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“Rete itinerari gastronomici e cultura del gusto” è il progetto di cooperazione transnazionale,
contrassegnato dal logo “MEDEAT” (mangiare mediterraneo), che il Gal “Sila Greca
Basso Jonio Cosentino”, in attuazione della Misura 421 – Cooperazione – del proprio
PSL 2007/13, ha realizzato, insieme ad altri Gal calabresi e ad alcuni Gal delle Puglie, del
Molise, del Portogallo, della Grecia e di Cipro, per la promozione dei propri territori rurali
che sono caratterizzati da eccellenze storico-culturali, enogastronomiche, naturalisticoambientali e dell’artigianato artistico e dei prodotti tipici locali che ne possono fare oggetto
di grande attrazione per il turismo di prossimità ma anche nazionale e internazionale.
Con due delle fondamentali attività del progetto è stato prodotto un folder transnazionale
con le guide e le mappe dei territori dei Gal.
Per il nostro territorio delle Terre Jonicosilane, il Gal “Sila Greca” ha studiato tre itinerari
che, in queste pagine, espressamente dedicate a uno di essi, quello che si snoda lungo
la fiumara Trionto, illustriamo in sintesi, con i relativi percorsi, per evidenziare quanto di
bello e di interessante c’è da visitare.
Altre attività di “Rete itinerari gastronomici e cultura del gusto” hanno riguardato
l’educazione alimentare, il consumo sostenibile, la difesa della biodiversità, con riferimento
agli aspetti salutistici e il valore della dieta mediterranea; iniziative di presenza a fiere e
a grandi eventi, come appunto l’ “EXPO MILANO 2015”, cui questo opuscolo è dedicato;
informazioni sul progetto rivolte alle istituzioni e alle popolazioni; l’organizzazione di una
conferenza europea sulla «cultura gastronomica».
Poiché, com’è del tutto evidente, le tematiche del progetto “MEDEAT” si sposano a pieno
con le tematiche di “EXPO MILANO 2015”, il Gal “Sila Greca” ha voluto condividere con l’
“Associazione Temporanea di Scopo «LA VIA DELL’OLIO DELLA VALLE DEL TRIONTO
A EXPO 2015»”, costituita dai Comuni di Crosia, Rossano, Bocchigliero, Calopezzati,
Caloveto, Cropalati, Longobucco, Paludi e Pietrapaola, la presente iniziativa a supporto
della Giornata del Protagonismo, programmata a EXPO per il 22 giugno 2015, nella
quale l’ATS organizza un spazio di promozione dedicato alle qualità salutistiche dell’Olio
Extravergine di Oliva della Cultivar “La Dolce di Rossano” e alla illustrazione del nostro
territorio in generale.
IL PRESIDENTE DEL GAL
Ranieri Filippelli
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“Network gastronomic itineraries and culture of taste” is the transnational cooperation
project, marked with the logo “MEDEAT” (eating Mediterranean), the Gal “Sila Greca
Basso Jonio Cosentino”, in implementation of Measure 421 - Cooperation - of their PSL
2007/13, has created, along with other Calabrian Gal and Gal to some of Puglia, Molise,
Portugal, Greece and Cyprus, for the promotion of its rural areas that are characterized
by excellent historical, cultural, culinary, naturalistic and environmental of artistic and
local products that may be the object of great attraction for tourism proximity but also
nationally and internationally. With two of the basic activities of the project it was produced
a transnational folder with the guides and the maps of the territories of Gal. For our area
of Terre Jonicosilane, the Gal “Sila Greca” studied three routes that, in these pages,
specifically dedicated to one of them, the one that runs along the torrent Trionto, illustrate
in a synthesis, with their paths, for highlight how beautiful and interesting to visit there.
Other activities “Network gastronomic itineraries and culture of taste” focused nutrition
education, sustainable consumption, the protection of biodiversity, with reference to
health aspects and the value of the Mediterranean diet; initiatives of presence in fairs
and great events, just as “MILANO EXPO 2015”, which this booklet is dedicated; project
information addressed to the institutions and populations; the organization of a European
conference on “food culture. “Because, as is quite obvious, the project themes “MEDEAT”
marry fully with the themes of “MILANO EXPO 2015”, the Gal “Sila Greca” wanted to
share with the Temporary Association “THE OIL WAY TRIONTO VALLEY At EXPO 2015”,
composed of the Municipalities of Crosia, Rossano, Bocchigliero, Calopezzati, Caloveto,
Cropalati, Longobucco, Paludi and Pietrapaola, this initiative in support of the Day of
protagonism, programmed for the EXPO June 22, 2015, in which the ATS is organizing a
space dedicated to the promotion of health qualities of the Extra Virgin Olive Oil Cultivar
“La Dolce di Rossano” and the illustration of our country in general.
THE PRESIDENT OF THE GAL
Ranieri Filippelli
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La valle del Trionto:
un secolare uliveto disteso sulle sponde del Mediterraneo.
Sui monti della Sila, nel cuore verde del Mediterraneo, a 1500 m s.l.m. nasce il fiume
Trionto, l’antico Traes, una delle più grandi fiumare del continente europeo. Con il suo
ampio e ramificato bacino idrografico, questo fiume abbraccia un vasto territorio che
dall’altopiano silano, repentinamente, si proietta verso il mare con scoscese pendici e
sinuose colline che adagiano la Sila Greca nelle azzurre acque dello Jonio.
Il fiume Trionto attraversa i nostri territori comunali sorvegliato dai sornioni centri medievali
distesi sulle alture che dominano il suo corso, e ne osservano l’impetuoso fluire verso il
mare. Un territorio parcellizzato ma che da sempre è unito in un organico, inscindibile,
sistema eco-ambientale.
L’alternarsi e il radicarsi di popoli e culture hanno dato vita in questo territorio, a peculiari,
antichissime, tradizioni, che si palesano, quale vissuto storico delle generazioni che si
sono succedute, nel gusto, tutto mediterraneo, della tradizione culinaria, nei gesti atavici
di artigiani e contadini, nelle espressioni e nei termini dialettali.
Alle più antiche popolazioni, gli Enotri, si sono integrati nel continuo divenire dei secoli e
della storia, micenei, greci e fenici, lucani e brettii, cartaginesi e romani, bizantini e arabi,
normanni e ancora francesi, spagnoli, austriaci: una millenaria e peculiare cultura che da
sempre lega alla propria terra l’uomo che vive sulle rive del fiume Trionto.
Tante sono le storie, le testimonianze archeologiche e monumentali in cui riconoscere il
nostro prestigioso passato, che ha lasciato impressi nello stesso paesaggio segni evidenti,
evocativi, come i rigogliosi uliveti che dalla costa si inerpicano verso l’area pre-silana,
dove cedono il posto a castagni, lecci, pini e faggi che ammantano le alture montuose.
I nostri ulivi dal tronco nodoso e contorto, quali silenti e millenari abitanti della nostra valle,
regalano agli occhi di chi li ammira il verde cangiante delle loro foglie, al palato di chi ne
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gusta i frutti le olive e l’olio dalle eccezionali qualità nutritive, alla memoria il ricordo delle
sapienti mani che da millenni ne accarezzano le chiome.
Era la lontana età del Bronzo Medio, all’incirca 3600 anni fa, quando gli Enotri
addomesticarono l’Oleaster ed impiantarono le prime coltivazioni dell’ulivo domestico,
come testimoniano i resti, rinvenuti nei siti del periodo, di noccioli di oliva e dei grandi
contenitori ceramici, i dolii, atti alla conserva dell’olio.
La tradizione olivicola si accrebbe nel periodo magno greco con l’arrivo, nell’VIII sec. a.C.,
dei coloni achei che fondarono Sibari e che nella valle del Trionto trovarono colline feraci
da sfruttare nella produzione del pregiatissimo olio decantato nelle fonti letterarie antiche.
In seguito i Brettii (IV-III sec. a.C.) e, soprattutto, i Romani (II a. C.- fine V d.C.) seppero
organizzare fertili territori agrari che facevano capo ad efficienti aziende agricole, le villae
rusticae, in cui i prodotti della terra, tra cui anche le olive, venivano lavorati, conservati e
commercializzati. Non dissimile da questo modello a partire dal XIII secolo, quando ne
favorì la nascita lo stesso Federico II di Svevia, sorsero le grandi masserie di campagna e
i più modesti casini, che polarizzarono le attività agrarie fino alla metà del secolo scorso.
Oggi possiamo ancora ammirare sulle alture che dominano i vasti uliveti secolari, queste
maestose fattorie, fiorenti centri di produzione in cui confluì la millenaria tradizione
olivicola ereditata dall’antichità e trasmessa dal laborioso lavoro di donne e uomini guidati
dai sapienti monaci italo-greci attivi nella Sila Greca in età bizantina e medievale. Una
antichissima storia colturale, dunque, che oggi si concretizza nell’eccellenza olivicola
della valle del Trionto, la Dolce di Rossano, una cultivar che i nostri agricoltori, sulle orme
dei propri avi, continuano a coltivare con amore e dedizione, regalandoci un olio che
unisce alle sue proprietà organolettiche uniche il sapore della nostra ricca, prestigiosa
storia mediterranea.
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The valley of Trionto:
a centuries-old olive grove lying on the shores of the Mediterranean Sea.
On the mountains of Sila, the green heart of the Mediterranean, at 1500 metres above
sea level rises the river Trionto, the old Traes, one of the largest rivers of the European
continent. With its large and branched river basin, it covers a wide territory and from the
silane plateau, suddenly leans towards the sea with steep slopes and rolling hills that
recline the Sila Greca (“Greek Sila”) in the blue waters of the Ionian Sea.
The river Trionto runs through our municipalities overseen by sly medieval towns
lying on the heights overlooking its course, observing the impetuous flow to the sea. A
fragmented territory that has always been considered as a sole organic, inseparable, eco
environmental system.
The alternation and the rooting of peoples and cultures have created in this area, some
particular and very ancient traditions, expressed, as historical experience of the several
generations alternated, in a unique Mediterranean taste of the culinary traditions, in
archaic gestures of artisans and peasants, in expressions and dialect terms.
Since the Oenotrians, the oldest populations, it has been a continuous of change and
integration through the ages, Mycenaean Greeks and Phoenicians, Lucan and Bruttii,
Carthaginians and Romans, Byzantines and Arabs, Normans and then French, Spanish
and Austrian: a millenary unique culture that since always links to his own land the man
who lives on the banks of the river Trionto.
There are many stories, archaeological and monumental remains that recognize our
prestigious past, which left obvious signs imprinted in the same landscape, evocative, as
the lush olive groves that climb up from the coast to the pre-Sila area and then give way
to chestnut trees, oaks, pines and beech trees that cover the mountain heights.
Our olive trees with knotted and twisted trunks, such as silent and millenary inhabitants of
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our valley, offer the iridescent green of their leaves to those who admire them, the olives
and the oil with exceptional nutritional qualities to the palate of those who taste their fruits,
the remembrance of skilled hands that for millennia they caress the foliage to the memory.
