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LE DIOCESI
DI RUVO E BITONTO
DURANTE
IL PONTIFICATO DI PIO XI
(1922-1939)
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Capitolo I
NOTE BIOGRAFICHE
DEI VESCOVI,
DEGLI AMMINISTRATORI
APOSTOLICI E VICARI
CAPITOLARI.
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MONS. PASQUALE BERARDI,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
dal dicembre 1897 al 10/10/1921
Il parroco Dott. Francesco Valente, Arciprete di Gaeta
nel suo Bollettino parrocchiale, nell’articolo “Per l’ingresso solenne di Mons. Pasquale Berardi nell’Arcidiocesi di Gaeta, 30 ottobre 1921”, ci offre le notizie biografiche del vescovo fino a quella data.
Nato in Duronia, Diocesi di Trivento (Campobasso) il 12
maggio 1861 da Giovanni e Annantonia di Salvo. Il 4 novembre 1873 entrava nel Seminario di Trivento per compiervi il corso ginnasiale. L’8 marzo 1881 espleta il servizio militare a Palermo; va come ufficiale di Complemento a Caserta, dove diventa amico di Mons. De Rossi.
Il 19/6/1884 entrava nel Seminario di Lacedonia come
professore del ginnasio superiore. Il 19 luglio 1885 fu ordinato sacerdote da Mons. Iorio. E nel Marzo 1886 si reca a Taranto come segretario di Mons. Iorio, ad insegnare
nel ginnasio superiore.
Nel giugno 1886 Mons. Berardi accorreva a Montemesola (Lecce) per assistere i colerosi. Nel luglio 1891, lasciato Taranto, conseguiva a Napoli la laurea in Lettere e
Filosofia, dopo essere stato premiato con borsa di studio,
una per I'estero e I'altra per il territorio nazionale. Dal
1891 al 1892 fu professore nel ginnasio municipale di S.
Pietro presso Mugnano del Cardinale, e direttore spirituale dell'Istituto. Dal 1893 al 1897 fu Rettore e Professore nel Seminario di Trivento.
Papa Leone XIII, nel dicembre 1897 nominava Mons.
Berardi, vescovo di Ruvo e Bitonto. Il 25/3/1898 fu consacrato dal Card. Satolli. Il 19/3/1899 fece il suo ingresso
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solenne nelle Diocesi affidategli. Nel 1900, Mons. Berardi iniziava la pubblicazione dei periodici "L’Era novella"
(raccomandato dal 17° Congresso Italiano Cattolico) e
“Democrazia Cristiana”.
II 12/2/1900 interveniva al Congresso Regionale di Taranto dove pronunciava il celebre discorso sul
“Clericalismo”. Per opera sua furono istituite nel 1901 Ie
Cappelle Catechistiche serali.
È del 19/8/1901 la posa della prima pietra dell’Istituto
Sacro Cuore a Bitonto. Interviene al Congresso Nazionale di Taranto nei giorni 5-6-7 settembre 1901, pronunziandovi l’applaudito discorso “Salviamo la gioventù”.
Nel gennaio 1902 fece tenere in Diocesi la Missione dei
PP. Passionisti e fece erigere la croce d’argento nella
Cattedrale di Bitonto, in riparazione degli oltraggi recati
alla Croce il 5/1/1902. Provvide a una nuova circoscrizione delle Parrocchie di Ruvo nell’aprile 1902. Conferiva poi la consacrazione episcopale a Mons. Paolo Schirò
vescovo titolare di Benola il 20/3/1904. Fondava i Preti
Missionari il 22/5/1904, sotto il titolo di San Giovanni
Crisostomo. Nel 1905 istituiva il Circolo Giovanile Cattolico Pio X e nello stesso tempo provvedeva alla cassa
rurale a Ruvo. Anche a Bitonto il 4/4/1906 provvedeva
alla nuova circoscrizione ecclesiastica parrocchiale. Il
4/8/1906 si ricorda la fondazione ufficiale del Circolo ecclesiastico Pio X, con Breve della Segreteria di Stato.
Provvedeva il 10/4/1907 ad istituire il circolo operaio
“Fede e Lavoro”.
Nel 1908 riunisce Ie forze giovanili in varie sezioni in
conformità delle disposizioni della S. Sede sull'Azione
Cattolica. Anche a Bitonto si tiene il Congresso Provinciale Cattolico per opera di Mons. Berardi il 12/4/1909.
L’apertura dell’Oratorio pubblico del Sacro Cuore annesso all'lstltuto omonimo, porta la data dell’1/11/1909. Al
giubileo sacerdotale del Vescovo, il 24/7/1910 interviene
Mons. Lamberti, vescovo di Conversano, Mons. Trama,
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vescovo di Lecce, Mons. Staiti, Vescovo di Adria. Non
mancò per l’occasione un lusinghiero Breve pontificio di
Pio X. Mons. Lamberti pronunziò il discorso "Vescovo e
Sacerdote". Nel gennaio 1915 istituiva a Mariotto una
nuova Parrocchia per i bisogni pastorali di quella frazione
della diocesi di Bitonto.
Al Vescovo Berardi veniva affidata anche la consacrazione episcopale di Mons. Oronzo Caldarola, bitontino,
eletto vescovo di Teggiano e consacrato il 29/6/1916.
Non mancava per opera di Mons. Berardi la pubblicazione di un “bollettino mensile del Sacro Cuore” per incoraggiare nel 1917 la costruzione dell'Istituto omonimo.
Nel gennaio 1920 si teneva a Bitonto la Missione dei PP.
Passionisti. Il vescovo il 10/10/1920 interveniva alle feste
di San Gabriele dell’Addolorata a Novoli. Teneva un discorso alla presenza del Card. Ascalesi, Arcivescovo di
Benevento, di Mons. Orazio Mazzella, Arcivescovo di
Taranto e Mons. Angelo Petrelli, vescovo di Venosa.
Tale discorso fu dato alle stampe. Nel settembre 1920,
Mons. Berardi interveniva al Congresso Nazionale di
Bergamo.
Il I8/4/1921 partiva per le Americhe, per compiere una
importante missione conferitagli dalla segreteria di Stato.
Benedetto XV lo promuoveva "per meriti” Arcivescovo
di Gaeta; e accettava la postulazione del Sacro Pallio, il
21/4/1921. Mons. Berardi ritornava dalle Americhe il 1°
settembre 1921 e fissava il solenne ingresso nell’Arcidiocesi di Gaeta per il 30/10/1921: era presente per la circostanza, da Bitonto l’ingegner Calamita1.
Nella prima Lettera Pastorale a Gaeta, scitta nella f esta del SS. Rosario a Pompei, lo stesso vescovo ricorda le
circostanze in cui avvenne la nuova nomina: “Dopo una
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Bollettino dell’Arcipretura Parrocchiale di S. Maria Maggiore di
Lenola, (IV°) 1921 numero speciale.
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nobile missione in America durata tre mesi e compiuta
felicemente con la gran festa dell’inaugurazione d’una
casa centrale di Maestre Pie in Trenton… e con la visita a
più di 50 Colonie de’ nostri emigrati, da Boston a Washington, tornato a Roma a ringraziare il S. Padre e
dell’onore concessomi di salpar l’Atlantico e della grazia
di aver imposto sulle mie povere spalle, senza alcun mio
merito il Pallio della nobile sede di Gaeta…senza rimorsi
e senza rancori, volgo le serene pupille al Tirreno… della
mia nuova sede”.2
Circa la permanenza di Mons. Berardi a Gaeta, come per
il suo allontanamento dall’Arcidiocesi nel 1925, si rimanda al capitolo che tratta dell’Istituto Sacro Cuore.
Le ulteriori notizie che qui riportiamo le cogliamo dai ricordi personali dei parenti di Mons. Berardi. Questi fu
nominato Assistente anziano al Soglio Pontificio e si trasferì a Roma ove ebbe l’incarico di Arcivescovo titolare
di Nacolea. A Roma visse prima presso la sede della Parrocchia di Santa Prassede in via Merulana per trasferirsi
negli anni successivi a Villa S. Francesco ai Parioli. In
seguito trasferì la sua residenza in una abitazione privata,
prima a via Mecenate e poi a via Catania, 19.
Mons. Berardi moriva a Duronia (CB) il 21/7/1945.
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Berardi, P. Lettera Pastorale “Spirito di unione, di amore, di Pace”,
tip. Pontificia, Pompei 1921.
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CARDINAL EUGENIO TOSI,
AMMINISTRATORE APOSTOLICO
DI RUVO E BITONTO
dal 10/10/19213 al 7/3/1922
Le notizie biografiche sul Card. Eugenio Tosi le ricaviamo da un volumetto edito nel 40° della sua morte4.
Nacque il 6 maggio del 1864 alle ore 12,30 pomeridiane:
si legge nei registri dei battesimi di S. Giovanni Battista
in Busto Arsizio. Figlio di Luigi e di Teresa Rabolini (che
partecipava attivamente alla Conferenza di S. Vincenzo),
ultimo di sei figli; fu chiamato Eugenio, Alessandro, Maria.
Il cognome Tosi è accompagnato dal soprannome
“Bilitroù” a distinzione di altri rami della famiglia stessa,
per esempio da quello dei Tosi soprannominato “Muletti”
a cui appartenne Mons. Luigi Tosi, vescovo di Pavia. I
genitori del Tosi erano tessitori e nell’atto di battesimo,
sono indicati come “possidenti”.
Entrò nel Seminario di S. Pietro martire il 5/11/1875, dopo aver ricevuto l’abito clericale per le mani del Prevosto
Mons. Giuseppe Tettamanti; per l’occasione fece domanda all’Arcivescovo Luigi Nazari dei Conti di Calabiana.
Passò poi al Seminario liceale di Monza e in seguito, a
quello teologico di Milano, a corso Venezia. Quivi dimostrò capacità oratorie con panegirici e prediche, il cui testo era prima riveduto dal professore d’eloquenza, Don
Achille Ratti, poi Pio XI.
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In B.V.B.
Vari, Card. Eugenio Tosi Arcivescovo di Milano dal 1922 al 1929,
1969 in Archivio Arcivescovile di Milano.
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Fu ordinato sacerdote il 24/6/1887 nella Cappella
dell’Arcivescovado milanese dal Patriarca Ballerini, storico del Concilio Vaticano I°, in sostituzione dell'Arcivescovo Calabiana. Fu chiamato a Busto come coadiutore
del Prevosto Tettamanti e destinato per due anni
all’oratorio maschile. Più tardi coprì l’ufficio di Prefetto
di sacrestia della Basilica di San Giovanni. Uno zibaldone, scritto quasi tutto di suo pugno e conservato presso la
Basilica, è preziosa testimonianza di questa sua attività.
Dopo due anni di permanenza a Busto Arsizio,il 24 ottobre l889, il Tosi entrava nel collegio dei Missionari di
Rho, rimanendo per circa un ventennio in contatto diretto
con il Clero e con il popolo dell’intera Diocesi. In questo
periodo, l’Arcivescovo Card. Ferrari, che lo conosceva e
lo stimava, incominciò a ben volere Mons. Tosi in modo
particolare. Papa Pio XI, già suo professore di eloquenza,
fu più volte come Oblato fra i suoi uditori nei corsi di Esercizi tenuti per i membri della congregazione.
Nel I909 fu nominato Vicario Generale della Diocesi di
Rimini, dove rimase per un anno. Con una notifica della
S. Congregazione Concistoriale, il 5/4/19115 veniva nominato da Pio X vescovo di Squillace in Calabria. Il
16/5/1911, il Card. Ferrari lo consacrava solennemente
nel Duomo con l’assistenza di Mons. Giovanni di Dio
Mauri Ausiliare di Milano e di Mons. Pietro Viganò Vescovo titolare di Ezani. Come vescovo di Squillace provvide a riformare il seminario.
II 22/3/19I7 Papa Benedetto XV lo nominò vescovo di
Andria e il 10/10/1921 lo volle Amministratore Apostolico di Ruvo e Bitonto, dopo l’elezione di Mons. Berardi
ad Arcivescovo di Gaeta. La sua attività principale ad
Andria, Ruvo e Bitonto, fu la profonda riorganizazzione
del Clero.
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In Annuario Pontificio 1925.
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Rimasta vacante la sede di Milano, con la scomparsa del
Card. Ferrari e col rapido passaggio di colui che doveva
salire sulla Cattedra di Pietro, dopo il Vicariato di Mons.
Giovanni Rossi, Eugenio Tosi il 7/3/1922 veniva nominato Arcivescovo di Milano e vi prendeva possesso il
23/7 dello stesso anno.
Appena eletto Arcivescovo di Milano, nel I922, il Card.
Tosi volle compiere una visita alla sua città dove per le
solenni accoglienze fu esposto sull'arco di trionfo lo
stemma di famiglia formato da una testa di bambino (il
Toso lombardo) nel piano inferiore e tre stelle nel piano
superiore, diviso dall’inferiore da una striscia che sale ad
angolo nel mezzo. Nello stesso anno in cui era stato
chiamato alla Sede di san Carlo, Pio XI lo nominava Cardinale nel concistoro dell’11 dicembre, assegnandogli il
titolo di S. Silvestro e S. Martino ai Monti. A Milano il
Card. Tosi vendette Chiese secondarie del centro, illustri
per storia e tradizioni, ma che avevano perduto ormai ogni scopo di funzionalità per la rarefazione di quella popolazione, mentre quartieri nuovi della periferia erano
privi di assistenza religiosa. Cosi con le somme ricavate
potè aiutare il sorgere di Chiese parrocchiali nei nuovi
quartieri. Sorsero così Ie Chiese alla Bicocca, Lambrate,
Santa Maria alla Rossa, Santa Maria Beltrade a Greco,
San Paolo, San Pio V a Galvairate, alla citta degli Studi, a
Valle Olona, a Varese e dei SS. Pietro e Paolo a Busto
Arsizio. II programma di Sua Eccellenza dl valorizzare il
più possibile le Parrocchie, trovava un'attuazione a larghe
vedute: prima di tutto le anime nelle organizazzioni
dell’Azione Cattolica, le quali sono per Ie Parrocchie il
primo centro d'aiuto e d’esempio; poi la costruzione di
Chiese, di edifici, che si potrebbero chiamare complementari delle Chiese stesse, specialmente oratori, sede di
opere parrocchiali. Accanto all’Azione Cattolica, si interessò in particolar modo della buona stampa. Si ricordano
le sue lettere Pastorali, una delle quali per raccomandare
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il giornale quotidiano “L’Italia” fu riportata integralmente dalla stessa Croix di Parigi. Al suo nome è legato
lo sviluppo delle opere missionarie, il Congresso del
Vangelo e di Etnologia, la sedicesima settimana sociale
ecc. Si interessò poi alacremente per il Seminario Lombardo di Roma e per quello che sorse a Venegono Inferiore, il più grande d’Europa. Nelle Visite Pastorali diventava l’idolo della folla.
Non mancano i pochi che non l’hanno compreso e
l’hanno amareggiato. La sua bonarietà bustese, il parlare
in dialetto in ogni circostanza, la giovialità costante, la
schiettezza, le facezie che gli fiorivano continuamente sul
labbro e che sembravano talvolta singolari per un Porporato, costituivano la delizia del popolo e l’esasperazione
di alcune egregie persone, specie di quelle che vivono di
“posa”. Tra le sue carte c’era una busta in cui erano raccolti tutti i foglietti malevoli: sulla busta, la sua mano aveva scritto le parole del “Perdona loro”.
Nel testamento spirituale letto sul letto di morte, scriveva:
“Domando innanzi tutto perdono, se avessi o come cristiano, o come sacerdote, o come vescovo di Squillace, di
Andria e di Milano offeso qualcuno… Posso dirlo con
sincerità: non ho fatto se non per isbaglio”. E ancora: “Al
mio immediato successore, ed agli altri che verranno,
tutti usino la carità, non solo di obbedirli e rispettarli, ma
anche di mai e poi mai interpretare in modo meno che
benevolo le loro disposizioni, anche quando avessero
l’apparenza di meno che giuste e corrette”.
Fu chiamato il Vescovo della bontà: “Dopo un rimprovero o una sgridata data, com’era suo dovere di Superiore,
ad un sacerdote, gli capitava di terminare la ramanzina a
questo modo: “Adesso si segga lì e mi confessi”.
L’ultima sua firma, che scrisse tremando, fu per approvare l’iniziativa della adorazione notturna in casa, promossa
da Padre Matteo e dall’opera della Regalità di Cristo. Il
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lunedì 7/1/1929 moriva il card. Eugenio Tosi, minato da
malattia fin da quando era vescovo di Andria.
Busto Arsizio inviava per i funerali il carro funebre trainato da quattro cavalli. I funerali si svolsero il giorno 10
giovedì alle 10. La sua tomba si trova nel Duomo accanto
a quella dei due servi di Dio Ferrari e Schuster. In Diocesi la sua memoria è affidata al tempio di Sant’Eugenio
vescovo, eretto proprio in suo ricordo dagli uomini cattolici.
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MONS. GIOVANNI NOGARA,
VISITATORE APOSTOLICO
AL SANTUARIO DEI SS. MEDICI
a Bitonto dal 12/7/1921al 30/11/1924
Le notizie biografiche le cogliamo da un opuscolo in
morte.6 Nacque a Bellano (Mi) il 16/9/1876 da Giovanni
e da Giulia Vitali; sesto tra nove fratelli. Compì gli studi
ginnasiali e liceali nel Seminario Arcivescovile di San
Pietro Martire di Milano e in quello di Monza: conseguiva la licenza liceale al liceo Manzoni. Si trasferiva a Roma alunno del Seminario teologico lombardo, retto da
Mons. Lualdi, poi Card. Arcivescovo di Palermo a cui fu
carissimo; ed il 23/9/1893 veniva ordinato sacerdote nella
Basilica di S. Ambrogio in Milano per le mani del card.
Ferrari. Celebrava la prima Messa nella Prepositurale di
Bellano. Nel 1900 consegue a Roma la laurea in Teologia
e inizia il noviziato per essere ammesso tra gli Oblati dei
SS. Ambrogio e Carlo. Per disposizione del Card. Ferrari
andò ad insegnare nel collegio arcivescovile di San Martino presso il Seminario di San Pietro Martire; fusosi questo col collegio Ballerini di Seregno, egli pure lo seguì e
vi rimase fino al 1903, quando passò al collegio Alessandro Volta di Lecce. Quivi fu anche vicerettore, poi maestro dei Prefetti indi Direttore spirituale. Nel frattempo fu
predicatore quaresimale nelle Parrocchie circonvicine di
Pescarenico, di Rancio, di Acquate, di Maggianico, di Oginate, di Mandello.
6
Paravi lucernam Christo meo. In memoria di Mons. G. Nogara, tip.
Salesiana, Bari 1931, pp.1-106.
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Dietro proposta del Card. Ferrari, nel luglio del 1913. Fu
chiamato dal Card. Boschi Giulio come Rettore del Seminario arcivescovile di Ferrara dove rimase per cinque
anni. Nel 1919 passò un anno a Milano, finchè
nell’agosto 1920 accettò la direzione del Seminario Regionale Appulo-Lucano in Molfetta, sino allora tenuto dal
vescovo di Tricarico, Mons. Raffaello delle Nocche.
A Molfetta trovò 90 alunni e alla sua morte ne lasciò 360.
Nel 25° del suo Sacerdozio fu nominato prelato domestico nel 1924. Si prodigò per spostare il Seminario dalla
sede vescovile lasciata da Mons. Picone vescovo di Molfetta a nuove fabbriche, la cui prima pietra fu benedetta il
7/6/1925 sempre a Molfetta e il 3 novembre dell’anno
dopo, fu inaugurato dal Card. Bisleti, Prefetto della S.
Congregazione dei Seminari.
Il nuovo Seminario dal 21 al 29 aprile 1928, ospitò il
Concilio plenario appulo.
Il 17/3/1931 Mons. Nogara si ammalava; moriva alle
3,20 a Molfetta il 22 marzo. Seguirono le solenni onoranze funebre con l’elogio di Mons. Taccone vescovo di Ruvo e Bitonto. Mons. Nogara fu portato a Bellano dove fu
tumulato.
Diamo ora un cenno sui suoi fratelli di cui uno S. E. Giuseppe Nogara, fu arcivescovo di Udine, un altro il Comm.
Bartolomeo fu direttore generale dei Musei Vaticani, un
terzo, il Comm. Bernardino, fu delegato per il tesoro
della Città del Vaticano, un quarto Mons. Roberto fu
Rettore del Seminario Regionale di Chieti, un quinto Padre Luigi, fu missionario delle Missioni Estere di Milano,
in Cina. Ricordiamo anche la sorella Maria, in religione
suor Giulia delle Adoratrici.
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MONS. PLACIDO FERNIANI,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
dal 7/4/1922 al 22/5/1925
Il Maestro di propaganda dell’Azione Cattolica dl Faenza, nel Bollettino del Movimento, il 18 giugno, ci dà i
dati principali della vita di mons. Ferniani.
“Nato in Fognano – egli dice – grazioso paese della vallata del Lamone, a 3 km, dal Comune di Brisighella, da
Antonio, oriundo Brisighellese e da Anna Pancrazi di Faenza. Il padre farmacista risiedè sette anni ancora dopo la
nascita del figlio fino alla dimora stabile che venne a
prendere a Brisighella. Entrato nel seminario di Faenza,
celebre focolaio di studi e studiosi il 3 novembre del
1882, vi compiva i regolari corsi di ginnasio, di liceo e di
teologia con somma lode e con frutti dl una messe abbondante e soda nella cultura e nella pietà”.
Fu ordinato sacerdote da Mons. Cantagalli il 23/9/1893.
“ll consiglio di persone sagge - prosegue il Bollettino - e
il desiderio di perfezionare i suoi studi, lo indussero, nel
novembre successivo, a recarsi in Roma, ove fece parte
della famiglia del Card. Oreglia; e nei cinque anni di
permanenza conseguì le lauree di Filosofia
all’Accademia di S. Tommaso, di Teologia e di Diritto in
Utroque al Seminario Romano dell' Apollinare.
Nel 1899 fu professore al Seminario di Faenza per
l’insegnamento della Teologia Dommatica a 80 alunni.
L’indirizzo nuovo degli studi teologici, bandito dal Pontefice Leone XIII e che il Ferniani aveva appreso nelle
scuole di Roma, instillava poi con sodezza di dottrina e
vastità di cultura, in centinaia di sacerdoti. Mons. Cantagalli, che potè apprezzare le doti del giovane professore,
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il 6/12/1903 gli affidava la cura della importante Parrocchia del Servi. Chiamato dalla fiducia del vescovo di Cesena a suo Vicario Generale negli anni 1914-1915, pur
rimanendo vincolato alle sue mansioni ed in momenti difficili, tenne l’ufficio nuovo con fine tatto, nel pieno gradimento del Clero. Nel 1916 nello stesso Seminario di
Faenza, passava all’insegnamento della Teologia Morale,
e le accurate interpretazioni, in seguito alla pubblicazione
del Nuovo Codice, e le profonde soluzioni dei Casi, nelle
Conferenze mensili, testimoniano della sua vasta cultura
anche nelle discipline civili.
Oratore elegante, efficace, ispirato alla dottrina dei SS.
Padri, consigliere di una prudenza e di una rettitudine
singolare, si è sempre reso ricercato ed apprezzato. Tante
spiccate doti erano state riconosciute dal Pontefice di s.m.
Bendetto XV, che lo nominava suo Cameriere segreto.
Il vescovo Bacchi Vincenzo volle affidare a Mons. Ferniani molti e delicati incarichi. Tra i tanti è opportuno ricordare gli uffici di esaminatore prosinodale, parroco
consultore, del Consiglio di Amministrazione, Promotore
della giusitizia e Difensore del Vincolo. membro della
Commissione per gli esami del Clero, Convisitatore per
la Diocesi, Censore ecclesiastico, per la revisione del libri, Maestro della scuola femminile superiore di religione
e più volte Priore dei Parroci. Assistente ecclesiastico
della giunta diocesana dell’U.P. e dell’U.f.C.I, ove ha
profuso con intelletto d'amore, la sua attività e le sue doti
migliori"7.
Il giorno 7/4/1922 Pio Xl lo eleggeva vescovo di Ruvo
e Bitonto. Il 18/6/1922 nella Chiesa parrocchiale dei Servi, ricevette la consacrazione episcopale da Mons. Vincenzo Bauli, vescovo di Faenza assistito da Mons. Vincenzo Papi vescovo di Macerata e da Mons. Pranzini vescovo Ausiliare di Bologna. Da Bitonto, tra gli altri, sono
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Il Ramo d’Olivo. Organo dell’U.F.C.I. di Faenza, (1°) 1922 n. 1.
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presenti l’Arcidiacono Calamita, il Can. Cuccinella e il
Sac. Ferrante.
Il 25 ottobre avviene a Ruvo il possesso canonico e il 12
novembre 1922, il solenne ingresso. Nei primi tre giomi
di permanenza amministra le Cresime nelle tre Vicarie a
circa 2000 bambini.
Fa visita al sindaco, alle autorità, alle famiglie distinte di
Ruvo, al Laboratorio Fenicia, alle scuole elementari,
all’Ospedale civile e al Ricovero Sant’Angelo. Qui alle
orfane lasciava £. 200; al Patronato scolastico devolveva
£. 100 e £. 400 per tre maritaggi a tre ragazze orfane e
povere.
Il possesso canonico a Bitonto avvenne il giorno
16/10/1922 nella sacrestia della Chiesa Cattedrale, dove
alla presenza del Capitolo, il Segretario Can. Cuccinella
lesse la Bolla. L’ingresso solenne ebbe luogo il
19/11/19228.
Il manifesto del Comitato per l’ingresso di Mons. Ferniani a Bitonto, datato 18/11/1922, così accoglieva il vescovo: “Nei tempi critici – si legge – difficilissimi che attraversiamo, Mons. Ferniani sarà appunto il vescovo,che,
prescelto dalla Divina Provvidenza a reggere le sorti, i
destini delle due Diocesi di Ruvo e Bitonto, ravviverà la
fede, ristabilirà la concordia, la pace, la tranquillità degli
animi in mezzo al Clero, al popolo di Ruvo e di Bitonto”9.
II sac. Benedetto Lovascio, nell’elogio funebre per il vescovo, dirà: “Venne povero vendendo tutto in Faenza, dal
ricavato sottrasse le prime 2000 lire per i poveri di Ruvo
e Bitonto” 10.
8
Vita Religiosa, (I°) 1923 N.I, p. 6; (III°) 1925 n. 6/7, pp. 78-79.
In B.V.B.
10
Lovascio, B. Orazione funebre per Mgr. P. Ferniani vescovo di Ruvo e Bitonto, tip. Garofalo e Figlio, Bitonto 1925, p. 15.
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Riportiamo ora dal Bollettino ufficiale, la cronaca del
21/5/1925 giornata trascorsa dal Ferniani, prima della
morte. Aveva distribuito la prima Comunione alle orfane
del R. Orfanotrofio Maria Cristina di Bitonto. Aveva presenziato in episcopio l’adunata dei circoli della G.F.C.I. e
dei Paggi del SS. Sacramento che “recentemente istituiti,
per desiderio suo in tutte le parrocchie vedeva per la prima volta attorno a sè, primizie promettenti dell’Azione
Cattolica Maschile. A mezzogiorno nella Cappella aveva
conferito la S. Cresima a molti fanciulli e fanciulle. Nel
pomeriggio prese parte alla riunione dei gruppi e circoli
per assistere alla conferenza della professoressa Moretti,
delegata generale della G.F.C.I. per il Mezzogiorno,
sull’Azione Cattolica.
La sera andò nella chiesa di san Domenico per benedire
l’altare di S. Antonio, restaurato ed abbellito. Dovunque
aveva fatto sentire la sua parola che era quella del bonus
miles Christi11.
Il 22/5/1925 moriva Mons. Ferniani. La redazione del
Bollettino Ufficiale ci dà questa immagine retrospettiva:
“Vescovo impareggiabile, uomo dotato della virtù di perfettissimo gentiluomo, infaticabile nelle cure pastorali,
non ultima causa della gravissima irreparabile perdita12.
E ancora: “Non era in Lui la virtù dell’umana sapienza,
nè il gioco delle forze umane, ma la potenza che è germinata dalla fede e che si esplica nella carità, per le divine
speranze della vita… non ebbe dissensi alla sua opera; e
se qualche volta fu tacita e singolare discussione, questa
fu necessaria conseguenza del lavorio che il bene compie
nel suo travaglio… Episcopopato breve ma glorioso”13.
Attorno al catafalco della salma di Mons. Ferniani, nella
Cattedrale di Bitonto si leggono le scitte: “Indirizzò,
11
Vita religiosa, (III°) 1925 n. 6/7. pp. 81/82.
Vita religiosa, (III°) 1925 n. 5, p. 76.
13
Vita religiosa, (III°) 1925 n. 6/7, pp. 77-78.
12
21
spinse con mirabile alacrità alla difesa del dogma rivelato”; e ancora: “Scienza, Fede e Patria i tre ideali della sua
mente eletta”14. Fra gli altri giornali del tempo, il Corriere
d’Italia il venerdì 29.5.1925 dava un ampio resoconto su
“Gli imponenti funerali a Bitonto del Vescovo Ferniani”.
Diamo ora una visione panoramica dell’attività del Vescovo Ferniani, facendo riferimento agli elogi funebri
pronunziati per la sua morte.
Mons. Calamita F.P. il 25.5.l925 tenne il pergamo in
Cattedrale. A proposito dell’Azione Cattolica disse: “In
Bitonto Mons.Ferniani è valso ad organizzare 12 circoli e
gruppi dell'A.F. con un complesso di 450 ascritte ed ha
meritato l’onore di avere qui, nel settembre passato, una
settimana di studio per dirigenti, assistenti e maestri di
propaganda della gioventù femminile cattolica italiana in
cui convennero 92 rappresentanti di 23 Diocesi. Egli ha
iniziato il movimento maschile con l’istituzione dei Paggi
del SS. Sacramento”. Si ricordano le parole dette dal Ferniani circa l’Azione Cattolica alla Moretti, Assistente di
Fisica nell’Università di Bologna e delegata generale
dell’U.F.C.I. nel meridione: “Se è permesso ad un Vescovo una vanità, permettete che io prenda un pò la vanità di far vedere a voi il miracolo che hanno compiuto
imiei preti”. Si menziona anche l’opera svolta per
l’istruzione catechistica: “Volle – si dice – portare la sistemazione dell’insegnamento religioso, e diede ordini
precisi, per l’istruzione catechistica dei bambini, promuovendo esami pubblici e generali dei ragazzi portati
alla Prima Comunione; aprì una scuola di Religione per
gli alunni delle Scuole Medie e del Liceo, volendo pertanto che i criteri dell’insegnamento fossero rigidi nella
dottrina ed efficaci nella tecnica pedagogica”15.
14
Vita religiosa, (III°) 1925 n. 6/7, p. 84.
Calamita, F.P., S.E. Ill/ma e Rev/ma Mons. P. Ferniani Vescovo di
Ruvo e Bitonto. Elogio funebre, tip. De Bari Bonasia, Bitonto 1925.
15
22
Nell’elogio funebre letto nella Chiesa del Purgatorio a
Bitonto, nell’ufficiatura del giorno 9.6.1925, Mons. Ferrante, Rettore del Seminario presenta il Vescovo come
“figura mite e sorridente … col volto sereno e atteggiato
a serenità bonaria, dallo sguardo dignitoso, dalla multiforme attività instancabile”. A proposito della partecipazione delle Autorità ed Enti civili e religiosi alle onoranze
funebri, lo stesso oratore parla di “un interminabile corteo
che imponentissimo e solenne, per diverse ore, attraversò
la città, tra due fittissime ali di popolo…Come potè
quest’uomo, nel breve giro di appena poco più di due anni, guadagnarsi l’affetto, la stima, I'anima di un popolo
intero?”. Soffermandosi sul lavoro pastorale, Mons. Ferrante dice che compiti precipui furono: “Il governo della
sua famiglia, il Clero, la elevazione del suo seminario,
che chiamò sempre la parte eletta del suo cuore; la feconda vitalità del lavoro parrocchiale, cui insisteva con particolare interesse, sicché a molte provvide e nuove ne creò
nella sua Ruvo; il regolare armonico funzionamento delle
Confraternite religiose, dell'unione delle Dame di Carità;
la sapiente amministrazione delle Diocesi con la creazione e la vita di tutte le commissioni prescritte dal Giurecanonico per la vigilanza su tutto ciò che riguarda la Chiesa, gli interessi della Religione, dei beni patrimoniall, del
Culto, delle sacre funzioni; la partecipazione a tutte le
solennità delle due Diocesi; la predicazione del Vangelo
indefessa, instancabile e spesso tre o quattro sacre funzioni nello stesso giorno; la partecipazione cordiale a tutti
i riti civili della Patria; l’Azione Cattolica in tutte Ie sue
forme con la formazione della Giunta Diocesana e la fondazione di ciò che formava l’oggetto delle cure, Ie più
assidue, le più infaticabili, le più amorose della sua grande anima di apostolo di Cristo, la fondazione dei circoli
23
della Gioventù femminile Cattolica, dei gruppi delle donne cattoliche e dei Paggetti del SS. Sacramento"16.
Il Sac. Dott. Benedetto Lovascio nel suo elogio funebre
tenuto nella Chiesa del R. Orfanotrofio Maria Cristina di
Savoia, il 26.6.1925 ricorda la medesima attività pastorale del Vescovo, non tralasciando l’istituzione di “un
turno di conferenze religioso-sociali nel gran salone del
suo Seminario per gli intellettuali". In ultimo fa menzione
della fondazione del Bollettino Ufficiate “Vita Religiosa"
voluto sempre da Mons. Ferniani17.
Il Vicario Capitolare dl Ruvo Ruta salvatore, nella minuta
del suo discorso per la solenne ufficiatura funebre in
Cattedrale il 15.7.1925, letto alla presenza di Mons.
Gioia, Amministratore Apostolico, ricorda così i trenta
mesi dl episcopato di Mons.Ferniani. “Un indice – egli
dice – della sua attività meravigliosa, è il protocollo del
suo archivio privato: a metà maggio, otto giorni prima del
decesso, gli atti protocollati contavansi in numero di 986;
al 13 maggio Ie corrispondenze d'ufficio raggiunsero la
cifra di 1277”. E continua affermando che: “fu prodigo
fino ad esaurire le riserve sue e della famiglia accumulate
in trent’anni di lavoro e di stenti”. A proposito dei rapporti con lo Stato, in detto elogio si afferma che “in pace,
anzi in ottimi rapporti, egli visse con Ie Autorità costituite, nel mutuo rispetto, nella sincera vicendevole intesa,
nella unifomità degli intenti, nella volenterosa cooperazione per il bene del popolo”. “E qui -continua il Teologo
Ruta- consentitemi, o signori, che io rievochi e rinnovi un
tenero appello di pace da Lui affidatomi tre soli giorni
prima della sua morte. Era l'ultima volta che Egli ripartiva da Ruvo per Bitonto la sera del 19 maggio. Sulla via
16
Ferrante, P., Funebre elogio per S.E. Mons. P. Ferniani Vescovo di
Ruvo e Bitonto. Elogio funebre, tip. De Bari Bonasia, Bitonto 1925.
17
Lovascio, B., Orazione funebre per Mons. P. Ferniani Vescovo di
Ruvo e Bitonto, tip. Garofalo e Figlio , Bitonto 1925
24
della stazione, mi disse: ‘Signor Canonico, veda e mi riferisca al mio ritorno, se è giunto il momento opportuno
di riprendere e mandare a buon termine le trattative della
pace fra le quattro Confraternite di Ruvo. Desidero che si
colmi questo vuoto, che rimane nel mio cuore’. Oggi.. io
alle amministrazioni presenti delle Congreghe rivolgo
formale e pubblico invito di riconciliarsi al piu presto
senza riserve e senza tergiversazioni; generosamente,
spontaneamente… perchè non voglio, nè devo pensare
alla possibilità che corporazioni relisiose, invitate alla pace per la seconda volta rimangano indifferenti e si mettano in condizione di sperimentare tutto il peso di un risoluto atto d'imperio!”. Spesso in questo elogio il Vescovo
viene chiamato coll’appellativo di “Santo"18.
Non meraviglia quindi se subito dopo la morte si formasse un Comitato per la Traslazione della salma di Mons.
Ferniani in Cattedrale: “Gentilmente invitati da S.E.
Mons. Del Buono, il giorno 31 s.m. (maggio) convennero
nel palazzo vescovile...
L’egregio Avv. Santoro fece la relazione succinta
dell’operato del primo Comitato che, con l’ottenuto Decreto Reale 28.1.1926, crede di aver esplicato il suo ristretto mandato"19. Il giorno 9.11.1930 avviene la traslazione dopo aver raccolto i fondi e realizzato il monumento relativo nel Duomo di Bitonto. La processione solenne che ricordava I'imponente funerale per la morte, era
presenziata anche dalla sorella del Vescovo Ferniani
Donna Esterina e dall'ex segretario Don Carlo Bandini.
Mons. Andrea Taccone tenne I'elogio funebre in questi
termini; “Io non sono solo testimone dell’amore di cui
voi sapete circondare i vostri Vescovi, ma sono l’oggetto
18
19
Documentazione minuta in mio possesso.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 55.
25
di questo amore come voi siete parte essenziale della mia
vita”20.
20
Vita Religiosa, (VIII) 1930 n. 11, p. 73.
26
MONS. RUTA SALVATORE,
VICARIO CAPITOLARE DI RUVO,
dal 26.5.1925 al 24.7.1925
Il Bollettino Ufficiale dà queste notizie circa la nomina
del Teologo Ruta Salvatore a Vicario Capitolare. “Nel
pomeriggio - si dice- del giorno 26 maggio, il Rev/mo
Capitolo della Cattedrale di Ruvo si adunava in regolare
seduta, per procedere alla nomina del Vicario capitolare
della Diocesi. All’importante ufficio venne eletto, ad unanimità di voti il Rev/mo Salvatore Ruta, Canonico, teologo della Cattedrale"21
Diamo ora notizie biografiche del suddetto riferendoci ad
un opuscolo scritto per la sua morte. II Teologo Ruta
nacque il 5.2.1865, frequentò gli studi sacri nel Seminario
di Molfetta dove fu ordinato nel 1887. Si addottorò in
Napoli in Sacra Teologia. Subentrò come Teologo nel
Capitolo, al fratello Don Giacomo. Diventò oratore di
cartello della Diocesi di Ruvo e Bitonto, nonché nelle
Cattedrali di Corato, Terlizzi, Palo e Altamura.
Il Segretario dell’Università popolare dell’Associazione
dell’ Ente Pugliese di Cultura, Dottor Michele Cassano,
lascia del teologo Ruta, Presidente della suddetta associazione, questo giudizio “Poco pieghevole, pochissimo o
niente flessibile, del tutto alieno a farsi avanti, a strisciare, ad incensare o turiferare se dirvi piaccia: ciò che gli
nocque per la considerazione di taluni che non potettero
leggergli intimamente nell’animo, che non fu mai pieno
di sé, ma pervaso solo, da grande modestia.
21
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 6/7, p. 92.
27
L'Arcidiacono Mons. Raffaele Montaruli nel trigesimo
della morte, nella Chiesa del Purgatorio dice di lui: “Ben
conosco io, che ero onorato delIe tue confidenze, di
quanti dolori e di quali profonde amarezze ti siano stati
causa quei pochi che, per un fenomeno di incomprensione , ti erano lontani e ti guardavano forse con occhio ostile … io che, durante il tuo Vicariato, ero il tuo Cancelliere di Curia, collaboratore fedele”22.
Il Teologo moriva alle ore 7 del 17.3.1939 per trombosi
cerebrale. I funerali ebbero luogo lunedì 20 alle ore 9.30.
22
Ruta,S., In morte di… tip. Pansini, Ruvo 1939, p. 27.
28
MONS. PASQUALE GIOIA,
VESCOVO AMMINISTRATORE APOSTOLICO
DI BITONTO
dal 12.6.1925 al 24.7.1925
Dopo la morte di Mons. Ferniani, l’Arcivescovo di Trani,
Giuseppe Maria Leo, aveva avuto dalla Santa Sede il Decreto di Amministratore di Bitonto. Ne rifiutò l’incarico
con espressa rinuncia fatta alla Santa Sede. Sicuro però di
non ottenere risposta positiva alla sua richiesta di esonero, comunicava il Decreto di nomina alla Diocesi di Bitonto. Il 18.6.1925 invece, come era stato suo desiderio,
veniva rimosso dall’incarico e nello stesso giorno si faceva premura scrivendo da Barletta, di notificare al Capitolo di Bitonto la nuova decisione della Santa sede, presentando alla Diocesi le proprie scuse23.
Il Clero Capitolare aveva infatti già avuto, con notifica
del 17.6.1925 assicurazioni di un altro decreto di Amministrazione Apostolica datato 12.6.1925 in favore del Vescovo di Molfetta, Terlizzi e Giovinazzo nella persona di
Mons. Pasquale Gioia. Si diradava in tal modo ogni equivoco. E il 24 giugno Mons. Gioia inviava una lettera pastorale e la sera del 27 “giunse per la prima volta a Bitonto accolto in Episcopio dal Clero e dal Seminario.
Rimase tutto il giorno 28 a Bitonto a ricevere le rappresentanze dei vari Enti”24.
Diamo ora i cenni biografici dell'Amministratore, tratti da
un opuscolo stampato dopo la sua morte.
Mons. Pasquale Gioia nacque a S. Croce del Sannio il
19.5.1872 da Ermenegildo e Mariantonia Antonini e ri23
24
In B.V.B.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 6/7, p. 92.
29
mase presso i suoi fino all’età di 10 anni. Rimasto orfano,
entrò nel Collegio dei Padri Somaschi a Spello nel 1882.
Ivi frequentò i Corsi ginnasiali; fu novizio nel dicembre
1887. Un anno dopo, fu ammesso alla Professione semplice, che pronunziò in Somasca dinanzi al Santo fondatore ivi tumulato. Il 6 gennaio 1892 emise i voti solenni.
Compiuto quindi il Corso Teologico e addottoratosi in
Sacra Teologia, fu ordinato Sacerdote il 23 dicembre
1894. Frequentò la R. Università di Roma, donde uscì
dottore in lettere.
Direttore e precettore in vari Collegi dell’Ordine; nel
1911 prese parte al Capitolo generale dell’Ordine tenutosi
in Roma e fu eletto Maestro dei novizi. Vice Parroco
nella Parrocchia di S. Maria in Aquiro, ove ancora meglio
si affermarono le sue qualità pastorali. Parroco della
Chiesa di S. Martino in Velletri. Sotto il suo parrocato
sorse o si migliorò l’apostolato della preghiera, il culto
eucaristico, l’azione catechistica e l’organizzazione
dell’Azione Cattolica. Per la sua iniziativa sorse pure un
Orfanotrofio per gli Orfani di Guerra, e si organizzò un
solenne Congresso eucaristico.
II suo Vescovo, il Cardinale Pompili, Vicario di sua santità non mancò di riferirne al Santo Padre. II 30 settembre
1921 Papa Benedetto XV nominava Padre Pasquale
Gioia, Vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, Lo
stesso Cardinal Vicario gli conferì la pienezza del sacerdozio nella Cattedrale di S. Clemente, il 1°.11.1921. Il 5
marzo 1922 fece il suo solenne ingresso a Molfetta. Nelle
domeniche successive prese possesso delle Concattedre
delle altre due Diocesi. Nel 1924 si svolse il primo Congresso Eucaristico interdiocesano presieduto da S.E. il
Cardinal Evaristo Lucidi e con l’intervento di due Arcivescovi e cinque Vescovi. Il Congresso Mariano interdiocesano ad opera dello stesso Vescovo, ebbe luogo nel
1931. Non mancarono pellegrinaggi mariani e al papa nel
1925, 1929, 1933.
30
II Congresso catechistico interdiocesano si tenne nel
1925; il Vescovo dirigeva personalmente l’Azione cattolica. Tra la sua attività pastorale si deve annoverare la
fondazione e direzione del periodico interdiocesano “ Luce e vita”. Fondò il tempio dedicato al S. Cuore di Gesù
Cristo Re, dove riposano Ie sue spoglie. Moriva il 1° aprile 1935, colpito da un attacco di angina pectoris. Le
esequie si svolsero il 4 aprile; se ne diede la cronaca
sull’Osservatore Romano e sull'Avvenire d’Italia del
giorno 5, nonché su tutti I giornali più importanti del
tempo 25.
25
In memoria di Mons. Pasquale Gioia 1929-1935, tip. Gadaleta Molfetta 1937.
31
MONS. DOMENICO DEL BUONO,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
DAL 24.7.1925 AL 16.1.1929
Il Bollettino Ufficiate diocesano, in occasione della
nomina di Mons. Del Buono a Vescovo di Ruvo e Bitonto ci offre queste notizie biografiche. “Nato in Bari dice il cronista - nel 1860 da modesta e illibata famiglia
di lavoratori. Compì gli studi nel seminario Arcivescovile
di Bari, distinguendosi sempre per il suo amore profondamente sentito, alla pietà, allo studio e specialmente per
la grande bontà dell’animo suo. Nel 1904, nella Cattedrale di Bari S.E. Mons. Arcivescovo Vaccaro, di santa
memoria, lo consacrò sacerdote. Fino al 1907 trascorse i
primi anni del Sacerdozio, coprendo e disimpegnando
sempre con lode la carica d’Ufficiale di Curia per cui,poi,
quel Capitolo metropolitano lo nominò Parroco sostituto
dell’importante, primaria e grande Parrocchia di S. Ferdinando. Per ben tredici anni Mons. Del Buono, con vero
zelo, instancabile, sempre esemplare ed edificante si fece
tutto a tutti, santificando tutti con la pietà, carità e dottrina”.
Vale la pena qui aprire una parentesi per ricordare ciò che
il Corriere d’Italia del 19 gennaio, nell’articolo di A. Marino scriveva a proposito del Parroco Del Buono: " Dormiva lì, in un pre ripostiglio dell’Ufficio parrocchiale,
sempre fra i suoi figliani, pronto in qualunque ora, in
qualunque giorno a correre dove una vita si spegneva, un
dissidio si apriva. Scoppiata la guerra egli, pur disimpegnando l’ufficio parrocchiale, fu nominato Cappellano
Militare presso l’Ospedale di Riserva territoriale di Bari… conquistando la simpatia, il rispetto e la riconoscen-
32
za degli Ufficiali e del soldati tutti. Nel settembre del
1919, gli giunse la nomina di Canonico statutario della
Metropolitana di Bari. Nel marzo del 1910, Mons. Del
Buono, additato alle superiori autorità ecclesiastiche fu
promosso Vicario generale dell’”Archidiocesi di Bari”.
Il 21 maggio di detto anno, gli giunse la ben meritata
nomina concistoriale a Vescovo titolare di Angila ed Ausiliare dell’Arcivescovo di Bari.II 27 giugno, nella Chiesa
delle Suore della Carità in via Salaria di Roma, da S.E. il
Card. Donato Sbarretti fu solennemente consacrato”.
E continuando si afferma che l’Arcivescovo Augusto Curi si compiaceva nella sua prima Lettera Pastorale per ”la
fiducia in Mons. Del Buono, giustamente riposta prima
da Mons. Vaccaro, come suo Ausiliare e Vicario generale, poi dal Capitolo Metropolitano, come Vicario capitolare" 26.
Mons. Del Buono fu nominato vescovo di Ruvo e Bitonto
in data 24/7/1925 da Pio XI. Nello stesso giorno venne
inviata la Bolla di notifica ai Capitoli e alle Chiese di Ruvo e Bitonto 27.
Domenica 11 aprile 1926 fece il suo solenne ingresso in
Ruvo e il 18 aprile ricevette i medesimi solenni festeggiamenti in Bitonto 28. Alle ore 16,30 del 16 gennaio moriva nella sua casa a Bari in via Amendoni. Alle 4 del
mattino seguente la salma veniva trasportata nella vicina
Chiesa di San Gaetano. La mattina dopo, alle ore sette, la
salma in corteo funebre raggiungeva la Cattedrale, dove
Mons. Curi alle 10,30 celebrava il pontificale. Il coro
della Polifonica barese, diretta dal maestro Grimaldi eseguì la Messa di requiem del Perosi. Seguì il corteo al ci-
26
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p. 17.
In B.V.B.
28
Vita Religiosa, (IV) 1926 n. 5, pp. 35-36.
27
33
mitero dove nella Chiesa Municipale, la mattina del 20
celebrò la S. Messa Mons. Anaclerio 29.
Diamo ora un giudizio sulla sua personalità rifacendoci
agli elogi funebri tenuti per l’occasione.
Il commissario Francesco Ragni, innanzi al feretro in
Piazza Prefettura a Bari disse che Mons. Del Buono
“intendeva a pieno come il fascismo e il cattolicesimo
fossero le due forze che, pur con caratteri e finalità diverse, costituiscono le energie positive della nazione. II Vescovo a sua volta, vedeva nel Segretario politico il gerarca serio, attivo, il milite fedele e disciplinato, conscio che
solo con l’amore sincero verso Dio, si può giungere al
vero amore di Patria.
Sino a ieri nella gretta ideologia dell’indifferentismo ed
agnosticismo liberale non c'era posto per il patriottismo
dei sacerdoti...Ad essi si è sempre risposto col sogghigno,
col sarcasmo, con l'incredulità più tenace. Oggi non è così” 30.
Anche la stampa ebbe parole lusinghiere per l’attività del
Vescovo. La Gazzetta del Mezzogiorno del 17 gennaio,
riferisce che il vescovo amava scrivere "articoli e difese
appassionate in Periodici e Quotidiani quali il Risveglio e
l’Avvenire delle Puglie, sostenendo il movimento cattolico in tutti i suoi tentativi e in tutte le sue manifestazioni,
incoraggiando cooperative di consumo e banche cattoliche e facendosi Egli stesso garante di locali per i circoli e
ricreatori festivi della gioventù cristiana".
Il Corriere d'ltalia del 18 gennaio, nell’articolo di Francesco Ragni su “La morte di S.E. Mons. Del Buono" dice:
"Portava nel nome stesso l'attributo più bello e più ambito
di ogni anima cristiana: la bontà che consola, che incoraggia, che insegna, che perdona. Tra le sue elette virtù,
29
In memoria di Mons. D. Del Buono vescovo di Ruvo e Bitonto, tip.
F. D’Alessandro, Bari, 1929, p. 36.
30
In memoria di Mons. D. Del Buono… op. cit. p. 11.
34
che facevano di lui il Pastore modello, ecco quella che
brillava tra le altre: la modestia. Pur con l’infula e con la
croce di vescovo, egli continuava ad essere e a sentirsi il
buon Parroco da tutti Venerato, della Chiesa S. Ferdinando della sua natia Bari… Oratore forte, robusto ed attraente".
Per i solenni funerali di Bitonto, il 24 gennaio nella
navata centrale delta Cattedrale, furono affisse tra la altre
queste scritte: amicus inter amicos, inter fratres frater,pater inter liberos; castigare ridendo mores, quam coercendo maluit; ad veniam promptus, a vindicta absens 31.
Nell’elogio funebre tenuto da Mons. Ferrante,si dice:
“Mai fu visto accigliato o riottoso, superbo o burbero.
Ebbe sempre sulle labbra un sorriso per tutti e con le parole umili e dolci persuadeva e trionfava...Le nostre Autorità locali, nessuna esclusa, lo ebbero carissimo; con
loro regnò sempre la più perfetta armonia; sempre piacevolissima la sua ricercata, arguta conversazione; la sua
personale presenza portò sempre una nota di maggior decoro ed importante solennità in tutte le circostanze in cui
si celebrò un rito civile, cittadino" 32.
Parlando del Vescovo nelle varie ufficiature funebri, si
ricorda spesso anche la sua “francescana letizia”.
31
32
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 1/2, p. 3.
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 1/2, p. 4.
35
MONS. AUGUSTO CURI,
VESCOVO AMMINISTRATORE APOSTOLICO
DI RUVO
DAL 18/1/1929 AL 27/8/1929
Le notizie biografiche ce le offre l’articolista d’un opuscolo “In memoria", Mons. Giovanni Cicconi da Fermo
nel marzo 1933. "Augusto Curi - egli dice - primo di sette
figli, nacque il 15 agosto 1870 dai coniugi Geremia e
Virginia Graziaplena, in Servigliano in provincia di Ascoli Piceno… La famiglia Curi per agiatezza e onorabilità era fra le prime del luogo. Diamo ora in sintesi l’iter
della sua formazione. Alla sua educazione cooperò insieme ai genitori lo zio paterno Don Crispino, PrioreParroco di Montegranaro dove nella quaresima del 1881,
fece la sua prima Comunione per Ie mani di Mons. Arcivescovo Amilcare Malagola.
Ai primi di novembre 1881 entrava nel seminario di Fermo. Ricevette il suddiaconato nel settembre del 1892
nello stesso mese dell’anno seguente veniva promosso al
diaconato e il 24 marzo 1894 riceveva il Presbiterato per
mano dell’Arcivescovo divenuto Cardinale, Amilcare
Malagola.
Iniziò il suo ministero come Parroco della città di Amandola, esonerato ben presto da una improvvisa altra destinazione: Vice Segretario e Cancelliere sostituto di Curia.
Gli fu affidata contemporaneamente l’amministrazione
della Parrocchia di S. Caterina, in sostituzione di Mons.
Raimondo Iaffei promosso Vescovo di Forli l’anno 1895.
Pur avendo conseguito per concorso l’importante Arcipretura di Montottone, dove per altro non si recò mai, gli
abitanti della colleggiata di S. Michele Arcangelo in
36
Fermo, lo elessero Priore Parroco prima dignità di quel
Capitolo.
Vi restò per quindici anni dal 1897 al 1912. Ivi fondò anche una Cassa Rurale. Nel 1912 fu eletto Arcidiacono
della Metropolitana di Fermo e professore di Teologia
Morale e Pastorale nel Seminario interdiocesano della
città; e nel dicembre del 1917 fu nominato dal S. Padre
Benedetto XV suo Cameriere segreto soprannumerario.
Carissimo a tre Arcivescovi Ferniani, Malagola, Papiri e
Castelli, riceveva dal Sommo Pontefice con Bolla papale
del 23/12/1918 la nomina a Vescovo delle Diocesi di Cagli e Pergola.
Fu consacrato a Fermo dall’Arcivescovo Castelli il
25/3/1919. Divenne amministratore delle Diocesi unite di
Macerata e Tolentino in attesa del Regio Exequatur per la
propria sede.
Fece il suo ingresso a Cagli il 1° febbraio 1920 e il 19
marzo successivo a Pergola. Il motto dello stemma fu
“Pax fratribus et charitas in fide”.
Il 5 maggio 1925 fu nominato Arcivescovo di Bari e il 18
ottobre susseguente faceva ingresso.
Nel 1925 lo stesso Mons. Curi faceva notificare sul Bollettino ufficiale la sua nuova nomina. "Con R.D. 4/5/1925
egli dice - mi e stata conferita la nomina d'Arcivescovo di
codesta illustre Arcidiocesi; che in data del giorno appresso dalla Cancelleria apostolica sono state emesse Ie
relative Bolle” 33
Mons. Curi fece il solenne ingresso in Bari il 13 settembre alle ore 10 34.
Il 18/1/1929, con Decreto della S. Congregazione Concistoriale, veniva nominato Amministratore Apostolico
33
34
Bollettino Ufficiale dell’Archidiocesi di Bari, (III°) 1925 n.7, p. 73.
Bollettino ufficiale dell’Archidiocesi di Bari, (III°) 1925 n. 8, p. 87
37
della Diocesi suffraganea di Ruvo35. Moriva a Bari alle
5,25 pomeridiane del 28/3/1933 a 63 anni36.
35
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n.1/2, p. 9
A Mons. A. Curi Arcivescovo di Bari. In memoria, tip. Andriola,
Palo del Colle 1934
36
38
MONS. FRANCESCO PAOLO CALAMITA,
VICARIO CAPITOLARE
dal 17/1/1929 al 27/8/1929
Mons. Calamita fu Giovanni nacque a Bitonto il 10 ottobre 1878. Fu ordinato sacerdote il 21/12/1901 e ricevette
la facoltà di amministrare il Sacramento della Penitenza il
21/8/1905.
Divenne Dottore in Diritto Ecclesiastico e frequentò anche la Reale Università di Napoli.
Fu sostituto di varie Parrocchie: Cattedrale, S. Paolo, S.
Pietro di Castro sempre in Bitonto. Divenne Mansionario
onorario il 4 agosto 1903 e fu nominato Parroco in S.
Giovanni evangelista lo stesso giorno e mese dell’anno
1906. Fu Canonico Titolare dall'1/8/1920 fino a che non
divenne Arcidiacono il 19/3/1921.
Godette della stima del Vescovo pro tempore, espletando
in favore della diocesi incarichi speciali e pastorali.
Fu Prelato Domestico di sua Santità dal maggio 1928; e
nel 1929, il 17/1 fu eletto dal Clero di Bitonto Vicario
Capitolare dopo la morte di Mons. del Buono. Nel luglio
1930 fu nominato anche Protonotario Apostolico.
Moriva a Bitonto il 13 luglio 1946 37.
37
In B.V.B. da Rubrica Sacerdoti Diocesani.
39
MONS. ANDREA TACCONE,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
DAL 27/8/1929 AL 13/6/I949
Il Bollettino Ufficiale diocesano in occasione dei festeggiamenti per l’ingresso solenne del nuovo Vescovo, presenta le note biografiche di Mons. Taccone, tramite il
Can. Arciprete di Bova, Giovanni Dieni.
Il vescovo nacque a Cittanova il 29/10/1884, secondogenito di otto figli, da famiglia agiata.
Frequentò nella sua città natale le scuole elementari e le
tecniche; a 18 anni, sentendosi chiamare al Sacerdozio
con libera scelta e superando gli inevitabili ostacoli
dell’affetto paterno, che altri ideali aveva concepito su
questo figlio, entrò nel Seminario di Mileto sua Diocesi,
in quel tempo fiorentissima sotto il Vescovo Mons. Giuseppe Morabito. Ivi frequentò gli studi filosofici, i corsi
liceali e teologici, segnalandosi tra i migliori alunni e riportando ogni anno premi e lodi negli esami finali.
Mons. Morabito ebbe sempre per il chierico Andrea Taccone una benevolenza paterna e volle che cominciasse ad
insegnare nel ginnasio del Seminario, mentre era ancora
semplice Accolito, alunno del 3° anno di Teologia.
Fu ordinato Sacerdote da S.E. Mons. Morabito il
12/3/1910 e celebrò la prima Messa solenne a Cittanova
il giorno appresso; mancava in quella circostanza il padre
del novello sacerdote deceduto il 6/1/1908. Riprese
l’insegnamento in Seminario, immediatamente dopo Ie
feste della prima Messa e lo continuò senza interruzione
per altri 10 anni. Nel 1925 fu fatto Canonico onorario
della Cattedrale; esercitò il Ministero delle Confessioni, e
della predicazione fin dai primi mesi del suo Sacerdozio
40
per volontà del suo vescovo e fra la fiducia crescente del
popolo.
Fu cappellano delle Suore di Carità e dell’Asilo
d’Infanzia, Esaminatore Prosinodale e Vice Rettore del
Seminario.
Il Can. Taccone seguì Mons. Galati, già suo maestro al
Seminario, e poi collega d’insegnamento,nella Diocesi di
Oppido Mamertina, dove la fiducia del S. Padre lo mandava Vescovo.
Ivi fu la persona di fiducia del Vescovo, fu Arciprete curato della Cattedrale, Rettore e professore del Seminario,
confessore delle Suore; fu tanto amato da quel popolo
che, il 2/3/1923, accolse con tanto giubilo la lieta notizia
dell’elezione di Mons. Taccone a Vescovo di Bova. Fu
consacrato il 6 maggio 1923 nella Cappella del Pontificio
Seminario Regionale di Catanzaro da S.E. Rev/ma Mons.
Rinaldo Rousset, Arcivescovo di Reggio Calabria e Metropolita delle Calabrie, assistito da S.E. Mons. Albera,
vescovo di Mileto, e da S.E. Mons. Galati, poi Arcivescovo di S. Severina e Vescovo di Crotone.
Entrò solennemente nella Diocesi di Bova il 12/8/1923 da
tre anni senza Vescovo.
Qui apriamo una breve parentesi per riportare ciò che disse il Can. Francesco Foti nel 25° sacerdotale di Mons.
Taccone, a proposito di Bova. Quivi trovò “una grande
povertà e miseria” un clero esiguo di numero e nessun
figliolo con vocazione al sacerdozio”38.
Più volte sollecitò presso le alte autorità governative opportuni provvedimenti e ne ebbe non solo promesse e assicurazioni, ma anche in parte aiuti effettivi, specialmente
per la riparazione e ricostruzione della Cattedrale e di
tutte le Chiese Parrocchiali, nonché del Seminario e
dell’Episcopio.
38
La Diocesi di Bitonto a Mons. Taccone nella ricorrenza del primo
XXV Sacerdotale, tip. A. Amendolagine, Bitonto 1935.
41
“Oggi lascia i restauri della Cattedrale a buon punto e di
altre Chiese, parte iniziati e parte prossimi ad iniziarsi;
una parte del Seminario è gia completa. Egli visse circa 7
anni di vita pastorale in mezzo al popolo sempre con i
suoi sacerdoti come fratello ed amico. Ebbe molte consolazioni, specialmente per l'incremento della pratica
della S. Comunione quotidiana, che egli sempre zelò, per
il catechismo nelle parrocchie e nelle scuole. Ogni anno
visitava personalmente le scuole col Direttore Didattico,
sacerdote prof. Antelitano, ne riferiva alla sua Congregazione e ne aveva un plauso ed una speciale benedizione
dal S. Padre, che ha sempre seguito con benigna protezione paterna l'opera apostolica di Mons. Taccone della
Diocesi di Bova”.
La traslazione alle sedi di Ruvo e Bitonto é avvenuta il
27/8 del 1929 39.
Il 27/l0/1929 festa di Cristo Re, il Vescovo Taccone scrive la sua prima Lettera Pastorale alle sue nuove Diocesi.
In essa comunica le date del possesso canonico per procura, al 21/11 per Ruvo e al 24/11 per Bitonto. L’ingresso
solenne veniva stabilito per l’1/12 a Ruvo e l’8/12 a Bitonto, festa dell'Immacolata: così si legge in una minuta
del Vicario Capitolare Calamita in data 9/10/1929 diretta
al Capitolo e al Clero. Tale ingresso veniva poi spostato
al 15/12 per Ruvo e al 22/12 per Bitonto con nuova circolare al Clero da parte dello stesso Calamita in data
6/12/1929. Il 15/12/1929 il Vicario notificava al Clero
che il possesso canonico per procura sarebbe avvenuto
alle 15.30 40.
Il sac. Gaetano Pasculli nel suo diario, il 15 /12 riporta
con espressioni scultoree il ritratto di Mons. Taccone: “Il
Vescovo mi fece buona impressione. Sembra di fibra
forte. Ha collo taurino, lo sguardo indagatore, un buon
39
40
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 12, p. 55s.
In B.V.B.
42
colorito, una certa facilità di parola ed è piuttosto pingue,
tanto vero che ha una discreta pappagorgia. Il capo non
retto, ma piuttosto alquanto inclinato innanzi” 41.
Per la morte di Mons. Taccone si stampò un opuscolo da
cui possiamo cogliere ulteriori notizie e avere una visione
di insieme della sua attività pastorale. In occasione del
suo 25° di Episcopato, nel 1948 il S. Padre si unì alla celebrazione facendogli pervenire il suo scritto e la nomina
ad Assistente al Soglio Pontificio...Conscio della sua responsabilità chiese al S. Padre, con ripetuta insistenza, fin
dal 1947 di sollevarlo dalle gravi cure pastorali alle quali
non si riteneva più adatto.
E così il 13 giugno 1949 promosso Arcivescovo Titolare
di Pompeopoli di Paflagonia, lasciò le Diocesi di Ruvo e
Bitonto...Visse gli ultimi anni nella natia Cittanova; morì
il 18 maggio 1956” 42.
Sempre nello stesso opuscolo si da una visione di sintesi
circa la sua attività episcopale. “Incrementò - si dice - la
vita delle Parrocchie mettendo in piena efficienza Ia
scuola di catechismo, sostituendo con nuovi soggetti i
Parroci già anziani interessandosi con visite periodiche
del lavoro di Azione Cattolica, inviando ogni anno a tutte
le Parrocchie il programma del Catechismo Maggiore,
assistendo agli esami di catechismo e premiando gli alunni più meritevoli. L’Azione Cattolica della Diocesi è
stata sempre additata dal centro nazionale come modello”.
Si ricordano poi i “Congressi Mariani” tenuti
nell’immediato dopo guerra, in occasione del 25° di Episcopato, in entrambe Ie Diocesi. Si continua dicendo che
“Mons. Taccone promosse le S. Missioni, sostenne ed incrementò il Seminario Diocesano incoraggiando le voca41
Pasculli, G. Memorie (manoscritto in B.V.B.) 1929.
In memoria di S.E. Mons. A. Taccone Arcivescovo titolare tip. Arti
grafiche Bari-Roma, 1956 p. 18.
42
43
zioni al Sacerdozio; consacrò molti Sacerdoti dei quali
curava personalmente la formazione con continui ritiri ed
esercizi spirituali"43.
