LA MATEMATICA È
DAPPERTUTTO!
Laboratori di matematica creativa
Attività di formazione
in didattica della matematica
a.s. 2011-2012
a cura di
Farida Magalotti
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Premessa...
...per spiegare il percorso
Ispirati alla teoria del pensiero laterale di Edward de Bono,
i laboratori hanno posto gli insegnanti di fronte
alla necessità di prendere coscienza che una componente
creativa caratterizza ogni operazione matematica.
Nuclei tematici affrontati:
−
creatività come libertà espressiva non banale
−
creatività in matematica
−
pensiero verticale e pensiero laterale
−
lavorare in classe col pensiero laterale per progettare percorsi
−
il laboratorio di matematica
−
l'ascolto attivo e le diversità di punti di vista per superare il conflitto
Teorie incontrate:
−
Bruno Munari: creatività, immaginazione, fantasia e invenzione;
−
Edward de Bono: pensiero verticale e pensiero laterale; lavorare in gruppo col
pensiero; laterale; progettare percorsi con i “cappelli”;
−
Betty Edwards: lavorare con la parte destra del cervello;
−
Guy Brousseau: le situazioni d'apprendimento.
Metodologia di lavoro e precisazioni
Ogni incontro è stato caratterizzato da momenti teorici e pratici; sono state evidenziate proposte di
lavoro da attuare nelle realtà scolastiche di riferimento.
Per ogni laboratorio è stato costituito un gruppo di lavoro che, oltre a raccogliere la documentazione
della formazione, ha provveduto a monitorare le attività messe in atto durante l'anno scolastico nelle
diverse realtà educative al fine di realizzare la documentazione che viene qui proposta nonché la
mostra didattica che arricchisce il seminario finale.
Questo report è stato realizzato, dunque, grazie all'impegno di alcune colleghe le quali hanno
appuntato lezioni, dialoghi, confronti, esperienze, con grande maestria e finezza. Si noteranno, infatti,
parti dialogate che vengono mantenute nella loro immediatezza perché rispecchiano un tipo di lavoro
laboratoriale, costruttivo, euristico che ha attraversato tutta la formazione.
Spesso si usano terminologie che rientrano nelle espressioni tipiche della didattica della matematica;
si presuppone che tale documentazione abbia come substrato le teorie afferenti a tale disciplina. Si
evidenzieranno parti non propriamente scorrevoli dal punto di vista della struttura linguistica o
ripetitive, ciò è dovuto alla varietà del materiale raccolto e alla scelta di mantenere l'originalità dei
percorsi effettuati.
I nomi degli autori richiamati durante le lezioni teoriche vengono messi tra parentesi senza richiami o
note a piè di pagina; per le precisazioni si può vedere la bibliografia finale.
Il mio rapporto con la matematica
In ogni laboratorio, gli insegnanti hanno cercato nella storia personale la memoria degli anni passati,
alla ricerca di un rapporto con la matematica segnato da esperienze significative e profonde.
I frammenti autobiografici sono sintetizzati alla fine della documentazione.
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Bruno Munari: fantasia, invenzione, creatività ed immaginazione.
(Tratto da una lezione a Venezia del 1992)
“La fantasia permette di pensare a qualcosa che prima non c’era senza nessun limite…anche cose
che non sono realizzabili praticamente. L’esempio è quello del drago di San Giorgio… che non esiste
ma è fatto con parti di animali esistenti […]
L’invenzione invece produce qualcosa che prima non c’era… ma senza problemi estetici…
L’inventore produce un meccanismo e non si preoccupa che sia anche bello, si preoccupa solo che
sia perfettamente funzionante […] poi c’è la creatività, che usa sia la fantasia che l’invenzione per
produrre qualcosa che prima non c’era ma che sia realizzabile e funzionante.
L’immaginazione permette alle persone di immaginare quello che la fantasia, l’invenzione e la
creatività producono.”
“Allenare la creatività… si fa con la sperimentazione. La creatività opera nella memoria, come la
fantasia e l’invenzione… più dati ci sono e più si possono fare collegamenti […]io mi preoccupo
sempre che un giocattolo possa essere manipolato dal bambino, non deve essere solo da guardare”
PRIMO INCONTRO: UN PERCORSO DA COSTRUIRE INSIEME
Obiettivo: scoprire il piacere di fare matematica insieme, farlo con le emozioni, col corpo, con le
mani, con la mente e col cuore.
Bruno Munari nel suo testo “Fantasia” riflette su un interessante intreccio e individua nell’uomo
quattro funzioni:
fantasia, invenzione, creatività e immaginazione.
Analizzando le quattro funzioni e mettendole in relazione con la didattica della matematica, si
possono evidenziare interessanti osservazioni.
FANTASIA
“La fantasia è la facoltà più libera delle altre, essa, infatti, può anche non tener conto della
realizzabilità o del funzionamento di ciò che ha pensato.” (Munari)
La fantasia permette di pensare qualcosa che prima non c’era, anche cose che non sono realizzabili
praticamente. Non è necessario creare sempre qualcosa di pratico, utile o che serve a qualcosa. Anche
la matematica non si fa perché è utile, o perché serva a qualcosa. La matematica è una forma mentis,
è una sfida, è un modo di vedere il mondo.
La fantasia permette di costruire nella mente qualcosa che non c’è nella realtà, così come la
matematica non ha nulla di concreto, è completa astrazione.
Per costruire concetti nuovi abbiamo bisogno di fare un salto cognitivo: partire da ciò che abbiamo
già per giungere all’astrazione.
INVENZIONE
” (...) usa la stessa tecnica della fantasia (…) ma finalizzandola ad un uso pratico.” ( Munari)
Chi inventa produce qualcosa che prima non c’era, ma senza problemi estetici, non si preoccupa che
sia bello, “si preoccupa che sia perfettamente funzionante.” (Munari)
L'invenzione è una funzione tecnica.
In matematica l'invenzione ha caratterizzato le storie di genialità divergenti, capaci di dedicare una
vita intera a realizzare qualcosa di nuovo, senza preoccuparsi di andare contro le tradizioni.
CREATIVITA’
Usa sia la fantasia che l’invenzione per produrre qualcosa di nuovo, ma che sia realizzabile e
funzionante, comprende tutti gli aspetti di un problema: psicologici, sociali, economici e umani.
Creatività e matematica sono una coppia vincente: proveremo a dimostrarlo.
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IMMAGINAZIONE
Serve per immaginare quello che la fantasia, la creatività e l’invenzione producono. L’immaginazione
è una funzione razionale umana. Quando l’immaginazione si acquieta anche la voglia di costruire
qualcosa di nuovo sfuma: questo ci fa capire come sia pericoloso perderla! L’immaginazione è una
funzione assolutamente astratta che ci permette di rappresentare e dar forma al mondo con la mente.
DUNQUE ESSE SONO FONDAMENTALI PER LO SVILUPPO DI UN PENSIERO MATEMATICO. Infatti, la
creatività cresce e si sviluppa solo se ci sono conoscenze. Ogni insegnante deve acquisire la
consapevolezza che la matematica è l’espressione più astratta e se non la si studia non può essere
insegnata.
Un dubbio degli insegnanti:
“Siamo d’accordo con te, ma non è quello che facciamo con i bambini.
Noi lavoriamo sul concreto!”
MATEMATICA: ASTRAZIONE PURA
Il passaggio all’astrazione è il salto di qualità per permettere al bambino di costruire analogie, di
assumere un vero e proprio atteggiamento matematico. Dopo le operazioni concrete, tipiche delle
attività di scoperta quotidiana, non dimentichiamo di portare i nostri bambini verso la
generalizzazione, operazione concettuale fondamentale della quale parleremo diffusamente.
Il percorso piagetiano secondo il quale il bambino usa concetti astratti solo dopo i dieci anni è stato
rivisto: il bambino sin da piccolo, attraverso i ricordi e la memoria, usa l’immaginazione. Verso i
dodici/quindici mesi si riconosce allo specchio: scatta allora la funzione immaginativa. È in questa
fase che il bambino incomincia a concettualizzare: immagina concetti.
Quella immaginativa è la funzione razionale per eccellenza per cui, nel momento in cui essa viene
stimolata, si prepara la disposizione mentale che porterà ogni bambino a misurarsi con le operazioni
matematiche che si costituiranno gradualmente nel tempo grazie alla possibilità di concettualizzare.
MATEMATICA, IMMAGINAZIONE E CONCETTUALIZZAZIONE
La matematica, astrazione pura, necessita dell’immaginazione. Bisogna tenere attiva
l’immaginazione affinché fantasia e invenzione accompagnino le nostre attività.
Per sviluppare la concettualizzazione è importante adottare un atteggiamento problematizzante: non
sostituirsi al bambino nel ragionamento. Il bambino, infatti, deve avere la possibilità di costruire le
sue strutture mentali. Se non stimoliamo adeguatamente il bambino, fin dalla nascita, non si
costituiranno i cablaggi, soggetti delle strutture di riferimento per ogni apprendimento (cablaggio:
funzione che permette la costruzione di cellule neuronali della corteccia cerebrale). La possibilità e
la ricchezza di esperienze sono responsabili delle strutture concettuali dell'essere umano; nelle
situazioni di grave deprivazione sociale, la mancanza di stimoli adeguati porta i bambini a deficit
intellettuali gravi e irreversibili.
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COSA POTREBBE ESSERE UTILE FARE?
Munari afferma:
“Allenare la creatività con la sperimentazione. La creatività opera nella memoria, come la fantasia
e l’invenzione … più dati ci sono e più si possono fare collegamenti … io mi preoccupo sempre che
un giocattolo possa essere manipolato dal bambino, non deve essere solo da guardare.”
È importante lavorare sulla manualità perché oggi i bambini sono sempre più digitali, ma è
altrettanto fondamentale operare con la memoria: più dati ci sono nella nostra memoria, maggiore è
il numero di collegamenti che si possono compiere.
COME STIMOLARE LA MEMORIA?
La memoria è la funzione che ci permette di divenire elastici. La memoria può essere stimolata con
giochi che facilitano funzioni razionali e aprono a molteplici possibilità.
Fondamentali divengono anche le emozioni perché senza di esse le funzioni intellettuali non si
attivano. La memoria funziona se qualcosa ci interessa.
