STORIE IN CORSO VI. Seminario nazionale dottorandi Catania, 26-28 maggio 2011 www.sissco.it In hoc signo vinces. Pratiche di consacrazione al Sacro Cuore in Italia e in Francia durante la Grande Guerra Sante Lesti (Scuola Normale Superiore, Pisa / École des Hautes Études en Sciences Sociales, Paris) 1. Introduzione Il 15 giugno 1917, in Italia come in Francia, in Inghilterra come in Romania, milioni di cattolici, accorsi nelle proprie chiese in occasione della festa del Sacro Cuore di Gesù, «consacrarono» – recitando le parole del card. Amette, arcivescovo di Parigi – i propri «cuori», le proprie «famiglie», i propri «eserciti», le proprie «patrie» al «Cuore adorabile» di Gesù, invocando, in un solo tempo, l’«avvento del [Suo] regno nel mondo» e il «trionfo nella lotta» sostenuta dall’Intesa per la «difesa del diritto»1. Le solenni cerimonie di quel giorno non furono, tuttavia, che l’episodio più spettacolare di un – verrebbe da aggiungere – quasi “ossessivo” rilancio, nel dramma della guerra, delle pratiche di consacrazione al Sacro Cuore2. L’imperatore d’Austria, per primo, 1 Per il testo originale dell’atto di consacrazione: La Semaine religieuse de Paris, a. LXIV (1917), t. CXXVII, 9 juin 1917, pp. 707-708; una copia, invece, della traduzione in lingua italiana, a cura del Comitato italiano per la consacrazione nazionale al Sacro Cuore, è in Museo della Guerra (Rovereto), Collezione Monterumisi, Santini, 342. 2 Accenni alle singole vicende nazionali in: D. Menozzi, Chiesa, pace e guerra nel Novecento. Verso una delegittimazione religiosa dei conflitti, Il Mulino, Bologna 2008, pp. 31-36; Id., Sacro Cuore. Un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società, Viella, Roma 2001, pp. 262-271; R. Jonas, The tragic tale of Claire Ferchaud & the Great War, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London 2005; N. Busch, Katholische Froemmigkeit und Moderne. Die Sozial- und Mentalitaetsgeschichte des Herz-Jesu-Kultes in Deutschland zwischen Kulturkampf und Erstem Weltkrieg, Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh 1997, pp. 95-104; G. Rumi, Il Cuore del Re. Spiritualità e progetto da Benedetto XV a Pio XI, in Id., Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, SEI, Torino 1995, pp. 25-38; A. Becker, La guerre et la foi. De la mort à la mémoire. 1914- 1930, Armand Colin, Paris 1994, pp. 77-87; F. De Giorgi, Forme spirituali, forme simboliche, forme politiche. La devozione al S. Cuore, in «Rivista di storia della chiesa in Italia», a. XLVIII, n. 2, luglio-dicembre 1994, pp. 440-459; A. Denizot, Le Sacré-Cœur et la Grande Guerre, Nouvelles Éditions Latines, Paris 1994; J. Benoist, Le Sacré-Cœur de Montmartre. De 1870 à nos jours, vol. I, Les éditions ouvrières, Paris 1992, pp. 585-595; A. Zambarbieri, Per la storia della devozione al Sacro Cuore in Italia 1 aveva consacrato se stesso e la propria famiglia – in un contesto tutt’altro che privato, per una monarchia «d’antico regime»3 – l’8 dicembre 1914; un mese più tardi, il 10 gennaio 1915, in tutte le chiese tedesche, per iniziativa dell’episcopato, sarebbe stata rinnovata la consacrazione del «genere umano» al Sacro Cuore, celebrata per la prima volta, per volontà di Leone XIII, in occasione dell’«anno sacro» 1900; in Italia, il 5 gennaio 1917, primo venerdì dell’anno, due milioni di soldati – più o meno spontaneamente, più o meno convintamente – si sarebbero accostati alla consacrazione promossa – con la partecipazione entusiasta di mons. Bartolomasi, vescovo castrense, e di molti cappellani e preti-soldati – da padre Agostino Gemelli4; in Francia, terra d’elezione del culto, il card. Amette aveva già provveduto ad una consacrazione «nazionale» – in grado di mobilitare l’intero tessuto diocesano francese, nonostante l’opposizione delle autorità politiche e militari – nel giugno del 1915. Questo per non citare che alcune delle cerimonie officiate nei più importanti paesi impegnati nel conflitto. Per tutta la durata della guerra, in Francia, in Austria, in Italia, in Germania, in Belgio – per non citare che alcuni casi – cattolici avrebbero fatto appello alla «crociata» contro altri cattolici, mentre papa Benedetto XV, da Roma, avrebbe levato, per lo più inutilmente, la propria voce in nome della pace: da ogni parte, ciascuno avrebbe rivolto le proprie suppliche al Sacro Cuore di Gesù. Tanto la «pace» quanto la «vittoria», infatti, sarebbero dipese – almeno per chi avesse deciso di affidare le proprie attese, le proprie speranze, al Cuore di Gesù – dall’affermazione di quel «regno del Sacro Cuore» nel quale l’intransigentismo cattolico dell’epoca condensava le proprie ambizioni di «restaurazione cristiana» delle società moderne. 2. Le domande Il caso del Sacro Cuore – di un culto invocato, negli stessi giorni, per la pace così come per la vittoria – offre, in primo luogo, un’insolita occasione per una riconsiderazione in sede critica delle fragilità e delle contraddizioni dell’impegno per la pace portato avanti da Benedetto XV di fronte al dramma dell’«inutile strage»5: come fu possibile, in altre parole, che un culto individuato tra „800 e „900, in «Rivista di storia della chiesa in Italia», a. XLI, n. 2, luglio-dicembre 1987, pp. 401-413; R. Morozzo della Rocca, La fede e la guerra. Cappellani militari e preti-soldati (1915-1919), Studium, Roma 1980, pp. 206-210. 3 Il riferimento obbligato è al classico libro di A. J. Mayer, Il potere dell‟Ancien Régime fino alla prima guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari 1999, pp. 119-173 [ed. originale, Pantheon Books, New York 1981]. 4 All’iniziativa gemelliana ho dedicato la mia tesi di laurea specialistica in Storia e Civiltà, discussa, nel luglio del 2008, presso l’Università di Pisa (relatore: prof. Alberto Mario Banti); cfr., ora, S. Lesti, «Per la vittoria, la pace, la rinascita cristiana». Padre Gemelli e la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore (1916-1917), in D. Menozzi (a cura di), La chiesa e la guerra. I cattolici italiani nel primo conflitto mondiale, fasc. monografico di «Humanitas», a. LXIII, n. 6, novembre-dicembre 2008, pp. 959-975. 