La salute mentale dei migranti La presa in carico e le pratiche dei servizi Grosseto – 22 marzo 2012 La Babele relazionale: elementi critici per una clinica transculturale rivolta a minori e famiglie migranti Dott.ssa Angela Manna - Dott.ssa Michela Da Prato La Babele relazionale • Babele … molteplicità, creazione e differenziazione, co-esistenza… … la confusione, rischio di incomprensione … apre alla questione operativa di una regolamentazione della co-esistenza e della molteplicità … suggerisce la necessità di un governo del caos (accezione non patologica) • Relazionale Postula che: • Viviamo in un mondo di relazioni • Siamo nelle relazioni • Siamo ‘relazione’ • Non può esistere individuo nel vuoto pneumatico … suggerisce la necessità di un governo delle relazioni in ambito clinico e la lavorazione delle appartenenze a mondi relazionali, sociali, culturali differenziati, molteplici, competitivi • Babele relazionale ‘metodologica’ I dispositivi clinici, le teorie e le prassi, le possibilità di intervento tra prospettiva/sguardo e operatività/metodologia • Babele relazionale familiare … le famiglie di oggi … focus particolare sulle famiglie migranti La Babele relazionale familiare 1. 2. Necessità di un lavoro specifico sulla filiazione: processo ‘naturale’, biologico (anche se non esclusivamente; si veda il dispositivo dell’adozione) processo costruito, si appoggia su processi culturali e atti di parola che si intrecciano con atti giuridici. Si tratta di un processo di inscrizione genealogica che comporta: • atti specifici (legittimazione sociale, pressione della tradizione, riti di passaggio ecc.) • elementi impliciti e non sempre consapevoli in circolazione nel gruppo familiare La migrazione pone delle questioni specifiche rispetto al processo di inscrizione genealogica, o filiazione. Inscrizione genealogica e filiazione: ‘come si costruisce un figlio in quanto membro di un gruppo umano’, poggiando su: - Istanze di attaccamento culturale - Visioni/oggetti specifici quali: lingua, sistemi di parentela, pratiche iniziatiche, pratiche religiose, trattamento del corpo ecc. Processi delocalizzati la migrazione pone un problema/questione sulla trasmissione e un problema di costruzione di memorie familiari fondamentali: es. la migrazione a volte stenta a diventare parte di una memoria familiare condivisa con i figli. la migrazione può procurare fratture spaziotemporali e delimita i confini di un ‘qui’ e di un ‘là’, di un ‘ora’ e ‘allora’, di un ‘prima’ e un ‘dopo’. Eredità Nel processo di trasmissione transgenerazionale, i figli ereditano qualcosa che ha a che fare con ciò che i loro genitori vivono o hanno vissuto nelle relazioni con il paese di origine e le famiglie dalle quali provengono. Può capitare che i figli ereditino le problematiche del lutto e del trauma a carico dei genitori che hanno lasciato dietro le loro spalle, almeno territorialmente parlando, casa, affetti, amici, un luogo. Posizionamenti scomodi Tra memorie familiari difficili e attualità asimmettriche I figli sono spesso presi tra il non sapere/non capire e l’esposizione in prima linea al fianco se non davanti ai loro genitori: ‘inversione generazionale’. Circostanza bifronte negli effetti: 1. da una parte depotenzia progressivamente e squalifica la posizione genitoriale, 2. dall’altra sovraccarica la già difficile posizione dei figli (con possibile aggressività, stanchezza, ansia, rivendicazione o, al contrario, passività, eccessiva dedizione, iper-responsabilizzazione ecc.). In letteratura sono riportati esempi/casi di adolescenti che assumono la posizione di rivali dell’autorità del padre, e si ritrovano ad occuparne il posto che, in genere, può essere reso vacante dal complementare ritiro del padre dalla scena familiare, a sua volta connesso con la difficoltà a identificare e costruire un ruolo genitoriale adeguato, per certi versi nuovo e inedito rispetto alla ‘tradizione’, in situazione di migrazione. Famiglie divise che si riuniscono Il caso particolare dei ricongiungimenti in pre(adolescenza) e la questione del ‘familier étranger’: molteplici rotture e fratture, complessi mondi relazionali, di accudimento e affettivi (Là e Qui), vissuti di estraneità In letteratura vengono descritte alcune situazioni tipiche di figli che ricoprono una posizione di mediazione a favore del sistema familiare nel suo complesso: • il primo bambino nato nel paese meta della migrazione (mediatori tra i mondi) • il primo bambino in senso assoluto (mediatore tra le generazioni) • i bambini particolari (mediatori tra il nostro mondo e il mondo sovrannaturale), portatori di un enigma da risolvere (ed esempio, il bambino-antenato). Si tratta di situazioni che richiedono un’analisi