Nuova serie - Anno XXXVIII - N. 4 - 30 gennaio 2014 Fondato il 15 dicembre 1969 Settimanale Discorso di Denis Branzanti alla commemorazione per il 90° anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale tenuta a Cavriago Studiamo e applichiamo gli insegnamenti di Lenin sulla lotta contro i revisionisti e i riformisti italiani PAGG. 3-4 Il saluto di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI Occorre studiare Lenin per impedire che i falsi comunisti si infiltrino nel PMLI e per smascherarli davanti ai sinceri comunisti PAG. 2 4 scritti di Lenin Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia), 19 gennaio 2014. Militanti e simpatizzanti dell’Emilia-Romagna, della Lombardia, del Piemonte e delle Marche del PMLI commemorano il grande Maestro del proletariato internazionale Lenin, in occasione del 90° Anniversario della scomparsa. Al centro da destra, i compagni Denis Branzanti, membro dell’Ufficio politico del PMLI e Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI e Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del PMLI (foto Il Bolscevico) sulla fondazione dell’Internazionale Comunista tra cui: “Tesi e rapporto sulla democrazia borghese e sulla dittatura del proletariato” PAGG. 5-9 XVII congresso della Cgil Le contraddizioni del leader della Fiom prefigura una Cgil subalterna alle esigenze padronali e governative documento congressuale BOCCIAMO IL DOCUMENTO Landini accusa la Camusso di non essere democratica. Però ha firmato il suo DELLA CAMUSSO Il documento congressuale che porta anche la firma di Landini appoggiamo e votiamo il documento 2 PAG. 12 Respingere l’accordo capitolazionista sulla rappresentanza, appoggiare la mozione 2 e sconfiggere la destra della Camusso al XVII congresso della Cgil PAG. 10 Congresso SPI-CIGL A CATANIA Schembri relatore per la seconda mozione chiede lo sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale a Roma Faraone, uomo di Renzi, indagato per peculato sui rimborsi 97 indagati, 83 sono deputati di tutti i partiti dell’Assemblea siciliana. Crocetta deve dimettersi PAG. 13 lanciata la proposta del Sindacato delle lavoratrici e dei PAG. 12 lavoratori, delle pensionate e dei pensionati Nonostante violenti cariche delle “forze dell’ordine” del ministro Alfano LA RIBELLIONE DELLE MASSE POPOLARI GIUGLIANESI BLOCCA IL PAGAMENTO DELLA TARES Utilizzati gli spray urticanti contro i manifestanti. Ferma e unanime condanna di tutti i Comitati campani in lotta per la salute e l’ambiente SOLIDARIETà DEL PMLI ALLE MASSE IN LOTTA E AI LORO COMITATI PAG. 14 Favoritismi, clientelismo, minacce e metodi di governo da boss nel suo feudo nel Sannio La ministra De Girolamo deve dimettersi PAG. 13 2 il bolscevico / 90° anniversario della morte di Lenin N. 4 - 30 gennaio 2014 Nel 90° anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale Il PMLI commemora Lenin in piazza a Cavriago Scuderi: “Facciamo diventare il PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo e smascheriamo la cricca trotzkista controrivoluzionaria di Rizzo” Branzanti: “Studiamo e applichiamo gli insegnamenti di Lenin sulla lotta contro i revisionisti e i riformisti” Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Domenica 19 gennaio militanti e simpatizzanti dell’Emilia-Romagna, della Lombardia, del Piemonte e delle Marche del PMLI hanno commemorato il grande Maestro del proletariato internazionale Lenin in occasione del 90° anniversario della scomparsa, in piazza Lenin a Cavriago. Dalle 10,30 compagne e compagni sono affluiti nella piazza sovrastata da un bellissimo busto di Lenin collocato al suo centro. L’incontro tra i compagni giunti dalle province dell’Emilia-Romagna e dalle altre regioni è stato per tutti motivo di entusiasmo e di fratellanza proletaria uniti dal comune intento di onorare Lenin e dare una bella immagine di piazza del PMLI. Le bandiere del PMLI, così come la biografia e un numero speciale de “Il Bolscevico” dedicato alla Rivoluzione d’Ottobre contornavano il busto, manifesti di Lenin e Stalin erano posizionati di fronte, numerose le bandiere dei Maestri e del PMLI sorrette con orgoglio dai marxisti-leninisti. Alle 11,30 il compagno Denis Branzanti, membro dell’Ufficio politico del PMLI e Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, ha tenuto il discorso commemorativo (pubblicato a parte) leggendo anche l’importante saluto (pubblicato a parte) inviato dal compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI. Al termine dell’applaudito intervento il compagno Branzanti ha depositato un mazzo di fiori con un messaggio del PMLI ai piedi del busto, poi tutti i presenti si sono uniti nel canto de L’internazionale, Bandiera Rossa, il Sole Rosso e per inneggiare ai Maestri e al PMLI. Come tradizione al termine dell’entusiasmante iniziativa i compagni hanno consumato un pranzo collettivo in un ristorante della zona rimanendo ancora qualche ora a fraternizzare e a scambiarsi esperienze e considerazioni. La commemorazione del 90° della scomparsa di Lenin è stata coronata da un ulteriore successo rappresentato dalla inedita e positiva ricaduta sui media locali e nazionali che hanno dato un certo risalto all’iniziativa del PMLI, pur distorcendone in parte il messaggio politico. Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia), 19 gennaio 2014. Un momento del discorso commemorativo tenuto dal compagno Denis Branzanti (foto Il Bolscevico) Il saluto dI Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI Occorre studiare Lenin per impedire che i falsi comunisti si infiltrino nel PMLI e per smascherarli davanti ai sinceri comunisti Care compagne, cari compagni, come tutti gli anni passati, tutto il PMLI è idealmente presente assieme a voi a Cavriago per commemorare Lenin, in occasione del 90° Anniversario della sua scomparsa. Un saluto caloroso, fraterno e militante a tutti i presenti, in particolare alle compagne e ai compagni provenienti da altre regioni. Da sempre, ancor prima che voi, compagni dell’Emilia Romagna con alla testa il compagno Denis Branzanti, faceste da apripista, abbiamo pensato di indire una manifestazione nazionale per commemorare Lenin a Cavriago, davanti al suo monumento. Quando avremo le forze, i mezzi e le risorse sufficienti la realizzeremo senz’altro. Intanto, a nome del Comitato centrale, vi ringrazio profondamente per questa vostra esemplare iniziativa, che ogni anno, grazie anche agli importanti discorsi commemorativi del compagno Denis, rappresenta un momento di riflessione per tutto il nostro amato Partito. Lenin conosceva profondamente la situazione italiana, e ha dato delle indicazioni preziosissime per come affrontare la lotta di classe da parte dei veri comunisti, cioè marxisti-leninisti, e del proletariato rivoluzionario italiano. Soprattutto per quanto riguarda la lotta per l’unità degli autentici marxisti-leninisti nello stesso Partito e la lotta contro i revisionisti e gli opportunisti. È nostro dovere rivoluzionario e marxista-leninista studiare e applicare tali insegnamenti per impedire che i falsi comunisti si infiltrino nel PMLI e per smascherare coloro che alzando strumentalmente le bandiere di Lenin e del socialismo cercano di rifarsi una verginità marxista-leninista per unire a sé i sinceri comunisti e tenerli sotto controllo. È il caso della cricca trotzkista controrivoluzionaria di Marco Rizzo, fino a ieri con Krusciov, Breznev e Gorbaciov e oggi con Stalin, che proprio in questi giorni, sponsorizzata dal PC di Grecia, ha rifondato il PCI sul pensiero di Gramsci e di Secchia. Si tratta di una operazione politica e organizzativa ancora più insidiosa di quella dei falsi partiti comunisti, il PRC di Ferrero e Grassi e il PdCI di Diliberto, per imbrigliare il proletariato rivoluzionario nel capitalismo e per impedirgli di aprirsi e legarsi al PMLI. Per quanto è nelle nostre possibilità dobbiamo farla fallire decuplicando i nostri sforzi per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo e per legarci sempre più al proletariato, alle masse popolari e alle ragazze e ai ragazzi che vogliono cambiare il mondo. Dando battaglia al XVII Congresso della CGIL contro la destra della Camusso, per unire la sinistra e per rilanciare la linea sindacale del PMLI. Smascherando l’Unione europea imperialista, chiedendo che l’Italia esca da essa e invitando l’elettorato ad astenersi alle prossime elezioni del proletariato europeo. Lottando in prima fila contro il governo affamatore e servo del capitalismo Letta-Alfano, per gli interessi immediati delle masse, prima di tutto il lavoro per tutti i disoccupati, e l’aumento dei salari e delle basse pensioni. Un grazie di cuore per il sostegno economico che avete dato e date per pagare l’affitto e le spese di gestione della nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” a Firenze. Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo! Viva il grande Maestro Lenin! Con Lenin per sempre contro il capitalismo, per il socialismo! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Il vostro fedele compagno di lotta e primo servitore del PMLI Giovanni Scuderi Impariamo da Lenin per smascherare la democrazia borghese e propagandare la prospettiva del socialismo In occasione dell’anniversario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, è stata studiata l’opera di Lenin pubblicata da “Il Bolscevico”: “La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky”, un grande esempio di esposizione marxista-leninista e di battaglia dialettica antirevisionista su un fondamentale tema della rivoluzione proletaria, anche per trarre insegnamenti e spunti utili all’oggi, specie per smascherare le bugie dei riformisti e dei revisionisti sulla “democrazia” senza aggettivi (“ma un marxista non dimenticherà mai di domandarsi: ‘per quale classe?’”). Proprio mentre noi marxistileninisti italiani siamo impegnati a propagandare e spiegare la prospettiva del socialismo, questo libro di Lenin ci viene in aiuto per smascherare la democrazia borghese, “limitata, monca, falsa, ipocrita, un paradiso per i ricchi, una trappola e un inganno per gli sfruttati, per i poveri”, senza dare tregua alle sofisterie dei liberali e dei riformisti. Come già Lenin prevedeva, oggi le masse popolari italiane si rendono sempre più conto della “stridente contraddizione tra l’uguaglianza formale, pro- clamata dalla ‘democrazia’ dei capitalisti, e gli infiniti sotterfugi e restrizioni reali, che fanno dei proletari degli schiavi salariati”. Noi marxisti-leninisti dobbiamo far capire che non si può cambiare veramente l’Italia (e il mondo) senza mettere fine al capitalismo, ossia il sistema fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, l’unico modo per eliminare “non ci può essere reale uguaglianza, uguaglianza di fatto, fino a che non viene eliminata qualsiasi possibilità che una classe ne sfrutti un’altra”. E non ci può essere autentica democrazia, democrazia per la classe operaia, per le larghe masse popolari, senza eliminare il sistema nel quale al grande capitale e alla grande finanza è consentito fare il bello e il cattivo tempo, imporre i governi e addirittura Costituzioni fasciste in sprezzo della volontà popolare. Lenin, smascherando “la posizione del democratico borghese, il quale non ammette che gli interessi del proletariato e della lotta di classe proletaria siano al di sopra di tutto”, da ben 95 anni di distanza demolisce teoricamente e politicamente persino i teorici della Costituzione come “via maestra”, i quali non capiscono (o nascondono) che non si può cambiare la società se si resta nell’ambito delle istituzioni borghesi. E, infine, il grande Lenin non lascia scampo al riformismo di ieri e di oggi, che “si batte per ‘perfezionare’ mediante le riforme l’imperialismo, per adattarsi e subordinarsi ad esso”, quando afferma senza mezzi termini che “un rivoluzionario marxista si distingue da un filisteo e da un piccolo borghese proprio perché sa predicare alle masse ignoranti la necessità della rivoluzione che matura, dimostrarne l’ineluttabilità, spiegarne l’utilità per il popolo, preparare a essa il proletariato e tutte le masse lavoratrici e sfruttate”. Questo libro è un capolavoro immortale del tesoro del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e mantiene una straordinaria attualità. Abbiamo davvero tantissimo da imparare dagli insegnamenti, dallo stile, dalla dialettica e dalla sintesi di Lenin. (Dal rapporto mensile di dicembre dell’Organizzazione di Castelvetro di Modena del PMLI) 90° anniversario della morte di Lenin / il bolscevico 3 N. 4 - 30 gennaio 2014 Discorso di Denis Branzanti alla commemorazione per il 90° anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale tenuta a Cavriago Studiamo e applichiamo gli insegnamenti di Lenin sulla lotta contro i revisionisti e i riformisti italiani Care compagne e cari compagni, 90 anni sono passati da quando ci ha lasciati il grande Maestro del proletariato internazionale Lenin, principale artefice della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre e guida nel primo periodo dell’edificazione socialista nell’Unione sovietica. Sono passati 90 anni, tanti, ma i popoli del mondo non possono e non devono dimenticarsi di Lenin, in particolare i popoli dell’ex Unione Sovietica che Lenin lasciò, il 21 gennaio del 1924, come popoli liberi dallo sfruttamento e dall’oppressione capitalista, avanguardia del proletariato di tutto il mondo, e che oggi, appunto 90 anni dopo, sono esattamente al punto di partenza, per colpa dei revisionisti, come popoli oppressi e sfruttati dai pescecani capitalisti. E non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo noi marxisti-leninisti italiani perché abbiamo ancora tantissimo da imparare da Lenin, come da Marx, Engels, Stalin e Mao, per condurre bene e fin in fondo la lotta di classe contro il capitalismo, per il socialismo. Non basta certo la demolizione di una sua statua da parte di un pugno di fascisti avvenuta lo scorso 8 dicembre durante le proteste in Ucraina a cancellare l’immortale opera ideologica e pratica di Lenin. Oggi siamo qui a Cavriago, in Piazza Lenin, per ricordare a noi stessi e al nostro popolo che Lenin è una grande bandiera del socialismo e del comunismo, e per ricordare alla borghesia che finchè in Italia esisteranno il PMLI e i marxisti-leninisti questa bandiera sventolerà alta nelle piazze del nostro Paese. Il PMLI.Emilia-Romagna, che ha indetto questa manifestazione, vi ringrazia tutti, compagne e compagni, in particolare quelli giunti da fuori regione, per la vostra partecipazione che dà forza e vigore a questa iniziativa, che puntualmente si tiene ogni anno. Ringraziamo anche la Commissione per il lavoro di Organizzazione del Comitato Centrale del PMLI che ha inviato i propri saluti e il compagno Giovanni Scuderi, Segretario Generale del PMLI, che scrive: Care compagne, cari compagni, come tutti gli anni passati, tutto il PMLI è idealmente presente assieme a voi a Cavriago per commemorare Lenin, in occasione del 90° Anniversario della sua scomparsa. Un saluto caloroso, fraterno e militante a tutti i presenti, in particolare alle compagne e ai compagni provenienti da altre regioni. Da sempre, ancor prima che voi, compagni dell’Emilia Romagna con alla testa il compagno Denis Branzanti, faceste da apripista, abbiamo pensato di indire una manifestazione nazionale per commemorare Lenin a Cavriago, davanti al suo monumento. Quando avremo le forze, i mezzi e le risorse sufficienti la realizzeremo senz’altro. Intanto, a nome del Comitato centrale, vi ringrazio profondamente Il compagno Denis Branzanti, membro dell’Ufficio politico del PMLI e Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, mentre pronuncia il discorso commemorativo per l’Anniversario della scomparsa di Lenin (foto Il Bolscevico) per questa vostra esemplare iniziativa, che ogni anno, grazie anche agli importanti discorsi commemorativi del compagno Denis, rappresenta un momento di riflessione per tutto il nostro amato Partito. Lenin conosceva profondamente la situazione italiana, e ha dato delle indicazioni preziosissime per come affrontare la lotta di classe da parte dei veri comunisti, cioè marxisti-leninisti, e del proletariato rivoluzionario italiano. Soprattutto per quanto riguarda la lotta per l’unità degli autentici marxisti-leninisti nello stesso Partito e la lotta contro i revisionisti e gli opportunisti. È nostro dovere rivoluzionario e marxista-leninista studiare e applicare tali insegnamenti per impedire che i falsi comunisti si infiltrino nel PMLI e per smascherare coloro che alzando strumentalmente le bandiere di Lenin e del socialismo cercano di rifarsi una verginità marxista-leninista per unire a sé i sinceri comunisti e tenerli sotto controllo. È il caso della cricca trotzkista controrivoluzionaria di Marco Rizzo, fino a ieri con Krusciov, Breznev e Gorbaciov e oggi con Stalin, che proprio in questi giorni, sponsorizzata dal PC di Grecia, ha rifondato il PCI sul pensiero di Gramsci e di Secchia. Si tratta di una operazione politica e organizzativa ancora più insidiosa di quella dei falsi partiti comunisti, il PRC di Ferrero e Grassi e il PdCI di Diliberto, per imbrigliare il proletariato rivoluzionario nel capitalismo e per impedirgli di aprirsi e legarsi al PMLI. Per quanto è nelle nostre possibilità dobbiamo farla fallire decuplicando i nostri sforzi per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo e per legarci sempre più al proletariato, alle masse popolari e alle ragazze e ai ragazzi che vogliono cambiare il mondo. Dando battaglia al XVII Congresso della CGIL contro la destra della Camusso, per unire la sinistra e per rilanciare la linea sindacale del PMLI. Smascherando l’Unione europea imperialista, chiedendo che l’Italia esca da essa e invitando l’elettorato ad astenersi alle prossime elezioni del proletariato europeo. Lottando in prima fila contro il governo affamatore e servo del capitalismo Letta-Alfano, per gli interessi immediati delle masse, prima di tutto il lavoro per tutti i disoccupati, e l’aumento dei salari e delle basse pensioni. Un grazie di cuore per il sostegno economico che avete dato e date per pagare l’affitto e le spese di gestione della nuova Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” a Firenze. Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo! Viva il grande Maestro Lenin! Con Lenin per sempre contro il capitalismo, per il socialismo! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Il vostro fedele compagno di lotta e primo servitore del PMLI Giovanni Scuderi L’amore, il rispetto, la riconoscenza, che i marxisti-leninisti provano verso Lenin, sono dovuti a quanto egli ha fatto per l’emancipazione dei popoli di tutto il mondo dallo sfruttamento capitalista e dall’oppressione imperialista. Ci sono gli esempi e i modelli della borghesia, e ci sono gli esempi e i modelli del proletariato. La borghesia erige a propri modelli grandi capitalisti, pescecani della finanza, innovatori in qualche campo della tecnologia o della scienza, personaggi dello sport e dello spettacolo, a volte anche personaggi che hanno effettivamente combattuto battaglie importanti, ma sempre sul terreno democratico borghese, tutt’al più progressista, come ad esempio quella contro l’apartheid, ma nessuno merita di stare sullo stesso piano dei nostri 5 Maestri Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, che sono e devono rimanere i modelli universali del proletariato, perché nessun altro ha dato gli stessi contributi alla lotta per l’emancipazione non in uno o più campi, ma in ogni campo della vita politica, economica e sociale delle masse di tutto il mondo. Nessun altro, come loro, ha lavorato incessantemente per fornire al proletariato l’arma più potente: la sua cultura, la sua storia, la sua concezione del mondo. Per questo deve essere incessante il nostro lavoro di studio e di propaganda del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, seguito dalla sua applicazione conseguente e coerente alla nostra situazione specifica, in base al principio “Studio e azione, azione e studio” secondo la dialettica della lotta di classe condotta col metodo marxista-leninista. I marxisti-leninisti hanno tantissimo da guadagnare studiando e ristudiando gli scritti e i discorsi di Lenin e degli altri Maestri per trasformare la propria concezione del mondo, per l’enorme esperienza del movimento operaio internazionale, per attenersi alla via dell’Ottobre, per ricercare spunti e indicazioni che ci orientino a risolvere i problemi che affrontiamo. In questo momento occorre approfondire gli insegnamenti di Lenin per combattere il riformismo e l’opportunismo, con particolare 1914 culminate nella storica “settimana rossa” che dal 7 al 14 giugno scosse nelle fondamenta il dominio della borghesia, a dimostrazione della volontà di lotta e dello spirito rivoluzionario del nostro popolo che venne lasciato solo e finanche sabotato dalla dirigenza del PSI. Ciò che avvenne anche quando i dirigenti sindacali e del PSI abbandonarono il grande movimento dell’occupazione delle fabbriche giunto al suo momento culminante nel settembre 1920. Ma il tradimento più grande il Partito socialista lo consumò, assieme agli altri opportunisti della II Internazionale a partire dal 4 agosto 1914, quando i socialisti francesi, inglesi, belgi, italiani votarono i crediti di guerra alle borghesie dei propri paesi, tradendo il proletariato e gli impegni da loro stessi votati e sottoscritti, per finire col farsi la guerra l’un l’altro nella carneficina della prima guerra mondiale. Per ingannare la classe operaia e intossicarla col veleno del nazionalismo, gli agenti della borghesia infiltratisi nelle file del proletariato mascherarono l’appoggio alle borghesie nazionali con una falsa e ipocrita fraseologia pacifista, così come fece appunto il PSI di Lazzari lanciando la parola d’ordine “né verni ai fini della lotta per la rivoluzione sociale, difende effettivamente la vera libertà di tutte le nazioni, che è possibile solo nel socialismo”1. “I socialisti (non opportunisti) di ogni paese debbono vedere il loro nemico principale nel “proprio” patrio sciovinismo”2. Secondo Lenin quindi, si trattava di scegliere tra difendere “col fucile o con la penna, direttamente o indirettamente”, i privilegi o le pretese della “propria” borghesia, oppure di servirsi di ogni lotta allo scopo di “smascherare e abbattere ogni governo, e in prima linea, il proprio governo per mezzo dell’azione rivoluzionaria del proletariato internazionale solidale”3. Il compito dei socialdemocratici doveva essere quello di adoperarsi per la sconfitta del “proprio governo”, non certo a favore delle borghesie degli altri paesi, ma nell’interesse del proletariato nazionale e internazionale che doveva approfittare della guerra per “assestare colpi alla ‘propria’ borghesia, al ‘proprio’ governo”. “Una classe rivoluzionaria non può, durante una guerra reazionaria, non augurarsi la sconfitta del proprio governo”4. La maggioranza dei partiti della Piazza Lenin, Cavriago (Reggio Emilia). Alcuni compagni posano con “Il Bolscevico” n. 3/2014 stampato a cura dei compagni romagnoli. Al centro da destra, i compagni Denis Branzanti, Federico Picerni, Responsabile della Commissione giovani del CC del PMLI e Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del PMLI (foto Il Bolscevico) riferimento alla questione italiana, affrontata da Lenin prevalentemente