SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE
PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA
SIS
CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE
PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA
DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP
A.A. 2007/2008
IMPARARE INSEGNANDO
SPECIALIZZANDO: Sandra CASALIGGI
SUPERVISORE: PROF. Lorenza CARELLI
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Le differenze servono a rinforzare l’unità,
proprio come le differenze in una buona
orchestra rinforzano l’unità della musica.
Paul Nash
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INDICE GENERALE DEL PORTFOLIO
1. Fascicolo dei processi e prodotti
Mappa concettuale..................................................................................................4
Diario di bordo........................................................................................................5
Indice ragionato......................................................................................................11
Modello teorico di riferimento e collegamento all'attività progettata....................18
Dossier di documentazione
Intervento didattico schede operative.....................................................................28
Schede bibliografiche……………………………………………………………..79
Allegati…………………………………………………………...……………….88
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4
DIARIO DI BORDO
SETTEMBRE 2008
• Inizio corso di specializzazione sostegno.
• Prima lezione di tirocinio attivo Super Visore Tirocinio indicazioni portfolio.
• Secondo incontro tirocinio attivo SVT distribuzione autorizzazioni da consegnare alla scuola
scelta per lo svolgimento dell’intervento diretto in classe.
• Approfondimento dal punto di vista normativo durante gli incontri di legislazione.
• Arricchimento dal punto di vista pedagogico ed utilizzo di un linguaggio più specifico grazie
alle spiegazioni e al consistente materiale fornito durante il corso di Pedagogia Speciale.
INIZIO CORSO DI SPECIALIZZAZIONE SOSTEGNO
Dopo un’estate di riposo e di ripresa dalle fatiche della prima parte del corso di allineamento,
organizzato in 400 ore di frequenza e svoltosi da gennaio a maggio 2008 , nel mese di settembre,
abbiamo cominciato la frequenza della seconda parte, sempre di 400 ore, ma questa volta con
materie specifiche per la specializzazione sostegno .
PRIMA LEZIONE DI TIROCINIO ATTIVO
Il 4 settembre 2008 la mia SVT ha spiegato le finalità, i criteri di costruzione e gli obiettivi del
portfolio, il documento che avremmo dovuto presentare alla fine del corso quale risultato delle
conoscenze ed abilità acquisite durante le esperienze di tirocinio svolte in classe, ma da mettere in
stretto collegamento con gli apprendimenti teorici raggiunti grazie allo studio degli argomenti delle
materie base e all’approfondimento nei relativi laboratori. La Dottoressa ci ha raccomandato, prima
di scegliere la tematica da affrontare nel portfolio, di iniziare una attenta osservazione della classe in
cui avremmo svolto l’attività di tirocinio attivo con un occhio di riguardo rivolto all’alunno con
bisogni educativi speciali . Lei stessa ci ha ribadito che il contesto scolastico, quindi il gruppo dei
compagni in cui è inserito uno studente con disabilità ha un ruolo fondamentale per il benessere e
per la piena integrazione di quest’ultimo.
SECONDO
INCONTRO
TIROCINIO
ATTIVO
SVT
DISTRIBUZIONE
AUTORIZZAZIONI DA CONSEGNARE ALLA SCUOLA SCELTA
PER LO
SVOLGIMENTO DELL’INTERVENTO DIRETTO IN CLASSE.
Il 23 settembre la Dottoressa ha comunicato ad ognuno di noi corsisti in quali scuole della nostra
provincia avremmo potuto svolgere l’intervento attivo in classe e ci ha distribuito le autorizzazioni,
fornite dalla SIS, da consegnare al docente che ci avrebbe accolti. Con felicità ho appreso in
quell’occasione che la scuola secondaria di secondo grado che mi aveva accettata, nei mesi
precedenti per il tirocinio osservativo, mi aveva offerto la possibilità di tornare, nello stesso
indirizzo, Liceo Tecnico, e addirittura nella stessa classe. Durante la lezione la Professoressa inoltre
ci ha indicato come creare la mappa concettuale da allegare al portfolio e ha sottolineato la effettiva
importanza che tale grafico avrebbe avuto per il documento stesso. Dalla spiegazione fornita ho
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capito che questo schema costruito con ellissi e parole chiave doveva toccare i punti fondamentali
del lavoro svolto per dare a chiunque una chiara visione globale del collegamento tra i vari
argomenti trattati.
APPROFONDIMENTO DAL PUNTO DI VISTA NORMATIVO DURANTE
INCONTRI TENUTI DALLA DOTTORESSA F.
GLI
Molto interessanti sono stati, in questo mese di settembre gli incontri di Pedagogia Generale tenuti
dalla Professoressa F che ci ha fornito una lettura pedagogica approfondita della normativa vigente
riferita all’integrazione scolastica degli alunni disabili . Finalmente ho appreso che l’insegnante di
sostegno è comparso nella scuola, a fianco dello studente con handicap, grazie alla legge 517 del ’77
e che con questa legge sono state abolite le classi differenziali o speciali. La docente ha poi dedicato
molto tempo per trattare in modo ampio il primo importante provvedimento legislativo a favore dei
diritti all’assistenza, integrazione scolastica e sociale della persona disabile che è stato emanato il 5
febbraio del 1992 con la legge Quadro numero 104. Lei ci ha poi stampato e fotocopiato il testo
integrale, sia di quest’ultima legge, che dell’Intesa tra Stato, Regioni ed Enti Locali del marzo 2006,
per permetterci di usarle e di applicarle, in caso di necessità, al momento giusto informando i
colleghi curricolari disinformati. Grazie alla Professoressa ho poi appreso che lo scopo del tutor,
nuova figura professionale inserita all’interno dell’Istituto, non è solo quello di offrire vantaggi al
discente ma anche quello di ottemperare alle indicazioni Ministeriali relative al D.P.R.567/96.
Le spiegazioni poi relative alla figura dell’insegnante specializzato, mediatore con i soggetti
responsabili dell’integrazione, e alla valutazione degli alunni disabili, differente nei due ordini di
scuola secondaria, mi hanno aperto nuovi orizzonti .
ARRICCHIMENTO DAL PUNTO DI VISTA PEDAGOGICO ED UTILIZZO DI UN
LINGUAGGIO PIU’ SPECIFICO GRAZIE ALLE SPIEGAZIONI E AL CONSISTENTE
MATERIALE DURANTE IL CORSO DI PEDAGOGIA SPECIALE.
Durante le ore di docenza la Professoressa ci ha preparati su tematiche di Pedagogia Speciale
offrendoci consistenti materiali, arricchendo così il nostro linguaggio prima non specifico ma
semplice, povero a volte non corretto. L’esperta ci ha parlato dell’importanza dell’
EDUCABILITA’anche degli alunni disabili, dei loro BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI,
dell’esigenza di lavorare sulla loro ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE. In molte delle sue lezioni
ci ha esortati, in qualità di futuri insegnanti specializzati, a credere nell’educabilità, nel difficile ma
possibile miglioramento del soggetto in difficoltà.
OTTOBRE 2008
• Incontro con docente accogliente.
• Analisi relativa all’alunna disabile.
• Conoscenza realtà scolastica.
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• Decisione della tematica e della metodologia da utilizzare
• Condivisione della progettazione dell’attività per l’intervento in classe.
• Lettura di una esperienza di Tutoring vissuta da un insegnante di scuola secondaria di
secondo grado fornita durante il corso di Psicologia Clinica.
• Consulenza mia SVT e monitoraggio del lavoro svolto nella scuola accogliente.
INCONTRO CON DOCENTE ACCOGLIENTE
All’inizio del mese di ottobre ho contattato ed in seguito incontrato il mio docente accogliente, che
già conoscevo dalla precedente esperienza di tirocinio osservativo. In quella occasione ho fatto a lui
presente, che le 22 ore di tirocinio che avrei dovuto effettuare, questa volta non dovevano essere
destinate ad un intervento passivo, ma bensì ad una attività in classe con una mia partecipazione
attiva preventivamente progettata. Il docente mi ha chiesto se avevo già pensato ed individuato una
metodologia e un argomento su cui avrei voluto lavorare. Gli ho risposto, che non avendo le idee
chiare, avrei rinviato la scelta della tematica dopo aver effettuato qualche ora di osservazione
silenziosa e passiva.
ANALISI RELATIVA ALL’ALUNNA DISABILE
Ho riletto la documentazione relativa a M., alunna disabile con la quale avevo già vissuto la
precedente esperienza di tirocinio, per rendermi conto dei cambiamenti, dei miglioramenti e delle
novità che si erano verificati nel corso dei mesi . Già il suo insegnante di supporto mi ha fatto
presente che M., ragazza di 19 anni frequentante la classe V^C del Liceo Tecnico affetta da turbe
relazionali, medio ritardo mentale psicosi e tendenze autistiche, negli ultimi mesi della classe IV^
aveva svolto l’attività lavorativa presso LA CASA di GIORNO (centro diurno per anziani
parzialmente non autosufficienti). L’ addestramento in ambito lavorativo ha consentito a M. di
potenziare abilità e competenze finalizzate alla costruzione di un ruolo all’interno della società. Per
fare tutto questo è stata seguita dal suo insegnante, e da una compagna Tutor insieme hanno svolto
i seguenti compiti con impegno ed entusiasmo:
•
•
•
•
socializzazione con gli ospiti presenti
attività di animazione
aiuto nell’allestimento della zona pranzo
aiuto nel servire colazione e merenda agli ospiti
CONOSCENZA REALTA’ SCOLASTICA
La classe V^C che già mi aveva conosciuta in primavera, mi ha nuovamente accolta con curiosità ed
entusiasmo, M. stessa che spesso aveva chiesto al suo insegnante mie notizie, ha mostrato una certa
felicità per il mio ritorno. Rispetto al precedente anno scolastico, il gruppo ha subito una modifica
per la bocciatura di un’ alunna e quindi risulta composto da 15 elementi, 2 maschi e 13 femmine.
Ho iniziato la mia osservazione passiva durante l’ora di informatica cercando di seguire le utili
indicazioni studiate nel laboratorio Tecniche dell’osservazione.
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L’insegnante curricolare utilizza una comunicazione orale e bidirezionale, in un clima sereno e
tranquillo, intanto una compagna/ tutor affianca l’alunna disabile nello svolgimento del compito,
mentre il docente di sostegno siede accanto per avere un maggiore controllo della situazione.
DECISIONE DELLA TEMATICA E DELLA METODOLOGIA DA UTILIZZARE
Dopo la mia attenta osservazione ho parlato a lungo con il docente accogliente per decidere su
quale argomento indirizzare il mio progetto e che tipo di metodologia utilizzare per poter intervenire
in modo valido ed efficace. Ripensando a quanto visto in classe gli ho chiesto se fosse possibile
lavorare sulla strategia del tutoring. La risposta è stata affermativa poiché già il progetto di vita
dell’alunna M. prevedeva l’aiuto tutoriale tra compagni . Invece i docenti di matematica e di
informatica mi hanno suggerito la tematica da affrontare: “ L’EURO come misura di valore”.
Entrambe mi hanno spiegato che M. non ha ancora raggiunto una piena autonomia nel riconoscere
ed utilizzare il denaro, la ragazza fatica soprattutto a riconoscere le monete, spesso non è in grado di
contare il resto che le viene dato, pertanto un laboratorio sull’euro potrebbe essere una buona
occasione per potenziare e migliorare le sue conoscenze ed abilità in merito.
CONDIVISIONE DELLA PROGETTAZIONE DELL’ATTIVITA’ PER L’INTERVENTO
IN CLASSE
Prima di progettare l’attività il docente accogliente mi ha proposto di consultare alcuni libri sia
teorici che operativi che lui stesso ha recuperato nella biblioteca della scuola e che mi ha
gentilmente prestato. Due sono le preziose fonti a cui mi sono maggiormente ispirata: 1) Keith
Topping “Tutoring”. L’insegnamento reciproco tra compagni. Erickson 2)Michela Malagoli
“Laboratorio euro”. Programma per l’insegnamento dell’uso dell’euro ad alunni con difficoltà.
Erickson Ho trovato in entrambe i testi spunti che ho tenuto in considerazione nel preparare
accuratamente il mio intervento in classe. Ho poi ripreso in mano gli appunti scritti durante la
frequenza del corso di allineamento poiché ricordavo di aver seguito con interesse e raccolto il
materiale sul tutoring fornito dalla mia SVT durante il laboratorio. Dopo questa necessaria
preparazione ho condiviso la stesura del progetto e dell’unità didattica con l’insegnante specializzato
e con i due docenti curricolari.
LETTURA DI UNA ESPERIENZA DI TUTORING VISSUTA DA UN INSEGNANTE DI
SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO FORNITA DURANTE IL CORSO DI
PSICOLOGIA CLINICA
La lettura di un progetto realizzato da una docente di scuola secondaria superiore, intitolato TUTOR
H SOLIDARIETA’ E AIUTO RECIPROCO TRA COMPAGNI, svolta durante la lezione di
Psicologia Clinica ha avvalorato la mia decisione sulla tematica da approfondire. Alcuni obiettivi
evidenziati nel lavoro mi sono rimasti impressi e me li sono appuntati per non dimenticarli:
• socializzazione far star bene a scuola
• facilitare lo scambio e la crescita sociale fra membri di una stessa scuola
• rafforzare l’autostima dei tutee attraverso l’amicizia con ragazzi di età più avanzata
• formazione (nei confronti del processo metabletico) e autoformazione ( dei tutor che
nell’eseguire il loro lavoro crescono, sviluppano un senso di orgoglio, di autorealizzazione,
acquisiscono fiducia e senso di responsabilità)
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Il Professore, al termine della lettura ha ricordato che i tutor, alla fine dell’anno riceveranno un
credito formativo da parte dell’istituto, lui ha inoltre sottolineato che i primi veri tutors sono i
compagni di classe ed è su questi che i tutors “altri” devono operare per consentire un maggior
collegamento con l’allievo disabile.
CONSULENZA SUPER VISORE TIROCINIO E MONITORAGGIO DEL LAVORO
SVOLTO NELLA SCUOLA ACCOGLIENTE
Il 16 ottobre la SVT ha chiesto a noi tirocinanti individualmente di fare il punto della situazione del
lavoro iniziato nelle rispettive scuole. Ognuno ha esposto liberamente le proprie impressioni, i
propri dubbi e le proprie difficoltà nella speranza di essere giustamente consigliato. La nostra
comprensiva Professoressa ci ha prima ascoltati poi incoraggiati nel proseguire le attività già
impostate offrendoci una valida consulenza cercando di risolvere le piccole difficoltà da noi
incontrate. La stessa ci ha comunicato che la data definitiva per la consegna del documento sarebbe
stata il 17 febbraio 2009.
NOVEMBRE 2008
• Seminario sulle materie base Neuropsichiatria e Psicopatologia dell’età evolutiva.
• Didattica Speciale e presentazione valide strategie educative per l’intervento in caso di alunni
in difficoltà.
• Monitoraggio e rielaborazione dell’esperienza di tirocinio attivo insieme al docente
accogliente .
SEMINARIO SULLE MATERIE BASE NEUROPSICHIATRIA E PSICOPATOLOGIA
DELL’ ETA’ EVOLUTIVA.
In questo mese di novembre, seguendo il seminario della Dottoressa F., ho imparato molto poiché
lei stessa ci ha spiegato in modo davvero approfondito e soddisfacente sintomi, cause e terapie
possibili delle principali patologie che si possono presentare in alunni frequentanti i vari ordini di
scuola. Ciò mi ha consentito di acquisire nozioni mediche fondamentali e quindi di capire meglio le
caratteristiche sia degli alunni con i quali lavoro come docente di sostegno, sia di avere una visone
più chiara della patologia della ragazza con la quale ho svolto il tirocinio attivo: turbe relazionali ritardo mentale medio, psicosi con tendenze all’autismo.
DIDATTICA SPECIALE PRESENTAZIONE VALIDE STRATEGIE EDUCATIVE PER
L’INTERVENTO IN CASO DI ALUNNI IN DIFFICOLTA’
Tra le tante metodologie da utilizzare per l’intervento educativo didattico, in caso di alunni con
bisogni educativi speciali, il Professor M. ci ha presentato anche quella dell’ aiuto tutoriale tra pari.
Nell’esporre tale metodo il docente ci ha ricordato che quando un alunno ha appreso un concetto e lo
ha interiorizzato è poi in grado di trasmetterlo ai compagni in modo efficace poiché fa uso di un
linguaggio espressivo più comprensibile in quanto vicino ai registri e alla mentalità dei coetanei .
Questi incontri hanno fatto si che aumentasse la mia sensibilità nei confronti degli alunni disabili.
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MONITORAGGIO E RIELABORAZIONE DELL’ESPERIENZA DI TIROCINIO ATTIVO
INSIEME AL DOCENTE ACCOGLIENTE
Insieme al mio docente accogliente e ai due insegnanti curricolari abbiamo individuato come Tutor,
da affiancare alla ragazza disabile M., una sua compagnia normodotata V. poiché trattandosi di una
classe quinta non ci si poteva avvalere dell’aiuto di una alunna più grande.
Ho poi incontrato V. per prepararla al suo futuro ruolo di tutor rendendola sicura di sé rispondendo
a tutti i suoi dubbi e perplessità, fornendogli tutto il materiale necessario.
I sei interventi da un’ ora ciascuno, progettati per le ore di matematica e i sei da un’ ora ciascuno
per il laboratorio multimediale, hanno avuto un riscontro positivo M. ha appreso il valore del denaro
anche se alle volte ancora attribuisce un valore casuale. La ragazza è però parsa a me e al suo
insegnante di supporto maggiormente motivata, quando insieme alla sua tutor V. si è recata al
supermercato, al bar e in un negozio di indumenti perché si è emozionata per la possibilità che ha
avuto di fare la spesa come tutti i suoi compagni, di pagare, ricevere il resto e contarlo. Sia io che il
docente accogliente abbiamo compreso che questa attività pratica sul campo insieme alla sua tutor
ha aiutato M. ad inserirsi nella società in cui viviamo rendendola attrice in prima persona.
Dicembre 2008
• Tirocinio attivo SVT fa il punto della situazione sull’unità didattica svolta in classe.
• Visita al Centro Documentazione Pedagogica (Biblioteca di Torino).
• Laboratori finali.