It was the remote Middle Bronze Age, approximately 3,600 years ago, when the
Oenotrians acclimated the Oleaster and planted the first crops of domestic olive, as
evidenced by the remains, found at the sites of the period, of olive stones and large
ceramic containers, the “dolii”, intended to conserve oil. The olive tradition grew in the
Magna Graecia age with the arrival, in the VIII century BC, of the Achaean settlers who
founded Sybaris and alongside the valley of Trionto found fertile hills to be exploited in the
production of precious oil praised in ancient literary sources. Following, the Bruttii (IV-III
century BC.) and, especially, the Romans (II. BC. - end V AD) were able to organize fertile
agrarian regions, headed by efficient farms, the villae rusticae, where products of the
earth, including the olives, were processed, stored and marketed. Not different from this
model since the XIII century, also supported by Frederick II of Swabia, emerged the big
farms of the country and more modest cottages, which polarized the agricultural activities
until the middle of last century. Today we can still see on the heights overlooking the vast
olive groves, these majestic farms, thriving production centres in which flowed the ancient
olive tradition inherited from antiquity and transmitted by the laborious work of women and
men led by the wise Italian-Greek monks living in Sila Greca during the Byzantine and
medieval time. An ancient history of cultivation that today is represented by the excellent
olive product of the valley of Trionto, la Dolce di Rossano, a cultivar that our farmers,
following the footsteps of their ancestors, continue to cultivate with love and dedication,
giving an oil that combines its unique organoleptic properties with the flavour of our rich,
prestigious Mediterranean history.
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Crosia
Attraversato l’ampio delta del fiume Trionto, lasciandosi alle spalle il territorio di Rossano
e, con questo, l’ultimo lembo della pianura di Sibari, il paesaggio che incontriamo è
modellato dalle estreme propaggini collinari che si spingono a ridosso della costa. La
breve pianura costiera e le fertili vallate che si incuneano verso l’interno silano, limitano
dolci e smussate colline che, innalzandosi sempre più verso l’interno, culminano nello
sperone di arenaria su cui si distende il borgo medievale di Crosia, l’avamposto sul
Mediterraneo” della valle del Trionto. La peculiare conformazione geomorfologica e la
dislocazione topografica, assegnano a questo territorio un ruolo strategico nel controllo
delle vie di comunicazione costiera e fluviale. Non a caso qui si trova, predisposto a
partire dall’XIII sec. per scorgere minacce esterne da terra e da mare, un elaborato
sistema di torri d’avvistamento, che permetteva il controllo della costa (“Castello” di MirtoTorre Santa Tecla), delle vie fluviali del Trionto (Torre del Giglio-Torre Malvito) e della
Fiumarella (Torre Santa Tecla-Torriazzo del ”Trappitu vecchiu”). Al di là di ingegnose
ricostruzioni storiche, che fanno risalire l’origine di Crosia alle peregrinazioni del troiano
Enea o, ancora, di non altrimenti documentate migrazioni cretesi di minoica memoria, nel
territorio si trovano importanti resti materiali, dati archeologici che attestano una lunga
frequentazione umana. Volendo, comunque, richiamare alla mente importanti episodi
storici di cui questo territorio fu scenario, si devono rileggere i passi degli antichi scrittori
greci, che collocano sulle sponde del Traes - Traente - Trionto, l’epocale battaglia che
vide opposte, nel 510 a.C., le città greche di Sibari e Crotone. Allora si che possiamo
correre con la fantasia e guardare, in una personale onirica visione, gli eserciti schierati
sulle opposte sponde del fiume fino al cruente scontro, il cui esito finale fu la fine del
potente “impero” di Sibari. Rimanendo fedeli, invece, alle concrete evidenze materiali, la
più antica traccia di frequentazione umana a Crosia risale all’Antica età del Bronzo (XVIII
sec. a. C.), periodo a cui si datano alcuni frammenti di vasi ceramici recuperati in località
Sorrenti/Cappelle.
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Durante l’età ellenistica (metà IV-III sec. a.C.), il territorio venne capillarmente popolato
con numerose fattorie brettie insediate sui pendii e le vallette che si affacciano sui corsi
d’acqua o sulle colline prospicienti la costa. Questi insediamenti, piccoli nuclei rurali,
facevano capo al centro fortificato italico di Cozzo Cerasello, che ne assicurava la difesa
in caso di attacchi esterni. Tra questi siti, un ruolo peculiare era, probabilmente, riservato
a quello che, in origine, occupava il settore orientale della collina di Crosia e i cui resti si
rintracciano dispersi su un corpo di frana disceso a valle, in località Casa Valle/Pietra della
Monaca. Il sito si poneva, infatti, in un punto strategicamente favorevole alla roccaforte
di Cerasello per il controllo visivo del tratto finale del torrente Fiumarella. Sulle sinuose
colline prospicienti il mare e lungo il fiume Trionto, si rinvengono consistenti tracce di
ville romane (II sec. a.C. - IV sec. d.C.), che sfruttavano il territorio agrario. Copioso è il
materiale del periodo (tegole, materiale edilizio, vasellame domestico, grandi contenitori,
anfore da trasporto, monete, ecc...) che si rintraccia in questi siti, individuati nelle località
Quadricelli/Sant’Angelo, Sorrenti/Cappelle, Decanato, Piano del Pozzo, e Santa Tecla.
La torre campanaria
Il Castello di Mirto
La costa del lungomare Centofontane
In quest’ultima, in particolare, sono ancora visibili in superficie consistenti tracce delle
strutture murarie. Nell’altomedioevo l’insediamento si trasferì sulla collina di Crosia,
dove materiali ceramici e fibbie altomedievali (VII d.C.) sono state rinvenute in loc. Casa
Valle/Pietra della Monaca; allo sesso periodo rimandano i materiali rinvenuti sul versante
opposto della collina di Crosia, in località I Santi, tra cui si segnala la presenza di una
ampollina plumbea del XII-XIII sec. Nel Medioevo il nome di Crosia appare in un tassario
del 1325, citato tra i Casali di Rossano. Nella lunga storia delle successioni feudali, spicca
l’operato della famiglia Mandatoriccio, che acquistò alla fine del ‘500 il feudo di Crosia e
il fondo di Mirto. In quest’ultimo, intorno alla preesistente torre Normanna, GianMichele
Mandatoriccio nel 1600 edificò una masseria, il “Castello di Mirto”, che divenne il centro
nevralgico per la gestione degli affari legati alla produzione agricola del feudo. Nel centro
storico, oltre ai palazzi signorili delle famiglie De Capua e De Leonardis, suggestivo il
seicentesco Palazzo Madeo, che ospita un antico mulino. Sulla cima più elevata del
centro, attigua al palazzo baronale, si trova la chiesa matrice di San Michele Arcangelo
del XV sec., i cui tesori sono esposti in un Museo d’arte sacra. La piccola chiesetta della
Madonna della Pietà, (XVII sec.), sita alle porte del centro storico, dal 1987 è meta di
migliaia di pellegrini, qui richiamati da noti eventi mariani.
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Crosia
Leaving behind the territory of Rossano and crossed the wide Trionto river delta, the
landscape changes sharply and the plain gives way, finally, to foothills that immediately
reach the edges of the coast. The short coastal plain and the fertile valleys wedging inward
of Sila, surround a landscape, the territory of Crosia, consisting of gentle hills, rising more
and more inward, culminating in a sandstone outcrop on which extends the medieval
village: the most advanced outpost towards the sea of the whole valley of Trionto.
Crosia has a peculiar geomorphological configuration and location that confer a strategic
role to its territory in the control of roads and coastal waterways. For these reasons, since
the XIII century an elaborate system of watch towers was built in order to prevent external
threats by land and by sea allowing the control of the coast (“Castello” of Mirto - Torre
Santa Tecla), the waterways of Trionto (Torre del Giglio- Torre Malvito) and Fiumarella
(Torre Santa Tecla -Torriazzo del “Trappitu Vecchiu”).
Beyond the ingenious historical reconstructions, which trace the origin of Crosia to the
wanderings of the Trojan hero Aeneas, or even to Cretan migrations of minoan memory,
in the territory there are important material remains, archaeological data attesting a long
attendance of the human being. It is possible to remind the important historical episodes
that happened on this territory by reading the stories of the ancient Greek writers, who
place on the banks of Traes - Traente - Trionto, the decisive battle between the Greek
cities of Sybaris and Crotone in the 510 BC. Then you can run with the fantasy and look, in
a personal dreamlike vision, the opposing armies deployed on the opposite banks of the
river until the bloody clash, whose result was the end of the powerful “empire” of Sybaris.
However, the real material evidence that represent the oldest traces of human presence
are dated to the Early Bronze Age (XVIII century BC), to that period belong some
fragments of pottery vessels recovered in the locations of Sorrenti / Cappelle.
During the Hellenistic period (mid-IV-III century BC.), the territory was widely populated
with numerous brettie farms settled on the slopes and valleys bordering the waterways
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or on the hills overlooking the coast. These settlements, small rural towns, were headed
by the fortified center of Cozzo Cerasello, which ensured the defense in case of external
attack. Among these sites, a special role was probably reserved for the one that originally
occupied the eastern sector of the hill of Crosia and whose remains can be traced over a
landslide that came down to the valley in Casa Valle / Pietra della Monaca. The site was
placed, in fact, in a strategic position for the stronghold of Cerasello and favourable for a
visual control of the final part of the river Fiumarella.
On the rolling hills overlooking the sea and the river Trionto, significant traces of Roman
villas (II cent. BC - IV century AD.) which exploited the arable land have been found.
Abundant material of that period (tiles, building materials, household pottery, large
containers, transport amphorae, coins, etc ...) has been discovered in the sites of
Quadricelli/Sant’Angelo, Sorrenti/Cappelle, Decanato, Piano del Pozzo, and Santa Tecla.
In the latter, in particular, important traces of the walls are still visible on its surface.
In the early middle ages the settlement is perched on the hill of Crosia, ceramic materials
Chiesa Sacro Cuore
La torre S. Tecla
Lungomare
and early medieval buckles (VII AD) have been found in the sites of Casa Valle/Pietra della
Monaca, while, on the other side of the hill, in the area of I Santi, among the recovered
materials, we note an important leaden ampulla of the XII century.
The name of Crosia appears in a tax book of 1325 between hamlets of Rossano. The
feudal succession is unclear and fragmented. The family Mandatoriccio of Rossano had
a relevant importance; It bought the feud of Crosia and the bottom of Mirto at the end of
‘500. Here, around the existing Norman tower, Gianmichele Mandatoriccio in 1600 built
a farm, the Castello di Mirto, which was the main center for the management of business
related to the agricultural production of the estate of Crosia.
In the historical center, in addition to the palaces of the families De Capua and De
Leonardis, there is the charming seventeenth century Palazzo Madeo, which houses an
old mill. On the highest peak of the center, adjacent to the baronial building, is located the
mother church of San Michele Arcangelo of the XV century, whose treasures are exposed
in a Museum of sacred art. The small church of Madonna della Pietà (XVII sec.), located
just outside of the old town, since 1987 is destination of thousands of pilgrims, here called
by famous Marian events.
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Calopezzati
Una stretta lingua di terra incuneata tra i confini comunali di Crosia e Caloveto, lega il
territorio di Calopezzati alla sponda destra del basso corso del fiume Trionto. L’odierno
borgo, un vero e proprio belvedere affacciato sul golfo di Taranto, domina, tutt’intorno, le
dolci colline che costituiscono il suo territorio agrario.
Antichissima è la presenza umana in questo territorio. Sull’ampio terrazzo di Borea, già
frequentato in età eneolitica (ca. 2000 a.C.), è noto un vasto insediamento rurale (VI-III
sec. a. C.) dei Bretti (o Bruzi), che capillarmente insediarono con fattorie sparse anche le
alture più interne e le piccole vallette prossimi ai corsi d’acqua. In età romana (II a.C.- V
sec. d.C.), centri rurali sorsero in adiacenza delle colline prospicienti il mare, nelle ville
rustiche delle località Prato e Gadice.
Tra il VI e l’VIII sec. monaci basiliani provenienti dall’oriente ellenofono, trovarono nella
Laura Giardinello un posto ideale per la loro vita anacoretica. Questi, più tardi, nel IX sec.,
si riunirono nel Monastero di San Nicola, che divenne il primo nucleo abitato del borgo
medievale di Calopezzati.