Nell’orazione funebre di S.E. Mons. Vincenzo De Chiara
si afferma che "a nessuno negava il suo aiuto, il suo appoggio. Pronto ad intraprendere un lungo viaggio, a servirsi di amicizie ed aderenze, pur di rivendicare un diritto
conculcato, di tergere una lacrima…
Fu rispettato per la sua dirittura morale e per il suo coraggio e ottenne quello che egli giudicava giusto e necessario"44.
Mons. Pasquale Ferrante, nel suo discorso per I'occasione, afferma che Mons. Taccone meritò l’alta considerazione delle Autorità civili e politiche e fu insignito dell'onorificenza a Commenda della Corona d’Italia". E proseguendo ricordava "Le porte del suo episcopio furono
sempre aperte a tutti e nessuno era eccettuato
dall’entrarvi. Egli si prestò per tutti e seppe andare, correre, partire per vicino e lontano, specialmente nei lunghi e
terribili anni della nostra seconda guerra mondiale e col
suo tratto buono, affabile, sempre signorile e dignitoso
seppe avvicinare importanti personaggi, importanti autorità politiche della provincia, del governo centrale, e certi
Ufficiali dell’esercito inglese occupanti i nostri territori e
sapeva prudentemente insinuarsi, chiedere efficacemente
interessare e facilmente ottenere …
Eravamo a Trani per il solenne rito in cui S.M. il Re Vittorio Emanuele III attaccò la madaglia sul petto dell'eroico Arcivescovo Petronelli che aveva offerto la sua vita
per liberare 150 cittadini tranesi condannati a morte dai
Tedeschi per rappresaglia; i carcerati bitontini fecero
giungere l’eco dei dolorosi loro gemiti al proprio vescovo
ed egli subito sul posto, superata presso Ie autorità com43
44
Idem p. 16
Idem nota (42) p. 23.
44
petenti ivi presenti al seguito del Re, ogni difficoltà regolamentare, ottenne di poter visitare i suoi figli in pena.
Qualche giorno passò e tutti liberi tornarono in seno alle
loro famiglie!”45.
La stampa interessata alla morte di Mons. Taccone fu
l’Osservatore Romano, il Quotidiano, la Gazzetta del
Mezzogiorno di Bari, il Tempo di Roma, la Gazzetta del
Sud di Messina, la Voce di Calabria di Reggio, il Giornale d’Italia, il Bollettino diocesano di Mileto del giugno
1956, Vita Religiosa di Ruvo e Bitonto nn. 3 e 4 del 1956
sotto il titolo “L’animo di Mons. Taccone ci era ben noto”.
Il 18 e il 19 maggio nel trigesimo della sua morte i rispettivi capitolari di Ruvo e Bitonto, alla presenza di
Mons. Aurelio Marena e di Mons. Ferrante per Bitonto e
del sac. Mazzone per Ruvo tennero i riti funebri commemorativi nonché i relativi elogi.
45
Idem nota precedente pp.31-32.
45
46
Capitolo II
LETTERE PASTORALI
E NOTIFICHE EPISCOPALI
47
48
MONS. PLACIDO FERNIANI,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
PRIMA LETTERA PASTORALE
nella festa di S. Maglorio 24/10/1922
È la prima Lettera che Mons. Ferniani scrive, nell’imminenza di lasciare Faenza, per raggiungere le Sedi Episcopali designate da S. Santità Papa Pio XI. In essa mette
in evidenza sentimenti di penosa nostalgia: "Quanto è duro il momento del distacco e dell’addio". Ma Mons. Ferniani sa bene che "la vita dell'apostolato cattolico sta al di
sopra dei vincoli di parentela e di amicizia, trascende
sulle particolari vedute ed esige anche il sacrificio di uscire dall’orbita di quelle relazioni esteriori" formate nel
passato.
Rivolto ai suoi nuovi diocesani, manifesta le sue disposizioni: “Dovrò esercitare una sublime paternità perchè vi
dovrò trasmettere la vita stessa di Dio… Imiterò Iddio
stesso che conserva, continuamente creando". Assicura,
ripetendo le parole di Paolo ai Corinti, che “Non cerca le
vostre cose, ma voi, ossia le vostre anime".
In particolare, nell’atto di prendere le redini del governo
pastorale afferma di non aver pronto alcun suo programma che d'altronde “sta già rinchiuso nel santo Vangelo e
nella legge della Chiesa". Prosegue dicendo che "la Formazione delle crescenti generazioni dovrà essere il principale oggetto delle mie sollecitudini... Il domani delle
nostre Diocesi è collegato coll'oggi. Bisogna riflettere che
le condizioni della moderna società..., i sistemi messi in
atto dagli avversari della religione cristiana e la stessa
psicologia dell’individuo formatasi nel dopoguerra..., il
quadro della vita vissuta anche in un tempo non lontano
non sia più sufficiente...che anzi non sia saggio plasmarle
49
(le coscienze giovanili) alla sola scuola del passato, ma
anche occorre cercare alla scuola della quotidiana esperienza, nuovi indirizzi e nuove vie di conquiste".
Tutto ciò "presuppone la conoscenza dell’ambiente in cui
si vive... Prenderò in serio esame Ie forze morali e materiali disponibili, per non cimentarci in un cammino incerto e per non prefiggerci obiettivi non raggiungibili. Le
istituzioni che non presentano garanzie di qualche stabilità, non saranno mai da me approvate... Le opere più durature sono sempre quelle che nascono nelle Parrocchie”.
Si sofferma poi sullo spirito di disciplina. "Siamo una
famiglia - egli dice - in cui padre e figli lavorano intenti
ad un unico scopo… Come si potrebbe concepire una vita
intensa cristiana senza un grande rispetto e quasi una perfetta dedizione alle leggi di Dio e della Chiesa, senza lo
spirito profondamente sentito di obbedienza, senza una
rigorosa, rigida disciplina?... Questa è una virtù, è
un’arte, è una nobile disposizione dell’animo, la quale
riesce la più sicura tutela dell'ordine e la più confortante
speranza per la splendida riuscita delle imprese…; amore
della giustizia, considerata attraverso non delle nostre
particolari vedute, ma della realtà delle cose e delle norme supreme che ci dettarono la umana ragione ed il santo
Vangelo. Più che il trionfo della nostra volontà valgono
la sottomissione alla volontà dei Superiori e la coscienza
di non aver turbato il cammino della moltitudine associata per il conseguimento del fine".
E ancora: "Disciplina e pace sono nell’insegnamento ispirato collegate insieme… Se tu avessi osservato i miei
comandamenti, la pace ti sarebbe venuta come fiume
(Is.48,18). Chi rigetta la sapienza, la disciplina, sarà infelice (Sap. 3,11). Siate partecipi di una vita cristiana intensa sotto il soave giogo della legge di Gesù Cristo e della
disciplina della Chiesa”.46.
46
FERNIANI, P., Prima Lettera Pastorale, tip.Popolare, Faenza 1922.
50
NOTIFICA QUARESIMALE SULLA PACE
datata 11/2/1923
Il Vescovo Ferniani facendo riferimento alla lettera del
31/1/1923, inviata da Pio XI al card. Vicario, dice: “Noi
Italiani, più vicini che altri popoli al supremo gerarca, e
abitatori di quella terra fortunata che fu scelta da Dio ad
avere la sede suprema del Cattolicesimo, dobbiamo in
modo particolare assecondare le sue sante iniziative”. Si
fa appello quindi ai Parroci e ai Vicari delle due diocesi
perchè destinino qualcuna delle funzioni, che si sogliono
fare nella quaresima, allo scopo di ottenere la pace universale. A questo impegno, sono chiamati i quaresimalisti, nelle loro predicazioni e preghiere. Non dobbiamo
dimenticare che “la vera pace è dono di Dio” e inoltre
“che sono le iniquità che chiamano i flagelli di Dio sulla
terra”. Il Vescovo continua dicendo: "Purifichiamoci ed
eleviamo le nostre coscienze, cercando la pace con Dio e
la nostra alleanza con Dio frutterà la fratellanza fra i cittadini e l’armonia di tutte le nazioni” 47.
NOTIFICA AGLI EMIGRATI
datata 18/3/1923
Mons. Ferniani, nel governo delle Diocesi, non tralascia
di ricordare che sono oggetto delle sue cure pastorali anche gli emigrati in America.
Rivolto ai parenti dice: “Scrivendo loro, carissimi figli,
rassicurateli dell’affetto che il vescovo di Ruvo e Bitonto
nutre per tutti e dell’ardente desiderio che avrei di procurare loro, pure di lontano, molto bene”.
Ricorda poi l’ordine ricevuto dalla S. Sede, perchè gli emigrati siano muniti di una tessera ecclesiastica per esse47
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 2, p. I.
51
re riconosciuti per motivi religiosi e anche per procurarsi
presso Enti lavoro e assistenza 48.
NOTIFICA PER LA QUARESIMA
datata 24/2/1924
Ne riportiamo i passi più significativi. "Bisogna tendere dice Mons. Ferniani - ad acquistare la libertà dello spirito
sulla carne, la indipendenza delIa volontà sugli incentivi
delle cose esteriori, il senso più completo della nostra
personale dignità.
Occorrono le astinenze, le penitenze corporali, i digiuni,
"allo scopo di liberare lo spirito dagli attacchi terreni, addestrarlo ai sacrifici, allenarlo alle ardue virtù e portarlo
ad uno stato di purezza che lo rendesse capace di gustare
le gioie dei beni ultraterreni… Il Cristo ha insegnato apertamente che ogni atto, anche religioso, che non rispecchi i sentimenti del cuore e il consenso della volontà è
vana cosa, degno di dispregio e di riprovazione”. Si sofferma poi a fare alcune riflessioni sulla “religiosità popolare”. “Alcuni – dice – vivono come se non fossero figli del Vangelo, seguendo le massime e la corruzione del
secolo. Alcuni invece sentono il bisogno di seguire le costumanze religiose e partecipano specie nella quaresima,
alle diverse manifestazioni del culto, ma non giungono
fino a compenetrare i profondi misteri, che vi si racchiudono e a giovarsene per la riforma dei loro costumi e il
loro miglioramento spirituale… Pagani gli uni e sepolcri
imbiancati gli altri”.
E ancora: “Durante il tempo quaresimale, nelle Chiese
delle mie due dilette città, è un moltiplicarsi di funzioni,
ispirate alla mestizia e all’austerità della cattolica liturgia
e dirette ad eccitare gli animi, nella commemorazione dei
48
Vita Religiosa, (1°) 1923 n. 3, p.1s.
52
dolori della Regina dei Martiri e della passione e morte
del divin Redentore, eccitare più sentimenti, detestazione
del peccato, propositi di bene…
Molto pubblico vi accorre devoto, e attento e composto vi
assiste: lo so e ne provo quella intima soddisfazione che
può avere chi non ha altra aspirazione che
l’accrescimento delle virtù cristiane e della fede. Mi è
stato fatto osservare però che non saranno pochi quelli
che a queste manifestazioni religiose restano estranei;
non perchè impossibilitati dalle loro pressanti occupazioni, ma perchè non sentono, perchè non riflettono, perchè
non vivono più. E saranno quelli che si dicono cattolici?
Forse, anche quelli che lodano negli altri queste pratiche?
Forse anche alcuni, che appartengono a quelle stesse Pie
Associazioni o a quelle Confraternite, che sono tante benemerite del culto divino? E mi si avvicinano pure gli osservatori che mi fanno rilevare come la stessa parte del
popolo, che accorre ai SS. Misteri e riempie la Chiesa, è
trasportata da un sentimento, che non penetra nella coscienza, che non assurge fino al sacrificio della virtù, che
non è vera, genuina devozione, che non è fecondo di opere sante e meritorie” 49.
SALUTO AUGURALE PER IL NATALE
datato nella festa di S. Lucia 1924
“Siate felici - dice il Vescovo - felici di quel complesso di
beni che la provvidenza concede a conforto delle umane
creature in questa vita terrena, e più felici ancora per la
sovrabbondante copia delle grazie che alimentano, abbellono, arricchiscono gli spiriti. E vorrei che i miei voti
si avverassero nella misura più completa, precisamente
nell'anno in cui stiamo per entrare, il quale per antonoma49
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 2 pp, 9 ss.
53
sia fu chiamato Santo… I popoli dell’orbe cattolico sono
chiamati per presentare ad limina apostolorum l’omaggio
della loro fede vera, sentita, fattiva. Siate convinti che ogni purificazione ha inizio dal cuore e nel cuore si completa” 50.
LETTERA PASTORALE “SACRA VISITA E
ANNO SANTO” PER LA QUARESIMA
datata 15/2/1925
“Nei due anni scorsi - dice il Ferniani - mi è sempre piaciuto cogliere ogni occasione favorevole per visitarvi,
dovunque vi foste raccolti par le solenni manifestazioni
di culto… II governo della Chiesa è la spontanea estrinsecazione di quella paternità, la quale non ammette che la
persona, chiamata a tenere le redini, sia avvolta come in
una nube di mistero, nè tollera che questa, quasi da una
lontana ed alta vedetta, osservi, scruti ed emetta comandi.
Reggere le popolazioni cristiane vuol dire vivere con esse
e per esse, seguirle, guidarle di persona e fare loro sentire
di continuo la propria voce... Non crederete, però - egli
dice -, che il pastorale ministero sia limitato unicamente a
queste visite e comparse… Non ho mancato mai in questo biennio con tutti quei mezzi, che mi erano suggeriti
dalle circostanze, di prendere notizie degli elementi che
mi potessero rivelare quale era la interna funzionalità
della vita cristiana nel mio popolo. Ma è evidente che,
quando mi sono trovato presente alle vostre feste o funzioni religiose, non ne ho potuto scorgere che la esteriore
fisionomia… Ora fra le varie forme, con cui si svolge il
regime di una Diocesi è da annoverare una speciale visita, che al vescovo è prescritta di effettuare, chiamata per
antonomasia pastorale. Essa è straordinaria, solenne, uffi50
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.12, pp.1-2.
54
ciale, generale. Fu chiamata ‘anima regiminis episcopalis’.
La sacra visita è la sintesi o il punto culminante del governo spirituale, la esplicazione del potere ecclesiastico
portata al suo massimo grado di attività, e la forma più
atta per tenere unite le parti del Corpo mistico della Chiesa col suo Capo, curandone e rinforzandone la compagine".
Contemporaneamente il Vescovo approfondisce l’origine
storica e biblica della sacra visita che viene fissata per la
seconda domenica di quaresima a Ruvo e per la terza a
Bitonto. Continuando, Mons. Ferniani precisa che "certamente le parate e le esteriorità non basterebbero per dare alla sacra visita quella reale consistenza, che le spetta… se il Clero e il popolo non vi cooperassero con interna rinnovazione e con esterna docilità.
Il Vescovo chiede a tutti “il buon volere… esempio di incondizionata e pronta ubbidienza, quasi prevenendo gli
ordini e i desideri... da evitare che egli abbia a scorgervi
alcunchè di scorretto, di riprovevole, di contrario al Vangelo e alle leggi canoniche”. Il fine della visita pastorale è
“fare conoscere all’autorità ecclesiastica locale e alla
competente congregazione Romana lo stato attuale morale ed economico dei singoli Enti".
Si fa notare poi la coincidenza della Santa Visita con
I'Anno Santo voluto dal Sommo Pontefice Pio XI. Mons.
Ferniani si sofferma poi ad approfondire Ie “ essenziali
caratteristiche della Chiesa, le quali hanno la loro ragione
di esistere nella sua stessa interna costituzione”: si tratta
della cattolicità, dell’unità, della santità, e della apostolicità.
Il Giubileo viene visto come una manifestazione di queste caratteristiche della Chiesa che il Vescovo approfondisce nella sua Lettera.
Si afferma una cattolicità di diritto “usque ad ultimum
terrae, universo orbi" e una cattolicità di fatto “ecce vobi-
55
scum sum”. La mostra missionaria e una manifestazione
della universalità della Chiesa.
A proposito della caratteristica dell’unità si dice – “Tanto
estesa la Chiesa, eppure tanto compatta, tanto solidale.
Da una parte la straordinaria elasticità e forza di adattamento, una delle condizioni cha favoriscono la immensa
potenza di penetrazione, dall’altra uno spirito di invitta e
invincibile conservazione, direi, la intransigenza più assoluta”.
Trattando della santità ci si sofferma sulla rigenerazione
della umanità voluta da Cristo: Il Giubileo è uno dei tanti
mezzi. A proposito della apostolicità. Il Giubileo si presenta come “confessione collettiva e trionfale della apostolicità della Chiesa e del primato di Pietro”.
Si continua esplicando ancor più il pensiero sulla Chiesa.
“La nostra fede – dice il Vescovo – sarà vera e autentica,
e la nostra santità sarà di sana lega, se poggeranno sulla
apostolicità delle particolari sedi episcopali, a cui apparteniamo… la storia ci ha additato la certa discendenza di
alcune cristianità dal collegio apostolico; ma in generale
e in via di fatto, nella sola Chiesa Romana abbiamo la sicurezza della diretta successione, non mai interrotta, dei
Pontefici, del Capo del Collegio apostolico, S. Pietro”.
Occorre una “rispettosa e filiale subordinazione alla fede
Romana e al Vicario di Cristo a cui spetta il primato nella
Chiesa universale”. E inoltre “tutti i figli della Chiesa universale hanno il dovere di aderire alla Chiesa di Roma,
perchè le Chiese particolari nel fatto sono vere e apostoliche unicamente perchè si mantengono sottoposte al primato della Chiesa Romana”.
“Nella Sacra Visita – conclude Mons. Ferniani – in me
riconoscerete il vostro Pastore, il vostro Vescovo, il successore degli Apostoli, a cui la Divina Provvidenza ha
assegnato la vostra direzione spirituale. Ed io vi assicuro
che sono tale perchè sono stato mandato a voi dallo stes-
56
so Vicario di Gesù Cristo; e quindi voi, perchè a me uniti,
siete uniti alla Chiesa di Roma”.
Seguono le avvertenze sulla Sacra Visita:
- sarà tenuto un triduo di preparazione prima della Visita, col Veni Creator e predicazione in preparazione;
- nel giorno della Santa Visita “I cosidetti complimenti,
non devono eccedere l’ordinario – e nei giorni, in cui
è proseguita sono vietati”
- nelle Parrocchie e Confraternite ci sarà Comunione
generale 51.
51
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 2 (supplemento), tip. De Rosellis, Ruvo 1925.
57
MONS. GIOIA PASQUALE,
AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI BITONTO
LETTERA AL CLERO E AL POPOLO DI BITONTO
datata nella festa di S. Giovanni Battista
Questa lettera precede la visita di Mons. Pasquale Gioia a
Bitonto. Il Vescovo ricorda la “rapida scomparsa del desideratissimo Mons. Ferniani” che spesso raccontava ai
Vescovi riuniti in Conferenza, ”il bene che aveva potuto
compiere e tutto quello che si accingeva a fare”. Il predecessore viene anche ricordato dall’Amministratore Apostolico, come “placido, amabile, sereno” e come
“amatissimo fratello”.
Per la sua amministrazione apostolica, Mons. Gioia si
augura di trovare nel “clero valida cooperazione, nel popolo corrispondenza affettuosa, in tutti docilità di figli
devoti”. Ricorda che la Diocesi di Bitonto possiede Sacerdoti studiosi e colti.
E ancora: “L’amore allo studio, l’applicazione intensa richiesta per la serietà degli studi ecclesiastici li indurrà (isacerdoti) ad una vita di raccoglimento e quindi anche ad
una vita di preghiera e di abnegazione”.
È assurdo poter conciliare “sacerdoti amanti dei circoli e
dei passeggi, pronti alla critica ad ai motti salaci “con i
doveri del proprio ministero che sono “ammaestrare,
spronare al bene, consigliare, confortare, aiutare”. Ricorda a se stesso che “poichè curare le anime è portare la
croce con Gesù noi accettiamo fin da ora non solo le fatiche che consolano l’animo del pastore per il frutto che si
raccoglie, ma ancora quelle che dovremmo sostenere nel
governo di anime indocili e ingrate”. Chiude la lettera invocando la Vergine Immacolata, protettrice di Bitonto "
perchè mantenga robusta la fede e interamente i costu-
58
mi”. In ultimo invia il suo saluto anche “alle Autorità civili e militari che ci avranno coadiutori pronti in ogni opera di bene” 52.
LETTERA DI CONGEDO
ALLA DIOCESI DI BITONTO
datata gennaio 1926
“Il nome del novello Pastore - dice Mons. Gioia – corre
già sulla bocca di voi tutti, o dilettissimi, ed il mio mandato volge ormai al suo termine.
I fugaci contatti avuti col venerabile Clero e col buon popolo mi hanno procurato momenti di soddisfazione… Ho
assistito alle vostre feste religiose ed ho ammirato la vostra fede, sono passato per le vostre vie ed ho costatato
quale rispetto abbiate per l’autorità religiosa… Con ansia
state aspettando il Padre delle vostre anime ( si riferisce
Mons. Domenico del Buono)” 53.
52
GIOIA, P., Lettera al Clero e al popolo di Bitonto, tip. De Stefano
De Bari, Molfetta 1925.
53
Vita Religiosa, (IV°) 1926, n.1, p.1 ss.
59
MONS. DOMENICO DEL BUONO,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
PRIMA LETTERA PASTORALE “PAX VOBIS”
datata a Bari nell’Annunciazione della B. Vergine
Il novello Presule si dice “ammiratore assiduo e silenzioso” di Mons. Ferniani, definito come “ angelo santo e benedetto delle vostre anime” e “pastore buono e sapiente”.
Mons. Del buono, ben sapendo di non trovare un clero
facile né un popolo, soprattutto quello delle Confraternite, altrettanto devoto, esorta le sue diocesi a stringersi
“tutti intorno al nuovo Vescovo nel vincolo infrangibile
dell’amore”.
Ricorda che a Bari era vissuto “fra una gara gentile di reciproca stima e di inesprimibile affetto”. Non a caso
quindi aveva scelto “Pax Vobis” come tema per la sua
prima Lettera Pastorale. Riassume tutta la vita di Gesù in
una “missione di pace e nella riconciliazione dell’umanità
con Dio”. La pace tra gli uomini non è altro che la
“partecipazione in noi della vita intima di Dio. Deve essere un frutto dello Spirito Santo nelle nostre anime”.
Occorre portare Dio in noi perchè in Lui “v’è la pace perfetta, perchè in Lui vi è l’unità assoluta”.
Rivolge poi il proprio pensiero alla pace nel mondo.
“Tutte le volte – egli dice - che questa divina armonia si
rompe…, scoppia un fragore di battaglie o un disordine
di guerra! E così, mentre tutte le creature sospirano il Regno della pace, che offre agli uomini la gioia della vita…
nel mondo freme la guerra, che ne amareggia
l’esistenza”. La metodologia della pace è nelle parole di
S. Tommaso che fa sue quelle di S. Agostino:
“Tranquillitas ordinis”. E per l’ordine l’uomo ha tre punti
di riferimento: Dio, se stesso, il prossimo.
60
“Ogni volta che viene meno qualcuno di questi tre elementi, e che l’amore è scarso per uno di questi tre rapporti, la pace muore nel cuore dell’uomo”. E “poichè ben
spesso noi portiamo la guerra dentro noi medesimi, siamo
in preda ad una agitazione che non viene dagli altri uomini e sentiamo i cattivi desideri insorgere contro di noi”.
Sono queste espressioni che riflettono il pensiero di S.
Giovanni Crisostomo. Alla Chiesa spetta “oggi compiere
la missione di pace affidatale da Gesù, con il ricostruire
in ogni cuore l’unità spirituale perduta”.
Mons. Del Buono insiste che l’ordine, come via per la
pace non si risolve nel miglioramento dei rapporti esterni,
ma prende tutto l’uomo, la profondità del suo essere in
cui deve regnare l’armonia delle varie componenti.
Prosegue affermando che non “la dottrina che acquieta
l’intelletto, non il solo gridare ‘Signore Signore’, ma il
fare la volontà del Padre che sta nei Cieli, questo conduce
al vero salvamento e alla vera pace”.
Facendo poi riferimento alle sue nuove Diocesi dice:”
Ricomponiamo l’unità della famiglia cristiana nell’amore
scambievole, che è la vera tessera di riconoscimento dei
figli di Dio, e procuriamo di far rivivere in coteste nostre
Diocesi una feconda gara di opere, da potersi ripetere di
noi tutti l’elogio degli antichi cristiani: come si vogliono
bene!”.
A conferma ricorda poi i contenuti del Nuovo Testamento: “Uno è il corpo, uno è lo spirito, come una è la
speranza della vostra vocazione nella quale siete stati
chiamati… L’elemento del peccato tende a dissolvere, a
disgregare, ad atomizzare l’organismo spirituale;
l’elemento della grazia a riunire, a comporre, a mettere
insieme i rottami, a pacificare le parti in contesa, a ristabilire nell’uomo l’armonia, a destargli una vita nuova secondo l’affermazione di Gesù a Nicodemo”.
Mons. Del Buono prosegue dicendo che ” il mondo non è
compiuto, sinchè non è uno, e il cosmo non è perfetto fin
61
tanto che non esprime finitamente con le proporzioni
armoniose l’unità infallibile e semplicissima del Logos
creato”.
Facendo poi ancora riferimento alle Diocesi afferma:
“Non vengo per preferire gli uni agli altri, facendomi
guidare da simpatia umana ma per essere il Pastore delle
anime vostre;... non vengo animato da alcuno spirito di
parte, ma vescovo e padre di tutti e singoli miei Diocesani, tutti devo e voglio abbracciare nella carità di Cristo”.
Mons. Del Buono, vissuto a Bari, vicino ai problemi delle
due Diocesi a lui affidate, sapeva bene quali fossero le
aspettative del Clero e del popolo. Spesso il Clero aveva
chiesto in precedenza al suo vescovo pro tempore proprio
questa capacità: essere uguali con tutti.
E Mons. Del Buono, in questa lettera pastorale sembra
coglierne in pieno i desideri.
Rivolti ai dignitari e canonici capitolari li chiama “nobile
e autorevole senato del Vescovo” e li vede come “valido
aiuto nel governo delle due Diocesi”.
Rivolto al clero in genere: “Vi chiamo tutti – egli dice – a
qualunque ora del giorno egli sia arrivato, qualunque sia
la sua attitudine o attività, nessun sacerdote deve credersi
dispensato dal suo lavoro” e con grande umiltà, afferma
che “il vescovo, amici da solo non basta. Egli non è una
divinità taumaturgica che dal suo episcopio, come dal suo
castello incantato, con la virtù di una bacchetta magica
può ottenere tutto quello che vuole dal suo popolo”.
Subito dopo afferma il suo pensiero sul mandato episcopale: “Per me e per voi – dice – il vescovo è il centro
propulsore della religiosità del suo popolo, o meglio della
civiltà cristiana della sua Diocesi”
Cerca anche di diradare nel suo Clero eventuali apprensioni economiche che avevano avuto qualche fondamento
sotto l’episcopato di Mons. Pasquale Berardi. Perciò dice:
“E poi non vengo a chiedervi nulla per me che possa costarvi del grande sacrificio. Contento di un pane e di un
62
tetto che la provvidenza mi dona, e lieto di ripetere con
l’apostolo: habentes autem alimenta et quibus tegamur
his contenti simus (tim. VI , 8), vengo a chiedervi solo un
pò del vostro amore, di questo si che ne ho bisogno, e
non proprio per me, ma per le anime affidatemi dal Signore”.
Mons. Del Buono, nonostante il suo ostentato spirito di
povertà, si lamenterà della sua povertà con la S. Sede anche se non userà dell’autorità sua per rifarsi sul Clero.
In proposito sono testimoni i rapporti epistolari per sistemare le adiacenze della Cattedrale di Ruvo, e quelli
tenuti col sacerdote diocesano di Bitonto Daniele Cepollaro, ufficiale della S. Congregazione dei Religiosi.
A proposito della esplicita richiesta di amore da parte del
Clero, il vescovo sapeva bene in quale stato di abbandono
e di rifiuto ad oltranza era stato lasciato Mons. Berardi e
in parte Mons. Ferniani.
Mons. Del Buono chiude le sue riflessioni con i saluti di
prassi a tutte le componenti diocesane. In particolare a
proposito dell’Azione Cattolica maschile dice: “Ai giovani che già adunati nei circoli, come quelli della Fides
intrepida di Ruvo, o che numerosi si affollano nelle
schiere parrocchiali di Paggetti, a Bitonto, e che vorrei
veder presto entrare nelle file della G.C.I. agli uomini
tutti di buona volontà che aspettano di far parte di gruppi
Uomini Cattolici non per una vana parata, ma per una cosciente attività richiesta dai tempi nuovi…”
Diversamente dai suoi predecessori chiede ai Parroci che
la sua Lettera sia sunteggiata e spiegata al popolo, anzichè leggerla 54.
54
DEL BUONO., D., Prima Lettera Pastorale “Pax Vobis”, tip. Pugliese Bari 1926.
63
LETTERA ALLE DIOCESI
datata ottobre 1926 festa di Cristo Re
Mons. del Buono, nella festa di Cristo Re, scrive una
Lettera Pastorale alle Diocesi. Prima riporta e accenna ai
contenuti teologici delle frasi bibliche e liturgiche: Christum regem regum venite adoremus / Ego hodie genui te /
Dabo tibi gentes haereditatem tuam et in possessionem
tuam terminis terrae / Et regni eius non erit finis / Cum
exaltatus fuero omnia traham ad me ipsum / Regnavit a
ligno Deus.
Poi in uno sguardo retrospettivo afferma:”Venti secoli di
storia sono passati dinanzi a Lui (Cristo) e, curvando il
ginocchio e la fronte, hanno ripetuto il grido di adorazione di Pietro: ‘Tu sei Cristo, figlio di Dio vivo che venisti
in questo mondo’. Gli imperi decrepiti, i regni invecchiati, le corone arrugginite, gli scettri consunti sono caduti e
si sono infrarnti nella polvere del tempo. Le eresie di Cerinto, di Celso, di Porfirio, di Azio, di Eutiche, di Lutero,
sono state disperse come nebbie dalle folate di vento soffianti dal Calvario. E mentre la negazione volgare di
Voltaire, il razionalismo petulante di Strauss, di Renan, di
Harnak ha seminata dovunque la desolazione e la morte,
solo Cristo vi porta, nel deserto delle anime, la gioia e la
vita. Solo Cristo passa ancora fra le genti benefattore e
salvatore dell’umanita; solo Cristo, ogni dì, allarga le sue
tende dall’uno all’altro mare, e stabilisce il suo regno incrollabile tra i figli...”. Il vescovo continua col dire che il
regno di Cristo è regno d’amore, regno pacifico, altare di
re mansueto, croce di re immolato 55.
55
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 10, p. 81.
64
LETTERA PER LA QUARESIMA
datata 25/2/1927
“A dire il vero - dice Mons. Del Buono -, in ogni tempo
siamo noi tenuti a levare al cielo i nostri occhi e i nostri
cuori per supplicare Iddio a darci la grazia che ci affranca
dalla servitù del peccato e ci ridona la libertà dei figli del
Regno… La quaresima infatti con la celebrazione liturgica dei santi misteri, ci sprona a modellare la nostra vita
sulla vita stessa del nostro divino Salvatore.
Il vescovo afferma che “noi pure invece di far parte della
famiglia dei santi, assai spesso ci siamo imbarcati con la
società paganeggiante, che di cristiano ha solo il nome,
solo la vernice, mentre la vita ha staccato, come sarmento
seccato, dalla vita divina che è Cristo… Abbiamo tutti
bisogno di rifarci cristiani, di tornare alle sorgenti della
vita. Fratelli e figli carissimi, io vi prego e vi scongiuro
nel Signore N.G.C. a camminare secondo che vi è stato
insegnato per piacere a Dio. Se non saremo morti a noi
stessi, se non ci saremo seppelliti con Cristo, non potremo risorgere con Lui alla vita sopprannaturale, non potremo con Lui, primizia dei credenti, sollevare il capo
dalla polvere e dal sepolcro nelI'ultimo giorno” 56.
LETTERA PER LA PASQUA 1927
Mons. Del Buono anche in questa circostanza non fa
mancare la sua parola: “Non soltanto per un bisogno
dell’animo – egli dice - formulo per voi tutti I'augurio più
fervido, ma anche e soprattutto per l’adempimento di un
dovere che ogni capo di famiglia cristiana e quale famiglia più vera e più cristiana di una Diocesi, sente di dover
compiere verso i fratelli, i figli e tutti coloro che stretti
56
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.2, pp. 9-10.
65
nel dolce vincolo di una fede comune, sentono di essere
sotto il tetto di un medesimo Padre, di sedere ad una stessa mensa, di respirare Ie stesse aure di pace, di sentirsi
partecipi della stessa vita di Colui che si è per noi immolato, e che con la parola incisiva di Paolo, si chiama Cristo, la Pasqua nostra” 57.
LETTERA PASTORALE “LA SANTA VISITA”
datata nell’Epifania 1928
Mons. Del Buono apre la lettera con Ie parole tratte dal
Cantico di Zaccaria riportato nel cap. I di S. Luca: "Per
viscera misericordiae Dei nostri in quibus visitavit nos
oriens ex alto”.
La visita che si accinge a fare è sulla scia di Gesù "che
non ha voluto essere con tutti gli uomini l’improvvisatore
della vita nuova, ma il paziente ricostruttore, che tratta
con le sue dita la resistenza dell'argilla umana per rammorbidirla, piegarla, conformarla all'antico disegno, per
darle l’impronta della sua immagine divina”.
E’ questa un’ora, scelta da Dio per seguire la crescita
della nuova società. “Il Maestro -dice il vescovo-, nella
sua divina sapienza segue anche oggi nell’opera sua che è
tutta soprannaturale lo sviluppo e il progresso delle cose
umane, non distrugge ma si insinua sulla natura e, vi si
innesta come fruttifero germoglio d’olivo. Egli non ispezza la canna sbattuta dal vento e non ismorza il lucignolo che fuma, ma in ogni umile creatura vi desta la
scintilla della grazia e della vita”.
La santa visita si presenta come "la sintesi o per meglio
dire I'anima del governo di una Diocesi".
Lo scopo è quello di illuminare le menti, comporre le
volontà nell’ordine”. Ci si propone anche una reciproca
57
Vita Religiosa (V°) 1927 n.4, p.25.
66
"conoscenza non generica”. “Questa - egli dice - si puo
dire, precorse alla mia stessa venuta in mezzo a voi. I
rapporti religiosi e civili che le due sedi di Ruvo e di Bitonto hanno con la città di Bari, avevano facilitato a me la
conoscenza dell’anima popolare delle due illustri città,
dei suoi uomini migliori, che non sono pochi; delle sue
virtù, dei suoi pregi, e perchè non dirlo? Anche del suoi
difetti".
Mons. Del Buono è convinto che "da una più sicura conoscenza di uomini e di cose nasce un amore più intenso,
una dedizione più completa una immolazione più perfetta”. Non si nasconde nemmeno che bisogna “disfare e rifare".
“ E’ necessario - egli dice- sradicare le cattive erbe, di
mezzo al popolo, di mezzo alle organizzazioni cattoliche,
di mezzo alle confraternite, di mezzo alle Case Religiose,
e, se ve ne fossero, financo di mezzo al Clero; l’erbe cattive degli errori circa la dottrina delle superstizioni interne alla religione, delle abitudini viziose circa la morale,
della indisciplina in ordine all'autorità, dell’orgoglio che
si pasce di vento, della falsa pietà che ci rende farisei
della legge, di uno zelo impastato di odio verso i fratelli,
di una gelosia che ci rende feroci e anime in pena per
tutta la vita. Lavoro faticoso, immane, ciclopico e delicato insieme perchè con lo strappare Ie radici dell’erba
cattiva non si guasti il buon grano”.
Parlando poi del popolo in genere, a lui affidato, afferma
che “pur paganeggiando nella vita, a quando a quando
sente il bisogno di Dio e la nostalgia del cielo, di questo
popolo che presso ad affogare talora nei gorghi di uno
scetticismo pratico e di un materialismo di vecchia maniera, sente pure le nobili aspirazioni dell’anima destinata
‘a formare l’angelica farfalla’”.
Il dovere della santa visita ha l’intento di “ridare a molti
la gioia dell'antica preghiera, per richiamare non pochi
all'altezza di una vita veramente cristiana, per rifare in
67
tutti il bel dono divino della pace, per ricomporre tutti i
miei figli nell’armonia di una vera e santa famiglia".
A proposito del Clero si afferma che "talora è giudicato a
rovescio da chi non ha con esso che scarsa o nessuna comunanza di vita, sicchè raro è che si riesca ad apprezzare
il bene che esso fa in mezzo al popolo, fra il quale trae la
sua vita ordinariamente povera, sobria, piena di sacrifici.
La deviazione di uno, di pochi dal retto sentiero del dovere non autorizza certo la critica malevola che, almeno fino a ieri, fioriva su per Ie colonne pettegoli del giornale,
ed oggi sboccia timidamente lungo il marciapiede, fra un
sorso e I'altro di caffè, o all’aura tepida delle farmacie,
nelle serate lunghe d'inverno... Eppure si dovrebbe sentire
da tutti un certo senso di ammirazione per l’opera del nostro Clero, quando si pensi, al clima storico nel quale ha
vissuto negli ultimi cinquant'anni e agli scarsi mezzi con
cui ha dovuto compiere la sua formazione culturale e spirituale, nei Seminari diocesani”.
Mons. Del Buono ricorda che il giudizio negativo sul
Clero, soprattutto se meridionale, è recepito come tale
anche nell’Italia settentrionale. “Non so - egli dice - e non
voglio sapere se a questo errore di giudizio, che del resto
riguarda tutta la vita meridionale, abbia contribuito più
che l’ormai e superata questione tra Nord e Sud, un diminuito senso di fraterna solidarietà fra quei che un muro ed
una fossa serra". Il vescovo pur difendendo il Clero, lo
invita ad aver cura del "buon nome”
“Cerchiamo - dice ancora - adunque, amici, di amarci un
pò di più, di perdonarci un pò di più, di lavorare un pò di
più per Dio e per il popolo”. Si ricorda alle Diocesi che
saranno oggetto di visita, le Parrocchie, che sono e devono essere i vivai della Chiesa”.
“Richiederò i Parroci – dice Mons. Del Buono - del candore dei lini dei sacri altari, e cercherò l’osservanza
dell’igiene e della nettezza delle Chiese, ed esigerò la
buona tenuta degli arredi sacri e la custodia dei registri
68
d’archivio”. E poi “dinanzi alla porta della Chiesa parrocchiale cessino pertanto le passioni di parte, trovino
tutti, fra le tempeste della vita, almeno nella Chiesa della
Parrocchia, il rifugio, la quiete, il riposo dello spirito”. A
proposito delle Confraternite espone i suoi convincimenti. “Non sono così colpevoli - egli dice - come si vogliono
fare apparire. Esse sono piuttosto delle istituzioni incoscienti che cattive, nel Mezzogiorno d’Italia”. “Va data –
continua il vescovo – per debito di giustizia, una parola di
lode a quelle, non poche, che almeno nelle mie Diocesi
sono rimaste fedeli al loro scopo, ed obbedienti alle leggi
della Chiesa.
Le altre hanno deviato dal loro fine precipuo per un complesso di motivi storico-sociali. Enti, conservati dalle
note leggi eversive sono serviti spesso di cuscinetto nelle
mani dei governi liberali, per un’errata concezione delle
funzioni di Stato e Chiesa, negli urti inevitabili fra la Prefettura e la Curia. Hanno giovato, per Ie virtù mirabili di
certi segretari, e per lungo tempo, alla leva in massa a favore del Deputato del cuore, cattolico nel collegio elettorale, radico-massonico in parlamento, creando la piattaforma ordinaria delle elezioni politiche di felice memoria.
E negli ultimi tempi, nel recente dopo guerra, le Congreghe hanno accolto con forma semplicistica il travasamento delle Camere di Lavoro di tutti gli operai, reduci
dalle trincee, cui la grande guerra aveva insegnato di
nuovo a credere in Dio e nei suoi Santi. Parve così, questo ritorno, un trionfo della Religione, ma fu ed è rimasto
un trionfo alla superficie della vita cristiana, toccò I'epidermide, forse sfioro I'anima, ma non vi penetrò profondo. E così avemmo le riprese delle batterie, delle luminarie, delle bande, ma non la frequenza ai Sacramenti della
Confessione e Comunione, che soli rinnovano la vita del
popolo cristiano”.
Mons. Del Buono invita a tornare alle fonti, “alle sorgenti
che scaturiscono dal monte della salute, universale, Cri-
69
sto!”. Il vescovo ricorda con amarezza alle Confraternite,
il Decreto della Conferenza episcopale di Molfetta per Ie
Feste religiose, da esse “commentato con un sorrisetto
malizioso”. La santa visita riguarderà Ie Case Religiose
"che per quanto esenti, qui hanno assegnato il campo di
lavoro". Dalle organizzazioni cattoliche, il vescovo è sicuro di "cogliere molte consolazioni". Anche le scuole
saranno oggetto della sua attenzione per rendersi conto
dello sviluppo dell’insegnamento della Religione. Dà poi
le disposizioni per la santa visita riportando testualmente
le parole del suo predecessore Mons. Ferniani. Il tutto inizierà nella Cattedrale di Ruvo, la seconda domenica di
maggio e, nella Cattedrale di Bitonto la domenica successiva. Esorta gli interessati ad accogliere con gioia i consigli, Ie esortazioni, e se occorrà, i comandi". Invita tutti a
non illudersi “sulle sorti di questa società fra cui viviamo,
che solo in apparenza è cristiana, mentre nelIa vita vissuta, ahimè, molte volte se ne allontana da Cristo e dal
benefico influsso della Chiesa!... La religione per molti si
riduce ad una mano di vernice passata su di un muro in
rovina”.
Infine chiede a tutti "di rinnovarsi" nello spirito. A piè
pagina, come è, suo solito, raccomanda di “sunteggiare e
spiegare al popolo” il contenuto della lettera 58. La Lettera
Pastorale testè sunteggiata, fu riportata sul Corriere
d’Italia in un lungo articolo il 26/1/1928 e su Vita Religiosa (VI) 1928 al n.1.
58
DEL BUONO, D., Lettera Pastorale “ La santa Visita”,tip. N. Garofalo & Figlio,Bitonto 1928.
70
NOTIFICA PER IL CONCILIO PLENARIO PUGLIESE
datata 15/3/1928
Il vescovo comunica che "la seconda domenica dopo Pasqua, e precisamente il 22 aprile p.v. sarà inaugurato a
Molfetta, con l'intervento di S.E. il signor Card. Sbarretti,
Segretario pontificio, alla presenza di tutti gli Arcivescovi e Vescovi della regione e delle varie rappresentanze
degli Enti aventi diritto, il Concilio Generale Pugliese,
allo scopo di dare maggior incremento alla fede, di fissare sempre meglio le norme del buon costume, di correggere gli abusi, purificare gli animi, e di piegare Ie volontà
all’osservanza di un’unica e sola disciplina”.
Si stabilisce dal giorno di S. Giuseppe fino alla festa del
suo patrocinio di aggiungere nella Messa e nelle pubbliche funzioni, la colletta dello Spirito Santo, pro re gravi,
di recitare dinanzi al SS. Sacramento esposto, il Rosario e
il Veni Creator Spiritus, di portare a conoscenza del popolo di Dio l’avvenimento per tre successive domeniche
impegnando i fedeli ad una vita cristiana più intensa 59.
Al Concilio interverrà per Ruvo, Mons. Vicario teol. Ruta
e il Can. dott. Pellegrini; per Bitonto l’Arcid. Dott. Calamita e il teol. Dott. Ferrante 60.
LETTERA DELLEPISCOPATO PUGLIESE
DURANTE IL CONCILIO APPULO
datata 28/4/1928
I Vescovi, tra cui Mons. del Buono, danno i motivi della
Ioro riunione: “Vi sono delle circostanze straordinarie,
nelle quali conviene dare agli insegnamenti e alle leggi
una maggiore autorità e solennità ed allora più Vescovi si
59
60
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 3, sul frontespizio.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 4, p. 30.
71
uniscono insieme per compiere la loro missione col comune consiglio o la comune autorità, ossia si radunano in
Concilio… Dal secolo XII° in poi non si ha memoria che
un Concilio di tal genere sia stato celebrato nella Regione.
Noi siamo appena uscenti da una guerra mondiale che è
stata la crisi dolorosa e sanguinosa della apostasia dei popoli. Ma il motivo principale della celebrazione del presente Concilio, deriva dalla promulgazione del nuovo codice del diritto canonico… Ma alle leggi generali per
tutta la Chiesa è necessario che si aggiungano Ie opportune applicazioni secondo i bisogni locali delle varie regioni”61.
DISCORSO SU “LA MISSIONE DEL PARROCO”
datata 2/12/1928, per il possesso canonico
del neo-parroco Can. N. Cuccinella in S. Giorgio
Mons. Del Buono si sofferma sul discorso di Gesù agli
Apostoli, riportato dal Vagelo di S. Giovanni al cap. 15.
Il Vescovo facendo parlare Cristo in prima persona, dice:
“Vi ho scelto fra tutti – a preferenza di tutti - oggetto del
mio immenso amore, per collocarvi nell’unica Chiesa.
Non ai ricchi ho dato la mia preferenza - non ai potenti non agli armati, ma ai poveri, ma agli umili, ma agli ultimi, perchè fosse in testimonianza della mia divinità nei
secoli, del regno stemmato di grazia e santità".
Il Vescovo mette in luce in questa espressione la particolarità della scelta da parte di Dio con toni inequivocabili.
Prosegue affermando che il Cristo non elegge "per starvene oziosi… non ad aspettare di essere chiamati a sedere
alla mia destra e alla mia sinistra… ma perchè vi mettiate
(riferito sempre ai sacerdoti) in attività di travaglio, di fa61
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 6/7, p. 49.
72
tica, di sudore, a squarciare col vomero Ie zolle che aspettano il seme Dio". Si nota la preoccupazione del Vescovo di rettificare il ministero sacerdotale locale, spesso
pronto a lamentarsi e ad aspettarsi premi ed onori.
"I frutti -egli dice- che Gesù veniva a trarre dal suo sacrificio, non erano i frutti terreni che si conquistano e si
perdono, non ricchezze, non gloria, non impero, non godimento".
Il Vescovo ricorda, rivolto al neo-parroco, che nei tre anni di detta amministrazione della Parrocchia S. Giorgio
martire “La volontà di Dio si è chiarita e per un mirabile
intreccio di avvenimenti, di piccoli avvenimenti, il Signore ha tracciato la tua via".
"Umanamente e sinceramente parlando" dice Mons. del
Buono, non si poteva prevedere prima una tale nomina,
ma l’attenta lettura dei segni dei tempi ha prodotto la decisione di fare del sacerdote un eletto, un "pastore e padre”.
Segue poi la parola chiara e ferma del Vescovo su un
problema che riguardava direttamente la Parrocchia di S.
Giorgio e il Santuario dei SS. Medici in essa esistente:
"Signori - egli dice - parlandosi di certe Parrocchie e di
questa in particolare, talora mi è stato dato di sentire che
certi Parroci si fanno ricchi: brutta frase, amici, questa di
farsi ricchi dei frutti delIe varie parrocchie, brutta frase
che capovolge i valori spirituali e distrugge il pensiero di
Gesù”. E continua con una “franca e schietta dichiarazione”: “Vorrei dire pertanto ai miei Parroci, vorrei dire a
Te, nuovo Parroco di S. Giorgio, se sento che un giorno ti
sei fatto ricco del denaro del Santuario, ricordati di non
aver più vescovo, di non avere più padre!”.
Il Vescovo assicura che si spenderà per opere di culto e di
carità tutto il ricavato fino all’ultimo centesimo, perchè
fino all'ultimo centesimo è sacro. La ricchezza del Parroco sarà soprattutto ricchezza e splendore del tempio, so-
73
lennità delle sacre Funzioni, partecipazione del popolo ai
Sacramenti e all’istruzione catechistica ed evangelica 62.
62
DEL BUONO, D., La missione del Parroco, tip. N. Garofalo & figlio, Bitonto 1928.
74
MONS. AUGUSTO CURI,
AMMINISTRATORE DI RUVO
LETTERA PASTORALE SU “L’OPERA PONTIFICIA
DELLA PROPAGAZIONE DELLA FEDE
E LA GIORNATA MISSIONARIA”
datata 23/9/1929
Mons. Augusto Curi, Arcivescovo di Bari e Amministratore di Ruvo, indirizza alle sue Diocesi una lettera in
occasione della Giornata Missionaria 1929. Parla della
virtù della Fede: "La sola che spiega la causa dell'umana
corruzione e trova il rimedio efficace a tanti mali; la sola
che predica I'umiltà, il distacco, l’amore dei nemici, il
perdono, il sacrificio, la rassegnazione, la castità, la verginità. La Fede, che nel libro della Sapienza è chiamata
‘dono eletto di Dio, principio di visione beatifica, generatrice di speranza, via per la carità, madre di buone opere’; la sola che proclama una grande verità, non compresa
nel suo profondo senso e cioè: ‘tutto sa chi conosce Gesù’; in questa conoscenza essa sola è maestra e guida”.
Mons. Curi si chiede se non siano molti ancora quelli che
non credono. Pio XI nella Rerum Ecclesiae, ricorda che i
pagani sono oltre un miliardo. Si impone quindi per necessità la festa mondiale della propagazione della Fede
che il sommo Pontefice stabilisce per il giorno 20, penultima domenica di ottobre.
Il fine della Fede e delle sue manifestazioni religiose è
“un condurre alla cognizione di Dio l’universo intero''.
Non si concepiscono - dice il vescovo - distinzioni perchè Greci, barbari, nazionali o stranieri; ma si può dividere "tutta l’umanità in due grandi schiere di uomini, quelli
cioè che già conoscono la verità per eccitarli a spanderla
con sforzo non comune, ed ecco in questi i Missionari, le
Suore, i fedeli cattolici di tutto il mondo e quelli che an-
75
cora la ignorano, per aiutarli a domandarne il lume alla
Chiesa apostolica e cattolica, mandata da Gesù a predicare il Vangelo in tutto il mondo, ed ecco in questi gli infedeli". A coloro che si chiedono come mai Cristo non abbia in 19 secoli convertito il mondo con un suo fiat,
Mons. Curi si appella al mistero e alla Divina Provvidenza, che ha voluto chiamare “tutti quanti ad essere i cooperatori dei suoi lavori". Cristo “ha lasciato a noi la cura di
aggiungere alla sua azione divina la nostra azione umana”. Mons. Curi sostiene la necessità di una Chiesa tutta
missionaria.
Incaricò - egli dice - “dopo gli apostoli i sacerdoti della
sola sua Chiesa come nuovi missionari e con i sacerdoti
tutti i criatiani". Inoltre Dio "si serve dei missionari per
universalizzare il suo regno e non per fondarlo”. “L’opera
Pontificia - dice il Vescovo - non lavora per i soli infedeli, ma dà anche a noi grande vantaggio. Noi ve la presentiamo come il più potente stimolo per noi a farci compiere i nostri più gravi doveri”.
Mons. Curi ricorda poi alle sue Diocesi che nel mondo vi
sono 15.000 sacerdoti missionari e 32.000 suore per lo
stesso scopo. Le iniziative per la propagazione della Fede
vengono viste come “battaglie di Dio differenti da quelle
del mondo, perchè in queste sono i vinti che versano il
sangue e muoiono, mentre in quelle lo donano e versano i
vincitori, cioè i missionari". Si ricorda poi l’umiliazione
subita nella giornata missionaria dell'anno precedente
1926, allorchè l'ltalia risultò seconda nell’impegno missionario. Si mette poi in guardia il popolo di Dio dalla
concorrenza e inganno di tanti "fratelli separati" che giravano per Ie case vendendo periodici illustrati e giornali,
nella stessa giornata missionaria. “Noi - dice il Vescovo non abbiamo premura di giungere fino alle case di tante
persone perchè non vogliamo colpire la buona fede di alcuno...Chi gira per Ie case e chiede sotto qualsiasi forma
per le missioni, non è da noi autorizzato e non versa nel
76
nostro segretariato diocesano quanto raccoglie". Dopo
aver invitato alla preghiera che “ha in se una forza soprannaturale, che tutti i milioni e miliardi della terra non
potranno mai eguagliare”, dà disposizioni in merito alla
giornata liturgica. Si raccomandano a tutte le Diocesi anche se amministrate, tridui, ore di adorazione e discorsi
d’occasione. Si danno disposizioni per suscitare nel popolo di Dio soci ordinari, soci perpetui e soci defunti alla
Messa quotidiana perpetua. Si ordina poi che in ogni Parrocchia nasca la Commissione per la propagazione della
Fede. Ci si lamenta infine di dover constatare la presenza
ancora di "coloro che non ancora hanno compreso l’alto
fine di questa santa opera, e perciò si mostrano o contrari
o indifferenti. Se oggi infatti, con tanto entusiasmo e su
tante labbra risuonano i nomi di civiltà,di rigenerazione e
di libertà, chi non vede che propagando nel mondo la Fede di Cristo si dona a tanti popoli la libertà di figli di Dio,
si rigenerano a vita di grazia tante anime e si estende
quella vita di civilizzazione che solo sorge dalla santa religione?”.
In ultimo si impartisce, come al solito per tutte le Lettere
pastorali la benedizione episcopale 63.
63
CURI, A., L’opera pontificia della Propogazione della fede e la
giornata missionaria nel 1929, tip. Ved. Trezio, Bari 1929.
77
MONS. ANDREA TACCONE,
VESCOVO DI RUVO E BITONTO
PRIMA LETTERA PASTORALE
ALLE NUOVE DIOCESI
datata 27/10/1929 nella festa di Cristo Re
Scrivendo da Bova alle Diocesi di Ruvo e Bitonto, Mons.
Taccone sviluppa il testo di S. Paolo cap. 4 v. 12.
A proposito del “dedit alios pastores et doctores, ad consummationem sanctorum” il vescovo dice: “Che meraviglia dunque se il mio cuore si sente agitato da ansie e da
timori, dinanzi alle gravi responsabilità del ministero episcopale, conosciute ormai ed esperimentate in circa sette
anni di governo pastorale a Bova… Lavorerò come mi
sarà possibile per l’incremento sempre maggiore di questa vita cristiana tra voi”.
A proposito dell’opus ministeri, si afferma che il sacerdozio cattolico “è nell’ordine della distribuzione della
grazia, quel che la Vergine Santissima è nell’ordine
dell’Incarnazione del Verbo e della Redenzione”.
Si sofferma sulla formazione del Clero in Seminario e auspica che siano una cosa sola nella fede, nella carità,
nell’obbedienza. Si ricorda il Can. 124: “Clerici debent
sanctiorem prae laicis vitam interiorem et exteriorem ducere”.
Si riportano le parole di quei giorni, del I° Ministro inglese: “E’ la Chiesa che darà la pace al mondo”. E il vescovo aggiunge che ciò avverrà per mezzo dei sacerdoti. E’
necessario quindi selezionare, come inculca il Papa, i
candidati al presbiterio. Problema che non sussiste per le
nuove diocesi, a parere del vescovo. “Sappiamo che troveremo tra voi – dice Mons. Taccone - un Clero sufficiente per numero e ottimo per virtù”.
78
Soffemandosi poi sulla frase paolina: “In aedificationem
corporis Christi”, parIa del Corpo Mistico. Egli (Gesù) dice Mons. Taccone - si degnò di stabilire che il suo Corpo Mistico crescesse, si sviluppasse, aumentasse col numero e con la santità dei fedeli, fino all’ultimo giorno.
Ecco perchè I'apostolato, il proselitismo, è insito nella
vita della Chiesa e comincia con essa”. Afferma qui il
concetto di una Chiesa missionaria. Ricorda poi Pio XI
come Papa delle Missioni e la magnifica esposizione
missionaria dell'anno santo 1925: si sofferma sui lontani
dalla fede, su un miliardo di infedeli da aiutare con le opere missionarie pontificie e cioè la propagazione della
Fede, la Santa Infanzia, l’Opera del Clero indigeno, l'Unione missionaria del Clero e la Giornata missionaria
voluta insistentemente dal Papa. Il vescovo accenna poi
all’Azione Cattolica che è “già così ben sviluppata tra
voi”. Sotto il Concordato che “riconosce ufficialmente
l’Azione Cattolica" tale movimento prenderà “maggior
sviluppo”.
Mons. Taccone ricorda che si servirà “per il regno di Cristo da realizzare, dell'apostolato della Preghiera, della
Consacrazione delle famiglie, delle ore di adorazione, dei
tridui eucaristici, dei ritiri mensili, dei congressi eucaristici.
Saluta infine il papa Pio XI e S.M. il Re Vittorio Emanuele III e la sua reale famiglia, il Capo del Goveno e
Duce "delIe nuove fortune d’Italia" Benito Mussolini e
tutte Ie autorità dello Stato. Ringrazia poi chi ha retto le
diocesi in Amministrazione, Mons. Curi e Mons. Calamita e il suo predecessore vivente Mons. Berardi. Rivolto
a tutti: “Non voglio – egli dice - dimenticare nessuno e
prego di volermi perdonare le involontarie omissioni”.
Nella lettera comunica le date del suo possesso canonico
e di ingresso ufficiale nelle Diocesi 64.
64
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 10/11, p.42.
79
LETTERA DI RINGRAZIAMENTO PER
I FESTEGGIAMENTI ALL’INGRESSO UFFICIALE
datata 15/1/1930
“Debbo confessarlo - dice Mons. Taccone - per verità, la
realtà superò ogni aspettativa”. Dopo avere ringraziato
tutte le autorità civili e religiose, “ormai tutti conoscono –
egli dice - il mio programma ed il mio motto d’ordine: il
Regno di Dio nelle anime, nelle famiglie, nelle scuole,
nella società per mezzo dell’Eucarestia. Adveniat Regnum tuum eucaristicum!... Nella concordia di tutti, nella
pace, nell’ordine, nell’armonia, nella disciplina, lavoreremo insieme perchè il S. Cuore di Gesù regni”. 65.
LETTERA DI RINGRAZIAMENTO
DOPO LA PASQUA
datata 22/4/1930
Mons. Taccone ringrazia il Clero “per il lavoro durato
giorno e notte per lo zelo santo e la dedizione completa al
vostro ministero, che ha portato alla santa Mensa Eucaristica tutto, si può ben dire, il nostro popolo. E’ stato un
vero trionfo nella testimonianza della nostra santa Fede66.
DISCORSO SU “IL SACERDOZIO”
in ricorrenza del 25° sacerdotale di Mons. Ferrante
Riportiamo i punti salienti del discorso.
.
65
66
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 1 p.1.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 4 p.42.
80
“Il sacerdozio cattolico è la più alta nobilitazione
dell’uomo, perchè associa l’uomo a Dio nell’opera della
Redenzione, compiuta da Gesù sulla croce, ma che viene
applicata agli uomini nel corso dei secoli per il ministero
della Chiesa”.
E ancora: “Questo gran Sacramento… opera certamente
ex opere operato ed eleva immediatamente la creatura a
mediatore fra Dio e l’umanità… ma la Teologia Cattolica
ci insegna che anche nei sacramenti che producono la
Grazia ex opere operato, le disposizioni del soggetto agiscono talmente sulla collaborazione della Grazia stessa,
fino a limitarne o ad impedirne addirittura l’efflusso, o al
contrario, fino a provocarne una abbondante discesa”.
Infatti il Vescovo dice che lo stesso sacramento
dell’Ordine, conferito dai Vescovi nel corso di 20 secoli,
produsse infiniti sacerdoti santi, ma purtroppo, non pochi
apostati, eretici, o per lo meno, servi inutili in agro dominico” 67.
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
SU “LA MADONNA”
datata 18/2/1931
Il vescovo ricorda che il 26 maggio 1934 ricorre il 2°
Centenario dell’apparizione della Vergine SS. lmmacolata a Bitonto. Per preparare gli animi a tale avvenimento,
il vescovo già fin d'ora sceglie tale argomento per la sua
lettera pastorale. A proposito dell’apparizione, il vescovo
dopo aver riportato le parole del testimone oculare, soldato Andrea Perez, racchiuse con giuramento in atto notarile, afferma che si tratta di un avvenimento "certo, storicamente sicuro, perchè viene confermato da altre simili
67
XXV Sacerdotale di Mons. Ferrante Pasquale, tip. N. Garofalo &
figlio, Bitonto 1930.
81
dichiarazioni". Tralasciamo qui di riportare l’avvenimento storico presentato ugualmente in questa ricerca a
proposito del capitolo sulle manifestazioni religiose popolari. La devozione alla Vergine nelle due Diocesi, secondo il vescovo, è ben testimoniata dalle due Cattedrali
dedicate a Maria. Anzi tale culto è di origine apostolica
se si accetta la tradizione che fu Pietro ad istituire le
Chiese di Ruvo e di Bitonto. Mons. Taccone lascia il
culto locale mariano per spaziare sempre in proposito
sulla problematica storica della Chiesa universale. Ricorda la definizione dogmatica della Divina Maternità di
Maria di cui la Chiesa ricorda il 25° Centenario. Contro
Nestorio "allo sdegno del popolo fece eco la condanna
della Chiesa docente, che riunita in solenne Concilio Ecumenico ad Efeso, dove la Vergine Maria era vissuta
tanti anni con S. Giovanni, sotto la presidenza dei Legati
del Sommo Pontefice di Roma, proclamò solennemente
che Maria è e deve dirsi Madre di Dio e stabilì la seconda
parte dell'Ave Maria”
Il vescovo dispone cha si commemori, secondo la volontà
del Papa,tale centenario in Diocesi nel mese di maggio.
Mons. Taccone afferma che in ogni apparizione, la Vergine opera “conversioni e santificazioni". Il luogo ne diventa oggetto di una speciale protezione. "Lo abbiamo
constatato - egli dice – recentemente in occasione dell'ultimo terremoto del 23/7 dell'anno scorso che lasciò incolume la nostra città mentre vicino a noi seminò rovine”.
Perciò nasce l’obbligo da parte nostra,di corrispondere a
tanta benevolenza con essere… più desiderosi della perfezione”. ll vescovo ricorda che un altro avvenimento si
ricollega al culto Mariano: il Congresso Eucaristico nazionale da tenersi a Bari nel settembre 1933, quasi preparazione prossima del centenario diocesano del 1934. L'insistenza sul culto mariano non è a caso. Infatti “la migliore disposizione per il culto eucaristico è stata sempre la
pietà mariana...; a Maria dunque perchè nell'amore di Lei
82
si ritempri o rinnovi il nostro amore a Gesu. Mons. Taccone ricorda cha "il Comitato delle feste popolari di Bitonto, emanazione dell'autorità nostra episcopale e insieme di quella del Podestà, fin da adesso funge come comitato delle future feste centenarie. Quanti vogliono
contribuire fin da ora in qualsiasi maniera, all’esito felice
delle future feste, possono liberamente avvicinare noi o il
Podestà o il Comitato". Invita anche gli emigrati americani di Ruvo e Bitonto a contribuire alle manifestazioni
per "lasciare un ricordo imperituro che, dica ai futuri tutta
la nostra devozione a Maria Santissima”. Ciò che preme
realizzare per il bicentenario è l’organo, strumento musicale necessario nella Cattedrale. Il Vescovo chiude la
lettera con una esortazione a conoscere meglio Gesù e
Maria “per poterli sempre più far conoscere ed amare”68.
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
“RICORDI DELL’ANNO SANTO”
datata nella domenica di quinquagesima 1934
Come dalla stessa intestazione si rileva, Mons. Taccone
scrive questa Lettera Pastorale in occasione della quaresima, tenendo conto che alla fine di tale periodo liturgico
"si chiuderà l’Anno Santo straordinario dell’umana Redenzione , indetto dal regnante pontefice a commemorazione dei misteri sacrosanti della nostra divina religione e
dell’umano riscatto”. Ricorda il pellegrinaggio delle Diocesi, tenuto nel settembre dell’anno precedente “per guadagnare le sante indulgenze del Giubileo… e per venerare il Romano Pontefice, Vicario di Gesù Cristo, successore di S. Pietro, maestro infallibile di Verità, custode di
morale, vindice della giustizia, guardiano del domma!”.
68
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n. 2, pp. 10-13.
83
Insiste in modo enfatico ancora sulla essenzialità della
Chiesa “Romana” e dice: “Noi sentimmo che Roma è il
centro della Chiesa; che da Roma parla al mondo Gesù
Cristo per bocca del Papa; che solo la Chiesa Romana
possiede la luce della Verità, il fuoco dell’amore, la Parola della pace, il segreto della gioia vera, la promessa
della felicità interminabile! Noi ci sentiamo felici di essere… figli della santa Chiesa romana”. Mons. Taccone invita il suo popolo a riflettere che “non basta sentire, bisogna ricordare, vivere anzi di ricordi, far della nostra vita
un ricordo vivente, l’eco della Redenzione di Gesù”. È
interessante notare come Mons. Taccone non attribuisce
solo a Satana ogni ostacolo alla realizzazione di tal fine,
ma ne chiama in causa in primo luogo, l’uomo come responsabile di tanti condizionamenti. Dice infatti: “E’ vero, questo nostro terreno esilio è tanto duro, cosi amaro,
seminato di spine,reso cosi penoso dalle infinite miserie
della carne e dello spirito e aggravato dalle nostre vicendevoli incomprensioni, cattiverie, malvagità, oltre che
dalle tentazioni del Demonio”. Nel mistero della nostra
Redenzione, dice Mons. Taccone, “viviamo conforme
alla nostra dignità!”. Afferma che “la migliore apologia
della Fede è la vita cristiana santamente vissuta… perchè
solo così la vita dell’uomo resta veramente inserita alla
vita dell’Uomo-Dio, nostro Redentore”.