TIROCINIO ATTIVO SVT FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE SULL’UNITA’
DIDATTICA SVOLTA IN CLASSE
Il 4 dicembre la mia SVT ha cercato di tirare le somme in conclusione del percorso di tirocinio
svolto da ognuno di noi. Le ho comunicato di avere lavorato bene e con serietà nel Liceo accogliente
sulla tematica laboratorio euro attraverso la metodologia didattica dell’aiuto tutoriale tra pari. La
docente ha poi fornito a tutti noi corsisti le ultime fondamentali indicazioni per una corretta stesura
del portfolio.
VISITA AL CENTRO DOCUMENTAZIONE PEDAGOGICA
Il 9 dicembre sono stata presso la Biblioteca Pedagogica situata in Corso Francia numero 285 per
ricercare e consultare materiali che potevano servirmi per creare il mio portfolio.
LABORATORI FINALI
Nel mese di dicembre ho frequentato, anche se con fatica per la stanchezza mentale e fisica, gli
interessantissimi laboratori di: Psicolinguistica, Disturbi di Lettura e Scrittura, Disturbi
dell’apprendimento, Progettazione Individualizzata attraverso i quali ho consolidato le conoscenze
apprese nei precedenti corsi base.
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INDICE RAGIONATO
Ho deciso di suddividere il materiale utilizzato in tre sezioni:
La prima relativa alla metodologia
La seconda relativa alla disabilità, all’integrazione scolastica
La terza relativa all’intervento didattico
Sezione A Metodologia
Sono qui di seguito riportati i vari materiali scelti e utilizzati per attuare l’intervento didattico e per
collegare questo con gli apporti teorici di metodologia forniti da essi.
La loro presentazione segue una mia logica, da quella del punto di partenza a quello di arrivo, non
secondo un ordine gerarchico di importanza, ma in base al “filo conduttore” che ha accompagnato la
stesura del mio portfolio.
All. n. 1A
Keith Topping “ TUTORING “
L’ insegnamento reciproco tra compagni.
Ed. Erickson, 2002.
Questo volume mi è stato consigliato dal mio docente accogliente quando gli ho comunicato la
metodologia che avevo deciso di utilizzare per svolgere il mio intervento di tirocinio attivo. Si tratta
di un libro interessante e completo è il primo testo in Italia che tratta questa innovativa modalità
didattica. La prima parte mi è servita per documentarmi e per ampliare le mie conoscenze
sull’argomento è infatti un manuale operativo che illustra i più celebri progetti di tutoring realizzati
nelle scuole statunitensi e inglesi. Mi sono basata invece sulla seconda parte per organizzare il mio
intervento perché offre precise indicazioni su come avviare un progetto di tutoring e su come
valutarne in modo obiettivo i risultati a livello di rendimento scolastico, atteggiamenti relazioni e
immagini di sé degli alunni.
All. n. 2 A
Castoldi Mario
“Le metodologie didattiche secondo Calvani” tratte dal
Libro di Antonio Calvani
Elementi di didattica.
Problemi e strategie
Ed. Carocci, Roma 2000
Appunti miei personali presi seguendo le lezioni del corso di Didattica generale. Ho deciso di
inserire tale materiale perché avendo personalmente un percorso formativo lontano dalle scienze
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sociali, durante il modulo di allineamento ho avuto modo di poter colmare ,almeno in parte, alcune
delle mie lacune, di approcciarmi alle diverse metodologie didattiche che potranno essermi utili
nella mia professione.
All.n.3A
Pellai Alberto, Rinaldin Valentina, Tamburini Barbara
“ Educazione tra pari”
Manuale teorico-pratico di empowered peer education
Ed.Erickson, Trento 2000
Successivamente ai due testi precedenti ho consultato questo che mi ha permesso di conoscere
meglio l’educazione tra pari ed in particolare modo di vederla in una prospettiva psicologica e di
individuarne i risvolti potenziali applicativi. Oltre ad una approfondita sezione teorica e una parte
metodologica, vi è una trattazione delle fasi operative e degli strumenti, quindi una terza dedicata
alla sperimentazione.
All.n.4A
Materiale del C.D.I
Centro documentazione per l’integrazione
Un tutor per amico l’esperienza di Reggio Emilia
Ho trovato su internet, cercando materiale relativo al tutoring, una significativa documentazione del
progetto di formazione rivolto agli studenti tutor che svolgono una attività di aiuto ( a scuola, a casa)
per alunni disabili negli istituti superiori della provincia di Reggio Emilia. Tale documentazione mi
ha consentito di riflettere sull’importanza del ruolo del tutor e cosa egli provi nel vivere una simile
esperienza.
All.n.5A
Materiale del C.D.I
Centro documentazione per l’integrazione
“Il tutor: le ragioni del cuore e della mente”
Con questo materiale sempre scaricato da internet e fornito dal Centro Documentazione per
l’integrazione di Reggio Emilia ho appreso le origini del termine “tutor” che deriva dal verbo latino
tutari che significa custodire, difendere, proteggere. In queste pagine ho potuto farmi un’ idea dei
pensieri, dei sentimenti che i ragazzi tutor fanno e provano nell’instaurare un rapporto di reciprocità
con i propri assistiti ( tutee).
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All.n.6A
Dottoressa Federica Bartoletti
“Tutoring”.
Ho trovato su internet e letto con interesse questa presentazione in power-point sul tema del tutoring.
La dottoressa autrice del materiale ha evidenziato il fatto che la collaborazione tra alunni, sia
attraverso forme di tutoring che attraverso l’apprendimento cooperativo, crea l’opportunità
straordinaria per l’educazione di tutti gli alunni, compresi quelli classificati a rischio o con handicap.
Dalle sue parole ho potuto comprendere che questi metodi permettono un’ educazione
individualizzata e perseguono contemporaneamente degli obiettivi sociali di integrazione.
All.n.7A
WWW.erickson.it
Sito che ho consultato per gli autori precedenti,ma anche per altri quali Bandura e Ianes. Ho deciso
di inserirlo perché rispetto ad altri similari offre una migliore completezza: i libri oltre a essere
brevemente presentati, possono essere sfogliati in alcune parti ,così viene permesso di decidere se
sarà necessario approfondire in seguito meglio ciò che interessa.
Sezione B Disabilità e Integrazione Scolastica
All.n.1B
Martinelli Mario
“ L’handicap in classe”.
Tra individualizzazione e programmazione
Ed. La Scuola, Brescia, 1998
Questo libro scritto dal Professor Martinelli, che ci ha tenuto le lezioni di Didattica Speciale, è stato
utile per la stesura del mio portfolio poiché mi ha confermato l’efficacia dell’aiuto tutoriale e
l’utilità dei pari nel comunicare tra loro con un linguaggio “più vicino al loro registro abituale”.
Grazie alle pagine lette ho inoltre compreso maggiormente alcuni aspetti dell’approccio alla
disabilità . Ho trovato, sicuramente, molto suggestiva la terza parte “Interroghiamo l’esperienza”
sezione dedicata alla reale vita quotidiana vissuta dagli insegnanti soprattutto di sostegno, ma anche
curricolari nella scuola di oggi.
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All.n.2 B
Dario Ianes, Fabio Cieli, Sofia Cramerotti
“Il Piano educativo individualizzato”
“Progetto di vita” guida 2003-2005
Ed. Erickson
In questo volume, precisamente nel capitolo 3, viene dato ampio spazio alla presentazione di
metodologie didattiche e materiali per l’integrazione dell’alunno in difficoltà. La lettura dello stesso
mi ha permesso di individuare quale dei vari modelli di tutoring avrei potuto adottare per il mio
intervento di tirocinio. Siccome nessuno dei programmi tutoriali si adattavano alla mia situazione
faticavo a scegliere, poi grazie a questo testo ho appreso che nell’organizzare i programmi di
tutoring non esiste un’ unica procedura o una procedura migliore di altre. Nel presentare alcuni
esempi gli autori precisano che ciascuno di essi può essere adattato all’età degli alunni, alla materia
di insegnamento, al tipo di scuola e alle preferenze dell’insegnante. Questo manuale operativo è
inoltre un valido strumento per gli insegnanti che desiderano impostare una programmazione
individualizzata all’avanguardia e sensibile alle differenze.
All.n.3B
Maria Bruna Fagiani
“Lineamenti di Psicologia dell’età evolutiva”
Ed. Carocci Roma
Questo libro scritto dalla Dottoressa Maria Bruna Fagiani che ci ha preparati su due materie ,
neuropsichiatria infantile e psicopatologia dell’età evolutiva, è stato utile perché mi ha permesso di
seguire meglio le spiegazioni e di apprendere sia le patologie tipiche dell’infanzia, sia quelle che si
manifestano nell’adolescenza. La professoressa ha poi dato ampio spazio alla trattazione di problemi
derivanti da situazioni ambientali difficili che si traducono in un disagio e in problemi di
adattamento con conseguenti riflessi sul comportamento dei minori che vi si trovano coinvolti.
Siccome io docente mi trovo quotidianamente ad operare con ragazzi che presentano svariate
problematiche grazie a questo testo, che le tratta in modo ampio, ho potuto studiare ed approfondire
molti argomenti. Il secondo capitolo, sul ritardo mentale, mi ha consentito di conoscere meglio la
patologia dell’alunna con la quale ho svolto l’intervento di tirocinio attivo.
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All.n.4B
Dario Ianes “DIDATTICA SPECIALE PER L’INTEGRAZIONE”
Un insegnamento sensibile alle differenze.
Ed.Erickson, 2002.
Anche questo libro mi è stato consigliato dal docente accogliente; è stato di grande aiuto poiché
fornisce varie strategie per l’apprendimento degli alunni con bisogni educativi speciali. Noi
insegnanti ci trovano sempre più spesso a dover fronteggiare innumerevoli situazioni problematiche
non più riferite solamente agli alunni in situazione di handicap, ma anche ai sempre più frequenti
casi di alunni con disturbi dell’apprendimento, problemi comportamentali ed emozionali, situazioni
culturali diverse, condizioni familiari difficili. In questo testo ho trovato interessanti esempi di
percorsi didattici sensibili alle differenze applicabili ad alunni con bisogni
educativi
individualizzati. Il decimo capitolo intitolato “Il Tutoring: l’alunno che insegna all’altro alunno
spiega in modo chiaro l’efficacia del metodo e i principali programmi di tutoring tra cui anche
quello a cui mi sono ispirata per progettare la mia attività di tirocinio diretto.
All.n.5B
Vittorio Venuti
Lorenza Carelli
“MANUALE PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI DISABILI
Didattica per l’Handicap, legislazione e glossario delle patologie più diffuse.
Euroedizione Torino
Il manuale, scritto dalla mia SVT Professoressa Lorenza Carelli, mi è stato di grandissimo aiuto sia
per i riferimenti legislativi essenziali per l’integrazione scolastica della diversità sia per chiarire
alcune mie perplessità circa la struttura dei documenti per l’integrazione. Sono esaurientemente
spiegati al capitolo 3 il modello di diagnosi funzionale, il modello del profilo dinamico funzionale e
il modello di progetto educativo individualizzato. Per la stesura del mio portfolio era necessario
approfondire ed imparare a leggere i documenti citati poiché, prima di partire con la stesura di un
valido progetto di intervento didattico, era doveroso consultare i fascicoli relativi all’alunna
disabile.
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Sezione C relativa all’intervento didattico:
All.n.1C
“IMPARA A CONOSCERE L’EURO”
Un libro di esercizi con adesivi per imparare rapidamente a calcolare il prezzo in euro.
Edizioni EL Trieste 2001
Le schede operative di questo libro, che ho allegato al portfolio, sono state da me utilizzate per
l’intervento diretto con M. , la tutor V. ha guidato la sua assistita con serietà ed impegno durante la
compilazione delle stesse. L’alunna disabile ha piacevolmente completato le domande stimolata
dalle colorate immagini delle banconote e dei centesimi di euro . Ricco di esercizi pratici e divertenti
il testo aiuta i ragazzi a prendere confidenza con la nuova moneta, l’euro.
All.n.2C
Dario Ianes, Fabio Celi e Anna Matassoni
Imparo a ………usare l’Euro CD –ROM didattico
Erickson
Il CD-ROM è stato un valido strumento con il quale M. ha lavorato, supportata dalla sua compagna
tutor durante le ore di laboratorio informatico. La ragazza disabile ha svolto le attività proposte dal
CD riguardanti la familiarizzazione con le monete e le banconote dell’Unione Europea, gli esercizi
di appaiamento, seriazione, conto con numeri interi e decimali, individuazione e lettura dei prezzi.
Lo scopo di questo materiale multimediale è stato, non solo quello di portare M. al raggiungimento
di importanti obiettivi quali l’autonomia e l’integrazione sociale ma anche e soprattutto quello di
stimolare le sue competenze logico-matematiche. La tutor ha inoltre usato con la sua assistita i
semplici problemi di formazione combinazioni/equivalenze, acquisto con e senza resto inseriti nel
Menu Facile del programma.
All.n.3C
“Evviva l ‘euro”!
Impara a usare l’euro con le monete e le banconote prefustellate inserite nel libro!
Gruppo Editoriale EdiCart 2001Milano
Il libro, oltre a interessanti notizie sull’euro, raccoglie giochi, esercizi di riflessione e di calcolo
presentati in modo chiaro e divertente, con la loro soluzione. Le monete e le banconote sono state
adoperate da M. nelle simulazioni di compra vendita programmate per abituarla al pagamento della
merce e al controllo del resto. Alcuni problemi mirati sono serviti per preparare M. agli acquisti che
avrebbe poi dovuto autonomamente fare, nella situazione reale da noi collegialmente programmata,
al supermercato e al bar vicino alla scuola.
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All.n.4C
Il Battello a Vapore
Geronimo Stilton
“W L’Euro”
E’ facile e divertente!
Edizioni Piemme, 2001, Alessandria
Da questo opuscolo di poche pagine abbiamo attinto alcune simpatiche Eurobarzellette ed alcuni
simpatici Euroquiz che hanno reso un incontro dell’unità didattica più divertente e ludico.
All.n.5C Michela Malagoli
“Laboratorio Euro”
Programma per l’insegnamento dell’uso dell’euro ad alunni con difficoltà
Erickson
Questo volume è stato fondamentale perché prendendo spunto dalle linee guida di una lezione tipo
mi è stato più facile organizzare la mia unità didattica sull’euro. Nella prima parte teorica, al
capitolo 4 “Indicazioni metodologiche e tecniche di intervento”, tra le tante possibilità elencate e
spiegate vi è anche la strategia del tutoring fra alunni e come è possibile realizzare concretamente
un percorso, sull’argomento euro,scegliendo un compagno normodotato come tutor di un alunno
disabile. La seconda parte invece è ricca di esercizi pratici, di spunti per attività ludiche, di schede
operative fotocopiabili e schede che mi sono servite per verificare l’apprendimento raggiunto e
valutare i risultati ottenuti da M. alla fine di ogni intervento didattico. Allego al mio portfolio
alcune delle schede estratte da questo testo ed utilizzate per il lavoro con l’alunna disabile M.
durante le ore di matematica.
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Modello teorico di riferimento e collegamento all’attività progettata
Nell’organizzare il programma di tutoring mi sono ispirata essenzialmente al primo modello che
tratterò di seguito, Tutoring a favore del discente, perché mi è parso il più adatto all’età dell’ alunna
disabile, alle materie scelte per svolgere l’unità didattica sull’euro (matematica, laboratorio di
informatica) e al tipo di scuola. Per interesse personale ho voluto comunque documentarmi anche su
altri fondamentali e validi tipi di aiuto tutoriale.
1)Tutoring a favore del discente
Questo tipo di tutoring studiato da Jenkis e Jenkis nel 1981 coinvolge gli alunni di classi diverse
perciò la sua organizzazione è più complessa rispetto al tutoring tra compagni della stessa classe.
Comunque se strutturato in maniera efficace può risultare vantaggioso per la maggior parte degli
alunni. L’organizzazione dello spazio e del tempo a scuola deve subire qualche mutamento. Si tratta
di un modello teorico che ha come obiettivo la soddisfazione di un bisogno didattico preciso
dell’alunno più giovane ma l’aiuto tra alunni di diversa età è solo uno strumento operativo in più.
Esso si basa su alcuni elementi centrali :
quando e dove si realizza l’intervento
quali alunni vi prendono parte, modalità per la loro scelta e per la loro
preparazione/formazione.
scelta del materiale e sua predisposizione
scelta della persona che controlla e valuta il lavoro dei tutor.
L’intervento avviene nell’aula degli studenti più giovani che vengono assistiti da un piccolo gruppo
di tutor che registreranno in modo molto semplice i progressi degli assistiti .I tutor devono essere
preparati con cura poiché devono conoscere bene i programmi scolastici, le proprie responsabilità di
tutor, devono essere in grado di organizzare una lezione e saper usare alcune tecniche di
insegnamento (aiuti, gratificazioni, feedback). L’entusiasmo dei tutor non va però smorzata con una
attività di formazione prolungata possono bastare tre o quattro incontri, un attento controllo e una
accurata valutazione del processo durante la prima settimana.
2)“Tutoring in gruppi della stessa classe” si tratta di una sintesi del modello di tutoring tra
compagni sviluppato a Kansas City da Joseph Delquadri e Charles Greenwood e dei modelli di
apprendimento cooperativo studiati da Robert Slavin e dai suoi colleghi alla Hopkins University. Il
TGSC è stato attuato sia nella scuola elementare che in quella media e superiore; esso mira
soprattutto a dare agli alunni il numero più alto possibile di opportunità, nell’ essere attivi e nell’
avere la correzione immediata della prestazione.
1. Il primo elemento fondamentale di questo modello teorico è la divisione della classe in
gruppi di apprendimento piccoli ed eterogenei. All’interno di ogni gruppo un alunno opera
come tutor e assiste i compagni per un certo periodo di tempo, dopo di che il ruolo di tutor
viene assunto da un altro ed egli torna nel suo ruolo di discente.
2. Il secondo elemento su cui si basa questo tipo di tutoring è il ripasso settimanale dei
contenuti didattici fatto sotto forma di gioco.
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3. Come terzo elemento vengono definiti in modo cooperativo gli obiettivi da raggiungere tra i
membri del team.
4. Prima di iniziare il programma di tutoring devono essere effettuati due o tre brevi incontri in
cui l’insegnante spiega ai tutor che il loro compito è quello di aiutare i compagni del gruppo
a imparare quanto stabilito per la settimana (fase preparatoria - strategie formative sulle
abilità di tutoring).
