Roberta Tucci, Profilo storico-costruttivo della chitarra battente, in P. Pacetti (a cura di),
Strumenti della Musica Antica, IV, Urbino, Fondazione Italiana per la Musica Antica della
Società Italiana del Flauto Dolce, 1996, pp. 19-27
___________________________________________________________________________
PROFILO STORICO-ORGANOLOGICO
DELLA CHITARRA BATTENTE
di
ROBERTA TUCCI
La chitarra battente è un cordofono della famiglia dei liuti a pizzico1, la cui
origine viene fatta risalire al XVII secolo. Presenta la tipica forma allungata delle
chitarre antiche, con curve poco pronunciate, e fondo bombato costruito a doghe. Il
piano armonico, piegato inferiormente, ha il foro di risonanza occluso da una rosetta. Il
ponticello, mobile e molto basso, è posto sulla parte non inclinata del piano, appena
oltre la piegatura. La tastiera contiene un numero variabile da sei a quindici tasti
metallici, mentre altri quattro, cinque, o più tasti di legno possono aggiungersi sul
piano, direttamente incollati sul legno. Il manico termina con una lunga paletta,
leggermente inclinata all’indietro. Lo strumento è armato con corde metalliche, di
acciaio armonico o di ottone, tutte di eguale, sottile calibro, attaccate alla fascia
inferiore mediante chiodi e tirate da piroli posteriori. L’incordatura si realizza in cinque
cori doppi, a volte anche tripli.
Nella letteratura organologica relativa al tardo rinascimento e al barocco le
citazioni riferite alla chitarra battente sono quasi sempre piuttosto brevi e parziali, a
volte anche contraddittorie fra di loro. Vi è una generale concordanza nel ritenere lo
strumento tipicamente italiano. I principali centri di costruzione furono certamente
localizati in Italia: soprattutto Venezia, con i liutai Matteo e Giorgio Sellas (XVII sec.)
1
Cfr. Erich M. von Hornbostel - CURT SACHS, Systematik der Instrumentenkunde, in «Zeitschcrift für
Ethnologie», XLVI, 1914, pp. 553-590 e la relativa traduzione inglese, Classification of Musical
Instruments, translated from the original German by A. Baines and K. P. Wachsmann, in «The Galpin
Society Journal», XIV, 1961, pp. 3-29.
1
e Bisignano, in Calabria, con la famiglia De Bonis (dal XVIII sec. in poi)2.
Probabilmente anche Napoli rappresentò un centro di costruzione dello strumento, che
spesso compare, in miniatura, nelle mani dei «pastori» del presepe napoletano, costruito
dai più famosi liutai del XVIII secolo, come Antonio Vinaccia e altri3. Non si hanno
notizie certe riguardo ad altri centri di costruzione in Italia. Tuttavia, occorre segnalare
che nel Catalogo del Museo del Castello Sforzesco di Milano, alcune chitarre battenti
sono attribuite a scuola umbra, abruzzese e sarda4. Infine, va aggiunto che nella
produzione di chitarre battenti compaiono anche i nomi di alcuni liutai tedeschi, come
Jakobus Stadler, i quali tuttavia, com’è noto, avevano una stretta frequentazione con la
liuteria italiana. Di Stadler si ricorda la bella chitarra battente del 1624, conservata nella
collezione London Hill5.
Nella maggior parte della letteratura in lingua straniera è mantenuta la dizione italiana di chitarra battente, con alcune varianti, quali chitarra mandola, guitare en
bateau, guitare capucine, guitare toscane o chitarra toscana, wölbgitarre6.
