maxence fermine la piccola mercante di sogni Traduzione di Sergio Arecco BOMPIANI Fermine, Maxence, La petite marchande de rêves Copyright © Éditions Michel Lafon, 2012 First published in 2012 by Éditions Michel Lafon © 2013 Bompiani / RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 – 20132 Milano ISBN 978-88-452-7463-3 Prima edizione Bompiani novembre 2013 ILLUSTRAZIONI Le illustrazioni sono state realizzate nell’ambito di un concorso organizzato dalle Éditions Michel Lafon. Ringraziamo tutti i partecipanti per la qualità dei loro lavori e ci congratuliamo con i vincitori: Anne Bernasconi, p. 171 Laurence Deleersnyder, p. 30 Marilyn Delhaye, p. 36 e p. 105 Alix Dewailly, p. 200 Léa Fermine, p. 45 Grazia Foglia, p. 162 Fiona Isljamaj, p. 87 Noémie Paul, p. 101 e p. 143 Maïwenn Rivière, p. 190 José Ternier, p. 174 5 Voglio ringraziare tutti i partecipanti al concorso indetto per illustrare il libro. Anche se è stato difficile fare una scelta, data la qualità non comune dei disegni, è stato importante, secondo me, riconoscere i meriti di alcuni giovani talenti. Li ringrazio per aver dato vita ai miei personaggi con tanta immaginazione. E grazie a Éloïse e Florian, i miei editor, per aver avuto l’idea del concorso. Maxence Fermine Per Léa che ha sognato l’inizio di questa storia, e per Julie, che sicuramente la amerà. Per favore, non crescete troppo in fretta. Quando si scompare per la prima volta, lo si fa in sogno. La seconda volta, non si sogna più. La terza volta, non si vive più che nei sogni delle persone che si sono conosciute. 1 L’ALBERGO DEI TRE BRIGANTI L’undicesimo compleanno di Malo fu un momento particolare, perché fu quello il giorno in cui scomparve. Malo era un ragazzino di Parigi, già grandicello per la sua età, molto esile, con i capelli arruffati e grandi occhi color dell’oceano perduti nelle nuvole. Di solito indossava un paio di jeans, una polo rossa e bianca e scarpe da pallacanestro. Siccome era figlio unico, si annoiava un po’ e aspirava da tempo a una vita più appassionante di quella che gli offrivano i genitori, la scuola e la vita del quartiere. Ancora non sapeva quale svolta drammatica avrebbe avuto la sua esistenza. 13 È vero che per molti Malo assomigliava a un uccellino caduto dal nido. Ma, a dispetto della sua apparente fragilità, Malo possedeva una forza incredibile, qualcosa di prezioso e di raro: passava la vita a sognare. I suoi pochi amici, così come i suoi professori di collegio, trovavano che vivesse quasi sempre… sulla luna. Era lì, infatti, che Malo amava trascorrere la maggior parte del tempo. Gli bastava un nonnulla per volarsene via. Chiudeva gli occhi e subito partiva in viaggio alla volta di un Paese nuovo, reale o immaginario. Una contrada desertica come il Sahara, o le distese ghiacciate dell’Alaska, o ancora i mari caldi dei Tropici: uno di quei posti meravigliosi intravisti sul dépliant di un’agenzia di viaggi, su una cartolina o su un libro di scuola. La sua amica Clarisse, una ragazzina molto allegra e vivace, lo trovava originale, fantasioso, stimolante, ma a volte faceva fatica a seguirlo. E gli faceva op14 portunamente notare che il più delle volte lui non era lì con lei, nemmeno quando le stava seduto accanto. “Si direbbe che tu continui a fluttuare a quindicimila metri di altezza” gli diceva. “Ne devi vedere di bei paesaggi, da lassù!” E anche il migliore amico di Malo, Antoine, un ragazzo posato e serio, trovava che il compagno vivesse assolutamente fuori dal mondo. “Sarebbe bello se tu ci portassi con te, anche solo una volta.” Gli adulti, invece, si esprimevano in un linguaggio del tutto diverso. Sul registro dei professori le valutazioni erano sempre le stesse: Può fare meglio. Non si sforza in alcun modo. Passa il tempo sulla luna. Svolge il suo lavoro con la massima trascuratezza. In classe sembra annoiarsi. 