Invita il clero e il popolo al “silenzio della sua quotidiana
immolazione, al posto dove è stato da Dio collocato, in
alto o in basso, adorando la volontà del Signore, contento
del proprio stato, senza ambizione con rettitudine
d’intenzione”. Non a caso è stata proprio l'umiltà ad essere canonizzata nei Santi dell’anno santo,che si rivelano
"specchio e modello di perfezione”. Rivolto a se stesso,
al suo clero e ai fedeli, il vescovo li invita ancora a ricordare che "presto passerà questo brutto mondo, nel quale
viviamo e nel quale ci logoriamo a vicenda, con tante invidie, con tante ambizioni,con tante meschine gelosie,
84
con tante preoccupazioni piccine, divenuti adoratori del
nostro piccolo io, fatti crudeli dal desiderio di arrivare, di
comparire, di superare, d'essere quel che non siamo! Infelici!”. Non faremo male a scorgere in questo passo riportato, la situazione diocesana dei rapporti tra il Clero e
la vita interna e intracomunitaria delle Confraternite. A
questo punto Mons. Taccone fa una riflessione che non
penso appartenga solo a catechesi generale, ma abbia invece risvolti anche locali. “E valeva la pena - dice il vescovo - che Gesù patisse tanto… se noi e voi avessimo
dovuto poi vivere tanto poveramente la vita cristiana, fino
a far vergogna a Cristo e disonore alla sua Chiesa?" Addita quindi a modello di vita cristiana i canonizzati della
Chiesa “Imitiamo i santi! Perciò la Chiesa li colloca
sull’altare e ci dice ‘inspice et fac secundum exemplar’
(Es. 25-40)”.
II vescovo ritiene opportuno precisare qui il culto del
santi non tanto come “impetrazione” ma come
“imitazione” per sventare le tante devozioncelle locali
che sapevano più di superstizione che di espressione veramente cristiana. La canonizzazione dei santi da parte
della Chiesa significa additare la virtù e l’amore come
mezzi alla pace di fronte a un mondo ben diverso che vive "tra l’imperversare dell'odio che divide i popoli, che
arma le nazioni, e affama le genti, tra il turbinio delIe
mille macchine che abbreviano le distanze ma non uniscono le anime”.
Mons. Taccone prosegue sulla inutilità degli sforzi del
mondo a creare concordia: “Ormai - dice - sono falliti
tutti i tentativi di pace, tutte le Conferenze internazionali,
tutti i congressi perchè in essi non entrò mai Cristo, il
solo che può dare la pace al mondo!”.
Si mette poi in guardia il popolo dalle false virtù: “Non
inganniamo più noi stessi e gli altri,con una maschera di
cristianesimo che nasconde tante brutture di egoismo, di
amor proprio, di sensualità, di turpe lucro, di vile interes-
85
se materiale, di abietto attaccamento a noi stessi! Via da
noi ogni falsità, ogni doppiezza, ogni insincerità!".
Il vescovo prosegue avendo sempre di mira prima se stesso, poi gli altri: “Sono tanto povera cosa! Ma deploro,
con tutta l’anima ogni infingimento”.
Soffermandosi poi a considerare lo stato dl crescita del
suo popolo, loda I'Azione Cattolica delle due Diocesi e la
dice "ormai in piena efficenza”: giudizio rivolto specialmente alla gioventù femminile. Infatti a proposito del
movimento maschile dice: “Lavorate specialmente tra i
giovani, tra gli uomini, che ancora in gran parte non sono
nostri se non di nome, che non hanno ancora la vera formazione cristiana, che ignorano la dottrina della Fede!".
Mons. Taccone afferma che bisogna insistere prima sui
valori umani, prima di costruire l’uomo di Fede: "Insistete - egli dice - nella formazione della coscienza retta
senza della quale mai avremo veri cristiani, di vita soprannaturale!". È convinto che solo col movimento
dell’Azione Cattolica "potranno scomparire dal nostro
popolo tante cattive abitudini, certe forme esagerate nelle
manifestazioni di pietà popolare, che sanno di superstizione e che non è facile - ce ne siamo resi conto – purtroppo - correggere altrimenti!".
II Vescovo invita l’Azione Cattolica a "lavorare in profondità...Pochi soci per ora ma buoni”. Si costata poi
nelle Diocesi come dato "confortantissimo I'incremento
delle Comunioni quotidiane: ogni giorno gli aItari sono
assiepati d’anime che ricevono la santa Eucarestia". Nel
contempo lamenta "molte lacune specialmente tra gli
uomini e particolarmente tra i signori e i Professionisti,
sebbene tutti appartengano ad una o più Confraternite e
portino devotamente il sacco nelle processioni solenni!”.
Questo giudizio negativo di Mons. Taccone sulla vita cristiana delle Confraternite viene da lui stesso mitigato con
altre espressioni: “Sarà certamente rispetto umano, non
mancanza di fede, ma è senza dubbio una situazione do-
86
lorosa! Ed è gente, questa, che abitualmente resta lontana
dalla predicazione pastorate, missionaria, quaresimale,
contenta della Messa breve e di qualche conferenza nelle
classiche novene quando il predicatore è di cartello”:
Il vescovo gode poi di aver un Clero numeroso anche
nelle file del Seminario; invita però i suoi sacerdoti ad
essere “più distaccati dalle cose della terra, più zelanti
degli interessi di Dio e delle anime”. Esige dal suo Clero
“ la vita santa, la conversazione onesta, l’edificazione del
nostro popolo, che giustamente vuol vedere in noi sacerdoti tutte quelle virtù che noi raccomandiamo predicando.
Sarà la migliore forma di apostolato!”
Chiude la sua lettera facendo cenno alle feste bicentenarie da tenersi per l’apparizione dell’Immacolata a Bitonto. Raccomanda vivamente di “curare la preparazione
spirituale” perchè le feste segnino anche “un avanzamento nella pietà, nella vita morale, nella virtù!” 69.
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
SU “IL SACERDOZIO CATTOLICO”
datata nella domenica di quinquagesima, 3/3/1935
In ricorrenza del 25° anniversario, il vescovo ricorda la
sua ordinazione sacerdotale del 10/3/1910 per Ie mani di
S.E. Mons. Morabito, a Mileto di Calabria, nella Chiesa baracca, che si inaugurava in quella circostanza per sostituire la bella Cattedrale distrutta dal torremoto del
28/12/1908. Ricorda che fu ordinato insieme ad altri dodici sacerdoti. Mons. Taccone vede i sacerdoti come elevati dalla polvere per essere “ministri, cooperatori nel
69
TACCONE, A., Ricordi dell’anno santo lettera pastorale per la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto 1934.
87
ministero della salvezza delle anime, e principe del popolo di Dio".
Il sacerdozio cattolico è “creazione sublime dell’amore
infinito; l’apostolato e l’Eucarestia elevano il sacerdote
cattolico ad un’altezza infinitamente superiore all’antico
sacerdozio". A proposito dell’apostolato, ricorda che "era
sconosciuto al popolo giudaico, che viveva separatamente
da ogni altro popolo geloso custode dei suoi privilegi divini. Anche Gesù sembrò riconfermare tale posizione di
isolamento col "in viam gentium ne abieritis” (Mt. 10,5),
smentito al momento opportuno dall’ ”euntes in
universum mundum" (Mt;. 28,13).
Nel sacerdote “l’uomo è scomparso; non si preoccupa di
sè, non va in cerca di denaro” ma solo delle anime. Attraverso l’opera del sacerdote, vediamo il mondo capovolto.
“Non che sia tolto dal mondo il male, il vizio, il peccato:
purtroppo dura e durerà! Bisognerebbe distruggere il
mondo per distruggere il male, tanto è insito in esso dopo
il peccato originale”. Si sofferma poi sul sacerdote come
"sinonimo di santità; i sacerdoti dovranno essere "santi
per comunicare”. Mons. Taccone ricorda l’opera dei nemici di Dio contro il clero: "Nella Russia, nella Spagna,
nel Messico, sfogano tutto il loro odio satanico contro il
prete. Quanti sacerdoti esiliati in Siberia, massacrati, bruciati! E nel Messico, in particolare, che cosa vuol dire la
decimazione, la riduzione legale dei preti:uno per
100,000 persone! Se non questo: quando non vi saranno
più preti, sarà più facile far sorgere il regno di satana?”. Il
vescovo ricorda anche l’opera ostile che tenta di distruggere l’azione del sacerdote. “Il cinema - egli dice - e il
teatro immorale, la stampa oscena, le vesti muliebri
scollacciate e accorciate: un diluvio di fango che tenta di
insozzare le anime! …Accanto all’esercito di Satana vi è
l’esercito di Dio, composto di anime pure e nobili, che
vivono la vita interiore… che riparano per sè e per gli altri”. Si riferisce in particolare al movimento dell’Azione
88
Cattolica creato dai sacerdoti, che quando si fonda su
“basi granitiche della vita santa, della vita soprannaturale” è benedizione per le Diocesi e le Parrocchie.
Mons. Taccone facendo ancora riferimento al Clero esclama: “O sacerdoti miei confratelli, noi siamo stati fatti
santi e santificatori, il giorno della nostra ordinazione sacerdotale”. Il Vescovo si sofferma poi sul sacerdote come
“creatore” di Cristo Eucarestia. “Senza l’Eucarestia –egli
dice- che resterebbe al sacerdote? L’ombra di se stesso.
Potrebbe chiamarsi un Maestro, un Pastore, un sapiente,
ma non sarebbe più un Sacerdote”. Rivolto poi ai Protestanti, assai numerosi per Ie strade delle Diocesi dice:
"Che cosa vai tu a portare alle anime, sitibonde di bene,
di luce, di amore, di conforto,o misero untorello, negoziante di Bibbie e di Vangeli a pochi soldi la copia? Non
ti accorgi che i figli si nutrono di pane e che solo il Pane
Eucaristico può saziare l’anima umana? I tuoi libri e i
tuoi discorsi, fatti d’odio alla chiesa cattolica, maestra incontestata per 15 secoli, quando Lutero non era nato, lasciano il vuoto nel cuore ed una sete insaziabile di Dio”.
E inoltre: “Il vostro sacerdozio si spense con lo spegnersi
di quella lampada ed il vostro insegnamento è sterile, la
vostra dottrina è arida, il vostro lavoro infecondo, perchè
il vostro apostolato è dissacrato dalla negazione della
santa Eucarestia". Nonostante questo giudizio così negativo, Mons. Taccone afferma che la Chiesa “non sa darsi
pace, finchè non li vedrà ritornati all’unità dalla Fede”.
Rivolto ancora ai Protestanti afferma: “Non è con una
bella frase, con un pugno d’oro che si sfama un’anima
che soffre. Essa ha bisogno di Gesù, del vero Gesù, non
di quello sfigurato e mutilato”. Tutto ciò che manca al
Pastore della Chiesa evangelica, Mons. Taccone lo ravvisa nel sacerdote cattolico. Questi “consacra la santa Eucarestia e l'adora, in attesa che Ie anime vengano a riceverla”. L'Eucarestia quindi non solo come dono da contemplare e adorare, ma come pane a cui partecipare.
89
Il Sacerdote poi si rivela "maestro di verità, unico autorizzato a spiegare i libri sacri, affidati da Dio alla custodia
e al magistero della Chiesa, dalla quale il sacerdote riceve
il mandato e l’autorizzazione”. Gli accenti polemici e apologetici di questa lettera non sono a caso giacchè nelle
Diocesi il problema era particolarmente avvertito. Ci si
sofferma poi sulle “grandezze” operate dal sacerdozio
cattolico nella società, soprattutto quelle spirituali “che
formano ancora l’ambiente delle nostre popolazioni, pur
tanto scadute dal fervore della vita cristiana”. Come ricompensa, Mons. Taccone addita al sacerdote “il ricordo
della nostra vita spesa tutta per il bene, l’edificazione da
noi data con l’adempimento esatto e preciso dei doveri, il
buon esempio, il distacco dal mondo, dalle sue feste, dal
suo spirito”. Dalla riflessione teologica, il vescovo scende
alle osservazioni pratiche. Vede il sacerdote confuso tra
gli altri uomini, senza alcun merito a confronto della sua
dignità, puro dono di Dio. Possa dire il prete: “Al mondo
non lascio ricchezze, sacrilegamente accumulate, non lascio l’eredità di un nome risonante,di una vanità gonfia e
palliata, di un’ambizione mai quieta e sempre acida, di
una superbia ammantata di sapienza e adorata da vili adulatori, d’una voce che si perde nell'aria, senza mai raggiungere un’anima, mai cercata in umiltà di spirito a in
rettitudine d’intenzione”. “Teniamo alto - dice il vescovo
- il nostro decoro sacerdotale, non l’avviliamo. ll popolo
potrebbe non più riconoscere in noi I'autenticità della nostra missione e questa sarebbe condannata a divenire sterile in noi”. Si esorta il Clero a celebrare la santa Messa
"devotamente”, a recitare il breviario "degnamente”, ad
amministrare I sacramenti “con spirito di Fede”, ad adempiere le sacre funzioni “senza fretta, ad “evitare ogni
mercimonio nelle relazioni ministeriali col prossimo”.
Mons. Taccone dice che se si ricordano le principali tappe del sacerdozio, come pure il suo 25°, non è per fare
l’apologia del festeggiato ma “per ricordare a lui e agli
90
altri la grandezza del dono di Dio e il dovere della gratitudine”. Si ricorda poi l’anima missionaria di cui deve
essere pervaso ogni sacerdote: “Diventate fervorosi missionari, anche senza andare in paesi infedeli, per guadagnare anime a Cristo”.
Il vescovo ripete ancora il suo grazie a Dio per aver avuto
numerosi sacerdoti nelle Diocesi: “Noi grazie a Dio, - egli dice - ne abbondiamo, sino a poterne dare agli altri”.
Rivolto al popolo, lo esorta a pregare perchè “Dio faccia
regnare nel clero la concordia, la pace, l’unione, il rispetto e l’ubbidienza al vescovo e per lui al Papa, il Vicario di G.C. Difendete l’onore dei sacerdoti contro i maligni, i calunniatori, che vogliono offuscare questa purissima gloria della Chiesa ruvese e bitontina”. Invita poi i
fedeli ad avvicinarsi ai sacerdoti, dispensatori dei misteri
di Dio. “E’ doloroso – dice - scoprire anche qui anime
che non hanno fatto la santa Comunione da 30,40,50 anni. E forse sono confratelli delle nostre confraternite.
Chiamate a tempo il sacerdote per i vostri ammalati; non
aspettate che venga ad ungere un cadavere per poter fare
poi un sontuoso funerale. Lasciate che il parroco porti in
forma solenne – come è suo dovere – il Santo Viatico,
supremo conforto a chi muore e a chi resta”.Negli avvisi
che seguono la lettera si invita il Clero a leggere al popolo queste riflessioni ed esortazioni, per ben due volte
durante la Messa festiva, dopo l’Evangelo, in luogo
dell’omelia e del catechismo. È interessante notare come
Mons. Taccone colga l’occasione della Lettera Pastorale
per approfondire temi di attualità per il suo clero e popolo, scendendo ad una pastorale particolareggiata, rifiutando il puro discorrere accademico. D’altronde le lettere
quaresimali sostituivano il Bollettino ufficiale che, già
dal giugno 1932, non si stampava più per difficoltà ecnomiche70.
70
TACCONE, A., “Il sacerdozio cattolico” lettera pastorale per la
91
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
SU “LE OPERE DELLA FEDE”
datata nella domenica di quinquagesima 1936
La quaresima si presenta come il tempo adatto per rientrare in noi stessi e riflettere più seriamente sulle verità
eterne. “E’ vero, dovrebbe da sola bastarci a far comprendere la nostra insipienza ed a sollevarci a Dio
l’instabilità delle cose umane, l’ora grave che passa su di
noi, foriera di morte, e l’intristire della umana famiglia
che, nel progresso di tutte le scienze segna un regresso
nella carità e nella virtù. Ma purtroppo anche la voce
della storia, che è stata sempre maestra della vita, oggi
non da tutti viene sufficientemente percepita e l’ombra
oscura del paganesimo che ritorna, ci impedisce di vedere
negli avvenimenti umani la volontà di Dio". E ciò che il
vescovo lamenta nella società cristiana del suo tempo è la
carenza delle "buone opere: ecco il mezzo stabilito da
Dio per rendere certa la nostra vocazione e la nostra elezione alla Gloria! Le buone opere: ecco purtroppo quello
che manca spesso ala nostra fede! Molti si illudono di avere la fede: lo affermano, lo proclamano! Ma ad essi
manca quello che è la prova unica della presenza della
fede: le opere!”. A questo punto della lettera compare un
pizzico di polemica contro il Protestantesimo che “mostro
d’eresie, afferma l’inutilità delle opere della fede". Il vescovo prendeva occasione per rendere chiaro nelle menti
dei fedeli, bersagliati dall’annuncio protestante, il pensiero del magistero cattolico. Proseguendo la sua esposizione, afferma che “senza dubbio la fede non nasce dalle opere… ma è dono gratuito di Dio”. Inoltre la mente aderisce alle verità soprannaturali con l’apporto della volontà
libera. Mons. Taccone vaglia l’insegnamento teologico
alla luce della situazione diocesana e con grande sincerità
quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto 1935.
92
presenta le pecche del suo popolo per meglio calare i suoi
suggerimenti. “Dobbiamo - egli dice - spesso lamentare,
anche nelle famiglie cristiane, l’incuria più completa nei
riguardi della istruzione e formazione religiosa. E nel nostro popolo, tranne le lodevoli eccezioni, c’è una specie
di ripugnanza per la santa predicazione catechistica.
Quanti uomini vanno la domenica e le feste a sentire il
catechismo maggiore? Si sente appena quel poco di omelia, perchè non se ne può fare a meno, dovendo ascoltare
la S. Messa. Ma quanti rispondono al Sacerdote che dopo
l’evangelo, per disposizione del Concilio Plenario pugliese, recita gli atti cristiani e gli elementi della dottrina cristiana? Meno male che a Bitonto c’è la lodevole consuetudine, da parte anche dell’elemento colto, di seguire la
predicazione quaresimale, quando il predicatore piace; a
Ruvo purtroppo non è cosi: l’elemento colto è abitualmente assente dalla Chiesa ed il popolo, generalmente
non ha il gusto della divina parola! Colpa del Clero che lo
ha disabituato o non abituato? Colpa dell’ambiente, retrivo in genere ad ogni forma di cultura, tranne quella dei
campi?... Non ci creiamo delle illusioni: ottimisti quanto
vogliamo, non possiamo negare, ne nasconderci la grave
situazione in cui la ignoranza religiosa pone parte del nostro popolo, il grave pericolo di perdere la fede, di cadere
vittima delle insidie protestantiche, di defezione dalla vera Chiesa. Non ci ingannino le lunghe processioni, i
grandi spettacoli, frutto più di fanatismo religioso, che di
vera, sentita pietà! Dov’è in tanti confratelli delle nostre
confraternite il ‘rationabile obsequium vestrum’
dell’apostolo? (Rom. 12,1). Non ci affidiamo alle apparenze, alle ombre che potrebbero crearci delle gravi illusioni”. Mons. Taccone trova la causa della mancanza di
fede vissuta, nel liberalismo prima e nel socialismo poi
che hanno insegnato “che la religione è cosa che riguarda, se pure, gli individui nel loro interno, ma che non interessa la società, nè deve influire nella vita e nelle opere
93
dell’uomo”. Di qui lo sdoppiamento funesto di tanta
gente che pur andando in Chiesa e facendo parte di Confraternite, porta nell’impiego, nel lavoro, nelle relazioni
col prossimo e perfino nella famiglia e nelle abitudini
della vita, un’impronta tale di paganesimo da far pensare
che abbia rinnegata la propria fede. Sarà un’apostasia
materiale e non formale ma è una vera e propria negazione della vitalità della Fede”. Mons. Taccone vede poi lo
sfaldarsi degli squilibri sociali come conseguenza di una
fede morta e dei castighi salutari di Dio. “Io temo - egli
dice - che molte delle afflizioni che amareggiano la povera umanità – oggi più che mai – siano conseguenza di
questa negazione pratica della fede. Il Signore con i suoi
tremendi castighi richiama sulla retta via gli erranti suoi
figli”. E ancora: “Dio non permette che impunemente
siano violate le sue sante leggi!... Se non l’amore, ci
spinga almeno il timore di tanti castighi, all’osservanza
dei divini comandamenti”. Il vescovo ricorda che anche i
Precetti della Chiesa hanno “la stessa forza obbligatoria
dei Comandamenti di cui sono come un’estensione”. E si
sofferma compiaciuto sull’osservanza festiva della santa
Messa nelle Diocesi, nonchè sulla “bella usanza del nostro popolo d’ascoltare ogni giorno la santa Messa: segno
di gran Fede!”. Il Vescovo si lamenta invece
dell’osservanza del riposo festivo: “Purtroppo c’è qualche categoria di lavoratori costretti ancora, nonostante le
provvidenze di legge, a lavorare la domenica”. Prende
poi occasione per lodare “l’uso crescente in dies, della
santa Comunione quotidiana, fomentata dai nostri congressi eucaristici parrocchiali di cui siamo al sesto a Bitonto e al primo a Ruvo”. Invita però a “lavorare assai per
un maggior incremento di sante Comunioni negli uomini
tra I quali ci sono ancora delle lacune”. Mons. Taccone
ricorda che “la statistica delle sante particole ora confezionate dalle benemerite benedettine nel monastero delle
Vergini, per tutte le Chiese, ci darà il grado di devozione
94
eucaristica delle singole Parrocchie e lo zelo dei sacerdoti!”.
Mons. Taccone afferma con fiducia che, quando il popolo
“avrà raggiunto quel grado di cultura religiosa da noi auspicato e al quale tutti dobbiamo cooperare, si libererà di
quelle forme di superstizione religiosa, reliquati di tempi
ormai lontani, penetrerà le Confraternite, fossilizzate, di
spirito nuovo di pietà, lascerà tante abitudini di vita deplorevole, soprattutto la piaga dei matrimoni post fugam”. Il vescovo ricorda che il popolo è disponibile e
sensibile a una revisione di vita. Richiama alla memoria
l’introduzione delle norme volute dal Concilio Appulo
circa i matrimoni da celebrarsi non più in ore pomeridiane e serotine ma con santa Messa e comunione degli sposi. Con grande soddisfazione Mons. Taccone afferma:
“Bastò tener duro ed in modo uniforme nelle nostre Diocesi, per persuadere il nostro popolo ad eliminare tanti
abusi e tante profanazioni”. Il vescovo ritiene che il cristiano non debba fermarsi all’adempimento della legge
evangelica e dei precetti della Chiesa o dei doveri del
proprio stato; debba invece tendere alla perfezione come
frutto dello Spirito Santo. “Il cristiano oggi – dice Mons.
Taccone – per essere degnamente tale, deve tendere alla
santità;… la perfezione non è privilegio di categoria o di
classi, ma è condizione comune di tutti i cristiani”. Riflessioni queste che prevengono le espressioni del Concilio Vaticano II sulla santità comune che “bisogna far produrre – dice il vescovo – al nostro battesimo”.
Segue l’augurio pasquale del Vescovo Taccone: “Quando
la Chiesa canterà l’Exultet della resurrezione di Cristo,
possiamo sentire che quell’inno non canta soltanto Cristo
risorto a vita immortale, ma insieme con Lui canta le anime risorte in Cristo alla santità e alla perfezione cristiana” 71.
71
TACCONE, A., Le opere della fede. Fides sine operibus mortua est.
95
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
SU “CATTOLICESIMO E COMUNISMO”
datata nella domenica di Settuagesima 1937
Questa lettera pastorale parte da uno stato d’animo oppresso “da tristezze mortali”: la guerra civile di Spagna.
Si tratta di un conflitto civile con risvolti internazionali.”Oggi tragicamente - dice il vescovo - il mondo s’è
svegliato comunista... Il sonno, l’inerzia, l’inazione dei
buoni, produce I'incremento del male nel mondo. Ci si
era troppo cullati nel pensiero che il popolo era cristiano,
perché, come in Ispagna, interveniva ancora numeroso
alla Messa, alle Sacre funzioni, alle processioni”.
Segue un giudizio pesante sulla religiosità del popolo.
”Non si pensò mai di fare una statistica - oggi la statistica
è scienza - di quanti tra i presenti devoti, vivessero cristianamente, frequentassero la S.Comunione, educassero
cristianamente i loro figli; quanti fossero ascritti
all’Azione Cattolica e leggessero i nostri giornali; di
quanti curassero la loro formazione e istruzione religiosa
davvero e non soltanto un’infarinatura tale che permettesse loro ogni facile e comodo ibridismo tra credo cristiano
e morale pagana”.
A proposito dei volontari accorsi in Spagna ad ingrossare
le file dei comunisti, Mons. Taccone dice “i nuovi barbari, ben peggiori degli antichi scendono come i lupi; di
notte, in silenzio, e stanno in agguato e sono ricchi di oro
e di scaltrezza; non vengono a conquistare terre ma a seminare odio; in circa vent’anni d’esercizio del potere
nella povera Russia, sanno ormai l’arte di distruggere
Chiese, Conventi, scuole,di uccidere sacerdoti, religiose e
suore; di massacrare anime innocenti, di risolvere la faLettera pastorale per la Quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto 1936.
96
miglia ed ogni modo di cristiana e civile convivenza; sarà
l’incarnazione dell’Anticristo? Non si sa; io penso che
sì… Mai si vide organizzato così l’odio più feroce, più
brutale contro Dio e tutto ciò che sa di Dio… Oggi tutto
questo è superato. Dio non si nega; si combatte come il
peggior nemico e si mira a togliere dal mondo ogni segno
di Lui”.
La “peste” comunista vuol essere il “capovolgimento” del
cristianesimo. L’approfondimento e spiegazione al popolo dei pericoli della dottrina comunista, non nasce da
preoccupazioni inerenti l’Italia. ”Grazie a Dio - dice il
vescovo -, il fascismo, che sorse come antemurale del
sovversivismo e seppe valorizzare la religione, perché
comprese che nella coscienza cattolica saldamente formata, è l’arma più potente contro tal nemico, sa ben difendere i sacri confini della nostra Patria, che oggi vediamo, con gioia di figli, divenuta più grande e più forte”. Mons. Taccone, fatto l’elogio del regime politico italiano, ha il coraggio però di notificare anche alcune lamentele con squisita accortezza diplomatica. Dice infatti:
”Caso mai, ci sarebbe da guardarsi da quella gente, che,
anche in regime fascista, ostenta di ignorare la religione,
la Chiesa, il Papa, rimpiange il passato e, a tempo e luogo, sa lanciare parole tendenziose e frasi rivelatrici d’una
mentalità retriva”.Quindi la parola del Vescovo sul comunismo, valeva indirettamente anche per il fascismo,
impegnando tale regime a superare le dichiarazioni formali di favore alla religione che sarebbero rimaste sterili
se non fossero diventate abito di vita dal vertice alla base.
Il Vescovo prosegue spiegando che il comunismo insegna
“a guardare la terra” demolendo l’orientamento
dell’uomo verso Dio. Solo così l’uomo “ritroverà se stesso e formerà una società completamente diversa, anzi opposta all’attuale”.
97
Secondo Mons. Taccone il comunismo afferma che solo
una “concezione materialistica della vita potrà costruire
la società dei gaudenti della terra”.
Dinanzi alle mire utopistiche di ogni regime comunista, il
Vescovo sostiene al contrario che la gente perde la propria dignità ed è costretta a “ciecamente obbedire”.
Questo ossequio incondizionato all’Autorità, era una canone ben fermo anche della Chiesa gerarchica. E se il
Vescovo lo condanna nel comunismo e non nel cristianesimo, è solo perché ritiene che quest’ultimo abbia degli
scopi ben più nobili e in nome della autorità di Dio.
Il cristianesimo, egli dice, esalta l’uomo a figlio di Dio; a
erede del Cielo, rende leggero il peso delle miserie della
vita, trasforma il lavoro in mezzo di redenzione,
”compone le inevitabili disuguaglianze sociali”, ordina
tutto e in tutti pone la presenza di Dio, ”divinizza “
l’uomo.
Mons. Taccone prosegue affermando che il comunismo
cerca in ogni modo di svellere dall’animo umano il
“sentimento religioso”, ”il bisogno di Dio”. Si serve di
distruzioni, di uccisioni, di propaganda serrata nelle
stampe e nelle scuole pur di ottenere tal fine. ”Solo le bestie - dice il Vescovo - non sentono il bisogno di Dio; significa avvilire l’uomo anche di fronte alla propria coscienza, che sente la propria grandezza e nobiltà
d’origine”. Rivolto ai comunisti, ne condanna le illusioni
create nell’uomo: ”Lo costringete a vivere di solo pane egli dice - e a comprimere le proprie aspirazioni all’alto e
poi gli domandate: non sei contento?... Voi rendete la vita
insopportabile; quando egli soffre, è malato, è povero, è
solo, voi non avete una parola di conforto da dargli, nelle
infinite miserie della vita e, osate ancora ingiuriare alla
sua infelicità? o paradiso rosso: tu sei il maggior tradimento che abbia sofferto la povertà umana!... Lasciategli
la libertà di pregare, per poter così sentire meno amaro il
98
pane dell’esilio; lasciategli la speranza del paradiso che
possa fare da contrappeso all’abisso della vita!”.
Soffermandosi poi sul tema della famiglia avvilita
dall’ideologia comunista, ne presenta le contraddizioni.
Cristo rinnovò l’istituto del matrimonio e lo elevò alla
dignità di Sacramento, ”da quel giorno, la santità rifluì
nelle pareti domestiche, che divennero tempio, scuola,
centro di irradiazione di ogni virtù morale, religiosa, civile”.
Al contrario in Russia esiste ”il così detto: libero amore,
che meglio si deve chiamare: amore bestiale. Le unioni
non consacrate da nessuna legge né divina né umana, si
possono sciogliere dalla sera alla mattina. I figli, se ce ne
sono, sono dello Stato, cioè, di nessuno: vivono nel più
completo abbandono, riuniti in branchi, come pecore e
affidati al loro cieco e precoce istinto, fatti così, vivaio di
delinquenti e di animali!”.
Le tinte così forti di queste espressioni, per meglio carpire l’attenzione e i sentimenti del popolo, si chiudono con
una riflessione assai amara per l’animo del Vescovo. “ Ci
voleva - egli dice - una dottrina cosi discorde dai sentimenti perenni dell’umanità, da pretendere di isolare
l’uomo nel tempo e nello spazio, da chiuderlo nel breve
circolo della sua vita fisica, senza ideali e senza speranza”. Nell’ideologia di Lenin non trovano nemmeno spazio gli altri valori cristiani. La Verginità della donna
scelta per amore di Dio, che ne fa una “sposa di Cristo “ e
una “madre della umanità sofferente”, è incomprensibile
nel comunismo. Ben lungi da questo è anche la concezione della donna - sposa, come “regina della casa“ come
“compagna della vita”, ”cooperatrice del benessere domestico” e amata non con amore utilitario, che è egoismo, ma con amore di carità, che cerca il bene della persona amata fino al sacrificio di se stesso.
99
E incomprensibile è perfino la maternità fisica cristiana:
dignità sublime della donna tanto ”da associarla all‘opera
creatrice di Dio”
A questo punto, il Vescovo loda il regime fascista che ha
istituito, “con profondo senso cristiano la festa della madre e del fanciullo”. Al contrarlo “nel comunismo il concetto dl madre è così degradato e avvilito, che essa - trema la mano a scriverlo! - è chiamata ‘cagna’. Sia ringraziato Dio - prosegue il Vescovo - che ha voluto concedere all'Italia, con tanti altri privilegi, anche questo
dell’esenzione dal pericolo bolscevico. Ma è la sola Nazione! Tutte le altre, nessuna esclusa, ne sono invase”.
Mons. Taccone ricorda il Congresso internazionale dei
“senza Dio" da tenersi in febbraio a Mosca con la partecipazione di 46 Nazioni. Per l’occasione, nelle avvertenze
che seguono la lettera, dal giorno 7 al 9, il Vescovo ordina dl fare in tutte le Chiese funzioni riparatorie.
Per sventare il pericolo comunista si addita lo studio, la
preghiera, e l’apostolato dell’azione Cattolica. Si avverte
il popolo che l’ideologia bolscevica si annida dove la
gente “è ignorante di cose di religione, come purtroppo
generalmente è anche la nostra”.
Si ammira la Grecia, la Polonia, il Belgio, l’Inghilterra e
quasi tutte le Nazioni europee ed americane che hanno
adottato contro “la peste bolscevica” maggiori provvidenze di legge.
Risuona chiarificatrice e netta la parola del Papa nel radio-messaggio natalizio. Compito dell’Azione Cattolica è
la difesa della fede illuminando “le masse lavoratrici intorno al vero bene, quello dello spirito, coordinato al nostro ultimo fine: Dio, senza mancare però, di comprendere la giustizia dei loro desideri ad un maggiore benessere
sociale”.
Si invita l’Azione Cattolica a rendere evangelico il proprio apostolato che talvolta può essere azione negativa.
”Purtroppo - si dice - c’è anche in mezzo a noi ,della
100
gente abituata ad operare senza motivi di carità, ma solo
per fini e con mezzi umani, seminando odio e rancore.
Quanti egoismi tra noi e incomprensioni dei bisogni altrui
e disprezzo dei deboli. E’ proprio questa gente che in Ispagna ha preparato l’esca al fuoco e agli incendi!”.
“Non sia più così tra noi! Regni la carità in tutte le classi
sociali e la gente povera e debole abbia l’impressione che
noi le vogliamo bene e facciamo per essa tutto quello che
possiamo. Dolenti di non poter far molto , in proporzione
dei comuni bisogni, e ci occupiamo soprattutto dei bisogni dell’anima sua, per avvicinarla a Dio”.
Nella lettera di Mons. Taccone, appare l’esigenza di una
maggiore attenzione alle classi povere come mezzo per
distoglierle dall’ideologia bolscevica; ma le sue espressioni risuonano lontano dalle vere esigenze dei deboli.
Egli parla infatti solo di “comprensione”, di “carità” e
quando accenna alla giustizia non si tratta mai del detto
evangelico “quod superest date pauperibus” giacchè sono
per lui “inevitabili” le disuguaglianze sociali.
II Vescovo che aveva insistito sul comunismo come ideologia senza Dio, che si era lamentato dell'inazione del
buoni come causa dell’incremento del movimento sovversivista, avrebbe dovuto maggiormente approfondire le
istanze di giustizia sociale delle classi povere per poter
trarre, dalla sua parola e attività, frutti più rispondenti alle
istanze di quelle classi meno abbienti. Forse il problema
non era avvertito in questi termini, ovvero ci si preoccupava di non rovinare i rapporti religiosi nel regime fascista. Occorreva allora chiedersi, a qual fine la libertà religiosa senza la forza di poter dire la verità per realizzare
una vera e profonda giustizia sociale,cristiana? Perche
non pensare al servilismo della Chiesa disposta anche ad
inneggiare all’impero fascista e a non accorgersi della sua
non giustificazione alla luce del Vangelo? Bisogna convincersi che una nuova “ illusione” di prosperità religiosa
si stava creando se alla Chiesa era venuto meno il corag-
101
gio di superare gli ostacoli verso uno sviluppo integrale e
totale dell’uomo.
Mons.Taccone si congratulava poi dei “congressi eucaristici parrocchiali, tutti con somma cura preparati e splendidamente riusciti”. Ne lodava “il tesseramento degli ascritti alle varie associazioni di Azione Cattolica (uomini,
donne, gioventù maschile e femminile, fanciulli, aspiranti, beniamine, piccolissime) quest’anno assai cresciuto di
numero”.
Godeva della “statistica delle SS.Comunioni, che ci fa
vedere il termometro della vita cristiana sempre in aumento”.
Amava ricordare “le gare di religione e l’insegnamento
catechistico parrocchiale, ai balilla e piccoli italiani e
nelle scuole medie”. Ricordava infine il cammino ancora
da percorrere e soprattutto il lavoro per “consolidare” al
pari di “quel che vien facendo l’Italia nostra in Africa Orientale, dopo avere, in pochi mesi, conquistato un impero così vasto”.
Mons. Taccone si era lamentato della spiritualità delle
Confraternite in nome di una spiritualità più eucaristica.
Ma c’era da chiedersi se l’aver incanalato in più giuste
direzioni il ” bisogno di Dio “ delle masse lavoratrici,
volesse dire vero progresso religioso ovvero ancora semplice espressione del bisogno di Qualcuno nella carenza
dei beni terreni dovuti, ma impossibili ai poveri.
E’ vero che Mons. Taccone, nella sua lettera, affronta
solo il comunismo in rapporto alla visione religiosa della
vita; ma avendo sfiorato il problema dei bolscevici come
“gaudenti della terra” penso, sarebbe stato meno partigiano, se avesse approfondito le istanze socio-economiche.
E il Vescovo che aveva auspicato la “cultura del popolo”
per sfatare i pericoli del comunismo, si trova anch’egli
forse a sfruttare I'ignoranza delle masse, anche se si prefigge lo scopo di un nobile fine.
102
Bisogna chiedersi se, anche per l’Italia, l’incapacità di
rispondere a una religione più incarnata, non sia stata la
vera “esca” anche da noi per dare adito al comunismo di
annidarsi e far proseliti72.
DECISIONI PASTORALI DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE PUGLIESE
datate 16.5.1937, festa della Pentecoste
I Vescovi riuniscono insieme dopo il Concilio Appulo,
come valido aiuto alla “memoria labile”, varie disposizioni; ne diamo le principali.
1) “I sacramenti del battesimo e del matrimonio si amministrano in Chiesa “;
2) “Il ritiro mensile per il Clero è fissato per tutte le
Diocesi”
3) A proposito “degli art.267-268 del Concilio plenario, vietanti il bacio della mano, della stola prima e
dopo la confessione, ricevere doni o lettere dalle penitenti… sappiano (i sacerdoti) che ipso facto, trasgredendo una sola delle suddette prescrizioni, restano privati dalla facoltà di confessare”…
5) “sono proibiti i balli pubblici, specialmente in Quaresima; per i cinematografi immorali ricordare e
attuare i suggerimenti del Santo Padre Pio XI
nell’Enciclica Vigilanti cura”;
6) “si decide di non permettere ai Sacerdoti di fare da
padrini”;
7) "Si richiama vivamente l’attenzione dei Parroci sul
grave obbligo di fare la catechesi”; Per la preparazione immediata si suggerisce oltre il catechismo del
Concilio di Trento, il catechismo Cattolico del
72
TACCONE ,A., “ Cattolicesimo e comunismo”. Lettera pastorale
per la quaresima, tip. A. Amendolagine ,Bitonto 1937.
103
9)
10)
13)
20)
22)
Card. Gasparri, come testo “per la esposizione precisa e autorevole“; e per gli sviluppi dogmatici, morali, liturgici, i testi di Castagnaro, del Bressan Vido,
del Perardi ecc….
“La Conferenza ritiene indispensabile che in tutti i
modi si intensifichi l’aiuto per la buona stampa, con
abbonamenti ai nostri quotidiani e alle riviste diocesane, con distribuzione gratuita dei nostri giornali,
foglietti, bollettini parrocchiali, etc. e diffondendo il
più largamente possibile la stampa dell’Azione Cattolica”…
“Constatato che in generale il popolo non sempre è
sufficientemente istruito in ciò che riguarda le condizioni per ricevere degnamente i Sacramenti specie
della Cresima, Confessione, Comunione e Matrimonio, si raccomanda al Clero che si colgano tutte le
occasioni opportune per impartire queste istruzioni,
diffondendo largamente la pietà sacramentale e preparando a tempo, specialmente i cresimandi e gli
sposi”…
Riguardo alle Messe all’aperto, devono celebrarsi
nelle Chiese o in un Oratorio e che l’Ordinario può
dare licenza di celebrare fuori della Chiesa
”solamente per giusta causa e per modum actus. La
Conferenza non ritiene esservi causa giusta ove fosse richiesta la S.Messa solamente per rendere più
solenni commemorazioni non religiose”…
“Non si approva che si tengano i soli panegirici di
parata, come avviene nelle feste patronali. Al panegirico si premetta un corso di S. Predicazione, almeno un Triduo, per dare al popolo la possibilità di avere un confessore straordinario e per dare intonazione cristiana alla festa”…
Constatando che troppi oratori sacri si attardano
spesso in forme di predicazione retoriche e sorpassate, si raccomanda” di scegliere predicatori che in-
104
tendano le nuove forme di apostolato e possano apportare un prezioso contributo nell’incrementare le
opere parrocchiali e specialmente nel diffondere tra i
fedeli i principi e lo spirito dell’Azione Cattolica,
così caldamente e insistentemente raccomandata dal
Santo Padre. Desiderano inoltre gli Ecc.mi Vescovi
che la predicazione sia più catechistica ed espositiva
che apologetica”…
24) “La Conferenza è addoloratissima della piaga sociale che disonora la nostra regione con i matrimoni
post fugam i quali rivelano il desolante scadimento
del costume cristiano nella formazione della famiglia” 73.
LETTERA PASTORALE PER LA QUARESIMA
”ANDIAMO INCONTRO AL SIGNORE”
datata 20/2/1938, nella domenica di sessagesima
Anche in questa lettera il Vescovo ricorda “il turbinio
della vita e delle cose, nel quale oggi passiamo… Che cosa ci riserverà l’avvenire? Domani, svegliandoci che cosa
vedremo o sentiremo di inaspettato, di impensato, di doloroso?". Occorre “richiamare alla mente e al cuore le verità della nostra fede che restano immutabili e ferme”.
Lo scopo della Quaresima, del Congresso eucaristico
diocesano e della grande missione dei Padri Passionisti,
che lo precederà dall’8 al 22 maggio, consiste nel
”ridestare la nostra fede, riaffermare la nostra fiducia
nell’onnipotenza di Lui“.
Mons. Taccone ricorda i benefici che opera la fede: inserisce nel Corpo Mistico di Gesù Cristo, nella Comunione
dei Santi; nobilita “il nostro lavoro stesso, che pure è un
castigo del peccato”, valorizza “le stesse sofferenze, che
73
Documentazione in B.V.B.
105
sono conseguenza del peccato”, ci dà nella Chiesa “una
maestra inaffidabile”.
“Le maggiori consolazioni - egli dice -, i soli momenti di
vera gioia, le ore di vera pace, dobbiamo confessarlo se
vogliamo essere sinceri, ce li ha dato solo la Religione, e
solo ritornando ad essa, l’uomo ritrova se stesso ,la pace
perduta, la serenità dello spirito, l’equilibrio morale, il
riposo dell’anima”.
Mons. Taccone inneggia poi al Duce:”Per merito
dell’uomo provvidenziale che regge le sorti della nostra
nazione, la religione è rientrata ufficialmente nella vita
pubblica e rinasce nell’animo del popolo educato nel
nuovo clima politico all’amore di Dio e della Patria!”.
Tutto ciò è opera dell’assistenza continua di “Dio... mai
stanco delle nostre in corrispondenze, mai sfiduciato
delle nostre ripulse, mai esausto nella ricerca continua
delle anime!”
Chi non ha fede nella Divina Provvidenza, “chi questo
pensasse, mostrerebbe di non aver più fede, o una fede
troppo languida e morente! Ce n’è di tali persone in mezzo a voi, figli di Ruvo e Bitonto?”.
Gesù "non aspetta di vincere; ha già vinto, per sè e per
noi; aspetta solo che noi vinciamo per noi e per Lui, giacchè si è degnato di associare la sua vita alla nostra. E
questa vittoria sua e nostra, è precisamente la nostra fede”.
Il vescovo continua: ”L'anima nostra seriamente preoccupata per gli avvenimenti sempre più gravi del mondo
odierno, sente il bisogno di rifugiarsi nel tempio santo di
Dio, di ricorrere più spesso alla preghiera, d’invocare il
divino aiuto sulla errante umanità”.
II nostro programma consiste nella "perseveranza della
nostra Fede”. Mons. Taccone ringrazia Dio per "il numero crescente di sante Comunioni quotidiane”, per “lo
sviluppo dell’Azione Cattolica in tutti i rami" e per la
"partecipazione sempre maggiore” dei giovani e degli
106
uomini agli eserciti di pietà, alle conferenze di S. Vincenzo de’ Paoli, alla vita liturgica, ai ritiri spirituali; ricorda
poi la ben riuscita serie dei Congressi eucaristici parrocchiali, preludio del nostro prossimo gran congresso diocesano e I'amore cosciente al Papa "prima sconosciuto
anche in mezzo al popolo cristiano".
Si sofferma poi a considerare i grandi contrasti del tempo. Parla dei "nemici non più coperti e subdoli, ma audaci, totalitari, prepotenti nel volere e nel tentare il male,
con ogni mezzo, con ogni forma di propaganda, e che arrivano (cosa che veramente stupisce. trattandosi di gente
che non aspetta nulla al di la della morte) fino al disprezzo della vita, cosi grande è il loro accanimento e la loro
ostinazione!”.
Si legge in queste espressioni un senso di ammirazione
per i figli delle tenebre che tutto osano con ben più minimi fini da raggiungere. Al contrario si constatano "cristiani a metà…che voglio conciliare Dio e il Demonio, e
si contentano di una maschera di Fede". Si tratta di gente
che va in Chiesa, ”che fa i sacramenti, che forse ha dato il
nome alle associazioni nostre, certamente alIe Confraternite, che ha voluto anche la consacrazione della famiglia
al S. Cuore, ma che non sa rinunziare ad una passione
nascosta, ad un idolo segreto; che cede alla moda scorretta, ai balli, al cinema qualunque sia, a lussi ed abiti non
proporzionati alla propria classe sociale". In questa ultima espressione, è presente nel vescovo la giustificazione
della divisione in classi della società e della loro inevitabilità. Se il sentimento di rassegnazione a restare nella
propria dimensione sociale, se l’osservanza dell’ordine e
della disciplina era per Mons. Taccone "la prova migliore
della operazione interiore dello Spirito Santo", tutto ciò
poteva apparire agli occhi del nemici comunisti proprio il
lato più attaccabile del cristianesimo da essi ritenuto oppio dei popoli.
107
Continuando il suo pensiero il vescovo fa alcune osse rvazioni ancora sulla religiosità popolare.
“Purtroppo - egli dice - confessiamolo nel nostro Mezzogiorno d’Italia forse per l’ esuberanza del nostro carattere, tutto tende all'esteriorità, con danno della serietà della
nostra educazione.
Le nostre feste, ci distraggono, ci divertono, ci stord
iscono, ma non ci rendono migliori, anzi ci fanno segnare
un passo indietro e per molti sono occasione di disordine
morale e fisico…La più modesta musichetta che gira per
le vie del paese, si porta dietro un codazzo di fanciulli,
che hanno volentieri disertato la scuola o il catechismo
parrocchiale; il più umile fuoco di artificio, attira una
folla infinita di gente, che fa volentieri a meno di una
predica in Chiesa”. Il popolo scambia la religione colle
manifestazioni esterne del culto, e la purezza del costumi
individuali e familiari, con la prudenza di nascondere ed
evitare lo scandalo.
Rivolto ai Bitontini e Ruvesi, il vescovo ricorda che "si
adopera a trovarvi ogni anno il migliore quaresimalista"
per provocare negli animi una decisione veramente cristiana e non una delle tante manifestazioni esterne.
Chiude la lettera con l’invito a prendere coscienza della
propria dignità cristiana e ad alimentare una fede vissuta74.
LETTERA PASTORALE DELL’EPISCOPATO
PUGLIESE PER LA QUARESIMA SU
“SANITA’ MORALE”
datata nel decennale del concordato l’11/2/1939
74
TACCONE,A., ‘Andiamo incontro al Signore’. Lettera pastorale per
la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto 1938.
108
"La nostra sollecitudine pastorale soprattutto si orienta dicono i Vescovi - verso i bisogni più impellenti e più
angosciosi, che travagliano oggi gli spiriti e li rendono o
morti completamente alla vera vita, o inattivi e aridi...Noi
non vogliamo essere pessimisti: rileviamo dappertutto
l’abbandono graduate delle leggi morali più fondamentali
nell’educazione del piccoli e nella costituzione delle famiglie…E’ troppo evidente il contrasto tra le poche famiglie, profondamente cristiane nella Fede e nella condotta, e le più numerose, che, solo per consuetudine osservano i principali precetti morali, ma non li vivono,
non ne comprendono l’alta importanza nel quotidiano
svolgersi della propria attività. Il comandamento divino:
estote perfecti (Mt.5,48.) non ha presa sulla moltitudine,
che vorrebbe riservata la santità ad un numero esiguo dl
persone, estranee al dinamismo meccanico del nostro secolo”.
Soffermandosi poi sulle nuove teorie del tempo, si conviene che " le nuove idee escogitate, portarono ad opposte correnti, idealista l’una, materialista l'altra, con diverse gradazioni, ma tutte basate su un freddo razionalismo,
nemico spietato della rivelazione”.
E inoltre ”per il popolo non corrotto dall’anarchia e dal
bolscevismo, esiste ancora la Fede; è conosciuta generalmente la legge di Dio con la sanzione dell’oltre tomba,
ma queste verità rimangono più volte paralizzate ed inefficaci. I principi filosofici dell'età moderna sono facilmente comunicati al popolo dal contatto col mondo culturale attraverso la scuola, il giornale, il commercio e i divertimenti”.
I vescovi si soffermano anche sulle istanze sociali e si
rendono conto che "i disagi economici, causati in parte
dal progresso meccanico, hanno reso più difficile la pratica della religione e del suo precetto principale: l’amore
fraterno di tutte le classi sociali in Cristo Gesù”. Bisogna
109
“combattere con sagacia e purezza le dottrine materialistiche senza Dio e le dottrine idealiste dell’immanenza ".
Passando poi a trattare della famiglia, i Vescovi constatano che “smarrito il senso della dipendenza da Dio, gli
sposi reputano lecita la loro convivenza di qualunque
natura essa sia, ignorano e deridono il fine del matrimonio, infrangono con leggerezza imperdonabile le leggi
che regolano l'uso di esso… Molti lo concepiscono come
contratto naturale,… un mezzo di divertimento. Molti
non sono disposti ad alcun sacrificio e sono pronti a tradire il giuramento prestato dinanzi all'altare, se credono
svanito il loro sogno d’amore”.
E si conclude che “il segno evidente di questa concezione errata della famiglia è la denatalità volontaria".
Anche a proposito della donna si espongono le proprie
riflessioni.
“E' questa una costatazione dolorosa - dicono i Vescovi specialmente nelle città più progredite civilmente e quindi più esposte agli errori del razionalismo agnostico più
audace… La dottrina razionalista, simulando un rispetto
esagerato della donna, ha accarezzato le sue passioni e
l’ha spinta verso la rovina morale".
I Vescovi rivolti ai Parroci li invitano a provvedere alla
formazione dalla donna “al matrimonio, con esortazioni,
con ritiri specializzati, affinchè esse ne abbiano un giusto
concetto e sappiano evitare quando può trasformarle in
creature disgraziate”.
Soffermandosi sulla moda femminile, si ritiene che “la
donna può anche curare una certa eleganza, ma non ha il
diritto di dimenticare il senso del pudore...,di provocare
gli altri al peccato. Sia decente il costume da bagno e lo si
usi solo quando esso è strettamente necessario". Si invitano i sacerdoti a essere “energici” ed a esporre loro
"chiaramente il nostro pensiero sulla moda”.
Anche la "ballomania” diventa oggetto di trattazione pastorale.
110
“Buoni fedeli - dicono i Vescovi - noi non condanniamo
la danza quale esercizio di ginnastica, che può essere ed è
disciplina scolastica, educazione al bello, ma noi qui parliamo esclusivamente del ballo promiscuo. Esso stimola
le passioni, costringe la donna a vestire una moda più indecente di quella comune, è occasione di incontri con
persone la cui condotta morale è sconosciuta, inizia amicizie morbose di cui si ignora l’epilogo, spinge ad avventure peccaminose”. Si giunge a condannare "qualsiasi
ballo pubblico o privato". Agli occhi dei Vescovi, tale divertimento, risulta una "peste aggravata da intenzioni
diaboliche di movimenti eccitanti nel modo più immorale
i sentimenti passionali della nostra gioventù”. Occorre
"impedire o limitare le feste danzanti, specialmente nella
stagione balneare, quando la ballomania raggiunge il
colmo”.
Anche “altri pericoli " sono inseriti nella lettera dei Vescovi. Si tratta di "vigilare attentamente sulle letture e
particolarmente sull’attrattiva esercitata dai romanzi pornografici… Sotto la suggestione della lettura, (l’uomo)
ritornato nel mondo vero, quasi se ne annoia; il sacrificio
lo urta, la monotonia della vita ordinaria lo opprime, vede
nero dappertutto e sogna la vita irreale, la vita dell’amore
licenzioso, non apprezza più il futuro casto matrimonio,
che reclama serietà e sacrificio”.
A proposito del cinema “noi non condanniamo - essi dicono - ogni rappresentazione, ma parliamo solo del cinema e del teatro che mettono in iscena l’ambiente più corrotto della società… I genitori, attraverso la stampa cattolica, conoscano con facilità gli spettacoli adatti o sconvenienti ai loro figlioli … Saremmo desiderosi che accanto alla parrocchia sorgessero sale di spettacoli adatti
alla propaganda del bene”.
Anche la denatalità suscita apprensioni. ”Il segno più
manifesto - si ripete - di questa rovinosa decadenza è la
denatalità; giunto ad uno stato acuto, piaga che invecchia
111
ed assottiglia tante nazioni. Gli Stati colpiti se non rinsaviscono, sono condannati alla morte”.
In genere, per migliorare la società, si prospettano
“letture morali, divertimenti educativi, Comunione frequente, ritiri spirituali; ecco i mezzi per assimilare le idee
del cristianesimo e viverle giorno per giorno, momento
per momento”.
La Conferenza episcopale, rivolta ai genitori, suggerisce
che “non si dove confondere l’amore con la debolezza,
ma deve essere illuminato ed unito a conveniente energia". I genitori “hanno generato i figli alla vita fisica, ed
hanno ricevuto nel tempo stesso la missione di formare in
essi la coscienza morale… Non sforzeranno la volontà
dei figli secondo i loro desideri ma cercheranno solo di
accompagnarli con mano soave, e, se è necessario, energica, verso la conquista dell’ideale onesto qualunque esso
sia”.
Si insiste poi sull'educazione al matrimonio che dove essere fatta da parte di entrambi i genitori.
Soffermandosi sullo Stato e la moralità si dice che
“l’etica cristiana ha un alto concetto della missione dello
Stato, esalta l’autorità che lo governa come rappresentante dell'autorità stessa di Dio, ne rivendica contro l'anarchia la provvidenziale missione e combatte la teoria
dello Stato agnostico “.
Anche qui non manca l’apoteosi dello Stato fascista.
“Noi siamo lieti - dicono i vescovi - di appartenere alla
grande Italia che oggi particolarmente garantisce l’ordine
morale dei cittadini. Mediante il Concordato, la legislazione cattolica sul matrimonio è stata accettata in pieno e
una serie di provvedimenti tende a formare nel cittadino
una coscienza temprata all’onestà, necessario presupposto di ogni educazione religiosa e patriottica".
Tra le benemerenze del Regime, si ricorda che "una serie
di provvedimenti incoraggia la famiglia numerosa e, se
112
non risolve il problema demografico, ne facilita molto la
soluzione”.
I Vescovi concludono ringraziando “la Divina Provvidenza di aver preservato dalla piaga del divorzio la nostra
bella Italia” 75.
75
EPISCOPATO PUGLIESE, 'Santità morale’. Lettera pastorale per
la quaresima ,tip. Arcivescovile,Taranto 1939.
113
114
Capitolo III
IL CLERO DIOCESANO
115
116
FORMAZIONE DEL SEMINARISTA
AL PRESBITERATO
Prima di addentrarci nell’organizzazione e nella vita del
Seminario diocesano, penso sia opportuno darne almeno
una sintetica visione storica. Prenderemo le notizie da
Mons. Ferrante che per il 2° centenario del Seminario, ci
offre a tal scopo una relazione precisa; seguiremo anche
l’articolista del Bollettino del Seminario Regionale di
Molfetta.
I veri inizi del Seminario rimontano all’anno I563, quando Mons. Musso, vescovo di Bitonto, di ritorno dal Concilio di Trento, dove aveva pronunciato il discorso di apertura, si diede a procurare i mezzi. Il 22 ottobre 1565,
Musso tassava i benefici ecclesiastici della Diocesi per
costituire un capitate per l’edificazione del Seminario.
Solo dopo 173 anni di continui sforzi da parte dei Vescovi che si susseguirono, il 5 febbraio 1738 Mons. Barba
fissava ufficialmente la data di fondazione del Seminario. Il vescovo sacrificò gli ambienti della sua casa vescovile. Fu poi ingrandito il Seminario con la costruzione
a ridosso della Cattedrale di alcune stanze , per uso scolastico . Fu necessaria la soppressione della parrocchia S.
Giacomo il cui territorio fu annesso alla Cattedrale; i beni
furono incamerati per la dotazione del Seminario. La
stessa Chiesa parrocchiale fu dissacrata e adibita ad abitazione redditizia. Il 1° aprile 1741, il Barba inaugurava
il Seminario con 12 seminaristi.
Nel 1818 allorchè Ruvo si univa " aeque principaliter “a
Bitonto sotto Mons. Manieri, i seminaristi diventarono
più numerosi.
117
Mons. Marone, successo a Manieri, trovò il seminario
"paene a fundamentis prolapsum in meliorem formam restituit”, come si legge dalla lapide fatta fare per
l’occasione.
Nel 1855 Mons. Materozzi mise il Seminario sotto la
protezione della Vergine Immacolata cui dedicò la Cappella; eresse inoltre il Seminario estivo di Bitonto in S.
Spirito (BA). Il Giovedì Santo 1872 Materozzi allontanò
pubblicamente dalla mensa eucaristica i sacerdoti Laudisal e Achille perché caduti in censura, avendo contrariamente alle disposizioni della Chiesa, occupato cariche
ufficiali conferite loro dal governo laico. Fu lotta tremenda tra il vescovo e le autorità civili e, il 15 maggio
I872 il Seminario veniva a mano armata occupato e adibito per Scuole pubbliche. Il Vescovo raccolse i seminaristi nel suo palazzo.
Mons. Bruno nel 1884 raccolse qua e là i seminaristi dispersi, impartendo egli stesso lezioni scolastiche.
I seminaristi crebbero ancora sotto Mons. De Stefano e
sotto Mons. Berardi fino a raggiungere il numero dl I20.
Sempre Mons. Berardi nel 1899 riformò il Seminario.
Prese in fitto altri locali attigui, costruì 6 nuove aule
scolastiche; curò soprattutto il riordinamento culturale e
disciplinare del Seminario. Nominò un Padre spirituale,
istituì un Corso teologico completo, riformò gli studi liceali conformandosi per quanto era possibile ai programmi governativi e arricchì il seminario di un rispettabile gabinetto scientifico.
In queste condizioni stava il Seminario quando nel 1908 a
Lecce si inaugurava per volere di Pio X, il Seminario
Regionale Appulo-Lucano, sotto i Gesuiti 76.
76
FERRANTE,P., Nel primo centenario della fondazione del venerabile Seminario di Bitonto I738-I938, tip. Amendolagine, Bitonto
feb.I939 XVII.
Miles Christi, bollettino ufficiale del Seminario Reg. di Molfetta,
118
IL PROBLEMA VOCAZIONALE
Il numero dei seminaristi, all’atto della nomina di Mons.
Ferniani a vescovo di Ruvo e Bitonto,non era alto. Il Delegato vescovile di Ruvo, teol. Ruta Salvatore, sotto
l’amministratore apostolico Eugenio Tosi,scrivendo al
novello vescovo a Faenza il 20/6/1922, dà lo stato vocazionale della Diocesi: “Abbiamo sette seminaristi di cui
sei educati nel seminario diocesano ed uno nel seminario
regionale di Molfetta”77.
Al numero esiguo di seminaristi si aggiungevano le condizioni tutt’altro che serene in cui Mons. Berardi aveva
lasciato il pio Istituto. Un‘idea chiarificatrice la cogliamo
dall’anagrafe dei sacerdoti,chiesta da Mons. Ferniani, e
dai rispettivi suggerimenti in essa presenti.
Il canonico teologo Pasquale Ferrante, laureato in Teologia e Lingue a Napoli, Rettore del Seminario, così si esprime il 23/11/l922: “…venga ristabilito innanzi alla
pubblica opinione… la buona fama degli ordinandi del S.
Seminario, ai quali fu sospesa la Sacra Ordinazione, per
infamanti calunniose accuse di gravi fatti già riconosciuti
infondati e inesistenti“.
Non era dello stesso avviso il Primicerio, teologo Cepollaro Daniele, laureato in Teologia, professore di canto
gregoriano e musica e lingua francese nel Seminari, il
25/11/1922: “L’indirizzo - egli dice- per l’educazione dei
giovani nel venerabile seminario ha dato pessime prove:
i migliori giovani si sono allontanati, quelli che vi sono
non hanno sincera stima del Rev.mo Rettore e di alcuni
professori scelti non fra la parte più elettiva del Rev.mo
Clero”78. Lo stesso Mons. Berardi, predecessore ultimo di
Mons. Ferniani, scrivendo al nuovo vescovo il
(XVIII) 1939, n. 6.
77
In B.V.B.
78
in B.V.B.
119
26/I2/1922, nell’accluso esposto a Sua Santità Pio XI, fa
trapelare qualcosa sulla stima vigente circa il Seminario,
al cap.4° n.VI: “Vi sono poi fatti minori - egli dice -che
scendono perfino alla persecuzione di qualche povero
seminarista, colpevole solo di essere stato a me umilmente devoto” 79.
Mons. Ferniani per la chiusura dell’anno scolastico 1923,
il 7 luglio teneva un discorso ai seminaristi, al corpo insegnante e direttivo, augurandosi "un maggior interesse
per le vocazioni, tanto necessarie per l’ avvenire delle
Diocesi” 80. L’importanza del problema vocazionale è
preso a cuore nel Bollettino successivo, in prima pagina,
dalla stessa redazione: "Più volte la voce del Papa e dei
Servi di Dio hanno levato l’allarme contro lo stremarsi
delle file sacerdotali e l’illanguidirsi dei Seminari in Italia...0ggi la vita seminariale non presenta più le attrattive
di un tempo e d’altra parte la difficoltà finanziaria rallenta gli sforzi… Pensino i genitori che i propri figli sono
loro dati da Dio per la società, le sorti spirituali della
quale sono legate a quella Chiesa, che ricevette da Cristo
le chiavi del Regno” 81.
In occasione dell’apertura del Seminario per l'anno 1923
-1924, nel darne notizia si insiste ancora :”E’ necessario
che la Diocesi si interessi alle vocazioni ecclesiastiche
troppo scarse ma sempre necessarie per la vita cristiana
delle nostre popolazioni” 82.
Questo pensiero assillante dava i suoi frutti se il 5/11, aprendo il seminario, si constatava ”un numero consolante
di alunni” 83; e tale soddisfazione era giustificata dalla
presenza di 50 seminaristi, come risulta dalla Relazione
79
in B.V.B.
Vita Religiosa, (1°) 1923 n.7.p.53.
81
Vita Religiosa, (1°) 1923 n.8 p.58.
82
Vita Religiosa , (I°) 1923 n.9, p.72.
83
Vita Religiosa , (I°) 1923 n.11, p.85.
80
120
di Ferniani per l’Annuario delle Diocesi e del clero
d’Italia, in risposta nel 1923 prot. 433, a una richiesta del
Vaticano del I8/10/I923.
Tutta l'azione a pro del Seminario combaciava con i desideri della S. Sede. Anche in diocesi veniva recepita la
lettera che il S. Padre il 7/6/1924 inviava al Cardinal Vicario sulle vocazioni.
“Mons. Vescovo - dice il Bollettino - ha disposto che anche quest’ anno e precisamente il giorno 8 giugno, solennità di Pentecoste, in tutte le Chiese delle due Diocesi, si
preghi il Cuore di Gesù per le vocazioni e si raccolgano
offerte” 84.
Il 4/11/1925 si apre il seminario; gli alunni sono sempre
più numerosi. Partecipano anche alunni di altre diocesi85.
Si badava forse più a incrementare il numero che a una
formazione qualitativa, intellettuale delle vocazioni.
Si premiava la buona volontà e lo spirito di sacrificio dei
sacerdoti disposti ad insegnare in Seminario ma poco
interessava se questi fossero veramente idonei ad espletare gli impegni assunti. Ciò lo possiamo desumere dai
suggerimenti che Mons. Del Buono chiede ai Sacerdoti in
occasione della Santa Visita 86.
Il sacerdote prof. dott. Nicola Panisco, insegnante nel
Seminario, il 28/2/1928 si augura, così come aveva già
fatto sotto Mons. Ferniani, il teologo Daniele Cepollaro,
”che si licenzino i professori non muniti di titolo, dal
Seminario".
Nella stessa Santa Visita, si sente impellente il problema
economico - vocazionale. Il canonico prof. Benedetto
Lovascio l’1/3/1928 fa questa proposta a Mons. Del
Buono "potrebbe ottenere due borse di studio in Seminario, una per Bitonto e I'altra per Ruvo,mettendo sui diritti
84
Vita Religiosa , (II°) 1924 n. 5, p. 38.
Vita Religiosa , (III°) 1925 n. 12, p. 123.