2
3
4
5
6
A Bisignano, nella bottega di Vincenzo De Bonis, la chitarra battente viene tuttora prodotta come
strumento di liuteria antica e d’arte. Per un profilo storico della famiglia dei liutai De Bonis di
Bisignano, si vedano, di ANTONELLO RICCI - COBERTA TUCCI, De Bonis, in «Chitarre», II, 21,
1987, pp. 70-72; La chitarra battente in Calabria, in Fra oralità e scrittura: studi sulla tradizione
calabrese, a cura di Ignazio Macchiarella, Lamezia Terme, A.M.A .CALABRIA, 1995, pp. 93-137; The
Chitarra Battente in Calabria, in «The Galpin Society Journal», XXXVIII, 1985, pp. 78-105. Per un
quadro cronologico, legato alle singole produzioni, cfr. KAREL JALOVEC, Italienische Geigenbauer,
Czechoslovakia, Aria Prag, 1957, pp. 76-77, 427-428 e RENÉ VANNES, Dictionnaire Universel des
Luthiers, Bruxelles, Les Amis de la Musique, 1951, p. 76, Tome additif et correctif, 1959, p. 77. Sui
liutai De Bonis, si vedano anche, fra gli altri: ENZO ARASSICH, La chitarra battente in Calabria, in
«L’arte chitarristica», 70/72, 1959, pp. 39-40 (anche in «Brutium», XXXIX, 8, 1960, p. 8); GIUSEPPE
GRAZZINI, I tesori dell’artigianato. A Bisignano l’antica bottega del legno che suona, in «Epoca»,
XII, 541, 1961, pp. 40-41; ANTONELLO RICCI, Sonata a chitarra battente, in Atti del convegno
internazionale di studi «Il pensiero musicale degli anni ‘20 e ‘30», Arcavacata di Rende, 1994, in
c.d.s.; LIA SOGRI, Tesori di Calabria. La bottega dei De Bonis, in «Calabria illustrata anni ‘70» I,
1/2, 1972-73, pp. 64, 69; MARINO SORRISO, Intervista a Vincenzo De Bonis e La chitarra battente in
Calabria, in «Il Fronimo», VII, 29, 1979, pp. 3-5; VIII, 31, 1980, pp. 29-31. Una documentazione
fotografica relativa ai liutai De Bonis, tratta dal loro archivio privato, è in ROSARIO CURIA, I fratelli
De Bonis e la liuteria in Bisignano, Bisignano, Banca di Credito Cooperativo di Bisignano, s.a.
[1995].
VALENTINA RICETTI, Osservazioni sulle chitarre battenti conservate nelle collezioni pubbliche e
private, I parte e II parte, in «Liuteria», VII, 19, 1987, pp. 11-23; 20, 1987, pp. 15-23.
NATALE e FRANCO GALLINI, Catalogo del Museo degli strumenti, Castello Sforzesco, Milano,
Comune di Milano, 1963, pp. 130-131. Si ritiene utile segnalare anche una fotografia del 1930, relativa a un chitarrino battente ritratto nelle mani di un contadino abruzzese di Civitaquana (Pescara),
PAUL SCHEUERMEIER, Il lavoro dei contadini. Cultura materiale e artigianato rurale in Italia e
nella Svizzera italiana, Milano, Longanesi, 1980, II, Fot. 10.
ANTHONY BAINES, European and American Musical Instruments and their History, London, B T
Batsford, 1966, p. 47, Fig. 291. Anche HARVEY TURNBULL, La chitarra dal Rinascimento ai nostri
giorni, Milano, Curci, 1987, p. 17, Tav. 23.
FRANCIS W. G ALPIN, A Texbook of European Musical Instruments, Westport, Greenwood Press,
1976 (I ed. 1956), pp. 100-101; VICTOR-CHARLES MAHILLON, Catalogue descriptif et analytique
2
In riferimento alla particolare tecnica esecutiva utilizzata, alcuni autori ritengono
che le origini dello strumento vadano ricercate nella vihuela de peñola, vale a dire la
vihuela suonata con plettro: come questa, infatti, le corde della chitarra battente non
venivano pizzicate con le dita, ma percosse con il plettro, per produrre accordi di
accompagnamento al canto o per eseguire un repertorio di danze.7 Altri autori invece,
sottolineano come il fondo bombato della chitarra battente si connetta al liuto8. In un
recente studio, Van der Meer individua una possibile linea di filiazione, per i cordofoni
a pizzico con corde metalliche attaccate all’estremità inferiore della cassa e ponticello
mobile, che a partire dalla cetera arrivano fino al mandolino napoletano9.