che miri a individuare il gioco di relazioni complesse tra questi molteplici mondi (La Babele relazionale… Il governo del caos) • • • • Filiazione Inscrizione genealogica Trasmissione Eredità Plurilinguismo Posizionamenti scomodi Il pluri/multi-linguismo dei figli di famiglie migranti 1. elemento di ancoraggio e di sopravvivenza del legame, anche secretato o difficoltoso, con le origini genitoriali; 2. elemento fondamentale di un’eredità familiare può essere, però, un passaggio complicato … Es. l’investimento eccessivo o esclusivo sull’apprendimento della lingua del paese meta della migrazione dei genitori, può creare una sorta di sfaldamento tra il mondo familiare e il mondo sociale attuale, estremizzando anche sentimenti di estraneazione dei genitori nei confronti dei figli, e viceversa. • ‘Chi è mio figlio?’ - ‘A chi appartiene?’ • ‘Chi sono i miei genitori?’ - ‘A chi appartengo?’ Da un certo punto di vista, potremmo dire che la questione della molteplicità e del pluralismo linguistico diventa un ‘problema’ in/dell’Occidente. Parlando di migrazioni di individui e famiglie, ci si può auspicare, ad esempio, che la successione delle generazioni porti almeno al terzo passaggio generazionale al monolinguismo. Su questo si può erroneamente giudicare il gradi di integrazione, come rinuncia alla lingua degli antenati. Questa posizione non tiene conto di alcuni elementi di base, come – ad esempio – la non universalità del monolinguismo in origine. Pensiamo genericamente al continente africano, per definizione un continente composto di realtà territoriali plurilinguistiche ancor prima del percorso migratorio dei loro abitanti. Plurilinguismo non solo dovuto all’importazione delle lingue coloniali, ma soprattutto connesso con le lingue dei gruppi di appartenenza. Dunque, ancora prima della migrazione, può esistere una dimensione identitaria fondata sul plurilinguismo. Ricordiamo però una frase celebre di Carlo V, Arciduca d’Austria, Re di Spagna e Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico J'ai appris l'italien pour parler au pape ; l'espagnol pour parler à ma mère ; l'anglais pour parler à ma tante ; l'allemand pour parler à mes amis ; le français pour me parler à moi-même. Questioni • Che cosa può accadere di questa molteplicità in contesto di migrazione e nei confronti dei figli nati o vissuti altrove rispetto al paese di origine? • In quale lingua i genitori parlano ai figli fin dai primi giorni? • Quali mappe linguistiche, e di conseguenza relazionali e affettive, di collegamento e connessione si costruiscono? Alcuni esiti possibili – Mantenimento di una trasmissione e comunicazione plurilinguistica, …ma i figli padroneggiano molto meno dei genitori questa pluralità (solitamente un’unica lingua non europea): riduzione del numero di lingue parlate. – Comunicazione e ‘posizione’ nella fratria: --- nella lingua del paese meta della migrazione (lingua della scolarizzazione e socializzazione). --- a seconda dell’età di un figlio, rispetto ai fratelli, e al periodo di arrivo (nel caso di non nascita nel paese meta della migrazione) le mappe linguistiche possono modificarsi molto, anche per quanto riguarda l’interfaccia tra fratelli e genitori (es. fratelli maggiori che facilitano la comunicazione tra la madre arrivata dopo e non alfabetizzata e i figli nati in Italia). --- Situazioni in cui i figli più grandi e scolarizzati hanno un compito specifico e oneroso di passaggio della lingua ai genitori. “La migrazione diventa quell’evento che nel ciclo vitale di una famiglia comincia, in molteplici e diversificati modi, a far sentire le sue pressioni trasformatrici, catalizzando e attraendo vorticosamente tutti i sospesi familiari e le questioni fluttuanti: lealtà intergenerazionali, tentativi di risoluzione – precedenti o attuali – di conflitti e problematiche relazionali, posizioni dei membri in seno alla famiglia nella sua versione allargata e nelle dinamiche transgenerazionali, attaccamenti ad ‘oggetti’ culturalmente significativi, relazioni e legami con il mondo degli invisibili” (‘Etnopsichiatria in età evolutiva. Genitorialità e filiazione in corso di migrazione’ (EEE), di Da Prato, Zorzetto, Cardamone, in Martinetti e Stefanini, Approccio evolutivo alla neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Seid Ed.,2005, 2012) A rischio di rottura L’adolescenza può rappresentare il momento più delicato per questo rischio, nel tentativo di definizione che l’adolescente fa della sua identità e della posizione da lui assunta tra l’eredità parentale e la sua esperienza di vita nel mondo dei pari e nella frequentazione delle varie agenzie scolastiche e di socializzazione. D’altra parte esistono elementi critici