nella critica al Partito socialista italiano. Quel partito cioè fondato nel 1894 come partito del proletariato ma che ha avuto sempre una guida appunto riformista e opportunista, per poi essere risucchiato in breve tempo e completamente nel sistema capitalistico e successivamente pure nel suo vortice di malaffare, a dimostrazione che se le radici di una pianta sono marce è inutile insistere sperando che dia buoni frutti. Un partito quindi che mostrò la sua vera “anima” borghese sin dalle prime grandi lotte del proletariato italiano nella primavera del aderire né sabotare”. Da quel momento in poi, essendo venuta meno ai propri impegni, la II Internazionale cessò di fatto di esistere e progressivamente si disgregò in una serie di partiti social sciovinisti. Lenin condusse una dura battaglia politica contro tale risma di rinnegati e servi della borghesia, per fare chiarezza su come dovevano schierarsi allora gli autentici socialdemocratici (cioè i marxisti-leninisti di oggi). “Chi non condanna la partecipazione a questa guerra - disse Lenin - perpetua l’oppressione imperialista delle nazioni. Chi incita ad approfittare delle difficoltà in cui si trovano oggi i go- II Internazionale cadde invece nelle mani delle borghesie nazionali propagandando per lo più uno sterile quanto dannoso neutralismo: “né vittoria né sconfitta”, confondendo il carattere della guerra (reazionaria o rivoluzionaria) che dipende non da chi ha attaccato e dal paese occupato dal “nemico”, ma dalla classe che conduce la guerra, dalla politica di cui la guerra è la continuazione. Lenin chiarì che “I riformisti ed i pacifisti borghesi sono gente che, per regola generale, è pagata in una forma o in un’altra, perché consolidi con dei piccoli rappezzamenti il dominio del SEGUE IN 4ª ➫ 4 il bolscevico / 90° anniversario della morte di Lenin ➫ DALLA 3ª capitalismo, perché addormenti le masse popolari distogliendone l’attenzione dalla lotta rivoluzionaria”5. “Il marxismo non è pacifismo”, in quanto in regime capitalistico, particolarmente nella fase imperialistica, le guerre sono inevitabili, e “solo con l’appello alla lotta rivoluzionaria, la vera rivendicazione della ‘pace’ acquista un significato proletario”6. Occorreva quindi che i socialisti si separassero nettamente dagli opportunisti e dai social sciovinisti, venuti allo scoperto in particolare allo scoppio della prima guerra mondiale. Ma Lenin indicò tale via ai socialisti italiani ancor prima della guerra, quando i rivoluzionari (che al congresso di Reggio Emilia del 1912 avevano la maggioranza), convivevano con i riformisti di sinistra (con Turati alla testa) e i riformisti di destra (capeggiati da Bissolati), ma solo una piccola parte di questi ultimi venne espulsa dal partito, seguita poi volontariamente dagli altri riformisti di destra che fondarono il “partito socialista riformista”. Al riguardo Lenin disse che “Una scissione è cosa grave e dolorosa. Ma qualche volta è necessaria e in questi casi ogni debolezza, ogni ‘sentimentalismo’ è un delitto. I capi degli operai non sono angeli, non sono santi, eroi, ma sono uomini come tutti gli altri. Essi commettono errori. Il partito li corregge. Ma se si insiste nell’errore, se per la difesa dell’errore si forma un gruppo che calpesta tutte le decisioni del partito, tutta la disciplina dell’esercito proletario, la scissione è indispensabile. E il partito del proletariato socialista italiano, allontanando da sé i sindacalisti e i riformisti di destra, ha preso la strada giusta”7. Anche nel suo saluto al Congresso del Partito socialista italiano del 1916 Lenin rimarcava “l’inevitabilità e la necessità della rottura coi social sciovinisti, cioè coi socialisti a parole e sciovinisti nei fatti, e precisamente: con tutti coloro che sostengono o approvano la ‘difesa della patria’ nella guerra imperialista attuale, che direttamente o indirettamente sostengono il ‘proprio’ governo, la ‘propria’ borghesia in questa guerra reazionaria, brigantesca, fatta per la spartizione delle colonie e per la dominazione del mondo. Noi consideriamo la rottura con i social sciovinisti storicamente inevitabile e necessaria per una lotta sincera – e non limitata a proteste verbali – del proletariato per il socialismo. I rappresentanti del vostro partito partivano dal punto di vista della possibilità della vittoria del proletariato sui socialsciovinisti senza una rottura con essi. Noi vo- gliamo sperare che lo sviluppo degli avvenimenti nel socialismo mondiale allontani sempre più la causa di questo dissenso fra noi”. Nel 1917 poi Lenin metterà in evidenza come in Italia “tutto il partito ha preso una posizione social pacifista”8 e che “il Partito socialista italiano, se vuole essere realmente per la III Internazionale, scacci con ignominia dalle sue file i signori Turati e consorti e diventi un partito comunista, non soltanto di nome, ma anche per le sue azioni”9, definendo i vari Turati, Treves e gli altri rappresentanti della destra del partito italiano “ancora più a destra di Kautski”, addirittura “Per loro ne del socialismo prima in URSS e poi in Cina il proletariato aprì e percorse con successo l’autentica via rivoluzionaria per l’emancipazione, questo almeno fino a quando i falsi comunisti, i revisionisti e gli opportunisti hanno gettato la maschera e deviato progressivamente dal campo del socialismo a quello del capitalismo. E in questo processo Lenin vi ha svolto un ruolo di primo piano, fondamentale, che ha trovato prima in Stalin e poi in Mao dei degni successori. È grazie a Stalin se il leninismo non è stato buttato nella pattumiera alla sua morte nel 1924, ed è grazie soprattutto a Mao se il lenini- Al termine del discorso commemorativo il compagno Denis Branzanti depone un mazzo di fiori con un messaggio del PMLI ai piedi del busto del Maestro del proletariato internazionale (foto Il Bolscevico) la ‘dittatura’ del proletariato è in contraddizione con la ‘democrazia’!!!”10. Lenin metteva in guardia la classe operaia da tale risma di traditori del proletariato e del socialismo: “per dirigere le masse, gli operai coscienti debbono capire che alcuni capi del socialismo, come Turati, Kautski e C. sono in completa putrefazione”11. La II internazionale, che fu diretta da Engels fino alla sua scomparsa nel 1895, svolgendovi un’opera insostituibile e meritoria di orientamento ideologico e politico, grazie alla quale, tra l’altro, si formarono organizzazioni e partiti socialisti della classe operaia in numerosi paesi europei, cadde così “nell’immensa maggioranza dei suoi rappresentanti… nell’opportunismo”12. Solo con la separazione dei comunisti dai riformisti, con la costituzione dei partiti comunisti, la Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, la fondazione della Terza Internazionale e l’edificazio- smo non è rimasto lettera morta risalente al suo tempo ma un pensiero attuale e ricco di preziosi insegnamenti anche 90 anni dopo, ed è grazie al PMLI se ancora oggi il leninismo vive non solo sulla carta, ma anche e soprattutto nelle fabbriche, nelle scuole e nelle piazze del nostro Paese. Lenin è stato quindi l’artefice della prima fondamentale battaglia storica dei marxisti-leninisti contro la socialdemocrazia, i vecchi riformisti e i revisionisti. È infatti il revisionismo, cioè lo svuotamento del marxismo-leninismo dei suoi caratteri proletari rivoluzionari, la causa della liquidazione dei partiti che si richiamavano al comunismo. Se non si capisce questo saremo eternamente subalterni e in balia della borghesia e degli imbroglioni politici sul piano ideologico, politico e organizzativo. Dobbiamo essere capaci di mettere in pratica le indicazioni di Lenin e cioè che “I socialisti – e quindi oggi i marxisti-leninistidevono mettere alla base del loro lavoro la lotta contro il riformismo, che ha sempre corrotto, con idee borghesi, il movimento operaio”13, occorre andare a “una rottura seria, definitiva, netta e decisa con il riformismo”. Lo dobbiamo fare per preservare la corretta linea marxista-leninista, e ciò è possibile solo se rispettiamo e facciamo rispettare la linea politica e organizzativa e il centralismo democratico del Partito, e non venendo mai meno ai tre principi esposti da Mao: “praticare il marxismo e non il revisionismo, sostenere l’unità e non la scissione, essere aperti e leali e non ricorrere agli intrighi e ai complotti”. Ma per tenere alla larga il revisionismo e il riformismo dal Partito, dobbiamo essere innanzitutto capaci di riconoscerli. I falsi comunisti si possono infatti nascondere anche dietro Lenin e persino a Stalin. Lo faceva anche Trotzki che si rifaceva a Lenin strumentalizzandone il pensiero. Oggi questa tattica è seguita in Italia dai falsi comunisti diretti da Marco Rizzo che hanno imbastito una nuova sporca e insidiosa operazione per imbrigliare nel capitalismo i sinceri comunisti, rifondando il PCI sul pensiero di Gramsci e Secchia. Questa nuova situazione ci richiede di studiare e applicare gli insegnamenti di Lenin sulla lotta contro i revisionisti e i riformisti italiani, nonché le opere antirevisioniste degli altri 4 Maestri, in particolare quelle di Mao, non a caso ignorato da Rizzo. Dobbiamo anche studiare ciò che ha prodotto il PMLI riguardo i revisionisti italiani, a cominciare da Gramsci. Altrimenti è impossibile poter smascherare ed emarginare dalle masse operaie, lavoratrici, disoccupate, precarie e giovanili i “nuovi” vecchi imbroglioni politici opportunisti e trotzkisti travestiti da comunisti. Il proletariato del nostro Paese deve comprendere, e lo farà con l’esperienza che maturerà nel corso della lotta di classe ma anche grazie al lavoro di propaganda e di radicamento dei marxisti-leninisti, che in Italia occorre dare forza e fiducia all’unico partito autenticamente comunista, il PMLI, che da quasi 37 anni, senza contare i precedenti 10 di preparazione, batte incessantemente con tutte le sue forze sul chiodo rosso della lotta contro il capitalismo, per il socialismo, perché solo così ci si potrà liberare dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dalla miseria, dalla disoccupazione, dalle ingiustizie e dalle disuguaglianze sociali, territoriali e di sesso, dalle guerre imperialiste. Perché solo così potremo cacciare il governo Letta-Alfano, subentrato in corsa al governo Letta-Berlusconi. Dopo la decadenza del neoduce e l’uscita della ricostituita Forza fascisti dalla maggioranza, Letta ha ribadito il proprio programma liberista, presidenzialista e di macelleria sociale per “risanare” i conti dello Stato e rilanciare l’economia capitalistica, rimarcando così la lontananza dalle drammatiche condizioni degli operai, dei contadini, dei disoccupati, dei precari, dei pensionati, dei dipendenti pubblici, degli studenti, dei piccoli imprenditori e artigiani rovinati e del Mezzogiorno abbandonato, nonostante che fuori del Palazzo si faccia sempre più forte il rumore delle rivolte popolari. Basti citare i miliardi di euro impiegati per finanziare le missioni militari all’estero, l’acquisto di mezzi come i caccia bombardieri F-35 e le navi da guerra Fremm, per non parlare delle dannose e inutili grandi opere come la TAV e la militarizzazione permanente dei N. 4 - 30 gennaio 2014 Il compagno Branzanti insieme alla simpatizzante che ha realizzato la torta con il simbolo del PMLI (foto Il Bolscevico) suoi cantieri. Soldi che potrebbero invece sostenere i lavoratori precari e quelli che perdono il lavoro, ristrutturare le scuole e finanziare il diritto allo studio, alla sanità, garantire il diritto alla casa. Solo con l’estensione e la radicalizzazione dell’opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali è possibile cacciare questo governo, proclamando a tal fine anche lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma. Occorre andare fino in fondo nelle importanti mobilitazioni in corso, in particolare quelle studentesche e dei lavoratori, portandole ad un livello sempre più elevato e cosciente, i marxisti-leninisti hanno l’importante compito di orientarle correttamente, in base alle forze attuali, senza lasciare peraltro in mano alla piccola borghesia e soprattutto ai fascisti il movimento contro l’austerità, le tasse, la povertà, Equitalia e il governo, che invece i partiti e i sindacati della sinistra borghese hanno abbandonato completamente e attaccato sin dall’inizio. Ma non basta. Tutte queste lotte devono convergere contro il nemico comune, che è il capitalismo. Se si vuole un futuro migliore, occorre affrontare la questione fondamentale del sistema economico vigente. Non si può cambiare senza abbattere il capitalismo e i governi che gli reggono il sacco, anche se sono espressione della “sinistra” borghese. L’unica vera alternativa passa dalla distruzione di questo sistema fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dalla sua sostituzione con il socialismo, la società dei lavoratori, con la classe operaia al potere. È un compito gravoso, ma non dobbiamo farci spaventare dagli attuali rapporti di forze. Lenin ci insegna che “Basta un partito piccolissimo per condurre le masse al proprio seguito. In determinati momenti non c’è la necessità di grandi organizzazioni. Ma per vincere bisogna avere Onore a Lenin, una grande occasione per chi ha a cuore il PMLI Cari compagni/e oggi ho avuto l’onore di partecipare alla commemorazione del compagno Lenin a Cavriago, una grande occasione per chi ha a cuore il PMLI. Il compagno Denis ha fatto un ottimo discorso centrandosi anche sul revisionismo e sugli pseudocomunisti di Rizzo che, approfittando della crisi, non rinnegano più ideali e concetti ma solo per opportunismo. Inoltre, abbiamo ascoltato con piacere il saluto recapitatogli da Scuderi: anche se non era presente basta- la simpatia delle masse. La maggioranza assoluta non è sempre necessaria”14. I marxisti-leninisti, imparando da Lenin, devono “organizzare effettivamente la propaganda e l’agitazione rivoluzionaria, anche in una situazione non rivoluzionaria”15, “I rivoluzionari prima che la rivoluzione scoppi, la prevedono, ne riconoscono l’inevitabilità, ne insegnano la necessità alle masse, ne spiegano alle masse le vie ed i metodi”16. Noi marxisti-leninisti non ci arrendiamo, vogliamo e possiamo abbattere la borghesia il capitalismo, vogliamo e possiamo conquistare il socialismo, vogliamo e possiamo cancellare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e portare il proletariato al potere. “Noi marxisti-leninisti siamo fatti di una pasta speciale e non ci lasciamo intimorire dalle difficoltà che si frappongono alla realizzazione di questo grandioso compito storico né sopraffare dai nostri limiti e inadeguatezze”17. Care compagne e cari compagni, facciamo nostra e rilanciamo l’esortazione diretta di Lenin “Scegliete, compagni, scegliete, operai italiani…”, scegliete la lotta di classe e non il riformismo, scegliete il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non il revisionismo, scegliete il PMLI e non i falsi comunisti, scegliete il socialismo e non il capitalismo! Tutto per il PMLI, per il proletariato e il socialismo! Con Lenin per sempre contro il capitalismo per il socialismo! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Con i Maestri e il PMLI vinceremo! Note 1 - La guerra europea e il socialismo internazionale – 1914 2 - Imperialismo e socialismo in Italia – 1915 3 - Imperialismo e socialismo in Italia – 1915 4 - I compiti del proletariato nella guerra imperialista – 1915 5 - Una svolta nella politica mondiale – 1917 6 - Il socialismo e la guerra 7 - Il Congresso di Reggio Emilia – 1912 8 - I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione – 1917 9 - L’estremismo malattia infantile del comunismo 10 - Stato e rivoluzione – 1917 11 - Stato e rivoluzione-1917 12 - Stato e rivoluzione – 1917 13 - La lotta contro il riformismo – 1917 14 - Discorso sulle condizioni di ammissione all’I.C. – 1920 15 - Discorso sulle condizioni di ammissione all’I.C. – 1920 16 - I marxisti rivoluzionari alla Conferenza internazionale socialista del 5-8 settembre 1915 17 - Discorso di Mino Pasca, a nome del CC del PMLI, per il 37° Anniversario della scomparsa di Mao – pubblicato Il Bolscevico n°39-2013 va osservare le rosse bandiere del PMLI sventolare vicino al busto di Lenin per avere tutto il Partito intorno a sé. L’unione, il gruppo e lo spirito fa del PMLI l’unico vero Partito comunista e l’unica vera soluzione per tutto il proletariato. Ancora una volta ribadisco che il PMLI è una grande famiglia e me ne sento di far parte. Ora dobbiamo rimboccarci le maniche per il congresso della CGIL, per il sindacato vero dei lavoratori e come sempre ad ogni occasione darò il mio contributo. W il PMLI sempre! Antonio - Modena 90° anniversario della morte di Lenin / il bolscevico 5 N. 4 - 30 gennaio 2014 Discorso di Lenin: “La fondazione dell’Internazionale comunista” Tentano di isolarci, ma gli operai di Cavriago sono per noi Pubblichiamo il discorso pronunciato da Lenin alla seduta comune del Comitato esecutivo centrale dei soviet di Mosca, del comitato moscovita del partito comunista, del Consiglio centrale dei sindacati, dei sindacati e dei comitati di fabbrica e d’officina di Mosca il 6 marzo 1919. Il titolo è redazionale. Compagni, non siamo riusciti a riunire al primo congresso dell’Internazionale comunista i rappresentanti di tutti i paesi dove si trovano gli amici più fedeli di quest’organizzazione, dove vi sono operai che simpatizzano appieno per noi. Consentitemi quindi di cominciare con una breve citazione che vi mostrerà quanto i nostri amici siano più numerosi di quel che vediamo e pensiamo, di quelli che siamo riusciti a radunare qui, a Mosca, nonostante tutte le persecuzioni, nonostante la coalizione dell’onnipotente (così sembra) borghesia del mondo intero. Queste persecuzioni sono arrivate al punto che si è tentato di circondarci come con una muraglia cinese e che si sono espulsi i bolscevichi, a decine e a dozzine, dalle repubbliche più libere del mondo, quasi si temesse che una decina o una dozzina di bolscevichi fosse capace di contagiare il mondo intero; ma noi sappiamo che questo timore è ridicolo, perché i bolscevichi hanno già contagiato tutto il mondo, perché la lotta degli operai corso della guerra si sono schierati con la borghesia dei loro paesi. Ebbene, nel numero del 13 gennaio 1919, questo giornale informa che a Parigi si è tenuta un’assemblea molto larga, come riconosce Io stesso quotidiano, dei quadri di partito e dell’attivo dei sindacati operai della federazione della Senna, cioè della zona più vicina a Parigi, della zona che è il centro del movimento proletario, il centro di tutta la vita politica francese. All’assemblea ha preso anzitutto la parola Bracke, un socialista che per tutta la guerra ha condiviso le posizioni dei nostri menscevichi e dei nostri difensisti di destra. Bracke è stato cheto come l’olio. Non ha nemmeno sfiorato una sola questione spinosa! E ha concluso dichiarandosi contrario all’intervento del governo del suo paese nella lotta del proletariato degli altri paesi. Le sue parole sono state sommerse dagli applausi. È poi intervenuto uno dei suoi compagni di idee, un certo Pierre Laval, che ha parlato della smobilitazione, cioè della questione più dolente della Francia odierna, del paese che ha forse sopportato più sacrifici di ogni altro in questa guerra criminale. La Francia vede oggi che la smobilitazione si trascina per le lunghe, viene rallentata, che non si ha alcun desiderio di realizzarla e che si prepara invece una nuova guerra, che imporrà evidentemente agli operai francesi nuovi sacrifici, al fine di determinare quale parte del bottino dovranno Pietrogrado, 7 novembre 1917. Lenin si intrattiene con delegati e guardie rosse durante i lavori del II Congresso dei soviet nella notte della presa del Palazzo d’Inverno russi ha già fatto comprendere alle masse operaie di tutti i paesi che proprio qui, in Russia, si decide la sorte della rivoluzione mondiale. Compagni, ho qui tra le mani L’humanité, un giornale francese che per il suo indirizzo è soprattutto affine all’orientamento dei nostri menscevichi e socialisti-rivoluzionari di destra. Durante la guerra questo giornale ha perseguitato nel modo più implacabile coloro che si attenevano alle nostre posizioni. Attualmente il giornale sostiene gli elementi che nel ancora ricevere i capitalisti francesi o inglesi. Ebbene, il giornale dichiara che la folla ha ascoltato il discorso di Pierre Laval, ma che le sue affermazioni ostili al bolscevismo hanno suscitato tali proteste e provocato tale indignazione che l’assemblea è stata sospesa. In seguito il cittadino Pierre Renaudel non è riuscito a prendere la parola, e la riunione si è conclusa con un breve intervento del cittadino Péricat, cioè di uno dei pochi rappresentanti del movimento operaio francese che nella sostanza so- Lenin, Mosca 23 aprile 1920 lidarizzano con noi. Il giornale è stato pertanto costretto a confessare che l’assemblea toglieva la parola all’oratore non appena costui cominciava ad attaccare i bolscevichi. Compagni, nel momento presente non siamo riusciti ad avere qui direttamente dalla Francia un solo delegato, e soltanto con grande fatica è potuto arrivare fra noi un francese, il compagno Guilbeaux. Egli prenderà la parola oggi. È stato rinchiuso per mesi nelle prigioni della Svizzera, di questa libera repubblica, sotto l’accusa di essere in rapporto con Lenin e di preparare la rivoluzione in Svizzera. Gli hanno fatto attraversare la Germania sotto una scorta di gendarmi e ufficiali, temendo, evidentemente, che vi facesse cadere un fiammifero dando così fuoco alla Germania. Ma la Germania è già in fiamme anche senza questo fiammifero. E, come si vede, in Francia non manca chi simpatizza per il movimento bolscevico. Le masse francesi sono forse tra le masse più esperte, educate politicamente, vive è sensibili. In un’assemblea popolare non permettono a un oratore una sola nota falsa. Gli tolgono la parola. Ed è ancora una fortuna per lui, se, dato il temperamento francese, non lo tirano giù dalla tribuna! Pertanto, quando un giornale che ci è ostile riferisce ciò che è avvenuto in questa grande assemblea, noi diciamo che il proletariato francese è con noi. Riporto ora una breve citazione da un giornale italiano. Si tenta di isolarci dal resto del mondo in modo tale che noi riceviamo i giornali socialisti degli altri paesi come una grande rarità. Come una rarità ci è pervenuto un numero del giornale italiano Avanti!, organo del Partito socialista italiano, che ha partecipato a Zimmerwald, che ha lottato contro la guerra e che ha deciso oggi di non intervenire al congresso dei gialli a Berna, al congresso della vecchia Internazionale, al congresso di coloro che hanno contribuito con i propri governi a tirare in lungo questa guerra criminale. L’Avanti! è ancora sottoposto a una censura rigorosa. Ma nel numero, che ci è capitato di avere per caso, leggo una corrispondenza sulla vita del partito da una località chiamata Cavriago (un angolino sperduto, evidentemente, perché non si trova sulla carta geografica) e vedo che gli operai, dopo essersi riuniti, hanno approvato una risoluzione in cui si esprime simpatia al giornale per la sua intransigenza e dichiarano di approvare gli spartachisti tedeschi; seguono quindi parole che, pur scritte in italiano, sono comprensibili in tutto il mondo: “sovietisti russi”; gli operai salutano