Gli studi sulle neuroscienze hanno confermato un legame inestricabile fra aspetti cognitivi, meta
cognitivi ed emozionali.
Gli aspetti emozionali non possono essere separati da quelli cognitivi, così come quelli individuali
da quelli sociali.
Damasio, nel testo “L’errore di Cartesio”, evidenzia che noi continuiamo a sottovalutare
l’implicazione emozionale nella scuola e nella società.
Non si può staccare il corpo dalla mente, c’è crescita mentale se c’è una implicazione corporea ed
emozionale.
EMOZIONI E ANOMIA AFFETTIVA
Martha Nussbaum, nel suo libro “Non per profitto”, evidenzia che nella società contemporanea si
assiste alla burocratizzazione della vita sociale. I fenomeni socio-economici e politici assumono
sempre più un carattere impersonale.
Gli effetti sono molteplici sulle persone:
- indebolimento dell'immaginario morale;
- acquiescenza verso le atrocità;
- tendenza a delegare e a non provare rimorso;
- graduale “dissecarsi dell’anima” (concetto usato anche da U. Galimberti).
- anomia affettiva (non avere le parole per descrivere le emozioni).
Già Vygotskij, negli anni '30 del secolo scorso, aveva evidenziato che senza il linguaggio non c’è il
pensiero (“Pensiero e linguaggio”).
L’autrice propone di trovare strategie per mantenere l'accesso a quella conoscenza che nutre la libertà
di pensiero e di parola, l'autonomia del giudizio, la forza dell'immaginazione come altrettante
precondizioni per una umanità matura e responsabile.
Proposte per creare menti che ragionano:
- attuare una cultura del dissenso individuale;
- divenire responsabile delle proprie idee/azioni;
- sviluppare l’immaginario e il pensiero indipendente.
RIFLESSIONI SULL'INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO
Riflettendo sulle teorie proposte, possiamo condividere la necessità, oggi più che mai, di prendere
in carico le nostre responsabilità di insegnanti.
Attraverso le discipline, l’insegnante deve fare in classe con-fusione. Il termine richiama la fusione
di pensieri in un contesto in cui ogni individuo può esprimere la propria opinione, senza aver timore
di sbagliare, ma arricchendo le possibilità di scelta.
La matematica può avere un ruolo molto importante in questo senso. Aiuta a far divenire
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responsabili delle proprie idee, ma, ancora una volta, non possiamo disgiungerla dalle emozioni.
Rosetta Zan in “Difficoltà in matematica” afferma che gli aspetti emozionali sono fondamentali
per apprendere. L'aspetto cognitivo non è separato da quello emotivo, l’ansia influenza
l’apprendimento.
Non dimentichiamo inoltre che ogni azione soggettiva è il risultato dell’interpretazione della realtà.
Interpretare la realtà è sempre un lungo processo che nasce e cresce nella storia di ciascuno di noi.
Ognuno ha convinzioni esplicite e implicite, per cui l’attenzione agli aspetti emozionali è necessaria
per non essere affetti da quella anomia affettiva che abbiamo già citato.
Possiamo concludere affermando che:
- il pensiero narrativo è fondamentale per costruire il pensiero logico e scientifico;
- l’importanza di attività laboratoriali si impone (es: il piedibus, le carte frazionarie, ….)
- è altrettanto basilare evidenziare che l’iperstimolazione è dannosa quando non consente ad ogni
bambino la presa di coscienza del suo sapere che si sta costruendo.
PROPOSTE DIDATTICHE:
- problemi con storie che colpiscono, con quel qualcosa in più che rende il processo di pensiero più
faticoso, ma non troppo lontano dalle conoscenze del bambino (c.f.r.zona di sviluppo prossimale di
Vygotskij);
- rompere il “contratto didattico” con sfide e trabocchetti che coinvolgono il bambino e lo
incuriosiscono approntando situazioni “a-didattiche” e laboratoriali;
- problematizzare il reale con proposte vicine al vissuto del bambino;
- rappresentare il reale mediante il pensiero narativo, quello logico e l'atteggiamento scientifico;
- usare giochi e giocattoli costruiti e pensati con i bambini.
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SECONDO INCONTRO: EDWARD DE BONO E IL PENSIERO LATERALE
Prima parte: “Progettare con i cappelli”
Seconda parte: esperienza diretta con la metodologia dei “cappelli”
IL PENSIERO DIVERGENTE di E. DE BONO
Personaggio eclettico e originale, Edward De Bono è l'ideatore del concetto di pensiero laterale. Le
sue teorie sulle possibilità del pensiero e sul suo funzionamento, le strategie individuate per
affrontare in maniera originale le criticità e progettare contesti creativi sono utilizzate da grandi
aziende in tutto il mondo per trovare soluzioni nuove ai più svariati problemi.
Il pensiero laterale non procede in maniera sequenziale e lineare come quello verticale/logico
(causa/effetto) ed è utile per affrontare situazioni in cui la logica formale è inefficace. Offre la
possibilità di affrontare i problemi partendo da vari punti di vista per cercare soluzioni originali. Il
pensiero laterale non sostituisce quello logico razionale, ma lo integra. E' quel pensiero che, anziché
essere sicuro, cerca di considerare le situazioni problematiche prendendo più strade possibili per
aumentare le variabili nelle scelte risolutive.
Per comprendere meglio il concetto, il gruppo si sforza di immaginare di essere in auto in un vicolo
cieco in cui l’unica cosa possibile sia invertire la marcia per tornare indietro. Il pensiero laterale può
essere paragonato alla retro-marcia che ci consente di invertire la rotta quando procedere sulla strada
conosciuta non è più efficace.
Nella pratica didattica abituare i bambini ad un pensiero laterale significa abituarli ad affrontare
nuove situazioni in maniera elastica ed originale.
Le prove Invalsi, ad esempio, richiedono un atteggiamento aperto e divergente, rappresentano la
necessità di usare strategie di pensiero capaci di affrontare le novità senza scoraggiarsi e con un
atteggiamento costruttivo.
Il gruppo viene stimolato ad approfondire queste tematiche attraverso la lettura di alcuni libri in cui
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vengono illustrate, tra le altre cose, strumenti utili a liberare il pensiero dai meccanismi della logica
classica con la quale siamo portati ad affrontare quotidianamente i problemi; proveremo così a
rendere il nostro modo di affrontare le situazioni in un certo senso “ir-ragionevole” per aprirci a
nuove prospettive. Si tratta di apprendere vere e proprie tecniche di apertura mentale come:
INVERSIONE: capovolgimento della situazione che porta a immaginarla invertendo i
termini nei quali si presenta (es: anziché il lattaio serve i clienti, i clienti servono il lattaio: Quando?
Come? Cosa succederebbe allora?...).
DISTORSIONE ovvero mettere in discussione i presupposti: mai considerare un
presupposto come verità assoluta! Noi usiamo continuamente convenzioni costruite socialmente;
rendere anomala una situazione significa riflettere sulle incertezze e provare sempre ad affrontarle
(es: cambiare di posto ai ruoli scontati, cambiare la funzione a oggetti determinati...).
GENERAZIONE DI ALTERNATIVE: è fondamentale esplorare modi possibili per trovare
più soluzioni di fronte ad un problema. Non miriamo ad avere bambini efficienti, ma bambini che
pensano. Dal confronto fra varie possibilità nasce la soluzione più efficace. La ricerca ci ha fatto
scoprire che la ricchezza inventiva è inversamente proporzionale all'età: i bambini hanno molte più
idee di noi, diamo loro la possibilità di mantenerle nel tempo! (es: progettiamo una tazza che non può
rovesciarsi, un libro che non sia da leggere....).
VALORIZZAZIONE DELL’ERRORE: partire dall’errore per immaginare nuove situazioni
che da esso scaturiscono, sospendere i giudizi di fronte alla possibilità di esprimere proposte
utilizzando strutture concettuali nuove. (es: cosa ne faresti di un contenitore bucato? Lo butteresti?
Oppure?....)
L'obiettivo non è cercare la risposta ma diverse modalità di ragionamento
per affrontare situazioni problematiche
SEI CAPPELLI PER PENSARE
Una possibilità di affrontare situazioni problematiche stimolando l’emergere di nuovi percorsi è
l’utilizzo dei “cappelli”.
Nel suo libro “Sei cappelli per pensare” De Bono individua le differenti funzioni che gli interventi
dei partecipanti a una discussione possono assumere, proponendo l’uso di cappelli colorati che
rendono la discussione da un lato più organizzata e dall’altro consentono ai partecipanti di
raggiungere maggiore consapevolezza di ragionamento.
I differenti cappelli, “indossati” a turno dai protagonisti, consentono di affrontare il problema da
molteplici punti di vista. E' un metodo che consente di organizzare diversi tipi di pensiero per
prendere decisioni efficaci ed appropriate, sfruttando appieno anche gli aspetti più ottimistici, senza
però perdere di vista quelli realistici.
De Bono ha previsto l'uso di sei cappelli: bianco, rosso, verde, nero, giallo e blu. Ognuno prevede un
tipo di comportamento e l'attivazione di un determinato modello di ragionamento.
CAPPELLO BIANCO- Funzione oggettiva: chi lo indossa definisce i dati nudi e crudi a
disposizione.
CAPPELLO VERDE - Funzione creativa: fa emergere tutte le idee per realizzare il
progetto, anche le più “irrazionali”. Il pensiero è libero, svincolato da regole formali, le sue soluzioni
devono essere le più originali, indipendentemente dalla loro fattibilità.
CAPPELLO GIALLO - Ottimismo: il pensiero si fa positivo, il progetto possibile; si cerca
di individuare le risorse a disposizione per realizzarlo, comprese le competenze nel gruppo di lavoro.
CAPPELLO NERO - Pessimismo: il pensiero si sforza di individuare tutti gli ostacoli che si
presentano alla realizzazione del progetto e prova ad esaminarli.
CAPPELLO ROSSO - Emotività: il pensiero esprime la sua spinta istintiva, la passionalità,
la voglia di realizzare il progetto; intuizioni e presentimenti sfumano in decisioni che cominciano a
delinearsi.
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CAPPELLO BLU – Organizzazione: chi lo indossa coordina l'uso degli altri cappelli.
ALCUNE POSSIBILI APPLICAZIONI NELLA PRATICA DIDATTICA.
