leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri http://www.10righedailibri.it Grandi Manuali Newton 164 GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 3 27-03-2012 17:30:02 Titolo originale: How I Said Bah! to Cancer © 2011 Stephanie Butland Traduzione dall’inglese di Michela Gregoris Prima edizione: aprile 2012 © 2012 Newton Compton editori s.r.l. Roma, Casella postale 6214 ISBN 978-88-541-3700-4 www.newtoncompton.com Stampato nel mese di aprile 2012 presso Puntoweb s.r.l., Ariccia (Roma) su carta prodotta con cellulose senza cloro gas provenienti da foreste controllate, nel rispetto delle normative ambientali vigenti. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 4 27-03-2012 17:30:02 Stephanie Butland Come ho sconfitto il cancro Una storia vera Prefazione di Edward De Bono Newton Compton editori GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 5 29-03-2012 15:04:40 Per Alan, Ned e Joy, senza i quali non esisterei. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 6 29-03-2012 15:04:49 Non sarei morta di cancro. Quel nodulo duro che spuntava sopra il reggiseno, pur essendo aggressivo, era abbastanza piccolo da poter essere fermato, io ero giovane e forte, e per il resto godevo di ottima salute. Tutti i segnali erano positivi. Frasi come «sei stata fortunata» e «l’abbiamo preso in tempo» mi venivano lanciate addosso come chicchi di riso a un matrimonio. No, non sarei mai morta di cancro. Ma fin dall’inizio, il mio obiettivo non è stato solo quello di sopravvivere al male. No. L’avrei mandato al diavolo. E ora, per favore, fatelo anche voi. Cancro? Al diavolo! GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 7 27-03-2012 17:30:02 Prefazione Stephanie è stata un’eccellente divulgatrice dei miei metodi, come il pensiero laterale (Lateral Thinking™) e la tecnica dei sei cappelli per pensare (Six Thinking Hats®). Per essere brava come lei, una formatrice deve comprendere a fondo le tecniche che spiega. Sono davvero felice di sapere che Stephanie ha trovato di grande aiuto il pensiero positivo e creativo nella sua battaglia contro la malattia. Da molti anni l’atteggiamento mentale e il pensiero sono ritenuti fattori decisivi nella lotta contro il cancro. Stephanie racconta che nel suo caso è stato proprio così. Mi congratulo con lei per averlo dimostrato. E spero che la sua esperienza possa essere d’ispirazione ad altre persone. Edward de Bono GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 9 29-03-2012 15:04:56 Introduzione AL DIAVOLO IL CANCRO! Poco dopo l’operazione, la mia amica Jude mi ha spedito una cartolina con su scritto a caratteri cubitali: “… e al diavolo il cancro!”. Tutti quelli che l’hanno letta, me compresa, hanno ripetuto sorridendo: «Al diavolo il cancro!». Credo sia il tono scanzonato, leggero, di quell’espressione a piacermi tanto. Anche se forse in vita mia non ho mai usato quelle parole, è il tipo di esclamazione che presumo potrebbe sfuggirmi se, dopo essere salita in treno per un lungo viaggio, mi accorgessi di non avere portato un libro, o se mi rendessi conto, appena giunta in spiaggia, di avere dimenticato le infradito. Insomma, un’espressione adatta a situazioni di scarsa importanza. Meritano di essere mandati al diavolo i fastidi passeggeri, quelli che si dimenticano in fretta, o si trasformano rapidamente in aneddoti divertenti. Nei mesi successivi alla diagnosi di cancro al seno, quando parlavo di questa brutta malattia sul mio blog o nella vita reale, l’espressione al diavolo! si è tradotta in quattro attività: pensare, ridere, vivere e danzare. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 11 27-03-2012 17:30:02 12 Come ho sconfitto il cancro QUESTO LIBRO FA PER VOI SE… Questo libro fa per voi se volete mandare al diavolo il cancro, sia che abbiate appena messo piede in pista sia che siate ormai giunti alla fine del ballo. Vi racconto ciò che è accaduto a me: quel che ho imparato e gli errori che credo di aver commesso. Questo libro vi offre nuovi modi di pensare a ciò che sta accadendo nella vostra vita. È ricco di idee pratiche e consigli utili su quali siano l’atteggiamento mentale, le domande e il comportamento che vi permetteranno di ottenere i risultati migliori. Questo libro fa per voi se una persona che amate ha iniziato la sua danza con il cancro. Vi aiuterà a gettare una luce su ciò che la vostra compagna o il vostro compagno, amico, familiare o collega sta passando. Vi offrirà idee su come aiutarlo, e vi permetterà di capire meglio le sue scelte. E potrebbe rispondere a certe domande che magari preferite evitare di porre in modo diretto. Chiunque voi siate, spero che questo libro sia per voi una guida, una fonte di informazioni e un amico. Spero che vi aiuti a pensare in modo diverso, a ridere un po’, a vivere bene e comprendere meglio. Chiunque voi siate, vi auguro ogni bene. Ve lo auguro davvero di cuore. PENSARE Quando scopri di avere il cancro, entri in un mondo in cui il corpo regna sovrano. Ogni genere di macchinario viene usa- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 12 27-03-2012 17:30:02 Introduzione 13 to per osservare l’insidia che si nasconde sotto la tua pelle. Ti viene prelevato il sangue, ti vengono svuotate le vene, ci sono persone che tracciano segni sul tuo corpo, lo pennellano con tintura di iodio e lo aprono. Parti di te che non ti davano alcun pensiero – i capelli, le unghie, l’intestino, le cavità del naso e della bocca – iniziano a comportarsi in modo diverso, provocano in te turbamenti e dolore. Per questo diventa facile concentrarsi solo sul corpo. Ma per me, la parte più importante è sempre stata la mente. A meno che non abbiate un cancro al cervello, la vostra mente non è malata. E la mente è potente, molto potente. Guarire dalla depressione mi ha fatto capire che è ciò che io penso della mia vita, e non la vita in sé, a rendermi felice o