5. Il quinto ed ultimo elemento fondamentale consiste nel controllo e nella valutazione
immediata del lavoro dei compagni da parte di ogni tutor grazie all’ausilio e alle soluzioni
corrette già predisposte dall’insegnante.
3) Tutoring a favore anche del tutor (“ imparare insegnando”) .
In questo tipo di programma l’insegnante sceglie il compagno tutor da affiancare all’alunno in
difficoltà o disabile tenendo conto, non solo di ciò che sa, ma anche di ciò che ha bisogno di
imparare. Anche lo studente tutor più competente sicuramente avrà dei benefici ed apprenderà grazie
alla relazione che riesce ad instaurare con il suo assistito. Anche in questo caso è importante la
formazione in preparazione all’intervento di tutoring che può essere di lunga o breve durata.
Secondo la Commissione nazionale per le risorse a favore della gioventù è necessario puntare, nella
relazione tra gli studenti, sul mantenimento della naturalezza perciò le fasi preparatorie degli
assistenti o tutor possono essere anche brevi. Il tutor deve comunque essere istruito per saper
valutare le risposte corrette e reagire a quelle scorrette e saper intervenire a livello di gestione dei
comportamenti. Egli deve incontrare almeno una volta la settimana il docente per confrontare il
procedere dell’attività, per studiare metodologie diverse, per trarre utili informazioni sul proprio
livello di apprendimento raggiunto grazie alle nuove esperienze vissute. In queste riunioni
l’insegnante ha la funzione di sostenere l’azione didattica dei tutor . Quest’ultimo impara ad essere
formativo nei confronti del suo assistito, sviluppa un senso di orgoglio e di autorealizzazione e
acquisisce fiducia e senso di responsabilità. Molti insegnanti con esperienza nel campo del tutoring
rilevano che il risultato più evidente è proprio l’aumento della fiducia in sé stessi e del senso di
adeguatezza da parte dei tutor.
4)Tutoring tra alunni di età diversa.
I programmi di questo tipo di tutoring si dividono in due gruppi:
• tradizionali in cui alunni più grandi e preparati assistono alunni più giovani. In questo caso
l’obiettivo principale è il vantaggio che ne trae l’assistito.
• in questo secondo tipo di programma l’attenzione è rivolta soprattutto ai vantaggi che ne trae
il tutor dal suo assistito anche qui però vi è un alunno più grande e più competente che
insegna ad uno più giovane.
5)Lo studente in difficoltà come tutor
Di solito uno studente con difficoltà in un programma di tutoring è colui che ha bisogno di aiuto
quindi viene sempre assistito e non fa mai l’assistente. Qualche volta capita però che il tutoring sia
svolto a ruoli invertiti infatti l’alunno in difficoltà può anche essere visto come candidato per il ruolo
di tutor. Un gruppo di insegnanti di Central Harlem hanno sperimentato un programma in cui
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ragazzi disabili offrivano assistenza ad alunni normali. A partire dagli anni ’70 tale programma fu
seguito anche anche al Queens College e in seguito anche alla Graduate School e allo University
Center di New York. Si registrarono miglioramenti didattici, sociali, comportamentali sia negli
assistiti che negli assistenti.
Negli anni ‘ 80 fu condotto uno studio triennale dal titolo Handicapped Children as Tutors presso la
Brigham Young University (’84) basato su quattro formule diverse di tutoring:
• Bambini disabili con ritardo mentale o disturbi dell’apprendimento insegnavano a compagni
normali un linguaggio visivo con immagini.
• Bambini disabili aiutavano bambini normali più giovani a leggere.
• Bambini disabili aiutavano compagni con gli stessi deficit a leggere.
• Bambini disabili aiutavano bambini più giovani con disabilità simili a leggere.
Dalle ricerche erano emersi i seguenti risultati :
• L’alunno disabile dopo una preparazione adeguata ed il controllo dell’insegnante può operare
in modo efficace come tutor.
• Egli è in grado di controllare l’attività del compagno assistito e di trasmettergli contenuti
didattici.
• Gli alunni disabili isolati se assistono compagni non disabili si sentono maggiormente
accettati e integrati
Jenkins e Jenkins hanno indicato i punti di forza per la riuscita dei programmi di tutoring:
• se i tutor hanno programmato con cura la lezione, nelle sue singole fasi, l’intervento di
tutoring avviene in maniera lineare
• gli insegnanti devono individuare precisamente gli obiettivi curricolari da conseguire
attraverso il tutoring e cercare di valutarne il raggiungimento
• tenendo conto della situazione specifica saranno definiti in modo preciso il numero di
interventi di tutoring e la loro durata
• il clima della classe deve essere positivo, il tutoring richiede un costante esercizio e un
controllo dell’insegnante che garantisca il procedere corretto.
• infine è molto importante una valutazione quotidiana dei progressi degli alunni.
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UNITA’ DIDATTICA ATTRAVERSO L’AIUTO TUTORIALE: “ L’EURO IL DENARO
COME MISURA DI VALORE “
PROGETTO TUTOR H AIUTO TRA COMPAGNI E SOLIDARIETA’
Prima di passare alla spiegazione della mia unità didattica è necessario ricordare che il progetto
Tutor H, è nato in questo Istituto da pochi anni, dapprima per far fronte a difficoltà di tipo pratico
incontrate, poi successivamente si è trasformato in un vero e propri progetto educativo. Gli assistenti
tutor sono scelti collegialmente e di comune accordo tra i consigli delle classi quarte (solo a loro è
destinato il progetto) e i loro compiti sono definiti nella programmazione di fine anno.
Il tutor si occupa della classe prescelte e svolge in genere le seguenti funzioni:
• rafforza l’efficacia didattica nelle attività si studio e consulenza durante le ore necessari e
concordate in precedenza;
• compresenza, quando richiesto, con i docenti della classe per seguire varie attività;
• prepara le visite didattiche in città e accompagna la classe durante l’uscita insieme ai docenti
svolgendo un ruolo di guida.
• fa merenda con i suoi tutee durante l’intervallo e li accompagna in bagno;
• coadiuva gli insegnanti di sostegno e i consigli di classe nell’attività didattica nei confronti
degli allievi disabili.
I tutors non devono:
• allontanarsi dalle classi di appartenenza durante le verifiche, interrogazioni e nelle discipline
in cui sono in difficoltà;
• sfruttare il proprio ruolo per evitare lunghe code al bar o al telefono scavalcando gli altri
ragazzi che sono in attesa .
Il docente accogliente mi ha confermato che i tutors ottemperando alle indicazioni ministeriali
relative al D.P.R. 567/96, a fine anno riceveranno un credito formativo da parte dell’Istituto. Va
sottolineato che i primi veri Tutors sono però i compagni di classe e come ci ha detto il Professore
R. è su questi che i “tutors altri “devono operare per raggiungere un maggior collegamento con
l’allievo disabile.
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REGOLAMENTO PROGETTO
I tutors sono reclutati su base volontaria tramite circolare che viene diffusa verso il mese di aprile,
entro la fine di maggio gli/le allievi/e delle classi quarte devono dare la loro adesione, per l’anno
scolastico successivo, ai docenti referenti del servizio tutors delle 3 sedi ( di norma sono due docenti
che seguono il progetto, uno curricolare e uno di sostegno).
Prima della fine dell’anno scolastico, vengono svolti nelle tre sedi dell’Istituto, incontri preparatori
all’incarico e sulla base delle necessità, la distribuzione sulle classi. Ad alcuni allievi tutors, prima
dell’avvio del nuovo anno scolastico, verranno inviate lettere nelle quali sarà precisata la classe, la
sezione sulla quale intervenire e il primo giorno di ingresso. Ad anno scolastico avviato tutti i tutors
interverranno sulle classi in base ad un piano operativo concordato tra i vari Consigli di classe. Nel
corso dell’anno scolastico si svolgeranno, nelle rispettive sedi, corsi di formazione ( almeno tre
incontri) con il contributo di esperti esterni e degli stessi tutors anziani.
I tutors devono:
a. accordarsi con il Consiglio di classe e con l’insegnante per il sostegno circa i tempi e le
modalità di intervento ( al di fuori dell’orario del docente di sostegno)
b. intervenire nelle classi individualmente (solo in casi eccezionali possono essere in due)
c. aggiornare il diario di bordo descrivendo quanto osservato, quanto è stato fatto, sul
medesimo dovranno apporre data, orario e firma
d. sulla base delle esperienze descritte sul diario consegnare a fine anno una relazione ai docenti
referenti che consentirà loro di ottenere un credito formativo.
e. rendersi disponibili in casi straordinari (assenza del docente di sostegno, uscite didattiche,
accompagnamento degli allievi dalle classi ai mezzi di trasporto che sostano fuori dalla
scuola etc…)
MOTIVAZIONE DELLA SCELTA DELL’UNITA’ DIDATTICA
Consigliata dal docente accogliente e dagli insegnante di matematica e di informatica ho individuato
come argomento centrale per l’ attività di tutoring, da realizzare con l’alunna disabile M.
frequentante la classe V^ C di un Liceo Tecnico , “L’EURO il denaro come misura di valore”, un
tema già inserito in una programmazione più ampia, che riguarda anche il progetto di vita di M. La
ragazza di 19 anni, affetta da turbe relazionali, psicosi e tendenza autistiche, con l’introduzione della
nuova valuta, l’euro, ha principalmente problemi nell’utilizzo dei sottomultipli, cioè degli spiccioli (
1 centesimo, 2 centesimi, 5 centesimi, 10 centesimi, 20 centesimi, 50 centesimi ) che spesso
completano il prezzo e difficilmente vengono usati da soli. L’utilizzo delle banconote invece risulta
più facile. M. ha molte difficoltà logico- deduttive, è in grado di lavorare solo con attività concrete e
non è in grado di astrarre i concetti . Il progetto euro per l’insegnamento dell’uso del denaro è stato
condiviso ed intrapreso dai vari docenti coinvolti grazie alla consapevolezza della sua utilità ai fini
dell’integrazione sociale dell’alunna disabile. Il lavoro con il denaro è sentito importante dal
soggetto perché necessario per la propria sussistenza. Acquistare una certa autonomia nell’uso del
denaro vuol dire avvicinarsi alla realtà sociale e anche se certi alunni non arriveranno mai ad essere
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del tutto autonomi nella capacità di fare acquisti, ciò non toglie il fatto che non possano rendersi utili
in tutte quelle mansioni alla loro portata.
MODULI PER L’INTERVENTO:
• 6 lezioni di matematica da un ora ciascuno;
• 6 lezioni di laboratorio informatico da un ora ciascuno;
• 2 ore per l’uscita al supermercato;
• 1 ora per la merenda al bar.
Totale dell’intervento attivo 15 ore
I prerequisiti di base necessari per l’alunna disabile sono i seguenti:
• Essere motivati all’uso del denaro : il piacere di poter fare acquisti
• Prestare attenzione al compito: occorre dedicare un certo impegno
• Sapersi concentrare
• Saper reagire in un tempo limitato
• saper comunicare
• Possedere coordinazione oculo-motorie fine
• Possedere abilità di problem solving
• Possedere una memoria a breve e lungo termine
Prerequisiti matematici per M.
• Possedere il concetto di quantità
• Saper distinguere tra maggiore e minore
• Saper seriare
• Conoscere i numeri almeno fino a 100
• Saper eseguire semplici addizioni.
Obiettivi specifici di apprendimento
• Riconoscere monete e banconote
• Saper seriare i valori
• Riconoscere il valore maggiore e minore
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• Saper valutare il prezzo degli oggetti
• Comprendere il valore d’acquisto delle monete e delle banconote
• Saper calcolare il costo totale
• Saper definire il resto
• Saper usare praticamente il denaro nella vita quotidiana.
• Rafforzare le abilità matematiche
• Leggere e scrivere il prezzo
• Eseguire semplici somme con l’euro
• Eseguire un pagamento
Obiettivi educativi:
• Acquisire autonomia. Infatti, l’alunna diventa più autonoma abituandosi a far fronte a certe
situazioni da sola. Si favorisce così la sua integrazione nella società. In questo modo si può
anche incoraggiarla a prendere iniziative autonome, in cui la sua personalità possa esprimersi
in modo creativo trovando una fonte di gratificazione;
• Promuovere l’autostima e la fiducia in se stessi, permettendo all’alunna di crearsi una
positiva immagine di sé;
• Potenziare la capacità di concentrazione e la prontezza di riflessi dell’alunna;
• Rafforzare le abilità coinvolte nell’organizzazione di un processo, perché l’alunna deve
imparare a coordinare una serie di operazioni, eseguendole nel giusto ordine;
• Rinforzare la capacità di orientamento spazio-temporale;
• Esercitare le abilità di comunicazione;
• Potenziare le abilità fino-motorie;
• Rafforzare la memoria a breve termine, stimolando anche la memoria a lungo termine;
• Favorire la generalizzazione degli apprendimenti, cioè il loro uso in contesti diversi;
• Potenziare la capacità di controllo dell’ambiente esterno e la capacità di autocontrollo.
Luoghi di lavoro
L’aula per le 6 ore di matematica, il laboratorio multimediale per le 6 ore di informatica, il
supermercato Esselunga per la spesa e il Bar vicino alla scuola per la merenda
Materiali di lavoro
• Utilizzo di ausili informatici CD-ROM DIDATTICO “IMPARO A….. USARE L’EURO
“ERICKSON.
• Libro operativo” W L’EURO è facile e divertente!” GERONIMO STILTON Il Battello a
Vapore.
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• Libro operativo”LABORATORIO EURO”Programma per l’insegnameto dell’uso
dell’euro ad alunni con difficoltà. Erickson.
• Test simulati per la valutazione;
• La linea dei numeri e le tabelline;
• Materiali manipolabili, ossia i regoli, per avere subito una rapida verifica visiva dei concetti,
facilitando la comprensione del concetto di numero, del sistema decimale e delle operazioni
con esso possibili;
• Sacchetti con facsimile a colori di monete di plastica e un portafoglio con facsimile a colori
di banconote di carta;
• Materiali ricavabili dalla vita quotidiana, ossia oggetti che possono essere usati per le
simulazioni di compravendita, come scatole vuote di caramelle, di biscotti, flaconi di
shampoo, quaderni etc. Vengono utilizzati anche ritagli da giornali o da dépliant dei
supermercati e cartellini con i prezzi da incollare sul quaderno;
• Una calcolatrice e un borsellino con tre tasche rispettivamente per centesimi, decimi e euro.
Attività pratiche preventivamente progettate e da svolgere attraverso
teorico “ tutoring a favore del discente”
il primo modello
Tutte le attività sotto elencate sono state effettuate dall’alunna disabile M. grazie all’aiuto di una sua
compagnia tutor V., individuata in accordo con i colleghi curricolari e l’insegnante di sostegno. Per
motivi organizzativi e per il fatto che M. frequenta l’ultima classe, la quinta del Liceo Tecnico, non
è stato possibile scegliere una assistente più grande di età e frequentante un’altra classe. Pertanto
abbiamo dovuto adattare il programma di tutoring a favore del discente in base alle nostre esigenze
specifiche. L’assistente scelta è stata adeguatamente preparata da me e dall’docente accogliente a
svolgere il ruolo di tutor in un incontro avvenuto prima dell’inizio delle attività. Abbiamo poi
ancora incontrato V. in due ulteriori riunioni, una a metà del lavoro per monitorare e valutare i
risultati raggiunti e una alla fine per fare il resoconto conclusivo del progetto.
PRIMO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ora
•
•
•
•
Riconoscere i valori fac-simile
Ordinare i valori in modo crescente e decrescente
Comprendere il valore d’acquisto
Saper seriare in base al prezzo
Dallo scontrino viene comparato il prezzo al prodotto, si constata cosa costa di più e cosa di meno, i
prodotti vengono messi in ordine crescente in base al prezzo, si osserva quali banconote e quali
monete vengono usate per pagare, viene abbinato il numero letto della somma totale nello scontrino
alla quantità corrispondente.
Dato che M. risponde spesso per tentativi, per far esercitare l’alunna la tutor V. fa indovinare il
prezzo di diversi tipi di merce. Dopo aver preparato cartellini indicanti i prezzi di alcuni oggetti, V.
li dispone alla rinfusa sul tavolo, e chiede a M. di applicarli agli oggetti disposti anch’essi sul tavolo.
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Si tratta di materiali ricavabili dalla vita quotidiana, ossia oggetti che possono essere usati per
simulazioni di compravendita, come penne, matite, scatole vuote di caramelle, di biscotti, ecc. Per
non fare confusione, la tutor le fa, prima disporre gli oggetti in ordine di valore, poi ordinare i
cartellini dei prezzi e infine abbinare prezzi e articoli. In conclusione M. deve leggere il prezzo.
SECONDO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ORA
• Individuare in un gruppo il valore maggiore e minore;
• Simulare acquisti di prodotti con eventuale calcolo del resto;
• Eseguire un pagamento;
• Comprendere il concetto di resto;
• Controllare il resto.
Esercizi di numerazione per aggiunzione successiva.
M. ha bisogno di essere guidata, dalla sua tutor, per il controllo del resto, ma dimostra di aver
vissuto l’esperienza con interesse, in maniera positiva e di essere migliorata nell’autonomia. Per
questo riceve come premi finali le merci acquistate, le quali agiscono a loro volta da rinforzo.
TERZO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ORA
• Rispondere ad Euroquiz
QUARTO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ORA
• Trasformare il costo di alcuni oggetti dalle lire all’euro attraverso l’uso dell’euroconvertitore.
QUINTO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ORA
• Simulare un pranzo al ristorante con un ipotetico menu in cui ogni portata ha il suo prezzo.
SESTO INCONTRO LEZIONE DI MATEMATICA 1 ORA
• Lavoro cartaceo di taglio e incollo di prodotti, con prezzo, per calcolare il valore della spesa
totale.
Vengono usati ritagli da giornali e da dépliant dei supermercati e cartellini con i prezzi da incollare
sul quaderno.
ALLE LEZIONI DI MATEMATICA SONO STATI ALTERNATI SEI INCONTRI NEL
LABORATORIO DI INFORMATICA (6 ore totali)
• Programma multimediale con l’affiancamento , alla ragazza disabile, della sua compagna
tutor V. CD-ROM Dario Ianes, Fabio Celi e Anna Matassoni IMPARO A…….USARE
L’EURO. ERICKSON
Vengono qui proposti esercizi di appaiamento, seriazione, conto con numeri interi e decimali,
individuazione e lettura di prezzi. Vengono stimolate anche le competenze logico-matematiche
attraverso semplici problemi di formazione combinazioni/equivalenze e acquisto con e senza resto.