anche dalla parte genitoriale; il figlio è sentito: - come ‘parte’ della propria linea di filiazione - ma anche ‘altro da sé’ (perché nato in Italia, perché sta crescendo lontano dalle pratiche collettive esplicite ed implicite nelle quali è cresciuto il genitore, ecc.) Come mettere insieme questi elementi delicati tra il dentro e il fuori? Possibili strade… riattivazione e presa di potere e forza dei riferimenti culturali e familiari (legame con la propria storia, con le proprie famiglie di origine, con i propri territori); come se fosse necessario rimettere in moto il processo di costruzione e trasmissione di un tempo e di una memoria familiari. la condivisione di questa memoria familiare può aiutare i figli a rivedere la storia dei propri genitori in modo alternativo e – es. in occasione di una terapia familiare - apprendere ciò che fino a quel momento non sapevano della storia della loro famiglia. “Proprio il tempo familiare, segnato dal susseguirsi delle generazioni, costituisce un fattore che è necessario prendere in considerazione per comprendere il processo acculturativo, i conflitti che ne possono derivare, le forme che queste assumono e le modalità di risposta che si attivano” (EEE) i genitori possono cominciare a sentirsi legittimati nel processo di trasmissione transgenerazionale si può favorire il realizzarsi di uno scenario che preveda una molteplicità di attaccamenti culturali (per l’intera famiglia). Esito finale possibile: la rimessa in moto di un processo e percorso di divenire, per la costruzione di esistenze individuali e familiari inedite; la costruzione di identità multiple in grado di reggere al confronto con mondi molteplici. per fare questo, è necessario poter costruire e prevedere dei luoghi clinici che siano in grado, essi stessi, di evocare-convocare-lavorare la molteplicità coesistente. Similia similibus curantur Similia similibus curantur IlIlgoverno del caos governo del caos Dispositivi di mediazione clinica …. consideriamo l’etnopsichiatria un sistema di intervento sul reticolo delle appartenenze (affiliazioni) dell’individuo ai gruppi sociali che ne generano le proprietà singolari e modali (Harrag, Di clinica in lingue. Migrazioni, psicopatologia, dispositivi di cura, Edizioni Colibrì, Paterno Dugnano, Milano, 2007). Etnopsichiatria… come un sistema di intervento sulle affiliazioni del singolo rispetto a gruppi umani. Primo punto: L’etnopsichiatria può generare un sistema clinico intelligente? L’etnopsichiatria offre un contributo importante affinché la clinica possa trasformarsi e aderire (rispondere) con maggiore adeguatezza ai mutamenti sociali e culturali in corso, nonché alle configurazioni cliniche e psicopatologiche ai nostri occhi spesso inedite o inconsuete… Ci spinge ad interrogarci su quale modello clinico organizzativo sia da attuare (necessità di un confronto multi-professionale e disciplinare). Un dispositivo complesso come quello suggerito dalla clinica etnopsichiatrica con migranti implica l’apertura della scena a discipline come: • etnopsichiatria, psichiatria transculturale, etnologia, antropologia medica, etnografia, etnolinguistica, diritto internazionale, sistemi di mediazione, scienza delle religioni ecc. (perdita dell’egemonia) Secondo punto: In quale direzione l’etnopsichiatria orienta lo sguardo e le azioni cliniche? L’etnopsichiatria suggerisce di espandere e complessificare il sistema clinico andando a implicare elementi, discipline, saperi, soggetti ed esperti aggiunti come perni o protesi operatorie affinché si possa articolare e ‘risolvere’ una questione clinica. Verso una sintesi • Cultura e ethos culturale come sistemi operativi • Presentificazione e convocazione dei collettivi ai quali far risalire le istanze di attaccamento culturale e le filiazioni, nonché le connessioni con i mondi corrispondenti • Dinamica della traduzione e funzione di mediazione complessa come protesi operatoria fondamentale La Babele relazionale: elementi critici per una clinica transculturale rivolta a minori e famiglie migranti Possiamo, in realtà, considerare figli di/e famiglie migranti, come le sentinelle distaccate e operative negli avamposti dei MONDI IN TRANSIZIONE, che sono i mondi contemporanei Gli interventi clinici (se luoghi di cooperazione e fabbricazione di molteplici azioni di mediazione) possono essere di aiuto a creare nuovi sistemi di alleanze a partire da situazioni di crisi e disagio. Ciò deve avvenire all’interno di un quadro generale che implichi grosse rifondazioni e nuove creazioni, a livello disciplinare e clinico, che possano cogliere e lavorare la complessità della metamorfosi dell’umano in atto e delle forme cliniche portate all’attenzione dei professionisti