Proprio la caratteristica del fondo bombato ha creato una certa confusione, nella
letteratura specialistica, fra la chitarra battente e la chitarra cosiddetta «barocca» o
«spagnola», vale a dire lo strumento a cinque ordini di corde comunemente usato nei
secoli XVII e XVIII e largamente attestato nelle fonti musicologiche e organologiche10.
du Musée Instrumental du Conservatoire Royal de Musique de Bruxelles, vol. V, Bruxelles, Th.
Lombaerts, 1922, p. 144; SYBIL MARCUSE, Musical Instruments. A Comprehensive Dictionary, New
York, Doubleday & Co., 1964, p. 96; CURT SACHS, Handbuch der Musikinstrumentenkunde,
Hildesheim-New York, Georg Olms Verlag, 1971 (I ed. 1919), pp. 209-212; CURT SACHS, RealLexicon der Musikinstrumente, Hildesheim-New York, Georg Olms Verlag, 1972 (I ed. 1913), p. 78;
GIANPIERO TINTORI, Gli strumenti musicali, Torino, Utet, 1971, II, pp. 670. Si veda anche VINICIO
GAI, Gli strumenti musicali della corte medicea e il Museo del Consevatorio “L. Cherubini” di
Firenze, Firenze, Licosa, 1969, p. 144.
7 Cfr. NICHOLAS BESSARABOFF, Ancient European Musical Instruments. An Organological Study of
the Musical Instruments in the Leslie Lindsey Mason Collection at the Museum of Fine Arts, Boston,
Boston, Harvard University Press, 1941, p. 241; KARL GEIRINGER, Musical Instruments. Their
History in Western Culture from the Stone Age to the Present Day, London, G. Allen & Unwin Ltd.,
1949, p. 160; GAI, p. 145.
8
«La duplice influenza del liuto e della viuhela sulla chitarra ha avuto strani effetti. La confusione di
strumenti a fondo piatto e bombato continuò sino a che il liuto passò di moda nel diciottesimo secolo», TURNBULL , La chitarra dal Rinascimento, p. 9. Si veda anche Guitar, in Grove’s Dictionary
of Music and Musicians, edited by Eric Blom, New York, Macmillian and Co., 1954, III, p. 846,
dove, ripercorrendo la storia della chitarra, a partire dalle sue origini, viene precisato che: «A
distinction was commonly made between guitara latina and guitara moresca or saracena. By the
first, instruments of the flat construction common to the guitar and its extremely close relative, the
vihuela, are intended; by the second, instruments of the vaulted construction common to the family of
lutes».
9 JOHN HENRY VAN DER MEER, Strumenti musicali europei del Museo Civico Medievale di Bologna
con Appendici dei fondi strumentali delle Collezioni Comunali d’Arte, del Museo Davia Bargellini e
del Civico Museo Bibliografico Musicale, Bologna, Nuova Alfa, 1993, pp. ??.
10 Sulla chitarra «barocca» si vedano, fra gli altri: ANTHONY BAINES , European and American, pp. 4749; ID., The Oxford Companion to Musical Instruments, Oxford, Oxford University Press, 1992, pp.
136-137; RENATO MEUCCI,La chitarra, in Il liuto e la lira. Verso un recupero del Museo
Strumentale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Roma, Accademia Nazionale di Santa
Cecilia, 1993, pp. 23-26; SYLVIA MURPHY, The Tuning of the Five-course Guitar, in «The Galpin
Society Journal», XXIII, 1970, pp. 49-63; PAOLO PAOLINI, Problemi di tecnica e stile nella pratica
della chitarra a cinque ordini di corde, in «Il flauto dolce», 10-11, 1984, pp. 9-17; SACHS,
Handbuch, pp. 209-212; TURNBULL, La chitarra dal Rinascimento, p. 15-18; HARVEY TURNBULL,
3
Il fondo bombato costruito a doghe, infatti, è stato spesso attribuito alla chitarra battente
come caratteristica individuante dello strumento11. Tuttavia, sia le fonti iconografiche,
sia gli esemplari museali indicano con chiarezza che tale caratteristica era ampiamente
condivisa dalla chitarra barocca, sebbene in modo non esclusivo, esistendo quest’ultima
anche in modelli a fondo piatto12.