86
in B.V.B.
85
121
di stola bianca e di stola nera una ritenuta di pochi soldini
(per es. £.0,50); non vi sono nell’anno 2000 fra nati,
morti e sposalizi? Che se non si voglia sovraccaricare il
parroco di una nuova imposta ecclesiastica , potrebbe
benissimo concorrere il popolo nei battesimi, nelle nozze,
nei funerali”.
E il 30/3/1928 il Canonico Gaetano Pasculli, professore
esterno di Lettere in seminario e Padre spirituale poi dal
15/ 10/1932, allo stesso Vescovo espone le sue lamentele
perché non tutti i professori del seminario collaborano
nello stesso modo alla soluzione economica del problema. “In Seminario - egli dice - i professori non vengono
retribuiti secondo criteri di equità, ma secondo un evidente favoritismo, basato sopra interessi personali o partigiani di vecchia data”.
Allorché la Sacra congregazione dei Seminari aumentava
la retta dei seminaristi del Regionale a £.150 mensili, il
Vescovo Del Buono sentiva anch'egli la necessità di portare il contributo dei seminaristi diocesani a £.1200 annue. Contemporaneamente faceva appello a borse di studio perché le vocazioni, nelle difficoltà economiche, non
avessero a mancare. Si rivolgeva alla sensibilità della
gioventù femminile cattolica italiana che aveva già il
Missionario all’estero 87.
E nel giorno dell’Immacolata, il vescovo per la vestizione
di 12 giovinetti, raccomandava con insistenza un incremento di vocazioni per il “già fiorente seminario” 88. Intanto l’idea delle borse di studio per i seminaristi più poveri prendeva sempre più piede. Ci si rivolgeva alle Confraternite perché limitassero le spese inutili per poter
prendere a cuore questa nuova iniziativa. Il Vescovo Del
Buono si sottoscriveva con £..1000 89.
87
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 8, p.66.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.12, p.103.
89
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.10. p. 74.
88
122
Che i Vescovi e i superiori del seminario tentassero ogni
modo per superare il problema economico, che i seminaristi vi collaborassero con una forte retta era una certezza,
ma che ci fosse un buon uso delle entrate per gli alunni e
loro insegnanti, il Sac. Prof. Gaetano Pasculli pare lo
metta in dubbio nel diario del lunedì 23 dicembre 1929.
In occasione dell’accademia in onore del vescovo novello
Andrea Taccone, faceva queste riflessioni:” Per questa
solenne circostanza, la direzione dl Seminario ha acquistato un bel pianoforte di marca tedesca, pagato –tutto
compreso- ben £.5300. Sicuro, si possono permettere
certi lussi i signori superiori, lesinando - e come! - sul
ventricolo dei poveri seminaristi, che finirebbero come S.
Luigi Gonzaga, se non avessero delle riserve nei rispettivi
comodini su cui i superiori chiudono tutti due gli occhi; e
rosicando sullo stipendio di lustrascarpe, che si danno ai
prof. esterni, pascendoli di parole melliflue e raccomandando dei sacrifici per il bene della Chiesa.
La conseguenza però è di non toccare il borsellino dei
superiori e dei professori interni cui si cerca, con trovate
abili da banchieri, arrotondare sempre più gli onesti guadagni e di ridurre il lavoro al minimo possibile, per lasciare loro anche il tempo possibile per occuparsi in altre
mansioni lucrative di natura più o meno onesta” 90.
Le vocazioni intanto si moltiplicavano. E nel 1930, il
dato più confortante dell’azione spiegata, veniva proprio
dal Seminario Maggiore Regionale: “Anche il numero dei
giovani delle due diocesi, alunni del Pio XI di Molfetta, è
crescente quest’anno” 91. Intanto, perché i frutti non andassero perduti, l’ufficiale di Curia Sac. Fornelli, notificava per ordine del Mons. Taccone, il 29.9.1933 che
“S.E. Monsignor vescovo per favorire le vocazioni ecclesiastiche, permette che nel nostro venerabile seminario,
90
91
Pasculli, G., memorie (manoscritto in B.V.B.), 1929.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.12, p.88.
123
quest’anno scolastico 1933/1934, entri qualche buon figliolo come alunno esterno, per frequentare la 1^ classe
ginnasiale, pagando una piccola somma” 92.
L’iniziativa già presente sotto Mons. Ferniani è qui ripristinata, fu ritenuta positiva, dal momento che l’anno successivo troviamo un foglietto stampato da parte del Seminario circa nuove notizie riguardanti gli alunni esterni
che vogliano accedere all’Istituto. In essa -si legge- che
potevano frequentare tutte e tre le classe ginnasiali, rimanendo in famiglia per le ore dei pasti e del riposo. La retta
annuale era di £. 200 più iscrizione £.15, nonché £. 10 per
fitto di tavolo da studio 93.
In questo modo oltre a stimolare eventuali nuove vocazioni, si cercava di risolvere le precarie condizioni finanziarie del Seminario e dei seminaristi più poveri. Gli alunni interni, infatti - si legge- nel programma stampato
per l’anno scolastico 1931/1932, erano tenuti a contribuire al Seminario con una retta di £.1300 annue, non indifferente. Al che si aggiungevano £ .30 per iscrizione, £. 20
per le lezioni di canto, £ 45 per fitto mobili, £. 100 per
spese di cancelleria. Ognuno poi doveva provvedere a
tutto il corredo. Come vitto si assicurava a colazione pane
e frutta,latte e caffè, con panini nell’inverno; a pranzo
due piatti caldi, pane a soddisfazione e frutta, vino solo la
domenica; a cena un piatto caldo, pane e frutta 94.
Mons. Taccone per il 2° centenario del Seminario, il
4.2.1939, dirà nella prefazione di un opuscolo scritto per
l’occasione ”Io formulo l’augurio che nel III secolo di
vita il nostro venerabile Seminario, se non
nell’appariscenza della forma nella sostanza della missione santamente adempiuta continui a meritare la benedizione di Dio e del Papa e la gratitudine degli uomini,
92
In B.V.B.
In B.V.B.
94
In B.V.B.
93
124
tenendo viva la luce della scienza e la fiamma della santità” 95.
95
Ferrante, P.,Nel 2° centenario della fondazione del venerabile seminario di Bitonto (1738 -1938), tip. Amendolagine, Bitonto 1939.
125
IL REGOLAMENTO NELL’ANNO SCOLASTICO
E NELLE VACANZE ESTIVE
Il seminario Diocesano di Bitonto, non avendo un Regolamento, spinge Mons. Ferniani a dare disposizione in
proposito al Rettore Sac. Ferrante Pasquale il 28.10.1924.
Il vescovo intravede la necessità di fare ”particolari istruzioni e relativi esperimenti nelle cerimonie e anche sulle
maniere da praticarsi dalle persone civili ed educate nei
rapporti col prossimo. E’assolutamente vietato-egli diceparlare in dialetto”.
Tutti i giovani esterni ammessi in seminario” sono tenuti
al mattino in ora opportuna a recarsi nella Cappella del
Pio luogo affinché possano recitare le preghiere e fare la
Santa Meditazione”. Le preghiere devono essere recitate
con la massima precisione ed unità. Si dispone, inoltre,
che all’inizio dell’anno non manchi il ritiro spirituale che
nell’anno diventa mensile e continua nelle vacanze.
”I Santi spirituali esercizi saranno tenuti due volte
all’anno in prossimità di Maria SS. Immacolata e di Pentecoste”; avranno la durata di tre giorni. Gli alunni devono sottostare ad un unico regime, il quale deve avere per
base l’educazione quale è richiesta per la formazione
delle vocazioni stesse” 96.
Il Canonico dott. Pasquale Ferrante, Rettore del Seminario, nel trigesimo della morte di Ferniani al momento
dello scoprimento della lapide marmorea, nel salone dell’
episcopio, a cura degli alunni del seminario di Bitonto, il
26.6.1925, ci riporta un sunto dell’attività di Mons. Ferniani per la formazione di una vita regolare nel Seminario: “Egli personalmente ne curava e vigilava il buon funzionamento, in tutte le sue parti …egli volle che i nostri
alunni fossero veramente pii…: ritiri mensili, conferenze
spirituali, congregazione mariana e missionaria, paggetti
96
In B.V.B.
126
del SS. Sacramento. Si occupò e competentemente dei
nostri studi, e di tutto si dava conto: degli orari didattici,
dei testi scolastici, delle prove trimestrali e delle medie,
alla cui lettura presiedeva avendo per tutti parole buone
…L’arredamento scolastico e l’igiene del nostro Seminario trovarono in lui un vero aiutatore che chiamerei prodigo, tante somme egli generosamente spese, per le nostre scuole e per l’igienico mantenimento di tutti gli ambienti del nostro Istituto. Sapeva trovare tempo per visitare spesso le nostre scuole, le camerate, e finanche il nostro refettorio, tutto notando, di tutto dandosi conto. E fu
suo santo orgoglio la relazione sul nostro Seminario che
S.E. Mons. Volpi, visitatore pontificio del Seminari
dell’Italia meridionale, fece al S. Padre. Sua Santità stessa personalmente se ne compiacque con lui, ed egli, al
suo ritorno da Roma, con evidente compiacimento pubblicamente ne parlava a noi tutti del Clero” 97.
Un vero Regolamento più che dettagliato, si avrà solo
sotto Mons. Andrea Taccone, ad iniziativa di Mons. Teologo Ferrante, Rettore da 18 anni del Seminario. Dal
Vescovo , cui chiede il placet il 18.9.1933, ottiene nello
stesso giorno, questo plauso che riporta nella prefazione
al testo: “Queste pagine già tanto belle per l’esperienza
che le ha dettate, vengono ancora rese più belle così, dal
sentimento di rispetto all’autorità sacra, rappresentata dal
Vescovo”.
Riportiamo le parti più sintomatiche del Regolamento98.
Si vuole che “ la disciplina sia mantenuta con la più esatta e stretta osservanza, facendo frequenti sorprese nei
diversi luoghi e nelle diverse ore” da parte del Rettore .
97
FERRANTE, P.,Funebre elogio per S.E. Mons. P. Ferniani, Tip. Di
Bari Bonasia , Bitonto 1925.
98
FERRANTE, P., Sacro Seminario di Bitonto–Regolamento, Tip.
Amendolagine, Bitonto 1933. pp.1 -46.
127
Questi “ controlla ogni corrispondenza epistolare in partenza e in arrivo”.
Il Padre spirituale deve “esortare al vero spirito di perfezione ed alla preghiera, alla Comunione frequente ed anche quotidiana “.
I professori “con speciale cura si occuperanno degli alunni di scarso ingegno, procureranno in tutti emulazione
nello studio ed impegneranno a proficuo lavoro i pigri”.
I Prefetti avranno “ la massima cura della salute dei propri alunni, informando immediatamente di ogni minima
loro indisposizione, i loro superiori”.
Parlando poi della Pietà “essendo il fondamento più importante della vita del seminario ,… deve essere col più
generoso animo coltivata e sinceramente praticata dagli
alunni del seminario”.
“Nella certezza che tutto ciò che viene loro ordinato, è
diretto al loro bene, con ubbidienza cieca, pronta e volenterosa, docilmente osserveranno quanto verrà loro disposto …E nessuno oserà credersi agli altri superiore per
differenza di nascita, di censo, o di ingegno”. Inoltre
“all’udienza si portino con l’abito di uscita; appena giunti
salutino i genitori baciando la mano”. Si da anche un elenco delle punizioni disciplinari:
a) silenzio semplice nei tempi di ricreazione, stando in
piedi, fermi e dritti dinanzi alla propria colonnetta e,
in tempo di studio stando in piedi e studiando innanzi
al tavolo.
b) silenzio come il precedente in ginocchio.
c) privazione della frutta a mensa
d) privazione del secondo piatto e in piedi al proprio posto al refettorio.
e) privazione del primo e secondo piatto e in piedi al
proprio posto al refettorio.
f) in ginocchio e digiuno in pubblico refettorio.
g) in ginocchio in pubblica Cappella.
h) in ginocchio nella sala d’aspetto.
128
j) ammonizione in presenza di parenti.
l) espulsione dal seminario.” 99.
Al solo Rettore “sono riservate le punizioni come alle
lettere J) e I), di tutte le altre potranno usarne il vice Rettore ed il Prefetto d’ordine” 100.
Anche per le vacanze estive tutto era perfettamente regolato: non mancavano notifiche e disposizioni vescovili.
Mons.Ferniani il 6.7.1923 emanava un Decreto per i seminaristi in vacanza.
” I giovani alunni interni del nostro Seminario, durante il
periodo delle vacanze estive, non abbiano - egli dice - a
correre il pericolo di dissiparsi e di dimenticare, con una
maniera poco regolata di vita, le buone abitudini di studio
e di virtù” 101. Dispone quindi che ogni mattina ci sia S.
Messa e lettura spirituale in Cattedrale, in comune; che a
giorni alterni, dalle 10 alle 12, si studi sempre in comune;
che per tre volte la settimana si faccia insieme la visita a
Gesù Sacramentato e la passeggiata; che si conservi lo
spirito di raccoglimento. I Vicari e i parroci poi, si serviranno dei seminaristi per il catechismo e ne daranno come “sorveglianti” un giudizio prima dell’anno scolastico.
Mons. Ferniani oltre a desiderare che gli alunni del seminario avessero in vacanza una vita coerente a quella impartita durante l’anno, desiderava che gli stessi ritemprassero adeguatamente anche il proprio corpo. Il 16.8.1923 i
seminaristi di Bitonto li troviamo infatti, in villeggiatura
alla spiaggia di S. Spirito. Il bollettino ufficiale a proposito dice: “dopo essere rimasta chiusa per diverso tempo,
si è riaperta la bella villa del seminario”102.
Anche per le vacanze 1924 - conservo personalmente un
registro di presenze del Sac. Giuseppe Iurilli - le disposi99
FERRANTE, P., Sacro seminario… op. cit., p.44.
FERRANTE, P., Sacro seminario… op. cit., p.45.
101
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.7, pp. 50-51.
102
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.8, p. 59.
100
129
zioni del Mons. Ferniani circa i seminaristi del Regionale
in Chiesa, a studio e a passeggio venivano regolarmente
attuate.
Si annotavano e motivavano le assenza volta per volta. Il
seminarista ogni giorno doveva assistere alla S. Messa
eventualmente conventuale. Sistematicamente si partecipava alla visita serotina a Gesù Sacramentato, anche con
Vespri. Ogni giorno, alternativamente, o si studiava o si
passeggiava in comune. Il registro veniva vistato dal delegato vescovile, allora il teologo Ruta Salvatore.
Come abbiamo visto Mons. Ferniani, pur esigendo una
impostazione seria delle vacanze, aveva avuto però il coraggio di riaprire ai seminaristi la villa di S .Spirito a mare. Sotto Mons. Del Buono, invece, riappare una severità
maggiore.
Ne è testimone una lettera del Vescovo al Rettore teologo
Don P. Ferrante: ”Per una dolorosa esperienza confermata da autorevoli documenti pontifici, sappiamo quanto
sia nocivo alla formazione del Clero il periodo delle vacanze estive in famiglia; dopo pochi giorni passati in famiglia, quelli bastevoli a rivedere i propri cari e a rinfrancarsi con le opportune cure domestiche, si raccogliessero
in un luogo comune di villeggiatura campestre… lontani
dalle frequenti occasioni di dissipazione e dalla nefanda
corruttela del secolo”103.
Stabilisce quindi, che in vacanza i seminaristi formino
gruppi parrocchiali alle dipendenza del Parroco; che ogni
giorno ci sia per loro la S.Messa, il Rosario, la meditazione spirituale, la visita a Gesù Sacramentato e la frequenza ai Sacramenti; che attendano allo studio più ore al
giorno che partecipino al servizio religioso in Cattedrale
tutti i giorni festivi, partecipando alla recita dell’Ufficio
Divino; che in ultimo si presentino col certificato di buona condotta.
103
Vita Religiosa (IV°) 1926 n. 7, pp. 60-61
130
Con Mons. A. Taccone si riprende la villeggiatura dei
seminaristi a S. Spirito a mare. Se ne compiace col vescovo il Cardinal Bisleti, Prefetto della S. Congregazione
dei Seminari e delle Università degli Studi in data 19. 7.
1932 prot. 761 /31: ”Dalla sua lettera ho appreso con sensi di soddisfazione che i suoi cari alunni del Seminario
diocesano di Bitonto si sono recati, accompagnati dall’
Ecc. V. Rev. ma a S. Spirito nella casa di villeggiatura
resa più adatta e più decorosa”104.
104
In B.V.B.
131
LE ATTIVITA’ FORMATIVE
In seno al Seminario sorgevano delle attività di gruppo.
Nella relazione Tridentina che si teneva in base al can.
1339, nell’anno 1922/23 si parla, presente il vescovo,
dell’associazione ”Congregazione mariana” fondata nel
maggio 1923105.
Il Bollettino ufficiale dà nella cronaca l’inaugurazione il
31.5.1923 con 16 iscritti effettivo e 10 aspiranti sotto la
presidenza del Rettore. Per la circostanza intervenne il
Vescovo Ferniani che dopo un “discorso sacro” del Suddiacono Leone, impartì la trina Benedizione106.
Nel 1925 l’Associazione risulta ”composta da 60 elementi fra effettivi, aspiranti e ora anche Luigini” 107.
La Congregazione Mariana comprende in sé il Circolo
missionario “S. F. Saverio” 108 che esplica una attività sua
propria, organizzando ogni anno, periodicamente, lotterie
per le Missioni come quella ”a beneficio del Seminario
Meridionale per le Missioni estere che è in Ducenta” 109.
Tale circolo invia anche offerte al sodalizio S.Pietro Claver 110.
La Congregazione mariana, come pure il Circolo Missionario, si impegnavano in attività atte alla formazione degli stessi aderenti 111.
A tal uopo non mancavano abbonamenti a riviste e conferenze attinenti; in particolare come seminaristi davano un
tono più marcatamente solenne il 21/6/ alla festa di S.
Luigi, protettore dei giovani chiamati in santuario. ” Ver105
In B.V.B.
Vita Religiosa, (I°) 1923 n .6, p. 45.
107
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 2, p. 22
108
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.1, p. 9.
109
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.1, p. 8.
110
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.1, p.11.
111
Vita Religiosa. (IV°) 1926 n.1, p.9; n. 12, p.100.
106
132
so sera la statua del Santo, che ci fa ricordare la memoria
di Mons. Vescovo Luigi Bruno, e la festa centenaria del
1892, fu portata processionalmente per l’atrio e i locali
del seminario, ornati a festa con cartellini inneggianti,
fiori, e lampioncini fantastici, al canto di inni sacri alternati con preci. Mons. Vescovo in Cappella pronunziò
delle parole di compiacimento per la riuscita solennità in
onore di S.Luigi di cui esaltò il candore, l’innocenza, la
virtù della preghiera che sono le doti imprescindibili di
tutti coloro, che vogliono percorrere le vie che menano
all’altare di Dio” 112.
Il cerimoniale, preceduto da un triduo, si ripeteva regolarmente tutti gli anni.
La formazione degli alunni si arricchiva con incontri
saltuari in istituzioni di beneficenza. Nel Bollettino ufficiale si riporta una visita del Seminario al Ricovero di
Mendicità di Bitonto.” I Seminaristi -si dice- hanno servito a tavola una colazione, con vino e frutta preparata a
proprie spese, nonché un obolo di £. 100. Vecchi e giovani si sono uniti in un solo palpito d’amore a N. Signore,
che ha detto:” Beati i poveri poiché di questi è il regno
dei Cieli”113.
Anche le attività filodrammatiche non mancavano. Nella
cronaca del 1923 si legge che le “tradizione artistiche del
nostro Seminario stavano per risorgere dato il numero
sempre crescente degli alunni, dell’attenzione delle famiglie del nostri popolo” 114. Nelle ultime tre sere di carnevale si tenevano, annualmente, scelti programmi drammatico-musicali. Anche in altre occasioni, come per il
settenario di episcopato di Mons Del Buono ci fu un’ ac-
112
Vita Religiosa. ((I°) 1923 n. 7, p. 53.
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 4, p. 32.
114
Vita Religiosa, I°) 1923 n. 2., p. 4.
113
133
cademia poetico –musicale con premiazione degli alunni115.
Le circostanze più salienti della vita della Chiesa avevano eco nella vita del Seminario che si preparava con serietà a dare il proprio contributo, così come avvenne per
la commemorazione del Concilio di Efeso il 24/5/1933.
Lo leggiamo in un programma per l’occasione, firmato
dalla direzione, in cui si notano canti, recitazioni di versi,
discorsi 116.
Nel 1939 si solennizzava il 2° centenario di fondazione
del Seminario di Bitonto. Ne riportiamo la cronaca.
”Con pubblico invito sacro a stampa, il vescovo Taccone
esortava il popolo a partecipare a questa religiosa manifestazione, nel mese di dicembre 1938, mese
dell’Immacolata, perché il Seminario di Bitonto è sotto
tale protezione, cui è dedicata la Cappella. Tale celebrazione per impreviste circostanze fu rimandata al mese di
gennaio 1939. Triduo di sacre funzioni culminate in cattedrale il giorno 8 gennaio e discorso del vescovo
sull’importanza del Seminario, sulla venerazione del Sacerdozio e sulla preghiera a Dio. Nel pomeriggio, nel salone vescovile, cerimonia commemorativa con inno cantato dai seminaristi, composto dal can.Giuseppe Pice. Furono declamate poesie di circostanza. Fu scoperta una lapide a ricordo” 117. Infine il Ferrante lesse il suo discorso
sulla genesi e sviluppo del Seminario di Bitonto che abbiamo riportato all’inizio di questa trattazione sul seminario.
Una particolare attenzione veniva data alla preparazione
di futuri maestri di eloquenza. I seminaristi partecipavano
a titolo personale, con fervorini, anche a concorsi. E’ il
caso di Francesco Volpe che con un discorso su S. Fran115
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 7, p. 54.
In B.V.B.
117
FERRANTE, P.,nel 2° centenario …op. cit.
116
134
cesco di Sales, riuscì 78° su 2000 partecipanti per il concorso letterario indetto a Livorno da parte della gioventù
Cattolica Italiana. Le notizie le cogliamo da una nota
sulla minuta del panegirico dello stesso seminarista, datata Ruvo 12 /8/1924. Lo stesso seminarista ci riporta la
sua attività in merito, in varie occasioni. In prima liceo, il
25/1/1925, per l’apertura dell’Accademia letteraria
“Dante – Manzoni”, tiene nel Seminario Regionale una
conferenza. Nelle vacanze 1925 il 12 /8 tiene una relazione sull’Azione cattolica al Circolo “Fides Intrepida” di
Ruvo, alla presenza di autorità religiose e civili, nonché
del Vice assistente, seminarista accolito Giuseppe Iurilli.
Lo stesso anno è anche consigliere del Circolo Missionario “S. F. Saverio” nel Seminario di Bitonto e come tale
in terza liceo parla agli alunni minori il 12.3.1927 118.
Era rituale anche per i seminaristi minori cimentarsi alla
presenza del pubblico e del vescovo nella notte di Natale
in Cattedrale, in prediche di occasione.Tutti avevano la
possibilità di farlo nelle parrocchie della Diocesi dove riscuotevano ammirazione e lode dai presenti: ”Dobbiamo
ringraziare – dice la redazione- Mons.Rettore che, senza
spese, fornisce tutte le Chiese di ottimi oratori, che se ora
fanno furore, domani diventeranno oratori di cartello”119.
Si svolgeva una vera gara con premiazione. I seminaristi
erano stimolati dai superiori a tenere i fervorini anche e
soprattutto nelle festività religiose che si tenevano
nell’ambito delle proprie mura: per il S. Cuore, per S.
Tommaso, nonché per le conferenze mensili missionarie
e mariane 120.
Tra le iniziative prese a cuore dal Seminario non manca
anche lo studio dell’Esperando. La Curia sul Bollettino
ufficiale annuncia: “Si è già iniziato nel nostro seminario
118
Documentazione in mio possesso.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 1, p.8;(V°) 1927 n.1, p.6.
120
Vita Religiosa (VI°) 1928 n.3, p. 25.
119
135
un corso di lingua esperando, tenuto dal Rev.Can. Prof.
Don Giovanni Rotondo della P. Basilica di S.Nicola di
Bari” 121.
121
Vita Religiosa (VI°) 1928 n. 12, p. 88.
136
I SUGGERIMENTI
IMMEDIATI AGLI ORDINANDI
Il Delegato vescovile teologo Ruta Salvatore, per la prima messa solenne del sac. Ruta Salvatore di Antonio, il
28 /7/1929 nella Chiesa di San Domenico suggerisce
nella sua minuta, al novello ordinato, di non rinchiudersi
nel suo ambiente ma di entrare a contatto col mondo: ”ed
oggi, ancor più raffinati nei loro biechi disegni, si illudono demolire l’autorità del prete sotto la parvenza di mentito rispetto, col pretesto di vederne meglio garantito ed
accresciuto il prestigio spirituale, consigliandogli di segregarsi da ogni cura mondana ricacciandolo esclusivamente nella sagrestia a svolgere la sua attività unicamente
fra il messale e il breviario! E dicono che il prete non ha a
che fare col movimento sociale moderno: che a questa
vita contemporanea deve rimanere estraneo; che deve essere contento se – per eccessiva bontà loro - gli si permetta ancora di esercitare il suo ministero tra le beghine
ed i pochi laici retrogradi, refrattari ad ogni nobile aspirazione dei tempi nuovi eminente progrediti”. E ancora
:”Il sacerdozio non è una casta, ma un ministero … perché una religione eminentemente sociale, qual’è il cattolicesimo, non deve entrare nel campo della civiltà? Non
vi può e non vi deve essere movimento di rigenerazione
vera, morale, umanitaria, in cui il sacerdote non si trovi
come nel suo centro, nel suo naturale campo d’azione! 122.
II can. prof. Nicola Cuccinella, parroco e rettore del
Santuario dei SS.Medici, cancelliere della Curia vescovile di Bitonto, per la prima Messa solenne del sac. Giuseppe Pice, il 19/7/1930 nella Chiesa parrocchiale di San
Leucio, riafferma il concetto della presenza del sacerdote
nella società, consapevole di dover sopportare vilipendi e
calunnie. ”Lungi da noi – egli dice - il doloroso ricordo
122
Documentazione in mio possesso.
137
della lotta spietata ed ingiusta che menti traviate e cuori
corrotti hanno fatto al sacerdozio cattolico ritenendolo
nemico della patria, della civiltà, del progresso”. Il sacerdote ”appartiene alla terra per nascita, per posizione sociale, per le infermità della propria natura umana ma egli
è del cielo per il suo carattere sacro che fa di lui un altro
Cristo, per la sua parola, eco sublime degli insegnamenti
divini, per quei portentosi privilegi, che gli pongono nelle
mani la stessa potenza di Gesù Cristo … Signori, in mezzo al Sacro collegio apostolico, vi fu un Giuda, che prevaricò; qual meraviglia se il Clero ebbe i suoi disertori
ma dal giorno in cui aberrarono non avemmo più causa
comune con essi… Quante volte la vile calunnia, la maldicenza, l’intrigo ti gitteranno il pane asperso di veleno,
ma tu, in quei dolorosi momenti della vita fida solo in
Dio e nel testimonio della tua coscienza rimani sempre
col pensiero, col cuore, con lo slancio più nobile del tuo
cuore sulle altezze luminose della tua sacerdotale dignità”123.
L’arcidiacono mons. F.P. Calamita, delegato vescovile
per la messa solenne del sacerdote Giuseppe Pice il 1930,
fa queste riflessioni e dà questi suggerimenti.”Andare diritto – egli dice - come saetta alla meta, senza la preoccupazione di sentirsi almeno una volta, indegno della grande vocazione, forse non è neppure dei santi; è ben spesso
degli ipocriti, ma certo non è la norma degli uomini”. E
ancora: “Il sacerdote è luce, perché deve essere il Cristo
innovato …Farai conoscere Dio per quanto è possibile
umanamente, ma lo farai conoscere …Non devi certamente rifiutare la varietà delle opere cui un’anima può
dirigere il suo genio; ma il fine di questa varia manifestazione di virtù deve essere la gloria di Dio, il bene delle
anime … Quando ascolterai contro di te il sibilo della
123
CUCCINELLA, N., Sacerdozio fonte di bene nell’individuo nella
famiglia, nella società, tip.G. Palladino, Bitonto 1930.
138
calunnia e il fischio della maldicenza, confida nel Signore”. E nei confronti del vescovo suggerisce obbedienza
incondizionata: “Grato nella costante, diuturna obbedienza ai suoi mandati. Non discutere i suoi comandi: sono
comandi di superiore e sono comandi di padre. Ricordati
che i superiori amano sempre i sudditi; i padri amano i
figli fino al sacrificio … Il vescovo è Cristo; e Cristo non
inganna ne addolora mai i suoi figli. Seguilo e difendilo
nelle buone e nelle avverse fortune. Il popolo ammira e
plaude ai sacerdoti fedeli al vescovo, fedeli fino alla
morte. L’unione con il tuo vescovo sarà la pruova del tuo
sacerdozio e della tua santa milizia”124.
Anche il sacerdote Michele Angarano per la stessa occasione, l’1/8/1932, fa riflettere sulla società il novello sacerdote Francesco Volpe: “Oggi la cristiana famiglia si
arricchisce di un nuovo ministro del Signore, oggi la
messe biondeggiante ha acquisito un nuovo giovane operaio …; troverai negli uomini tante seti. Sete di amore, di
felicità, di ricchezze, di piaceri; ma appressate le labbra a
questo calice che offre il mondo, essi ne ritraggono le
labbra con amarezza, delusi, con l’animo inappagato.
Troverai tra gli uomini pochi che abbiano sete di Gesù,
della sua giustizia, pochi quelli che abbiano della vera
sete che rende beati, perché in Gesù è l’amore, la felicità,
la ricchezza, il piacere che riempie totalmente il cuore e
lo appaga. Agli uomini delusi, amareggiati, tu additerai
Gesù, li stimolerai, li disingannerai, li spronerai verso la
vera felicità, la vera ricchezza, il vero amore. Troverai in
mezzo agli uomini l’odio, che minaccia corrompere la
compagine sociale, mille insidie che minacciano corrompere la santità delle nostre famiglie cristiane, mille insidie
tese alla virtù, e in tante coscienze troverai il marciume e
il fetore infernale del peccato e tu, divin sole della terra,
124
CALAMITA, F.P., Tre ricordi, tip. Garofalo e figlio, Bitonto 1930.
139
predicherai la legge dell’amore, il precetto nuovo di Gesù”125.
Il teologo Ruta Salvatore da Ruvo, in una minuta per la
medesima occasione, tiene il pergamo per il sacerdote
Michele Montaruli in S. Domenico il 4/8/1935 con il discorso “Quid et ad quid Sacerdos?”. Così si esprime:”Perché chiedono alcuni, perché tanto clamore a difesa del prete? Perché dare tanta importanza alla classe sacerdotale, al prete se esso altro non è in fondo che un
uomo come tutti gli altri? Si, il prete è uomo … Egli pure
sa e può dire: sono uomo e nulla di umano è da me alieno. Il sacerdote è uomo debole, fragile, fallibile, peccatore, circondato di miserie. E’ uomo il prete sì: ma non est
a se; non ha da sé usurpato l’onore del sacerdozio,
l’ufficio altissimo che lo glorifica. Fu insipiente e blasfemo il delirante grido di alcuni denigratori del prete che
dissero: perché Dio non ha assunto al sacerdozio gli angeli invece degli uomini, che ben spesso si rendono rei di
scandali? Ricordati o sacerdote, che tu non sei tuo, non
sei per te, ma sei il servo di tutti …; sicché non vi può essere movimento di rigenerazione vera, umanitaria, morale, spirituale, in cui il sacerdote non si trovi come nel suo
centro, nel suo naturale campo d’azione! Oggi il sacerdote non potrebbe svolgere tutto il suo ministero qualora
si tenesse pago di rimanersene nel presbiterio spettatore
impassibile di quanto avviene intorno e fuori, nel gran
mare agitato della società moderna: e facesse udire la sua
voce, la sua parola - sia pure zelante e ricca di santa unzione- soltanto dal pergamo. E compirebbe a metà e meno ancora il suo dovere se, dopo qualche ora di vita contemplativa, si limitasse a levare in alto le mani verso il
cielo pregando Iddio, ma non curante dei grandi interessi
che toccano tanto da vicino la vita degli uomini e come
cittadini e come credenti … Oggi più che mai il sacerdote
125
Documentazione minuta in mio possesso.
140
deve essere apostolo; egli è costretto (e dal suo zelo e
dalla voce obbligante dei suoi superiori che è voce di
Dio) costretto, dico, a confondersi senza però lasciarsi
(come dire?...) assorbire; deve andare al popolo, cercarlo
fuori quando il popolo non va più in chiesa, andargli incontro quando lo fugge; amarlo più intensamente quanto
più mostra di odiarlo …; se il sacerdote per una malintesa
prudenza se ne rimanesse tranquillo e indifferente, mentre giungono fino a lui grida di dolore imploranti aiuto,
difesa e conforto, egli sarebbe un vile, un traditore, un
servo iniquo e infedele!...Porto con me la forza di Dio,
egli può dire. Da circa 60 anni è stato il bersaglio di una
persecuzione feroce, di una guerra sleale e senza quartieri. Filosofi atei, serpenti verdi, rossi, neri, d’ogni nazione
coalizzati in un unico scopo, hanno combattuto il sacerdozio cattolico … e lo avrebbero cacciato anche dalle
Chiese (e lo han detto ad alta voce ) se la Provvidenza divina non avesse, nell’ora opportuna, ora di Dio, suscitato
(parlo dell’Italia) un uomo dal pugno di ferro e un pontefice straordinariamente grande (Mussolini e Pio XI).
Hanno rimesso nel dovuto valore ed onore i fattori spirituali e la libertà del ministero sacerdotale e della Chiesa
cattolica, onore e vanto della storia più gloriosa di Roma
eterna !...Il prete, intendetelo bene o fedeli, ed anche voi
o nemici, ha diritto alla vostra indulgenza, se a volte per
umana fragilità cade e si infanga “126.
126
Documentazione minuta in mio possesso.
141
VITA DEL CLERO IN SENO ALLA PROPRIA
COMUNITA’ SACERDOTALE
CONDIZIONAMENTI AMBIENTALI E STRUMENTI
DI VITA PIU’ COMUNITARIA ED EVANGELICA
Iniziamo col farci un'idea del tenore di vita del Clero.
Mons. Ferniani, da appena cinque mesi nella Diocesi di
Ruvo e Bitonto, fa un’indagine sullo stato economico del
clero per rispondere il 4/5/1923 alla richiesta del S. Congregazione del Concilio del 10/2/1923 prot. 1718. Egli
afferma per Bitonto, che “in generale il Clero non soffre
disagi perché il popolo offre discrete elemosine di messe
(non meno di lire 10 l’una)127 e in numero sufficiente al
bisogno, ed anche desideroso di procurare l’ufficiatura
delle Chiese parrocchiali e delle Chiese delle Congreghe.
Alcuni sacerdoti dal solo ministero non giungerebbero a
sopperire alle spese occorrenti al loro mantenimento e vivono con relativa tranquillità, perché godono di patrimonio famigliare. Non mancano però i casi in cui i sacerdoti
sono sottoposti a stenti e a sacrifici perché non si trovano
nelle suddette favorevoli condizioni. Alcuni di essi sono
o avanzati in età o malati. A Bitonto se ne contano 4 o 5
dei veramente bisognosi tra cui don F. Carbone (paralizzato), e don Michele Cicciomessere (impossibilitato al
ministero per difetto contratto alla gamba destra in seguito a caduta). Così i preti fuori numero, che sono 5 o 6 ,
e che vivono della messa e degli incerti risentono certamente del carovita” .
127
Anche Mons. Taccone, nel decreto del 22/4/1930 in Vita Religiosa,
(VIII°) 1930 n. 4. p. 42,conferma tale offerta come tassa diocesana: ”il
popolo- egli dice- suole dare quotidianamente ai nostri sacerdoti £.10
al minimo”.
142
Anche per Ruvo la situazione non è diversa se non peggiore. Risultano appena tre Vicarie e quattro Confraternite. Il vescovo nello stesso documento dice: ”Il movimento e le manifestazioni religiose sono meno accentuate; e minori proventi sono assicurati ai 30 sacerdoti, che
costituiscono il clero della Diocesi … Basti dire che le tre
Vicarie sono alla dipendenza del Capitolo, in cui risiede
la parrocchialità, il quale ha assegnato per i vicari la meschina congrua di £. 900… In qualche mese dell’anno
mancano le elemosine delle messe e torna gravoso al vescovo trovarle colle elemosine che sarebbero d’uso. I sacerdoti che sono sottoposti a privazioni, sono al presente
6 o 7 ; e principalmente:
1) Il can. arcidiacono della Cattedrale, Basile Gaetano, il
quale è stato per circa 15 anni delegato vescovile ed è
affetto da arteriosclerosi.
2) Il can. Paparella Domenico.
3) Don Michele Catalano.
4) Don Campanale Bernardino”128.
Un aiuto al problema economico non poteva venire dalle
binazioni delle sante messe. Negli atti di Curia del 1926
si legge: ”Le messe binate, tranne il caso che se ne sia
ottenuta dispensa, devono essere applicate ad mentem episcopi, il quale curerà che ciascun sacerdote binante abbia dalla Curia quel che gli spetta pro labore extrinseco
sulle celebrazioni ripetute”129.
Si ricorda in merito il canone 806 par. 2. Pur di riscuotere
l’incommodo per la binazione, i sacerdoti non ottemperavano alle disposizioni con scrupolosità. ”A rendere più
chiaro – si dice nel bollettino successivo - il nostro pensiero circa la facoltà di binare …, detta facoltà a cominciare da oggi, sarà concessa alle Chiese e non personalmente ai Rev. mi Sacerdoti … Quello su cui occorre insi128
129
In B.V.B.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 5, p. 34.
143
stere è il concetto che qui sono in gioco gli interessi spirituali del popolo e non altro”130. Nel 1928, si dice ancora,
che la binazione è possibile solo quando ”non vi sia nel
luogo alcun sacerdote libero o disponibile da invitare”131.
I suggerimenti pressoché inutili da parte della Curia,
spingono Mons. Del Buono a un Decreto non datato, in
merito: ” Visto l’abuso che s’è introdotto in alcune Chiese di Bitonto circa la binazione delle sante messe e la inutilità dei precedenti richiami “, si stabilisce al n.2 che
“sono proibite le S. binazioni (anche l’unica Messa) nelle
Cappelle del Cimitero e negli Oratori privati quocumque
ex pretextu , eccetto che per il Cappellano comunale, anche nei giorni festivi di duplice precetto e nelle domeniche”. E al n.4 si dice che resta a cura dei Parroci e Rettori
chiedere personalmente la facoltà di binare “e nelle feste
di doppio precetto e nelle domeniche”. ”Tale decreto vogliamo che venga osservato sub poena suspensionis a
celebratione missae ad tres dies ipso facto incurrenda”132.
Anche i Vescovi non versavano in migliori condizioni
economiche, tenendo conto dell’azione sociale a favore
delle varie istituzioni diocesane che ogni Vescovo doveva
espletare. Nella relazione che il delegato vescovile di Ruvo teologo Ruta Salvatore (nominato da Mons.Tosi) fa al
nuovo Vescovo Ferniani il 20.6.1992, prima che questi
prenda possesso delle Diocesi, si espone lo stato finanziario della Mensa vescovile di Ruvo. Così si esprime: “La
rendita iscritta è di £.2.380; i censi e i canoni rendono annue circa £.652; i frutti di case e fondi constano £.1.335.
In totale £.4.367. Inoltre la Curia dal 1921 in media frutta
£.4.000 (al massimo). In uno fanno £.8.367. Di esiti sui
primi tre cespiti, circa £.1.500. Approssimativamente e
variabile il totale netto è di £.6.867. E ciò solo per Ru130
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n .6, p. 47.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 11, p. 82.
132
In B.V.B.
131
144
vo”133. Mons.Ferniani non se ne lamentò ufficialmente,
ma Mons.Del Buono nella lettera del 18.12.1926 alla Sacra Congregazione Concistoriale, (riportata nel capitolo
“Stato e Chiesa” di questa trattazione) in termini molto
chiari presenta al Cardinal De Lai la sua posizione precaria. Per migliorare la propria situazione, il Vescovo ne
aveva parlato ad un suo sacerdote, Daniele Cepollaro, Ufficiale della Sacra Congregazione dei religiosi perché a
tempo debito ne facesse parola a chi di dovere. In una
lettera del suddetto Sacerdote a Mons.Del Buono il
22.1.1927, che riporta un colloquio avuto col Cardinal
Vicario, si legge: “Gli ho risposto che ella si trova bene
in tutto meno sul fatto economico e gli ho, a questo proposito, esposto la situazione economica della Mensa vescovile; tanto che egli sorridendo ha concluso: allora stava meglio a Bari!”134. Il Vescovo, proprio perché egli
stesso versava in non facili condizioni economiche, cercava di comprendere anche episodi piuttosto incresciosi
di vita pastorale. Il 19.2.1927 rivolto al Parroco di S. Spirito a mare sac. Michele Lamacchia dice: ”Caro parroco,
mi dispiace la notizia che mi perviene del mortino La
Calamita, mandato a seppellire senza benedizione e senza
accompagnamento funebre per motivo, mi si dice, di interesse. E’ questo uno di quei casi pietosi in cui l’intervento
del Parroco può accaparrargli la benevolenza dei suoi figliani, e viceversa l’assenza, tutte le critiche dei malevoli
e dei benevoli. Le raccomando in casi simili una condotta
più consona al nostro santo ministero e più disinteressata.
La carità non si fa di solo pane, ma con ogni parola e con
ogni atto che faccia splendere in mezzo al popolo la luce
di Gesù Cristo, di cui il Sacerdote continua la santa mis-
133
134
Documentazione in B.V.B.
In B.V.B.
145
sione. Capisco tutte le scuse e tutte le attenuanti, ma queste non ci salvano al cospetto di Dio”135.
Sulle precarie condizioni economiche influiva il numero
crescente ed eccessivo di Sacerdoti. Il Teologo Ruta nella
relazione a Mons. Ferniani del 20.6.1922 annota che il
Clero di Ruvo “consta di circa 30 Sacerdoti nella maggior
parte giovani”.
Nella relazione per l’annuario 1923, Mons. Ferniani conferma tale numero, ne dà con certezza 31 elementi per
Ruvo che conta 30.000 abitanti e per Bitonto afferma di
poter disporre di 52 Sacerdoti secolari e 6 Sacerdoti regolari su una popolazione di 36.000 abitanti. Negli elenchi del Clero tratti dalle conferenze mensili, il numero dei
sacerdoti rimane pressoché stazionario se non in aumento
nel tempo che ci riguarda136.
A Mons. Del Buono giungeva una lettera dell’Arcivescovo di Zara, Pietro Donno Munnzann il 5.9.1927
prot.1007, che in un primo tempo non trova sacerdoti disposti a recepirla forse perché troppo legati all’ambiente:
“Ora il Rev/mo Mons. Rettore mi ha detto che Vostra eccellenza, commosso al sentire le tristi condizioni di questa Diocesi sarebbe disposto di farmi la carità di cedermi
qualche sacerdote. Io ringrazio Vostra eccellenza per
tanto favore e La prego di aiutarmi. Il Signore La volle
consolare di un Clero numeroso e di un Seminario frequentatissimo. Ella dunque eccellenza, può aiutare questa
povera Diocesi col prestarmi, se non può cedermi, uno o
due Sacerdoti…; mi basta che siano virtuosi, di buon spirito”137.
La Curia a nome del Vescovo scriverà sul bollettino ufficiale: “Qualche Sacerdote che volesse fuori Diocesi tro135
In B.V.B.
In B.V.B.
137
In B.V.B.
136
146
vare un impiego presso Parrocchie, seminari o altre Istituzioni del genere può rivolgere domanda al nostro Vescovo”138. Sarà Mons.Taccone che tenendo conto di questo invito, disponendo di un numero eccessivo di Sacerdoti e in precarie condizioni, darà il suo benestare al novello Sacerdote Francesco Volpe. Per facilitare la soluzione del problema economico, più volte nelle disposizioni episcopali si ricorda ai titolari di Chiese di far celebrare ai propri confratelli le intenzioni di Messe in sovrannumero di cui disponessero. Si proibisce loro di binare senza vera necessità liturgica e senza previo assenso
della Curia. Inviti spesso andati a vuoto se la Curia a nome del Vescovo Taccone il 17.3.1931 rendeva noto che
“di ordine di S.E. Mons.Vescovo diffidiamo i Rev/mi
Sigg.ri Sacerdoti dal mandare Messe fuori Diocesi, sotto
pena di sospensione a divinis”139. Il problema economico,
i Vescovi avevano pensato di risolverlo con la fondazione
di una casa comune per il Clero; avrebbero in tal modo
posto tutti i Sacerdoti nelle stesse condizioni, con una
vita comunitaria atta a liberare il Clero dagli interessi familiari, per una disponibilità ministeriale più valida. Tale
soluzione gli stessi Vescovi la prospettavano solo per gli
Ordinandi o il Clero giovane ritenuto più idoneo a recepire le nuove istanze. Nella Conferenza episcopale pugliese
dell’aprile 1923 si discusse il problema e si redasse un
transunto. Al n.14 si dice:” Per rassicurare i frutti della
educazione compiuta nel Seminario, e dopo discussione
seria e serena, a cui tutti gli ecc.mi parteciparono, la conferenza unanimemente fa voto che in ogni Diocesi sorga
una Casa per il Clero dove si cominci ad attuare la vita
comune, trattenendo specialmente i giovani Sacerdoti.
Che anzi si è creduto opportuno sottoporre
all’approvazione del S. Padre la formula di giuramento“.
138
139
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.10, p. 75.
In B.V.B.
147
Se ne riporta la dicitura: ”…D’intesa con i miei genitori i
quali si sottoscrivono con me, mi obbligo di mettermi per
un quinquennio della mia ordinazione a speciale disposizione dell’Ordinario della mia Diocesi circa la dimora,
l’esercizio del ministro ecclesiastico ed il metodo di vita
senza opporre difficoltà di sorta. Il Cardinal Bisleti, Prefetto della Sacra Congregazione dei Seminari, in data
Roma 16.11.1925 prot. 318 comunica a mons. Ferniani
circa le formule,che “non stimando opportuno che si deferisse alcun giuramento agli ordinandi” si ritiene sufficiente l’osservanza dei canoni 127 e 128 circa la vita dei
Sacerdoti e che anche in vista dei benefici pecuniari che
hanno ricevuto e ricevono durante il Seminario, gli ordinandi “debbano emettere all’inizio del Corso teologico
una solenne promessa di stare per un quinquennio … a
speciale disposizione dell’Ordinario circa la dimora,
l’esercizio del ministero ecclesiastico (non escluso
l’Ufficio di prefetto in Seminario) ed il metodo di vita
comune: promessa il cui scioglimento, durante il quinquennio è riservato alla Santa Sede”140.
Ulteriori notizie in merito alla Casa del Clero le dà il Vescovo Ferniani in data 14.2.1924 in risposta al foglio
della Sacra Congregazione Concistoriale prot. 833/23 in
cui la Santa Sede si preoccupava di far nascere nel Clero
già in cura d’anime almeno le case canoniche:
”L’oggetto, di cui sono tenuto a presentare relazione a
codesto Sacro Dicastero, è dei più penosi per me, che da
poco tempo mi trovo nelle Puglie, ove tanta penuria di
locali si verifica e, vengo da luogo ove la sufficienza o
l’abbondanza di locali adiacenti alle Chiese permette uno
svolgimento largo e pieno di vita cristiana”. Dopo aver
parlato per Ruvo della impossibilità di abitazione canonica per “i rispettivi vicari”, dopo aver chiamato
“semplicemente utopistico “voler accogliere fondi per e140
In B.V.B.
148
rigerle dove il terreno adiacente le Chiese lo permettesse,
c’è solo da augurarsi che qualche locale sia adibito per le
opere cattoliche.
Anche per Bitonto le cose non cambiano. Solo la Parrocchia di S. Giorgio “potrebbe fabbricare o acquistare locali
ad uso di canonica, dati i lautissimi proventi del Santuario dei SS. Medici, che ha sede nella Chiesa parrocchiale”. “Il costo delle fabbriche – continua il Vescovo -, le
tariffe di costruzione, il prezzo dei terreni a scopo edilizio, raggiungono a Ruvo e a Bitonto alte, fantastiche cifre
come nei grandi centri … Per quanto l’ultimo sinodo di
Mons. Luigi Bruno (1889) comandi che il Parroco resideat in paroeciae ambitu nec ab ea quovis praetextu aut
quaesito colore, abesse audeat, sub poenis per sacros canones severe indictis, tuttavia sia perché le famiglie o i
Sacerdoti stessi possiedono casa propria, o per le grandi
difficoltà che da vari anni si sono create per la crisi delle
abitazioni, i Sacerdoti che hanno cura d’anime abitano
anche fuori dei confini delle Parrocchie stesse e in qualche caso molto lontane dalle Chiese parrocchiali. Conseguenze dannosissime provengono da questo stato di cose.
I Sacerdoti, innestati nelle loro famiglie, nella comunione
o fusione degli interessi, se vivono senza preoccupazioni
finanziarie, non sanno elevarsi a quella santa indipendenza che è la base dello zelo sacerdotale. Lo scrivente che
venendo da luoghi, ove la Canonica è centro di vita spirituale e sociale, non ha mancato in varie circostanze di
fare rilevare ai suoi sacerdoti la opportunità o necessità
che il Parroco abbia accanto alla Chiesa una abitazione
propria, che sia come un secondo santuario, ove eserciti,
con evangelica indipendenza la missione di consigliere e
ispiratore di buone opere, ha compreso che gli usi e le
circostanze locali hanno formato uno stato psicologico,
che sarà difficile superare. I Sacerdoti hanno formata una
tale mentalità, da non capire come lo spirito sacerdotale
ha bisogno di un ambiente proprio per mantenersi e svi-
149
lupparsi”. Soffermandosi sull’Azione Cattolica “riesce
difficile - egli dice - fare appello alla generosità dei parroci e, quelli che sono zelanti in realtà spesso non possono affrontare o mantenere le spese, che poi un movimento cattolico anche ridotto esige. L’essere poi i parroci
gli eterni figli di famiglia, incastonati nelle case dei loro
consanguinei, produce uno stato di spirito e di coscienza
che tarpa le ali alle iniziative sante e generose”. E ancora:
”Il Parroco col sistema attuale scioglie ottimamente la
questione del proprio mantenimento, con lo stare unito
alla famiglia, la quale generalmente benestante e si tiene
onorata di avere un Sacerdote in casa, ma che nulla gli
somministrerebbe, se esso vivesse separato in una propria
abitazione“.
Conseguenze: “Apertura delle Chiese per poche ore della
giornata, Messa quotidiana in ora troppo tardi, poca assiduità al confessionale, assistenza dei malati, specie di
notte, trascurata o incompleta”141.
Sotto Mons. Del Buono la questione dell’abitazione del
Clero fu risollevata. Esiste in biblioteca vescovile una
minuta non datata in cui il Vescovo chiede a Sua Santità
la casa canonica per S. Spirito e Mariotto.
Nell’ impossibilità di poter realizzare qualcosa in Diocesi
circa la casa Clero, i Vescovi ripetutamente stimolano i
Sacerdoti ad aiutare economicamente l’istituzione della
casa del Clero di Bisceglie (Bari) per assicurare un luogo
comune dove i Sacerdoti potessero risiedere
nell’impossibilità di esercitare il loro ministero. Nel Bollettino ufficiale 1926, tra gli atti di Curia, si dice: ”Si è
fondata in Bisceglie, per iniziativa di quel molto Rev /do
Parroco Don Uva la Casa del Clero, di cui specie nel
mezzogiorno d’Italia, si sentiva tanto bisogno. Ad arredarla, il S. Padre vi concorre con la somma di £.15.000,
141
In B.V.B.
150
mentre il resto Egli lascia alle cure del Clero meridionale
… Il popolo e il Clero vi concorrono anch’essi; il primo
con una colletta da raccogliersi nelle Chiese in una domenica del 1927, da stabilirsi; e il secondo con una offerta di £.5 per ogni Sacerdote semplice e £. 10 per ogni
parroco o canonico”142.
Nel 1928, nel Bollettino ufficiale si dice in proposito:
"Non si sa mai dove si va a finire a questo povero mondo,
ed è sempre bene avere a disposizione una cassa ed una
casa”143.
Ciò che in Diocesi si riuscì invece a realizzare, fu
l’incremento e revisione data a un circolo ecclesiastico
già esistente da lunga data: iniziativa comunitaria per
cementare l’unità del Clero. L’Associazione era denominata Pio X con relativo Statuto che risaliva al 1908. Le
principali finalità erano: ”Art.2: scopo dell’Associazione
è di difendere e di promuovere gli interessi religiosi e sociali. Art 3: d) fonderà e incoraggerà istituzioni economico sociali dirette a promuovere nei limiti della giustizia e
della carità cristiana, il miglioramento di tutte le classi
sociali. e) Col permesso dell’Autorità ecclesiastica,
quando sarà opportuno, si interesserà delle elezioni amministrative e politiche, promuovendo candidature di
uomini probi e veramente cattolici, scelti proporzionalmente da tutte le classi sociali. Art. 10 d) Di osservare i
deliberati dell’Assemblea e di serbare assoluto segreto su
tutto l’operato del circolo, sotto pena di essere puniti a
discrezione del Consiglio Direttivo”144.
Tale Circolo aveva pian piano perduto la sua vitalità e nel
Bollettino ufficiale del 1924 sotto Mons. Ferniani, si
142
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.12, p.98.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 10, p.73.
144
Statuto del Circolo Ecclesiastico Pio X di Bitonto, tip. vescovile,
Bitonto 1908.
143
151
parla di “ricostruzione” con fini più specifici: ”Essere uniti e istruirsi sempre più a edificazione del popolo”145.
I vescovi dovettero convincersi degli usi locali e dello
stato psicologico del Clero. Ridussero quindi la loro attività a incrementare la vita di formazione culturale e spirituale dei Sacerdoti. Che una parte del Clero amasse gli
studi, ne è testimonianza la relazione di Mons. Ferniani
per l’annuario delle Diocesi e del Clero d’Italia del 1923,
dove risultano per Ruvo 7 laureati in Teologia e 1 in
Lettere; per Bitonto 5 laureati in Teologia e 5 in altre discipline di cui uno solo insegnava in Seminario146.
Amore quindi alla cultura ma più per spirito
d’indipendenza e di autosufficienza e di carriera sacerdotale che per disponibilità maggiore e più valida al proprio ministero.
Il Vescovo, quindi oltre ad infondere in tutti l’impegno
culturale doveva far sì che questo avvenisse in forma comunitaria ministeriale. Il Sacerdote dott. Benedetto Lovascio, nel suo elogio funebre tenuto nella Chiesa del R.
Orfanotrofio “Maria Cristina di Savoia” il 26.6.1925 in
proposito, ci riporta che Mons.Ferniani “non permise che
i suoi Sacerdoti lasciassero sepolti sotto la polvere i libri
di teologia dogmatica e morale, i sacri canoni, la liturgia
… ed istituì la conferenza mensile non solo per risolvere
a sorte, come è prescritto, un caso di morale e di liturgia,
ma anche per svolgere a turno, una tesi di dommatica e
commentare il Diritto canonico … Volle presiedere sempre lui queste adunanze…”147.
Veramente le conferenze mensili erano state già istituite
sotto l’amministrazione apostolica di Mons. Eugenio Tosi, con notificazione firmata dal delegato episcopale per
145
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.3, p.27.
In B.V.B.
147
Lovascio, B.,Orazione funebre per Mgr. P. Ferniani, vescovo di
Ruvo e Bitonto, tip.Garofalo e figlio,Bitonto 1925, p.8.
146
152
Bitonto Mons. Can. Michele Piluscio l’11.11.1921:
”Convocazioni per la soluzione di casi morali e liturgici,
e per la trattazione di una conferenza libera d’indole ascetica”. Ma è giusta anche l’asserzione del Sacerdote
Dott. Lovascio perché sistematicamente le conferenze
mensili ebbero luogo sotto Mons. Ferniani che si fa sollecito in ogni Bollettino avvisare il Clero per non far mancare la propria presenza. Come se ciò non bastasse, il Segretario vescovile Sac. Carlo Bandini, d’ordine del Vescovo, richiama i Parroci delle frazioni di S. Spirito, Palombaio e Mariotto con lettera del 18.11.1924, invitandoli a ritirare dalla Curia i casi morali e di darne soluzione per iscritto “d’ora in avanti” a Sua Eccellenza148. Le
conferenze mensili volute dal canone 131, si sospendevano nei mesi estivi per riprendersi in ottobre. Il Bollettino
ufficiale notifica ai Sacerdoti :” Col ritorno dell’autunno
torneremo noi pure a raccoglierci nelle ore serene di studio e di lavoro, e torneremo, se Dio vuole, a rivederci più
da vicino, e, speriamo di affiatarci anche di più nella carità per farci del bene e fare del bene”. Le adunanze
“saranno assistite da Mons. Vescovo (Del Buono Domenico) o da un suo delegato. Ne daremo sul Bollettino
stesso un mese prima i temi da studiare“149.
Quando nel 1932 fu sospesa la stampa del Bollettino Ufficiale, Mons. Taccone continuò a stampare per il clero di
Ruvo e Bitonto degli opuscoli con 10 casi morali in latino
e 10 liturgici in italiano come argomenti da trattare
nell’anno, nelle conferenze mensili. Ci sono pervenuti
quelli del 1936 e del 1937. Contemporaneamente si provvedeva con fermezza ad attuare il canone 130 del codice
di Diritto Canonico. Il vescovo Ferniani diede disposizioni tassative circa l’esame prescritto per i sacerdoti che
148
149
In B.V.B.
Vita Religiosa. (IV°) 1926 n .8, p. 75.
153
avevano compiuto il corso degli studi teologici dopo il
1918150.
Si invitano i sacerdoti ad assoggettarsi quanto prima. Se
ne danno i programmi d’esami di cui ne riportiamo qualcuno. Per il 1924: Dommatica: De Deo Uno et Trino,
Morale: De praeceptis decalogi: S. Scrittura : Sinossi e
commentario del Vangelo di S. Matteo; Storia Ecclesiastica : Medio Evo dal 692 al 1517151.
Per il 1925: Dommatica: De vera religione; De ecclesia;
De fontibus theologicis; Morale: De ultimo fine, De actibus humanis; De coscentia; De peccatis et vitiis; Diritto
Canonico: Liber II°; S.Scrittura: Historia canonis veteris
et novi Testamenti; Storia Ecclesiastica: Dall’editto di
Milano al concilio Trullano (313- 692)152.
Anche sotto Mons. Del Buono, la Curia avvisa i sacerdoti per gli esami triennali e se ne dà il programma di
Dommatica, di Morale, di Diritto Canonico, di S. Scrittura di Storia Ecclesiastica153.
Il vescovo Ferniani provvede ad incrementare anche la
vita spirituale del Clero invitandolo a raccogliersi annualmente in luoghi di preghiera per una revisione della
propria vita. Il 27 settembre 1923 decretava :
”Desiderosi che il nostro Clero si avanzi sempre più nella
via della perfezione, lo invitiamo a raccogliersi nei santi
spirituali esercizi nella casa dei Padri del Preziosissimo
Sangue in Santeramo, durante il prossimo mese di ottobre
… Ci auguriamo che in questi santi spirituali esercizi la
voce del Signore si faccia sentire sempre più vivamente
nel cuore di tutti, e con le sue grazie, ci aiuti a compiere i
doveri imposti a ciascuno di noi, secondo il grado, sì che
il giorno di Dio sia soave, ed ogni peso, per amor suo sia
150
Vita Religiosa, (I°) I923 n.1, p .8.
Vita Religiosa, (I°) I923 n. 6, p. 43.
152
Vita Religiosa, (III°) I925 n.3, p.52.
153
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n .5. p.34.
151
154
lieve”154. Durante gli esercizi spirituali i sacerdoti erano
tenuti a ricevere il sacramento della penitenza e a farsi
rilasciare un relativo attestato155.
Spesso nel Bollettino ufficiale si fanno conoscere ai sacerdoti le diverse sedi degli esercizi spirituali. "Noi intanto, pur lasciando libero ognuno di scegliere quella casa
religiosa che crederà più opportuna allo scopo, desideriamo solo che coloro cui spetta quest’anno il turno degli
esercizi, testifichino in Curia, non più tardi di dicembre
p.v., d’aver adempiuto al proprio dovere “in base al canone 126156.
Gli esercizi spirituali erano ritenuti fondamentali per la
vita ecclesiastica. Il Vice Cancelliere sac. Fornelli
l’1/5/I932, a nome della Curia di Bitonto, ordina, sotto
pena di sospensione a divinis, di fare gli Esercizi spirituali alla casa dei Preti della Missione a Bisceglie, al canonico Don Nicola Cuccinella. Il Clero si raccoglieva anche in ritiri spirituali mensili. Venivano invitati a tenerli
sacerdoti extradiocesani e diversi volta per volta157.
Si pensò che solo nel lavoro comune e ben organizzato
poteva incentivarsi il desiderio di una vita comune. Il
Clero diocesano, prima di Mons. Ferniani, non aveva
compiti precisi e la partecipazione al Ministero del vescovo avveniva in modo partigiano e caotico non essendoci uffici ben definiti con rispettive nomine. Il
26/1/1923 il vescovo provvide - scrivendo all’arcidiacono
F. P. Calamita - a costituire il consiglio di amministrazione in base al canone 1520 del Codice. Il 28/2/1922 nomina gli esaminatori prosinodali e il Consiglio di amministrazione. Il 14/3/1923 prot. 236 istituisce il Collegio dei
Giudici prosinodali a norma del canone 1574 del codice;
154
In B.V.B
In B.V.B
156
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.7, p. 58.
157
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 3/4/5/, p. 28.
155
155
nomina anche i relativi giudici. Tali costituzioni e nomine
avvennero in date diverse e prima che l’ufficio di redazione dell’Annuario delle diocesi e del Clero d’Italia richiedesse una relazione in merito in data 10/8/1923. Il
vescovo rispose con prot. 433.
In detta esposizione, risultano al completo per le 2 diocesi l’Officiale del Tribunale Ecclesiastico, i Giudici prosinodali tra cui il Promotore della giustizia e Difensore del
vincolo, gli esaminatori prosinodali, il Consiglio di amministrazione, i Censori dei libri, il Consiglio di vigilanza, la commissione per l’arte sacra, monumenti e documenti, la commissione per musica sacra e canti, la commissione per il culto eucaristico, la commissione per
l’istruzione catechistica, un incaricato diocesano per
l’Azione Cattolica di Ruvo, un assistente ecclesiastico e
un maestro della scuola di propaganda a Bitonto. Si aggiungono poi i parroci consultori per le due diocesi. Infine il Vescovo presenta come delegati vescovili mons.
can. Teol. Ruta Salvatore per Ruvo e mons. can. Michele
Piluscio per Bitonto. A questi ultimi, come ad altri erano
affidate diverse mansioni. Il teologo Ruta, per esempio, è
anche officiale del Tribunale Ecclesiastico, censore dei
libri e membro della commissione per l’istruzione catechistica. Mons. Piluscio Michele è anche membro della
commissione tridentina per il seminario, fa parte del consiglio di vigilanza. Importanza di maggior rilievo veniva
attribuita a Bitonto all’arcidiacono Calamita e al teologo
Ferrante. Alle varie commissioni non partecipavano i
mansionari del capitolo cattedrale e sacerdoti semplici.
Su 31 sacerdoti semplici a Ruvo, ben16 non partecipavano ai vari organi pastorali né a Vicaria alcuna.
Su 52 sacerdoti nella diocesi di Bitonto ben 31 non facevano parte né delle commissioni, né avevano vicarie o
Parrocchie158.
158
In B.V.B.
156
Dalla relazione esposta, nemmeno Mons.Ferniani riuscì
ad evitare una certa partigianeria anche se non isolò affatto gli artefici più immediati del discusso Mons. Berardi
suo predecessore. Da Mons. Ferniani a Mons. Taccone, le
commissioni costituite resteranno pressoché tali.
157
IL CLERO IN GENERE
Sotto l’amministrazione apostolica di Mons. Tosi, vescovo di Andria (BA), poi cardinale di Milano, il can. Michele Piluscio, delegato vescovile per Bitonto, scrive ai
parroci e ai rettori di Chiesa in data 11/2/1922 circa la
tonsura: ”Con nostra meraviglia abbiamo constatato che
si va lentamente introducendo nella diocesi da parte di
alcuni sacerdoti, la riprovevole abitudine di non portare la
tonsura … pertanto ordiniamo ai rev.mi parroci e ai rettori di Chiese sotto pena di sospensione per tre giorni, ipso
facto incurrenda, che non si permetta a qualsiasi sacerdote che non porti la tonsura, la celebrazione delle Messe,
nè la partecipazione ai divini uffici”.