15 “Un distratto patentato!” lo bollò un giorno l’insegnante di matematica. “Lei, nella vita, non andrà molto lontano. In ogni caso, non così lontano come i suoi genitori.” Malo non disse niente, anche se aveva l’impressione che i genitori, malgrado i loro studi e le loro attività, non fossero mai andati molto lontano. Suo padre era un brillante avvocato finanziario che passava molto tempo in ufficio, la mattina andava via presto e la sera rientrava tardi, con un pacco di documenti sotto braccio, ansioso di raggiungere quanto prima gli amici del Club dei Portatori di Cravatte. Non si accorgeva che il figlio cresceva più in fretta di uno di quei fiori tropicali che si coltivano nelle serre del Jardin des Plantes. Aveva dimenticato da tempo il potere dei sogni. Del resto, era difficile pensare che avesse ancora il tempo di sognare. “Faresti meglio a metterti al lavoro, se 16 vuoi combinare qualcosa nella vita!” lo rimbrottava quando riceveva la pagella del figlio. Va detto che Malo otteneva risultati scadenti nelle materie scientifiche e voti piuttosto mediocri nelle altre. La madre, quando la sua attività di odontotecnica le lasciava qualche po’ di libertà, occupava il tempo andando in giro per negozi di gioielli e vestiti, guardandosi allo specchio o chiacchierando con le amiche attorno a una tazza di tè e a un enorme piatto ricolmo di bignè alla crema e di dolci al cioccolato. “Quel ragazzo è continuamente nelle nuvole” diceva a chi aveva la pazienza di ascoltarla. “Se almeno potessimo farne un aviatore!” rispondeva il marito. Quei due, se avessero saputo che il loro unico figlio sarebbe scomparso il giorno in cui avrebbe compiuto undici anni, avrebbero sicuramente adottato un 17 atteggiamento diverso nei suoi confronti. Ma purtroppo non si pensa mai a questo genere di cose. Così, il mattino del suo compleanno, i genitori di Malo, come ogni altro giorno della loro esistenza, si preoccuparono prima di tutto della propria persona. “Devo scappare in ufficio. Sono già terribilmente in ritardo!” gridò il padre, sbirciando il quadrante dell’orologio e annodandosi attorno al collo una cravatta a motivi scozzesi in pura lana vergine delle isole Shetland. “Anch’io” gli fece eco la madre, infilando un paio di eleganti scarpe scollate di cuoio rosso che, a giudicare dalla sua occhiata nello specchio d’ingresso, le stavano a meraviglia. “Buon compleanno, Malo!” gli augurò il padre baciandolo al volo prima di lasciare di volata l’appartamento con in mano una ventiquattrore piena di dossier, e di scapicollarsi giù per le scale. “Non dimenticare che abbiamo un ap18 puntamento alle tredici e trenta alla stazione dei taxi” aggiunse la madre baciando il figlio sulla fronte. Poi uscì a sua volta senza aspettare risposta. Dato che era in vacanza, Malo per una volta non aveva sentito parlare di scuola. Finalmente solo, il ragazzo sospirò a lungo contemplando dalla finestra del salotto i tetti di Parigi, che gli apparvero di color grigio cenere. Abitava in un bell’appartamento con vista sulla Senna e i campanili di Notre-Dame. Eppure, malgrado quello scenario meraviglioso, Malo, al contrario dei genitori che avevano sempre mille cose da fare, si sentiva morire di noia. Di solito i compleanni gli andavano a genio. Passare un intero pomeriggio a giocare, a rimpinzarsi di dolci e a ricevere regali è davvero una cosa molto piacevole. Quell’anno, però, temeva il peggio, perché la festa non si sarebbe svolta nel sa19 lotto dell’appartamento di famiglia ma in un luogo sconosciuto: l’Albergo dei Tre Briganti. Era stata la madre a pensare a tutto, rivolgendosi a un’agenzia di giochi e passatempi dalla quale aveva ricevuto un interessante opuscolo tre mesi prima. VENITE A FESTEGGIARE IL VOSTRO COMPLEANNO IN UNO DEI PIÙ ANTICHI E AUTENTICI ALBERGHI DELLA CITTÀ VECCHIA BRIVIDI ASSICURATI E DIVERTIMENTO GARANTITO! ALBERGO DEI TRE BRIGANTI VIA DELL’ALBERO SECCO, 7 75001 PARIGI La somma richiesta per un tale evento era pari alla sua importanza, ma la madre di Malo aveva trovato originale proporre una festa di compleanno di quel genere – pauroso! – e si era detta che il figlio ne 20 sarebbe rimasto molto contento. Così lei non avrebbe dovuto occuparsi di un mucchio di ragazzi pestiferi, anzi, ne avrebbe approfittato