenza rispetto al genere riguarda la retribuzione, che
per la componente femminile è leggermente inferiore.
.. Un confronto con le precedenti indagini
Per i diplomati della sezione tecnica e per i diplomati di alcuni indirizzi
della sezione professionale (professionale chimico-biologico e professionale per l’industria) è stato possibile confrontare i dati relativi alla presente indagine con quelli relativi alle precedenti indagini curriculari, svolte negli anni  e  sullo stesso universo di indagine.
È stata verificata la situazione professionale dei diplomati nell’anno
- intervistati dopo tre anni e dopo sette dal conseguimento della
maturità. Confrontando la situazione occupazionale si osserva che a distanza di tre anni i contratti di lavoro sono diventati molto più stabili. Infatti se nel - l’utilizzo di contratti atipici riguardava circa i due terzi dei diplomati, nel  tale utilizzo riguarda meno di un terzo.
Questa tendenza verso la stabilità del mercato del lavoro non ha riguardato i diplomati della sezione tecnica e professionale per le industrie,
dato che sin dalla precedente indagine è emerso come l’utilizzo di contratti a tempo indeterminato riguardasse l’% del campione.
Analizzando i settori occupazionali si osserva, inoltre, che nel corso
degli anni molti giovani hanno cambiato settore di attività, infatti, se nelle precedenti indagini i settori dove i giovani trovavano occupazione era
MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
no differenziati, in questa si rileva una maggiore occupazione proprio nel
settore dell’industria.
.. La formazione postdiploma
Come si è già detto, la formazione postdiploma ha interessato il % del
totale dei diplomati, con percentuali nettamente più elevate per la componente femminile (%) rispetto a quella maschile (%).
La formazione postdiploma ha riguardato l’% dei diplomati della
sezione liceale, il % dei diplomati della sezione tecnica e il % dei diplomati della sezione professionale.
Gli indirizzi di laurea maggiormente scelti sono quelli afferenti all’area scientifica (%), all’area sociale ed economica (%) e all’area
umanistica (%), mentre le facoltà universitarie afferenti all’area sanitaria riguardano l’% del totale.
Dall’analisi di genere in funzione all’indirizzo di studi universitario risulta che la componente maschile predilige principalmente gli studi scientifici, seguiti da quelli sociali ed economici, mentre la componente femminile ripartisce le sue preferenze tra l’indirizzo scientifico, sociale, economico e umanistico.
Osservando gli indirizzi di laurea scelti dai diplomati delle diverse sezioni, si nota come quelli della sezione liceale scelgono studi universitari
nelle diverse aree, quelli della sezione tecnica prediligono l’area scientifica e quelli del professionale l’area umanistica.
Le facoltà universitarie maggiormente scelte dai diplomati sono Ingegneria, Economia e commercio, Scienze della formazione e Giurisprudenza. Nello specifico, le facoltà universitarie preferite dai diplomati della sezione liceale sono Economia e commercio, Giurisprudenza, Ingegneria e Scienze della formazione, mentre quelle preferite dai diplomati della sezione tecnica sono Ingegneria, Agraria ed Economia e
commercio. Nella sezione professionale la facoltà maggiormente preferita è Scienze della formazione, seguono Economia e commercio, Ingegneria e Matematica.
La sede di studi nettamente predominante è Bologna, scelta da oltre
il % degli studenti universitari, mentre le altre città sono scelte per la
presenza di specifiche facoltà non presenti nell’ateneo bolognese.
Poco più della metà degli intervistati è soddisfatto della propria scelta di studi universitari, mentre il % si ritiene parzialmente soddisfatto
e solo il ,% si ritiene del tutto insoddisfatto.
Analizzando in funzione del genere il grado di soddisfazione della
scelta degli studi universitari, non si osservano differenze rilevanti. Effet
L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
tuando un’analisi in funzione dell’indirizzo di studi delle scuole medie superiori di provenienza si osserva che i diplomati della sezione tecnica
esprimono un grado di soddisfazione pari al %, quelli della sezione liceale del % e quelli della sezione professionale del %.
.. Conclusioni
A lungo, e ancora spesso avviene, la discussione sulla transizione scuolalavoro è stata dominata dal tema del cosiddetto mismatch, cioè del mancato incontro tra le esigenze delle imprese (la domanda) e le scelte dei giovani (l’offerta).
L’analisi delle realtà del circondario imolese mostra invece che le scelte dei giovani, delle loro famiglie, delle scuole stesse sono profondamente influenzate dal tipo di struttura produttiva del circondario.
Il marcato profilo industriale dell’economia locale porta a un peso più
elevato che altrove degli istituti professionali, a differenze sensibili di genere
(con i maschi molto più legati all’impiego nell’industria), a tassi di passaggio
all’università nettamente più bassi proprio per i maschi, in virtù delle opportunità di impiego immediato offerte dal mercato del lavoro locale.
L’attenzione degli enti locali, del mondo imprenditoriale, dei sindacati per i temi della scuola e del mercato del lavoro hanno contribuito a
rafforzare il legame tra gli istituti scolastici e le imprese.
Del resto, nell’indagine sulle imprese condotta nel  era emerso l’elevato grado di fiducia che le imprese riponevano nel sistema locale della formazione. L’% di esse giudicava la preparazione scolastica sufficiente o
buona, con una punta del % fra le imprese più grandi (cfr. M. D’Angelillo, P. Caporaso, Indagine sulla transizione scuola-lavoro nel circondario imolese, Progetto cofinanziato dall’Unione Europea, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia di Bologna e dal Circondario imolese, Imola , p.
). Anche la citata importanza (più che nella media nazionale) delle scuole e degli enti di formazione quale canale di incontro tra domanda e offerta
è la dimostrazione della solidità del rapporto di fiducia esistente.
Questo non significa che non vi siano casi, o fasi del ciclo economico,
in cui le imprese lamentano l’insufficienza dei profili professionali in uscita dagli istituti, o l’eccessiva tendenza dei giovani a preferire una scuola a
indirizzo liceale piuttosto che tecnico-professionale.
Rispetto alla media nazionale, come si è visto, la quota dei giovani
iscritti agli istituti professionali (e in parte anche a quelli tecnici) è nel circondario molto più alta che nella media e, come si vedrà nel prosieguo
della ricerca, verso un impiego nell’industria convergono anche giovani
provenienti da indirizzi scolastici di impronta umanistica.

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
L’area più critica che sembra emergere dall’indagine del  riguarda il percorso professionale dei laureati e quindi il ruolo che essi giocano
nel sistema produttivo locale, proprio nell’ottica di uno sviluppo innovativo dell’economia del circondario.
Alcuni dati non possono non preoccupare, soprattutto nell’ottica di
un sistema produttivo che, secondo i dettati della Strategia di Lisbona, si
proponga di diventare un’area basata sulla conoscenza.
Si pensi ad esempio al dato sul reddito dei laureati, spesso inferiore a
quello dei diplomati, o anche a quello dei laureati disoccupati. Questi dati smentiscono quella “teoria del capitale umano”, secondo cui la scelta
dell’istruzione è guidata dalle aspettative sui ritorni economici, in quanto
esisterebbe una relazione diretta tra le competenze degli individui, la loro produttività e quindi i guadagni ottenuti lavorando.
Al contrario, anche nel circondario sembra essere presente una situazione di sottoutilizzo delle risorse umane di livello universitario, che
fa sì che il rendimento dei titoli di studio superiori si presenti spesso deludente. Non al punto di far parlare di lauree “inutili”, ma certamente
di segnalare situazioni di “sottoinquadramento”, vale a dire di accesso
a posizioni lavorative che non richiedono un’elevata qualificazione, per
lo meno non pari a quella certificata dal titolo di studio posseduto.
Un secondo indicatore di criticità è quello del ricorso a contratti di tipo precario. Senza drammatizzare, e senza trascurare il fatto che talvolta
i contratti atipici costituiscono una prima tappa verso l’assunzione o alternativamente verso l’avvio di un’attività libero-professionale, è indubbio che la difficoltà delle imprese di offrire occupazioni stabilizzate è sintomatica di situazioni di incertezza del mercato e di un orizzonte operativo di breve periodo.
Del resto, l’indagine condotta dall’ISTAT nel  sui laureati (a  anni dalla laurea) aveva registrato, rispetto all’analoga indagine svolta nel
, quote decisamente più alte di insoddisfatti per il trattamento economico, per la possibilità di carriera (circa il % di insoddisfatti) e per
stabilità del posto di lavoro (,%) (cfr. ISTAT, Inserimento professionale
dei laureati, ISTAT, Roma ).
Un terzo punto di criticità riguarda le problematiche di genere. Già
in una precedente ricerca (cfr. M. D’Angelillo, P. Caporaso, Indagine sulla domanda e offerta di lavoro per donne adulte nel circondario imolese,
Progetto cofinanziato dall’Unione Europea, dalla Regione Emilia-Romagna,
dalla Provincia di Bologna e dal Circondario imolese, Imola ) erano
emerse le difficoltà di inserimento per le donne ad alta scolarità.
I dati della ricerca odierna mostrano che gli esiti occupazionali delle
donne laureate, nonostante un rendimento scolastico migliore dei colle
L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
ghi maschi e tassi di passaggio all’università nettamente più elevati, continuano ad essere piuttosto deludenti.
I tre fattori che ora abbiamo indicato possono sembrare relativamente secondari, in presenza di un mercato del lavoro che comunque continua ad assicurare buoni sbocchi professionali ai giovani diplomati, anche
se non sempre in posizioni coerenti con il titolo di studio.
Tuttavia, nell’ottica di un’economia basata sulla conoscenza e di un
posizionamento del circondario fra le aree europee più innovative, questi
fattori critici diventano particolarmente rilevanti.
Le azioni di orientamento, i programmi per lo sviluppo dell’imprenditoria, le scelte in materia di scuola e di formazione dovrebbero sempre
più focalizzarsi sull’obiettivo di creare percorsi di valorizzazione professionale per i giovani laureati, facendo leva sulle diffuse attitudini innovative delle imprese del circondario.
.. Note metodologiche
Per la progettazione degli interventi, la definizione dell’impianto metodologico e la realizzazione delle ricerche la società incaricata (Genesis Srl)
ha operato in stretta collaborazione con il Gruppo di lavoro ristretto, costituito da rappresentanti del Nuovo circondario imolese e degli enti di
formazione professionale (CIOFS e IAL).
Inoltre, il Gruppo di lavoro ristretto ha usufruito della costruttiva
partecipazione del Comitato tecnico scientifico – organo con funzioni di
indirizzo e validazione –, costituito da rappresentanti del Nuovo circondario imolese, degli enti di formazione professionale (CIOFS e IAL), di Genesis Srl, del Centro per l’impiego, delle associazioni di categoria, del tavolo unico delle imprese, delle associazioni sindacali, delle scuole medie
inferiori, degli istituti di istruzione superiore e del CISST (Centro integrato servizi scuola territorio).
L’impianto complessivo delle ricerche sulla “Transizione scuola-lavoro nel circondario imolese  e ” segue, in larga parte, il modello dei precedenti progetti di ricerca curriculare condotti negli ultimi
anni, che hanno visto la partecipazione attiva dei principali attori pubblici e privati operanti nel territorio, sia al fine di capitalizzare al massimo il patrimonio di conoscenze derivate dalle precedenti esperienze di
ricerca-intervento, sia con l’obiettivo di dare continuità e sistematicità
al progetto.
Le due ricerche, così come quelle precedenti, hanno previsto, rispettivamente, sia una vasta indagine sui processi di transizione dalla scuola
al lavoro dei diplomati del territorio, attraverso la realizzazione della “in
MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
dagine quali-quantitativa sulle scelte postdiploma degli allievi diplomati
degli istituti superiori del Nuovo circondario imolese”, sia un’“indagine
di sfondo sull’evoluzione locale del lavoro e del mondo delle professioni”,
al fine di analizzare le tendenze del mercato e dell’organizzazione dell’impresa, le politiche adottate dalle imprese nell’ambito delle risorse
umane, con particolare attenzione all’atteggiamento verso le nuove assunzioni, il rapporto della scuola e del mondo del lavoro.
La metodologia utilizzata per la realizzazione dell’indagine qualiquantitativa sulle scelte postdiploma degli allievi diplomati degli istituti
superiori del Nuovo circondario imolese nei due diversi anni di indagine
( e ) è stata articolata attraverso cinque fasi.
. Individuazione dell’universo di indagine. Il campo di osservazione è
rappresentato dall’universo dei diplomati negli anni scolastici rispettivamente a tre e a sette anni di tutti gli istituti superiori presenti nel territorio del circondario imolese. Gli istituti interessati sono:
– Istituto di istruzione superiore “Paolini-Cassiano” di Imola;
– Istituto statale tecnico agrario “Scarabelli” e professionale chimicobiologico “Ghini” di Imola;
– Polo umanistico “Rambaldi-Valeriani-A. da Imola” di Imola;
– Istituto d’istruzione superiore ITIS-IPSIA “Alberghetti” di Imola;
– Istituto alberghiero di Castel San Pietro Terme;
– scuole medie superiori parificate e paritarie (Visitandine);
– Istituto professionale “Canedi” di Medicina.
Si tratta complessivamente di un universo di . diplomati, di cui
. maschi (,%) e . femmine (,%).
. Formazione del campione. Il campione oggetto di indagine è composto dal % dei diplomati facenti parte dell’universo. Al fine di assicurare un’elevata rappresentatività dell’universo dei diplomati è stata utilizzata la tecnica di campionamento stratificato. I criteri di definizione della
stratificazione sono stati i seguenti:
– istituto superiore;
– indirizzo di studio;
– anno di diploma;
– sezione;
– sesso;
– voto in uscita.
La scelta di aumentare i criteri di determinazione della stratificazione dell’universo dei diplomati, rispetto alle precedenti ricerche, è stata
presa al fine di aumentare l’efficacia dell’indagine soprattutto sotto il

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
profilo qualitativo dell’approfondimento e della significatività delle
informazioni ricevute.
. Definizione del questionario di rilevazione. In quest’azione è stato
prodotto lo strumento tecnico del questionario semistrutturato. Per la
formulazione del questionario la società Genesis Srl, incaricata della ricerca, ha operato in stretta collaborazione col Gruppo di lavoro ristretto. Una volta definito, il questionario è stato sottoposto ad approvazione e validazione da parte del Comitato tecnico scientifico. Il questionario proposto ai diplomati è stato articolato in cinque sezioni. La prima
sezione – dati personali – ha riguardato le caratteristiche anagrafiche generali, le valutazioni sul percorso scolastico, il voto di ingresso e di uscita, nonché i giudizi espressi dagli intervistati sull’utilità del percorso
stesso per ogni singola area disciplinare del campione osservato. La seconda sezione – status studente – è stata riservata ai diplomati che hanno dichiarato nella prima sezione di aver proseguito gli studi dopo il
conseguimento del diploma. Attraverso questa sezione è stato possibile
analizzare la tipologia degli studi (università, master, corsi di formazione), le motivazioni della scelta dello specifico percorso formativo, il bilancio provvisorio, le attività lavorative svolte durante gli studi ecc. La
terza sezione – status occupato – è stata riservata ai diplomati che hanno dichiarato nella prima sezione di svolgere un’attività lavorativa. La
rilevazione è stata focalizzata sullo stato occupazionale (settore di appartenenza e tipologia contrattuale), sulla posizione professionale, sul
settore di attività, sul tipo di occupazione, sul titolo di studio richiesto,
sul tempo intercorso per il primo impiego stabile, sulle modalità e/o gli
strumenti utilizzati per la ricerca del lavoro, sul grado di soddisfazione
ecc. La quarta sezione – status disoccupato/inoccupato – è stata riservata ai diplomati che al momento dell’intervista erano in cerca di una
nuova occupazione o della prima occupazione. Sono state analizzate le
ragioni e/o i motivi di abbandono del precedente lavoro, gli strumenti
e/o i mezzi utilizzati per la ricerca attiva del lavoro ecc. La quinta e ultima sezione – notizie sulla famiglia – ha riguardato l’intero campione
oggetto di indagine analizzando le caratteristiche familiari dell’intervistato (titolo di studio dei genitori, professione e settori economici di lavoro dei genitori).
. Somministrazione del questionario, attraverso interviste telefoniche.
. Elaborazione dati e stesura report. Questa fase è consistita nell’elaborazione dei questionari, disaggregandoli nelle sezioni e nelle subaree

MASSIMO D’ANGELILLO, PIETRO CAPORASO
precedentemente descritte. Inoltre è stato possibile confrontare i dati
emersi dalla presente rilevazione con quelli frutto delle ricerche già realizzate, e precisamente con i dati relativi ai diplomati nell’anno scolastico - degli istituti “Scarabelli-Ghini”, “Paolini-Cassiano” e “F. Alberghetti”.
La metodologia utilizzata per la realizzazione dell’indagine di sfondo sull’evoluzione locale del lavoro e del mondo delle professioni è stata articolata diversamente nelle due indagini.
Per l’indagine  sono state utilizzate due diverse azioni:
– la prima rivolta a un campione di imprese rappresentative del mondo
imprenditoriale locale, attraverso una sottoindagine di sfondo sull’evoluzione locale del mercato del lavoro e del mondo delle professioni;
– la seconda rivolta a testimoni privilegiati del tessuto economico e sociale del circondario di Imola, attraverso una sottoindagine qualitativa a
testimoni privilegiati operanti in materia di occupazione nel territorio del
circondario.
Per l’indagine  si è cercato di indagare l’evoluzione locale del lavoro e del mondo delle professioni attraverso:
– la rielaborazione dei dati del “Progetto Excelsior. Le previsioni occupazionali nel Nuovo circondario imolese. Anno ”, le tendenze del
mercato e dell’organizzazione dell’impresa, le politiche adottate dalle imprese nell’ambito delle risorse umane, con particolare attenzione all’atteggiamento verso le nuove assunzioni, il rapporto fra mondo della scuola e mondo del lavoro;
– la realizzazione di un focus group che ha consentito di analizzare i dati derivanti dall’indagine quali-quantitativa sulle scelte postdiploma e i dati previsionali del progetto Excelsior, mediante un confronto che ha visto
la partecipazione dei protagonisti del tessuto economico e sociale locale –
associazioni imprenditoriali e sindacali, enti locali ed enti pubblici operanti in materia di occupazione e sviluppo nel territorio del Nuovo circondario imolese, rappresentanti degli istituti scolastici ecc.
Note
. Almalaurea, Inserimento professionale dei laureati: indagine .
. ISFOL, Ricerca di lavoro .
. L’area scientifica comprende le seguente facoltà: Agraria, Architettura, Chimica,
Geologia, Informatica, Ingegneria, Matematica, Scienze ambientali, Scienze biologiche,
Scienze naturali e Scienze statistiche.
. L’area sociale ed economica comprende le seguenti facoltà: Economia, Giurisprudenza, Scienze politiche e Sociologia.