infelice. Quando ho insegnato per la prima volta a un gruppo di persone disoccupate da molto tempo, ho compreso il potere di una profezia che si autoavvera: chi diceva che non avrebbe mai più trovato un impiego non riusciva effettivamente a trovarlo. Ora lavoro con la mente. Il dottor Edward de Bono è la massima autorità a livello globale in materia di tecniche di pensiero. Io sono una dei circa cinquanta formatori attivi in tutto il mondo che divulgano i suoi metodi sulla creatività e sul pensiero parallelo. Nel mio lavoro ho la prova costante che vedere le cose da una prospettiva differente può improvvisamente risolvere un problema o mutare una decisione. Quindi so con certezza quanto sia importante la mente. Ho lavorato con un gruppo di persone che non riusciva a decidere a chi assegnare una posizione di rilievo all’interno della loro organizzazione. Alcuni metodi di pensiero hanno permesso loro di rendersi conto che si stavano concentrando sul problema sbagliato. La domanda non era: «Dovremmo pro- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 13 27-03-2012 17:30:02 14 Come ho sconfitto il cancro muovere x oppure no?», ma: «Cosa stiamo facendo all’interno dell’organizzazione per avere abbastanza persone in gamba da far crescere e promuovere?». Quella riunione terminò con una revisione radicale della loro strategia di formazione e sviluppo aziendale. In un’altra occasione ho lavorato con un dipartimento del governo britannico che non riusciva a risolvere un problema. Nella decisione erano coinvolti trentacinque funzionari, e ognuno di loro aveva un’idea diversa, finalizzata a soddisfare la propria area di interesse. Grazie a un approccio mentale differente, in meno di due ore si è giunti a una decisione e si è delineata una strategia. In un altro caso, ho aiutato una multinazionale a scegliere di modernizzare e ridurre il suo sistema di supporto informatico, facendole risparmiare milioni. Una prodezza non da poco, considerato che il direttore del reparto informatico in persona era presente e non aveva uno sguardo incoraggiante! Di solito, un gruppo che impiega le strategie di de Bono dimezzerà il tempo dedicato alle riunioni, abbandonando discussioni, strategie protezioniste e interminabili aneddoti, per lasciare spazio a un nuovo modo di pensare. In genere noi crediamo di riflettere così come respiriamo: istintivamente, senza sforzo, senza bisogno che qualcuno ci insegni a farlo. Ed è vero, ma solo fino a un certo punto. È ovvio che non abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni a respirare. O forse sì? Se prendiamo lezioni di nuoto, partecipiamo a un corso sulle strategie per parlare in pubblico, impariamo a cantare o a fare yoga, la prima cosa che dobbiamo apprendere è come respirare meglio, perché solo così otterremo risultati migliori. Lo stesso vale per il pensiero. Sì, tutti sappiamo pensare… ma se impariamo alcuni metodi per farlo meglio, diventeremo molto più efficienti. Il dottor de Bono afferma che «il modo in cui pensiamo non deter- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 14 27-03-2012 17:30:02 Introduzione 15 mina la nostra intelligenza, così come la potenza di un’auto non ha nulla a che vedere con l’abilità del guidatore». Ne ho la prova ogni giorno nella mia vita professionale, e anche in quella privata. Perciò, quando mi è stato diagnosticato un cancro al seno, ho ascoltato parola per parola quello che mi sarebbe successo; ho letto opuscoli dedicati alla dieta e agli ormoni, che spiegavano anche come legarsi un foulard attorno alla testa per coprire la calvizie… Ma in realtà ero in attesa di qualcuno che mi parlasse dell’atteggiamento mentale, delle strategie di pensiero. Certamente, mi dicevo, il modo in cui penso al cancro influirà moltissimo su come lo affronterò, e forse persino sulla guarigione… Di sicuro chi pratica la professione medica sa bene quanto sia importante il pensiero, e tuttavia nessuno ne parlava. Così mi sono concentrata sulle tecniche di de Bono e ho notato che funzionavano: ho deciso di pensare in maniera diversa, conscia del fatto che, cambiando il mio modo di pensare, anche il problema sarebbe cambiato. Se ragionavo in modo efficace, avrei trovato delle soluzioni e avrei affrontato meglio la situazione. A questo punto mi preme chiarire una cosa: proprio come non credo che una bacca rara possa rappresentare una valida cura per il cancro, non intendo affermare che pensare in modo migliore permetta di guarire. La vita non è così semplice, nonostante ci siano persone che vogliono farvelo credere (e io vi consiglio di starne alla larga). Non credo nemmeno che chi è morto di tumore sarebbe sopravvissuto se avesse pensato in maniera differente. Sono convinta, però, che si possa scegliere su quali idee concentrarsi, e che il modo in cui utilizziamo la nostra mente sia importante. E sono anche certa che la mia esperienza con il cancro sia stata facilitata dal modo in cui ho scelto di pensare alla mia malattia. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 15 27-03-2012 17:30:02 16 Come ho sconfitto il cancro Si tratta di una cosa diversa da ciò che in genere viene definito “pensiero positivo”, che per molti di positivo non ha niente; rischia di essere un po’ come tapparsi le orecchie per non sentire, e quindi negare la realtà (o come girare per il giardino dicendo “via erbacce, via erbacce”, un metodo che non ha mai aiutato nessuno a vincere un premio per il prato più bello). Per me il pensiero positivo richiede uno sforzo. Significa scegliere in modo attivo cosa far fare alla propria mente. Significa scegliere di concentrarsi sulle buone notizie, se ce ne sono. Significa riuscire a fermare un treno di pensieri distruttivi, come “morirò”, e sostituirli con speranze, come “vivrò”. Il cervello è uno strumento davvero intelligente, e sono molti gli studiosi che stanno ancora cercando di scoprire esattamente