Although many guitars had rounded backs, this feature alone does not identify the later, special type of
guitar known by its [...] name, the chitarra battente.13
Il fondo bombato non è l’unico elemento comune ai due strumenti coevi: ve ne
sono altri, come la sagoma smilza con le spalle strette e la curva centrale poco
pronunciata, le fasce costruite a doghe analogamente al fondo, la tavola armonica pro-
Guitar, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, edited by S. Sadie, London,
Macmillian, 1980, VII, pp. 825-835; HARVEY TURNBULL - RAMES TYLER, Guitar, in The New
Grove Dictionary of Musical Instruments, edited by S. Sadie, London, Macmillian, 1984, II, pp. 9299; JAMES TYLER, The Renaissance guitar 1500-1650, in «Early Music», III, 4, 1975, pp. 341-347.
11 Si vedano, ad esempio, ROGER BRAGARD - FERDINAND J. DE HEN, Gli strumenti musicali nell’arte e nella storia dai primordi ai giorni nostri, Milano, Bramante, 1967, p. 117 («Una variante italiana alla chitarra spagnola è la chitarra battente; aveva delle fasce piuttosto alte e un fondo curvo
mentre il fondo della chitarra spagnola era piatto»); ALEXANDER BELLOW, The Illustrated History
of the Guitar, New York, Colombo, 1970, p. 74 («The five-string guitar had a derivative known as the
guitarra battente. It is characterized by a soundbox the backs of which curves gently outwards instead
of being simply flat»); la voce Guitar, in Grove’s Dictionary of Music and Musicians, 1954, III, p.
846 («The flat back normal to the guitar is not invariable. There is a regular Baroque variant with a
gently vaulted back; it is known as the guitarra battente»).
12 A proposito di due piccole chitarre italiane del XVII secolo, conservate presso il Kunsthistorisches
Museum di Vienna, Baines scrive: «Two small seventeenth-century Italian Guitars at Vienna, one of
them still in four-course condition, similarly have vaulted backs [...]. This construction, which makers
may have felt to be a particularly strong one, is common up to the beginning of the eighteenth century
in Italy, France and Germany. The sides of such instruments are usually also made from ribs matching
the colours and decoration of the back», ANTHONY BAINES , European and American, p. 49. Baines,
descrivendo la chitarra baroccha a cinque cori, precisa che: «The back of the body may be flat, or
arched and moulded with ribs [...] This strong construction was also used in Italy in the seventeenth
and eighteenth centuries for a popular species of wire-strung plectrum guitar now known to historians
by the [...] name chitarra battente. In this the wires, often in triple courses, pass over fixed frets and
over the bridge to attachment at the base of the body as on citterns and the Neapolitan mandolin»,
ANTHONY BAINES, Catalogue of Musical Instruments, vol. II. Non keyboard Instruments, London,
Her Majesty’s Stationery Office, 1968, p. 55. A proposito dell’opportunità di non applicare tout court
il termine chitarra battente a qualsiasi chitarra a fondo bombato, si veda anche TYLER, The
Renaissance guitar. Va aggiunto che RICETTI, p. 11, precisa che «esiste qualche caso, seppur raro, di
chitarre battenti con fondo piatto». Tuttavia la stessa fonte ne segnala soltanto due su un totale di 94
strumenti osservati per la sua tesi di diploma di conservatore di strumenti musicali presso la Civica
Scuola di Liuteria del Comune di Milano.
13 TURNBULL - RYLER, pp. 93-94. Gli autori qui sostengono anche un’opione — decisamente isolata
nell’ambito della letteratura organologica — che la chitarra barocca e la chitarra battente non siano
state coeve, ma la seconda risalirebbe alla metà del XVIII secolo e deriverebbe dal mandolino napoletano, con cui condivide la piegatura inferiore della tavola.