Scuola dell’infanzia e primo ciclo scuola primaria
Prima situazione: utilizzo del materiale di facile consumo e di recupero per la realizzazione di
nuovi oggetti.
Seconda situazione: individuare in gruppo situazioni che risvegliano emozioni riconducibili ai
diversi colori dei cappelli.
Scuola primaria secondo ciclo e scuola media
Prima situazione: come si sbagliano le espressioni, come fare per non sbagliare.
Seconda situazione: alla ricerca di strumenti per rendere efficaci le esercitazioni in classe.
Possono essere utilizzati degli occhiali colorati al posto dei cappelli.
LABORATORIO: PROGETTIAMO CON L'USO DEI CAPPELLI
Il gruppo, sistemato in cerchio, individua diverse criticità da affrontare. Procederà poi alla definizione
di un solo problema che verrà affrontato con la metodologia dei cappelli, posti in mezzo al gruppo.
La formatrice indosserà il cappello blu per coordinare i lavori.
PRIMA DOCUMENTAZIONE
Argomenti critici individuati:
Il tempo scuola e i tempi di insegnamento/apprendimento.
Il rapporto con i genitori.
I conflitti fra i bambini.
Si sceglie il terzo problema, quello dei conflitti all’interno delle classi.
Definizione del problema
I conflitti: difficoltà legate ai conflitti che si creano nelle situazioni di insegnamento-apprendimento.
Come gestire i conflitti nel gruppo/sezione/classe.
CAPPELLO BLU: I conflitti sono un disagio. Cosa ci possono insegnare nel momento in cui
vogliamo costruire qualcosa di nuovo? Cominciamo dal cappello bianco che ci porta a riferire dati
oggettivi.
Ogni insegnante che vuole riferire i dati della propria classe/sezione indossa il cappello bianco (C.B.)
C.B. - Classe quinta in situazione di lavoro autogestito i bambini dovevano organizzarsi per risolvere
7 problemi trovando un'unica soluzione per tutta la classe. Dopo più di 40 minuti non si erano ancora
dati una struttura. L’attività alla fine non si è fatta. Durata dell’attività, le prime due ore del mattino.
C.B. – Classe terza composta da diversi bambini dotati, ma problematiche affettive forti, si vogliono
mantenere al centro dell’attenzione: uno interviene sempre a sproposito, uno molto dotato crea
costantemente situazioni di disagio, uno ferma l’attenzione su di sé e un’altra li prende in giro. 1/3
dei bambini della classe produce aspetti conflittuali.
C.B. – 16 bambini, circa la metà con difficoltà relazionali, le famiglie negano.
C.B. - Classe quinta, 18 bambini, i conflitti nascono rispetto ai VOTI nei 2/3 dei bambini.
C.B. - Classe terza, su 19 bambini 1/3 ha problemi relazionali.
C.B. - Classe quarta 18 alunni, meno dei 1/3 di loro manifesta conflitti durante l’intervallo.
C.B. - Classi seconde, 15 e 16 alunni, in una classe conflitti tra le femmine durante l’intervallo.
C.B. - Classe terza, netta prevalenza femminile, 1/3 delle femmine crea situazioni di conflitto
specialmente durante l’intervallo.
C.B. - Tre classi seconde, una di 17 alunni con 3-4 bambini rumorosi durante il lavoro e che si
vogliono far notare; in quella di 23, circa la metà crea situazioni di disturbo durante la spiegazione
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rendendo l’attività difficoltosa; infine in quella da 24, circa 1/6 disturbano durante l’attività.
C.B. - Classi terze, in media 1/3 crea situazioni di conflitto durante il gioco libero.
C.B. - Tre classi quinte, conflitti per i voti e in palestra.
C.B. - Classe quarta, un bambino perché si oppone al lavoro, rifiuta le regole.
C.B. - Scuola dell’infanzia, 26 bambini dai 3 ai 5 anni: tra le femmine di 5 anni ce ne sono alcune che
vogliono dominare nel gioco libero e tra i piccoli due di questi non accettano le regole date da
insegnanti e compagni.
C.B. - Scuola dell’infanzia, 26 bambini tra i 4 e 5 anni con un bambino segnalato: circa metà della
sezione manifesta conflitti per motivi linguistici, poiché la metà dei bambini è di provenienza non
italiana.
C.B. - Classe quarta, 23 alunni: più della metà della classe ha conflitti durante l’attività e il gioco
libero.
C.B. - Classe terza, 22 alunni, conflitti tra le femmine nel gioco libero, circa 1/3.
C.B. - Classe 5 , 2 su 15 alunni con disagi.
C.B. - Classe prima, 16 alunni, vogliono primeggiare, specialmente tra i maschi, conflitti per la fila.
CAPPELLO BLU: Analizziamo le COSTANTI
TEMPO LIBERO: difficoltà di gestione e intervallo non utilizzato in modo giocoso.
COMPETITIVITA’
RELAZIONI DIFFICILI TRA GRUPPI OMOGENEI: maschi con i maschi e femmine con le
femmine.
CAPPELLO GIALLO: Propongo giochi pro-sociali. La mia esperienza, 2 ore ogni settimana per tutto
l’anno in una classe quarta. Attività didattica sospesa a favore di quella ludica.
CAPPELLO VERDE: classi in verticale, uso del tutoraggio ad esempio durante la ricreazione,
l’obiettivo: coinvolgere i più piccoli e responsabilizzare i grandi.
CAPPELLO VERDE: per smorzare situazioni di conflitto inventare lavori sul corpo, sul respiro, sul
movimento, controllando la tensione.
CAPPELLO NERO: Non si può fare il tutoraggio i grandi sono al primo piano e i piccoli al piano
terra.
CAPPELLO ROSSO: l’idea del tutoraggio va difesa soprattutto nella gestione della relazione.
Qualcuno mi aiuterà.
CAPPELLO VERDE: si può lavorare a classi aperte.
CAPPELLO ROSSO: si può fare, bisogna crederci!
CAPPELLO GIALLO: fare lavori con i genitori, una proposta è stata quella di andare una volta ogni
due mesi a mangiare la pizza insieme senza figli, per conoscersi meglio.
CAPPELLO BLU: state dicendo quindi che il lavoro non si può/deve fare solo in classe?
CAPPELLO VERDE: utile anche il tutoraggio libero, all’interno della classe per superare la
competizione, chi ha capito il lavoro spiega all’altro.
CAPPELLO NERO: così però i bambini bravi ad un certo punto si stancano e si sostituiscono ai
compagni.
CAPPELLO VERDE: per evitare la competitività si possono eliminare i voti.
CAPPELLO BLU: sono emersi tre problemi
GENITORI
TUTORAGGIO
VOTI SI’-VOTI NO
CAPPELLO ROSSO: se si abituano fin dalla prima si crea fin da subito un clima favorevole di aiuto.
Chi ha capito o ha finito prima, aiuta l’altro.
CAPPELLO NERO: vogliamo sempre aiutare sulla pelle di chi è meno bravo, è giusto dare il tempo
anche a chi è meno brillante.
CAPPELLO BLU: come costruire il rispetto dell’altro?
CAPPELLO NERO: quando iniziano a camminare da soli? Sempre sentirsi aiutati non è positivo.
CAPPELLO BIANCO: nel rapporto con le famiglie credo che il genitore sia in soggezione perché si
sente colpito nel segno. Come a dire la colpa è tua per com’è tuo figlio. Il genitore non si sente libero.
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CAPPELLO BLU: come collaborare con le famiglie?
CAPPELLO BIANCO: nelle assemblee e nei colloqui.
CAPPELLO VERDE: creare altre occasioni, come visione di un film e dibattito.
CAPPELLO NERO: però la visone del film non ha funzionato nella mia esperienza.
CAPPELLO BLU: state dicendo che il tempo istituzionale non basta e il film non ha funzionato?
CAPPELLO VERDE: bisogna aprire la porta dando una ipotetica soluzione ad un preciso problema,
creando un contratto implicito o esplicito con un singolo genitore. Passo passo.
CAPPELLO VERDE: bisogna fare un progetto che riguarda la classe, si deve pensare a qualcosa di
più allargato che prevede la lettura di libri consigliati a scuola ma anche a casa con i propri genitori.
Un accordo con i genitori che sono informati in assemblea degli obiettivi del progetto e di cosa è
chiesto loro di fare. Si propongono scambi di inviti a casa con bambini diversi, magari anche chi non
è proprio molto simpatico. Scambi di giochi di società da fare a casa con i genitori. Poi a scuola in
cerchio e con il microfono per prendere la parola si condividono i problemi.
CAPPELLO NERO: non si può lavorare con un singolo bambino, bisogna impostare un progetto su
tutta la classe/sezione.
CAPPELLO VERDE: sì ai progetti a scuola, ma con piccoli interventi differenziati e singoli.
CAPPELLO NERO: riferito al progetto che coinvolge i genitori, io non sono capace a gestire tutti
questi genitori.
CAPPELLO ROSSO: bella l’idea del microfono!
CAPPELLO NERO: ho vissuto una situazione molto difficile completamente negata dai genitori fino
alla terza, momento in cui i genitori si sono sentiti “costretti” a chiedere aiuto perché il bambino è
“scoppiato”. E’ stata una sconfitta.
CAPPELLO BLU: la sconfitta è da mettere in preventivo, non siamo maghi, non dobbiamo avere
sensi di colpa, fa parte del nostro lavoro.
CAPPELLO NERO: e se il problema fossi io?
CAPPELLO VERDE: l’insegnante può chiedere consulenza per sé.
CAPPELLO BLU: nel cerchio si può usare anche il bastone della parola, il gomitolo della parola, che
crea un intreccio, pensieri collegati. Oppure usare un gomitolo composto da pezzi di lana portati a
scuola da ogni bambino.
CAPPELLO GIALLO: progetto sui conflitti con un esperto che lavorava con insegnati e genitori ma
visti separatamente.
CAPPELLO VERDE: proposte come, gioco a “Vince chi perde” o creare momenti di gioco per
rafforzare il gruppo.
CONCLUSIONE DEL LABORATORIO:
le proposte sono state indicate dalle insegnanti come possibili progetti da affrontare; i risultati
saranno discussi negli incontri del prossimo anno.
SECONDA DOCUMENTAZIONE
Definizione del problema: il rapporto con i genitori.
