POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Architettura e Società - Milano Leonardo Laurea Magistrale in Architettura a.a. 2011/2012 CASE CHE NASCONO DALLA TERRA: LA TAIPA IN PORTOGALLO progetto di ricostruzione e ampliamento di un rudere in terracruda nell’Alentejo Daniela Cimino 755523 relatore: Leonardo Belladelli correlatore: Henrique Schreck INDICE RIASSUNTOpg. 5 PREFAZIONEpg. 11 INTRODUZIONEpg. 13 1. LE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA pg. 17 1.1 Gli architetti e il fascino della terra pg. 22 1.2 Diverse tecniche, un solo materiale pg. 30 1.3 La terra battuta e il pisèpg. 32 1.3.1 Pisè, progenitore del calcestruzzo armato? pg. 38 1.3.2 Requisiti e prestazioni pg. 40 1.3.3 Composizione del suolopg. 47 2. PORTOGALLOpg. 55 2.1. L’Alentejopg. 59 2.2 La taipa in Portogallopg. 64 2.2.1 Taipa: processo costruttivo e strumenti della costruzione pg. 70 2.3 Esempi antichi e contemporanei pg. 78 3. PROGETTOpg. 87 3.1 Inquadramentopg. 88 3.2 Analisi stato attualepg. 92 3.3 Proposta di progettopg. 96 4. PENSARE L’ARCHITETTURA IN TEMPI DI CRISI pg. 105 4.1 Costruire con il tempopg. 108 4.2 Il coinvolgimento sociale e la filiera corta, l’esperienza in Guatemala pg. 110 5. COSTRUIRE IN TERRA, UNA SCELTA PER IL FUTURO pg. 115 ALLEGATIpg. 118 Tavole progetto INDICE IMMAGINIpg. 120 BIBLIOGRAFIApg. 129 SITOGRAFIApg. 131 RIASSUNTO La terra compattata (il pisé) è una tecnica costruttiva antica come il mondo. Negli ultimi cento anni è andata gradatamente in disuso nei paesi occidentali, tuttavia ancora oggi circa 1/3 della popolazione mondiale vive in case costruite in terra. Negli ultimi tempi la maggiore attenzione all’impatto ambientale degli edifici, ha fatto tornare in auge le tecniche di costruzione con materiali naturali: io ho avuto modo di esplorare la tecnica del pisé in Portogallo, dove viene chiamata taipa. Da questa esperienza ho iniziato un percorso di conoscenza, che mi ha permesso di avvicinarmi a questa pratica attraverso due workshop, viaggi alla scoperta delle case di terra e il contatto diretto con alcuni architetti portoghesi. Il progetto qui di seguito esposto di recupero e ampliamento di un edificio in taipa ormai in rovina, mi ha permesso di confrontarmi con il passato e con le sue tecniche e di esplorare le possibilità della terra in campo costruttivo, strutturale ed estetico. 1. 5 ABSTRACT (English) Rammed earth (pisè) is a traditional construction technique as old as time. The predominance of concrete in the past century made us forget about all these natural materials. But this mainly happened in the Western countries, for 1/3 of the world population is still living in earth constructed buildings. The growing attention to the environmental impact of buildings has increased the comeback of these natural construction techniques, making them more and more interesting to architects, engineers and constructors. After attending a rammed earth workshop held in Portugal in the spring of 2012, I became very interested in developing a project with this material. The project is the recover of a ruin located in Alentejo, the South of Portugal. This project and the research related to it gave me the chance to explore the issues of past/present debate, traditional techniques and furthermore made me understand the possibilities of earth from a structural, architectonic and aesthetic point of view. 2. RESUMO (Português) A taipa é uma técnica de construção ancestral. A predominância do betão nos últimos cem anos fez-nos esquecer estes materiais naturais. A nós, Ocidente, porque um terço da população mundial ainda vive em edifícios construídos com terra. O aumento da consciência do impacto ambiental das construções faz reavivar estas técnicas naturais, despertando estas cada vez mais curiosidade entre arquitectos, engenheiros e construtores. Depois de participar num workshop de taipa em Portugal na Primavera de 2012, fiquei muito interessada em fazer um projecto com este material. A recuperação de uma ruína em taipa no Alentejo, no sul de Portugal. Este projecto, e toda a pesquisa necessária, deu-me a oportunidade de explorar questões do passado e presente, técnicas tradicionais e muito mais. Fez-me compreender as possibilidades que o terra nos oferece do ponto de vista estrutural, arquitectónico e estético. 7 “The time has come for architecture, to come back to earth and to make a new home for man” Juhani Pallasmaa 9 PREFAZIONE Ho conosciuto la tecnica del pisé nel maggio del 2012, quando ho partecipato ad un workshop sulla taipa, ovvero la versione portoghese del più conosciuto pisé. L’entusiasmo suscitato dall’esperienza mi ha portato a scegliere come percorso di tesi l’architettura in terra cruda, e in particolare il pisé, attraverso lo sviluppo di un piccolo progetto di casa unifamiliare nella regione dell’Alentejo, in Portogallo. Questa scelta mi ha dato tanto a livello umano, etico e professionale, aiutandomi a capire meglio in che direzione procedere alla conclusione degli studi. Infatti, in questo periodo di grandi cambiamenti, anche la figura e il ruolo dell’architetto si sta modificando. In questo nuovo contesto è più difficile operare una scelta per delineare il proprio percorso futuro e per stare nel mondo con un’adeguata consapevolezza della conseguenza delle proprie scelte. 3. 11 4. No house should ever be on a hill or nothing. It should be of the hill. Belonging to it. Hill and house should live toghether each the happier for the other. F. L. Wright INTRODUZIONE Il paesaggio dell’Alentejo (regione sud del Portogallo) è costellato di montes1; sono case spesso isolate, inserite nel paesaggio agricolo in modo naturale, come una pianta o un albero: sono lì e sembra che ci siano sempre state, in totale accordo con il contesto. La progressiva migrazione contadina, degli anni ’50, dai campi verso la città e i villaggi, in cerca di una vita meno povera, ha consegnato i montes a un triste destino. La maggior parte versano ora in uno stato di attesa e abbandono, testimoni del tempo e della storia. Molti non lo sanno o non ci fanno caso, ma queste case pian piano spariranno, verranno portate via dal vento e dalla pioggia e torneranno alla terra, così come sono venute, in silenzio e umiltà. Questa è la storia di molti montes in terra cruda. La prima volta che conobbi questa realtà, fu nella primavera del 2012 quando partecipai ad un workshop sul pisé. Avevo sempre sentito parlare di case costruite in terra e pensai fosse un’ottima opportunità “sporcarmi le mani”, osservando da vicino il processo costruttivo, e soddisfare così il bisogno di confrontarmi con la realtà e il desiderio di un approccio pratico all’architettura durante il mio ultimo anno di università. Dopo una settimana di lavoro, tra pioggia, fango e sole, colpita dalle potenzialità del materiale, decisi di scegliere questo tema per la mia tesi. Fu in quella occasione che nacque la collaborazione con l’architetto 1 L’equivalente delle nostre cascine. 13 5. Workshop maggio 2012 6. L’architetto H. Schreck 14 portoghese Henrique Schreck (docente del workshop) e l’idea di realizzare una tesi che partisse da una necessità pratica. Alcuni suoi clienti gli avevano chiesto di ristrutturare e ampliare un vecchio monte ormai in rovina e di farne la loro futura abitazione e H. Schreck mi propose di realizzare un progetto in parallelo al suo, nel rispetto delle esigenze dei committenti, offrendomi la possibilità di lavorare nel dettaglio sull’architettura, sul paesaggio e soprattutto di conoscere al meglio le costruzioni in pisé. Giungere alle costruzioni in terra cruda dopo cinque anni di università è tornare alla base, alle origini dell’architettura. “Quando per la prima volta ho visto i villaggi nell’Alentejo e ne ho riconosciuto la loro bellezza, ho pensato – Dio ha appoggiato queste case dal cielo, perché solo lui poteva fare una cosa così perfetta. Crescendo ho scoperto che era stato l’uomo, e le aveva fatte crescere dal suolo”. H. Schreck racconta così il suo primo incontro con le case in terra. Non c’è modo più diretto per esprimere la meraviglia che si prova nel vedere la semplicità e la bellezza di queste case fatte dall’uomo e per l’uomo, che modificano il paesaggio senza quella ibris che negli ultimi decenni ha caratterizzato gli insediamenti umani. L’interesse per questo materiale ha sempre risuonato in me come un eco lontano durante tutti gli studi universitari; in Sardegna ho sempre visto e sentito parlare delle case in ladiri (mattoni di terra cruda essiccati al sole), ma solo in Portogallo ho avuto l’opportunità di approfondire l’argomento, scoprendo un mondo vastissimo, fatto di tradizione, storia e innovazione. 7. Workshop maggio 2012 15 1. LE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA L’uomo ha cominciato a costruire i suoi rifugi utilizzando ciò che aveva a sua disposizione. I materiali utilizzati nelle architetture tradizionali sono quasi sempre gli stessi: il legno, la pietra e la terra. Con la semplicità di questi pochi elementi, ogni cultura è riuscita a creare la propria immagine architettonica, rispondendo ad esigenze strutturali, di vita quotidiana e spirituali. In particolare la terra cruda come materiale da costruzione ha origini antichissime che si perdono nella leggenda: la torre di Babele (VII sec. a. C.)2, la muraglia cinese (III sec. a. C.), il muro di Adriano in Inghilterra (122 d. C.) ed intere città egiziane. L’attuale rinascita di questa tecnologia dimostra che la terra cruda è un materiale duraturo, che può ancora insegnarci tanto: basti pensare che attualmente circa il 30% della popolazione mondiale vive in case costruite in terra3. Un pregiudizio comune è che le costruzioni in terra siano una prerogativa delle case di campagna, del paesaggio rurale; in realtà tantissime città sono interamente costruite in terra compresi anche gli edifici pubblici e di culto. A conferma di ciò cito alcune delle le testimonianze più conosciute4, inserite nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO5, quali: le moschee del Mali, le chiese di Lalibela in Etiopia, la città iraniana di Bam, 8. (...) aevis durant, incorrupti imbribus, ventis ignibus, omnique caemento firmiores. Plinio il Vecchio 2 J. Dethier, Arquitecturas da terra ou o futuro de uma tradição milenar, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona, 1993, pg.30 3 R. Anger, L. Fontaine, Grains de Bâtisseurs, CRATerre, Villefontaine, 2005 4 La lista include 150 siti costruiti in terra 5 http://whc.unesco.org/en/earthen-architecture/ 17 le città dello Yemen (VI-VII sec. d. C.), i quartieri circolari di Fujan Tulou in Cina, l’Alhambra in Spagna e il centro storico di Evora, in Portogallo. Grazie alla semplicità nella lavorazione e alla sua facile reperibilità l’uomo ha sempre fatto della terra un materiale privilegiato nell’architettura tradizionale che può essere impiegato con tante modalità. La composizione del suolo, le condizioni climatiche, geomorfologiche e storiche contribuiscono alla creazione di diverse tradizioni in fatto di costruzione in terra cruda. È quindi da sfatare il mito che le costruzioni in terra siano solo una prerogativa dei paesi del Sud del mondo. Nella mappa sviluppata dal gruppo “Terra Incognita”, si possono ritrovare costruzioni in terra in tutta l’Europa del nord sino a condizioni di clima estreme, come ad esempio nei paesi scandinavi. Gli organismi riconosciuti a livello internazionale per la ricerca scientifica sulle costruzioni in terra sono più d’uno. Attiva dagli anni ’70 l’ICOMOS-ISCEAH6 riunisce le pratiche e le 9. La terra cruda in Europa 18 10. Casa in terra in Svezia del suo percorso di ricerca è il progetto urbanistico di Villefontaine, un quartiere popolare concepito negli anni ’80, vicino a Lione. L’esperienza/ laboratorio in vasta scala, aveva l’intento di innovare la tecnica tradizionale attraverso il confronto con le nuove possibilità portate dalla modernità. Sempre in Europa il progetto Terra-Incognita 2006-2007 ha creato un inventario costruito su 27 paesi, aggiungendo un ulteriore tassello alla conoscenza del patrimonio delle costruzioni in terra8. In Italia esiste l’Associazione “Città della Terra cruda” che dal 2001 riunisce comuni, province e associazioni che condividono una tradizione di costruzione in terra. Gli obiettivi sono quelli di “recuperare e rilanciare la cultura della terra cruda e diffondere i valori del modello di vita e di organizzazione sociale ed economica proprio dei territori che a questa cultura appartengono”.9 conoscenze sul patrimonio architettonico in terra e promuove la ricerca scientifica e lo scambio di conoscenze tra soggetti che hanno un ruolo importante nella pratica della terra cruda, in una rete che include studiosi, archeologi, architetti e artigiani di tutto il mondo. CRATerre7, con base a Grenoble, è una delle prime organizzazioni che si è occupata di diffondere questo tipo di architettura. Una pietra miliare In Portogallo l’Associazione “Centro da Terra”10 propone un forum dove si confrontano le tecniche, le innovazioni e i materiali legati alla terra, attraverso la promozione di incontri, conferenze e workshop. Data la grande tradizione di questo tipo di costruzioni, sono molto attive anche le università e i centri di ricerca nazionali: il Laboratorio nazionale di Ingegneria Civile11 porta avanti ricerche sulla resistenza sismica degli edifici costruiti in taipa, l’Universidade Tecnica de Lisboa, per il tramite di 6 International Council on Monuments and Sites - International Scientific Committee Earthen Architecture Heritage, http://isceah.icomos.org/ 7 CRAterre è uno dei più importanti centri di ricerca europei. Situato a Grenoble, è coinvolto in attività di costruzione, didattica, sviluppo sostenibile. www.craterre.org 8 Il progetto si è anche concluso con una pubblicazione: Hubert Guillaud, a cura di, Terra incognita. Découvrir & Préservere une Europe des architectures de terre, Culture Lab Edition et Argumentum, 2008 9 http://www.terracruda.org 10 www.centrodaterra.org 11 Laboratorio Nacional de Engenharia Civil, http://www-ext.lnec.pt/ 11. Gli edifici di Fujan Tulou, Cina 19 alcuni professori, inserisce il materiale terra come argomento di lezioni e tesi di laurea e infine la Escola Superior Gallaecia è fra le più attive nel campo della ricerca, della diffusione e della didattica sulle costruzioni in terra cruda. Oltre a queste organizzazioni che fanno confluire in una rete più ampia i singoli architetti/costruttori e interessati al tema, la rinascita dell’architettura in terra è rafforzata da incontri internazionali12 che, dagli anni ’70 ad oggi, permettono ai diversi attori di scambiare conoscenze, ampliare la diffusione e creare una nuova base contemporanea del patrimonio in terra cruda. 