Il provvedimento non trova in tutti il dovuto riscontro se
il vescovo P. Ferniani fu costretto a ritornare
sull’argomento in data 30 /7/1923 prot. n. 87 con una
lettera indirizzata allo stesso can. Piluscio159: ”Con mio
sommo dispiacere devo comunicarle che don Michele
Fiore durante buona parte dell’anno scolastico u.s.,in cui
ha insegnato nelle regie scuole di Cagli, ha indossato
l’abito secolare, non ha portato la tonsura, nè ha celebrato
la S. Messa celando il suo stato religioso in molte maniere. La prego caldamente …esprimergli la mia profonda
amarezza per questi suoi portamenti…; lo preghi caldamente a riflettere sulla mia longanimità che ora sarebbe
con gravame della mia coscienza continuare; …gli imponga di radersi la chioma in modo da rendere visibile la
tonsura ; … se non vi ottempererà entro 10 giorni dalla
data della comunicazione della presente, sarò costretto a
sospenderlo nominalmente dalla celebrazione della
S.Messa”.
159
Delegato vescovile sotto Mons. Ferniani, dall’ 11/5/1923 in occasione di una partenza del vescovo a Roma (in B.V.B.)
158
Il delegato vescovile Michele Piluscio interviene il
15/4/1922 presso la badessa del monastero “Le Vergini”
per regolare il rapporto tra i sacerdoti bitontini e le suore.
”Con la presente raccomandiamo vivamente – egli dice –
alla S.V. grande diligenza e rigorosità scrupolosa per le
visite al parlatorio dei sigg. Sacerdoti. Più volte abbiamo
richiamato l’attenzione della S.V. su questo importante
punto di regola; ma con dolore abbiamo constatato che le
nostre preghiere non sono state in nessun modo accolte
ed eseguite. E’ necessario, si sappia, che i sacerdoti i
quali si presentano alle grate senza il dovuto permesso
rimangono, ipso facto, sospesi dalla celebrazione della
S.Messa. Su questo punto non poche volte abbiamo usato
una larga generosità. Però ciò che è frutto di bontà, non
vorremmo fosse ritenuto indizio di infigandargine o di
trascuratezza nell’adempimento dei propri doveri”160.
Nel Clero c’era chi voleva eliminare tutto ciò che potesse
essere distinzione sacerdotale, ma non mancava chi abbondava in segni dignitari anche non dovuti. Lo stesso
delegato vescovile, rivolto al clero il 7/7/1922, fa noto:
“L’uso del rocchetto, negli accompagnamenti funebri è
solo di diritto esclusivo dei parroci titolari. (Occorre) eliminare una riprovevole consuetudine.
Inoltre a norma del canone 136 par.2, pena la sospensione
dalla celebrazione della Messa, ai sacerdoti non forniti di
speciale privilegio ovvero non aventi alcun diritto, è
proibito l’uso dell’anello”.
In seno al Clero nascevano discussioni circa la giurisdizione sulle anime che toccava anche il problema economico. Il sac. Benedetto Lovascio si rivolge
all’amministratore apostolico Mons.Tosi il 9/1/1922 dicendo che il parroco don Nicola Perrini “ solo per volgare
bramosia di oro, ha dimenticato per la decima volta che
anche le case religiose hanno un cappellano che lavora
160
In B.V.B.
159
come un curatore di anime … In altri tempi per la medesima causa vi si è appellato senza aver avuto l’onore di
una risposta”. Nemmeno questo ricorso ebbe esito alcuno
se il medesimo sacerdote il 22/5/1922 ricorre alla Curia
per il medesimo fatto e in termini più precisi: ”Il cappellano del R. Orfanotrofio Maria Cristina di Savoia, ancora
una volta ricorre alla S.V., e protesta contro l’abuso di
potere del parroco del rione perché essendosi dato un altro funerale in detto Istituto, il sig. don Nicola Perrini,
non solo ha preso per sé ciò che è dovuto al cappellano
contro l’ultima tabella dei diritti parrocchiali, ma anche
non ha riconosciuto lo scambio di quel sacerdote che doveva rappresentarlo.”
Le funzioni liturgiche remunerative suscitavano beghe
fraterne: l’amministrazione non lucrativa di certi sacramenti era invece piuttosto trascurata e causava talvolta
lamentele nel popolo. Ne è testimonianza una lettera a
mons. Ferniani dell’11/8/1922 contro il parroco Giuseppe
Tarantino che si rifiutava di amministrare i sacramenti a
un moribondo, cacciando la figlia e apostrofando in malo
modo l’interposta persona che si firma nella missiva.
Una visione più completa della vita del Clero e dei relativi umori esistenti, la si può dedurre dell’anagrafe del Clero di Bitonto e dai rispettivi suggerimenti chiesti da
Mons. Ferniani. Bisogna valutare il tutto alla luce di un
governo piuttosto severo e partigiano di Mons. Pasquale
Berardi e di un’amministrazione apostolica, altrettanto
lacerante, di Mons. Tosi, pronto a riabilitare gli oppressi
e a deporre i pupilli del precedente episcopato.
Il Teol. Ruta Salvatore nella sua relazione come delegato
vescovile sotto Mons. Tosi, con lettera inviata a Faenza il
20/6/1920 a Mons. Ferniani, aveva già espresso il suo
pensiero in merito alle future richieste di quest’ultimo : ”
Esiziale per il vescovo o il popolo sarebbe certamente un
sistema di governo che ponesse a programma il divide et
impera d’infausta memoria! Questa diocesi aspetta il Pa-
160
dre, il Pastore, la figura di Cristo”161. E per il brindisi al
pranzo ufficiale per l’ingresso del Ferniani in diocesi, lo
stesso sacerdote ci lasciava questa minuta il 12/11/1922:
”Forse è vero che questo lembo dell’adriatico è a volte
irrequieto; forse porta ancora qualche traccia di tempestas valida. Ma noi non siamo modicae fidei. Or che nella
navicella di questa diocesi il timone è retto da un altro
Cristo, impersonato nel gran figlio della forte gentile
Romagna, sentiamo la massima fiducia che Ella Mons.
Ecc.mo, dalla mente acuta e dalla mano sicura, dominerà
i venti e i flutti et fiet tranquillitas magna! Comprendiamo bene che la necessaria e sospirata calma non può
pretendersi che venga con entrate in scena improvvisate,
ne con sbalzi entusiastici del momento. Certa la impresa
di reggere una diocesi è difficile e complessa: ma alla
Eccellenza Vostra non manca rara e paziente perizia, dopo la esperienza di ben quattro lustri di ministero parrocchiale “162.
II can. Vincenzo Cerrotti, arciprete, il 18/11/1922 così
scriveva: ”Chiamato da S. E. Mons. Berardi ad occupare
la Curia Vescovile, ho osservato puntualmente quanto egli ha ordinato per tale delicato ufficio, che ho mantenuto
per circa 20 anni fino al 12 ottobre 1921, quando venuto
qui l’amministratore ne fui da lui deposto. Nella qualità
di delegato vescovile, passai grave pericolo di vita il dì
20/3/1919, quando andavo a prendere la consegna della
Chiesa parrocchiale di S. Leucio, di dove era stato deposto quel parroco …Sarei stato sacrificato da immensa
marmaglia di donnacce”.
II sac. Saverio Francesco Fornelli, parroco di S. Giorgio,
Santuario dei santi medici e nemico di Mons. Berardi
scrivendo a Mons. Ferniani, sempre per l’anagrafe e suggerimenti, dice :”Intanto da ieri sono in pensiero se avessi
161
162
In B.V.B.
Documentazione minuta in mio possesso.
161
o no segnalato col lapis rosso il nome del sacerdote Murgolo . Se non lo avessi fatto tengo a dichiarare all’ Ecc.
Vostra Ill.ma che costui è un litigante e, nel caso in ispecie, era un rivale a forza, un prepotente;… è un tipo evitante”.
II primicerio teol. Cepollaro Daniele, laureato in teologia,
professore di canto gregoriano, musica e lingua francese
nel seminario, partecipe della cerchia avversa a Mons.
Berardi, a seguito di Mons. Tosi nella sua amministrazione apostolica, suggerisce a Mons. Ferniani il 25 /11/1922
quanto segue:
1. Nel Rev.mo Clero occorre ravvivare lo spirito della
pietà, il senso delle responsabilità, il rispetto della
legge e reciproco.
2. Gli attuali ufficiali della Rev. ma Curia per le moltissime prove date di insufficienza, di orgogliosa ignoranza o non curanza dei SS. Canoni, di partigianerie e
di disprezzo di persone in dignità costituita a loro superiore non riscuotono stima e fiducia. Qualche loro
difensore fu qualche privilegiato e favorito.
L’Eminenza, il card. Tosi li avrebbe esautorati se
l’amministrazione fosse durata più a lungo…
4. Allo scopo di far risaltare la propria persona, con e
spesso senza motivi, non si fa scrupoli di ricorrere ad
ogni mezzo, anche alla calunnia, mediante anonimi e
per interposte persone anche borghesi.
5. Il vizio dominante in questa diocesi è la slealtà, la
doppiezza, il tradimento. Spesso un atto di plagio non
è altro che un agguato pre-meditato in un complotto.
Tuttora i complotti si organizzano, onde formare una
camerilla intorno all’Ecc.ma Persona del Vescovo, per
trascinarla dolcemente ad atti favorevoli, a scopi reconditi e personali …
Questi semplici accenni, qualora S.E. lo crederà opportuno, il sottoscritto è pronto a chiarire e documentare”.
162
Il Sac. Cicciomessere Michele scrivendo il 27/11/1922
dice: ”Se volessi fare le mie giuste osservazioni, più che
un foglio scriverei un libro, e lo affiderei alla stampa,
perché il popolo è bene, alle volte, ed il più delle volte,
che sappia ciò che non deve ignorare. Ma il passato è
passato, e da noi sacerdoti di Bitonto uopo è, che si guardi bene al presente, e si pensi bene all’avvenire. Tengo a
farle notare, che ho lavorato come meglio ho potuto per
Dio, per la Chiesa, per il popolo, ed il premio giusto, più
che a me è stato concesso ai soliti cinque o sei preferiti…”.
Il sac. Antonio Buquicchio, missionario apostolico Cappuccino nel Chili fa le sue osservazioni l’1/12/1922. Presenta il vescovo Berardi come attaccato al denaro per la
fondazione dell’Istituto S. Cuore. Ricorda di essere stato
sospeso a divinis, querelato nei tribunali civili dallo stesso vescovo, e di aver ottenuto personalmente dalla S. Sede e nelle proprie mani l’annullamento della sospensione
con decreto emanato il 21/5/1910. Il Vescovo Mons. Berardi si vendicava “proibendo alla commissione dei SS.
Medici di dargli elemosine di Messe”. E, rivolto al nuovo
vescovo, il medesimo sacerdote continua: ” Se qualche
espressione alquanto risentita, ma sempre verace, è uscita
dalla mia penna, Ecc.za Rev. ma con amore paterno sappia compatirmi, rilevando dalle stesse che fui un martire
di vessazioni e persecuzioni; il ricordo fa sanguinare le
mie piaghe non ancora cicatrizzate”.
Il parroco di S. Spirito Vincenzo Cutrone il 2/12/1922 afferma di essere stato “sospeso a divinis per difendere il
patrimonio della parrocchia a laici affidato”. Ricorda anche che la sospensione perdurò dal 1913 al 1921 e che fu
riabilitato il 9/3/1921 da S.E. Mons. E. Tosi.
Mons. Berardi, ferito nella sua autorità, amareggiato da
queste riabilitazioni faceva un esposto a Pio XI datato a
163
Roma il 4/11/1922163. Nello stesso tempo sperava di poter
contare sulle parole di plauso e di ringraziamento che
Mons. Ferniani aveva voluto indirizzargli nella prima
lettera pastorale. Il novello vescovo aveva così rivolto il
suo saluto:” Al venerando Presule che vi fa parte, ultimo
solo per ragioni di tempo, il quale per un ventennio ha
consumato la sua fresca gioventù nella multiforme esplicazione della sua missione, e coi larghi mezzi che gli venivano dal suo alto ingegno e dalla sua grande attività, si
è adoperato per spronare alla virtù, alla rettitudine, agli
studi, al ministero, alla fede, alla civiltà, porgo gli omaggi
della mia grata devozione, riflettendo che la ricca messe
di avite tradizioni di fede e di vita cristiana, che viene depositata nelle mie mani, è tesoro che a Lui pure appartiene“164. Di fronte a un giudizio così lusinghiero della attività episcopale di Mons. Berardi, risulta comprensibile
l’atteggiamento di quest’ultimo, di inviare l’esposto fatto
a Pio XI anche a Mons. Ferniani con lettera datata
26/12/1922 “unicamente perché potrà giovare o almeno
essere di gradimento”. Riportiamo alcuni passi del documento inviato alla S. Sede: ”La cura che ognuno deve avere del proprio buon nome -si dice-, e specialmente di
religione e di buona disciplina ecclesiastica, mi obbligano
a richiamare tutta l’attenzione della S.V. su fatti che mi
riguardano, in relazione alle diocesi di Ruvo e Bitonto.
Onorato di una missione nella America del nord, nella
mia assenza di circa quattro mesi165 da dette diocesi, al163
In B.V.B.
FERNIANI,P., Prima lettera pastorale, tip. Popolare, Faenza 1922,
p. 19.
165
II periodo della contestazione al governo Berardi risulta molto più
avanti nel tempo, se si tien conto di quanto abbiamo riportato e di
quanto segue, non ultimo la singolare motivazione della nomina del
sac. A. Schettini a can. Onorario,nella domenica laetare 1920:
”rispettoso dell’autorità nostra”.
164
164
cuni miei preti ribelli sostenuti dall’arcivescovo di Bari
(Vaccaro), ebbero modo di far arrivare al pontefice defunto ( papa Leone XIII) una serie di calunniose asserzioni per le quali appena tornato dalle Americhe, si credè
conveniente prendere misure odiosissime a mio riguardo,
le quali subii decorosamente e in silenzio, lasciando senza un saluto, come un esiliato la Diocesi ove fui per 23
anni. Basti dire che nell’ingresso alla mia nuova Diocesi
di Gaeta, fu vietato ad alcuni preti di Ruvo e Bitonto di
darmi onore prendendovi parte … Non è possibile misurare il gran male derivato da questo trattamento, non solo
per il discredito che esso arrecò alla mia persona, ma perché esso era ordinato al disfacimento di atti importanti
del mio governo con grande rovina della stessa disciplina
ecclesiastica, con grande ammirazione del popolo”.
Mons. Berardi rivolto poi al S. Padre lo invita a prendere
“quelle disposizioni che giudicherà convenienti ed al mio
nome venga restituita l’onorabilità e la rettitudine della
quale venne destituito, non dico per malanimo, ma certo
per inconsapevole leggerezza”. Mons. Berardi presenta
poi a sua discolpa e a conferma di un episcopato energico
i fatti più salienti del suo governo. A proposito del parroco Vincenzo Cutrone egli dice: ”Rimosso per gravi scandali e che come maestro elementare poi si fece odioso
propagandista contro la religione tra i fanciulli, e vestendo abiti secolari conservava pratiche disoneste, in un
momento che venne chiamato di amnistia generale, non
solo fu riabilitato, non servatis servandis, alla Messa, ma
anche alle confessioni”. Mons. Berardi nello stesso documento citato parla del can. Michele Campione di Bitonto: ”Era sospeso dalle confessioni perché aveva in casa una donna contro la quale reclamò la mamma e la stessa cognata del Campione; donna che fu malignamente
tratta dalle Converse del monastero delle Vergini; donna
una volta con grande difficoltà licenziata, poi alla chetichella ripresa … Questo canonico venne reintegrato nella
165
Confessione con questa motivazione:’Per debito di riparazione,di giustizia’”. Si sofferma poi sul parroco Antonio Barone di Bitonto “rimosso per gravi delitti dalla parrocchia di S. Leucio, della qual cosa tutta la città venne
impressionata e scossa, quantunque nominato canonico
statutario perché non gli mancassero i mezzi di sostentazione, venne con speciosi motivi rimesso nella parrocchia
donde era stato espulso, con ufficio di Economo spirituale. Ma la procura di Trani ha respinto la bolla della
Curia ricusandosi di darle esecuzione”.
Lo stesso Vescovo fa menzione di alcuni sacerdoti di Ruvo. Al numero III di pag. 3 a proposito del canonico ...
dice:” Si rese colpevole di atti abominevoli verso una
giovane orfana, sua serva, rendendola madre e lo scandalo nella città fu gravissimo. La Curia di Bitonto ne fece
canonico processo ed alla sentenza si produsse appello al
Metropolita di Bari, nonostante giusta protesta. Dal tribunale ecclesiastico di Bari, il can. ..., fu rimandato assolto,
tolta la possibilità di appello alla S. Rota, e poi come
premio della sua iniquità ebbe la promozione anche
all’arcipretura del Capitolo”. Al n. VI di pag. 4 il vescovo
continua : ” A Ruvo poi il can. Teol. Salvatore Ruta sempre, per tutti i 23 anni del mio governo, ribelle ed istigatore di ribellioni al vescovo, venne nominato delegato vescovile! Così la ribellione venne glorificata”166.
La contestazione del teol. Ruta era senz’altro inveterata
se si pensa a un possibile veto posto da Mons. Berardi,
entrato in Diocesi il 19/3/1899. Infatti il com.re Giuseppe
Cimara, spedizioniere apostolico, in via confidenziale, il
12/9/1899 aveva scritto al detto teologo offrendosi come
segretario:” Ho saputo con certezza –egli dice- che
l’Ecc.mo Mons. De Stefano abbia proposto alla S. Sede
la S. V. Rev. ma quale candidato a vescovo167. Che il te166
167
In B.V.B.
documentazione in mio possesso.
166
ologo Ruta Salvatore fosse avversario di Mons. Berardi e
fosse riconosciuto come tale dal popolo né è testimone un
foglio stampato dallo stesso sacerdote per negare in parte
quanto gli si attribuiva il 12/9/1915: ” Chiamato in causa
dal gentile cronista del – Batacchio - devo dire anch’io
una franca parola … Non si è accorto di avermi creata
una situazione delicatissima, attribuendomi il sacrilego
gesto di Malco e la provocante posa di antipapa! Con le
poche e semplici parole da me pronunciate nell’atrio di S.
Domenico, non meritavo davvero il poco gradito complimento di essere posto in antitesi coi miei superiori! Per
me, come per ogni prete che si rispetti, come per ogni
cattolico sincero, la figura del vescovo è sacra. Anche attraverso i possibili difetti (giacché di umane miserie ne
abbiamo un po’ tutti sacerdoti e laici), il superiore rimane
sempre in alto, degno sempre di rispetto, di obbedienza,
di venerazione. Non fosse altro che per sentimento di dovere e per rispetto di disciplina … Se torti ed ingiustizie
vi sono da riparare, non mancano autorità costituite e tribunali competenti … Si smetta una buona volta la troppo
aspra polemica a stampa”168.
A conferma di quanto aveva detto Mons. Berardi
nell’esposto citato, chiedeva a Pio XI “ di essere ascoltato
da una commissione alla quale possa liberamente esporre
i dettagli di ogni fatto, facendo anche i nomi di coloro
che per ragioni inesplicabili hanno favorito il sovvertimento della giustizia”.
Mons. Berardi sapeva di poter contare su alcuni fedelissimi che al momento opportuno non gli facevano mancare, nemmeno sotto Mons. Ferniani, il loro appoggio incondizionato. Riportiamo una riflessione del teol. Can.
Pasquale Ferrante, Rettore del Seminario, data alle stampe nel lasciare la Parrocchia di S. Andrea Apostolo dove
era Vicario Curato. “ Ed ora - egli dice- spontaneo e pie168
documentazione in mio possesso.
167
no di grato affetto il mio pensiero si volge all’Ill/mo e
Rev/mo Arcivescovo di Gaeta Mons. Pasquale Berardi
nobile animo dalle grandi vedute, sempre fecondo di bene
per il governo di questa nostra Diocesi, giacchè fu egli,
che per la miglior cura di questo rione parrocchiale ideò
quest’altra fra le sue opere ardite, la edificazione della
Chiesa S. Andrea e ne fu sempre il generoso e prudente
incitatore”169.
Mons. Ferniani da parte sua cercò anch’egli l’amicizia di
Mons. Berardi rispettando un veto dello stesso nei confronti del can. Antonio Barone. Dalla documentazione dei
fatti che qui appresso riporteremo, ci sembra che al novello Vescovo premesse molto più il consenso
dell’autorità civile che un giudizio equanime nella vertenza ecclesiastica. In una lettera di Ferniani del
23/8/1923 al Cardinal Sbarretti, Prefetto della S. Congregazione del Concilio, il Vescovo parla in particolare del
can. Antonio Barone “che dall’ 11/4/1922 per atto
dell’amministratore apostolico, ora Card. Eugenio Tosi,
fu destinato alla Parrocchia di S. Leucio in qualità di Economo Spirituale, per essere riabilitato moralmente e
per essere risarcito finanziariamente del debito di 8 mila
lire”.
Nella stessa missiva continua :”Alla bolla di nomina del
Barone ad economo spirituale di S. Leucio, l’autorità civile ha negato il placet con motivazione di carattere morale, che al vescovo non sarebbe decoroso tentare di eliminare … Il Sig. can. Barone è già canonico della cattedrale e costituirebbe un privilegio, che si presterebbe ai
commenti più svariati del clero rimanere egli in una forma quasi stabile e tuttavia irregolare quale economo spirituale in una parrocchia; potrebbe suonare una sfida
all’autorità governativa … e nei momenti difficili in cui
169
FERRANTE, P., Bollettino della Parrocchia S. Andrea Apostolo,
numero unico,Bitonto 23 Agosto 1923.
168
versiamo, potrebbe creare impacci all’ ordinario per il disbrigo degli affari che richiedono il contatto, l’accordo
con le civili autorità”. Chiedeva perciò la rimozione del
canonico dalla chiesa.
Il 18/10/1923, la S. Congregazione del concilio dava “il
nulla osta per il concorso canonico per la parrocchia di S.
Leucio e che quindi il canonico Barone cessi dal suo ufficio di economo spirituale “.
il vescovo scriveva in tono perentorio alle minacce presentate dal Barone, in data 14/11/1923 : “Era sua intenzione – egli dice - fare una pubblicazione intorno alla
chiesa di S. Leucio e ai restauri da lei eseguiti in quella
Chiesa. La prevengo che non le posso permettere di fare
nessuna pubblicazione su questo argomento e ad ogni
modo le ricordo i canoni 1386 e 1394 del C.D.C. ad evitare che i provvedimenti dei superiori non le tornino di
svantaggio”. Il Barone così rispondeva in data
15/11/1923: “Se vi sarà il caso di fare pubblicazioni, saprò attenermi rigorosamente a quanto i canoni prescrivono …; ella poi non ha motivo di riprendermi circa la mia
correttezza nei suoi riguardi, tanto vero, che la sua minaccia si riferisce a un sospetto”. E il 19/11/1923 lo stesso sacerdote scrivendo alla S. Congregazione del Concilio espone le sue ragioni: “ …stato disonorevole in cui
verrei a trovarmi oggi; dopo 23 anni di sacerdozio e 16
anni di vita parrocchiale santamente spesi”. Presenta poi
“ alcuni dati di fatto, che varranno meglio a fare conoscere la anormalità di tutto ciò che si tenta compiere intorno
alla mia persona …; i mie superiori sono tuttora viventi, e
non credo, che sarebbero capaci di dichiarare il contrario;
essi che non hanno avuto mai di che lagnarsi di me …; di
grazia ha considerato il vescovo la grave ripercussione,
che questo fatto avrà nei fedeli? Ha considerato l’enorme
diffamazione, che verrebbe ad arrecarmi? Ed avrò io più
la faccia di vivere a Bitonto, io che non ho fatto nulla, e
mi si vuole costringere a fare la figura del pagliaccio? E
169
quale stima il popolo avrà più di noi altri sacerdoti e dei
superiori che con una facilità sorprendente fanno e disfanno, ordini e contrordini?... Sono colpevole? Inesorabilmente mi si punisca; però, mi si dica la colpa che ho
commesso: certamente da Sacerdote di Cristo, io ubbidirò
agli ordini che mi potranno essere impartiti dal mio vescovo, anche quando egli mi vorrà far credere che così
dispone codesta S. Congregazione … Chi pagherà questo
debito parrocchiale? Ho consumato tutto ciò che avevo di
mio; sono rimasto con la famiglia nella più squallida miseria; ed allora pagherà mons. Berardi che mi invitò ad
edificare ed il cui debito fu fatto con la sua intesa, e con
la sua garanzia; - quel Mons. Berardi che osò nientemeno
rivolgersi alle autorità giudiziarie per impedire la placitazione della mia bolla che equivale ad impedire la esecuzione di un atto della legittima autorità ecclesiastica, rappresentata allora dal card. Tosi “.
La S. Congregazione del Concilio in data 11/1/1924 accettava in parte il ricorso del Barone in merito al risarcimento economico ma non circa la non indizione del concorso alla parrocchia.
Il Barone fa conoscere le sue ultime decisioni al vescovo
il 24 /1/1924 chiedendo “in luogo di prestazioni in denaro, a cui – egli dice- sono disposto di rinunciare, che i
superiori provvedano ad una qualche morale mia soddisfazione;… mi elevino da canonico onorario, a canonico
effettivo”. Si sarebbe impegnato nel contempo a rispettare tutte le altre condizioni.
La soluzione proposta dal Barone fu accettata in pieno. Il
Vescovo Ferniani nella lettera alla Sagra Congregazione
del Concilio, del 24.1.1924 diceva: “Mi soddisferebbe
pienamente, perché mentre non porterebbe aggravio sul
beneficio di S. Leucio, che in realtà non lo potrebbe sopportare, dall’altro verrebbe a contentare il Canonico Barone“. E in un’ altra lettera a Mons. Guerri Giuseppe reggente della Dataria apostolica il 10.2.1924 diceva:
170
“Effettivamente il Canonico Antonio Barone ha il merito
di aver fatto sorgere la chiesa parrocchiale di S. Leucio”.
Pur ammettendo i dati di fatto incontrovertibili del canonico, il Vescovo non mancava di far noto alla Sacra Congregazione del Concilio il 14.3.1924 le “mire poco lodevoli più o meno velatamente manifestate, di mettere il
suo immediato superiore in imbarazzo …, le lettere anonime minaccianti disordini … Nella sagrestia della Cattedrale, nella imminenza della ufficiatura, davanti a vari
Canonici, giorni fa è uscito in termini irriverenti verso il
Vescovo …; inoltre pare che egli intenda a intromettere
impedimenti per la riuscita del concorso alla parrocchia
vacante di S. Leucio …: procurerò di procedere con la
massima cautela e prudenza anche ricorrendo
all’assistenza del Commissario di pubblica sicurezza”.
Il 30.5.1924 il vescovo scrive ancora al cardinale Vincenzo Vannutelli, datario di Sua Santità, riferendo che il
Barone “aveva anche promesso che non sarebbero avvenuti disordini, e di fatto non ne sono avvenuti, ciò però è
da attribuirsi in modo particolare alle precauzioni, che si
sono dovute prendere dal vescovo in seguito a lettera anonime minatorie, col ricorrere all’assistenza della forza
pubblica. Caso raro è certo stato quello in cui il possesso
del nuovo parroco è avvenuta nella forma solenne d’uso
con l’intervento del vescovo, assistito dal Commissario di
Pubblica Sicurezza e dal Tenente dei carabinieri, i quali
durante i cosidetti complimenti, gli stavano uno alla destra e uno alla sinistra“.
Mons. Ferniani ritiene opportuno non impelagarsi nei casi precedenti il suo episcopato e, non affronta direttamente i personalismi di Mons. Berardi e
dell’amministrazione apostolica di Tosi; né intende dare
soddisfazione alla richiesta di equa soluzione dei casi,
come base per una rinnovata fiducia nella gerarchia. Era
convinto che una nuova e continua formazione culturale e
spirituale, unita al rispetto della disciplina canonicale,
171
poteva produrre frutti soddisfacenti nel Clero. Dopo aver
ricordato precedentemente le disposizioni circa la tonsura
e la veste talare, riportiamo ora un documento circa il cinematografo che sanciva ancor meglio il risalto dato a
una obbedienza incondizionata alla gerarchia e alle leggi
ecclesiastiche.
Il 22.2.1924 il Vescovo così decretava :”E’ proibito ai
Sacerdoti residenti nelle Diocesi di Ruvo e Bitonto di intervenire ai pubblici cinematografi e pubblici teatri della
città; di qualunque genere siano le rappresentazioni che
vi hanno luogo, a meno che in casi particolari non intervenisse l’espressa concessione del Superiore”. Coloro che
avrebbero contravvenuto alIe disposizioni, sarebbero rimasti “sospesi ipso facto dalla celebrazione della S. Messa". E inoltre stabiliva che “ i Sacerdoti, a cui è demandata la cura di ordinare le officiature delIe Chiese (Rettori, Parroci, Vicari, Padri spirituali), venendo a sapere sono tenuti sub gravi a vietargli la celebrazione della S.
Messa e deferirne comunque il nome direttamente a noi
stessi170.
Stabilire rapporti più fraterni e comunitari fra il Clero, era
un problema di difficile soluzione. Come già aveva avuto
modo di esprimersi il Teologo Ruta, anche il sac. dott.
Benedetto Lovascio era convinto degli ostacoli non facili
da superare ma non per questo rimasti senza tentativi di
soluzione. Lo ricorderà nel suo elogio funebre per la
morte del Vescovo. “ Quando Mons. Femiani fu la prima
volta in mezzo ai suoi figli - dice il Lovascio -, li trovò
l’un contro l’altro armati! Quanti di essi, pieni di livore,
mordevano il freno avvolti in un ingiusto, immeritato oblio!... Quanti Marcelli, parteggiando addivenuti tali !...
Riuscì se non del tutto a rappacificarli in parte; e nelle
sue ammonizioni, non la voce austera di un Nerone, ma il
170
In B.V.B.
172
consiglio del padre che corregge e non irrita i figli
mai”171.
L'Arcidiacono F. P. Calamita ci dà lo stile di Mons. Ferniani nei rapporti col Clero, in occasione dell’elogio funebre nella Cattedrale di Bitonto il 25.5.1925: ”… lento
nel raccogliere gli elementi necessari per pronunziare un
giudizio; acuto nell’intento, prudente nell’estimazione,
pronto nell’esecuzione, tenace nella deliberazione, perseverante nel condurre a fine l’opera intrapresa”172.
Ciò corrisponde a verità, se pensiamo ai due concorsi
parrocchiali tenuti a Bitonto il 24.7.1923 in cui il Sac.
Jasparre Domenico, economo curato di S. Pietro in Vinculis, fu accusato dai confratelli circa abboccamenti avuti
con gli esaminatori prosinodali. Mons. Femiani, prima di
dar credito alle voci, chiamava ripetutamente gli interessati e gli esaminatori, riconfermando la sua decisione a
favore del suddetto Sacerdote. Nel frattempo il sac. Jasparre amareggiato e vilipeso nella sua dignità, scriveva
al Vescovo il 28.10.1923: ”Eccellenza mentre con animo
sereno e sincero ho esposto la verità all’Eccellenza Vostra, sento il bisogno di protestare con animo fiero contro
qualsiasi calunnia o insinuazione che è stata fatta contro
di me e perciò oso implorare dall'Eccellenza Vostra
quella giustizia che valga a tutelare e a riparare pienamente il mio onore”173.
Mons. Ferniani cercava di rasserenare gli animi ascoltando tutto e forse parlando poco, come risulta da una minuta dell'elogio funebre del Teologo Ruta Salvatore per il
funerale in suffragio del Vescovo il 15.7.1925 alla presenza di Mons. Gioia, amministratore di Bitonto. Si dice
171
Lovascio, B., Orazione funebre per Mons. P. Ferniani vescovo di
Ruvo e Bitonto, tip. Garofalo & figlio, Bitonto 1925, p .9.
172
Calamita, F.P. , S.E. Ill/ma Rev/ma P. Ferniani Vescovo di Ruvo e
Bitonto - elogio funebre, tip. De Bari Bonasia, Bitonto 1925, p.5.
173
In B.V.B.
173
che il vescovo fu “ …prudente fino allo scrupolo: custodiva gelosamente questa virtù indispensabile con una parsimonia di parole perfino eccessiva tanto da meritargli il
titolo del vescovo del silenzio …; non è forse proprio degli uomini superiori agire molto e dire poco? Vescovo
del silenzio, sì perché nel silenzio meditava e risolveva
con scienza, coscienza, problemi complessi, rilevanti,
chiarificava situazioni delicatamente e avviava a favorevoli risultati il ritmo difficile del governo delle Diocesi
affidategli dalla Provvidenza...Giusto, di una rettitudine
rigida e austera, di coscienza intemerata; incapace non
solo di compiere a ragion veduta, ma neppure di pensare
un atto di ingiustizia: e questa rivendicazione del suo carattere equanime gli deve essere riconosciuta per disperdere l’eco di qualche incosciente gracchiatore … Padre di
una benignità singolare, sincera e sempre uguale, senza
preferenza, non partigiana, informata alla divina carità di
Cristo … Mons. Ferniani è stato il vescovo della pace …;
per raggiungerla additò come un mezzo infallibile lo spirito di disciplina …; riuscì a smussare angoli, a dissipare
equivoci, a togliere prevenzioni, a determinare in tutti i
suoi figli di Ruvo e Bitonto, una corrente di affratellamento, di unione, di pace”174.
Ma i rapporti nel Clero non cambiavano granché. Sotto
l’amministrazione apostolica di Mons.Gioia a Bitonto un
Sacerdote che si firmava ”uno spettatore" invia al Vescovo questa lettera in data 21.7.1925 :” Eccellenza, dice di
voler conoscere i preti, ma come potrebbe, se Ella parte
dal fatto che il Ferniani ha tutto ben operato? La stessa
Santa sede conosce le piaghe della Diocesi e l'opera
tutt’altro che unificatrice espletata in questi due anni dal
testè defunto Vescovo. Che fiducia possono nutrire in Lei
i preti di Bitonto che pur con gioia appresero la notizia
dell’amministrazione nelle sue mani, e gli stessi berar174
Documentazione minuta in mio possesso
174
diani col loro manifesto dispiacere appresero la prima
notizia dell’incarico a Mons.Gioia? Ella, con disinganno
lo notiamo, si fa portavoce del sorridente babbeo Bandini
(Segretario di Mons. Ferniani) il quale poi è a fil doppio
unito a berardiani. La Curia l’ha lasciata nelle mani del
bilioso e pernicioso ragazzaccio che si nomina Cuccinella. Non vede i falsi inchini dei Vacca, Tarantini, Ferrante
(otre di putrida acqua piena) che cercano incartarla coi
vari passaggi di commissioni e sottocommissioni fatue,
decorative, e senza nessun frutto? Per finire al pellegrinaggio a Roma con Vostra Eccellenza, non verrà quasi
nessuno, ma questi inesseri precederanno in gruppo la loro andata a Roma insieme con signorine, amiche e comari, per non pigliar parte al pellegrinaggio col Vescovo
che non è nostro”.
Sotto la stessa amministrazione, il Canonico Pietro De
Renzio, organista, il 15.9.1925 ricorreva a Mons. Gioia
Pasquale dicendo di aver rimproverato il Mansionario
don Andrea Saracino per mancanza di puntualità ad una
Messa in onore della Vergine addolorata alla Chiesa delle
Vergini. E l’aveva apostrofato con un "ma vedi se vai a
zappare". Al che il Saracino rispose lanciando una sedia.
"Questo fatto clamoroso - continua il De Renzio - fu certamente di scandalo alle claustrali ed alle persone che pur
stando in Chiesa erano più immediatamente alla sagrestia
e tutto notarono “. Il De Renzio era preoccupato di non
poter espletare nella stessa mattinata altri impegni musicali in altre Chiese.
Le polemiche tra il clero, per fatti inveterati, trovavano
occasione di riemergere nelle pagine private dei diari. Il
sac. Pasculli G. nelle sue "Memorie”, dà un giudizio il
24/1/1926 sull'elogio funebre del parroco prof. Nicola
Perrini in morte del can. Francesco Saverio Fornelli, parroco di s. Giorgio,santuario dei SS. Medici.
175
Egli dice; "…l’elogio funebre tenuto dal Perrini, l’ho
conciato bene per le feste sui margini175. Dalla prima
all’ultima pagina è di una forma molto slavata, di uno
stile di bassissima gradazione. Non mancano dei plagi
che, come oasi nel deserto, danno maggior risalto alla
squallidezza, alla miseria cha vi regna dal principio alla
fine. Infiorano poi qua e là prosa da dozzina, sgrammaticature da classi elementari, menzogne spudorate, bassezze da trivio, superbi esibizionismi, sfoggio intempestivo
di cultura, disordine nelle idee, mancanza di coesione,
improprietà di ogni specie. Al di sopra di queste gemme,
folgora I'orgoglio e la superbia del rozzo e sgradito oratore. Eppure si ha il diritto di aspettarsi ben altro da un parroco dott. in Lettere e in Teologia, nonchè professore in
attività di servizio. Il discorso del Perrini è un documento eloquente del valore intrinseco di certe lauree
conseguite nelle RR. ed Ecclesiastiche Università del nostro beato regno …; ma che poi si debbano consegnare
allo stampe certi aborti della penna, è segno evidente di
cieca ignoranza, di piena incoscienza; è la boria che accieca. Si può dire tanto bene di un sacerdote che non emerga dal comune senza tradire il vero, senza degradare
la propria dignità! Ma la smania di apparire dotti, di
mettersi in candeliere, di parlare da maestri, di sembrare
geniali, produce questi frutti bacati”176.
I levori continuarono nel tempo; si cercava perfino la
soddisfazione di darli in pasto al popolo di Dio. Il can.
Antonio Barone por I'elogio funebre al can. Mauro Modugno, recitato nella Cattedrale di Bitonto il 9/12/1926,
non riceve dal vescovo l’imprimatur dal rigo 10 al rigo
18 di pag.11 dell'opuscolo per le stampe, per gli accenti
polemici delle sue espressioni: ” La sua casa - dice - fu
175
PERRINI, N., In morte del can F. S. Fornelli, tip. G. De Bari Bitonto, 1925, p. 21.
176
PASCULLI, G ., Memorie (Manoscritto ) , 1926 .
176
parecchie volte visitata dalla sventura …. preparata con
insidie e tradimenti dalla malvagità degli uomini, che
vollero ravvisare nel Modugno l’artefice di azioni da Lui
mai volute e molto meno ispirate ….Avrebbe come qualche altro sacerdote di animo vile, potuto scusarsi e far
conoscere la sua innocenza, ma preferì tacere e soffrire
per amore di Dio e soffrì accettando finanche un canonicato che fu il suggello di una persecuzione feroce”177.
Che la pace del clero fosse una cosa ancora da realizzarsi,
ne è testimonianza una lettera del sac. Daniele Cepollaro,
ufficiale della S. Congregazione dei Religiosi, scritta da
Roma a Mons. Del Buono il 22/1/I927: ” Stamane sono
stato ricevuto da S. E. il card. Vicario e durante il colloquio Egli mi ha interrogato di Bitonto e di V. E …. Gli ho
risposto che la Diocesi di Bitonto, fin dalla sua venuta si
va pian piano sistemando e pacificando …”.
Riportiamo ora brani dl lettere del delegato vescovile di
Ruvo, teol. Ruta Salvatore al vescovo Del Buono, dove si
stigmatizzano le figure dei sacerdoti con giudizi poco
fraterni. L’8/12/1927, Ruta scrive: “Ho fatto dal nostro
Cancelliere notare nel registro dei confessori la riabilitazione di J. secondo gli ordini di V.E. Lui non è mai venuto da me: anzi da qualche tempo mi ha messo un broncio con tanto di muso … Strani questi spregiudicati (come devo dirli?). Commettono imprudenze enormi, spandono imprudentemente in pubblico i loro panni … neri, si
rendono il ludibrio di tutta la città ( che li bolla a sangue e
reclama provvedimenti) e poi guardano livido oculo a chi
non ha altra colpa se non quella di fare il proprio dovere!”. Il 19.2.1928 scrive: ”Eccellenza mi perdoni la frase:
vi sono dei rettili in sottana, liquidati e pelati, i quali si
divertono ad aizzare e provocare ribellioni”.
Indice ancora di un Clero diviso, è una lettera di Mons.
Del Buono a un sacerdote che egli chiama “Professore”.
177
In B.V.B.
177
“Devo dirle con tutta sincerità - dice il vescovo - che speravo che Ella, intelligente com’è, non avrebbe continuato
con parole o con lettere a prorogare uno stato d'animo che
francamente non le fa onore. Il raccogliere parole, pettegolezzi di ogni genere per fare la voce grossa con lettere
o altro non è degno di Lei; Ella potrebbe per quel senso
di generosità che non le manca, saper perdonare o sapere
anche non provocare situazioni d'animo che diventano
difficili e incomprensibili col sacro ministero … Faccio
dunque assegnamento sul buon senso critico e cristiano,
perchè finisca cotesta analisi minuta dell'operato altrui.
Non ha Ella da farsi perdonare nulla da Dio?”.
Accanto ad espressioni di incitamento al bene, il vescovo
Del Buono sa usare espressioni e decisioni severe. II
19/2/1928, scrivendo al parroco Rocco Spadone del SS
Redentore, dice; ''La sua condotta, per quello che mi è
stato riferito d’ufficio, nei riguardi di codesto Mons. Vicario (Ruta Salvatore), nelIa circostanza del trasferimento
della confraternita di San Rocco dalla grande alla piccola
Chiesa, è stata oltremodo scandalosa e deplorevole. Per
tale motivo, io che sono abituato alla disciplina, che è la
base di ogni istituzione e quindi anche della Chiesa, consolidata dal rispetto della gerarchia, deplorando
l’accaduto, Le ho fatto rimettere un biglietto di sospensione a divinis (6 giorni). Puo darsi però che un atto di
doverosa e rispettosa umiltà da parte sua verso codesto
Mons. Vicario, giunga in tempo a risparmiarLe siffatta
notificazione. In quanto al resto, si disinteressi d’ora in
poi di ogni e qualsiasi congrega per stare semplicemente
agli ordini dei suoi superiori, se e in quanto vorranno che
Ella se ne occupi. Si astenga da qualsiasi visita a Bitonto
che non sarebbe ricevuta”.
Riportiamo ora alcune dichiarazioni di sacerdoti in occasione della santa Visita di Mons. Del Buono.
Il 28/2/1928, il prof. dott. Nicola Panisco così lamenta
nei suoi suggerimenti: ”Sono condannato a vivere da solo
178
avendo cambiato finora dieci persone di servizio, perché
mi rubano senza pietà. Mi auguro che quanto prima, mi
possa ritirare con la sorella … che interponga i suoi buoni
uffici presso la S. Sede affinché il beneficio del Primicerio Cepollaro, venga conferito ai paesani per i quali unicamente furono istituiti dai nostri maggiori, che le cariche
onorifiche o lucrose, non siano accentuate in mano dei
soliti individui; che i predicatori siano nominati, come
per diritto, da V.E. evitando così le manovre di corridoio”.
II sac. Michele Cicciomessere, affetto da malattia, il
2/3/1928 scrive: ”Chi come me non ha mai demeritato
nella lunga carriera sacerdotale, vuole essere rispettato
alla stregua di tutti gli altri sacerdoti, e che non vi sia distinzione alcuna tra sacerdote e sacerdote. La sventura
non deve essere fomite di lotta alcuna e che il sano debba
sentire nel suo cuore, specie se in alto, rispetto e carità
fraterna, e credere e rispettare la verità. L’ammalato va
curato e non abbandonato e combattuto. E chi ha lavorato
per ben 18 anni per il trionfo della fede e per il bene della
società non è giusto che sia dimenticato, dai suoi superiori”. E il sac. Domenico Piacente l’ 8/3/1928 dice: “Con
somma mia sorpresa, ho saputo che il mio nome non esiste in questa Curia vescovile, e ciò, a me sembra,sia stato
uno dei motivi per cui sono stato tenuto in oblio. Oltre a
questo fatto i pettegolezzi locali, gli intrighi, le gelosie, i
pretesti, hanno fatto sì che io fossi posto in non cale.
Hanno detto che io non abbia lavorato per la Chiesa di
Bitonto.
Ciò non corrisponde (il suddetto è in diocesi dal 19l4).
Ma data pure e non concessa la detta asserzione, a me
sembra che con le mie benemerenze e con i miei tardi anni non bisognava aspettare altre fatiche perché mi si desse
il giusto premio per aver lavorato per la Chiesa. Nè la
Chiesa vuol dire Bitonto o altre Diocesi in particolare.
Tutto sta a riconoscere che il bene sia stato compiuto per-
179
ché ogni superiore di mente eletta, al di sopra di ogni
preconcetto e prevenzione, s’induca a fare quello che è
dovere di coscienza”. II 25/3/l928, il sac. Angarano Michele lamenta che “nel Clero manca quell’affiatamento e
quella carità e compatimento voluto da nostro S.G.C.”.
II 30/3/l928 l’Arciprete Girolamo Stragapede chiede,
forse più a nome del Clero che del popolo “che
Mons.Vescovo, superate le difficoltà, passi maggior tempo in Ruvo per comune aspirazione dei fedeli”.
II sac. G. Pellegrini si rifiuta di fare in iscritto dichiarazioni; nella sua risposta il 30/3/I928 dice: "Le comunicazioni di fiducia si possono fare orali”. Atteggiamento che
rivela una mancanza di fiducia in coloro nelle cui mani
potevano capitare le proprie riflessioni; rivelano altresì
il dubbio di un uso poco sacerdotale e di eventuali strumentalizzazioni. Il sac. lurilli Giuseppe chiede il
30/3/I928 una “opera per una vera e santa fratellanza fra
il Clero”.
Il sac. can. Gaetano Pasculli il 30/3/I928 scrive:
“Sebbene onorato di tanta fiducia da parte dei miei superiori et semper in laboribus a iuventute mea, finora non
mi è stata fatta giustizia adeguata. Spero che cessi una
buona volta questo stato di cose: dignus est enim operarius mercede sua; se no si cambia strada... “. Il vescovo
non accetta tanta sincerità ed eventuali ricatti: vi pone a
margine delle osservazioni del suddetto sacerdote, un
punto interrogativo ed uno esclamativo.
Il sac. Vacca-Torelli, convinto forse che la richiesta dei
suggerimenti poteva ridursi a pura formalità e che ogni
osservazione sarebbe svanita, come al solito, nel nulla di
fatto, scriveva al vescovo il 3/4/l928 in questi termini:
”Mons. Vescovo che conosce a fondo ciascun prete e
quindi anche me, credo che non avrà bisogno di suggeri-
180
menti e pareri che io, data la mia pochezza, non mi sento,
nè oso dare al mio superiore”178.
Nel libro dell’arcidiacono Francesco Paolo Calamita troviamo nel 1928 un giudizio, per nulla comprensivo, sui
sacerdoti che avevano lasciato il sacro Ministero. A pag.
127 n.322, così si esprime: "Non credere all’Evangelo
che ti viene predicando un prete spretato. Egli ti parlerà
in nome del domma , della scienza, della morale, ma in
realtà, egli ti parlerà in forza della sua patologia. Ti dirà
di avere subita una crisi di cuore o di testa; non gli credere. Egli ha subita solamente una crisi di carne e di testi
…"179.
I dissidi nel Clero sono tali da tentare di inficiare gli stessi atti del vescovo che è costretto a difendere la sua decisione per la nomina a parroco dell'ambita e ricca San
Giorgio, del can. Nicola Cuccinella, professore in Seminario.
In una lettera del Vescovo al R. Pretore di Bitonto del
10/11/ I928 dice: ”Le affermazioni anonime pervenute
alla R. Procura generale, di cui è cenno nel foglio n.5249
dell’8 corr. di cotesta R. Pretura, non solo sono destituite
di ogni fondamento di verità ma sono addirittura calunniose … Mi duole infine l’animo di dover dire che la lettera in discussione dev’essere stata certo suggerita da un
sacerdote del quale non è difficile indovinare il nome e
che nella designazione del Cuccinella a parroco di S.
Giorgio, vede venir meno tutta un’impalcatura d'inconfessabili, personali interessi”180.
II sac. Pasculli Gaetano, cosi preciso nel suo diario, il
14/12/1929 ci da un’immagine ulteriore del Clero, in oc-
178
In B.V.B.
CALAMITA,F.P., Fiori di Vita, tip. Garofalo e figlio, Bitonto
1928.
180
In B.V.B.
179
181
casione della nomina di Mons. Taccone a vescovo di Ruvo e Bitonto.
"Ieri - egli dice- nel pomeriggio e stamattina, parecchi
preti gli uni all'insaputa degli altri, per essere i primi a
mettersi in mostra, si sono recati a Bari, con la tranvia o
in automobile, a fare atto di ossequio (in verità per il solito esibizionismo) al novello nostro vescovo, ospite, da
ieri, dell’arcivescovo Augusto Curi. Qualche prete che
aveva dichiarato ad altri di non potervi andare perchè occupato, è stato invece trovato a Bari nell’arcivescovado
insieme con la propria famiglia. Voleva fare il singolare
per cominciare ad influire sull’animo del povero vescovo
o trarlo poi nella rete diabolica dei propri interessi; ha
fatto invece la figura del camaleonte imbecille. Povero
vescovo nelle grinfie di certe arpie!
Si gioca sempre a gabbar compagno: una malattia endenica e cronica per certuni che hanno sempre la mente
pronta a ideare e ad attuare tranelli per tirare l’acqua al
proprio mulino; e questo sarebbe tollerabile, perché umano, se ne mirasse alla meta, all'ideale, senza danneggiare
il prossimo. Io però ritengo che l’abilità nell’usare certe
male arti, per il proprio tornaconto, non si raggiunge a via
di esperienza, ma per naturale disposizione di animo e
per la flessibilità spontanea della schiena, facile a curvarsi dinanzi ai potenti o ai ricchi per sfruttare – lusingandolo - l’amor proprio … Così naturalmente si vanno pigliando le prime ipoteche sull’animo del vescovo novello
per fare, a suo tempo, che l'ago della bussola vescovile, si
rivolga nella direzione voluta. E’ la solita canzone che
rinnovasi fatalmente e che porta il disquilibrio nel bilancio della giustizia, invano armata della vindice spada. Ogni superiore dovrebbe essere un Ulisse, per resistere alle
lusinghe di queste diaboliche sirene, privi di meriti, che,
senza scrupolo, adoperano ogni mezzo per abbindolarlo e
piegarlo ai propri disegni. Vedremo se Mons. Taccone
saprà mostrarsi veramente Andrea, e non girare come u-
182
na facile banderuola in balia dei venti. Da parte delle Dignità e dei Canonici titolari del nostro disgraziato Capitolo, nonché disgregato, si vanno preparando clandestinamente delle congiure di sagrestia, si vanno affilando
nell'ombra le armi per assalire proditoriamente i pochi
mansionari titolari, cui si vorrebbe negare quello che loro
è dovuto per giustizia. In tal modo sarà presto tirato in
ballo il povero vescovo per far da giudice nel campo
tanto scabroso dell'interesse. Ecco la bella eredità che il
governo partigiano, sleale e disfattista del nostro Vicario
Capitolare, arcidiacono Calamita prepara a Mons. Taccone, per assecondare le mire diaboliche delle infami arpie
che lo portano sugli scudi, per dare ascolto ai perversi
consigli di serpenti velenosi, poveri d’ingegno ma stracarichi di astuzia e di malignità.
Sono queste le prime spine accanto alle pochissime e caduche rose del potere"181.
Il sac. Daniele Cepollaro, in occasione dell'ingresso del
Vescovo Taccone Andrea, scriveva dalla segreteria della
Sacra Congregazione dei religiosi il 9/1/193 :” Il miglior
augurio - egli dice - che sento di fare a V.E. ed al Rev.
mo Clero è che torni la pace sincera e fraterna e duratura
fra cotesto pur benemerito Clero, e che qualsiasi fazione
turbolenta non tenti di sopraffare l’altra. Sarà per me di
grande gaudio sapere che V. E. sarà venerata ed amata.
Dopo i trionfi dei ricevimenti, voglio augurarmi che i
fratelli non dilaniano i fratelli. La prudenza, l’equanimità
e la santa malizia di V. E., saranno certamente all’altezza
del non impossibile raggiungimento di questo ideate”182.
Il sac. Pasculli Gaetano, dopo aver avuto un colloquio col
vescovo Taccone, così annotava nel diario il 24/1/1930 :”
Scivolò il discorso pure su qualche emolumento da dare
al Vicario Curato della Cattedrale, che ha la cura delle
181
182
PASCULLI. G., memorie (manoscritto in B.V.B.) l929.
In B.V.B.
183
anime invece del Vescovo, presta l’opera sua come i parroci titolari e meglio ancora, perchè sta sotto l’immediata
vigilanza del vescovo ed è esposto alla critica poco benevola dei suoi colleghi del Capitolo, e non riceve alcun emolumento certo, facendo da parroco solo per i diritti eventuali di stola - ora molto ridotti - per i grandi stralci
che la Cattedrale ha subito nella sua popolazione.
Il vescovo mi parve ben disposto in mio favore; starò a
vedere se le parole si tradurranno in fatti. Mi auguro che
le promesse del nuovo vescovo non finiscano come
quelle di Mons. Ferniani che promise di prendere a cuore
la questione e poi smentì tutto, o come quelle di Mons.
Del Buono che non ne fece il puro nulla.
Pare che i vescovi vengano fuori dal medesimo stampo:
generosi e zelanti in apparenza; egoisti e stracomodi in
realtà. Mons. Taccone farà eccezione alla regola? Lo speriamo!”. Lo stesso Sacerdote il 25.1.1930 annotava: "Appena finita la funzione sono salito sull'episcopio per assistere alla conferenza - la donna e il cristianesimo- tenuta
da Mons. Arcidiacono Calamita …; questa conferenza
tenuta per iniziativa ufficiale del consiglio Diocesano
dell’Unione Femminile cattolica Italiana è stata evidentemente un esibizionismo per dar principio agli assalti egoistici di preminenza sugli altri presso il Vescovo, con
la speranza evidente di dare lo sgambetto a qualche altro
pretendente ambizioso, e per salire più in alto. Oh! quanta
species, quanta iattanza, quanto fariseismo!... Eppure, anche i Vescovi più accorti si lasciano prendere all’amo.
Purtroppo è vero: la reclame non solo procura degli affaroni in commercio e riesce a varare anche merci e generi
avariati, ma anche nel campo morale. Dice il proverbio,
che il buon vino non ha bisogno di frasca. Così dovrebbe
essere; ma nel fatto il vino cattivo - a furia di frasche e di
schiamazzi - lascia in quarantena il vino buono, lo deprezza e spesso lo precede nelle bramose canne. E’ inutile illudersi: oggi, come sempre, ma oggi a preferenza, si
184
va innanzi non a base di meriti, ma a suon di tamburi. Ed
è naturale: - le teste di legno, diceva quell'acuto filosofo
del Giusti, fan sempre del chiasso-. Bisogna servirsi di
tutti i mezzi leciti ed illeciti per essere appagati nelle proprie ambizioni. Il merito vero non sa mettersi in mostra ‘e
cammina lento pede’. La mediocrità invece e la deficienza corrono in bicicletta o in automobile e si fanno
largo tra la folla col rauco suon dalle gommate trombe".
Il Sacerdote Pasculli il giorno dopo, sempre nel suo diario, il 26.1.1930 continuava: ”A che proposito la conferenzona tenuta ieri sera da Mons. Arcid. Calamita su - la
donna e il cristianesimo -? Perché ad iniziativa
dell’Unione Cattolica Femminile Italiana? Per volere indiretto dello stesso oratore che, da dietro le quinte, ha
suggerito l’idea al suo aiutante di campo Parroco Giuseppe Tarantino, per avere l’agio di esibirsi ancora una volta
innanzi al Vescovo, e neutralizzare la buona impressione
che forse il suo antagonista Ferrante avrà fatto il 17 corrente a Bari, nella chiesa di S. Gaetano, sull’animo di lui,
col discorso funebre nel 1° anniversario della morte di
Mons. Del Buono. Questo funerale fu un'abile trovata per
mettere in mostra il teologo Ferrante innanzi all'Arcivescovo Curi e al nostro novello pastore Andrea Taccone. Il
giochetto venne preparato dal mansionario Piacente, ex
missionario del Preziosissimo Sangue e dal Ferrante d'accordo col Cancelliere della Curia arcivescovile di Bari,
can. mons. Anaclerio. Insomma è la scalata all'animo del
Vescovo novello per farselo prigioniero. Sono le spire
delle solite vipere che cercano di avvolgerlo. Nè è da sperare in una resipiscenza: vi è la molla dell’interesse che li
assilla. Questo sistema ha fruttato loro fumo e arrosto. E
siccome l'appetito viene mangiando e il cuore dell’uomo
non è mai sazio, si ritorna all’assalto nella speranza di
salire ancora di salire sempre. Del resto -si sa- nelle folle,
per passare all’avanguardia, bisogna fare a gomitate, se
no, si resta sempre in coda. E’ questo il sistema che, per
185
necessità di cose, si deve adottare dalle nullità o mediocrità boriose. E purtroppo, nella vita, specialmente fra ecclesiastici, questo è il sistema che trionfa e che conduce
alla vittoria gli imbelli, i minus abentes … Chi vivrà, vedrà!"183.
Anche la Dataria apostolica in data 4.4.1930 prot. 94/29,
tramite il Cardinal Vannutelli, ha motivo di lamentarsi
dei partiti, favoritismi e intrighi presenti nel Clero. Così
scrive a Mons. Taccone: ”I Teologi della Dataria apostolica, esaminati gli atti del concorso, tenutosi, sotto la presidenza del Rev/mo Monsignor Vicario Capitolare
dell’epoca, il 30.4. dello stesso anno, in codesta Rev/ma
Curia, per la vacante Parrocchia di S. Egidio Abate in
Bitonto, hanno dichiarato di non poter approvare il giudizio di codesti esaminatori prosinodali, perchè il favoritismo per il concorrente Don Michele Leone è troppo chiaro … Trovandosi però il Don Leone da oltre un anno
nella detta parrocchia, ed anche per non dare una disapprovazione pubblica all'operato di codesta Rav/ma Curia,
e per il riguardo alle replicate raccomandazioni della
S.V. Rev/ma, si è pregato il Santo Padre a voler nominare
il Don Leone”.
Mancanza di collaborazione e spirito di contesa tra il Clero sono presenti anche in occasioni di celebrazioni solenni delle stesse festività liturgiche. In data 1.12.1932 il
Can. Gaetano Pasculli Vicario curato della Cattedrale faceva noto alla Curia che oltre la propria cassettina per le
offerte spontanee per S. Elena imperatrice, andava in giro
altra cassettina non autorizzata per lo stesso scopo ad opera della Confraternita di S. Filomena. Chiedeva di
“provvedere ad eliminare gli inconvenienti e le critiche
che già cominciano a verificarsi tra i fedeli". E Mons.
Taccone Andrea il 6.11.1937 non riscontrando alcun miglioramento al riguardo, notificava al Clero: “Vengo in183
PASCULLI, G., Memorie (manoscritto in B.V.B.), 1930.
186
formato che nonostante la mia proibizione, si mandano in
giro le cassettine senza alcun permesso della Curia. Ciò
non deve continuare, sotto pena di sospensione a divinis
per sacerdoti che risultano colpevoli"184.
Indice di mancanza assoluta di spirito comunitario, di
collaborazione fraterna fra il Clero è I'elogio che fa di se
stesso il can. Antonio Barone il 1932: ” E tutti ricordano egli dice - che fino a sei anni fa, durante l’anno, erano più
i giorni che la Chiesa stava chiusa, che quelli in cui era
aperta.
E la gloria di sollevare questa Chiesa dall'abbandono in
cui si trovava per ridarle l’antico splendore, Deo adiuvante, era riservato al can. Antonio Barone, dando alla
Chiesa un aspetto nuovo ed una vita religiosa non mai vista in altri tempi … Quante volte sollecitato anche con
elemosine pingui, di andare a celebrare al Cimitero o altrove, e pregato di intervenire a funzioni lucrative in altre
Chiese, egli si rifiutò sempre, non volendo allontanarsi
mai da quella che chiamava la sua Chiesa … Si sforzò di
celebrare sempre con puntualità e pietà tutti gli Uffici divini secondo le norme dei canoni, a tal uopo fondo con
grandi sacrifici, una scuola di canto da poter gareggiare
con le altre della nostra città … Ma dove il can. Barone
divenne un vero apostolo e spiegò tutto il suo zelo ardente, fu nell'inculcare la devozione dell’ora santa, che
egli non tralasciò mai in tutti i giovedì dell'anno … Molti
sacerdoti, chiamati dal Superiore a quest’opera grandiosa
generosamente si rifiutarono. Ebbene, chi in soli quattro
anni, e con inauditi sacrifici finanziari, tradusse in atto
quest'opera, edificando la nuova Parrocchia di S. Leucio,
la più grande delle Chiese parrocchiali? Solo il can. Barone. Altri sacerdoti simularono di edificare altrove nuove Parrocchie, ma non ci riuscirono: questa gloria fin og-
184
In B.V.B.
187
gi è gloria esclusiva del can. Barone". Fa poi presente di
aver comprato statue e pisside a proprie spese185.
Il presidente della Confraternita SS. Annunziata, Giuseppe Capaldi, in risposta stampata il 4.5.1932 dirà:
”Autoglorificaste (rivolto al can. Barone) la vostra opera
di Padre Spirituale; avete pure rivelato il pregio di agguerrito polemista, pur sapendo che siete il prete più discusso di Bitonto".
In data 9.5.1933, il Parroco Murgolo chiedeva a Mons.
Taccone di poter adire perfino le vie legali contro il Parroco Leone Michele per avere questi abusivamente occupato con nuove costruzioni suolo di sua proprietà.
Abbiamo poi una lettera non datata a Mons. Taccone da
parte del Sac. Antonio Buquicchio.” Se è vero - egli dice
- che in questo mondo la fortuna è dei tristi, ben può rallegrarsi e continuare nelle sue sfrenate e sfacciate crapule
spirituali di lussuria e di profanazione il Mansionario
Don Giuseppe Pice, senza temere punizioni mai nè dalla
terra, nè dal Cielo. E’ mentre altri sacerdoti più bravi e
più buoni di lui si vedono sorvegliati e per un nonnulla
ripresi, ed ad ogni piè sospinto, il Pice fa gli sporchi fatti
suoi, quasi protetto da tutte le circostanze, talchè, si direbbe abbia il beneplacito anche dei suoi superiori, dei
quali conserva sempre immutata la stima perchè sa carpirne con abilità diabolica la buona fede"186.
Per il parrocato di S. Giorgio, il Can. Pasculli Gaetano
annotava il l0.1.1933 nel suo diario, quanto segue: "Mi è
stata comunicata ufficialmente dal vescovo la nomina a
Primicerio della nostra Cattedrale, con preghiera di tenerla riservata fino a quando verrà da Roma la Bolla relativa…Questa nomina inaspettata, invece di quella di
Parroco e Rettore di S. Giorgio e del santuario dei SS.
185
BARONE, A., Relazione di sei anni di rettorato del Can. A. Barone
(6.12.1925 – 8.1.1932), tip. Garofalo & figlio, Bitonto 1932.
186
In B.V.B.
188
Medici, già promessami dal Vescovo, fino al giorno della
sua partenza per Roma dicembre 1932, non mi ha commosso per nulla. Ho dovuto far buon viso a cattivo gioco, perché non è da uomo serio far da Girella, lasciandosi
cambiar le carte in mano, senza neppur l’ombra di un
banale pretesto, dai capricci di un energumeno che evidentemente ha fatto mercato del suo onore e della sua dignità, in vista solo dei lauti guadagni della Chiesa dei SS.
Medici. E dire che il Vescovo si è prestato compiacente a
questo gioco di bussolotti e si è lasciato indurre a scombussolare, su due piedi, il piano che egli stesso, senza coartazione alcuna, aveva preparato da tempo".
E il giorno 3.1.1933 sempre nel suo diario scriveva: ”Si è
ripreso stamattina il caso del mio parrocato in S. Giorgio,
ora destinato all’attuale primicerio Cuonzo che appena
ebbe sentore del progetto che si era proposto il vescovo,
nel recarsi a Roma, lasciò ogni cosa in abbandono e volò
a trovarlo. Chi sa quali arti diaboliche avrà usato per piegare il Vescovo ad assecondare i propri capricci. Questo
è certo che il Vescovo, in Roma, cambiò programma …
Ogni evento è sempre permesso da Dio per il nostro vero
bene, anche quando agli occhi nostri l’ingiustizia è troppo evidente”187 .
Il Clero continuava a lamentarsi del vescovo pro tempore,
ma anche questi ripetutamente trovava occasione di intervenire sui propri Sacerdoti per regolarne la vita di ministero e le manifestazioni poco lodevoli.
Mons.Taccone, pur non negando per principio che i sacerdoti fumassero, il 15.12.1933 decretava…”Si proibisce assolutamente ai preti... di fumare nelle sacrestie o
nel campanile o nei gabinetti della Cattedrale e si riprova
l’abuso di lasciare il coro per il fumo".
187
PASCULLI, G., Memorie (manoscritto in B.V.B.) 1933.
189
Più indicativa può essere la notifica dello stesso Vescovo,
il 17.9.1934 circa la Veste talare, problema già tentato dl
risolvere sotto l’amministrazione di Mons.Tosi e sotto
Mons. Femiani - come vedemmo - e qui ripreso dinanzi a
un Clero refrattario ai suggerimenti precedentemente dati.
Si legge: ” Si diffidano i Rev/mi Parroci, i rettori di Chiese, compresa la Chiesa dei Cappuccini, delle Vergini,
dell'Ospedale, dei Padri minori, dell’orfanotrofio e la
Cappella delle Maestre Pie Filippini, a non ammettere
alla celebrazione della S. Messa qualche Sacerdote che
ancora si presenta senza sottana (veste talare), pena la sospensione a divinis pel Sacerdote, e l’interdetto per la
Chiesa".