5 Per un inquadramento generale dell’atteggiamento di Benedetto XV di fronte alla guerra, si può far ora riferimento a D. Menozzi, Chiesa, pace e guerra nel Novecento cit., pp. 7-46. Ha dedicato importanti interventi al tema anche R. Morozzo della Rocca, del quale mi limito a ricordare, almeno, Benedetto XV e la sacralizzazione della prima guerra mondiale, in M. Franzinelli e R. Bottoni (a cura di), Chiesa e guerra. Dalla «benedizione delle armi» alla «Pacem in terris», Il Mulino, Bologna 2005, pp. 165-181, e Benedetto XV e il nazionalismo, in «Cristianesimo nella storia», a. XVII, n. 2, maggio-agosto 1996, pp. 541-566. 2 da Roma come uno degli strumenti più idonei al raggiungimento della pace finisse per assumere, più o meno in tutte le chiese europee, i tratti dell’«insegna» per eccellenza della crociata? Per quale ragione papa Benedetto non riuscì mai ad arginarne le torsioni nazionalistiche, arrivando talora a concedere loro persino la propria benedizione? Domande per lo più ignorate dalla storiografia 6, e alle quali vorrei, invece, tentare di dare una prima risposta tornando a riflettere – soprattutto su di un piano della ricezione e per la prima volta a partire da materiale d’archivio – sugli strumenti, teologici e cultuali, dell’impegno per la pace portato avanti da Roma. La ragione del successo delle pratiche di consacrazione – così come della profonda ambiguità che ne avrebbe accompagnato, per tutta la durata della guerra, la celebrazione – risiedette nell’altissima densità simbolica incorporata nella loro messa in atto: consacrare se stessi, il proprio esercito, la propria patria implicava l’adesione, la partecipazione ad un discorso capace di dare senso – un senso cristiano, s’intende – all’«esperienza», individuale e collettiva, della guerra7. Discorso sulla «religione», la «guerra» e la «nazione» – su di una guerra come crociata per la restaurazione del regno del Sacro Cuore – che offre allo storico una straordinaria chiave d’accesso a due dei temi portanti del rapporto chiesa/moderno8, e a partire dall’«événement matriciel» della Grande Guerra9. Troppo spesso affrontati a partire da un’ottica de-storicizzante e, per lo più, alla verifica di alcuni assunti scopertamente attualizzanti – cristianesimo come religione di pace; cristianesimo come religione universale – i due temi chiesa/nazione e chiesa/guerra assunsero, invece, nel contesto della Grande Guerra, declinazioni specifiche e, per altro, di una certa durata. Al centro della mia ricerca, per dirla con Skinner10, quel che gli speakers cattolici «stessero facendo» parlando della religione e della guerra, della religione e della nazione. Più in particolare, quel che vorrei fare – prendendo le mosse da un’indicazione di Giuseppe Battelli11 – è provare a rileggere 6 Ad eccezione di D. Menozzi, Chiesa, pace e guerra nel Novecento cit., pp. 31-36. Sulla religione come dimensione fondamentale di quell’operazione di «costruzione di senso» che avrebbe sfidato anche le trincee della guerra moderna, segnalerei, per l’Italia, il recente D. Menozzi (a cura di), La chiesa e la guerra cit., con contributi di Malpensa, Paiano, Stiaccini, Lesti, Cavagnini. Ma per un quadro generale della storiografia francese, dalla quale sono venute, negli ultimi due decenni, le più importanti suggestioni metodologiche, cfr. A. Prost-J. Winter, Penser la Grande Guerre. Un essai d‟historiographie, Seuil, Paris 2004. Gli studi sulla «religione di guerra» devono il loro sviluppo – e la loro centralità, nel contesto degli studi sulla Grande Guerra – ad A. Becker, di cui ricorderei almeno La guerre et la foi. De la mort à la mémoire. 1914-1930, Armand Colin, Paris 1994, oltre al classico volume in collaborazione con S. Audoin-Rouzeau, La violenza, la crociata, il lutto. La Grande Guerra e la storia del Novecento, Einaudi, Torino 2002 [ed. originale 14-18. Retrouver la guerre, Gallimard, Paris 2000]. 8 Per un primo approccio al tema, si può far riferimento, ora, a G. Filoramo (a cura di), Le religioni e il mondo moderno, vol. I, D. Menozzi (a cura di), Cristianesimo, Einaudi, Torino 2008. 9 Nell’impossibilità di dar conto di una bibliografia ormai sterminata, limiterei i rinvii alle due rassegne di F. Cochet, Pace e guerra nel ventesimo secolo. Un bilancio storiografico della ricerca francese, in «Mondo contemporaneo», a. I, n. 1, gennaio-aprile 2005, pp. 121-134, e G. Procacci, Alcune recenti pubblicazioni in Francia sulla «cultura di guerra» e sulla percezione della morte nel primo conflitto mondiale, in N. Labanca e G. Rochat (a cura di), Il soldato, la guerra e il rischio di morire, Unicopli, Milano 2006, pp. 107-124. 10 Il riferimento è a Q. Skinner, Dell‟interpretazione, Il Mulino, Bologna 2001. 11 G. Battelli, rec. a G. Formigoni, L‟Italia dei cattolici. Fede e nazione dal Risorgimento alla Repubblica, Il Mulino, Bologna 1998, «Rivista di storia e letteratura religiosa», a. XXXVII, n. 2, maggio-agosto 2001, pp. 403-409. 7 3 quel discorso in termini di «egemonia»: quel che vescovi, sacerdoti, pubblicisti tentarono di «fare» non era infatti – almeno a mio parere – che la costruzione – per molti versi pericolosa – di una religione nazionale che, nel nuovo scenario della guerra e dei nazionalismi, ridesse a Dio e alla sua chiesa quegli spazi, pubblici e privati, che erano stati loro sottratti dai processi di secolarizzazione e di laicizzazione che avevano attraversato l’Europa a partire dalla rivoluzione dell’Ottantanove12. La mia ricerca vorrebbe essere soprattutto, però, un contributo di storia politica del religioso e, più in particolare, di storia politica dei culti, terreni – almeno a parere di chi scrive – ancora troppo raramente battuti dagli storici contemporaneisti13. Prima di tutto, infatti, consacrare un esercito, una nazione proponeva una certa articolazione del rapporto tra politico e religioso. Studiare i testi e i contesti delle pratiche di consacrazione consente così di cogliere – e in riferimento ad una «crisi»14 decisiva nella storia politica del cattolicesimo contemporaneo com’è quella della Grande Guerra – come quel rapporto si trovò a essere declinato, a partire da quali presupposti teologici, e nel contesto di quali incontri/scontri, ad esempio, con le autorità politiche e militari – quest’ultimo dato, per altro, in una prospettiva comparata che permetta di guardare assieme a contesti politico-religiosi estremamente difformi come la Francia repubblicana, l’Impero austriaco o l’Italia liberale. 