12. Shibam, Yemen 14. La terra nel mondo e i siti di patrimonio mondiale 13. Villaggio, Mauritania 20 12 Qui sono riportati solo alcuni dei più importanti eventi a livello accademico e istituzionale che si sono svolti in diverse parti del mondo a partire dal 1972. Yazd (Iran) – 1972-73, Yazd (Iran) – 1976, Santa Fe (USA) – 1977, Ankara (Turchia) – 1980, Lima (Perù) – 1983, Roma (Italia) – 1987, Las Cruces (USA) – 1990, Silves (Portogallo) – 1993 – (…), Vila Nova de Cerveira – 1999, Torquay (Regno Unito) – 2000, Yazd (Iran) – 2003, Yazd, Cagliari (Italia) , Monsaraz (Portogallo), Valencia (Spagna), Pescara (Italia), Marrakech (Marocco) – 2005-06, Bamako (Mali) – 2008, Cagliari (Italia) – 2009, Coimbra (Portugal) – 2010, Lima (Perù) – 2012, 21 1.1 Gli architetti e il fascino della terra Per quanto negli ultimi decenni sia stata adombrata dalla forte presenza del calcestruzzo nel mercato dell’edilizia moderna, la terra, materiale per eccellenza dell’architettura vernacolare, non ha mai smesso di affascinare e ispirare architetti. Adolf Loos, Nathaniel Owings13, passando per e i più famosi Frank L. Wright e Le Corbusier, sono solo alcuni dei nomi che hanno utilizzato la terra in almeno uno dei loro progetti: chi per restrizioni economiche e chi per fascinazione per i materiali naturali. Ma l’architettura in terra non è solo un romantico ritorno alle origini degli architetti che vogliono fuggire dalla frenesia del mondo moderno, ma è una tecnica antica come la civiltà umana, apparsa nella trattatistica sin dai tempi dei romani. Vitruvio (80 a.C ca. – 15 a.C. ca.) nel suo famoso De Architectura, parla dei mattoni in terra cruda e delle loro qualità: “Perciò sono questi mattoni di grandissimo uso, sì perchè non riescono pesanti nelle fabbriche, si perchè, fatti che sono, non si alterano per le intemperie dei tempi”14. Anche Plinio (23-79 d.C) cita questo tipo di costruzioni, da scrittori latini sino a Leon Battista Alberti16. Quest’ultimo individua l’origine delle costruzione in terra nella cultura nordafricana, riferendosi comunque agli scritti di Plinio. Verso la fine del 1700 in Francia si ha una diffusione importante nella manualistica. Lo scrittore più prolifico e attivo fu di certo François Cointeraux (1740-1830). Egli dedicò la sua vita alla diffusione e alla miglioria della tecnica del pisé: scrisse diversi trattati e articoli, la modernizzò attraverso invenzioni tecnologiche e aprì la scuola “Architecture Rurale” a Parigi. Nonostante ciò, non gli fu mai dato il giusto riconoscimento dai suoi connazionali se non dal famoso trattatista e amico Rondelet che diede ampio spazio nel suo trattato17 alle costruzioni lui conosciute principalmente alla penisola iberica15 e insieme a lui altri 15. 22 13 Nathaniel Owings, uno dei rappresentanti del famosissimo studio SOM di Chicago, scrive questo sulla sua casa: “Questa casa è fatta con materiali naturali invece di prodotti industrializzati. È infatti possibile costruire una casa eccellente semplicemente in mattoni, e la mia reazione è allontanarmi con forza dallo spirito meccanicista della pratica attuale”. Il testo, uscito nel settembre1972 nella rivista Architectural Forum (pp. 42-45) è riportato nel libro: J. Dethier, Arquitecturas da terra ou o futuro de uma tradição milenar, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona, 1993, pg. 53 14 Vitruvius Pollio, Carlo Amati, vol. 2, De architectura – Dell’architettura, Giacomo Pirola Edizioni, Milano, 1829, Libro II, cap. III 15 Plinio il vecchio, Naturalis Historia, libro XXXV, cap. XIV 16. F. Cointeraux, I Cahier in pisé. Per quanto un insuccesso a livello accademico/istituzionale, le sue ricerche ebbero una risonanza internazionale (addirittura catturarono l’attenzione dell’americano Thomas Jefferson18) e i suoi testi furono tradotti in diverse lingue. In Inghilterra Henry Holland (1745- 1806) introduce il pisé traducendo il terzo Cahier di Cointeraux, e promuove le costruzioni in terra, soprattutto per quanto riguarda l’incombustibilità di questo tipo di edifici. David Gilly (1748-1808), tedesco, fondatore della Bauakademie di Berlino, costituisce un altro importante tassello della diffusione di questa 16 M. Bertagnin, Il pisè e la regola: Manualistica settecentesca per l’architettura in terra, riedizione critica del manuale di Giuseppe Del Rosso, Dell’economica costruzione delle case di terra (1793), Edilstampa, Roma 1992, pg. 22 17 J. Rondelet, Traité theorique e pratique de l’art de batir, Parigi, 1814 18 M. Lewis, Origins of Pisé de terre, http://www.mileslewis.net/australian-building/pdf/03-earth-stone/ pise-origins.pdf 23 18. New Gourna, abitazioni, H. Fathy tecnica in Europa: egli divulga il pensiero di Cointeraux in Germania e porta avanti la ricerca e la sperimentazione sull’architettura in terra. In Italia, il toscano Giuseppe del Rosso scrive l’opuscolo “Dell’economica costruzione delle case di terra, opuscolo diretto agl’industriosi possidenti e abitatori dell’agro toscano”19: anch’egli, come Cointeraux, non raggiungerà il successo sperato, ma la loro testimonianza rimane un documento fondamentale della trattatistica sulle costruzioni in terra cruda. Più vicina ai nostri tempi, e per certi versi simile a quella di F. Cointeraux, è la storia di Hassan Fathy (1900-1989), architetto egiziano che ha provato a resistere alla “colonizzazione” architettonica occidentale attraverso la rivalutazione della tradizione egiziana del mattone in terra cruda e della meravigliosa tecnica della volta nubiana. Già all’inizio della sua carriera tentò di opporsi “al progressivo processo di omologazione del linguaggio architettonico”20 e cominciò con il costruire case private utilizzando i mattoni di terra seccati al sole. La necessità di importare il legno per la copertura manteneva però elevato il costo della costruzione. Con la guerra, la difficoltà di poter ricevere il materiali lignei aumentò e H. Fathy dovette trovare una soluzione che permettesse di fare coperture senza l’utilizzo del legno nella casseratura e nella struttura. L’architettura tradizionale gli venne incontro facendogli riscoprire una tecnica locale e decisamente più economica: la volta nubiana. Questo tipo di volta permette di costruire 17. Rondelet, 1804, Traité theorique et pratique de l’Art de Bâtir 24 19. New Gourna, i portici del mercato, H. Fathy 19 G. del Rosso, Dell’economica costruzione delle case di terra, opuscolo diretto agl’industriosi possidenti e abitatori dell’agro toscano, Bouchard, Firenze, 1793 20 H. Fathy, Costruire con la gente, Jaca Book, Milano, 1985, pg. 10 25 20. Cooperative Homesteads, pianta e sezione, F. L. Wright 21. Cooperative Homesteads, prospettiva, F. L. Wright 26 intere coperture senza l’utilizzo di centine o casseri in legno. Nel 1945 il progetto di H. Fathy fu notato dal Ministero Egiziano delle Antichità, che gli chiese di redigere un piano per la costruzione di un villaggio per settemila persone; New Gourna: da qui iniziò la più grande esperienza di H. Fathy che purtroppo non sarebbe arrivata a termine. Nel 1947, infatti, a causa dell’ostruzionismo burocratico e dell’abbandono da parte delle istituzioni, il progetto fu interrotto. Nonostante il fallimento sociale ed economico, i suoi libri furono tradotti in tantissime lingue mostrando la bellezza, la praticità e l’importante funzione economica, politica e sociale delle costruzioni in terra. I suoi scritti e le sue opere continuano ad essere un punto di riferimento per architetti di tutto il mondo. H. Fathy promuoveva un processo di autocostruzione e di coinvolgimento dei futuri abitanti. È spesso una pratica connessa all’utilizzo di queste tecniche: i costruttori/abitanti, oltre a risparmiare, sono inseriti nel processo costruttivo rendendo il progetto sicuramente più vicino ai propri bisogni. Con lo stesso intento nel 1942, Frank L. Wright inizia il progetto Cooperative Homesteads. I clienti erano un gruppo di lavoratori, insegnanti e professionisti, e il programma consisteva nell’organizzare alloggi per 22 famiglie in un terreno di circa 8 ettari. Le singole case potevano essere costruite dalle persone stesse e il progetto fondeva la tecnica del pisé (utilizzato nei muri esterni e interni) con quella del terrapieno. Questa ultima tecnica permetteva una migliore massa termica e la possibilità da parte degli abitanti di creare un orto lungo la pendenza. Il cantiere iniziò, ma purtroppo non fu portato a termine, poiché alcuni coordinatori del progetto furono chiamati alle armi21. Un anno prima, nel 1941, anche l’europeo Le Corbusier cominciò ad interessarsi all’architettura in terra. Le restrizioni e le difficoltà economiche del conflitto mondiale lo indirizzarono a trovare in questo materiale una soluzione perfetta per l’abitazione a basso costo. Pubblicò il libro Les constructions Murondins, interamente consacrato alla riabilitazione delle costruzioni in pisé e all’autocostruzione da parte degli abitanti. Il testo è stilato come un piccolo manuale che illustra diversi prototipi di case ma anche edifici pubblici, utili come base replicabile22. 22. Le constructions Murondins, Le Corbusier Questi esempi mostrano una parte dei contributi teorici e pratici degli architetti alla diffusione di una tecnica, che per quanto spesso dimenticata, continua a permanere nei secoli dimostrando la sua durabilità e la sua efficienza nel campo architettonico. Sempre più architetti contemporanei sono interessati alla terra: le sue proprietà la rendono un materiale che si presta nella concezione di progetti in paesi in via di sviluppo, grazie alla sua rapidità nella posa in opera, alla economicità e, ovviamente alla sostenibilità. Associazioni e ONG sempre più spesso costruiscono scuole, ospedali e spazi pubblici utilizzando materiali naturali, a filiera corta e con il recupero della tradizione del luogo. 21 R. Rael, Earth Architecture, Princetown Architecture Press, New York, 2009, pg. 12 22 ibidem 27 23. F. Kere, Primary School, Burkina Faso La globalizzazione troppo rapida e il conseguente abbandono delle campagne ha fatto sì che si perdessero molte tradizioni costruttive e si moltiplicassero gli slums di lamiera e mattoni di cemento. Questo tipo di costruzioni non garantisce un ambiente salubre e confortevole per gli abitanti e incrementa il disagio sociale. La mostra del MOMA “Small Scale, Big Change: New Architectures of Social Engagement”, svoltasi dal 3 ottobre 2010 al 3 gennaio 2011, ha presentato 11 progetti di piccola scala con una grande attenzione al sociale e alla comunità in cui si inseriscono. Tra questi progetti sparsi in tutto il mondo, due sono in terra cruda: la scuola primaria in Burkina Faso di Diébédo Francis Kéré e l’handmade school di Anna Heringer23. 25. Liveinslums, Mathare School, Kenya 24. A. Heringer, Handmadeschool, Bangladesh 28 23 Francis Kéré architecture: http://www.kerearchitecture.com/. Anna Heringer: http://www.anna-heringer. com/ 26. A. Kankunnen + V. Moretta, trial pavillion, Tibet 29 1.2 Diverse tecniche, un solo materiale Come già detto i modi di utilizzo della terra sono svariati. Il gruppo CRATerre ne ha individuato 12 principali con quasi 100 possibili varianti24: 1. Terra scavata 2. Terra di copertura 3. Terra da riempimento 4. Terra ritagliata dal suolo 5. Terra battuta = Terra compressa, blocchi battuti, blocchi compressi 6. Terra modellata 7. Terra impilata 8. Terra plasmata 9. Terra estrusa 10. Terra colata 11. Terra paglia 12. Terra di riempimento La terra si adatta a svariate funzioni quali: l’elevazione di muri portanti, l’utilizzo come malta e legante, pavimentazione, soffitti, intonaco, decorazione interna, tetti e coperture piane. In questa tesi si approfondirà il tema della terra battuta nell’elevazione di muri portanti e in particolare della tecnica del pisé. 27. 30 24 H. Huben, H. Guillaud e altri, Traité de construction en terre, Parenthèses, Marsiglia, 2006, pg. 162 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 28. 31 a. c. b. d. 37. terra pressata: a. mattoni pressati manualmente; b. con pressa idraulica; c. Pisé tradizionale; d. Pisé meccanico 32 1.3 La terra battuta e il pisé La terra battuta si ottiene comprimendo la terra umida in casseformi: in questo modo si aumenta la sua massa volumica rendendola più resistente alle cause di degradazione come ad esempio l’acqua25. Questa tecnica varia molto per dimensioni delle casseformi e per tipo di compressione. Si va da una compressione manuale ad opera dell’uomo, sino alla compattazione con l’aiuto di macchine industriali per la produzione di mattoni compressi e l’utilizzo di compressori elettrici su grandi casseformi, che rendono più rapido il processo di costruzione. L’uso della terra battuta si suddivide principalmente in due gruppi: uno è quello della produzione di mattoni o blocchi di esigue dimensioni, l’altro è quello della produzione di muri monolitici strutturali. Nel primo caso, la tecnica più antica e ormai abbandonata data la lentezza del processo, è quella di comprimere manualmente con dei pestelli la terra dentro forme di legno. L’innovazione tecnologica e la necessità di maggiore rapidità nei processi costruttivi, ha portato alla creazione di presse idrauliche. In questo caso la terra è compressa dentro delle formine dove la coesione tra gli elementi e l’eliminazione dell’aria avviene in modo omogeneo e rapido. In base al tipo di macchina si può arrivare a produzioni industriali dai 300 sino ai 20.000 mattoni al giorno26. 