HITLER e L'ATLETA DI COLORE JESSIE OWENS Su Adolf Hitler sono state scritte molte cose e non sempre del tutto fondate o provate. Tra queste false informazioni c’è anche quella sul mancato saluto di Hitler a Jessie Owens, in quanto atleta di colore, vincitore di ben quattro medaglie d'oro (cento e duecento metri, salto in lungo, staffetta 4x100) all'Olympiastadion di Berlino, durante le Olimpiadi del 1936. Da quanto si viene soltanto ora ad apprendere, fu addirittura Owens in persona a sostenere il contrario, tanto che in un’intervista su un giornale, l’atleta americano, ribadendo un passo della sua autobiografia (citato da Vittorio Messori, Le cose della vita, Sugarco) smentì con chiarezza la presunta "stizza" del Fuhrer all'Olympiastadion: “Non è vero che Hitler non mi strinse la mano. Hitler non strinse la mano ad alcun atleta, vincitore o partecipante che fosse (gli atleti partecipanti in quell’edizione dei Giochi, del resto, furono ben 4.066…n.d.r.). . Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d'onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un'ostilità che non ci fu affatto... Alla cerimonia di chiusura dei giuochi, Hitler ci passò in rassegna e, giunto vicino a me, mi fece addirittura un cenno di riconoscimento...”. (fonte: Andrea Benzi, Orion, agosto 2004, n° 239, pag. 48). La stessa notizia è stata peraltro riferita dal Sole-24 ore su di un opuscolo, uscito in tre riprese, in cui Owens afferma: “Tutti i giornali di allora scrissero che Hitler lasciò lo stadio indignato dopo la mia vittoria nel salto in lungo sul tedesco Long. Non è vero. Quando, dopo essere salito sul podio, io passai davanti ad Hitler per rientrare negli spogliatoi, vidi il cancelliere che si alzò in piedi e mi salutò con un cenno della mano. E io feci altrettanto”. Nel medesimo studio si aggiunge di quanto Owens fosse diventato popolarissimo in Germania in quel periodo e di quanto buoni fossero i suoi rapporti con gli atleti italiani fascisti, mentre – aggiunge ancora Benzi su Orion – è “superfluo ricordare come gli Stati Uniti, grandi accusatori della Germania per le leggi antisemite, mantenessero la legislazione e gli usi discriminatori verso i neri fino a metà degli anni ‘50”. Ma non è ancora tutto; l’azzurro Arturo Maffei, presente a Berlino nel 1936 per competere nel salto in lungo, sul Corriere della Sera dichiarò: “Non è vero che Hitler non strinse la mano ad Owens. Non andò così. Ero lì, nel corridoio sotto la tribuna, dopo la gara, il Fuhrer salutò Luz Long che aveva vinto l’argento. Poi andò da Owens (che aveva vinto l’oro) e gli fece il saluto a braccio teso proprio mentre questi gli tendeva la mano per stringerla. Allora fu Hitler a tendere la mano ma intanto Owens si era corretto portando la sua mano alla fronte per eseguire il saluto militare”. Da quanto risulta, pare che l'atleta americano definì Adolf Hitler "un uomo di grande dignità" e, viceversa, stigmatizzò invece il comportamento del suo presidente, Franklin Delano Roosevelt, di non avergli mandato "nemmeno un telegramma" di congratulazioni. Al ritorno in patria, il campione olimpico invece non fu convocato, come tutti si attendevano, alla Casa Bianca. Il presidente Roosevelt era in piena campagna elettorale per la rielezione e probabilmente non voleva turbare l'elettorato razzista degli Stati del Sud. Fu lui, e non Hitler, che in quel 1936 si rifiutò di stringergli la mano... Owens, peraltro, fu protagonista nel film Olympia, realizzato per celebrare le Olimpiadi berlinesi e commissionato dallo stesso Hitler alla grande regista Leni Riefenstahl (nella foto qui sotto). Ma non è tutto. A dicembre del 2009, sulle pagine del Corriere della Sera il giornalista Paolo Mieli recensì il libro Le Olimpiadi dei nazisti. Berlino 1936, di David Clay Large, in uscita per Corbaccio. In quella circostanza rivelò come in America i circoli ebraici si impegnarono a fondo, inutilmente, per convincere la delegazione americana a boicottare le Olimpiadi, mentre gli afroamericani si divisero. Il New York Amsterdam News, giornale della comunità nera, fece propaganda per il boicottaggio. Ma lo sprinter di colore Ralph Metcalfe (sarà medaglia d'argento nei 100 metri a Berlino), che aveva partecipato a un meeting di atletica nella Germania nazista di fine 1933, paragonava il trattamento ivi ricevuto ("da re") con quello riservato ai neri in alcuni Stati americani, dove era loro proibito perfino gareggiare con i bianchi e alloggiare negli stessi campus...