L A T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O N E L C I R C O N D A R I O I M O L E S E
. L’area umanistica comprende le seguenti facoltà: Conservazione dei beni culturali,
Lettere e filosofia, Lingue, Psicologia, Scienza della formazione e Scienze della comunicazione.
. L’area sanitaria comprende le seguenti facoltà: Farmacia, Medicina, Scienze motorie e Veterinaria.
. La teoria del capitale umano trova le sue origini, tra l’altro, nei lavori di G. S. Becker,
Human Capital: a Theoretical and Empirical Analysis with Special References to Education,
New York .
. Su questo cfr. D. Checchi, T. Jappelli, La laurea inutile, , disponibile on line all’indirizzo www.lavoce.info. Secondo questa indagine oltre un terzo dei laureati italiani dichiara di essere occupato in un lavoro per il quale la laurea non è necessaria.
DAMS,

Il raccordo
scuola-formazione-mondo del lavoro
nella provincia di Bologna
di Paolo Rebaudengo*
L’Assessorato all’Istruzione della Provincia sta promuovendo, come previsto dal Programma provinciale -, una riflessione sul ruolo formativo delle organizzazioni economiche nell’ambito di un più generale
“ripensamento” del rapporto tra scuola e lavoro contestualizzato al nostro territorio, operando su due principali ambiti:
. i progetti di alternanza scuola-lavoro;
. la mappatura delle esperienze di relazione scuola-territorio-organizzazioni economiche.

I progetti di alternanza scuola-lavoro
Essi sono finanziati tramite fondo sociale europeo e svolti in accordo con
le linee guida regionali in materia. Sono stati programmati sul Piano provinciale  (a.s. -)  progetti (di cui  di carattere biennale) che
hanno coinvolto  gruppi classe ( terze e  quarte, di cui  di istituti professionali e  di istituti tecnici),  istituzioni scolastiche,  enti di formazione professionale e  imprese.
Su tali progetti è stata effettuata una specifica azione di monitoraggio e valutazione progettata con il contributo di un team di insegnanti
e operatori di enti di formazione esperti in formazione integrata e svolta tramite l’analisi di materiali documentali, la rilevazione di dati strutturati presso tutti gli studenti e gli insegnanti dei consigli di classe coinvolti e i tutor aziendali, scolastici e della formazione professionale, la
realizzazione di focus group presso tre gruppi classe e una rappresentanza di tutor.
* Assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro, Politiche per la sicurezza sul lavoro
della Provincia di Bologna.

PA O L O R E B A U D E N G O
.. Gradimento della proposta
di alternanza e valutazione complessiva dell’esperienza
Sulla base delle indicazioni acquisite attraverso la somministrazione dei
questionari, l’alternanza è risultata una proposta gradita dagli studenti
(%) – e dalle loro famiglie nel parere degli studenti medesimi (%) –
e un’esperienza “vissuta bene”.
Gli studenti ne hanno apprezzato, oltre che l’opportunità di apprendere cose nuove (%) e utili (%), la positività dei contesti relazionali
e dei rapporti con tutor aziendali (%) e dipendenti (%).
L’esperienza svolta in azienda è risultata soddisfacente nel % dei
casi, corrispondente alle aspettative nell’%, e la consiglierebbero a un
amico nel %.
Dal punto di vista delle parziali criticità gli studenti segnalano i seguenti aspetti.
– Le attività preparatorie all’inserimento in azienda risultano adeguate
nel ,% dei casi, inadeguate nel ,%. Di quelle stesse attività si evidenzia il carattere generico e astratto, non connesso a possibili compiti assegnabili in azienda.
– Solo il % degli studenti dichiara inoltre che fosse chiaro cosa avrebbe appreso in azienda, e solo il ,% che quanto appreso a scuola costituisce una base adeguata per affrontare i compiti assegnati in azienda.
– Circa la specificazione delle attività svolte, il quadro risulta piuttosto
variegato: nella metà dei casi si riferisce ad attività guidate da spiegazioni
e informazioni. La restante metà si distribuisce pressoché uniformemente fra attività autonome senza eccessivi controlli, o accompagnate da verifiche, attività di routine e, nel minor numero di casi, di semplice osservazione. Attività che nell’insieme risultano coerenti con il percorso di studi
in meno della metà dei casi.
– Relativamente alla scelta del periodo e alla durata delle attività si rileva un giudizio di adeguatezza rispettivamente nel ,% e nel ,% dei
casi. Indicando nel % dei casi più opportuno svolgere l’attività in azienda in un unico periodo. In alcuni casi l’attività in azienda ha comportato
in parte una riduzione del programma scolastico, ma soprattutto un’accelerazione e intensificazione delle ordinarie attività di insegnamento e verifica, con conseguente “affanno” da parte sia degli studenti, sia dei docenti, soprattutto a ridosso dei rientri a scuola successivi ai due periodi di
attività aziendali.
– Le conoscenze e abilità previste dal progetto risultano essere state
acquisite in parte nel ,% dei casi, quasi interamente o interamente
nel %.

I L R A C C O R D O S C U O L A - F O R M A Z I O N E - M O N D O D E L L AV O R O
– Relativamente ai pregi dell’esperienza svolta in azienda, nel % dei
casi si esprime apprezzamento in rapporto alla positività delle relazioni
vissute in azienda; nel % si considera un pregio il fatto che sia stato possibile acquisire nuove conoscenze; nel % aver conosciuto il mondo del
lavoro e il funzionamento di un’azienda; nel % aver potuto riscontrare
operativamente le conoscenze scolastiche; nel % si considera l’esperienza svolta in azienda utile per il proprio futuro.
– Circa l’incidenza dell’esperienza sulla valutazione scolastica, gli studenti ritengono che gli insegnanti terranno conto di quanto svolto in
azienda per niente o poco nel ,% dei casi, solo in alcune materie nel
,%; e che l’esperienza svolta in azienda possa migliorare l’andamento
scolastico nel ,% dei casi. L’incidenza diretta sulla valutazione scolastica è quindi scarsamente percepita, in alcuni casi esplicitamente esclusa, considerata possibile e/o rilevante in relazione più alla valutazione dei
comportamenti che delle materie, soprattutto se di area non tecnico-professionale. Più percepita, in alcuni casi, l’incidenza indiretta in termini di
arricchimento personale, culturale, maggiore motivazione.
Sul versante delle indicazioni fornite dai tutor e dagli insegnanti, si
conferma il gradimento della proposta, considerata utile o molto utile da
parte dei tutor della scuola (%), dei tutor aziendali (%), dei docenti dei consigli di classe (%) e dei tutor della formazione, che attribuiscono all’alternanza, nella metà dei casi, potenzialità didattiche superiori
ad altre esperienze di integrazione.
I tutor aziendali – sulla base dell’osservazione delle attività svolte in
azienda – riconoscono agli studenti soprattutto elevate le capacità di socializzazione (% dei casi), di adattamento (,%), e la motivazione (%).
Si conferma un giudizio complessivamente positivo dell’esperienza,
molto o abbastanza soddisfacente in circa il % dei casi per i tutor sia
della scuola, sia della formazione, sia aziendali, i quali nel % dei casi si
dichiarano disponibili a ripeterla con altri studenti.
Passando alle parziali criticità, una delle principali riguarda la collaborazione fra tutor aziendali e docenti, tutor della scuola e della formazione.
I tutor aziendali non hanno partecipato a incontri preparatori con gli
studenti, all’elaborazione delle competenze in esito alle attività aziendali
e degli strumenti e criteri di valutazione, rispettivamente nell’%, ,%
e ,% dei casi.
Considerano le attività preparatorie adeguate nel ,% dei casi.
La progettazione ha fatto leva soprattutto sui tutor della scuola, della
formazione e sui docenti di area tecnico-professionale, che tuttavia – secondo i tutor della scuola – sono a conoscenza delle situazioni aziendali
di riferimento solo nel % dei casi. Ha comportato il coinvolgimento

PA O L O R E B A U D E N G O
mediamente di due/tre discipline di area tecnico-professionale e una riconfigurazione del curriculum di cui i tutor della scuola segnalano la realizzazione nel % dei casi, e di cui i docenti dei consigli di classe prevedono la possibilità di una positiva realizzazione nel %.
Circa le modalità di riconfigurazione, i tutor della scuola non forniscono indicazioni nel % dei casi, nei rimanenti casi tali modalità sono
esplicitate soprattutto nei termini di una ridefinizione di contenuti e quadri orari.
Questi dati inducono a ipotizzare che la progettazione si sia risolta soprattutto nell’elaborazione delle competenze previste in esito alle attività
aziendali e degli strumenti e criteri di valutazione con riferimento a contesti aziendali tipici. Minore attenzione è stata posta alla progettazione
dello svolgimento di specifiche attività in azienda e allo specifico contributo di differenziate discipline.
Le difficoltà sopra richiamate derivano da un difetto di coinvolgimento dei tutor aziendali e da un’esigenza di maggiore coinvolgimento e
di reale disponibilità a sostenere i progetti da parte delle scuole.
Fra le criticità segnalate soprattutto dai tutor della scuola e della formazione, nei focus e nei questionari, emerge l’inadeguato affiancamento
agli studenti.
Lo svolgimento delle attività in azienda si è concentrato nei mesi di
gennaio-febbraio e maggio-giugno; circa la valutazione della durata e
della scelta fra periodo unico o sdoppiamento, le indicazioni sono variegate. La durata del periodo viene considerata adeguata solo da poco
più della metà dei tutor aziendali, troppo breve nel % dei casi, e si ritiene opportuno svolgere le attività aziendali in un unico periodo nel
%. Questo agevolerebbe la possibilità – conclusa una prima fase di
ambientamento – di impegnare i ragazzi in attività più complesse e significative.
L’analisi interpretativa sul complesso dei dati raccolti (disponibile
presso il Servizio scuola e formazione della Provincia) è stata svolta dagli
operatori dello Sportello per la valutazione congiuntamente agli insegnanti e ai formatori già coinvolti in sede di progettazione e di realizzazione dell’azione di monitoraggio e valutazione.
A partire da alcuni “incroci” effettuati sui dati si può affermare come
la quasi totalità degli studenti valuti positivamente l’esperienza. Tutti – e
quindi anche quelli inseriti in situazioni scolastiche e aziendali “meno favorevoli” – hanno potuto percepire in connessione allo svolgimento delle esperienze di alternanza almeno i seguenti esiti:
– responsabilizzazione;
– sviluppo di capacità relazionali, di adattamento;

I L R A C C O R D O S C U O L A - F O R M A Z I O N E - M O N D O D E L L AV O R O
–
–
acquisizione di nuove conoscenze;
conoscenza generale del mondo del lavoro.
Anche i tutor aziendali riconoscono agli studenti l’acquisizione dei
suddetti aspetti dell’esperienza di alternanza, che si è configurata, quindi,
come soluzione “intrinsecamente positiva”.
D’altra parte, se gli esiti suddetti costituiscono in un certo senso lo
zoccolo duro, il minimo comune denominatore delle esperienze a cui hanno partecipato gli studenti, la completa realizzazione delle potenzialità
formative dell’alternanza appare connessa a ulteriori dimensioni scolastiche, aziendali e di raccordo fra scuola e azienda.
. In azienda:
– realizzazione di attività aziendali specifiche e/o coordinate e congruenti con il percorso di studi dello studente;
– affidamento allo studente di compiti significativi;
– accompagnamento/affiancamento da parte di tutor aziendali o altri
addetti.
. A scuola:
– coinvolgimento e disponibilità a sostenere i progetti da parte sia del
dirigente e del tutor della scuola, sia dei docenti;
– conoscenza da parte dei tutor aziendali delle acquisizioni pregresse
degli studenti;
– conoscenza da parte dei docenti delle situazioni aziendali;
– sviluppo di attività curriculari orientate al sostegno dei compiti e delle attività che si prevede di far svolgere agli studenti in azienda;
– realizzazione a scuola da parte di tutor aziendali/dipendenti di attività
preparatorie di presentazione, simulazione di compiti/attività aziendali;
– realizzazione di azioni di affiancamento da parte dei docenti nel corso delle attività in azienda;
– scelta della durata e del periodo in rapporto alle caratteristiche dei
compiti affidati agli studenti.
L’alternanza può poi facilitare, oltre che i risultati sopra citati (responsabilizzazione, sviluppo di capacità relazionali, di adattamento, acquisizione di nuove conoscenze, conoscenza generale del mondo del lavoro), anche i seguenti esiti:
– consolidamento di conoscenze e/o acquisizione di conoscenze integrative di quelle scolastiche;
– comprensione dell’utilità di specifiche conoscenze e delle interconnessioni disciplinari;
– utilizzo effettivo di conoscenze disciplinari nello svolgimento di attività specifiche, coordinate, orientate alla realizzazione di un risultato/prodotto concreto;

PA O L O R E B A U D E N G O
– acquisizione dell’esperienza necessaria a risolvere situazioni problematiche in cui è implicato l’utilizzo di conoscenze disciplinari;
– sviluppo di capacità comunicative;
– sviluppo di un atteggiamento positivo nei confronti del percorso scolastico e dell’apprendimento di nuove conoscenze disciplinari;
– acquisizione di una visione d’insieme di un contesto lavorativo e di un
profilo professionale specifico;
– verifica della scelta degli indirizzi di studio.

Mappatura delle esperienze di relazione
scuola-territorio-organizzazioni economiche
realizzate dagli istituti superiori statali e paritari della provincia
La mappatura, svolta tramite un questionario somministrato ai dirigenti
scolastici e differenziato per indirizzo di studi e, nel caso di distribuzione
territoriale dell’istituto su comuni diversi, per plesso scolastico, è attualmente in corso di completamento. Ha l’obiettivo di raccogliere informazioni su come si concretizza il rapporto scuola-territorio-organizzazioni
economiche, al di là dei progetti finanziati.
Lo strumento di indagine ricomprende sezioni relative a:
– intensità della relazione che la scuola intrattiene con i soggetti istituzionali e le organizzazioni del territorio;
– rapporto tra scuola e impresa, con approfondimenti sulle principali
imprese di riferimento;
– rapporto tra scuola e associazioni di categoria;
– rapporto tra scuola ed enti di formazione professionale;
– inserimento occupazionale degli allievi (ad esempio effettuazione di
indagini sugli sbocchi occupazionali, rapporti della scuola con centri per
l’impiego o altre agenzie, azioni di intermediazione domanda-offerta
ecc.);
– rapporto tra scuola, mondo dell’associazionismo e organizzazioni culturali, sportive ecc.;
– considerazioni in merito ai punti di forza e di criticità dell’istituto, con
riferimento sia agli ultimi tre anni sia ai prossimi tre, e alle caratteristiche
generali di un istituto “di successo” (al fine di collocare i dati raccolti nelle altre sezioni nell’ambito dell’identità/mission dell’istituto, così come
espressa dal dirigente scolastico).
L’analisi dei dati sta facendo emergere un universo di esperienze (e
di approcci al tema oggetto dell’indagine) variegato, fortemente differenziato e complessivamente fertile, che mostra come sia le scuole sia le

I L R A C C O R D O S C U O L A - F O R M A Z I O N E - M O N D O D E L L AV O R O
organizzazioni economiche riescano a individuare (anche se non sempre
in modo specifico e consapevole) il valore aggiunto derivante da una scelta di “relazione” non solo strettamente collegata a obiettivi di inserimento occupazionale dei diplomati, ma anche a quelli più generali, funzionali al sostegno e all’arricchimento delle proprie mission, strategia di
sviluppo, identità.
Citiamo a titolo di esempio le riflessioni provenienti da alcune imprese:
– rapporto con i giovani per conoscerli, per comprendere il loro linguaggio e imparare a rivolgersi a loro in modo comunicativamente efficace dentro e fuori dall’azienda;
– esperienze di stage-tirocinio-alternanza, come occasione per ripensare le dinamiche formative interne alle aziende;
– contatto con le scuole per attivare iniziative di educazione permanente o aggiornamento anche tecnico rivolto ai propri dipendenti;
– iniziative congiunte con gli istituti e gli enti locali per aumentare la visibilità dell’impresa sul territorio.
I dati emersi da questi due macroambiti di lavoro sono stati discussi
e rielaborati all’interno dell’Assessorato durante lo svolgimento delle attività e anche pubblicamente con le istituzioni partner (scuole superiori,
enti di formazione professionale, aziende, uffici scolastici regionale e provinciale, Unioncamere regionale).
Ciò ha permesso di definire, per l’a.s. -, alcune azioni. Il completamento dei percorsi biennali di alternanza scuola-lavoro e il rifinanziamento per l’a.s. - di nuovi percorsi annuali, accompagnati da
maggiore assistenza tecnica, monitoraggio e valutazione curati dallo Sportello per la valutazione del Servizio scuola e formazione. Ciò consentirà di
individuare le condizioni affinché l’alternanza esprima tutte le potenzialità e diventi parte integrante dei curricula e reale contributo all’acquisizione di competenze tecnico-professionali, di base e trasversali proprie
dei diversi percorsi scolastici.
Tanto la genericità quanto l’eccessiva tipicità in sede progettuale e di
realizzazione portano inevitabilmente al depotenziamento dell’esperienza di alternanza. L’obiettivo da conseguire è l’elaborazione di compiti specifici che costituiscano il termine di riferimento, a scuola, delle attività
curriculari preparatorie, di accompagnamento, di valutazione e, in azienda, delle attività svolte dagli studenti, delle modalità di affiancamento e
dei feedback forniti da tutor e addetti aziendali. Tale elaborazione dovrà
tenere conto delle differenze legate all’indirizzo scolastico, all’anno di frequenza e quindi ai prerequisiti disciplinari, e alle tipologie e dimensioni
aziendali di inserimento.

PA O L O R E B A U D E N G O
Si prevede tra le diverse azioni di sostegno la costituzione di laboratori settoriali e territoriali, nei quali verranno elaborati materiali utili per
la realizzazione di nuove esperienze di alternanza, per la loro progressiva
qualificazione (una sorta di repertorio ragionato di materiali di progettazione e intervento per specifici abbinamenti “scuola-impresa” proponibili come vademecum per lo sviluppo di altre esperienze).
Si lavorerà inoltre alle dinamiche di insegnamento-apprendimento
svolte in azienda e agli effetti sugli allievi, in termini di percezione delle
proprie potenzialità di apprendimento, senso del proprio percorso scolastico-formativo-professionale, immagine di sé. Potrà essere valorizzato
quanto di “originale” i contesti produttivi possono apportare alla riflessione pedagogica in atto nel nostro sistema integrato.
Si proseguirà, infine, nell’azione di supporto alle scuole superiori perché trovino o approfondiscano la loro vocazione territoriale, anche attraverso l’analisi e la diffusione di esperienze positive svolte nel territorio
provinciale.
Si intende indagare per ognuna di esse le motivazioni specifiche di
tutti gli attori, la storia e le modalità operative di progettazione, realizzazione, verifica, efficacia percepita e impatto sulle organizzazioni coinvolte, per far emergere le diverse condizioni di efficacia e individuare linee
guida da proporre a scuole, organizzazioni economiche, enti di formazione, enti locali.
La convinzione che anima l’Assessorato è che il “patto” tra scuola e
impresa non si gioca solo sulla corrispondenza tra fine degli studi e inizio
del lavoro; ciò che va invece ripensato è il rapporto tra le consegne cognitive che provengono dalla scuola e le richieste più trasversali e metodologiche che provengono dall’azienda.
In questo senso l’azienda, come espressione di un sapere esperto, è in
grado di fornire apporti positivi sul piano metodologico, favorendo lo sviluppo e la diffusione di pratiche di apprendimento differenti da quelle sperimentate nelle aule scolastiche e utili per favorire il successo formativo.
Se si è d’accordo che non ha senso separare “cultura” e “professione”, occorre allora puntare a un’offerta formativa variegata e plurale, improntata sull’inscindibile rapporto tra cultura/professione, teoria/pratica,
scuola/lavoro.