38. Pisè, Piemonte, Italia e Portogallo viene rispettivamente chiamata tapia e taipa. Il pisé, in quanto prodotto in cantiere, rimane tutt’ora una soluzione rapida ed adattabile ai ritmi contemporanei. Non mancano comunque le innovazioni, come ad esempio l’introduzione di presse per vibrazione alimentate ad elettricità. Martin Rauch, ceramista che si è dedicato all’architettura e alla costruzione, crea per alcuni suoi progetti, dei blocchi pre-compressi di terra battuta29, senza produrli nel luogo effettivo della costruzione. L’altra tecnica è quella del pisé, parola francese di origine latina. Il pisé 25 Idem, pg. 172 26 Ibidem nasce a Lyon nel 1562 e indica il principio costruttivo di pareti spesse e monolitiche (di solito di 50 cm di spessore) ottenuto attraverso la compressione della terra con dei pestoni in casseri lignei, che vengono rimossi mano a mano che l’opera procede27. La terra viene posta in strati poco per volta. Il pisé è una tecnica costruttiva semplice, economica e versatile: le casseformi possono variare in spessore, forma, e altezza, in base alle tradizioni e alle necessità di cantiere. Data la sua facilità e adattabilità alle diverse esigenze, è una tecnica presente nelle tradizioni costruttive di tutto il mondo, assumendo denominazioni diverse a seconda del luogo. Il termine pisé ha probabilmente raggiunto l’Italia durante il periodo delle cosiddette invasioni barbariche28. In Spagna 39. Blocchi in terra pre-compressi, M. Rauch 27 R. Rael Earth Architecture, Princetown Architecture Press, New York, 2009, pg. 18 28 M. Bertagnin, Il pisè e la regola: Manualistica settecentesca per l’architettura in terra, riedizione critica del manuale di Giuseppe Del Rosso, Dell’economica costruzione delle case di terra (1793), Edilstampa, Roma 1992, pg. 22 29 M. Rauch, “Modern Earth Construction – A form of Building with Development Potential”, Detail, n. 6 (2011), pgg. 753 33 40. H. Schreck, pisé, Portogallo 41. T. Beirao + A. Bastos, pisé, Portogallo 34 Queste innovazioni riducono i tempi e l’utilizzo di manodopera, oltre a rendere più omogenea la resistenza dei blocchi di terra. Non tutti gli architetti la pensano allo stesso modo: l’architetto H. Schreck, per esempio, sceglie la compressione manuale, che ritiene la soluzione più adatta in quanto permette agli operai di controllare meglio il processo costruttivo e l’instaurarsi di un processo economico più diretto nel luogo dove si costruisce. Egli infatti ritiene che un buon taipeiro (costruttore di case in terra) sia in grado di capire dal suono della mezzaranga sulla terra se si è arrivati ad una compressione ottimale, cosa che non sarebbe possibile verificare con il rumore prodotto dalla compressione meccanizzata. L’andamento del cantiere inoltre, sostiene sempre l’architetto portoghese, non è rallentata: egli, con 8 uomini (3 squadre) ha portato a compimento l’elevazione di tutte le pareti di una casa di 600 mq in soli 30 giorni. In generale una squadra, composta da 4 uomini può produrre 6 casseri al giorno, garantendo una progressione del cantiere ottimale. La considerazione alla base di una scelta che può sembrare anacronistica e radicale è che l’architettura in terra offre la possibilità di ovviare al problema dell’inquinamento causato dall’architettura contemporanea e dovuto alla grande industrializzazione del processo produttivo. Utilizzare macchinari prodotti da industrie che inevitabilmente inquinano, non fa che aumentare l’impatto ambientale dell’edificio che, per quanto sia fatto di terra, non sarà sostenibile in tutti i suoi processi. In generale l’organizzazione della manodopera in cantiere (per quanto riguarda l’elevazione dei muri in taipa) si suddivide così30: - 1 squadra = 4 uomini (uno mischia la terra, uno la trasporta, due la battono) - 2 squadre = 6 uomini (uno mischia la terra, uno la trasporta, quattro la battono la - 3 squadre = 8 uomini (uno mischia la terra, uno la trasporta, sei la battono) Da questo schema è facile dedurre che con due o tre squadre si risparmia, si velocizzano i tempi di cantiere e si ottimizzano i ruoli della manodopera. 42. M. Rauch, pisé, Austria 43. Caracol Architecture, pisè, Francia 30 fonte H. Schreck 44. Edificio in pisè, tecnica tradizionale, Alentejo, Portogallo, 2011 35 CICLO DI PRODUZIONE DI UNA PARETE IN PISE’ La terra viene estratta dal suolo direttamente nell’area di costruzione Si riempono i secchi con la terra I secchi sono versati nel cassero e si sparge la terra omogeneamente per strati di ca. 10 cm La terra viene compattata con la mezzaranga Vengono tolti i casseri 45. Il processo della costruzione in pisé (disegni A. Misse) 36 37 46. Posa in opera pisè 1.3.1 Pisé, progenitore del calcestruzzo armato? Il pisé, come già detto, è una delle tecniche più diffuse al mondo e la più apprezzata tra gli architetti contemporanei per la sua somiglianza con il calcestruzzo e per la sua facile posa in opera. La connessione con il calcestruzzo armato non è solo di origine estetica, ma soprattutto tecnica. Questo legame è quasi sempre omesso, ma alcuni studiosi come P. Collins31 e K. Frampton32 ne fanno esplicito riferimento. Il primo, nel suo libro Concrete: the vision of a new architecture dà un ampio spazio al pisé, alla sua storia e al suo più grande divulgatore, F. Cointeraux, rimarcando le origini del calcestruzzo armato nella posa in opera del pisé più che nel materiale terra. Frampton collega invece la nascita del calcestruzzo ad una serie di eventi storici e culturali: la rivoluzione francese, la sintesi del cemento idraulico ottenuto da Vicat e la conoscenza di F. Coignet della tecnica del pisé, dato che Lione era la sua città natale. Bertagnin, nell’introduzione alla riedizione del manuale di Giuseppe del Rosso33, un secolo dopo, il calcestruzzo sia diventato il riferimento per la rinascita delle costruzioni in terra pressata, anche se questa volta il legame è di origine estetica: gli architetti moderni, cresciuti con l’estetica minimalista del calcestruzzo, ritrovano nella terra un valido sostituto. fa notare come non sia un caso che dopo la pubblicazione dei trattati di Rondelet e Cointeraux si siano sviluppati in Francia esperimenti che hanno portato all’invenzione dei primi conglomerati cementizi. È dunque il pisé il progenitore del calcestruzzo? È interessante notare che, 47. Posa in opera calcestruzzo 38 31 P. Collins, Concrete: the vision of a new architecture, Faber and Faber, Londra, 1959, pgg 21-24 32 K. Frampton, Le trasformazioni tecniche: L’ingegneria strutturale in Storia dell’architettura moderna, Zanichelli, Bologna, 1982, pgg. 31-32 33 M. Bertagnin, Il pisè e la regola: Manualistica settecentesca per l’architettura in terra, riedizione critica del manuale di Giuseppe Del Rosso, Dell’economica costruzione delle case di terra (1793), Edilstampa, Roma 1992, pg. 19 48. ETAR, Evora, Portogallo, J. A. Correia 39 1.3.2 Requisiti e prestazioni Costruire in terra cruda oggi offre numerosi vantaggi: l’economia, il basso impatto ambientale e la salubrità degli ambienti sono solo alcuni tra i più evidenti. Di seguito elencheremo le qualità e le prestazioni legate alla tecnica costruttiva del pisè. Energia & Riciclabilità L’energia intrinseca34 necessaria per le costruzioni in terra cruda è molto bassa, poiché non è necessaria un’industrializzazione pesante alla base del processo produttivo e i materiali principali utilizzati in cantiere provengono dal luogo di progetto stesso, incentivando un’ “architettura a km 0”. Inoltre la terra può essere totalmente riciclabile35 a meno che non venga 49. La terra ritorna alla terra... stabilizzata con prodotti chimici: se un edificio in terra viene abbandonato ritornerà pian piano al suo stato iniziale prima della compattazione da parte dell’uomo. Economicità Il materiale terra raramente si compra o si trasporta e questo fa calare i costi di cantiere. Il tempo per costruire è inferiore ad altre tecniche quali il calcestruzzo e il mattone, con riduzione della manodopera e dunque del prezzo complessivo. 34 Questa è definita come l’energia necessaria alla produzione di 1 kg di materiale a partire dalle materie prime naturali (considerate come zero energetico). http://www.gpsolar.it/project-materials.php 35 Quando si tratta di ristrutturare un vecchio rudere, le pareti che strutturalmente non sono più utilizzabili vengono abbattute e la terra viene mischiata alla terra che verrà utilizzata nel nuovo progetto. Di solito per vedere se le pareti di un edificio sono in buono stato si toglie l’intonaco sino al livello di un metro. Se la terra è in buone condizioni sino a quel livello significa che è strutturalmente in buona. 40 50. Schema sulla durabilità delle costruzioni in terra Durabilità La sua attaccabilità dagli agenti atmosferici, e in particolare dall’acqua, alimenta le critiche di chi vede nella terra cruda un materiale poco durevole. In realtà la sua durata nel tempo è sottovalutata: come mostra lo schema, la terra ha una durabilità sorprendente, che ha permesso di far arrivare sino ai giorni nostri la testimonianza architettonica della terra cruda. A differenza degli altri materiali da costruzione non subisce degradazioni particolari, anzi più passa il tempo, maggiori sono le sue proprietà, tant’è che edifici vecchi di secoli, costruiti in pisé paiono ormai resistenti e duri come la pietra. Cointeraux cercava di convincere i suoi contemporanei con questi argomenti; egli si era imbattuto nella tecnica durante la ristrutturazione di un edificio rurale vecchio un secolo, aveva scoperto che i muri erano fatti in terra ed erano totalmente ignifughi. Il fuoco infatti, non solo non attacca i muri in terra ma li fortifica, cuocendoli. Come sottolinea L. Fontaine nel suo libro Batir en Terre, la terra è un materiale che non solo non peggiora, ma anzi migliora con il passare del tempo: il legno marcisce, il ferro si arrugginisce, il cemento e la pietra possono essere attaccati da agenti atmosferici36 mentre la terra, se ben protetta dall’acqua, può resistere anni, anzi millenni. “Di fatto, non valutiamo bene la differenza tra il comportamento isolato di un campione di materiale analizzato in laboratorio e sottoposto al massimo 36 R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 101 41 51. Un muro in pisé con più di 100 anni, senza protezioni, senza il resto della casa, lasciato alle intemperie, rimane ancora in piedi. S. Teotonio, Odemira, Portogallo delle sollecitazioni e il comportamento di un’architettura ben concepita, che risponde abilmente alle limitazioni e alle caratteristiche proprie del materiale” 37. Acqua L’acqua è la causa dei maggiori problemi di degradazione di un edificio in pisé ed è per questo necessario prendere le dovute precauzioni al fine di preservarne la durabilità nel tempo. Per proteggere le pareti dalla risalita capillare, si costruiscono i muri in pisè sopra un basamento. Una ricerca di Mariana Correia, sulla taipa nel sud del Portogallo, esamina anche la variazione delle misure del basamento che dipende sia dal tipo di terra che viene utilizzata, sia dalla piovosità della zona in cui è inserito l’edificio: descrive esempi di edifici che non ne presentano e altri con un basamento che varia da un minimo di 30 cm sino ad uno massimo di 2 m. Il basamento è tradizionalmente fatto in pietra o mattoni o da una combinazione dei due. Attualmente possono essere fatti in pietra e cemento. La soluzione tradizionale per la protezione dall’acqua piovana consiste nel far sporgere le coperture e proteggere con l’intonaco almeno le aperture e gli angoli. L’intonaco deve inoltre garantire una buona protezione ai sali solubili igroscopici (principalmente cloridi, solfati e nitrati)38. Questi infatti, a contatto con l’acqua migrano nella parte superficiale della parete, causando 37 J. Dethier, Arquitecturas da terra ou o futuro de uma tradição milenar, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisbona, 1993, pg. 29 38 M. Achenza, M. Correia, M. Cadinu, A. Serra, (a cura di), Houses and cities built with earth, Argomentum, Lisbona, 2006, pg. 46 42 52. Protezione dalla pioggia: copertura sporgente e intonaco rigonfiamenti e distacco di intonaco. L’intonaco deve essere scelto con cura, compatibile con il muro di terra e abbastanza poroso da permettere piccole espansioni senza rischi di degrado. Sismi Le costruzioni in terra presentano una bassa resistenza all’azione sismica. G. Minke, nel suo manuale39, dimostra come le probabilità di collasso in caso di sisma possano essere notevolmente ridotte grazie ad alcuni accorgimenti in fase progettuale. L’accumulo di conoscenze ha permesso che venissero tacitamente osservate delle regole utili ad aumentare la resistenza ai sismi: lo spessore dei muri non deve superare i 50-60 cm per non creare un’inerzia elevata e gli architravi devono essere sempre ben connessi alla muratura e di adeguate dimensioni. Il Portogallo è una zona altamente sismica ma la maggior parte delle case tradizionali sono costruite in terra, un detto popolare afferma che una casa in terra “si scuote ma non cade”. Vi sono testimonianze che molte case in terra hanno resistito al forte terremoto che colpì il Portogallo nel 1755. Da un’intervista con l’arch. Henrique Schreck sono venuta a sapere che in Alentejo solo pochi edifici hanno subito danni ingenti e furono gli edifici che non rispettavano le “regole” di una buona casa in terra, in primis l’altezza dell’edificio che non deve essere superiore ad uno o due piani, furono infatti le cappelle o le chiese dei villaggi ad avere cedimenti strutturali nelle 39 G. Minke, Construction manual for earthquake-resistant houses built of earth, GTZ, Eschborn, 2001, pg. 133 43 parti più esposte strutturalmente (i campanili). Acustica L’elevata massa delle pareti permette un ottimo isolamento acustico tra un ambiente e l’altro. La creazione di superfici ruvide o la scelta di non intonacare la terra all’interno dell’edificio, può garantire un buon assorbimento dei suoni d’ambiente. Comportamento termico Il pisé risponde termicamente in maniera eccellente. La parete attiva un meccanismo di liberazione/assorbimento dell’umidità dell’aria in funzione delle differenze igrometriche tra la parete e l’atmosfera40. Inoltre l’elevata 53. Patii interni e muri in pisè, restituiscono un buon comfort termoigrometrico. inerzia termica la rende particolarmente adatta in paesi dove vi è una grande variazione di temperatura tra il giorno e la notte. Assorbe infatti il calore durante il giorno e lo distribuisce con un notevole sfasamento orario e con temperature costanti durante la notte. Le pareti, se si evita l’impermeabilizzazione con materiali sintetici, garantiscono questo scambio regolatore, che avviene soprattutto nei primi due cm della parete interna. Anche per quanto riguarda la distribuzione dell’umidità dell’aria, le pareti in terra intonacate con materiali naturali garantiscono una regolazione dell’umidità presente nell’aria. Radiazioni elettromagnetiche Una casa in terra è anche un buon isolante dalle onde elettromagnetiche. 