Difficoltà nei colloqui: come riuscire a gestire questa relazione?
Dati evidenziati con il cappello bianco:
−
diffidenza nei confronti del nuovo
−
scarico di responsabilità
−
mancanza di fiducia nell'istituzione scolastica
−
non accettazione delle difficoltà dei bambini
−
scavalco del rapporto di fiducia nei confronti del lavoro dell'insegnante
−
interferenza nelle scelte metodologiche
−
indifferenza
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Domande scaturite:
C'è la possibilità di parlarsi? Di fare conoscere le cose fatte a scuola?
Quali possibili ipotesi per affrontare tale problema?
Ognuno sceglie un cappello per portare qualcosa di nuovo, di emozionale, di positivo, di negativo.
Cappello rosso: mi sento vicino alle ansie dei genitori
C. verde: bisognerebbe coinvolgere questi genitori, ci vorrebbe un'azione nuova di coinvolgimento.
C. giallo: il benessere dei bambini è comune a genitori e insegnanti
C. nero: con certi genitori non si sfonda!
C. verde: la scuola può funzionare anche senza l'approvazione di tutti.
C. giallo: i genitori sono curiosi
C. nero: non accetto l'inadeguatezza dei genitori
C. giallo: comunque sia, un rapporto si può sempre creare. L'insegnante è un professionista del
linguaggio e lo deve usare come strumento utile.
C. giallo: il lato positivo della sconfitta è che io continuerò a fare dei tentativi con i bambini, mi
interessa il percorso.
C. giallo: la crisi obbliga a fare dei cambiamenti. Dobbiamo usare con coraggio le nostre potenzialità.
C. nero: vi siete dimenticati i genitori invadenti?
C. verde: stimoliamo i bambini con giochi che poi riproporranno a casa.
C. nero: i genitori si lamentano con i dirigenti. I dirigenti ci lasciano soli.
C. nero: sottolineo l'incapacità dei genitori di considerare le relazioni.
C. rosso: si parla a quattr'occhi con il dirigente!
CONCLUSIONI E PROPOSTE:
- confrontare metodologie che abbiamo sperimentato, aggiungendo sempre qualcosa di nuovo;
- rendere i genitori consapevoli di quello che si fa a scuola
- sentirsi professionisti dell'insegnamento/apprendimento e della comunicazione
TERZA DOCUMENTAZIONE
Definizione del problema:
la continuità fra scuola dell'infanzia e scuola primaria esiste davvero?
Sintesi dei pareri più significativi:
cappello bianco:
- la commissione continuità programma attività di laboratorio;
- passaggio di informazioni tramite opuscolo, fascicolo;
- composizione mista (primaria-infanzia) della commissione continuità;
- attività frequenti eseguite nel corso dell’anno totale quattro (i bambini piccoli vengono alle
elementari, gli alunni delle elementari vanno nella scuola dell’infanzia);
cappello verde:
- gli incontri programmati possono avvenire anche in ambienti diversi dell’aula o del laboratorio. Per
esempio: giardino, cortile;
- gli incontri possono avere come contenuti: storie, racconti, giochi creativi;
cappello giallo:
- rivalutazione delle positività delle varie iniziative della scuola dell’infanzia e della primaria;
- necessità di un maggior raccordo tra i due ordini di scuola;
cappello rosso:
- questo progetto può funzionare perché c’è un vero scambio e c’è la volontà di ciascuno di ricercare
insieme modi e sistemi per agevolare questo passaggio;
cappello nero:
- è difficile da realizzare, i bambini hanno età diverse, diverse aspettative e richieste;
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Come e quando realizzare questi momenti comuni? Si corre il rischio che questi momenti siano solo
dei momenti di svago per i bambini e delle perdite di tempo per le insegnanti. Quindi inutili per il
raggiungimento dell’obiettivo.
TERZO INCONTRO:DOPO L'ESPERIENZA CON I CAPPELLI
Cosa abbiamo
CAPITO
SPERIMENTATO
CERCATO
IMMAGINATO
DESIDERATO
Le riflessioni di Bruna:
“Gentile Farida, ripensando all'attività con i sei cappelli (sto leggendo anche il testo di De Bono) mi
sono resa conto che la funzionalità sta proprio nel fatto della suddivisione dei colori-pensieri. Ho
sempre utilizzato il brainstorming anche al di fuori della scuola, con adulti, però con i cappelli è più
ordinato il flusso dell'argomentazione e permette di identificarsi in una tipologia di pensiero dando
più proposte ed idee. Inoltre poter cambiare il cappello al sopraggiungere di una sottolineatura o di
un nuovo intervento rende visibile il corso della conversazione e penso permetta di documentare in
maniera più agevole che con la tempesta di idee. Volevo portare un interessante articolo tratto dalla
rivista “Wired” del mese di settembre. Sir Ken Robinson nomina anche De Bono,(...) prospetta una
scuola diversa da quella a cui siamo abituati, anche sono convinta che esistano già tanti docenti che
stanno attuando nelle proprie classi una sorta di “rivoluzione”. (…) Sono molto soddisfatta del
nostro percorso di aggiornamento perché non si esaurisce nelle due ore di incontro ma grazie alle
“provocazioni teoriche”, alla condivisione di esperienze, lascia una scia di riflessione e di curiosità
che mi dà la voglia di ricercare, approfondire, mettermi in gioco nel quotidiano. Grazie e
arrivederci. Bruna Borgognoni.
Le riflessioni di Serena:
“ Ciao Farida, ti scrivo un po' sinteticamente le osservazioni che ho rilevato lunedì scorso durante il
gioco dei cappelli(...). Ho notato una certa difficoltà ad elencare oggettivamente i dati sulle modalità
di continuità, la tendenza era quella di aggiungere un commento personale.
Quando le colleghe hanno indossato il cappello verde, la tendenza era quella di riportare esperienze
interessanti sulla continuità, ma a parte un intervento, nulla era mai veramente nuovo. E' stato
necessario il tuo intervento affinché al già conosciuto si aggiungesse qualcosa di mai visto.
A presto, Serena.
Partendo dalle stimolazioni che si nascondono nel concetto di "tempesta di idee" (brainstorming ) si
afferma che il disordine e l'ordine sono condizioni necessarie l'una all'altra. Infatti la filosofia e la
matematica sono nate quando l'uomo volle mettere ordine al suo pensiero; anche il bambino piccolo
evidenzia la volontà di dare ordine ad eventi e fenomeni con spiegazioni ripetute tante volte. Senza il
disordine non può nascere l'ordine.
Con la matematica creativa si va in questo senso, cioè si dà una veste logica alle nostre operazioni.
Creiamo stimolazioni nel disordine. Per controllare le idee dobbiamo prima provocarle, cioè creare le
situazioni in cui tante idee si moltiplicano e poi si ordinano.
disordine
ordine
stimoli
controllo delle idee
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COME REALIZZARE SITUAZIONI DI DIS-ORDINE PRODUTTIVO?
Brosseau individua due situazioni-contesto caratterizzanti le nostre aule/sezioni:
situazioni didattiche
situazioni adidattiche
i docenti guidano l'attività
gli alunni seguono passivamente
gli alunni sperimentano senza il controllo diretto
degli insegnanti che fungono da registi
Lo stimolo alla problematizzazione non avviene mai nella situazione didattica ma il pensiero del
bambino si sollecita nelle situazioni adidattiche (es. laboratoriali) e nelle situazioni problematiche
ossia in un contesto stimolante dove si fanno confrontare le soluzioni divergenti e solo dopo la
sperimentazione si istituzionalizza il sapere che in questo modo non è assunto passivamente, ma
costruito attivamente.
Alcune perplessità :
-Il tempo a disposizione è sempre limitato;
- La famiglia talvolta diventa un ostacolo perché legata alle situazioni didattiche tradizionali;
- gli stessi bambini talora sembrano spaesati di fronte a proposte divergenti.
Il tempo è sempre pressante, non c'è dubbio, ma la nostra professionalità ci impone delle scelte che
restano importanti e determinanti: cosa voglio fare, dove voglio arrivare? Ogni scelta è frutto di
obiettivi ben precisi che non devono preoccupare: è sempre la qualità a prevalere sulla quantità di
temi affrontati nell'apprendimento.
Trovare il modo per "agitare le acque” del pensiero infantile è importantissimo fin dalla prima
infanzia poiché nell'adolescenza le strutture mentali saranno già formate e modellizzate. Inoltre
sottostà a tutto ciò il dovere etico del docente nella formazione di "persone" responsabili delle proprie
scelte. Questo tema va certamente condiviso con le famiglie.
La difficoltà nel passare da situazioni didattiche a quelle adidattiche può esserci, ma soprattutto si
fissano nella nostra impostazione metodologica. Se noi siamo convinti e sicuri di quel che vogliamo
affrontare, lo saranno anche i bambini e le loro famiglie. Diviene anche per questo importante
spiegare ai genitori le metodologie che si intendono adottare. Loro stessi possono avere un "compito
a casa" complementare, svolgere operazioni che non siano propriamente aritmetiche o matematiche
ma che favoriscano la problematizzazione come, ad esempio, apparecchiare la tavola o svolgere
lavoretti organizzativi utili, tra l'altro, a portare i bambini verso una maggior autonomia. Anche
l'utilizzo di parole mentre si svolge il compito, giochi con le parole, dare parole alle operazioni è
molto importante: ancora una volta si va dal disordine all'ordine nelle operazioni da svolgere: queste
funzioni fondamentali spesso sono ignote ai genitori.
“ VEDO CON GLI OCCHI DEL PENSIERO CIÒ CHE GLI OCCHI NON VEDONO”
(Bruno Munari)
Non possiamo scindere il razionale dalla passionalità, dall'emotività. Il bambino farà sua l'esperienza
se entra in gioco l'emotività, al contrario la memoria meccanica tenderà a far scivolar via gli
apprendimenti. Se non si passa attraverso il gioco, l'emozione, la narrazione, si possono memorizzare
solo concetti appresi meccanicamente permettendo così il radicare delle misconcezioni.
Occorre far in modo che l'immaginazione scaturisca nella situazione sociale e si rappresenti
utilizzando vari registri: arte, espressione motoria, cinema, disegno, narrazione.
In ogni contesto il bambino "vede" come si realizza l'operazione per giungere poi all'astrazione
consentita dall'utilizzo di simboli. Sono i simboli che portano alla concettualizzazione.