3. Il contesto storiografico Oggetto privilegiato della pietà intransigente otto-novecentesca, il culto al Sacro Cuore non ha mancato d’attirare, in particolar modo negli ultimi vent’anni, l’attenzione della storiografia internazionale: più in particolare, gli studi di Daniele Menozzi, Fulvio De Giorgi, Jacques Benoist, Raymond Jonas hanno avuto il merito di metterne in evidenza, a proposito di contesti geografici e cronologici differenti, le corpose implicazioni politiche15. Insite già nelle rivelazioni private tardoseicentesche testimoniate dalla visitandina francese Margherita Maria Alacoque – pur secondo modalità proprie dell’antico-regime – esse avrebbero marcato sempre più la parabola contemporanea del culto, soprattutto a partire dalla rivoluzione dell’Ottantanove, quando alcune insorgenze anti-repubblicane – la più nota è, ovviamente, quella vandeana – avrebbero assunto Fondamentali, sul tema, restano gli studi di F. Traniello, ora raccolti in Id., Religione cattolica e stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2007. 12 Per una sintesi efficace: R. Rémond, La secolarizzazione. Religione e società nell‟Europa contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1999 [ed. originale Le Seuil, Paris 1996]. 13 Quel che qui cercherò di tracciare è, tuttavia, un progetto alternativo – diciamolo pure, meno ambizioso – per ambiti e prospettive, rispetto a quello d’une histoire politique de la religion delineato nel celebre studio di M. Gauchet, Il disincanto del mondo. Una storia politica della religione, Einaudi, Torino 1992 [ed. originale Gallimard, Paris 1985]. 14 Cfr. D. Pelletier, Les catholiques en France depuis 1815, La Découverte, Paris 1997, pp. 112-115. 15 Ricorderò almeno, di D. Menozzi, Sacro Cuore cit.; di F. De Giorgi, Forme spirituali, forme simboliche, forme politiche cit.; di J. Benoist, Le Sacré-Cœur de Montmartre cit., 2 voll.; di R. Jonas, The tragic tale of Claire Ferchaud & the Great War cit., Id., France and the cult of the Sacred Heart. An epic tale for modern times, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-London, 2000. 4 l’immagine del Sacro Cuore a insegna della contro-rivoluzione. Ma è attorno agli anni sessantasettanta dell’ottocento che si collocano le origini della nostra storia, quando alcuni ambienti della cultura cattolica intransigente16 – tra i quali, in primo piano, il gesuita francese Henry Ramière – avrebbero condensato, attorno alla teologia politica del «regno del Sacro Cuore», lo strumento, teorico e cultuale, per la riaffermazione della «regalità sociale di Cristo». Non si sarebbe trattato di una ridefinizione da poco. Ramière, in particolare, muovendo da un’originale – quanto anacronistica – rilettura delle lettere di Margherita Maria, individuava nel «regno del Sacro Cuore» che le era stato annunciato quel «regno sociale di Cristo» alla cui formulazione egli stesso, tra i primi, andava contribuendo, proprio in quegli anni, come alternativa alla «satanica» rivoluzione in atto nel mondo contemporaneo. Disincagliando la cultura cattolica dalle secche dell’opposizione, sic et simpliciter, al mondo moderno – nonché da tentazioni apocalittiche, tutt’altro che estranee al cattolicesimo dell’età di Pio IX – il gesuita francese proponeva, sotto l’insegna del «regno sociale del Sacro Cuore» un ambizioso – quanto flessibile, come vedremo subito – progetto di ricostruzione cristiana della società. Monarchici, repubblicani, liberali, democratici avrebbero potuto – e dovuto – riconoscere la «regalità» di Cristo sulla società, riaffermando i «diritti» di Dio e della sua chiesa: in questo caso – come avrebbe scritto in una delle sue opere più importanti, Les espèrances de l‟Église – «persino i principi del 1789 [avrebbero perso] tutta la loro pericolosità e [sarebbero diventati] delle utili verità». Sul finire del secolo la proposta elaborata dal gesuita francese – dopo un ventennio di ridefinizione, approfondimento, ma soprattutto di enorme diffusione, da parte di attori e organizzazioni diverse – sarebbe stata assunta da parte del magistero papale: Leone XIII, con l’enciclica Annum Sacrum (1899), proclamava, per il nuovo secolo, l’inizio di una nuova era costantiniana, che si sarebbe aperta con la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore e che avrebbe segnato il ritorno delle società alla tutela ecclesiastica e, più in particolare, alla tutela e alla direzione del papato romano. La linea assunta da Leone XIII non avrebbe registrato alcuna significativa correzione da parte dei suoi successori almeno sino al 1925, anno in cui Pio XI, con l’enciclica Quas Primas, avrebbe assegnato un’autonoma dimensione liturgica alla regalità sociale di Cristo istituendo, a tal fine, la festa di «Cristo Re». Che ne sarebbe stato del «regno del Sacro Cuore» annunciato da Roma? Quale ruolo avrebbe giocato, di lì a qualche anno, l’elaborazione teologico-politica appena delineata nel contesto di quella «Grande Guerra» che avrebbe registrato, in Francia, in Italia, per molti versi 16 Il rinvio, scontato, è a: G. Miccoli, «L'avarizia e l'orgoglio di un frate laido...». Problemi e aspetti dell'interpretazione cattolica di Lutero, in L. Perrone (a cura di), Lutero in Italia. Studi storici nel V centenario della nascita, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1983, pp. VII-XXXIII; Id., Chiesa e società in Italia fra Ottocento e Novecento: il mito della cristianità, in Id., Fra mito della cristianità e secolarizzazione. Studi sul rapporto chiesasocietà nell‟età contemporanea, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1985, pp. 21-92; D. Menozzi, La chiesa cattolica e la secolarizzazione, Einaudi, Torino 1993. 