Il nome Calopezzati deriva, infatti, dal greco-bizantino,Calòs (bello/a) -poieo (paese
salubre) o -peza (collina) o -pithos (orcio), e appare in vari documenti già nel XIII sec.
Diversi i monumenti che testimoniano la storia di questo centro. Il Castello Feudale
Giannone, un forte bizantino trasformato in Castello nel XIII sec., fu abitato dai diversi
Signori che nel tempo ebbero possesso del feudo (Sanseverino, Abenante, Spinelli,
Mandatoriccio); dal ‘600 divenne stabile dimora dagli Spinelli, prima di passare ai
Sambiase. Oltre alle chiese del centro storico, che ospitano importanti opere sacre,
spostato sulle panoramiche colline più interne, si trova il Convento dei Riformati aperto
nel 1702 per volontà del Principe Bartolomeo Sambiase.
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Calopezzati
A narrow strip of wedged land between the municipal boundaries of Crosia and Caloveto,
links the territory of Calopezzati to the right bank of the lower course of the river Trionto.
Today’s village, a genuine belvedere overlooking the Gulf of Taranto, dominates all around,
the rolling hills that make up its agricultural area. The human presence in this territory is
very ancient. On the large terrace of Boreas, already attended in Copper Age (ca. 2000
BC), is well known a large rural settlement (VI-III century BC.) of Bruttii (or Bruzi), who
widely settled with farms also scattered in the inner heights and the small valleys next to
watercourses. In Roman age (II BC- V century AD.), rural centers were built in proximity
of the hills overlooking the sea, in the country villas located in Prato and Gadice.
Mura del castello
Ingresso al castello
Particolare del castello
Between the VI and the VIII century, basilian monks coming from the East greek speaking
territories, found in Laura Giardinello a perfect place for their anchoritic life. Later, in the IX
century, they gathered in the Monastery of St. Nicholas, who became the first settlement
of the medieval village of Calopezzati.
The name Calopezzati derives, in fact, from the greek-byzantine, Calo (beautiful) -poieo
(healthy country) or -peza (hill) or -pithos (jar), and appears in various documents already
in the XIII century.
Several monuments bear witness to the history of this center. The Giannone Feudal
Castle, a Byzantine fort turned into Castle in the XIII century, was inhabited by several
Lords that time by time had possession of the feud (Sanseverino, Abenante, Spinelli,
Mandatoriccio); since the ‘600 became permanent home of Spinelli, before moving to
Sambiase. In addition to the churches of the old town, home of important sacred works, on
the panoramic inland hills, there is the Convento dei Riformati (Convent of the Reformed),
it opened in 1702 at the behest of Prince Bartholomew Sambiase.
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Pietrapaola
Sulla rupe imponente che sovrasta il centro storico di Pietrapaola, in età altomedievale
(VIII-IX sec.) trovarono rifugio monaci basiliani provenienti dall’Oriente e dalla Sicilia in
cerca di sollievo dalle furenti lotte iconoclaste e uomini che riparavano sulle colline più
interne, per sfuggire alle frequenti incursioni saracene che rendevano malsicure le coste.
Negli insediamenti rupestri delle Timpe di San Salvatore (Grotta del Principe) e di Timpa
del Castello posero, dunque, dimora i primi abitanti di Pietrapaola (termine che richiama
i termini greci petra= rupe e paula= riposo, quiete:”la rupe del sollievo” o “La rupe che
da riposo”, quindi “abitare in grotta”). Il centro ebbe notevole importanza amministrativa
e militare in età bizantina e medievale; nel 1325 appare su un documento con il nome di
Castrum Petrapaule, del cui castello restano labili tracce sulla Timpa del Castello. Polo
economico di rilievo nel territorio della Sila Greca, fu feudo delle potenti famiglie Britti,
Cavaniglia, D’Aragona, Ruffo, Mandatoriccio e Sambiase. Ma è proprio sulle sponde del
Trionto, alla destra idrografica del torrente Laurenzana, che troviamo le più prestigiose
testimonianze della storia di questo territorio. Infatti, dopo una lunga frequentazione di genti
enotrie in età protostorica, su Cozzo Cerasello i Brettii impiantarono, forse in coincidenza
del sito della Sibari sul Traente menzionata dalle fonti antiche, un imponente centro
fortificato (IV-III sec. a.C.), dotato di uno sbarramento più settentrionale, la cinta muraria
delle “Muraglie”. Inserito nel sistema dei centri forti italici della sibaritide meridionale
(insieme a quelli di Castiglione di Paludi e di Pruja di Terravecchia), questo controllava un
vasto territorio. Il forte legame del centro con il fiume Trionto, fu ribadita dagli stessi Brettii,
che qui coniarono monete celebrative del dio-fiume Traes (Trionto) raffigurato con testa di
toro antroposopo. Un culto legato alla fecondità e prosperità delle acque del nostro fiume,
che permetteva ai Brettii di coltivare, di mettersi in comunicazione con l’importante polo
economico montano (che offriva pece, legname e miniere d’argento), e di seppellire sulle
sue sponde i propri morti, come nel caso del guerriero brettio deposto, sul finire del IV
sec. a.C., nella monumentale tomba a camera di località Spinetta.
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Pietrapaola
The impressive cliff overlooking the old town of Pietrapaola in the early Middle Ages (VIIIIX sec.) became a refuge for the Basilian monks coming from the East and from Sicily in
search of relief from violent iconoclastic conflicts and for the people who sought protection
in the inland hills, far away from the Saracen raids that made the coast unsafe. In the cave
settlements of Timpe di St. Salvatore (Cave of the Prince) and Timpa del Castello, found
then dwelling the first inhabitants of Pietrapaola (“the rock of relief”, from the Greek petra
= rock and paula = rest).
This place had a considerable administrative and military importance in the Byzantine and
medieval ages; in 1325 it appears on a paper with the name Castrum Petrapaule, whose
Torre campanaria
Finestra “Grotta del Principe”
Ingresso “Grotta del Principe”
castle still faint traces on Timpa del Castello. It was a significant economic hub in the Sila
Greca and fief of the powerful families Britti, Cavaniglia, D’Aragona, Ruffo, Mandatoriccio
and Sambiase.
It is on the shores of Trionto, the right bank of the river Laurenzana, that we find the most
prestigious historic of this area. In fact, after a long attendance of Enotrian people during
the protohistoric age, on Cozzo Cerasello the Brettii established, probably coinciding with
the site of Sybaris on Traente mentioned in ancient sources, a huge fortified center (IV-III
century BC) with a barrier at the northernmost location of Muraglie. It was one of the main
italic fort of the southern Sybarite defensive system (along with those of Castiglione of
Paludi and Pruja of Terravecchia), that controlled a wide territory. The Brettii confirmed
the strong connection of this center with the river Trionto minting coins celebrating the
god-river Traes (Trionto) depicted with an anthroposophical bull’s head. A cult connected
to fertility and prosperity of the waters of our river, which allowed the Brettii to cultivate
and stay in communication with the important economic mountain pole (which offered
pitch, timber and silver mines), and to bury their dead on its shores, as the Brutium warrior
deposed at the end of the IV century BC, in the monumental chamber tomb of Spinetta.
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Caloveto
Sulle alture più meridionali di Caloveto, intorno al Cozzo Cerasello, da dove si controlla
agevolmente il punto di confluenza del torrente Laurenzana con il fiume Trionto, troviamo
le più antiche tracce materiali della frequentazione umana di questo territorio. Già insediato
in età Eneolitica (Cozzo Mastro Pasquale), gli Enotri stabilirono a Cozzo Cesarello, che
in parte ricade nel territorio comunale di Pietrapaola, un vasto insediamento protostorico
che cessò la sua esistenza solo con l’arrivo dei coloni greci a Sibari (fine VIII a.C.).
L’eccezionale posizione del sito permise, in seguito, ai Brettii di impiantarvi un imponente
centro fortificato (metà IV-III sec. a.C.), intorno al quale sorsero numerose fattorie.
Più a valle si trova, invece, il piccolo centro di Caloveto, disteso su un ampio sperone
di arenaria che si affaccia sul torrente San Giovanni, un affluente del fiume Trionto. Sui
fianchi scoscesi delle Timpe di San Giovanni si trovano numerose grotte che furono
abitate, dall’VIII sec., dai monaci italo-greci, i quali fondarono nel tempo l’importante
Monastero di San Giovanni Calibita, da cui originò il piccolo borgo medievale e lo stesso
nome di Caloveto. Il Monastero, dove si formò il giovane San Bartolomeo da Rossano
(980-1055) discepolo ed erede spirituale di San Nilo, dovette essere centro di preghiera
ma anche di cultura, tanto che ancora nel 1239-40 il monaco Lorenzo del monastero
di San Cipriano di Calamizzi (Rc), si recava a Caloveto per fare copia di un menologio
imperiale (XII sec.), che qui era conservato, ma proveniente da Costantinopoli.
Testimonianza del suo secolare vissuto sono i palazzi signorili che si possono osservare
passeggiando nell’intricato tessuto del centro storico e le tante chiese, quali l’antichissima
chiesa dell’Annunziata, la chiesa del Carmine e la matrice, la chiesa di Sant’Anna, i cui
tesori artistici sono oggi esposti in un pregevole Museo d’Arte Sacra.
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Caloveto
On the southernmost heights of Caloveto, around Cozzo Cerasello, where it is easier to
monitor the confluence of the stream Laurenzana with the river Trionto, we find the oldest
material traces of human presence in this territory. Already inhabited in Aeneolithic age
(Cozzo Mastro Pasquale), the Aenotrian settled in Cozzo Cesarello, which partly lies in
the municipality of Pietrapaola, a large protohistoric settlement that ceased its existence
only with the arrival of the Greek colonists in Sybaris (late VIII BC).
The exceptional location of the site then allowed the Bruttii to set an imposing fortified
centre (half IV-III century BC.), around which were built many farms.
Further downstream is, instead, the small town of Caloveto, lying on a large sandstone
Chiesa S. Giovanni Calibita
Scorcio del Centro Storico
Particolare portale Chiesa S. Giovanni Calibita
outcrop overlooking the San Giovanni stream, a tributary of the river Trionto. On the steep
sides of Timpe di San Giovanni, there are numerous caves that were inhabited since
the VIII century from the Italian-Greek monks, who founded the important Monastery of
St. Giovanni Calibita, which originated the small medieval village as well as the name
of Caloveto. The Monastery, where the young St. Bartholomew of Rossano (980-1055)
disciple and spiritual heir of St. Nilo was formed, had to be the center of prayer and
culture, so much so that in 1239-40 even the monk Lorenzo of the monastery of San
Cipriano Calamizzi (RC), went to Caloveto to make a copy of an imperial Menologion (XII
sec.) from Constantinople and here stored.
Testimonial of its secular experience are the mansions, which can be seen strolling around
the intricate streets of the old town and the many churches, such as the ancient chiesa
dell’Annunziata, the chiesa del Carmine and the mother church chiesa di Sant’Anna,
whose artistic treasures are now exhibited in a remarkable Museum of Sacred Art
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Bocchigliero
Su uno sperone roccioso dell’alta valle del Trionto, alla sinistra idrografica del torrente
Laurenzana, si trova il centro montano di Bocchigliero (870 m s.l.m.), un territorio in cui da
sempre ad una fiorente economia montana, si lega l’eccellente coltura olivicola dell’area
collinare. Infatti, una necropoli dell’età del ferro rinvenuta sul Monte Basilicò, documenta
la presenza di insediamenti Enotri (IX-VIII a.C.). In seguito, durante l’età ellenistica (metà
IV-III sec. a.C.), il territorio di Bocchigliero fu diffusamente insediato dai Brettii con fattorie
ben protette, più a valle, dai centri fotrificati di Pruja di Terravecchia e Cerasello di Caloveto/
Pietrapaola. Di questi centri rurali si rintracciano significativi reperti materiali sullo stesso
Monte Basilicò, ma anche nelle località Macchia del Calvario, Monumento e San Vito.