Scuola, università e mercato del lavoro
di Silvia Spattini *
Se il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro è un tema a cui recentemente si cerca di riservare particolare attenzione, diverse sono le criticità
ancora rilevabili. Con riferimento alla transizione dai percorsi educativi e
formativi al mercato del lavoro, estendendo le riflessioni anche sull’uscita dall’istruzione terziaria, si intende, in questa sede, soffermarsi su tre
aspetti principali, che hanno caratterizzato questo tema e a cui si è cercato di dare risposta.
Dalle indagini sui neolaureati emergeva una tardiva uscita dei giovani dai sistemi educativi e formativi, in particolare terziari, con il conseguente tardivo ingresso degli stessi nel mercato del lavoro. È stato osservato come questo aspetto possa amplificare il senso di precarietà avvertito dai giovani o piuttosto da giovani adulti in ingresso nel mercato del lavoro. Esperienze di tirocinio, contratti a contenuto formativo, come i contratti di apprendistato, ovvero in generale contratti temporanei dovrebbero essere considerati come strumenti di ingresso nel mercato del lavoro e occasioni per completare la formazione teorica, ovvero accumulare
esperienze e competenze nel mercato. È comprensibile che essi siano vissuti con maggiore disinvoltura dai più giovani (cioè al di sotto dei  anni, secondo le definizioni europee), mentre risultano meno sopportabili
da persone adulte che cercano una maggiore stabilità, benché di fatto, entrando per la prima volta nel mondo del lavoro, non abbiano alcuna esperienza lavorativa.
Una seconda criticità della transizione dall’università al mercato del
lavoro è connessa alla scarsa coerenza dei percorsi di studio con le esigenze aziendali, a cui si aggiunge spesso la preferenza delle imprese per i
diplomati, ritenendo a volte, forse a torto, che i laureati siano troppo qualificati (se in linea teorica potrebbe corrispondere a verità, questo però
* Centro studi internazionali e comparati “Marco Biagi”, Università di Modena e Reggio Emilia.

S I LV I A S PAT T I N I
non si verifica in particolare con riferimento a neolaureati privi di esperienza lavorativa).
Come ultima questione, ma di particolare rilevanza nel passaggio dall’istruzione al lavoro, si intende sottolineare l’importanza degli strumenti
e servizi a supporto dell’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
Individuate tali criticità, che risposte il sistema ha cercato di dare?
Sul versante della tardiva uscita dai percorsi educativi e formativi terziari e delle relative conseguenze sul mercato del lavoro, la riforma universitaria ha mirato a ridurre l’età di laurea e anticipare l’ingresso nel mondo
del lavoro. Sotto questo profilo, si deve rilevare un successo della riforma,
che ha determinato un abbassamento dell’età media di laurea dai  anni
nell’epoca preriforma ai , anni per le lauree triennali postriforma. La
maggioranza di questi laureati, però, continua gli studi attraverso le lauree specialistiche, con un’età media sempre di  anni.
Se quindi da un lato la riforma ha sì determinato un abbassamento
dell’età media per la laurea di primo livello, non si è tradotta in una riduzione dell’età dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro.
Con riferimento all’inadeguatezza dei percorsi formativi alle esigenze
aziendali, l’autonomia universitaria aveva l’obiettivo di contribuire a migliorare l’offerta formativa, nella convinzione che solo uno stretto rapporto tra università e sistema produttivo potesse garantire una formazione coerente con le esigenze delle imprese e del sistema produttivo in particolare del territorio. L’impegno delle università non si è però rivelato
sufficiente, infatti le istituzioni comunitarie sottolineano come in Italia i
percorsi formativi non siano ancora costruiti sulle esigenze del mondo
produttivo, ma piuttosto sulle esigenze dei docenti.
Maggiori e più efficaci sembrano essere stati gli interventi volti a fornire adeguati strumenti e servizi a supporto dell’inserimento dei giovani
nel mercato del lavoro. Già nel  una prima risposta fu data dall’istituzione dei tirocini formativi e di orientamento e dalla loro introduzione
obbligatoria in molti percorsi di laurea. Questo strumento si è rivelato
particolarmente utile al fine di offrire ai giovani un primo contatto e la conoscenza diretta del mondo del lavoro, anche in funzione di un orientamento professionale. In Italia, infatti, meno del % degli studenti universitari tra i  e i  anni hanno realizzato delle esperienze lavorative, rispetto ad altre realtà nazionali, per esempio Olanda e USA, dove tale percentuale raggiunge il %. D’altra parte, la conoscenza e l’esperienza del
mondo del lavoro si ritiene fondamentale per costruirsi aspettative adeguate, infatti laureati che non hanno esperienza di lavoro hanno spesso
aspettative sovradimensionate rispetto alla loro preparazione e alle loro
competenze acquisite in ambiente lavorativo.

S C U O L A , U N I V E R S I T À E M E R C AT O D E L L AV O R O
Per quanto riguarda l’efficacia dello stage quale strumento di inserimento nel mercato del lavoro per i neolaureati, si ritiene infatti che con il
,% rappresenti un buono strumento di accesso al mondo del lavoro.
Nuovi strumenti a sostegno dell’occupabilità e della transizione dei giovani verso il mercato del lavoro, introdotti dalla cosiddetta riforma Biagi,
sono ispirati da un lato dall’idea della necessità di un rapporto organico tra
sistemi educativi e mercato del lavoro per una maggiore efficacia della transizione, sviluppato in parte con i tirocini; e dall’altro dal collegamento dei vari strumenti disponibili per l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro.
La riforma dei contratti a contenuto formativo, attraverso la razionalizzazione del contratto di apprendistato, ha fornito uno strumento, ancora poco valorizzato, che mira a favorire l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e consentire la continuazione e l’approfondimento dell’istruzione e della formazione. Sono stati individuati tre diversi tipi di apprendistato, come caratteristiche e obiettivi specifici:
– l’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e
formazione: offre ai giovanissimi che non proseguono gli studi dopo l’obbligo scolastico l’opportunità di inserirsi in un canale professionale che
permetta l’acquisizione della qualifica professionale e il conseguimento
del diritto-dovere all’istruzione per  anni e la possibilità di rientrare nel
sistema dell’istruzione;
– l’apprendistato professionalizzante: offre ai giovani già in possesso
dell’obbligo formativo canali di lavoro e di apprendimento e acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali con la formazione sul lavoro per conseguimento di una qualificazione professionale;
– l’apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, in cui si combinano il lavoro, la formazione formale e informale in azienda e la formazione formale in aula per acquisizione di un titolo di studio universitario e postuniversitario.
Ancora il D.Lgs. / ha voluto offrire a scuole e università la possibilità di organizzare dei veri e proprio servizi di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro (cioè di collocamento) per accompagnare gli studenti al termine dei loro percorsi formativi all’interno del mercato del lavoro. Il riconoscimento alle strutture educative di questa attività ha sollevato non poche critiche. Ma a tale proposito è opportuno riflettere sul fatto che scuole e università hanno da sempre svolto questa funzione di incontro tra domanda e offerta di lavoro, sollecitata dalle imprese che anche
in passato si sono sempre rivolte a tali strutture alla ricerca di brillanti diplomati o laureati da assumere. Se questo è vero, allora, appare decisamente più opportuno far rientrare questi fenomeni all’interno di un contesto regolato piuttosto che lasciarli a se stessi in un regime di formale divieto.

S I LV I A S PAT T I N I
La Fondazione “Marco Biagi” è impegnata fattivamente nella transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro attraverso gli
strumenti appena descritti. In particolare realizza un’attività di placement in
senso ampio, cioè impegnandosi nell’accompagnamento dei neolaureati nel
mercato del lavoro, non solo attraverso l’attività di incontro tra domanda e
offerta di lavoro o la promozione di tirocini, ma puntando sull’organizzazione di percorsi di alta formazione in apprendistato, quali contemporaneamente strumenti di formazione e collocamento. Preme qui ricordare la
sperimentazione di questo strumento attraverso la realizzazione, fino ad
ora, di quattro master in apprendistato, sulla base di un bando di finanziamento della Regione Emilia-Romagna e in convenzione con le imprese che
hanno assunto gli apprendisti. Il progetto, infatti, vede come presupposto
l’assunzione da parte dell’azienda partner sulla base di un contratto di apprendistato di giovani laureati, che quindi sono a tutti gli effetti dipendenti dell’azienda. La loro formazione per il conseguimento di un titolo, in questo caso di master, avviene attraverso l’acquisizione di crediti ottenuti dalla
frequenza delle lezioni universitarie, dallo studio individuale, periodicamente verificato dall’università e dal riconoscimento della formazione formale e informale – on the job – in azienda.
A completamento di queste attività è offerta anche alle università la
possibilità di essere sede di certificazione dei contratti di lavoro, allo scopo di verificare se il contratto che va a costituirsi presenti i requisiti di forma e contenuto richiesti dalla legge, offrendo per questa via uno strumento di tutela dei lavoratori già nella fase di incontro tra domanda e offerta. Nello specifico, la Fondazione “Marco Biagi” si avvale della Commissione di certificazione dell’Università di Morene e Reggio Emilia, per
il tramite del Centro studi internazionali e comparati “Marco Biagi”, che
svolge nel concreto tale attività, potendo certificare i contratti di lavoro
costituiti a seguito dell’attività di intermediazione, ovvero nell’ambito dei
percorsi formativi in alto apprendistato.
Esistono quindi vecchi e nuovi strumenti a supporto della transizione
dei giovani dai percorsi educativi al mercato del lavoro e di accompagnamento del loro inserimento. Occorre però un’adeguata preparazione culturale per accompagnare il cambiamento e l’innovazione e in particolare la volontà e un forte impegno per utilizzarli e attuarli al meglio.
Note
. Il titolo dell’intervento trae origine dalla pubblicazione della Fondazione “Marco
Biagi”, dedicata appunto alle politiche per la transizione dai percorsi educativi e formativi
al mercato del lavoro, che è peraltro stata lo spunto per l’invito a partecipare a questo convegno. Cfr. P. Reggiani Gelmini, M. Tiraboschi (a cura di), Scuola, università e mercato del

S C U O L A , U N I V E R S I T À E M E R C AT O D E L L AV O R O
lavoro dopo la Riforma Biagi, Giuffrè, Milano , il cui indice è consultabile all’indirizzo
www.fmb.unimore.it, voce “Pubblicazioni”, Collana Adapt – Fondazione “Marco Biagi”.
. Cfr., sul punto, M. Tiraboschi, Il problema della occupazione giovanile nella prospettiva della (difficile) transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro, in
Reggiani Gelmini, Tiraboschi, Scuola, università e mercato del lavoro, cit.
. Cfr. Almalaurea, Profilo dei laureati , corsi di laurea pre-riforma, dati complessivi, maggio . Almalaurea è un servizio innovativo che rende disponibili on line i curricula dei laureati (. presso  atenei italiani al  febbraio ), ponendosi come
punto di incontro fra laureati, università e aziende. Nata nel  su iniziativa dell’Osservatorio statistico dell’Università di Bologna, Almalaurea ha conosciuto in questi anni una
crescita significativa, raggiungendo oggi il % dei laureati italiani. Gestita da un consorzio di atenei italiani con il sostegno del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, essa nasce con l’intento di mettere in relazione aziende e laureati e di essere punto
di riferimento dall’interno della realtà universitaria per tutti coloro (studiosi, operatori ecc.)
che affrontano a vario livello le tematiche degli studi universitari, dell’occupazione, della
condizione giovanile (cfr. www.almalaurea.it).
. Cfr. Almalaurea, Profilo dei laureati , lauree di I livello, dati complessivi, maggio .
. Secondo l’indagine Almalaurea, Condizione occupazionale dei laureati, VIII indagine – , luglio , il ,% dei laureati triennali del  sono iscritti a un corso di
laurea specialistica. La percentuale supera l’% nel caso di laureati triennali in corso e
in età canonica.
. Cfr. Almalaurea, Profilo dei laureati , lauree specialistiche, dati complessivi,
maggio .
. Cfr. Commissione europea, Joint Employment Report /, COM() final.
. Art.  della legge  giugno , n. , nota come “Pacchetto Treu”.
. Cfr. Almalaurea, Condizione occupazionale dei laureati, VIII indagine – , luglio
, tabella Modalità e tempi di ingresso nel mercato del lavoro.
. Cfr. www.fmb.unimore.it, indice A-Z, voce “Riforma Biagi”.
. È in particolare il D.Lgs. /, art. , comma °, che autorizza direttamente le
università e le fondazioni universitarie a svolgere, senza scopo di lucro, l’attività di intermediazione. Il comma ° prevede invece la possibilità per le scuole di richiedere l’autorizzazione alle Regioni per lo svolgimento di questa attività, anche in questo caso senza scopo di lucro. Occorre sottolineare come per le scuole, a differenza delle università, si pongano più ostacoli alla concreta possibilità di svolgere tale attività, in particolare per i maggiori requisiti richiesti. Per un commento sia consentito rimandare a S. Spattini, M. Tiraboschi, Regimi particolari di autorizzazione e autorizzazioni regionali, in M. Tiraboschi (a
cura di), Il diritto del mercato del lavoro dopo la riforma Biagi, Giuffrè, Milano , il cui
indice è consultabile all’indirizzo www.fmb.unimore.it, voce “Pubblicazioni”, Collana
Adapt – Fondazione “Marco Biagi”.
 Cfr. www.fmb.unimore.it, voce “Career Service e Certificazione – Servizi alle imprese – Certificazione dei contratti di lavoro”. Sulla certificazione dei contratti in generale
cfr. C. Enrico, M. Tiraboschi (a cura di), Compendio critico per la certificazione dei contratti di lavoro. I nuovi contratti: lavoro pubblico e lavoro privato, Giuffrè, Milano , il cui
indice è consultabile all’indirizzo www.fmb.unimore.it, voce “Pubblicazioni”, Collana
Adapt – Fondazione “Marco Biagi”.
. Così M. Tiraboschi, Il problema della occupazione giovanile nella prospettiva della
(difficile) transizione dai percorsi educativi e formativi al mercato del lavoro, in Reggiani Gelmini, Tiraboschi, Scuola, università e mercato del lavoro dopo la Riforma Biagi, cit., p. .

Modelli di transizione scuola-lavoro:
fattori di rischio e di protezione
per lo sviluppo dell’identità
di Laura Bonica*

Il paradigma della transizione
L’iniziativa della ricerca di Imola può essere apprezzata innanzitutto come esempio di innovazione e di particolare sensibilità allo sviluppo dell’identità dei giovani, oltre che a quello di un loro inserimento flessibile nel
mercato del lavoro.
Concepire l’inserimento nel mondo del lavoro in termini di transizione è infatti un’acquisizione abbastanza recente che coincide con una maggiore focalizzazione dell’attenzione sia verso le dinamiche psicosociali vissute in prima persona dai giovani coinvolti, sia verso le caratteristiche processuali e policontestuali di questo passaggio.
Nel nostro paese non disponiamo di una tradizione di studi sulla transizione, comparabile con quella di altri paesi europei. La riflessione sui
giovani, negli anni Settanta e Ottanta, era maggiormente centrata sul rapporto tra formazione e disoccupazione, mentre successivamente è stata
data enfasi alla formazione continua dei lavoratori (soprattutto operai) già
impiegati, che dovevano confrontarsi con trasformazioni organizzative e
nuove tecnologie (Besozzi, ).
L’ambito più sensibile ai risvolti di tale problematica può essere considerato quello dell’orientamento scolastico e professionale. Considerando, seppur velocemente, le tappe che hanno segnato l’evoluzione
delle pratiche dell’orientamento alla scelta scolastica e professionale
(Pombeni, ), si osserva che fino agli anni Ottanta la preoccupazione principale consisteva nel cercare di “mettere la persona giusta al posto giusto”, e ciò, da un lato, faceva convergere l’attenzione quasi esclusivamente sul momento della “scelta”, dall’altro si concretizzava attra* Docente di psicologia dello sviluppo e dell’educazione – Università di Torino. Con
la collaborazione di Viviana Sappa, dottore di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia
– Università di Torino.