5 anche in Germania, l’integrazione a pieno titolo, dopo decenni di «opposizione», dei cattolici nello stato nazionale?17 La mia ipotesi – che, formulata ormai due anni fa, non metteva ancora in conto di che tipo di successo si trattasse – muoveva, e muove ancora, da qui: che il successo delle pratiche di consacrazione dipese proprio dalla straordinaria efficacia di quell’elaborazione nel contesto delle sfide che accompagnarono l’ingresso delle chiese nazionali nelle Unions Sacrées a partire dai primi giorni di agosto del 1914. Chiamate a non «tradire» la patria nell’«ora suprema», le chiese di Francia, Italia, Germania – diverso, ma comparativamente istruttivo è il caso austriaco – trovarono, nell’arsenale simbolico del culto – nonché nella forma specifica delle pratiche di consacrazione – la strumentazione, teorica e cultuale, attraverso la quale compiere la propria adesione alla «crociata» nazionale. Esse avrebbero garantito la propria «mediazione»18, rendendosi disponibili a celebrare i riti della «religione della patria»: allo stesso tempo, però, l’insegna del Sacro Cuore avrebbe dato loro le parole d’ordine di quella «ricostruzione cristiana» posta a pegno, per così dire, del «nuovo patto» tra Dio e i suoi novelli crociati. Per dirla con una formula, le pratiche di consacrazione al Sacro Cuore offrivano la possibilità di una strategica combinazione di nazionalismo e intransigentismo: meglio ancora, esse offrivano la struttura narrativa e rituale di un nazionalismo cattolico capace – almeno potenzialmente – di esercitare la propria egemonia sul discorso nazionalpatriottico. Non si trattava, d’altro canto, di una combinazione del tutto inedita. Nei primi anni settanta dell’ottocento, infatti, in Francia, Alexandre-Félix Légentil e Hubert Rohault de Fleury – due personalità di primo piano dell’alta borghesia cattolica, impegnati nelle Conferenze di san Vincenzo – avevano dato il là a un grandioso progetto di erezione d’un tempio nazionale da offrirsi in «voto» per la rigenerazione della Francia peccatrice – e sconfitta – del Secondo Impero. L’opera del Vœu National19, la cui costruzione, sulla collina di Montmartre, avrebbe accompagnato gran parte della – contrastata – storia politica e religiosa della Terza Repubblica20, testimoniava così, con qualche decennio di anticipo rispetto alla Grande Guerra, un’autentica forma di «patriottismo cattolico», slegato ormai da qualsiasi antica nostalgia legittimista, e ancorato invece – e saldamente – al tema della «nazione». Sin qui, il perché – almeno a mio parere – “dell’ossessivo” ricorso alle pratiche di consacrazione: un perché, come accennato, che ci porta per altro nel cuore del nodo chiesa/nazione, e in uno dei contesti certamente più rilevanti del suo svolgimento storico. Ma, come dicevo sopra, 17 Per una panoramica generale: J.-M. Mayeur, C. Pietri, A. Vauchez e M. Venard (sous la direction de), Histoire du christianisme, t. XII, J.-M. Mayeur (sous la responsabilité de), Guerres mondiales et totalitarismes ( 1914 – 1958 ), Desclée-Fayard, Paris 1990. 18 Cfr. G. Filoramo, Il sacro e il potere. Il caso cristiano, Einaudi, Torino 2009. 19 Al Vœu National è dedicata la thèse di J. Benoist, da cui Id., Le Sacré-Cœur de Montmartre cit. 20 Una classica sintesi è J.-M. Mayeur, La vie politique sous la Troisième République. 1870-1940, Seuil, Paris 1984. Ma cfr. anche J. Lalouette, La République anticléricale. XIXe – XXe siècles, Seuil, Paris 2002. 6 preferirei, in questa sede, soffermarmi su un’altra direttrice del mio lavoro di tesi, che in questi due anni di ricerca si è lentamente imposta come la direttrice fondamentale del mio lavoro. E che mi dà anche l’occasione di formalizzare – almeno di tentare una prima formulazione – di quel che mi piacerebbe riuscire a fare sul terreno di una storia politica del religioso. Daniele Menozzi, all’atto di presentare la propria ricerca, nel 2001, scriveva: […] la ricerca sui riflessi politici della vita cultuale appare assai poco praticata. Se è vero che le «liturgie politiche» adottate dai regimi totalitari del Novecento sono state convincentemente esplorate, assai meno sviluppato risulta invece l’esame del ruolo politico che le chiese cristiane, ed in particolare quella cattolica, hanno attribuito alle loro pratiche religiose. Non si tratta infatti solo di cogliere nessi tra due dimensioni apparentemente assai distanti e giudicate per lo più senza relazioni, ma anche di penetrare all’interno degli aspetti – il culto, la pietà, la spiritualità – più specifici ed intimi della vita della chiesa, che investono il profondo significato della sua presenza nella società. Particolarmente in Italia, una storiografia troppo attenta alle vicende organizzative dei movimenti politici e sociali dei cattolici, ha sovente trascurato queste dimensioni, lasciandole a specialisti del «sacro» disinteressati a coglierne le concrete determinazioni e evoluzioni storiche21. Pur non dimenticando la pluralità dei luoghi di politicizzazione del culto – dai documenti del magistero alle «intenzioni» quotidianamente associate alle preghiere – quel che vorrei fare è concentrare la mia analisi soprattutto sul rito, proponendone un’analisi a tre livelli: dalla sua esegesi teologico-politica, che tenga conto dei diversi livelli di responsabilità dell’interprete – il superiore dei cappellani della basilica di Montmartre non è l’arcivescovo di Parigi, per intenderci – alle parole e ai contesti della sua celebrazione – cosa si consacra? in che contesto liturgico? a chi ne è riservata la recitazione? – sino alla sua ricezione, spesso la sua contestazione, da parte soprattutto delle autorità politiche e militari – penso alla Francia, soprattutto, ma anche all’Italia. Come dirò tra un attimo, credo che un’impostazione del genere possa dirci molto di quale rapporto tra politico e religioso incorporassero – e, al tempo stesso, mettessero in scena – le nostre cerimonie di consacrazione. Ma prima di anticipare alcuni tra i risultati raggiunti in questi primi due anni e mezzo di lavoro – ultimato da poco il lavoro di ricerca ho appena iniziato la stesura della tesi – vale la pena di chiarire attraverso quali fonti ho cercato di rispondere alle domande appena formulate. 