VI GIOVEDÌ 17 NOVEMBRE 2011 il Cittadino Sezione S logan gonfi di populismo rura le e retorica del carattere itali co tutto aratro e spada. Avreb bero dovuto celebrare il nuovo Impero fascista «creato col sangue, fecondato col lavoro e difeso con le armi », secondo il verbo del Capo. Poi la Storia andò diversamente: le cose durarono molto meno e furo no assai più tragiche. Ma quelle scritte oggi settanta, ottanta anni dopo sono rimaste le ultime, e bi sognerebbe salvarle. Altrimenti non rimarrà più niente a racconta re una certa storia sociale del no stro Novecento. Le ultime scritte fasciste del Lodi giano, almeno della zona nord, e del Sudmilano, si concentrano a Casolta e Mongattino, piccole fra zioni di un territorio comunale grande come quello di Mulazzano. Sul versante opposto c’è una trac cia a Gugnano, frazione di Casalet to Lodigiano. Tutto attorno i paesi hanno cambiato volto, ma qui gli abitati sono rimasti più o meno quelli. Usciti da Quartiano in dire zione sud, al gomito di via Tricolo re l’occhio coglie un primo motto sbiadito dal tempo ma ancora chia ro: “Chi ha del ferro ha del pa ne”, emblemati co abbinamento fra i due pretesi capisaldi della nuova militare sca razza forgia t a d a l re g i m e mussoliniano. La scritta è su uno stabile tut tora appartenen te all’ospedale Maggiore di Mi lano. Oltre la chieset ta della Natività di Maria, un al tro edificio di smesso (con il motto rivolto in sen so opposto) reca la frase “La vita chiama la vita”, invito alla fecondi tà della giovane nazione contro le decadenti «potenze plutocratiche» inglese e francese, già in denatali tà. Ci vuole attenzione invece per cogliere, un chilometro più avanti in frazione Mongattino, un’altra esortazione alle plebi. Sulla casci na di fronte alla riseria appare qualcosa che somiglia a “La terra chiama i soldati al lavoro”, sempre tratta dal bagaglio sterminato di Mussolini. Difficile stabilire il momento esat to del regime nel quale si collocano tali proclami. Alcuni studi di sto ria locale, come il Mulazzano mille anni di storia di Giovanni Canzi (2000) riportano, del Ventennio in paese è del 1869 la soppressione dei comuni autonomi di Quartia no, Cassino D’Alberi e persino Iso la Balba notizie interessanti come la concessione della cittadinanza onoraria al fondatore del fascismo (1924) e il premio di 500 lire a Pietro Tra le cascine di Mulazzano alcuni testi ancora leggibili Le scritte fasciste sui muri: una testimonianza storica Le ultime lettere sbiadite tra Alto Lodigiano e Sudmilano Soresina per il decimo figlio nato nel 1937. Anche gli opuscoli e le ri cerche della ProQuartiano rappre sentano una traccia per chi vuole approfondire i dettagli di queste te stimonianze ormai remote. Un’altra sopravvivenza del fasci smo rurale nel Lodigiano è a Gu gnano di Casaletto, dove sul muro interno di un cortile lungo la via principale sopravvive una piccola scritta “È l’aratro che traccia il sol co ma la spada che lo difende”: la stessa scritta che i mulazzanesi meno giovani ricordano in pieno centro, vicino alla parrocchia di Santo Stefano. La “mobilitazione” delle masse contadine dentro le grandi ideologie (urbane) è un pro blema antico quanto il Potere. Na to quando lo Stato ha finito – più o meno con i romani – di essere città stato ed è diventato nazione inglo bando un contado. Ne sapevano qualcosa i romani stessi, con il loro complicato sistema di “cittadinan za” che cercava di tener buoni tutti estendendo con prudenza somma il Dall'alto in senso orario la scritta di Casolta di Mulazzano «Chi ha del ferro ha del pane», l'arco di Riozzo, la cascina Mongattino di Mulazzano con il testo quasi illeggibile, forse «La terra chiama i soldati al lavoro» diritto di voto e di magistratura. Ne sapevano qualcosa gli uomini della Controriforma cattolica a partire da San Carlo Borromeo, i quali – pur comprendendo che i contadini una qualche religione non l’avrebbero mai abbandonata – temevano le tentazioni blasfeme dell’Alfabeto dei Villani e le eresie paraprotestanti, mentre Sant’Al fonso De’ Liguori esortava il con fessore perfetto nel sapersi acco stare anche ai «rozzi». Anche il fascismo si trovò di fronte all’enigma di un mondo agricolo che doveva fornire pane, figli e braccia per la guerra, ma preferiva il Rosario a Sorel e Nietzsche. Ma le campagne non si sviluppano con la vernice sui muri. Emanuele Dolcini