LAURA BONICA
verso la somministrazione di test di personalità. In questa prospettiva si
sottovalutava ogni dimensione processuale, si considerava il lavoro come un aspetto isolabile della vita della persona, si considerava la persona in base a interessi, attitudini, tratti di personalità interni e stabili e se
ne ignorava il potenziale contributo attivo, in quanto la competenza necessaria per scegliere era quasi esclusivamente situata in un esperto
esterno. Anche le visioni basate sulla teoria dello sviluppo vocazionale
di Super (), benché introducano il concetto di transizione, nel senso di un’attenzione per lo sviluppo del sé e per la riorganizzazione psicologica affrontata dal soggetto nei momenti critici della scelta occupazionale o dei passaggi di carriera, restano ancorate al momento della decisione e ad una concezione riduttiva del lavoro, inteso soprattutto come carriera lavorativa (Richardson, ). La nozione di transizione psicosociale si fa strada alla fine degli anni Ottanta e comporta il riconoscere un percorso talora stressante, in continua evoluzione, caratterizzato da una pluralità di eventi significativi, rispetto ai quali il giovane occupa una posizione attiva e fondamentale per la formazione della sua
identità, legata a personali motivi culturali, a rappresentazioni sociali e
a schemi interpretativi che ha a disposizione per far fronte all’incertezza, al nuovo, al diverso rispetto alle sue aspettative.
Quando far cominciare e finire questo processo? Silbereisen nei
suoi studi sulla transizione scuola-lavoro in Germania lo fa cominciare
dal momento in cui il soggetto, eventualmente ancora bambino, ha formulato per la prima volta l’idea di che cosa gli sarebbe piaciuto fare da
grande (Reitzle, Vondracek, Silbereisen, ). Nelle definizioni convenzionali dell’OCSE si considera il tempo tra la conclusione della scuola e l’inizio di un’occupazione stabile. Più precisamente, per definire il
timing della transizione nei diversi paesi europei, la si fa cominciare nell’anno di età di una coorte nel quale la porzione di giovani scolarizzati
al tempo pieno scende sotto il % e termina nell’anno nel quale almeno la metà della coorte è occupata e non è più a scuola (Bottani, Tomei,
). In Europa la media del timing è di  anni; il nostro paese presenta
un’eccezione in quanto la media è di  anni. Questa lettura comparativa fa emergere immediatamente come le traiettorie dei soggetti si esplichino all’interno di vincoli macrosociali e istituzionali, che interrogano
la qualità del funzionamento e le relazioni reciproche tra i diversi sistemi coinvolti: in primo luogo istruzione, formazione e mercato del lavoro, ma anche il sistema delle politiche sociali e dei servizi alla persona.
Quest’ultimo aspetto è messo in evidenza da Silbereisen, che nella sua
ricerca comparativa tra Germania dell’Ovest e dell’Est, rispetto al timing, trova che la Germania dell’Est riesce a compensare i potenziali ri
M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
schi di un’entrata più precoce nel mondo del lavoro, proprio grazie al
funzionamento di servizi sociali di supporto alle giovani coppie (Reitzle, Vondracek, Silbereisen, ).
Per quanto riguarda la situazione italiana, vista in modo preoccupante anche dalla Commissione europea, si può affermare che il paradigma
della transizione non sia ancora un riferimento consolidato né nel mondo
della scuola né in quello del lavoro e che la transizione sia resa più lunga
e più difficile da un generale maggior scollamento tra questi due mondi,
scollamento che, paradossalmente, interessa in modo consistente soprattutto la nostra istruzione tecnico-professionale (Bottani, ). In questo
senso questo convegno può essere apprezzato innanzitutto come un momento innovativo.
Considerando i due principali modelli europei, l’inglese e il tedesco,
troviamo che il primo prevede l’entrata diretta nel mercato del lavoro, dopo l’abbandono della scuola. In un certo senso la transizione non è sostenuta e nei casi di inserimento precoce nel mondo del lavoro il rischio sembra sbilanciato dalla parte dei giovani. Il secondo è fondato sulla formazione, caratterizzata dal sistema duale. In Germania, il % dei giovani
(di contro al nostro circa %), dopo la scuola dell’obbligo, imbocca l’apprendistato formativo, triennale. Il sistema di apprendistato fornisce al
giovane un vero trampolino di lancio, un biglietto da visita che è presentabile ogni volta che la persona si sposta nel corso della propria vita professionale, perché questo sistema è fortemente sostenuto anche dai datori di lavoro e dalle organizzazioni sindacali. La transizione è quindi riconosciuta istituzionalmente. La maggior parte dei giovani che segue un apprendistato o degli studi superiori ha un ruolo riconosciuto dalla società.
Al tempo stesso le aziende non sono obbligate ad assumere tutti gli apprendisti. I giovani possono così condurre delle esplorazioni attive nell’ambito del sistema istituzionalizzato di transizione. Ciò incoraggia un’assunzione di rischio, in quanto questo è comunque “calcolato” e, in un certo senso, distribuito tra i diversi attori sociali, essendovi la possibilità di
rettificare i percorsi.
Dalle ricerche comparative tra i due sistemi (Evans, Heinz, ;
Heinz, ) sembrerebbe che:
– l’esito professionale positivo del periodo di transizione non dipenda
tanto dalla socializzazione famigliare, dal tipo di scuola frequentato e dal
comportamento assunto dal giovane durante questa fase, quanto soprattutto dai dispositivi istituzionali presenti, dalla situazione del mercato del
lavoro, dai sostegni sociali esistenti;
– la capacità dei giovani di fissarsi degli obiettivi professionali a lungo
termine sembra dipendere, in larga misura, dagli stimoli e dalle esperien
LAURA BONICA
ze positive o dalle tensioni e dai fallimenti che i giovani incontrano proprio al momento del loro passaggio al lavoro;
– inoltre, in Germania, anche di fronte alla successiva, attuale crisi del
mercato del lavoro tedesco, i ragazzi che hanno seguito una formazione in
apprendistato mettono in atto comportamenti di transizione più strategici e hanno maggiori probabilità di avanzare, anche in ambiti diversi da
quelli per cui si sono formati, rispetto ai giovani che non hanno goduto di
un’esperienza di formazione prolungata.
Secondo Heinz, una transizione sostenibile dovrebbe quindi innanzitutto prevedere un equilibrio tra formazione e dispositivi di sostegno al
momento dell’entrata nel mondo del lavoro, in modo da favorire sia la costruzione dell’identità personale sia l’integrazione flessibile nel mercato
del lavoro.
Oltre alla sinergia tra dispositivi di formazione e dispositivi di sostegno collegati al mercato del lavoro, un’altra dimensione che conduce a valorizzare la transizione come un processo temporale multisfaccettato e
non lineare riguarda i cambiamenti strutturali che accompagnano il passaggio dalla fase adolescenziale alla vita adulta. La nozione di costruzione
biografica rinvia al modo in cui i giovani concepiscono il loro passaggio
verso il mondo adulto e, soprattutto, alle attività e agli obiettivi che segnano le loro traiettorie dalla scuola al mondo del lavoro. Il fatto che un
giovane abbia raggiunto una posizione di “occupabilità” rispetto a un determinato profilo professionale non predice, di per sé, un esito immediato e positivo della transizione al lavoro; non implica automaticamente la
piena disponibilità del giovane a passare dallo stato di “possibilità lavorativa” allo stato di reale assunzione, con tutte le responsabilità e vincoli
che questo comporta in termini di costruzione della sua identità adulta.
In altri termini un bilancio di competenze positivo in termini di “occupabilità” non coincide necessariamente con la scelta di restare nell’offerta lavorativa corrispondente a quel profilo professionale, vuoi perché il giovane non si sente ancora abbastanza maturo per assumersi i vincoli di un
pieno ingresso nella vita adulta, vuoi perché lo stesso successo dell’esperienza formativa lo incoraggia a rimettersi in gioco in un percorso formativo più lungo.
Un certo grado di flessibilità, che consideri la transizione come un tempo che risponde a esigenze di autorientamento del giovane rispetto alle scelte che potrebbe fare, sarebbe quindi auspicabile, sia sul piano psicologico
della costruzione dell’identità personale, sia sul piano dei criteri di valutazione del successo/insuccesso del percorso di integrazione lavorativa.
Il paradigma della transizione dovrebbe quindi mettere l’accento sul
rapporto persona-contesto, nei termini di un processo di costruzione

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
biografica che si realizza nel tempo, tra risorse personali e risorse relative ai dispositivi dei sistemi scolastici, formativi e per l’inserimento nel
mondo del lavoro.

Transizioni scuola-lavoro critiche:
fattori di rischio e di protezione
Queste dinamiche appaiono più complesse in relazione a traiettorie di
precoce orientamento al lavoro, le quali si associano il più delle volte a
esperienze di insuccesso o di abbandono scolastico, che vengono generalmente lette in termini di rischio, ma raramente analizzate in profondità
al fine di fare maggiore chiarezza sui possibili spiragli di sviluppo che in
esse si possono aprire per i soggetti. Una migliore comprensione dei fattori di rischio e di protezione di una transizione precoce al lavoro diventa interessante anche alla luce di contesti, come quello imolese, o del Veneto, dove l’assenza di crisi del mercato del lavoro incoraggia corsi di studi professionalizzanti e più brevi.
La questione va letta a più livelli. Da un lato la letteratura sulla transizione adolescenziale e sullo sviluppo dell’identità valuta positivamente il prolungamento degli studi, in quanto ciò dovrebbe implicare una
più approfondita esplorazione delle proprie potenzialità e aprire a un
ventaglio più ampio di opportunità. Il riconoscersi ed essere riconosciuti in termini di “sé competente” (Bonica, in stampa; Bonica, Sappa,
b, a, b) può inoltre svolgere un ruolo cruciale, in termini
identitari, nell’orientare il soggetto nelle scelte successive, favorendo la
costruzione di criteri personali protettivi di selezione di opportunità. A
queste considerazioni di ordine psicologico si affiancano quelle di matrice sociale e politica in termini di raggiungimento di pari opportunità
rispetto a una differenziazione dei percorsi scolastici che sembra discriminare soprattutto i ragazzi provenienti da famiglie operaie o poco scolarizzate. I dati socio-demografici e la letteratura sulla riproduzione sociale evidenziano infatti come siano soprattutto questi ragazzi a scegliere percorsi più brevi o professionalizzanti. Poiché, però, in questi percorsi si manifesta anche il tasso più alto di insuccessi e di abbandoni scolastici, si è diffusa sia nella letteratura scientifica che nelle convinzioni
comuni l’ipotesi che questi ragazzi abbiano poca propensione per lo studio e siano piuttosto attratti dall’obiettivo di diventare adulti e di lavorare per guadagnare prima possibile. Proprio tale conseguenza viene
considerata un fattore di rischio, in quanto indirizzerebbe il processo di
esplorazione verso l’assunzione di comportamenti pseudoadulti, che

LAURA BONICA
espongono questa fascia di giovani a un forte rischio psicosociale. Purtroppo la maggior parte degli studi si basa su dati rilevati all’interno delle stesse scuole, dove questi giovani sperimentano il disagio, e rarissime
sono le ricerche che li seguono nei percorsi successivi: diventa quindi
difficile interpretare i dati sui loro orientamenti motivazionali, in quanto non è possibile distinguerli dagli eventuali effetti dovuti alla frequenza del contesto scolastico stesso.
Inoltre occorre rilevare che, benché siano sempre più numerosi i modelli teorici che prendono in considerazione la reciprocità soggetto-contesto e il ruolo di quest’ultimo nel favorire o meno tale esplorazione “evolutiva” (ad esempio contesto aperto o chiuso, sollecitatore o meno di conflitti), sono rari gli studi empirici sul rapporto tra identità e scuola, che
forniscano indicazioni metodologiche utili a indagare quali caratteristiche
del contesto scolastico possano essere messe in relazione con una “buona
esplorazione” e di quali indicatori tener conto per analizzare le variazioni nei comportamenti di esplorazione. Alcune indicazioni emergono tuttavia dalla psicologia dell’educazione, che più spesso ha analizzato il rapporto tra variabili pedagogiche (modelli d’insegnamento-apprendimento,
rapporto con i docenti) e variabili psicologiche (motivazione, autoefficacia, metacognizione) considerando il confronto tra diversi specifici contesti di apprendimento. Sulla base di tali studi si può ipotizzare che «lo
studente ha bisogno tanto di realizzare lo schema di sé, di perseguire
obiettivi di padronanza o prestazione, di lavorare in linea con i propri valori e le personali aspettative, quanto di sentirsi accettato e approvato per
quanto fa» (Juvonen, Weiner, ).
D’altronde anche gli studi nell’ambito della psicologia del lavoro, pur
associandosi all’opinione condivisa sul ruolo protettivo della scuola, suggeriscono come, laddove il contesto lavorativo consenta di mettere alla
prova un “sé competente”, e favorisca quindi apprendimento, autocontrollo e autonomia, il rischio potrebbe essere aggirato attraverso il ruolo
significativo di crescita e di assunzione di responsabilità che assume l’esperienza lavorativa (Luciano, ; Sarchielli, ).
La costruzione di un buon rapporto con l’apprendimento e l’offerta
di opportunità in tal senso sembrano quindi svolgere un ruolo centrale,
sia per la tenuta rispetto alla continuazione degli studi, che per rendere
formative le esperienze lavorative precoci.
Si evidenzia tuttavia un’area ancora poco esplorata dove la comprensione del fenomeno dell’abbandono scolastico e dell’entrata precoce nel
mondo del lavoro sembra risentire di ambiguità e contraddizioni riconducibili, in ultima analisi, a una diffusa tendenza a trascurare, nella formazione degli adolescenti, gli elementi di potenziale continuità tra la

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
scuola e il lavoro e tra i contesti di apprendimento formali e quelli informali. La maggior parte di questi ragazzi arriva infatti negli istituti tecnici
o professionali su consiglio degli insegnanti che indicano queste scuole
come più adatte per chi “non ha la testa” per studiare, rafforzando così la
dicotomia tra studio e apprendimento di un mestiere e introducendo un
atteggiamento svalutativo, in termini identitari, per chi si trova ad essere
orientato nella seconda direzione (Pombeni, ; Bonica, Sappa, a,
b, a, b).

La nostra ricerca:
transizione sostenibile come “sfida condivisa”
Il materiale da cui traiamo spunto per la riflessione sulla transizione sostenibile è stato raccolto all’interno di un filone di studio sulla “transizione scuola-formazione-lavoro” di giovani appartenenti a minoranze sociali o culturali, avviato nel , grazie a una convenzione con la Casa di carità arti e mestieri e con l’ISVOR FIAT e confluito nel  in un progetto
nazionale Prin. All’interno di tale ricerca sono stati seguiti longitudinalmente circa  adolescenti e giovani adulti che, tra il  e il , si erano iscritti a diversi corsi di formazione professionale del territorio torinese in ambito metalmeccanico. Il processo di transizione scuola-lavoro in
cui è coinvolta la maggior parte di questi soggetti si caratterizza per due
momenti di svolta importanti (cfr. FIG. ):
a) un primo passaggio dall’insuccesso vissuto nelle scuole precedenti
(scuole medie e istituti tecnici e professionali, in cui il % è stato bocciato almeno una volta), al successo che ha caratterizzato l’esperienza
nella formazione professionale; tali esperienze formative sono infatti
state concluse con successo dalla maggior parte dei partecipanti (oltre
l’%), sia sul piano oggettivo della tenuta e della riuscita, che su quello soggettivo di rivalutazione di sé e delle proprie capacità (Bonica, ;
Bonica, Bertano, Sappa, ; Bonica, Sappa, a, b, b);
b) un secondo passaggio che pone una discontinuità tra le aspettative di
sicurezza di un percorso al lavoro garantito e la successiva condizione di
incertezza a cui si trovano a far fronte in seguito alla crisi che ha investito
il mercato del lavoro, e in particolare una delle aziende metalmeccaniche
promotrici del corso di formazione.
Sulla base della letteratura relativa all’ecologia dello sviluppo umano
(Bronfenbrenner, ), del ciclo di vita (Hendry, Kloep, ), dello sviluppo dell’identità (Erikson, ; Bosma, Kunnen, ) e della psicologia culturale (Bruner, ; Smorti, ), tali momenti di svolta appaiono

LAURA BONICA

Percorso di transizione scuola-lavoro
FIGURA
Scuola
F
Svolta da insuccesso a successo
Crisi
mercato
metalmeccanico
Riprogettazione e
differenziazione dei
percorsi individuali
di transizione
Svolta da sicurezza di un percorso garantito a incertezza
particolarmente interessanti, in quanto enfatizzano la dimensione di sfida
assunta da tale transizione e mettono il soggetto non solo nella condizione di attivarsi sul piano comportamentale, ma anche di rivalutare il proprio percorso sulla base delle nuove condizioni, stimolando la costruzione progressiva di una biografia personale.
Inoltre, dal nostro punto di vista di ricercatori, questo posizionamento è apparso innovativo sul piano metodologico, in quanto consentiva finalmente una distinzione rispetto alle dinamiche scolastiche precedenti e
permetteva anche di indagarne il vissuto a partire dalle stesse riflessioni
dei ragazzi, stimolate dai confronti resi possibili dalla nuova esperienza in
atto. Tale confronto appariva inoltre pertinente e si configurava quindi come un “esperimento di trasformazione”, in quanto si basava su percorsi
formativi che offrivano sia una continuità di “impegno”, sia una differenza dal punto di vista del setting d’apprendimento.
Soprattutto nella prima fase di studio (connessa al primo momento di
svolta) è stato messo in atto un ampio disegno di ricerca che si è avvalso
sia di osservazioni etnografiche nel contesto (aula, officina e stage), che di
numerosi altri strumenti ripetuti più volte nel corso del tempo: un corposo questionario (Bonica, ) e racconti scritti su ciò che stupiva nella
nuova esperienza, rivolti all’intero campione, e interviste narrative con un
gruppo più ridotto di soggetti (cfr. FIG. ). L’assidua presenza nel contesto ha visto, inoltre, un continuo collegamento con testimoni privilegiati,
quali tutor di azienda, docenti, responsabili del corso a vari livelli.
La seconda fase (relativa all’inserimento lavorativo) è stata indagata
attraverso la somministrazione del questionario follow up previsto dalla
Regione Piemonte a un anno dal raggiungimento della qualifica e da interviste, sino ad ora, ripetute in due tempi, somministrate a un sottogruppo di  partecipanti.

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O

Somministrazione degli strumenti
FIGURA
Scuola
Formazione
Questionario
Racconti
stupore
Osservazioni
Interviste
Accoglienza
Officina
Verifiche
Stage
Formazione
Stage
Lavoro
Questionario
Interviste
In questa sede vogliamo commentare i dati relativi a due principali risultati (Bonica, ; Bonica, Sappa, a, b, , a, b, a,
b).
. In contrasto con l’opinione diffusa, questi adolescenti esprimono una
motivazione maggiormente orientata all’apprendimento di un mestiere che
al guadagnare prima possibile. Dall’analisi dei racconti dei ragazzi si evince che questa motivazione ha una forte base identitaria, perché si pone in
continuità con la cultura familiare, in cui l’impegno a “imparare bene” si
salda con l’acquisizione di un senso di responsabilità adulta, ma si scontra prima nel contesto scolastico e poi in quello lavorativo con una concezione dell’apprendimento, che, con motivazioni diverse, oppone studio
e lavoro, apprendere e diventare adulti (Bonica, ; Bonica, Sappa,
a, ).
. Il modello di transizione sostenibile che emerge dai risultati presi nel loro insieme e dai racconti degli stessi ragazzi è quello di una “sfida condivi
LAURA BONICA
sa con gli adulti”, in primo luogo i docenti e i tutor aziendali, che permette, di riflesso, una circolarità virtuosa che può esprimersi anche in famiglia,
sotto forma di orgoglio e fierezza per la propria capacità di apprendere e
per il poter finalmente condividere i contenuti dell’apprendimento nelle
conversazioni con i familiari (Bonica, Sappa, ).
.. Caratteristiche specifiche dei contesti formativi
e campione di riferimento
Il campione può essere distinto, sulla base dell’età e dello specifico contesto di formazione frequentato dai giovani, in tre sottogruppi.
I primi due gruppi sono costituiti da  adolescenti (- anni) e 
giovani adulti (- anni), frequentanti rispettivamente un corso biennale e annuale all’interno di un centro di formazione professionale (indicato qui come CFPA, distinguendo CFPA, per gli adolescenti, e CFPA, per i
giovani adulti) che si caratterizza prevalentemente per il suo collegamento con una grande azienda torinese, per la selezione in entrata e l’attribuzione di borse di studio e per la conseguente garanzia di lavoro sicuro una
volta ottenuta la qualifica.
Il terzo gruppo è invece costituito da  adolescenti (- anni), frequentanti un corso biennale attivato in un contesto formativo (che indicheremo con la sigla CFPR) caratterizzato da una matrice di tipo religioso
che ne sottolinea intenti di recupero sociale e crescita personale, per i quali l’apprendimento assume una valenza strumentale. In esso non è prevista selezione in entrata, ma piuttosto una tendenza opposta di apertura
anche verso adolescenti disagiati; non è possibile usufruire di borsa di studio e, pur mantenendo collegamenti con le piccole aziende del territorio,
non è garantito l’inserimento lavorativo a ottenimento della qualifica. Se
il primo contesto costituisce un progetto innovativo difficilmente riproducibile, il secondo presenta caratteristiche, seppur di eccellenza, più diffuse all’interno dei diversi contesti di formazione professionale presenti
sul territorio nazionale.
Complessivamente, i partecipanti sono in prevalenza maschi (%),
nati tendenzialmente a Torino, ma da genitori immigrati dal Sud Italia
(circa il %), i quali svolgono professioni operaie e/o artigiane (circa
%) e hanno un titolo di studio medio-basso (% licenza elementare o
media). Come anticipato, il loro percorso formativo precedente alla formazione professionale appare caratterizzato da insuccessi. La maggior
parte del campione (%) ha raggiunto la licenza media con una valutazione sufficiente e ha frequentato istituti superiori professionali o tecnici
per poi abbandonarli prima del raggiungimento del diploma (% e %

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
rispettivamente nel CFPA e CFPR e % nel CFPA). In media l’% del
campione è stato bocciato, nel corso della sua carriera scolastica, almeno
una volta.