4
seguita sul manico allo stesso livello della tastiera, la lunga paletta leggermente
inclinata all’indietro con piroli posteriori, il foro di risonanza ricoperto da una rosetta, i
cinque ordini di corde doppie e infine la morfologia dell’apparato decorativo.
Molti autori si sono soffermati a descrivere la rosetta della chitarra battente, che si
presenta, in generale, come un’elaborata costruzione a più strati, penetrante all’interno
della cassa. Nel Catalogo del Museo del Castello Sforzesco di Milano, la rosetta è vista
come un elemento fortemente caratterizzante lo strumento:
La chitarra battente si differenzia da quella classica per le sue fasce ampie e per il fondo convesso, ma soprattutto per la presenza di una caratteristica scatola in pergamena finemente traforata a piani concentrici
digradanti, fissata ai bordi dell’apertura sonora e penetrante all’interno della cassa armonica.14
In particolare, viene descritto il delicato meccanismo del fiorellino centrale
mobile, che vibra per simpatia in seguito alla sollecitazione delle corde e che si ritrova
anche in altri esemplari di chitarre battenti conservate in museo:
In questa scatola una rosellina di pergamena, fissata al fondo per mezzo di un filo di ferro, a spirale, vibra
sollecitata dai suoni provenienti dall’interno della cassa. Questo artificio conferisce alla chitarra battente
una sonorità tremula e vibrata, di una particolare efficacia espressiva.15
Tuttavia, neanche la profonda rosetta a più strati può considerarsi esclusiva della
chitarra battente, dal momento che la si ritrova di sovente montata su chitarre
«barocche».
Le differenze fra i due strumenti vanno pertanto individuate negli elementi
strutturali che effettivamente distinguono l’uno modello dall’altro, e che riguardano la
tavola armonica, l’incordatura, l’attacco delle corde e la tastatura del manico; inoltre
anche l’altezza delle fasce, e di conseguenza il maggiore/minore volume della cassa
armonica, costituisce un elemento di diversità16.
La chitarra «barocca» aveva la tavola armonica piatta con ponticello-cordiera
incollato, il manico dotato di tasti mobili di minugia e le corde di budello orgaizzate in
14
GALLINI, p. 129.
Ibidem. Presso il Museo Strumentale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, a Roma, è conservata una chitarra battente anomima, la cui rosetta, a piani concentrici degradanti finemente
traforati, reca al centro un analogo “fiorellino” con gambo metallico a molla (n. inventario 88). Nella
stessa collezione è conservato un secondo esemplare di chitarra battente, molto simile al precedente e
di analoga fattura, ora esposto presso l’auditorium dell’Accademia, dove però, l’originaria rosetta
manca e al suo posto è stato collocato un sostituto improprio, ROBERTA TUCCI, La chitarra battente,
in Il liuto e la lira, pp. 27-30.
16 «Its back was usually vaulted, like many ordinary guitars of the time, but its sides tended to be rather
deep», TYLER. Cfr anche TURNBULL, La chitarra dal Rinascimento, p. 17, dove anche questo
aspetto è sottolineato: «Spesso i corpi delle battenti sono alquanto panciuti».
15
5
cori doppi con il cantino singolo, o tripli con il cantino doppio. Nella chitarra battente
invece, come opportunamente specifica Turnbull:
i tasti erano in metallo e le corde che passavano oltre il ponticello erano attaccate con dei bottoni al fondo
dello strumento; un’altra differenza consisteva nel fatto che la tavola portava una inclinazione all’altezza
del ponticello anziché essere completamente piatta.17
Le differenze strutturali fra i due strumenti possono dunque venire schematizzare
nel modo seguente:
CHITARRA BATTENTE
CHITARRA «BAROCCA»
tavola
con piegatura
piatta
corde
metalliche
di budello
attacco delle corde
fascia inferiore
ponticello-cordiera
tasti
fissi, metallici
mobili, di budello
fondo
bombato
bombato o piatto
L’osservazione delle chitarre battenti e delle chitarre barocche conservate in collezioni museali ha ingenerato una certa confusione fra i due strumenti, perché spesso ci si
trova di fronte a chitarre barocche convertite in chitarre battenti, successivamente alla
loro costruzione. Baines mostra alcuni casi esemplari riguardanti noti strumenti: ad
esempio, una chitarra di Matteo Sellas (Venezia 1623), dove il piano armonico,
originariamente piatto, è stato successivamente piegato, e di conseguenza le fasce
abbassate verso il fondo, inoltre sono stati aggiunti nove tasti metallici di ottone sulla
tastiera, oltre ai sei già intarsiati sul piano18. Lo studioso, sottolineando come le chitarre
battenti italiane siano raramente firmate, precisa anche che gli esemplari firmati sono
generalmente — anche se non sempre — frutto di conversione da normali chitarre.19
17
TURNBULL, La chitarra dal Rinascimento, p. 17.