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Il software è stato ideato con le caratteristiche della personalizzazione e gradualità, fondamentali per
adattare il programma soprattutto in caso di ritardo mentale o difficoltà di apprendimento.
PRIMA USCITA DURATA 2 ORE
•
•
•
•
•
•
attività pratica al supermercato ESSELUNGA.
individuazione di prodotti
rilevamento del prezzo indicato
valutazione del costo totale e dell’eventuale resto.
uso del denaro in autonomia nella vita quotidiana
gestione di una situazione di acquisto.
Ho appuntamento con M., la sua tutor V e l’insegnante di sostegno al supermercato Esselunga . M.
dovrà provare a gestire una reale situazione di acquisto ha a disposizione 10 € per comprare ciò che
ritiene più importante per la merenda. L’alunna viene dotata di un portafoglio con 2 banconote da 5
euro e con un portamonete a tre tasche rispettivamente per centesimi, decimi ed euro. Viene
accompagnata tra le corsie, invitata a leggere i prezzi e a mettere nel carrello i prodotti scritti sulla
lista. Quando la scelta della merce da acquistare è completata, la tutor invita M. a controllare se il
denaro posseduto le basta per acquistare tutto, la ragazza fatica a tenere mentalmente il conto della
spesa, per cui le è consentito di utilizzare una calcolatrice tascabile. Infine, andiamo alla cassa. M.
sembra a disagio, ma viene gratificata da V. e supportata per superare più facilmente il momento di
tensione emotiva. M. ha acquistato ……………………………………… per una spesa totale di …
€. Estrae dal portafoglio …… €. controlla il resto che le viene dato dalla cassiera e si ricorda di
portare con sé la merce e lo scontrino
SECONDA USCITA DURATA 1 ORA
• saper gestire una reale situazione: merenda al bar vicino alla scuola.
• consultare il menu dei cibi e delle bevande
• rilevare il prezzo di ciò che si vuole consumare
• calcolare prima dell’ordinazione la spesa totale
• ordinare
• pagare
• verificare la correttezza del resto ricevuto dalla cassiera.
La valutazione:
La valutazione delle attività avviene per gradi secondo la scaletta delle attività proposte con test
simulati e mediante l’osservazione durante lo svolgimento di attività pratiche. M., affiancata dalla
sua tutor, svolge poi in aula di informatica dei brevi esercizi sul CD-ROM per verificare la sua
capacità di seriazione e di comprensione del valore del denaro. Questo lavoro è finalizzato alla
creazione di comportamenti piuttosto che alla trasmissione di conoscenze per cui è necessario
verificare se l’allieva ha interiorizzato certe informazioni e che le sappia usare in situazioni di
necessità.
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All.n1C
SCHEDE OPERATIVE PER IL PROGETTO SULL’EURO
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31
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33
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All. n.2C
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48
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62
63
64
65
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PROBLEMI CON L’EURO
All.n3C
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68
69
70
71
72
73
74
75
76
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SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.1A
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Keith Topping
Titolo del libro/dell’articolo: Tutoring
“L’insegnamento reciproco tra compagni”
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: ______Erickson___________________|__Trento_______|_2002________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto:
Questo libro è il primo testo in Italia che tratta del tutoring come efficace metodologia
didattica da utilizzare nella scuola . Nella prima parte più teorica vengono descritti i più
celebri progetti di tutoring realizzati nelle scuole statunitensi e inglesi. Nella seconda parte
più operativa invece vengono date indicazioni precise su come realizzare l’insegnamento
tramite tutoring.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Allen V.L. Children as teachers:Theory and research on tutoring, New York, Academic Press
1976
Eventuali note o commenti:
Il libro è molto interessante soprattutto nella seconda parte perché da delle valide indicazioni
su come progettare un intervento di tutoring.
79
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.2A
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Antonio Calvani
Titolo del libro/dell’articolo:
Elementi di didattica.
Problemi e strategie.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: ______Carocci___________________|_Roma______|2000_________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto: Il testo costruisce una cornice storica di riferimento. Passa poi ad analizzare in
modo manualistico ma esaustivo i vari ambiti della didattica:scolastica ed extra. Riassume le
principali strategie di organizzazione didattica. Conclude con una riflessione sui metodi della
ricerca didattica.
Definizione e citazioni:
L’ambito della progettualità didattica si è connotato storicamente in direzioni diverse,
concentrandosi ora prevalentemente sul” gestore umano”del processo, tipicamente
l’insegnante, ora sulla predisposizione organizzata di strumentazioni, metodologie-strategie,
orientate al conseguimento di specifici obiettivi, come negli approcci curricolari, tipici degli
anni ’60-’70.
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Eventuali note o commenti:
Il libro è interessante perché al capitolo 4 spiega quali efficaci strategie, tra cui il tutoring,
utilizzare per progettare un valido intervento educativo didattico.
80
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.3A
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Pellai Alberto, Rinaldin Valentina, Tamburini Barbara.
Titolo del libro/dell’articolo: Educazione tra pari. Manuale teorico pratico di empowered
peer education.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: ___Erickson______________________|_Trento________|2002_____
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto:
Gli autori propongono un modello che sulla base del paradigma della peer education sostiene
la centralità del ruolo degli adolescenti nell’ideazione, progettazione e realizzazione di
iniziative e interventi per la promozione del proprio benessere psicofisico, relazionale e
ambientale a scuola e nel territorio.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Eventuali note o commenti:
Il testo è assai utile per comprendere meglio i benefici che l’educazione tra pari offre allo
sviluppo globale e completo della persona stessa.
81
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.1B
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Martinelli Mario
Titolo del libro/dell’articolo: L’handicap in classe. Tra individualizzazione e
programmazione.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO:______La_Scuola|__Brescia_____________|_1998__________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto:
Il libro vuole offrire ai lettori strumenti, esempi, metodologie adatte per favorire una valida
integrazione degli alunni in situazioni di handicap. Integrazione che obbedisce ad un
principio soprattutto psicopedagogico e non soltanto normativo che ogni docente dovrebbe
maturare.
Definizione e citazioni:
Agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre
anche come fine, e mai semplicemente mezzo.
Kant
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Eventuali note o commenti: Il testo mi è piaciuto molto perché oltre a dare delle valide
indicazioni teoriche psicopedagogiche e didattiche nell’ultima parte offre degli esempi
concreti di vita scolastica realmente vissuta.
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SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N°rif.2B
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Dario Ianes, Fabio Cieli, Sofia Cramerotti
Titolo del libro/dell’articolo: Il Piano Educativo Individualizzato.
Progetto di vita. Guida 2003/2005
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: __________Erickson____________|_Trento____|2003/2005__________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto: Si tratta di un manuale operativo che utile per gli insegnanti che desiderano
impostare una programmazione individualizzata all’avanguardia e sensibile alle differenze.
La novità di questa edizione consiste nell’introduzione del sistema di classificazione ICF
strumento utile anche per la definizione dei bisogni educativi speciali.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori: AA.VV.1998 Handicap e scuola:l’integrazione
possibile, Ancona, Gruppo Solidarietà, Moie di Maiolati
Eventuali note o commenti: Il libro da ampio spazio alla presentazione di metodologie
didattiche e materiali per l’integrazione degli alunni disabili.
83
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.3B
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Maria Bruna Fagiani
Titolo del libro/dell’articolo:Lineamenti di Psicologia dell’età evolutiva.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: _______Carocci__________________|Roma_________|_2002____________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto: In questo libro vengono spiegate sia le patologie tipiche dell’infanzia che quelle
che si manifestano nell’adolescenza e che sfumano da un lato in quelle dell’adulto e dall’altro
in quelle di età più precoci. Viene dato ampio spazio anche a problemi derivanti a situazioni
ambientali difficili che si traducono in disagio.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Molti sono i rimandi ad altri testi ne cito solo alcuni. DSMIV Manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali, ed.it. Masson, Milano.
Guareschi Cazzullo A., Lenti C.Musetti L., Musetti M.C. Neurologia e Psichiatria dello
Sviluppo, McGraw-Hill, Milano.
Eventuali note o commenti:
Questo testo è uno strumento facilmente utilizzabile anche da chi non ha nozioni nel campo
medico e nel campo psichiatrico. I concetti medici vengono spiegati in modo chiaro e facile
per tutti.
84
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.4B
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Dario Ianes
Titolo del libro/dell’articolo: Didattica Speciale per l’integrazione. Un insegnamento sensibile
alle differenze.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: ____Erickson_____________________|Trento______|_2002____________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto:
Gli insegnanti si trovano quotidianamente a fronteggiare situazioni problematiche non solo
per gli alunni in situazione di Handicap ma anche per gli alunni con problemi
comportamentali o con situazioni familiari difficili per ciò il libro offre percorsi educativi
individualizzati adeguati alle esigenze più svariate.
Definizione e citazioni:
La didattica quotidiana deve diventare” speciale” cioè con più qualità per rispondere alle
esigenze degli studenti con “bisogni educativi speciali”.
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Tortello M. 1999 “La qualità dell’integrazione scolastica”, Trento Erickson
Eventuali note o commenti:
Molto ampio il testo in conclusione di ogni capitolo presenta una mappa concettuale che è
utile per avere una chiara visione globale dell’argomento trattato.
85
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N° rif.5B
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Vittorio Venuti Lorenza Carelli
Titolo del libro/dell’articolo: Manuale per l’integrazione scolastica degli alunni disabili .
Didattica per l’handicap, legislazione e glossario delle patologie più diffuse.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: _____Euroedizione____________|_Torino________|_2007____________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto: Il manuale offre spunti di riflessione sui significati dell’integrazione scolastica degli
alunni disabili. Si tratta di uno strumento operativo che guida il docente a mettere in pratica
nel miglior modo possibile valide ed efficaci strategie educativo-didattiche.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
Eventuali note o commenti: Il testo tratta in modo approfondito ed esauriente varie
tematiche dalla legislazione, alle principali patologie, alla valutazione degli alunni disabili nei
vari ordini scolastici, ai documenti D.F, PEI, PDF…. chiarendo le idee spesso confuse di noi
insegnanti
86
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
N°rif.5C
TESTO ESAMINATO
Autore/i: Michela Malagoli
Titolo del libro/dell’articolo:
Laboratorio Euro. Programma per l’insegnamento dell’uso dell’euro ad alunni con difficoltà.
Rivista: ________________________|______|_____|___________
TITOLO
ANNO
NUMERO
Pagg. inizio fine articolo
LIBRO: _Erickson________________________|Trento_____|__2001___________
CASA EDITRICE
CITTA’
ANNO
Concetto: Il testo offre all’insegnante utili indicazioni per svolgere autonomamente un
programma per l’uso dell’euro è ricco di esercizi pratici, di spunti per attività ludiche, di
schede operative fotocopiabili e di schede di verifica e di valutazione.
Definizione e citazioni:
Eventuali rimandi ad altri testi o autori:
La linea del 20. Metodo analogico per l’apprendimento del calcolo. Camillo Bortolato.
Erickson
Una moneta di nome euro. Bruni E. e Pedrazzi F. Milano, Sperling & Kupfer.
Eventuali note o commenti: Il testo è un valido strumento operativo grazie alle sue schede
permette all’alunno di apprendere con più facilità.
87
ALLEGATI
UN TUTOR PER AMICO
l’esperienza di Reggio Emilia
MATERIALI DEL C.D.I.
COMUNE
DI REGGIO
EMILIA
CENTRO
SERVIZI
AMMINISTRATI
VI DI REGGIO
EMILIA
ISTITUTO
SUPERIORE LEVI
- SCARUFFI –
CENTRO
DOCUMENTA
ZIONE PER
L’
INTEGRAZIONE
DIREGGIOEMILA
PREMESSA
La documentazione di un'esperienza quale quella dello "studente tutor" realizzatasi in questi
anni a Reggio Emilia, che é contenuta in questa pubblicazione, é un modo per restituire ai
disabili, alle loro famiglie, alla scuola, ed anche agli stessi giovani protagonisti, vari spunti di
riflessione.
L'Accordo di programma tra la Provincia, i Comuni, l'Ufficio Scolastico Provinciale e
l'Azienda USL, con l'adesione delle associazioni delle famiglie dei disabili, che è stato siglato
il 15.10.2001, per l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap conteneva
numerosi e significativi impegni che dovevamo, e vogliamo, si traducano in comportamenti
concreti, buone pratiche, miglioramento della qualità dell'integrazione e della vita delle
persone diversamente abili nella scuola della nostra Provincia.
Tra questi un apposito articolo, il n° 22, dell'Accordo é stato dedicato a promuovere,
diffondere ed estendere le esperienze dei tutor nella scuola secondaria, definendone i compiti
relazionali ed educativi e valorizzando le forme di volontariato giovanile come condizione per
la loro realizzabilità.
Da allora effettivamente l'esperienza si è allargata e qualificata e per il futuro la Provincia ed i
Comuni, in particolare i capidistretto, potranno confermare il loro impegno anche alla luce del
monitoraggio dell'esperienza.
Esso ci consegna molte più luci che ombre ma, parlando d'integrazione, non c'è mai un limite
di appagamento sul quale adagiarsi o rassicurarsi fin quando non sapremo superare i problemi,
i ritardi e le difficoltà che anche gli studenti tutor ci segnalano, e che troviamo descritte nelle
loro testimonianze narrative e nelle risposte al questionario.
Alle decine di ragazze e ragazzi che in questi anni hanno condotto in prima persona
quest'esperienza, che hanno donato un po' del loro tempo, molte energie e tanto entusiasmo a
questo progetto va in primo luogo il mio ringraziamento.
Partecipando al percorso formativo, pensato e realizzato lo scorso anno per loro, hanno
dimostrato la volontà di dare non solo un senso profondo ma anche una competenza specifica
alla loro esperienza, chiedendo ed offrendo disponibilità ad essere coinvolti maggiormente e a
sentirsi parte di un progetto educativo individuale progettato per il loro coetaneo, amico e
studente diversamente abile.
Le loro riflessioni, i loro suggerimenti e le loro preoccupazioni non devono rimanere
inascoltate. Semmai dobbiamo offrire la possibilità alle famiglie, agli insegnanti e alle altre
88
componenti del mondo della scuola, agli operatori dei servizi della AUSL e degli enti locali di
trovare momenti di riflessione, confronto e dialogo con i giovani tutor.
Proprio perché abbiamo voluto affermare in questi anni che la qualità dell'integrazione
scolastica sarà sempre più alta più crescerà la capacità di integrare le diverse competenze,
evitando la delega agli specialisti, di lavorare su progetti condivisi e costruendo linguaggi
comuni, ottimizzando l'uso delle risorse economiche ed investendo sulla qualificazione e la
professionalità dei vari operatori e sulla partecipazione attiva delle famiglie.
Vogliamo una scuola accogliente per tutti, che valorizza le diversità e che si arricchisce di tutti
gli apporti, anche di quelli amicali e volontari, che possono contribuire a renderla migliore.
Assessore Provinciale al Sapere e Lavoro
Raffaele Leoni
Presentazione
Il presente volume raccoglie la documentazione più significativa del progetto di formazione
rivolto agli studenti tutor che svolgono una attività di aiuto (a scuola, a casa…) per alunni
disabili negli istituti superiori della provincia di Reggio Emilia.
Tale percorso formativo rappresenta un’azione specifica di un programma più generale che
l’Amministrazione Provinciale ha sostenuto nel corso dell’a.s. 2002/2003 con risorse del
Fondo Sociale Europeo.
L’attività di formazione, affidata al Centro di Documentazione per l’Integrazione (CDI) di
Reggio Emilia è stata progettata da un gruppo interistituzionale composto dai rappresentanti
di: Provincia, Comune, C.S.A., scuole, operatori del CDI.
Il progetto tutor è stato avviato nella realtà reggiana nell’a.s. 1998/1999 ed è sempre stato
oggetto di monitoraggio da parte della Provincia e del C.S.A..
Nell’a.s. 2002/2003 però è stato realizzato uno specifico itinerario formativo per tali studenti,
percorso accuratamente monitorato nella fase di avvio, in itinere e nella fase conclusiva.
I materiali raccolti nella presente pubblicazione restituiscono percezioni, vissuti, pensieri di
estremo interesse che i tutor hanno manifestato sia nelle loro esperienze di lavoro sia negli
incontri di formazione tenutisi nella primavera del 2003.
In particolare, dai resoconti narrativi riportati in apposita sezione del Rapporto, emergono
diversi “profili” di questo “volontariato amichevole”, che i tutor hanno elaborato e che
potranno essere approfonditi in successivi percorsi formativi nei prossimi anni.
Il Dirigente del Centro Servizi Amministrativi
Vincenzo Aiello
Il tutor: storia e attualità
Tutor deriva dal verbo latino tutari che significa custodire, proteggere. In genere si distingue
tra mentor e tutor: il primo, che trae la sua origine dall’amico di Ulisse, divenuto poi guida di
Telemaco in assenza del padre, viene associato ad una dimensione di sostegno affettivo; il
secondo, tutor, è correlato all’ambito della formazione, dell’orientamento e
dell’apprendimento di un giovane da parte di una figura esperta.
In ambito giuridico, tutor indica il soggetto preposto ad assicurare e garantire i diritti dei
minori o delle persone che non sono in grado di esercitare personalmente tali diritti.
89
Il termine non è riferito solo agli uomini ma più in generale a tutto ciò che accompagna un
essere vivente.
Ad esempio, l’albero che ha sempre avuto bisogno, per fruttificare, di essere sostenuto da un
altro albero o da un palo tutore è la vite, tanto che fino a qualche decennio fa essa ha
caratterizzato il nostro paesaggio con tipica “piantata” reggiana.
In campo educativo, il tutor è la figura che garantisce le condizioni di un apprendimento
significativo per ciascun allievo.
Nella storia dell’educazione inglese, tutor era il precettore dei figli di famiglie nobili o colui
che seguiva nei collegi aristocratici i convittori.