perché tecniche come queste funzionano. Perché, a quanto pare, funzionano sul serio. Probabilmente la risposta risiede nel modo in cui il nostro cervello assimila ed elabora le informazioni che riceve, e ogni pensiero, vero o falso che sia, non è altro che una nuova informazione. Gli scienziati (pur usando giri di parole ben più lunghi del mio) ritengono che, se ci si focalizza sul successo, il nostro cervello inizia a “vederlo” come un fatto già assodato e quindi cerca di realizzarlo. Mohammed Ali diceva sempre: «Sono il migliore», molto prima di diventarlo. COME USARE QUESTO LIBRO All’interno del libro troverete diversi esercizi. Vi chiederò di usare l’immaginazione, stilare una lista o concentrarvi su una parola. Quelle che vi propongo sono tutte cose che io stessa ho fatto, o vorrei avere fatto, per rendere più faci- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 16 27-03-2012 17:30:02 Introduzione 17 le la mia danza con il cancro. Molte di esse derivano dalla mia esperienza dei metodi di de Bono, altre nascono invece all’interno della pnl (“programmazione neuro-linguistica”: ossia l’idea secondo la quale il linguaggio che usiamo determina il modo in cui il nostro cervello si comporta), mentre altre ancora le ho immaginate mentre scrivevo. Per me sono state tutte d’aiuto, e spero sinceramente che lo saranno anche per voi. In queste pagine troverete, inoltre, alcuni estratti del mio blog, che ho inserito per testimoniare quel che stavo passando in determinati momenti della mia vita. Alcuni di quei post sono stati accorciati e adattati per poter essere inseriti all’interno del testo. RIDERE Il senso dell’umorismo è lo strumento più prezioso con cui affrontare tutto il percorso della malattia. Accade sempre qualcosa di divertente nella vita, anche nei giorni più bui (per esempio, quando mia nonna morì la casa era sommersa di biglietti di condoglianze. Due di questi erano identici. Il giorno del funerale, una delle mie cugine più giovani entrò in casa e disse, tutta contenta: «Oh, guardate, abbiamo un doppione»). Ridere degli eventi tristi non potrà che farvi bene, sia al corpo – a meno che non abbiate punti di sutura – sia alla mente. Quando un medico mi ha chiesto: «A parte il cancro, per il resto sta bene?», sono scoppiata a ridere. E io e mia madre non abbiamo avuto il coraggio di guardarci mentre un’infermiera, venuta a controllarmi le medicazioni, tentava di infilarsi i guanti senza riuscirci. Un medico che ti scrive con un penna- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 17 27-03-2012 17:30:03 18 Come ho sconfitto il cancro rello “Questo qui” sulla spalla e disegna una freccia che arriva fino al seno prima che ti portino in sala operatoria, sinceramente mi fa ridere. E poi nelle sale d’aspetto di tutto il mondo circolano moltissime barzellette sugli oncologi (la mia preferita è questa: sapete perché le bare sono fissate con i chiodi? Per evitare che gli oncologi le aprano e vi diano un’ultima dose di chemio, giusto per stare tranquilli). Non ho tenuto il conto, ma sono abbastanza sicura di avere riso più di quanto abbia pianto durante la cura per il cancro: ridere mi aiutava a sentire che la vita era ancora bella. VIVERE Il mondo non si ferma quando arriva il cancro, il che è fantastico. Se tutti si fossero seduti attorno a me guardandomi come gli orfani di Dickens guardavano i malati di tubercolosi, la cosa mi avrebbe irritato parecchio. Colloqui con gli insegnanti, gite scolastiche, compleanni, nascite: la vita va avanti. E io ero decisa a continuare a partecipare a tutto questo, e mi sono accorta che pianificando in modo metodico, delegando qualcosa e ridimensionando un po’ le mie aspettative, sarei riuscita a tenere il passo. Così sono andata ai colloqui scolastici, anche se ero pronta a fermarmi dopo tre insegnanti, invece che incontrarne sette. Tutti hanno ricevuto il loro regalo di compleanno, solo che ho passato più tempo a cercarlo in Internet che a girare per i negozi. Quando ho capito che non sarei riuscita a terminare il lavoro a maglia per un neonato, ho consegnato filato e modello a mia madre, che l’ha finito per me (non mi ha ancora perdonato per quei chilometri di orlo a festoncino). GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 18 27-03-2012 17:30:03 Introduzione 19 Ero determinata a continuare a lavorare durante la mia malattia: non avevo intenzione di restarmene seduta lì ad “avere il cancro” per mesi. E poi adoro il mio lavoro. E così ho dedicato un minor numero di giorni alla professione e ho viaggiato di meno, ma ho mantenuto la mia identità e questo mi ha fatto sentire viva, anche se ci sono stati momenti in cui ho voluto strafare e sono stata malissimo. E poi c’era la vita sociale. Io adoro andare a teatro. Mi piace cenare fuori e restare con gli amici attorno a un tavolo a parlare fino a tarda notte. Amo le passeggiate lungo la riva meridionale del Tamigi a Londra o in un sentiero nel bosco. Ho cercato di continuare a fare le cose che amo, perché per me era impensabile smettere, ma sono dovuta scendere a qualche compromesso. Quando andavamo a teatro, la sera, andavo a riposare nel pomeriggio. Se cenavamo fuori lo facevamo vicino casa, in modo da evitare il tragitto in metropolitana. C’erano giorni in cui non riuscivo a camminare nemmeno fino all’ufficio postale all’angolo, mentre in altri avevo più energie e riuscivo a passeggiare fino al parco o a un caffè, dove potevo riposarmi prima di ritornare a casa. ESERCIZI MENTALI Quali sono le cose importanti? È facile permettere al cancro di prendere il sopravvento sulla vostra vita. Ecco una semplice strategia per riuscire a tenerlo a bada. • Compilate una lista di tutte le cose che vi piace fare. Non è necessario che siano veri e propri hobby. Fare sesso, guardare le GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 19 27-03-2012 17:30:03 20 Come ho sconfitto il cancro