Dati principali della ricerca
Se da un lato all’interno delle ragioni dell’abbandono delle scuole precedenti sembrano rintracciabili gli esiti di un processo di disaffezione nei
confronti dell’apprendimento e un sostanziale atteggiamento di evitamento fondato su un senso personale di inadeguatezza, dall’altro, l’entusiasmo con cui questi ragazzi hanno aderito al nuovo progetto formativo
suggerisce una riflessione su quanto l’insuccesso si giochi all’interno di
una relazione dinamica tra soggetto e contesto, che interroga le motivazioni ad apprendere degli studenti inestricabilmente in relazione ai significati che a questo apprendimento vengono attribuiti dal contesto stesso.
Le esperienze di bocciatura appaiono spiegate dai protagonisti all’interno di un sistema di attribuzioni causali interno, globale e poco controllabile, che rimanda a una disaffezione verso lo studio (% medio, con picchi dell’% per CFPA e CFPR) e al percepirsi ancora “immaturi” (%
medio, con picchi del % per CFPA e CFPR). Tali fattori minano la possibilità di realizzazione di un “sé competente”, riducendo lo spazio di azione propositiva del soggetto e orientandolo verso un atteggiamento evitante nei confronti dell’apprendimento, che trova sbocco nell’abbandono
stesso. Gli stessi ragazzi, nel corso delle interviste, ci descrivono le scelte
affrontate in ambito scolastico, compresa la scelta stessa dell’abbandono,
come guidate dalla convinzione di “non avere la testa per studiare”, convinzione che trova nella valutazione ottenuta alle medie un materiale empirico importante e tendenzialmente rigido, in quanto non sembra aprire
a ulteriori possibilità di cambiamento.
Esempio . Io se avevo la testa per studiare facevo o il chirurgo o l’archeologo. [Dopo le medie] ho detto a mia mamma: “Guarda io sono più per le cose pratiche”
e anche mia mamma era d’accordo. […] I miei erano d’accordissimo (G. G., 
anni, CFPA, int. ).
(Anche i miei) lo sanno […] secondo me già dalle medie si vede se uno ha testa. Ed io avevo sufficiente ed ero già segnato (G. G.,  anni, CFPA, int. ).
Esempio . Ho deciso perché tanto per continuare là […] ero stato bocciato, ormai andavo per forza di inerzia. […] Gli ho detto (al colloquio di selezione nel
CFPA): guardate vi dico la verità […] io non ho la testa per studiare, ho solo le mie
braccia e le mie mani per lavorare (G. G.,  anni, CFPA, int. ).

LAURA BONICA
Dagli estratti qui sopra riportati, appartenenti a uno stesso soggetto,
emerge chiaramente come alla possibilità preclusa di studiare si contrapponga la possibilità di “fare le cose pratiche”. Si apre così l’ipotesi
di una visione dicotomica dei percorsi di studio e lavoro che vede il lavoro in una dimensione del “fare” percepita come unica alternativa di
fronte a una incompetenza nel “pensare”. Gli stessi estratti mettono
inoltre in luce una condivisione anche familiare di tale aspetto. Se da
un lato i genitori di questi ragazzi sembrano incoraggiare e pretendere
un investimento nello studio per favorire progetti di emancipazione,
dall’altro, quando prendono atto dell’insuccesso dei figli a scuola, finiscono essi stessi per spingerli verso un percorso più orientato al lavoro
precoce.
Tuttavia, accanto a una definizione di sé così in discontinuità con un
compito di apprendimento, sin dal momento dell’iscrizione, emerge un
% di soggetti che afferma di essersi iscritto, oltre che per potersi inserire nel mondo del lavoro, anche per apprendere un mestiere. Come visibile dalla FIG. , tale percentuale, insieme a un intento ancor più chiaramente in continuità con l’apprendimento, quale il “proseguire gli studi in
modo meno teorico”, tende a raggiungere nel tempo valori di accordo elevati anche maggiori di quelli attribuiti a una motivazione più estrinseca
orientata esclusivamente al lavorare prima possibile (FIG. ).
La motivazione a investire energie nell’apprendimento di un mestiere trova ampia dimostrazione nell’impegno messo dai ragazzi/e all’interno del percorso e nella riuscita raggiunta. Come anticipato, l’%
ottiene la qualifica con una media di  su , e il % dei partecipanti, pur potendosi assentare per un % delle ore previste, effettua meno del % di assenze. Tali dati appaiono particolarmente interessanti
soprattutto in relazione al ritmo intenso di lavoro a cui erano esposti
giornalmente gli allievi:  ore al giorno, dalle : alle :, impegno
ben maggiore di quello a cui erano stati esposti nel corso delle scuole
medie inferiori e superiori.
Tra i diversi indicatori di impegno, appare inoltre particolarmente significativo come il % dei partecipanti si sia confrontato, per scelta personale, con un compito complesso sul piano cognitivo, quale la stesura di
una relazione di stage che era stata posta dai docenti come facoltativa. Tale attività, riconosciuta come impegnativa in diverse testimonianze raccolte dagli stessi ragazzi, appariva nuova per il % dei partecipanti e il
tempo ad essa dedicato è stato, per il %, maggiore di  ore complessive. Il % ha scritto più di  pagine, l’% ha utilizzato materiali raccolti
in azienda e il % materiale esterno recuperato ad esempio in Internet.
La soddisfazione finale è parsa buona (range: -; M=,, d.s.=) e, nel cor
M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O

Motivazione alla frequenza del corso di formazione professionale (valori percentuali)
FIGURA














Primo mese
di corso
Apprendere
un mestiere
T
T
Lavorare
prima possibile
Continuare a studiare
in modo meno teorico
so del secondo anno, il % ha scelto di affrontare nuovamente questo
compito, impegnandosi, per un % di più o in ugual modo rispetto all’anno precedente.
Tra le testimonianze che sostengono tale investimento, particolarmente interessanti sono le parole di un giovane adulto che ci argomenta
il suo investimento nel compito in questo modo:
Esempio . […] Dico fare relazioni eccetera non mi è mai piaciuto, proprio mai,
e invece adesso le ho fatte volentieri. No no si vede che son cambiato io, non lo
so. […] Poi mi interessa proprio l’argomento per cui le faccio… per cui le faccio anche volentieri [pausa lunga]. Mi son fatto io delle cose per conto mio […]
che mi serviranno a me. […] Esempio: noi abbiamo dei libri […] tante cose che
hai su un libro altre su un altro e allora mi son fatto un dossier (G. T.,  anni,
CFPA, int. ).
In tale testimonianza appare evidente il recupero di un interesse intrinseco verso un compito più astratto e cognitivo che si collega a una per
LAURA BONICA
cezione di cambiamento di sé. L’allievo appare infatti scoprire una nuova motivazione verso attività di elaborazione personale del materiale di
studio che prima aveva evitato. Apprendimento e lavoro trovano in testimonianze come questa un importante ricongiungimento che conduce
diversi degli allievi a rivalutare l’utilità anche di quelle discipline da loro
considerate meno applicative (storia, geografia, matematica) che tanto
avevano svalutato nel corso di studi precedente. Il % circa del campione afferma inoltre, a fine corso, di voler riprendere gli studi, il % si
iscrive a corsi serali durante l’esperienza di formazione. Anche tra coloro che intendono investire primariamente nel lavoro, soprattutto all’interno del gruppo di giovani adulti (CFPA), si individuano diverse testimonianze di intento nel voler frequentare, in parallelo al lavoro, corsi di
informatica o inglese (oggi riconosciute discipline trasversali ampiamente richieste nei contesti lavorativi) per potersi aprire maggiori opportunità nel contesto lavorativo.
La nuova fiducia nella capacità di impegnarsi e di affrontare le sfide
dell’apprendimento viene inoltre confermata dal buon livello di autoefficacia percepita, rilevato rispetto sia alle diverse materie di studio (% abbastanza-molto) che alla capacità di organizzarsi l’attività di studio (%
abbastanza-molto). In aggiunta a ciò appare significativo come ben il %
dei partecipanti si senta, dopo tre mesi dall’inizio del corso e in modo costante nei tempi successivi, abbastanza-molto efficace nella possibilità di
affrontare “nuove sfide” nell’apprendimento.
La microtransizione dall’insuccesso al successo attiva, in particolare,
processi cognitivi di confronto tra esperienze vissute in contesti di apprendimento differenti che aprono, nello specifico, a una contrapposizione tra ciò che abbiamo interpretato come la concezione di un progetto di insegnamento-apprendimento fondato sulla “sfida condivisa” e il
mero “assolvimento formale” che sembrerebbe caratterizzare le esperienze scolastiche precedenti di questi ragazzi.
Dai racconti analizzati più in profondità in altri lavori (Bonica ;
Bonica, Bertano, Sappa, ; Bonica, Sappa, , a, a, a)
emerge, infatti, la percezione di una preoccupazione affinché tutti gli allievi apprendano il mestiere, preoccupazione che sembrerebbe sostenuta da un progetto chiaro e da una richiesta di impegno da parte dei ragazzi che trova corrispondenza e condivisione nello stesso impegno dimostrato dai docenti (esempi , , ).
Esempio . Ci ha stupito il calore con cui ci hanno accolti il primo giorno, si vede che non vedevano l’ora che arrivassimo per aiutarci ad imparare il mestiere che
abbiamo scelto (F. A.,  anni, CFPA, ).

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
Esempio . Eee serietà nel sensooo… che bon le cose a parte che comunque le cose le hanno imparate tutti tutta la classe. Ah, invece lì [nella scuola precedente]
magari se qualcuno non capiva […] non andava poi a vedere se aveva capito veramente. Invece qua controllano […]. Qua c’è più interesse […]. L’obiettivo è capire bene il mestiere […] aver gente preparata che sappia le cose al % (D. R.,
 anni, CFPA, int. ).
Esempio . Mi immaginavo una scuola normale… invece qui hanno proprio investito su noi allievi, si vede… proprio vogliono che tutti capiamo, no solo il voto (A.,  anni, CFPA, diario dello stupore ).
La percezione di un investimento autentico nei confronti del loro apprendimento compare in diversi estratti come uno degli aspetti che maggiormente guidano la sensazione di vero e proprio “stupore” che sembra
accompagnare l’attuale esperienza (Bonica, Bertano, Sappa, ; Bonica,
Sappa, ). La scuola “normale”, in contrapposizione, parrebbe invece
caratterizzata dal perseguire un “assolvimento formale” nel compito di insegnamento (“solo il voto”), che non implica l’interesse nel verificare l’apprendimento degli allievi e che non si preoccupa di preparare gli studenti al “%”.
La contrapposizione tra l’attuale esperienza di formazione e una scuola “normale” in cui l’apprendimento appare più decontestualizzato e meno condiviso sembrerebbe coinvolgere anche le famiglie. Nello specifico
del nuovo contesto questi adolescenti sembrano scoprire un terreno di
condivisione familiare del sapere che si delinea sulla base di contenuti di
apprendimento riconoscibili in modo autonomo rispetto ai voti e che veicolano la possibilità di assumere e di essere riconosciuti in nuovi ruoli più
adulti.
Esempo . Mio padre le scuole che ho fatto prima le ha sempre viste come scuole normali. Ora invece mi chiede continuamente: “cosa hai imparato?”. E mi fa
domande e io spiego. Mi sono sentito più orgoglioso e anche più felice di frequentare questa scuola, perché mi ha dato un posto in più (P. M.,  anni, CFPA,
int. ).
La possibilità di condivisione in famiglia di ciò che viene appreso si collega, inoltre, a un riconoscimento da parte dei genitori in termini di impegno, responsabilità e conquista di autonomia. La soddisfazione dei genitori, riportata dai ragazzi, fa infatti spesso riferimento alla capacità di
impegnarsi, all’aver trovato un ambito nel quale si siano dimostrati in grado di investire energie e di dimostrare la loro capacità di assumere ruoli
adulti. Tale percezione trova significato proprio nel confronto con un’e
LAURA BONICA
sperienza scolastica passata che, anche di fronte al successo, non permetteva altro riconoscimento da parte della famiglia se non quello del voto,
preoccupazione che conduceva i genitori ad assumere ruoli tendenzialmente controllanti piuttosto che di sostegno e condivisione.
Esempio . Prima [i genitori] dicevano: “hai studiato?”. E adesso mi dicono: “cosa hai fatto oggi?”. Prima andavano ai colloqui e ritornavano sempre arrabbiati,
adesso vivono sereni, non ci provano neanche più a dirmi studia studia, ormai sanno che a me piace e sono tranquilli (C. A.,  anni, CFPA, int. ).
La nuova esperienza sembrerebbe quindi aprire alla possibilità di essere
meritevoli della fiducia genitoriale, aspetto sicuramente connesso alla sensazione di orgoglio prima citata. Il significato di un apprendimento “scolastico” vissuto spesso come decontestualizzato rispetto a un percorso di
crescita personale verso la vita adulta appare inoltre tema centrale in testimonianze come questa:
Esempio . L’insegnante mi dice: “studia studia, se non studi come fai a crescere
e diventare adulto?”. Ma io non so… che discorsi sono questi… uno che è adulto mica studia, semmai lavora! (D. A.,  anni, CFPR, int. ).
Si può ipotizzare che l’omissione, a scuola, di riferimenti espliciti ai ruoli
sociali adulti inseriti nel mondo del lavoro, veicoli, nel ragazzo, l’idea che
il modello di adulto di cui è portatore l’insegnante sia quello di “un bravo studente”, mentre per lui, e probabilmente anche per la sua famiglia,
un adulto è uno che lavora, non uno che studia e prende bei voti. Se da
un lato, quindi, il raggiungimento di buoni voti costituisce l’unico criterio utilizzato dai genitori per riconoscere un successo scolastico che porterà a una possibile emancipazione, dall’altro questo successo non appare facilmente condivisibile, in quanto sostanzialmente distante da ciò che
appare indicatore di una crescita verso la vita adulta o verso lo status di
lavoratore. In questa cornice l’insuccesso diventa qualcosa di mortificante che la famiglia non riesce a discutere sul piano dei compiti cognitivi, e
quindi lo subisce proiettando un senso di delusione nei confronti dei figli, insieme alla sfiducia nella loro possibilità di aprirsi il futuro verso opportunità migliori.
In questo complesso insieme di aspetti si collocano i processi di attribuzione causale rigidi e deterministici utilizzati dagli stessi ragazzi a fronte del fallimento e tendenzialmente condivisi dalle stesse famiglie (esempio ), finché esse stesse non hanno la possibilità di rivalutare i propri figli in relazione a un impegno e a una riuscita nell’apprendimento più fa
M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
cilmente riconoscibili e condivisibili. La nuova opportunità formativa
sembra aver offerto principalmente questo: la possibilità di ricongiungersi con un apprendimento teorico e pratico condiviso, contestualizzato e
riconoscibile dagli stessi studenti e dalle loro famiglie come processo che
promuove un cambiamento positivo verso la vita adulta.
Nell’incontro successivo con il mondo del lavoro il nuovo interesse
maturato verso l’apprendimento sembra rimanere vivo. Già alla fine del
primo anno di corso, i dati mettono in luce un graduale aumento di una
motivazione al lavoro fondata sulle “possibilità di imparare cose nuove”
e di una prospettiva di apprendimento nel ciclo di vita che vede passare
la percentuale di coloro che considerano la possibilità che “non si finisca
mai di studiare” da uno % (a tre mesi dall’inizio del corso) a un % (alla fine del primo anno di corso).
La crisi del settore metalmeccanico e la mancata assunzione per quella parte di allievi a cui era stata garantita aprono però alla necessità di ridefinire nuovi percorsi. Tale aspetto pone inevitabilmente in discussione
i progetti dei ragazzi. Un’analisi dei percorsi successivi alla qualifica (Bonica, Sappa, ; Sappa, , ) ha messo in evidenza una nuova eterogeneità di esiti e processi che trovano però in comune una sensibilità da
parte di questi ragazzi rispetto agli aspetti di riconoscimento e acquisizione di competenza all’interno dei contesti di lavoro. Le rappresentazioni delle nuove opportunità incontrate appaiono infatti filtrate da criteri di
giudizio fondati sulla competenza.
In particolare emerge come i soggetti mantengano un senso personale di competenza e definiscano le nuove scelte sulla base della possibilità
di esercitarlo e di acquisire nuovi apprendimenti:
Esempio . Sono andato a fare il colloquio. Però era tutt’altro di quello che facevo qua. Perché io dove lavoro adesso faccio proprio quello che ho studiato. La
scuola mi ha dato le fondamenta… il primo piano… e il lavoro comincia a mettere i suoi mattoni. Quindi è una bella cosa (P. M.,  anni, int. ).
Esempio . Cioè, io sono entrato lì dentro in azienda e quando mi han detto “questo è il tornio”, “questo è...”, io rispondevo “lo so già, lo so già”. Sapevo tutto e
sapevo ancora molto di più, infatti anche il direttore, il mio capoturno sono rimasti, cioè hanno detto: “porca miseria, hai fatto una scuola che è buona, è veramente stata ottima”. E infatti lo vedo anch’io sul lavoro, il programma, quello che
facevo a scuola lo facevo anche lì a lavoro (ibid.).
La ricerca di un contesto di competenza sembra accompagnare anche coloro che non sono ancora riusciti a inserirsi nel mondo del lavoro e che
hanno cambiato diversi contesti. Alcuni di loro riprendono gli studi per