La simbologia serve per rappresentare delle operazioni; sostituiamo alle lettere i numeri, possiamo
mettere anche delle parole.
La simbologia dell'algebra x,y, può anche essere sostituita con altri simboli. Ricordiamo di stimolare i
bambini senza rendere però il sistema troppo difficile, cerchiamo invece di rendere divertente e
piacevole la situazione affinché sia coinvolgente.
Alcune domande:
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- Perché utilizzare diversi registri semiotici?
- E' giusto abbandonare il materiale strutturato (es. regoli, blocchi logici)? Si può lo stesso giungere
all'astrazione?
Per giungere all'astrazione sono necessarie tante esperienze con diversi materiali comuni, variando la
grandezza, la forma, il materiale; si possono utilizzare anche i famosi regoli o i blocchi logici.
L'importante è rendersi conto che l'obiettivo da perseguire è concettuale: nei giochi, nelle esperienze
concrete evidenziamo analogie, costruiamo l'ordine delle operazioni, arriviamo a istituzionalizzare il
sapere matematico. L'uso dei diversi registri semiotici favorisce tale processo.
Non possiamo trascurare la contraddizione fra una società complessa, in continua trasformazione che
richiede soluzioni creative in ogni aspetto della vita quotidiana degli individui che ne fanno parte e
una scuola che invece tende ad uniformare il pensiero. Siamo di fronte a responsabilità etiche e
morali fondamentali per il nostro futuro.
SI APRE LA DISCUSSIONE
Collega 1 (scuola primaria, classe prima):
- Credo di poter utilizzare i cappelli nella risoluzione dei problemi in classe prima riducendone il
numero, con problemi matematici e non, riflettendo su cos’è un problema, cercando i problemi che
coinvolgono i bambini e che accendono quindi un pensiero attivo.
Collega 2 (scuola dell’infanzia, gruppo misto):
- Abbiamo applicato la metodologia dei cappelli ad una tecnica che già utilizziamo per aiutare i
bambini ad intervenire nella conversazione rispettando i turni di parola. Abbiamo cioè colorato i
legnetti che di solito fingiamo essere microfoni con i colori dei cappelli: l’esperienza ha stimolato i
bambini a dare la propria opinione e ad esprimere la propria posizione.
Collega 3 (scuola primaria, classi 4 e 5):
- Utilizzerei i cappelli in un problema concreto ad esempio nella definizione delle modalità di
realizzazione di una cosa da fare insieme (esempio festa di carnevale) o comunque in una situazione
circoscritta e sentita dai bambini. Anche io ridurrei il numero dei cappelli. Poi mi chiedo come
arginare le eventuali conflittualità che di solito emergono nelle conversazioni.
Ilaria Capelli:
- Ottimo metodo per discutere. Mi sto organizzando per provarlo sulla sana alimentazione, per creare
un menù giusto. Un dubbio: perché tanti cappelli? Sono necessari? In 5° si rischia il caos? Penso di
provare
con
l'uso
di
un
numero
più
ristretto
di
cappelli.
Dora:
- Lavoro in una scuola dell'infanzia, sezione mista; abbiamo usato i cappelli nello “Spazio del
raccontarci”, per puntualizzare il fermarci a pensare e raccontarci qualcosa di importante. Li abbiamo
utilizzati per distinguere e gestire l'uso degli angoli gioco, sono stati usati inoltre per il Progetto
Continuità con la scuola primaria, (le insegnanti della Primaria conoscevano l'uso dei cappelli), la
scuola primaria ha svolto un lavoro sullo spazio e la corporeità, hanno prodotto un gioco dell'Oca con
il viaggio del personaggio fantastico. I cappelli sono stati usati durante il primo incontro con la
scuola primaria per trovare delle idee da utilizzare per le immagini della storia.
Altra idea interessante per la scuola dell'infanzia è l'uso di microfoni colorati, la cosa importante è il
rispetto delle regole abbinato ad un ruolo preciso.
QUALCHE RIFLESSIONE
La metodologia dei cappelli, strutturando all’interno di una serie di regole condivise gli interventi,
media i conflitti. Attribuendo a priori i differenti ruoli non pone il bambino allo scoperto, in prima
persona, ma lo rende più libero di esprimere la propria opinione interpretando il ruolo conferito dal
cappello indossato. I cappelli arginano l’emotività e consentono l’aprirsi del disordine in un ambito
protetto.
Apriamo una parentesi sulla natura della matematica che non è come spesso si crede materia che si
direziona verso la ricerca di un ordine in sé da dare alle cose, ma che invece cerca di ricostruire un
ordine che sia funzionale alla risoluzione di problematiche aperte.
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Il disordine concettuale è necessario affinché poi si possa recuperare un controllo razionale delle
idee. L'invenzione nasce quando spunta qualcosa di completamente nuovo attraverso una
riorganizzazione originale delle conoscenze già note.
Nel pensiero occidentale c’è la tendenza a considerare negativamente la critica che mette in crisi
modelli mentali consolidati facendone emergere l’inadeguatezza davanti a situazioni nuove. In realtà
le parole crisi e critica hanno entrambe la stessa radice e derivano dal greco “crino” che significa
scegliere.
Quando ci si sente in crisi o si propone una critica si entra all’interno di una possibilità di scelta fra
più proposte, fra diverse soluzioni, si amplia il campo e si è costretti a ristrutturare il proprio modello
mentale passando attraverso il disordine. De Bono e Ken Robinson propongono la possibilità di
mettere in campo strade diverse e sottolineano la necessità di stimolare il nostro pensiero ad
accogliere la complessità che è propria dell’essere umano e delle società in cui egli vive.
La crisi è la consapevolezza di non avere sempre la risposta giusta.
La matematica è la materia che più di altre, porta in sé il concetto di crisi e proprio per questo
raccoglie in sé un forte messaggio educativo: non si vince sempre, si può anche perdere, è importante
raccogliere le proprie risorse, metterle in circolo insieme agli altri e cercare nel gruppo nuove
soluzioni.
La metodologia dei cappelli, oltre a promuovere lo sviluppo del pensiero laterale, supera
l’individualismo perché è una strategia che vede nella collaborazione con gli altri la possibilità di
trovare nuove soluzioni.
L’individualismo blocca il pensiero attivo perché chiude le idee dell’individuo in un circolo chiuso.
La scuola deve promuovere la “crisi” perché solo attraverso il disordine è possibile attivare il
pensiero.
L’esercizio meccanico, al contrario, rafforza le convinzioni all’interno di una procedura già definita,
imposta, conosciuta. La fissazione di ogni apprendimento ha in sé il pericolo di incorrere nelle
misconcezioni, false convinzioni su oggetti matematici che poi è molto difficile superare.
Riprendiamo il concetto di situazione didattica e situazione a-didattica, entrambe importanti in ogni
percorso di apprendimento (Brousseau). Nella pratica didattica è importante utilizzare situazioni in
cui è l’adulto a guidare l’apprendimento, situazioni cioè in cui c’è una trasmissione unidirezionale del
sapere ad altre in cui l’adulto offre, attraverso la strutturazione del contesto, stimoli per una autonoma
costruzione dell’apprendimento da parte degli alunni.
...E I GENITORI?
E' importante coinvolgere i genitori nel percorso didattico per renderli consapevoli delle strutture
matematiche sottese a comuni azioni quotidiane (esempio apparecchiare la tavola – corrispondenza bi
univoca, ordine numerico…) affinché essi possano cogliere la valenza delle situazioni a-didattiche
nella costruzione di processi matematici importanti.
Non si nascondono alcune difficoltà nella comunicazione con i genitori che spesso intervengono nel
percorso educativo sostituendosi all’insegnante.
Alcune colleghe della scuola materna Fiorita raccontano l’esperienza del “contratto didattico” in cui,
definendo compiti e ruoli insieme, è stato possibile sollecitare i genitori, coinvolgerli attraverso
l’attribuzione di compiti specifici, renderli partecipi e più consapevoli del lavoro svolto a scuola.
Sono molti gli algoritmi che sottendono varie azioni quotidiane (allacciarsi le scarpe, costruire
oggetti..), i genitori non conoscono questi temi e desiderano essere coinvolti nel processo di
apprendimento dei loro figli consapevoli della centralità del bambino in ogni processo educativo.
La matematica va vissuta. Ogni attività motoria ha molto a che fare con la matematica, che passa
anche grazie alla sequenzialità dei movimenti, al riconoscimento del ruolo dell'altro.
E' necessario dare ai bambini delle regole, non imposte dall'alto ma che diventino un obbligo etico
(se no il gioco non funziona..), la regola diventa una necessità un modo di rapportarsi con l'altro.
Un percorso perfettamente ordinato provoca piacere, il rapporto con l'ordine spaziale, l'esercizio, il
copiare, l'imparare da chi sa già fare, sono importanti ma non possono bastare, devo creare il
disordine, il conflitto cognitivo che permette al bambino di risolvere i problemi. I bambini di oggi
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sono molto allenati al sequenziale, col passare del tempo diminuisce l'elasticità mentale (a meno che
non venga allenata regolarmente). Il lavoro di Robinson ha evidenziato che se chiedo di descrivere
una sequenza semplice (es. cosa faccio per entrare in casa?) i più piccoli danno risposte originali e
inventive, più gli interlocutori crescono più le risposte sono stereotipate. Per evitarlo dobbiamo
allenare il pensiero complesso.
“MEGLIO UNA TESTA BEN FATTA CHE UNA TESTA BEN PIENA”
(M. De Montaigne)
Una testa ben fatta pensa ed elabora, propone cose nuove, si muove in sistemi reticolari senza
perdersi, non teme le novità anzi, le persegue.
Rispondere ad un pensiero lineare è oggi impossibile, viviamo in una rete di sistemi complessi
irradiata in tutto il mondo. Se formiamo delle menti non propositive creiamo dei cittadini senza
opinioni, che accettano ogni dato come verità indiscutibile.
E' importante lavorare con i bambini, fin dalla più tenera età, sul saper prendere decisioni e sulle
scelte da fare. La considerazione per gli altri e l'ascolto delle opinioni altrui sono essenziali per aprirsi
al nuovo e cercare soluzioni ai problemi.