Una tale severità per noi oggi incomprensibile, viene
puntualizzata il 4.10.1934 al Cancelliere vescovile Canonico Francesco Fornelli: "La sottana (veste talare) si deve
indossare sempre, non semplicemente quando si celebra”.
Il 6.11.1935 troviamo un nuovo ricorso a Mons.Taccone.
II parroco don Pasquale Di Leo intende adire legalmente
contro il parroco Don Michele Leone ”per inadempienze
economiche nei suoi confronti, nonostante le assicurazioni da parte del Vescovo”.
Anche circa il suono delle campane vi erano continue discussioni tra il clero. Già nel 1927 sotto Mons. Del Buono, come risulta dal nostro Capitolo su "Stato e Chiesa “,
vi era già stata una regolamentazione del suono delle
campane. Ciò non bastasse, il 18.1.1928 troviamo un ricorso del parroco Acquafredda allo stesso Vescovo per il
can.Barone, Rettore dell’ Annunziata che “ da due anni
disturba le funzioni parrocchiali di S.Egidio col continuo
scampanare e con nuove funzioni”. Ora anche sotto
Mons.Taccone Andrea si ripetono gli stessi inconvenienti. II Vescovo il 30.1.1936 “raccomanda al Rev/mi parroci e Rettori di Chiese un uso più moderato e prudente
delle campane, riprovando e deplorando qualche abuso
che ha dato luogo a lamenti da parte di non poche fami-
190
glie". Non ottenendo alcun risultato, il Vescovo - lo riportiamo a titolo di cronaca - il 16.9.l940 faceva ancora
presente al Clero che “ non è raro il caso di contare più di
100 tocchi per ogni suonata. Sono proibite - egli dice - le
concorrenze fatte a suon di campane". Nella stessa notifica si affermava che erano sufficienti 10 tocchi per
l’occorrenza; diversamente si cadeva nella possibilità di
essere sospesi a divinis.
Anche I'Autorità civile nella persona del Prefetto Perez
aveva modo di presentare un quadro dl vita sacerdotale
poco edificante in una lettera del 27.7.1937 prot.891 a
Mons.Taccone sul Parroco Don Michele Raffaele che
“conduce - egli dice - una vita in pieno contrasto con i
precetti della Chiesa. Oltre ad amministrare i beni di diversi proprietari della frazione Palombaio, residenti in
America, si occupa della gestione di una società elettrica.
Occupato in tanti negozi temporali, poco tempo gli resta
per dedicarsi al suo ministero, dovendo anche spesso recarsi fuori residenza. Viene anche riferito che si è verificato qualche caso di decesso senza l’assistenza spirituale…”188. Questa lunga rassegna di documenti in senso
tematico - cronologico ha I'unico scopo di offrire un’idea
chiara e non partigiana, in una materia cosi delicata della
vita del Clero. Ci proponiamo ora un approfondimento
ulteriore, soffermandoci su alcuni aspetti o casi particolari della vita sacerdotale.
188
In B.V.B,
191
I CAPITOLI CATTEDRALI
I rapporti dei Sacerdoti in seno al Capitolo, non erano
certo ispirati a collaborazione. E’ il caso del Mansionario
Michele Cicciomessere che ammalato e impossibilitato a
partecipare al coro e a celebrare la S. Messa Capitolare è
costretto a rivolgersi al Vescovo Ferniani con un certo
disappunto anche nei suoi confronti. II 13.2.1922 scrive
al Vescovo : ”Dacchè mondo è mondo, sempre, in ogni
classe sociale, quando un confratello è colpito da sventura, tutti si fanno in dovere a soccorrerlo, ad aiutarlo; solo
tra i Capitolari di Bitonto, questa nobile virtù è tenuta a
non curanza, se non dimenticata…(rivolto al Vescovo) io
vidi in Lei il pastore della pace tanto aspettato!!”.
Forse nel Capitolo mancava anche quel senso di giustizia
e vero servizio evangelico. Infatti il Presidente dell’Opera
Pia SS. Sacramento il 17. 2.1922 faceva notare a proposito del funerali: ”Per esplicito ed espresso patto della citata convenzione, il Capitolo non ha diritto a richiedere,
molto meno a riscuotere, compenso alcuno dalle famiglie.
Colgo questa occasione, inoltre, per far considerare al
Rev/mo Capitolo relativamente al sistema adottato di
non muoversi per prendere parte ai funerali se non dopo
esatti dalla famiglia gli eventuali diritti straordinari…”. Il
Presidente non era certo in errore se il Capitolo deciderà
di restituire la somma percepita e non dovuta.
Che il Capitolo assumesse un certo atteggiamento deplorevole anche nei confronti del Vescovo, ne è testimone
un carteggio circa il servizio liturgico occorrente nelle
funzioni episcopali.
Il Vescovo Ferniani il 9.5.1923 prot. 290 scrive
all’arcidiacono Calamita: ”Ieri sera all’ora indicata sono
stato costretto a rimandare la carrozza, con cui doveva
recarmi alla chiesa di S. Michele per una funzione perché
i due Canonici occorrenti pel servizio mancavano, e mi è
stato affermato che non sarebbero venuti … Sono ben si-
192
curo che a Vostra signoria Rev/ma non sfuggirà il significato del can. 412 par.l° e par.2°, e parrà chiaro che nella
Diocesi di Bitonto, dal fatto solo che il Vescovo stabilisce di celebrare una funzione per la quale occorrono almeno due ministri, restano i Canonici invitati a parteciparvi in tale qualità… Nessuna questione in pendenza o
nessun motivo può giustificare la mancanza del servizio
su ricordato, specialmente poi se tale mancanza in luogo
di provenire da negligenza o insufficiente previsione, fosse stata eventualmente prevista, o preparata, nel qual caso
sarebbero anche responsabili, quelli che devono vigilare
sull'adempimento dei doveri Capitolari”.
L’arcidiacono Calamita e il Segretario Can. Cuccinella
rispondono a nome del Capitolo il 15.5.1923: "In ordine
alla sua nota del 9.5.1923, questo Rev/mo Capitolo deplora:
1. L'involontario incidente che ha richiamato le dispiacente dell’eccellenza Vostra Ill/ma e Rev/ma su di un
dovere del Capitolo circa l’assistenza dei capitolari al
Vescovo.
2. Dichiara le istituzioni capitolari riguardanti il servizio
di assistenza al Vescovo, sono determinate dal sinodo
di Mons.Bruno e dalla consuetudine, secondo la quale,
il servizio di assistenza, prima affidato ai Canonici
diaconi e suddiaconi, fu poi esteso ai Canonici presbiteri, i quali non potendo personalmente, si facevano
sostituire, si asserisce da qualche Canonico, però non
confermata dalla maggioranza, che in qualche circostanza, le dignità hanno prestato servizio al Vescovo.
Il servizio di assistenza, prima non era a turno, poi,
dietro ordine verbale del Vescovo Berardi, fu determinato a turno”. A margine del numero 1., il Vescovo
Ferniani non si dichiara soddisfatto; infatti annota:”
Lo sapeva bene il capo del Capitolo che sarebbero
mancati i Canonici per il servizio a S. Michele e i Canonici stessi che si erano rifiutati d'intervenire. Il de-
193
legato vescovile, il Canonico Cuccinella, e lo stesso
Calamita lo hanno affermato. Non è vero che l'incidente sia stato involontario”.
Anche a lato del del n.2. il Vescovo annota:” Dunque le
costituzioni non ci sono”. Il Vescovo sente la necessità di
un Decreto per disciplinare la vita capitolare. Ne riportiamo una minuta firmata ma non datata: ” Considerate
che il fatto delle sostituzioni inevitabili per molteplici ragioni può dar luogo ad improvvise mancanze di servizio
nel Coro, le quali sono causa anche di malumori e di
spiacevoli commenti nel pubblico; considerato che, in
passato i nostri antecessori hanno anche con provvedimenti coercitivi avuto cura che nelle sostituzioni non fossero commesse negligenze od omissioni a danno
dell’ordine richiesto nella corale officiatura, decretiamo
quanto segue:
1. I Sigg. Canonici e mansionari che secondo le norme
prescritte nei nuovi Statuti non provvedono direttamente a farsi sostituire per ogni servizio, che personalmente sono tenuti a prestare, incorrono nella sospensione dalla celebrazione della S. Messa per
l’intervallo di tre giorni;
2. Incorrono parimenti nella medesima sospensione e per
la stessa durata quei Canonici e Mansionari, che seconde le norme fissate negli Statuti Capitolari si rifiutano di sostituire quei corali i quali sono legittimamente cioè ai sensi degli stessi Statuti impediti dal
prestare servizio".
E perché le elezioni capitolari fossero fatte con serietà,
il Vescovo si faceva sollecito il 20.6.1923 nel presentare
suggerimenti al Cardinal G. Guerri della Dataria Apostolica in merito al Primiceriato libero nel Capitolo di Ruvo.
“Non mi sembrerebbe - egli dice - inopportuno chiamare
i Sacerdoti desiderosi di conseguire quel posto (Primiceriato ) a un esame, che, se non fosse da considerarsi come
vero e proprio concorso, valesse come requisito nel giu-
194
dizio che la Santa Sede crederà di emettere per la scelta
tra i candidati". La Dataria Apostolica, cosi rispondeva il
27.6.1923: ”V.E.Rev/ma non sarebbe il primo a fare ciò,
sarebbe un grande stimolo allo studio. lo ho sempre deplorato l'uso di quelle Curie che pongono la decananza
unico motivo di promozione”. Ferniani in ossequio a tale
disposizione, basava le sue nomine sul merito e ne dava
giustificazione.
L’elezione del Prof. sac. Pietro Tullo a Mansionario statutario del Capitolo di Bitonto, viene notificata come
“inferiore a quello che il superiore pensa e sente di Lei”.
Per la promozione del sac. Terlizzi Francesco a canonico
onorario, il vescovo riferisce all'arcidiacono che: ”II motivo basa principalmente nella stima che io ho verso
quelli, che con spirito di sacrificio servono per il buon
andamento del Seminario”.
La severità mostrata da Mons. Ferniani alla intraprendenza capitolare dava i suoi frutti, con maggior ossequio alla
autorità episcopale almeno da parte dell’ arcidiacono
Calamita. Ne è prova una sua lettera in data 26/8/1923:
"Le accludo il risultato dei nostri capitoli generali in cui
si è proceduto alla nomina degli ufficiali per I'anno futuro
amministrativo 1923/1924. Il Capitolo non ha mai fatto
tenere al vescovo questo resoconto; ma io stimo necessario che il vescovo sia edotto di quanto avviene tra noi,
sperando che ciò possa concorrere al miglior vantaggio
della vita interiore del Capitolo, ritenendo che l’unione
delle membra col suo capo effettivo sia sempre un bene
per tutti. Sono dolente che si sono esentati dal Capitolo
molti capitolari e specialmente i (noti signori): primiceri
Cuonzo e Cipollaro, canonici Campione, Piluscio, Barone, Panisco, Modugno, Sparapano”.
Dalla lettera testè riportata, si nota anche come la frequenza capitolare non fosse ancora regolare, soprattutto
se si tien conto del numero eccessivo degli assenti. Ciò si
spiega anche dai rapporti poco sereni esistenti tra i capi-
195
tolari su menzionati, l'arcidiacono e il vescovo. Non si
spiegherebbe diversamente quel “noti signori”.
I rapporti di Mons. Ferniani col Capitolo di Ruvo erano
invece basati su reciproca stima e collaborazione. Ne è
testimonianza la delicata situazione circa la costituzione
di nuove parrocchie a Ruvo, giacchè la cura d'anime era
affidata al Capitolo.
II Vescovo così scrive all’arcidiacono G. Basile il
22/4/1924: ”Di fronte alle molteplici opere, a cui deve
accudire nei tempi presenti, chi ha cura d’anime, fosse
giustificato il desiderio che alle tre già esistenti Vicarie
altre se ne fossero aggiunte. Offrendosi l’occasione, non
ebbi difficoltà alcuna a manifestare in privati colloqui coi
miei venerandi confratelli, quali erano i miei apprezzamenti su questo gravissimo problema. La S.V. Rev/ma
avrà premura di fare presente al Rev.mo consesso, che mi
ha già fatto toccare con mano in varie circostanze da
quanto buon senso, da quanto zelo, da quanta deferenza
verso il suo vescovo, sia animato, come io ardentemente
desidero di divenire allo smembramento delle tre Vicarie
senza procurare nuovi notevoli aggravi nel bilancio capitolare neppure per l’avvenire“.
Il Capitolo si riuniva il 27/4 e il 18/6, e nel congresso
premineziale del 4/7/I924 dava risposta favorevole allo
Statuto per la cura d'anime allegato dal vescovo alla sua
lettera. La risposta del Capitolo veniva firmata dal presidente teol. Ruta salvatore, delegato vescovile dall'
11/5/1923, nominato in occasione di un viaggio a Roma
di Monsignor Ferniani.
Sotto Mons. Del Buono, nel Capitolo Cattedrale di Ruvo,
continuava una maggiore unità d’intenti, anche se il delegato vescovile teol. Ruta Salvatore, registrava qualche
contrasto che per altro poteva benissirno tacere. "Nessuna
opposizione - egli dice -: compiacimento generale. Ma
Ecc.za non doveva mancare la nota stonata: e l’ha portata
il sac. Mazzone. Tutti unanimi hanno senz’altro accettata
196
la conciliazione a base di giustizia, secondo le mie vedute. Ecc. za è stata una lezione dura! Inaspettata a chi si
illudeva di tenere nelle mani la volontà del Capitolo.
Nessuno l’ha seguito”.
A Bitonto invece ritornano i difetti già deplorati da Mons.
Ferniani.
Il nuovo vescovo Del Buono, in una lettera del 30/6/1926
prot. 944 al Capitolo, si esprimeva con grande fermezza:
”Sentiamo il dovere di rilevare, non senza rincrescimento, l'assenza verificatasi, ieri, in Cattedrale, al pontificale
celebratosi nella ricorrenza della festa di S. Pietro, per
parte di non pochi capitolari e di quasi tutti i sacerdoti
fuori numero. Tale fenomeno che deploriamo come indice forse inconsapevole di mancata disciplina che desideriamo invece rinsaldata e rinvigorita ad ogni costo, non
siamo affatto disposti a tollerare per l’ avvenire. Noi, che
già pensiamo al modo migliore di chiamare in Chiesa,
nelle festività maggiori, il popolo cristiano perchè partecipi, con gioia profonda, alla celebrazione dei tanti misteri, non possiamo permettere che cotesto riprovato assenteismo si insinui proprio nelle file di coloro, che, per i
gravi doveri assunti dinanzi a Dio, devono diffondere negli altri la luce del buon esempio”.
L’assenteismo era forse motivato da alcune preferenze,
esistenti nel Capitolo circa la presenza nel Coro, nei riguardi dei sacerdoti che insegnavano nel Seminario.
All’uopo Mons. Del Buono sentì la necessità di riportare
alla luce il Decreto del suo predecessore già citato. Cosi
all’arcidiacono in data 22/10/1926. ”A ritenere - egli dice
- nei riguardi degli obblighi corali la posizione dei capitolari che insegnano in questo seminario, mi fò premura
di comunicare alla S.V. Rev.ma copia di un R.A. esistente in archivio e provocato a un testo, della S. Sede dal
compianto Mons. Ferniani… Ne faccia l’applicazione
con ogni serenità di giudizio tenendo presente che per diverse vie si coopera tutti al bene della stessa Chiesa, il cui
197
maggior vantaggio è norma sicura di ogni nostra buona
condotta”. Il problema della frequenza agli obblighi Capitolari, era avvertito anche nelle altre diocesi pugliesi.
Fu posto all'ordine del giorno dalla conferenza episcopale
regionale che, riunita a Molfetta, il 30/4/1927 così decretava: ”Capitolari che senza legittima causa si assentono dal Coro o per tutta la salmodia o anche per una sola
delle ore canoniche, quantunque lucri le distribuzioni assegnate alle parti a cui furono presenti, perdono la quota
delle prebende dell'intera giornata, e sono tenuti a consegnarla all'Ordinario, il quale dovrà erogarla nei modi prescritti dal canone 2381.
Mons. Del Buono si rendeva conto che l’aver richiamato
i capitolari alla presenza al Coro non bastava perché il
popolo ne avesse un quadro edificante.
Scrivendo all’arcidiacono Calamita così dice il 7/6/1927
prot.64: "Mi costa che parecchi Rev. mi capitolari precipitano in Coro la recita dell’ufficio divino, e vi è perfino
qualcuno che se la passa discorrendo col compagno vicino o forse leggendo qualche pezzo di giornale o altro
manoscritto del tutto estraneo alla preghiera liturgica
della Chiesa. Cotesto abuso deve cessare ad ogni costo e
a tale scopo richiamo in vigore i vari decreti che i vescovi
precedenti emanarono a suo tempo, per sistemare la disciplina del coro … I fedeli devono ormai essere stanchi
di assistere ad una specie di parodia di preghiera alternata
talora a parole e a gesti che, oltre a riuscire offensive
all’onore di Dio, nel cui nome si è congregati riescono a
gettare la disistima di fronte al pubblico sulla propria ed
altrui dignità”.
Della poca dignità capitolare ne erano convinti anche gli
stessi membri. Per la Santa Visita di Mons. Del Buono,
tra i suggerimenti il canonico G. Pasculli il 30/3/1928 così si esprime: ”Nel Capitolo - ordinariamente acefalo o
quasi - regna il disordine, l’indisciplinatezza , l'anarchia,
uno spirito di ostinata partigianeria“. Ciò nonostante, il
198
vescovo in data 29/2/1928 rivolgeva al Capitolo un suo
desiderio, forse con l’intento di stimolarne una vita più
confacente al sacro Ministero: ”Sarebbe mia intenzione di
provocare dalla S. Sede, per Breve o per Rescritto apostolico, la concessione a cotesto Rev.mo Capitolo della
sottana nera con filettatura e bottoni color cremisi (abito
civile)". Ciò non valse molto a realizzare miglioramenti
se, in occasione della Santa Visita, il vescovo Del Buono
trovava ancora motivo di lamentarsi presso l’arcidiacono
Calamita il 13/7/1928 prot. 183: ”Allo scopo di accordare
un tempo congruo a rimettere ogni cosa in ordine, rimandiamo la Santa Visita a cotesta Cattedrale e al Rev.mo
Capitolo a dopo settembre p.v. … Risponda almeno in
modo sufficiente ai bisogni del sacro tempio e
dell’igiene, non potendo in alcun modo tollerarsi che
proprio la cattedrale, fra le varie Chiese della città che
vanno ripulendosi ed ordinandosi, resti la più abbandonata”.
Anche il Vicario capitolare Calamita, nel periodo della
sua reggenza, non mancava di richiamare ad una più rigida disciplina.
Il 13/2/1929 tra I'altro così notificava : "Si sforzi ognuno
di non posporre l’onere capitolare al disbrigo di affari,
per modo che il Coro non vada deserto o frustrato …
Nelle processioni, specialmente funebri, si osservi
l’ordine, il silenzio, la preghiera … Si adoperi ognuno di
non mancare ogni sera all’audizione della predica quaresimale, sia per il vantaggio della propria anima sia pel
buon esempio dei fedeli”.
E il Capitolo ne accettava i suggerimenti. Infatti col possesso canonico di Mons. A. Taccone, nuovo vescovo, il
Vicario capitolare F.P. Calamita concludeva il suo ufficio
inviando al Capitolo una lettera in data 15/12/1929 di
gratitudine per la collaborazione fraterna ricevuta e per il
compatimento usato nei suoi confronti negli undici mesi
199
di amministrazione189. II Capitolo rispondeva il
17/12/1929 ringraziando "per averci -si dice- governato
lodevolmente. Abbiamo ammirato la Sua saggezza e prudenza per ben 11 mesi nelle difficili e diverse circostanze
del Suo Ministero … Ha saputo contemperare la forza
con la soavità”190.
Sotto Mons. A. Taccone si cerca di intensificare rapporti
di maggior collaborazione tra il Capitolo e il Vescovo. Il
Capitolo di Bitonto, in data 10/3/1930 dà esito favorevole
alla lettera di S.E. Mons. Vescovo con cui domandava il
consiglio del Capitolo circa le nuove tariffe dei diritti parrocchiali. Non mancano però anche qui i dissensi: "Alcuni - si dice - sono del parere di rimandare ad altra epoca,
perchè c’è grande miseria. Il can. Barone dice: non approvo la tariffa, perchè è esagerata, data la miseria, e poi
non vorrei che il vescovo fosse censurato”.
La collaborazione almeno della maggioranza dei capitolari spingeva il vescovo a nuove promozioni. E il Capitolo il 3/7/I930, ringraziando Mons. Taccone, diceva di
Lui: ”Dà prova tangibile della sua vasta bontà e della sua
cosciente valutazione del lavoro arduo, silenzioso, immenso, fecondo che essi giornalmente svolgono a gloria
di Dio ed a salvezza delle anime”.
Il vescovo però, ben conoscendo la fattura del Capitolo
rimaneva sempre all’erta a reprimere ogni eventuale dissonanza nella vita capitolare. In data 27/11/1932 scriveva
ancora al Capitolo; riportiamo quest'ultimo documento
in merito. ”Per tutelare la dignità canonicale - egli dice-,
siamo costretti a proibire sub poena suspensionis ipso
facto incurrenda, che i Rev.mi canonici della nostra
Cattedrale prendano parte agli accompagnamenti funebri
nei quali non prende parte tutto il Capitolo". Era forse
189
190
In B.V.B.
Vita Religiosa , (VII°) 1929 n. I2, pp. 57-58.
200
questo un modo, tentato dai membri capitolari, per risolvere I'annoso problema economico191
191
In B.V.B.
201
IL CLERO E IL SANTUARIO DEI SS. MEDICI
In una breve relazione del 2/12/1924 a Mons. Ferniani, il
sac. Nogara Giovanni, Rettore del Seminario di Molfetta,
dice di essere stato nominato Visitatore Apostolico con
lettera della Sacra Congregazione del Concilio in data
12/7/1921 : ”Mi sono presentato - egli dice - alla commissione (del Santuario del SS. Medici, nominata da
Mons. Berardi Pasquale) per compiere il mio mandato.
Ne ebbi un rifiuto, per cui dovetti rivolgermi alla Sacra
Congregazione del Concilio".
Il rifiuto dipese dall’impossibilità, da parte dei componenti la Commissione, ad eseguire la consegna. Infatti, si
legge nel carteggio del SS. Medici, che i commissari non
avevano la chiave dove si custodivano i doni votivi e
preziosi, essendo questa in mano di Mons. Berardi, e che
era normale per loro aspettare il vescovo della Diocesi
che giungeva dall’America a Napoli il 1° settembre e di
cui non si aveva ancora alcun motivo per pensare che non
avrebbe fatto più ritorno in Diocesi. Anzi, il vescovo Berardi, si legge testualmente nei fogli dei componenti la
Commissione,”non sapeva risolversi se venire diritto a
Bitonto o andare prima a Roma. La soluzione fu che andò
a Roma, partendo da Napoli il dì 3 settembre. A Roma si
fece trovare la superiora di questo nostro Istituto (S. Cuore di Bitonto), la quale lo tenne informato di quanto succedeva qui”.
Non avendo risposta da Mons. Berardi, si mandò a Roma
l’arcidiacono Calamita; si telegrafò volendo il Visitatore
Apostolico la consegna del Santuario per il giorno 6 settembre. Ma il giorno 5 di detto mese telegrafò Mons. Berardi dicendo che sarebbe venuto a Bitonto e che quindi
si attendesse per la consegna. Mons. Nogara in seguito a
istruzioni della Sacra Congregazione del Concilio “il 12/9
- egli stesso dice- avocai a me l’amministrazione, pur
non avendone avuta la consegna. Ne seguirono dolorose e
202
scandalose vicende: carabinieri mandati dalla cessata
amministrazione alla Chiesa di S. Giorgio per allontanare
il mio delegato (padre Rossano del convento di san Leo
in Bitonto), accusandolo di violazione di possesso; citazione del medesimo e dello stesso visitatore Apostolico
davanti al giudice laico, conseguente sospensione a divinis e violazione della medesima".
Dinanzi alla sospensione canonicale, la commissione reagì, come già abbiamo accennato, adendo le vie legali
presso gli avvocati Zuccarini e Martucci. Nell’esposto
fatto dai commissari ai propri avvocati si chiede:
”Querela per diffamazione …:
a) perché ci ha provocati con un'azione illegale di spolio, ritenendo che nell’opera e nel metodo del Rev.do
visitatore mancano gli estremi perchè fosse applicabile al nostro riguardo il principio canonico spoliatus
per supremum principem non daretur remedia restitutoria;
b) ci ha impediti che avessimo potuto difenderci a Roma:
come si spiegherebbero altrimenti l’azione violenta ed
ingiusta di cotesta Sagra Congregazione del Concilio?
Contro individui nè provati, nè saputi rei?
c) perché intercedendo l’appello, pur avendo egli compiuto un atto nullo, ci ha senza carità e senza discrezione dichiarati sospesi, mettendoci così al ludibrio e
al linciaggio della plebaglia, prima che a noi desse
formale notizia del suo provvedimento …
Durante l'appello, il Nogara, il cui mandato, da noi visto
e letto, è sfornito di clausole appellatione remota, ci sospendeva".
“Finalmente - dice Mons. Nogara nella relazione suddetta
- venne l’Amministratore Apostolico (il 10/10/1921:
sempre da appunti sui SS. Medici) S. E. il Card. Tosi E.
allora vescovo di Andria. Furono allora chiamati i membri della cessata Commissione alla sua presenza nel convento di S. Leo, dove si trovava pure Mons. Migliore,
203
vescovo di Monopoli: dovettero riconoscere il loro errore
e fare in iscritto atto di ritrattazione e sottomissione alla
S. Sede. Ne seguì quindi la consegna dell’amministrazione“.
La Commissione, in pro memoria del 14 ottobre, riporta
in sunto quanto si dice nel convento di S. Leo. Era presente Mons. Tosi ad assicurare che “la Commissione sarebbe restata ai ss. Medici; al ritorno dagli Esercizi avrebbe dato le spese". Mons. Migliore,vescovo di Monopoli e Amministratore di Molfetta” si meravigliò che il
Visitatore avesse esposto quel cartello (circa la sospensione a divinis ) nella sacrestia del santuario dei SS. Medici e ieri mattina 13 ottobre andò a levarlo di persona”.
C'era anche Mons. Bruni, Ufficiale della Sacra Congregazione del Concilio, che disse: ”La citazione in tribunale
ha rovinato la Commissione: ora sarebbe già di nuovo al
suo posto". Il sac. mons. Nogara attestò ai vescovi che “la
Commissione nella sua relazione finanziaria,tutto in piena regola".
La Commissione riporta le conclusioni della riunione:
"Se siamo sospesi e dobbiamo fare gli Esercizi a Santeramo (presso i Padri del Preziosissimo Sangue) è per dare
una soddisfazione esterna alla S. Sede. Allora fu tolta la
querela in tribunale". Fattosi tardi, furono invitati i membri della Commissione a sottoscrivere senza previa lettura, ottenendo però da Mons. Nogara assicurazione che
avrebbero ricevuto copia di quanto firmato. Le promesse
e gli attestati di stima di quella seduta svanirono nel nulla.
Dall'anagrafe del Clero di Bitonto, chiesta da Mons. Ferniani, si può avere un’idea dello stato d'animo dei componenti la Commissione.
Il can. arciprete Vincenzo Cerrotti il 18/11/1922 così
scriveva: "Per ben quattro anni ho sostenuto l’ufficio di
tesoriere del Santuario dei SS. Medici, con tutta esattezza e scrupolosità fino al 12/9/1921, quando fu sciolta
204
quella Commissione…Ho lavorato ed instancabilmente
solo per Dio e per ubbidienza al superiore (Mons. Berardi
Pasquale), senza alcun preconcetto, chiunque esso sia
stato”.
Il 23/11/1922 il can. Francesco Sparapano così si esprimeva: ”Addolorato, perché, dopo aver prestato l'opera
mia, con enormi sacrifici e torture, essere stato cacciato
dal Santuario dei SS. Medici e sospeso dal Sacro Concilio per essere stato esatto esecutore degli ordini di S.E.
Mons. Berardi”. E il can. Vacca–Torelli, prefetto delle
sacre cerimonie, dignità capitolare, lo stesso giorno così
scriveva: "Questa carica (membro della Commissione)
come dagli altri componenti anche, fu mantenuta con
tutta scrupolosità ed esattezza; ma per intrighi dell’attuale
parroco di S. Giorgio (sac. Francesco Saverio Fornelli
che lamentava l’impossibilità a dirigere la parrocchia con
la Commissione ivi presente per presiedere al Santuario
ivi esistente) coadiuvato da nemici di Mons. Berardi sia
Canonici (Cepollaro, Barone,Cuonzo) sia secolari (Confraternita dei SS. Angeli Custodi, contro cui pendeva
un’azione legate da parte del commissari dei SS. Medici)
fui privato di tale carica, unitamente agli altri. Ci rivolgiamo al Sacro Concilio chiedendo schiarimenti e protestando contro l’operato saturo di partigianeria commesso
dal Visitatore Mons. Nogara … Il Nogara arbitrariamente, ci comminò la pena della sospensione a divinis … Il
popolo dietro anche insinuazioni di maligni ci credette
dei ladri”.
Dello stesso avviso era un altro sacerdote, lambito appena
dalla ventata ostile contro i seguaci di Mons. Berardi (si
veda in particolare il capitolo sul Seminario). Si tratta del
canonico teologo Pasquale Ferrante, laureato in teologia e
in lingue a Napoli, Rettore del Seminario, esaminatore
pro sinodale, promotore fiscale del tribunale ecclesiastico
diocesano, insegnante di esegesi ed eloquenza nel seminario Regionale ecc…Il 23/11/1922 così scriveva: "Sia
205
riabilitato il prestigio dell’autorità episcopale in Bitonto,
separandosi degnamente la gravissima colpa di pochi che
con macchinazioni indegne e sorprendendo la buona fede
delle SS. Congregazioni, riversarono sul decoro
dell’intera Diocesi l’onta per cui si impediva al proprio
vescovo di ritornare nella sua sede che per 23 anni aveva
saggiamente governata. Ciò perchè non resti, nella storia
di questa diocesi il triste scempio, per cui si possa dire
che, nel governo della Chiesa si premi l’audace ribellione
di sacerdoti contro il proprio vescovo, il medacio e la
gratitudine di figli beneficati e irriconoscenti … Venga
ristabilito innanzi alla pubblica opinione, il decoro dei
Rev.di sacerdoti già componenti la Commissione del
santuario dei SS. Medici, che innocentemente sono tuttora sotto il peso della disonorante accusa di sacrilego peculato".
Le parole del teol. Ferrante facevano eco all’esposto a
Pio XI da parte di Mons. Berardi il 4/11/1922 e inviato
per conoscenza a Mons. Ferniani il 26/11/1922. A proposito del santuario il vescovo dice: ”Un tempo lasciato all'arbitrio dei parroci, che non davano mai conto di nulla a
nessuno, fu disciplinato poi nella prima vacanza della
parrocchia, e retto da una Commissione di Fabbriceria,
prima riconosciuta e accettata dal parroco novello (sac.
Francesco Saverio Fornelli), dopo rinnegata con un tentativo di giudizio al Concilio. Dopo il lodevolissimo esercizio di due anni pel quale il santuario fra oggetti votivi e
offerte era ricco di più che 100.000 lire, la Commissione
fu perseguitata, spodestata clamorosamente; e quindi
l’Amministrazione sotto il nome di un amministratore apostolico lontano (Mons. Nogara), è tornata in sostanza
nelle mani del parroco. Fu vano ogni appello al diritto; il
decreto vescovile fu strappato, come un pezzo di carta e i
sacerdoti della Commissione furono puniti con gli Esercizi spirituali: il popolo li credette ladri delle offerte appartenenti al santuario”.
206
Nella relazione citata del 1924 del sac. Nogara a Mons.
Ferniani, sembra che le amarezze del Visitatore fossero
pari a quelle dalla Commissione : " Dio solo - egli dice è testimone delle sofferenze morali di quei giorni dolorosi, ma non ho serbato rancore contro nessuno, nè sento
scrupolo alcuno del mio operato, perchè non ho mai agito, nè preso decisione alcuna senza dettagliate istruzioni
della Sacra Congregazione. Anzi fui quasi rimproverato
da Mons. Sottosegretario per non aver proceduto con energia, valendomi dei poteri che mi conferiva la carica di
Visitatore Apostolico”.
Mons. Nogara lasciò l’incarico il 30/11/1924: lo si desume da una lettera a Mons. Ferniani del 4/12/1924
prot.136.
Il vescovo Ferniani, pur preposto alla Diocesi di Bitonto,
era stato impossibilitato, presente il Visitatore Apostolico, ad interessarsi al Santuario dei SS. Medici. In una
lettera a Sua Em.za il Card. Donato Sbarretti, Prefetto
della Sacra Congregazione del Concilio, il 28/4/1923 aveva detto: "Il rinomato Santuario dei SS. Medici di Bitonto è sotto la immediata vigilanza di un Visitatore Apostolico; e per un complesso di prudenziali ragioni, ispiratemi dalla speciale posizione di quel santuario, ho creduto opportuno non richiedere ad alcuno notizie sulla sua
storia e sulla sua amministrazione, che del resto saranno
già ben note a codesta Sacra Congregazione”.
II vescovo era stato costretto a risposte diplomatiche in
merito, come risulta anche da un ricorso a Mons. Del
Buono da cui si rileva che la nuova amministrazione dei
SS. Medici aveva risoIto il problema delle entrate e delle
uscite, non certo quello dell'onestà pastorale.
Quattro venditori di candele infatti riferiscono al vescovo
con lettera da Bitonto il 25/7/1927: ”Nel Santuario dei
SS. Medici del nostro paese - essi dicono - affluiscono
parecchi quintali di cera all’anno, la quale in minima
parte viene accesa davanti ai santi e il grosso viene im-
207
magazzinato per fame commercio all’ingrosso e al dettaglio dal parroco del Santuario; e ciò a detrimento delle
qui sottoscritte quattro fabbriche di candele quivi esistenti, nonché di venti famiglie di operai che esse reclutano
per la lavorazione di dette candele … Detta cera, Ecc.za,
oltre ad essere venduta a Confraternite, a parrocchie, a
funerali, a rivenditori, è venduta anche alle donnicciole
che vanno alle diverse processioni a prezzi bassissimi,
tanto vero che nell'ultima festa di Maria SS. del Carmelo,
noi non abbiamo venduto che dieci sole candele mentre il
parroco ne vendette moltissime. Interessammo a suo
tempo il compianto Mons. Ferniani che ci assicurò il suo
interessamento … non è certo lodevole che la Chiesa diventi uno spaccio di merce … I ceri devono ardere innanzi ai Santi Protettori e non formare oggetto di speculazione, ciò lo ripetiamo, ancora una volta, offende la fede e la
religione di quel Cristo che tanto soffrì per i nostri peccati”.
Anche i disagi della Commissione proposta da Mons. Berardi al Santuario dei SS. Medici non finirono con la scadenza del mandato di Mons. Nogara; fu per lungo tempo
ritenuta dalla Santa Sede ribelle all’autorità ecclesiastica.
In una lettera minuta all’ing. Dott. Federico Pasculli agente generale delle Assicurazioni - Venezia, inviata a
Roma il 21/5/1937 da parte del sac. Pasculli Gaetano, si
legge: “Intanto giacchè con tanta gentilezza vi dichiarate
disposto a favorirmi anche presso il Vaticano, vi espongo, in breve un caso che mi riguarda. Nel 1932 il nostro
vescovo Mons. A. Taccone - per sua bontà - mi propose
alla S. Sede per farmi conferire una onorificenza pontificia. Trovò un veto contro di me solo nella Sacra Congregazione del concilio di cui attualmente il Prefetto è sua
Eminenza il Cardinal Serafini e Segretario Sua Ecc.za
Mons. Giuseppe Bruni. II veto deriva da quanto segue.
Nel 1921 la mia sfortuna, facevo parte di una Commissione per la gestione del SS. Medici … Vi sarò dunque
208
gratissimo se mi potrete favorire in questa vertenza, giacché mi è gran peso non tanto la mancata onorificenza
pontificia, quanto I'essere ritenuto come ribelle alla S.
Sede ''192.
192
In B.V.B.
209
MONS. BERARDI E L’ISTITUTO SACRO CUORE
Un carteggio che ci indica tutta la amarezza di un vescovo allontanato in malo modo dalle sue Diocesi, è quello
che si riferisce all'Istituto Sacro Cuore di Bitonto. Mons.
Berardi di cui già abbiamo parlato nel Clero in genere,
volle farne una rocca forte di quest’Istituto nelle sue mani
per non lasciare adito alle dicerie sulla propria onestà e
per usarlo eventualmente come contropartita per una sua
riabilitazione ufficiale. Ne curava i suoi interessi in Bitonto l’avvocato Damascelli Michele, amministratore
della Mensa vescovile sotto Mons. Berardi fin dal 1902, e
suo sostenitore. Rispondendo il 6/3/1925 al vescovo che
lo interpellava sui restauri da farsi, prendeva occasione
per elogiarne l’opera. “Vostra Ecc.za - dice il Damascelli
- non fece più ritorno in questa Diocesi, avendo dovuto
raggiungere la nuova sede, Gaeta, per la qual cosa non si
potette provvedere a tutti i lavori di riparazione
all’Istituto del Sacro Cuore, retto dalle Maestre Pie, Istituto qui voluto fondare da V.E. per l’educazione della
donna e che sta qui a dimostrare l’alta sapienza e il grande amore che hanno sempre guidato ed ispirato ogni azione di V.E. in questa nostra città”193.
II plauso per detto Istituto giungeva a Mons. Berardi da
amicizie personali; ma anche a livello ufficiale, la Chiesa
diocesana non risparmiava elogi al momento opportuno.
Nel bollettino Vita Religiosa, a proposito del dono delle
campane da parte di Mons. Berardi, si dice : “Il benemerito Ill.mo e Rev.mo Mons. Arcivescovo, per dimostrare
sempre più il suo paterno affetto per le nostre Diocesi, ha
inviato all’Istituto sacro Cuore 8 campane armoniche, eseguite dalla rinomata ditta Marinelli di Agnone.
Su due campane, oltre lo stemma di Mons. Berardi e del
Romano Pontefice Pio XI è inciso anche il nome di S.E.
193
In B.V.B.
210
Mons. Ferniani, che doveva consacrarle, attestato imperituro della stima e dell’affetto che Mons. Berardi nutriva
per il suo degno successore”194.
“II giorno sacro del Corpus Domini, Mons. Vescovo (Del
Buono D.) benedisse le otto campane della nuova Chiesa
del Sacro Cuore... Sua Ecc.za pronunciò un alato discorso
elevando un inno di gratitudine e di riconoscenza ai suoi
predecessori, Mons. Arciv. Berardi e Mons. Vescovo
Ferniani. Lo scampanio dei sacri bronzi benedetti farà
sempre più ricordare la memoria del grande benefattore
della nostra Diocesi, che fu il vescovo Berardi”195.
Per la sincerità o meno di questa espressioni è bene riportare la documentazione in merito all’Istituto, raccolte
in parte in un volume dato alle stampe dallo stesso Mons.
Berardi nel 1929 196.
Si tratta di una minuziosa esposizione che noi seguiremo
da vicino per meglio considerare i rapporti tra il clero e i
vescovi, tra i vescovi e la S. Sede.
Mons. Berardi inizia la sua trattazione a difesa del suo
operato negando qualsiasi collegamento tra la sua pastorale a Bitonto e la sua elezione ad Arcivescovo di Gaeta,
mostrando somma meraviglia per lo strano agire della
Chiesa locale e della S. Sede nei suoi confronti. "Il maggio 1921 - egli dice a pag. 11 – già promosso alla sede
arcivescovile di Gaeta, partii da Bitonto, chiamato con
telegramma, per accompagnare negli Stati Uniti (Trenton) 22 suore Maestre Pie Filippini. Al ritorno, dopo tre
mesi in Roma, trovai una misteriosa corrente avversa, e
mi fu impedito di tornare nelle Diocesi di Ruvo e Bitonto
per sistemare le cose private e di Curia. I preti ribelli,
protetti dalla Sacra Congregazione del Concilio, brigaro194
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.1, p. 10.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n .6, p. 55.
196
BERARDI, P., L’Istituto Sacro Cuore di Bitonto per la storia, tip.
Consorzio Nazionale, Roma 1929.
195
211
no in tutti i modi per ottenere tale audace trionfo, a scopo
di migliorare, con l’opera benevola del futuro amministratore apostolico, la loro condizione di rimpetto al vescovo successore. Subii la grande umiliazione, che ebbe
l'effetto di gravi danni materiali, morali e personali e il
danno ancor più grave di uno scandaloso sovvertimento
disciplinare del Clero… II 31/10/1921 feci solenne ingresso in Gaeta. In quella occasione, una nuova inesplicabile sorpresa: l'amministratore apostolico impedì ai
miei buoni sacerdoti di farmi l’onore con la loro presenza. Nello stesso tempo iniziarono le insistenze per la cessione dell’Istituto delle Maestre Pie tramite il loro confessore don Raffaele Vacca-Torelli e per mezzo di mio
fratello, commissario dott. Savino, e per mezzo dello
stesso vescovo di Trenton, Mons. Wolsch … Non avevo
l’esatta idea dell’entità dell’opera e della sua stabilità economica per affrontare sicura l’avvenire … E poi cedere
l’Istituto a chi? Le Maestre Pie non sono un ente giuridico riconosciuto: cederlo alla superiora generale? Ad una
persona privata?...E domani, che cosa potrebbe avvenire?
Ma in fin dei conti, esse non ne erano quasi le padrone
assolute? Infatti non rendevano, come fin qui non hanno
reso mai conto della direzione e dell’amministrazione
dell’opera, né a me, né all’ Elemosiniere pontificio da cui
dipendono, nè all’Ordinario di Bitonto”.
Le pretese delle suore erano riportate nel pro-memoria
delle Maestre Pie Filippini all'Elemosiniere, citato a pag.
33 nel volume di Mons. Berardi : ”Il grandioso fabbricato
- si dice - sorse per opera di Mons. Berardi che lo fece
fabbricare a sue spese …S.E. vagheggiava il progetto di
donare alla S. Sede il fabbricato per l'Istituto pontificio
delle Maestre Pie Filippini. E quando nel 1920,
l’Elemosiniere Naselli-Rocca si recò in visita alla casa
delle Maestre Pie a Bitonto, Mons. Berardi in pubblica
accademia di circostanza ripeté che tutto avrebbe ceduto
all’Istituto Filippini …''.
212
"Mi pervenne - continua Mons. Berardi nella sua esposizione - lettera di detta Congregazione (Concistoriale,
Roma 24/7/1923) la quale mi annunciava che l’Istituto
delle Maestre Pie Filippini non poteva considerarsi come
opera privata di Mons. Berardi ma era opera diocesana:
su di che mi dovessi intendere con Mons. Cremonesi, Elemosiniere pontificio, e Mons. Ferniani". Quest'ultimo
"si prestò a raccogliere da locali spergiuri un materiale di
segrete accuse contro di me …; qualche cosa, malgrado il
segreto, comincia a trapelare delle sue inchieste. Certo
egli, con modi poco cristiani, costrinse la Pia Rosina Caraffini ad una deposizione per la casina di S. Spirito narratami poi dalla medesima in una lettera (documento n.8,
pag. 39-41, scritta a Bitonto il 15/12/1925): egli chiese
deposizioni sulla fantasticata mia intenzione di cedere
non so se la casina o l’Istituto o l’una cosa e l’altra,
nientemeno che a mio fratello; egli mise sulle labbra dell'Em.mo Card. Lucidi suo ospite a Bitonto, la parola rovente al mio indirizzo: quel ladro".
La lettera di Rosina Caraffini così riportava le parole di
Mons. Ferniani : ”Badi, badi bene,che vi è pericolo che
lui (Mons. Berardi) resti in mezzo ad una via, e questo lo
dico per il suo bene. E poi, senta: se lei vuole bene a
Mons. Berardi scriva ciò che le ho detto per salvare
l’anima di Mons. Berardi altrimenti si danna...".
Mons. Ferniani chiedeva i suoi diritti sull'opera dell'Istituto come Ordinario. E la Sacra Congregazione Concistoriale il 5/5/1924 "mi comunicò -dice Mons. Berardi - che
non soltanto la Chiesa ma anche I'Istituto era opera diocesana, e quindi doveva dipendere esclusivamente
dall’Ordinario di Ruvo e Bitonto. Nel ricevere tale improvvisa comunicazione, restai fortemente sorpreso perché non solo non fui invitato a difendere il mio diritto;
ma non venni nemmeno interrogato. Le ragioni poi di
questa rilevante decisione, si poggiava sull'asserzione
gratuita che non soltanto la Chiesa ma anche l’istituto e-
213
rano sorti sia con mie elargizioni, sia con le oblazioni dei
fedeli”.
II 10/6/1924 rispose Mons. Berardi alla Sacra Congregazione Concistoriale:
1) E’ vero che il bollettino - I'Eco del Sacro Cuore ,che
iniziò le sue pubblicazioni nel gennaio I917, quando
l’Istituto era compiuto, reca l’elenco di offerte per
79.000 e più lire, ma esse, come risulta dal fatto, e da
un appello a stampa rivolto alla città di Bitonto verso
la fine del 1916, erano per la erigenda Chiesa distinta
dall’Istituto;
2) E’ vero che il sig. don Francesco Lomaglio spese un
discreto capitate per questo Istituto e si recò anche in
America per raccogliere altre somme; ma è anche vero
che per difetto di costruzione le sue fabbriche crollarono; che per le sue suppliche e premure, con la promessa di rifarmi di tutto, volle assumessi sopra di me
la costruzione; che andato in America morì, senza rifarmi del denaro datogli e speso; che continuai l’opera
per decoro e dignità… A considerare la mole
dell’Istituto che ora può forse valutarsi pressoché due
milioni: come mai un vescovo senza rilevanti mezzi di
fortuna e sfornito di pingue rendita è potuto riuscire a
tanto! La modesta rendita diocesana diventava parsimoniosa e perciò preziosa, con opportuni soccorsi patrimoniali, compì - in economia - il gran miracolo relativamente senza sforzi eccessivi. E posso dimostrare
quanto asserisco con due documenti: le note delle mie
spese personali di sussistenza giornaliera, le note delle
giornate di lavoro operaio per ogni settimana e mese,
durante i 10 anni. Anche questa prova specialissima io
posso dare!... Ho difeso e difendo la mia posizione
solo per impedire che da bassi intrighi mi venga agli
occhi del pubblico strappato il merito della mia fondazione, accreditando tutte le voci di diffamazione cor-
214
se”. Questa la difesa di Mons. Berardi per sostenere i
propri diritti sull’istituto.
Il 31/12/1923 partì “la seguente lettera anonima da Roma
- dice Mons. Berardi a pag. 16 - che il perito grafico cav.
Uff. Gentile ha attribuita al sac. Filosa Benedetto, scrittore del Concilio, diretta al can. Salvatore Leccese di Gaeta: ‘Perché ti metta in guardia, che I'arcivescovo di costi
... meriterebbe di fare la fine dell’arcivescovo di Castellamare Mons. Fiondo o per lo meno fargli subire l’onta di
Bitonto una seconda volta…’. Basta solo questo grave
documento per far supporre qual tenebroso intrigo preparasse la ribellione di preti e la Visita Apostolica di Gaeta".
Mons. Berardi riceveva il veto all’udienza da lui chiesta
al S. Padre. “Andai - egli dice - dall’Eminentissimo Card.
De Lai a chiederne ragione, e questi nella sua lealtà mi
rispose: E’ stato Mons. Rossi; io non ne sapevo nulla …
Avvenne poi quel che avvenne (cioè la sua rimozione da
arcivescovo di Gaeta) e di cui parlo in separata memoria,
-Il delitto di Gaeta -. Certo quel veto ne fu l’antifona dolorosa”.
Si ricorda anche nello stesso libro la lettera ricevuta dal
Card. De Lai della Concistoriale del 2/7/1924. “La S.V. si dice in detta missiva - si ricorda quante difficoltà ha
avuto a Ruvo e Bitonto e quanta volte io l’ho consigliato
a lasciar andare e rimettersi. Se mi avesse ascoltato - non
v’ha dubbio - quanti dispiaceri si avrebbe evitato e
quanto più bene non avrebbe fatto. Ora nell’affare della
Chiesa e dell'Istituto del Sacro Cuore rinnovo a Lei la
stessa raccomandazione, non so se con pari inutilità certamente però con effetti non diversi”.
Da ciò risulta che la promozione a Gaeta come arcivescovo fu dovuta a motivi forse di pastorale, non certo inerenti all’Istituto Sacro Cuore. La vertenza su
quest’opera - Istituto, influì sull'allontanamento da Gaeta.
E per ogni nuova sistemazione morale di Mons. Berardi
215
era pregiudizievole la definizione dell’Istituto e della casa
di S. Spirito, da cedersi secondo la Sacra Congregazione
alla Diocesi di Bitonto.
A pag. 23 dello stesso libro, Mons. Berardi ricorda i
compensi offerti dal Card. Perosi qualora si fosse deciso
a cedere l’Istituto. Si parla di un Canonicato vacante a S.
Pietro in Vaticano già rifiutato da Berardi e accompagnato da espressioni: " Poi da cosa nasce cosa". In queste
parole c'era forse l’intento e la promessa del suddetto
Cardinale a interessarsi per una nuova sede episcopale.
Tra l’altro Berardi avrebbe avuto anche immediatamente
L. 1000 dal momento della stipula dell’atto di cessione e
di L.500 mensili per i mesi arretrati. Il vescovo Berardi
afferma anche che “mi sono state fatte - egli dice - condizioni economiche, migliori...; ma non di solo pane vive
l’uomo”.
A conferma ancora della sua proprietà sull’Istituto, a pag.
26, Mons. Berardi riporta una lettera in proposito firmata
dai sui sostenitori in data 10/2/1929. Il vescovo commenta la stessa lettera: "Che ne dice la Sacra Congregazione Concistoriale?...Restando pensosa non solo per
quello che emerge in sostegno del mio diritto, ma anche
dalla miserrima condizione creatami, spero che voglia riparare, secondo coscienza al male e a danni morali e materiali, derivati da una condanna senza difesa”.
Mons. Berardi conclude la sua narrazione: "In seguito ai
fatti accaduti - egli dice -, è conveniente che l'esecuzione
della sistemazione legale dell’Istituto sia rimandata ad
altro tempo, giacchè parecchi documenti e molte ragioni
si presterebbero ad infirmare l’atto sino a farlo sembrare
coatto e quindi nullo”. E a pag.77 afferma: ”La Sacra
Congregazione Concistoriale che aveva ignorato l’Istituto
quando io … attendevo ad edificarlo, entrò improvvisamente in azione quando molti erano gl’innamorati pretendenti della bella sede, tanto bella che Mons. Ferniani,
come è noto a Bitonto, voleva farne un seminario...Essa
216
Congregazione credula alle voci interessate di costoro,
con un assolutismo impressionante, dichiarò l’Istituto opera diocesana, senza nemmeno interrogare il legittimo
proprietario”.
Subito dopo riconferma la sua volontà di donazione, insieme a quella dei parenti purché nel rispetto del diritto.”Così – dice Mons. Berardi - l’Istituto, se esso richiama la memoria del fondatore, ormai è parte essenziale
della vita di Bitonto, per la quale fu generato, e dalla
quale non si può scindere. Esso sarà domani e sempre,
quale è oggi ; e nessuno più del mio unico fratello, desidera spunti il giorno che con un suggello inamovibile io
sanzioni questo sacro legame"197.
Mons. Taccone, eletto vescovo di Ruvo e Bitonto prende
l’iniziativa di fare da tramite tra la S. Sede e Mons. Berardi. Questi il 24/1/1930 inviava al novello presule una
lettera subito presentata alla Sacra Congregazione Concistoriale e da questa rispedita in diocesi per ulteriori informazioni e precisazioni.
La missiva dice: ”Eccellenza Ill.ma e Rev.ma la gradita
sua del 22, è ripiena di nobile ardimento, di fiducia illimitata e di carità sollecitante sicché io ne sono restato ripieno di meraviglia. Meravigliato, ma non scosso ed acceso. Vostra Ecc.za deve considerare che parla ad
un’anima gelata, non dallo scetticismo, ma
dall’amarezza! Dopo ormai trentatre di episcopato nei
quali ho sorpassato tutti i pericoli, i dolori, le delusioni, i
tradimenti, le insidie, le malignità, gli agguati e le calunnie possibili, culminanti poi nelle accuse di un vescovo,
nella lettera anonima di un prete della Sacra Congregazione, nella visita piuttosto diabolica che apostolica, ecc..
. Come posso intendere le parole dell’E. V. con lo stesso
entusiasmo col quale mi è diretta? Se il consiglio
197
BERARDI, P., L’istituto Sacro Cuore …op. cit., 1929
217
dell’E.V. s’impone, ho bisogno di aiuti speciali per compierlo. Diventato quasi inetto alla grande risoluzione, per
mancanza di fiducia potrei solo abbandonarmi nelle braccia possenti e sicure della persona che ragionevolmente
di tale fiducia vive robusta, affidandole il mio nome, il
mio avvenire, tutto me stesso. L’E.V. si sente di abbracciare tale ponderoso compito, insieme agli amici più fidi
che io conto costà, fra laici e sacerdoti? E allora io rinunzio alla mia volontà, perché menti elette e cuori generosi
compino la volontà di Dio, e segnino la via che dovrò
percorrere portato da essi e sostenuto. La vittima è pronta
al sacrificio, rinunziando alle voci, a sentimenti,
all’esigenze del mondo, come l’E.V. Vuole. Meglio di
così non so parlare; diversamente da così, non saprei
nulla fare. Se V.E. è pronta con cotesti amici che attendono anch’essi, anch’io sono pronto, senza tentennare
come l’ E.V. vuole“.
Riaperti i rapporti con la S. Sede, la Sacra Congregazione
Concistoriale, con missiva a Mons. Taccone del
26/3/1930 protocollo 378/23 faceva conoscere al vescovo
le condizioni poste da Mons. Berardi per il rilascio
dell’Istituto, tra cui ”il vivo desiderio di ritornare al governo di una diocesi”. Mons. Berardi dà poi piena facoltà
a Mons. Taccone di prodigarsi in proposito. Il 30/3/1930
scriveva a Mons. Taccone: ”Ricevo la sua da cui traspare
la grande carità con la quale l’E.V. è venuto incontro al
derelitto prendendo a cuore il difficile incarico di riabilitarne il nome diffamato. Come ringraziare? Per certe nobili azioni, la gratitudine si perenna con la vita. Vorrei
che E.V. Mons. Rossi sappia tutto, sia illuminato pienamente per giudicare con serenità, affinché non si torni poi
nemmeno con il pensiero sul passato, e di me disponga
secondo giustizia e coscienza. Nella Pasqua del 1930 il
19/4 da Duronia rispondeva all’indirizzo augurale del vescovo: ”E se l’augurio dell’ Ecc.mo pastore è altresì cortese interpretazione di sentimenti del clero e del popolo,
218
maggiormente grato La prego, data occasione, esprimere
loro il mio riconoscente affetto … vorrei dirle tante cose
nella previsione del compimento d’una speranza fortemente e tenacemente accarezzata, il tramonto cioè di raggiri diabolici coi quali i miei nemici sono riusciti ad ingannare la Concistoriale e quindi lo stesso Sommo Pontefice sul mio conto; vorrei esprimerle tutta la mia gratitudine per la parte che l’E.V. prende pel trionfo della verità; ma in certi casi la parola non arriva ad esprimere i
grandi affetti che tumultuano nel cuore. Vostra Eccellenza che è vescovo buono, generoso, santo arricchito della
carità che vivifica, e che geme dei gemiti del giusto che
soffre nell’abbandono, nel disprezzo, moralmente assassinato, potrà comprendermi anche quando io taccia”198.
Raggiunte le modalità principali per la cessione del diritto di proprietà sull’Istituto, Mons. Berardi da Roma il
17. 5.1930 offre al Papa la sua disponibilità alla donazione: ”Quel voto che da ben sette anni espressi alla Sacra
Congregazione Concistoriale, e che, per una serie di equivoci e di ragioni estrinseche, non si è potuto finora
attuare”199.
Le condizioni poste le leggiamo in un foglio datato Roma
20.5.1930 firmato da Mons. Berardi, scritto di suo pugno
e controfirmato da Mons. Taccone: ”1° Per la sistemazione morale di Mons. Berardi … si chiede un gesto di
fiducia che valga a ristabilire convenientemente la sua
onorabilità menomata dagli incresciosi avvenimenti e si
accetterebbe un canonicato quando gli si unisse un decoroso posto di onore e di lavoro. 2° Per la sistemazione economica, occorre una conveniente pensione con effetto
retroattivo. 3° Da parte sua Mons. Berardi dichiara di
voler donare al Santo Padre l’Istituto del S. Cuore in Bi198
In B.V.B.
BERARDI, P., Istituto del S. Cuore. La donazione al sommo Pontefice Pio XI, tip. La precisa, Roma 1931.
199
219
tonto, diretto dalle Maestre Pie Filippini, perché sotto la
vigilanza dell’Ordinario, funzionando con nuovi auspici,
continui nelle finalità del fondatore e si completi
l’opera”200.
Segue la notifica di S.E. Mons. A. Taccone del 24/5/1930
in prima pagina sul Bollettino, per la donazione
dell’Istituto S. Cuore alla Santa Sede. Il Vescovo comunica che ”Mons. Pasquale Berardi, già benemerito di Ruvo e Bitonto e oggi Arcivescovo titolare, ha donato al
Santo Padre l’Istituto del S. Cuore, da lui costruito a Bitonto per l’educazione della gioventù femminile bitontina
… Latore dell’atto di donazione sono io stesso, nella udienza privata del 23 maggio, il Papa disse di riferire a
Mons. Berardi che ‘siamo assai grati al suo filiale omaggio e che ben consideriamo il peso di sacrifici che gli è
costata la fabbrica dell’Istituto, che Egli ha costruito e
questa donazione che Egli ci fa e che noi siamo lieti di
accettare’… Ed io, a nome di tutti, assicuro Mons. Berardi che il suo nome, già legato alla storia di Bitonto per
tante benemerenze, resta con questa sua donazione legato
al cuore e all’animo dei bitontini, che gli augurano lunghi
anni e sante consolazioni, che facciano dimenticare al suo
gran cuore le amarezze passate”201.
Anche il Clero di Bitonto per l’occasione, esprime sentimenti di stima: ”Il costante, il diuturno, l’inderogabile
suo proposito è compiuto”202.
L'Arcivescovo Berardi “ex nostro beneamato Vescovo”
ringrazia da Roma il 30.5.1930 rivolgendosi
all’Arcidiacono Calamita: ”Mi riempie l’animo di santa
letizia … il voto poi col quale mi si desidera che il S.
Cuore di Gesù esalti l’opera mia e mi conforti … è la più
bella parola nobilmente cristiana, che possa trovare eco
200
In B.V.B.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n .5, p. 49.
202
BERARDI, P., Istituto del S. Cuore…op.cit., 1931, p.8.
201
220
soave in un’anima addolorata. Se l’indirizzo inviatomi è
di grande consolazione al mio cuore onora anche, e in
modo particolare, chi l’ha concepito e sottoscritto"203.
Il Padre guardiano Giacinto De Sanctis del Convento di
S. Leo in Bitonto, il 31.5.1930 così scrive al Vescovo:
"Ad onta di tutto quello che si è voluto dire, non si è potuto smentire che quell’edificio è opera sua, frutto della
sua ferrea volontà"204.
Anche Mons. Oronzo Caldarola, Vescovo di Teggiano e
nativo di Bitonto, il 7.6.1930 scrive: ”Possa il S. Cuore di
Gesù inondare delle sue divine dolcezze l’E. V. che fu
tanto amareggiato dalla ingratitudine degli uomini"205.
Il Dott. Francesco Carbone da Bitonto il 6.6.1930 scrive:
”Oh! Malvagità delle cose umane ! Quanti sono i convertiti di oggi, come si mutano le opinioni"206.
Il Canonico Prof. Benedetto Florio da Benevento, il
10.6.1930 invia la sua partecipazione: ” Godo intanto che
dalla sua ex diocesi le siano venute tante attestazioni di
riconoscenza che voglio sperare siano sincere … Noi aspettiamo che il Papa innalzi la sua persona dignissima
con qualche segno di particolare distinzione “207.
Per l’occasione ne parlò la stampa: il Roma del
30.5.1930, il Giornale d'Italia del 10.6.1930 e del
16.6.1930, l’Osservatore Romano del 19.7.1930.
Mons. Berardi il 16.7.1930 scriveva ancora da Duronia a
Mons. Taccone: ”E qui attendo notizie ed ordini, per ritornare a Roma anche subito, se fosse il caso, per mettermi a disposizione di chi conviene, per la stipula e la
firma dell’atto … Io ho tutto l’interesse, Ecc.za Rev.ma, a
fare le cose in regola non solo per ragione di giustizia ma
203
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 6/7, p. 58.
BERAIRDI, P., Istituto del S. Cuore… op, cit., 1931, p. 18.
205
BERAIRDI, P., Istituto del S. Cuore… op, cit., 1931, p. 9.
206
BERAIRDI, P., Istituto del S. Cuore… op, cit., 1931, p. 19.
207
BERAIRDI, P., Istituto del S. Cuore… op, cit., 1931, p. 25.
204
221
anche perché le suore non abusino per l’avvenire come
hanno fatto - purtroppo dolorosamente - per il passato, e
specialmente perché venga dimostrato matematicamente
che io non dono un’ Opera poverella che vive tisacamente, che appena basta a se stessa, e porta nel suo seno
nobile non solo un’efficace forza di bene, ma anche una
vitalità economica che, - non soffocata ed assorbita permette la diffusione e l’affermazione sempre più gloriosa degli alti suoi fini religiosi, morali e sociali. Non ho
mai chiesto nulla per me, ma debbo chiedere e desiderare
tutto, nell’ambito del giusto e dell’onesto, per l’opera che
io ho generata a prezzo di sacrificio e di dolore… Mi
preme poi definire la mia sorte, per prendere le mie importanti decisioni, non potendo più rimanere a Villa S.
Francesco … Preghi, preghi per me, pel Suo infelicissimo”208.
In data 10.1.1931 fu stipulato l’atto e il Cardinal Rossi,
Segretario della Sacra Congregazione concistoriale, dopo
averne riferito al Papa, riceve mandato d’inviare una
lettera di gradimento da parte di Sua Santità in cui si accetta Berardi come fondatore e proprietario dell’Opera
donata209.
In una lettera dell’amministrazione dei Beni della Santa
Sede del 18.1.1931 prot. 23651 si leggono le condizioni
accettate nella stipula dell’atto. “ A complemento - si dice - di quanto è stato stipulato tra l’Ill/mo e Rev/mo
Mons. Mariani, in rappresentanza della S. Sede e S.E.
Rev/ma Mons. P. Berardi, Arcivescovo titolare di Nacolia con istromento del Notaio Urbani di Roma in data
10.1.1931, il predetto Mons. Mariani accetta le condizioni del ‘Prelodato’ Mons. Berardi”. Oltre a tre anniversari
funebri per i defunti del vescovo, per i benefattori
dell’Istituto, per se stesso alla morte, in perpetuo, Mons.
208
209
In B.V.B.
BERARDI, P., Istituto del S. Cuore…op. cit., p. 5.
222
Berardi ottiene che “nell’Istituto del S. Cuore in Bitonto
dovranno essere accolte e mantenute gratuitamente, come
educande due giovanette di buona condotta morale di
Duronia designate dal fondatore e dai suoi eredi, per frequentare le scuole ivi istituite”.
II 13.2.1931 Mons. Berardi da Roma, fa conoscere a
Mons. Taccone le ultime notizie dopo l’atto di donazione
da lui firmato. “Tutti - egli dice - ne hanno goduto qui,
come costà, e forse, più di tutti il Sommo Pontefice. In
seguito di ciò, venne regolata la posizione economica
sulle basi antiche già conosciute ed io mi accontentai di
tutto, avendo di mira il provvedimento per la elevazione
della mia condizione morale. Attualmente mi si danno
£.1.500, donec aliter provideatur.
Ecco la condizione delle cose. Questo fa pensare e sperare per una buona provvista: quale sarà? Questo lo sa forse
il S. Padre, il Cardinal Rossi e … Dio. Io sono grato
all’E.V. che ha modificato la mia posizione, affermando
sinceramente quel che si pensava e sentiva di me costà,
in contrasto dell’idea che se ne aveva qui, del tutto opposta. Quello che potrà fare per me, in seguito, in questa
attesa, e come, io non saprei dire e suggerire. Questa cosa
sola io so, che le sono grato di tutta la cura avuta a mio
vantaggio”.
Il segretario della Sacra Congregazione concistoriale,
Cardinal Rossi, il 9.9.1933 scrive a Mons. Taccone una
lettera in cui notifica l’impossibilità dei rapporti con
Mons. Berardi e la conseguente restituzione del dono ricevuto. “Partecipo – egli dice - a Vostra Eccellenza
Rev/ma che essendo occorse circostanze che hanno consigliato, la S. Sede di disinteressarsi della donazione già
legalmente fatta, da Mons. Arcivescovo Berardi
dell’Istituto S. Cuore di codesta città, in data 30.6 u .s. è
stato stipulato l’atto di recesso della donazione stessa. I
beni in oggetto sono perciò tornati nel nome di Mons.