In tempi più recenti, dagli anni settanta in poi , prima negli USA e poi nel Regno Unito, hanno
cominciato a svilupparsi forme di tutorato individuale di docenti verso allievi e studenti, al
fine di valorizzare le risorse di questi ultimi e di aiutarli nei loro percorsi di crescita personale
e culturale. Nella realtà italiana, il tutor è una figura consolidata nell’ambito della formazione
professionale, dove esiste da tempo il tutor di stage, che coordina e segue i tirocini lavorativi
di giovani presso aziende, punti-vendita, di distribuzione, centri commerciali,… Ma anche
nella scuola, negli istituti di istruzione professionale, il docente-tutor è la figura di riferimento
tra la scuola e l’azienda per le attività curricolari legate ad una più marcata connotazione
professionalizzante. Nella prospettiva poi del successo formativo di ciascun alunno, in un
certo numero di scuole secondarie di II° grado, il docente tutor segue “da vicino” un gruppo di
studenti della classe, in modo da rispondere più efficacemente ai loro bisogni formativi, in
relazione ad esperienze di potenziamento e di recupero di determinate attività di studio e di
apprendimento. Nella recente riforma della scuola, legge 53/2003 si parla di “assistenza
tutoriale” nell’art. 4 relativo all’alternanza scuola-lavoro, in cui sono previste forme di
integrazione tra il canale scolastico e quello della formazione professionale per alunni che
hanno compiuto il 15° anno di età e che manifestano un prevalente interesse per una precoce
professionalizzazione lavorativa.
Il tutor, quindi, è una figura preposta ad aiutare, in diverse forme, un soggetto in formazione,
nel corso del suo percorso scolastico o formativo.
Non può pertanto essere scelto in base ad un criterio burocratico. Se presupposto del tutorato
è la positività del rapporto che si deve stabilire tra il docente e lo studente per promuovere
nell’alunno sicurezza, stima , consapevolezza circa le proprie possibilità, tale scelta deve
essere attentamente ponderata.
La natura del rapporto infatti non è gerarchica ma pur in una certa ”asimmetria” educativa, il
tutor deve essere concepito come un compagno di viaggio, dove si determinano spazi di
confidenza di dialogo reciproco e di “amicalità”.
Lo studente tutor di un coetaneo disabile
La presenza di un giovane tutor che svolge un’azione di aiuto nei confronti di un coetaneo con
disabilità è un’esperienza circoscritta ad alcune realtà italiane (Modena, Reggio Emilia,
qualche altra provincia) e si inquadra nella tradizione educativa della peer education
(educazione tra pari).
E’ stato il compianto Sergio Neri a lanciare nella seconda metà degli anni novanta l’idea
di“borse amicali” con l’obiettivo di conseguire un duplice risultato: aiutare lo studente
universitario a sostenere i costi dei propri studi e, contemporaneamente, l’alunno disabile ad
90
essere seguito a scuola, nei compiti di casa e nel tempo libero non da un “professionista”
dell’educazione, ma da un amico.
Mentre il tutorato tradizionale si colloca in un rapporto asimmetrico tra chi esercita la funzione
di tutoring (l’adulto) e chi ne beneficia (l’alunno), l’esperienza che stiamo esaminando è
incentrata su un rapporto tra pari, simile a quello del cooperative learning (apprendimento
cooperativo) o, comunque, a quella di una relazione educativa simmetrica dove le differenze di
status, età, ruolo non sussistono più.
Si può parlare in questo senso, di un peer tutor, cioè un tutor alla pari, uno studente più anziano
che segue un compagno di qualche anno più giovane di lui.
Il tutor è giocato nell’immediatezza di una reciprocità tra giovani che volontariamente hanno
scelto di aiutare un loro coetaneo in difficoltà nei diversi contesti di crescita: scuola, famiglia,
tempo libero.
E’ uno scambio amichevole tra soggetti che “si prendono cura” ed altri “presi in cura” senza
contare su particolari vincoli burocratici, ma facendo affidamento esclusivamente sulle
capacità di empatia e sulle risorse interiori dei tutor.
E’ l’esperienza di sé e dell’altro che rende possibile questo lavoro di cura e di vicinanza.
Il contesto riveste naturalmente una importanza considerevole. Ma il “cuore” di questo
progetto sta senza ombra di dubbio nella capacità di “autoaccensione “ di un rapporto tra pari
che risulta in molti casi di una straordinaria intensità emotiva ed affettiva.
L’esperienza di Reggio Emilia
Il progetto Tutor negli istituti superiori della provincia di Reggio Emilia inizia nell’anno
scolastico 1998/99 e continua tuttora.
E’ stato sostenuto nell’a.s. 1998-1999, dal Comune capoluogo e dall’anno scolastico
successivo dalla Provincia e dal Comune di Reggio Emilia. Il tutor percepisce un rimborso
forfetario di circa € 1.300 per un impegno complessivo di 250 ore di attività (a scuola, casa e
tempo libero).
In qualche caso, lo studente tutor segue più coetanei disabili.
Nell’ultimo Accordo provinciale di programma alla figura del tutor è stato dedicato un intero
articolo. Questo per rimarcare l’impegno della Provincia e del comune di Reggio Emilia nel
mantenimento-rafforzamento di questa scelta.
Nel quinquennio 1998 – 2003 la presenza di questa figura negli istituti superiori della
provincia di Reggio Emilia è andata progressivamente aumentando.
Nell’anno scolastico 2002/2003 il numero dei tutor operanti nelle scuole di secondo grado è
aumentato a 92, così distribuiti:
91
SCUOLA
ASSEGNAZIONE TUTOR
ITI NOBILI
D’ARZO MONTECCHIO
LICEO ARIOSTO-SPALLANZANI
1
5
1
PROV.
PROV
COMUNE
IPSIA DON MAGNANI SASSUOLO
3
PROV
IPSIA ELSA MORANTE SASSUOLO
2
COMUNE
MAGISTRALI S. TOMMASO CORREGGIO
1
PROV
RUSSEL GUASTALLA
GOBETTI SCANDIANO
IPSIA LOMBARDINI
6
6
7
PROV
PROV
COMUNE
IPSIA MOTTI ALBERGHIERO RE
2
PROG
IPA MOTTI AGRARIO GAIDA
3
COMUNE
IPA MOTTI CAST.MONTI
IPA MOTTI CORREGGIO
SCARUFFI LEVI TRICOLORE
ITA ZANELLI
ITC SECCHI
ISA CHIERCI
8
1
2
2
1
4
PROV
PROV
PROG
PROG
PROV
COMUNE
IPSIA GALVANI
IPSIA GALVANI S. ILARIO
MAGISTRALI CANOSSA
IPSS FILIPPO RE
IPSS DON IODI NOVELLARA
1
2
7
8
2
PROV
PROV
PROG
PROV
PROG
IPSS DON IODI RE
TOTALE
17
92
PROG
92
Verso una formazione specifica
Nell’anno scolastico 2002/03 il progetto tutor è stato inserito in un quadro di azioni sostenute
dalla Provincia di Reggio Emilia, tese a qualificare e documentare le buone prassi
dell’integrazione e, per quanto concerne il progetto in oggetto, è stato avviato un percorso di
formazione specifico che ha coinvolto circa 60 dei tutor presenti nelle scuole di secondo grado
nella realtà reggiana.
Anche negli anni scorsi il Provveditorato agli studi e la Provincia avevano tenuto appositi
incontri con i tutor, ma nella primavera del 2003 si è avvertita l’esigenza di un contatto più
ravvicinato con queste figure ed è stato progettato dal Centro di Documentazione per
l’Integrazione un apposito corso di approfondimento, preceduto da due focus group con un
gruppo di tutor per circoscrivere più attentamente i nuclei tematici da affrontare.
Dai focus sono emerse svariate problematiche, quali l’importanza di un corretto rapporto tra
tutor e genitori, fra tutor e docenti; il bisogno da parte dei tutor di conoscere meglio i coetanei
disabili, le difficoltà nella gestione delle relazioni affettive e di problemi legati alla sessualità;
la richiesta di essere maggiormente informati sui deficit e sulle patologie degli alunni che il
tutor deve seguire,…
L’articolazione del corso
Il corso di formazione, a seguito anche delle indicazioni emerse dal focus, è stato così articolato
e si è proposto di:
far acquisire ai tutor conoscenze competenze per favorire l’integrazione degli allievi
disabili, nel contesto scolastico , sociale e lavorativo in riferimento al loro ruolo.
favorire la conoscenza dei contesti e dei luoghi dell’integrazione (scuola, famiglia, contesto
sociale) per orientarsi e condurre percorsi di integrazione nei diversi contesti.
sviluppare abilità trasversali individuali e nel lavoro di affiancamento, per facilitare
l’apprendimento per tutta la vita (long life learning).
Obiettivi Generali
Gli obiettivi formativi perseguiti sono stati i seguenti :
- favorire l’acquisizione di conoscenze e sensibilità in ordine all’educazione degli studenti
disabili
- favorire l’autonomia operativa, culturale e critica mediante la conoscenza e il confronto
di esperienze di integrazione scolastica, sociale e lavorativa.
- far acquisire metodologie operative riferite al ruolo del tutor rispetto al percorso scolastico,
ma, più in generale, al percorso di vita della persona in situazione di handicap.
- organizzare la comunicazione e documentazione scritta dell’esperienza relazionale
educativa del tutor.
•
•
•
•
•
Obiettivi Specifici
acquisire aspetti fondamentali della cultura della diversità
conoscere alcuni elementi dell’integrazione scolastica
acquisire esperienze correlate alla crescita in famiglia di un disabile
conoscere i diversi deficit
riconoscere la soggettività della persona con deficit
93
•
•
•
saper costruire una relazione per intervenire nel percorso di riduzione del handicap
definire il ruolo e le mansioni del tutor
acquisire conoscenze attraverso la presentazione di esperienze validate sul campo di esperienze
dopo la scuola
Struttura del Progetto
Il progetto si è articolato in tre fasi:
1° fase: focus group con 2 gruppi di tutor testimoni rappresentativi delle diverse realtà scolastiche
(3h)
2° fase: formazione iniziale e in itinere valendosi dei risultati del focus group (14h)
3° fase: momento conclusivo con documentazione dell’esperienza (3h)
Metodologia di Base
La metodologia di base è stata incentrata sulla partecipazione attiva del soggetto nel processo di
apprendimento: ciò impone una didattica coinvolgente e quindi il superamento delle modalità
tradizionali a favore di strategie interattive.
Ogni unità didattica è stata agganciata alle conoscenze possedute, facendo uso delle seguenti
metodologie:
LEZIONE INTERATTIVA che costituisce un momento di coinvolgimento del gruppo, per
verificare e confrontare i risultati, favorire lo scambio di informazioni ed esperienze fra i tutor
e commentare i diversi percorsi. La discussione e l’analisi dei risultati contribuiranno a
potenziare, nei tutor, le motivazioni della loro attività e a renderli più consapevoli e partecipi
al progetto educativo in atto.
LAVORO A PICCOLO GRUPPO per stimolatore metodologie significative, attive e collaborative
Strumenti
Film, filmati
Video proiettore
Testi
Verifiche
Scheda di monitoraggio
Scheda di documentazione dell’attività svolta, Esercitazioni.
Nei primi incontri del percorso formativo è stato somministrato ai partecipanti un questionario
articolato in parte su items a risposta multipla, in parte su libere osservazioni i cui esiti sono
stati elaborati e sono oggetto di un commento specifico nelle pagine che seguiranno.
Il monitoraggio si è svolto secondo un criterio di “analisi aperta”, cercando soprattutto di ascoltare
quanto esposto dai tutor e cercando di rilevare elementi qualificanti nelle loro esperienze.
I risultati del questionario
Il questionario, riportato in appendice, distribuito ai tutor nei primi due incontri del percorso
formativo, si articolava in 14 domande a risposta multipla e l’individuazione di aspetti che,
secondo l’esperienza svolta dai tutor, avrebbero dovuto essere migliorati.
I 14 items erano incentrati su alcune parole-chiave:
a) l’accoglienza nella scuola da parte dei diversi operatori: dirigenti, docenti, docenti referenti del
progetto, collaboratori scolastici, insegnante di sostegno
94
b) le caratteristiche del rapporto (frequenza, passività, collaborazione) con gli insegnanti di
sostegno, di classe, i genitori e l’alunno disabile;
c) la conoscenza del PEI e l’eventuale partecipazione a linee di progettualità in esso contenute
d) la percezione che il tutor avverte in generale nei propri confronti circa la sua presenza a scuola.
Sono stati compilatati 58 questionari, corrispondenti alla quasi totalità dei tutor frequentanti il
corso di aggiornamento.
Per quanto concerne il punto a), il 64% (37) degli studenti che ha accettato di compiere questa
esperienza tutoriale verso i loro coetanei disabili ha dichiarato di apprezzare in misura elevata
tale attività. Il restante 36% (21) si è detto abbastanza soddisfatto dell’esperienza che sta
svolgendo.
L’accoglienza in generale nelle scuole è stata positiva: il 55% (32) ha risposto di essere stato
accolto molto bene, il 41% (24) abbastanza bene e solo il 4% (2) con disinteresse.
La figura scolastica più presente nella fase di accoglienza è stato il docente referente di
progetto, che è risultato molto attivo nel 73% (42) dei casi, abbastanza presente nel 25% (15) e
solo nel 2% (1) totalmente assente.
I dirigenti scolastici hanno in genere delegato ai referenti di progetto la gestione dei tutor,
anche se il 45% di essi è risultato direttamente presente nella fase di accoglienza dei tutor.
Relativamente al punto b), riguardante i rapporti tra il tutor e tutte le figure che interagiscono
con lo studente disabile, si rileva una certa varietà di situazioni.
Con i collaboratori scolastici, il 45% (26) dei tutor dichiara di avere rapporti molto frequenti, il
38% (22) saltuari e il 17% (10) inesistenti.
Abbastanza collaborativo il rapporto tra i tutor e gli insegnanti di classe: 74% (43) molto
collaborativo, il 16% (9) abbastanza collaborativo, il 10% (6) per niente.
Il lavoro più frequente risulta quello con l’insegnante di sostegno. Il 43% (25) dei tutor
dichiara di lavorare molto spesso con il docente di sostegno; il 38% (22) saltuariamente e il
19% (11) dichiara di non lavorare mai con il sostegno.
95
Abbastanza intensi sembrano i rapporti tra i tutor e i genitori del ragazzo disabile seguito. Il 45%
(26) dei tutor afferma che i rapporti sono molto frequenti, il 31% (18) saltuari, il 24% (14)
inesistenti.
Risulta invece in genere positivo il rapporto diretto con il coetaneo disabile: molto positivo
79%
(46); abbastanza positivo 21% (12); negativo, nessuno.
Per quanto concerne il punto c), relativo al PEI, il 26% (15) dei tutor dichiara di non conoscerlo,
mentre il 12% (7) lo conosce in misura molto dettagliata; il restante 62% , abbastanza.
La stesura del PEI , invece, vede il tutor in una posizione più defilata. Non collabora alla
progettualità dello studente disabile il 54% (31) dei tutor, mentre il restante 46% collabora
molto spesso e abbastanza spesso.
Per quanto concerne l’ultimo aspetto affrontato nel questionario, è interessante il dato relativo alle
condizioni di aiuto che le scuole hanno approntato per i tutor.
L’83% (48) di essi afferma che, in caso di difficoltà, sa a chi rivolgersi in qualsiasi momento. Il 14%
(8) solo saltuariamente e solo il 3% (2) vive una condizione di totale isolamento.
Infine, per quanto concerne l’autopercezione della funzione svolta, la stragrande maggioranza dei
tutor dichiara di sentirsi molto apprezzato 35%, (20) e abbastanza apprezzato 55%,( 31). Il
restante 10% (7) si sente ignorato.
Punteggiature critiche
Nel questionario era prevista una sezione in cui si chiedeva di esprimere con brevi frasi gli aspetti
che, nell’esperienza in corso da parte del tutor, risultavano critici e negativi.
I punti evidenziati sono stati molto pertinenti e puntuali.
Le parole con cui sono state decodificate queste considerazioni che i tutor hanno liberamente
espresso sono state: informazione, conoscenza, collaborazione, rapporti, partecipazione ed
integrazione.
I tutor avvertono il bisogno di una maggiore conoscenza circa il deficit del coetaneo disabile per
capire meglio i suoi bisogni e le sue esigenze. Un tutor chiede di poter conoscere, all’interno
del programma di studio, le conoscenze raggiunte dal coetaneo disabile per poterlo aiutare più
efficacemente e scoprire le sue potenzialità. Inoltre la scuola dovrebbe mettere in condizione il
tutor di conoscere in modo più preciso quali siano i compiti e le funzioni che gli si richiedono.
Si chiede poi di conoscere maggiormente il PEI, che oltre il 25% dichiara di non aver mai
visto. Per quanto concerne il PEI, c’è qualche reticenza da parte delle istituzioni scolastiche,
dovute anche a problemi di privacy; dal canto loro, i tutor chiedono di poter partecipare
direttamente alla stesura del progetto dello studente disabile.
Si chiede poi di migliorare i rapporti su diversi fronti: tra tutor e docenti e tra tutor e genitori.
Anche se dal questionario è emerso una condizione complessivamente collaborativa tra i docenti e il
tutor, tale rapporto viene giudicato ancora insufficiente. Lo stesso dicasi del rapporto con la
famiglia. Quasi un quarto dei tutor interpellati ha dichiarato di non avere alcun rapporto con i
genitori.
In genere, il tutor chiede un maggior contatto con la famiglia ed anche con le opportunità
dell’extrascuola.
Alcuni tutor hanno sottolineato poi l’opportunità del loro coinvolgimento in alcune riunioni dei
Consigli di classe.
96
L’osservazione merita di essere attentamente valutata. Ad esempio, negli incontri calendarizzati dei
Consigli di classe, potrebbe essere previsto un tempo per discutere dell’esperienza tutoriale sia
all’inizio che alla fine.
Si sottolinea, infine, l’importanza dell’integrazione nel gruppo classe e di una migliore relazione tra
il ragazzo diversamente abile e i compagni di classe e della scuola.
Qualche osservazione poi, relativa al miglioramento nei contesti educativi e ai materiali di supporto
per rendere più efficace l’apprendimento degli studenti disabili.
Non mancano infine alcune “frecciatine” nei confronti di insegnanti che evidentemente, secondo i
tutor, non corrispondono minimamente ai bisogni degli studenti con disabilità.
Dai risultati del questionario, sia per quanto riguarda le domande a risposta multipla, che le
osservazioni libere, emerge la tendenza a collocare nella scuola la presenza del tutor sul piano
della gestione di staff.