4. Le fonti Al centro, ideale, della mia analisi saranno perciò i testi delle cerimonie di consacrazione: nel paragrafo successivo, al momento di anticipare alcuni tra i risultati sin qui raggiunti, ne citerò anche un esempio significativo. Stampati il più delle volte in forma di «santino» – o di opuscolo, ma anche sul verso di cartoline illustrate – per facilitarne la distribuzione, essi sarebbero stati spesso 21 D. Menozzi, Sacro Cuore cit., pp. 13-14. 7 riprodotti sulla stampa cattolica, nonché intercettati – e archiviati, perciò – dalle autorità preposte alla censura: non è stato difficile, insomma, ripescarne qualche copia. Ma, come accennavo, l’analisi testuale – delle parole così come delle immagini delle cerimonie di consacrazione – dovrà essere inserita all’interno di una rete più ampia di fonti, di tipologia e provenienza diverse: dagli archivi degli attori e delle istituzioni ecclesiastiche che promossero le cerimonie a quelli delle autorità che – almeno per quel che riguarda la Francia e l’Italia – ne avrebbero cercato, come vedremo, di impedire o quantomeno di contenere lo svolgimento. Oltre all’organizzazione e alla promozione delle cerimonie, ho cercato di sondare, sempre sul terreno della documentazione archivistica, anche la loro ricezione, affiancando così, alla consultazione di archivi istituzionali anche quella di archivi privati. Non c’è bisogno d’insistere, credo, sull’importanza della documentazione d’archivio: essa, come cercherò di mostrare, mi ha permesso di cogliere, per così dire, i sottotesti, le allusioni, le ambizioni profonde di coloro che si sarebbero fatti promotori delle nostre pratiche. E non c’è bisogno d’insistere troppo, allo stesso modo, sull’importanza dello studio della documentazione archivistica romana, vero e proprio sismografo delle impressioni che avrebbero suscitato, presso la Santa Sede, le cerimonie organizzate da parte delle diverse chiese nazionali. Molta dell’analisi dovrà essere svolta, ciò nonostante, sul terreno della documentazione a stampa: lettere pastorali, opuscoli, ma anche stampa periodica, cattolica e non. Oltre all’esegesi teologico-politica, affidata a lettere pastorali ma anche – da parte di pubblicisti vari – a trattatelli, brochures – più o meno accurate – una parte importante della ricerca è stata dedicata, infatti, al setaccio sia della grande stampa quotidiana sia della stampa periodica più specializzata, allo scopo – questo soprattutto per il caso francese – di misurare l’andamento del dibattito politico-religioso innescato dalle pratiche di consacrazione. Le indagini principali, più concretamente, hanno riguardato (con riferimento, in particolare, alla documentazione d’archivio): - per l’Italia: i materiali relativi all’organizzazione della duplice consacrazione, prima dell’esercito italiano, poi delle nazioni dell’Intesa al Sacro Cuore di Gesù, promossa da padre Agostino Gemelli (1878-1959) sono stati rintracciati prevalentemente in Archivio Barelli22 (Milano), Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e Archivio della Provincia Lombarda dei Frati Minori (Milano), p. A. Gemelli; ulteriore documentazione, concernente 22 Su Armida Barelli, strettissima collaboratrice di padre Gemelli sin dai primi anni dieci del novecento, cfr., in prima battuta, la voce curata da L. Rozza per F. Traniello e G. Campanini (a cura di), Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), vol. II, I protagonisti, Marietti, Casale Monferrato 1982, pp. 30-33. Per un ulteriore approfondimento: M. Sticco, Una donna fra due secoli: Armida Barelli, Edizioni OR, Milano 1983 [ed. originale, Vita e Pensiero, Milano 1967] e M. Bocci, Una “distrazione” significativa: il caso di Armida Barelli, in «Annali di storia moderna e contemporanea», a. IX, 2003, pp. 429-443. 8 soprattutto la partecipazione – o quantomeno la ricezione, per lo più entusiasta – alle due iniziative gemelliane – soprattutto di cappellani militari, ma anche di ordinari diocesani, semplici parroci, è stata rintracciata in Archivio della Fondazione per le Scienze Religiose (Bologna), Roncalli; Archivio dell’Apostolato della Preghiera (Roma); Archivio Storico Diocesano di Susa (Susa, Torino), Bartolomasi; Museo del Risorgimento (Milano), Archivio della Guerra; Museo della Guerra (Rovereto, Trento), Collezione Monterumisi. Qualche indicazione a proposito dell’atteggiamento delle autorità di governo in Archivio Centrale dello Stato (Roma), Ministero dell‟Interno, Direzione Generale Affari di Culto e Ministero dell‟Interno, Divisione Generale di Pubblica Sicurezza, Affari Generali Riservati, A5G (prima guerra mondiale). Un saggio dell’analisi della duplice consacrazione gemelliana che vorrei proporre all’interno della mia tesi sarà dato nel prossimo paragrafo, a mo’ di campione delle possibilità euristiche legate a un approccio come quello che ho descritto sopra. Non mi sembra il caso, dunque, d’insistere oltre in una presentazione generale dei materiali presi in esame; - per la Francia: il grosso della documentazione archivistica recuperata proviene dalle Archives Historiques du Diocèse de Paris (AHAP). Faccio riferimento, in particolare, a