40 F. D. Gonzàlez, Geometria da arquitectura de terra: a sustentabilidade geométrica da construções em terra crua, Universidade Lusíada Editora, 2006, pg. 32 44 Al giorno d’oggi le radiazioni a cui siamo esposti quotidianamente sono oggetto di studio e sempre più persone richiedono l’utilizzo di materiali che ne diminuiscano la presenza in ambienti domestici. A seguire la testimonianza degli studi fatti da G. Minke: “Un muro normale fatto di mattoni forati ha un assorbimento basso su tutta la gamma. L’assorbimento di un muro di terra, se osserviamo invece un’onda alla frequenza di 2GHz (all’incirca la frequenza usata per la telefonia mobile) è invece superiore al 99%. Un tetto verde come quello di casa mia, con uno substrato di 15 cm ed uno strato vegetativo sopra, posto in opera su uno strato di blocchi di adobe fornisce un assorbimento del 99,999%. Se una tale casa non avesse porte e finestre sarebbe impossibile usare il cellulare.” In un suo progetto in mattoni di terra con tetto verde è riuscito ad avere una protezione del 99,6% soddisfacendo così il cliente che aveva espresso il desiderio di una protezione totale dalle onde elettromagnetiche”41. 54. I materiali naturali creano un ambiente più salubre Salubrità La terra, se opportunamente trattata con altri materiali naturali, è un materiale che non emette sostanza nocive, usualmente presenti negli ambienti interni delle case contemporanee. Caratteristiche fisiche e meccaniche Il pisé non ha un’altissima resistenza a trazione. La resistenza alla compressione varia molto in base alla terra utilizzata, alla modalità di compressione e al tempo che decorre dalla posa in opera. Nella tabella 41 S. Pollak, Terra. Ragionamenti e progetti, Aracne, Roma, 2012, pg. 93 45 a seguire, tratta dal libro “Costruire con la terra” , sono riassunte le caratteristiche fisiche e meccaniche risultate da varie ricerche scientifiche sul tema. 42 55. Caratteristiche fisiche e Meccaniche del pisè. 42 B. Narici, G. Scudo, C. Talamo, Costruire con la terra, Esselibri, Napoli, 2001, pgg. 26-27 56. 46 1.3.3 Composizione del suolo Costruire con la terra richiede l’analisi del suolo, utile a valutare i requisiti necessari per la scelta della tecnica da utilizzare. La terra è composta da tre parti: gassosa, liquida e solida. Tutte concorrono alla creazione di tipologie di terre differenti, con caratteristiche che determinano la tecnica utilizzata in un dato luogo. La parte gassosa è costituita principalmente dall’aria esterna e dai gas di decomposizione di materie organiche all’interno della terra. Questo elemento diminuisce la resistenza della terra e per questo motivo è necessario ridurre la sua presenza al fine di rinforzare la sua struttura. Per questo motivo la terra indicata per le costruzioni è situata a 20-30 cm sotto lo strato coltivabile. Infatti lo strato superficiale contiene troppi elementi vegetali o animali che potrebbero andare in decomposizione e non garantire una buona resistenza meccanica. Anche in questo le costruzioni in terra si distinguono in quanto rispettano il ciclo della vita: la terra coltivabile rimane infatti a disposizione dell’uomo per l’agricoltura. Le componenti solide si dividono in particelle organiche (derivate da piante o animali) e particelle minerali (inerti), classificate in base alle loro dimensioni come di seguito: Pietre (20cm a 2 cm) Ghiaia (2 cm ai 2 mm) Sabbia (2 mm e 60 µm) Limo (60 µm ai 2 µm) 47 Argilla (sotto i 2 µm) La diversa proporzione di questi elementi è fondamentale per riconoscere il tipo di terra con la quale si ha a che fare. Possiamo così avere terre argillose, limacciose etc. in base alla percentuale maggiore di un inerte rispetto ad un altro. La parte liquida è costituita principalmente da acqua, che agisce da legante insieme alle particelle solubili nell’acqua stessa quali sali, zuccheri, alcool, acidi organici etc. e permette che la terra diventi un pezzo unico. L’acqua infatti esercita un’attrattiva tra due superfici e dunque tra gli inerti attraverso le forze capillari. Questa caratteristica è la stessa che permette la costruzione dei castelli di sabbia43, che però crollano all’evaporazione edificio sia adatta alla tecnica che intendiamo utilizzare. Tradizionalmente ci si affidava sempre ad una persona con esperienza (in Portogallo si chiama il mestre taipeiro), capace di percepire con pochi test se la terra è adatta per la costruzione. In generale la terra utilizzata per il pisé è arida e ghiaiosa e la dimensione degli inerti va dai 10 cm sino ai millesimi di millimetro delle particelle di argilla45. Le percentuali idonee per la giusta composizione della terra per il pisé, variano a seconda dei vari autori che trattano l’argomento. Di seguito vengono proposte le percentuali per una buona composizione della terra per le costruzioni in taipa secondo la professoressa A. Mendes Moreira46: dell’acqua. Nel caso della terra questo non avviene perché è composta anche da altri elementi (limo e argilla), che creano un insieme di lunga durata e stabilità. La maggior parte dell’acqua che viene utilizzata nell’impasto durante la messa in opera (circa il 20%) evapora. Residua una percentuale del 2%, che equivale a 15 litri per mq per un muro in pisé di 40 cm di spessore44. Per decidere se una terra è buona, non è sufficiente analizzare un solo elemento alla volta, ma è necessario sperimentare come questi si integrino tra loro. Esistono in proposito diversi test da effettuare in cantiere, che permettono di comprendere se la terra con cui vogliamo costruire il nostro 57. 48 43 R. Anger, L. Fontaine, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 152 44 J.M Le Tiec, G. Paccoud, Pisè H2O, CRATerre, Villefontaine, 2006, pgg. 10-11 Argilla à 15-25% Limo à 20-35% Sabbia à 40-50% Ghiaia à 0-15% Esistono delle procedure utili a testare la terra nel cantiere. Ecco di seguito alcuni esempi. Test del rotolo: si mescola la terra con acqua sufficiente per la manipolazione, si crea un cilindro largo circa un dito e lungo circa 30 cm e lo si fa scivolare lentamente verso il basso: se si rompe prima dei 5 centimetri significa che la terra è troppo sabbiosa, se si rompe tra i 5 e i 15 58. 45 Ibidem 46 A. Mendes Moreira, Materiais de construção: Terra Crua, Escola Superior de Tecnologia de Tomar, 2009, pg.13 49 59. 60. 61. Alcuni test centimetri la proporzione tra sabbia e argilla è buona, se si rompe oltre i 15 vuol dire che è troppo argillosa. Test sedimentazione: Si riempie un barattolo per il 25% della sua dimensione con terra, lo si copre di acqua e lo si lascia sedimentare per un’ora; successivamente si agita e lo si mette a riposare nuovamente per un’altra ora; infine si ripete l’agitazione e lo si lascia di nuovo riposare per minimo 45 minuti. Allo scadere del tempo sarà possibile valutare la percentuale delle particelle all’interno della terra. Test del taglio: Si crea una palla di terra e la si taglia con un coltello: se la superficie tagliata brilla, significa che c’è un’alta presenza di argilla, se la superficie è opaca c’è troppo limo. Test della pallina: Si crea una palla di terra con il minimo di acqua possibile, del diametro di 4 cm. Si fa cadere la palla dall’altezza di circa 1,5 m su una superficie piana: se la palla si appiattisce senza presentare crepe significa che c’è troppa argilla, se si divide in molti piccoli pezzi la percentuale di argilla è troppo bassa, se invece si crepa senza dividersi significa che la proporzione fra gli elementi è corretta. H. Schreck, oltre a questi test costruisce un mese prima dell’inizio del cantiere alcune casseformi con diversa composizione della terra e le lascia seccare all’aria aperta per 30 giorni per verificare il tipo di degradazione e/o resistenza dopo l’esposizione agli agenti atmosferici. Questi sono solo alcuni47 dei test che è possibile fare sul campo. Ovviamente ad essi si accompagnano anche test di laboratorio che danno dei risultati “più misurabili”. Quando una terra non è adatta al tipo di costruzione che si intende portare avanti, è possibile modificarne la sua composizione per migliorarla, o, in termine tecnico, stabilizzarla. Vi sono tre tipi principali di stabilizzazione: 1. Stabilizzazione meccanica: avviene attraverso una maggiore compattazione che diminuisce la porosità della terra. 2. Stabilizzazione fisica: si modifica la composizione della terra, impastando inerti (quali sabbia e argilla) di diametro diverso in maniera controllata per raggiungere le caratteristiche della terra necessaria per la costruzione 3. Stabilizzazione chimica: si aggiungono alla terra altri materiali o prodotti chimici o naturali, che modificano le sue proprietà attraverso reazioni fisico-chimiche tra la terra e il materiale aggiunto. Attraverso queste reazioni può formarsi un nuovo materiale, quale ad esempio il composto pozzolanico, derivato dalla reazione tra l’argilla e la calce. Gli stabilizzanti chimici possono essere la calce, il cemento, il bitume o le resine sintetiche. Gli stabilizzanti naturali possono essere la caseina e gli oli vegetali48. 62. La terra di scavo 50 47 Il “Traitè de construcion en terre” (nota 23) e altri autori, presentano anche altri tipi di test, come quelli dell’olfatto, del gusto etc. Qui si è voluto mettere solo quelli che si sono effettivamente sperimentati. 48 A. Mendes Moreira, Materiais de construção: Terra Crua, Escola Superior de Tecnologia de Tomar, 2009, pg.10, B. Narici, G. Scudo, C. Talamo, Costruire con la terra, Esselibri, Napoli, 2001, pg. 36 51 L’aggiunta di materiali quali il cemento, il bitume o altri sintetici, per quanto possano migliorarne la resistenza, fanno perdere alla terre una delle caratteristiche principali: la riciclabilità del materiale e la non tossicità degli ambienti. Una volta scelta la terra ed eventualmente effettuati i dovuti “aggiustamenti”, si deve porre l’attenzione al periodo di costruzione dell’edificio. In Portogallo il periodo migliore per costruire è quello di marzo o aprile, quando il periodo delle piogge è finito e la terra è abbastanza umida per elevare dei muri in taipa. I mesi successivi, caratterizzati dal progressivo caldo estivo, permetteranno alle pareti di far evaporare l’acqua dai muri gradualmente, in modo tale che l’anno seguente sia possibile procedere all’intonacare tutte le pareti. 63. 52 STRATI Strato A terra superficiale, contiene un mix di materia vegetale e organica. Solitamente è più scura rispetto agli strati inferiori. Strato B terra utilizzata per costruire Strato C a metà tra la roccia e la terra. Detta anche roccia in decomposizione. 64. Il ciclo della terra (disegni A. Misse) 53 2. PORTOGALLO Il Portogallo è composto da tre parti: il territorio continentale che si situa nell’estremità occidentale della penisola iberica e i due arcipelaghi atlantici delle Azzorre e di Madeira. La parte continentale ha la forma allungata di un rettangolo che si estende in direzione Nord-Sud. La forma lunga e stretta rende il Portogallo un paese molto vario a livello climatico, geomorfologico e sociale soprattutto nelle differenze tra Nord e Sud: il Sud è caratterizzato da un clima mediterraneo, dalla presenza di pochi rilievi e dall’aridità del suolo, mentre il Nord invece presenta rilievi montuosi, clima più freddo, piogge frequenti e vegetazione rigogliosa. La suddivisione amministrativa del paese è piuttosto complessa, anche perché la creazione delle regioni previste in realtà dal governo postrivoluzione del 1976 non è ancora chiara: per ora vi è una suddivisione in regioni autonome (le Azzorre e Madeira) e in 18 distretti amministrativi. A questi ultimi si aggiungono, e a volte si sovrappongono, le Aree Metropolitane (AM) e le Comunità Intermunicipali (CIM), a loro volta suddivise in Comuni e ulteriormente in Freguesias (Circoscrizioni). La suddivisione più utile ai fini della mia ricerca è quella delle Unità Territoriali per fini Statistici di Livello II49. Questa divide il Portogallo in aree geografiche con caratteristiche fisiche e sociali simili: la regione del Nord, la regione Centrale, la regione del bacino del Tago, la regione dell’Alentejo 65. 49 Unidades Territoriais para Fins Estatísticos de Nível I e II, http://pt.wikipedia.org/wiki/Subdivisões_de_ Portugal 55 66. 67. e dell’Algarve. Il clima del Portogallo è sempre piuttosto influenzato dalla sua forma longitudinale, che comporta variazioni climatiche forti: la zona nordest del Minho è infatti fra le regioni europee con il più elevata tasso di precipitazioni, sino ad una media di 3000 mm per anno50; nel Sud invece la media è bassissima (500 mm annui). Questa area è una delle regioni europee a rischio di desertificazione insieme all’Andalusia, in Spagna51. Un’altra caratteristica da non sottovalutare è il rischio sismico che si estende a tutta l’area nazionale. Le zone con il rischio più alto sono la costa, che può ricevere scosse dall’epicentro oceanico, il bacino del fiume Tago e la zona interna, a Sud. Per questo motivo è necessario porre durante la progettazione, tutte le precauzioni necessarie in luoghi a rischio sismico. CARTA IPSOMETRICA Portogallo Continentale DENSITA’ POPOLAZIONE Portogallo Continentale www.igeo.pt Susana Freixeira 2009 68. 69. Differenti paesaggi del Portogallo 50 P. M. A. Miranda, M.A. Valente, A.R. Tomé, R.Trigo, M. F. Coelho, A. Aguiar, E.B. Azevedo, O clima de Portugal nos séculos XX e XXI, http://idl.ul.pt/sites/idl.ul.pt/files/docs/siam2_Clima_0_0.pdf 51 M. Correia, Taipa no Alentejo, Argumentum, Lisbona, 2007, pg. 27 56 70. 71. 57 2.1 Alentejo L’Alentejo, area in cui si situa il progetto, è la regione a Sud del fiume Tago. L’etimologia del nome contiene in sé la sua posizione geografica: Além-Tejo, letteralmente al di là del Tago. È la più grande regione del paese ed è frequente che essa venga suddivisa in Alto (Nord) e Baixo (Sud) Alentejo52. Amministrativamente è diviso in 5 distretti (Portoalegre, Evora, Beja, Setúbal e Santarém), confina ad Est con la Spagna, a Sud con l’Algarve, a Ovest con la regione del Bacino del Tago e con l’oceano Atlantico e a Nord con la regione del Nord del Portogallo. La sua area corrisponde al 33% dell’area continentale (3155 1,2 km²) ma gli abitanti sono solo il 7,6% della popolazione nazionale (757190 abitanti)53. 