i “sovietisti” russi ed esprimono l’augurio che il programma dei rivoluzionari russi e tedeschi sia accettato in tutto il mondo e serva a condurre sino in fondo la lotta contro la borghesia e contro la dominazione militare. Ebbene, quando leggiamo una tale risoluzione di una qualsiasi sperduta Poscekhonie italiana, possiamo dire a buon diritto che le masse italiane sono per noi, che le masse italiane hanno capito che cosa sono i “sovietisti” russi, quale è il programma dei “sovietisti” russi e degli spartachisti tedeschi. E dire che fino a poco fa non avevamo un tale programma! Non avevamo alcun programma comune con gli spartachisti tedeschi! Ma gli operai italiani respingono tutto ciò che leggono nella loro stampa borghese, la quale, pagata dai milionari e dai miliardari, diffonde in milioni di copie calunnie contro di noi. Gli operai italiani non si fanno ingannare. Essi capiscono che cosa sono gli spartachisti e i “sovietisti” e dichiarano di simpatizzare per il loro programma, persino nel momento in cui questo programma non è ancora tracciato. Ecco perché è stato così facile il nostro lavoro a questo congresso. Ci è bastato trascrivere come programma ciò che era già impresso nella coscienza e nei cuori degli operai, persino di quelli isolati in un angolino sperduto, separati da noi mediante cordoni polizieschi e militari. Ecco perché abbiamo ottenuto così facilmente e concordemente, in tutte le questioni principali, una decisione unanime, ecco perché siamo pienamente convinti che queste decisioni avranno una ripercussione possente sul proletariato di tutti i paesi. Il movimento dei soviet, compagni, ecco la forma che è stata conquistata in Russia, che si propaga oggi nel mondo intero e che con il suo solo nome fornisce agli operai un programma. Compagni, io mi auguro che noi, a cui è toccata la grande fortuna di sviluppare la forma dei soviet fino alla vittoria, non finiremo per trovarci nella situazione di chi può essere biasimato per presunzione. Noi sappiamo molto bene, compagni, che siamo riusciti a prender parte per primi alla rivoluzione proletaria sovietica non perché fossimo preparati come gli altri operai, o meglio di loro, ma solo perché eravamo peggio preparati. Questa circostanza ha fatto sì che ci trovassimo dinanzi il nemico più feroce e decrepito, questa circostanza ha determinato la palese ampiezza della rivoluzione. Ma noi sappiamo anche che i soviet esistono da noi e combattono tuttora contro difficoltà immani, causate dall’inadeguato grado di cultura e dal peso che grava da più di un anno su di noi, che restiamo al nostro posto isolati, mentre i nemici ci accerchiano da ogni lato e mentre, voi lo sapete benissimo, sofferenze incredibili, la tortura della fame e tormenti atroci si abbattono su di noi. Compagni, coloro che direttamente o indirettamente si schierano con la borghesia cercano spesso di rivolgersi agli operai e di suscitare la loro indignazione, mostrando a quali gravi sofferenze siano oggi soggetti gli operai. Per parte nostra diciamo che queste sofferenze sono gravi e che noi non ve le nascondiamo. Così noi parliamo agli operai, ed essi lo sanno bene per loro esperienza. Voi vedete che lottiamo per la vittoria del socialismo non soltanto per noi, non soltanto perché i nostri figli si ricordino dei capitalisti e dei grandi proprietari fondiari come di mostri preistorici, ma anche perché gli operai del mondo intero vincano insieme con noi. Il primo congresso dell’Internazionale comunista, il quale ha rivelato che i soviet si conquistano la simpatia degli operai in tutto il mondo, ci mostra che la vittoria della rivoluzione internazionale comunista è assicurata. La borghesia imperverserà ancora in molti paesi, dove si sta accingendo a mandare a morte gli uomini migliori, i migliori rappresentanti del socialismo, come attesta il selvaggio assassinio di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht da parte delle guardie bianche. Non cerchiamo intese con la borghesia, marciamo contro di essa verso la battaglia decisiva, finale, ma sappiamo che, dopo le torture, le sofferenze, le sventure della guerra, nel momento in cui le masse lottano in tutto il mondo per la smobilitazione, si sentono ingannate, capiscono quanto sia gravoso il peso delle imposte a cui le sottopongono i capitalisti, che hanno martoriato decine di milioni di uomini per stabilire chi dovesse ottenere un profitto più alto, noi sappiamo che l’ora della dominazione di questi banditi sta ormai passando! Oggi che la parola “soviet” è diventata chiara per tutti, la vittoria della rivoluzione comunista è assicurata. I compagni presenti in questa sala hanno visto come sia stata fondata la prima repubblica dei soviet, essi vedono oggi come venga fondata la III Internazionale, l’Internazionale comunista, vedranno domani come sarà fondata la repubblica federativa mondiale dei soviet. (Lenin, “La fondazione dell’Internazionale comunista”, 7 marzo 1919, Opere complete vol. 28, Editori Riuniti, pagg. 484-488) Manifesto sovietico per il 5° Anniversario della morte di Lenin 6 il bolscevico / 90° anniversario della morte di Lenin N. 4 - 30 gennaio 2014 Lenin: Discorso di apertura del primo congresso dell’Internazionale Comunista Il proletariato e’ in grado di realizzare il suo dominio Pubblichiamo il discorso di apertura pronunciato da Lenin il 2 marzo 1919 al I Congresso dell’Internazionale Comunista. Il titolo è redazionale. Per incarico del Comitato cen trale del Partito comunista di Rus sia dichiaro aperto il primo con gresso internazionale comunista. E invito subito tutti i presenti ad alzarsi per onorare la memoria dei migliori rappresentanti della III Internazionale: Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Compagni, la nostra assemblea assume un grande significato sto rico mondiale. Essa attesta il falli mento di tutte le illusioni della de mocrazia borghese. In realtà, non soltanto in Russia, ma anche nei paesi capitalistici più progredi ti d’Europa, come ad esempio in Germania, la guerra civile è dive nuta un fatto. La borghesia è presa da fol le spavento dinanzi all’ascesa del movimento rivoluzionario del proletariato. E questo è compren sibile, se si pensa che il corso de gli eventi, dopo la guerra imperia listica, favorisce inevitabilmente il movimento rivoluzionario del proletariato e che la rivoluzione mondiale comincia e si rafforza in tutti i paesi. Il popolo è consapevole del la grandezza e del significato del la lotta che si sta combattendo nell’ora attuale. Basta solo tro vare la forma pratica, che assicu ri al proletariato la possibilità di realizzare il suo dominio. Questa forma è il sistema dei soviet con la dittatura del proletariato. Ditta tura del proletariato! Fino a oggi, per le masse, queste parole erano latino. Ma, in virtù della diffusio ne del sistema dei soviet in tutto il mondo, questo latino viene tra dotto in tutte le lingue moderne; la forma pratica della dittatura è stata scoperta dalle masse operaie. Ed è diventata comprensibile alle gran di masse degli operai per l’affer marsi del potere sovietico in Rus sia, per l’azione degli spartachisti in Germania e delle organizzazio ni analoghe in altri paesi, quali ad esempio gli Shop stewards com mittees in Inghilterra. Tutto questo dimostra che la forma rivoluziona ria della dittatura del proletariato è stata scoperta e che il proletariato è ormai in condizione di realizzare praticamente il suo dominio. Compagni, io penso che, dopo i fatti di Russia, dopo la lotta di gennaio in Germania, sia partico larmente importante rilevare che la forma più moderna del movi mento proletario viene alla luce e prende il sopravvento anche in al tri paesi. Ho letto oggi, ad esem pio, in un giornale antisocialista un dispaccio da cui risulta che il governo inglese ha ricevuto i so viet dei deputati operai di Bir mingham e si è dichiarato pronto a riconoscere i soviet come orga nismi economici. Il sistema sovie tico ha vinto non solo nella Russia arretrata, ma anche nel paese più avanzato d’Europa, in Germania, e nel più vecchio paese capitalisti co, in Inghilterra. Continui pure la borghesia a in fierire, continui ad assassinare mi gliaia di operai! La vittoria è no stra, la vittoria della rivoluzione comunista mondiale è assicurata! Compagni, salutandovi cor dialmente a nome del Comitato centrale del Partito comunista di Russia, vi propongono di passare all’elezione dell’ufficio di presi denza. Vi prego di designare i can didati. (Lenin, “Primo Congresso del l’Internazionale Comunista” - ca pitolo “Discorso di apertura del congresso”, 2 marzo 1919, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 28, pagg. 459-460). Pietrogrado 19 luglio 1920. Lenin interviene alla giornata di apertura dei lavori del II Congresso del Comintern Lenin TESI E RAPPORTO SULLA DEMOCRAZIA BORGHESE E SULLA DITTATURA DEL PROLETARIATO Pubblichiamo le Tesi pro nunciate da Lenin il 4 marzo al I Congresso dell’Internaziona le Comunista e poi approvate dal congresso di fondazione della III Internazionale, svoltosi a Mosca dal 2 al 6 marzo 1919 con la par tecipazione di 52 delegati in rap presentanza di 30 paesi, di cui 34 con voto deliberativo e 18 con voto consultivo. 1. Lo sviluppo del movimento rivoluzionario del proletariato in tutti i paesi ha suscitato gli sforzi convulsi della borghesia e dei suoi agenti nelle organizzazioni opera ie al fine di trovare gli argomen ti politici e ideologici per difende re il dominio degli sfruttatori. Tra questi argomenti vengono messi in particolare rilievo la condanna della dittatura e la difesa della de mocrazia. La falsità e l’ipocrisia di quest’argomentazione, ripetuta in tutti i toni sulla stampa capita listica e alla conferenza dell’Inter nazionale gialla, tenutasi a Berna nel febbraio 1919, sono evidenti per chiunque non voglia tradire i postulati fondamentali del socia lismo. 2. Prima di tutto, in quest’ar gomentazione, si opera con i con cetti di “democrazia in generale” e di “dittatura in generale”, senza che ci si domandi di quale classe si tratta. Impostare così il proble ma, al di fuori o al di sopra del le classi, come si trattasse di tutto il popolo, significa semplicemen te prendersi giuoco della dottrina fondamentale del socialismo, cioè appunto della dottrina della lotta di classe, che viene riconosciuta a parole ma dimenticata nei fatti da quei socialisti che sono passati alla borghesia. In effetti, in nessun pae se civile capitalistico esiste la “de mocrazia in generale”, ma esiste soltanto la democrazia borghese, e la dittatura di cui si parla non è la “dittatura in generale”, ma la ditta tura della classe oppressa, cioè del proletariato, sugli oppressori e su gli sfruttatori, cioè sulla borghesia, allo scopo di spezzare la resistenza che gli sfruttatori oppongono nella lotta per il loro dominio. 3. La storia insegna che nessu na classe oppressa è mai giunta e ha potuto accedere al dominio sen za attraversare un periodo di ditta tura, cioè di conquista del potere politico e di repressione violen ta della resistenza più furiosa, più disperata, che non arretra dinan zi a nessun delitto, quale è quel la che hanno sempre opposto gli sfruttatori. La borghesia, il cui do minio è difeso oggi dai socialisti che si scagliano contro la “dittatu ra in generale” e si fanno in quat tro per esaltare la “democrazia in generale”, ha conquistato il pote re nei paesi progrediti a prezzo di una serie di insurrezioni e guerre civili, con la repressione violenta dei re, dei feudatari, dei proprie tari di schiavi e dei loro tentativi di restaurazione. I socialisti di tut ti i paesi, nei loro libri e opuscoli, nelle risoluzioni dei loro congres si, nei loro discorsi d’agitazione, hanno illustrato al popolo miglia ia e milioni di volte il carattere di classe di queste rivoluzioni bor ghesi, di questa dittatura borghe se. E pertanto, quando oggi si di fende la democrazia borghese con discorsi sulla “democrazia in ge nerale”, quando oggi si grida e si strepita contro la dittatura del pro letariato fingendo di gridare con tro la “dittatura in generale”, non si fa che tradire il socialismo, pas sare di fatto alla borghesia, negare al proletariato il diritto alla propria rivoluzione proletaria, difendere il riformismo borghese nel momen to storico in cui esso è fallito in tutto il mondo e la guerra ha cre ato una situazione rivoluzionaria. 4. Tutti i socialisti, chiarendo il ca rattere di classe della civiltà bor ghese, della democrazia borghe se, del parlamentarismo borghese, hanno espresso la stessa idea che già Marx e Engels avevano espo sto con il massimo rigore scien tifico, dicendo che la repubblica borghese più democratica è soltan to una macchina che permette alla borghesia di schiacciare la clas se operaia, che permette a un pu gno di capitalisti di schiacciare le masse lavoratrici. Non c’è un solo rivoluzionario, non c’è un solo marxista, tra coloro che oggi stre pitano contro la dittatura e a favo re della democrazia, che non giu ri e spergiuri dinanzi agli operai di accettare questa fondamentale verità del socialismo. Ma proprio ora, mentre il proletariato rivolu zionario è in fermento e si muove per distruggere questa macchina di oppressione e per conquistare la dittatura del proletariato, questi traditori del socialismo presentano le cose come se la borghesia aves se regalato ai lavoratori la “demo crazia pura”, come se la borghesia, rinunciando a resistere, fosse di sposta a sottomettersi alla maggio ranza dei lavoratori, come se nella repubblica democratica non ci fos se stata e non ci fosse alcuna mac china statale per l’oppressione del Lenin, seduto sui gradini della tribuna prende appunti durante i lavori del III Congresso del Comintern svoltosi a Mosca (giugno-luglio 1921) 90° anniversario della morte di Lenin / il bolscevico 7 N. 4 - 30 gennaio 2014 lavoro da parte del capitale. 5. La Comune di Parigi, che tutti coloro i quali desiderano pas sare per socialisti onorano a pa role, perché sanno che le masse operaie nutrono per essa una sim patia appassionata e sincera, ha mostrato con singolare evidenza il carattere storicamente conven zionale e il valore limitato del par lamentarismo e della democrazia borghesi, istituzioni sommamen te progressive rispetto al medioe vo, ma che richiedono inevitabil mente una trasformazione radicale nell’epoca della rivoluzione prole taria. Proprio Marx, che ha valu tato meglio di ogni altro la portata storica della Comune, ha mostra to, nel farne l’analisi, il carattere sfruttatore della democrazia bor ghese e del parlamentarismo bor ghese, in cui le classi oppresse si vedono concesso il diritto di deci dere, una volta ogni tanti anni qua le esponente delle classi abbienti dovrà “rappresentare e reprime re” (ver und zertreten) il popolo in parlamento. Proprio oggi, mentre il movimento dei soviet, abbrac ciando il mondo intero, prosegue l’opera della Comune sotto gli oc chi di tutti, i traditori del sociali smo dimenticano l’esperienza e gli insegnamenti concreti della Comune di Parigi, riprendendo il vecchio ciarpame borghese sulla “democrazia in generale’. La Co mune non è stata un’istituzione parlamentare. 6. Il significato della Comu ne sta inoltre nel fatto che essa ha tentato di spezzare, di distrug gere dalle fondamenta l’appara to statale borghese, burocratico, giudiziario, militare, poliziesco, sostituendolo con l’organizzazio ne autonoma delle masse operaie, che non conosceva distinzioni tra il potere legislativo e il potere ese cutivo. Tutte le repubbliche demo cratiche borghesi contemporanee, compresa quella tedesca, che i tra ditori del socialismo a disprezzo della verità definiscono proletaria, mantengono questo apparato sta tale. Viene così confermato ancora una volta, e con assoluta eviden za, che gli strepiti in difesa della “democrazia in generale” sono di fatto una difesa della borghesia e dei suoi privilegi di sfruttatrice. 7. La “libertà di riunione” può es sere presa a modello delle istan ze della “democrazia pura”. Ogni operaio cosciente, che non ab bia rotto con la sua classe, capirà subito che sarebbe assurdo pro mettere la libertà di riunione agli sfruttatori in un periodo e in una situazione in cui gli sfruttatori op pongono resistenza per non essere abbattuti e difendono i propri pri vilegi. La borghesia, quando era rivoluzionaria, sia in Inghilterra nel 1649 che in Francia nel 1793, non ha mai concesso “libertà di ri unione” ai monarchici e ai nobili, che avevano chiamato gli eserciti stranieri e che si “radunavano” per organizzare un tentativo di restau razione. Se la borghesia odierna, che è divenuta già da tempo rea zionaria, esige dal proletariato che esso garantisca preventivamente la “libertà di riunione” agli sfrut tatori, qualunque sia la resistenza opposta dai capitalisti per non es sere espropriati, gli operai posso no soltanto ridere di questa ipocri sia borghese. D’altra parte, gli operai sanno bene che la “libertà di riunione” è una frase vuota persino nella re pubblica borghese più democrati ca, perché i ricchi dispongono di tutti i migliori edifici pubblici e privati, hanno abbastanza tempo per riunirsi e godono della pro tezione dell’apparato borghese del potere. I proletari delle città e della campagna e i piccoli con tadini, cioè la stragrande maggio ranza della popolazione, non han no nessuna di queste tre cose. E, fino a quando la situazione rimar rà immutata l’’“uguaglianza”, cioè la “democrazia pura”, è un ingan no. Per conquistare l’uguaglianza effettiva, per realizzare di fatto la democrazia per i lavoratori, biso gna prima togliere agli sfruttatori tutti gli edifici pubblici e i lussuosi edifici privati, bisogna prima assi curare ai lavoratori tempo libero, bisogna fare in modo che la liber tà delle loro riunioni sia difesa da gli operai armati e non dai nobili e dagli ufficiali capitalisti con i loro soldati abbrutiti. Solo dopo questo cambiamento si potrà parlare di libertà di riunio ne e di uguaglianza, senza che ciò suoni come un insulto agli operai, ai lavoratori, ai poveri. Ma nessu no potrà realizzare questo cambia mento, se non l’avanguardia dei lavoratori, il proletariato, che ab batte gli sfruttatori, la borghesia. 8. Anche la “libertà di stampa” è una delle parole d’ordine fonda mentali della “democrazia pura”. Tuttavia, gli operai sanno, e i so cialisti di tutti i paesi hanno ri conosciuto milioni di volte, che questa libertà è un inganno, fino a quando le migliori tipografie e le immense provviste di carta ri mangono nelle mani dei capitali sti, fino a quando permane sulla stampa il potere del capitale, che si manifesta nel mondo intero in forma tanto più evidente, brutale e cinica, quanto più sono sviluppati la democrazia e il sistema repub blicano, come ad esempio in Ame rica. Per conquistare l’uguaglian za effettiva e la democrazia reale per i lavoratori, per gli operai e i contadini, bisogna prima toglie re al capitale la possibilità di as Pietrogrado. Con l’apertura del II Congresso del Comintern il 19 luglio 1920 viene inaugurato il monumento ai martiri della Comune di Parigi indirettamente la stampa al potere del denaro, in cui niente impedi rà a ciascun lavoratore (o gruppo di lavoratori di qualsivoglia enti tà) di godere in linea di principio e nei fatti dell’uguale diritto di usare le tipografie e la carta appartenenti alla società. 9. La storia dei secoli XIX e XX ha mostrato ancor prima della guerra che cosa sia nei fatti la fa la borghesia. Decine di milioni di uomini sono stati uccisi e persino nelle repubbliche più democrati che è stata instaurata la dittatura militare della borghesia per con sentire al gruppo di milionari o mi liardari tedeschi o inglesi di arric chirsi. Questa dittatura militare è ancora in vigore nei paesi dell’In tesa anche dopo il crollo della Germania. Proprio la guerra, più Lenin e Stalin entrano allo Smolny, quartier generale della Rivoluzione d’Ottobre soldare gli scrittori, di comprare le case editrici e di corrompere i giornali, e, per fare questo, biso gna abbattere il giogo del capita le rovesciare gli sfruttatori, schiac ciare la loro resistenza. I capitalisti hanno sempre chiamato “libertà” la libertà di arricchirsi per i ric chi e la libertà di morire di fame per gli operai. I capitalisti chiama no libertà di stampa la libertà per i ricchi di corrompere la stampa, la libertà di usare le loro ricchez ze per fabbricare e contraffare la cosiddetta opinione pubblica. In realtà i difensori della “democra zia pura” sono i difensori del più immondo e corrotto sistema di do minio dei ricchi sui mezzi d’istru zione delle masse, essi ingannano il popolo, in quanto lo distolgono, con le loro belle frasi seducenti e profondamente ipocrite, dal com pito storico concreto di affrancare la stampa dal suo asservimento al capitale. L’effettiva libertà e ugua glianza si avrà nel sistema costrui to dai comunisti e in cui non ci si potrà arricchire a spese altrui, in cui non ci sarà la possibilità ogget tiva di sottomettere direttamente o migerata “democrazia pura” in re gime capitalistico. I marxisti han no sempre sostenuto che, quanto più la democrazia è sviluppata e “pura”, tanto più diventa pale se e implacabile la lotta di clas se, tanto più il giogo del capitale e la dittatura della borghesia ap paiono nella loro “purezza”. L’af fare Dreyfus nella Francia repub blicana, le sanguinose repressioni di scioperanti ad opera di squadre assoldate e armate dai capitalisti nella libera e democratica repub blica americana, questi e migliaia di altri fatti del genere mettono a nudo quella verità che la borghesia si sforza con ogni cura di nascon dere, la verità che nelle repubbli che più democratiche regnano di fatto il terrorismo e la dittatura della borghesia, i quali si manife stano apertamente ogni volta che agli sfruttatori comincia a sembra re vacillante il potere del capitale. 10. La guerra imperialistica del 1914-1918 ha rivelato definitiva mente, persino agli operai più ar retrati, il reale carattere della de mocrazia borghese anche nelle repubbliche più libere: la demo crazia borghese è la dittatura del d’ogni altra cosa, ha aperto gli oc chi ai lavoratori, ha strappato alla democrazia borghese i suoi orpel li, ha mostrato al popolo quali in genti profitti e speculazioni erano stati fatti durante la guerra e in oc casione della guerra. La borghesia ha fatto questa guerra in nome del la “libertà” e dell’“uguaglianza”, e, in nome della “libertà” e del l’“uguaglianza”, si sono arricchiti favolosamente i fornitori militari. Nessuno sforzo dell’Internazio nale gialla di Berna riuscirà a na scondere alle masse il carattere sfruttatore - ormai definitivamen te smascherato - della libertà bor ghese, dell’uguaglianza borghe se, della democrazia borghese. 