In seguito al diffuso abbandono delle coste, che si verificò a partire dalla metà del VII sec.
d.C., molti fuggiaschi trovarono rifugio nei luoghi più interni e dal X sec. dovette prender
forma il borgo medievale di Bocchigliero. Dell’età Bizantina si conserva la chiesetta
absidata di Basilicò e l’oratorio basiliano-normanno di Cozzo della Chiesa (XI-XII sec.).
Dopo un lungo periodo in cui fu compreso nella Contea di Cariati, e le successive vicende
feudali legate alle famiglie Labonia e Sambiase, Bocchigliero divenne comune autonomo
nel 1811. Nelle viuzze del paese ricchi portali in pietra locale ornano i palazzi signorili,
mentre le chiese, armoniosamente inserite nel tessuto urbano del centro storico, ricordano
la pia dedizione di questa comunità. Oltre ai Conventi delle Clarisse e dei Riformati, ancora
testimoniati da resti suggestivi, troviamo la chiesa Matrice di S. Maria Assunta del XVII
sec., che presenta un interno di tipo basilicale, a tre navate, e un imponente campanile
merlato culminante a piramide acuta; all’interno si conserva una tela del ‘600 raffigurante
la Deposizione dalla Croce, probabilmente da attribuire a Mattia Preti o a Luca Giordano.
Fortemente radicati alla propria memoria, in questo territorio si trovano pregevoli artigiani
del legno e dei metalli, mentre laboriose mani preparano gustose conserve alimentari
(funghi, salumi, olio, ecc..). Di antichissima tradizione la tessitura, che, oltre alla lana e al
lino, utilizza, emulando i più antichi avi, la fibra della ginestra, oggi fortemente rivalutata dai
tessitori locali.
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Bocchigliero
On a rocky outcrop in the upper valley of Trionto, the left bank of the river Laurenzana,
there is the mountain town of Bocchigliero (870 m above sea level), a territory where since
always a thriving mountain economy, binds the excellent olive cultivation of the hilly area.
Indeed, a necropolis of the Iron Age found on Mount Basilicò, documents the presence of
Oenotrian settlements (IX-VIII BC). Later, during the Hellenistic period (mid-IV-III century
BC.), the territory of Bocchigliero was widely settled by Bruttii with well-protected farms,
further downstream, with the fortified centers of Pruja of Terravecchia and Cerasello of
Caloveto / Pietrapaola. Significant materials finds of these rural centers can be traced on
the Mount Basilicò, but also in Macchia del Calvario, Monumento and San Vito.
Anfiteatro santuario di S.Rocco
Chiesa Santa Maria Assunta
Following the widespread abandonment of the coast, which took place from the middle
of the VII century AD, many refugees found shelter in the inner locations and since the
X century started to take form the medieval village of Bocchigliero. it preserves from the
Byzantine age the apse church of Basilicò and the Basilian-Norman oratory of Cozzo
della Chiesa (XI-XII sec.).
After a long time when it was included in the County of Cariati, and subsequent events
related to the feudal families of Labonia and Sambiase, Bocchigliero became independent
in 1811.
In the alleys of the village, the rich portals of the noble palaces are decorated with the
local stone, while the churches, harmoniously integrated into the urban fabric of the old
town, remind the pious dedication of this community. In addition to the convents of the
Clarisse and the Riformati, still witnessed by the picturesque ruins, there is the Mother
Church S. Maria Assunta of the XVII century. It has an interior of a basilica with three
naves, and an imposing crenelated tower culminating in acute pyramid ; inside there is a
canvas of ‘600 representing the Deposition from the Cross, probably attributed to Mattia
Preti or Luca Giordano.
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Longobucco
La storia del centro montano più grande della Sila Greca, Longobucco, è saldamente legata
ai ricchi giacimenti di galena argentifera, sfruttate già nell’antichità dai sibariti (VII-VI a.C.) e
dai Brettii (IV-III a.C.). In età tardoantica, nel 527, il re goto Atalarico incentivava tali attività
nella “Massa Rusticiana” e nel 1197, in una missiva, Enrico VI di Svevia nominava un suo
familiare, Pietro de Livona (Labonia), governatore delle miniere della città di Longoburgi.
Ritenute le migliori del Regno di Napoli, queste furono sfruttate fino al XVIII sec. Oggi se
ne rievoca il ricordo ne “Le vie delle Miniere”, un itinerario suggestivo, in cui natura ed
archeologia industriale si fondono in un armonico, incantevole paesaggio. Di recentissima
istituzione sono i percorsi dell’Arboreto della Fossiata, inserito nel Parco Nazionale della
Sila, in cui dieci sentieri (6700 m lineari) offrono la possibilità di beneficiare una salutare
passeggiata e godere la ricca bio-diversità dell’ambiente montano.
Nel vasto territorio longobucchese troviamo diverse contrade, quelle montane (San Pietro
in Angaro, San Giovanni Paliatico e la turistica Cava di Melis) in cui è fiorente l’attività
boschiva, e quelle della media valle del Trionto (Ortiano, Destro, Manco), legate alla
coltura olivicola. Centro nevralgico delle vie della transumanza, ancora oggi, nel mese di
maggio, si svolge la Fiera di Puntadura, a memoria dell’incontro di armenti e uomini che
dalla costa si spostavano verso i pascoli estivi silani. A Longobucco prospera, inoltre, da
secoli, l’artigianato tessile, in cui sapienti mani ordiscono coperte, tappeti, arazzi, e stoffe,
secondo una lunga tradizione ormai divenuta una raffinata arte, mirabilmente valorizzata
nel Museo dell’Artigianato e della Difesa del Suolo, sito nei locali dell’ex Convento dei Padri
Francescani Minori detti Riformati (XVII sec.). Nelle suggestive viuzze del borgo medievale,
che diede natali a personaggi illustri, tra cui ricordiamo il maestro di medicina e chirurgia
Bruno da Longobucco (1206-1286), si possono ammirare una perla dell’architettura militare
romanico-normanna, la Torre Campanaria (XI sec.) e le tante chiese inserite nel tessuto
urbano, tra cui spicca la chiesa matrice, dedicata a Santa Maria Assunta, distrutta da un
forte terremoto e ricostruita nel ‘700, sui ruderi di un primitivo impianto del XII sec.
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Longobucco
The story of the most important mountain center of Sila Greca, Longobucco, is firmly linked
to the rich deposits of silver galena, exploited since ancient times by the sybaritic (VII-VI BC)
and the Brettii (IV-III BC). In Late Antiquity, in 527, the Gothic king Athalaric supported these
activities in the “Massa Rusticiana” and in 1197, in a letter, Henry VI of Swabia appointed
a member of his family, Peter de Livona (Labonia), governor of the mines of Longoburgi .
Considered the best in the Kingdom of Naples, they were exploited until the XVIII century.
Today, these memories are evoked in “The ways of Mines”, a suggestive itinerary, where
nature and industrial archeology come together in a harmonious and enchanting landscape.
The paths of Arboreto and Fossiata of most recent institution,are part of the Sila National
Chiesa Maria Maddalena
Arboreto della Fossiata
Chiesa Matrice e “u’ Campanaru”
Park, in which ten paths (6700 linear meters) offer the possibility to benefit from a healthy
walk and enjoy the rich bio-diversity of the mountain. In the wide territory of Longobucco,
there are different districts, the one of the mountain (St. Pietro in Angaro, St. Giovanni
Paliatico and the touristic Cava di Melis) with a thriving woodland industry, and those
of the middle valley of Trionto (Ortiano, Destro, Manco) , related to the olive cultivation.
Crucial center of transhumance routes, even today, in May, there is the Fair of Puntadura,
in memory of the meeting between cattle and men that in summer moved from the coast
to the pastures of Sila. In Longobucco ,since centuries, flourishes the textile crafts, where
skilled hands weave blankets, carpets, tapestries and textiles, according to a long tradition
which has become a refined art, admirably enhanced in the Museum of Sila crafts and the
defence of the soil, located in the former convent of the Franciscan Minor Friars called
Riformati ( Reformed) (XVII century). In the charming alleys of the medieval town, which
gave birth to famous people, among which the master of medicine and surgery Bruno from
Longobucco (1206-1286), you can admire a masterpiece of Romanesque-Norman military
design, the Bell Tower (XI century) and many churches inserted in the urban fabric, among
them spicks out the mother church, dedicated to Santa Maria Assunta, destroyed by an
earthquake and rebuilt in the ‘700, on the ruins of a primitive structure of the XII century.
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Cropalati
Il territorio di Cropalati si distende sulle colline che limitano la sponda sinistra del medio e
basso corso del Fiume Trionto. Un territorio che, oltre alla possibilità di praticare colture
rigogliose, ha da sempre costituito un punto nodale per i transiti, legati soprattutto alla
transumanza, che dalla bassa pianura di Sibari portano nell’entroterra silano. Queste
peculiarità hanno da sempre favorito la frequentazione e l’insediamento umano.
Rinvenimenti archeologici documentano la presenza di un sito Enotrio dell’età Bronzo
Medio (XVII sec. a.C.) in località Bisciglia, mentre l’eminente letterato calabrese Vincenzo
Padula era convinto, in base ad un’epigrafe che egli ebbe modo di visionare, che a Cropalati
sorgesse, un tempo, la Sibari sul Traente (metà V sec. a.C.) di cui ancora storici ed
archeologi sono alla ricerca di una sua certa ubicazione. Sicuramente questo territorio non
era sconosciuto ai sibariti che da qui transitavano per raggiungere le miniere argentifere
di Longobucco. Nel punto di passaggio più prossimo alla confluenza del Laurenzana con
il Trionto, in località Sant’Isidoro, si rinvengono, infatti, numerosi materiali archeologici di
età ellenistica (IV-III sec. a.C.) riferibili ad un insediamento brettio. Ancora più a valle, in
località Strange, sono attestati rinvenimenti di ossidiana liparota (età Eneolitica) e resti di
un insediamento rurale italico (IV-III sec. a.C.) su cui si impiantò, in seguito, una longeva
villa romana (II a.C. -IV d.C.), sita in prossimità dell’antica via costiera ionica che da qui
trovava il punto favorevole per guadare il fiume.
Il borgo medievale di Cropalati, che per lungo tempo fu parte dello Stato di Rossano,
si formò a partire dall’età bizantina, connesso ad un “Kuropalates”, forse un funzionario
imperiale che ne deteneva il possesso o riferito ad un “Maresciallo di Palazzo”. Del
Castrum medievale restano i ruderi del Castello Feudale e nel centro storico, dove è ancora
praticato l’artigianato tessile e ceramico, si trovano edifici di culto religioso di eccezionale
valenza architettonica ed artistica, tra cui spiccano la chiesa dell’Assunta (XVII sec.) e la
chiesa del Rosario, già dell’Annunziata, in cui si conserva una preziosa tela settecentesca
raffigurante l’Hecce homo.