72. Fizemos incidir a nossa analise sobre a chamada arquitectura espontânea. O potencial criador que revela supera todas as vicissitudes dos tempos, resiste e dá-nos a justa medida do valor imaginativo e concepcional do homem do povo, do seu conceito da vida, da sua poesia plasticizada em construção. Arquitectura popular em Portugal Questo rapporto fa dell’Alentejo la regione con la più bassa densità di popolazione, che in alcune zone scende sino a 25 ab/kmq. L’economia è soprattutto legata all’agricoltura, anche se la composizione del suolo, soprattutto nell’Alentejo del Sud, è caratterizzata da terre cosidette “galegas”, poco fertili, magre e pietrose derivate dai residui delle rocce d’origine vulcanica. Questo spiega la povertà generalizzata della regione e la tecnica della rotazione delle culture o del maggese, adatte a sfruttare al meglio le poche proprietà del suolo. Il clima dell’Alentejo, come già illustrato, si differenzia dal clima del nord per la bassa media delle precipitazione e l’alta incidenza dell’insolazione 52 Idem, pg. 23 53 http://pt.wikipedia.org/wiki/Alentejo 59 73. Spiaggia di Zambujeira 74. 75. 76. L’entroterra dell’Alentejo 60 annuale. Sono presenti ulteriori differenze tra la costa (area del progetto di questa tesi) e l’interno: il clima costiero è caratterizzato dai forti venti dell’Atlantico, con estate più fresca, mentre la parte interna è caratterizzata dal clima arido della zona centrale della penisola iberica. Le produzioni agricole principali sono il sughero (il Portogallo è il più grande esportatore di sughero in Europa), la “batata doce” (patata più dolce, ingrediente spesso presente nei piatti tipici dell’Alentejo), le arachidi, olio e vino. Sono inoltre da considerare le numerose cave di pietre e marmi utilizzate nella costruzione. L’attività economica più importante è però il turismo. Lo sviluppo di quest’ultimo ha migliorato le condizioni di vita della zona, che sino a cinquant’anni fa versava in una profonda povertà. La riscoperta del turismo, soprattutto negli ultimi anni è avvenuta grazie alle caratteristiche “rilassanti” del luogo, lontane dai ritmi frenetici della città. Il clima, il paesaggio naturale e persino le persone sembrano vivere con altri ritmi. Si dice che l’Alentejano ha un concetto del tempo diverso, più lento e legato alla natura. La costa offre spiagge semideserte, ottime per il surf, incastonate tra le falesie modellate dai venti e meno affollate delle spiagge del vicino Algarve. La regione più interna offre un paesaggio pianeggiante, caratterizzato da campi, querceti e uliveti dove si distinguono i montes isolati. Non è raro trovare nelle campagne o nei villaggi, delle vecchie case ristrutturate, trasformate in agriturismo, alloggi estivi o bed&breakfast. 77. Produzione di sughero 78. Uliveti Lo sviluppo del turismo in tempi abbastanza recenti54, ha evitato in parte la costruzione invasiva di ecomostri, tipico risultato di un turismo poco rispettoso del luogo. Rispetto alla costa di Setùbal e di Lagos, l’Alentejo sembra aver conservato una maggiore purezza: per questo motivo è ricercato da surfisti amanti delle onde oceaniche, da sportivi che percorrono la costa in bicicletta e da famiglie che cercano una vacanza in un luogo tranquillo e dal clima ottimale. Concorrono a selezionare i turisti, la temperatura dell’acqua, molto più fredda rispetto al mar Mediterraneo, e i forti venti, che arrivano ad increspare il mare sino a renderlo talvolta inaccessibile ai bagnanti. Un fenomeno interessante è quello di un’immigrazione al contrario. Non è raro infatti incontrare inglesi, olandesi o tedeschi che hanno deciso di vivere in Portogallo. Il fascino dei luoghi e il basso costo della vita li hanno portati a lasciare la loro patria e un lavoro più remunerativo e a comprare un terreno in Portogallo. Questo fenomeno, oltre a portare vitalità e interscambio culturale, ha fatto lievitare il prezzo dei terreni in queste zone. L’Alentejo è una regione che è molto cambiata negli ultimi decenni e che ci fa incontrare stili di vita molto differenti: dall’anziana signora che vive a pochi minuti dal mare non ha mai messo i piedi sulla sabbia, al surfista che arriva dalla Norvegia solo per poter solcare le onde dell’oceano. Le case di terra rimangono comunque una costante, abitate sia dall’anziana 54 Il Portogallo sino al 1974 era governato dalla dittatura di Antonio de Oliveira Salazar. 61 signora, che ha preservato la sua casa sino ai giorni nostri, sia dall’ecoturista che scegli di rispettare l’ambiente anche mentre viaggia. In questa mappa sono stati inseriti gli orientamenti delle cascine analizzate. Si nota come quasi tutte prediligano l’orientamento più favorevole all’esposizione solare, ovvero: 79. 80. 62 81. Orientamento dei montes in Alentejo e suddivisione in NUTS 63 2.2 La taipa in Portogallo In Portogallo le tecniche tradizionali di costruzione in terra cruda sono la taipa, l’adobe e il tabique. La taipa, che noi analizzeremo più approfonditamente, era la tecnica tradizionale più utilizzata. Gli esempi maggiori si trovano nel Sud del Paese e, in particolar modo nella regione dell’Alentejo. Origine etimologica e culturale Sull’origine del nome vi sono diverse ipotesi. Nel libro “Diálogos de edificação” si fa derivare il termine taipa dalla parola tapume che in portoghese significa “legno di divisione”55. Le autrici associano dunque A casa do homem do campo, comparada com o decorrer da história, è “eterna”, como ele próprio. Arquitectura popular em Portugal 64 TAIPA ADOBE TABIQUE le diverse tecniche che hanno il legno come elemento costruttivo (di appoggio o strutturale) alla taipa. Ne è un esempio la taipa de fasquio, un tipo di tecnica che alterna strati di terra a tavole di legno. La più conosciuta e diffusa è la taipa del sud del Portogallo che sarebbe la corrispondente portoghese del pisé. Altri autori (Bertagnin, alexandra Gesta) fanno derivare il termine taipa dall’arabo tabíya56 e attribuiscono l’origine del termine al periodo di dominazione moresca. Orlando Ribeiro, prendendo come riferimento il “Dicionário Etimológico da Lingua Portuguesa” di Meyer-Lübke, riscontra un’origine di radice iberica. Egli, comunque, riconosce che è probabile che il periodo di dominazione 55 G. de Barbosa Teixeira, M. da Cunha Belém, Diálogos de edificação : Técnicas tradicionais de construção , CRAT, Porto, 1998, pg. 63 56 A. Gesta, (a cura di) As idades da construção: técnicas de construção tradicional e sua aplicação à arquitectura contemporânea: feria internacional de artesanato: 3 a 11 de Julho, IEFP, Lisboa, 2010, pg. 68 82. Costruzioni in terra in Portogallo. 65 araba abbia contribuito alla diffusione della taipa in zone dove non era comune utilizzarla per la costruzione dei muri portanti57. Effettivamente le testimonianze archeologiche fanno risalire la costruzione in taipa alla preistoria58. Sono del IV sec. a.C. i muri di taipa delle case ritrovate a Castro Verde, nel basso Alentejo, prova della lunga storia della terra in Portogallo. A prescindere dall’origine della parola, in Portogallo possono distinguersi due tipi di taipa come costruzione di muri portanti: la taipa utilizzata per le costruzioni civili e la taipa militare59. Quest’ultima contiene molta più calce, 83. Castello di Paderne, Algarve, Portogallo 84. Taipa, anni ‘60 66 viene posta in casseri molto grandi e non si scassera prima che la terra sia asciutta. La tecnica è utilizzata solo nei castelli e nelle fortificazioni di cui alcuni esempi sono il castello di Silves, il Castelo Velho de Alcoutim, la muraglia e il castello di Alcacer do Sal e di Paderne. Diffusione e distribuzione geografica Il Portogallo, come già detto, presenta differenze culturali piuttosto forti tra il Nord e il Sud. La sua forma allungata e i particolari fattori fisici-geografici (limite climatico che oscilla tra la zona degli anticicloni subtropicali a quella dei grandi venti dell’Ovest), hanno aiutato alla creazione di due civilizzazioni piuttosto diverse60. Il paese, per quanto riguarda la tradizione 57 O. Ribeiro, Geografia e civilização. Temas Portugueses, Colecção Espaço e Sociedade, Livros Horizonte, Lisbona, 1961, pg. 39 58 M. Correia, Taipa no Alentejo, Argumentum, Lisbona, 2007, pg. 33 59 G. de Barbosa Teixeira, M. da Cunha Belém, Diálogos de edificação : Técnicas tradicionais de construção , CRAT, Porto, 1998, pg. 82 60 O. Ribeiro, Geografia e civilização. Temas Portugueses, Colecção Espaço e Sociedade, Livros Horizonte, Lisbona, 1961, pg. 31 85. Dettaglio costruzione in pietra nel Nord del Portogallo costruttiva, si può dividere in due zone: il Nord legato principalmente alla civilização da pedra (civiltà della pietra) e il Sud alla civilização do barro (civiltà della terra), le costruzioni in legno sono invece più rare e relegate alle case dei pescatori lungo la costa. Le zone dove maggiormente si presenta la taipa sono quelle di Ribatejo, Alentejo, Algarve e, separata dalle altre, la zona tra Leiria e la laguna di Aveiro. Contrariamente a quanto si possa pensare, queste zone, soprattutto l’Alentejo, presentano a volte una predominanza maggiore di pietra61 nella composizione del suolo piuttosto che di bacini sedimentari (terra più argillosa e adatta per la costruzione in taipa). Questo “disprezzo”62 per il materiale maggiormente presente nel proprio territorio è dovuto, a detta dei pedreiros63, alla maggior facilità d’uso e al minor costo. L’influenza araba e la vicinanza con gli altopiani spagnoli ricchi di argilla, devono aver trasferito questa tecnica, che è poi diventata propria di zone che non hanno la stessa composizione dei suoli. L’uso di una tecnica piuttosto che un’altra si non è quindi legato solo ai materiali del luogo ma anche alla storia e alla cultura del popolo che in esso vive. I portoghesi a loro volta esportarono questa tecnica nelle colonie, dove riscosse un discreto successo, per gli stessi motivi. Abbiamo così esempi 61 Idem, pg. 37 62 Ibidem 63 La differenza tra pedreiro e taipeiro è la seguente: il primo costruisce tutti i tipi di costruzioni, il secondo si occupa solo della taipa. Tradizionalmente la costruzione di una casa procedeva per fasi. La prima fase che vedeva all’opera colore che sapevano fare le fondazioni, in un secondo momento vi erano i taipeiros che elevavano le pareti dell’edificio, e in ultimo arrivava chi sapeva lavorare il legno per posare il tetto. 67 di taipa in Angola (Africa), a Goa (India), a Macao (Cina) e in Brasile. A Goa la tecnica prende il nome di taip e rende del tutto esplicito il legame con la taipa portoghese. In Brasile spesso fu sostituita dalle case di pau a pique o sopapo, una tecnica portata dagli schiavi africani, ancora più facile e rapida da mettere in opera. Per distinguerla da quest’ultima, più umile, in alcuni casi la taipa portoghese viene chiamata taipa de pilão. Declino e rinascita La costruzione in taipa in Portogallo fu utilizzata come tecnica principale nelle costruzioni civili (ma anche di chiese, scuole ed edifici pubblici) sino a ca. gli anni ’5064. Per questo è sempre più difficile incontrare i taipeiros 86. Casa in taipa, Sud del Portogallo che hanno costruito le case dell’Alentejo. Fortunatamente dagli anni ’80 è in corso un recupero di questa tecnica, utilizzata soprattutto nella ristrutturazione/costruzione di agriturismo rurali o case unifamiliari. La ripresa è usualmente legata ad un ceto sociale alto, dato che ancora per molti la casa di terra ricorda la povertà e gli stenti dei propri genitori. Con l’avvento della crisi i vantaggi economici e ambientali legati alla costruzione in taipa, hanno incrementato la richiesta di case in terra. L’architetto Schreck, ha cominciato a costruire in terra negli anni ’80, con la costruzione della sua casa: ad oggi ha progettato all’incirca 70 case e ne ha costruito 40. Le imprese di costruzione che costruiscono anche in taipa sono più d’una: questo non fa che migliorare il mercato e aprire la tecnica ad un più ampio raggio di utenza. Purtroppo la recente crisi che ha colpito il mercato 64 M. Correia, Taipa no Alentejo, Argumentum, Lisbona, 2007, pg. 19 68 87. edilizio, ha portato alcune imprese che costruivano in terra al fallimento. Nonostante le diverse associazioni e gruppi che si occupano della terra in Portogallo abbiano promosso in loco alcuni seminari internazionali65, è ancora necessario un maggiore sforzo a livello istituzionale per promuovere questo tipo di architettura, che altrimenti rischia di scomparire. La miglior pubblicità e divulgazione, secondo l’architetto H. Schreck è costituito dalle persone che abitano queste case. La loro scelta e la loro soddisfazione è un esempio che vale più di mille spiegazioni teoriche. 88. 89. 65 Il più importante è il “Seminário de Arquitectura de Terra em Portugal (ATP)” che è giunto ormai alla sua sesta edizione (2003 – Lisbona; 2004 – Lisbona, 2005 - Monsaraz, 2006 - Ouro Preto, 2007 - Aveiro, 2010 – Coimbra. 69 2.2.1 Taipa: processo costruttivo e strumenti della costruzione Il processo costruttivo della costruzione in taipa nell’Alentejo è ben spiegato nel libro di Vasco Lobo e Alfredo Antunes: “Il processo consiste nel battere con la mazza, dentro una specie di cassa di legno senza fondo (il taipal), terra con ghiaia spesso raccolta vicino alle pareti che si stanno costruendo. Spostando lateralmente il taipal si ottiene una fascia della dimensione della parete desiderata, una volta finito questo primo strato, si lascia indurire per poter servire da appoggio per il successivo taipal e così si va ergendo il muro, impedendo che si incontrino i giunti verticali, per ottenere connessione. (…) Le pareti sono intonacate e imbiancate a calce con cura, in modo che non è sempre possibile riconoscere di che materiale è fatta la casa”66. Nello specifico il verbo utilizzato dai due autori per indicare il processo è levantar muros, che, tradotto letteralmente vuol dire “sollevare pareti”. È così che l’Alentejo è costituito da tante case che si sono “sollevate dalla terra” come ha acutamente notato l’architetto H. Schreck. I muri in terra sono poggiati su dei basamenti (muretti in pietra) dello spessore del muro e di altezza variabile: questo evita la risalita capillare dell’acqua e il danno conseguente delle pareti. Gli attrezzi usati sono semplici e facilmente costruibili, tant’è che gli spessori e le dimensioni dei taipais variano pur nel rispetto della costruzione a 90. 70 66 V. Lobo, A. de Mata Antunes, Problemas actuais da pequena habitação rural, Centro de Estudos de Urbanismo, Coimbra, 1960, pg. 32 regola d’arte. Non esistevano infatti architetti o regole ufficiali, ma mestres taipeiros che custodivano la tecnica tramandandola oralmente, spesso di padre in figlio. La povertà della regione era tale che l’autocostruzione era la norma e spesso tutta la famiglia aiutava a costruire la casa, come ancora ricordano gli anziani. 