La posizione “defilata” del dirigente e il contatto più diretto con il referente del progetto e
l’insegnante di sostegno sono due elementi che danno il senso di una presenza decisamente
avvertita nei diversi istituti, anche se non sempre compiutamente valorizzata.
Il monitoraggio finale: un approccio narrativo
Al termine del corso di formazione (maggio 2003), che è coinciso anche con la conclusione
dell’attività dei tutor relativamente all’a.s. 2002/2003, è stato chiesto ad ogni studente di
stendere un breve resoconto della loro esperienza, in cui evidenziare gli aspetti positivi e
negativi.
Si è preferito un approccio narrativo, in quanto il sapere narrativo interpreta il mondo come storia
delle persone, attraverso un intreccio di trame più vicine ai vissuti giovanili rispetto a
strumenti di indagine oggettiva quali questionari, test, griglie,….
In questo modo , il monitoraggio dell’attività dei tutor è risultato più completo, in quanto la prima
indagine si è orientata a capire i problemi del tutor attraverso un questionario, la seconda
(quella finale), invece, attraverso una rappresentazione narrativa, più legata quindi al
raccontare e al raccontarsi.
I resoconti dei tutor sono poi stati elaborati, individuando le “parole chiave” su cui essi si sono
particolarmente soffermati.
Tali resoconti vengono riportati senza commenti, per lasciare ad ogni lettore ampi spazi di libera
interpretazione.
L’integrazione vista dai tutor
Partire dalle emozioni….
Una delle funzioni più giocate dal tutor nei confronti del
coetaneo disabile è quella del
supporto emotivo.
A lui viene richiesto dal coetaneo con handicap di aiutarlo nel percorso di affermazione dell’identità
personale e sociale.
97
Insegnante non amico
I tutor che si riconoscono in questa funzione intendono sottolineare una presenza più asimmetrica rispetto
alla dimensione di un’azione educativa alla pari. Infatti svolgono attività affini a quelle dei docenti e
sottolineano che non si tratta di un rapporto paritario.
Questo è il secondo anno che mi trovo a ricoprire il ruolo di “tutor”, e quello che posso dire è che sempre e in
ogni circostanza ho considerato come obiettivo primario quello di entrare in relazione con il ragazzo, arrivare
a conoscerlo, essere un sostegno emotivo, capace di comprenderlo ed essergli amico proprio per rendere la
sua esperienza scolastica e il suo percorso didattico più positivi e sereni. Penso che la figura del tutor
dovrebbe servire proprio per questo: tranquillizzare e rassicurare.
Arrivare a questo è stato però ogni volta diverso. Le strategie, le modalità che ho usato sono state differenti ,
ogni volta rapportate al ragazzo che avevo vicino; […] e’ importante sempre rispettare la persona. Dargli
tempo, non mettere fretta, non arrabbiarsi o spazientirsi, mai sminuire la più piccola conquista. Ogni ragazzo
dà ciò che può dare, lui come persona e ragazzo nella sua normalita’, che non è la “nostra”.
“In questo caso il mio compito è quello di ascoltarlo, di fornirgli sostegno emotivo, di facilitare le relazioni con
le altre persone, di incrementare la fiducia in sé stesso proponendo attività ( nella maggior parte dei casi,
giochi) che sia in grado di svolgere, di facilitarlo nello svolgimento delle attività”.
“Secondo me, il ruolo del tutor è quello di favorire prima di tutto l‘autonomia del ragazzo con cui ho a che fare,
rispettando i suoi bisogni, i suoi limiti e favorendo comunque l’utilizzo delle sue capacità residue”.
“L’anno scorso ci é voluto un mese per riuscire a stabilire un rapporto di fiducia e un po’ più tempo per stabilire
un minimo di confidenza. All’inizio vedevo che era un po’ restio nei miei confronti, forse perché sono una
ragazza”.
“Le prime volte che “facevo lezione” al ragazzo erano molto pesanti, perché non c’era da parte sua molta
partecipazione e alla fine, perfino io, ero annoiato e vedevo che era solo una perdita di tempo per me e per
lui, anche perché lui non portava nessun profitto nelle materie. Era una problema che mi dava fastidio. Allora
ho cominciato col parlare, prima di ogni lezione, di cose che piacevano a lui, ad esempio di motori, sport,
ragazze e tutto questo per rendergli più interessante e invogliarlo alla lezione. Dopo varie lezioni il
miglioramento si vedeva a vista d’occhio e anche nelle materie a scuola otteneva molto profitto, e anche io
ho avuto la mia soddisfazione. E’ stata un’esperienza molto positiva e se tornassi indietro, la rifarei”.
Amicizie particolari
Si evidenzia in questa sezione più una funzione di mentoring che di tutoraggio. E’ infatti la dimensione
affettiva ed empatica quella ad essere maggiormente avvertita.
Sono 2 anni che seguo questo “splendido” ragazzo; tutto è successo per caso e ho accettato inconsapevole del
mio ruolo e del compito che mi sarebbero spettati.
Ho cercato da subito di instaurare con lui un rapporto di confidenza, di dialogo, di ascolto, una specie di
“amicizia particolare”. Non essendo sua coetanea non posso reputarmi sua amica, ma forse molto di più e
questo mi riempie di gioia e mi soddisfa pienamente.
Con me si confida, si sfoga dei suoi problemi, cerca rifugio e forza nelle mie parole e nei miei
comportamenti”.
“Uno dei miei interessi principali quando vado a casa di S. è sostanzialmente di aiutarla a capire quello che le
sta intorno, e quanto sia importante quello che pensa e non dice. Vorrei farle tirare fuori tutte le ore e giornate
di silenzio e solitudine che passa in casa. Vorrei parlare molto di più di quanto riesco a fare in realtà”.
“ Abbiamo instaurato un rapporto talmente particolare che lei mi chiede consiglio e mi racconta cose che non
dice neanche alle sue amiche. Credo che questo sia stato possibile grazie al fatto che sono quasi sua coetanea,
ma non rivesto un ruolo istituzionale”.
“ Il ruolo fondamentale del tutor credo sia quello di riuscire a creare un rapporto con i ragazzi disabili meno
98
distaccato rispetto a quello degli insegnanti: Credo che sia per loro di grande aiuto avere una figura per così
dire amica con la quale confrontarsi, raccontarsi, star bene ed anche impegnarsi nelle avarie attività
didattiche.
Infatti ho seguito un ragazzo per diversi mesi, e mi sono reso conto che più il nostro rapporto umano
migliorava, più entravamo in sintonia, più si impegnava a dimostrarmi i suoi miglioramenti”.
Aiutante in campo
Il tutor è inteso come “compagno di classe che aiuta”. Peer tutoring, quindi, attraverso forme di aiuto
concreto,operativo nei compiti di studio e di apprendimento.
Per me il tutor viene inevitabilmente a coprire il ruolo di “compagno di classe che aiuta”, essendo presente in
classe con tutti gli altri “veri”compagni e avendo un’età comunque abbastanza vicina a quella dei ragazzi
assistiti.
“Penso di essere stata soprattutto un buon aiuto nell’attività didattica e di sostegno in classe, in particolar modo
grazie alla buona collaborazione con l’insegnante di sostegno, che è stata il mio unico punto di riferimento”.
Quando l’amico è “grave”
Difficile appare l’azione del tutor compagno quando il coetaneo è in condizioni di gravità. Si avverte un
senso di impreparazione e di impotenza rispetto ai bisogni del ragazzo disabile.
“ Ritengo che in casi di ritardo grave o gravissimo l’intervento del tutor sia poco utile, perché il tutor
non ha quelle competenze che servono per aiutare il ragazzo nell’apprendimento. Vedere di non
essere in grado di migliorare le capacità e l’apprendimento del ragazzo produce in me un forte senso
di inutilità e frustrazione, che talvolta mi fa rinunciare ad una determinata attività”.
99
“Ho aiutato qualcuno; in questo risiede il significato di quel “volontariato incentivato” chiamato
“tutorato”, al di là delle distinzioni gerarchiche, burocratiche e giuridiche. Noi siamo tutori, e
facciamo perciò quello che non fanno, o non riescono a fare, gli insegnanti di ruolo e, se proprio
devi incasellarci, collocaci là, tra gli insegnanti di ruolo e i bidelli: dei primi abbiamo le
responsabilità didattiche, dei secondi la disponibilità”.
“Una cosa negativa nella mia esperienza è stato dover assumere ruoli da professore, pur non
essendolo e soprattutto non sapendo come si fa.
Pensavo di dover svolgere un ruolo di aiuto e un ruolo di amico, ma durante questi mesi ho
insegnato determinate materie, facendo fare esercizi, preparando verifiche e correggendole. Il tutor
penso che non debba valutare il ragazzo”.
“Questo è il mio primo anno da tutor”; non è stata un’esperienza particolarmente positiva.
Sono stato praticamente abbandonato: nessun contatto con i professori del ragazzo, nessun contatto
con i genitori, quasi nulli i contatti con la prof di sostegno.
Mi hanno semplicemente fissato un giorno e un orario per svolgere il mio compito di tutor. Io aiuto
per quattro ore alla settimana un ragazzo a fare i compiti, nelle materie in cui presenta particolari
problemi, ma non mi sono sentito molto utile per questo.
Mi ha fatto sentire molto più utile il fatto di essere riuscito ad instaurare un rapporto di amicizia
profondo e sincero con il ragazzo, che inizialmente mi vedeva come un professore, mentre adesso
mi vede come un compagno, un amico di cui si può fidare”.
100
La scuola delegante
Il tutor in questo caso percepisce la distanza tra l’essere inseriti e l’essere integrati. La scuola sembra
rinunciare a svolgere appieno la propria funzione educativa.
Penso che l’unico aspetto negativo di questa esperienza sia la negata o difficoltosa integrazione che i
ragazzi diversabili subiscono all’interno della scuola; questi ragazzi sono quasi esclusivamente alunni
dell’insegnante di sostegno, che è uno dei pochi ad occuparsi di loro: questa situazione accentua la
scarsa autostima e la poca fiducia che i ragazzi ripongono in loro stessi, ma svilisce
anche la funzione del sostegno”. “Penso che la maggior parte di questi insegnanti abbiano molta
paura di fronte ad un ragazzo con disabilità, e vedano il tutor come una figura a cui delegare ciò che
pesa loro fare. In tutti questi mesi mi sono chiesta più volte : perché non vengono fatti corsi di
formazione (come quello che è stato proposto a noi) per tutti gli insegnanti?”.
La scuola assente
Sono le testimonianze più negative per la scuola; la presenza del tutor viene quasi disconfermata.
“Tu non esisti” sembra dire la scuola al tutor che cerca di capire cosa deve fare.
“Uno degli aspetti più negativi è il disinteresse mostrato dal dirigente scolastico che all’inizio
dell’anno scolastico aveva promesso un incontro con i tutor presenti nell’istituto, ma che non si è
mai verificato. Allo stesso modo si è comportata anche l’insegnante di classe che, dopo avermi
chiesto di incontrarla, quando mi sono fatta viva ha fatto finta di non ricordarsi nulla e ha
utilizzato una scusa per non fermarsi a parlare con me”.
“Questo è il primo anno che ho fatto il tutor e mi sono sentita abbastanza abbandonata a me
stessa. Ho trovato un’apparente disponibilità iniziale da parte di un unico professore che si è
posto da referente. In realtà non c’è stata collaborazione, perché prima di tutto non c’è stato
ascolto”.
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ALLEGATO N°5A
“Il tutor :le ragioni del cuore e della mente”, l’esperienza di Reggio Emilia
PARTE PRIMA
Storia di un progetto
1 Le origini
Tutor è una parola di origine latina: deriva dal verbo tutari, che significa custodire, difendere,
proteggere.
Nel linguaggio giuridico indica la persona chiamata a prestare la cura e l’attenzione ad individui
deboli fisicamente e socialmente, nei confronti dei quali tale figura sostituisce, in assenza del padre
o della madre, le garanzie derivanti dall’esercizio della potestà genitoriale .
Il termine è utilizzato in svariati campi, non ultimo quello botanico per indicare il sostegno ( un
albero, un palo,...) a cui si appoggiano le giovani piante per garantire loro una crescita corretta.
Il caso più emblematico, in questo senso, è la vite che, in passato, veniva “maritata“ all’acero
campestre o ad altre piante per sorreggerla e orientare i tralci.
Nella storia della pedagogia, il tutore è colui che “sostiene“ e garantisce l’apprendimento di un
alunno.
In passato era il precettore dei giovani nobili o l’assistente nei convitti e nei collegi aristocratici.
E’ stato il teologo scozzese Andrew Bell che, assumendo nel 1780 la direzione dell’asilo per i figli
dei soldati nei pressi di Madras, cominciò a formare tra i suoi allievi alcuni assistenti, i quali, a
partire dal 1795, cominciarono a svolgere una costante azione di insegnamento ad alunni più
giovani.
Contemporaneamente alle esperienze di Bell, furono avviate in un sobborgo londinese attività di
monitorato simili a quelle del prete scozzese da Joseph Lancaster.
In una scuola per i poveri da lui fondata, egli inserì degli assistenti, che dovevano aiutare i maestri
nell’espletamento delle funzioni di insegnamento.
Caratteristica peculiare della teoria e delle esperienze di Bell e Lancaster è quella di raggruppare gli
allievi in una sola aula , suddividerli in gruppi, affidando la loro istruzione ad assistenti; il maestro,
invece, si occupava della supervisione e dell’istruzione dei monitori stessi.
Nel 1819, ben 200.000 bambini frequentavano in Inghilterra le scuole di Bell e Lancaster: i loro
metodi ebbero un discreto successo anche in Germania.
E‘ per queste ragioni che il tutorato individuale e comunitario si è sviluppato negli USA e nel
Regno Unito, cominciando a registrare negli Anni Sessanta un momento di significativa diffusione.
2. Tutor e mentor
Il tutor viene associato spesso al termine mentor, che richiama alla memoria il personaggio omerico
Mentore al quale Ulisse affida il figlio Telemaco prima di partire per la guerra di Troia.
La distinzione tra tutor e mentor è abbastanza sottile: il primo esercita una funzione di guida rivolta
al sostegno degli apprendimenti sostegno degli apprendimenti e all’aiuto nello studio; il secondo
svolge prevalentemente un’azione di mediazione affettiva e psicologica.
Le due azioni, in ogni caso, risultano complementari; in particolare l’accompagnamento nelle scelte
disciplinari e nelle esperienze di studio non può essere disgiunto da capacità ed attenzioni di tipo
relazionale ed emotivo.
Nel Thesauro europeo dell’educazione del 1991 la funzione di tutoraggio viene descritta come
102
“assistenza educativa che , sviluppandosi nell’ambito del rapporto personalizzato, mira ad aiutare
l’allievo ad assumersi la responsabilità della propria formazione”.
Si abbandona, quindi, l’idea del tutor che svolge la tradizionale funzione di docente precettore.
E’, dunque, l’alunno al centro delle azioni che devono essere attivate dal tutor.
Ciò significa che tale funzione è intrinseca al rapporto formativo, a tal punto da giustificare in
alcune esperienze l’esistenza di un ruolo professionale specifico.
3. L’educazione tra pari
In Italia, in alcune esperienze di educazione attiva (Mario Lodi, Don Lorenzo Milani …), forme di
tutoraggio tra alunni sono state ampiamente praticate: i più grandi dovevano insegnare ai più
piccoli.
Si tratta di una particolare metodologia organizzativa, che consiste nell’affiancare agli alunni
compagni più grandi di età a un livello leggermente superiore in termini di competenze e
conoscenze per lo svolgimento di compiti e consegne specifiche, all’interno di un sistema di
monitoraggio partecipato, costruito e garantito dall’insegnante.
“Tali pratiche si fondano sull’idea che l’interazione sociale tra bambini in gruppi disomogenei per
età o livello sia estremamente produttiva sul piano dello sviluppo cognitivo, sia per gli (alunni)
insegnanti sia per gli allievi“ (CDH di Bologna e Modena, 2003).
Infatti, lo sviluppo dei processi di apprendimento viene favorito dall’interazione sociale tra coetanei
e tra adulti e alunni.
Le ricerche svolte dallo psicologo russo L. Vygotskij e dai suoi collaboratori, Leontiev e Lurija, nei
primi decenni del secolo scorso, hanno dimostrato che una buona cooperazione tra pari e tra questi e
gli adulti fornisce la struttura di base dello sviluppo individuale.
Nel libro “Pensiero e Linguaggio“ del 1934, Vygotskij sostiene che apprendimento e sviluppo sono
aspetti complementari in continua interazione.
In particolare egli afferma, che il bambino sotto la guida degli adulti o di coetanei più competenti di
lui, può fare molto di più di quanto possa realizzare con le sue capacità individuali.
“La differenza tra il livello dei compiti eseguibili con l’aiuto degli adulti e il livello dei compiti che
possono essere svolti con un’attività indipendente definisce l’area di sviluppo prossimale“
(Vygotskij 1992).
La teoria Vygotskijana valorizza la dimensione sociale dei processi mentali e sottolinea che nello
sviluppo del bambino ogni funzione compare due volte:
prima sul piano sociale e successivamente sul piano psicologico. Le relazioni sociali in senso
generale sostengono tutte
senso generale sostengono tutte le funzioni superiori e alle loro soluzioni.
4. Il tutor risorsa per l’integrazione
La presenza dello studente tutor come figura tesa ad arricchire la rete dei sostegni, per studenti
disabili si è andata consolidando
negli Anni Novanta nelle province di Modena, Reggio Emilia e Bologna.
L’idea sostenuta dall’ispettore Sergio Neri era quella di “lavorare su una sfera delicata, complessa
ma fondamentale per la crescita dell’individuo: quella della comunicazione e dell’integrazione con
le diverse situazioni progressivamente affrontate, in particolare con il gruppo dei pari“. (Mussini,
2003).
Nell’esperienza reggiana, il tutor è in genere uno studente di età non superiore ai 25 – 26 anni, che
svolge a scuola, a casa e nel tempo libero un ruolo di sostegno “amicale” nei confronti di un
coetaneo disabile di qualche anno più giovane.
103
Non è una figura professionale e non svolge un ruolo sostitutivo rispetto ad altri operatori
(insegnanti, assistenti, …).