AHDP, 1 D 11, 13, Audiences au Vatican; AHDP, 2 A 3, 1, Voyages à Rome; AHDP, 3 G 2, 8, Sacré Cœur. Basiliques de Rome et Jérusalem; AHDP, 3 G 2, 8, Sacré-Cœur. Consécration de la France; AHDP, 3 G 2, 8, Sacré-Cœur. Intronisations; AHDP, 3 G 2, 8, Sacré-Cœur. Propositions et Réclamations; AHDP, 3 G 2, 8, Sacré-Cœur. Question du drapeau; AHDP, 4 E 1, 8, Claire Ferchaud; AHDP, 5 B 2, 13, Guerre 1914-1918. Sempre presso le AHDP ho avuto modo di consultare le Archives de la Basilique du Sacré-Cœur, 4 C, Procès-verbaux des réunions de la réparation mensuelle à Montmartre; 4 C 23, Culte du Sacré-Cœur au front; carton 6, Claire Ferchaud, e les Archives Dubois23 (attualmente in inventariazione), Ce qui s‟est fait au sujet de l‟appel : « La France au Sacré Cœur »; Correspondance de Mgr Dubois. I materiali rintracciati consentono, in primo luogo, di ricostruire con sufficiente chiarezza le due consacrazioni “maggiori” promosse dai cardinali francesi (l’una su iniziativa del card. Amette, arcivescovo di Parigi, l’altra su iniziativa del card. Andrieu, arcivescovo di Bordeaux) nel 1915 e nel 1917 in occasione della festa del Sacro Cuore. Di particolare interesse, nello specifico, alcune lettere scambiate tra i cardinali di Parigi, Bordeaux e Reims a proposito della «solennizzazione» della festa del Sacro Cuore inaugurata nel giugno del 1917: al centro della consultazione intercorsa tra i tre cardinali nell’aprile del 1917 alcuni dubia, tra i quali uno, formulato dal card. Luçon, arcivescovo di Reims, merita di essere citato letteralmente: «N’y a-t-il pas inconvénient à ce que nous paraissions accréditer par un 23 L.-E. Dubois (1856-1929), all’epoca della Grande Guerra arcivescovo di Bourges, sino al 1916, e poi di Rouen, dopo quella data, sarebbe stato nominato, nel 1920, arcivescovo di Parigi, ruolo che avrebbe ricoperto sino alla morte: è per questo che le sue carte personali si trovano attualmente presso le AHDP. 9 acte public et solennel de tout l’Episcopat français, quoique ne l’indiquant pas formellement, une révélation sur laquelle l’Eglise ne s’est pas prononcée ?» Il dubium formulato dal cardinale puntava dritto sull’autenticità di quelle «promesse» – mai approvate – a Luigi XIV sulle quali la maggior parte del cattolicesimo francese fondava allora le proprie ambizioni e le proprie speranze: speranze o, per meglio dire, “certezze” di vittoria di una Francia che avesse prestato ufficialmente il proprio «omaggio» al Cuore di Gesù. Strettamente – e, per certi versi, ambiguamente – intrecciata alla campagna per la «solennizzazione» della festa del Sacro Cuore promossa dall’episcopato francese nel 1917, è la cosiddetta question du drapeau, a proposito della quale è confluita a Parigi documentazione d’origine diversa e proprio per questo di notevole interesse. I fondi delle AHAP permettono di intrecciare, infatti, le carte Amette, quelle dell’allora “soltanto” mons. Dubois, arcivescovo di Rouen, e quelle della Basilica di Montmartre, consentendo così d’accedere “dall’interno”, per così dire, alle ragioni di molti degli attori coinvolti nella querelle. Tra le tante altre vicende rintracciate nelle AHAP, mi limito qui ad accennare alla consacrazione della Francia al Cuore Immacolato di Maria, indetta dal card. Amette per l’8 dicembre 1914 con l’appoggio compatto degli altri cardinali d’oltralpe e che per più d’un verso si sarebbe trovata a anticipare la «solenne» consacrazione nazionale al Sacro Cuore del 15 giugno seguente. Per quel che concerne gli archivi pubblici, ho cominciato il lavoro dai due fondi classici della série F 7, Police Générale, delle Archives Nationales, 12881, L‟Église pendant la Grande Guerre e 13213, Mouvement catholique (ho aggiunto, successivamente, anche 13216, Activité de la Ligue patriotique des Françaises). Anche qui val la pena, direi, piuttosto che di soffermarsi su risultanze specifiche, anticipare un risultato più generale della consultazione dei tre cartoni, e che rimanda direttamente alla “produzione” del materiale che vi è, oggi, archiviato. Ciò che colpisce è infatti la sistematicità – assolutamente unica – con la quale le autorità di pubblica sicurezza si occuparono delle opere e delle iniziative gravitanti, a titolo diverso, attorno alla Basilica di Montmartre: prima e più che sintomatica attestazione di quale fosse, all’epoca, la percezione, da parte delle autorità di polizia e di governo, degli ambienti “radunati” attorno al simbolo, politico e religioso, del Sacro Cuore di Gesù. Altrettanto fruttuosa si è rivelata la consultazione delle Archives de l’Armée de Terre (Vincennes): ho lavorato, in un primo tempo, sui cartoni 5 N 10, 13, 14, 18, 24, 46, contenenti i dispacci telegrafici – tanto in entrata, quanto in uscita – del Ministero della Guerra, riuscendo a recuperare – spero – l’intera serie degli ordini di censura, più o meno “totale”, impartiti dai ministri della Guerra/dell’Interno a proposito delle pratiche di consacrazione al Sacro Cuore promosse al fronte e in tutto il paese durante la guerra. Ho aggiunto in un secondo tempo la consultazione, sempre in situ, delle Archives Veuillot (K 284, 104). Fondo sino ad ora pressoché ignorato dalla storiografia, l’archivio Veuillot raccoglie l’insieme della documentazione prodotta 10 dal «Bureau de l’Aumônerie volontaire» di F. Veuillot e G. de Grandmaison: carte ufficiali, lettere di soldati, materiale devozionale, documentazione a diverso titolo utile a far luce sulla ricezione, al fronte, di pratiche di consacrazione per lo più promosse al di là – anche se magari non giuridicamente – della zona di guerra. Spigolature meno significative sono state condotte, infine, presso le Archives de la Préfecture de Police de Paris, da cui non ho avuto modo che di trarre una, pur interessante, «ordonnance rappelant l’interdiction de toute inscription sur les drapeaux, emblèmes et insignes aux couleurs nationales» del luglio 1915 da cui sarebbe scaturita