Il sistema scolastico tradizionale crea menti omologate che non sopportano condizioni
problematizzanti (e che non superano le prove Invalsi!)
Le prove Invalsi non sono una verifica all'operato degli insegnanti, come spesso noi insegnanti
percepiamo in modo sottinteso. I nostri dubbi sono leciti: perché così poco tempo per risolverli?
Perché non predisporre condizioni più favorevoli alla riflessione? Come riuscire a non fare selezione
nella lettura delle prove dato che alcuni bambini sono velocissimi, altri no? Come realizzare prove
che sostengano l'effettiva continuità fra gli ordini di scuola?
Le prove Invalsi servono a misurare risultati, sono identificabili con il “cappello bianco”, ma occorre
andare oltre: valorizzare le diversità, chiedersi cosa c'è che non va, evidenziare i problemi, cercare
possibili soluzioni senza trascurare le negatività che accompagnano l'istituzione scolastica. Le attività
tradizionali servono, l'esercizio ci vuole, per alcuni di più, per altri di meno, ma non bastano.
Alcune strategie da proporre:
- lavoro di gruppo: abituare i bambini, fin da piccolissimi, a lavorare in gruppo, la prima
competenza che si richiede oggi è saper trovare nuove soluzioni in gruppo. Buono anche il lavoro in
coppia puntando sulla complementarità degli stili cognitivi diversi;
- raccontarsi e ascoltarsi, ripetere quello che ho ascoltato dal mio compagno e ascoltare il suo
racconto per ripeterlo (scambio di storie), l'ascolto è essenziale e garantisce la comprensione;
- timeline: trasformare storie e racconti (quindi anche il tradizionale problema aritmetico) in linee
del tempo con simbologie che servono per creare il “film” del processo che si sta affrontando;
- matematica come rappresentazione della realtà: in matematica con poche simbologie
rappresento il mondo, la matematica sviluppa la capacità di pensare e immaginare; il momento della
narrazione della storia è prezioso, lavorare assieme sul problema può essere risolutivo e può aiutare
anche chi ha difficoltà, il pensiero narrativo prevale su quello logico, non tutti hanno la facoltà di
comprendere subito un testo e questo provoca difficoltà, il dislessico non ha problemi di
comprensione, ma di lettura sì: con alcune strategie si possono superare;
- critica come scelta: la critica non è una forza negativa ma è sempre costruttiva quando non
sottintende un giudizio; cerchiamo di abituare i bambini ad ascoltarsi per poter scegliere.
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QUARTO INCONTRO: DOVE LA MATEMATICA È INDISPENSABILE MA NON SOLITARIA
COLLEGAMENTI TRA AREE DISCIPLINARI E MATEMATICA
Un esempio interessante di connubio tra la matematica e l’italiano: lo troviamo nelle filastrocche di
Toti Scialoia (tratto da: Versi del senso perso):
La mucca di Lucca
che gira in parrucca
in mezzo alla vigna
e allunga la lingua
ammicca o pilucca?
Ancora:
Sento un topo
nello stipo.
Lo spalanco:
topo bianco!
Ahi la vespa
com’è pesta!
Era vispa
non fu lesta.
I pesci rossi
piccoli e grossi
son tutti rosi
dalla nevrosi
Sono esempi di moduli letterari che possono diventare moduli di lavoro. Di matematico c’è il ritmo
in questa filastrocca, che si dispiega in moduli linguistici e in “pezzi” di parole, sempre gli stessi che
danno senso al discorso oppure non danno senso ma stimolano l’invenzione (c.f.r. Edward De Bono).
Si può trasformare la mucca di Lucca ad esempio in mattoncini colorati, dando una successione
ritmica ai colori. Questo avvicendare i moduli può essere altamente matematico. E’ la stessa cosa che
i bambini fanno quando usano i mattoncino Lego per costruire paesaggi.
Altro esempio:
Tre chicchi di moca
Tritava il tricheco
Per fare il caffè.
Lo vide la foca
E disse “Che spreco!
Due chicchi, non tre!
Bello giocare con il numero e la parola, ci si avvicina alla simbolizzazione. Vogliamo bambini che
pensino, la simbologia ci aiuta molto. Come ad esempio l’algebra che può fare molta paura. In realtà
l’uso dei simboli inizia sin dalla scuola dell’infanzia col cartellone degli incarichi per le attività della
giornata, esso non è altro che un sistema algebrico.
3x+2x= 5x
può essere trasformato in:
3 pecore + 2 pecore = 5 pecore
L’uso del simbolo non ci deve spaventare. E’ importante fare operazioni concettuali che portino alla
descrizione e/o alla conclusione di una attività.
La vespa di Spa
spavento mi fa.
Le colleghe di Savignano hanno lavorato su: Matematica e …….racconti, barzellette e fantasia.
Simboli e argomenti matematici hanno stimolato percorsi legati all’espressività linguistica. La
prevalenza del pensiero narrativo è evidente e sottende tutte le attività. Il bambino entra nella storia,
la fa sua, la storia diventa fondamentale.
Alcuni esempi di semplici rime:
6 carina
6 vivace
6 l’amica che mi piace
6 bellina 6 ok
resta sempre come 6.
(Eleonora)
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ALTRE PROPOSTE:
•
Si può giocare con i colori
•
utilizzare le battute di mani
•
sfruttare il ritmo e i movimenti del corpo
•
ascoltare accenti forti e deboli associati ai colori e alla divisione sillabica
La divisione sillabica aiuta a costruire moduli:
tre chicchi di moka....sei sillabe, alcune assonanti, ogni sillaba può essere rappresentata con un
mattoncino Lego (=> assonanza =>colore) se costruisco una struttura con colori che si ripetono posso
costruire una poesia o filastrocca che ne rispetti la struttura. cosa abbiamo fatto di matematico?
Abbiamo trovato parole, con le parole abbiamo costruito delle strutture linguistiche, abbiamo tratto
delle invarianti e delle variabili.
A PROPOSITO DI VARIANTI E INVARIANTI… LAVORIAMO COL FOGLIO DI GOMMA
Disegno un topo fuori dalla tana, cambio la forma, le proporzioni, le distanze, tutte le invarianti della
geometria Euclidea saltano. Cosa non cambia? Se il topo e' fuori, resta fuori.
Tiro con le mani il foglio di gomma: cambio la forma, ma la pallina resta dentro...
Tirando il foglio di gomma cambia la forma, ma la pallina non esce “dalla porta”...
In questa rappresentazione topologica dello spazio, crollano le asserzioni della geometria Euclidea:
cambiano le categorie, i punti di riferimento.
La topologia nasce nella prima metà del '900, è lo studio dei luoghi (dal greco τόπος, tópos, "luogo",
e λόγος, lógos, "studio") è una delle più importanti branche della matematica moderna. Studia le
proprietà delle figure e delle forme che non cambiano quando viene effettuata una deformazione
senza "strappi", "sovrapposizioni" o "incollature". La topologia si basa essenzialmente sui concetti di
spazio topologico e omeomorfismo. Per esempio un cubo e una sfera sono oggetti topologicamente
equivalenti (cioè omeomorfi), perché possono essere deformati l'uno nell'altro senza ricorrere a
nessuna incollatura, strappo o sovrapposizione; una sfera e un toro ( forma tridimensionale con un
foro interno) invece non lo sono, perché il toro contiene un "buco" che non può essere eliminato da
una deformazione. La topologia permette di sperimentare forme cognitive molto interessanti e
divergenti, caratterizzate da conflitti cognitivi che attivano il pensiero e l'immaginazione. Creare
conflitti cognitivi permette di aprire la mente.
FILASTROCCHE E NON-SENSE
Giocando con la lingua alla ricerca di assonanze possono comparire espressioni che hanno perso il
senso. A volte è molto utile, oltre che divertente, trovare una parola non-sense così possiamo
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immaginare, e ognuno di noi immaginerà a modo suo.
Rodari consiglia di utilizzare il non-sense nella ricerca linguistica.
Un gioco molto semplice si può fare costruendo tre sacchetti con dentro delle parole
•
1° sacchetto ==> nomi
•
2° sacchetto ==> azioni
•
3° sacchetto ==> luoghi (oppure qualita' o altro)
Sorteggiamo tre parole, una da ogni sacchetto, per costruire una breve storia.
Può capitare però che venga estratta una parola “strana” della quale non sappiamo il significato
(oppure non ce l'ha proprio!)
es. caspillone-cantare-oceano
cosa è un caspillone?:
•
un pesce nell'oceano con il ciuffo biondo, e lungo lungo..
•
un vento forte, però caldo...
E' un esercizio di fantasia guidata: è difficile scrivere cose prive di senso, ma può diventare un
gioco che stimola la produzione linguistica, la narrazione, prestando attenzione alla struttura
linguistica che sorregge il discorso, arricchito così da numerose variabili. L'uso delle parole senza
senso serve anche nelle attività con i bambini con DSA: utilizzando parole senza senso da leggere si
può capire come il bambino si pone di fronte alle parole, se le legge comprendendo il significato o si
ferma alla tecnica di composizione delle sillabe.
Dunque, stravolgere le parole non è peccato, anzi è divertente!
Proviamo a utilizzare una storia di tutti i giorni per risolvere un problema.
Situazione: il pollo di Adriana è nel forno, Adriana viene chiamata alla porta, si ferma a
chiacchierare con la vicina. Cosa può succedere?
Il pollo si è bruciato!
Come risolvo? Tante le possibilità di soluzione del guaio.
Diventa interessante, oltre al gioco delle possibili soluzioni, quello dell' utilizzo di eventuali errori di
scrittura:
• Adriana ha bruciato il polo (!?)
• Adriana ha brucato il pollo (!?)
Individuare gli errori diventa uno stimolo straordinario per dar vita a storie alternative molto
divertenti.
“OCCHIALI CASPITA SEDIA BLU”
Questa è una frase? Rispetta la struttura della lingua? Evidentemente no!
Anche la matematica è fatta di segni convenzionali che si collegano fra loro secondo strutture
convenzionali. (c.f.r. Le analogie)
Tutto questo richiede un grado di consapevolezza molto alto da parte di noi insegnanti: se non siamo
abbastanza competenti, tendiamo a “semplificare” tematiche importanti e molto complesse che
richiedono tempo e lavoro.
Uno dei rischi più frequenti è quello di cadere nelle misconcezioni.