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Cropalati
The territory of Cropalati stretches on the hills that limit the right bank of the middle and
lower stream of the River Trionto. A territory that, in addition to the opportunity to practice
lush crops, has always been a focal point for transit, especially related to the transhumance,
that from the lower plain of Sybaris leading to the inland of Sila. These characteristics have
always favoured the attendance of this place and human settlement. Archaeological findings
document the presence of an Oenotrian site of the Middle Bronze Age (XVII century BC) In
Bisciglia, while the eminent Calabrian scholar Vincenzo Padula was sure, on the basis of an
inscription which he examined, that in Cropalati once stood the Sybaris on Traente (mid-V
century BC) of which historians and archaeologists are still looking for its certain location.
Laurenzana:
affluente del Trionto
La Vurga
Scorcio del borgo
It is sure that Sybaritic knew this territory and passed through here for reaching the silver
mines of Longobucco. In the closest transit point to the confluence of the Laurenzana with
the Trionto, in St. Isidore, have been found numerous archaeological materials from the
Hellenistic period (IV-III century BC) related to a Brutium settlement. Further downstream,
in Strange, are attested obsidian finds of Lipari (Eneolithic age) and remains of an Italic
rural settlement (IV-III century BC.) on which was implanted later, a long-lived Roman villa
(II BC - IV AD), located near the ancient Ionian coast Road that from here forded the river.
The medieval village of Cropalati, which for a long time belonged to the state of Rossano, was
formed starting from the Byzantine period, related to a “Kuropalates”, perhaps an imperial
official who held the possession or referring to a “Marshal Palace “. Ruins of the medieval
Castrum are the Feudal Castle and the historic center, where are still practiced textile and
ceramic crafts, there are buildings of religious worship with exceptional architectural and
artistic value, among which Chiesa dell’ Assunta (XVII century ) and Chiesa del Rosario,
already dell’ Annunziata, which preserves a precious eighteenth-century painting depicting
the Hecce homo.
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Paludi
La storia del territorio di Paludi è fortemente legata al monumentale Parco Archeologico
di Castiglione, sito a settentrione dell’odierno centro abitato, dove è fruibile il meglio
conservato, indagato e conosciuto tra i centri fortificati dei Brettii. La sua eccezionale
posizione permette un controllo strategico del territorio fino alla costa, e per prima gli
Enotri, tra il X e l’VIII sec. a.C., vi stabilirono un vasto insediamento. La necropoli di
servizio a questo centro dell’età del Ferro, si individua su Piano Agretto, un colle posto
appena a nord-est del villaggio protostorico. Il centro fortificato di Castiglione sovrasta la
valle del Coserie, torrente parallelo e non distante dall’antico Traes, il Trionto, sulle cui
sponde le fonti antiche collocano l’ultima fondazione degli esuli sibariti del 444/3 a.C.; in
più occasioni è stata avanzata l’ipotesi che qui possa essere ubicata la “Quarta Sibari”. I
Brettii, in seguito, nella seconda metà del IV a. C., dotarono il sito di edifici pubblici, tra cui
un “teatro” (ekklesiasterion) per le assemblee civiche. La cinta muraria, ottimo esempio
della poliorcetica greco-ellenistica, è conservata per ampi tratti nella sua imperiosa
monumentalità. Costruita in opera isodoma (blocchi di arenaria sagomati a formare
parallelepipedi sistemati a secco), questa era dotata, sulla sommità, di un piano per il
camminamento di ronda, accessibile da apposite rampe. Postierle, chiuse a caditoia,
permettevano rapide azioni di sortita per alleggerire la pressione degli assedianti. La porta
d’accesso principale si trova sul versante nord-orientale, difesa ai lati da due torri circolari.
Due ulteriori torri, analoghe a quest’ultime, sono situate a nord della collina. L’origine di
Paludi, invece, sembra riconducibile ai primi nuclei monastici basiliani e la sua formazione
in età medievale sembra essere confermata dalla stessa tessitura dell’impianto urbano,
che rimanda al XIII sec. di notevole interesse sono le nove chiese edificate nel centro
storico, nel cui cuore padroneggia la Chiesa di San Clemente, patrono e protettore della
città. Sull’originario impianto rinascimentale di questo edifico, si innestano elementi
barocchi di pregio, mentre la facciata è impreziosita da un rosone e da tre portali in pietra
locale di mirabile fattura; al suo interno si conservano preziose tele del pittore paludese
Onofrio Ferro (XVIII sec.) e un crocefisso in legno di scuola pisana.
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Isediamento Archeologico di età Brettia di Castiglione di Paludi
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Paludi
The history of the territory of Paludi is strongly linked to the monumental archaeological park
of Castiglione, located to the north of today’s town. Here is available the best preserved,
studied and known among the fortified towns of Bruttii. Its exceptional location allows
strategic control of the territory until the coast, and for first the Enotrians, between the
X and the VIII century BC, established a large settlement. The necropolis of this center
during the Iron Age, has been identified on Piano Agretto, a hill located at the north-east
of the proto-historic village. The fortified center of Castiglione of Paludi lays on a natural
rock above the valley of Coserie, a parallel stream not far from the ancient Traes, the
Trionto, where the ancient sources have located on its banks the ultimate foundation of
the sybaritic exiles 444/3 BC. On several occasions it has been suggested that here may
be located the “Fourth Sybaris”, but there are not material data that allow any identification
with the centers mentioned by the ancient sources in our area. The plateau of Castiglione,
naturally defended by steep slopes, stands in sight of the sea on one of the penetration
routes communicating with the hinterland. The Bruttii, in the second half of IV BC., endowed
the site of public buildings, including a “theater” (ekklesiasterion) for civic assemblies. The
archaeological investigations have revealed, in the central area, a sector of the inhabited
town, placed along a wide road that connected the public area with the main gate of the
walls. It was built as isodomic work (sandstone blocks molded to form rectangular shapes)
and equipped on the top with a plan for the patrol walkway accessible by special ramps.
Posterns closed as storm drains, allowed quick sorties in order to relieve the pressure of
the besiegers. The main gate is located on the north-east, defended the sides by two round
towers. Two additional towers, similar to the latter, are located north of the hill. The small
medieval town of Paludi, instead, is nestled on the hills placed a little further upstream,
dominating the river Coserie. The origin of the historical center seems attributable to the
first Basilian monastic settlements; they found refuge in the beautiful caves carved into the
rock on which stands the town. Its medieval origin seems to be confirmed by the urban plan,
which refers to the XIII century. The historical center preserves nine churches of particular
interest but its heart is represented by the Church of St. Clement, the patron and protector
of the city. The original Renaissance structure of this building, engage valuable Baroque
elements, while the facade is decorated with a rose window and three portals in local stone
of admirable workmanship; inside are preserved valuable paintings by Onofrio Ferro (XVI
sec.), painter of Paludi, and a wooden crucifix of the Pisan school.
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Rossano
Basterebbe passeggiare per le vie del centro storico di Rossano, ammirarne gli imponenti
palazzi signorili, le numerose chiese, gli oratori, le cappelle, oppure volgere lo sguardo
verso l’orizzonte e godere del suggestivo panorama, che da qui si perde nell’azzurro
Mediterraneo, per percepire l’importanza storico-culturale che questo centro detiene, oggi
come ieri, nel contesto della Sila ionica, della Calabria.
Madre di figli illustri, ma anche di gente laboriosa, Rossano è il cuore pulsante dell’intero
comprensorio ionico-silano della valle del Trionto.
Estremo lembo meridionale della pianura di Sibari, qui confluì parte dell’eredità lasciata
dalla città di Turi e si radicò, quale estremo baluardo in Italia, la cultura bizantina. La città
restò legata a lungo a queste tradizioni culturali e religiose, conservando il rito grecoortodosso fino al 1459, quando già da secoli si era compiuta la latinizzazione della Chiesa
in Italia, ben oltre la caduta di Rossano in mano normanna del 1059, e solo dopo la
conquista, da parte dei Turchi, dell’impero di Costantinopoli del 1453.
L’ottimale posizione topografica del territorio rossanese, confine naturale di distretti geoambientali ed economici diversi (mare-pianura-montagna), hanno favorito l’insediamento
umano fin dalla protostoria.
Seppure l’esplorazione archeologica del centro storico risulti difficile, in quanto abitato da
secoli, i rinvenimenti effettuati sulle colline più settentrionali del pianoro su cui si distende
Rossano (Basili e Varia Sant’Antonio), attestano una precoce frequentazione da parte di
genti enotrie, che si protrasse per tutto l’arco della protostoria, dal Bronzo Medio (XVII
sec. a. C:) fino all’età del Ferro (X-VIII sec. a.C.).
Nella stessa area, sulla collina di Santo Stefano, sono state, invece, rinvenute alcune
tombe, datate tra il 475 e il 450 a.C., che hanno restituito vasi ceramici, uno specchio e
un pendente a forma di gallo in bronzo, oggi conservati nel Museo Diocesano.
Il paesaggio collinare e costiero risulta essere, invece, densamente popolato dall’età
ellenistica (metà IV-III sec. a.C.), quando i Brettii vi si insediarono con numerose fattorie e
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ne sfruttarono le risorse agro-pastorali. Sulle orme dei siti italici, ma con una più articolata
e razionale organizzazione, i Romani, (II a.C.-V d.C.) impiantarono diverse ville rustiche,
afferenti al vasto territorio agrario della colonia latina di Turi-Copia. Tra queste ville, che
erano veri e propri centri produttivi agrari, ebbe un posto di rilievo l’insediamento costiero
di località Cimninata, che, impiantato su una precedente fattoria italica, in età romana
(II a.C. - IV d.C.) fu trasformato in una articolata e fiorente villa rustica (i materiali più
significativi sono oggi esposte nel Museo Archeologico di Sibari). Posta lungo l’antica via
ionica che collegava Taranto a Reggio, qui si identifica la Statio di Roscianum riportata
nelle fonti itinerarie antiche. Il sito, che in età tardoantica si estese nella vicina loc. Tornice
(IV-VII d.C.), era anche servito da uno scalo marittimo di cui se ne segnalano i resti in
località Sant’Angelo. In seguito all’abbandono delle coste, tra la fine del VI sec. e il VII
sec., molti abitanti si trasferirono sul pianoro che oggi ospita l’abitato di Rossano, che
dall’antica statio sita in pianura ereditò, evidentemente, il nome. Nello stesso periodo,
in coincidenza con il primo impianto della Cattedrale dell’Achiropita, a Rossano si
Monumento ai Caduti
Torre S. Angelo
Duomo dell’Achiropita
trasferì il Vescovo di Turi. Ruolo determinante nella crescita della vita politica, religiosa
e culturale della città ebbero i monaci italo-greci che tra VI sec. e VIII sec. si erano
insediati nelle grotte eremitiche prossime al centro storico. Furono proprio i monaci, in
seguito, grazie anche all’opera dei Santi Nilo (910-1004) e Bartolomeo (981-1055) da
Rossano, a promuovere e diffondere la cultura bizantina in Calabria e in Italia, fondando
e dirigendo diverse comunità monastiche. Tra IX e XII sec., all’acmè politico-culturale,
a Rossano ebbero sede importanti funzionari imperiali bizantini e furono intraprese
impegnative iniziative edilizie, sia in campo militare, dotando la città di una poderosa
cinta muraria che fece di Rossano un Kastron inespugnabile, che religioso. Infatti, oltre
all’ampliamento della stessa Cattedrale dell’Achiropita, dove si può ammirare l’affresco
della Madonna Odigitria, furono edificati numerosi edifici sacri, tra cui ricordiamo gli
oratori della Panaghia e di San Marco, e la Chiesa del Pilerio. Nell’XI-XII sec. il monaco
San Bartolomeo da Simeri (1050-1130) promosse la fondazione del Monastero del Patire,
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inaugurando, da Rossano, una nuova politica di raccordo e dialogo tra le Chiese Cristiane
d’Oriente e d’Occidente. In età Medievale, Rossano fu prima libera Università per essere,
in seguito, infeudata dagli Angioini divenendo un Principato in cui si alternarono le
famiglie dei Ruffo, Sforza, Marzano, D’Aragona, Aldobrandini, Borghese. Dal XIII sec.
emulando, inconsapevolmente, l’organizzazione delle ville rustiche del periodo romano,
il territorio agrario di Rossano fu popolato da redditizie Masserie e Casini, centri agricoli
che per secoli hanno gestito ampi latifondi coperti da uliveti, oggi ancora fruttuosamente
coltivati unitamente ai più recenti “giardini” di agrumi. Dal XVIII sec. sotto la spinta di un
intraprendente ceto imprenditoriale sorsero anche importanti attività artigianali (concerie,
cotonifici, saponifici ecc..), di cui un esempio di eccellenza è costituito dalla fabbrica
di liquirizia della famiglia Amarelli, tra i pochi esempi di archeologia industriale ancora
operante, sede del Museo della Liquirizia, che attrae annualmente migliaia di visitatori e
degustatori da tutto il mondo.