una lunghissima contesa simbolica – oltre che più strettamente giuridica – per tutto il corso della guerra, attorno alla possibilità o meno di «esibire», in forma privata – sulla propria giacca, sulla propria uniforme – l’immagine del Sacro Cuore «aux couleurs nationales». - per Austria e Germania: l’idea, per i prossimi mesi, è affiancare ai materiali rintracciati in Archivio Segreto Vaticano, in particolare Nunziatura di Vienna, lo spoglio sistematico di «Stimmen der Zeit» e «Sendbote des göttlichen Herzens Jesu»: pur nell’impossibilità, infatti, di estendere anche agli Imperi Centrali un’indagine comparabile a quella svolta sui casi italiano e francese, i due periodici consentirebbero – almeno credo – di allargare lo spettro delle pratiche da poter prendere in considerazione. - infine, in Archivio Segreto Vaticano, e negli archivi della ex Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari (oggi II Sezione della Segreteria di Stato – Sezione per i Rapporti con gli Stati) e dell’ex Sant’Uffizio (oggi Congregazione per la Dottrina della Fede) ho avuto modo di accedere non soltanto alla documentazione relativa al rilancio del culto operato da Benedetto XV, ma anche alla documentazione relativa allo “sguardo” con cui, da Roma, si osservavano – e si cercavano di “governare” – le singole vicende nazionali. Tra gli altri, mi limito a segnalare – certamente tra i più interessanti – AES, Francia, III periodo, pos. 1215, fasc. 651, Dossier sulla preghiera per la pace di Benedetto XV: la posizione, da analizzare congiuntamente ai fascc. 58 e 63 dell’Archivio della Segreteria di Stato, Guerra 1914-1918 (contenenti i rapporti tra Benedetto XV e gli episcopati dei paesi impegnati nel conflitto), consente di “misurare” da vicino, per così dire, “l’impossibile” pastorale della pace costruita da papa Benedetto attorno alla promozione del culto al Sacro Cuore. Le carte restituiscono, infatti, uno sforzo continuo ma spesso inutile, da parte del pontefice, di controllarne le interpretazioni nazionalistiche rilanciate soprattutto dall’episcopato francese, all’interno d’una intricatissima sequenza di possumus e non possumus attraverso i quali i vescovi d’oltralpe riescono ad imporre la propria linea, insistendo sull’intrinseca polisemia della linea dettata da Roma – al termine degli sforzi, tanto di pacificazione, quanto di supporto all’impegno bellico, non c’era forse, per Benedetto così come per i vescovi francesi, lo stesso obiettivo della «ricostruzione» del «regno del Sacro Cuore»? 11 5. I risultati raggiunti O Sacro Cuore di Gesù, che ti sei lagnato d’aver tanto amato gli uomini e di non aver avuto da essi che ingratitudine e disprezzo, nel desiderio ardente di contribuire al sociale riconoscimento della sovranità d’amore del Tuo sacro Cuore, seguendo l’esempio delle famiglie che vanno sempre più consacrandosi a Te, noi pure, soldati d’Italia, a Te ci consacriamo. Ti riconosciamo Dio nostro, ti proclamiamo nostro Sovrano d’amore ed intendiamo renderti e procurarti gloria, riparazione ed amore. Tu accogli e benedici i nostri propositi, accetta la nostra offerta, vieni e rimani con noi. Illumina, dirigi, benedici e conduci a vittoria il nostro Re, i nostri Generali, noi tutti, soldati d’Italia; rendi la nostra patria grande e cristiana, ridonaci alle nostre famiglie più forti e più buoni, regna sulla Nazione tutta e sui singoli cuori. Noi Ti apparteniamo e per esserti più sicuramente graditi, veniamo a Te per la Tua e nostra dolce Madre, Maria Immacolata. Lei ci dia di conoscerti, amarti, servirti, appartenerti quaggiù e lassù. Amen 24. Questo il testo dell’Atto di consacrazione recitato da due milioni di soldati italiani venerdì 5 gennaio 1917. A metà tra una formula di «consacrazione» e un giuramento politico, il testo dell’atto non si limitava, certamente, a invocare sulla patria in pericolo l’aiuto divino. Esso «proclamava» – riallacciandosi all’elaborazione teologico-politica della «regalità sociale» di Cristo – la «sovranità» del Cuore di Gesù «sulla Nazione tutta e sui singoli cuori»: quel che i soldati erano chiamati a «proclamare», in altre parole, non era che la propria «appartenenza», in forma individuale e collettiva, al regno «sociale» di Cristo. Non è però sulle implicazioni, a un tempo ierocratiche e nazionalistiche del testo che vorrei, ora, soffermarmi. Quel di cui mi preme dare un piccolo saggio esemplificativo, qui, è piuttosto l’importanza di un’analisi degli “accorgimenti” rituali che accompagnarono la cerimonia del 5 gennaio. Tre furono, sostanzialmente, le preoccupazioni che orientarono l’organizzazione della cerimonia e, di conseguenza, le «istruzioni» diramate da padre Gemelli: che a consacrarsi fossero «quanti più uomini è possibile»; che le consacrazioni si svolgessero contemporaneamente, come se a levarsi fosse una sola voce – l’Atto era declinato, non a caso, alla prima persona plurale; che la recita fosse accompagnata dall’ostensione pubblica, sulla giacca, dell’immagine del Sacro Cuore25. “Accorgimenti” di una consacrazione – per dirla con le due parole-chiave delle «istruzioni» a più riprese diramate da Gemelli – «collettiva» e «solenne», di una consacrazione che prima ancora di «proclamare» l’avvento del «regno sociale» di Cristo, ne metteva in scena i lineamenti simbolici. Prima di tutto – mi ero permesso di anticipare, in sede di presentazione delle «domande» della mia ricerca – le pratiche di consacrazione incorporavano una certa articolazione del rapporto tra politico e religioso: questa, come molte altre – penso alle grandi consacrazioni «nazionali» promosse, in Francia, dall’episcopato – credo possano servire a farcene 24 Tra le altre, una copia dell’Atto è in Archivio Segreto Vaticano, Guerra 1914-1918, fasc. 415, f. 209. Si veda, in particolare, la circolare indirizzata ai cappellani, da parte del Comitato italiano per la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore di Gesù, nel novembre 1916, in Archivio della Fondazione per le Scienze Religiose, fondo Roncalli, Vita militare, b. 131, 1916. 