11. In Germania, nel paese capi talistico più progredito del conti nente europeo, i primi mesi del la completa libertà repubblicana, apportata dal crollo della Germa nia imperialistica, hanno mostra to agli operai tedeschi e a tutto il mondo in che cosa consista la rea le sostanza di classe della repub blica democratica borghese. L’as sassinio di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg è un fatto di por tata storico-mondiale, non solo perché sono caduti tragicamen te gli elementi migliori e i capi dell’effettiva Internazionale pro letaria comunista, ma anche per ché uno Stato europeo progredito (e, si può dire senza esagerazio ne, uno Stato progredito su scala mondiale) ha rivelato sino in fon do la sua sostanza classista. Se dei cittadini in stato d’arresto, presi cioè dal potere statale sotto la sua protezione, possono essere assas sinati impunemente dagli ufficia li e dai capitalisti, mentre è al po tere un governo di socialpatrioti, da ciò consegue che la repubbli ca democratica dove questo fatto può accadere è una dittatura della borghesia. Chi esprime la sua in dignazione per l’assassinio di Karl Liebknecht e di Rosa Luxemburg ma non comprende questa verità dà prova soltanto della sua ottusi tà o ipocrisia. La “libertà” in una delle repubbliche più democrati che e progredite del mondo, nel la repubblica tedesca, è la libertà di assassinare impunemente i capi del proletariato in stato d’arresto. Né può succedere diversamente, fino a quando sussiste il capitali smo, perché lo sviluppo della de mocrazia non attenua ma acuisce la lotta di classe che, per effetto di tutti i risultati e influssi della guer ra e delle sue conseguenze, giunge al punto cruciale. In tutto il mondo civile i bolsce vichi vengono oggi espulsi, perse guitati, incarcerati: così avviene, per esempio, in Svizzera, cioè in una delle repubbliche borghesi più libere; pogrom antibolscevi chi vengono effettuati in America, ecc. Sotto il profilo della “demo crazia in generale” o della “de mocrazia pura” è persino ridico lo che dei paesi progrediti, civili, democratici, armati fino ai denti, temano la presenza in essi di po che decine di uomini provenienti dalla Russia arretrata, affamata e devastata, che i giornali borghesi, diffusi in decine di milioni di co pie, chiamano selvaggia, crimina le, ecc. È chiaro che la situazione sociale che ha potuto generare una contraddizione così stridente è di fatto la dittatura della borghesia. 12. In questo stato di cose la dit tatura del proletariato è non solo legittima, come mezzo per abbat tere gli sfruttatori e schiacciarne la resistenza, ma assolutamente ne cessaria per tutta la massa dei la voratori, come unica difesa contro la dittatura della borghesia, che ha già portato alla guerra e che prepa ra nuove guerre. Il punto essenziale, che i so cialisti non comprendono e in cui consiste la loro miopia teorica, la loro soggezione ai pregiudizi bor ghesi e il loro tradimento politi co nei confronti del proletariato, è che nella società capitalistica, di fronte all’acuirsi più o meno forte della lotta di classe che ne costitu isce il fondamento, non può dar si alcun termine medio tra la dit tatura della borghesia e la dittatura del proletariato. Ogni sogno d’u na qualsiasi terza via è querimo nia reazionaria piccolo-borghese. Lo attesta anche l’esperienza del lo sviluppo più che secolare della democrazia borghese e del movi mento operaio in tutti i paesi pro grediti e, in particolare, l’espe rienza dell’ultimo quinquennio. Lo afferma inoltre tutta la scien za dell’economia politica, tutto il contenuto del marxismo, il quale chiarisce come in ogni economia di mercato sia economicamente inevitabile la dittatura della bor ghesia, una dittatura che può esse re soppiantata soltanto dalla classe dei proletari, cioè dalla classe che si sviluppa, si moltiplica, si unifi ca e si consolida con lo sviluppo del capitalismo. 13. Un altro errore teorico e politico dei socialisti consiste nell’incomprensione del fatto che le forme della democrazia sono necessariamente cambiate nel cor so dei millenni, fin dai primi ger mi nell’antichità, con il succedersi di una classe dominante all’altra. Nelle antiche repubbliche greche, nelle città del medioevo, nei paesi capitalistici progrediti la democra zia ha assunto forme diverse e un diverso grado d’applicazione. Sa rebbe la peggiore delle assurdità credere che la rivoluzione più pro fonda della storia dell’umanità, il trapasso - compiuto per la prima volta nel mondo - del potere da una minoranza di sfruttatori alla maggioranza degli sfruttati, possa realizzarsi entro il vecchio quadro della vecchia democrazia borghe se parlamentare, possa realizzarsi senza le fratture più radicali, sen za la creazione di nuove forme di democrazia, senza la creazione di nuovi istituti, che ne incarnino le nuove condizioni d’applicazione, ecc. 14. La dittatura del proletaria to è affine alla dittatura delle al tre classi solo in quanto è imposta, come ogni altra dittatura, dalla ne cessità di schiacciare con la vio lenza la resistenza della classe che perde il suo dominio politico. La differenza radicale tra la dittatura del proletariato e la dittatura delle altre classi - la dittatura dei gran di proprietari fondiari nel medio Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI Associato all’USPI ISSN: 0392-3886 Unione Stampa Periodica Italiana chiuso il 22/1/2014 ore 16,00 8 il bolscevico / 90° anniversario della morte di Lenin evo, la dittatura della borghesia in tutti i paesi capitalisti progre diti - è nel fatto che la dittatura dei grandi proprietari fondiari e della borghesia schiacciava con la vio lenza la resistenza della stragran de maggioranza della popolazio ne, cioè dei lavoratori, mentre la dittatura del proletariato schiaccia con la violenza la resistenza de gli sfruttatori, cioè di un’esigua minoranza della popolazione, dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. Deriva di qui, a sua volta, che la dittatura del proletariato deve inevitabilmente portare con sé non solo un mutamento delle for me e degli istituti democratici in generale, ma un mutamento tale che implichi un’estensione senza precedenti dell’effettiva utilizza zione della democrazia da parte di coloro che sono oppressi dal ca pitalismo, da parte delle classi la voratrici. E, in realtà, la forma di dittatu ra del proletariato che è stata già elaborata nella pratica, cioè il po tere sovietico in Russia, il RäteSystem in Germania, gli Shop stewerds committees e altre ana loghe istituzioni sovietiche negli altri paesi, dimostrano tutti e ren dono effettiva per le classi lavora trici, cioè per la stragrande mag gioranza della popolazione, la possibilità di esercitare i diritti e le libertà democratiche, possibili tà che non è mai esistita, nemme no approssimativamente, nelle re pubbliche borghesi migliori e più democratiche. L’essenza del potere sovieti co sta nel fatto che l’intero pote re statale, l’intero apparato statale ha come fondamento unico e per manente l’organizzazione di mas sa proprio di quelle classi che sono state finora oppresse dal capitali smo, cioè degli operai e dei semi proletari (contadini che non sfrut tano il lavoro altrui e che vendono costantemente anche solo una par te della loro forza-lavoro). Proprio queste masse, che persino nelle repubbliche borghesi più demo cratiche, pur avendo uguali dirit ti dinanzi alla legge, sono di fatto escluse in mille modi e con mil le sotterfugi dalla vita politica e dall’esercizio delle libertà e dei di ritti democratici, vengono ora as sociate in modo permanente e ne cessario, ma soprattutto in modo decisivo alla gestione democratica dello Stato. 15. L’uguaglianza dei cittadi ni, indipendentemente dal sesso, dalla religione, dalla nazionali tà, - uguaglianza che la democra zia borghese ha promesso sempre e dappertutto, ma che non ha mai realizzato e potuto realizzare, per manendo il dominio del capita le - viene realizzata subito e inte gralmente dal potere sovietico, o dittatura del proletariato, poiché soltanto il potere degli operai, che non sono interessati alla proprie tà privata dei mezzi di produzio ne e alla lotta per la loro spartizio ne e ripartizione, è in condizione di farlo. 16. La vecchia democrazia, cioè la democrazia borghese, e il parlamentarismo erano organiz zati in modo che proprio le masse dei lavoratori venivano soprattutto estraniate dall’apparato ammini strativo. Il potere sovietico, cioè la dittatura del proletariato, è invece strutturato in modo da avvicina re le masse lavoratrici all’appara to amministrativo. A questo scopo tende anche l’unificazione del po tere legislativo e del potere esecu tivo nell’organizzazione sovietica dello Stato e la sostituzione delle circoscrizioni elettorali territoriali con le unità elettorali fondate sui luoghi di produzione: fabbrica, of ficina, ecc. 17. L’esercito era uno strumen to di oppressione non solo in re Il Bolscevico numero unico del 1970 dedicato al 100° Anniversario della nascita di Lenin gime monarchico. È rimasto tale anche in tutte le repubbliche bor ghesi, persino nelle più democrati che. Solo il potere sovietico, come organizzazione statale permanente delle classi oppresse dal capitali smo, ha la possibilità di sopprime re la subordinazione dell’esercito al comando borghese e di fonde re realmente il proletariato con l’esercito, di realizzare l’effetti vo armamento del proletariato e il disarmo della borghesia, senza di che è impossibile la vittoria del so cialismo. 18. L’organizzazione sovie tica dello Stato è adatta alla fun zione dirigente del proletariato, come classe che il capitalismo ha maggiormente concentrato e istru ito. L’esperienza di tutte le rivolu zioni e di tutti i movimenti delle classi oppresse, l’esperienza del movimento socialista mondiale ci insegna che soltanto il proletariato è in condizione di unirsi e guida re gli strati dispersi e arretrati del la popolazione lavoratrice e sfrut tata. 19. Soltanto l’organizzazione sovietica dello Stato può realmen te spezzare di colpo e distruggere definitivamente il vecchio appa rato, cioè l’apparato burocratico e giudiziario borghese, che è rima sto e doveva necessariamente ri manere intatto in regime capitali stico persino nelle repubbliche più democratiche, poiché era di fatto il maggiore ostacolo alla realiz zazione della democrazia per gli operai e per i lavoratori. La Comu ne di Parigi ha fatto il primo pas so su questa strada, un passo che ha una portata storica mondiale; il potere sovietico ha fatto il secon do passo. 20. La soppressione del potere dello Stato è il fine che tutti i so cialisti, e Marx per primo, si sono posti. Se non si raggiunge que sto obiettivo, non si può realiz zare la vera democrazia, cioè l’u guaglianza e la libertà. Ma verso questa mèta può condurre nella pratica soltanto la democrazia so vietica, o proletaria, poiché essa, facendo partecipare in modo per manente e necessario le organiz zazioni di massa dei lavoratori alla gestione dello Stato, comin cia a preparare immediatamente la completa estinzione di ogni Stato. 21. Il totale fallimento dei so cialisti riuniti a Berna, la loro completa incomprensione della nuova democrazia proletaria risul ta evidente da quanto segue. Il 10 febbraio 1919 Branting ha chiuso a Berna la conferenza dell’interna zionale gialla. L’11 febbraio 1919, a Berlino, Die Freiheit, giorna le degli aderenti a quest’interna zionale, pubblicava un appello del partito degli “indipendenti” al proletariato. Nell’appello si rico nosceva il carattere borghese del governo Scheidemann, a cui si fa ceva rimprovero di voler abolire i soviet, definiti Trager un Schutzer der Revolution, portatori e custodi della Rivoluzione, e si proponeva di legalizzare i soviet, di concede re a essi diritti statali, il diritto di sospendere le decisioni dell’As semblea nazionale e fare ricorso al referendum popolare. Questa proposta rivela il com pleto fallimento ideologico dei teorici che difendono la democra zia senza capirne il carattere bor ghese. Il ridicolo tentativo di col legare il sistema dei soviet, cioè la dittatura del proletariato, con l’Assemblea nazionale, cioè con la dittatura della borghesia, sma schera sino in fondo la povertà di pensiero dei socialisti e socialde mocratici gialli, il loro spirito poli tico reazionario di piccoli borghe si, le loro pusillanimi concessioni alla forza della nuova democrazia proletaria che si sviluppa in modo incontenibile. 22. Nel condannare il bolscevi smo, la maggioranza dell’interna zionale gialla di Berna, che, per ti more delle masse operaie, non si era decisa ad approvare formal mente su questo problema una ri soluzione, ha agito correttamente dal punto di vista di classe. Pro prio questa maggioranza è piena mente solidale con i menscevichi e con i socialisti-rivoluzionari rus si, nonché con gli Scheidemann in Germania. I menscevichi e i so cialisti-rivoluzionari russi, lamen tandosi di essere perseguitati dai bolscevichi, cercano di nascon dere il fatto che tali persecuzioni sono causate dalla partecipazio ne dei menscevichi e dei sociali sti-rivoluzionari alla guerra civile dalla parte della borghesia contro il proletariato. Proprio nello stes so senso si sono mossi in Germa nia gli Scheidemann e il loro par tito partecipando alla guerra civile dalla parte della borghesia contro gli operai. È quindi assolutamente na turale che la maggioranza degli aderenti all’internazionale gial la di Berna si sia pronunciata per la condanna dei bolscevichi. Si è avuta qui non la difesa della “de mocrazia pura”, ma l’autodifesa di chi sa e sente che nella guerra ci vile si schiererà con la borghesia contro il proletariato. Ecco perché, da un punto di vista di classe, non si può non ri tenere giusta la decisione della maggioranza dell’internazionale gialla. Il proletariato deve guarda re in faccia la verità, senza temer la, e deve trarre tutte le conclusio ni politiche che si impongono. Compagni, vorrei aggiungere qualcosa sugli ultimi due punti. Ritengo che i compagni incarica ti di tenere il rapporto sulla con ferenza di Berna ci parleranno più diffusamente su questo tema. Durante tutta la conferenza di Berna non è stata detta una sola parola sul significato del potere sovietico. Sono ormai due anni che dibattiamo questo problema in Russia. Nell’aprile del 1917, alla conferenza del partito, aveva mo già posto, sul piano teorico e politico, il problema: “Che cos’è il potere sovietico, quale ne è il contenuto, in che cosa consiste la sua portata storica?’. Da circa due anni ormai dibattiamo questo pro blema, e il congresso del nostro partito ha già approvato al riguar do una risoluzione. La Freiheit berlinese ha pub blicato l’11 febbraio un appello al proletariato tedesco, sottoscrit to non solo dai leaders dei social democratici indipendenti in Ger mania, ma anche da tutti i membri della frazione degli indipenden ti. Nell’agosto del 1918, Kautsky, che è il teorico più autorevole di questi indipendenti, nell’opusco lo intitolato La dittatura del pro letariato si è proclamato fautore della democrazia e degli organi sovietici, soggiungendo che que sti ultimi devono svolgere una funzione esclusivamente econo mica e non essere affatto ricono sciuti come organizzazioni sta tali. Kautsky ripete la stessa tesi nella Freiheit dell’11 novembre e del 12 gennaio. Il 9 febbraio ap pare un articolo di Rudolf Hilfer ding, che è anch’egli considerato uno dei maggiori teorici della II Internazionale. Hilferding propo ne di unificare legislativamente, Il Bolscevico n. 40 del 2007 dedicato al 90° Anniversario della Rivoluzione d’Ottobre N. 4 - 30 gennaio 2014 per mezzo della legislazione stata le, il sistema dei soviet e l’Assem blea nazionale. Questo accade il 9 febbraio. L’11 dello stesso mese la proposta viene approvata da tutto il partito degli indipendenti e pub blicata sotto forma di appello. Ma, sebbene l’Assemblea na zionale già esista, persino dopo che la “democrazia pura” è diven tata una realtà, dopo che i più au torevoli teorici dei socialdemocra tici indipendenti hanno dichiarato che le organizzazioni sovietiche non devono essere organizzazioni statali, nonostante tutto questo, si hanno di nuovo esitazioni! Ciò di sono un indice degli stati d’animo degli strati arretrati del proletaria to. Sta qui, a mio giudizio, la gran de importanza storica di questo conferenza. Abbiamo sperimenta to qualcosa di analogo nella nostra rivoluzione. I nostri menscevichi hanno percorso quasi lo stesso iti nerario seguito dai teorici degli in dipendenti in Germania. Dappri ma, quando nei soviet avevano la maggioranza, erano favorevoli ai soviet. Allora si sentiva grida re soltanto: “Viva i soviet!”, “Sia mo per i soviet!”, “I soviet sono la democrazia rivoluzionaria!’. Ma, quando in seno ai soviet la mag Il Bolscevico n. 3 del 2004 dedicato all’80° Anniversario della morte di Lenin mostra che questi signori non han no capito un bel niente del nuovo movimento e delle condizioni in cui si svolge la sua lotta. Ma ciò dimostra anche un’altra cosa, di mostra cioè che devono esistere condizioni e motivi da cui le esi tazioni sono provocate! Dopo tutti questi fatti, dopo circa un biennio di rivoluzione vittoriosa in Rus sia, nel momento in cui ci vengo no proposte risoluzioni nelle quali non si parla affatto dei soviet e del loro significato, risoluzioni come quelle approvate alla conferenza di Berna, dove nessun delegato ha detto una sola parola a questo pro posito, possiamo affermare con pieno diritto che tutti questi signo ri sono morti per noi come sociali sti e come teorici. Ma sul piano pratico, sul terre no politico, si ha qui, compagni, la riprova che tra le masse si sta operando un grande spostamento, se è vero che gli indipendenti, già contrari in linea teorica e di prin cipio a queste organizzazioni sta tali, propongono d’improvviso una stoltezza come la “pacifica” combinazione dell’Assemblea na zionale con il sistema dei soviet, cioè la combinazione della ditta tura della borghesia con la ditta tura del proletariato. Noi vediamo come essi abbiano fatto fallimento sul terreno del socialismo e della teoria, noi vediamo quale immen so cambiamento si stia operando tra le masse. Le masse arretrate del proletariato tedesco vengono a noi, sono già venute a noi! L’im portanza del partito indipenden te dei socialdemocratici tedeschi, cioè della parte migliore della conferenza di Berna, è quindi pari a zero sotto il profilo della teoria e del socialismo; a esso rimane tuttavia una qualche importanza nel senso che gli elementi esitanti gioranza è passata a noi bolscevi chi, allora essi hanno intonato al tre canzoni: i soviet non devono coesistere con l’Assemblea costi tuente. E i diversi teorici mensce vichi hanno formulato proposte come quella di fondere il sistema dei soviet con l’Assemblea costi tuente e di inserire i soviet nell’or ganizzazione statale. Qui si mani festa ancora una volta che il corso generale della rivoluzione proleta ria è identico in tutto il mondo. Si ha all’inizio la costituzione spon tanea dei soviet, viene poi la loro estensione e il loro sviluppo, si pone quindi nella pratica il proble ma: soviet o Assemblea naziona le, soviet o Assemblea costituente, soviet o parlamentarismo borghe se; allo smarrimento completo dei leader segue, infine, la rivoluzio ne proletaria. Ritengo tuttavia che dopo circa due anni di rivoluzio ne non dobbiamo impostare così il problema, ma presentare soluzio ni concrete, poiché la diffusione del sistema dei soviet è per noi, e in particolare per la maggior par te dei paesi europei occidentali, il compito più importante. Vorrei citare qui una sola riso luzione dei menscevichi. Ho pre gato il compagno Obolenski di tradurla in tedesco. Si era impe gnato a farlo, ma, purtroppo, ora è assente. Cercherò di citare a me moria, dato che non dispongo del testo integrale della risoluzione. Uno straniero che non abbia mai sentito parlare del bolsce vismo stenterebbe molto a farsi un’opinione sulle nostre questioni controverse. I menscevichi nega no tutte le cose che i bolscevichi affermano, e viceversa. Natural mente, nel corso della lotta non può accadere altrimenti, ed è quin di molto importante che l’ultima conferenza del partito menscevi 90° anniversario della morte di Lenin / il bolscevico 9 N. 4 - 30 gennaio 2014 co, tenuta nel dicembre 1918, ab bia approvato una risoluzione lun ga e particolareggiata, pubblicata integralmente nella menscevica Gazieta peciatnikov. Nella riso luzione i menscevichi espongono succintamente la storia della lotta di classe e della guerra civile. Essi dicono che condannano quei grup pi del loro partito che sono lega ti alle classi possidenti negli Urali, nel sud, in Crimea, in Georgia, ed enumerano tutte queste regioni. I gruppi del partito menscevico che, in alleanza con le classi abbienti, sono andati contro il potere sovie tico vengono oggi condannati nel la risoluzione, ma l’ultimo punto del documento condanna anche quelli che sono passati ai comu nisti. Ed ecco la conseguenza: i menscevichi sono costretti a rico noscere che nel loro partito non c’è unità e che essi sono o dalla parte della borghesia o dalla parte del proletariato. La maggior parte dei menscevichi si è schierata con la borghesia e durante la guerra ci vile ha combattuto contro di noi. Naturalmente, noi perseguitiamo i menscevichi, e arriviamo perfi no a fucilarli, quando, nella guerra contro di noi, si battono contro il nostro Esercito rosso e fucilano i nostri comandanti rossi. Alla guer ra della borghesia rispondiamo con la guerra del proletariato: non ci può essere un’altra soluzione. Così, sul piano politico, tutto que sto non è che ipocrisia menscevi ca. È storicamente incomprensi bile che alla conferenza di Berna degli individui, non dichiarati uffi cialmente pazzi, abbiamo parlato, per incarico dei menscevichi e dei socialisti-rivoluzionari, della lotta dei bolscevichi contro di loro, ma non abbiamo fatto parola della lot ta combattuta dai menscevichi in alleanza con la borghesia contro il proletariato. Tutti costoro sono accaniti con tro di noi perché li perseguitiamo. È vero. Ma essi non fanno il mini mo accenno alla loro diretta parte cipazione alla guerra civile! Credo che dovrò consegnare per la reda zione degli atti il testo integrale della risoluzione, e invito i com pagni stranieri a rivolgere la loro attenzione su questo documento, perché si tratta di un documen to storico, nel quale la questione è posta in termini esatti e che forni sce il materiale migliore per valu tare la controversia delle correnti “socialiste” in Russia. Tra il pro letariato e la borghesia c’è ancora una classe di uomini che si sposta no ora da una parte ora dall’altra; così è avvenuto sempre, in tutte le rivoluzioni; ed è assolutamente impossibile che nella società ca pitalistica, dove il proletariato e la borghesia sono due campi nemici, non esistano strati intermedi. L’e sistenza di questi elementi tenten nanti è storicamente inevitabile, e, purtroppo, esisteranno ancora ab bastanza a lungo elementi i quali non sanno essi stessi da che parte si batteranno domani. Voglio formulare una propo sta pratica: che si approvi cioè una risoluzione in cui devono esse re specificamente sottolineati tre punti. Primo punto: uno dei compiti più importanti per i compagni dei paesi europei occidentali è quello di chiarire alle masse il significato, la portata e la necessità del sistema dei soviet. Si registra al riguardo una comprensione inadeguata. Se Kautsky e Hilferding, come teori ci, hanno fatto fallimento, i più re centi articoli della Freiheit dimo strano tuttavia che essi esprimono Il Bolscevico n. 3 del 2007 dedicato all’83° Anniversario della morte di Lenin esattamente gli stati d’animo dei reparti arretrati del proletariato te desco. Anche a noi è accaduta la stessa cosa: nei primi otto mesi di rivoluzione il problema dell’or ganizzazione sovietica era da noi molto dibattuto, e gli operai non vedevano con chiarezza in che cosa consistesse il nuovo sistema e se con i soviet si potesse costi tuire l’apparato statale. Nella