per fare un po’ di acquisti in quel nuovo negozio di rue de Rivoli, come comprare quel bellissimo abito a fiori firmato da un grande stilista che aveva visto in vetrina – dopotutto, visto che il marito spendeva somme folli per le sue cravatte, perché lei non avrebbe potuto fare lo stesso per i suoi vestiti? Forte di quella sfilza di argomenti, la madre aveva immediatamente confermato la festa di compleanno presso l’agenzia. E, la vigilia, si era limitata a confidare a Malo che l’indomani si sarebbe dovuto aspettare un sorpresa con i fiocchi. Malo, come tutti i ragazzi, amava le sorprese e i luoghi sconosciuti. Ma il fatto che tutto fosse stato pianificato, la scenografia, la colazione, le aranciate, i giochi, i regali, e tutti i passatempi messi a disposizione da un’agenzia di divertimenti, lo lasciava pensieroso. 21 “Quando tutto è preparato, non c’è più molto spazio per la fantasia” aveva giustamente fatto notare alla madre. Ecco perché diffidava di quel compleanno presso l’Albergo dei Tre Briganti. Il pomeriggio del famoso giorno, alle tredici e trenta in punto, Malo raggiunse quindi con una certa ansia la madre alla stazione dei taxi di boulevard SaintGermain, dove lei lo aspettava trepidando d’impazienza. “Eccoti, finalmente, mio caro!” esclamò la madre con voce flautata vedendolo avvicinarsi a passo lento. Al carrefour dell’Odéon la donna chiamò un taxi e fece salire Malo su una vettura di colore nero. Poi, dopo aver dato all’autista l’indirizzo dell’albergo – che si trovava dall’altro lato della Senna –, si volse verso il figlio e lo lasciò dandogli un bacio frettoloso: “Buon compleanno, Malo. Goditi fino in fondo questa giornata. I tuoi amici ti 22 aspettano laggiù. Li ho avvertiti tutti quanti.” E, senza perdere tempo, sbatté la porta del taxi, il quale ripartì all’istante. Durante il percorso che lo portava all’Albergo dei Tre Briganti, Malo rimase muto come una tomba. Pensava alla festa di compleanno. Come se ci si potesse divertire a comando! Il divertimento non dipende da nessuna logica, e la cosa lo preoccupava parecchio. Tutto dipendeva dall’ambiente, dal buonumore di ciascuno e, ovvio, dalla magia del luogo. Oltretutto, a che cosa mai poteva assomigliare quell’albergo? Che idea strampalata organizzare una festa di compleanno in un posto simile! Per il momento, l’unica cosa che gli interessava era sapere quali amici aveva invitato la madre. E se ci fossero stati gelati alla fragola e alla vaniglia, charlotte alle pere, crema di lamponi, gelatine di frutta, rotolini di liquirizia, marshmallow e cioccolata 23 calda, come l’anno prima. Quale sorpresa con i fiocchi riservava dunque quell’albergo? E perché portava un nome così strano? Il tassista che, fino a quel momento, non aveva aperto bocca, capì che il ragazzo era preoccupato. Scrutandolo nello specchietto retrovisore, prima gli lanciò numerosi sguardi interrogativi e poi, finalmente, prese la parola: “Allora, ragazzino, si direbbe che ti senti a disagio. Qualcosa non va?” Malo uscì di colpo dal suo torpore e rispose prontamente: “Oggi è il mio compleanno…” “E allora? È un avvenimento fortunato, no?” disse l’uomo con voce gioviale. “Sì, ma i miei genitori non hanno trovato di meglio da fare che lasciarmi solo e spedirmi non so dove a incontrare non so chi.” Il tassista scosse il capo in segno di assenso e, dopo alcuni secondi di silenzio, fece osservare: 24 “Forse hanno troppo lavoro…” “Sì, certo, ma si tratta pur sempre del mio compleanno.” “Sai, quando si è adulti, non si può fare sempre quello che si vuole.” “E quando si è bambini, non si ha mai scelta…” Il tassista non seppe che cosa rispondere. Imbarazzato, si rannicchiò sul suo sedile. Fuori l’autunno si divertiva a riempire il mondo di colori foschi. “Che idea, tra l’altro, nascere il 2 novembre!” esclamò Malo guardando dal finestrino la pioggia che cadeva. Proprio il giorno in cui si festeggiano gli scomparsi!” Malo non pensava di aver detto una frase del tutto appropriata. Infatti gli restavano esattamente diciassette minuti prima di scomparire. 25