91. La “cassa” pronta per mettere la terra. 92. La mezzaranga all’opera Caratteristiche generali delle costruzioni in taipa nell’Alentejo La dimensione media di un “mattone” di taipa, può variare da un minimo 1,40 m di lunghezza ad un massimo di 2,50 m, anche se la misura media è sui 2 m. Lo spessore varia tra i 40 e i 60 cm e l’altezza è tra i 40 e i 55 cm67. Un taipal arriva ad un peso di circa una tonnellata o una tonnellata e mezzo, a seconda dalla quantità di ghiaia o pietre che contiene. Tra un taipal e l’altro usualmente si mette della malta per far aderire meglio le pareti ed è comune mettere una pietra sopra i giunti verticali, per poter controllare la fessurazione verticale. Inoltre per migliorarne la coesione si utilizza talvolta il giunto obliquo. Quando la terra non è di buona qualità, si pongono dei rinforzi agli angoli in pietra o mattoni cotti. Non è raro inoltre incontrare tiranti o contrafforti che sostengono meglio i muri che rischiano di non sopportare il peso della copertura, non lavorando bene a trazione,. Le case in taipa in Portogallo sono generalmente di un piano, probabilmente in considerazione del rischio sismico della regione, ma vi sono anche esempi di due o più piani. La copertura può essere con tetto a due o ad una 67 M. Correia, Taipa no Alentejo, Argumentum, Lisbona, 2007, pg. 159 71 falda oppure, come nella regione dell’Algarve, con tetto piano e terrazza, usualmente utilizzata per far essiccare il pesce. L’imbiancatura delle pareti viene fatta solitamente dopo un anno dalla costruzione dell’edificio per permettere all’acqua di evaporare ed evitare così che si stacchi l’intonaco. Non tutte le case erano imbiancate interamente, dato il costo della calce; spesso si intonacavano solo i lati dove era strettamente necessario, per la protezione dal sole e dall’eccessivo calore. L’innovazione tecnologica ha apportato delle modifiche al processo tradizionale di costruzione: dalla costruzione con cassero continuo, all’utilizzo di taipais in metallo fino alla compattazione per vibrazione fatta con strumenti alimentati ad elettricità. Accanto a queste innovazioni vi sono imprese che continuano a lavorare con il metodo tradizionale, che si rivela in ogni caso competitivo e rapido. 93. Le attrezzature di cantiere 72 Strumenti di cantiere Taipal: sono sempre in coppia (taipais) e con dimensioni medie di 2,30x0,55m. Sono i pezzi laterali della “cassa” che conterrà la terra; il legno utilizzato deve avere delle buone caratteristiche di rigidità, in modo da sopportare le tensioni elevate, ma anche per resistere alle vibrazioni date dalla compattazione (possono per esempio andare bene i legni utilizzati per i casseri del calcestruzzo armato). Sono tenuti paralleli dagli altri strumenti che contribuiscono alla tenuta della cassa. Fronteiro o Comporta: di dimensioni 0,60x0,50m è il pezzo di chiusura della cassa; fatto dello stesso legno dei taipais può assumere forme differenti in corrispondenza delle aperture (vedi foto). 94. 95. Agulha: 2 o 3 barre di ferro che si pongono alla base dei taipais, per sostenerli man mano che la parete procede in altezza. Ad essi si agganciano i costeiros. Costeiros/costeiras/costaneiros: sono 4 o 6 barre di ferro o di legno, di lunghezza di ca. 1,15 m, appoggiati lateralmente ai taipais, mantengono unita la cassa e sono fermati definitivamente da una corda o, come si fa attualmente, da una morsa metallica. Côvado: barra di legno con base circolare del diametro di ca. 3 cm; se ne usano due o tre, si posizionano trasversalmente all’interno del taipal, allineate con le agulhas. Mantengono la distanza tra le tavole oltre che fare da base alle agulhas nel livello successivo, una volta rimossi. 96. Si mette il covado, si toglie il covado, si mette di nuovo l’agulha per il prossimo taipal. Pilão/Maço: mazzeranga piatta (utilizzata per la compattazione omogenea) o stretta o prismatica (per la compattazione degli angoli). Si tratta di un “pestello” dal peso dai 4 ai 9 kg. Infine vi sono delle parti che tradizionalmente erano costituite da corde, ma che ora sono sostituite da una morsa in metallo che assicura la chiusura 73 del taipal. Il costo in Portogallo di un “kit” completo a regola d’arte, con compresa la mezzaranga e le parti metalliche, è di circa 350 euro. C’è un detto popolare utile a capire in maniera semplice, ma efficace come raggiungere la qualità nelle costruzioni tradizionali in taipa: “Per fare una buona taipa, la terra deve essere portata da uno zoppo e battuta da un pazzo”. Chi trasporta la terra deve farlo con lentezza, per permettere a chi batte di avere il tempo di farlo bene; chi comprime, è necessario sia spinto da una forza “matta”, per farlo con energia senza stancarsi. 97. Quando si fanno le aperture, il frontal viene fatto della forma necessaria. 98. Il momento dello scassero 74 75 99. Gli strumenti per la costruzione in taipa (disegni H. Schreck) 76 77 100. “Purtroppo il proprietario lascia cadere a pezzi la casa...” 101. “...Noi, la nostra parte, la imbianchiamo ogni anno!” 78 2.3 Esempi antichi e contemporanei in Portogallo L’Alentejo ha molte testimonianze di costruzioni in terra; nei paesi e nella campagna si incontrano case ormai ridotte a ruderi, che stanno ritornando alla terra, mentre molte non sono distinguibili da altro tipo di costruzioni perchè imbiancate con cura dalle donne ogni anno. Ho fatto un viaggio per esplorare le caratteristiche dell’architettura in terra in edifici contemporanei e del passato. L’incontro più bello e significativo, è stato quello con un anziana coppia che vive in una parte di una grande cascina costruita agli inizi del 1900. La zona che loro abitano è imbiancata e ben curata, caratterizzata da vasi di fiori e roba stesa…la povertà e l’umiltà fa risaltare un’eleganza ed un’essenzialità fuori dal comune: “Purtroppo il proprietario lascia cadere a pezzi la casa, noi, la nostra parte, la imbianchiamo ogni anno”. Vivono in un solo ambiente e pare non abbiano l’elettricità. Vorrei scattare una fotografia ai loro volti, segnati dalle rughe ed abbronzati, ma la timidezza mi frena. Anche loro guardano la mia macchina fotografica con sospetto, forse hanno un po’ di timore che “rubi loro l’anima”. Un’anima così a lungo custodita dalle grosse pareti di terra. Qui tutto pare essere rimasto immutato. Rientro in macchina e continuo il cammino. Vado ad esplorare le nuove case in terra: cosa è cambiato dagli anni ’80 ad oggi. Da questo periodo, sempre più architetti portoghesi hanno deciso di avvicinarsi a questa tecnica: chi per un solo progetto, chi come scelta di vita, chi solo per moda o perché un cliente lo desidera. Il numero non è 102- 103. Monte das Pedreneiras, arch. H. Schreck, 1998 tale da dichiarare una vera e propria rinascita della terra, ma è sufficiente per affermare che questa saggezza popolare non andrà del tutto perduta. I riferimenti progettuali e le scelte costruttive sono talvolta differenti, ma tutti concorrono tutti ad una maggiore diffusione della taipa e dei suoi vantaggi. Parlare direttamente con gli architetti Henrique Schreck e Miguel Peixinho, mi ha permesso di conoscere alcuni dei nuovi abitanti delle case in terra e di ascoltare storie diverse, ma accomunate da uno stesso materiale. Nell’incontro con gli architetti e parlando con gli abitanti delle case, ho percepito la spinta positiva che sostiene chi sceglie di costruire o vivere in case di terra. Si respira un senso d’identità, di rispetto per le proprie tradizioni e per il paesaggio, accompagnati da uno sguardo aperto al futuro e da un’attenzione all’evoluzione della tecnica, funzionale agli stili di vita attuali. Le case contemporanee in taipa servono anche a mostrare che questo tipo di abitazioni non sono più il simbolo delle privazioni e della povertà, ma sono anzi l’immagine di una nuova ricchezza sia culturale che ambientale. Nel gennaio di quest’anno ho partecipato alla presentazione di un libro che raccoglieva immagini e storie di chi vive in case di terra in Italia. Gli autori del libro “Questa è la mia terra”68, raccontano di persone “resistenti” a dei modelli di vita, di cultura e di pensiero prevalenti. In Italia è più difficile vivere nelle case in terra: il cambiamento da uno stile di vita ad un altro 68 M. A. Desogus, M. C. Esposito, G. Sacchetti, Questa è la mia terra – immagini e racconti delle case di terra in Italia, Tiligù, Cagliari, 2011 79 e la crescita spropositata delle città sono stati così repentini, che molte di queste case sono diventate musei. Il viaggio di ricerca mi ha confermato che è possibile vivere in case di terra senza risultare anacronistici, manzi proiettati con fiducia verso il futuro. Nelle immagini successive vedrete alcuni esempi di architetture tradizionali in taipa nell’Alentejo, rovine, foto storiche e case costruite in taipa negli ultimi due decenni esempio di nuovi stili di vita. 105. 106. 104. 80 107. 81 108- 109. Cerro da Borrega, arch. H. Schreck, 110-111. Pica Noz, arch. H. Schreck, 2002 2002 82 112-113. Casa das Alfambras, H. Schreck, 2012 114 - 115. Monte Novo do Espargal, arch. M. Peixinho 116 - 117. Casas do Moinho, arch. M. Peixinho 118 - 119. Monte da Vilarinha, arch. M. Peixinho 83 120 - 121- Mercado São Luís, arch. T. Beirão 84 122 - 123. Herdade de Reguenguinho, arch. A. 124 - 125. Atelier Corinhas, arch. A. Bastos, Bastos e T. Beirão 1995 126 - 127. Habitação em Salvada, arch. B. Costa Cabral 128 - 129. E.T.A.R. de Évora, arch. J. Correia 130 - 131- Mostra Homeland, Plano B arquitectura, 2007 85 3. PROGETTO Progettare implica sempre un’analisi dettagliata del territorio in cui si va agire per poterne cogliere le criticità e le potenzialità future. Quando si ristruttura un vecchio edificio, tale analisi deve essere ancora più attenta. Per porsi nel giusto atteggiamento davanti ad una rovina, è necessario cercare di dialogare con la sua storia e il suo paesaggio: comprendere quali sono stati i motivi che hanno guidato la sua costruzione, l’orientamento, la suddivisione degli spazi e il successivo abbandono. Tale riflessione permette di immaginare le nuove possibilità del paesaggio e degli spazi interni, in modo che si inseriscano armoniosamente, in accordo alle nuove necessità dell’abitare. È questo il percorso che mi ha guidato nelle scelte progettuali. L’osservazione mi ha fatto scegliere per un intervento “silenzioso” e in armonia con il paesaggio, rispondente ai nuovi bisogni, unendo il rispetto per i materiali e la struttura in terra ad un’accogliente “vivencia do espaço”. Senza avere un segno prettamente moderno l’edificio dialoga con il paesaggio, grande protagonista di queste campagne poco abitate, attraverso il suo adattarsi ai dislivelli del terreno e al rispetto della memoria del luogo. Mi viene in mente che forse non posso essere un architetto moderno perché sono un architetto mediterraneo. E. Sottsass 132. 87 3.1 Inquadramento Il rudere è inserito in un luogo chiamato Carvalhal do Sarilho. Carvalhal significa querceto. Il sito dista dieci minuti dalla frazione di S. Teotonio, nel comune di Odemira, nella regione dell’Alentejo. Il territorio è caratterizzato da paesini che si snodano lungo la strada principale, la N120, che percorre longitudinalmente il sud del Portogallo da Alcácer do Sal a Lagos. L’area di progetto è situata dieci minuti di macchina verso l’interno. La si raggiunge attraverso una strada sterrata che si apre ad una vista di boschi di eucaliptus69, di campi coltivati e di querceti. La conformazione del terreno è caratterizzata da lievi colline; su una di queste è situato il monte in questione, che gode una buona vista sul paesaggio soprattutto dalla parte rivolta a sud-est. A nord, più in alto rispetto all’area di progetto, vi sono delle costruzioni recenti di scarso interesse. A sud-ovest si intravede il camping-agriturismo, caratterizzato da delle tende teepee70. Ad est si estende un grande campo, sul quale predomina una quercia. Nella parte sud, staccato dall’edificio, vi è un forno a legna. Il libro Arquitecturas Popular em Portugal71, testo base per chi vuole studiare le architetture tradizionali in Portogallo, distingue due tipi di abitazioni caratteristiche dell’Alentejo, la casa isolata (i montes di cui si 133. 88 69 Anche qui, purtroppo, come in tante altre parti d’Italia gli eucaliptus stanno lentamente mutando il paesaggio naturale con effetti di degrado del terreno che si inacidisce e diventa meno fertile. 70 Un teepee è una tenda conica originariamente fatta con pelli o corteccia di betulla e resa famosa dai nativi americani delle Grandi Pianure del nord degli Stati Uniti d’America. 71 George, A. Azevedo Gomes, A. da Mata Antunes, Arquitectura Popular em Portugal, vol. 2, zona 5, Edição da Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004 134. 135. Tipologie abitative dell’Alentejo 136. Un monte Alentejano 90 è parlato in precedenza) e le case inserite negli agglomerati urbani. In generale sono entrambe caratterizzate da tetti a falde (una o due), dalla presenza del camino (a volte di dimensioni importanti, che gli conferiscono un ruolo monumentale nella composizione architettonica della casa), dal colore bianco delle pareti intonacate con la calce e dal forno. Per quanto riguarda le case isolate predomina un senso di orizzontalità: le case sono di un solo piano e spiccano sull’orizzonte per il loro colore bianco, che le distingue dai campi coltivati. Presentano inoltre poche aperture, solitamente in corrispondenza alle divisioni interne, che a volte si riducono alla sola porta d’ingresso. Nel nostro caso, il monte è orientato longitudinalmente con un inclinazione di 22° rispetto al Nord e presenta i lati più lunghi ad est e ad ovest. L’inserimento rispetto ai punti cardinali risulta quindi corretto, poiché sfrutta al meglio i vantaggi naturali dell’esposizione solare. Ho analizzato una ventina di ruderi nei dintorni dell’area di progetto e ho potuto constatare che questo orientamento è quello prevalente (vedi mappa pg. 63), a dimostrazione che l’accumulo di conoscenze nel tempo abbia creato un sapere comune di risposta alle necessità del luogo. 137. 