Arciv. Berardi per quanto essi furono costituiti con ca-
223
pitali suoi personali e della sua famiglia, salvo per il resto
i diritti che possono spettare all’Autorità ecclesiastica”.
Nel suddetto documento si riconferma a mons. Berardi la
proprietà dell’Istituto, cosa che il Vescovo aveva sostenuto strenuamente come condizione alla stessa donazione, avvenuta e subito dopo rifiutata dalla S. Sede. Questa,
riconsegnando l’Istituto all’Arcivescovo, mostrava forse
il suo rifiuto netto alle insistenti richieste di una rivalutazione morale e di una sistemazione economica più soddisfacente.
Nemmeno i rapporti tra il Berardi e le Suore Filippini,
dopo la restituzione, risultarono normali e sereni. Il
23.4.1934, la Generale Suor Rosa Leoni, da Roma invia
questa lettera a Mons. Berardi. Pur chiamando il Vescovo
‘munifico’ fondatore, ne prende le distanze con alcune
decisioni ben precise: ”Il Consiglio delle maestre Pie Filippini, raccoltosi a questo scopo sotto la presidenza del
Superiore, Mons. Elemosiniere di Sua Santità, e della
sottoscritta Superiora Generale, il giorno 19 corrente ha
lungamente e seriamente studiato la posizione, per sottomettere alla E.V. Rev/ma un progetto qualsiasi che garantisca ad un tempo il funzionamento dell’Istituto e la
necessaria dignità e libertà delle Maestre Pie Filippine,
alle quali fino dalla sua prima fondazione, l’Ecc.V.
Rev/ma si benignò affidarlo. Il Consiglio non vede la
possibilità di accedere a qualsiasi proposta di direzione e
di rendiconti da rendere ad altri che non sia il vescovo
pro tempore della Diocesi di Bitonto. Se ciò dovesse effettuarsi, le Maestre Pie verrebbero ad esercitare una specie di commercio sia pure a scopo santo al quale non potrebbero in alcun modo prestarsi, senza compromettere la
loro dignità e l’avvenire sia dell’Istituto stesso, che della
loro religiosa famiglia. Giudica per tanto il Consiglio che
l’Ecc. V.Rev/ma cedendo alla competente Autorità ordinaria ogni e qualsiasi ingerenza direttiva e amministrativa
sull’Istituto, a legittimo riconoscimento della Sua pro-
224
prietà, proponga alle Maestre Pie Filippine un equo compenso di fitto sulla proprietà medesima e, dopo accettato,
lo stabilisca con regolare contratto. Se ciò non dovesse
verificarsi, il Consiglio si vedrebbe costretto a ritirare le
Suore e consegnare all’Ecc.V.Rev/ma il suo Istituto…(Il
Consiglio) ricorderà sempre con vivissima riconoscenza,
la fiducia, e la benevolenza addimostratagli per tanti anni
alla quale protesta di aver sempre corrisposto“.
Si voleva in tutti i modi estromettere la figura di Mons.
Berardi dal proprio Istituto. L’Elemosiniere segreto di
Sua Santità il 3.3.1935, in ricorrenza del 25° anniversario
sacerdotale di Mons. Taccone, chiedeva al Vescovo di
Ruvo e Bitonto il proprio sostegno contro l’Arcivescovo
che, a suo dire, poneva esose condizioni alle Suore. “ Unendomi -egli dice- alle Maestre Pie che tante debbono
alle paterne cure dell’Ecc. Rev/ma aggiungo la povera
mia preghiera … La gioia della data memorabile sarà turbata da qualche pensiero triste, specie a riguardo
dell’Opera di Mons. Berardi. Le suore mi assicurano che
è assolutamente impossibile il sobbarcarsi alle spese di
£.8.000 di fitto annuo a cominciare da 10 anni addietro.
Accettare l’onere dell’apertura di una Scuola a Duronia
sembra cosa non meno difficile, specie in vista della persona, dalla quale dovrebbero dipendere. E così non veggo
altra via che quella di ritirarsi in buon ordine e mettersi
fuori da noie di ogni genere, specie quando venendo a
mancare Monsignore si cadrebbe sotto gli eredi, suoi parenti. Forse si potrebbe tentare la via legale presso la Sacra Rota, ma l’azione dovrebbe essere intrapresa dalle
proprietarie della Casa S. Spirito, per le quali corre il rischio di perdere ogni cosa”. Mons. Berardi, per nulla disposto a battere in ritirata, si mostrava favorevole a sostituire le Suore Filippini con un altro Ordine religioso.
Il Grand. Uff. Avv. Lamberto Vignoli, preoccupato della
decisione, scrive al Vescovo Taccone da Roma il
23.5.1935: ” …della cosa se ne occupa nuovamente
225
l’Autorità ecclesiastica. Io sono convinto che la Comunità con cui S.E. Mons. Berardi vuol sostituire le Maestre
Pie non esiste, e l’affermarlo costituisce un’ intimidazione per ottenere quanto chiede, ma penso, e perdoni il mio
ardire, che se S.E. Mons Berardi sapesse che V.E. non
ammetterà altra Comunità a dirigere l’istituto del S. Cuore, penserebbe un po’ più serenamente ai casi suoi”210.
Si pervenne in ultimo alla decisione da parte delle Suore
di comprare l’Istituto: risoluzione che mons. Berardi e i
suoi eredi accettarono. Si pose in tal modo fine a un episodio increscioso ecclesiale che si protraeva dal 1921,
salvando in un certo senso la dignità di tutti i contendenti.
210
In B.V.B.
226
Capitolo IV
L’AZIONE PASTORALE
NEL
POPOLO DI DIO
227
228
STRUTTURE ECCLESIALI
DATI GENERALI 211
Ruvo, che contava 30000 abitanti, per il culto e la propria
formazione religiosa poteva disporre di 22 tra Chiese,
Cappelle ed Oratori212. Esistevano anche due Santuari capitolari: quello della Beata Vergine annunziata di Calentano e quello della Beata Vergine delle Grazie213.
Tutti gli ambienti di culto erano officiati da sacerdoti secolari. A Ruvo, dalla relazione del teol. Ruta, delegato
vescovile di Mons. Tosi, a Mons. Ferniani del 20/6/1922,
sappiamo inoltre che vi sono “un ex convento con asilo,
orfanotrofio, ricovero, ospedale retto da 7 Figlie della Carità sotto la cura della locale Congregazione di Carità ed
un laboratorio privato, sotto il patronato della nobile signorina Fenicia, diretto da tre Figlie della Carità. A questo è annessa l’opera del catechismo per giovanette con
frequenza quasi settimanale ai sacramenti in numero di
circa 200 con tendenza ad aumento”.
Nel laboratorio Fenicia a Ruvo si sentiva l’esigenza di
una presenza stabile di un Istituto religioso. Mons. Ferniani il 4/12/1924 scrivendo al Direttore Generale sac. A.
Fasulo, dell’opera Unione Cooperatori Salesiani per la
nomina dei Direttori diocesani, così si esprime:” Fui
211
In B.V.B.
Relazione dell’ottobre 1923 in risposta all'Annuario delle Diocesi e
del Clero d’Italia del 18/10/1923 (In B.V.B.).
213
Relazione sui Santuari delle diocesi di Ruvo e Bitonto in risposta
alla lettera della S. Cong. del Concilio in data 30/1/1923, prot. 234/23
(In B.V.B.).
212
229
sempre e sono tuttora ammiratore delle opere di Don Bosco, cresciuto e vissuto in ambiente in cui lo spirito salesiano fu largamente diffuso, e mi auguro che presto nelle
mie due Diocesi sorga qualche opera del grande Educatore della gioventù”.
Sarà Mons. Del Buono a dare il suo placet all’azione
della signorina Angela Fenicia che sfociava proprio nella
presenza a Ruvo delle Suore Salesiane. Queste religiose
si impegnavano a istituire un laboratorio professionale,
un dopo scuola per i più poveri, una scuola materna e
l’oratorio festivo, disposte anche al catechismo parrocchiale. Il vescovo rispondendo ad una lettera
dell’Ispettrice suor Annetta Vergano I. M. A., datata Napoli 24/10/1928, con uno scritto del 25/10/1928, nella
minuta dice: ” Sono ben lieto di approvare e di benedire
l’opera che le benemerite Figlie di Maria Ausiliatrice si
apprestano ad iniziare in questa città, che ne sente tanto
bisogno”.
Bitonto con le frazioni di S. Spirito, Palombaio e Mariotto, contava 36000 abitanti e godeva per il proprio
culto di 70 tra Chiese, Cappelle ed Oratori214; tra l’altro
esistevano 3 Santuari: quello dei SS. Medici Cosma e
Damiano; quello del SS. Crocifisso; quello della Beata
Vergine delle Grazie al miglio215.
L’officiatura religiosa era tenuta dai sacerdoti secolari ma
anche dai religiosi . Vi era l’ordine dei Frati minori in
numero di 6 sacerdoti nel Convento di S. Leo, i Vocazionisti nelle frazioni di Palombaio e Mariotto. Non mancavano le Religiose che nel 1923, nella relazione per
l’Annuario figurano in numero di 48: le Benedettine Cassinesi nel monastero di S. Maria delle Vergini ; le Figlie
214
Relazione all'Annuario delle diocesi e del Clero d’Italia del
18.10.1923 ( in B.V.B.).
215
Relazione sui Santuari delle Diocesi del 30.1.1923 prot. 234/23 (in
B.V.B.).
230
della Carità nell’ospedale civile e nell’Orfanotrofio Maria
Cristina di Savoia, le Figlie di S. Anna nella Casa del Riposo; le Maestre Pie Filippini nell'Istituto S. Cuore; le
suore Alcantarine nell'Asilo infantile; le Suore Francescane di S. Antonio al Monte nel seminario; le suore dell'Addolorata e del Sacro Costato nell'Asilo a Palombaio;
le Maestre Pie Filippini nelle Scuole elementari a
S.Spirito. Vi erano poi le Orsoline e la famiglia dei
SS.Cuori di Diritto Pontificio con Casa generalizia a Bitonto.
Un caso a parte su cui è bene soffermarsi, è rappresentato
dal Monastero di S. Maria delle Vergini, tenuto dalle
Benedettine Cassinesi. Mons. Ferniani il 21.4.1925 scrivendo alla Badessa Benedetta Schettini annuncia per ordine di Sua Santità, il Visitatore apostolico nella persona
del Padre Abate don Atanasio Bagnera dei Benedettini
del Convento di S. Nicola del Boscetto di Genova.
In un foglio allegato alla minuta suddetta di Mons. Ferniani, si riportano i disordini relativi al Monastero in questione:
1) Non vogliono accettare uffici assegnati loro dalla
Badessa.
2) II cattivo esempio dato dalle Monache e imitato
dalle Novizie e dalle Converse.
3) L’agire della Badessa, o chi per lei, è oggetto di
continui sarcasmi, di ironie basse.
4) Tutto ciò che accade in Monastero si propala in città.
5) Invece di favorire il benessere del Monastero, ne aspettano la rovina, per poterne gettare la colpa sulla
Badessa.
6) Invece di indurre persona di propria conoscenza a
mandare le loro figlie alle Scuole del Monastero, le
dissuadono.
7) Quelle che votarono contro l’aumento dell’annualità
si ostinano a non volerlo dare.
231
8)
In diverse circostanze si sono dichiarate disposte a
uscire dal Monastero.
9) Tutti i malanni della Casa sono interpretati come
giusti castighi per le irregolarità ritenute commesse
nella elezione dell'attuale Badessa.
10) Hanno consigliato quelle che stanno fuori a non
rientrare subito.
11) Non vogliono che una Novizia continui a studiare
musica, perché temono di spendere troppo per
l’insegnamento, o perché prevedono che la Novizia,
un giorno, le pianti in asso, dopo aver appreso
un’arte a spese del Monastero.
12) Quelle che, per necessità, escono dal Monastero, durante la loro assenza nulla pagano alla Comunità che
pur deve sopportare tante spese fisse (fondiaria spese di culto - servitù etc.).
Stando così le cose, Mons. Gioia Pasquale, amministratore apostolico di Bitonto, il 25.1.1926 invia alla Badessa
questa disposizione: ”Ordiniamo che la Comunità delle
Benedettine di Bitonto non debba ricevere nuove postulanti e che le postulanti attuali non debbano essere ammesse al noviziato. Resta anche vietato di ammettere le
Novizie ai voti triennali e l’ammissione delle monache di
voti temporali ai voti solenni, essendo volontà assoluta
del Santo Padre che il Monastero ritorni subito alla pura e
perfetta vita comune … Confidiamo in una pronta e assoluta sottomissione”.
Il Vicario Capitolare Mons. F. P. Calamita, pressato dalla
Superiora del Monastero, chiede alla Sacra Congregazione dei Religiosi il 20.3.1929 che venga tolto il divieto del
1926. “ Le Religiose - egli dice - trovarono dapprima difficoltoso questo ritorno alla pura e perfetta vita comune:
ma sotto I'assillo prudente e sagace del defunto Mons.
Del Buono, si sottomisero. Non tutte peraltro, perché due
sono ancora titubanti... Mi sono convinto che come meglio potranno, per le difficili condizioni economiche di
232
ciascuna, esse bramano sinceramente di fare la vita comune. Le due contrarie non potranno certamente infirmare lo sviluppo rigoglioso che si prevede, della vita di questo Monastero”.
II 10.5.1929 il Sac. Daniele Cepollaro di Bitonto, Ufficiale della Sacra Congregazione dei Religiosi, risponde
alla Badessa dicendo che la Santa Sede aveva deciso che
si attendesse la venuta del nuovo Ordinario per eliminare
i divieti circa il Monastero risalenti a Mons. Gioia. Lo
stesso Sacerdote afferma che si sarebbe ottenuto esito favorevole se solo si avesse avuto l’accortezza di avviare
presso di lui la pratica in merito.
Il Sac. Pasculli Gaetano nelle sue memorie il 19.1.1930
per l’emissione dei voti solenni nell’Istituto “ Le Vergini” così annota: “ La chiesa era gremita di invitati e di curiosi accorsi per assistere a una funzione che non si era
tenuta più, credo dal 1911, e poco è mancato che di simili
funzioni non se ne vedessero mai più, perché il defunto
Mons. Ferniani aveva provocato dalla Santa Sede contro
il monastero delle nostre Benedettine Cassinesi , il veto
di poter accettare nuove novizie e di fare emettere i voti
solenni a quelle già esistenti. Il Veto aveva decretato la
morte lenta sì, ma certa dell’antico Monastero. Si è dovuto ricorrere all’intercessore dei prelati influenti perché
il veto fosse tolto. La grazia si è ottenuta anche per
l’opera spiegata dal nostro novello Vescovo Mons. A.
Taccone.
Prima di dar principio alla Sacra funzione, si è letta in
pubblica Chiesa il Decreto di concessione”216.
216
PASCULLI, G. memorie (manoscritto in B.V.B,) 1930.
233
PARROCCHIE
Nella relazione sulla Diocesi di Ruvo del teol. Ruta Salvatore, Delegato Vescovile sotto l’amministrazione Tosi,
inviata a Ferniani, a scopo informativo, il 20/6/I922, dice:
“La cura delle anime fino al 1904 era abitualmente ed
attualmente presso il Rev/mo Capitolo, che ogni anno
soleva nominare un Canonico Parroco e quattro coadiutori".
Dalla relazione e domanda di Mons. Ferniani per lo
smembramento delle Vicarie di Ruvo e relativa costituzione di sei Parrochie, inviata al cardinal Donato Sbarretti, Prefetto della S. Congregazione del Concilio, risulta
che sotto Mons. Berardi Pasquale, furono approvate tre
Vicarie il 23/1/1904 prot.I809/3, entrate in vigore il
5/2/1904. Nel Decreto relativo il Capitolo riteneva la parrocchialità abituale; demandava la cura attuale ai tre Canonici, annualmente eletti Vicari nelle Chiese Cattedrale,
SS. Redentore e S. Giacomo; corrispondeva ai Vicari £
900 annue; ogni cambiamento sarebbe avvenuto in futuro
con il consenso del Vescovo e l’approvazione della S.
Sede.
Nella relazione dell’ottobre I923, in risposta all’Annuario
delle Diocesi e del Clero d’Italia del 18/I0/I923, Mons.
Ferniani dà i titolari annuali delle Vicarie: Sac. losca Filomeno nella Chiesa di S. Maria Assunta (Cattedrale),
sac. Ciliberti Salvatore nella Chiesa del SS. Redentore,
Sac. De Biase Pasquale nella Chiesa di S. Giacomo217.
“ Mons.Ferniani, appena entrato in Diocesi, facendo tesoro delle relazioni di prudenti Sacerdoti e di laici rispettabili e sinceramente portati per il migliore ordinamento
delle cose religiose di Ruvo, e presa diretta visione sull'andamento della cura delle anime in questa Diocesi, si
conviene della opportunità per non dire della necessità di
217
In B.V.B,
234
uno smembramento delle tre Vicarie esistenti … nelle
quali le odierne esigenze religiose portavano che attorno
alla persona dei Sacerdoti Vicari si accumulasse un lavoro esuberante, anzi eccessivo, specialmente in conseguenza del movimento giovanile maschile e femminile, a
cui bisognava attendere”218.
Mons.Ferniani rivolto all’Arcidiacono del Capitolo di
Ruvo il 22.4.1924 espone la necessità di una nuova trasformazione nel regime delle anime: ”Sin da quando entrai nel possesso delle due Diocesi di Ruvo e Bitonto, ebbi I'impressione, che, data la sempre crescente popolazione di questa Ruvo, la quale già attualmente conta circa
30000 abitanti …fosse giustificato il desiderio che alle tre
già esistenti vicarie, altre se ne fossero aggiunte”219.
La stessa richiesta il Vescovo la fa nella relazione e domanda alla Sacra Congregazione del Concilio in data
4.10.1924 chiedendo la facoltà di nominare i Parroci
"solo per ora” senza concorsi.
Prospetta a detta Congregazione la soluzione in questi
termini, al cap. II°: ”1) Il Capitolo della Cattedrale, rinunzia alla parrocchialità abituale, che ab antiquo gli
compete, fatta eccezione della Vicaria della Cattedrale,
che prenderà il nome dell'Assunta. 2) Le due Vicarie già
esistenti, del SS.Redentore e di S.Giacomo vengono elevate a Parrocchie, e a queste vengono aggiunte altre tre
Parrocchie, quella dei Cappuccini, quella di S. Domenico,
quella di S.Angelo, alle quali sono aggiunte le tre Chiese
omonime 18) Il Vicario della Cattedrale ha sempre la
precedenza sui Parroci, e la precedenza tra i parroci viene
determinata dall'anzianità del servizio parrocchiale nella
città di Ruvo…21) Il vicario e i Parroci saranno obbligati
218
Vita Religiosa ( III°) 1925 n.4, p.53 ss.
Una esposizione in merito, più corredata, la si rileva dai fogli di
questa trattazione sui capitoli Cattedrale.
219
235
a tenere un cappellano o sostituto che stipendieranno a
proprie spese.”
La relazione testè riportata, viene approvata il l8.2.1925
dalla Sacra Congregazione del Concilio e il Ferniani ne
dà notizia il 7.3.l925 all’ Arcidiacono di Ruvo. Segue poi
la Convenzione tra il Comune rappresentato dal Cav. Sereno, il Vescovo Ferniani e il sig. Minafra Mauro fu Antonio, Priore della Congrega di S. Domenico, il 2.4.1925,
atto registrato in Terlizzi il 19.4.1925 al n.845 mod. I°
vol. 114 foglio 126.
In detta Convenzione si legge al n.1) : “Per la Istituzione
di tre nuove Parrocchie, in aggiunta alle tre attualmente
esistenti, il Comune di Ruvo di Puglia concede al Vescovo della Diocesi,consenziente la Congrega della Purificazione e Addolorata per quanto riguarda la Chiesa S. Domenico, nella quale da tempo essa Congrega gode di una
concessione di uso da parte del Comune fattale limitatamente ai soli scopi inerenti alla sua natura, l’uso illimitato delle Chiese comunali Cappuccini, S. Angelo e S.
Domenico.”
Stipulato l'accordo il vescovo Ferniani formula il Decreto
di costituzione delle Parrocchie in data 4.4.1925. Se ne da
lettura nell'Aula del Capitolo Cattedrale alla presenza del
Vescovo. In esso si ripete la relazione fatta alla Sacra
Congregazione del Concilio 220.
E in data 24.4.1925 vengono nominati Parroci il Sac. Pasquale De Biase per S. Giacomo (possesso il 9.5.1925), il
Can. Giuseppe Pellegrini per S. Domenico (possesso il
3.5.1925) e il mans. Rocco Spadone per il SS. Redentore
(possesso il 3.5.1925) 221. II 9.5.1925 fu nominato Vicario
parrocchiale della Cattedrale il Can. Giovanni Berardi
(possesso 11.5.1925).
220
In B.V.B.
I “ Possessi” ( sono da riferirsi a un foglio firmato dal teologo Ruta
Salvatore in B.V.B.
221
236
Per tali nomine si procedette senza concorso avvalendosi
il Vescovo delle facoltà straordinarie. La Curia di Ruvo
bandiva poi il concorso per la provvista delle Parrocchie
di recente istituzione S. Angelo e Cappuccini 222.
Morto Mons. Ferniani gli esami del concorso bandito il
17.7.l925 furono dal Vicario Capitolare prorogati sine
die.
Le due nuove Parrocchie erano state istituite con Decreto
vescovile 4.4.1925. II Vicario mandò alla Santa sede una
dettagliata relazione per essere autorizzato a procedere
alla nomina dei titolari.
La Sacra Congregazione del Concilio con rescritto 26.8
conferiva a Mons. Ruta le facoltà occorrenti. Il 13 settembre il Vicario Ruta emise I'editto di intimazione del
concorso nelle forme canoniche. Gli esami si tennero nei
giorni 5 (S. Placido) e 6. Furono eletti don Bernardino
Campanale per S. Filomena e S. Lucia (Cappuccini) e
don Gioacchino De Palo per la Chiesa parrocchiale di S.
Michele Arcangelo; il reale possesso canonico avvenne
con bolla dello stesso Vicario capitolare il giorno 18 alla
presenza del Cav. Sereno 223.
Restava aperto il problema della redifinizione delle Parrocchie. II Sac. Iurilli Giuseppe il 10.3.1928 in occasione
della S. Visita, nei suoi suggerimenti lo ricorda.
Bitonto forse perché era sede abituale del Vescovo, aveva
avuto una divisione in cura d'anime già definita. Vi erano
15 Parrocchie: S. Maria Assunta (Cattedrale), S. Egidio,
S. Silvestro, S. Luca, S. Caterina Nuova, S. Giorgio, S.
Giovanni evangelista, S. Maria La Porta, S. Andrea, S.
Pietro de Castro, S. Paolo, S. Leucio, Maria SS. Immacolata a Palombaio, Maria SS. Addolorata a Mariotto, S.
Spirito a mare nella frazione omonima.
222
223
Vita religiosa. (III) 1925 n. 5. p. 75.
Vita religiosa, (III°) 1925 n.10, p.114.
237
Si proponeva da tempo solo una ridistribuzione della popolazione nell'ambito delle stesse Parrocchie.
Da una lettera di Mons.Femiani al Parroco Dott. Prof.
Nicola Perrini, parroco di S. Luca il 4/12/1924 possiamo
notare a quale spirito di collaborazione fossero improntati
i rapporti tra vescovo e Clero.
“ La prego di riflettere che io non chiesi a Lei la domanda
in iscritto, ma l’esposizione in iscritto di un progetto, che
mirasse ad ottenere tale più equa distribuzione della popolazione di questa città tra le parrocchie. Le ripeto che
tale progetto sarebbe da me esaminato e, se lo riconoscessi di facile attuazione, opportuno e giusto, non mancherei di approvarlo". Problema rimasto insoluto se, il
30/3/1923 nei suggerimenti in occasione della Santa Visita, il can. G. Pasculli fa presente a Mons. Del Buono
"nelle parrocchie, la sperequazione degli abitanti che da
tempo doveva eliminarsi con una nuova circoscrizione
parrocchiale'' 224.
Per la cura delle anime non bastava istituire la parrocchia
o provvedere ad una migliore ridistribuzione della popolazione. Era necessario che gli ambienti di culto fossero
idonei ed invitanti anche nel loro aspetto esteriore. Disposizioni di Curia in merito furono emesse per una migliore tenuta e decoro. Infatti la Curia di Mons. Del Buono emette disposizioni circa la tenuta dei registri: ”A
norma dei canoni 842,843,691 e 1525, desideriamo - dice
- che i registri delle SS. Messe, dei Legati là dove vi sono, e di Amministrazione, siano tenuti in maniera da essere pronti ad ogni richiesta delle Curie. Non ammettiamo che vi siano delle contabilità ad usum delphini e, come si dice,condotte alla familiare….
Che nessuno si trovi mai nelle condizioni del fattore infedele dell’ Evangelo!” 225.
224
225
In B.V.B.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 45.
238
Sotto lo stesso vescovo la Curia dà delle disposizioni liturgiche. Sulla luce elettrica in Chiesa si invitano i parroci ed i rettori "a non fare sfarzo e sconvenienze liturgiche”. Si consiglia che le luci siano coperte per avere luce
diffusa ma calma, uguale in cui I'occhio riposerebbe, raccogliendo l’armonia delle linee del sacro tempio". Si richiamano i decreti della S. Congregazione dei Riti del
24/6/I924, del 23/2/1916. "Non possiamo poi approvare
in nessun modo che intorno alla santa Custodia o intorno
ai tronetti in cui si espone il Santissimo, vi siano ghirlande di lampadine elettriche” 226.
Anche circa gli addobbi floreali, Mons. Del Buono dà
disposizioni: ”Un'altra nota gentile che vogliamo raccomandare ai nostri cari sacerdoti, è l’ ornamento dei fiori
freschi sugli altari. I fiori di pezza, i fiori di carta e i fiori
di cristallo devono essere congedati dal Sacro tempio”227.
Qualche mese più tardi, si dirà: ”Giù tutta la roba da museo! Gesù è vivo e vero fra noi: che abbia senso di vita, di
freschezza tutto ciò che lo circonda. Non si senta nelle
nostre Chiese l’odore di cimitero'' 228.
E Mons. Taccone tramite la Curia farà scrivere: "La Cappella del Sepolcro sia ornata di fiori freschi, con drappi
dai colori vivi, non lugubri; di lumi e candele, in modo da
suscitare la devozione verso Gesù Eucarestia“ 229.
La Curia dà avvisi anche circa la pulizia delle Chiese e
sul loro arredamento in genere. ”Di Chiese linde, pulite,
ve ne sono e non sono poche, ma ve ne sono anche di
quelle mal tenute, che sono sparse di una polvere che non
è d’oro, e talora rivestite di una tessitura finissima di
autentica marca ragnatele, con certe tovaglie d'altari povere, povere come se Gesù fosse un pezzente !...Che il
226
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 46,
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 47.
228
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 82.
229
Vita Religiosa,(VIII°) 1930 n. 3, p. 80.
227
239
denaro delle Feste cristiane non se ne vada tutto in fumo
di batterie … S.E. Mons. Vescovo fa sapere che non aspetterà la santa Visita per pigliarsi il gusto di venire a
guardare le nostre Chiese, le provviste dei SS. Paramenti,
il loro stato, la loro decenza in ordine al culto divino” 230.
Nelle Chiese, si aggiungerà più tardi, ”vi sia soprattutto
nettezza, biancore di lini, odore di bucato. Giù tutto ciò
che è sporco, sdrucito, rattoppato” 231.
Per il decoro della casa di Dio, anche nel 1928 si insiste
ancora sulla manutenzione dicendo: ”Vuole il Diritto Canonico che la Chiesa sia tenuta pulita come si addice alla
casa di Dio: ‘Curent omnes ad quos pertinet ut in ecclesiis illa munditia servetur quae domum decet Dei’…
Quando ci si imbatte in una Chiesa dalle pareti umide e
affumicate, dai vetri appannati, dal pulviscolo accumulatosi sopra da più anni, dalle panche sgangherate e rotte,
dalle sedie disperse come soldati feriti in un campo dl
battaglia, dopo la mischia, si sente il gelo della tristezza
attorno all’anima e come angoscioso il dubbio alla mente
se in quella contrada vi sia ancora la fede!...La pulizia,
l’ordine, la semplicità non costano poi tanto denaro !” 232.
In questa campagna per l’ordine esteriore, la Curia non
tralascia nemmeno le Cappelle del cimitero. “S.E. Mons.
Vescovo (Taccone), avendo già visitato tutte le Cappelle
del cimitero … ed avendo deplorato tante irregolarità,
vieta sotto pena di sospensione, la celebrazione della S.
Messa in quelle Cappelle che non siano ben pulite, corredate di tutti gli arredi sacri, in buono stato e di linda biancheria “ 233.
La Curia di Mons. Del Buono si accorge che anche la
puntualità non era cosa da poco, e raccomandava nel
230
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 47.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 10, p.82.
232
Vita Religiosa,(VI°) 1928 n. 10, p. 74.
233
Vita Religiosa (V111°) 1930 n. 11, p. 76.
231
240
1928: ”Ai Rev/mi Parroci e Rettori di Chiesa
l’osservanza precisa dell'orario per le Messe festive, pubblicato l'anno scorso per la Diocesi di Bitonto e quello
concordato col nostro Vicario Generale per le Chiese
della diocesi di Ruvo”.
Non si ammettono “in tale osservanza delle licenze poetiche per nessun pretesto. Le SS. Messe sono per l’utilità
del popolo cristiano, e questo deve trovare la Messa, una
volta fissata, all’ora giusta. Dunque nè anticipi, nè posticipi. E la campana ne suoni l’avviso cinque o sei minuti
prima e non più mezz’ora“ 234.
Nel 1930 Mons. Taccone, dopo aver insistito sull'osservanza "scrupolosa dell’orario, dice: " D’ora in poi le funzioni delle Chiese si svolgeranno un'ora prima o dopo di
quelle delle parrocchie e che le campane si suoneranno
brevemente” 235.
234
235
Vita Religiosa (VI°) 1928 n.1 1, p. 82.
Vita Religiosa ,(VIII°) 1930 n. 2, p. 26.
241
LE CONFRATERNITE NEI RAPPORTI RECIPROCI
E NEI CONFRONTI DELL’AUTORITÀ RELIGIOSA
Nella Relazione del teol. Ruta a Mons. Ferniani il
20/6/1922, si parla per Ruvo di 4 Confraternite laicali con
circa milIe confratelli e forse altrettante consorelle in
Chiese proprie. Le Congreghe sono:
I) Arciconfraternita del Carmine nella Chiesa omonima.
2) Confraternita di S. Maria del Suffragio nella Chiesa
del Purgatorio.
3) Confraternita di S. Rocco nella Chiesa omonima.
4) Confraternita della Purificazione e Addolorata nella
Chiesa di San Domenico.
Nella relazione dell’ottobre 1923, in risposta all’annuario
delle Diocesi e del Clero d'ltalia del 18/10/1923, Mons.
Ferniani dà a Bitonto la presenza di 22 Confraternite, i
cui aderenti si dicono “numerosi".
Nel carteggio relativo alle Congreghe si trova un elenco
di esse in ordine di anzianità, formulato l'8/11/1898 e rispettato negli incontri comuni e nelle Processioni:
1) Arciconfraternita del SS. Sacramento in Cattedrale,
2) Arciconfraternita del Purgatorio nella Chiesa omonima.
3) Arciconfraternita di Sant’Anna nella Chiesa del Purgatorio.
4) Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione in
Cattedrale.
5) Congrega del SS. Rosario in S. Domenico.
6) Congrega del Carmine nella Chiesa omonima.
7) Congrega dell’Annunziata nella Chiesa omonima.
8) Congrega della Misericordia in S. Francesco
d’Assisi.
9) Congrega di S. Pasquale nella Chiesa dell’Ospedale.
10) Congrega dei SS. Angeli Custodi nella Chiesa di san
Giorgio.
242
11)
12)
13)
14)
15)
Congrega di S. Lucia nella Chiesa omonima.
Congrega di San Michele nella Chiesa Omonima
Congrega di S. Giuseppe in San Gaetano.
Congrega di Sant'Antonio in San Domenico.
Congrega di S. Filippo Neri nella Chiesa di S. Pietro
in Vinculis.
16) Congrega di S. Isidoro Agricola nella Chiesa di S.
Egidio Nuovo.
17) Congrega del SS. Crocifisso nella Chiesa omonima.
18) Congrega del s. Cuore di Gesù nella Chiesa di S.
Francesco d'Assisi.
19) Congrega di S. Francesco di Paola nella Chiesa omonima.
20) Congrega della Madonna delle Grazie in
Sant’Egidio.
21) Congrega di S. Rocco nella Chiesa di S. Domenico.
22) Congrega di S. Filomena nella Chiesa di S. Francesco d’Assisi.
Da quanto esposto, nella stessa Chiesa convivevano diverse Confraternite.
Il 20/10/1936 in un foglio firmato da Mons. Taccone, si
legge che delle Confraternite di Bitonto, 8 sono sfornite
di personalità giuridica, 8 già passate all’Autorità laica, e
7 da passare.
Quelle da sottoporsi all'Autorità laica sono:
1) Immacolata Concezione
2) San Giuseppe
3) Santa Maria del Suffragio
4) Sant'Anna
5) Santa Maria della Misericordia
6) SS. Sacramento
7) Maria SS. del Carmine
Quelle sfornite di personalità giuridica sono:
1) S. Cuore di Gesù
2) S. Maria delle Grazie
3) S. Francesco da Paola
243
4) SS. Crocifisso
5) S. Pasquale
6) S. Rocco
7) S. Filomena
8) S. Filippo Neri
Tutte queste associazioni laiche, assai numerose, lasciavano a desiderare quanto a vita cristiana.
Dalla documentazione che qui riportiamo ne avremo una
chiara idea.
Mons. Ferniani, in data 14/2/1924 in risposta alla S. Congregazione del Concilio prot. 833/23, fa qualche annotazione circa Ie Congreghe delle due Diocesi. Parla dello
stato psicologico liberaleggiante di tutta la borghesia, che
disgraziatamente è diventata padrona quasi dispotica
della larga rete di Congreghe esistenti in questa Regione". E ancora afferma che “ad essere Presidenti, Segretari
e Cassieri sono riusciti anche i massoni o massoneggianti".
Nella Chiesa di San Francesco a Bitonto, risiedevano con
poca facilità di vita la Pia Associazione Santa Filomena,
quella del S. Cuore di Gesù, nonchè la Confraternita
Monte dei Monti della Misericordia. In un telegramma
del Presidente di quest'ultima Confraternita al vescovo,
del 26/6/1923, leggiamo questa protesta: “Questa Curia
vescovile (rappresentata dal sac. Michele Piluscio) permettevasi ieri senza prevenire amministrazione, toglieva
Santissimo Chiesa S. Francesco Stop. Atto inconsulto
sommamente lesivo onorabilità nostra provocò scandalo
paese compromettendo sentimenti religiosi, Stop. Padre
spirituale disertò completamente senza mai comparirvi
Stop. Pietosi chiediamo urgenti dovute riparazioni, provvedimenti interessi religione” 236.
Il can. De Renzio, Padre spirituale dell’Opera Pia S. Maria del Suffragio di Bitonto, scrive al tribunale ecclesia236
Tutta la documentazione fin qui riportata si trova in B.V.B.
244
stico diocesano il 6/2/1927 per difendersi dalle accuse di
pag.12 e pag. 13 della relazione del Presidente avv. Vincenzo Carbone fatta nel Capitolo Generale del
5/12/1926237.
Le accuse mossegli sono:
1) “Non avere attitudine ad assolvere le mansioni di Rettore Spirituale;
2) di trascurare la Chiesa loro per la mia professione di
organista;
3) di aver resa deserta la loro Chiesa”.
Il Padre spirituale chiede giustizia “contro l’insulto lanciato alla santa memoria del defunto vescovo Ferniani
che si permise considerare quasi uomo da poco, circondato da satelliti dai quali si sarebbe fatto persuadere o
dissuadere nel governo della sua Diocesi e contro ancora
I'implicita e larvata offesa al nostro ecc.mo Mons. Vescovo Del Buono cui fanno una lezione di mancata vigilanza e improvvidenza per l’andamento anormale di una
chiesa di Bitonto…
E dalla esplicitazione dei fatti si vedrà come io non sia
stato altro che vittima di quel tanto spirito laicizzante,
poco rispettoso della dignità sacerdotale e dell’autorità
ecclesiastica che purtroppo domina in quasi tutte le nostre
confraternite cittadine, nonchè dell’opera non troppo prudente di un nostro Rev/mo confratello che per ragioni
personali e di assai spinto zelo sacerdotale, fu sempre
l’ispiratore della condotta della cessata Amministrazione
Carbone a mio riguardo". Inoltre il Padre spirituale afferma che il "Presidente relatore, ultimo arrivato fra i
cattolici non praticanti dopo la conversione da un partito
dalle idee atee ed ultra anticlericali, da me tante volte esortato per una S. Comunione, mai in cinque anni mi accontentò".
237
0.P. S. Maria del Suffragio, cinque anni di Amministrazione 19221926, tip. G. Favia, Bari 1927.
245
Il tribunale “dica nella maniera la più solenne che non
dev’ssere mai lecito a nessuna Amministrazione di O.P.,
fosse pure composta di avvocati, farmacisti o professori
(si riferisce a chi ha firmato I'opuscolo) di sostituirsi superbamente e irreverentemente all’Autorità ecclesiastica
sola ed unica competente” 238.
Il Podestà di Bitonto Lorenzo Achille il 3.5.1927 mostrava alle Confraternite la sua disapprovazione circa certi
usi. Tali osservazioni furono condivise dalla Curia che
riportava la lettera sul Bollettino: “ Molto spesso un numero rilevante di confratelli di età inferiore ai 10 anni,
costituisce la rappresentanza del sodalizio, presentando
una scena poco edificante sia per gli indumenti sudici e
semilaceri che questi ragazzi indossano che per la vera
gazzarra che i medesimi costituiscono per indiscussa disciplina e per il niun rispetto che hanno alla missione a
cui il sodalizio è chiamato (cioè ai funerali). Sono a conoscenza che S.E. nostro Vescovo ha deplorato siffatto
inconveniente … Sia, possibilmente, limitato il numero
dei ragazzi, con invito ad una maggiore austerità e pulizia" 239.
A questo invito fa eco una disposizione di Curia:
“Nell'interesse del decoro, della serietà e del rispetto che
si deve ai nostri cari morti, noi insistiamo perché siano
esclusi dalla partecipazione ai funerali, i confratelli inferiori ai 12 anni, che, per l’inconvenienza proprio della loro età, non si rendono conto dell’ufficio pietoso che loro
s'impone … Accettino un numero più ristretto ma piu opportuno di uomini” 240.
Il Sac. Michele Raffaele, Parroco di Palombaio, il
15.6.1927 scrive a Mons. Del Buono circa le condizioni
richieste per poter accettare i confratelli, presentando un
238
In B.V.B.
Vita religiosa (V°) 1927 n. 5, p. 34
240
Vita religiosa (V°) 1927 n.9, p. 66.
239
246
caso reale. “Un tizio, diviso legalmente dalla propria moglie tuttora vivente, convive con un'altra donna vedova,
ha fatto domanda di essere accettato come confratello
della Corporazione di Maria SS. Immacolata qui esistente. Io ho risposto al Priore di detta corporazione di non
potersi accettare questo tizio perche vive in concubinato,
quindi pubblico peccatore. Intanto questo tizio ha domandato a parecchi altri confratelli in varie città limitrofe
e tutti gli hanno risposto testualmente: ‘è uno stupido ed
ignorante il parroco di costà perché in tutte le nostre confraternite chi sa quanti ne stanno di simili individui e fanno parte come confratelli attivi, questa ne è la prova piu
certa’ ”.
Il Vescovo in data 16.6.1927 risponde di proprio pugno
facendo riferimento al "Codice al can. 693 par. 1 ... Se
qua e là non se ne tiene conto vuol dire che o i casi particolari sfuggono al pubblico, ovvero dolorosamente la
legge della Chiesa non è applicata. In tal caso stupidi e
ignoranti sono coloro che non applicano le norme della
Santa Chiesa …241.
Nel Bollettino ufficiale si ricorda da parte della Curia di
Mons. Del Buono che “l’approvazione della nomina delle
nuove Amministrazioni, a principio d’anno, è riservata
alla Curia Vescovile, anche se per diritto civile siano tenute a richiedere l’approvazione all’Autorità Prefettizia"242.
Anche a Ruvo la situazione delle Confraternite non sembra essere diversa. Il Teologo Ruta Salvatore, nelle relazioni periodiche e frequenti a Mons. Del Buono, in un
foglio non datato, fa cenno ai contrasti esistenti in seno
alla confraternita di S. Rocco. ”… La nuova Amministrazione di S. Rocco prese possesso regolarmente: mi si
volle - egli dice - presente e colsi l’occasione di racco241
242
In B.V.B.
vita Religiosa (V°) 1927 n. 9 p. 66.
247
mandare la pace, la calma, l'affratellamento vero. Speriamolo. Certo, si è riuscito a regolarizzare - con atto energico - uno stato di cose intollerabile e pericoli seri di
gravi avvenimenti, data la eccitazione degli animi accesi
dall’ex Priore violento e cocciuto".
Anche nella Confraternita di S. Domenico a Ruvo, le cose non andavano meglio. Un Confratello, impegnato anche nell'Azione Cattolica, sorta da cinque anni, manda il
30.1.1931 un suo esposto alla Curia. “Sono venuto a conoscenza, - egli dice - di parecchi inconvenienti che sono
assurti nella loro piena efficienza e minacciano seriamente il buon nome della Confraternita, la religiosità di
essa e la indiscutibile disciplina che alla gerarchia ecclesiastica si deve addimostrare in qualsiasi tempo e per
qualsiasi fatto". Il relatore ritiene che i miglioramenti si
debbano ottenere: “1) Vietando assolutamente che i cassieri diano soldi ad usura... 5) Che il fondo di cassa in
moneta liquida venga depositato presso la Cassa di Risparmio dello Stato, o meglio ancora, in una cassa diocesana da crearsi... 7) Infine che venga rinfrescata la regola
in modo che essa rechi, sempre con l’aiuto della Divina
Provvidenza, quei vantaggi spirituali tanto necessari per
la gloria di Dio, il trionfo della sua Chiesa, e la salute
delle anime”.
Gli inconvenienti sempre tali e senza speranza di miglioramenti, spingono la Conferenza Episcopale pugliese a
votare il 14.4.1931 uno Statuto come schema di Regolamento per le Confraternite. Tra i vari articoli si legge:
Art.4: Scopo della Confraternita è:
1. Promuovere tra i Soci una vita cristiana piu perfetta con esercizi di opere religiose.
2. Aggregare i Membri com’è volere del Santo Padre
all’Azione Cattolica.
3. Provvedere al Culto della Chiesa.
4. Accompagnare i defunti aggregati all'ultima dimora e suffragarne Ie loro anime ( can. 685-707).
248
Art. 7: Possono far parte delle Confraternite i battezzati
… di buoni costumi e cristiani praticanti.
Art. 8: Non può essere accettato, nè rimanere nella Confraternita:
1. Chi non è cattolico.
2. Chi è caduto in censura.
3. Chi è iscritto ad Associazioni condannate dalla
Chiesa.
4. Chi è pubblico peccatore ( can. 693 e 1).
5. I ribelli al Papa e al Vescovo, e coloro che impediscono anche indirettamente l’esercizio della loro giurisdizione.
6. I ribelli all’Autorità civile.
7. Chi percuote persone sacre o traduce sacerdoti
davanti al Magistrato civile senza il permesso
dell’Autorità ecclesiastica.
Art. 14: Ogni confratello stimerà suo dovere istruirsi bene
nella dottrina cristiana specialmente col frequentarla nelle
domeniche e feste di precetto; si accosterà spesso ai SS.
Sacramenti, specialmente il Giovedi Santo in corpo e
nelle feste del titolare; eserciterà particolarmente la carità
verso il prossimo aiutando i Confratelli se ammalati.
Art. 36: Le adunanze delle elezioni si inizieranno e concluderanno con la preghiera, in silenzio, con ordine, senza discussione e partigianeria.
Art.42: Direttore spirituale. Questi è il rappresentante
dell'Ordinario e superiore della Confraternita.
Art.46: Qualunque adunanza dell’Assemblea non presieduta dal Direttore spirituale o da un suo delegato è nulla.
Art. 81: Come tutte le Associazioni religiose, anche se
rette dalla Santa Sede, la Confraternita è sottoposta alla
giurisdizione e vigilanza del proprio Ordinario che ne ha
il diritto e il dovere a norma dei Sacri Canoni, can. 690
par. 1. In conseguenza al proprio Ordinario si deve amore, rispetto, obbedienza.
249
L’episcopato pugliese nello stesso giorno presenta alle
Confraternite della Diocesi, alle proprie cure affidate,
questo Statuto con queste motivazioni: “Atteso il bene
che le Confraternite sotto la dipendenza dell’Autorità Ecclesiastica possono svolgere nel promuovere il culto della
Chiesa e la pratica della virtù presso i Confratelli iscritti
alle medesime, raccolti in conferenza, abbiamo pensato,
dopo aver chiesto i lumi al Signore ed in seguito alle deliberazioni del Concordato, di dare nuovo Statuto alle nostre Confraternite, basato sulle prescrizioni del Codice di
Diritto Canonico del nostro Concilio plenario tenuto a
Molfetta l'anno 1928”. Lo scopo è quello di “avere quella
dipendenza dalla Autorità e perchè si inizi nuova vita spirituale anche come contributo all’Azione Cattolica”243.
Gli episodi incresciosi continuarono e la stessa pubblica
stampa veniva interessata. Lo Statuto non veniva certamente recepito con benevolenza ed approvazione se il
Giornale d'ltalia del 24.7.1931 comunicava che il Vescovo aveva dichiarato decaduta l’amministrazione del tempo nella Confraternita di S. Lucia a Bitonto.
Ovviamente le disposizioni episcopali restavano solo nei
voti, mentre difficile si presentava l’attuazione pratica. Le
Confraternite continuavano ad avere nel loro seno una
vita poco confacente al messaggio evangelico. Nuovi casi
vengono proposti alla nostra attenzione.
II can. Antonio Barone, nella sua relazione finale, come
Rettore della Congrega SS. Annunziata così dice: “Si doveva arrivare all’ottobre 1931, quando tre o quattro ingrati, capeggiati dal Sig. Giuseppe Capaldi, dovevano ostacolare e turbare, con invadenze sacrileghe, il culto ben
condotto nella Chiesa dell’Annunziata… è spiegabile
solo se si pon mente che il medesimo non è stato mai un
cattolico, s’intende, puro sangue, tanto vero che non si è
mai visto in Chiesa ascoltare la S. Messa, neanche nei
243
In B.V.B.
250
giorni festivi di precetto; che non ha frequentato mai i sacramenti e molto meno il precetto pasquale; che ha deriso
con sarcasmo la pietà dei fedeli che frequentano la Chiesa
dell’Annunziata …
Quello che preme far notare a tutti è che tutto ciò che è
del can. Barone, deve essere assolutamente restituito al
can. Barone… Per conseguenza il can. Barone ricorrerà a
tutti i mezzi legali e canonici per ottenere la restituzione
di ciò chè è suo e depositato nella Chiesa
dell’Annunziata. Agli ingrati è delitto donare; e solo doveroso additarli al giudizio severo del pubblico e alla disistima dello stesso” 244.
In risposta a questa relazione chiamata “Libercolo", il
Presidente della Confraternita Capaldi, dà alla stampa
“una lettera aperta” del 4.5.1932. “Autoglorificaste - dice
il Presidente - la vostra opera di Padre spirituale; avete
pure rivelato il pregio di agguerrito polemista … pur sapendo che siete il prete più discusso di Bitonto".
Il Capaldi prosegue: “ Nominato presidente dell’O.P. SS.
Annunziata, il sig. Giuseppe Capaldi con deliberazione
27.9.1931, ebbe subito modo di notare non poche irregolarità e vari abusi che si perpretavano a danno dei Confratelli. Non si sarebbe potuto e dovuto ancora tollerare
più che la sacrestia annessa alla Chiesa servisse da agenzia di affari, essendovisi fino allora trattati prestiti, promesse matrimoniali etc. ai quali incumbenti, tra le varie
opere di pietà zelante, il Parroco Barone dedicava principalmente la sua attività serale … Il 15 ottobre il Barone
per ordine di S.E. Mons. Vescovo fu comandato di lasciare la Chiesa della SS. Annunziata e di trasferirsi a quella
di S. Luca… Il Barone, mostrando uno speciale attaccamento alla nostra Chiesa, scongiurò insistentemente il
Capaldi, perchè si fosse recato in Commissione da S.E. e
244
Barone, A. Relazione di sei anni di rettorato (6 dicembre 1925-8
gennaio 1932) tip. Garofalo, Bitonto 1932, p. 19.
251
avesse cercato di stimolare la bontà di lui per il ritiro
dell’ordine…
Non accettò il Capaldi. Apriti cielo! A distanza di due
giorni, infatti, verso le ore 14, quando non vi era alcuno
che avesse potuto impedirlo, si reca in Chiesa, e rimosso
da una nicchia dell'altare il gruppo della Natività di nostro Signore Gesù Cristo lo trasporta con approntata vettura nella propria abitazione … Non si ha il diritto di riprendere quello che appartiene alla Chiesa, sia pure per
causa di donativo. In quel frattempo S.E. il Vescovo revocò l’ordine di trasferimento con l’impegno di restituire
il gruppo. Ciò che non fece.
La Confraternita con deliberato novembre 1931 diè mandato ad una Commissione … di adire le vie legali.
Dopo vari interventi bonari anche del Commissario di
Pubblica Sicurezza, il Barone restituì “la Natività”. Il Vescovo diede ancora due mesi di permanenza come Padre
Spirituale. L’8 gennaio il Barone invitò i fedeli ad abbandonare quella Chiesa e a seguirlo nell’altra … Noi - pertinaci - non ti perdoniamo l’asportazione della Pisside
d’argento dalla Chiesa dell’Annunziata, tanto vero che
col nulla osta di S.E. il Vescovo, interpellato con l'epistola che segue abbiamo citato il corpo che ti racchiude a
comparire dinanzi il signor Giudice conciliatore" 245.
La Curia cercava pian piano di ristabilire l’autorità ecclesiastica in seno alle Congreghe. Il Vice Cancelliere Fornelli Francesco il 18.4.1932, comunica la sospensione al
bidello della Confraternita di S. Filippo per ribellione alla
legittima autorità ecclesiastica. Per lo stesso motivo e
nello stesso giorno, viene comminata un’altra sospensione al confratello Giuseppe Noviello della Confraternita di
S. Antonio di Padova.
245
Capaldi, G., Lettera aperta al sac. Antonio Barone, tip. Palladino,
Bitonto 1932.
252
Per nulla intimoriti dai provvedimenti della Curia, gli aderenti alle confraternite continuavano con insistenza i
loro dissensi. Il nuovo Presidente dalla Pia Associazione
S. Cuore di Gesù faceva presente l’1.7.1932 i contrasti
esistenti fra il Presidente uscente e quello eletto. Ed il
23.12.1932 è lo stesso Can. Pietro De Renzio che fa noto
al Vescovo Taccone la vivace ed offensiva diatriba avvenuta il 18 dello stesso mese per l'elezione del nuovo Presidente tra lo sconfitto e il vincente.
L’attenzione assillante che i Vescovi ponevano perché la
pace delle confratemite avvenisse con l'aiuto e nella visione gerarchica ecclesiastica, non fu ben vista dal Prefetto Perez che scrisse a Mons.Taccone il 3.5.1934 prot.
521/9-1. In risposta riservata - personale, il Vescovo il
5.5.1934 cerca di diradare gli equivoci in cui I'autorità
laica era incorsa. “ I miei sentimenti di devozione - dice il
Vescovo - al Duce e al Fascismo, conosciuti in alto e anche a V.E., danno alla mia circolare del 19.4 u.s. (in occasione della Santa visita) la vera interpretazione … Il n.
8 (della circolare) dice la chiara intenzione: mai mettermi
in opposizione o in contestazione con V.E. e con le leggi
dello Stato, ma di agire d'accordo per impedire che i maligni profittino di questo tempo di transizione per commettere frodi ai danni della Chiesa e dello Stato; (occorre) darci la mano, per evitare ogni possibile abuso; titoli
scomparsi, anzi canoni affrancati illegalmente, legati di
messe non adempiuti, suffragi per confratelli defunti non
curati etc.". Esamina poi ad uno ad uno gli altri numeri
“incriminati”:
“N. 1 mira soltanto ad impedire (come purtroppo è avv enuto finora) che un gruppo di confratelli, senza controllo
di alcuna autorità si riunisca clandestinamente e illegalmente e deliberi ai danni della Confraternita stessa. Per
tali deliberazioni, molte Confraternite si sono gravate di
debiti e si sono ridotte nelle condizioni di non poter tumulare i loro soci morti.
253
N. 2 ‘Si mandi ogni anno alla Curia copia del Bilancio
consuntivo’: forse è detto solo alla Curia! Non anche in
primo luogo alla Prefettura? E non le sembra giusto che
la Curia prenda visione dei Legati adempiuti, dei suffragi
ai confratelli defunti regolarmante fatti, delle Messe celebrate?
N.3 ‘Nomi degli eletti alla Curia con certificato della
Comunione pasquale’: si dovrebbe dunque tollerare, come ai tempi infausti del liberalesimo massonico,
d’infelice memoria, a capo di Confraternite persone pubblicamente incredule, immorali, concubinari, lontani da
ogni pratica religiosa?
N. 4 Impedire le tristi e indecorose usanze di licitare le
Statue dei Santi da portare in processione: sono usanze
ridicole, fortunatamente quasi scomparse, tranne che in
qualche paesello... Anche se il Decreto d'attribuzione definitiva delle Confraternite all’Autorità ecclesiastica dovesse ancora tardare: ci daremo invece la mano, restando
ognuno nell’ambito della propria competenza, sempre
con mutuo rispetto, per impedire ogni frode".
Lo stesso Vescovo il 25.11.1935 mostrava al Prefetto lo
stato pietoso della Confraternita di S. Giuseppe a Bitonto,
quasi a voler meglio comprovare le asserzioni della sua
precedente del 5.5.1934.
“La Chiesa - dice - è in completo abbandono, specie per
la pulizia e quello che si fa, è tutta opera dello zelo e
dell’attività del Direttore Spirituale Can. Barone. Questi,
interpellato, ha dichiarato essere dolente di questo stato
anormale e che egli vi rimane nella Chiesa solo per obbedienza al Vescovo, e ha soggiunto che in seno alla confraternita vi è grande malumore e disaccordo, per cui
molti confratelli si sono allontanati; che si sono verificati
diversi decessi di confratelli senza che questi avessero
avuto quanto è fissato dallo Statuto della Confraternita,
nemmeno l’accompagnamento funebre, e che le Messe di
obbligo neppure vengono celebrate. La Confraternita è
254
assente dalla Chiesa e pochi confratelli fanno e disfanno,
a loro arbitrio. Manca del tutto quella necessaria intesa e
volenterosa cooperazione fra tutti i confratelli e fra amministrazione e confratelli tanto necessaria per il buon
andamento della vita stessa della Confraternita, per il decoro e lustro della Chiesa che ha tante antiche tradizioni,
e per le alte e cristiane finalità alle quali ogni Confraternita deve aspirare e mirare".
Anche le Confraternite si andavano sempre più convincendo dell’azione salutare dell’Autorità Ecclesiastica.
Il Presidente della Congrega della Madonna delle Grazie,
in una lettera non datata, prega il Vescovo Taccone di far
rimanere il Commissario Vescovile Parroco Murgolo a
“continuare la sua opera benefica per l’intera Confraternita, senza fretta, ma che usi il maggior tempo possibile
anche se di anni, tanto per estinguere i rancori di parte e
perché tutti potessero comprendere, dai sacrifici del
Commissario come si dovrebbe vivere da buoni confratelli e da imparziali amministratori".
Nel frattempo il Vescovo Taccone, cerca di portare fuori
le Confraternite dal ghetto degli interessi delle proprie
Rettorie per immetterle nella più vasta azione pastorale
della Diocesi, cercando di dare un tono di semplicità, eliminando ogni esteriorità futile nei confratelli, che potesse essere campanilismo ma non manifestazione di fede.
In proposito, può essere indicativa una notifica del
15.5.1934 del Cancelliere di Curia Fornelli Francesco:
“E’ desiderio del Vescovo che i Confratelli partecipino a
rilevare domani 16 c.m. i Padri Missionari, però senza
sacco e senza stendardi".
L'azione del Vescovo se trova consensi deve registrare
anche aspri dissensi. Il Presidente della Confraternita SS.
Annunziata invia una lettera al Vescovo difendendosi
dall’accusa di corrotto Amministratore.
Il 13.7.1934 si lamenta col Vescovo perché “l' E.V. non
si è menomamente degnata di rispondere … Nè poi il
255
sottoscritto puo ammettere che, mentre egli è ancora il
Presidente di detto Pio sodalizio, senza una preventiva
intesa con lui alcuno operi a proprio piacimento. Ond’è
che il sottoscritto sente il dovere di tutelare ogni giusto
diritto della indicata sua carica col protestare, come protesta, col dovuto rispetto, a quanto ha operato V.E.
Rev/ma”.
L’episodio più increscioso si registra con la notifica del
Cancelliere vescovile Fornelli Francesco, in nome del
Vescovo il 27.6.1938. “Il Signor Lucarelli Baldassarre,
avendo contro il disposto del can. 2341 C.J.C., chiamato
dinanzi al giudice laico il proprio Ordinario, è incorso ipso facto nella scomunica speciali modo riservata alla
Santa sede e perciò deve essere immediatamente cancellato da confratello della Confraternita del Carmine e di S.
Francesco di Paola e di altre Confraternite alle quali eventualmente risultasse ascritto" 246.
Tutta questa problematica riportata per le Confraternite
non esisteva affatto per altri tipi di Associazioni, che non
avevano in seno beghe di supremazia, di autonomia, di
gestioni varie, ma unicamente uno scopo eminentemente
socio-religioso.
Non è a dire però che fossero le cenerentole della Pastorale Diocesana; anzi nel Bollettino ufficiale si nota spesso
la presenza del Vescovo alle loro attività. Diamo un breve cenno di tali Associazioni.
1) L”Apostolato della preghiera” che raggiunge nel suo
apice anche 1500 soci a Bitonto. Hanno un Direttore che
convoca le relatrici di tutte le Parrocchie. Si distribuiscono i distintivi e i manuali nell'Istituto S.Cuore 247. Si consacrano all'adorazione di Gesù in Sacramento.
246
Tutta la documentazione dalla nota precedente (245) fin qui si trova
in B.V.B.
247
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.1, p.5; (IV°) 1926 n. 2/3, p.15.
256
2) L'Associazione della Guardia d’Onore del S.C. di Gesù”, anche essa di intonazione eucaristica; organizza funzioni religiose nelle parrocchie 248.
3) L‘Associazione delle “Terziarie Francescane” presso il
convento di S. Leo a Bitonto ma anche nelle Parrocchie
delle due Diocesi249.
4) L'Associazione delle Figlie di Maria” presso le Suore
della Carità di S. Vincenzo de Paoli. Si dicono numerosissime nel 1923 e nello stesso anno il 4.2.1923 alla presenza del Vescovo a Ruvo se ne contano 200. Hanno ritiri
mensili ed esercizi spirituali. Altrettanto dicasi per Bitonto 250.
5) Le "Dame di Carità” sono presenti a Ruvo e Bitonto”.
In questa Diocesi oscillano intorno alle 100 unità. Si impegnano nelle conferenze mensili e nell'annessa opera di
carità per i poveri. Il loro introito annuale, e relativo esito
si aggira sulle 4.000 lire. Hanno incontri mensili col Vescovo 251.
6) L’associazione delle “Figlie S. Angela Merici” nella
chiesa di San Domenico a Bitonto. Si dicono numerose
ed emettono voti rinnovabili 252.
248
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.7, p. 53.
Vita Religiosa (IV°) 1926 n. 2/3, p. 17.
250
Vita Religiosa (I°) 1923 n.2, pp. 3/4; n.7, p.53;
Vita Religiosa (VI°) 1928 n.2, p.20.
251
Vita Religiosa (I°) 1923 n.2, pp. 2/3;
Vita Religiosa (III°) 1925 n.3, pp. 17/48;
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n.3, p.34.
252
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.3, p.40.
249
257
MANIFESTAZIONI LITURGICHE E
PARALITURGICHE: SVILUPPO NEL TEMPO
Nel Bollettino ufficiale del I923, indirettamente si fa cenno ad una spiritualità popolare locale piuttosto singolare:
"Nel sabato santo, i giovanotti serbarono nelle Chiese un
contegno corretto, frenando i deplorati eccessi di gioia,
verificatosi negli anni scorsi" 253.
Per avere un’idea di ciò che avveniva in Chiesa nel primo
anno dell'episcopato di Mons. Ferniani, riportiamo una
precedente protesta significativa del 10/3/1921 da parte
del Capitolo Cattedrale di Ruvo, non spedita dal vescovo
Berardi - come era richiesto - a sua santità Benedetto XV.
"Un sacrilego spettacolo - dice - disgraziatamente di antica data, ha luogo nella Cattedrale e nelle Chiese minori di
questa città durante la funzione del Sabato Santo. Col
pretesto di riprodurre in forma approssimativamente viva
il tremuoto verificatosi nella Resurrezione di N.S. Gesù
Cristo e di questa esplicare con ogni mezzo la gioia, convengono in esse gli elementi più volgari e più audaci del
basso popolo, portando seco ogni sorta di strumenti adatti
allo strepito, al fragore e alla distruzione: zappe, ruote da
strido, bastoni, mortai di bronzo, campane da bestie, sassi, randelli e simili. Vinto con la violenza e con grida incomposte qualunque ostacolo ad impedire l’indegna gazzarra, pigliano d'assalto a gruppi densi i principali posti
delle Chiese, specie quelli da cui meglio si prospetta la
funzione. E cominciando dall’insultare le donne, massime le giovinette, ed a lanciare ogni sorta di ingiuria al
Clero, e propriamente ai ministri della funzione e ai canonici, anche se negli stalli o sull'altare, con frequente
ripresa ad uno squillo di tromba o ad altro segno convenuto, producono un insieme assordante di grida, di suoni
253
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.4, p.27.
258
e di rumori a colpi di mazza da convertire la serenità del
tempio nel tempestoso rivolgimento, una bolgia infernale.
Cosi mentre si cantano a gran fatica Ie profezie, mentre si
benedice l’acqua del fonte battesimale, mentre si svolgono le litanie dei santi, non riescono a far smettere nè
l’opera vigilante di soldati e carabinieri invitati in precedenza a frenare la pazza foga dei tumultuanti, né
l’esortazione dei più giovani e robusti sacerdoti, scaglionati in vari punti nè le minacce a sospendere la funzione
o a far chiudere addirittura la Chiesa. Quando si giunge al
momento che si intona il Gloria, e cade il velario ed appare la statua della Resurrezione, l’opera selvaggia giunge al colmo del delirio, al colmo della pazzia; e nell’uno
e nell'altro caso cresce a dismisura la voglia di distruggere ciò che è a portata di mano, e vanno in rottami porte,
stalli, confessionili. Lo spettacolo descritto, che, come si
è detto innanzi, ha quasi data antica, era con pazienza
sopportato con infinite precauzioni. Ma nelle cresciute
audacie del dopo guerra, si è fatto addirittura pericoloso
per tutti, oltre che sacrilego per le tante profanazioni, e
deve assolutamente cessare. Nello scorso anno furono pure lanciate nella immensa calca di gente, raccolta in Cattedrale, due bombe a carta, di cui una esplose bruciacchiando le vesti ad una donna con grande panico dei circostanti, e l’altra fu presa da un carabiniere. II vescovo
che pontificava, non riuscendo ad ottenere non il silenzio
- cosa del tutto impossibile - ma che si desistesse almeno
dalle grida incomposte e dai rumori assordanti, dopo essersi ritirato due volte in sacrestia, interrompendo la funzione, si risolse a finirla a voce bassa ed in fretta..." 254.
Soppresse le forme abnormi di manifestazioni liturgiche,
restava sempre costante il problema del “Bel Galateo” in
Chiesa. Perfino nel 1930 si sentirà l’esigenza di riportare
un articolo del bollettino liturgico edito in Vicenza e di254
In B.V.B.
259
retto dall’abate benedettino Emanuele Caronti. Si danno
disposizioni circa l’entrata in Chiesa, durante la Messa
letta, durante la Messa solenne, per la Comunione, per le
benedizioni ordinarie, per l'esposizione solenne del Santissimo, per i Vespri. Si tratta di un Galateo parrocchiale
in cui si dettano “le norme" per tutti i fedeli circa il modo
di comportarsi in Chiesa sia nell’assistenza alle funzioni
religiose, sia nel compiere le proprie funzioni” 255.