LAURA BONICA
poter “migliorare” la propria condizione affermando che la possibilità di
confrontarsi con il mondo del lavoro è stata occasione importante di
“esperienza” per comprendere il valore e il senso stesso dello studio. L’estratto che segue, ad esempio, riporta il pensiero di un ragazzo che ha deciso di abbandonare il contesto lavorativo per dedicarsi allo studio.
Esempio . [Parlando della decisione di riprendere gli studi] E quindi ho detto,
sta a me […] se posso migliorare miglioro eh. […] E perché dovevo fare esperienza… Ho fatto esperienza (D. A.,  anni, int. ).
Altri ragazzi, invece, dichiarano di aver abbandonato i diversi lavori perché non trovavano in essi la possibilità di apprendere. Nel caso che segue
l’intervistato pur trovandosi, a due anni dalla qualifica, in una condizione
essenzialmente di attesa (disoccupato, dopo aver aderito per tempi molto ristretti a diverse occupazioni) dimostra la sua motivazione verso l’apprendimento cogliendo un’opportunità più informale, quale il lavoro in
officina con un amico.
Esempio . Un giorno mi sono detto: “proviamo. Vediamo se riusciamo a fare”.
Il primo giorno abbiamo smontato un carburatore. Con lui è tutto diverso [rispetto a lavori abbandonati] perché lui ti spiega più che altro, lui sa tutto e quindi ti spiega, ho imparato molto da lui (D. A.,  anni, CFPA, int. ).
Se, da un lato, la possibilità di esprimere le proprie competenze appare criterio privilegiato di soddisfazione di questi ragazzi, dall’altro, il mondo del
lavoro, così come da loro raccontato, non appare sempre favorevole. Tra le
problematiche più salienti sicuramente la possibilità di integrare il lavoro con
percorsi di studio serale, come nel caso di D. A., a cui si riferisce l’esempio
, o la possibilità di essere riconosciuti per il percorso formativo svolto.
La ripresa effettiva degli studi, dichiarata come intento dal % degli
allievi CFPA, viene messa in atto dall’%. L’ipotesi che a tale discrepanza
abbia contribuito una certa rigidità nelle politiche scolastiche e del lavoro
nel riconoscere e sostenere questo tipo di passaggi appare evidente nelle interviste. Lo stesso ragazzo autore dell’esempio  afferma che il suo datore
di lavoro l’ha messo nella condizione di doversi licenziare per poter studiare e che tuttavia tale rinuncia è stata compensata dal fatto che la scuola in
cui si è iscritto gli ha riconosciuto i due anni svolti nella formazione professionale. Altri intervistati affermano invece di aver rinunciato a studiare
proprio perché non hanno trovato contesti nei quali questi anni potessero
essere riconosciuti: ricominciare dal primo anno di scuola superiore, a -
anni, appariva sacrificio troppo elevato. A sostegno del ruolo svolto dalle

M O D E L L I D I T R A N S I Z I O N E S C U O L A - L AV O R O
opportunità incontrate, oltre che dagli intenti personali, appare interessante considerare come, seguendo una tendenza completamente opposta, ben
l’% di adolescenti del CFPR (contro il % che ne aveva dichiarato l’intento), avendone l’opportunità, abbia scelto di proseguire con un terzo anno di corso di specializzazione all’interno della stessa struttura formativa.
Sul versante del riconoscimento delle proprie competenze nel contesto lavorativo, non tutti gli intervistati trovano occasioni positive così come descritte negli esempi  e . Alcuni riportano piuttosto la sensazione
di essere coinvolti in attività “banali” che si pongono in netta discontinuità
con la sensazione di “sfida” che li ha coinvolti nel percorso formativo e non
offrono possibilità interne né di apprendimento né di riconoscimento a
fronte di un impegno personale. Queste situazioni, pur collocandosi spesso all’interno di percorsi che hanno trovato una certa stabilità, appaiono
complesse sul piano dello sviluppo personale. I protagonisti, infatti, benché si dichiarino soddisfatti per la stabilità lavorativa acquisita, parrebbero accettare tali condizioni sostanzialmente in funzione di un compromesso potenzialmente fondato sulla percezione di ridotte possibilità di azione.

Conclusioni
Se, da un lato, questi dati suggeriscono la pista del conflitto culturale tra
scuola e famiglie di estrazione operaia (Willis, ), dall’altro, il metodo
utilizzato consente di andare al di là della semplice constatazione del ripetersi di un fenomeno discriminativo, sia che esso sia considerato in termini di “riproduzione” della posizione di partenza (Bourdieu, ; Baudelot, Establet, ), sia di effetti perversi del sistema scolastico postmoderno (Boudon, ).
Il disegno microgenetico (somministrazioni ripetute a brevi intervalli
di tempo nelle transizioni che seguono l’abbandono scolastico) e la microanalisi discorsiva delle interviste consentono infatti di identificare, in
positivo, orientamenti alternativi espressi da questi ragazzi, sia rispetto al
successo scolastico che alla mobilità sociale. Un percorso riproduttivo
della cultura di provenienza, purché qualificato e realizzato all’interno di
una condivisione profonda di significati che connettano lo sforzo di apprendere con il progetto dell’adultità, può rivelarsi un commitment favorevole all’emancipazione soggettiva dalla posizione di partenza, nel senso
dell’assunzione di impegno e di un orientamento strategico rispetto al desiderio di migliorare il proprio futuro.
Al tempo stesso proprio lo stupore per il successo sia da parte dei ragazzi
che dei loro genitori ha stimolato una ricca produzione narrativa sui vissuti
che hanno generato la scelta dell’abbandono scolastico, suggerendo un’ipo
LAURA BONICA
tesi, che pur confermando le “ragioni forti” attribuite da Boudon all’attore
sociale (Boudon, ), sembra andare al di là di una valutazione in termini
di costi e benefici economici. Occorre infatti considerare che per i figli adolescenti è in gioco la formazione della loro identità personale, mentre per i
genitori diventa sempre più inaccettabile che i propri figli non acquisiscano
il senso dell’“impegno e della responsabilità”, che rischierebbe di farli fallire, non solo come studenti, ma anche come futuri adulti e lavoratori. Si intravedono quindi ragioni di natura identitaria, tese alla salvaguardia sia del
benessere psicologico dei ragazzi, che della propria funzione genitoriale.
Per realizzare una transizione sostenibile, ispirata a una sfida condivisa come quella emergente dai dati appena presentati, sembrano necessarie sinergie e mutamenti culturali a più livelli.
A livello culturale generale, si richiederebbe maggiore consapevolezza
della centralità oggigiorno occupata dall’apprendimento, sia nei compiti di
studio che in quelli di lavoro e quindi nell’orientare i ragazzi secondo una
visione che valorizzi tale continuità di impegno anziché evidenziarne soprattutto le discontinuità in una cornice che scoraggia la definizione di sé in
termini di competenza. Inoltre, appare necessaria una più esplicita connessione tra l’impegno nell’apprendimento e quello nel diventare adulti. In
mancanza di questa connessione, soprattutto questi ragazzi, ma non solo,
faticano a trovare senso nello studio e sono quasi orientati dal contesto scolastico stesso a vedere il ruolo di studente associato a un’impronta infantile
che li disimpegna e li disancora dalla ricerca di comportamenti responsabili e finalizzati a un progetto di costruzione del proprio futuro.
A livello delle scelte istituzionali regionali e nazionali, occorrerebbe
favorire un maggiore scambio di conoscenze tra i diversi modelli di apprendimento, che si applicano dentro e fuori della scuola. I nostri dati
suggeriscono che un’istruzione tecnica e professionale, più qualificata sul
piano pedagogico, in cui gli specifici obiettivi professionalizzanti fossero
stati valorizzati e teoricamente ancorati a modelli d’apprendimento più
opportuni, avrebbe potuto trattenere questi ragazzi nel percorso regolare
di studi. Ciò può essere raggiunto su diversi piani, a partire dalla formazione di base degli insegnanti nelle SSIS e attraverso scambi nella formazione in servizio tra docenti dell’istruzione e della formazione professionale, oltre che prevedendo una maggiore flessibilità nel riconoscimento
dei crediti conseguiti dai ragazzi in diverse strutture d’apprendimento
certificate. Ciò implica anche una crescita dell’interesse della ricerca verso l’analisi di modelli d’apprendimento ispirati ai principi dell’apprendistato e alla loro rimodulazione in funzione dell’acquisizione di competenze sia professionali che più propriamente scolastiche (Resnick, ;
Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio, ; Engestrom, ).

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Occorrerebbe, infine, una specifica sensibilizzazione e promozione
di incentivi nell’ambito del mondo del lavoro perché si faccia partner
interessato in prima persona all’esperienza formativa dei giovani riconoscendo anche in termini di transizione identitaria il processo di inserimento in cui essi sono coinvolti. Ciò significherebbe ritagliare un
vero spazio per il processo di apprendimento delle pratiche professionali e quindi riconoscere e valorizzare anche la funzione dei tutor che
affiancano i ragazzi durante l’apprendistato. Ai “maestri del mestiere”
i ragazzi attribuiscono infatti un ruolo decisivo all’interno del proprio
sforzo di raggiungere un’integrazione tra identità personale e professionale e molti di loro sono stati convinti proprio dalla serietà dei loro
tutor aziendali, e dai curricula dei loro docenti ex operai semplici, a
connettere studio e lavoro e a impegnarsi personalmente in un progetto di emancipazione dalla posizione di partenza. Diventa importante
anche che il mondo del lavoro si ponga in sinergia con le strutture formative, in modo da non ostacolare gli eventuali progetti di prosecuzione degli studi, lungo il ciclo di vita. Se il “risparmio” insito nella flessibilità dei contratti si traducesse anche in maggior investimento verso
l’obiettivo di poter contare su una popolazione giovanile più impegnata, fiera e orgogliosa delle proprie competenze, ciò porterebbe sicuramente più salute, senso di responsabilità e ricchezza anche dentro il
mondo del lavoro.
Anche nelle realtà locali dove questo processo, almeno a livello legislativo, sembra avviato, resta un grande lavoro da fare a livello delle mentalità. L’identità e la fiducia in un sé competente non si costruiscono in solitudine, ma necessitano di piccoli riscontri quotidiani che si manifestano
nella comunicazione faccia a faccia con i docenti, con i tutor aziendali, con
i datori di lavoro, con gli amici e in famiglia.
Questo mi pare ci abbiano insegnato i ragazzi coinvolti nella nostra ricerca. Questo loro sembrano pretendere, da una posizione in cui hanno
già fatto la loro parte.
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
Le aspettative delle imprese
e delle organizzazioni dei lavoratori
circa le competenze richieste
per l’inserimento lavorativo
di Massimo Dessì *
Ritengo opportuno un rapido riferimento preliminare alle aziende del nostro territorio, e in via generale del nostro paese. Quando si dice impresa
si chiama in campo un sistema estremamente differenziato nelle dimensioni, nei processi produttivi e nella realizzazione del prodotto materiale
o immateriale, nelle competenze che sono necessarie per la produzione.
Come noto, il sistema nazionale aziendale è costituito per circa il %
da aziende con meno di  dipendenti.
Nella nostra provincia il tasso di occupazione in riferimento alla popolazione fra i  e i  anni ammonta al ,% () a fronte di una disoccupazione del ,% (rispetto a circa il % nazionale). È significativo il
tasso di occupazione delle donne: ,% (quello degli uomini è del
,%). Sono dati in linea con gli standard di Lisbona.
Si registra la costante riduzione del settore industriale (,%) e la
crescita del terziario (,%).
I comportamenti dei giovani nei confronti del lavoro sono segnati da
svariati fattori. In primo luogo la propensione delle famiglie e dei ragazzi
ad acquisire il diploma superiore o la qualifica in Emilia-Romagna è alta:
dati regionali abbastanza recenti segnano una percentuale del , con
qualche flessione nell’ultimo anno. Rispetto alla quota nazionale del %
si tratta di uno scarto notevole.
Se consideriamo, invece, la percentuale nazionale della fascia di età
- registriamo solo il ,% di diplomati, otto punti in meno della media OCSE. Il titolo di laurea si attesta addirittura al %, la metà della media OCSE.
Il confronto con altri paesi rivela fra i diplomati italiani carenze consistenti in matematica e nelle discipline scientifiche. E ciò non può non
avere condizionamenti su occupabilità e competitività.
* Rappresentante del tavolo regionale delle parti sociali per la formazione.

MASSIMO DESSÌ
C’è bisogno di più qualità nella scuola e nelle modalità di erogazione
dei saperi; c’è bisogno di più qualità sociale e di integrazione, con particolare riferimento alle aree a rischio e ai flussi immigratori, per ridurre i
tassi di dispersione; è necessario potenziare percorsi adeguati al successo
formativo con l’obiettivo del “non uno di meno”.
Queste sono anche le premesse per un accesso qualificato al lavoro regolare, nell’ambito del quale possono esistere forme flessibili di impiego
se normate e delimitate adeguatamente, se tutelate nei diritti contributivi
oggi pesantemente insufficienti, se non configurano una forza lavoro marginale. Questo è il momento della responsabilità della politica, non contro qualcuno ma per il paese.
Le due ultime legislature hanno prodotto riforme importanti del sistema di istruzione e universitario. Peraltro il programma del governo
Prodi () prevede ulteriori riforme.
Accantonato il disegno di legge Berlinguer nel , il ministro Letizia
Moratti nel  disegna un modello duale costituito dal sistema dei licei
quinquennali e dal sistema di istruzione e formazione quadriennale, con la
possibilità di specializzazione nei percorsi annuali di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS). Il primo canale è funzionale alla prosecuzione
universitaria; il secondo a un più rapido accesso al lavoro. Tale sottoclassificazione dei tecnici è parsa al sindacato, alle associazioni di impresa un errore contrario ai fabbisogni del sistema produttivo, proprio in un contesto
segnato da una deriva recente delle famiglie italiane, sempre meno orientate alla scelta degli istituti tecnici e professionali.
Gli IFTS, avviati sperimentalmente nel ’ e sanciti definitivamente nel
’ con la legge /, sono ancora marginali sul piano quantitativo, ma
meritano una sottolineatura sia in riferimento all’innovazione di un modello integrato fra istruzione, formazione e lavoro (stage obbligatorio
aziendale), sia in riferimento all’individuazione e descrizione delle figure
professionali nei vari settori da parte di ministero, Regioni e parti sociali.
Era un evidente riferimento, anche se parziale, alle prime indagini dei fabbisogni promosse dagli enti bilaterali nella seconda metà degli anni Novanta, finalizzate ad aggiornare le figure professionali richieste dal mercato del lavoro.
La legge / introduce inoltre il sistema dell’alternanza studio-lavoro, che prevede accordi disciplinati da regole specifiche del ministero fra
scuole e aziende a partire dal quindicesimo anno di età. Contemporaneamente il D.L. / introduce i tirocini estivi di orientamento per studenti dell’istruzione secondaria e dell’università con la possibilità di borse-lavoro. Ciò è da considerare un’ulteriore modalità potenzialmente interessante nell’ambito della transizione al lavoro e nello sviluppo di feedback

L E A S P E T TAT I V E D E L L E I M P R E S E E D E L L E O R G A N I Z Z A Z I O N I D E I L AV O R AT O R I
fra scuola e azienda. Dobbiamo però constatare che questo tema non sta
attualmente in prima pagina, mentre sarebbe necessario elaborare dati,
promuovere le buone prassi, valutare gli esiti e diffondere le esperienze.
Vale la pena citare l’antefatto emiliano, risalente ai primi anni Ottanta che, nel contesto sociale di grave disoccupazione giovanile, registrò l’iniziativa delle organizzazioni sindacali bolognesi per negoziare con le
aziende disponibili e le scuole superiori l’inserimento lavorativo estivo di
studenti del quarto anno per almeno un mese.
L’obiettivo ispiratore puntava allo sviluppo del rapporto studio-lavoro e alla ricomposizione dei saperi per superare un’estraneità negativa fra
i due contesti. Esperienza di successo ancora in atto e diffusa anche oltre
la nostra regione.
Riprendendo il filo degli atti normativi in materia di istruzione e formazione e, di conseguenza, della prospettiva dell’accesso al lavoro, va ricordato l’antefatto non marginale della legge / che introduce nello
statico sistema scolastico l’innalzamento dell’obbligo fino a  anni e la
possibilità di percorsi integrati di istruzione e formazione. Uno dei meriti della legge è stato quello di rendere evidente il nocciolo critico del problema: se e quanto innalzare l’obbligo strettamente scolastico; quanta e
quale può essere la pratica dell’integrazione; il diritto delle persone di poter optare in alternativa alla scuola per un percorso formativo di qualità
orientato al lavoro; quale deve essere l’età minima per l’accesso al lavoro.
Dal punto di vista delle persone si tratta di realizzare il proprio successo individuale in riferimento ai sistemi possibili: istruzione, formazione, apprendistato, per quanto riguarda gli elementi normati, ma anche, come abbiamo visto, tirocini, alternanza, formazione permanente.
Risulterebbe discriminatorio un approccio ideologico che proponesse a
identità personali fortemente diversificate opzioni insufficienti e standardizzate.
In tal senso la L.R. / dell’Emilia-Romagna, previo un ampio confronto con le parti sociali, disegna gli elementi fondamentali del sistema
formativo, valorizza l’autonomia e la pari dignità di istruzione e formazione, promuove l’integrazione dei sistemi e i percorsi realizzati nei luoghi di
lavoro, collega tali attività alle politiche sociali e ai servizi per l’impiego. Assume come obiettivo qualificante il riconoscimento e la circolazione dei titoli e delle qualifiche professionali a livello nazionale ed europeo, intende
promuovere la certificazione delle competenze acquisite, anche nella prospettiva dell’introduzione del libretto formativo. Avvia la sperimentazione
di percorsi integrati fra istruzione e formazione nell’ambito dell’obbligo
formativo, con la possibilità di optare per l’uno o l’altro dopo la prima annualità. Promuove e finanzia l’educazione degli adulti.

MASSIMO DESSÌ
Il passaggio conseguente avvia la realizzazione del sistema regionale
delle qualifiche, primo in Italia: Regione, associazioni datoriali e sindacali definiscono le figure sulla base delle competenze identificative dei vari
processi lavorativi individuati nei diversi settori. Vengono di conseguenza standardizzati i percorsi formativi in relazione alle varie tipologie personali.
Tale impianto, ampliabile e aggiornabile, si applica a ogni istituto o
condizione lavorativa: dall’obbligo formativo all’apprendistato, alla formazione continua e agli stessi fondi interprofessionali, vocati a declinare
i percorsi di formazione per i lavoratori in riferimento alle unità di competenza.
Ultimo esito di tale percorso è l’avvio del sistema di certificazione regionale, che consente a ogni persona interessata il diritto di farsi certificare le competenze acquisite in un qualsiasi contesto formativo e lavorativo.
Tuttavia, alzando la visuale non si può nascondere un fattore critico
importante: un buon modello regionale non può bastare. Dopo l’EmiliaRomagna altre Regioni (non tutte) hanno creato propri sistemi di qualifiche, differenti fra loro sulla base di quanto consente il Titolo V della Costituzione. Le parti sociali considerano ciò una negatività, dal momento
che l’assetto dei settori contrattuali e dei fondi interprofessionali opera,
evidentemente, in modo verticale. Bisogna costruire un sistema condiviso fra Regioni e Stato anche nella consapevolezza che in ambito europeo
strumenti e modelli relativi al riconoscimento delle competenze e alla sperimentazione del libretto formativo sono temi presenti da anni.
Vorrei concludere con qualche considerazione sul nuovo apprendistato, oggetto di valutazioni non sempre convergenti fra le associazioni
datoriali e i sindacati.
Il D.Lgs. / ha disegnato un sistema articolato e complesso, individuando le tre tipologie note: quella del diritto-dovere, quella professionalizzante e quella dell’alta formazione. La prima non è stata ancora
normata fra Stato e Regioni.
L’assunzione è confermata a  anni, ma è auspicabile un innalzamento dell’accesso al lavoro a causa mista secondo le considerazioni sopra richiamate circa l’obbligo formativo e come prevede, del resto, il programma dell’attuale governo.
Serve un impianto che segni in misura evidente la finalità formativa
del contratto e la qualità di erogazione della formazione interna o esterna
al luogo di lavoro.
Le criticità non sono poche. È alta, ad esempio, la percentuale di dispersione collegata all’area del settore turistico estivo che di fatto non consente alcuna formazione formale, ma garantisce lo sconto contributivo.