no stra rivoluzione non siamo anda ti avanti sul piano teorico ma sul terreno della pratica. Per esem pio, noi non avevamo posto prima teoricamente il problema dell’As semblea costituente e non aveva mo dichiarato che non avremmo riconosciuto tale Assemblea. Solo più tardi, quando le organizzazio ni sovietiche si sono diffuse in tut to il paese e hanno conquistato il potere politico, abbiamo deciso di scioglere l’Assemblea costituente. Oggi vediamo che in Ungheria e in Svizzera la questione è diven tata molto più acuta. Da una par te, è un gran bene: noi ricaviamo di qui il saldo convincimento che la rivoluzione avanzerà più rapi damente e ci recherà vittorie più grandi negli Stati europei occiden tali. Dall’altra parte, è qui racchiu so un pericolo, il pericolo cioè che la lotta si svolga con tanto impeto che la coscienza delle masse ope raie non potrà tener dietro a quel ritmo di sviluppo. Il significato del sistema dei soviet è tuttora poco chiaro per grandi masse di operai tedeschi politicamente preparati, poiché essi sono stati educati nello spirito del parlamentarismo e dei pregiudizi borghesi. Secondo punto: la diffusio ne del sistema dei soviet. Quan do apprendiamo con quale rapi dità si stia diffondendo l’idea dei soviet in Germania e anche in In ghilterra, questa è per noi la di mostrazione più importante del fatto che la rivoluzione proleta ria trionferà. Solo per breve tem po se ne potrà frenare l’avanzata. È però diverso quando i compagni Albert e Platten ci dicono che da loro, nelle campagne, fra gli ope rai agricoli e i piccoli contadini, i soviet quasi non esistono. Ho letto nella Rote Fahne un articolo con tro i soviet contadini, ma del tutto giustamente favorevole ai soviet di salariati agricoli e contadini po veri. La borghesia e i suoi vallet ti, come Scheidemann e soci, han no già lanciato la parola d’ordine dei soviet contadini. Ma a noi oc corrono soltanto i soviet di salaria ti agricoli e contadini poveri. Pur troppo, dai rapporti dei compagni Albert, Platten e di altri compagni possiamo rilevare che, se si eccet tua l’Ungheria, si fa ancora molto poco per estendere il sistema dei soviet nelle campagne. È forse qui racchiuso un pericolo pratico ab bastanza grave per il proletaria to tedesco nel conseguimento di una vittoria sicura. La vittoria può considerarsi assicurata solo quan do verranno organizzati non sol tanto gli operai di città, ma anche i proletari agricoli, e solo quando essi saranno organizzati, non in sindacati e cooperative, come pri ma, ma in soviet. La nostra vittoria è stata più facile perché, nell’otto bre 1917, ci siamo messi insieme con i contadini, con tutti i conta dini. In questo senso la nostra ri voluzione era allora borghese. Il primo atto del nostro governo pro letario è consistito nel riconosce re, in una legge emanata dal nostro governo il 26 ottobre (secondo il vecchio calendario) 1917, l’indo mani della rivoluzione, le vecchie rivendicazioni di tutti i contadi ni, già espresse ancora sotto Ke renski dai soviet e dalle assemblee dei contadini. Ecco in che cosa è consistita la nostra forza, ecco per ché ci è stato tanto facile conqui stare la stragrande maggioranza. Per la campagna la nostra rivolu zione continuava a essere borghe se, e solo più tardi, dopo sei mesi, siamo stati costretti a iniziare, nel quadro dell’organizzazione stata le, la lotta di classe nelle campa gne, a costituire in ogni villaggio i comitati di contadini poveri, se miproletari, e a combattere meto dicamente la borghesia agricola. Da noi ciò è stato inevitabile, a causa dell’arretratezza della Rus sia. In Europa occidentale le cose andranno diversamente, e pertan to noi dobbiamo sottolineare che l’estensione del sistema dei soviet anche tra la popolazione agricola, in forme adeguate e forse nuove, è assolutamente necessaria. Terzo punto: dobbiamo dire che la conquista della maggioran za da parte dei comunisti nei so viet è il compito principale in tut ti i paesi in cui il potere sovietico non ha ancora vinto. La nostra commissione per le risoluzioni ha esaminato ieri questo problema. Forse altri compagni si sofferme ranno ancora su questo tema, ma io vorrei proporre di approvare questi tre punti in una risoluzione speciale. Ovviamente, non siamo in condizione di prescrivere una via di sviluppo. È assai probabi le che in molti paesi dell’Europa occidentale la rivoluzione si rea lizzi molto presto. Ma noi, come reparto organizzato dalla classe operaia, come partito, tendiamo e dobbiamo tendere a conquistare la maggioranza nei soviet. Allora la nostra vittoria sarà assicurata, e nessuna forza sarà capace di pren dere iniziative contro la rivoluzio ne comunista. In caso contrario, la vittoria non sarà né facile né dure vole. Vorrei quindi proporre di ap provare questi tre punti in una ri soluzione a sé stante. (Lenin, “Primo Congresso del l’Internazionale Comunista” Capitolo “Tesi e Rapporto sulla democrazia borghese e sulla dit tatura del proletariato”, 4 marzo 1919, Opere complete, Editori Ri uniti, vol. 28, pagg. 461-477) Lenin: Conquistato e registrato Il potere sovietico avanza come un torrente di milioni di proletari Pubblichiamo l’articolo scritto da Lenin il 5 marzo 1919 e pubblicato sulla Pra vda, n. 51 del 6 marzo 1919. Il titolo è redazionale. Lenin durante i lavori del II Congresso del Comintern (luglio-agosto 1920) Nella rivoluzione è duraturo solo ciò che è stato conquistato dalle masse del proletariato. Meri ta di essere registrato solo ciò che è stato conquistato in modo real mente duraturo. La fondazione della III Interna zionale, dell’Internazionale comu nista, a Mosca, il 2 marzo 1919, è stata la registrazione di ciò che hanno conquistato le masse non solo russe, non solo di Russia, ma anche tedesche, austriache, unghe resi, finlandesi, svizzere, in breve, le masse proletarie internazionali. E appunto per questo è una cosa stabile la fondazione della III Internazionale, la fondazione dell’Internazionale comunista. Solo quattro mesi fa non si po teva ancora dire che il potere so vietico, la forma sovietica dello Stato, era una conquista interna zionale. In quel potere era impli cito qualcosa, e qualcosa di so stanziale, che non apparteneva soltanto alla Russia, ma a tutti i paesi capitalistici. E tuttavia non si poteva ancora dire, prima della ve rifica dei fatti, quali modificazio ni, di quale portata e profondità, avrebbe recato l’ulteriore sviluppo della rivoluzione mondiale. La rivoluzione tedesca ha for nito questa verifica. Un paese ca pitalistico progredito - dopo uno dei paesi più arretrati - ha mostra to al mondo intero, in un breve pe riodo di tempo, in poco più di cen to giorni, non solo le stesse forze fondamentali della rivoluzione, non solo la sua stessa direzione fondamentale, ma anche la stessa forma fondamentale della nuova democrazia proletaria: i soviet. In pari tempo, in Inghilterra, in un paese vincitore, nel paese più ricco di colonie, nel paese che più di ogni altro era e aveva fama di essere un modello di “pace socia le”, nel paese capitalistico più an tico, registriamo un vasto, incon tenibile, divampante e poderoso sviluppo dei soviet e delle nuove forme sovietiche della lotta prole taria di massa; gli Shop stewards committees, i comitati dei delegati di fabbrica. In America, nel paese capita listico più giovane e forte, si ri scontra un’immensa simpatia del le masse operaie per i soviet. Il ghiaccio è rotto. I soviet hanno vinto in tutto il mondo. Hanno vinto anzitutto e soprat tutto nel senso che si sono con quistati la simpatia delle masse proletarie. Questo è l’essenziale. Nessuna atrocità della borghesia imperialistica, nessuna persecu zione, nessun assassinio di bol scevichi potrà strappare alle mas se questa conquista. Quanto più la borghesia “democratica” infierirà, tanto più durature saranno queste conquiste nell’animo delle masse proletarie, nei loro sentimenti, nel la loro coscienza, nella loro eroica volontà di lotta. Il ghiaccio è rotto. Ecco perché il lavoro della conferenza internazionale comu nista di Mosca, che ha fondato la III Internazionale, si è svolto così agevolmente, senza impacci, con tanta serenità e fermezza. Abbiamo registrato ciò che era stato conquistato. Abbiamo trascritto sulla carta ciò che era già radicato nella coscienza delle masse. Tutti sapevano (anzi tutti vedevano, sentivano, percepiva no, ognuno in base all’esperienza del suo paese) che stava divam pando un movimento proletario nuovo, che non aveva preceden ti per forza e profondità, che non si sarebbe adattato a nessuna delle vecchie cornici, che non sarebbe stato frenato né dai grandi maestri del meschino politicantismo, né dai Lloyd George e dai Wilson del capitalismo “democratico” angloamericano, noti a tutto il mondo per la loro perizia e abilità, né dai Renaudel, Henderson, Branting e da tutti gli altri eroi del socialscio vinismo, che ne hanno fatto di cot te e di crude. Il nuovo movimento avanza verso la dittatura del proletaria to, nonostante tutte le oscillazioni, nonostante le più gravi sconfitte, nonostante l’inaudito e inverosi mile caos “russo” (se si giudica dall’esterno, dal di fuori), avanza verso il potere sovietico con la for za di un torrente di milioni e deci ne di milioni di proletari che tutto travolge nel suo corso. Abbiamo registrato tutto que sto. Nelle nostre risoluzioni, tesi, rapporti e discorsi si è fissato quanto è già stato conquistato. La teoria del marxismo, illu minata dalla viva luce della nuo va esperienza degli operai rivo luzionari, arricchita dall’apporto di tutto il mondo, ci ha aiutato a capire che tutto si svolge secondo certe leggi. Essa aiuterà i proletari del mondo intero che combattono per distruggere la schiavitù sala riata capitalistica a prendere chia ra coscienza dei fini della loro lot ta, a procedere con più fermezza per la via già tracciata, a vincere in modo più sicuro e stabile e a con solidare la vittoria. La fondazione della III Interna zionale, dell’Internazionale comuni sta, è il preludio della repubblica in ternazionale dei soviet, della vittoria internazionale del comunismo. 5 marzo (Lenin, “Conquistato e re gistrato”, 5 marzo 1919, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 28, pagg. 481-483) 10 il bolscevico / rappresentanza sindacale N. 4 - 30 gennaio 2014 Le contraddizioni del leader della Fiom Landini accusa la Camusso di non essere democratica. Però ha firmato il suo documento congressuale Respingere l’accordo capitolazionista sulla rappresentanza, appoggiare la mozione 2 e sconfiggere la destra della Camusso al XVII congresso della Cgil Una dura lettera di Maurizio Landini a Susanna Camusso, in cui il leader della Fiom accusa il segretario della Cgil di violazione della democrazia sindacale, ha aperto improvvisamente una grossa crepa nell’alleanza tra i due, che si erano accordati insieme al leader della corrente “Lavoro e società”, Nicola Nicolosi, per presentarsi al prossimo congresso della CGIL con le nuove cariche già spartite a tavolino e con una mozione unitaria saldamente ancorata a destra: la mozione 1, “Il lavoro decide il futuro”, a cui si contrappone solo la mozione 2 “Il sindacato è un’altra cosa”, mozione alternativa più a sinistra e che anche il PMLI appoggia. La causa che ha fatto scoppiare la contraddizione e riacceso la battaglia congressuale è stata la firma da parte della Cgil il 10 gennaio scorso, insieme a Cisl, Uil e Confindustria, del “Testo unico sulla rappresentanza”, ovvero del regolamento attuativo dell’accordo padroni-sindacati confederali del 31 maggio 2013 sulla rappresentanza sindacale, che recepiva a sua volta i principi contenuti nell’accordo interconfederale, capitolazionista e collaborazionista del 28 giugno 2011 su contrattazione e rappresentanza, firmato sotto l’egida del governo neofascista BerlusconiTremonti e in pieno attacco mussoliniano del nuovo Valletta della Fiat, Marchionne, ai diritti sindacali e costituzionali dei lavoratori. Un testo, cioè, che chiudendo il lungo processo iniziato col famigerato accordo separato del 2009 tra la Confindustria e i crumiri Bonanni e Angeletti, a cui si è poi unita anche la leader della destra della Cgil, disegna nero su bianco il nuovo modello di sindacato neocorporativo e collaborazionista conforme all’articolo 39 della Costituzione borghese: modello che liquida i contratti collettivi in favore di quelli territoriali e aziendali, legalizza solo i sindacati filopadronali e collaborazionisti mettendo praticamente fuorilegge i “sindacati di base” e il dissenso sindacale, consente alle aziende di derogare dalle regole contrattuali per qualsiasi esigenza produttiva e di mercato, limita fortemente il diritto di sciopero e gli altri diritti sindacali, e prevede pesanti sanzioni pecuniarie e normative a carico di chi si ribella. Nella sua lettera indirizzata a Camusso a nome della segreteria della Fiom, Landini protestava per aver “appreso della firma, da parte del segretario della Cgil, di un accordo definito ‘Testo unico sulla rappresentanza Confindustria-Cgil, Cisl, Uil’ con una serie di contenuti mai discussi in nessun organismo dirigente della nostra organizzazione”. A suo dire, infatti, quel testo rappresenterebbe un “nuovo accordo” rispetto a quello (anche da lui firmato) del 31 maggio 2013, in particolare perché “prevede sanzioni verso le organizzazioni sindacali o i lavoratori eletti, introduce l’arbitrato interconfederale in sostituzione dell’autonomia delle singole categorie e compaiono elementi che configurano una concezione proprietaria dei diritti sindacali, di fatto limitano le libertà sindacali in contrasto con la recente sentenza della Corte costituzionale sulla Fiat”. Il segretario Fiom chiedeva pertanto una riunione urgente del Direttivo nazionale Cgil, un referendum tra gli iscritti “vincolante con il voto certificato” a norma dello statuto della confederazione, “la sospensione della firma fino all’esito finale della consultazione” e la convocazione di assemblee sui luoghi di lavoro per far conoscere a tutti e discutere i contenuti dell’accordo. Estensione a tutti del modello Marchionne Landini si riferiva alle clausole del “Testo unico” che, al fine di garantire l’“esigibilità” estesa a tutti dei contratti collettivi e aziendali firmati anche solo dal 50%+1 dei sindacati ammessi alla trattativa (in pratica il modello Marchionne applicato a Pomigliano con il consenso solo di Fim e Uilm, giudicato incostituzionale dalla Consulta), prevedono forti sanzioni pecuniarie e di sospensione dei diritti sindacali per chi non si adegua e ricorre a lotte e scioperi; sanzioni stabilite da un “collegio arbitrale paritetico” composto da un rappresentante per ogni sindacato firmatario e da altrettanti rappresentanti della Confindustria, più un consulente esterno con la funzione di presidente: vale a dire da parte di un comitato in cui i padroni e i sindacalisti collaborazionisti rappresentano la stragrande maggioranza, tanto che se fosse stato in vigore durante la vertenza Fiat, la Fiom avrebbe dovuto rassegnarsi a capitolare o essere punita in tutta legalità con forti multe e la perdita dei diritti sindacali. Camusso, forte dell’appoggio dei segretari delle altre federazioni, come Fillea (edili), Filctem (elettrici, chimici, tessili) e Filcams (commercio), per i quali il “Testo unico” è del tutto “coerente” con gli accordi già stipulati, gli ha ribattuto a muso duro che le sue erano paure infondate, e che invece quella intesa “di straordinaria importanza” apre “una nuova stagione, dove imprese e governo non hanno più la libertà di decidere e scegliere il sindacato con cui fare accordi”. Il Comitato direttivo della Cgil si è poi tenuto il 17 gennaio, e come previsto, Landini ne è uscito sconfitto per 95 voti contro 13, ammonendo però i vincitori che “una cosa così nei luoghi di lavoro non passerà mai” e annunciando che la Fiom non si sentirà vincolata da questo risultato se l’accordo sulla rappresentanza non sarà sottoposto al voto dei lavoratori, o almeno degli iscrit- ti alla Cgil. Anzi, ha alzato i toni dello scontro denunciando che “il modo in cui è stata gestita la vicenda è grave, perché non si mette il Direttivo di fronte ad un accordo già firmato”, e che tutto questo “vuol dire che c’è anche un problema di democrazia nella Cgil, si rende evidente che c’è anche una crisi democratica della Cgil”. La minoranza di sinistra della mozione congressuale alternativa guidata da Cremaschi si era rifiutata di partecipare al voto in Direttivo, giudicandolo contrario allo statuto in quanto la firma della Camusso era illegittima e annunciando che adirà alle vie formali per farlo rispettare. Perché Landini si sveglia solo ora? Naturalmente Landini ha ragioni da vendere nell’indignarsi e nel denunciare il metodo arrogante e antidemocratico con cui la la Camusso ha firmato e preteso di imporre a cose già fatte e senza discussione questo regolamento di inaudita gravità, che stravolge la natura stessa del sindacato riducendolo ad un’appendice obbediente del padronato. Così come non si può che convenire con lui che le clausole sull’“esigibilità” dei contratti firmati solo dai sindacati maggioritari, con le inaudite sanzioni contro i sindacati che non li accettano e si rifiutano di rinunciare a lotte e scioperi, “è la conferma e l’estensione di fatto a tutte le aziende del modello Pomigliano di Fiat”. Quello che però contestiamo al segretario della Fiom è che se ne sia reso conto solo adesso, dopo aver già mandato giù da tempo sia l’accordo del 28 giugno 2011 che quello del 31 maggio 2013, accordi di cui il “Testo unico sulla rappresentanza” che ora egli contesta non è altro che il regolamento attuativo finale. Al punto da aver firmato d’amore e d’accordo la mozione congressuale unitaria della Camusso, che tra le varie cose recita anche: “L’accordo del 28 giugno 2011, al di là dei diversi giudizi, impegna tutta l’organizzazione e non è scindibile dall’accordo del 31 maggio 2013. Accordo positivo, frutto dell’iniziativa di tutta la Cgil, che rappresenta un significativo cambiamento nel sistema di regole e di rappresentanza per la contrattazione e su cui tutta l’organizzazione è impegnata a garantirne l’esigibilità”. È singolare perciò che Landini si metta a fare la bella addormentata nel bosco scandalizzandosi perché i suddetti principi capitolazionisti e collaborazionisti che anche lui aveva sottoscritto convintamente sono stati ora semplicemente messi nero su bianco in un regolamento attuativo. Che cosa si aspettava, che la Confindustria e i sindacalisti crumiri al suo servizio permanente effettivo Bonanni e Angeletti, si conten- tassero dei soli principi enunciati negli accordi del 28 giugno e del 31 maggio senza pretendere poi la loro attuazione pratica? Possibile che solo il paio di punti da lui denunciati siano da rigettare e tutto il resto del documento e gli accordi che lo hanno preparato vadano bene? A meno che Landini non sperasse che le cose andassero più per le lunghe, quantomeno a dopo il congresso della Cgil, e che arrivasse prima Renzi, con cui sta coltivando un asse privilegiato, a levargli le castagne dal fuoco con una legge sulla rappresentanza inserita nel suo “Jobs act”, e magari dopo averlo aiutato a prendere il posto della Camusso. A quel punto avrebbe potuto presentare ai lavoratori la legge sulla rappresentanza, ispirata agli stessi principi neocorporativi e collaborazionisti dell’articolo 39 della Costituzione e dell’accordo del 31 maggio, ma spacciandola come un’iniziativa autonoma del sindacato e della “sinistra” borghese, e non come una pretesa imposta dai padroni a sindacati accucciati come appare in tutta evidenza adesso. In altre parole il leader della Fiom si deve essere sentito improvvisamente scoperto a sinistra da un accordo tanto infame, e temendo di passare alla storia come corresponsabile della sua accettazione insieme alla destra della Camusso, ha cercato di prendere le distanze all’ultimo minuto per salvare la faccia e la reputazione di “sinistra”, già abbastanza compromesse dai suoi continui cedimenti a destra e dal recente feeling col berluschino democristiano Renzi. È molto probabile, perciò, che la sua sia solo un’opposizione tat- tica e di facciata, pronta a cedere a nuovi compromessi appena calmatesi le acque, come avvenne dopo l’accordo del 28 giugno 2011. Del resto anche la sua richiesta di sottoporre l’accordo a referendum ha un’impronta rinunciataria e capitolazionista, dal momento che l’accordo è già firmato, e perciò andrebbe semmai respinto dichiarando esplicitamente il rifiuto di applicarlo. L’ambiguità di Landini e il dissenso della sinistra della Fiom A tale riguardo non promette nulla di buono il fatto che il Comitato centrale della Fiom, svoltosi immediatamente prima del Direttivo Cgil, abbia bocciato l’ordine del giorno di Sergio Bellavita, esponente della “Rete 28 aprile”, che respingeva in toto l’accordo giudicandolo come la “resa della Cgil al modello sindacale della Cisl” e come “il modello Marchionne esteso a tutti”, respingendo al contempo anche il referendum in quanto la firma della Camusso era da considerarsi illegittima, e riservandosi “di agire ogni iniziativa a contrastare l’applicazione dell’accordo”. Mentre invece è passato a stragrande maggioranza l’odg della segreteria, alquanto ambiguo e strettamente circoscritto ai punti criticati da Landini, richiedente una “consultazione vincolante e straordinaria” e il ritiro sì della firma, ma per la “riapertura del negoziato”. Comunque staremo a vedere se Landini sarà coerente con la posi- zione assunta e avrà il coraggio di dare veramente battaglia alla destra della Camusso per respingere l’accordo. E per coerenza lo dovrebbe fare anche togliendo subito la firma alla mozione 1 e schierandosi con la sinistra e la mozione 2. Ma temiamo che alla fine potrebbe limitarsi a presentare qualche emendamento in sede congressuale che metta qualche paletto “interpretativo” alle clausole del “Testo unico” da lui contestate, come mette in guardia anche un volantino della mozione 2 che denunciando l’accordo Confindustria-Cgil, Cisl, Uil chiede che la Cgil ritiri la firma e annuncia che in ogni caso non lo rispetterà e lo contrasterà: “La segreteria della Fiom – sottolinea infatti il volantino – ora dice no, ma ha approvato l’intesa del 31 maggio di cui questo accordo è la pura applicazione. Inoltre la segreteria della Fiom al congresso della Cgil sostiene il documento di maggioranza che esalta questo terribile accordo. Coerenza minima vuole ora che chi non è d’accordo con queste regole antidemocratiche lo dica anche al congresso della Cgil. Basta con i giochi”! Siamo d’accordo, e per parte nostra incitiamo le Rsu e i lavoratori a respingere nelle assemblee e in ogni istanza sindacale questo infame accordo sulla rappresentanza, e nel contempo, come indica il Documento della Commissione di Massa del CC del PMLI del 2 gennaio 2014, invitiamo la sinistra della Cgil ad unirsi sulla mozione 2 e fare una battaglia comune al XVII congresso della Cgil per sconfiggere la linea di destra, riformista e collaborazionista della Camusso e dei dirigenti opportunisti che la coprono a sinistra. Al Direttivo provinciale della FILCTEM-CGIL di Firenze Incalzata la CGIL affinché dia battaglia alla legge di stabilità del governo Letta-Alfano Lo scorso 17 dicembre si è svolto il Direttivo provinciale della FILCTEM-CGIL di Firenze presso la Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia. Alla presenza di circa 50 delegate e delegati, la riunione ha avuto all’ordine del giorno gli adempimenti da svolgere in vista del Congresso CGIL e l’avvio della discussione per caratterizzare il Congresso stesso. In avvio ha preso la parola il Segretario provinciale della FILCTEM-CGIL che si è limitato ad annunciare la presentazione ufficiale di due mozioni contrapposte e a indicare la data del Congresso provinciale fissata per il prossimo 28 febbraio. Si è poi passati agli interventi, alcuni dei quali significativi soprattutto riguardo alla difficile situazione attuale. Particolarmente significativo l’intervento di un operaio mugellano di una lavanderia industriale, il quale prendendo ad esempio la lotta dei lavoratori dell’ATAF di Firenze, che con il loro impegno hanno ottenuto dei primi importanti risultati, ha criticato la mancanza di volontà della dirigenza del sindacato di portare la lotta dei lavoratori ad oltranza per respingere i provvedimenti della legge di stabilità del governo Letta-Alfano. Ha poi esortato i delegati presenti a far sì che il sindacato torni a fare il proprio lavoro, senza cercare accordi o patti con Confindustria, governo e dirigenti sindacali crumiri “per superare questa difficile fase del nostro Paese stritolato nella morsa di una crisi capitalistica che sta macinando fabbriche e lavoratori!”