GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO Domenica 20 settembre 2015 In occasione delle Giornate europee del patrimonio, il Museo propone un percorso nelle sezioni archeologica e storico artistica, con la presenza di un sommelier dell’ AIS (Associazione Italiana Sommelier), alla scoperta di aspetti, curiosità e storie di vigne e vigneti di ieri e di oggi. Storie di vigne e vigneti di ieri e di oggi Intervento di Francesca Nicoli Diverse specie fruttifere e floreali, insieme a motivi di carattere più strettamente antiquariale, concorrono alle definizione di una vivace decorazione sulle ghiere multiple e le cornici reggi davanzale della finestra proveniente da Crevacuore (casa Mazzia) e attualmente esposta all’interno della sezione storico artistica del Museo. Tra queste l’uva. Già nel 1935 il botanico Oreste Mattirolo nel suo studio sui mattoni carpologici Piemontesi si era interrogato sul grado di aderenza al dato reale di questa manufatti plastici tardo-gotici, evidenziando il prevalere di un processo di astrazione del dato naturalistico a scapito di una resa fedele della specie botanica da rappresentare ed adducendo come fattori limitanti la tecnica stessa del cotto stampato ed una pratica di cantiere che andavano nella direzione di una facile riproducibilità , si potrebbe parlare di produzione proto-industriale, oltreché un inserimento della singola formella in un motivo decorativo d’insieme. Osservando le formelle con i frutti della vite e della quercia, possiamo rilevare come le rispettive specie siano riconoscibili grazie ai frutti; le foglie si equivalgono eccezione fatta per il particolare delle venature sottolineato nella foglia della vite, questo corrisponde ad una necessità di resa decorativa delle forme. La finestra di casa Mazzia dialoga all’interno delle sale del Museo con il portale proveniente da Palazzo Cisterna anch’esso decorato con formelle fittili recanti impresse nell’argilla fogliame di quercia con ghiande nella profilatura più esterna e sulla cornice più interna motivi di putti vendemmiatori su tralcio di vite . Quest’ultimo stampo trova applicazione piuttosto diffusa nel Piemonte Settentrionale sia in fabbriche ecclesiastiche (S.Maria di Salussola, S,Pietro di Gattinara, Abbazzia di S. Nazzaro Sesia) che in fabbriche civili (castello di Collobiano), il rimando diretto ad un paesaggio agrario caratterizzato da tale coltura non è da escludersi anche se è doveroso sottolineare in questo caso la valenza simbolica di cui il frutto della vite è tradizionalmente portatore; azzardando dunque un’ interpretazione che vada in questa direzione, è possibile ravvisare veicolato dalla formella con putto vendemmiatore un messaggio di fecondità e prosperità , lettura che ben si sposa alle contingenze politiche ed economiche degli anni a cavallo tra 400 e 500 in territorio biellese e vercellese e che favorirono quella spinta di rinnovamento edilizio entro cui collocare i numerosi interventi di qualificazione ed ammodernamento affidati ai formatori di terracotta. Bibliografia : Donato G. La vite nella plastica lombardo-piemontese del Quattrocento, in Vigne e vini nel Piemonte rinascimentale , atti del convegno ( Alba, 14 Settembre 1991), a cura di R.Comba, Cuneo, 1991 Donato G. Costruire e decorare: per una geografia artistica fra Biella e Vercelli, in Arti figurative a Biella e Vercelli. Il Quattrocento, a cura di V.Natale, Biella, 2005 1 Intervento di Angela Deodato La più antica storia della vite e del vino nel territorio biellese è “raccontata” da alcuni reperti esposti nella sezione archeologica del Museo che, unitamente all’interpretazione delle fonti antiche, ci permettono di ricostruire usi e costumi dei nostri antenati e il paesaggio in cui erano protagonisti. La brocca a becco in