L E A S P E T TAT I V E D E L L E I M P R E S E E D E L L E O R G A N I Z Z A Z I O N I D E I L AV O R AT O R I
Frequenti sono gli abbandoni prima di acquisire la qualifica. Qualche dato: nel periodo - sono stati assunti in Regione Emilia-Romagna
. apprendisti; nelle ultime due annualità (-) il trend si è attestato a circa . assunzioni annue. Gli apprendisti in forza al dicembre
 ammontavano a . unità. Il % interrompe il rapporto di lavoro entro il sesto mese.
Evidentemente non siamo in Germania. Evidentemente il sistema
paese non ha individuato l’equilibrio sostenibile fra forti sconti contributivi per le aziende e l’adattamento e il sostegno al percorso dei giovani.
Quali proposte? Più formazione ( ore all’anno) mirata e di qualità
dentro e fuori l’azienda e in un periodo più breve per acquisire la qualifica (- anni, non i - attuali): questo può costituire uno scambio comprensibile per il giovane.
E infine sarebbero da riconsiderare i termini di età per l’apprendista,
oggi collocati a  anni! Meglio implementare il cuneo fiscale che alimentare una generazione di padri e madri apprendisti ultratrentenni.
La normativa regionale, per quello che le competeva, ha svolto in modo positivo la definizione delle modalità attuative, con particolare riferimento alla formazione formale in azienda o in percorsi formativi esterni
finalizzati all’acquisizione delle competenze del Sistema regionale delle
qualifiche e alla conseguente certificazione. Ha previsto, inoltre, la possibilità di fondi costituibili da parte degli enti bilaterali finalizzati alla gestione dei servizi; ha definito un contributo economico a carico del datore di lavoro per sostenere le attività formative.
È dunque auspicabile che la rappresentanza degli interessi delle parti sociali, anche nell’inevitabile confronto con le istituzioni, possa convergere sull’innalzamento dei livelli di civiltà e qualità del paese? Non possiamo non provarci.

Scuola e mondo del lavoro:
un incontro che arricchisce
la formazione dei giovani
di Paolo Marcheselli *
Da anni il dibattito sul passaggio dalla scuola al mondo del lavoro è centrato su due tesi ancora oggi aperte:
– la scuola deve fornire giovani professionalizzati e con livelli formativi
in grado di essere immediatamente e proficuamente inseriti nell’attività
produttiva;
– la scuola deve formare giovani culturalmente preparati, con una solida propensione alla flessibilità, capaci di rispondere meglio a un mondo
del lavoro in rapida e continua trasformazione.
A mio avviso, specie in una fase, peraltro protratta, di continua e
profonda trasformazione, sia delle conoscenze tecniche, sia delle strumentazioni unitamente allo sviluppo della tecnologia informatica e telematica, sia dei modelli organizzativi, la prima ipotesi di fatto diviene scarsamente percorribile. Più importante è lavorare sulla seconda, ricercando
all’interno di essa una mediazione tra l’astrattezza dell’alto livello culturale e l’esigenza di fornire una formazione anche professionale di base che
con gli opportuni aggiornamenti e perfezionamenti consenta, in tempi
brevi, un concreto pieno inserimento nel mondo del lavoro.
Ricordo che anni fa, quando cominciò a porsi in modo strutturale il
tema dell’orientamento scolastico e professionale, da un colloquio tra me
e il prof. Romano Prodi nacque una prefazione al primo numero di un notiziario scolastico sull’orientamento, nella quale – già allora – Prodi sottolineava con forza l’esigenza che la scuola formasse giovani dotati culturalmente e con una forte propensione all’adattabilità.
Infatti non era più possibile fin dagli anni Ottanta prospettare che un
giovane completasse il proprio percorso lavorativo nell’ambito dello stesso tipo di occupazione, ma occorreva avere presente che avrebbe dovuto
affrontare più percorsi formativi per diverse tipologie di lavoro.
* Dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale.

PA O L O M A R C H E S E L L I
È in questo senso che si muove la scuola secondaria di secondo grado e in modo particolare la scuola emiliano-romagnola e bolognese.
In questi anni si è verificato un fenomeno non facilmente prevedibile
di una forte propensione verso il sistema dei licei, indebolendo l’istruzione tecnica. Questa dinamica sta determinando una situazione di preoccupazione più volte evidenziata dalle imprese e dal mondo del lavoro, che
si è sempre avvalso di quote consistenti di giovani formati secondo una
cultura tecnica e del fare.
Allo stesso tempo il giovane che si diploma in un istituto tecnico non
manca della possibilità di proseguire gli studi a livello universitario, ovvero può entrare immediatamente nel mondo del lavoro.
L’analisi di questa problematica non può prescindere da un approfondimento sui dati riguardanti l’insuccesso e l’abbandono scolastico
riferiti anche ai licei.
Nel nostro territorio la media degli studenti bocciati nel sistema dei
licei raggiunge l’%, nel sistema degli istituti tecnici raggiunge il % e nel
sistema degli istituti professionali il %.
Gli studenti promossi con debiti formativi ai licei rappresentano il
,%, per i compagni degli istituti tecnici rappresentano il % e per i
compagni degli istituti professionali il %.
Devono quindi essere maggiormente approfonditi: la fase di transizione dalla secondaria di primo grado a quella di secondo grado; le modalità di orientamento e il grande tema del sostegno agli studenti in condizione di disagio e in difficoltà formativa.
Se si vuole valorizzare la cultura tecnica occorre, come si diceva, lavorare molto sull’orientamento non solo verso i ragazzi ma con il diretto coinvolgimento delle famiglie e in particolare attraverso un più stretto legame
tra scuola e sistema delle imprese, che debbono entrare e supportare maggiormente il sistema formativo così come agire anch’esse sulle motivazioni
presentando, con maggiore ampiezza e continuità, cosa rappresenta l’impresa oggi anche sotto l’aspetto della professionalità richiesta nell’attuale
organizzazione del lavoro, non trascurando anche la facilità dell’ingresso
nel mondo del lavoro, unitamente al riscontro economico da loro offerto.
Il nostro sistema scolastico e formativo, specie per quanto riguarda la
scuola secondaria di secondo grado e il suo rapporto con l’istruzione e la
formazione professionale, come si diceva, deve essere ricalibrato per assicurare maggiore qualità degli apprendimenti in rapporto con il mondo del
lavoro e con l’esigenza di ridurre progressivamente l’insuccesso e la dispersione scolastica portandoli a percentuali fisiologiche.
Inclusione di tutti ed eccellenza divengono quindi due obiettivi che
devono rimanere compatibili, evitando che la giusta ricerca dell’eccellen
S C U O L A E M O N D O D E L L AV O R O
za non avvenga a scapito dell’inclusione, così come quest’ultima non vanifichi gli sforzi per ottenere i massimi livelli formativi.
In questa regione, in questa provincia, gli assessori competenti hanno
promosso e supportato anche con atti legislativi e amministrativi questo
sforzo per ridurre al massimo la dispersione favorendo al contempo il raggiungimento di più alti livelli formativi.
Il biennio unitario sperimentato in questa provincia poggia su solide
basi rappresentate dalla L.R. / e da successivi protocolli d’intesa.
Questo percorso ha registrato un crescente interesse dei giovani; così
come nelle scuole interessate si è registrato un evidente miglioramento
delle percentuali riguardanti l’insuccesso scolastico, proprio in considerazione di una maggiore capacità di questi percorsi nell’utilizzare al meglio le singole capacità.
Si è quindi trovata conferma che effettivamente i percorsi integrati e
le finalità individuate attraverso un’offerta formativa più diversificata e
flessibile sono in grado di rispondere meglio alle differenti esigenze degli
studenti nel loro cammino formativo.
È molto significativo che la progettazione del lavoro abbia visto
coinvolte assieme le istituzioni scolastiche e gli enti di formazione professionale. Si è portati a pensare ai bienni integrati come una modalità
rivolta a studenti con percorsi scolastici difficili, nell’ambito dei quali
rimotivare allo studio, prevenire la dispersione, attivare percorsi personalizzati per ragazzi in difficoltà: in sostanza, biennio integrato come
strumento primario teso ad evitare il più possibile l’abbandono scolastico.
Credo si debba oggi ampliare e modificare questo concetto e ribadire che le modalità attuative del biennio integrato (cioè attività pratiche,
contatti con il mondo del lavoro, lavori di gruppo, didattica con approcci pratico-laboratoriali, codocenze, tutoraggio, stage) autorizzano a parlare dei bienni integrati come di un percorso innovativo che consente un
ampliamento e un approfondimento di integrazione fra il sapere e il saper
fare, per rafforzare la motivazione allo studio degli studenti.
In questa logica il biennio integrato va pensato e interpretato come
una possibilità per tutti gli studenti e per tutti gli indirizzi di studio e può
rappresentare una grande risorsa anche per l’inserimento degli alunni
stranieri proprio per la loro struttura e caratteristica, che consentono personalizzazioni e supporto alla didattica.
Come dimostrano le esperienze realizzate nei nostri istituti, l’arricchimento della formazione dei nostri giovani passa proprio attraverso una
sempre più forte e strategica interazione con il mondo del lavoro e la formazione professionale.

PA O L O M A R C H E S E L L I
Le esperienze dei bienni integrati, degli stage, dell’alternanza scuolalavoro non vanno scambiate come una sorta di apprendistato, bensì come
una straordinaria possibilità di conoscenza del mondo del lavoro, l’acquisizione di manualità, la traduzione in operatività del percorso formativo teorico-culturale.
In assenza di questa condizione ci troveremmo di fronte a ciò che il
mondo del lavoro non vorrebbe mai riscontrare: la frattura tra l’aspetto
informativo e culturale e la conoscenza e la cultura del mondo dell’impresa.
I mali che attraversano la nostra scuola pubblica stanno anche nella
sua difficoltà a favorire emancipazione. Stanno nella sua difficoltà ad attuare quanto è previsto dalla Costituzione: «È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana». La scuola pubblica può (deve) svolgere un ruolo
ancor più decisivo per rimuovere tali ostacoli, a condizione che assuma la
persona e la realtà in cui essa vive come centro di riferimento del processo formativo.
Un modo concreto per farlo è adottare metodologie didattiche che superino la vecchia e demotivante lezione frontale e tra queste assume un rilievo particolare l’alternanza scuola-lavoro. Un’alternanza non attuata solo in funzione professionalizzante, ma sulla base di quanto previsto dalla
recente normativa nazionale e regionale, ovvero come «modalità di realizzazione del percorso formativo progettata, attuata e valutata dall’istituzione scolastica [...] in collaborazione con le imprese».
Si tratta di dare attuazione anche in Italia a quanto previsto dal Libro bianco europeo sulla formazione del , il quale individuava la necessità di
creare una maggiore flessibilità dell’istruzione e della formazione, che vada incontro alla diversità di categorie di soggetti e di domande, lungo tre possibili linee di evoluzione:
– conferire una maggiore autonomia agli attori dell’istruzione e della formazione, perché siano più attenti alle problematiche del proprio contesto sociale;
– avvalersi dello strumento della valutazione, tramite il quale rendere socialmente rendicontabili gli investimenti nel campo della formazione;
– prestare attenzione alle categorie di individui in difficoltà, evidenziando maggiormente il ruolo della scuola di promozione dell’inclusione sociale.
Un’alternanza, pertanto, intesa come occasione che consente alle scuole
di esprimere pienamente e responsabilmente la loro autonomia nell’elaborazione, gestione e valutazione di un curriculum di studio in grado di

S C U O L A E M O N D O D E L L AV O R O
condurre gli allievi (tutti) alle mete formative (standard) definite e condivise a livello nazionale e rese trasparenti e socialmente rendicontabili (certificazione delle competenze), per evidenziare la produttività e il valore
strategico dell’investimento nella scuola.
Per un’azione di questo genere non servono nuove ingegnerie ordinamentali. Serve che vengano ripensati i programmi (o, come oggi si chiamano, gli “obiettivi di apprendimento”, espressi da centinaia di pagine
che dettagliano, ancor più dei vecchi programmi, i contenuti dei vari insegnamenti disciplinari) e che si indichino standard nazionali che, da una
parte, connotino cosa si intende per diritto all’istruzione di cui tutti i cittadini devono fruire, dall’altra rappresentino la meta alla quale le scuole
autonome si impegnano a condurre i loro allievi sulla base dei curricula e
dei percorsi che ognuna individuerà come quelli più idonei.
Un nuovo rapporto tra scuola e mondo del lavoro e delle imprese,
pertanto, può aprire nuovi spazi e offrire nuove opportunità a un’istruzione che deve sempre più superare un insegnamento inteso come trasferimento di sapere consolidato. Ma la conoscenza che diventa apprendimento non è rappresentata dal sapere trasferito, ma dal sapere “prodotto”, realizzato da ogni allievo sulla base delle proprie specificità intellettuali ed emotive e in relazione alla realtà nella quale vive.
I processi mentali che consentono di apprendere sono il patrimonio
individuale sul quale la scuola deve investire e sul quale fondare “l’uguaglianza” del processo di insegnamento, in modo che chi entra a scuola
partendo da situazioni di difficoltà trovi nel merito con cui apprende l’unico elemento che determina il suo cammino formativo.
In una prospettiva di lavoro di questo genere la realtà nella quale vivono gli allievi diventa il “laboratorio” nel quale calare l’istruzione e in tale laboratorio una parte significativa è rappresentata dal lavoro, dall’impresa e dai valori educativi e formativi di riferimento che le nostre comunità hanno elaborato e condiviso.
Tutte queste esperienze contribuiscono alla conoscenza del mondo
del lavoro e all’orientamento degli studenti.
Lo stage come forma di transizione e apprendimento è presente anche nei percorsi postsecondari come IFTS e postdiploma. L’università stessa prevede nei suoi curricula la presenza dello stage.
Risulta quindi chiaro che la transizione è attentamente predisposta
durante il periodo dell’istruzione e può trovare ulteriori opportunità nella normativa che riguarda l’apprendistato e i tirocini di inserimento che
non sono sotto la giurisdizione della scuola ma che possono prevedere forme di collaborazione, soprattutto quando gli studenti non abbiano concretizzato la loro scelta rispetto all’inserimento nel mercato del lavoro.

PA O L O M A R C H E S E L L I
Per questo motivo credo che l’incontro tra scuola e lavoro rappresenti
un’avvincente sfida culturale e formativa che può condurre il nostro sistema di istruzione a uscire dallo stantio in cui sta rinchiuso e diventare la
via attraverso cui può rinnovarsi profondamente.

Dibattito.
Dalla riflessione all’azione:
quali sinergie tra le istituzioni
e quali opportunità nel territorio imolese
Intervento di Sergio Prati*
Ringrazio a nome anche del tavolo unico degli imprenditori imolesi, che
qui rappresento, per l’opportunità concessami di poter intervenire al dibattito in corso in questo convegno.
Voglio innanzitutto esprimere il mio apprezzamento nei confronti del
Nuovo circondario imolese per l’azione di ricerca e l’attenzione da sempre manifestata nei confronti del delicato tema della transizione al lavoro.
Le indagini realizzate nel corso del triennio -, che oggi qui vengono presentate e sintetizzate, ci confermano i tratti caratteristici del nostro circondario.
Certamente non possiamo trascurare, come ci ricorda l’indagine stessa, l’attuale difficile situazione congiunturale locale caratterizzata da una
debole crescita pur in un quadro di complessiva solidità dell’economia. Il
sistema economico e sociale del territorio imolese, al pari degli altri sistemi economici, è influenzato dalla concorrenza internazionale, dalla crisi
demografica, dal tasso sempre più elevato di scolarizzazione e, complessivamente, dai processi di riorganizzazione esistenti all’interno delle imprese e più in generale nel mondo del lavoro.
In tale contesto, il circondario continua a esibire buone prestazioni
occupazionali: l’indagine ci segnala che il tasso di disoccupazione si attesta al %, ridotti appaiono i tempi di ricerca del lavoro, che si caratterizza sempre più come un’occupazione di tipo stabile; infatti circa i due terzi dei giovani che entrano nel mercato del lavoro sono assunti con contratti a tempo indeterminato. Non va però trascurata la difformità che
permane nelle caratteristiche dell’occupazione a seguito dei diversi percorsi scolastici, diplomi e lauree e soprattutto la differenza ancora esi-
* Tavolo unico degli imprenditori.