Misconcezione: volendo spiegare un concetto in modo semplice si dà una spiegazione non
pienamente corretta e si fa in modo che tale immagine si fissi nella mente dei bambini divenendo un
modello fisso e immutabile.
Molti esempi possono essere tratti dall'aritmetica:
• per eseguire una sottrazione, occorre che il minuendo sia sempre maggiore del sottraendo (no!)
• nella divisione, il risultato è sempre minore del dividendo (no!);
• nella geometria: il perimetro si può colorare di rosso (no! Il perimetro è un numero, il segno è il
contorno o l'insieme dei lati che io misuro).
Ma anche:
• il quadrato è anche un rombo (domanda: il rombo è anche un quadrato?);
• il rettangolo è anche un trapezio (domanda: il trapezio può essere un rettangolo?);
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IL LIBRO DI TESTO: POSSIAMO FIDARCI?
Spesso i libri di testo o gli eserciziari che attirano molto la nostra attenzione non sono affidabili. Può
essere utile però utilizzarli come strumento di lavoro: il libro di testo va smontato, non inteso come
oggetto con verità in sé incorruttibili.
Può servire per esercitazioni e compiti, ma ciò che si decide insieme è il sapere, il libro è parziale,
dobbiamo indagare le altre possibilità, ancora una volta mirare a creare menti divergenti, capaci di
criticare in modo costruttivo.
CONTI E RACCONTI
Altro esempio interessante è il racconto scritto da Roald Dahl “ Il vicario cari voi”. Racconta le
vicende del vicario Robert Ettes che ha una strana peculiarità: senza accorgersene a volte pronuncia
le frasi al contrario, altre volte mescola le lettere delle parole formandone di nuove con un significato
tutto diverso, con grande stupore, e a volte indignazione, dei suoi parrocchiani. Al vicario vengono
fuori parole rovesciate, anagrammate e modificate come ad esempio spirito-storpi, maria-amari,
vangeli-legnavo, dio-odi, reverebdo-verdenero. Cambiando posto alle lettere cambia anche il senso
delle parole, cosa che facciamo spesso anche in matematica però con le cifre all’interno dei numeri.
Cambiando posto al simbolo cambia completamente la situazione.
Proposta alternativa per una classe quarta o quinta, oppure per la scuola media, la lettura di
“Flatlandia” di Edwin Abbott.
Flatlandia è un paese a due dimensioni che viene descritto da un abitante del luogo. Facciamo finta
che ognuno di noi sia un elemento del piano bidimensionale (segmenti, esagoni, triangoli, quadrati,
ecc….). Come ci vediamo l’un l’altro, visto che siamo tutti sullo stesso piano? Se fossimo elementi
del piano, come riusciremmo a vedere gli altri oggetti? Un conto è studiare il triangolo, un altro
invece sentirsi un triangolo. In questo libro si gioca passando dal possibile all’impossibile.
Interessante sarebbe anche un lavoro sul gioco delle ombre se la luce si sposta, con lo scopo di porci
dei dubbi su cosa succederà.
E’ opportuno nell’insegnamento della geometria passare dal tridimensionale al bidimensionale. Gli
elementi della geometria euclidea sono gli elementi più difficili da interiorizzare e ciò si può ovviare
partendo dallo studio della geometria solida ad esempio realizzando un plastico con il quale si lavora
sulle misurazioni e sulle proporzioni. Il plastico poi, per essere rappresentato sul foglio, deve essere
guardato dall’alto. Si passa così alla rappresentazione dell'angolo, del segmento, della retta.
Utili sono anche i giochi con le scatole che lasciano impronte sulla sabbia, scatole da ripassare su un
foglio, da rivestire con la carta, da aprire per scoprire come sono fatte, oppure da fare rotolare
facendo l’impronta di ogni faccia con l’aiuto di un compagno. Dall’esperienza si passa poi al trovare
la regola. Una interessante sollecitazione è quella di chiedere ai bambini di rivestire la scatola senza
che ci sia carta in eccesso.
Uso del geopiano: lo costruiamo insieme ai bambini senza paura che si facciano male. Il geopiano
richiede l’idea del reticolo, ci sono molti concetti dietro alla costruzione del geopiano.
Altra proposta sono gli scheletrati, che si usano per “togliere i vestiti” alle scatole, si tolgono le
pareti alle scatole per arrivare all’essenza della forma. Diventa interessante vedere quanto spazio c’è
dentro. Possiamo raddoppiare lo spazio che c’è dentro? Come fare? Parte da queste domande tutto il
lavoro sulle potenze, i quadrati e i cubi. Questo collega la matematica alla geometria. Occorre aiutare
i bambini a raggiungere un’ immagine mentale esatta di potenza aritmetica che non è la potenza del
babbo quando mi prende in braccio! Alla scuola primaria possiamo “far vivere” come esperienza la
potenza fino al tre poi lo si può fare solo attraverso il numero e l’astrazione pura, la potenza è, di
fatto, astrazione pura.
L'ALTEZZA NON CADE
Attenzione all'uso delle parole: la matematica è fatta di concetti che si affrontano attraverso la lingua,
senza le parole non costruiamo i concetti, l'immagine deriva dall'esperienza rappresentata attraverso
le forme del linguaggio e la sua struttura. Ma attenzione: le parole possono diventare pericolosi
alleati se non si sanno usare.
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L'altezza è una distanza, è un concetto condiviso dalla comunità degli uomini, non esiste nella
pratica quotidiana come forma che cade da qualche parte! Eppure spesso si sentono formule che si
esprimono in tal senso, anche sui libri di testo. Stiamo molto attenti al loro uso, non fanno altro che
aumentare le misconcezioni.
QUINTO INCONTRO:CONCLUSIONE DEI LAVORI
MATEMATICA, LETTERATURA, ALTRE DISCIPLINE
Nel corso dell’ultimo incontro si sottolinea la priorità del pensiero narrativo come modalità principale
dei bambini di conoscere il reale (Rosetta Zan). Vengono proposte al gruppo alcune suggestioni tratte
da importanti opere narrative della letteratura per l’infanzia per evidenziare come la struttura che
sottende ogni racconto sia organizzata secondo principi matematici e le storie siano ricche di stimoli
allo sviluppo del pensiero divergente.
Alice nel paese delle meraviglie
di Lewis Carroll
E’ molto importante partire dal pensiero narrativo e purtroppo con il crescere dell’età si tende a
perdere tale dimensione. Leggiamo alcuni frammenti tratti dall'opera di Carrol.
Dal capitolo 3:
Vicino al laghetto c’erano degli uccelli con le penne inzuppate.
Problema: come potevano asciugarsi gli uccelli? Ogni bambino farà la sua proposta.
L’insegnante che vuole sviluppare il pensiero problematizzante può usare queste situazioni. Non ci
sono certezze, ma solo proposte. L’obiettivo è portare i bambini alla capacità di elaborare ipotesi
partendo dai dati conosciuti.
Alice è sempre protagonista di situazioni in cui è possibile allenare il pensiero creativo.
Dall’episodio in cui il Cappellaio Matto discute sull’orologio che rimane indietro di due giorni si può
giocare con i bambini sulla possibilità di definire che giorno è veramente, sollecitandoli a proporre
idee e ipotesi nuove nell’ottica di una matematica che è capacità di immaginare e inventare ciò che
prima non c’era (Munari).
Si possono anche proporre contenuti specifici della matematica all’interno di una cornice narrativa.
Ragionando ad esempio sul numero dei giorni dell’anno è possibile un approccio ai grandi numeri già
in classe prima, esperienza già condotta, che ha dimostrato la possibilità per bambini, anche molto
piccoli, di lavorare nell’ordine delle centinaia.
I bambini già a 4 anni sanno distinguere tra 15 e 6, sanno bene che è meglio prendere 15 caramelle,
e sanno che se parliamo di 65, possono essere gli anni di un nonno e 15 di un ragazzino. I bambini
conoscono i numeri attraverso l’esperienza e il linguaggio ed è necessario utilizzare ciò che già sanno
per proporre nuovi apprendimenti, possiedono tante conoscenze che bisogna sfruttare, se lavorano
troppo a lungo con numeri bassi, si annoiano. E’ importante problematizzare e aumentare un po’ il
livello di difficoltà. Siamo noi a sapere quali attività e in quale momento proporle, anche
differenziando perché i gruppi classe sono eterogenei.
Dal capitolo 10:
le quadriglie delle aragoste diventano l'occasione per giocare con le operazioni aritmetiche, si può
richiamare l’idea di algoritmo con una partenza, un arrivo e diversi passaggi del percorso da
sperimentare in palestra e rappresentare poi attraverso l’utilizzo di simboli sul foglio.
I viaggi di Gulliver
di Jonathan Swift
In ogni capitolo di questo straordinario romanzo si possono individuare motivi di riflessione
matematica. Un esempio: il rapporto tra grandezze.
Quando facciamo le equivalenze rendiamo equivalenti grandezze che si presentano con “vestiti
diversi” cioè con rappresentazioni simboliche diverse.
E’ possibile quindi avviare una serie di giochi sulle proporzioni, confronti fra unità di misura
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differenti, calcoli anche complessi, trasformazioni..
L’altezza di Gulliver può diventare un oggetto d'indagine tanto più che spesso viene descritta con
espressioni non scontate: scrive Swift che essa, rispetto ai Lillipuzziani, “eccedeva nella proporzione
di 12 a uno”; inoltre “doveva contenere 1728 corpi loro….”
Questi sono bei problemi da affrontare!
Ma andiamo oltre: se un lillipuziano mangia …. Di mortadella, quanta ne dobbiamo preparare per
Gulliver?
ORIGAMI MANDALA E ALTRE PROPOSTE INTERDISCIPLINARI
Attività di ricerca sulla vita delle api:
perché le api costruiscono le cellette esagonali? Le api sono colte per quanto riguarda la geometria.
Con gli esagoni regolari riescono a sfruttare tutto lo spazio a loro disposizione.
Scoperto questo, si può passare ad un lavoro di piastrellatura con un modulo utilizzato per ricoprire
pavimentazioni. Belle sollecitazioni vengono dalle piastrellature e mosaici delle moschee (vedi
l'Alhambra a Granada).