BAINES , Catalogue of Musical Instruments, pp. 56-57.
19 BAINES , European and American, p. 49.
18
6
La chitarra battente era dunque armata di corde metalliche, che Bornstein
opportunamente mette in relazione con la tastatura fissa del manico, ricordando come
nei cordofoni del Rinascimento:
I tasti potevano essere di metallo o di osso e incastonati nel legno della tastiera come nella citara o nella
chitarra battente, o — nella maggioranza dei casi — formati da legacci di budello [...] Le corde potevano
essere sia di budello di pecora che di metallo (ottone o acciaio a bassa tempera). Le corde di metallo
erano generalmente usate su strumenti a tastatura fissa, mentre le corde di budello venivano montate sulla
stragrande maggioranza degli altri.20
L’incordatura metallica per la chitarra battente è confermata da Anthony Baines,
il quale colloca lo strumento proprio nel gruppo delle «wire-strung guitars» (chitarre a
corde metalliche).21 La maggiore parte degli studiosi concorda nel ritenere più antica
l’incordatura a cori doppi, più tarda quella a cori tripli. Mahillon descrive una chitarra
battente italiana, conservata presso il Musée Instrumental del Conservatoire Royal de
Musique di Bruxelles, dotata di cinque corde triple, con il primo coro di acciaio e gli
altri quattro di ottone22. Le corde di ottone sono citate anche da altri autori23, soprattutto
in riferimento a strumenti di chiara origine popolare24. Tuttavia la maggiore parte degli
studiosi non precisa il materiale delle corde metalliche25, né il loro calibro26.
20
21
22
23
24
25
26
ANDREA BORNSTEIN, Gli strumenti musicali del Rinascimento, Padova, Muzzio, 1987, p. 182.
BAINES , European and American, p. 49.
MAHILLON, pp. 144-145.
Ad esempio, TYLER descrive la chitarra battente come una chitarra a cinque cori, armata con corde di
ottone e di acciaio a bassa tempera. Analogamente, BORNSTEIN, p. 238, assegna allo strumento
«corde di metallo (ottone o acciaio a bassa tempera)».
Si veda, ad esempio, ETTORE SANTAGATA, Il museo storico musicale di «S. Pietro a Majella»,
Napoli, F. Gannini & figli, 1930, p. 107, dove viene descritta una chitarra battente del Cilento con
cinque corde doppie «di ottone filato di diverse grossezze e anche attorcigliate». Per la Calabria,
diverse testimoninaze riferiscono l’uso dell’ottone per i cori più gravi. Si veda ad esempio,
ARASSICH: «.la chitarra battente [...] è uno strumento a cinque corde doppie e, di regola, la I e la II
corda sono in filo di acciaio armonico mentre le altre tre, di tono più basso, sono di ottone». Ancora
fino a una quindicina di anni fa a Corigliano (CS), si faceva uso dell’ottone per il coro centrale (più
grave) della chitarra battente a cinque cori. Le corde di ottone venivano regolarmente vendute nelle
botteghe del paese per l’uso dei locali suonatori.