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
stente tra maschi e femmine: mentre infatti il tasso di disoccupazione maschile si attesta sul %, quello femminile è del %.
Le risorse strategiche su cui dobbiamo investire nel nostro territorio
sono le risorse umane e professionali delle persone che vi abitano e in particolare dei giovani. Dobbiamo continuamente favorire e mantenere alta
la qualità delle relazioni tra il mondo della scuola e il mondo delle imprese. In tale direzione vanno potenziate le azioni di orientamento scolastico
e professionale, al fine anche di limitare, quanto più è possibile, le forme
di dispersione scolastica.
Le azioni di orientamento devono valorizzare la forte caratterizzazione industriale del nostro territorio, in considerazione anche delle incoraggianti possibilità occupazionali che il nostro sistema economico è in
grado di offrire. L’industria del circondario costituisce il perno intorno al
quale ruota gran parte dell’economia locale, e questo è testimoniato anche, come ci segnala ancora l’indagine, dall’andamento delle scelte scolastiche compiute dai giovani studenti. È nell’industria che trova la propria
collocazione occupazionale la metà dei giovani diplomati, seguono, a distanza, i settori delle intermediazioni e attività professionali, del turismo,
i servizi, compresi quelli scolastici e sanitari.
È necessario che continuino e si rafforzino non solo le giornate dedicate all’orientamento, ma tutte le iniziative di aiuto alla scelta.
La strada intrapresa ci pare quella giusta: gli incontri a scuola, le visite in azienda, la distribuzione agli alunni e alle famiglie dei vari materiali
prodotti dagli istituti scolastici, dalle istituzioni e dalle imprese, a partire
dall’opuscolo che circa - anni fa abbiamo iniziato a realizzare come tavolo degli imprenditori, fino al video dedicato all’orientamento, realizzato dalla Legacoop e dall’API di Imola.
In questi sforzi abbiamo la necessità di non essere soli, è necessario
che tutti si sentano coinvolti, a partire dagli insegnanti e dalle famiglie, che
hanno certamente una funzione di primo piano nei processi di scelta dei
ragazzi, fino a tutti gli altri soggetti istituzionali e sociali del nostro territorio.
Aiutare i nostri ragazzi nella fase e nei diversi momenti in cui si trovano a dover scegliere significa occuparci del benessere della nostra società e della sua stabilità futura.
In sintesi, ritengo che dobbiamo continuare a mantenere fermi i seguenti punti:
– attenzione ai temi della “transizione sostenibile”. Non basta relegarli
a qualche giornata durante l’anno;
– attenzione diffusa e solidarietà istituzionale che coinvolga tutti i soggetti. Il tema non va consegnato esclusivamente agli “esperti”;

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
– la prevalenza del settore industriale nel nostro territorio non deve indurci a pensare che nel futuro ci serviranno unicamente specializzazioni
di tipo tecnico-professionale. Abbiamo bisogno di cittadini consapevoli
in possesso di tutte le competenze di base necessarie (linguistiche e informatiche) e che vogliano soprattutto continuare a imparare, a mettersi in
gioco, a crescere insieme con le imprese;
– il nostro sistema formativo e quello delle imprese deve continuamente puntare a performance di eccellenza, in modo da riuscire a trattenere
le risorse migliori esistenti e ad attrarne anche da altri territori.
Intervento di Mario Faggella*
A nome degli altri istituti aderenti alla rete, ringrazio il Nuovo circondario imolese per questa iniziativa e mi soffermo brevemente sui seguenti
due punti del tema proposto dal convegno:
. il ruolo della scuola nella transizione;
. gli interventi che essa effettua per una transizione efficace.
Gli elementi fondamentali della transizione restano:
– il contesto economico-sociale che nel circondario di Imola appare molto coeso e non presenta tensioni o problemi di particolare drammaticità;
– il contributo fondamentale del territorio a supporto dell’attività scolastica (attraverso l’azione propositiva degli EELL, delle strutture culturali, delle aziende, la realizzazione degli stage, la proposta di concorsi quale “Experiment” della Legacoop ecc.);
– lo sforzo della scuola per migliorare il proprio prodotto finale (basta
raffrontare soprattutto nell’istruzione tecnica e professionale i voti di ingresso con quelli finali dei diplomati, considerare la positività degli inserimento di allievi disabili e stranieri sempre più numerosi, tener conto delle complesse situazioni familiari di cui tutto il personale deve farsi talvolta carico, dello stesso atteggiamento poco collaborativo che gli allievi hanno talvolta nei confronti della scuola: questioni complesse e già trattate in
maniera convincente dal dottor Marcheselli sulla base di una consolidata
esperienza che il suo ruolo di dirigente provinciale gli può garantire…);
– la capacità del sistema scuola di aggiornarsi nelle proprie metodologie, indirizzi, strutture e di sostenere le esigenze produttive del territorio
senza però snaturare la propria funzione tesa a formare non solo tecnici/impiegati/professionisti preparati, ma anche cittadini partecipativi nei
diversi settori).
* Dirigente scolastico.

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
Per quanto riguarda gli interventi della scuola a favore della transizione, questa, più che un passaggio verso il lavoro o lo studio universitario programmato e favorito dalla scuola solo in determinate fasi, è in realtà
un lungo processo che accompagna gli allievi durante il loro intero percorso scolastico dall’adolescenza all’età adulta, come è stato fortemente
sottolineato dalla professoressa Bonica nel proprio intervento molto apprezzato per la concretezza dei riferimenti.
Vengono infatti abitualmente messe in atto nelle nostre scuole diverse azioni riguardanti:
– orientamento in entrata: per l’a.s. - è stato introdotto come significativa novità il DVD di Legacoop rivolto agli allievi di terza media, per
un miglior raccordo tra scelte e opportunità;
– orientamento in itinere: attraverso visite alle aziende, uffici, incontri
con esperti, passaggi tra scuole per ridurre la dispersione, stage in periodo scolastico, borse di studio estive; si pensi ad esempio che nel solo istituto Paolini-Cassiano quest’anno sono ben  gli allievi impegnati in quest’attività;
– orientamento in uscita per postdiploma: mediante gli open days presso
l’università, la navigazione in Internet, gli incontri specifici per facoltà o
anche mediante nuovi strumenti come Almadiploma sul quale vorrei soffermarmi per delinearne alcuni aspetti.
Almadiploma è un servizio del tutto nuovo che l’Istituto Paolini-Cassiano intende fornire ai propri allievi perché tende a costituire, sul modello di Almalaurea, una banca dati on line dei diplomati utile sia per università, sia per il mondo del lavoro.
La scuola vi ha aderito nell’a.s. - per:
– proseguire con maggiore continuità le esperienze di monitoraggio
(sulla qualità del proprio lavoro e sul raccordo con gli sbocchi lavorativi/professionali/universitari già svolti nell’istituto, nel circondario, nella
provincia), collegandosi con una realtà interregionale e nazionale (sono 
gli istituti che vi aderiscono);
– favorire la cultura della valutazione (formalmente temuta dagli operatori scolastici ma di fatto operante nell’opinione pubblica, nella scelta
degli indirizzi, dei corsi, delle classi, dei docenti…), superando il concetto di autoreferenzialità;
– utilizzare l’annualità della ricerca per capire, attraverso alcune domande di particolare rilevanza e comuni a quelle delle altre ricerche, il
giudizio sull’esperienza scolastica e sul ruolo dei docenti, la riuscita negli
studi (curriculum, credito, voto di diploma), le esperienze fuori aula (stage, tirocini), le conoscenze linguistiche e informatiche, le prospettive di
studio e di lavoro;

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
– fornire un servizio agli allievi, alle aziende e al territorio affinché tramite la banca dati si realizzi un proficuo incontro tra competenze e opportunità.
La rilevazione dei dati sulle scelte effettuate dagli allievi diplomati avviene attraverso la compilazione di un questionario/curriculum che gli
studenti, già informati attraverso materiali illustrativi, si impegnano ad
adeguare periodicamente; i costi sono sostenuti dalla scuola attraverso il
pagamento di  euro per ogni allievo. Alla scuola viene consegnato sia un
report specifico per l’istituto nel suo complesso, ma rapportato anche a
tutti gli altri istituti consorziati, sia un report per ogni indirizzo.
Nell’a.s. - il % dei diplomati ha accolto la proposta, mentre
in quello successivo si è registrato un notevole incremento di adesioni, pari all’%, da parte degli allievi di tutti gli indirizzi di studio presenti nella scuola.
La significatività di questo nuovo intervento per la transizione è nel:
– consentire validi confronti tra diverse ricerche su dati oggettivi;
– diffondere esperienze sull’utilità e sulle buone prassi di valutazione;
– riconfermare nel territorio il ruolo partecipativo della scuola in questo processo che coinvolge molti attori e che mira a individuare soluzioni
giuste e sostenibili da parte dei singoli studenti, delle famiglie, della società nel suo complesso.
Intervento di Luca Galipò*
Il tema dell’alternanza è sicuramente affascinante sia per l’insieme dei soggetti che a vario titolo sono coinvolti nella sua realizzazione sia per l’ampiezza delle situazioni in cui può essere declinato.
– Possiamo parlare di alternanza in generale, come momento di passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, come è stato illustrato nell’indagine qui presentata.
– Possiamo parlare di alternanza come metodologia didattica per preparare i giovani al mondo del lavoro.
– Possiamo parlare di alternanza come un mezzo per mettere in contatto chi offre lavoro con chi cerca lavoro.
– Possiamo parlare di alternanza come un momento di transizione
nella vita di un lavoratore che interrompe il proprio percorso professionale, per svolgere un percorso formativo al fine di ritornare nel mercato del lavoro.
* IAL ER. Con la collaborazione di Gianna Gambetti (CIOFS ER).

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– Possiamo parlare di alternanza nel contratto di apprendistato che prevede, durante l’orario di lavoro, la realizzazione di un percorso composto
da momenti di lavoro e da momenti di formazione separati dall’attività
produttiva.
Si tratta di situazioni differenti che richiedono da parte di tutti gli attori coinvolti approcci diversi, poiché diverse sono le finalità dell’azione
di alternanza nei diversi contesti.
Nel territorio di Imola il tema dell’alternanza è stato affrontato dalle
istituzioni locali con impegno e serietà. L’indagine sulla transizione scuola-formazione professionale-lavoro-università, la cui prima edizione si è
svolta nel , ne è una concreta dimostrazione. È stata già presentata,
ma vorrei sottolineare la sua importanza soprattutto come momento territoriale che ha coinvolto istituzioni, parti sociali, enti di formazione,
scuole, studenti e lavoratori. È stata ideata dagli enti di formazione professionale ECAP (ora CIOFS) e IAL in strettissima collaborazione con il Nuovo circondario imolese, il Comune di Imola e la Provincia di Bologna che
sono riusciti a rintracciare le risorse pubbliche e private necessarie alla
realizzazione del lavoro. Hanno contribuito in tal senso la Fondazione
della Cassa di risparmio di Imola, il tavolo unico degli imprenditori di
Imola, la Camera di commercio.
I risultati li avete già osservati.
Alcune condizioni per un’alternanza (transizione) sostenibile il punto di vista della formazione:
– il sistema dell’istruzione e della formazione dovrà identificare nell’impresa un partner fondamentale per proseguire sul cammino dell’innovazione e del cambiamento che colga le sollecitazioni dell’ambiente socio-economico di riferimento;
– le imprese e il sistema dell’istruzione e della formazione si incontrano, diventano fabbriche di conoscenza e cittadinanza dando vita a nuove
forme di collaborazione attraverso la sinergia di due diverse culture;
– il sistema dell’istruzione e della formazione e le imprese sentono entrambi la necessità di superare lo steccato tra istruzione generale e formazione applicativa, affinché le persone possano raggiungere quel successo formativo che non necessariamente si identifica con il successo scolastico;
– è opportuno realizzare un sistema di formazione lungo l’arco della vita, per consentire alle persone di sviluppare o acquisire strumenti culturali e professionali che assicurino la crescita del diritto alla cittadinanza
attiva e al lavoro;
– è importantissimo continuare nella costruzione di una rete sistematica di relazioni con soggetti esterni (aziende ed esperti provenienti dal

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
mondo del lavoro) che portino al sistema dell’istruzione e della formazione stimoli capaci di innestare processi di innovazione condividendo anche obiettivi e progettualità;
– l’apprendimento attraverso l’esperienza può essere sviluppato nell’integrazione tra mondo del lavoro e sistema dell’istruzione e della formazione.
La collaborazione presente nel territorio ci ha permesso di mettere a
punto un modello di intervento comune per l’attivazione delle esperienze di alternanza nelle varie eccezioni.
Schematicamente prevede:
. la progettazione di un percorso di alternanza individualizzato; dipende dall’età dalla situazione scolastica, professionale, personale dell’individuo; deve essere condiviso con la persona che si appresta a compiere l’esperienza;
. la preparazione dell’individuo all’esperienza di alternanza;
. la ricerca dell’azienda coerente con quanto previsto dalla fase di progettazione;
. la stesura della convenzione tra il sistema dell’istruzione e della formazione e l’azienda;
. l’inserimento della persona nel contesto oggetto dell’alternanza;
. il monitoraggio dell’esperienza;
. la valutazione dell’esperienza (raccogliendo i diversi punti di vista:
da parte dell’azienda, della persona e del sistema della istruzione e/o
formazione).
Le tipologie di esperienza:
– orientativa: per facilitare le future scelte professionali, per sperimentare il lavoro e riflettere sul suo significato;
– conoscitiva: per acquisire competenze rispetto a uno specifico ambito professionale;
– applicativa: per applicare le competenze acquisite;
– preinserimento: per sperimentare un ruolo lavorativo in forma protetta.
Le esperienze di alternanza nel nostro territorio:
alcuni numeri di riferimento (anno formativo -)
– Per i giovani che rientrano nel diritto-dovere all’istruzione e alla formazione:
IAL ER
CIOFS ER

 giovani

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
– Per i giovani che frequentano le scuole medie superiori in collaborazione con il sistema della formazione professionale (istituti: Paolini-Cassiano e Scarabelli-Ghini):
IAL ER
Paolini-Cassiano
 giovani
( IV,  V)
Scarabelli-Ghini
 giovani
( III,  IV,  V)
– Per i giovani che partecipano alle esperienze estive di alternanza studio-lavoro:
IAL ER
CIOFS ER
–
–
–
–
Borse di studio estive
 giovani
 giovani
Per i giovani delle attività postdiploma della formazione professionale:
IAL ER
CIOFS ER
 giovani
 giovani
Per le persone diversamente abili:
IAL ER
CIOFS ER

 persone
Per gli adulti che partecipano ai corsi di formazione inziale:
IAL ER
CIOFS ER
 persone
 persone
Per fasce deboli:
IAL ER
CIOFS ER
persone
 persone
La TAB.  riassume questi dati.

D I B AT T I T O . D A L L A R I F L E S S I O N E A L L’ A Z I O N E
TABELLA

Dirittodovere
IAL ER
CIOFS ER
Totale



Scuola media Postsuperiore diploma






Borse di
studio-lavoro
Diversamente
abili
Fasce
deboli
Adulti
Totale
















Conclusioni
di Paola Manzini *
Il convegno promosso dal Nuovo circondario imolese e dai dieci comuni
che lo compongono mette a fuoco il tema della transizione tra il sistema
educativo e il sistema lavoro, cogliendone alcuni aspetti essenziali.
È stato evidenziato nel corso degli interventi come la transizione fra
scuola, formazione e lavoro sia oggi non solo un processo più lungo, in
termini di tempi, ma soprattutto più articolato; non circoscrivibile a un’unica fase, quella dell’ingresso nel mondo del lavoro, ma caratterizzante diversi momenti nella vita di ciascun individuo e lavoratore. Fasi in cui – in
un processo di formazione permanente – la qualificazione e l’acquisizione di nuove competenze diventano imprescindibili.
L’analisi del fenomeno svolta negli interventi che mi hanno preceduta evidenzia tutta la complessità del processo e, in particolare, i fenomeni
relativi al mismatch e al mancato incontro tra la domanda delle imprese e
le aspettative dei giovani.
Parlare di transizione scuola-lavoro significa in primo luogo mettere
a fuoco la capacità di comunicare e di integrarsi del sistema di istruzione
e formazione e del tessuto economico-produttivo.
La nostra azione politica e amministrativa deve favorire un confronto
sistematico e una conoscenza reciproca tra gli attori coinvolti (mondo della scuola, imprese).
La scuola deve saper dialogare con il sistema economico del territorio per cogliere e valutare le aspettative e le esigenze delle organizzazioni
e delle imprese e saper trasferire ai giovani quanto il mondo del lavoro si
aspetta e richiede. Il dialogo tra i due sistemi deve permettere ai giovani
di confrontarsi con il mondo del lavoro durante il percorso formativo,
preparandoli ad affrontare il momento della transizione non come la fine
di un percorso educativo, ma come una tappa fondamentale della vita
professionale.
* Assessore Scuola, Formazione professionale, Università, Lavoro, Pari opportunità
– Regione Emilia-Romagna.

PA O L A M A N Z I N I
La scuola – senza trascurare la funzione principale di istruzione e formazione degli individui e dei futuri cittadini – deve essere messa nella condizioni di comprendere le trasformazioni, sempre più rapide, del mondo
del lavoro, interpretandone e anticipandone i bisogni e traducendoli in
percorsi.
Le imprese non possono limitarsi a costruire le proprie strategie basandosi unicamente sui costi di produzione e del lavoro, ma devono saper guardare all’istruzione e all’investimento sul capitale umano come
presupposto e azione costante per una crescita economica e produttiva sostenibile.
La nostra azione, oltre a favorire il consolidarsi di un codice comune tra istruzione, formazione e lavoro, deve focalizzarsi sulle diverse necessità di formazione (offerta formativa), anche di chi ha già fatto ingresso nel mondo del lavoro, e fare in modo che a queste necessità corrispondano percorsi e soprattutto modalità di accesso in sintonia con le
nuove esigenze.
Proviamo a guardare il tema della transizione al lavoro anche da un
altro punto di vista.
Per ridurre i tempi e i costi (individuali e collettivi) di ingresso nel
mondo del lavoro, il sistema di istruzione e formazione ha un compito comunque decisivo: oltre a puntare all’innalzamento del livello di istruzione di tutti, deve trasmettere competenze orientative necessarie per affrontare il periodo di transizione con strumenti adeguati e deve sapere trasmettere un messaggio chiaro: nella società della conoscenza è imprescindibile “apprendere ad apprendere”. Nella società ed economia della conoscenza, il successo formativo è la condizione necessaria per un adeguato inserimento nel lavoro.
In questa direzione abbiamo approvato un piano straordinario regionale per promuovere il successo scolastico, presentando un bando che
ammontava a quasi  milioni di euro. Abbiamo ritenuto che la scuola in
Emilia-Romagna avesse bisogno di un intervento straordinario e il piano
mira a promuovere il successo formativo contrastando l’abbandono scolastico e il disagio giovanile, sostenendo l’integrazione degli studenti immigrati e prevedendo la possibilità di presentare progetti da parte delle
scuole, che potevano anche indicare soggetti in partenariato per la realizzazione dei progetti stessi (da realizzare con il contributo del Fondo sociale europeo – Ob. ). L’investimento è stato di  milioni di euro.
Ma per un adeguato inserimento nel lavoro non vanno trascurati i recenti dispositivi e sistemi per l’accesso al lavoro e per l’alternanza scuola-lavoro (dall’apprendistato a tutte le azioni per favorire il conseguimento dell’obbligo scolastico e formativo).

CONCLUSIONI
La scelta strategica della Regione Emilia-Romagna è stata di investire
in percorsi che promuovono la costruzione di competenze anche per l’inserimento lavorativo nei progetti di alternanza scuola-lavoro e nei bienni
integrati. In fase di prima applicazione della legge regionale sulla scuola
/, i percorsi formativi integrati hanno interessato gli istituti tecnici
e gli istituti professionali (con priorità per questi ultimi). Dall’anno scolastico - sono stati realizzati anche nell’istruzione liceale.
L’economia della conoscenza si fonda sul trasferimento di conoscenze da quanti le generano a quanti le utilizzano e possono sfruttarle e viceversa. È oramai assodato che il dialogo non sporadico, ma sistematico, tra
questi due sistemi rappresenta la strada maestra per rendere più favorevoli all’innovazione le condizioni in cui operano le imprese. Io lo definirei un dialogo tra i sistemi costruito sull’investimento nel capitale umano.
Qualcuno ha acutamente utilizzato la definizione di “patto” tra scuola e impresa.
Credo che le istituzioni non debbano ridursi a svolgere una funzione
notarile tra i contraenti di questo patto, ma debbano invece agire in modo concreto e propositivo perché tra i due sistemi si realizzi una transizione sostenibile, e una crescita di quello socio-economico caratterizzata
da un adeguato bilanciamento tra obiettivi di competitività del sistema
economico e coesione ed equità sociale.

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Per una transizione sostenibile. Il passaggio dalla scuola al mondo