Complesso di San Bernardino
Torre dell’Orologio
Chiesa San Marco
Lungomare Sant’Angelo
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Rossano
It would be enough to stroll aorund the streets of the old town of Rossano, admire the
imposing mansions, numerous churches, oratories, chapels, or look to the horizon and
enjoy the beautiful view, from here you can lose yourself in the Mediterranean to perceive
the historical and cultural importance that this center holds, today as yesterday, in the
context of the Ionian Sila, in Calabria. Mother of illustrious sons and hardworking people,
Rossano is the beating heart of the entire district-ionic of Sila and Valley of Trionto.
Rossano is the extreme southern edge of the plain of Sybaris, here merged part of the
legacy from the town of Turi and took root as a bulwark in Italy, the Byzantine culture. The
city remained linked for a long time in these cultural and religious traditions, preserving
the greek orthodox rite until 1459, when already since centuries was accomplished the
romanization of the Church in Italy, far beyond the fall of Rossano in Norman hands in
1059, and only after the conquest of the Empire of Constantinople by the Turks in 1453.
The optimal geographic position of Rossano, natural border of different geo-environmental
and economic (sea-plain-mountain) districts, favoured the human settlement since the
protohistory. Despite the difficult archaeological exploration due to the habitation density
of the old town for centuries, the discoveries made in the northernmost hills of the plateau
on which Rossano extends (Basili e Varia Sant’Antonio), are evidence of early attendance
by Enotrian people which lasted throughout the protohistory, from the Middle Bronze Age
(XVII sec. BC) until the Iron Age (X-VIII century BC). In the same area, on the hill of St.
Stefano, were, however, found some tombs, dated between 475 and 450 BC, that returned
ceramic vases, a mirror and a pendant shaped like a rooster in bronze, now preserved in
the Diocesan Museum. The hilly and coastal landscape result instead, densely populated
since the Hellenistic era (mid-IV-III century BC.), when the Bruttii settled there with many
farms and exploited the agro-pastoral resources. On the tracks of Italic sites, but with a
more comprehensive and rational organization, the Romans, (II BC- V AD) planted several
rustic villas, belonging to the vast agricultural area of the Latin colony of Turi-Copia.
Among these villas, that were real agricultural production centers, the coastal settlement
of Ciminata had a prominent place, it was established on a previous Italic farm and in
Roman times (BC II - IV AD) was transformed into a complex and thriving rustic villa (the
30
most significant materials are now exhibited in the Archaeological Museum of Sybaris).
Along the ancient ionic road that connected Taranto to Reggio was located the Statio of
Roscianum also documented by the antique itinerary sources. This site, which in late
antiquity age extended nearby Tornice (IV-VII AD), was also served by a port as confirmed
by the remains in the area of Sant’Angelo. Following the leaving of the coast, between
the late VI century and the VII century, many inhabitants moved on the plateau that now
houses the town of Rossano, it inherited from the ancient statio located in plain, obviously,
the name. In the same period, coinciding with the first plant of the Cathedral of Achiropita,
the Bishop of Turi moved to Rossano. A decisive role for the political, religious and cultural
growth of the city was played by the Italian-Greek monks that between the VI century and
VIII century settled in hermit caves next to the old town. The monks indeed, later, thanks
to the work of the Saints Nilo (910-1004) and Bartholomew (981-1055) from Rossano,
started to promote and spread the Byzantine culture in Calabria and in Italy, founding
and directing various monastic communities. Between IX and XII century, the highest
political-cultural moment for the city, in Rossano registered important Byzantine imperial
officials and were undertaken major building initiatives, both in the military, encircling the
city with a wall which gave to Rossano an impregnable Kastron, that religious. In fact,
besides the extension of the Cathedral of Achiropita, where you can admire the fresco
of the Madonna Odigitria, were built many religious buildings, among which the oratories
of Panaghia, San Marco, and Chiesa del Pilerio. During the XI-XII century the monk
St. Bartholomew from Simeri (1050-1130) promoted the foundation of the Monastery of
Patire, beginning, from Rossano, a new policy of connection and dialogue between the
Eastern and Western Christian Churches. In the medieval age, Rossano was the first free
University under direct dependence of the Norman-Swabians kings, it was subsequently
enfeoffed by the Anjou becoming a Principality in which alternated the families of Ruffo,
Sforza, Marzano, D’Aragona, Aldobrandini Borghese. Since the XIII century emulating,
unknowingly, the organization of the rustic villas of the Roman age, the territory was
populated by profitable agricultural farms and cottages, agricultural centers, which for
centuries managed large estates covered by olive trees today still well cultivated together
with the more recent “gardens” of citrus. Since the XVIII century, under the pressure of an
intrepid bourgeoisie, important handicraft activities started (tanneries, cotton mills, soap
factories), an example of excellence is the liquorice factory of Amarelli family, one of the
few examples of industrial archaeology still working, home of the Liquorice Museum, that
annually attracts thousands of visitors and tasters from all over the world.
31
Rossano
Codex Purpureus Rossanensis
Descrizione del Codex
Il “Codice Purpureo Rossanese” è un manoscritto greco miniato del Nuovo Testamento,
che contiene l’intero Vangelo di Matteo, quasi tutto quello di Marco, e una parte della
lettera di Eusebio a Carpiano sulla concordanza dei Vangeli. E’ composto da 188 fogli
in pergamena lavorata di colore porpora e da 15 miniature, racchiusi in una legatura
postuma. Si tratta di un testo adespoto (di cui, cioè, si ignorano gli autori) ed è mutilo,
infatti degli originari 400 fogli ne restano 188. La grafia in cui è redatto è la maiuscola
biblica o greca onciale, con termini in scriptio continua (senza separazione delle parole),
privi di accenti, spiriti, segni di interpunzione, eccetto il punto che segna il passaggio da
un periodo all’altro. Il testo è distribuito su due colonne di venti righe, di cui le prime tre,
che costituiscono l’incipit dei Vangeli, presentano i caratteri in oro, mentre il resto è in
argento. Delle 15 miniature, 12 raffigurano episodi della vita di Cristo, una riproduce il
Canone della concordanza degli evangelisti, mentre l’ultima è un ritratto di Marco.
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Storia del Codex
Dove e quando è stato realizzato il Codex? E da chi e quando è stato portato a Rossano?
Questi sono i due problemi filologici molto dibattuti da numerosi esperti del settore da più
di un secolo. Per quanto riguarda il primo quesito, la teoria che trova maggiore credito
è che il manoscritto sia stato prodotto in Oriente. Il luogo d’origine potrebbe essere la
Siria, in particolare la città di Antiochia, oppure un centro dell’Asia Minore, precisamente
la Cappadocia o Efeso. Altri studiosi pensano ad Alessandria d’ Egitto, e altri optano per
Costantinopoli. La datazione del Codice è circoscritta tra il V e il VI secolo dai maggiori
storici dell’arte bizantini e dai paleografi. Per quanto concerne, invece, il problema delle
modalità e dei tempi di arrivo del Codex, si ritiene che a condurlo a Rossano siano stati
i monaci iconoduli, migrati dall’Oriente nell’Italia meridionale, quindi anche in Calabria,
per sfuggire all’odio iconoclasta dei bizantini intorno alla metà dell’VIII secolo. Tesi più
recenti, invece, ritengono verosimile l’arrivo a Rossano nel X secolo, quando la città fu
elevata ed ebbe un periodo di maggior splendore. Il Codice è documentato con sicurezza
a Rossano solo a partire dal 1831, quando è citato per la prima volta da Scipione
Camporota, canonico della Cattedrale cui si deve una prima sistemazione e l’attuale
numerazione con inchiostro nero delle pagine, fu poi citato nel 1845 dallo scrittore e
viaggiatore Cesare Malpica e portato all’attenzione della cultura internazionale nel 1880
dai due studiosi tedeschi Oskar von Gebhardt e Adolf von Harnach. È possibile, però,
che una traccia della sua antica presenza nella città possa giungere dalla denuncia
anonima subita dall’arcivescovo Andrea Adeodati (1697-1713) accusato di aver dato alle
fiamme antichi testi, greci con figure, appartenenti alla cattedrale. L’arcivescovo, in realtà,
operava secondo le consuetudini della Chiesa controriformata miranti al rinnovamento
della liturgia, ma le tracce di bruciatura delle ultime pagine del Codice spingono realmente
a credere che il prezioso manoscritto sia stato sottratto proprio a tali incendi.
Aspetti critici
Il Codex Purpureus Rossanensis è uno dei capolavori della letteratura evangelica, tra i più
antichi evangeliari esistenti al mondo, reso oltremodo prezioso grazie alle sue bellissime
miniature. Si tratta di uno dei sette codici miniati orientali esistenti nel mondo. Tre dei
quali sono in siriaco: - L’evangelario di Rabula e i manosritti Syr 33 e 341 della Biblioteca
di Parigi - e quattro in greco: “Manoscritto 5111 o Genesi Cotton”, in possesso della
British Library di Londra (di cui, però, a causa di un incendio nel XVII secolo, è rimasto
qualche esiguo e decomposto frammento soltanto di una pagina), la” Genesis di Vienna”,
(costuita da 26 fogli, 24 dei quali miniati), il “Frammento o Codice Sinopense”, custodito
presso la Bibliothèque National di Parigi (formato da 43 fogli e 5 miniature).
33
Valorizzazione del Codice Purpureo
Inserito nell’elenco delle probabili candidature nella categoria Memory of the world
dell’Unesco per l’anno 2015, il Codex è in attesa di essere nominato patrimonio UNESCO
nella suddetta categoria. L’iter per l’inserimento nell’elenco fu avviato nel 2012 per volere
di Mons. Santo Marcianò, allora Arcivescovo di Rossano. Il documento è stato redatto,
sotto la direzione e supervisione del direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici, don
Nando Ciliberti, dal dottor Michele Abastante, storico dell’arte, e tradotto in lingua inglese
da Natalino Scino ed in lingua francese da don Andrè Klo Quattara. Oggi l’ufficio è in
attesa di notizie da Parigi.
Nel Novembre del 2013 è stata invece avviata la realizzazione del riallestimento del
museo diocesano di arte sacra di Rossano che prevede una revisione dell’intero percorso
museale che punta ad una maggiore valorizzazione degli oggetti custoditi, migliorandone
l’aspetto espositivo, ma anche quello didascalico e didattico.
Un’ala del museo, composta da tre sale, sarà esclusivamente dedicata al “Codex
Purpureus” e arricchita da contenuti storici e supporti multimediali, che possano fornire
una maggiore conoscenza e valorizzazione del prezioso evangelario. Il nuovo Museo
verrà terminato e presentato al pubblico, secondo le previsioni, per Dicembre 2015.