soap, fare immersioni: va bene tutto, purché siano attività che vi piacciono. • Ora, scrivete un numero accanto a ognuna di esse. Se non potete farne a meno, allora varrà 10. Se una cosa vi piace meno di quanto credevate, allora varrà 1. • Prendete un altro foglio e scrivete in cima: “Continuerò a…”. Aggiungete quindi i cinque passatempi con il punteggio più alto. Mettete la lista bene in vista. • Fate il possibile per accertarvi che queste attività per voi importanti continuino a rientrare nella vostra vita. Potete fare qualche sostituzione, se necessario: se non siete in condizioni di continuare a fare immersioni, potrete comunque andare a nuotare. Durante la mia esperienza con il cancro, ci sono stati giorni in cui l’unica cosa che avevo voglia di fare era restarmene sotto il piumino, sprofondando in uno stato mentale in cui la mia mente si fissava sulle sciagure che mi sarebbero potute accadere. In giorni così è difficile alzarsi, vestirsi, mettersi un po’ di lucidalabbra e andare in biblioteca a fare incetta di libri di Agatha Christie, ma è questa la scelta giusta. E proprio come restare a letto non fa che peggiorare le cose, quel piccolo viaggio fino in biblioteca aiuta a risalire la china. Un po’ di movimento serve al corpo per smaltire le sostanze tossiche della chemioterapia. L’aria fresca rinvigorisce. Guardare una bambina vestita di rosa intenta a spingere il suo passeggino pieno di pupazzi sul marciapiede e scambiare uno sguardo divertito con sua madre aiuta a distogliere l’attenzione da sé almeno per un minuto. Restate nel mondo, più che potete. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 20 27-03-2012 17:30:03 Introduzione 21 DANZARE Non appena ho iniziato a dire alle persone che avevo il cancro, sono stata sommersa da parole di incoraggiamento. Mi esortavano a “lottare” e “sconfiggerlo”, e tutti mi assicuravano che avrei “vinto la battaglia”. Non avendo mai picchiato nessuno in vita mia – dire “al diavolo!” è il massimo della violenza che mi concedo – tutto questo parlare di lotta mi spaventava un po’. E poi odiavo l’idea che le persone morte di cancro avessero in qualche modo “perso”. Tuttavia mi stavano accadendo troppe cose, e quindi lì per lì non mi sono soffermata sulla questione. In seguito, dopo l’operazione, ho scritto una mail a una modellista per dirle che fare i suoi bellissimi lavori a maglia mi aveva dato un piacere e uno stimolo. Quando mi ha risposto, nella mail ha usato la frase “la mia danza con il cancro”. Danzare con il cancro. Ho ripetuto quelle parole, assaporandole. E poi ho iniziato a pensare al significato di quell’espressione, e ho capito subito che avrei potuto dimenticare una volta per tutte le metafore legate alla battaglia. Una danza ha bisogno di due persone, perciò “danzare con il cancro” suggerisce un rapporto paritario. L’idea mi piace molto più che immaginarmi come una piccola donna in lotta contro il cancro, che come tutti sanno è grande e spaventoso. E mi piace l’idea di non essere trascinata, scossa e presa a pugni dalla malattia. In una battaglia, il cancro avrebbe la possibilità di vincere, e in questo caso io che fine farei? In una danza, invece, ho maggiori possibilità di arrivare in fondo. E soprattutto, è difficile morire mentre si balla: un giorno la musica si fermerà e io uscirò dalla pista. Forse sarò esausta, GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 21 27-03-2012 17:30:03 22 Come ho sconfitto il cancro forse avrò le vesciche e scoprirò che la mia vita è cambiata per sempre, ma sarò viva. Ma nella metafora della danza c’è molto di più: c’è la prova che nelle parole che scegliamo di usare si nasconde una grande forza. Se qualcuno mi definiva una “vittima di un tumore” o una “malata di cancro”, io lo correggevo o lo ignoravo, perché espressioni simili avevano davvero il potere di abbattermi. Non ho mai parlato di me stessa come di una persona malata di cancro, il mio è sempre stato solo “un” cancro. E di certo non ho mai detto “il mio tumore”. Grazie mille, ma non mi interessa possedere una cosa tanto noiosa e sgradevole. ESERCIZI MENTALI Il tuo linguaggio del cancro Il potere del linguaggio con cui vi riferite al cancro è nelle vostre mani. Scorrete questa lista e decidete quale delle descrizioni proposte è in sintonia con voi, oppure aggiungetene una vostra: • una persona che ha il cancro; • una persona che danza con il cancro; • una persona che convive con il cancro; • una persona che convive con il cancro, al momento; • una persona che sopravvive al cancro; • una persona che combatte il cancro; • una persona che lotta contro il cancro; • una persona sottoposta a una cura per il cancro; • una persona che trionfa sul cancro; • una persona che sconfigge il cancro; • una persona che si sbarazza del cancro. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 22 27-03-2012 17:30:03 Introduzione 23 Qualunque descrizione scegliate, usatela con tutti e senza sentire il bisogno di scusarvi (ora anche i miei amici e familiari parlano della mia danza con il cancro, come se questo fosse il modo più naturale al mondo per descriverlo). GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 23 27-03-2012 17:30:03 Capitolo 1 La diagnosi: all’inizio era un nodulo COME È COMINCIATA Mi sono accorta di avere un nodulo al seno destro alla fine di settembre del 2008. Ora, non crediate che mi sottoponessi a regolari controlli al seno, come dovrebbe fare un’adulta dotata di buon senso. Sono il tipo di persona che, dopo aver comprato in saldo a cinquanta sterline un paio di scarpe che ne costavano cento, pensa a come spendere i rimanenti. All’età di trentasette anni, mi ero finalmente decisa a sottoscrivere un fondo pensione. L’unico motivo per cui mi sono accorta del nodulo è che l’ho visto. Stavo passando davanti allo specchio prima di entrare nella doccia, quando la luce ha evidenziato un rigonfiamento sulla