138. Prospetto Est 139. Prospetto Ovest 140. Prospetto Nord 141. Prospetto Sud 92 3.2 Analisi stato attuale L’edificio situato nell’area di progetto presenta un tetto a falde, un forno separato rispetto all’abitazione principale e le aperture tutte rivolte verso est. Una caratteristica dei montes era quella di evitare aperture ad ovest, zona più esposta ai forti venti oceanici. Questo ha reso il lato est dell’edificio più attaccabile nel tempo dagli agenti atmosferici. Il crollo del tetto è stato invece causato dalla mancanza di una separazione tra la terra e il legno, di solito realizzata con mattoni cotti. Questa pratica protegge il legno dall’umidità e impedisce l’imputridimento. I lati sud e nord si trovano in buono stato. Il lato ovest è quello che ha mantenuto la maggiore integrità grazie alla mancanza di aperture, che risponde peraltro alle caratteristiche delle case popolari in questa zona, se si esclude un piccolo vano (0,2mx0,3m) e una parte di parete crollata in corrispondenza di una giovane quercia, cresciuta vicino al muro. La suddivisione degli spazi interni è semplice e probabilmente dovuta ad ampliamenti successivi negli anni: lo si può notare dalle connessioni della taipa che non è “cruzada”, ma semplicemente appoggiata alla parete costruita precedentemente. Era comune costruire una prima parte della casa e poi aggiungere altri locali, in caso di crescita della famiglia o per alloggiare gli animali. Si riconoscono tre spazi principali che non comunicano direttamente tra loro: uno centrale, uno a nord e uno a sud. La zona centrale è probabilmente quella più antica, presenta un basamento di pietra più alto delle altre parti STATO DI FATTO scala 1:500 142. 143. Il tetto crollato ed è costituita da un’unica sala aperta ad est, dato il crollo totale della parete. Le zone nord e sud sono articolate ciascuna su due stanze e sono in migliore stato, con quasi tutte le pareti ancora abbastanza integre. Il rilievo eseguito in precedenza dall’architetto H. Schreck, ha permesso di conoscere con esattezza la metratura dell’edificio, attualmente costituito da 137,107 mq lordi con una superficie utile è di 94,580 mq. 144. La quercia vicino alla parete 145. Dettaglio 94 146. Vista verso Est 147. 148. 96 3.3 Proposta di progetto Il progetto ha l’obiettivo di sperimentare nel concreto la disciplina dell’architettura nel confronto con la tecnica della costruzione in taipa. A questo fine, in collaborazione con l’architetto H. Schreck e l’architetto L. Belladelli si propone l’esercizio progettuale della ricostruzione e ampliamento di un rudere di terra a scopo di abitazione unifamiliare. I committenti sono una coppia di portoghesi, proprietari di un agriturismo/ campeggio situato ai piedi dell’area in oggetto e attualmente vivono in un prefabbricato in legno dall’altro lato della collina. I committenti hanno richiesto di ampliare la volumetria per poter accogliere le necessità abitative sino ad arrivare a 210 mq lordi. Il programma prevede: - mantenimento del forno esterno - un salone con soppalco direttamente collegato con la cucina - quattro camere (una di queste con bagno incluso) - una veranda - uno sgabuzzino Per me era importante conservare buona parte dell’edificio preesistente rispondendo comunque alle nuove esigenze. È così che ho deciso di mantenere la parete ovest, in quanto più integra e più significativa a livello di inserimento nel paesaggio. La terra però è un materiale che lavora nell’insieme e quindi non è possibile, come può avvenire con il calcestruzzo, lasciare solo una parete e addossarci le nuove. Per poterla 149. PLANIVOLUMETRICO scala 1:1000 98 150. PIANTA AL SUOLO scala 1:500 151. 152. Gronda “alla portoghese” 153. Battente in legno di una finestra tradizionale 154. Mattonelle in cotto 155. Fondazioni e taipa 100 mantenere stato quindi necessario pensare ad una distribuzione spaziale che mantenesse anche le pareti longitudinali che ad essa erano legate. Il progetto si è quindi sviluppato in dialogo con i vincoli strutturali e le esigenze spaziali. Il prospetto nord-ovest è quello più chiuso e presenta solo piccole aperture. Questa “chiusura”, connessa al corridoio che si trova al suo interno, crea un isolamento naturale nel lato più esposto ai venti e al freddo. L’edificio si poggia sul terreno rispettando le sue pendenze e sfruttandolo per le varie funzioni richieste. Il salone si trova nella zona più bassa, raggiungendo così un’altezza tale da poter aggiungervi il soppalco. Le stanze invece hanno un’altezza inferiore, che favorisce il riscaldamento più rapido e una minore dispersione del calore. Gli ingressi e le varie aperture verso l’esterno sono stati studiati in funzione delle attività previste: - l’ingresso ad ovest è vicino alla strada di accesso; - l’ingresso ad est dà sulla veranda principale offrendo un ingresso più privato; - la porta a sud conduce alla veranda collegata con il forno e con la cucina. Gli ingressi principali (quello ad ovest e quello ad est) creano spazialmente una linea immaginaria che separa la zona più pubblica (la cucina e la sala) da quella privata (le stanze e i bagni). La cucina e la sala sono comunicanti, ma separate da una parete che è anche quella che accoglie il camino, riscaldando entrambi gli ambienti. Questa zona è esposta principalmente ad est e a sud e usufruisce quindi della migliore esposizione solare. Qui sono anche situate le due verande: una rivolta ad est e l’altra che comunica direttamente con la sala e con il forno esterno. Nelle finiture esterne si è inoltre deciso di intonacare interamente i lati sud ed est per poter riflettere il calore del sole estivo, mentre si è pensato di lasciare la terra a vista in alcuni punti della parete ovest, testimonianza della tecnica costruttiva utilizzata. Gli interni sono intonacati, tranne la parete del corridoio che rimane con la terra a vista come la parete ovest. 156. 157. 101 158. 159. 4. PENSARE UN’ARCHITETTURA IN TEMPO DI CRISI Affrontare il tema della terra cruda ha per me significato confrontarmi con il ruolo dell’architetto nella società del XXI sec. e con la crisi economica e sociale che investe da vicino questa professione. L’etimologia della parola crisi deriva da κρίσις72, in greco significava separazione, decisione, giudizio. Nel dizionario italiano Hoepli, al secondo significato (il primo è di accezione medica) della parola crisi si legge: Stato di perturbazione, di dubbio, di incertezza nell’equilibrio di una persona o di una collettività e anche Fase di perturbazione, situazione di squilibrio più o meno grave in campo economico e sociale. Sembra dunque che il tempo e l’evoluzione della lingua abbiano pian piano sovrapposto alla parola originaria una connotazione negativa. Anche l’architettura sta vivendo un momento di crisi, il ruolo dell’architetto sta cambiando e la logica del “costruire per costruire”, che ha risollevato le nostre economie dopo la seconda guerra mondiale, non solo non è più funzionale ma ha creato città poco vivibili e periferie fonte di gravi problemi urbanistici e sociali. La crisi in architettura bisognerebbe reinterpretarla con il significato originale di questa parola e riuscire a discernere, ciò che è buono da ciò che non funziona. L’architettura infatti deve mettersi al servizio dell’uomo e non piegarsi a logiche che fanno dell’uomo una “vittima” dell’architettura e non il fruitore privilegiato. La crisi economica ed ecologica della nostra 160. 72 Vocabolario etimologico Treccani 105 società ci chiede di fare delle scelte morali ed etiche (e quindi di separare il buono dal cattivo) per poter garantire la sopravvivenza della nostra specie, ovvero scegliere uno sviluppo che sia sostenibile, per la società e per l’ambiente73. Dal rapporto Brundtland del 1987 ad oggi le cose sono ulteriormente cambiate. Negli anni ’90, ormai consapevoli dell’impatto ambientale della società moderna (e della sua architettura), si è optato per un’architettura sostenibile e principalmente high-tech. Questo orientamento ha prodotto e continua a produrre edifici di grande pregio, ma che comunque necessitano di tecnologie sofisticate, e risolvono parte del problema ecologico o, come scrive il critico Peter Buchanan, rendono semplicemente le cose meno insostenibili74. Buchanan lancia una sfida agli architetti: è necessario 162. J. Nouvel, Institute du Monde Arabe, Parigi cambiare radicalmente il modo di vedere l’architettura perché l’architettura moderna è un’architettura petrolchimica, possibile solamente quando i combustibili fossili sono abbondanti e a buon mercato75. La sua sentenza può apparire forte ed estrema, ma colpisce al cuore del problema: per fare un’architettura che rappresenti lo zeitgeist dei giorni nostri, e soprattutto sia sostenibile a livello ecologico e sociale, dobbiamo rivedere completamente ciò che sino ad ora abbiamo considerato esempio da imitare. 161. Dubai 106 73 Rapporto Bruntdland: “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.” (WCED, 1987) 74 P. Buchanan, The Big Rethink. Towards a complete architecture, Architectural Review, Londra, Gennaio 2012, http://www.architectural-review.com/the-big-rethinktowards-a-completearchitecture/8624049.article 75 Ibidem 163. Foster+ Partner, Barcellona Riscoprire le architetture vernacolari è per Buchanan una delle soluzioni, non solo come esempio di durabilità e comfort, ma per il rispetto del contesto e dell’uomo76. Uno dei primi ad indicare questo tipo di cammino fu B. Rudofsky che, con la sua mostra al Moma “Building without architects” del 1964 voleva “aprire gli occhi” agli architetti mostrando quanta architettura di qualità veniva omessa dai libri di studio. La mostra, provocatoria per quegli anni, ora rimane una testimonianza di un argomento che si è pian piano sedimentato nelle coscienze. I materiali “antichi” hanno ancora tanto da insegnare e soprattutto si possono adattare benissimo allo stile di vita contemporaneo. In termini di comfort, salubrità dell’aria (gli intonaci e le tinte chimiche si è scoperto che rendono l’aria degli interni delle nostre case spesso più inquinata dell’esterno) e sensazione dello spazio, spesso si adattano molto di più che i freddi materiali dell’architettura moderna. Con questo non voglio dire che bisogna bandire alcuni materiali dal mercato, ma che è necessario adattarli alle necessità umane nel rispetto dell’ambiente, del contesto sociale e della funzionalità. La crisi deve dunque essere vista come un momento di scelta, di decisione, che la società è costretta ad affrontare, rianalizzando il proprio passato per portare nuove soluzioni al futuro. 76 Ibidem, “Generally, architects seem to have become incapable of producing the cheap, plain buildings with a quiet, unobtrusive dignity that were once commonplace, in part perhaps because we no longer build with local materials and local craftsmen.” 107 rispetto per il luogo in cui si va a costruire ne accresce il valore e favorisce una relazione identitaria con il contesto. Con questo voglio sottolineare l’importanza del fermarsi ad analizzare un territorio, uno spazio, una casa per comprendere le sue reali necessità. Nel mio progetto ho scelto di utilizzare dei materiali tradizionali, che accogliessero le nuove esigenze, svolgendo la funzione sia di essere duraturi e testimoni del passato che di rispondere alle necessità quotidiane: è il tempo il miglior giudice delle case tradizionali, perché dimostra la loro durabilità, la loro funzionalità e il loro perfetto inserimento nel paesaggio. 4.1 Costruire con il tempo Le architetture popolari sembrano stare lì da sempre, quasi che non abbiano una dimensione temporale. La semplicità, l’umiltà e l’uso dei materiali del luogo le rende parte del paesaggio naturale ed eterne. La modernità, ha portato ad un cambiamento nella relazione della società con il tempo77, l’industria e i nuovi materiali hanno indotto a vedere nell’invecchiamento degli oggetti e dell’essere umano, qualcosa di negativo, correlato al desiderio di voler vivere una giovinezza intramontabile78. Ma sono i segni del tempo che riescono a comunicare 164. Un materiale sempre giovane. 165. Edifici in c.a. a Lorenteggio (Milano) 108 di più all’uomo trasmettendo la storia e il senso di continuità e di identità, sono le pitture che si sovrappongono attraversando le generazioni che danno un valore aggiunto alla superficie delle case alentejane, sono i segni lasciati dal ripetuto uso che ci rendono un oggetto più caro e le rughe sui volti degli anziani che ci raccontano da dove veniamo. Nella biennale di Venezia del 2010 il gruppo ROTOR ha allestito il padiglione del Belgio con oggetti usurati dal tempo e ha posto questa domanda nella pubblicazione che accompagnava la mostra: “Può l’usura dare un significato a qualcosa che le parole e le frasi non riescono a dare?”79. Inserire il tempo e la storia nel percorso della progettazione, significa inserirli come valori intrinseci di un progetto e dargli l’importanza che meritano, perché accogliere quella memoria depositata nei secoli e soprattutto avere 77 J. Pallasmaa, Encounters 1, Peter MacKeith editor, Helsinki, 2012, pg. 40 78 Ibidem 79 Gruppo Rotor, Usus/Usures, Editions Coomunauté française Wallonie, Bruxelles, 2010, pg. 89 166. Texture della parete dato dalla sovrapposizioni della “caiação” portoghese. 