Nel loro interssante studio sulle corde armoniche nel sedicesimo e diciassettesimo secolo, Abbot e
Segerman ricordano come per le corde metalliche venissero impiegati l’acciaio temperato, il rame,
l’ottone, l’oro, l’argento. Corde di diversi materiali potevano essere compresenti in uno stesso strumento, ad esempio, nella chitarra rinascimentale a quattro cori, le corde più acute e quelle intonate
una quarta sotto erano di acciaio, mentre le corde intonate una quinta sotto le più acute erano di rame,
DJILDA ABBOT - BPHRAIM SEGERMAN, Strings in the 16th and 17th Centuries, in «The Galpin
Society Journal», XXVII, 1974, pp. 48-56.
Nella bottega di Vincenzo De Bonis a Bisignano (CS), dove la produzione di chitarre battenti non si è
mai interrotta dal VXIII secolo a oggi, le corde per questo strumento sono ricavate da acciaio armonico di calibro 0,20 - 0,25 mm.
7
L’uso del plettro per la chitarra battente è largamente attestato nella letteratura
organologica riferita ai secoli XVII e XVIII27; in conseguenza di tale uso, vari autori
segnalano anche la presenza di un battipenna, intarsiato nel piano, a protezione del
legno sottostante28. Il battipenna è osservabile in alcuni esemplari conservati in musei29
Novantaquattro esemplari di chitarra battente, conservati in collezioni pubbliche
e private in Italia e all’estero, sono stati esamati e comparati da Valentina Ricetti. Oltre
a fornirne un dettagliato elenco, e a corredare la trattazione con un pregevole saggio,
l’autrice fornisce dati statistici (marchi e iscrizioni, misure, corde, rosette, ecc.) e
descrittivi relativi agli esemplari esaminati, cercando di stabilire quali sia la norma e
quali le varianti. Un’opportuna osservazione riguarda la presenza, in un numero rilevante di esemplari (quattordici), di due forellini, uno per lato, aperti nell’area centrale
delle fasce30. Questa caratteristica generalmente sfugge a un’osservazione indiretta,
condotta sui repertori iconografici (soprattutto fotografici) pubblicati nei vari testi di
organologia, di storia degli strumenti musicali e nei cataloghi di musei, perché raramente le fasce si vedono con sufficiente chiarezza e dettaglio. La presenza dei forellini
laterali, non praticati dal liutaio e tuttora riscontrabili in Calabria presso i suonatori
popolari di chitarra battente31, non soltanto rafforza la supposizione, anche per il
passato, di un uso popolare della chitarra battente, ma rappresenta anche un concreto
punto di unione fra strumenti di pregio, destinati ai ceti elevati, e strumenti popolari,
probabilmente esistiti anche in passato ma non conservati a causa del loro scarso valore
economico.
27
Ad esempio, GAI, p. 145, GALPIN, p. 101, MARCUSE, p. 96, TINTORI, p. 670.
BAINES , European and American; MARIA RITA BRONDI, Il liuto e la chitarra. Ricerche storiche
sulla loro origine e sul loro sviluppo, Torino, Fratelli Bocca, 1926, p. 95; MAHILLON, pp. 144-45;
TINTORI, p. 670.
29 Ad esempio, nella chitarra battente n. 279 del Museo degli strumenti del Castello Sforzesco di
Milano, GALLINI, Tav. LXXVIII; nella chitarra battente n. 89 del Museo Strumentale dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia di Roma, TUCCI, La chitarra battente, p. 29; nella chitarrina battente n.
431 del Museo degli strumenti musicali di Roma, LUISA CERVELLI, La Galleria armonica. Catalogo
del Museo degli strumenti musicali di Roma, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1994, p.
136.
30 RICETTI, II, p 17.
31 I suonatori popolari calabresi ritengono che tali forellini, detti ricchjie (orecchie), concorrono ad
ampliare la sonorità dello strumento: essi affermano infatti che le orecchie «danno sfogo alla
chitarra». RICCI - CUCCI, La chitarra battente in Calabria; ANTONELLO RICCI - COBERTA TUCCI
Calabria 2 strumenti. La chitarra battente, LP, Milano, Fonit Cetra SU 5008, con opuscolo, 1982 (I
Suoni. Musica di tradizione orale, a cura di Diego Carpitella).
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