. Infine ha chiesto esplicitamente che al Congresso si tenga conto di quanto viene chiesto dalla base soprattutto in tema di lotta e democrazia sindacali “perché è dal basso che si costruisce il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori!”. L’intervento è stato largamente e convintamente applaudito dai presenti ed alcuni delegati si sono complimentati con l’operaio. Andrea - operaio del Mugello (Firenze) rappresentanza sindacale / il bolscevico 11 N. 4 - 30 gennaio 2014 Estratti del famigerato “Testo unico sulla rappresentanza” Pubblichiamo ampi estratti del “Testo unico sulla rappresentanza” firmato il 10 gennaio 2014 da Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, con sottolineato da noi i passaggi più significativi. Parte prima: Misura e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria Per la misura e la certificazione della rappresentanza delle organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 e del presente Accordo, ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria, si assumono i dati associativi (deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori) e i dati elettorali ottenuti (voti espressi) in occasione delle elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie. Il datore di lavoro provvederà, alle condizioni e secondo le modalità contenute nel presente accordo, ad effettuare la rilevazione del numero delle deleghe dei dipendenti iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo 31 maggio 2013 e del presente Accordo. ... Il numero delle deleghe viene rilevato dall’INPS tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens). ... I dati raccolti dall’INPS saranno trasmessi - previa definizione di un protocollo d’intesa con i firmatari del Protocollo del 31 maggio 2013 e del presente Accordo - al CNEL che li pondererà con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle Rappresentanze Sindacali Unitarie da rinnovare ogni tre anni. ... I dati sulla rappresentanza saranno determinati e comunicati dal CNEL entro il mese di maggio dell’anno successivo a quello della rilevazione e, per l’anno 2015, saranno utili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5%: a) per la verifica della maggioranza del 50% + 1, per tutti i rinnovi contrattuali che saranno sottoscritti dopo la comunicazione effettuata dal CNEL; b) ai fini della misurazione delle maggioranze relative alle piattaforme di rinnovo per i contratti che scadono dal novembre 2015. Successivamente e di regola, i dati comunicati dal CNEL saranno validamente utilizzabili, oltre che per il raggiungimento della soglia del 5% anche per la determinazione della maggioranza del 50% + 1: a) ai fini della sottoscrizione dei ccnl, in base all’ultimo dato disponibile; b) ai fini della presentazione delle piattaforme, in base al dato disponibile sei mesi prima della scadenza del contratto. Parte seconda: Regolamentazione delle rappresentanze in azienda ... All’elezione della r.s.u. possono concorrere liste elettorali presentate dalle: a) organizzazioni sindacali di categoria aderenti a confederazioni firmatarie del presente accordo oppure dalle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’unità produttiva; b) associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo a condizione che: 1) accettino espressamente, formalmente ed integralmente i contenuti del presente accordo, dell’Accodo Interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013; 2) la lista sia corredata da un numero di firme di lavoratori dipendenti dall’unità produttiva pari al 5% degli aventi diritto al voto nelle aziende con oltre 60 dipendenti. Nelle aziende di dimensione compresa fra 16 e 59 dipendenti la lista dovrà essere corredata da almeno tre firme di lavoratori. ... Parte terza: Titolarita’ ed efficacia della contrattazione collettiva nazionale di categoria e aziendale ... Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo e dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013, che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media fra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale voti ottenuti su voti espressi) come risultante dalla ponderazione effettuata dal Cnel. ... Ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali previsti dalla legge, ai sensi dell’art. 19 e ss della legge 20 maggio 1970, n. 300, si intendono partecipanti alla negoziazione le organizzazioni che abbiano raggiunto il 5% di rappresentanza, secondo i criteri concordati nel presente accordo, e che abbiano partecipato alla negoziazione in quanto hanno contribuito alla definizione della piattaforma e hanno fatto parte della delegazione trattante l’ultimo rinnovo del c.c.n.l. definito secondo le regole del presente accordo. Fermo restando quanto previsto al secondo paragrafo, in assenza di piattaforma unitaria, la parte datoriale favorirà, in ogni categoria, che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50% +1. I contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni Sindacali che rappresentino almeno il 50% +1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, a maggioranza semplice - le cui modalità saranno sta- Firenze Forte protesta dei precari delle biblioteche comunali contro Renzi Rischiano il licenziamento con il nuovo appalto senza clausola sociale Redazione di Firenze Lunedì 13 gennaio, durante la seduta del consiglio comunale, erano tutti sotto Palazzo Vecchio i 70 precari delle biblioteche e degli archivi comunali in sciopero, assediandolo per 4 ore con striscioni, megafoni e slogan contro il neopodestà Matteo Renzi, l’onnipresente leader del PD. Il presidio si è svolto nell’ambito di uno sciopero indetto da CGIL e USB. Protestano perché all’interno del nuovo bando di gara per i servizi bibliotecari e archivistici del Comune (gara da 7,7 milioni di euro che sarà fatta entro l’estate) non è stata inserita la clausola sociale, ovvero l’obbligo di riassumere i lavoratori che già operano per l’amministrazione. Il testo steso dall’assessore Sergio Givone vede la riassunzione come un optional, legato al punteggio da assegnare al nuovo appaltante, 8 miseri punti su un totale di 65. Se riassunti questi lavoratori rischiano anche di cambiare inquadramento, con una perdita di salario sui 200-300 euro al mese. Tanti gli slogan urlati: “vergogna vergogna”, “Givone, dacci la clausola sociale” e contro Renzi “Jobs act, unemployed in fact”, cioè col job act di Renzi disoccupati di fatto. Una nota sindacale sottolinea: “Il ricorso all’appalto per i servizi pubblici dimostra la fragilità di un sistema che non è in grado di garantire occupazione stabile e la volontà di non utilizzare tutte le possibili forme di tutela previste è la dimostrazione, ancora una volta, di predicare bene, ma di razzolare molto peggio”. Firenze, 13 gennaio 2014. Il presidio di protesta dei precari delle biblioteche, sotto Palazzo Vecchio bilite dalle categorie per ogni singolo contratto – saranno efficaci ed esigibili. La sottoscrizione formale dell’accordo, come sopra descritta, costituirà l’atto vincolante per entrambe le Parti... Conseguentemente le parti firmatarie e le rispettive Federazioni si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti. ... I contratti collettivi aziendali possono attivare strumenti di articolazione contrattuale mirati ad assicurare la capacità di aderire alle esigenze degli specifici contesti produttivi. I contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro nei limiti e con le procedure previste dagli stessi contratti collettivi nazionali di lavoro. Ove non previste ed in attesa che i rinnovi definiscano la materia nel contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nell’azienda, i contratti collettivi aziendali conclusi con le rappresentanze sindacali operanti in azienda d’intesa con le relative organizzazioni sindacali territoriali di categoria espressione delle Confederazioni sindacali firmatarie del presente accordo interconfederale o che comunque tali accordi abbiano formalmente accettato, al fine di gestire situazioni di crisi o in presenza di investimenti significativi per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale dell’impresa, possono definire intese modificative con riferimento agli istituti del contratto collettivo nazionale che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro. Le intese modificative così definite esplicano l’efficacia generale come disciplinata nel presente accordo. Parte quarta: Disposizioni relative alle clausole e alle procedure di raffreddamento e alle clausole sulle conseguenze dell’inadempimento Le parti firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 ovvero del presente Accordo convengono sulla necessità di definire disposizioni volte a prevenire e a sanzionare eventuali azioni di contrasto di ogni natura, finalizzate a compromettere il regolare svolgimento dei processi negoziali come disciplinati dagli accordi interconfederali vigenti nonché l’esigibilità e l’efficacia dei contratti collettivi stipulati nel rispetto dei principi e delle procedure contenute nelle intese citate. Pertanto i contratti collettivi nazionali di categoria, sottoscritti alle condizioni di cui al Protocollo d’intesa 31 maggio 2013 e del presente accordo, dovranno definire clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantire, per tutte le parti, l’esigibilità degli impegni assunti con il contratto collettivo nazionale di categoria e a prevenire il conflitto. I medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro dovranno, altresì, determinare le conseguenze sanzionatorie per gli eventuali comportamenti attivi od omissivi che impediscano l’esigibilità dei contratti collettivi nazionali di categoria stipulati ai sensi della presente intesa. Le disposizioni definite dai contratti collettivi nazionali di lavoro, al solo scopo di salvaguardare il rispetto delle regole concordate nell’accordo del 28 giugno 2011, del Protocollo del 31 maggio 2013 e nel presente accordo, dovranno riguardare i comportamenti di tutte le parti contraenti e prevedere sanzioni, anche con effetti pecuniari, ovvero che comportino la temporanea sospensione di diritti sindacali di fonte contrattuale e di ogni altra agibilità derivante dalla presente intesa. …. Clausole transitorie e finali Le parti firmatarie della presente intesa si impegnano a far rispettare le regole qui concordate e si impegnano, altresì, affinché le rispettive organizzazioni di categoria ad esse aderenti e le rispettive articolazioni a livello territoriale e aziendale si attengano a quanto pattuito nel presente accordo. In via transitoria, ed in attesa che i rinnovi dei contratti nazionali defi- niscano la materia disciplinata dalla parte quarta del presente accordo, le parti contraenti concordano che eventuali comportamenti non conformi agli accordi siano oggetto di una procedura arbitrale da svolgersi a livello confederale. A tal fine, le organizzazioni di categoria appartenenti ad una delle Confederazioni firmatarie del presente accordo, ovvero che comunque tale accordo abbiano formalmente accettato, sono obbligate a richiedere alle rispettive Confederazioni la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato composto, pariteticamente, da un rappresentante delle organizzazioni sindacali confederali interessate e da altrettanti rappresentanti della Confindustria, nonché da un ulteriore membro, che riveste la carica di Presidente, individuato di comune accordo o, in mancanza di accordo, a sorteggio fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo, entro 30 giorni, dalle parti stipulanti il presente accordo. Nella decisone del collegio, che dovrà intervenire entro dieci giorni dalla sua composizione, dovranno essere previste le misure da applicarsi nei confronti delle organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro in caso di inadempimento degli obblighi assunti con il presente accordo e, in particolare, dell’obbligo di farne rispettare i contenuti alle rispettive articolazioni, a tutti i livelli. Viene poi istituita, a cura delle parti firmatarie del presente accordo, una Commissione Interconfederale permanente con lo scopo di favorirne e monitorarne l’attuazione, nonché di garantirne l’esigibilità. La Commissione sarà composta, pariteticamente, da sei membri, designati da Confindustria e dalle tre organizzazioni sindacali più rappresentative al momento della composizione della Commissione, tra esperti in materia di diritto del lavoro e di relazioni industriali. Un settimo componente della Commissione Interconfederale, che assumerà funzioni di Presidente, sarà individuato fra esperti della materia indicati in una apposita lista definita di comune accordo. La Commissione potrà avvalersi della consulenza di esperti. Ai componenti non spetta alcuna indennità. La Commissione è nominata per un triennio e i suoi membri possono essere confermati una sola volta. Pirelli di Figline Valdarno (Firenze) Sciopero e presidio a Roma per difendere il posto di lavoro 800 lavoratori a rischio. Sciopero in solidarietà dei lavoratori turchi della Pirelli. Dalla Regione solo parole Redazione di Firenze Si sta facendo sempre più buio il futuro per i 400 lavoratori della Pirelli di Figline Valdarno e per i circa 400 lavoratori dell’indotto. È praticamente conclusa la vendita all’azienda belga Bekaert dello stabilimento Pirelli di Figline che produce steel cord (la cordicella d’acciaio per i pneumatici). Questa notizia raggelante è stata comunicata dall’azienda di Tronchetti Provera nell’incontro al ministero allo sviluppo economico di martedì 14 gennaio, mentre i lavoratori erano in sciopero per otto ore e una folta delegazione presidiava combattiva la sede governativa nonostante la pioggia batten- te. La fondata preoccupazione dei lavoratori è che la Bekaert voglia comprare lo stabilimento italiano per chiuderlo perché costoso e continuare la produzione dello steel cord in quelli brasiliano, rumeno, cinese e turco. Sciopero anche in Turchia, in solidarietà con i lavoratori di Figline, nello stabilimento Pirelli di Izmit che occupa circa 400 persone e dove si lavora alla stessa particolare produzione industriale che la multinazionale italiana vuole cedere non ritenendola più strategica. Al tavolo delle trattative anche l’assessore al lavoro della Regione Toscana Gianfranco Simoncini (PD), i parlamentari toscani Elisa Simoni (PD) e David Ermini (PD), praticamente azzittiti dall’arroganza padronale dopo che il governatore Enrico Rossi (PD), che ha disertato la trattativa, aveva dichiarato: “La Pirelli di Figline Valdarno rappresenta da 52 anni il cuore della manifattura dello “steel cord”, un’eccellenza assoluta per l’Italia e una delle poche aziende di questo tipo in Europa, con un patrimonio di competenze ed elevate professionalità che non può andare disperso e faremo di tutto per far restare in Toscana”. Dal canto loro i coraggiosi operai di Figline hanno indetto un nuovo sciopero di otto ore per martedì 21 gennaio, quando si terrà una nuova riunione al ministero. 12 il bolscevico / xvii congresso cgil N. 4 - 30 gennaio 2014 XVII congresso della Cgil BOCCIAMO IL DOCUMENTO DELLA CAMUSSO Il 17° congresso della Cgil, seppur lentamente e con ripetuti rinvii di molte assemblee di base, è partito. Sul numero 2 de “Il Bolscevico” 2014 abbiamo già illustrato in linea generale i nostri giudizi sui due documenti congressuali e indicato qual è la posizione e l’atteggiamento che dovranno tenere i militanti e i simpatizzanti del PMLI e tutti quei lavoratori che si riconoscono nella proposta sindacale del PMLI. In questa occasione vogliamo approfondire l’analisi del documento che vede prima firmataria Susanna Camusso, sostenuto anche da Landini, Rinaldini, Nicolosi e buona parte di chi all’ultimo congresso aveva presentato un documento alternativo in contrapposizione a quello dell’allora segretario (e padrino della Camusso) Guglielmo Epifani. L’illusione di un capitalismo più “buono” Questo documento porta come titolo “il lavoro decide il futuro” ed è costituito da una premessa e da 11 capitoli chiamati “azioni”. Non ci trova d’accordo praticamente su nulla e già nella premessa è da rigettare in blocco l’analisi generale della situazione economica, politica e sindacale italiana ed internazionale. L’attuale crisi economica capitalistica non nasce solo dal “primato del sistema finanziario” né tanto meno dal neoliberismo, quest’ultimo è solo una faccia del sistema, certo la più brutale. Dicendo questo si vuol far credere che sono le distorsioni, gli errori, le cattive interpretazioni del capitalismo a causare miseria e disoccupazione e non il sistema in se stesso basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Questo filo conduttore attraversa tutto il documento spargendo l’illusione di poter realizzare una specie di capitalismo dal “volto umano”. Lo scollamento tra le masse e le istituzioni borghesi ha raggiunto livelli altissimi si dice, è un fatto oggettivo aggiungiamo noi. Secondo la dirigenza della Cgil questo strappo va ricucito: i lavoratori, cioè le vittime della crisi, dovrebbero sostenere i carnefici, cioè chi scarica su di loro le conseguenze della crisi. Per Camusso e soci basta attuare la Costituzione e tutto si risolve. Ma a quale Costituzione si riferiscono? Perché fanno finta di non vedere che la vecchia Carta del ’48 è stata fatta a pezzi da tempo e Napolitano già governa come in una repubblica presidenziale, come di fatto siamo? Non spendono una parola sull’involuzione neofascista del nostro Paese evidente an- Il documento congressuale che porta anche la firma di Landini prefigura una Cgil subalterna alle esigenze padronali e governative appoggiamo e votiamo il documento 2 che ai democratici più moderati. Al massimo arrivano a parlare di “partiti personali”. Ci sembra un po’ poco! Anche sul più specifico campo sindacale non ci siamo: ci sono enunciazioni contraddittorie oltretutto smentite dall’attualità. Ad esempio si auspica la riunificazione del lavoro dipendente poiché ci sono centinaia di tipologie di contratti che creano differenze tra i lavoratori, intaccandone l’unità e limitando la stessa azione dei sindacati. Questo è vero ma se la contromisura è il contratto unico che abbiamo visto propagandare da Landini e Renzi in queste settimane allora siamo alla riunificazione della perdita dei diritti per tutti i neoassunti. Le proposte dei segretari di Fiom e PD, stranamente simili, propongono una specie di “periodo di prova” di 2 anni in cui il lavoratore non ha alcun diritto e può essere licenziato in ogni momento. Alla faccia dell’artico 18! Cgil subalterna a governo e padronato Manca totalmente una critica serrata alle politiche dei governi nazionali ed europei che in sintonia con il padronato hanno compresso i salari, ridotto i diritti, tagliato i servizi pubblici, precarizzato il rapporto di lavoro, aumentato lo sfruttamento nelle fabbriche, rimandato l’accesso alla pensione, ingrossato l’esercito dei disoccupati. L’atteggiamento generale è di collaborazione e subalternità alle controparti. Uno dei passi più significativi della premessa recita: “L’accordo del 28 giugno 2011, al di là dei diversi giudizi, impegna tutta l’organizzazione e non è scindibile dall’accordo del 31maggio 2013. Accordo positivo, frutto dell’iniziativa di tutta la CGIL, che rappresenta un significativo cambiamento nel sistema di regole e di rappresentanza per la contrattazione e su cui tutta l’organizzazione è impegnata a garantirne l’esigibilità”. Gli accordi in questione prevedono le deroghe ai contratti nazionali, che si possono ignorare con intese aziendali, restringono la democrazia sindacale e prevedono sanzioni per chi sciopera contro gli accordi al ribasso. Queste poche righe fanno intendere più di tanti capitoli quale sarà la linea che si vuole imporre alla Cgil: subalternità alle esigen- Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente: 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessato al PMLI e al suo Organo ze di padronato e governo, supremazia di Cgil-Cisl-Uil rispetto agli altri sindacati, democrazia limitata nelle fabbriche, bavaglio alle lotte per non disturbare la competitività delle aziende dei capitalisti nostrani. E il tono perentorio non ammette distinguo o dissenso, alla faccia di Landini e di quelli che dicono che questo congresso è aperto al contributo di tutti. Insomma si offre su di un piatto d’argento la collaborazione del sindacato a sostenere la borghesia nazionale ad uscire dalla bufera scatenata dalla crisi globale del capitalismo. Proposte inadeguate e fuorvianti Con queste premesse anche gli approfondimenti portano a conclusioni fuorvianti e inaccettabili mentre le rivendicazioni non potevano che essere del tutto inadeguate, sproporzionate e subalterne di fronte all’attacco portato avanti dalle politiche capitalistiche neoliberiste degli ultimi 20-30 anni e ingigantitosi con la crisi scoppiata nel 2008. All’Unione Europea imperialista (UE) vengono addebitati tanti errori ma viene comunque vista come un’opportunità per i lavoratori anziché uno strumento di oppressione che ha messo sul lastrico interi Paesi come la Grecia. Ci si arrampi- ca sugli specchi per far accettare la UE: si chiedono più poteri alle istituzioni europee ma alcune righe prima si chiedeva più autonomia ai governi nazionali. La preoccupazione principale è quella di ridurre il profondo distacco che c’è tra i vari popoli del continente e la UE. Alle pensioni viene dedicato un intero capitolo. Viene criticata la controriforma Fornero ma quando fu varata, l’opposizione della Cgil fu molto blanda e l’atteggiamento verso l’allora governo Monti fu più che benevolo. Tante parole ma non si rivendica l’età pensionabile a 60 anni e quella contributiva a 40 come viene chiesto dal documento 2, un’età già alta per i lavori usuranti. Sull’assetto istituzionale del nostro Paese il documento della Camusso si esprime contro il presidenzialismo ma questo di fatto è già stato instaurato. Anche qui la preoccupazione principale è garantire stabilità e governabilità