25 12 intuire il profilo. Profilo d’una religione pubblica, fondamento ultimo non soltanto – o non tanto, verrebbe da dire – della salvezza individuale, ma anche della vita collettiva, della «Nazione». Quale, tra le due “dimensioni” ora accennate, dominasse i pensieri dei promotori delle pratiche, emerge nettamente da un appunto privato di mons. Angelo Bartolomasi, all’epoca vescovo di campo e partecipe entusiasta della consacrazione gemelliana. Questi, commentando il rifiuto, da parte delle autorità politiche e militari, di aderire «ufficialmente» alla cerimonia, scriveva: Mi addolora e mi fa temere la constatazione che nell’esercito non si fanno né si sanno fare preghiere collettive, ufficiali. Il tentativo fatto della consacrazione dei soldati e delle truppe non è riuscito, per quanto confortante sia il numero dei soldati consacrati. Manca l’alto riconoscimento del bisogno di ottenere le divine benedizioni sugli umani sforzi. Signore, benediteci ugualmente26. 6. Struttura della tesi L’indice provvisorio che ho steso in preparazione della scrittura – alla quale, come dicevo, ho appena iniziato a lavorare – prevede una divisione della tesi in tre parti: I) Davanti alla guerra; II) Dentro la guerra; III) Il dopoguerra: ciascuna delle tre parti sarà organizzata, a sua volta, in una serie di capitoli dedicati agli snodi di maggiore importanza all’interno delle singole vicende nazionali. In ciascuna delle tre parti, inoltre, un capitolo sarà riservato all’analisi della linea di rilancio del culto portata avanti da Benedetto XV; un capitolo, infine, della seconda parte, Dentro la guerra, prenderà in considerazione la più importante pratica realmente promossa in una dimensione internazionale, vale a dire quella della consacrazione delle nazioni dell’Intesa che ebbe luogo il 15 giugno 1917. La struttura della tesi vorrebbe rispondere, in particolare, a due esigenze: la prima è quella di rendere conto della dimensione comparativa della ricerca, la seconda è quella di tenere costantemente presente l’intreccio tra la linea – teoricamente universale – dettata da papa Benedetto e quelle, per lo più sorde ai richiami romani, concretamente portate avanti dalle diverse chiese nazionali. Com’è evidente anche a un rapido sguardo dell’indice (cfr. allegato), la maggior parte dei capitoli saranno dedicati al caso francese, certamente il più rilevante, in considerazione dell’assoluta centralità del culto all’interno di quella religione di guerra che si sarebbe attivata sin dai primissimi giorni di combattimento. Per quel che riguarda il caso italiano, uno/due capitoli della saranno dedicati alla duplice consacrazione gemelliana, nell’intento di mostrarne la ricezione, la pervasività all’interno della chiesa italiana impegnata allora nel conflitto. Chiesa italiana che avrebbe infatti svelato, e ai più diversi livelli, un terreno niente affatto impermeabile a quell’interpretazione antimoderna ed assieme nazionalistica del culto proposta da padre Agostino. Capitoli più brevi, ma comparativamente interessanti saranno consacrati, infine, ai casi austriaco e 26 Archivio Storico Diocesano di Susa, fondo Angelo Bartolomasi, fald. 4, fasc. 54, Agenda personale (1917). 13 tedesco: il primo, in ragione della apparente “non contemporaneità” – se pensiamo a quel che accade in Francia e in Italia – di una consacrazione ufficiale dell’Impero; il secondo, invece, in ragione dell’inedita scelta – anche qui, rispetto ai due casi al centro della mia analisi – da parte dell’episcopato, d’includere tra i motivi della «pubblica ammenda» dinanzi al Cuore sofferente di Gesù anche le colpe della chiesa. Appendice Titolo (provvisorio): In hoc signo vinces. Pratiche di consacrazione al Sacro Cuore in Francia e in Italia durante la Grande Guerra I. Parte Prima: Davanti alla guerra I.1: [Benedetto XV e il rilancio del culto: la definizione di una linea dall’allocuzione natalizia del 1914 alla preghiera per la pace (gennaio-febbraio 1915)] I.2: [Austria: Il rilancio del culto in una monarchia d’antico regime: dalle funzioni espiatorie dell’estate 1914 alla consacrazione della famiglia imperiale del gennaio 1915] (da definire) I.3: [Germania: S. Cuore, consacrazione nazionale e colpe della chiesa nelle lettere pastorali dell’episcopato (1915-1916)] (da definire) I. 4: [Francia: La «costruzione» di un discorso cattolico sulla guerra e la nazione attorno al S. Cuore come «segno» di una nuova allenza tra Dio e la Francia: dallo scoppio della guerra alla polemica «La Croix» – «Le Temps» dell’autunno 1914] I.5: [Francia: Il miracolo della Marna: la «costruzione» di un mito politico (settembre 1914)] I.6: [Francia: Dalla mancata consacrazione della Basilica di Montmartre alla consacrazione della Francia al S. Cuore (ottobre 1914-giugno 1915)] I.7 [Francia: La polemica sulle «insignes» (luglio 1915-) e l’«uso» magico-miracolistico del culto] I.8 [Italia: Padre Gemelli e la consacrazione dell’esercito al S. Cuore (dicembre 1914gennaio 1917)] II. Parte Seconda: Dentro la guerra II.1 [La ricezione/distorsione della linea di Benedetto XV: alcuni casi di studio] II.2 [Francia: Claire Ferchaud e la question du drapeau (1916-1917)] (da definire) 14 II.3 [Francia: La «solennizzazione» della festa del S. Cuore (aprile-giugno 1917)] II.4 [Italia-Francia: La consacrazione delle nazioni dell’Intesa al S. Cuore (aprile-giugno 1917)] II.4 [Francia: L’Affaire Billot e le «promesse» a Luigi XIV (maggio 1918-maggio 1920)] (da definire) III. Il dopoguerra (da definire) III.1 [La Pacem Dei Munus di Benedetto XV (23 maggio 1920)] III.2 [Francia: La consacrazione della Basilica di Montmartre e il Te Deum della vittoria (ottobre 1919)] III.3 [Padre Gemelli, l’Università Cattolica del S. Cuore e la ricezione delle due encicliche Quas Primas (1925) e Miserentissimus Redemptor (1928)] 15