bronzo (Schnabelkanne) facente parte del corredo di un importante personaggio seppellito 2500 anni fa sulla Burcina, ci conferma la veridicità delle fonti classiche che ribadiscono a più voci la fondamentale importanza degli Etruschi nell’acquisizione del vino nei territori transpadani , e con questo, anche di un modo particolarmente aristocratico nel consumo della “bevanda degli dei”: il rituale del banchetto greco ed etrusco in cui il vino era “preparato” annacquandolo e mescolandolo con aromi , spezie e miele. E’ nell’incontro delle popolazioni locali di matrice celtica con gli Etruschi che vediamo mutuata questa bevanda anche dal popolo gallico creatore della birra. Dai corredi del II secolo a.C. di Cerrione provengono esempi di particolari contenitori per il vino, i “vasi a trottola”, la cui forma, caratterizzata da stretta imboccatura, sembra più adatta ad un consumo a canna e, unitamente a dati epigrafici, avvalora l’ipotesi sostenuta dalle fonti storiche, Diodoro Siculo e Strabone soprattutto, che sostengono la smodatezza dei Celti nel bere vino puro. Le analisi paleobotaniche condotte sui resti di frutti (vinaccioli, peduncoli) e carboni dei corredi romani di Cerrione, indicano che in I e II secolo d.C. nella zona si coltivava la vitis vinifera e si produceva localmente il vino che veniva consumato; una consistente produzione vinicola locale e’ desumibile anche dalla mancanza di anfore indicanti l’arrivo dei vini allora famosi dal Tirreno o dalla Grecia. A Cerrione il vino veniva portato sulla mensa in eleganti olpai (brocche) in argilla e vetro colorato e consumato entro coppe facenti parte di ricchi corredi vitrei. Ci sfugge ad oggi quale vino venisse prodotto nel Biellese, anche se Plinio, parlando della vitis spionia,che sopporta il calore, matura alle piogge di autunno nutrendosi di nebbia e dà vino forte e tannico, forse indicava un antico vitigno antenato del Nebbiolo e dei nostri vini rossi locali. La fondamentale importanza che il dio Dioniso - Bacco rivestiva presso Greci e Romani ha raggiunto anche i nostri territori: il singolare cippo di Salussola ci mostra un particolare dio Dioniso-Sukellus, cioè ritratto nell’iconografia tanto amata in Galia, in cui il dio, che esce incedendo ebbro da una grotta, e’ “battitore”, cioe’ creatore di botti. Le botti secondo Plinio erano l’unico mezzo di trasporto vinicolo nelle regioni occidentali a sud delle Alpi. L’albero tratteggiato sullo sfondo viene interpretato come un acero campestre, una delle piante che, insieme al pioppo, veniva utilizzata dagli Etruschi e poi dai Celti, e forse ancora in epoca romana nelle nostre terre, per coltivare le viti ad alteno, cioè con sostegno vivo. Bibliografia: Gambari F.M., Le origini della viticoltura in Piemonte: la protostoria, in Vigne e vini del Piemonte antico, a cura di R. Comba, Alba, 1994, pp. 17-42. G. SPAGNOLO GARZOLI, A. DEODATO (a cura di) , Dalle origini al medioevo. Le sezioni Paleontologica e Archeologica del Museo del Territorio Biellese, Biella, 2014. Deodato A., Ceramiche comuni, in Brecciaroli Taborelli L. (a cura di) , Oro, pane e scrittura. Memorie di una comunità “inter Vercellas et Eporediam”, Roma, 2011, p. 149-150. 2 Presso l’Archivio di Stato di Biella viene proposto invece un percorso per conoscere prodotti e produttori che hanno rappresentato il Biellese alle Esposizioni Universali. Vini e Liquori Biellesi alle Esposizioni Intervento di Elena Gallo Agli inizi del Novecento i terreni coltivati a vigneto occupavano completamente le aree collinari biellesi da Sostegno a Biella e poi verso Cavaglià e Viverone. Questa tradizione vinicola è assai antica, testimoniata da documenti cinquecenteschi, e studi della metà del XVIII secolo attestano come il vino fornisse all’economia un contributo