parte alta del seno destro. Sul momento ho pensato: “Uffa! Quella cosa mi rovina la linea”. Ed è così che è iniziata la mia danza con il cancro. Ma partiamo dal momento immediatamente precedente a quel passaggio davanti allo specchio: cominciamo da quando salgo le scale e mi pregusto una bella doccia calda prima di mettermi il pigiama e sedermi accanto a mio marito Alan a fare le parole crociate o magari a parlare dei programmi per il fine settimana successivo. Se mi fossi fermata a riflettere GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 24 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 25 sulla mia vita nell’istante in cui mi toglievo le scarpe e mi guardavo attorno in camera, chiedendomi perché non riuscisse a restare in ordine per più di dieci minuti, mi sarei reputata una donna abbastanza fortunata. I miei primi trentasette anni erano trascorsi senza inseguire particolari progetti, o uno scopo preciso, ma nonostante ciò avevo ottenuto più di quanto bastasse a rendermi felice. Il mio secondo matrimonio era ogni giorno più piacevole, e i figli avuti con il mio primo marito, di dodici e quattordici anni, stavano diventando due ragazzi di cui ero molto orgogliosa e che adoravo. La mia carriera di formatrice procedeva bene, mi piaceva il mio lavoro e apprezzavo il fatto di non essere impegnata a tempo pieno. Nel tempo libero avevo organizzato un’attività di catering di torte e studiavo per laurearmi in psicologia. In più, ero finalmente riuscita a liberarmi della depressione che mi aveva perseguitato per oltre dieci anni. La vita era bella. E invece non mi sono fermata a pensare a tutto quello che avevo perché… be’, perché nessuno lo fa quando le cose vanno bene. Diverse persone mi hanno raccontato che, nel momento in cui hanno scoperto di avere dei noduli, hanno capito subito che si trattava di cancro. Non era il mio caso. Sapevo di avere un nodulo, ovviamente. E sapevo che nella mia famiglia non c’erano precedenti di cancro al seno. Sapevo di essere “troppo giovane” per un tumore, e che nella maggior parte dei casi i noduli sono innocui, perché causati dal ciclo mestruale, o comunque passeggeri (evidentemente avevo prestato più attenzione di quanto credessi ai poster appesi nelle sale d’attesa degli ambulatori). Perciò non ho pensato che quel nodulo fosse un cancro. Ma non ho nemmeno pensato che non lo fosse. E quello è stato un passo piuttosto importante. Il primo di una lunga serie. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 25 27-03-2012 17:30:03 26 Come ho sconfitto il cancro Edward de Bono: il cappello bianco e il nodulo Uno dei metodi più conosciuti di de Bono è quello dei sei cappelli per pensare, dove ognuno di questi copricapi immaginari di colore diverso rappresenta un tipo di pensiero. Così, quando un gruppo abbraccia il pensiero del cappello giallo, significa che sta cercando i vantaggi di una determinata situazione. Il cappello nero rappresenta invece i rischi, e quello verde la creatività. Il bianco le informazioni: cosa sappiamo? cosa dobbiamo sapere? Mi è stato chiesto spesso di lavorare con gruppi di persone che non riuscivano a prendere una decisione e credevano che il problema risiedesse nel fatto che i pro e i contro erano troppo ben bilanciati. In circa centoventisei casi su centoventinove, il problema si è rivelato totalmente diverso. Ci sono molte idee preconcette che possono ostacolare il processo decisionale, e quasi sempre la cosa migliore da fare è concentrarsi su quello che sappiamo e che ci serve sapere. Spesso la difficoltà è rappresentata da un’informazione critica mancante, che ci è sfuggita. Dopo averla individuata – ponendo le domande giuste, esponendo congetture e opinioni e procedendo per tentativi – la scelta arriverà da sola. Perciò so bene quanto siano importanti le informazioni. Ora, non ci vuole un genio per capire quali problemi pone un nodulo. Cosa sappiamo? Che è un nodulo. Cosa dobbiamo sapere? Se il nodulo è un cancro. La prima tappa della diagnosi è un luogo triste, pieno di fantasie oscure, facce impaurite e labbra tremanti (anche se non ne parlate con nessuno, sappiate che nessuno specchio magico darà una risposta brillante ed entusiasmante alla vostra immagine riflessa). Ed è difficile da affrontare. Ho trovato un paio di tecniche mentali che mi hanno aiutata durante i giorni e le GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 26 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 27 settimane in cui il mio corpo è stato in balìa di mani fredde e aghi appuntiti. Per prima cosa ho cercato di visualizzare ogni esame come una nuova, importantissima informazione che avrebbe aiutato a sbloccare la situazione, in un senso o nell’altro. Durante quelle settimane mi sembrava che tutti, cani e porci, non facessero altro che toccarmi, infilzarmi ed esaminarmi. Per fortuna cani e porci non hanno i pollici opponibili e non possono tenere in mano un ago. Seconda cosa, ho ridotto il tempo che trascorrevo pensando al nodulo. RACCOGLIERE INFORMAZIONI, ESAME DOPO ESAME 1. Dal medico Sono una grande fan del mio dottore: mi tratta sempre come una donna intelligente, che ha voce in capitolo quando si tratta della cura della propria salute. Non dovrebbe essere una cosa strana, ma nelle rare occasioni in cui ho avuto la necessità di farmi visitare da un medico che non fosse il dottor Adeyemi, mi sono resa conto del contrario. Lui mi ha posto una serie di domande sulla storia clinica della mia famiglia e altri fattori di rischio, minimi se non si sposa la scuola di pensiero secondo cui il reggiseno con il ferretto, i deodoranti per le ascelle e il fatto di essere nati nella seconda metà del ventesimo secolo causino il cancro. Il dottor A. mi ha indirizzato al reparto di senologia del St George Hospital, giusto per stare tranquilli. Era una raccomandazione saggia e io fui felice di seguirla. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 27 27-03-2012 17:30:03 28 Come ho sconfitto il cancro 2. Al reparto di senologia Meno di una settimana dopo Joe, un’infermiera del St George, ha diagnosticato che il nodulo era «una probabile cisti o un deposito di grasso» (bene), ma mi ha comunque spedita a fare un esame ultrasonografico e una mammografia. Dopo di che mi ha inserito un ago (si chiama “agoaspirato della mammella”, nel giro di cinque secondi e qualche colpetto è finito, e non fa per niente male). In seguito ho scoperto che questi tre esami sono la procedura standard per analizzare i noduli al seno dall’aspetto ambiguo. Nessuno dei tre sembrava chissà che. Per l’ultrasonico, ti cospargono con un gel freddo e un lettore collegato a un monitor viene passato su entrambi i seni, mentre lo specialista cattura le immagini (tutti si scusano sempre perché il gel è freddo. Ma perché non lo scaldano? Non mi pare manchino i termosifoni in ospedale). La mammografia consiste nel farsi schiacciare i seni in varie posizioni fra due lastre di vetro. Dà un po’ fastidio, ma il lato comico della situazione compensa il disagio, a mio parere. E l’agoaspirazione era finita prima che me ne accorgessi. 3. Una biopsia dopo l’altra Circa una settimana dopo i tre esami ho ricevuto una lettera, con cui mi si consigliava di effettuare una biopsia ecoguidata, per sicurezza (nessuno aveva ancora specificato per sicurezza da cosa, ma lo sapevamo tutti: a quel punto le gambe hanno iniziato a tremarmi). La biopsia avrebbe compreso anche un’area irregolare rilevata dagli ultrasuoni nel seno sinistro. È a partire dalla biopsia ecoguidata che le cose hanno iniziato a farsi serie, in relazione alla parola-che-nessuno-aveva-ancorapronunciato (c’era un’infermiera il cui unico compito sembrava quello di tenermi la mano). Queste biopsie erano un po’ più complesse della prima breve punzecchiatura. Innanzitutto, ci GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 28 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 29 fu l’anestesia locale; poi mi vennero praticate delle incisioni e, anche se non mi era permesso guardare, sentivo il sangue che veniva aspirato; infine ci furono quattro colpi su ogni mammella con un ago cavo caricato a molla. Quella parte di me che ama i documentari di medicina trovava la cosa interessante. Una volta che il radiologo ha individuato l’area da cui asportare un campione (ha dovuto infilare l’ago alcune volte prima di trovare il punto) ho udito un sonoro clic, ovvero il suono dell’ago caricato dalla molla, che esce e rientra portandosi dietro un pezzetto di tessuto. Il campione finisce in un piccolo contenitore e può finalmente prendere la strada del laboratorio, dove viene sezionato e analizzato. Le incisioni sono state medicate con garze sterili e io sono stata dimessa prima che l’effetto dell’anestesia fosse cessato (il personale ospedaliero è molto intelligente). Non appena sono arrivata a casa sono iniziati i dolori e sono spuntati i lividi, e il resto del pomeriggio è stato abbastanza deprimente. Penso di avere guardato la tv, cosa che normalmente non faccio mai durante il giorno, anche se è stato un buon allenamento per quel che è venuto dopo. ESERCIZI MENTALI Porsi dei limiti Il controllo su quel che pensate e sul modo in cui lo fate è nelle vostre mani. Provate alcune delle seguenti tecniche (o tutte) per affrontare questo periodo di incertezza. 1. Sedetevi in disparte per cinque minuti, mattina e sera (ma non subito prima di andare a letto), e riflettete sulla possibilità di avere un GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 29 27-03-2012 17:30:03 30 Come ho sconfitto il cancro cancro. Calcolate il tempo con un orologio. Per cinque minuti esatti preoccupatevi, piangete, pensate al peggio. Quando i cinque minuti sono passati, fermatevi. Fate un respiro profondo, stiracchiatevi e dedicatevi a qualcos’altro. Quando i vostri pensieri ritornano alla diagnosi, ricordate gentilmente al vostro cervello che non è il momento giusto: dovrà aspettare l’orario stabilito. 2. Trovate un posto tranquillo, fate un respiro profondo e scrivete con precisione tutto quello che temete. Può essere anche una cosa semplice e spaventosa come: “Ho paura di morire”. Oppure qualcosa di più complesso: paura del dolore, di deludere gli altri, dei cambiamenti che avverranno se vi viene diagnosticato un cancro. Qualunque cosa sia, scrivetela, nel modo più completo e preciso possibile. Farà male, e sarà difficile. Ma cosa fatta, capo ha. Rileggete quanto avete scritto, chiudete il bloc-notes e andate avanti. Non vi sto dicendo che in questo modo le vostre paure svaniranno, ma è molto probabile che tirarle fuori e metterle nero su bianco le renderà più facili da affrontare, e meno ossessivamente presenti. 3. Cercate di capire in quali momenti vi sentite più preoccupati e fate in modo di evitare o modificare quelle situazioni. Se tendete a sentirvi in ansia mentre fate il bagno, provate con la doccia. Se rincasando i vostri pensieri diventano insopportabili, ascoltate musica o un audiolibro lungo il tragitto. 