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Rossano
Codex Purpureus Rossanensis
Description of the Codex
The “Codex Purpureus Rossanensis” is a greek illuminated manuscript of the New
Testament, which contains the whole Gospel of Matthew, almost all the gospel of Mark,
and a part of Eusebio’s letter to Carpiano about the concordance of the Gospels. It
consists of 188 sheets of purple parchment and 15 miniatures, enclosed in a posthumous
bind. It is an anonymous text (the authors are unknown) and mutilated as of the original
400 sheets only 188 of them remain . The handwriting in which it is written is the capital
Biblical or Greek uncial , with words in scriptio continua ( with no separation of the words ),
without accents, breathings, punctuation marks, except for the full stop- punctum, which
marks the passing from a period to the other.
The text is distributed on two columns of twenty lines, the first three of which , making up
the incipit of the Gospels, have the characters in gold, while the rest is in silver.
The illuminations kept in the codex are 15 and 12 of them represent episodes of the life
of Christ, one reproduces the Canon of concordance of the Evangelists while the last is
a portrait of Mark.
History of the Codex
Where and when was the Codex made? When and who brought the Codex to Rossano?
These are the two philological problems much discussed by many experts of the field for
over a century. With regard to the first question, the main theory is that the manuscript
has been produced in the East. The place of origin may be Syria, in particular the city of
Antioch, or a center of Asia Minor, namely the Cappadocia or Ephesus. Other scholars
think in Alexandria of Egypt while others opt for Constantinople. According to the leading
Byzantine art historians and palaeographers, the dating of the Code is restricted between
the V and VI century. With regard to the arrival modes and times of the Codex instead, It is
estimated that were Iconodules monks that brought it to Rossano, migrated from the east
in southern Italy and also in Calabria, escaping from the iconoclastic Byzantine hatred
around the middle of the VIII century. Latest theories, however, believe the likely arrival
in Rossano in the X century, when the city enjoyed its heyday. The codex is documented
with certainty in Rossano only since 1831, when it was mentioned for the first time by
Scipione Camporota, canon of the Cathedral, who made a first arrangement and the
current numbering of the pages in black ink, It was later mentioned in 1845 by travel
writer Cesare Malpica and brought to the attention of international culture in 1880 by two
German scholars Oskar von Gebhardt and Adolf von Harnach. It is possible, however, that
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a trace of its older presence in the city can come from anonymous complaint suffered by
the Archbishop Andrea Adeodati (1697-1713) accused of having set a fire to the ancient
texts, with Greek figures, belonging to the cathedral. The archbishop, actually, operated
according to the customs of the Church Counter aimed at a renewal of the liturgy, but
traces of burning of the last pages of the Code lead really to believe that the precious
manuscript was taken away from such fires.
Critical issues
The Codex Purpureus Rossanensis is one of the masterpieces of evangelical literature
among the oldest gospels in the world, made extremely valuable by its beautiful
illuminations.
It is one of the seven eastern manuscripts existing in the world. Three of which are Syriac:
- The Gospels Rahula and manuscripts Syr 33 and 341 of the Library of Paris - and four
in greek: “Manuscript 5111 or Cotton Genesis,” held by the British Library in London (of
which, however, due to a fire in the XVII century, It remained few and small decomposed
fragment of only one page), the “Genesis Wien”, (consisting of 26 sheets, 24 of which
are illuminated), the “ Fragment or Sinopense Code”, kept in the National Library in Paris
(formed by 43 sheets and 5 miniatures)
Enhancement of the Codex
The codex has been inserted in the list of likely candidates in the category Memory of
the World of UNESCO for the year 2015, it is now waiting to be appointed as UNESCO
heritage in this category. The procedure for inclusion on the list started in 2012 at the
behest of Bishop Santo Marciano, Archbishop of Rossano at that time. The document
was prepared under the direction and supervision of the Director of Cultural Ecclesiastical
Heritage, Father Nando Ciliberti, Dr. Michele Abastante, art historian, and translated in
English by Natalino Scino and in French by Father Andre Klo Quattara. Today the office
is waiting for news from Paris.
In November 2013 it was instead started the revamping of the Diocesan Museum of
Sacred Art of Rossano which includes a review of the whole museum itinerary that aims
to a better use of stored objects, improving the exhibition the didactic and the educational
aspects. One wing of the museum consists of three rooms, it will be exclusively dedicated
to the “Codex purpureus” and enriched with historical content and media, which may give
a better understanding and appreciation of the precious Gospels. The new museum will
be completed and presented to the public, according to forecasts, by December 2015.
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Ricette tipiche della “Sila Greca”
Fritti a viantu o scoratedd
Funghi sott’olio
Nelle Terre Jonicosilane per festeggiare si frigge di dolce.
Si frigge per “u buanu aguriu” (il buono augurio) e nelle più
svariate occasioni.
Preparazione. Si fa bollire l’acqua con una foglia di
alloro e sale, si aggiunge la farina e, una volta preparato
l’impasto, si stende su un piano di legno cosparso di olio
e, ancora bollente, si batte insistentemente con le mani
per sciogliere i grumi. Quindi l’impasto viene lavorato
in piccoli bastoncini che vengono chiusi a cerchio per
formare “i cudduriaddi”, che subito vengono fritti in olio
e poi cosparsi di zucchero.
Ingredienti. Acqua, farina, alloro, sale, zucchero ed
olio.
Si dirà: si confezionano dappertutto … ! Ma nel cuore
della Sila Greca grande è la varietà, anche di specie
autoctone, e grande è l’abbondanza, soprattutto dei
preziosi “porcini”, dovuta al particolare microclima, ma
soprattutto alla piovosità che è la più alta d’Italia.
Preparazione. Dopo averli ripuliti e lessati in acqua
con aceto, i funghi si mettono subito a mollo nell’acqua
fredda. Una volta asciugati, i “miceti” vengono conditi
ed amalgamati, dopo aver spezzettato quelli di maggiori
dimensioni, con aglio, peperoncino, prezzemolo ed
aceto. Si lasciano riposare per un paio di ore e poi si
introducono, pressandoli con forza, nei “boccacci”
(barottoli di vetro già sterilizzati). Infine si ricoprono di
olio d’oliva e si lasciano stagionare per un mese. Li
consumeremo come ghiotti antipasti e come armoniosi
contorni.
Ingredienti. Funghi del sottobosco silano, olio , aglio,
peperoncino, prezzemolo ed aceto.
U MITU E SAN GIUSEPPE
Pitta cu ru maiu
E’ il piatto di un’antica tradizione gastronomica della
Valle del Trionto, con il quale, nel mese di marzo,
famiglie devote a San Giuseppe “condividono” la festa
preparando le succulenti tagliatelle e distribuendole al
vicinato ed in particolare ai meno fortunati. E’ il piatto
dell’amicizia e della solidarietà.
Preparazione. Si fanno lessare fagioli e ceci, mentre in
un’altra padella si frigge del porro, per poi aggiungere Preparazione. Si prepara un impasto di acqua,
salsa di pomodoro, alloro, pepe rosso piccante e farina, lievito e sale per ottenere un panetto che si
baccalà. A cottura di quest’ultimo, si separa il baccalà lascia lievitare. Poi si prepara un secondo impasto,
(che si mangia a parte come secondo piatto) e si dove al panetto precedentemenete confezionato, si
aggiungono i ceci ed i fagioli precedentemente lessati aggiungono: “u maiu”, sbriciolato con le mani, olio, pepe
nell’altra padella. Il tutto va a condire i “tajjhiarini”, nero e pecorino grattuggiato. Infine si versa l’impasto in
profumate tagliatelle fatte in casa.
una teglia e si mette a cuocere al forno, fino a completa
Ingredienti: Tajjhiarini (tagliatelle all’uovo fatte in casa), indoratura.
ceci, fagioli bianchi, baccalà, porro, salsa di pomodoro, Ingredienti. Acqua, farina, lievito e sale per il primo
alloro, peperoncino piccante, olio extravergine di oliva impasto. “Maiu”, olio, pepe nero e pecorino grattugiato
La Dolce di Rossano e sale.
37 per il secondo impasto.
ALICI SCATTIATE
E’ lungo la costa dei paesi della Valle del Trionto e più
in generale in tutto il comprensorio delle Terre JonicoSilane che si è sviluppata e consolidata la cucina di
mare che ha nelle “alici scattiate” uno dei piatti locali
più caratteristici e più diffusi, dai sapori intensi e dagli
odori appetitosi.
Preparazione. Si preparano ponendo in una
padella, sufficientemente ampia, alici eviscerate,
olio abbondante, aglio, alloro. Si lasciano cuocere
per 8/10 minuti agitando la padella, quindi con un
cucchiaio si elimina l’olio in sovrappiù, tenendolo
da parte, e si riggira come una frittata aggiungendo
l’olio tolto prima e condendo con sale e origano.
A fine cottura, dopo altri 8/10 minuti, si aggiunge
peperoncino rosso in polvere e si sfuma con
una spruzzata di aceto che farà “scattariate”
(scoppiettare) le alici in modo da ottenere un
preparato molto croccante.
Ingredienti: Alici, peperoncino rosso macinato,
aglio, alloro, acqua, sale, olio extravergine di oliva
La Dolce di Rossano, aceto, origano.
MACCHERRONI CON
SALATA E SALSICCIA
CARNE
Anche a Caloveto la fa da padrone il “Suino nero di
Calabria”, quasi sempre allevato nei porcili di famiglia
presenti nella campagna circostante, con i rimasugli
del desco quotidiano, circostanza che conferisce alle
carni dell’animale sapori di spiccato gusto e di evidente
genuinità.
Preparazione. Prelevare, la sera prima, la carne
salata “e ru tinuaddu”, dal “tinello”, contenitore di
terracotta che custodisce le costine, la pancetta e la
carne sotto salamoia, e metterla a mollo nell’acqua
fresca. In una pentola, soffriggere la cipolla nell’olio,
quindi aggiungere le costine, la carne e la pancetta
e la passata di pomodoro. Quando il sugo bolle,
aggiungere la salsiccia piccante tagliata a pezzettini.
A sugo pronto, mettere a cuocere i maccheroni fatti
in casa. Spolverare con buon formaggio e pepe nero.
Ingredienti: Cipolla, olio extravergine di oliva La
Dolce di Rossano, carne salata, salsiccia piccante,
salsa di pomodoro, sale e basilico.
LUMINCIANE A RA SCHIPECIA
MPANATA E RICOTTA
Un piatto tipico e distintivo di Rossano.
Preparazione. Le melanzane vengono suddivise
Piatto tipico da assaggiare nei piccoli rifugi dei pastori in due parti, sulle quali vengono incisi dei tagli
dell’entroterra della Valle del Trionto (Bocchigliero, Paludi, orizzontali e verticali. Contemporaneamente si
Longobucco, Caloveto), “a mpanata ‘e ricotta” è un mettono a soffriggere peperoni tagliati a cubetti.
Quindi si prapara un impasto di pomodori a
delizioso piatto preparato con le ricotte di latte di capra.
Preparazione. All’interno di un recipiente di pezzettini, basilico, aglio e alloro conditi con sale,
terracotta smaltata si spezzettano alcune fette olio e peperoncino. L’impasto viene adagiato sulle
di pane; sul pane si versa la ricotta calda appena melanzane ed il tutto viene lessato. Una volta
preparata, per poi aggiungere del “siero di latte”, cotte, alle melanzane vengono aggiunti i peperoni
nonché la parte “grassa” del latte, utilizzata dai precedentemente soffritti. Il tutto viene fatto cuocere
pastori per realizzare i formaggi. Si lascia riposare ancora per altri cinque minuti. E poi … buon appetito!
per un po’ e poi il piatto si degusta naturalmente Ingredienti: Melanzane, peperoni, pomodoro, aglio,
alloro, peperoncino, basilico, sale e olio extravergine
caldo.