Queste attività danno la possibilità di proporre la geometria per ciò che essenzialmente è: movimento
nello spazio, dinamicità, relazione, evitando che le strutture della geometria euclidea diventino
modelli stabili e possano produrre misconcezioni.
Non dimentichiamo di sollecitare i bambini con la manualità offerta dal ritaglio e dal disegno
creativo. (Betty Edwards)
Jung ha affermato che, attraverso i mandala, noi esprimiamo la nostra anima del mondo, il mandala
descrive la spiritualità più profonda. Ci colleghiamo alle conoscenze più astratte.
Nel mandala c'è interiorità e ….ancora una volta tanta matematica.
C’è l’uso del compasso e la modularità. Prima si disegna sul foglio quadrettato poi si passa a quello
bianco. Il mandala ha sempre un centro da cui si dirama la rappresentazione del mondo.
Tutte le attività in cui si usano dei moduli possono aiutarci a percepire il cambiamento, a cogliere
come, aggiungendo o togliendo variabili, le cose cambiano, le dinamiche si modificano. Da qui il
collegamento con esperienze di ricerca che studiano il cambiamento, che affrontano sequenze del
ciclo di vita di animali come il baco da seta, l'ape, le rane, la farfalla.
Ci sono bambini che manifestano la loro difficoltà nella motricità fine; è importante lavorare per
stimolare questa importante funzione intellettiva. Può essere utile la pasta di sale o la plastilina, ma è
importante anche la piegatura del foglio di carta.
Esempi molto comuni sono quelli che spesso utilizziamo per creare oggetti da regalo: il cestino di
carta con le strisce intrecciate (Libri da Carmen Dorigo), oppure piccole realizzazioni di origami
che, non sempre facili, richiedono attenzione e precisione.
Anche la sartoria è una interessante attività matematica. Prendere le misure, progettare modelli:
quanta matematica!
Abbiamo già più volte sottolineato che il pensiero creativo è in grado di apportare cambiamenti e
risolvere problemi. Vogliamo stimolare il pensiero creativo? Allora ci vuole qualcosa di nuovo che
faccia andare alla ricerca di mondi immaginari:
- Conoscete le macchine impossibili di B. Munari? E i suoi libri illeggibili (perchè senza parole)? E il
suo drago dalle 7 teste cha fa venire la voglia di giocare con la tabellina del 7?
- E, ancora di Munari, ricordate il classico Cappuccetto rosso, verde, giallo…? Ci fa pensare ai
cappelli di De Bono, vero?
- Oppure i “Libri mai visti” che l'Associazione VA.CA di Russi promuove ogni anno?
- Conoscete Don Chisciotte e Sancio Panza? E le loro avventure con oggetti di grandi dimensioni?
- Anche Pinocchio si è trovato all'interno di un mondo di dimensioni particolari, ricordate?
- E se invece della pancia di una balena (o di un pescecane) volessimo costruire un mondo in una
bottiglia? Come le navi in miniatura?
- Vi ricordate Gallo Cristallo di Calvino (e tutte le fiabe popolari che ha raccolto)? Ricordate? È il
galletto che ha l’elenco e deve andare alle nozze di Pollicino, incontra tutti gli animali e controlla
tutte le volte se ci sono; e I musicanti di Brema? Siamo di fronte alla stessa struttura: ancora una
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analogia!
- Ancora. L’Arcobalena, una struttura a rovescio: incontra gli animali e regala i suoi colori. Con
questa storiella si può anche affrontare la sottrazione - Arcobalena lascia i colori – non solo come
resto, ma anche come complementare.
OGNI COSA PUÒ DIVENTARE UN MONDO NUOVO DA REINVENTARE.
La matematica come attività creativa che sottende un pensiero capace di trovare nuove configurazioni
a partire da situazioni date, è davvero dappertutto: nell’arte, nella scienza, nella letteratura,
nell’esperienza di ogni giorno.
Le sollecitazioni del corso aprono la ricerca a nuovi percorsi in grado di stimolare nei bambini
proprio la capacità di sviluppare un pensiero laterale come ci hanno suggerito De Bono e Munari, ma
anche Rodari e Ken Robinson; e noi insegnanti riscopriamo il desiderio di non perdere di vista
l'unicità del nostro lavoro.
PER CONCLUDERE, LA VOCE AGLI INSEGNANTI
Per me la matematica…
È un pensiero ricorrente, quasi invadente… un lungo pensiero che cerca parole leggere e creative,
curiose e misteriose, per trasformare tutto in un gioco appassionante…
È uno strumento per capire le cose, il mondo, le esperienze, per entrare dentro, svelare gli intrecci, i
collegamenti possibili, sempre, le relazioni…
È piena di fascino e di sorprese
È stata una scoperta
È un’avventura della mente che scopre relazioni, interconnessioni,
riflette, si pone domande e giunge a conclusioni … tutto è in
relazione, ti apre la mente ti fa andare oltre la realtà..
E’ divertente
È una “sfregola”, un gusto, un’ebbrezza…
È fondamentale per comprendere tutto ciò che accade intorno a noi, contribuisce ad arricchire la
nostra mente…
E’ parte integrante della vita..
È tentativo, errore, è gioco di relazioni, è porsi quotidianamente in un ottica problematizzante
dell’essere/esserci di fronte allo spazio, al tempo…
È un ragionare continuo con la mente e le emozioni di tutti i giorni
È continuo divenire
È misteriosa e allo stesso tempo illuminante… mi ha dato modo di mettere in gioco le possibilità in
mio possesso, spronandomi al superamento di limiti imposti da me stessa o da altri…
La vedevo come una grande foresta incantata, difficile da penetrare
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È una sfida..
Dà spazio al gioco e alla creatività
Ha una architettura perfetta che chiama in causa logica, attenzione, osservazione, analisi, sintesi,
ricerca, ipotesi, prova, errori… nella matematica c’è tutto!
Aiuta a capire la realtà in quanto permette di interpretare, dare spiegazioni e risolvere situazioni
problematiche e non
E’ chiarezza, precisione, ordine
Permette di pensare, riflettere, scegliere… mi fa volare il pensiero…
E’ un mondo di possibilità ancora da scoprire
Dubbi …
… riuscirò ad insegnarla bene?
… sono abbastanza competente?
… non sono portata…
… mi spaventa la mancanza di libertà che la matematica mi trasmette, certe cose sono così e non
possono essere diverse…
… cerco un necessario stimolo, “un abbigliamento” diverso che diventi il più possibile adeguato…
“Nelle mie scarpe ci sono io,
nelle tue scarpe, tu.
Ma se andassimo al fosso
E scalzi nel fresco fragore
Ci rinfrescassimo e freschi
Uscissimo, forse nelle tue
Scarpe ci sarei io e nelle mie
Tu”
Ho bisogno di nuove scarpe!
… basta cercare relazioni logiche fra le cose e la matematica spiega, compara, oggettiva… rimango
delusa dalla difficoltà che incontro alla richiesta di fare dei collegamenti…
… mi accorgo di provare un certo senso di sconfitta quando non riesco a trasmettere il piacere e la
semplicità nell’approcciarsi a una disciplina che non è poi così ostica…
…mi preoccupa non riuscire a dare la giusta organizzazione al lavoro e non sempre riesco a
procedere con gradualità..
Con i bambini…
… cerco di trasmettere amore e simpatia verso questa materia mettendoci tutta la passione possibile..
… ho iniziato a considerare l’aspetto creativo e fantastico della matematica e a proporla ai bambini
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come scoperta di un mondo affascinante. Ho scoperto l’effetto positivo del “gioco matematico”
… mi piace provocare la loro curiosità, stimolarli a cercare soluzioni nuove e sono molto contenta
quando trovano strade e percorsi da me non ipotizzati
spesso ho giocato con i bambini e la matematica, da sempre ho ricercato strategie per facilitare e
motivare gli apprendimenti
… mi ritrovo ad insegnare matematica divertendomi e cercando di far divertire
… cerco di trasmettere il piacere di “fare matematica”
… mi piace giocare, scherzare, scoprire i numeri, forme…con la complicità di bambini e colleghi
… con i bambini ho scoperto che la matematica non era male anzi, era divertente!
… ai bambini ho sempre detto che la matematica appassiona e ancora adesso, davanti a un quesito,
sento che le mie celluline grigie si entusiasmano.
… a vera passione per la matematica mi è scoppiata quando ho iniziato a insegnarla e alcune cose
credo di averle “apprese” veramente solo allora.
M ia
A dorata
T i
E sclusi
Ma
A ncora
T i
I nsegno
C ome
A lternativa alla noia
Mi
A ffascina
T anto
E
Mi
hA
T rasportato
I n
C reativi
A pprendimenti
M ateria
A mata eppur
T emuta,
E sercizi complicati,
M etodi
A rticolati,
T eoremi,
I potesi,
C alcoli
A strusi
Maestra Mangio Minestra
Maestra…
di Minuscoli Materiali
Magari
Miniaturizzati,
tentassi
Meccanicamente Memorizzati
Magalottiani
Ma
timidi
Mi Manca Il
cambiamenti?
Mio Manipolare.
“Perché la matematica è dappertutto!!! Bisogna ricominciare a studiare!
Ben venga…
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LA MATEMATICA E' DAPPERTUTTO!
LABORATORIO DI MATEMATICA CREATIVA
CESENA - CDE 2011-2012
BIBLIOGRAFIA
Munari B. (1977). Fantasia, Universale Laterza, Roma Bari
Munari B. (1978). Disegnare un albero. Bologna: Zanichelli.
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Scialoja T. (1975). Una vespa che spavento. Torino: Einaudi.
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Guedj D. (2007). Zero o le cinque vite di Aémer. Milano: Longanesi
Hawking S. (2005). La grande storia del tempo. Milano: Rizzoli
Hoffman P. (1999). L’uomo che amava solo i numeri. Milano: Oscar Saggi Mondadori
Matematica nella scuola primaria, percorsi per apprendere, a cura di D'Amore, F. Pinilla. S.
Sbaragli. Bologna: Pitagora Editrice 20011 – 14 volumi.
Magalotti F. (2011). Didattica della matematica. Un percorso quinquennale di formazione e
ricerca. Cesena: Il Ponte Vecchio
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“La cosa più importante nella vita è vedere con gli occhi di
un bambino”
(Einstein)
… tu ci sei riuscito.
Ciao Gianfranco
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