4. Se c’è qualcuno con cui parlate abitualmente delle vostre paure e preoccupazioni, chiedetegli di aiutarvi a tenere sotto controllo i pensieri. Per esempio, ponete un limite di tempo alle conversazioni o chiaritene prima l’obiettivo. Potreste dire: «Vorrei davvero tirare fuori tutto quello che ho dentro quando mi ascolti», oppure: «Mi aiuteresti a pianificare ciò che farò se mi viene diagnosticato un cancro?», o persino: «Mi fermi se comincio a ripetere sempre le stesse cose o finisco in un circolo vizioso?». Fino a questo punto avevo parlato solo con le mie amiche, Louise, Scarlet e Jude, che mi hanno appoggiata, ciascuna a suo modo. Lou è la parte mancante del mio bicchiere mezzo pie- GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 30 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 31 no, e quindi si è mostrata ansiosa, proprio come mi aspettavo. Oltretutto ha perso la madre a causa del cancro, perciò aveva i suoi buoni motivi per chiudere gli occhi davanti alla parola che inizia per C. Entrambi i genitori di Scarlet avevano affrontato la malattia, quindi lei aveva molte informazioni pratiche da offrirmi. Non ricordo esattamente quando ho detto a Jude di avere scoperto un nodulo ed essermi sottoposta ad accertamenti, ma ricordo bene una domenica pomeriggio in cui eravamo sedute in un caffè a parlare di quali potevano essere i risultati. È stato quando ho chiamato l’ospedale, perché non avevo ricevuto né una lettera che mi dicesse che era tutto a posto né un appuntamento, e mi hanno risposto: «Oh, sì, dobbiamo parlare con lei», che ho deciso che era arrivato il momento di raccontare ai miei genitori cosa stava accadendo. Odiavo l’idea di dar loro la cattiva notizia (o una potenziale cattiva notizia) al telefono, così ho rimandato la chiacchierata alla settimana successiva, quando sarebbero venuti a trovarmi. Ma sarebbero arrivati il giorno seguente all’appuntamento in ospedale, quello in cui avrei conosciuto l’esito, e non mi andava di dirglielo a bruciapelo non appena fossero arrivati (pensavo a mio zio Alan che, quando eravamo bambini, ci prendeva la testa tra le mani e ci chiedeva se preferivamo una malattia lunga o una morte improvvisa). Alla fine ho deciso di chiamarli a un’ora in cui sapevo che li avrei trovati entrambi. Mio padre non c’era, ma sarebbe tornato di lì a poco. «Vuoi iniziare lo stesso?», mi ha chiesto mia madre, al che ho risposto: «Ho scoperto di avere un nodulo al seno poco prima che andaste in vacanza ho fatto un sacco di esami e la prossima settimana torno in ospedale per sapere i risultati e non credo saranno buone notizie» (l’ho detto proprio così, senza punteggiatura). Mia madre ha replicato: «Oh, no», con calma, e so che in quel momento stava pensando al GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 31 27-03-2012 17:30:03 32 Come ho sconfitto il cancro periodo terribile che aveva passato solo l’anno precedente una nostra parente, sottopostasi a una mastectomia, seguita da chemioterapia e radioterapia. Le ho spiegato quali esami avevo fatto e che cosa avevano detto i medici di volta in volta. Mi sentivo la figlia peggiore del mondo. Un paio di settimane dopo, ero di nuovo al reparto di senologia per i risultati. Mi sarei incontrata con Alan in ospedale, e mentre camminavo per la strada ho avuto un’improvvisa illuminazione: si trattava di cancro. Tremavo e avevo paura. Ho trovato Alan e una volta entrati ho notato che alla reception sul foglio con il mio nome era evidenziata una parola che sembrava preoperatoria. L’attesa è state breve. Joe mi ha chiamata e sono entrata in una stanza. Alan è rimasto in sala d’aspetto, non so bene perché: forse stavamo solo obbedendo all’istituzione e lui non era stato chiamato. Forse mi aggrappavo ancora alla speranza che sarebbe stata una cosa veloce, che mi avrebbero detto: «È tutto a posto, signora Butland, niente di preoccupante». Comunque, è stato tutto un po’ assurdo. Signore e signori, ecco la scena. [stephanie (cioè io) entra in un ufficio piccolo e soffocante. C’è solo una finestrella in alto sulla parete. C’è una porta che dà sulla sala d’aspetto del reparto e altre due che conducono ad altri ambulatori. joe, l’infermiera, è già nella stanza. Sulla scrivania c’è una scatola di fazzoletti e un grande raccoglitore blu]. joe (guardandomi gentilmente negli occhi) Abbiamo i risultati dei tuoi esami, Stephanie. C’è un cancro nel tuo seno destro. io Ok. Bene (abbasso lo sguardo verso il mio seno, come per ricevere conferma; magari il nodulo con un pollice alzato che dice: «Ciao, sono io»). [Da una delle porte laterali entra il dottor mokbel e si siede dietro la scrivania]. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 32 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 33 joe Questo è il dottor mokbel, uno dei nostri chirurghi specialisti. (Rivolta a mokbel) Ho appena detto a Stephanie che ha un cancro al seno destro. (Rivolta a stephanie) Mi dispiace moltissimo. Ero convinta che non fosse niente di grave. io Possiamo chiamare mio marito? joe Certo. [alan entra e si siede. Saluti generali e presentazioni]. io (rivolta ad alan) Ho un cancro al seno destro. (Rivolta a joe) Il che significa presumibilmente che quello sinistro è a posto? [joe e il dottor mokbel si scambiano un’occhiata]. joe Be’… dottor mokbel Sappiamo che c’è un cancro nel suo seno destro. Pensiamo che sia abbastanza piccolo e l’abbiamo preso in tempo. Dobbiamo togliere il nodulo. io Non il seno? dottor mokbel No, soltanto il nodulo. Ed esamineremo anche i linfonodi sotto il braccio per vedere se il cancro è anche lì. Se è così, toglieremo anche quelli. io (tenendo la mano di alan, probabilmente molto stretta) Il seno no? dottor mokbel Il seno no. [Una piccola parte del mio cervello si è fissata su questo punto. Sono stata prosperosa per venticinque anni e non sono pronta a smettere adesso]. io Bene. È già qualcosa. dottor mokbel Nella parte sinistra c’è un piccolo gruppo di cellule che non sembrano normali, ma potrebbero non essere cancerogene. Vogliamo prelevarle per esaminarle meglio. io (piangendo un po’) [Tutti emettono versi solidali, inclusa charmaine, l’infermiera del Macmillan*, che è entrata senza far rumore]. No non è questo, è solo che… mia madre ne sarà sconvolta. dottor mokbel La prognosi è eccellente. L’abbiamo scoperto davvero presto e lei è giovane e in buona salute. [Qualcuno chiede che cosa succederà dopo. Mi piacerebbe che fosse stato alan, visto che fino* Macmillan Cancer Support è un’associazione britannica specializzata nell’offrire assistenza, informazione e sostegno economico ai malati di cancro, con particolare attenzione agli effetti sociali, psicologici e pratici della malattia. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 33 27-03-2012 17:30:03 34 Come ho sconfitto il cancro ra non ha aperto bocca, anche se mi faceva coraggio tenendomi la mano e guardandomi negli occhi]. Dopo di che, tutto si è fatto un po’ confuso. Io e Alan siamo stati accompagnati fuori per parlare con l’infermiera del Macmillan di quel che sarebbe successo: lei mi ha consigliato a chi dirlo e in che modo, e ci ha spiegato come sarebbe stata probabilmente la cura (facendola apparire peggiore di come si è poi dimostrata). Si è trattato per lo più di un monologo. A quanto pareva l’infermiera voleva rispondere a tutte le domande che immaginava ci stessimo ponendo. Per la maggior parte del tempo sono rimasta seduta, chiedendomi come fossi finita su quella sedia di vimini bianca ad ascoltare qualcuno che mi raccontava quanto stanca e sofferente mi sarei sentita di lì a poco, e come tutti si sarebbero dovuti preparare al fatto di avere davanti una psicotica soggetta a frequenti sbalzi d’umore. Ce ne siamo andati carichi di opuscoli, mentre io cercavo di ricacciare in gola un fiume di lacrime. Lungo il tragitto fino a casa, io e Alan ci siamo trovati d’accordo sul fatto che non era la fine del mondo. Quello era “un cancro” non “il Cancro”, e avremmo dovuto incoraggiare tutti a pensarla così. Abbiamo riferito subito la notizia ai miei genitori, a Lou, Scarlet e Jude. Mio padre ha commentato: «Be’, non dobbiamo fare altro che andare avanti», come avrebbe detto se fosse crollata la tettoia e avesse dovuto ripararla, e io mi sono sentita completamente al sicuro, perché non esiste tettoia al mondo che mio padre non sia in grado di riparare. Poi abbiamo deciso che avevamo bisogno di bere qualcosa, e poiché avevamo in fresco solo una bottiglia di champagne, abbiamo bevuto quella. Ed era buona. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 34 27-03-2012 17:30:03 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 35 Un cambio di prospettiva Una delle cose più importanti che ho imparato dai metodi di Edward de Bono è che è molto facile concentrarsi su un problema, lasciarsene sopraffare e dimenticare il contesto in cui è inserito, mentre conoscerlo potrebbe rendere più accessibile la soluzione o per lo meno aiutare a capire qual è la sua vera dimensione. (Non intendo dire che il cancro non sia un problema, ma che il suo contesto, il quadro generale, è un corpo intelligente, che comprende anche altre cose). Quando me ne sono ricordata, la mattina successiva a una lunga notte – i miei sogni, sempre molto vividi, avevano preso una piega sinistra, ed erano affollati di corridoi bui e persone che non mi rivolgevano la parola, con una porta chiusa a chiave di cui tutti avevano paura – ho visualizzato la cosa in questo modo. Questa immagine mi ha aiutato, e spero possa aiutare anche voi. ESERCIZI MENTALI Cosa visualizzare se ci viene diagnosticato un cancro Sedetevi in un posto tranquillo e chiudete gli occhi. Rallentate il respiro. Respirate lentamente finché non sentite di avere un ritmo regolare. Ora pensate a tutte le cose che ha fatto il vostro corpo. Pensate a tutti i chilometri che ha percorso. Magari ha partorito dei figli oppure si è arrampicato ad alta quota o vi ha fatto correre per lunghe distanze. Pensate alle mani che ha stretto, a quante volte ha inspirato ed espirato, a quando si è stiracchiato al mattino, pronto a farvi iniziare un nuovo giorno. Pensate a tutti i malesseri da cui si è ripreso. Pensate a quanto è meraviglioso il vostro corpo e abbiate fiducia nelle sue capacità. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 35 27-03-2012 17:30:04 36 Come ho sconfitto il cancro Pensate a quanto siete forti e intelligenti, se siete in grado di fare tutto quel che fate senza nemmeno concentrarvi. Pensate a quanta forza c’è nel vostro corpo. Dovete sentirvi pieni di quella forza. Dovete sentirvi forti, inattaccabili. Respirate e godetevi questa sensazione. Sorridete. Aprite gli occhi. Fate questo esercizio tutte le volte che ne sentite il bisogno. COS’È IL CANCRO La parola cancro deriva dal greco karkinos, che significa “granchio”. Si pensa che il primo a usarla sia stato il medico greco Galeno, il quale scoprì che i tumori maligni diffondevano le loro “chele” in tutte le direzioni e rimanevano attaccati al corpo a dispetto di tutti i tentativi fatti per sbarazzarsene. La morte delle cellule normali è programmata nel loro dna: si tratta di un processo chiamato apoptosi. Una cellula cancerogena muta, si riproduce velocemente e non muore. Una volta che nel nostro corpo si sono formate delle cellule cancerogene, queste si impossessano delle sue risorse per nutrirsi e svilupparsi. In tal modo il corpo non è più in grado di funzionare come dovrebbe. Gradi e stadi del cancro Il cancro viene misurato in gradi e stadi. I gradi variano in base al tipo di cancro, ma in genere sono segnalati da un numero che ne indica la velocità di sviluppo. Il grado di un tumore al seno può andare da 1 a 3, dove 1 è il più lento. GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 36 27-03-2012 17:30:04 indice p. 9 Prefazione 11 24 43 56 78 84 104 141 151 167 183 203 219 235 241 Introduzione 1. La diagnosi: all’inizio era un nodulo 2. Dirlo al mondo: una rivelazione improvvisa e difficile 3. L’operazione: alla ricerca del pigiama perfetto 4. Tenere un diario: meglio fuori che dentro 5. Non sono d’accordo: essere una paziente 6. La chemioterapia: entra in scena la draghessa 7. Oltre il confine: il catetere picc 8. Basta così: fermare tutto 9. Cancro e relazioni: non ci siete solo voi 10. Radioterapia: eccomi di nuovo qui! 11. Farmaci sperimentali: la testa esplode 12. Piano B: Herceptin 13. Tamoxifene: … e la pillola va giù 14. Andare avanti: la stessa persona, ma diversa 247 249 Bibliografia Ringraziamenti GMN164_Come ho sconfitto il cancro (Butland)_finale.indd 251 27-03-2012 17:30:15