alle istituzioni borghesi. La Camusso è per il superamento del cameralismo perfetto, per il senato federale e il federalismo in generale, per la riduzione del finanziamento pubblico dei partiti ma non per la sua abolizione. Quando si parla di difesa dell’occupazione ci si può imma- ginare che si chieda il blocco dei licenziamenti che stanno mettendo sul lastrico migliaia di lavoratori, niente di tutto questo. Il capitolo dedicato allo sviluppo e alle politiche industriali è un richiamare a raccolta di tutte le energie disponibili del capitalismo italiano (testuali parole), insomma è un rimprovero alla borghesia nostrana affinché sia più competitiva nella sfida imposta dal capitalismo globalizzato. Si dice di combattere la precarietà ma in modo generico, senza rivendicare il lavoro a tempo indeterminato per tutti, salvo casi di particolare stagionalità ed eccezionalità. Anche riaffermare il valore e la funzione universale del contratto nazionale non significa niente se poi la Camusso e i suoi chiedono di rispettare rigidamente accordi che vanno nel senso opposto. Stesso discorso quando si parla di democrazia e partecipazione nella Cgil. Si riconosce una difficoltà del sindacato a rappresentare i lavoratori, specie i giovani e i precari, e il bisogno di allargare la democrazia nelle fabbriche e sul territorio ma nelle stesse righe si richiamano di nuovo i famigerati accordi del giugno 2011 e del maggio 2013 che sono la negazione di tutto questo. Gli emendamenti I più significativi sono sui temi delle pensioni, della contrattazione e della democrazia presentati da Landini, Nicolosi e Moccia. Questi non sono altro che delle foglie di fico che servono a dare una copertura a sinistra al documento della Camusso, impugnati per giustificare la loro resa alla destra e la mancata adesione a un documento alternativo, tuttalpiù buoni per assicurarsi delle poltrone. Non vogliamo negare che questi emendamenti presi singolarmente abbiano anche un certo peso. Ma nel contesto del congresso, dove c’è l’esigenza di marcare un forte dissenso dal gruppo dirigente filo-PD della Cgil per la condotta fallimentare tenuta in questi ultimi anni e riunire tutta la sinistra sindacale, questi emendamenti non spostano di una virgola la linea della Camusso e rompono il fronte dell’opposizione interna alla Cgil. Quindi nelle assemblee dove vengono presentati dobbiamo invitare i lavoratori che vogliono veramente cambiare, a sostenere il documento 2 anziché gli emendamenti, perché comunque ogni voto al documento della maggioranza verrà considerato come un sostegno alla linea filopadronale e cogestionaria della Camusso e agli accordi che essa ha firmato, compreso quello che restringe la democrazia sindacale del 31 maggio 2013 e sottoscritto definitivamente da Cgil-Cisl-Uil e Confindustria il 10 gennaio 2014. Congresso SPI-CIGL a Catania Schembri relatore per la seconda mozione chiede lo sciopero generale di otto ore con manifestazione nazionale a Roma Consensi e applausi tra i pensionati lanciata la proposta del sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Il 16 gennaio, presso la Camera del Lavoro di San Giovanni La Punta si è tenuto il congresso locale dello Spi-CGIL. Una cinquantina i partecipanti a rappresentare circa 500 pensionati iscritti. Il relatore della I mozione, Oliveri, ha parlato, in un discorso di forte denuncia, delle gravissime condizioni in cui sopravvivono i pensionati, i disoccupati, precari, giovani, forte della sua esperienza di volontario del CAF (Centro Assistenza Fiscale). Oliveri ha lanciato delle critiche ai governi passati e presenti. Sullo stesso tono l’intervento di Giovanni Foti, segretario dello SPI-CGIL di San Giovanni La Punta. È intervenuto il compagno Sesto Schembri, relatore della II mozione, che, dopo aver apprezzato la dura denuncia di Oliveri sulla macelleria sociale procurata dai governi passati e dal governo presente, ha svolto una riflessione sul fatto che la crisi non è caduta dal cielo, ma ha le sue cause nel sistema capitalista, nella ciclicità della sua economia, nelle logiche di mercato, nelle politiche dell’Europa imperialista che scarica tutto il peso della crisi sulle masse popolari. Non sono stati gli operai, i pensionati, i disoccupati responsabili di questa crisi. Tutto quello che vediamo intorno a noi è prodotto da operai, mentre i padroni si impossessano della ricchezza prodotta dai lavoratori. L’unico modo per cambiare il sistema è abbatterlo, instaurando la società socialista. Il compagno ha continuato criticando il governo Letta-Alfano e i governi passati che sono tutti al servizio del capitalismo, della grande finanza e scaricano tutto il peso sulle masse popolari, ma ha anche dato le giuste responsabilità all’operato dei vertici del sindacato inadeguati a fronteggiare l’attacco dei governi al servizio del capitale, sottolineandone le responsabilità storiche che ci hanno condotti agli attuali livelli di attacco ai diritti dei pensionati: “Bisogna appoggiare ha continuato il compagno - la seconda mozione ‘Il sindacato è un’altra cosa’, ma – ha argomentato – bisogna andare anche oltre. Dobbiamo organizzarci per costruire un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla democrazia diretta, con il potere sindacale e contrattuale in mano alle assemblee generali dei lavoratori e dei pensionati. L’obbiettivo è di costruire un unico, grande sindacato, basato sulla democrazia diretta perché i lavoratori hanno tutti il medesimo interesse. Sono i padroni che vogliono i lavoratori divisi per far perdere loro forza e potere contrattuale e asservire i sindacati ai loro interessi”. Il compagno ha concluso leggendo l’articolo pubblicato su “Il Bolscevico” un anziano su due non riesce ad arrivare a fine mese, insistendo sulla parola conclusiva dell’articolo che rilancia la linea del Partito sull’argomento: “Ci chiediamo cosa aspettino i sindacati confederali e i sindacati di base ad indire lo sciopero generale di 8 ore, unitario con manifestazione nazionale a Roma, per fermare la macelleria sociale di Letta-Alfano, avallata da Napolitano”. Questa richiesta finale, come tutto l’intervento, hanno riscosso consensi tra i pensionati che hanno applaudito il discorso. Nella sua conclusione Giovanni Foti, certo rispondendo al relatore della seconda mozione, ha sostenuto che il sindacato ha fatto tutto il possibile per opporsi alla macelleria sociale. Pare abbastanza possibile che abbia vinto la prima mozione, ma il risultati definitivi si avranno entro pochi giorni. corruzione / il bolscevico 13 N. 4 - 30 gennaio 2014 Favoritismi, clientelismo, minacce e metodi di governo da boss nel suo feudo nel Sannio La ministra De Girolamo deve dimettersi Nonostante le smentite di rito del ministro alle Politiche agricole del Nuovo centro destra (Ncd) Nunzia De Girolamo che il 17 gennaio in Aula ha negato ogni suo coinvolgimento nello scandalo della Asl di Benevento, l’inchiesta della magistratura sul “direttorio politico-partitico” che agiva nella Asl del capoluogo sannita decidendo nomine, appalti e incarichi sulla pelle dei malati si arricchisce di nuovi e inquietanti capitoli. Almeno cinque componenti del “direttorio” sono finiti nel registro degli indagati. Le ipotesi di reato vanno dall’associazione per delinquere all’abuso e alla turbativa d’asta. La stessa sorte potrebbe toccare nei prossimi giorni anche a due stretti collaboratori della De Girolamo come Giacomo Papa (vice capo di gabinetto che ha lavorato con il papà di Nunzia al consorzio agrario di Benevento) e Luigi Barone (ex vicedirettore de “Il Sannio”, oggi capo della segreteria del Mipaf (Ministero Politiche Agricole e Forestali) e amico del cuore di Nunzia. Gli altri protagonisti dello scandalo sono l’attuale manager dell’Asl Michele Rossi, il direttore sanitario Gelsomino Ventucci e lo stesso Felice Pisapia, ex direttore amministrativo della Asl, accusato di truffa e malversazione. A chiamare in causa la De Girolamo, all’epoca dei fatti coordinatore provinciale e parlamentare del Pdl, è proprio Pisapia che ha consegnato agli inquirenti le registrazioni di una serie di collo- qui avvenuti nell’estate del 2012 a casa del padre della De Girolamo da cui emerge un verminaio di favoritismi, minacce e metodi di gestione del potere politico in perfetto stile mafioso. Nell’ordinanza con la quale è stato disposto nei suoi confronti l’obbligo di dimora il Giudice per le indagini preliminari (Gip) Flavio Cusani scrive fra l’altro che esiste un “direttorio politicopartitico” che ha condizionato e influenzato le scelte nella Asl di Benevento. Un direttorio che “si occupava, in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti ed indecorose, di ogni aspetto della gestione della Asl”. Dalle registrazioni, effettuate all’insaputa dei partecipanti, emerge che la boss del Ncd riuniva i vertici dell’Asl di Benevento a casa di suo padre per decidere l’assegnazione dell’appalto di 12 milioni per tre anni per la gestione del 118, dove ubicare presidi e strutture dell’Asl, ma si occupava anche di questioni spicciole come un sequestro di mozzarelle in un negozio di un “amico di Nunzia” o di come mandare “i controlli” negli ospedali guidati da persone non gradite alla parlamentare. Emblematica in tal senso è la registrazione del “direttorio”del 30 luglio 2012 la De Girolamo se la prende coi vertici del Fatebenefratelli, l’ospedale religioso di Benevento convenzionato. Li chiama “stronzi”, poi si rivolge a Rossi: “Michè, scusami, al Fatebenefra- telli facciamo capire che un minimo di comando ce l’abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaffanculo!… Io non mi permetto di farlo, però ad essere presa per culo da Carrozza, quando poi gli ho dato tanta disponibilità ogni volta che mi hanno chiesto, Miché”. Giovanni Carrozza, citato nel colloquio, è il direttore amministrativo del Fatebenefratelli. Appena una settimana prima, in un’analoga riunione del “direttorio” del 23 luglio 2012 dedicata al bando per l’appalto del 118, la De Girolamo si era accordata con Papa su come “bypassare la gara pubblica” perché può darsi che “tra poco ci commissariano e la gara pubblica se la fa la Regione”. Mentre Rossi giura fedeltà eterna alla ministra: “Nunzia, premesso che io non resterò un secondo su quell’Asl se non per te e con te, perché io la nomina l’ho chiesta a te, tu me l’hai data ed è giusto che ci sia un riscontro…”. Va bene, ma l’ufficio territoriale dell’Asl “Dove dovremmo metterlo? – si chiede la De Girolamo – a Sant’Agata che Valentino (il sindaco, del Pd, ndr) è uno stronzo? Cioè, nemmeno è venuto da me”. Mentre sull’ipotesi di piazzare una struttura Asl a Forchia la De Girolamo è categorica: “No, Forchia no! Preferisco poi darlo ad uno del Pd che ci vado a chiedere 100 voti …”. Pisapia ha parlato anche dei loschi retroscena che hanno caratterizzato la campagna elettorale e la conseguente vittoria della De Girolamo al congresso del Pdl a Benevento il 12 marzo del 2012 e dell’andamento dei pagamenti nei confronti di due ditte impegnate nel servizio 118 per la Asl e rivela che “Rossi voleva favorire Modisan e danneggiare la Sanit. Così Sanit veniva demonizzata mentre la società Modisan, siccome sponsorizzava la campagna elettorale che c’era stata per il congresso del 2012 per il Pdl, veniva esaltata (…) come emerge dagli incontri politici ai quali ho partecipato”. A rincarare la dose di accuse contro la ministra e il suo clan c’è anche uno dei testimoni-chiave dell’indagine, Arnaldo Falato, ex Udeur, dirigente medico dell’azienda sanitaria che nei mesi scorsi ha a lungo parlato di un suo progressivo demansionamento posto in essere dai vertici dell’azienda. “Il direttore generale Rossi - mette a verbale Falato nell’ambito della sua attività persecutoria nei mei confronti, mi ha fatto chiamare sul mio cellulare aziendale dalla sua segretaria per una immediata convocazione nella sua stanza per comunicazioni il 27 maggio 2013. Alla presenza di tutti gli alti dirigenti dell’Asl, tra cui il direttore sanitario Ventucci, gli fu sottoposto un contratto di lavoro per un incarico “confezionato ad arte, del tutto inconsistente, al solo fine di punirmi per i miei trascorsi mastelliani” di dirigente a Montesarchio. Contratto che prevedeva un compenso aggiuntivo a titolo di “posizione aziendale variabile” pari a 30.000 euro circa, “del tutto spropositato rispetto all’incarico e superiore al valore massimo degli incarichi di massima affidabilità affidati in Asl che si attestano sui 10-11.000 euro annui. “Capii – sostiene Falato – che era il prezzo per comprare il mio assenso: un regalo personalizzato”. Piccatissima la lettera di rifiuto che ricostruisce l’episodio con toni sarcastici: “La situazione mi ha fatto sentire tanto Fantozzi, una voce immaginaria mi diceva: ‘Fantozzi merdaccia siediti, firma e falla finita, sei alla presenza di tutti i direttori megagalattici. Suvvia!”. Secondo Falato, Rossi è il portatore degli interessi personali ed elettorali della ministra nella gestione della sanità pubblica, alimentando un sistema di promozioni e rimozioni che premiava gli amici e metteva in un angolo i nemici della vecchia guardia mastelliana. Il 14 gennaio 2013 Falato riassume al Pm Giovanni Tartaglia Polcini la tentata soppressione di due posti da primario (tra cui un radiologo) per risparmiare risorse. Ma il clan De Girolamo si “oppose fermamente alla soppressione” tant’è che “Barone e Papa ebbero con me due diversi incontri violentissimi, perché volevano favorire il subentro nel posto di primario del dottor Giovanni Molinaro. Io ebbi il torto di dire che non era possibile perché Molinaro non era nemmeno specialista in radiologia. Mi ricordo che Papa mi dis- se di non preoccuparmi perché lui insegnava diritto sanitario all’università e avrebbe potuto risolvere il problema”. Ciononostante la De Girolamo ha avuto la faccia tosta di affermare durante la sua audizione alla Camera che “Mai, mai e poi mai il mio nome è coinvolto nella truffa di Benevento”, il nome del ministro dell’Agricoltura “compare solo perchè frutto di un complotto ai miei danni... la mia vita di politico, persona e donna è stata travolta da un linciaggio mediatico senza precedenti. Mai, mai e poi mai ho abusato del mio ruolo di deputato e mai, mai ho violato la legge e la Costituzione su cui ho giurato”. In realtà se il nome della De Girolamo non compare ancora sul registro degli indagati è solo grazie alle leggi ad personam imposte da Berlusconi che non consentono l’uso delle intercettazioni “abusive” di Pisapia. Ma il convolgimento politico e morale della De Girolamo in tutto questo marciume è fuori discussione. Altro che “forza della mia pulizia interiore” in difesa del “mio onore, la mia onestà, la mia dignità”. La De Girolamo non è una “vittima” ma una protagonista di questo marcio sistema di potere borghese e perciò deve dimettersi immediatamente. E, se davvero non ha niente da nascondere, e non c’entra niente con il mercimonio della Asl di Benevento, si presenti subito dai magistrati e chiarisca tutto. Faraone, uomo di Renzi, indagato per peculato sui rimborsi Dal nostro corrispondente della Sicilia A Davide Faraone, boss dei renziani siciliani, parlamentare nazionale, parlamentare regionale dal 2008 al 2012, candidato renziano trombato alle primarie per il sindaco di Palermo, sono contestate 3.380,60 euro di spese non giustificate nell’inchiesta sui fondi pubblici ai gruppi parlamentari siciliani. Non è ancora noto come avrebbe speso illecitamente parte dei consistenti fondi destinati al suo gruppo, fatto sta che la procura di Palermo indaga su 83 tra parlamentari ed ex-parlamentari siciliani e 14 consulenti al fine di accertare che fine abbia fatto il 50%, e forse più, dei 13 milioni annui destinati ai gruppi parlamentari. Tra le varie contestazioni ci sono l’acquisto di gioielli, borse, profumi e cravatte di marca, regali di nozze, auto, soggiorni in alberghi di lusso per deputati regionali e famiglie. Si tratta dell’ennesimo scivolone politico del rampante pupillo siciliano del segretario del PD. Il volto “nuovo” Faraone era già finito in un giro di chiacchiere durante le primarie per il candidato PD di Palermo e per un presunto voto di Al responsabile Welfare del PD viene contestata una spesa di 3.380 euro 97 indagati, 83 sono deputati di tutti i partiti dell’Assemblea siciliana. Crocetta deve dimettersi scambio. Esisterebbero persino riprese in cui Faraone entra in casa di Agostino Pizzuto, mafioso del quartiere San Lorenzo-Resuttana, e intercettazioni compromettenti sull’origine dei suoi voti. Costui, il braccio destro di Renzi in Sicilia, è adesso il responsabile Welfare voluto da Renzi nella segretaria nazionale del PD. L’inchiesta Nelle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, sui milioni utilizzati da tutti i gruppi presenti in parlamento siciliano tra il 2008 e il 2012, anche il segretario regionale del PD, Giuseppe Lupo, per 39.337 euro, e il capogruppo in parlamento Antonello Cracolici. Cifre alte anche per gli altri parlamentari piddini, come Francesco Rinaldi (45.300 euro), Giacomo Di Benedetto (27.425 euro), Bruno Marziano (12.813 euro), Giovanni Barbagallo (11.569,44 euro), Michele Donato Donegani (10mila euro), Bernardo Mattarella (6.224 euro). La lista potrebbe continuare a lungo. Tra gli altri parlamentari finiti sotto inchiesta per peculato anche l’ex-presidente della Regione Raffaele Lombardo, MPA, (5.810,66 euro), l’ex presidente del parlamento Francesco Cascio, PDL (5.810,66 euro), l’attuale presidente Giovanni Ardizzone, UDC, (2.090 euro). Non si spiega, ad esempio, l’ammanco di 45mila euro prelevati dal capogruppo del MPA Francesco Musotto, ex-presidente della provincia di Palermo per FI. Si spiega invece quello di Rudy Maira (PID), già sindaco di Caltanissetta, che ha ricevuto 24 bonifici per un totale di 51mila giustificati come acquisto di un’auto Audi A6 che dalle indagini è risultata di uso privato. I 1.690 euro spesi da Giulia Adamo (adesso UDC sindaco di Marsala) spesi quando era capogruppo del PDL al parlamento sono “giustificati” come acquisto di gioielli. Gli alleati di Crocetta tra gli indagati È scandaloso un tale sperpero di danaro pubblico, mentre le masse popolari siciliane sono allo stremo e questo e i precedenti parlamenti e governi non fanno che approvare tagli su tagli. Solo per fare un esempio con la cifra di denaro pubblico scomparso che oscilla tra i 6,5 e i 10 milioni di euro, avrebbero potuto essere stabilizzati un numero di precari che oscilla tra i cinquecento e gli ottocento. E invece no, i soldi sono serviti a pagare il gioiello della deputata o l’auto di lusso del deputato! L’attuale governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, PD; approfitta dell’inchiesta per “criticare” il suo partito e lo sperpero di denaro pubblico dei parlamentari. Fatto sta che lo stesso Crocetta, che vorrebbe con vuoti discorsi moralistici allontanare da sé responsabilità in questa vicenda, fa parte egli stesso, sostiene e alimenta concretamente un sistema politico marcio, corrotto, inciucista, scambista di favori, che delapida fondi pubblici. Anzitutto perché lui è uno dei massimi dirigenti regionali e nazionali del PD, responsabile come gli altri di quanto accade nel suo partito. In secondo luogo perché il suo governo è sostenuto da una maggioranza che ha tra le sue file decine di indagati per peculato in questa recente inchiesta. Che dire, ad esempio, del fatto che uno degli indagati più importati è Lino Leanza (DC a CCD a UDC, MPA) ex-assessore e vice-presidente nel secondo governo Cuffaro, presidente ad interim dopo le dimissioni di Cuffaro. Leanza è colui che ha recentemente inventato l’operazione Articolo 4 per dare alla maggioranza di Crocetta una maggiore consistenza. È in questa melma politica reazionaria e intrallazzista, con loschi passati e presenti, che Crocetta ha piantato le fondamenta della sua ascesa politica e mantiene il suo governo. Dunque rivolga anche a se stesso le critiche che ha rivol- to ai suoi colleghi parlamentari. Non ne facciamo un discorso unicamente moralista. Diciamo molto più concretamente che questi parlamentari che hanno saccheggiato a piene mani fondi pubblici sono gli stessi che non hanno esitato ad approvare la recente finanziaria di lacrime e sangue del governo Crocetta. E tra le ruberie e i tagli c’è un nesso molto più forte di quello che Crocetta voglia far credere. Anzitutto perché sono le masse popolari siciliane che pagano con i loro sacrifici i lussi di questi politicanti borghesi. Comunque sia il governo Crocetta ne esce ancora una volta del tutto delegittimato, mostrando il suo vero volto che non è per nulla diverso da quello dei recenti governi Lombardo e Cuffaro. Crocetta si dimetta insieme a tutti i deputati inquisiti, se non vuole l’appellativo di doppio traditore della Sicilia in quanto, dopo aver imposto dolorosissimi tagli, finisce per coprire e giustificare questo ladrocinio criminale. Siamo abbastanza certi che non lo farà. E se non lo farà devono essere le masse popolari siciliane a mandarlo a casa, come fecero con Cuffaro, 14 il bolscevico / cronache locali N. 4 - 29 gennaio 2014 Nonostante violenti cariche delle “forze dell’ordine” del ministro Alfano LA RIBELLIONE DELLE MASSE POPOLARI GIUGLIANESI BLOCCA IL PAGAMENTO DELLA TARES Utilizzati gli spray urticanti contro i manifestanti. Ferma e unanime condanna di tutti i Comitati campani in lotta per la salute e l’ambiente SOLIDARIETÀ DEL PMLI ALLE MASSE IN LOTTA E AI LORO COMITATI Dal nostro corrispondente della Campania In un clima sempre più teso nella zona Nord della provincia di Napoli, con il comune di Giugliano e le frazioni di Licola, Varcaturo e Lago Patria tristi protagonisti del criminale scempio ambientale, giovedì 16 gennaio si è consumata l’ennesima grave repressione ai danni delle masse popolari in lotta contro le politiche antipopolari e antiambientali delle istituzioni locali e nazionali della borghesia. L’incapacità di dare una risposta alle masse giuglianesi si è trasformata addirittura in una durissima e violenta carica poliziesca sotto la sede del comune di Giugliano (commissariato per camorra per 18 mesi dalla primavera scorsa) dove centinaia di attivisti, ma anche popolazione, avevano inscenato un presidio spontaneo. Motivo principale della protesta è l’invio ai più di 100mila residenti delle bollette Tares (il “Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi”), un vero e proprio salasso di centinaia di euro da pagare per la gestione dei rifiuti, in vigore dal primo gennaio 2013. Un fatto che non è andato giù alle masse e soprattutto alle famiglie povere o indigenti che hanno manifestato la loro rabbia con un combattivo presidio cui i commissari (ossia i vice prefetti Giuseppe Guetta, Fabio Giombini e il dirigente Luigi Colucci), hanno risposto inviando le “forze dell’ordine” del ministro Alfano con caschi e scudi, in assetto antisommossa. All’apice della rabbia per non essere stati ricevuti, i manifestanti hanno lanciato delle uova verso gli uffici dei commissari e slogan anti-Tares e anti-inceneritore. Mentre viene fatta salire una delegazione dei manifestanti per discutere e chiedere la sospensione del pagamento della Tassa, le “forze dell’ordine” dello scelbiano Alfano attaccano senza preavviso il presidio utilizzando manganelli e spray urticanti. Ma le masse in lotta, compatte e determinate, rispondono alla carica