Ingredienti: Ricotta di capra, pane e siero di latte. 38 di oliva La Dolce di Rossano
U SACCHIATTU
ZUCCA STUFATA
A Longobucco il “Nero di Calabria” è di casa e gli abitanti
conservano con il maiale una secolare dimestichezza,
in quanto le sue carni, “conservate” nei modi più svariati,
costituivano uno dei principali alimenti invernali, in una
cittadina che, prima degli anni 60 del ‘900, spesso, da
novembre ad aprile, restava isolata “dal resto del mondo”
causa neve. “U sacchiattu” è un salume tipicamente locale
dal gusto estremamente delicato.
Preparazione. Dalla zampa anteriore del maiale
si estrae il muscolo a pezzettoni, lasciando intatta
la cotenna di rivestimento. I pezzettoni di muscolo
vengono farciti di sale e pepe nero in grani; quindi si
ricollocano pressati nella cotenna, la quale viene cucita,
con spago da cucina, così assumendo la forma di un
sacchetto. Questo viene fatto cuocere nelle frittole del
maiale per circa 3 ore. Si serve affettato, con la cotenna.
Ingredienti: Carne del muscolo delle zampe
anteriori del maiale, cotenna della stessa zampa,
pepe nero in grani e sale.
Nella Valle del Trionto gli abitanti di Cropalati spesso
vengono soprannominati come “i cucuzzari”, certamente
non in senso dispregiativo, ma solo perché veri
amanti dei sapori e dei profumi della zucca rossa.
Preparazione. Si prepara tagliando la zucca a
fette non troppo sottili (circa mezzo centimetro)
e adagiandole in una padella su un fondo d’olio
d’oliva, di cui Cropalati è produttrice eccezionale.
Si uniscono quindi l’alloro, l’aglio, un peperoncino,
una spolverata di pepe rosso e sale quanto basta.
Si copre la padella con coperchio e si lascia cuocere
a fuoco alto, mescolando, fino a cottura completata.
Si serve calda.
Ingredienti: Zucca rossa, olio extravergine di oliva
La Dolce di Rossano, peperoncino, 2 foglie di alloro,
1 spicchio d’aglio e sale.
PITTA CU RE FRITTULE
U RANU RATTATU
E’ un piatto tipico e storicamente distintivo di alcuni
paesi della Valle del Trionto, fra i quali Calopezzati.
Preparazione. Dopo essere stato pulito, lavato e
asciugato, il grano viene macinato con le macine
di pietra. Quindi si versa in una pentola di acqua
bollente e si rigira con continuità ed energicamente
con un mestolo di legno, aggiungendo un pizzico
di sale e, man mano, anche del sugo di pomodoro
cotto con salsiccia. A cottura ultimata, dopo circa
40 minuti, si versa nei piatti e si condisce con
il rimanente sugo e con abbondante pecorino
grattugiato. Si serve ben caldo.
Ingredienti: Grano, acqua, sale, olio extravergine
di oliva La Dolce di Rossano, sugo con salsiccia,
pecorino grattugiato
Anche questa pizza rustica è di tradizione della Valle
del Trionto. La si abbina alle tradizioni paludesi perché
è prodotta con la “frittula” del suino nero, che, come
abbiamo visto, viene “celebrato” ogni anno a Paludi.
Preparazione. Si realizza per primo un impasto di
acqua, farina, lievito e sale per ottenere un panetto
che si lascia lievitare; a lievitazione completa si
aggiungono le “frittole”, ciccioli di maiale ottenuti
con il bollito discritto per la sagra, uova, pepe nero
e peconorino grattuggiato. L’impasto si versa in una
teglia e si cuoce in forno fino a divenire croccante. Si
dice dalle nostre parti che “il prufumo della pitta con
la frittole fa risuscitare i morti”.
Ingredienti: Acqua, farina, lievito e sale per il
primo impasto. Ciccioli di maiale, uova, pepe nero
e pecorino grattugiato per il secondo impasto da
aggiungere al primo in un secondo momento.
www.terrejonicosilane.it
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Attraverso la “Sila Greca”
lungo tre itinerari mare-monti
Quelli che di seguito si descrivono sono tre percorsi che solcano l’incantevole e
sorprendente giacitura delle Terre Jonicosilane della Sila Greca, che, dal cristallino mare
Jonio marcato da uno splendido azzurrino, porta, lungo una fascia collinare dai mille
colori e dagli intensi profumi, allo splendido altipiano della Sila, tappezzato di foreste
secolari di pino laricio. Tre percorsi colorati di verde che va da quello chiaro del fogliame
delle agrumi e da quello intenso del mirto lungo la fascia marina al verde argenteo degli
ulivi e quindi al verde splendente dei castagni per concludere con il verde intenso delle
aghifoglie silane. Tre percorsi ricchi di storia, di cultura, di gastronomia tipica locale di
eccellenza, di eccezionali risorse naturalistico-ambientali, segnati da una eccezionale
biodiversità che le Comunità locali sono impegnate a difendere in operosa sinergia. Un
territorio che certamente può restituire un sorprendente arricchimento spirituale e fisico a
quanto accoglieranno il nostro invito a visitarlo.
1. Alla scoperta dei misteri lungo il fiume Nicà
L’itinerario parte dalla foce del fiume Nicà che lambisce Cariati, famosa per la sardella
(conserva di neonati di pesce azzurro, peperoncino essicato e finocchio selvatico) oltre
che per la tomba del Salto, appartenuta a un guerriero brettio, il popolo che ha abitato
la Calabria dopo i Greci e prima dei Romani. Il centro storico nasce come fortezza
bizantina e oggi mantiene la possente cinta muraria che sovrasta la costa. Al suo interno
meritano di essere visitati i palazzi nobiliari, il Duomo e il seicentesco palazzo Vescovile.
Proseguendo verso l’interno si giunge a Terravecchia, dove si ipotizza si trovasse la
mitica città di Chone, capitale della popolazione italica dei Coni. Qui è da non perdere la
visita al sito archeologico brettio di Prujia, sede di un villaggio protostorico. Attraversando
Scala Coeli, paese che sembra una piccola Matera, per via delle numerose grotte scavate
che punteggiano il centro storico, si arriva a Mandatoriccio, borgo che un tempo costituiva
un passaggio obbligato per le greggi in transumanza e che ancor oggi conserva antiche
tradizioni artigiane, tra cui la caratteristica lavorazione del ciocco da cui si ricavano
preziosissime pipe. Salendo infine verso la Sila si giunge a Campana, l’antica Kalasarna
fondata dall’eroe omerico Filottete, dove ci potremo inoltrare nel suggestivo centro storico
“ ’a terra” per rimanere poi stupefatti dal gigantesco elefante delle misteriose “Pietre
dell’Incavallicata”. Lungo il percorso potremo assaggiare le “alici scattiate”, la “pitta cu
ru maju”, la “mpanata di ricotta”, i latticini della “podolica”, le squisite “castagne al mosto
cotto” e potremo partecipare il martedì di Pasqua alla Festa della Madonna del Carmine
a Terravecchia; in maggio alla “Festa di San Cataldo” a Cariati e alla sagra della “pitta cu
ru maju” a Scala Coeli; in giugno alla storica “Fiera della Ronza”, in agosto alla sagra del
vitello podolico e del “cavatiello” a Mandatoriccio.
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2. Tra le grotte e i sapori tradizionali della Sila Greca
Si parte da Pietrapaola, disseminata di grotte che rappresentano un buon esempio di arte
rupestre. Qui tra pini marittimi, lentisco e ulivi selvatici si visitano le «muraglie di Annibale»,
resti archeologici brettii del IV-III secolo a.C. Attraversata Mandatoriccio si giunge a
Bocchigliero, dove spicca la torre Campanaria del 1400. Nei dintorni si trovano varie
attrattive naturalistiche che ne fanno una destinazione ideale per gli amanti del trekking: dal
bosco della Fossiata, alle riserve biogenetiche di Macchia della giumenta e di Gallopane,
fino al bosco e al torrente Basilicò e alle cascate del vallone Falconara. Si attraversa così il
cuore della Sila, sostando, nel Parco Nazionale, al centro visite del Cupone, prima di arrivare
a Longobucco. Qui sono da non perdere la chiesa di S. Maria Assunta, con la “Madonnina
dei carbonai” e una splendida argenteria di fattura napoletana, la torre civica e le botteghe
artigiane dove si tessono coperte e arazzi di grande preziosità. Da qui si ritorna sulla costa
fino a Calopezzati, dominata da un ben conservato castello svevo e le cui dune di Camigliano
costituiscono un sito di interesse comunitario per i fondali di posidonia oceanica. L’itinerario
è ricco di prodotti tipici come i “fritti a vientu” o scoratedd, squisito dolce rustico; tutta la
gamma di funghi sott’olio; il profumatissimo e gustosissimo “sacchetto di maiale”; “u ranu
rattatu” condito col sugo di salsiccia di maiale nero. Folklore e spiritualità ci offrono speciali
occasioni a Calopezzati in aprile con la Festa di San Francesco e in agosto a Pietrapaola
con la “Festa di San Domenico” e il concorso di fuochi di artificio; a Bocchigliero con la Festa
di San Rocco; a Longobucco con la Festa di San Domenico e lo storico “Palio dell’Assunta”.
3. Tesori d’arte dai Bretti ai Bizantini
Il terzo itinerario prende il via da Mirto, sul cui litorale sorge il sito Sic macchia della Bura. A
Mirto spiccano il Castello del XVII secolo e la torre cilindrica di Santa Tecla. Risalendo lungo
il Trionto si arriva a Crosia. Il borgo, sovrastato dalla chiesa di S. Michele, si affaccia sul mare
e su Calopezzati. Tornando sul Trionto si giunge a Caloveto, borgo nato dall’insediamento
di alcuni monaci nel IX secolo, e poi a Cropalati, dove un filo di fumo segnala che è ancora
in funzione l’antica fornace Parrilla. Attraversando il fiume Coserie si arriva quindi a Paludi,
dominata dall’area archeologica di Castiglione, centro fortificato brettio dove spiccano i
resti della cinta muraria. Prima di arrivare a Rossano si può visitare il bosco dei secolari
castagni di Cozzo del Pesco e poco oltre è obbligatoria una sosta al monastero di S. Maria
del Patire, tra i più importanti centri religiosi greco-bizantini del Sud Italia. Rossano ha
un incantevole centro storico caratterizzato da vicoli e sorprendenti palazzi. Ma il vero
tesoro di Rossano è il Codex Purpureus Rossanensis, un evangelario miniato greco del
VI secolo, custodito nel Museo Diocesano. Rossano è anche famosa per la fabbrica di
liquirizia Amarelli, antico opificio che ha realizzato un museo privato tra i più visitati d’Italia.
L’itinerario ci offre “U mmitu ‘e San Giuseppe”, la “pitta cu re frittule”, la “zucca stufata”, le
“luminciane a ra schipecia, i maccheroni con la carne salata e ci permette di trascorrere
magiche giornate in gennaio con la festa di San Giovanni Calibyta a Caloveto, in febbraio
con la sagra del maiale a Paludi, in maggio con la festa rurale di Sant’Onofrio nell’omonima
contrada di Rossano, in agosto con “A remurata” a Crosia, il Ferragosto a Rossano, la
sagra del cinghiale a Cropalati.
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La risalita del Trionto
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Caloveto - Terre Jonicosilane