167. Prospetto di una casa in Alentejo, anni ‘60 109 168. Santiago de Atitlàn, Guatemala 169. Adobe a essiccare e case tradizionali in terra 110 4.2 Il coinvolgimento sociale e la filiera corta, l’esperienza in Guatemala Durante la scrittura della mia tesi ho scelto di arricchire ulteriormente le mie conoscenze sulla terra, partecipando ad un workshop sul pisé in Guatemala nel gennaio 2013. L’obiettivo era quello di costruire una scuola di panetteria e allo stesso tempo insegnare alla gente del luogo una nuova tecnica economica e di facile produzione. La costruzione in terra permette il coinvolgimento diretto delle persone, perchè non richiede un’alta specializzazione della manodopera e perché i materiali sono di facile reperimento e non raffinati da processi industriali. Per questo viene molto utilizzata dalle associazioni e ONG che operano in paesi in via di sviluppo: è un modo per passare conoscenze e per creare degli ambienti più salubri. In questi paesi lo sviluppo disordinato dato dalla rapida crescita e dall’anelito di uguagliare i paesi cosiddetti occidentali, ha rotto il legame con il proprio passato e le proprie tradizioni in maniera ancora più violenta che da noi. I materiali tradizionali vengono mischiati in maniera casuale, l’autocostruzione non ha più le solide basi della tradizione e crea degli agglomerati urbani poco vivibili. La lamiera, i mattoncini di cemento e il calcestruzzo armato sono i materiali più utilizzati: per tali motivi le ONG spesso cercano di migliorare gli ambienti abitati attraverso il recupero delle tecniche tradizionali e il coinvolgimento della popolazione. Il periodo trascorso in Guatemala mi ha permesso di capire quanto sia 170. Periferia di Lima, Perù delicata e complessa questa operazione. Per quanto le buone intenzioni non mancassero, l’esperienza progettuale ed il coinvolgimento sociale sono stati, a mio parere, un insuccesso. Gli architetti, al loro primo progetto di costruzione in pisé, hanno sottovalutato la tecnica e lasciato al caso il processo di trasmissione dei saperi: nel corso di una breve visita dei dintorni dell’area di progetto è stato facile per me riconoscere che la tecnica prevalente in Guatemala è l’adobe, ovvero i mattoni di terra cruda. Questa tecnica è ancora praticata e conosciuta, tanto che è facile incontrare montagne di mattoni che essiccano al sole allontanandosi un poco dalla città. Le difficoltà di coinvolgimento sociale credo siano da imputare alla base del progetto. Sta diventando luogo comune il fatto che basta utilizzare una tecnologia semplice e naturale per fare di un progetto un successo. Senza l’ascolto delle necessità e della storia del luogo si rischia di impiegare molte più energie per trasmettere un sapere che non ha radici in quel territorio e quindi di fare “un buco nell’acqua”: l’architetto deve dunque porsi in maniera umile e scegliere con attenzione i processi costruttivi. In tal modo gli sarà più facile apportare quell’in più che uno spazio ben progettato può dare. Senza questa attitudine si rischia di perdere credibilità, non rispettando la saggezza della cosiddetta architettura senza architetti. So di essere una persona fortunata perché posso fare del mondo la mia patria, non mi devo preoccupare se avrò del cibo al prossimo pasto e mi sento padrona del mio futuro. Vorrei poter, con il mio lavoro, migliorare le 111 condizioni di chi non si trova nella mia stessa condizione. Credo che sia un mio “dovere etico” verso chi non ha avuto le mie possibilità. Questo non vuol dire elargire i miei saperi attraverso una progettazione top-down, confermando ciò che da secoli i paesi occidentali hanno applicato ai paesi in via di sviluppo, ma ascoltare con rispetto, per capire dove le mie qualità possono sviluppare uno scambio proficuo tra due conoscenze e tradizioni. 171. Lavorando la terra 112 113 172. 5. COSTRUIRE IN TERRA, UNA SCELTA PER IL FUTURO A conclusione di questa tesi vorrei sottolineare ancora quanto la costruzione in terra possa essere innovativo e stimolante per il futuro. La terra è una risorsa illimitata e riciclabile e può essere utilizzata in tutte le fasi della costruzione: dalla struttura agli intonaci. Una delle problematiche legate alla costruzione in terra è la carenza di imprese che sappiano costruire a regola d’arte. Il vuoto degli ultimi 100 anni ha creato una mancanza di conoscenze che rende più difficoltosa la ripresa di questi materiali nell’edilizia. Grazie alla crescente sensibilizzazione su questo tema, nelle Università si sta avviando il recupero di queste tecniche con la sempre più frequente organizzazione di convegni e workshop di approfondimento sui materiali naturali e sulle costruzioni low-tech. Il futuro sarà forse quello di inserirlo come materia curriculare del percorso di studi degli studenti di architettura e ingegneria. Non si tratta di dar spazio a nostalgici del passato, ma di riappropiarsi di materiali che fanno parte dell’architettura e che possono arricchire la tavolozza del progettista. L’architetto deve rispondere contemporaneamente a criteri strutturali, estetici, di comfort e di qualità degli spazi, il possesso di più strumenti a sua disposizione può essere la risposta migliore alle richieste che man mano gli si presenteranno. Per quanto mi riguarda l’esperienza pratica è il diretto contatto con gli architetti che costruiscono con questa tecnica mi ha arricchito, consentendomi inoltre di cogliere quelle sfumature che difficilmente si 115 imparano dai libri. Il viaggio mi ha poi permesso di apprendere quello che ormai non può più essere tramandato oralmente perché non ci sono più testimoni. Ho attraversato l’Alentejo immergendomi nel paesaggio e osservando i particolari: un contrafforte, un tirante, una tegola, una particolare dimensione di un taipal...tutto questo mi ha dato lo stimolo e gli elementi per comprendere che la terra può rinascere perché sebbene gli anziani taipeiros non lavorano più, le loro case sono rimaste, segno della qualità con cui erano state costruite. E fino a quando il vento e la pioggia non le restituiranno alla terra, avremo modo di imparare e rinnovare questa tecnica. 173. Alcune immagini che mostrano l’originalità delle case in terra. 116 117 ALLEGATI Tavola 1. La terra Tavola 2. Il processo di costruzione Tavola 3. Inquadramento Tavola 4. Stato di fatto Tavola 5. Strategia e Inquadramento Tavola 6. Sintesi di progetto scala 1:200 Tavola 7. Pianta e Sezione scala 1:100 Tavola 8. Pianta e Sezione scala 1:100 Tavola 9. Pianta copertura e Prospetti scala 1:100 Tavola 10. Sezioni e Prospetti scala 1:100 Tavola 11. Dettagli costruttivi scala 1:50, 1:20 118 119 INDICE FOTO 22. LE CORBUSIER_Le constructions Murondins pg.27 23. F. KERE_Primary school (Burkina Faso)_http://www.kerearchitecture.com/bf/bf_001.html pg.28 24. H. HERINGER_Handmade school (Bangladesh)_http://www.anna-heringer.com/index.php?id=31 pg.28 25. LIVEINSLUMS_Mathare school (Kenya)_http://www.liveinslums.org/ pg.29 26. A. KANKUNNEN E V. MORETTA_trial pavillion (Tibet) http://inhabitat.com/rudanko-kankkunen-complete-rammed-earth-ringa-mountain-farm-pavilion-in-shangri-la-tibet/rammed-earth-pavilion-10/ pg.29 27. D. CIMINO_workshop maggio 2012 pg.30 28. A. MISSE (Craterre)_Schema tecniche di costruzione in terra http://www.fondationlecorbusier.fr/corbuweb/morpheus.aspx?sysId=13&IrisObjectId=6023&sysLanguage=en-en&itemPos=111&itemSort=en 1. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.4 2. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.5 3. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.10 4. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.12 5. P. NEVES_workshop maggio 2012 pg.14 6. D. CIMINO_workshop maggio 2012pg.14 7. P. NEVES_workshop maggio 2012pg.15 8. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012pg.16 9. TERRA INCOGNITA_Mappa architetture in terra in Europa_http://www.culture-terra incognita.orgpg. 18 10. J. MERTEN_casa in terra svedese_ http://www.culture-terra incognita.org pg.19 11. UNESCO_Fujan Toulu_http://whc.unesco.org/en/list/1113pg.19 12. UNESCO_Shibam (Yemen)_http://whc.unesco.org/en/list/192pg.20 13. F. Cimino_villaggio in terra (Mauritania) pg.20 14. CRATERRE_mappa delle costruzioni in terra nel mondo_http://craterre.org/galerie-des-images/default/gallery/38/gallery_view/Gallery pg.21 15. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.22 16. Wikipedia_immagine libro di F. Cointeraux_http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Cointeraux pg.23 17. J. RONDELET_pisé_http://it.wikipedia.org/wiki/Costruzioni_in_terra_cruda pg.24 18. H. FATHY_Costruire con la gente, Jaca Book, Milano, 1985_img. 25 pg.25 19. H. FATHY_Costruire con la gente, Jaca Book, Milano, 1985_img. 22 pg.25 20. F. L. WRIGHT_Cooperative Homesteads_http://www.eartharchitecture.org/index.php?/archives/866-Frank-Lloyd-Wright-Rammed-Earth.html pg.26 21. F. L. WRIGHT_Cooperative Homesteads_http://www.eartharchitecture.org/index.php?/archives/866-Frank-Lloyd-Wright-Rammed-Earth.html pg.26 120 pg.31 29.¬ H. SCHRECK, workshop maggio 2012 pg.31 30. PROGETTO BAREGA_muro in mattoni di terra cruda _http://www.progettobarega.org/ pg.31 31. LIVEINSLUMS_Mathare school (Kenya)_http://www.liveinslums.org/ pg.31 32. D. CIMINO_workshop maggio 2012 pg.31 33. Foto tecniche differenti di costruzione in terra R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 69 pg.31 34. Foto tecniche differenti di costruzione in terra R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 69 pg.31 35. Foto tecniche differenti di costruzione in terra R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 71 pg.31 36. Foto tecniche differenti di costruzione in terra R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 71 pg.31 37. Terra pressata_H. HUBEN, H. GUILLAUD, Traité de construction en terre, Parenthèses, Marsiglia, 2006, pg. 173 pg.32 R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pg. 24 121 38. D. CIMINO_edificio in pisè in Piemonte pg.33 39. Blocchi di pisè precompresso M. RAUCH_pisè pre-compresso_Modern Earth Construction – a Form of building with developement potential, DETAIL, n. 6, 2011, pg. 753 pg.33 40 . D. CIMINO_workshop maggio 2012 pg.34 41. D. CIMINO_workshop maggio 2012 pg.34 42. B. BÜHLER_casa di M. Rauch_O. Kapfinger, A. Simon, The Rauch House: a model of advanced clay architecture, Birkhauser, 2011, pg. 54 pg.35 43. 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Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pgg. 28-29 122 55. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.47 57. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.48 58. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.49 59. J. DUCLOS_workshop maggio 2012 pg.50 60. P. NEVES_workshop maggio 2012 pg.50 61. P. NEVES_workshop maggio 2012pg.50 62. D. CIMINO_workshop maggio 2012pg.51 63. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012pg.52 64. A. MISSE_ciclo delle costruzioni in terra R. Anger, L. Fontane, Batir en terre. Du grain de sable à l’architecture, Belin Editions, Paris, 2009, pgg. 100-101pg.53 65. Carta Geografica del Portogallo_http://www.mapadeportugal.net/ pg.54 66. D. CIMINO_ costa di Cascais (Portogallo) pg.56 67. Spiaggia di Nazarè (Portogallo)_http://www.prodestonline.it/portale/images/stories/nazare.jpgpg.56 68. D. CIMINO_vista su Lisbonapg.56 69. D. CIMINO, viaggio Alentejo ottobre 2012pg.56 70. Carta ipsometrica Portogallo_www.igeo.pt pg.57 71. 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PEIXINHO_Monte Novo do Espargal pg.83 115. M. PEIXINHO_Monte Novo do Espargal pg.83 116. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.83 117. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.83 118. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.83 119. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.83 125 120. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 121. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 122. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 123. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 124. M. PONTE_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 125. M. PONTE_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.84 126. M. PONTE_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.85 127. M. PONTE_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.85 128. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.85 129. D. CIMINO_viaggio Alentejo ottobre 2012 pg.85 130. mostra homeland_www.planob.com pg.85 131. mostra homeland_www.planob.com pg.85 132. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 pg.86 133. D. CIMINO (elaborazione grafica)_Mappa Portogallo, inquadramento progetto pg.88 134. D. CIMINO (elaborazione grafica)_Foto inquadramento progetto pg.89 135. Tipologie di case in taipa F. GEORGE, A. AZEVEDO GOMES, A. DA MATA ANTUNES_Arquitectura Popular em Portugal, vol. 2, zona 5, Edição da Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004, pg. 347 pg.90 136. Monte alentejano F. GEORGE, A. AZEVEDO GOMES, A. DA MATA ANTUNES_Arquitectura Popular em Portugal, vol. 2, zona 5, Edição da Ordem dos Arquitectos, Lisbona, 2004, pg. 207 pg.90 137. D. CIMINO (elaborazione grafica)_mappa S. Teotonio e area di progetto pg.91 138. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 pg.92 139. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 pg.92 140. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 pg.92 126 141. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 142. D. CIMINO (elaborazione grafica)_pianta 1:500 stato di fatto 143. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 144. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 145. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 146. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 147. D. CIMINO_Carvalhal do Sarilho settembre 2012 148. D. CIMINO (elaborazione grafica)_programma progetto 149. D. CIMINO (elaborazione grafica)_strategia progetto 150. D. CIMINO (elaborazione grafica)_planivolumetrico 1:1000 151. D. CIMINO (elaborazione grafica)_pianta al suolo 1:500 D. CIMINO 152. Gronda “alla portoghese M. ALMEIDA, A. M. COSTA, M. R. COSTA, V. RIBEIRO, M. SANTOS, Materiais, sistemas e técnicas de construção tradicional, GTAA Sotavento, Porto, 2008, pg. 90 153. Finestra tradizionale_ M. ALMEIDA, A. M. COSTA, M. R. COSTA, V. RIBEIRO, M. SANTOS, Materiais, sistemas e técnicas de construção tradicional, GTAA Sotavento, Porto, 2008, pg. 121 154. Pavimento in cotto pg.92 pg.93 pg.94 pg.94 pg.94 pg.94 pg.95 pg.96 pg.97 pg.98 pg.99 pg.100 pg.100 pg.100 155. D. CIMINO_Alentejo marzo 2013pg.100 156. D. CIMINO (elaborazione grafica)_fotomontaggio prospetto ovest pg.101 157. D. CIMINO (elaborazione grafica)_fotomontaggio prospetto est pg.101 158. D. CIMINO (elaborazione grafica)_sintesi di progetto pg.102 159. D. CIMINO (elaborazione grafica)_sezioni, prospetti e dettagli pg.103 160. B. BOURGEOIS_termitaio in Mauritaniapg.104 M. ALMEIDA, A. M. COSTA, M. R. COSTA, V. RIBEIRO, M. SANTOS, Materiais, sistemas e técnicas de construção tradicional, GTAA Sotavento, Porto, 2008, pg. 70 127 161. J. HELLE_Dubai pg. 106 162. C. MELLO_Institute du Monde Arabe (J. Nouvel)_http://www.cristinamello.com.br/?p=5595 pg.107 163. FOSTER + PARTNERS_Torre delle Telecomunicazioni (Barcellona) pg.107 164. GRUPPO ROTOR_pubblicità anni ‘50_Usus/Usures, Editions Coomunauté française Wallonie, Bruxelles, 2010, pg. 120 pg.108 165. D. CIMINO_edifici a Lorenteggio (Milano) pg.108 166.La texture data dagli strati di intonacatura F. GEORGE, A. AZEVEDO GOMES, A. 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Ringrazio tutti i miei amici e compagni di viaggio che mi hanno accompagnato e hanno ascoltato i racconti sulle case in terra: Manu, Agnese, Viola, Eduardo… Ringrazio l’architetto Joaquim Moreno per il suo ascolto e la sua disponibilità. Ringrazio l’architetto H. Schreck perché senza la sua conoscenza non avrei intrapreso questo percorso. Ringrazio l’architetto Leonardo Belladelli che mi ha guidato e consigliato per tutto il percorso di tesi. 132 133