“La peculiarità del tutor è quella di essere una figura quasi coetanea allo studente disabile in modo
tale da poterne comprendere e condividere con facilità sia le difficoltà sia i successi e
l’appartenenza a un determinato contesto.
Rappresenta, insomma, un compagno di studi “ (CDH di Bo e Mo, 2003).
Nell’Accordo Provinciale di Programma per l’integrazione dei soggetti con disabilità della
provincia di Reggio Emilia si sottolinea che il tutor corrisponde ad una figura dalla forte carica
relazionale ed educativa, in grado di prendersi cura della persona coetanea o quasi in difficoltà, per
aiutarla a crescere sul piano sociale e personale; il tutor facilita l’apprendimento dello studente
disabile nella classe, nelle attività di laboratorio nei compiti di casa e facilita l’integrazione sociale e
scolastica nel gruppo dei ragazzi sia a scuola, sia in altri contesti extrascolastici.
5. Il tutor nell’esperienza di Reggio Emilia
L’introduzione nella scuola secondaria di II° grado del tutor è avvenuta in concomitanza con il
nuovo panorama istituzionale delineato dalle disposizioni relative all’elevamento dell’obbligo
scolastico (legge 9/1999) e all’obbligo formativo fino al 18° anno di età (legge 144/1999).
Entrambi i dispositivi giuridici hanno modificato in modo significativo il quadro delle opportunità
di integrazione degli studenti disabili , nella realtà reggiana.
Nell’ultimo quinquennio si è registrato un incremento molto elevato di giovani con disabilità negli
Istituti Superiori di Reggio Emilia e provincia:
erano 175 nell’a.s. 1999/2000, pari all’1,2% del totale; sono nell’a.s. 2003/ 2004 313, pari all’1,9 %
.Tale indice è il più alto in Regione e a livello nazionale.
Il progetto tutor è stato inizialmente attivato in forma sperimentale nell’a.s. 1998/99 su proposta del
Comune di Reggio Emilia
Emilia e dal Provveditorato agli Studi; poi dall’anno successivo è intervenuta la Provincia che nel
tempo ha assunto un ruolo guida, estendendo la presenza dei tutor in tutti gli istituti secondari della
realtà reggiana.
“Attraverso una programmazione partecipata che permette di realizzare programmi unitari su scala
territoriale e condivisi su scala sociale, quindi si sono individuati i compiti dei diversi soggetti
coinvolti.
In particolare, le istituzioni scolastiche si assumono un insieme assai articolato di competenze tra le
quali risultano importanti la valutazione delle esigenze complessive dello studente in situazione di
handicap, con riferimento ai suoi bisogni di integrazione scolastica ed extrascolastica, nonché la
formulazione di un progetto generale Piano Educativo Individualizzato che preveda la
collaborazione di un giovane con funzioni di tutor e la presenza di un referente responsabile dei
progetti di tutoraggio che, d’intesa con gli Enti finanziatori e con i servizi organizzativi di supporto
a livello provinciale, garantiscano il monitoraggio e la verifica dell’esperienza.
Il progetto si articola in diverse fasi, tra cui l’attivazione dell’istruttoria provinciale attraverso la
quale si analizzano i progetti inoltrati dalle scuole superiori all’ufficio scolastico provinciale sulla
base di una griglia che tiene in considerazione alcuni criteri basilari (tipo di scuola; l’esistenza di
una continuità di tutoraggio con l'anno precedente; il numero di ore richiesto, ponendo in
particolare l'attenzione sulla distinzione tra ore al mattino ed ore al pomeriggio; la classe
frequentata; ecc…), nonché l’individuazione di modalità di monitoraggio dell’esperienza di
tutoraggio attraverso strumenti di verifica in itinere ed ex-post del progetto“ (Progetto Tutor–Prov.
di Reggio E.).
104
contribuire, tramite il supporto individualizzato al? raggiungimento del successo formativo degli
studenti (miglioramento in alcune discipline, superamento dell’esame di qualifica e
raggiungimento del diploma).
Il tutor, quindi, rappresenta una figura di mediazione e raccordo tra docenti e alunno e favorisce il
rapporto di amicizia e collaborazione con i coetanei disabili che spesso vivono situazioni di
solitudine, affiancando i ragazzi nel lavoro pomeridiano e cercando di coinvolgerli nelle attività
extrascolastiche.
Punti di debolezza
Per quanto riguarda gli aspetti critici gli elementi che vengono sottolineati con maggiore ricorrenza
riguardano la difficoltà di trovare giovani disponibili e dotati delle caratteristiche necessarie allo
svolgimento delle attività di tutoraggio (non solo disponibilità di tempo, ma anche flessibilità
d’intervento e professionalità d’azione). Nell’ambito delle difficoltà che caratterizzano
l’organizzazione dell’intervento di tutoraggio, emerge il ritardo nella fase iniziale, il rischio di
interruzione in itinere del rapporto di tutoraggio, la mancanza di un numero di ore adeguato per un
approfondimento delle relazioni che intercorrono tra i diversi soggetti coinvolti
nel progetto (docente di sostegno, tutor, famigliari ).
6. La presenza dei tutor a Reggio Emilia
Come si evince dal grafico, la presenza dei tutor negli istituti superiori è gradualmente aumentata
negli ultimi quattro anni.
Questo andamento è dovuto ad una crescita molto elevata degli iscritti disabili nelle scuole
secondarie di II° grado nel medesimo periodo. Nell’ultimo triennio si è passati da 267 studenti
disabili (a.s. 2001/2002) a 320 (a.s. 2003/2004).
7. Le motivazioni dei tutor
Dalle risposte fornite dai tutor nel questionario somministrato nel 2001 dalla provincia di Reggio
Emilia, si evinceva che le motivazioni che stavano alla base del loro impegno potevano essere
ricondotte ad un duplice piano;
a) di carattere espressivo legate allo sviluppo personale e alla gratificazione intrinseca (interesse
per il tipo di lavoro, per l’apprendimento di cose nuove, desiderio di mettersi al servizio di altre
persone più deboli, con minori opportunità e di realizzare esperienze significative nel campo del
volontariato…)
b) di tipo strumentale legate ad una eventuale futura professione in ambito sociale o
nell’insegnamento.
In secondo luogo risultano essere assai significativi i tipi di rapporti che il tutor instaura con i
diversi soggetti coinvolti.
105
Un ulteriore aspetto è quello rappresentato dall’impatto dell’esperienza: per molti tutor l’esperienza
è stata talmente significativa e importante da considerare l’opportunità di proseguire anche negli
anni successivi.
8. Il monitoraggio del progetto
Nel 2001 la Provincia di Reggio Emilia ha somministrato ai dirigenti scolastici, agli insegnanti di
sostegno, ai tutor e agli studenti disabili un questionario semistrutturato finalizzato ad esplicitare i
punti di forza e di debolezza del progetto.
Dal monitoraggio effettuato nel 2001 emergeva il seguente quadro.
Punti di forza
L’esperienza è valutata particolarmente positiva, in quanto consente ai ragazzi con disabilità di
avere nuove figure di riferimento (rapporto con un ragazzo/a di pari età ) al fine di:
affrontare situazioni non strettamente didattiche in ambiti? di tipo sociale;
uscire dall’isolamento nel quale spesso i ragazzi con? handicap di questa età rischiano di
rimanere relegati;
attivare nuovi progetti per facilitare l’autonomia personale? e sociale (muoversi autonomamente
con i mezzi di trasporto pubblici, utilizzare servizi comunali, imparare ad utilizzare le nuove
tecnologie,…);
stabilire più significativi legami anche con le famiglie? degli studenti disabili ;
PARTE SECONDA
Tutor … in diretta: a.s. 2003 / 2004.
1. Buona la prima accoglienza
Nei primi incontri del corso di formazione del 2004 è stato distribuito un questionario (vedi
Appendice) in cui si chiedevano ai tutor alcune informazioni circa le forme di accoglienza nei
momenti iniziali dell’attività di tutorato.
Dalle risposte degli studenti emerge che tutti i tutor sono stati accolti ed informati dal docente
referente del progetto.
In genere si esprime una valutazione positiva di questo incontro.
Alcuni tutor segnalano che il contatto è avvenuto telefonicamente e in un caso la referente è
sembrata estranea al progetto.
Un quarto dei tutor (9 su 36) dichiara di aver incontrato anche il dirigente scolastico, mentre la
stragrande maggioranza (¾) non ha avuto tale opportunità.
In qualche caso, però il dirigente ha delegato i suoi collaboratori.
Un tutor sostiene che, in fondo, tale incontro non lo ritiene di fondamentale importanza.
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1. Corresponsabilità riconosciuta
Alla richiesta se i tutor hanno a disposizione o conoscono il PEI dello studente, si rileva una
prevalenza dei no, però esiste un buon numero di tutor che dichiarano di averlo avuto a disposizione
o di conoscerlo indirettamente o parzialmente.
“Non sono a conoscenza del PEI, ma le ragioni mi sono state riferite “So bene o male il
contenuto“; “non conosco il PEI perché esso non è ancora pronto“.
“Non ho avuto a disposizione il PEI, ma conosco il ragazzo da quattro anni“.
Una decina di tutor sostiene di conoscere il PEI in modo abbastanza dettagliato, tanto che in
qualche caso si rilevano incongruenze tra quanto in esso scritto e la situazione reale.
Uno studente sottolinea di conoscerlo ma non di aver partecipato alla stesura.
Anche la possibilità da parte dei tutor di esprimere contributi personali risulta decisamente elevata.
“gli insegnanti mi chiedono consigli per l’impostazione dello studio a casa; ho potuto dare
suggerimenti anche sulla programmazione“;
“ ho avuto la possibilità di esprimere pensieri e iniziative sempre accolte ed incoraggiate“.
Sono pochi i tutor che dichiarano una condizione di passività rispetto ai contesti in cui operano.
Decisamente negativa invece la possibilità di essere presenti ai consigli di classe. La stragrande
maggioranza degli studenti riferisce che la presenza al CdC non è richiesta.
Buona invece l’interazione con i docenti della classe. Solo pochi dichiarano di non avere contatti
con i docenti di sostegno e di materia.
Alcuni tutor dicono di aver concordato dei “mini programmi“, oppure di “scambiare idee sulla
programmazione“.
Un tutor sottolinea il buon andamento del progetto, in quanto alcuni dei docenti sono suoi exprofessori.
2. Il rapporto tutor – genitori
Articolato e variegato risulta il rapporto tra studenti/tutor e famiglie.
Quasi tutti affermano di avere contatti frequenti con i genitori (molti tutor operano a casa ).
Generalmente vengono segnalate relazioni positive tra la madre o il padre e lo studente.
Dai racconti dei tutor …..
Si, ho incontrato i genitori a casa. La madre è molto disponibile a darmi consigli
Il mio ingresso in casa sembra sia recepito come una novità positiva da parte dei componenti della
famiglia.
Ho incontrato la madre del ragazzo una sola volta prima di iniziare il progetto a casa. Nel
pomeriggio il ragazzo è solo perché i genitori lavorano.
L’esperienza è positiva e sta iniziando a mostrare i primi risultati positivi sia sul piano personale
(di relazione col ragazzo) che scolastico.
Opero solo a casa del ragazzo e con la famiglia ho uno splendido rapporto
Pur non operando a casa, ho incontrato i genitori, i quali erano contenti dell’iniziativa.
Ho incontrato i genitori perché opero a casa con la ragazza.
Ho iniziato questa esperienza da poco per cui è ancora tutto all’inizio. Nei primi incontri ho
comunque conosciuto la ragazza e insieme svolgiamo i compiti e piano piano entriamo in
relazione.
I genitori sono gentili e disponibili.
107
Aiutano nel programmare gli incontri pomeridiani e sono presenza attiva nella vita anche
scolastica dei figli.
Sì, ho incontrato i genitori di uno dei tre ragazzi che seguo prevalentemente a casa e i genitori
sono persone disponibili e presenti.
Sì, si sono dimostrati molto disponibili.
L’incontro è avvenuto il primo giorno e precedentemente, ci sono stati contatti telefonici per
spiegare i problemi e le necessità della figlia.
Operando a scuola, non ho un rapporto continuativo. Li ho incontrati un paio di volte e mi sono
sembrati molto interessati ed entusiasti per questo progetto.
Sì, i genitori sono molto desiderosi di parlare con me e di ascoltare come va il tutoraggio e
l’esperienza della figlia a scuola.
Si affidano al Tutor e sottolineano l’importanza di questa figura e la profonda necessità che si ha
di figure di questo tipo, nella scuola, nella vita di tutti i giorni.
Aspetti positivi e negativi segnalati dai tutor
Nel questionario elaborato dai Tutor nei mesi di febbraio – marzo 2004 , si chiedeva loro di
segnalare aspetti positivi della loro esperienza nella fase di avvio del progetto.
Le considerazioni degli studenti sono decisamente positive rispetto a quelle negative e spaziano su
una molteplicità di ambiti: ricchezza personale, soddisfazione del lavoro di “cura”, possibilità di
conoscere e aiutare insegnanti, genitori, coetanei.
I punti forti espressi dai tutor sono stati raggruppati in due ambiti, entro cui vengono riportate le
riflessioni degli studenti.
3.1 Area conoscitiva , relazionale ed emotiva
o Ho avuto la possibilità di conoscere persone nuove portatrici e non di handicap e di
mettere in atto strategie per la facilitazione dell’inserimento scolastico
o Si crea un rapporto di reciprocità: il ragazzo è felice quando ci sono io!
o Avere un tutor giovane e dinamico può essere utile per il ragazzo per rendere più
stimolante l’attività scolastica
o Questi incontri formativi hanno dato informazioni molto utili e hanno permesso lo
scambio di idee con altri tutor.
o Il fare parecchie ore alla settimana aiuta la conoscenza reciproca con la ragazza
o Ottimo rapporto con il ragazzo e con la sua famiglia - Fiducia e simpatia reciproca
o Si è instaurato un ottimo rapporto con i ragazzi con cui sto
• I rapporti tra me e i ragazzi non finiranno con la fine del mio progetto di tutorato
o Tanta calma e pazienza aiutano la sintonia che si crea tra me e la ragazza disabile
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o Il contatto con una persona diversa insegna molto anche a capire se stessi
o La ragazza mi ha rivelato la sua sensibilità interiore: ciò mi ha fatto
“rabbrividire”.
o Buon rapporto e confidenza con le due ragazze che seguo
o Buon rapporto con i ragazzi seguiti perché l’ambiente favorisce la sintonia oltre
ovviamente all’apertura del giovane
o Clima ospitale e molto favorevole al progetto all’interno della scuola
o Il ragazzo a me affidato è decisamente più allegro e ha più fiducia in se stesso
o Ho stabilito un rapporto di affetto e amicizia con lui
o Si è instaurato un rapporto di amicizia con queste ragazze, mi vedono non come
un’insegnante, ma come una di loro
o Mi piace molto partecipare alle interrogazioni, così posso osservare, come la
ragazza affronta situazioni difficili dal punto di vista emotivo
o Instaurare un rapporto amicale col ragazzo disabile e facilitare l’integrazione del
ragazzo nel contesto… A tal proposito mi sembra significativa la presenza di tutor
che frequentano la stessa scuola del ragazzo – tutor interno.
o Essere visto come una sorta di fratello”maggiore“ con cui rapportarsi senza sentirsi
a disagio o inferiore
o Presenza sia a scuola (rapporto diretto con insegnanti sia curricolari che di
sostegno) sia a casa (rapporto con la famiglia). Grande confidenza con la ragazza,
possibilità di conoscerla meglio e nello stesso tempo, di studiare il metodo più
adeguato di lavoro con lei
o Buoni rapporti con i colleghi, l’insegnante referente del progetto ed in generale con
tutto il personale scolastico
o Questo periodo mi ha fatto imparare la pazienza, e non è poco
o Come prima esperienza con un ragazzo affetto dalla sindrome di Down mi sono
trovato abbastanza bene, si è rivelato molto affettuoso e si è instaurato un buon
rapporto di amicizia
3.2 Area dell’aiuto e della facilitazione nello studio
109
o Occasione di vivere un’esperienza forte di servizio. E’ un valido aiuto per famiglie
che non possono permettersi un insegnante privato che aiuti il proprio figlio a
superare le difficoltà scolastiche
o La presenza di un coetaneo penso sia preziosa e non sia sostituibile da un professore
adulto
•
o La ragazza segue meglio le lezioni perché non deve preoccuparsi di prendere
appunti.
Viene aiutata nello svolgimento dei compiti
o Vengo tenuta in considerazione riguardo a vari aspetti. Sento di ricoprire un ruolo
per la classe e gli insegnanti
o Ha recuperato e preso voti decisamente belli in molte materie
o Riusciamo a concludere il lavoro che stabiliamo all’inizio di ogni incontro
o In classe la mia presenza è importante soprattutto perché così a casa assieme alla
ragazza risulta più semplice il lavoro.
o E ‘ molto bello vedere migliorare di volta in volta il ragazzo, poter instaurare un
rapporto di amicizia, potergli essere di aiuto.
o Possibilità di fornire un importante aiuto sia sul piano didattico che psicologico –
relazionale
o Capacità di spiegare in maniera più chiara ciò che la studentessa non riesce a
capire in aula.
o Capacità di fare discorsi più ampi rispetto al solo inglese, materia per la quale sono
stata contattata.
• Gli aspetti negativi segnalati dai tutor riguardano:
o la scarsa collaborazione e o comunicazione con i docenti della classe (in qualche
caso, indifferenza !)
o il mancato aiuto da parte di qualche famiglia
o lo scarso tempo a disposizione
o lo smarrimento nella fase iniziale del lavoro di fronte ad un’esperienza
110
completamente nuova
o la scarsa chiarezza circa i compiti che il tutor è chiamato a svolgere (mancanza di
direttive)
o l’insufficiente conoscenza della patologia e del deficit
o la difficoltà da parte del tutor ad operare anche con altri alunni della classe;
o il disinteresse in qualche caso della scuola verso il lavoro del tutor;
o l’esiguo compenso erogato per tale servizio
4. Pensieri
Al termine del percorso formativo i tutor hanno raccontato in varie forme i vissuti della loro
complessiva esperienza.
Il contenuto delle narrazioni che essi hanno scritto è stato decodificato in due macro-aree:
a) il rapporto tra il tutor e lo studente disabile;
b) il rapporto tra il tutor, i docenti e la scuola in generale.
Per quanto concerne il punto
a)viene evidenziata quasi sempre una forte interazione e una relazione positiva tra lo studente e il
coetaneo disabile .