fondamentale: Biella, Candelo, Cossato e Salussola erano le comunità che producevano più vino. La diffusione della viticoltura e la presenza sul territorio di un grande numero di piccoli coltivatori trovano riscontro nella notevole presenza di produttori vitivinicoli alle varie esposizioni, dove i vini sono presentati in modo generico o differenziati come “vini da bottiglia” e “vini da pasto”. Due produttori fanno eccezione in tal senso: la ditta Gurgo Salice Paolo che presenta il suo “vino passito dolce e amaro”, premiato con Menzione Onorevole a Parigi nel 1867, e la ditta Beglia Quinto della casa Avogadro di Lessona, premiata per il suo “vino Spanna” a Milano nel 1906. Nebbiolo e Spanna erano i vitigni più diffusi e devono essere considerati figli di un unico vitigno, l’antico Nebbiolo, che ha trovato tra Cervo e Sesia il terreno. Nelle vecchie vigne del Biellese il Nebbiolo raramente si trovava in purezza, ma alternato a filari di Vespolina, Croatina e Uva rara, che in piccole quantità servivano a personalizzare la variegata produzione biellese. Esposizione Nazionale del Nuovo Regno d’Italia - Firenze 1861 Stazione Porta a Prato, 15 settembre – 8 dicembre (136.000 visitatori) Alla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento anche la produzione liquoristica biellese era notevole e quasi completamente concentrata nella zona di Biella città e paesi vicini quali Chiavazza e Adorno; presenza sporadiche di liquoristi si registravano in località più lontane come Pollone, Pettinengo, Curino e Graglia (dove era prodotto il “Liquore S. Carlo). La produzione era molto diversificata, spaziando dai vermouth ai fernet, dai liquori agli amari, insomma una serie di pusa-cafè, ai quali venivano attribuite anche proprietà curative e balsamiche. L’infuso amaro ribattezzato Vermouth (dal tedesco Wermuth, assenzio) ebbe un gran successo nell’Ottocento e anche le piccole aziende artigiane biellesi, comprese le farmacie, ne misero a punto la produzione elaborando ciascuno una propria ricetta. Alcune ditte biellesi, note per la produzione di vino e liquore, lo inserirono nella gamma delle loro offerte: Giovanni Robiolio, il cui Vermouth fatto con l’uva bianca di Piverone venne giudicato eccellente in occasione dell’Esposizione di Biella del 1882; la ditta Nicolini & Venesia che ebbe la medaglia d’oro per liquori e vermouth a Milano nel 1906. ELENCO DOCUMENTI ESPOSTI Mosso S.Maria, 7 giugno 1861 Lettera di Giovanni Battista Robiolio al Presidente del Comitato per l’Esposizione Nazionale di Firenze del 1861 di Biella con la quale chiede indicazioni in merito alle tempistiche per la consegna al comitato di Biella degli oggetti destinati all’Esposizione di Firenze. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Mosso S.Maria, 14 luglio 1861 Lettera di Giovanni Battista Robiolio al Presidente per la Esposizione Nazionale di Firenze relativa alla consegna di due casse, una con carta, l’altra con vino destinate alla Esposizione nazionale di Firenze [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m.] 3 Andorno, 17 luglio 1861 Lettera di Mossone Lorenzo (Ditta Mossone Antonio) al Comitato di Biella relativa alla consegna di otto bottiglie di Ratafià di cui due al Kermes, due alla vaniglia, due Flamboesa e due Amaro, per l’Esposizione Italiana di Agricoltura, Industria e Belle Arti in Firenze. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Elenco degli espositori biellesi all’Esposizione di Firenze del 1861 con indicazione del nome del produttore, la residenza, la natura degli oggetti, il peso o la misura o la quantità, infine la quantità, la marca, il peso e il valore complessivo dei colli. Compaiono Pietro Rappis con il suo Ratafià, Giovanni Battista Robiolio con carta d’alcea e vino, Antonio Mossone con bottiglie di Ratafià. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XIX, m. 26] Riproduzioni di etichetta e carta intestata della ditta Nicolini & Venesia (già Robiolio) Grande Esposizione - Londra 1862 South Kensington - Giardini della Royal Horticultural Society, 1 maggio-1 novembre (36 paesi, 28.000 espositori, 6,1 milioni di visitatori) Verso la fine del 1600 anche il Ratafià era già ben noto in molte zone del Piemonte e nel Biellese: furono gli Andornesi a elaborare una ricetta che conferiva al liquore un sapore particolare che lo distingueva da un altro ratafià famoso de tempo, quello di Grenoble. Eusebio Rappis avrebbe ottenuto dal duca Filiberto di Savoia il privilegio di produrre il ratafià già nel 1485. Nelle varie esposizioni la presenza del liquore biellese che piaceva a papi, regnanti e personaggi illustrati, è continua e assicurata da produttori diversi: da Pietro Rappis a Londra già nel 1852 (medaglia d’argento), da Antonio Mossone a New York nel 1854 (menzione onorevole) e a Filadelfia nel 1876, dove saranno presenti insieme con il ratafià Robiolio, che diventerà Nicolini &Venesia e sarà presente in un periodo di circa quarant’anni a ben 12 esposizioni. ELENCO DOCUMENTI ESPOSTI Novara, 25 novembre 1861 Lettera alla Giunta locale di Biella per l’Esposizione internazionale di Londra da parte della Città di Novara che invita a raccogliere “in distinte collezioni tutte le migliori qualità di vini che sono prodotti in ciascuna Provincia, da esporsi a Londra in proprio nome “, “ per promuovere l’industria e il commercio dei vini che potrà divenir fonte principalissima di ricchezza per l’Italia “ [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XIX, m. 26] Elenco delle domande di ammissione per la partecipazione all’Esposizione di Londra del 1862 con indicazione del nome del produttore, la natura degli oggetti, la residenza, qualità, quantità e ingombro in metri quadrati dei prodotti, e deliberazioni del Comitato. Compare Pietro Rappis, fabbricante di bevande fermentate [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Elenco dei produttori ammessi alla partecipazione all’Esposizione di Londra del 1862 con indicazione del nome dell’espositore, la natura degli oggetti, la quantità, la marca, il peso e il valore complessivo dei colli. Compare Pietro Rappis, fabbricante di bevande fermentate [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Due polizze di spedizione di Pietro Rappis per l’Esposizione di Londra del 1862. Spedisce bottiglie di Ratafià “ a diversi profumi “ [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] 4 Biella, 24 febbraio 1863 Lettera alla Giunta locale di Biella per l’Esposizione internazionale di Londra da parte della Città di Novara che comunica l’arrivo in stazione per il giorno seguente di sei casse contenenti prodotti di ritorno da Londra da riconsegnare ai rispettivi espositori. Tra gli espositori compare Pietro Rappis. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Riproduzione 6 maggio 1858 Eco del Mucrone Articolo che racconta dei successi internazionali del Ratafià di Antonio Mossone e Pietro Rappis e dell’origine del termine “ratafià”. Manifesto Invito ai produttori biellesi a partecipare alla Esposizione di Londra. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 118] L’esposizione Generale dei Prodotti del Circondario di Biella 1882 Seminario Vescovile, 15 agosto – 17 settembre (974 espositori, 47.000 visitatori) Nei primi mesi del 1882 si istituì a Biella una Commissione esecutiva per la realizzazione di una “pubblica Mostra dei prodotti agricoli, industriali e manifatturieri del nostro Circondario” in occasione del XV Congresso nazionale del Club Alpino Italiano previsto per il mese di agosto. La Commissione, composta da un Presidente, il Sindaco Agostino Bella Fabar, due Vice Presidenti, dodici membri e un segretario, aveva il compito di promuovere l’esposizione, reperire i fondi e selezionare i partecipanti; inoltre nominava in ogni comune un sotto-comitato. La scelta dello spazio espositivo ricadde sul seminario vescovile e i lavori di adattamento furono diretti dall’Ing. Maglioli: due dei quattro cortili su Piazza Duomo furono trasformati in giardini con al centro una grande fontana, a sinistra si realizzò un giardino all’inglese che ospitava il chiosco di bibite del sig. Bertello che ebbe gran successo con il suo Rosolio Ebolebo, a destra era collocato il padiglione del sig,. Pietro Rossetti e lo chalet del signor Memabrea per la vendita della birra. Questo giardino fu una grande attrazione poiché, novità assoluta per la città, ivi si provava la corrente elettrica! Per l’occasione si introdusse anche il telefono! Negli altri due cortili furono costruite delle tettoie per i legnami e i materiali da costruzione. L’esposizione fu ufficialmente inaugurata il 15 agosto sotto l’alto patronato di S.A.R. il Principe Amedeo Duca d’Aosta. Gli espositori, provenienti da settantasei comuni, erano organizzati in quattro sezioni (industriale, agraria, didattica e artistica) e ventinove classi; si aggiunsero poi una sezione operaia e una per la previdenza. Nell’esposizione cittadina del 1882 il settore dei vini è certamente il più ricco di partecipanti: gli espositori sono 159 e provengono da tutto il Biellese, da Sostegno e Dorzano, da Mosso S. Maria a Viverone, da castelletto Villa a Mottalciata e Ronco. L’elenco degli espositori riserva qualche curiosità: non solo sono presenti alcune donne, Geniani Delfina di Quaregna, Gianna Gioanna di Curino e Gurgo-Betta Maria di Biella, ma ben 8 sono i parroci che presentano i loro vini, tra i quali Don Paolo Antoniotti, parroco di Casa del Bosco premiato in tre classi, Questa teologo Giuseppe, parroco di Sostegno, e Don Antonio Buratti con le sue tre bottiglie di vino di Chiavazza da pasto del 1881. La giuria apprezzò soprattutto i vini prodotti con l’uva Spanna. 5 Diploma d’onore andò al marchese Tommaso della Marmora, la medaglia d’oro al conte Ferdinando Avogadro di Collobiano per i vini di Montecavallo e ad Agostino Bullio per una collezione di vini di Mottalciata risalenti al secolo prima! Furono assegnate undici medaglie d’argento e altrettante di bronzo. Diciotto furono gli espositori di liquori e toccò al cav. Pietro Rappis la medaglia d’argento per il Ratafià. Le ditte Luigi Bertello di Biella, Ferraris di Mongrando e Mossone di Andorno conquistarono, invece, la medaglia di bronzo. ELENCO DOCUMENTI ESPOSTI Opuscolo Elenco dei premi assegnati dalla Giuria per l’Esposizione biellese 1882 G. Amosso, Biella 1882 [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] 1882 Esposizione Generale dei prodotti biellesi Verbali della Commissione Verbali del 30 giugno e del 13 luglio 1882 relativi all’assegnazione della gestione di uno spaccio di birra, vini e liquori all’interno dell’Esposizione. I signori Menabrea e Bertello avranno entrambi un proprio chiosco. [Archivio di Stato di Biella, Archivio Storico della Città di Biella, Serie III sec. XX, m. 26] Riproduzione Esposizione Generale dei prodotti del circondario di Biella del 1882 – Catalogo Ufficiale e Pianta, G. Amosso, Biella 1882 [Biblioteca Civica di Biella] Riproduzione Carta intestata della premiata Ditta Bertello Luigi, che ricevette apprezzamenti per vermouth, menta glaciale ed ebolebo, un infuso a base di Achillea moscata e ebbe la menzione d’onore per i suoi liquori all’Esposizione nazionale di Palermo del 1891. Bibliografia: BiellExpo. Il Biellese e i biellesi da esposizione, catalogo a cura di Danilo Craveia e Giovanni Vachino, Biella 2015 6