Cloni: anche le toghe sbagliano,
ma gli errori li paghiamo noi
I due ex assessori escono dall'aula durante la lettura
Sette anni sulle montagne
russe: assolto con formula piena in primo grado, ieri la pesantissima condanna in appello per corruzione. Prima le lacrime in aula, dopo 5 anni di
processo, alla lettura della
sentenza. Poi la doccia gelida,
confidando in un miracolo in
Cassazione.
II giudice ha appena letto la
sentenza che ha ribaltato tutto, a sorpresa. L'ex assessore
«Sceriffo» Graziano Cioni sta
rientrando in auto verso casa.
È senza parole: «Preferisco
aspettare qualche giorno a
parlare, perché adesso direi
delle cose che non dovrei dire
- spiega - Sono stato condannato per una cosa che non
ho fatto. Mi aspettavo fosse
confermata la sentenza di primo grado. Ricorreremo in
Cassazione. Se c'è un motivo
per questa condanna? II motivo è che i magistrati sono uomini. Con i loro pregi e i loro
difetti. Soltanto che i loro errori li pagano i cittadini "normali", a caro prezzo, con la propria vita».
Per Cioni non è certo di conforto il fatto che il reato, a meno di uno sprint dei giudici,
abbia forti probabilità di cadere in prescrizione: «Macché
prescrizione. Io sono stato un
amministratore onesto. Ho
sempre agito per il bene della
città, devo uscirne pulito».
E poi: «I contributi in denaro che ho chiesto e ottenuto
dalla Fondiaria perla diffusione dell'opuscolo sul regolamento di polizia municipale,
per l'acquisto di condizionatori d'aria per le abitazioni di an-
ziani soli, per iniziative relative
a campagne sulla sicurezza
stradale: tutto è avvenuto nella
più grande trasparenza».
«Accuse generiche e senza
prove», aveva sentenziato in
primo grado il giudice Francesco Maradei, per il quale nessuno degli amministratori
pubblici coinvolti nell'inchiesta aveva sacrificato gli interessi della città a vantaggio di
Fondiaria-Sai, allora proprietaria dei terreni di Castello.
Una severa bocciatura dell'impianto accusatorio della procura, con tanto di critiche all'uso delle intercettazioni. Con
l'ex sindaco Domenici che sfogò la sua rabbia così: «Hanno
usato quest'inchiesta per cancellare i miei io anni».
E invece, ieri, oltre alla sentenza per Cioni è cambiata (in
peggio) anche quella sull'architetto Gianni Biagi: unico
condannato in primo grado,
ad un anno per abuso d'ufficio
e turbativa d'asta, sull'ex assessore all'urbanistica è piombata
una condanna che è un macigno, due anni e mezzo per corruzione. Contattato al telefono, sconfortato dalla decisione del giudice, ha preferito tacere, uscendo dall'aula
assieme a Cioni, quando il giudice non aveva ancora finito di
leggere la sentenza.
Claudio Bozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
N/I
Graziano Cioni, ex assessore alla
sicurezza e polizia municipale
L'architetto Gianni Biagi,
ex assessore all'urbanistica
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