E’ soprattutto il vissuto emotivo ad essere pienamente coinvolto.
Ma anche aspetti non secondari legati ad una crescita culturale e civile di straordinaria intensità.
“Oltre all’aiuto scolastico sono diventata per lui come un’amica alla quale vengono fatte
confidenze forse troppo impegnative.
Io però sono soddisfatta del mio compito e del rapporto che si è creato tra me e il ragazzo.
Anche perché oltre ad essere un aiuto per la sua crescita è anche un’occasione per me
personalmente di entrare sempre di più e (perché no ?) di sviluppare certe mie qualità e sensibilità
nascoste.”
Mi sento più matura, raggiungendo concezioni che prima non avevo o addirittura ignoravo.
Quasi più persona. Molto ha contribuito l’incontro con Imprudente. Toccante e per me,
consentitemi, crudo o brutale.
Accidenti. Ho capito che spesso non serve dire non riesco, non sono capace.
Bisogna buttarsi e farsi aiutare da persone vere, termine inteso come concrete ed intelligenti, che
sanno sostenerti sempre.
“Sono soddisfatta, felice di aver osato. Mi sento accolta e mi sento proprio “amica“ di quei
ragazzi .
La mia esperienza penso sia stata aiutata molto dall’appoggio di insegnanti di sostegno competenti
e presenti.”
Sento veramente di essermi avvicinata alla disabilità in modo diverso, o solo riesco a capire negli
altri le difficoltà che trovano quando si trovano in una situazione per loro particolare.
111
“La mia figura le è servita soprattutto come punto di riferimento di “sfogo“ e come qualcuno a cui
raccontare le piccole cose, ciò che le succede in classe e fuori, come qualcuno che la ascolta con
cui può socializzare .
Dal punto di vista scolastico si sente affiancata in quanto non si deve preoccupare di prendere
appunti (è lenta a scrivere) e di rimanere indietro, il che potrebbe metterla a disagio con i
compagni.
“Sono comunque soddisfatto perché sono riuscito ad essere un punto di riferimento senza
trasmettere il timore reverenziale che può trasmettere un insegnante”.
“Ho potuto affinare le mie capacità d’ascolto e comprensione. E‘ stato un esercito che mi ha
aiutato a riflettere anche su me stessa. E’ stato una sfida ad andare oltre gli stereotipi e i
pregiudizi, un andare incontro a diversità, che possono far paura solo quando sono viste
dall’esterno e non sono capite”.
A volte si vorrebbe fare di più o si sente di fare poco “
Senso di impotenza si prova anche essendo una figura un po’ vaga e poco definita e quindi non
potendo imporsi più di tanto per modificare certe situazioni.”
“ Ho riscontrato progressi dall’inizio dell’anno nel rapporto con il ragazzo . La nostra conoscenza
reciproca si approfondisce soprattutto a livello di comprensione di linguaggio: io capisco i bisogni
del ragazzo , le sue richieste, i suoi momenti di allegria, lui i cerca e attende i miei segnali.
“Ho sviluppato con il ragazzo che mi è stato affidato un buonissimo rapporto di fiducia e
collaborazione.
Siamo diventati amici, ci telefoniamo e ci scriviamo messaggi sugli argomenti più disparati.
Ho capito di essere una brava insegnante e amica.
In più spesso sono elogiata dagli altri insegnanti e questo provoca in me senza dubbio
soddisfazione e gratificazione “.
“E’ l’occasione di crescita per il tutor: il rapporto con la ragazza costringe a mettersi in
discussione lasciarsi “giudicare“, ad aprirsi a propria volta per ottenere confidenze e riuscire a
far riflettere la ragazza stessa sui propri atteggiamenti e comportamenti “.
“E’ l’opportunità di entrare in diretto contatto con un mondo a me sconosciuto.
Non posso dire di essere amica dei ragazzi che seguo, perché troppo distante dalle loro paure e
aspettative.
Posso però dire che si è creato un rapporto di complice attesa, entrambi sappiamo che ci
incontreremo e per questo ci aspettiamo, pronti a condividere un periodo (sia esso breve o più
lungo) insieme. INSIEME!
“Ritengo l’esperienza di tutor positiva innanzitutto per la possibilità di conoscere ragazzi “
speciali “ che ogni volta mi stupiscono per ciò che riescono inconsciamente ad insegnarmi !
Relativamente al punto b )
Un buon numero di tutor segnala difficoltà da parte dei docenti della scuola di promuovere una
reale integrazione degli studenti disabili in classe .
“Io preferirei rimanere in classe , ma in alcuni casi sono stata ostacolata dall'insegnante di classe ,
che ci ha esortati ad uscire perché il nostro “brusio“lo deconcentrava“
In qualche sporadico caso, il tutor avverte di sentirsi una persona estranea (nessun contatto con gli
insegnanti del ragazzo, nessuna partecipazione ai consigli di classe “).
Ci sono naturalmente esperienze che hanno raggiunto un ottimo livello di condivisione , di
112
reciprocità e di responsabilità diffusa.
“I punti forti sono senza ombra di dubbio più numerosi di quelli deboli e di conseguenza posso ben
affermare che si tratta di un’ottima esperienza che mi ha formato tanto, mi ha dato tanto.
Ho conosciuto insegnanti di sostegno validissimi che mi hanno spiegato bene il mio ruolo.
Non ho avuto problemi nell’ambito scolastico ne con gli insegnanti né con i ragazzi .
Certo mi sono state date molte responsabilità concernenti il profitto scolastico dei ragazzi (es
preparali per le verifiche, ecc…) ma ad ogni modo sono sempre stato in grado di fare ciò che mi è
stato richiesto”.
“Un altro aspetto negativo è la propensione, da parte dell’insegnante di sostegno ad aspettarsi che
il tutor svolga delle funzioni proprie “.
“Gli aspetti negativi sono relativi alla scarsa informazione della scuola, che mi ha accolto bene,
ma lasciandomi senza i corretti strumenti.”
“A volte ho a che fare con materie a me sconosciute e allora devo inventarmi qualcosa sul
momento, probabilmente per poca organizzazione.
“Difficoltà nello stabilire i limiti dei compiti, soprattutto rispetto alle attese dei genitori o della
stessa ragazza (compresenza di ruolo amicale con quello educativo“.
PARTE TERZA
Il tutor per una cultura dell’integrazione
1. Essere o avere
Ci sono diversi modi per avvicinarsi ad una persona.
In genere siamo colpiti dai tratti del viso, dal colore degli occhi, dal timbro della voce, dalle
movenze corporee. Entriamo in sintonia con l’Altro attraverso segni che sommuovono mente e
cuore insieme, razionale ed emotivo, conscio ed inconscio.
Ci sentiamo così attratti gli uni verso gli altri a volte senza una ragione precisa. Semplicemente
accade.
E da un incontro da un semplice sguardo nascono storie meravigliose. queste storie scaturiscono da
una domanda semplice e apparentemente banale:
“Chi sei ?” “Chi siamo?“,”Che cosa ci può unire o dividere ?“.
Questo approccio viene dato per scontato, nel senso che siamo portati a pensare che le cose vadano
sempre in questa maniera. In realtà non è sempre vero. Ad esempio per le persone disabili spesso
non è così.
Ancora oggi, nonostante il nostro Paese abbia compiuto un’autentica “rivoluzione culturale “ in
materia di educazione integrazione dei ragazzi con disabilità, siamo portati a vedere in loro non“ chi
sono“ ma il “difetto“, il pezzo “guasto”, l’anello mancante. La patologia dunque!. Questo approccio
è devastante. E’ come pensare di conoscere una persona leggendo le istruzioni delle medicine che
quotidianamente assume.
Sono modi diversi di concepire la vita e il rapporto tra gli individui .
Infatti, le relazioni tra soggetti “normali” nascono da un incontro di identità (“chi sei”, “chi siamo
“), mentre il rapporto tra noi ed un soggetto disabile ci porta anche inconsapevolmente a chiederci e
a chiedergli “Che cos’ha“ “Che cosa hai“. Come dire cosa ti manca per essere una donna, un uomo,
una persona? Il disabile ci spinge a vedere in lui non l’essere, cioè la dignità di cui è portatore, ma
l’avere, un oggetto del quale ci colpiscono le ferite, le minorazioni, le disfunzioni.
113
L’Altro, in questo caso, viene percepito per “sottrazione”, con uno sguardo secondo quello che non
c’è diventa l’unico metro di conoscenza.
2. Esercizi di sguardi
La presenza a scuola di alunni disabili rappresenta un’occasione di crescita e maturazione per tutti.
La loro e la nostra integrazione però non è un dato di partenza, una condizione che possiamo
pensare di aver acquisito una volta per tutte.
L’integrazione è una conquista continua, che solo se alimentata continuamente, sposta sempre più
in avanti gesti e sguardi del nostro lavoro professionale.
Grazie alla presenza di alunni disabili, a docenti e a coetanei che sanno percorrere con pienezza il
loro percorso formativo, allievi e insegnanti sono sollecitati a ricercare soluzioni didattiche inedite
sotto il profilo relazionale, comunicativo cognitivo didattico e organizzativo.
Nelle Raccomandazioni per l’attuazione delle Indicazioni Nazionali per i Piani di studio
personalizzati nella scuola primaria si sottolinea molto opportunamente questa “logica del
positivo“.
“Non è questione, infatti, di integrare alcuno in una astratta normalità che poi si traduce in
propensione all’uniformità, bensì di valorizzare al meglio le propensioni individuali. Per questo non
bisogna mai definire nessuna persona per sottrazione: non ha, non sa fare non si può fare questo e
quello“. (Raccomandazioni ).
E’ dal positivo posseduto da ciascuno che si accende una relazione educativa.
La finezza del nostro sguardo , la profondità della nostra cultura, la passione per la professione
rappresentano il valore aggiunto indispensabile per promuovere nella nostra scuola una reale cultura
dell’integrazione .
Il futuro infatti di una persona disabile dipende in larga misura dagli adulti che vivono accanto a lei.
Siamo noi, dunque, insegnanti, dirigenti collaboratori scolastici genitori, fratelli, coetanei,… che
dobbiamo dotarci degli strumenti in grado di captare anche i segnali più impercettibili: una parola,
un grido, una smorfia, una carezza un sorriso.
Dietro ad un gesto per noi apparentemente banale si nasconde una vera e propria rampa di lancio
che ci permette di decollare verso orizzonti di conoscenza di straordinaria intensità.
Non è sufficiente sbandierare la particolare qualità del nostro patrimonio giuridico in materia di
integrazione dei diversamente abili.
L’integrazione ha certo bisogno di buone leggi, ma subito dopo di persone che sappiano farle
proprie, soprattutto quando esse richiedono fatica, impegno.
Soprattutto capacità di leggere la storia e la biografia della persona disabile e non soltanto una
diagnosi clinica.
La storia è un elemento centrale quindi della ricerca di senso e di significanza .
Che cos’è una storia? E ‘ un modo afferma G. Bateson, di essere collegati.
Una storia, infatti, è tale se viene raccontata ad altri se ci mette in comunicazione dialogica con altre
persone.
Raccontarla permette di comprendere i risvolti del processo formativo, del contesto relazionale .
Le storie diventano pertanto “un modo di fare ricerca perché sanno catturare la complessità, la
specificità e la connessione dei fenomeni. Esse rappresentano un inaspettata conoscenza“
(Cervellati, 2002 ).
3. L’importanza dei riti
I tutor dei ragazzi disabili dimostrano di avere una straordinaria capacità di “ENTRARE“ nelle
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storie dei loro coetanei diversamente abili.
Torna utile il richiamo a un testo narrativo emblematico, che ci ricorda come l’addomesticare
(quindi il narrare) non sia qualcosa di automatico ma richieda un lavoro.
Dal Piccolo Principe di Saint – Exupèry “Che cosa vuol, dire addomesticare” chiede il Piccolo
Principe .
E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare dei legami “ Se tu mi addomestichi, noi avremo
bisogno l’uno dell’altro, Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo“.
“Comincio a capire” disse il Piccolo Principe.
“Se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sara’
diverso da tutti gli altri e mi farà uscire dalla tana come una musica vedrò il colore del grano e ti
penserò”.
“Che cosa bisogna fare ?”
“Bisogna essere pazienti,molto pazienti: ci vogliono i “riti” disse la volpe.
“All’inizio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, e io nell’erba ti guiderò con la coda dell’occhio
e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino“.
Il Piccolo Principe tornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio tornare alla stessa ora. Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro,
dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando
saranno le quattro io comincerò ad agitarmi e a inquietarmi: scoprirò il prezzo della felicità! Ma se
tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora preparare il cuore. Ci vogliono i riti”.
Narrare/addomesticare è costituire e rinnovare legami, con la propria attività, con i diversi
interlocutori, con i bambini e il contesto educativo, con nuovi significati per sé e per gli altri .
Ma ci vuole un lavoro: un ritmo, dei riti, e degli eventi per scandire l’accesso ai significati.
4. Raccontarsi fa un gran bene
Oliver Sacks nel libro “L’uomo che scambiò la moglie per un cappello” racconta la storia di uno dei
tanti casi clinici incontrati nella sua carriera professionale, la storia di Rebecca .
La prima volta che la incontrò fu nel proprio studio clinico .
“…Goffa, sgraziata, maldestra vidi in lei semplicemente, o soltanto una vittima, una creatura ferita,
di cui poter individuare e analizzare con esattezza le menomazioni neurologiche” ( Sacks 1986 ).
Il secondo incontro invece, cambiò radicalmente tale profilo.
Sacks la rivide in una splendida giornata di primavera seduta su una panchina dell’Istituto. Gli
apparve una giovane trasformata, una rappresentazione di un personaggio cechoviano.
Anche la narrazione è un modo di pensare. Un modo per organizzare la struttura delle nostre
conoscenze, componendole, ordinandole in una sequenza che dà significato, che obbliga ad
interrogarsi sulla ragione d’essere, che giustifica o meno la nuova inaspettata
“Guarda com’è bello il mondo sembrava dire.
E poi in scatti sacksoniani , vennero esclamazioni strane, improvvise poetiche: primavera, nascita,
crescita, fermento,… Mi venne in mente l’Ecclesiaste: per ogni cosa c’è il suo momento, il suo
tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per … ( Sacks,
ibidem).
Il medico rilegge la diagnosi clinica alla luce di quell’incontro che aprirà nuovi mondi per Rebecca.
Il grave ritardo mentale della ragazza non le impediva di vedere la realtà con lo stupore con cui si
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legge un testo o si gusta un racconto.
“Rebecca aveva bisogno che il mondo le venisse presentato attraverso sequenze, immagini verbali,
processi sensoriali.
Il linguaggio dei sentimenti, delle emozioni, del concreto, delle similitudini: questo era il mondo
che stupiva la ragazza. Era Rebecca a suo modo, un poeta raffinato e primitivo, allo stesso tempo”
(Longhi – Rondanini, 2003).
La ri-composizione “della personalità di Rebecca, che la libera dall’opacità delle sue movenze
risiede nella straordinaria forza del pensiero narrativo.
Anche l’uomo di scienza avverte il bisogno di lasciarsi soccorrere dal phatos della narrazione.
Nelle persone che presentano un ritardo mentale sopravvive “una particolare qualità mentale, quella
della concretezza che custodisce una “ razionalità narrativa “ fatta di memorie e di vibrazioni spesso
assenti nel mondo dei normodotati.
E’ proprio la struttura della narrazione e della costruzione delle storie che ci permette di acquistare
questa profondità di sguardo.
La ricerca di J. Bruner, dagli anni Ottanta ad oggi, va nella direzione di esplorare le modalità con
cui il pensiero narrativo si sviluppa nel nostro processo di crescita .Essendo un pensiero “di
contesto“, possiede la forza di esprimere una più completa identità delle persone.
La narrazione infatti, nutre una vicinanza di sguardi e di gesti che ci aiuta a scoprire chi siamo: IO,
TU, NOI.
Per i docenti, la padronanza delle trame con cui si dispiega la narrazione, crea i presupposti per
conoscere meglio i ragazzi e quindi, per migliorare l’insegnamento.
Non solo dei disabili!
Il discorso narrativo, infatti, non rappresenta certezze sul mondo così com’è, ma alimenta mutevoli
prospettive grazie alle quali rendiamo comprensibile l’esperienza e gli eventi legati a situazioni
imprevedibili, inedite, misteriose.
Prendersi carico è spesso un atteggiamento esteriore, che può anche negare l’identità.
La cura, invece, ha a che fare con l’esistenza, anzi, secondo Heidegger “è la struttura
dell’esistenza“.
E’ offerta di situazioni in cui ciascuno possa prendersi cura di sé, invito rivolto a ciascuno, a trovare
una via personale per porsi in cammino sulla propria strada.
“Il fine non è la normalizzazione dei bisogni e dell’esistenza dell’altro ma l’esplicitazione all’Altro
di un interrogativo più ampio sulle condizioni di senso della di lui esistenza. Non lo si vuole
“guarire“ dalla differenza: si cerca di aiutarlo a trovare il senso iscritto nel nucleo individuale della
sua personalità” (Boselli, 2003 ).
Sono due dimensioni complementari, anche se il prendersi cura (lo testimonia l’esperienza dei
tutor) risulta determinante per un’integrazione di qualità.
Prendersi cura coinvolge una dimensione meno conosciuta della professione docente. In particolare
, tale approccio ci rende consapevoli circa l’importanza dei sentimenti e delle emozioni nell’agire
educativo.
Occorre, in questo senso, costruire le condizioni per uno sguardo “sottile“, capace di leggere la
storia e i percorsi di identità della persona.
La storia del soggetto diventa dunque un elemento centrale nella ricerca di senso che dobbiamo
ricercare e scoprire.
Capire gli altri attraverso le loro storie stimola un lavoro mentale di straordinaria ricchezza; il
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pensiero narrativo, infatti, offre maggiori possibilità ricostruttive rispetto a quello scientifico,
restituendo un’immagine della realtà più complessa e profonda.
Ascoltando una storia, ascoltiamo una vita: ci apriamo ad una conoscenza del sentire, che ogni
professionista nei servizi di aiuto deve saper esprimere ad un livello molto elevato.
Per queste ragioni, l’educazione all’avere cura sarà l’arma vincente di una comunità che intende
impegnarsi in un progetto della piena valorizzazione della persona con disabilità.
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