con l’intento di entrare nella sede comunale. È partita quindi una seconda carica molto più violenta, sempre con l’uso di urticante e con lacrimogeni, innescando nelle strade scene di resistenza e di solidarietà. Infatti, numerosi sono stati i giuglianesi che hanno aperto le porte delle proprie case per dare rifugio ai manifestanti inseguiti dalla polizia. Gli scontri sono durati fino alle 13 quando i commissari han- no ceduto alla lotta delle masse che ottengono la sospensione della Tares fino al 28 febbraio, con richiesta di un parere immediato ai ministeri dell’Interno e dell’Economia sull’ipotesi di agevolazione alle fasce più deboli. Viene, dunque, firmato un protocollo dal dirigente del settore tributi e delle risorse finanziarie, Gerardo D’Alterio, con una delegazione rappresentante dei Comitati in lotta. Si tratta di una prima importante vittoria delle masse in lotta per la salute e l’ambiente contro l’indifferenza delle istituzioni locali in camicia nera; ferma la con- Importante giornata di volantinaggio a Napoli del Comitato “Attivisti Campani in Difesa di Salute e Ambiente” Discusso con le masse popolari l’importanza di un nuovo piano rifiuti sotto il controllo popolare e dei comitati di lotta Nella giornata di sabato 18 gennaio Il Comitato “Attivisti Campani in Difesa di Salute e Ambiente” è stato protagonista di un proficuo volantinaggio tra le masse popolari partenopee. Gli attivisti hanno distribuito centinaia di copie della piattaforma redatta in vista della battaglia concernente la cosiddetta “Terra dei fuochi” e la costruzione dell’inceneritore di Giugliano (Napoli). I combattivi attivisti si sono riuniti in piazza del Gesù facendo controinformazione al subdolo appuntamento inaugurale della sesta edizione de “Il Sabato delle Idee”, dedicato al tema “La Terra dei fuochi e il futuro dell’ambiente in Campania” presieduto dal ministro per l’Ambiente Andrea Orlando, e alla presenza del Governatore della Campania Caldoro, e del vicesindaco della giunta di De Magistris, Tommaso Sodano e che si teneva all’istituto provato Suor Orsola Benincasa. I diffusori hanno suscitato molto interesse e approvazione, in molti casi hanno interloquito con i passanti che chiedevano approfondimenti in merito. Unica nota stonata è avvenuta quando tra le masse vi è stato uno scambio di opinioni con un ex assessore alla provincia. Costui ha provocatoriamente addossato tutte le responsabilità della cattiva gestione dei rifiuti alle masse Studentesse e studenti napoletani bloccati e minacciati in piazza dalla polizia di Alfano Il sindaco De Magistris non spende una parola per condannare la repressione poliziesca Redazione di Napoli Sabato 18 gennaio centinaia di studenti medi e universitari hanno contestato la passerella istituzionale del presidente della Regione Stefano Caldoro e del ministro dell’Ambiente Orlando che dovevano presiedere un dibattito che in partenza doveva essere pubblico sulla Terra dei Fuochi. L’iniziativa doveva svolgersi al liceo Casanova ma, la pronta risposta degli studenti e delle studentesse, ha costretto gli organizzatori a rifugiarsi in un’università priva- lezioni ma devono pagarne le conseguenze. Nonostante il clima repressivo e le intimidazioni poliziesche gli studenti hanno continuato la protesta invadendo la strada, bloccando il traffico e spingendo sul cordone della polizia in assetto antisommossa per provare a forzare il blocco. Infine, dopo diverse cariche dei reparti antisommossa, le studentesse e gli studenti sono scesi in corteo verso il centro storico per riunirsi in assemblea a Mezzocannone Giugliano (Napoli), 16 gennaio 2014. La repressione poliziesca contro la protesta popolare contro il pagamento della Tares MENTRE I RESPONSABILI POLITICI LOCALI E NAZIONALI DELLA DEVASTAZIONE AMBIENTALE E DEL BIOCIDIO CAMPANO SI BLINDAVANO ALL’ISTITUTO PRIVATO SUOR ORSOLA BENINCASA Redazione di Napoli NEL CORAGGIOSO TENTATIVO DI CONTESTARE I RESPONSABILI POLITICI DEL BIOCIDIO CAMPANO popolari anziché al sistema politico borghese. Questo mette in evidenza che senza alcun dubbio le masse popolari campane non possono aver fiducia in questi loschi personaggi e nella politica di palazzo che in modo affaristico criminale e senza scrupoli non hanno la benché minima dignità e mentono con molta disinvoltura per favorire e perpetuare i loro interessi e profitti. Non meritano un briciolo di fiducia. L’alternativa reale a questo disastro ambientale può essere determinante solo attraverso un ferreo controllo delle masse popolari e dei loro comitati in materia di un nuovo piano rifiuti e di controllo sulle bonifiche costringendo parallelamente le istituzioni al ritiro immediato del bando dell’inceneritore di Giugliano. Alla giornata di volantinaggio hanno partecipato diversi compagni napoletani della Cellula “Vesuvio Rosso” che fa parte attivamente del Comitato “Attivisti Campani in Difesa di Salute e Ambiente”. danna degli altri Comitati sparsi nel territorio campano, il cui sentimento sembra ben sintetizzato nell’efficace e tempestivo comunicato lanciato dal Comitato Attivisti Campani Salute-Ambiente: “Condanniamo le violente cariche scatenate stamani a Giugliano da parte delle ‘forze dell’ordine’ per reprimere la giusta protesta popolare contro la Tares e la costruzione dell’inceneritore in questo martoriato territorio. Una chiara operazione preventiva tesa a intimidire, con la mannaia della repressione, le popolazioni in lotta e i loro Comitati. Inoltre, esprimiamo tutta la nostra solidarietà alla popolazione di Giugliano e ai suoi organismi di massa che si battono in difesa della salute e l’ambiente. Riteniamo Caldoro, la sua giunta e le Istituzioni locali, gli unici responsabili del disastro ambientale in Campania”. Anche i marxisti-leninisti, tramite il compagno Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, hanno condannato la vile repressione ed espresso tutta la loro solidarietà militante alle masse popolari giuglianesi e ai loro comitati di lotta. Napoli, 18 gennaio 2014. Gli studenti vengono caricati dalle “forze dell’ordine” per impedire la contestazione al governatore Caldoro ta, Suor Orsola Benincasa, per evitare le contestazioni. Questa mossa non è bastata per mettere a tacere la rabbia degli studenti e della popolazione: è stato indetto un secondo appuntamento in corso Vittorio Emanuele. Sul posto era presente un ingente schieramento di “forze dell’ordine” dello scelbiano Alfano a evidenziare ancora una volta quanto di “pubblico” ci fosse nel dibattito organizzato: l’università è stata dichiarata “zona rossa” e le vie circostanti blindate mentre il corteo è stato bloccato nel vicolo del Petraio. In piazza Cariati la polizia ha tentato di allontanare gli studenti, i quali, nonostante le minacce e gli spintoni, hanno resistito e hanno fatto intendere chiaramente che coloro che hanno inquinato, non hanno alcun diritto di parlare e dare Occupato e discutere di come continuare, in città, sui territori, nei luoghi della formazione, la lotta contro il biocidio che dall’autunno infiamma le piazze e riempie le strade di tutta la nostra amata regione. Riteniamo vergognoso il silenzio della giunta comunale dell’imbroglione e antipopolare De Magistris sui gravi episodi repressivi di sabato scorso ai danni delle studentesse e degli studenti in lotta per difendere salute e ambiente, privati anche del diritto di intervenire al convegno; altresì è vergognoso che il suo vice-sindaco e assessore all’ambiente Tommaso Sodano, presente al dibattito con Caldoro e Orlando, non abbia speso una parola a sostegno di chi fuori e in piazza veniva brutalmente aggredito dalla furia delle “forze dell’ordine”. Proteggendo il nero convegno di “Lealtà e Azione” nel Politecnico LA POLIZIA CARICA GLI STUDENTI ANTIFASCISTI DI MILANO Il PMLI rivendica la messa fuorilegge di tutti i gruppi nazifascisti Redazione di Milano Nella mattina di venerdì 17 gennaio era stato programmato a Milano un convegno promosso dai nazifascisti di “Lealtà e Azione” (sotto l’etichetta di copertura “Gruppo Alpha”) in Università Statale dove gli studenti hanno organizzato un presidio antifascista. Non appena giunta la notizia che i nazifascisti - vistisi ritirata l’autorizzazione presso la Statale proprio a seguito della protesta studentesca - avrebbero tenuto l’incontro al Politecnico, il presidio si è qui diretto. Le istituzioni del regime neofascista, in questo caso quelle universitarie del Politecnico dirette dal rettore Giovanni Azzone, avevano infatti subito concesso l’autorizzazione per lo svolgimento del suddetto convegno con ospiti dichiaratamente fascisti, nazisti, razzisti e negazionisti. Il Politecnico è stato subito blindato e presidiato dalle “forze dell’ordine” del governo LettaAlfano – che hanno caricato gli studenti quando hanno portato la protesta antifascista all’interno dell’ateneo. Il bilancio degli scontri è di un fermo per identificazione. La perseverante protesta degli studenti antifascisti ha comunque ottenuto la sospensione del convegno nazifascista. “Un comportamento simile è in contrasto con i dettami della nostra Costituzione antifascista e ribadiamo l’assurdità della concessione degli spazi universitari del Politecnico, che invece erano stati negati da parte della Statale in precedenza - hanno denunciato gli studenti organizzati dell’Unione degli Studenti (UdS) - condanniamo il comportamento delle istituzioni universitarie e la violenza utilizzata dalle forze dell’ordine in difesa di tale iniziativa”. La Cellula “Mao” di Milano del PMLI esprime totale solidarietà antifascista agli studenti antifascisti aggrediti dalle cariche e dalla repressione poliziesche e rivendica il divieto assoluto - inerente al reato di apologia di fascismo - allo svolgimento di convegni nazifascisti e il rispetto integrale della legge n.645/52 compresa la messa fuorilegge di tutti i gruppi nazifascisti. esteri / il bolscevico 15 N. 4 - 30 gennaio 2014 Referendum sulla Costituzione Solo il 38% dell’elettorato egiziano va alle urne I Sì superano il 98% Al referendum del 14 e del 15 gennaio sul testo della nuova costituzione egiziana il voto favorevole ha superato il 98% dei voti validi ma la vera entità del plebiscito cercato dal governo insediato dal generale Abdel Fattah al Sisi è espressa dai votanti che sono stati solo il 38% degli oltre 53 milioni di elettori. Lo scontato voto favorevole alla carta costituzionale, nelle intenzioni di al Sisi, dovrebbe legittimare il governo insediato al Cairo dopo la deposizione e l’arresto dell’ex presidente Morsi del 3 luglio scorso cancellando le parti più contestate della Costituzione voluta dal partito dei Fratelli musulmani in particolare riguardo la preminenza data alla religione islamica. Sapendo di non riscontrare una larga approvazione nel paese, ai militari bastava superare il dato della partecipazione al referendum della precedente Costituzione nel luglio 2012 quando a votare si era recato il 33% degli elettori e il documento ottenne il 64% di consensi; i due terzi dell’elettorato disertarono le urne nel 2012 e poco di meno lo hanno fatto il 15 gennaio. Da ricordare che il 19 marzo del 2011, al primo voto dopo le rivolte iniziate il 25 gennaio che portarono alla caduta della dittatura del generale Hosni Mubarak, la partecipazione al voto era stata del 70%. Questa volta al boicottaggio del voto hanno dato il loro contributo il principale partito islamico, quello dei Fratelli musulmani, ma non quello salafita di al Nour che ha partecipato alla stesura del documento e appoggia il governo di al Sisi, e diversi movimenti giovanili e laici tra i protagonisti della rivolta di piazza Tahir che contestano la militarizzazione dello Stato a partire dai maggiori poteri dati all’esercito nel reprimere le manifestazioni di piazza. Il testo della nuova costituzione, elaborato dalla apposita commissione composta da 50 membri nominati dai militari, conferma l’islam quale religione ufficiale del paese ma prevede molte aperture nei confronti delle minoranze, compresa la libertà religiosa, e esclude dall’attività politica tutti i partiti a “base religiosa”, quelli che nelle prime elezioni di due anni fa avevano ottenuto il consenso di due terzi degli elettori. Per partecipare alle future elezioni politiche dovranno cambiare forma o schierare candidati indipendenti in altre liste. Potranno invece tornare in corsa alcuni protagonisti della dittatura di Mubarak che la precedente costituzione aveva messo al bando. La carta proclama inoltre la libertà di riunione e di espressione e proibisce la tortura e il traffico di esseri umani. Questi passaggi della costitu- zione cancellano anche la svolta teocratica semifeudale imposta a colpi di maggioranza dall’ex presidente Morsi e dai Fratelli musulmani ma non hanno convinto neanche parte delle opposizioni laiche e liberali a appoggiarla perché sull’impostazione del documento pesa come un macigno l’impronta dei militari. Il Consiglio supremo delle forze armate, il vero governo del paese, ha il potere di veto sulla nomina del ministro della Difesa, in altre parole il ministro lo scelgono i generali che tra l’altro mantengono il diritto di parola su ogni legge in materia di sicurezza per bloccare all’occorrenza le riforme non gradite; altre norme prevedono che il bilancio delle forze armate rimanga ancora fuori dalle competenze e dalla sorveglianza del parlamento. Infine è ripristinata la competenza dei tribunali militari a giudicare i civili che era stata cancellata nel precedente testo. Il primo a congratularsi con al Sisi per il “successo” elettorale è stato il nuovo zar del Cremlino Vladimir Putin; gli Usa, che con Turchia e Qatar erano stati tra i sostenitori e finanziatori del regime di Morsi, sembra stiano facendo buon viso a cattiva sorte e dato che anche al Sisi garantisce la continuità della politica della dittatura di Mubarak di copertura verso i sionisti di Tel Aviv si preparano a sganciare anche per il 2014 il consueto aiuto finanziario annuale di 1,5 miliardi di dollari all’esercito egiziano. Che li mette in cassa assieme a quelli del suo nuovo sponsor, l’Arabia Saudita. Contro la chiusura della fabbrica e i 1.173 licenziamenti Gli operai occupano la Goodyear di Amiens La decisione dei dirigenti francesi della Goodyear, il gigante statunitense dei pneumatici, di chiudere lo stabilimento di Amiens nel nord della Francia perché poco redditizio rispetto la concorrenza era stata annunciata il 31 gennaio 2013 al termine di un lungo confronto con le organizzazioni sindacali di fabbrica che si erano opposte chiedendo il mantenimento dell’attività produttiva o in alternativa la ricollocazione dei lavoratori in altre aziende. Il piano di chiusura doveva partire con l’invio delle prime lettere di licenziamento nel gennaio 2014 e a fronte della conferma del piano i lavoratori e le organizzazioni sindacali decidevano il 6 gennaio di occupare lo stabilimento. I lavoratori e i sindacati di fabbrica e di categoria si erano opposti fin dalle prime avvisaglie della chiusura dello stabilimento che erano state ventilate dalla direzione aziendale fin dal 2007 e avevano messo in campo tutte le ini- ziative di lotta e di ricorsi legali possibili per bloccare il progetto di chiusura e del conseguente licenziamento dei 1.173 addetti. Durante tutto il 2013 i lavoratori più volte avevano scioperato e protestato anche fuori della fabbrica, con blocchi stradali e copertoni bruciati. La trattativa con la partecipazione anche dell’amministrazione locale per cercare soluzioni alternative alla chiusura doveva riprendere il 7 gennaio ma nell’incontro preliminare in fabbrica del 6 gennaio la direzione aziendale ribadiva l’intenzione di chiudere le attività e i lavoratori già impegnati nel blocco dei cancelli decidevano di inasprire la lotta e di passare all’occupazione dello stabilimento. La decisione partiva non appena due responsabili aziendali, il direttore della produzione e il capo del personale (oggi si chiama direttore delle risorse umane, ndr) confermavano l’avvio del piano di ristrutturazione dell’azienda in prospettiva della chiusura; alcune centinaia di operai che presidiavano l’edificio dove si svolgeva l’incontro ne bloccavano l’ingresso con un grosso pneumatico di trattore e intrappolavano due dirigenti impedendogli per alcune ore l’uscita. “Vogliamo che i dirigenti capiscano che dopo 7 anni di lotta la nostra motivazione è intatta. È la nostra fabbrica, punto”, affermavano le rappresentanze sindacali spiegando le motivazioni del gesto. Rilasciati i due dirigenti i sindacati annunciavano l’occupazione del sito col blocco delle attività e ribadivano la richiesta dell’apertura di un tavolo di trattative per scongiurare la chiusura definitiva dello stabilimento. Denunciando che le iniziative fino ad allora messe in campo dall’azienda erano state fallimentari, una presa di giro. La direzione della Goodyear nel corso delle trattative dello scorso anno aveva promesso di aiutare i lavoratori a trovare una ricollocazione o in alternativa offrire loro incentivi alla mobilità e Amiens, gennaio 2014. Un picchetto degli operai della Goodyear e il pneumatico gigantesco con cui hanno bloccato l’uscita della sala dove si decideva il futuro dei loro posti di lavoro. un piano di pensionamenti anticipati. Ma la fase di ricollocamento già avviata con l’apertura, nella vicina cittadina di Boves, di un centro di servizi di consulenza per trovare posti di lavoro nella zona di Amiens ne ha trovati solo un centinaio. D’altra parte nelle zone indu- striali di Amiens, come in quelle principali della Francia, la lista delle ristrutturazioni e dei licenziamenti anche delle grandi aziende si allunga di giorno in giorno per effetto della crisi economica. Secondo una indagine del quotidiano economico Les Echos sarebbero almeno 20 mila i licenzia- menti diretti previsti nei prossimi anni nei gruppi Accelor-Mittal, Psa, AirFrance, Alcatel, Petroplus, Doux, Sfr, Renault e Sanofi. E il governo socialista del presidente Hollande, impegnatissimo nelle missioni militari imperialiste nelle ex colonie in Africa, resta sostanzialmente a guardare. Introdotto dall’amministrazione socialdemocratica per reprimere migranti e centri sociali antagonisti Stato d’eccezione poliziesco ad Amburgo Dal 4 gennaio nei quartieri St. Pauli, Sternschanze e Altona della zona centrale di Amburgo, l’amministrazione socialdemocratica guidata dal sindaco Olaf Scholz ha istituito a tempo indeterminato la Gefahrengebiet (letteralmente “zona di pericolo”), un’enorme “zona rossa” militarizzata all’interno della quale vige lo stato d’eccezione poliziesco con lo scopo di compiere “azioni preventive contro la criminalità”. Che nella pratica vuol dire posti di blocco con mezzi blindati e agenti schierati in assetto antisommossa per le strade, poliziotti che possono fermare, identificare e decidere chi e per quanto tempo arrestare sulla base di un semplice sospetto. Possono fermare e bloccare dentro autobus pubblici requisiti allo scopo chiunque passi per strada dal mattino fino alle ore 20; dalle 20 e fino al mattino vige una sorta di coprifuoco con l’invito agli stessi residenti a non uscire di casa. All’interno del perimetro dei tre grandi quartieri è stata sospesa la circolazione di auto e mezzi pubblici e alcuni bus di linea sono stati trasformati in posti di polizia mobili. Uno stato di polizia che applica la legge marziale e che tiene significativamente a battesimo il governo della “grande coalizione” tra i democristiani della Cdu-Csu e i socialdemocratici della Spd guidato dalla cancelliera Merkel. Il sindaco socialdemocratico della seconda città del paese, una città-Stato, ha poteri pari a quelli del governatore di un land, una Regione-Stato, fra i quali quello di dichiarare la sospensione parziale di diritti democratici e attuare le pratiche di un regime fascista. Al- tre volte negli ultimi otto anni le amministrazioni locali nella “democratica” Germania hanno dato il via libera alla polizia di istituire “zone di pericolo” nelle aree urbane in più di quaranta casi, nella maggior parte soltanto per poche ore in occasione di partite di calcio, manifestazioni politiche o eventi simili. Il provvedimento fascista applicato a Amburgo non ha limiti di tempo, il Senato anseatico, il governo della città-Stato della Spd, pensa di averne bisogno per diverso tempo per affrontare col pugno di ferro situazioni per lui complicate nella zona centrale della città. A Sternschanze e nel vicino quartiere di St. Pauli si trovano il centro sociale Rote Flora, attivo da quasi 25 anni in un palazzo occupato e sotto sfratto e attivo nell’organizzare la protesta socia- le e in difesa degli immigrati, un gruppo di vecchie case occupate che il comune vuole abbattere per edificare al loro posto uffici e appartamenti di lusso e la chiesa di St. Pauli che ha accolto un gruppo di circa 300 profughi, di cui una settantina provenienti da Lampedusa. Già da alcuni mesi la polizia di Amburgo aveva messo nel mirino il quartiere Sternschanze con controlli a tappeto e fermi per intimidire le proteste e preparandosi all’intervento di sgombero della serie di case occupate e di Rote Flora. Nelle ultime settimane di dicembre si erano susseguite varie manifestazioni tra le quali quelle dei richiedenti asilo del collettivo ‘Lampedusa ad Amburgo’ che ha portato in piazza i migranti con manifestazioni, occupazioni e forme di resistenza passiva alle espulsioni di cittadini stranieri. L’episodio che ha portato alla militarizzazione del centro della città anseatica secondo l’amministrazione socialdemocratica sarebbe stata la reazione di una parte dei manifestanti alle selvagge cariche della polizia al corteo, al quale partecipavano più di 10 mila persone, che il 21 dicembre era partito dal centro sociale per protestare contro la decisione degli sgomberi dietro la parola d’ordine “La città appartiene a tutti: i rifugiati, le case Esso e la Rote Flora devono restare!”. Gli agenti intervenivano con largo uso di idranti, spray al peperoncino e manganelli; i dimostranti rispondevano ingaggiando duro scontri e secondo alcune fonti ci sarebbero stati 600 feriti. Nonostante la repressione poliziesca e la proclamazione dello stato d’eccezione poliziesco alcune proteste con esposizione di cartelli e striscioni si svolgevano lo stesso nella zona proibita dal 5 al 7 gennaio; la polizia interveniva con decine di fermi e diversi arresti. Da evidenziare che lo stato di polizia attuato a Amburgo è permesso dal Trattato di Velsen, stipulato nel 2007 dai governi imperialisti europei per promuovere l’Eurogendfor, un corpo di polizia a carattere sovranazionale da utilizzare in casi situazioni di caos dovuti a cataclismi ambientali o piuttosto in caso di “disordine pubblico” generato da varie situazioni di difficile gestione per il cosiddetto “ordine pubblico”. Tra i firmatari delle norme fasciste del Trattato di Velsen c’è anche l’Italia che l’ha ratificato nel maggio 2010. 1924 - 21 Gennaio - 2014 il bolscevico / corruzione 90°10 ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DEL GRANDE MAESTRO DEL PROLETARIATO INTERNAZIONALE N. 3 - 23 gennaio 2014 CON LENIN PER SEMPRE PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO Comitato centrale Sede centrale: Via Antonio del Pollaiuolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 - recapito postale: Il Bolscevico - C.P. 477 - 50100 Firenze e-mail: [email protected] www.pmli.it