La religiosità popolare facile alla spontaneità e materializzazione del rapporto con Dio, mostrava una certa acquiescenza anche a culti superstiziosi. “Viene riferito dice la Curia del 1924 - che alcuni del nostro popolo si
fanno ingannare da certe persone le quali, con apparato
religioso e culto superstizioso tributato a vari Santi, vanno spacciando oracoli, e si vanno facendo interpreti delle
cose occulte... La Chiesa è sempre stata vigile, perchè la
nostra santa religione non fosse mai inquinata da simili
pratiche, che menomano la santità e la purità del culto
dovuto a Dio ed ai suoi santi" 256.
Il richiamo non era certo senza fondamento se la Curia di
Mons. Del Buono deve usare certe espressioni severe circa le più strane devozioni: “Le Chiese non poche sono
trasformate in pinacoteche di quadri che non sono di Raffaello o di Michelangelo. Quadri, sottoquadri, sugli altari,
addossati alle colonne, ai pilastri, un vero bazar, un magazzeno di anticaglie da rivenditori.
Per amor di Dio, cari Parroci, carissimi Rettori, non accogliete nelIe Chiese tutte le devozioni particolari di tutti
i fedeli cristiani! Siate pastori del vostro popolo, e guidatelo senza farvi trascinare. Nelle Chiese vi siano poche
devozioni ma le centrali, pochi quadri ma i migliori, poche statue ma le più belle” 257.
255
Vita Religiosa, (VIIl°) 1930 n. 6/7, p. 59.
vita religiosa (II°) 924 n.11, p. 93.
257
Vita Religiosa (IV°) 1926 n.10, p. 82.
256
260
I richiami non trovarono debito riscontro e Mons. Del
Buono il 5/10/1927 emanò questo decreto: “A moderare
l’uso delle nuove devozioni, che talora mutano la casa di
Dio in un vero negozio di cose sante, proibiamo ai sacerdoti, a norma del Diritto, sotto pena di sospensione a divinis, ipso facto incurrenda, l’introduzione di nuovi quadri, nuove statue, nuove figure nelle nostre Chiese…”258.
Con Mons. Taccone la Curia ritorna sull’argomento a
proposito dell'erezione annuale dei cosidetti “sepolcri”:
“Siano fatti come prescrive la liturgia, senza esporsi immagini o quadri, anche se dovessero rappresentare qualche scena della Passione di N. S. 259.
Il Clero aveva la sua parte di responsabilità. E i vescovi a
ragione si lamentavano presso i parroci o rettori di Chiese. Ogni quadro, ogni statua di Santo diventava occasione
di tridui e novene, nonchè di processioni. Tutta la cronaca
liturgica del Bollettino è piena di episodi del genere: anche i vescovi facilmente ne prendevano parte, tenendo
per l’occasione i propri fervorini forse per rettificare il
culto dovuto ai Santi. Nel Bollettino spesso si riportano
Ie varie devozioni con la parola "tradizione", "come al
solito”, forse per indicare la continuità d'azione nel tempo
e per non esporsi troppo alle sanzioni canoniche che di
tanto in tanto venivamo emesse. La spiritualità popolare
si manifestava in una certa teatralità.
Nelle Diocesi, “in Cattedrale, tutte le Congreghe in forma
parata (vestite di sacco) adempiono al Precetto Pasquale”260. Spesso però le Confraternite assicuravano la loro
presenza, come per l’adorazione della Croce nelle settimana Santa261 ma non la loro partecipazione cultuale –
258
Vita Religiosa (V°) 1927 n.10, p. 74.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.3, p.30.
260
Vita Religiosa (I°) 1923 n.4, p.27.
Vita Religiosa (IV°) 1926 n.5, p.43.
261
Vita Religiosa (III°) 1925 n.3, p. 51.
259
261
sacramentaria. Nel 1926 si ricorda alle confraternite di
Bitonto l’obbligo del Precetto Pasquale, al quale nessun
buon cattolico deve derogare.
Il vescovo Del Buono vuole essere informato sul nome di
coloro che non hanno fatto il Precetto 262.
II can. Pasculli G., nelle sue Memorie affermava: “Del
resto il popolo in generale è amante - anche nelle funzioni sacre - di apparati scenici, di chiasso. Si stanca, si annoia facilmente delle cose serie” 263.
Le Confraternite a cui erano demandate gran parte delIe
manifestazioni devozionali “gareggiavano - si dice nel
Bollettino - per la buona riuscita delle processioni sacre.
E della buona riuscita, va certamente data lode ai Rev/mi
Padri spirituali, coadiuvati dalle relative commissioni
delle Confraternite”264. Nel 1928 si riportano le processioni di Passione a Ruvo: "Sono state svolte regolarmente
tutte le processioni della Settimana Santa. E cioè: quella
di Gesù al sepolcro, la mattina del giovedì Santo, a cura
della confraternita di San Rocco: quella di Gesù morto
che ha suscitato come sempre molta devozione; quella
del Misteri della Passione di N.S. Gesù Cristo, a cura
dell’Arciconfraternita del Carmine; quella di Maria SS.
della Pietà, a cura della Confraternita del Purgatorio; e
infine la Processione di Gesù risorto, a cura della Confraternita di San Domenico” 265.
Lo stesso dicasi per Bitonto. A proposito dell’addobbo
dell’altare nelle feste e nelle processioni, il Bollettino riporta condannandolo, un sistema tutt'altro che liturgico:
"Lo si ricopre tutto di fiori, lo si adorna di ninnoli, lo si
abbellisce con scherzi di luce anche a colori; lo si traVita Religiosa (V°) 1927 n.3, p.23.
Vita Religiosa, (IV) 1926 n. 5, p.34.
263
PASCULLI, G. Memorie (manoscritto in B.V.B.) 1930 p. 65.
264
Vita Religiosa (l°) 1923 n. 4, p.27.
265
Vita Religiosa (VI°)1928 n.4, p.35.
262
262
sforma in un vero bazar, piedistallo ad un Santo che
dall’alto troneggia come in un’apoteosi di gloria! Anche
in questo, nell’ornamentazione e nell’addobbo degli altari
in occasione di festa, bisogna seguire le norme del buon
gusto e stare alle prescrizioni dalla sacra liturgia, sempre
dignitosa ed austera. L'altare è il luogo del sacrificio” 266.
Talvolta dalla condanna verbale si passava a comminare
delle pene con l’autorità della S. Sede. A proposito della
processione di Sant’Antonio, l’opera Pia "Monte dei
morti della Misericordia” di Bitonto, in data 25/6/1931,
avendo contravvenuto alle disposizioni, si scusa con il
vescovo dicendo che alla processione del 14/6 si partecipò non per “protesta o quanto meno per insubordinazione
agli ordini emanati dall’E.V. Ill.ma, ma solo perchè tratta
in inganno dal pubblico bando che non solo c’era la processione ma che coloro che avrebbero partecipato avrebbero persino guadagnato le sante indulgenze.
Mons. Taccone per l’occasione aveva già provocato dal
Card. Bisleti della S. Congregazione del Concilio in data
18/8/1931 prot. 4913, decisioni in merito: "Esaminata la
sua relazione del 16 scorso giugno, questa S. Congregazione ha stabilito che l’E.V. Rev/ma interdica per un mese le altre Confraternite che parteciparono ufficialmente
ed in corpo alla processione di S. Antonio contro il divieto della S. Sede.
Quanto poi ai membri delle altre Confraternite che vi intervennero isolatamente, l’E.V. pubblichierà un avviso in
cui deplorando il fatto, li inviterà a provvedere alla loro
coscienza'' 267.
Il sac. Pasculli G. il 17 gennaio ci da una panoramica
della tradizione locale nella festività di S. Antonio. “In
onore di questo glorioso Santo… fin dai primi vespri, si
266
267
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.10, p. 75.
In B.V.B.
263
accendono dei grandi falò. Siccome per lo più i devoti li
alimentano con fascine e legna ricavate di recente dalla
potatura degli ulivi, si sprigionano alti e densi fumi di
nuvole bianchicce, che invadono tutta la città, tanto da
strappare lacrime dagli occhi, come se tutti fossero colpiti
da grande sventura. Donne per lo più del volgo fanno a
gara a raccogliere nel vicinato legna e fascine, per fare un
falò più grande di quelli viciniori. I ragazzi e le ragazze
aiutano anch'esse a fare la raccolta. Corrono su e giù gridando per la gioia. Quando i nugoli bianchi del fumo si
elevano con le prime fiamme, i ragazzi si divertono ad
attraversare e a tentare di afferrare tra le braccia le spire
dense, poco curandosi delle lacrime che l’acredine del
fumo strappa dai loro occhi. Le donne più provette attizzano il fuoco. Cessato il fumo, le donne del volgo fanno,
circolo intorno ai carboni ardenti per riscaldarsi. Si raccontano storielle, disgrazie, specialmente d'incendi avvenuti a quelli che mancarono di onorare il Santo con l'offerta di legna e fascine. Non manca un po’ di critica locale. Qualcuna fa le calze. Altre, profittandosi del fuoco,
fanno economia, mettendovi a cuocere delle pignate di
legumi. Infine smorzano con l’acqua gli ultimi carboni o
se li dividono, come reliquie preziose, come talismani
contro gli incendi” 268.
Lo stesso sacerdote ci riporta anche il colorito della religiosità popolare a proposito della festa dell’Immacolata
dell’8 dicembre: "Bella giornata! Si prevede perciò che la
processione dell’Immacolata si ritirerà tardi in Cattedrale,
perchè i portatori della statua - seguendo l’andazzo di
moda ormai in questa nostra città, arretrata forse di qualche secolo nel cammino della civiltà - cammineranno a
guisa di lumache, mettendo un passo in avanti e due indietro.
268
PASCULLI, G., Memorie (manoscritto in B.V.B.), 1933.
264
II popolo… non risparmia però critiche e sarcasmi
all’indirizzo dell’arcicongrega dell’Immacolata, che sebbene formata, nella maggioranza da persone nobili e doviziose, pure si mostra poco generosa nello spendere, in
modo che la festa riesce molto misera e quasi di nessuna
attrattiva. Le critiche si sono poi più accentuate, perchè la
banda musicale non ha suonato in piazza, come avviene
nelle feste celebrate da altre congreghe, ma solo durante
la processione. Lo scontento poi era ancora maggiore,
perche vi mancavano le batterie pirotecniche, senza delle
quali le processioni sembrano scene morte, e il brio e
l’allegria viene meno all’anima popolare. A riparare in
parte lo sconcio intollerabile, si è fatta subito una questua
in città… se no si rasenta il pericolo di scambiare per un
mesto funerale una processione che dovrebbe riuscire
come il coronamento esterno e chiassoso della festa” 269.
Per le feste bicentenarie di maggio e di agosto 1934 per
l’apparizione della Vergine a Bitonto, si stampa un opuscolo 270. Ne riportiamo i tratti più significativi nella visione della stampa del tempo. Il Corriere della Sera, Bari
25/5 notte, scrive che le feste hanno lo scopo di esaltare il
miracolo dell’Immacolata, avvenuto nel 1734, il 26 del
mese di maggio. Apparizione della Vergine al general
Montemar, che aveva ordinato il saccheggio della città
dopo la vittoria sulle truppe tedesche. "Battaglia di Bitonto - dice I'articolista - che combattuta tra gli austriaci e
gli spagnoli, decise nel Reame di Napoli l’inizio del dominio dei Borboni… La Madonna Immacolata la quale
avrebbe trattenuto Ie schiere vincitrici dal saccheggiare la
città che non si era ancora sottomessa alle truppe degli
invasori". II Rettore di Bitonto per la Gazzetta del Mezzogiorno, il 29/5 scriveva: “Dal giorno 16 corr., si iniziò
269
PASCULLI, G., Memorie (manoscritto in B.V.B.) 1929.
Solenni feste bicentenarie: Bitonto maggio-agosto 1934 in onore di
Maria SS. Immacolata, tip. Amendolagine, Bitonto 1934, pp. 1-74.
270
265
nella Cattedrale, come annunziammo, un solenne novenario tenuto dai Padri Cappuccini Teodosio da Voltri e Michele da La Spezia, con I'intervento di S.E. il vescovo
Mons. Taccone, di tutte le Autorità e di una folla enorme
di popolo. Intanto nella Cattedrale affollatissima come
non mai e ritornata per volere del Duce al suo antico
splendore, si iniziò dalle ore 23 del giorno 25,
l’adorazione notturna dell’Immacolata mentre la banda
"Traetta" prese a girare per le vie di Bitonto... Alle 3 del
mattino … partì dalla Cattedrale una lunga processione
con l’immagine di Maria SS. Immacolata che attraverso
ali imponentissime di popolo … si recò all’obelisco, luogo dove furono decise le sorti della battaglia di Bitonto
nell’ormai lontano 1734.
leri fu celebrata la Messa all’aperto e dopo un commovente discorso di Padre Michele dalla Spezia e la Comunione di migliaia di persone, la processione, con la venerata immagine passò ancora per le vie affollatissime per
ritornare alle 7 nella Cattedrale. Più tardi, nella stessa
Cattedrale, gremita di popolo e alla presenza delle Autorità, Mons. Taccone celebrò un solenne pontificale accompagnato dalla Scuola Cantorum locale che esegui lodevolmente musica del Perosi. Nel pomeriggio poi, Padre
Teodosio da Voltri, tenne un elevato panegirico in onore
dell’Immacolata". Furono interessati molti altri giornalisti
di varie testate nazionali: il Mattino e il Roma di Napoli;
il Giornale d'Italia, la Tribuna, il Popolo di Roma, il Messaggero e l’Avvenire d'ltalia di Roma; il Corriere della
Sera e il Secolo Sera di Milano; la Stampa di Torino.
Tutti riportano le stesse notizie che qui elenchiamo.
Alla Messa all’obelisco erano presenti oltre 10.000 persone. Eseguirono musica classica le Bande musicali di
Mottola nel mese di maggio; e ad agosto furono invitati i
concerti di Cava dei Tirreni, di Squinzano, di Gioia del
Colle, di Bitonto-Dopolavoro, di Bitetto, di “BitontoTraetta”. Non mancarono soprattutto ad agosto i pirotec-
266
nici in numero di cinque ditte. Ad agosto ci fu illuminazione sfarzosa al Corso, a Porta Baresana, al Castello, al
monumento ai Caduti, a via Mercanti, a via delle Carceri;
ad agosto si lanciarono gli areostati di tre ditte. Furono
organizzate manifestazioni sportive: corsa ciclistica,
gjmkana automobilistica. Anche Ie Ferrovie dello Stato
collaborarono ad agosto (14-21 notte) con riduzione del
Biglietto del 50% fino a 200 Km. Da S. Spirito, furono
assicurati treni straordinari di ritorno per i giorni 18-20.
A coronamento delle feste bicentenarie svolte in maggio
e agosto, fu esteso il rogito notarile della consacrazione
di Bitonto a Maria SS. Immacolata nella sala del Palazzo
di Città il giorno 30 dicembre 1934. Mons. Taccone,
nell’avviso sacro del 30/5/1934 si mostra soddisfatto e
rivolge il suo grazie a tutti per le feste centenarie
“specialmente al Rev/mo Clero che ha lavorato con me di
notte e di giorno, con zelo e disinteresse, aspettando la
ricompensa non dagli uomini, ma da Dio e
dall’Immacolata”. E nel post scriptum dello stesso foglio
il vescovo prosegue: “Avendo saputo che si sono diffuse
delIe voci non esatte, desidero che si sappia che per tutta
la sua opera in occasione della novena e della festa, il
Rev/mo Clero non ha chiesto nè avuto alcun compenso,
anche minimo... Comunico anche al popolo che nè io ne
alcun sacerdote facciamo parte del Comitato delle feste,
sia di maggio che di agosto" 271.
II vescovo prese posizione per scagionare se stesso e il
Clero dall'accusa che le feste in genere erano pretesto per
fare soldi ed arrotondare le personali entrate.
Da quanto esposto sulle festività bicentenarie, si puo notare la compresenza e confusione tra sacro e profano. II
diario del sac. Pasculli si rivela veramente importante per
averne un’idea sempre piu precisa di quale fosse la religiosità del tempo. Per la Festa dei SS. Medici, il 23 otto271
In B.V.B,
267
bre, annota con partecipazione: “Furono lanciati, dal noto
artista Di Rella di Ruvo di Puglia, sei, invece di sette
convenuti, palloni di carta. Di questi, tre mi piacquero di
più: quello che rappresentava la Conciliazione tra lo Stato
e la Chiesa in Italia, una mongolfiera, un tempietto su cui,
da un lato solo, erano dipinti i SS. Medici. Malgrado certi
ripiegamenti pericolosi su se stessi - quando giungevano
a una certa altezza - nessuno dei sei palloncini si bucò per
via... Anche i fuochi pirotecnici riuscirono benissimo: gli
spettatori mostrarono, con battimani, il loro gradimento
verso il pirotecnico il quale, alle volte, è portato in trionfo
come gli antichi condottieri romani sulle robuste spalle
dei Pretoriani. Hanno voglia perciò i puritani, i superuomini, a gridare al barbarismo, quanto si tratta di fuochi
pirotecnici; essi predicano al vento; fanno dei buchi
nell’acqua e il più delle volte cadono in contraddizione
con se stessi, perché accorrono anch’essi a vederli, anche
col sacrificio di qualche ora di sonno; perchè non condannano con pari virulenza, l’uso internazionale di salutare con i boati rituali dei cannoni, i grandi personaggi
anche della chiesa Cattolica Apostolica Romana. Eppure
non so capire come uomini dotati di buon gusto, non sappiano riconoscere e ammirare l’arte con cui i pirotecnici
attuali sanno preparare chimicamente le miscele che producono colori svariati e brillanti come stelle; l’arte con
cui li dispongono nelle bombe, nelle girandole; l’arte che
usano nel preparare degli scherzi, nel guardare la potenza
dinamica delle batterie, che culmina nel fragore, nei boati
vulcanici, negli scoppi tremendi dei finali che danno
l’idea di un inferno spalancato … Si dica ciò che si vuole
del fuochi pirotecnici: il certo si è che il 99% della popolazione .. - compresi non pochi uomini illustri, come per
esempio un G. Verdi - si compiace molto dei fuochi pirotecnici e li preferisce a qualsiasi altro divertimento. E
ormai è noto a tutti che i fuochi pirotecnici, introdotti dai
nostri emigrati meridionali, nelle civilissime Americhe e
268
a preferenza nella più progredita l'America del Nord,
hanno destato un vero delirio di gioia e di ammirazione in
tutti, tanto da far attribuire alle feste religiose e civili,
celebrate sullo stampo delle nostre, il primato assoluto su
tutte quelle degli Stati Uniti. Se gli uomini fossero più
sinceri e coerenti, vi sarebbe meno gettito di bugie stereotipate, meno contraddizioni farisaiche! 272.
Anche il Clero quindi, nella sincerità del diario personale,
non è da meno, dall’accettare una sontuosità e uno sfarzo
festivo extra liturgico.
Il sac. Pasculli, mentre condivideva tali teatralità nell'espressioni popolari e tradizionali, le aveva criticate nel
1930 nelle iniziative del vescovo pro tempore. Questi forse tentava di riportare il popolo di Dio alla centralità
cultuale delle funzioni liturgiche nella Casa di Dio. Ascoltiamo ora le riflessioni del suddetto sacerdote tratte
dal suo diario.
“Il Mons. Vescovo, ha voluto tenere in cattedrale una
funzione extra liturgica, detta da lui, credo, del ‘bacio’,
processione in Cattedrale per le navate laterali, del Bambino Gesù, portato in un cestino infiorato da Mons. Vescovo sotto il baldacchino … bacio del Bambino Gesù
tenuto fra le mani da Mons. Vescovo sulla predella
dell’altare maggiore. Al bacio hanno partecipato i Capitolari presenti in discreto numero, gli alunni del seminario… e poi tutto il popolo accorso in gran numero alla
funzione nuova per Bitonto… Interminabile sfilata che è
durata più di un’ora… Gara di accorrere al 'bacio’.
Niente di attraente mi è parso in questa funzione. Credo
che anche il popolo, tolta l’idea della novità, non vi ha
trovato niente di singolare. Pare che Mons. Taccone abbia in certo modo il fare popolare e chiassoso di Mons.
De Stefano, quart’ultimo suo predecessore in questa Dio-
272
PASCULLI, G. memorie (manoscritto in B.V.B.) 1934.
269
cesi. Ho comunicato a qualche altro questo giudizio e li
ho trovati d'accordo con me” 273.
Che si era già tentato da tempo di purificare la spiritualità
popolare da ogni materializzazione poco confacente, ne
era prova una nota del Bollettino del 1923. Nel possesso
della nuova amministrazione della Misericordia nella
Chiesa di S. Francesco a Bitonto, si dice che verennero
distribuite razioni di pane, pasta, formaggio, alle famiglie
indigenti in ragione di 5 per Parrocchia, al posto dei soliti
spari e spese inutili” 274.
Ma una vera azione in merito si ebbe dopo la circolare
del Capo del Governo del 27/2/1927, riportata sul Bollettino e perciò condivisa dall’autorità roligiosa: “Intorno
agli sperperi di denaro - dice Mussolini in occasione delle
feste religiose - richiamo su tale fatto l'attenzione delle
autorità civili perchè di concerto con le autorita ecclesiastiche svolgano opera cauta ed efficace per persuadere i
promotori di tale feste che è più giusto e più degno investire il denaro offerto dalla pietà dei fedeli, in opere meritorie quali i restauri delle Chiese, il soccorso dei poveri,
l’assistenza agli orfani, agli infermi, ai minorati in genere
delle singole parrocchie. Sarebbe invero cosa bella e utile
poter assicurare alle opere di assistenza parrocchiale un
risveglio fecondo, rinnovando l’antica tradizione
dell’Italia cattolica e latina” 275.
II richiamo del Capo del Governo non restava nell’oblio
anche perchè le Confraternite da cui dipendevano quasi
tutte le festività religiose, avevano stretti legami di subordinazione all’autorità civile; d'altronde anche
l’episcopato pugliese nelle Conferenze e nel Concilio appulo aveva emanato con chiarezza parecchi canoni in merito. È normale quindi che il Bollettino continui a regi273
Pasculli, G. memorie (manoscritto in B.V.B.). 1930, pp. 64-65.
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.2, p.4.
275
Vita Religiosa (V°) 1927 n.7, p.50.
274
270
strare consensi. Anche la Confraternita di S. Francesco da
Paola, in ottemperanza al can. 200 del Concilio appulo e
al decreto della Conferenza episcopale pugliese del 1927
"ha versato £. 750, che Mons. Vicario ha cosi distribuito:
£. 450 per i restauri della Chiesa omonima e £. 300 per la
fabbriceria della Cattedrale, somma che è stata da Mons.
Vicario consegnata al Podestà Lorenzo Achille che ebbe
modo di far pervenire il suo ringraziamento e la sua lode
il 15/5/1929 prot. 3469” 276.
Alle medesime disposizioni si attengono il 6/9/1929, le
Confraternite di S. Pasquale, di S. Antonio e del Carmine
che danno al Vicario una somma per i vari usi 277.
Anche il Prefetto il 17/3/1938 prot. 272/30 scrivendo a
Mons. Taccone conferma le lodevoli iniziative; e a proposito della Confraternita del SS. Sacramento dice: "Dagli atti relativi al sodalizio in oggetto, si è rilevato che da
tempo, l’ente corrisponde all’asilo infantile, al ricovero di
mendicità ed all'ospedale dei cronici il contributo annuo
di £.100 ciascuno. Inoltre lo stesso ente ha erogato l'annua somma di £ 400 all’Opera nazionale per la Maternità
e l’infanzia” 278.
Stornare delle somme dal ricavato delle feste per scopi
sociali, anche se inviso, poteva riuscire relativamente facile, ma porre in atto un nuovo metodo di condurre tali
celebrazioni, doveva trovare maggiori resistenze. Se ne
occupò il Vicario Capitolare F.P. Calamita, forse per mostrare al nuovo vescovo un volto religioso che dicesse
maggiore purezza di fede. Raccomandò perciò "vivamente ai Rettori di Chiese la perfetta osservanza di
quanto si contiene nel decreto 200 del Concilio plenario
appulo e di quanto, è prescritto nel decreto della Confe-
276
Vita Religiosa (VlI°) 1929, n. 3/4/5 p.22.
Vita Religiosa (VlI°) 1929, n.6-9, p.35.
278
In B.V.B.
277
271
renza degli Ecc.mi vescovi, pubblicato a pag. 187 di detto
Concilio”279.
Riportiamo i punti salienti del decreto 30/4/1927, riportato al n. 201 del Concilio:
1. Le Commissioni per le feste religiose debbono essere
nominate o approvate dall’autorità ecclesiastica.
2. Sono esclusi dal prendere parte ad esse quanti sono religiosamente indegni e quanti avranno dimostrato di non
voler sottomettersi alle direttive della suddetta Autorità
Ecclesiastica.
3. Stabilire il giorno della celebrazione della festa, proporre il predicatore, ordinare le funzioni religiose, determinare la paratura della Chiesa e degli altari, dov’è l'immagine del Santo che si festeggia, sono di esclusiva competenza del sacerdote capo della Chiesa dove ha luogo la
festa.
4. Lo stabilire l’orario e l’itinerario delle sacre processioni è di competenza della Curia vescovile.
5. I Parroci e i Rettori di Chiese attendano con impegno
ad eliminare dove esiste, la consuetudine della licitazione
delle statue e delle aste; ad ogni modo siffatte gare sono
assolutamente vietate in Chiesa e durante la processione.
6. Qualora i fedeli, durante la processione, offrissero doni
al Santo - costumanza del resto non consona alle disposizioni della Chiesa - è proibito attaccarli in qualsiasi modo
all’immagine.
7. Dalla somma totale delle offerte sarà prima detratto
quanto occorre per la conveniente celebrazione della festa
in chiesa; il resto il sacerdote, Rettore di Chiesa,
d’accordo con la commissione, lo dividerà per la festa esterna e per il restauro della chiesa e sacri arredi e per le
opere di carita. (Quest’articolo costituirà il decreto 200
del Concilio)…
279
Vita Religiosa, (VII°) 1929, n.3/4, p. 22
272
9. Qualora si compia cosa contraria alle suddette prescrizioni, la Chiesa dove si celebra la festa, anche se le funzioni sacre fossero incominciate, resta interdetta a tempo
indeterminato, e per conseguenza i sacerdoti non vi potranno nè celebrare, nè compiervi funzioni, e, se occorrerà non sarà risparmiata la gravissima pena della scomunica contro chi favorisce i disordini” 280.
In una materia concernente tradizioni ataviche, non c’è da
meravigliarsi se il 21/4/1936 Mons. Taccone in un avviso
sacro pone ancora gli stessi problemi ovviamente non del
tutto risolti: “Per eliminare – dice – qualche inconveniente e per richiamare sempre più le Processioni a quella
serietà e devozione che la Chiesa desidera ordiniamo:
1.
Le Processioni non debbono durare più di 4 ore e
non possono protrarsi oltre 2 ore di notte, ora in cui la
statua dev’essere in chiesa: pena la interdizione della
chiesa e della confraternita e la sospensione del Padre
Spirituale, se non si osserva tale nostra disposizione.
1.
I portatori di statua devono essere scelti tra le
persone devote e non tra i mercenari essendo proibito dal
concilio Plenario Pugliese la licitazione delle statue” 281.
Accanto ad un’azione negativa di precisazione, di proibizione, si andava sviluppando, anche un’azione positiva
per creare in ognuno una personalità religiosa più confacente ai precetti della chiesa. Anche nelle diocesi si intraprendeva la crociata per la festività religiosa rettamente
intesa. Non tanto le festività patronali o del santo titolare
o di una devozione personale, ma un giorno settimanale
da consacrare a Dio nella comunione dei fratelli nella fede. Nel Bollettino si osserva: “La legge sulla santificazione della festa da tanti, anche ora dopo le sanzioni della
legge civile, facilmente trasgredita, è essenzialmente ob280
Concilium P. A. Melphicti 1928: Decreta, tip. Poljglottis Vaticanis,
Romae 929.
281
In B.V.B.
273
bligatoria per precetto divino, perchè è necessaria, come
qualsiasi legge organica, agli individui e alla società.
Nelle festività l’uomo si dedica a Dio col culto sacro, con
la preghiera pubblica, con la predicazione evangelica e
catechistica, cui è tenuto sub gravi a prendere parte…
Il giorno festivo perde il suo significato sociale in seguito
alla trasgressione della legge divina e serve a disperdere
gli uomini invece di essere un mezzo di fusione di classi,
un simbolo solenne dell’uguaglianza degli uomini” 282.
Nelle note liturgiche e canoniche si precisa: “Il concetto
della festa cristiana non è deviazione del significato di
gioia, che deve penetrare nell’anima del cristiano; è aspirazione all’alto, contemplazione di Dio” 283.
E ancora “l’ateismo sovvertitore e scardinatore di ogni
valore morale, ed il materialismo della vita, scrollando il
costume cristiano hanno purtroppo, anche da noi, sconsacrati i giorni festivi dedicati al culto del Signore … non
occorre insistere nelle molteplici considerazioni di ordine
fisico o fisiologico messe innanzi da scenziati e legislatori, per cui si è venuti a riconoscere l’importanza del riposo festivo. Ma intanto esso non è osservato, non è tutelato
… Questa campagna deve essere condotta per il fine altissimo della salute umana e per l’altro trascendente che è
il dovere religioso, che è il bisogno di elevare, nei giorni
festivi, il pensiero a Dio, di sollevarsi un poco dalle miserie della vita, d’udire una parola buona, una parola cristiana, di riunire tutti nel tempio per risentirsi fratelli …
Noi reclamiamo il riposo festivo in nome del diritto, in
nome del progresso, in nome della giustizia, in nome
della dignità nazionale … Significa rendere il lavoratore
alla vita sociale, alla vita familiare, alla vita religiosa. Ricordiamolo bene: l’uomo non è una bestia”. Si ricorda la
legge italiana del 7/7/1907 “invecchiata” ma col Governo
282
283
Vita Religiosa (V°) 1927, n. 10 p. 84.
Vita Religiosa (VI°) 1928, n. 2 p. 17.
274
ben disposto a ritoccarla. Si fa riferimento ad un patto
internazionale firmato anche dall’Italia, alla “carta del lavoro” par. XV e all’art. 11 del concordato. Si ricorda la
Rerum Novarum di Leone XIII e la Carta Internazionale
del Lavoro 1920 (trattato di Versailles, art. 9).
Nella insistenza per il riposo festivo si lamenta anche,
con una sferzata contro il regime italiano, che “si tenta
troppo sovente a trasformare il riposo benefico della domenica in una corruttrice oziosità o in una giornata esasperante” 284. Il precetto festivo non era facilmente risolvibile anche a motivo della popolazione pressoché contadina, impossibilitata tante volte a rispettarlo per impegni
di lavoro. Esso, per la società contadina, coincideva più
con i giorni di avversità atmosferiche che non con quelli
stabiliti dalla chiesa.
Si puntò quindi a rettificare soprattutto quanto vi era, lasciando al tempo la possibilità di una crescita spirituale
migliore. Si cercò di focalizzare il popolo di Dio riunito
in Confraternite, verso Cristo Eucarestia e la Vergine le
cui processioni rischiavano di andare deserte.
Negli atti di Curia del 1928 leggiamo un decreto per le
Confraternite e la loro partecipazione alle processioni:
“Considerando che le Confraternite hanno per iscopo il
mantenimento del culto e il decoro delle sacre funzioni,
tenuto presente che fra i doveri di esse vi è pure quello di
intervenire alle processioni del Corpus Domini e della
Santa Patrona della città si decreta che le Confraternite
della città di Bitonto debbono intervenire nelle suddete
processioni “col proprio stendardo, con almeno 12 confratelli per ciascuna e con la rispettiva presidenza sotto
pena di sospensione dalla voce attiva e passiva del Presidente per un mese, per la prima volta, dell’intera ammini-
284
Vita Religioaa, (VIII°) 1930, n.5, p. 52 ss.
275
strazione e per tre mesi in caso recidivo con riserva di
pene disciplinari maggiori in caso più gravi” 285.
Anche in un avviso sacro del 18.5.1932, Mons.Taccone
ritorna sulla partecipazione alla processione del Corpus
Domini con le stesse espressioni: “Tutte Ie Confraternite
sono tenute ad intervenire alla suddetta processione con
lo stendardo, con non meno di 10 confratelli che debbono
essere uomini o almeno giovani. In caso fossero meno di
10 confratelli, lo stendardo non si potrà tollerare e saranno applicate le pene canoniche". Nello stesso avviso notiamo come queste processioni, a differenza delle solite,
non avevano niente di campanilistico, di settario. Pur rispettando il tradizionale snodarsi delle processioni per
anzianità di Congregazione, si riusciva ad avere la compresenza di tutte Ie Associazioni per una manifestazione
di fede retta e consona al messaggio cristiano.
Riportiamo la formazione del corteo processionale tratta
dallo stesso avviso sacro da cui possiamo notare la presenza di tutta la comunità religiosa diocesana:
1.Associazione di Azione Cattolica Femminile
2. Guardine
3. Compagnia di S. Angela Merici
4. Suore della Presentazione ed Asilo Infantile
5. Maestre Filippini e Congregazioni dipendenti
6. Figlie di S. Anna e Congregazioni dipendenti
7. Suore dell’Ospedale e congregazioni dipendenti
8. Suore del Carmine e Congregazioni dipendenti
9. Terz'ordine francescano Femminile
10. Confraternita di S. Filomena
11. Confraternita di S. Rocco
12. Confraternita della Madonna delle Grazie
13. Confraternita S. Francesco di Paola
14. Confraternita SS. Cuore di Gesù
15. Confraternita SS.Crocifisso
285
In B.V.B.
276
16. Confraternita S. Isidoro
17. Confraternita S.Filippo Neri
18. Confratemita S. Antonio
19. Confraternita S.Giuseppe
20. Confraternita S. Michele
21. Confraternita S.Lucia
22. Confraternita degli Angeli Custodi
23. Confraternita S. Pasquale
24. Confraternita della Misericordia
25. Confraternita dell’Annunziata
26. Confraternita del Carmine
27. Arciconfraternita del Rosario
28. Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione
29. Arciconfraternita di S. Anna
30. Arciconfraternita del Purgatorio
31. Arciconfraternita del SS. Sacramento
32. Frati Minori col torz’ordine maschile
33. Seminario, Clero, Celebrante, Prelati
34. Autorià
35. Associazioni di Azione Cattolica maschile 286.
In tal moto si andava attuando il can. 192 del Concilio
Appulo ( da noi già citato): “Praesertim capta occasione
alicuius festi fideles instruant ut prius Jesum Christum in
Eucharestia adorent, deinde Sanctorum reliquias vel imagines venerentur, ad mentem canonis 1255”.
La partecipazione dei fedeli ai sacramenti e alle funzioni
prettamente cultuali l’aveva sancito il decreto 191 del
Concilio Appulo: “Parochi et concionatores saepe edoceant fideles, solemnitatem festorum non strepitu et profanis pompis, sed sacramentorum frequentia et sacris functionibus adsistentia celebrandam esse”.
E non bisogna dire che nulla si facesse per l'attuazione di
tali norme. Certo si poneva il popolo in condizione di
poter trasformare la propria mentalità.
286
In B.V.B.
277
Lo stesso Mons. Del Buono, nella festa di Cristo Re, nell'ultimo giorno di ottobre, dà le disposizioni per una celebrazione veramente liturgica: “a) Nelle nostre Cattedrali
si celebri la messa solenne conventuale, e dopo, si esponga il SS. Sacramento; si reciti l’atto di consacrazione al S.
Cuore di Gesù e cantato il Te Deum si impartisca al popolo la solenne benedizione; b) Nelle Chiese parrocchiali
e nei pii Istituti, si spieghi, dai Sacerdoti, la mattina
all’Evangelo il significato della festa della sovranità di
Gesù, e la sera si tenga un'ora di adorazione, con la recita
dell’atto di consacrazione, e dopo il Te Deum, si dia al
popolo la solenne benedizione” 287.
Perfino nel cimitero, nel mese di novembre, non si perdeva l’occasione per tramutare un pellegrinaggio di dolore,
di ricordi, di attaccamento feticistico ai cari estinti, in una
occasione che riportasse il popolo di Dio a riconsiderare
le relazioni umane ormai passate, in una visione di vita
nella fede dei valori eterni.
Dal diario del Sac. Pasculli Gaetano leggiamo il 4 dicembre 1934, a proposito della fine del mese di novembre:
“La chiusura ebbe luogo domenica 2 corr. Nel mattino vi
si celebrarono due Messe piane e una cantata. Nel pomeriggio - verso le quindici - intervenne Mons.Vescovo. feci prima la “Via Crucis” per i defunti, come in tutti gli
altri giorni del mese; poi ebbe luogo la processione col
SS. Sacramento per i viali del cimitero. Mons. Vescovo,
assistito dai Canonici nei punti principali del cimitero,
impartì la trina benedizione con l'ostensorio. Infine tenne
un fervorino di occasione all’aperto nel recinto principale, dinanzi alla porta della Cappella Capitolare SS. Addolorata di sopra a una sedia. Vi fu un immenso concorso
di popolo, specialmente nel pomeriggio, forse in maggior
numero che non nel 2 novembre 288.
287
288
Vita Religiosa (IV°) 1926 n.10 p.82.
Pasculli. G., Memorie (manoscritto in B.V.B.), 1934.
278
Un’azione veramente liturgica, ed eucaristica fu iniziata e
protratta per diversi anni sotto Mons. Taccone con i primi
congressi Eucaristici in tutte le Parrocchie, culminanti nei
Congressi Eucaristici Diocesani nelle rispettive città di
Ruvo e Bitonto. Lo scopo era quello di portare il popolo
di Dio a Cristo Eucarestia, per meglio orientare il proprio
ambiente familiare e la società del tempo. Ascoltiamo in
merito il pensiero di alcuni Parroci rivolto ai fedeli nelle
occasioni suddette. Il Parroco Domenico Ciocia il
14.4.1937, festa di S. Giuseppe, nell’annunciare su un foglio stampato il Congresso nella propria Parrocchia di S.
Giovanni Evangelista dice "apertamente mostrerete in
faccia a tutti, il vostro fervore di adorazione per Gesù, Ostia di propiziazione per l’intera umanità… perchè si conosca e si faccia conoscere il grande tesoro che è
l’Eucarestia… Tutto quello che noi svolgeremo in questo
Congresso sia fatto con fede viva, amore ardente, semplicità di cuore, diretto alla maggior gloria di Dio e al bene
delle anime. Il Sac. Michele Raffaele, Parroco di Maria
SS. Immacolata a Palombaio, l’8.9.1937 nella medesima
ricorrenza, fa stampare il programma preceduto da questa
esortazione: ''In quest’ora sinistra in cui per le vie del
mondo si aggira furibondo ‘il drago rosso’, dissolvitore
della società, della famiglia, e della coscienza individuale, e di ogni nobile ed umano sentimento, ripetiamo ancor
noi come I'Apostolo Pietro:‘Domine, salva nos, perimus’”.
È ancora, il Parroco Sac. Bellomo Vincenzo della Parrocchia Maria SS. Addolorata di Mariotto, la domenica in
Albis del 1938, scrive ai suoi fedeli: “Nel turbine tempestoso dell'ora triste che ci avvolge, nella ruinosa lotta
delle passioni del male contro la virtù, di fronte alla falsa,
tenebrosa, selvaggia civiltà del materialismo e dei senza
Dio, ecco che una volta ancora vi additiamo la luce sfolgorante della verità, la fonte di ogni benessere spirituale e
temporale, la forza che sostiene, il cibo che irrobustisce,
279
la bevanda che ristora, il principio di ogni virtù di ogni
eroismo la SS. Eucarestia”.
Ogni Congresso parrocchiale aveva la presenza del Vescovo sia nell’azione liturgica, come anche nelle iniziative di formazione culturale. Alla fine dei tre giorni stabiliti, si teneva una processione eucaristica cui partecipavano, come nei giorni precedenti, tutti i movimenti di Azione Diocesana.
Mons. Taccone nel maggio 1938, quale Presidente del
Comitato del 1° Congresso Eucaristico diocesano, da tenere a Bitonto dal 22 al 26, ricorda in uno stampato ai
diocesani, “Preparato da tre anni, attraverso i Congressi
parrocchiali che hanno lasciato nel popolo un lieto e caro
ricordo per la rivelazione spontanea di energie latenti e
preziose, nutriamo fiducia, che quello diocesano riuscirà
quale la nostra fede fin da questo momento se lo aspetta,
il trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’amore
nelle nostre famiglie”.
Si notifica che nei giorni 8-22 sarà tenuta una grande
Missione dai Rev/mi Padri Passionisti. Il tema del Congresso sarà “L’Eucarestia e la famiglia”. Se ne dà anche
la motivazione:
" E’ noto a tutti quanto la famiglia sia il bersaglio di nemici della vita e della dottrina cristiana perchè la terra diventi non più l'abitazione temporanea dei figlioli di Dio
ma la bolgia infernale di belve assetate di piacere e di
sangue. Dalla riforma ebbe origine il Liberalismo che,
nella più grande apostasia della fede, produsse i naturali
rampolli del socialismo cosi detto scientifico e del comunismo pratico. D’allora, scosso ogni principio di ordine e
di autorità, si va alla deriva, ed ogni colpo inferto alla
famiglia fa tremare tutta la società civile, che per sua natura, della famiglia ripete i natali e gli sviluppi nella storia dell’umanità. Ricordare pertanto l’origine i fasti e le
glorie della famiglia cristiana, ai piedi di N. S. Gesù Cristo, che si incarna, tutti i giorni dalle nostre chiese, sui
280
nostri altari, significa irrobustire il tronco della società
umana, dare un valore dinamico al cuore delle presenti
generazioni scosse da tanti scandali …. Non è più tempo
di viltà o di ipocrisie. Ognuno, dato un po’ di tregua al
lavoro, si faccia porzione eletta del frumento di Cristo.
Riportiamo Ie varie relazioni sulla famiglia e
l’Eucarestia:
- L’Eucarestia e il povero
- Frodi e insidie al matrimonio cristiano
- L’origine della famiglia è divina
- L'educazione della prole
- L’infanzia e I'Eucarestia
- Il valore dell'esempio nell’educazione familiare
- Vita eroica
- La Costituzione della famiglia, società perfetta
- La madre in casa e fuori, maternità naturale e spirituale;
- Comunione quotidiana alle classi lavoratrici
- Il padre legislatore, maestro e provvidenza nella famiglia
- La preghiera e la giovinezza
- Il matrimonio cristiano, indissolubilita, unità, fecondita;
- La giovane e la vocazione al matrimonio; la giovane e
la vocazione alla verginità
- Vita soprannaturale e famiglia
I temi furono trattati da laici della Giunta Diocesana di
Azione Cattolica di Bitonto o per l’occasione invitati da
altre Diocesi persino dal Consiglio superiore.
Anche qualche Autorità si compiacque di tenere qualche
relazione.
Il Congresso di Bitonto si chiuse, come per i Congressi
parrocchiali, con una processione Eucaristica.
Nello stampato si dice: “Tutti i cittadini sono pregati di
illuminare durante i giorni del Congresso, i balconi e le
finestre delle abitazioni; ornare con drappi di seta i balconi delle vie per cui passerà la processione, spargere i
281
fiori e inginocchiarsi al passaggio di Gesù in Sacramento”.
Il Congresso Eucaristico diocesano di Ruvo, dell’aprile
1939, ricalcò le orme di quello di Bitonto. Seguiamo uno
stampato in merito. Fu preceduto, detto congresso, dalla
presenza di 3 Padri Passionisti che tennero la Missione a
partire dalla domenica in Albis 16 aprile; parteciparono
anche al Congresso che si tenne dal 27 al 30 dello stesso
mese. I temi delle relazioni a Ruvo, sempre restando a
sfondo eucaristico, riguardarono:
- La città di Ruvo
- La purezza della vita cristiana
- La giovane nella sua vita di purezza e di apostolato
- La bestemmia
- La carità verso il prossimo
- L’azione Cattolica
- La Santificazione della festa e l’educazione della famiglia
La sera, in Cattedrale, tenevano i loro discorsi alcuni Vescovi della Regione Puglia. L’ultimo giorno fece seguito
la processione Eucaristica a coronamento delle solenni e
lunghe esposizioni di Cristo Eucarestia, cui in tutti i precedenti Congressi parrocchiali, come ora in quelli diocesani, alternativamente avevano preso parte tutte le Associazioni 289.
289
Documentazione in B.V.B. dalla nota (288).
282
VERSO UNA FEDE MENO TRADIZIONALE E PIÙ
VISSUTA ALLA LUCE DEI SEGNI DEI TEMPI
L’assillo della Chiesa locale fu per una religiosità non più
relegata ai momenti liturgici o paraliturgici, non più trascinata net tempo dalla forza della tradizione ma pregna
di contenuti dottrinali da tradursi in testimonianza di vita.
Allo scopo Mons. Ferniani, non avendo a disposizione
mezzi idonei, decise di iniziare la pubblicazione del Bollettino Ufficiale con questi intenti. “E’ destinato ad entrare in tutte le famiglie delIe due Diocesi, non pretendendo
ire oltre… Di tutti sarà un confidente, un amico; alle diverse classi dei cittadini, ai piccoli e agli anziani, ai ricchi, agli impiegati, agli operai, agli agricoltori rivolgerà
la sua parola opportuna, i suoi gravi consigli, i suoi salutari ammaestramenti … Sarà lo strumento per riferirne o
conservarne gli ordini e le disposizioni; non mancherà di
svegliare la memoria di molte cose buone, forse un pò
trascurate, e forse obliate…”290.
Col Bollettino Ufficiale inizia anche in esso una rubrica
intitolata "Vita dell'anima" con l'intento di "apprestare il
sano e sostanzioso nutrimento al pensiero e alla volontà
... Essa é diretta ad ampliare, completare e fortificare gli
elementari principi di scienza cristiana nei giovani, specialmente se studenti, e negli adulti di media cultura volenterosi di sviluppare, far germogliare e fruttificare il
buon seme, che essi già ricevettero e conservarono
nell’anima. Sarà una lezioncina di religione in cui si eviterà per pedanteria la citazione dei testi latini e delle fon290
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.1, p.7.
283
ti, pur attingendo largamente - e non se ne potrebbe fare a
meno - dalla dottrina cattolica, dalla profonda scienza filosofica e teologica dei grandi maestri, santi Dottori e
Padri della Chiesa...
Si accettano difficoltà da far pervenire per iscritto anche
sotto il velo dell’anonimo. Le lezioni verteranno sulle
medesime verità del catechismo che si insegna nelle parrocchie" 291.
Tra i temi trattati, ricordiamo tra gli altri il periodo storico delle persecuzioni della Chiesa, il Centenario del Concilio di Nicea, una retrospettiva storica e insegnamenti
dottrinali circa i periodi liturgici; una lunga dissertazione
sulla Provvidenza e sull'esistenza di Dio secondo la "logica stringente" di San Tommaso, la spiegazione dei
Vangeli delle domeniche e un grande approfondimento
del problema morale (principi su cui si basa, fasi storiche
e diversità di morale).
Non ci resta quindi che addentrarci in questo Bollettino,
coll’aiuto di altre fonti per comprendere ulteriormente la
vita di fede del tempo, e i suoi eventuali sviluppi nell'azione pastorate occasionale della Chiesa locale. Ci soffermeremo su alcuni temi in particolare.
Una situazione incresciosa e poco edificante nella religiosità popolare era l'uso frequente della bestemmia. Nel
1923 si recepiva anche nelle diocesi la crociata contro
tale abitudine:” Un movimento salutare di rivolta contro
la bestemmia e il turpiloquio si va diffondendo nella coscienza del nostro popolo… Da Firenze è gettato per tutta
la penisola un appello ad agitarsi affinchè si abbia ‘un
provvedimento di ordine legislativo per prevenire e, reprimere energicamente la bestemmia e il turpiloquio…’.
Invitiamo perciò il nostro popolo a zelare la gloria di Dio
con una santa crociata contro la bestemmia, affinchè come dai cieli, dalla terra e dal mare sale in alto la canzone
291
Vita Religiosa, (l°) 1923 n.1, pp.3-4.
284
dell'omaggio al proprio Fattore, così anche dal cuore umano sia a Lui perenne l’inno della riconoscenza e della
preghiera” 292.
Anche la curia di Mons. Del Buono insisteva per la crociata antiblasfema con maggiore precisazione locale: "La
bestemmia non è soltanto il triste primato della Toscana
gentile, ma anche un pò troppo della provincia meridionale e quindi anche delle nostre Diocesi … Arrepta occasione, non si stanchino mai di alzare la voce contro la
bestemmia che del cristiano ne fa un demone. Sarà bene
che i sacri oratori, nell'occasione di tridui, di novene, o
altro, tocchino il tasto doloroso e gridino forte per la santa crociata antiblasfema" 293.
Si prese a condannare con durezza anche l’anonimato
della critica positiva o del giudizio malevolo che si sostituiva all'amore della verità e carità cui liturgicamente si
aderiva ma senza impegno di vita.
"Scritti non firmati, dice la Curia di Mons. del Buono, e
perciò queruli e petulanti fino alla noia, da qualunque
parte ci vengono, e diretti anche a buon fine, hanno la
immediata e inesorabile condanna del cestino e ne travolgono seco miserevolmente nella stessa sorte l’autore, anche se atteggiato allo spirito di compunzione o infirmato
allo zelo di Pietro l’Aretino, anche se consanguineo di
Abele o affine in quarto grado con la buona lana di Caino. Giù tutte le maschere! La vita non è un carnevale!
Noi amiamo trattare con gente che si rispetta, che rifugge
dall’anonimo, e che si sottoscrive con l’iniziale maiuscola, tanto per intenderci una volta per sempre”294.
Il popolo di Dio non avendo una coerenza di vita cristiana, manifestava perciò stesso una mancanza di convinzioni a livello cosciente nella propria fede e quindi uno
292
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 9, p. 1.
Vita Religiosa (IV°) 1926 n.6, p. 48.
294
Vita Religiosa,(V°) 1927 n.4, pp. 27-28.
293
285
stato di incertezza religiosa. L’attaccamento alla fede
cattolica era più che altro una tradizione avita che nei
nuovi tempi era facile a scardinarsi. Di fronte a una pressione ideologica e di stampa sulla fede popolare da parte
dei Protestanti, il vescovo Ferniani il 10/5/1923 notificava di persona:”Queste produzioni librarie, da me direttamente esaminate, mi sono apparse quali mi erano state
annunziate contrarie al dogma cattolico e lesive del dovere di ubbidienza e del rispetto che si devono all’autorità
suprema della Chiesa …(si tratta di) letteratura religiosa,
che si presenta come annunziatrice di rinnovazione delle
coscienze …(occorre) illuminare il popolo specialmente
la gioventù...nella circostanza che crederà più opportuna,
con apostolica franchezza metta in guardia i fedeli su
questa merce rovinosa, che si va spacciando, esortando a
bruciare i libri già acquistati o portarli ai Parroci”.
Nel bollettino uffciale dello stesso mese, in cui si riporta
la Notifica del Vescovo, la Redazione, facendo eco alle
parole di mons. Ferniani, scrive in prima pagina: ”Da
qualche tempo si vedono in giro forestieri, i quali si presentano alle famiglie, offrendo a buon prezzo e inculcando con insistenza l’acquisto di libri di carattere religioso
… Le nostre popolazioni, in cui la fede tradizionale è
profondamente radicata, non si lasceranno certamente
abbagliare davanti alle lusinghiere apparenze di una letteratura religiosa, che si presenta come annunciatrice di
rinnovazione delle coscienze … Si esortano perciò vivamente tutti i buoni Ruvesi e Bitontini a stare in guardia
contro questa merce rovinosa, che si va spacciando, e a
bruciare o portare ai Parroci tutti i libri di tal genere, che
già avessero eventualmente acquistato … Diabolico tentativo contro le nostre avite tradizioni religiose, in cui sono intimamente collegate le grandezze della Patria e la
felicità della popolazione” 295.
295
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 5, p. 33.
286
Il pericolo restava presente e costante anche se Mons.
Taccone, nella prefazione all’opuscolo sulle feste bicentenarie dell’Immacolata scrive nel 1934: ”Le feste bicentenarie dell’apparizione della SS. Vergine Immacolata a
Bitonto, cadono in un periodo di tempo particolarmente
eccezionale, dal punto di vista religioso, per la nostra Italia. I Protestanti, delle diverse denominazioni, fatti orgogliosi della potenza del dollaro e resi audaci dalla nuova
situazione di ’culti ammessi’ e non più ‘tollerati’ che
nella mente del legislatore nulla di nuovo voleva introdurre in Italia, hanno scatenato e mandato in giro per tutte
le nostre regioni e provincie, una legione di demoni in
veste di falsi apostoli e propagandisti dell’errore! Non v’è
popolo lasciato indisturbato, dalla Calabria, alla Lucania,
alle nostre belle Puglie! Non v’è mezzo lasciato intentato! Non v’è verità non combattuta! Purtroppo molti cadono nella rete” 296.
Anche gli uomini di cultura o atteggiantesi a certa dotta
aristocrazia religiosa, per amore di novità, per poco approfondimento dei principi basilari della propria fede, finivano coll’avere un atteggiamento doppio di vita religiosa, simpatizzando per il teosofismo in voga. “La moda
religiosa presente - dice il Bollettino - è il teosofismo o
scienza delle cose divine. Il teosofismo concilia tutte le
religioni col distruggerle tutte”. Portato dalla signora Anna Besant indiana, in tale religione si parla di “Platone,
di Socrate, di Solone, di Talete, di Democrito; espongono
agli iniziati verità esoteriche e misteri strani; discorrono
di religioni senza dogmi, di maestri, di fratelli, chiamano
Dio il tutto, l’Infinito, l’Assoluto; dicono l’universo una
ispirazione del gran Respiro o manifestazione di Sat,
contano i piani cosmici dell’universo, numerano i vari
elementi che entrano a formare l’uomo: il corpo fisico,
296
Solenni feste bicentenarie.Bitonto Maggio-Agosto 1934. In onore
della SS. Immacolata, tip. A. Amendolagine, Bitonto 1934, p.1.
287
astrale e l’elemento vitale, il passionale, il mentale,
l’anima, lo spirito; finalmente spiegano ai loro attenti uditori le meraviglie e i misteri della reincarnazione o trasmigrazione delle anime. I curiosi e fra questi, professori, studenti e signore, le quali, la mattina si accostano alla
Santa Comunione, e la sera tutte intente a bere avidamente dal fior di loto delle dottrine orientali, veggono nel
teosofismo un possibile sostituto della decrepita religione
cattolica. Alla larga! Esso è vecchio quanto il mondo!”297.
Lo stesso fascino esercitava nelle menti colte il mov imento pancristiano.
Il bollettino ufficiale cerca di illuminare i fedeli partendo
dalla rivista pancristiana. Parlando di essa la dice “molto
diffusa, apologia delle varie sette protestanti contro
l’intransigenza della Chiesa Cattolica. La Congregazione
del S. Ufficio condannò tale movimento di unione diverso da quello prospettato dall’Enciclica Mortalium animos
di Pio XI. La rivista è proibita”.
Nello stesso numero di Vita Religiosa, si riporta di seguito un articolo dell’Università Cattolica di Firenze. Sul
pancristianesimo adogmatico. “Se nel campo dell’azione
- si dice - il pancristianesimo ha potuto trovare un terreno
d’accordo, nel campo della fede e della disciplina, la
piattaforma comune è solo possibile con un cristianesimo
senza dogmi…
L’universalismo, basato sull’unità di fede, è scartato a
priori; (bisogna) creare una specie di parlamento pancristiano…
Il Pastore Elia Gonnelle, nel ‘Christianisme social’ del
settembre 1925, si è anche affrettato ad annunciare che i
Cattolici romani non avrebbero la maggioranza perché
Protestanti ed Ortodossi associati contano 350 milioni di
aderenti, mentre i Cattolici romani non sono che 305 milioni”.
297
Vita Religiosa,(VI°) 1928 n.2, p.16.
288
L’articolista prosegue dicendo che gli Ortodossi non sono
disposti a perdere i dogmi. Si riportano a conferma le parole del teologo ortodosso Florowskj in accordo con
l’enciclica di Pio XI: ”Non solo dal punto di vista soprannaturale, ma anche dal punto di vista della storia, le
divisioni nella fede apparvero in seguito a un dissidio,
ad una rottura colla Chiesa. Il solo mezzo di ricostruzione è la via del ritorno e della riconciliazione, e non quella
dell’unificazione … Non v’è che una Chiesa sola, santa,
conciliare, apostolica”.
Il Bollettino afferma poi che non basta fare appello
all’amore; ne chiarifica il pensiero riportando la seconda
lettera di Giovanni al capitolo 10 :”Se qualcuno viene a
voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo nella vostra
casa e non salutatelo”.
Si conclude affermando che “ in un avvenire più o meno
lontano si troverà la via del ritorno e della riconciliazione
col Padre comune che attende nella Rocca del Vaticano”.
E per diradare ogni equivoco si dice che la Chiesa Romana non è “basata sul Cesaropapismo, ma sul primato
del dolce Cristiano in terra, al quale fanno capo ed aderiscono i Cattolici del mondo intero” 298.
La problematica religiosa riportata dal Bollettino, non era
certo accademica.
Infatti l’arcidiacono Calamita a pag 100 n.231 di “Fiori di
Vita”, dando uno sguardo alla spiritualità popolare, ne
rilevava la fragilità e povertà: ”Bisogna combattere - egli
dice - due forme di ipocrisia, pur tanto volgari ma pur così difficili a vincersi: l’ipocrisia del misticismo e
l’ipocrisia dell’irreligiosità. V’ha gente che tu potresti
mandare a Roma per la canonizzazione, tutta fede, tutta
religione. Primi in Chiesa, col rosario in casa e per via,
occhi bassi, labbra strette, collo torto, sospiri, Gesù e Maria; insomma latte e miele, cioccolatini di religione a tutto
298
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 9, p. 64.
289
scialo. Intrinsecus poi sono lupi rapaci. Vivono come se
fossero superiori alla religione, e come se la religione
potesse subire la loro libera interpretazione e il loro libero
accomodamento.
Sotto la veste bianca della colomba anelante azzurro il
grugno del porco e il grido dell’avvoltoio.
V’ha gente negativa della fede.Tratta e bistratta la religione in pubblico e in privato, dalla cattedra o tra le turbe, con la parola e con l’azione. Nell’ombra invece,
quando le fa male la testa, o quando sotto i piedi le balza
il tremuoto, subito un voto a S. Antonio o un requiem alle
anime del Purgatorio. Due forme di vigliaccheria che bisogna disperdere 299.
Questo pensiero lo si puntualizzava nel Bollettino nei
confronti della gioventù studentesca dove più che incertezza o dicotomia religiosa, si ravvisava persino assenteismo e irreligiosità. “Benché nati nel Cattolicesimo - si
dice -, non sono che pochi quelli che praticano la religione delle mamme e il loro battesimo... Anzitutto è necessario confessare che la scuola italiana moderna, fino a ieri, era fatta e posta per isvellere dal cuore dello studente
la fede cattolica.. . Tutto cospirava a fare dello studente
italiano un razionalista o libero pensatore…
(Gli studenti) hanno in tutti i toni inteso ripeterlo, che il
cattolicesimo ufficiale non è più all’altezza dei tempi; che
è incompatibile con la scienza moderna.
E intanto gran parte dei bravi giovani ondeggia ancora fra
i vani tentativi di riforma, annunziati al mondo da gente
opportunista, senza fede, senza scrupoli, senza Dio” 300.
E il Presidente della Gioventù Cattolica “Don Bosco” in
Santa Lucia, constatava nel credente tradizionale, in un
suo articolo sul Bolletino, un umanitarismo ateo al posto
dello spirito religioso-cristiano. “Filantropia - egli dice 299
300
Calamita, F.P., Fiori di Vita. tip. Garofalo & figlio, Bitonto 1928.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.4,p.33.
290
ma non carità... in saio del poverello d'Assisi; ateismo
che degenera, non fede che nobilita …” 301.
Questo stato di cose - come abbiamo visto - era ritenuto
causato da propaganda ideologica da parte di ambienti di
diversa fede religiosa; dovuto persino a persecuzione più
o meno manifesta da parte delle autorità costituite.
La Chiesa infatti solo col Concordato del 1929 potè godere di ampie garanzie.
Nel periodo precedente si preferiva usare diplomazia, per
futuri miglioramenti, nei rapporti interni con lo Stato e
nel contempo ci si esprimeva con fermezza, in genere o
in particolare, contro certi tipi di società civili, per illuminare la fede del popolo sull’impegno politico e perché
fosse di monito alle impennate laiciste dell'autorità civile
italiana anche nella Chiesa locale.
Nella conversazione morale sul Bollettino "A Cesare ciò
che è di Cesare" si dice: "L'aver tentato di separare la politica dalla morale evangelica è stato uno degli errori più
gravi e fatali, spacciati nel mondo moderno. Dov’è mai la
pretesa incompatibilità tra la politica e la morale cattolica? Non è forse l’Evangelo l'unico codice atto ad insegnare con efficacia l'esatto adempimento di tutti i doveri
sociali” 302.
A rendere più vivido il pensiero dell’autorità religiosa nei
confronti dei regimi refrattari alla fede, si riportava nel
Bollettino, come testimonianza delle persecuzioni in Cina, una lettera del 13/1/1927 del missionario bitontino a
Shang-Hai padre Nicola Nuzzi:" Tutte le nostre residenze, Chiese, Cappelle, sono occupate, saccheggiate dalle
truppe e poi dai comitati degli studenti e operai. Abbiamo
già delle Missioni completamente incendiate. I missionari vivono in continuo pericolo di vita … E' inutile dire le
sofferenze dei nostri cristiani, che tutti sono obbligati alla
301
302
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.6/7, p. 61.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. I2, p.119.
291
apostasia. E quale sarà la fine di tutto questo? Umanamente parlando è la fine delle Missioni e della religione
in Cina" 303.
E ancora un’altra chiara presa di posizione : "Per gli elettro-giustiziati in Charlestown tanto strepito, violenze
continue e proteste da parte di tutte le nazioni, per gli eroici, gloriosi cristiani del Messico, che solo per essere
degni seguaci di Cristo sono barbaramente uccisi e martorizzati, silenzio e forse anche oblio. Protestiamo almeno
noi cattolici, di tutto il mondo!" 304.
La difesa della fede era oggetto, anche di omelie. Il sac.
Don Rocco Spadone nel panegirico per la festa di Cristo
Re, esprime il suo pensiero contro le persecuzioni al regno di Cristo che suscita "incomprensibile e vana apprensione ".
“Oggi - egli dice - ancora come venti secoli addietro,
predomina in molti il pregiudizio che dal regno di Cristo
possa venire menomazione ai poteri umani e civili …
Trovano forse spiegazione quelle raffiche di odio settario,
o lotte politiche che dir si vogliono, le quali periodicamente infestano la chiesa di Cristo nei paesi d'Europa ed
oltre, rinnovando contro di essa disegni di scaltra politica
intesi ad arrestare in tutti i modi e in tutti i sensi la vitalità
e i liberi movimenti e, contro gli inermi ed innocui suoi
figli ripetendo scene criminose di sangue che nulla hanno
da invidiare alla ferocia inumana di Erode e alla crudeltà
mostruosa di Nerone ... Stiano tranquilli! Non eripit
mortalia qui regna dat coelestia (Ufficio della Chiesa
nella festa dell’Epifania)" 305.
Anche l'episcopato pugliese (tra cui Mons. Del Buono)
riunito a Molfetta col card. Sbarretti nel Concilio Appulo,
dice: ”Dopo che la dottrina cristiana, ha mitigato i costu303
Vita Religiosa, (V°) 1927 n, 4, p.30.
Vita Religiosa. (V°) 1927 n. 8, p. 63.
305
Spadone, R., Gesù Cristo Re. tip. pro Christo, Ruvo 1927.
304
292
mi degli uomini, dopo che per tanti secoli in mezzo ai
popoli si è inneggiato alla vera libertà, le carneficine che
avvengono nel Messico sono del tutto inconcepibili ed
indegne del nostro tempo … Noi, per parte nostra, protestiamo contro l’ingiustizia ampia e malvagia che contro
voi si compie, con tutta l’autorità di cui siamo rivestiti
deferiamo gli autori di questa feroce persecuzione al giudizio di tutto il mondo civile” 306.
Un altro tema di notevole importanza per la Chiesa locale
era l'educazione della gioventù nella famiglia.
II Bollettino ufficiale lancia appelli periodici sempre più
accorati. "Non speriamo dunque che Dio ci benedica pei
figli nostri se ci limitiamo a compiacerci di loro perché ci
somigliano, e sono graziosi, e ci tengono allegri e ci danno l'orgoglio di averli messo al mondo : ci benedirà se ne
faremo dei galantuomini, dei bravi cittadini e dei buoni
cristiani…
L'educazione dei figli è un compito grande, e non nego
che sia difficile, tanto più oggi, che l'ambiente in cui si
vive, offre a ogni passo ed a ogni istante occasioni pericolose, inviti e incentivi al male,cattivi esempi … Si badi
di non confondere l'educazione coll’insegnare i principi
della dottrina cristiana… Educare vuol dire anche, anzi,
soprattutto, preparare i figli a far sì che in ogni circostanza della vita siano quelli che devono essere, anche di
fronte a difficoltà… Diamo ai nostri figlioli forza dì carattere e fermezza di volontà nel compiere il dovere, ogni
dovere, a qualunque costo e li avremo educati, anche se
non avremo loro insegnato abbastanza grammatica ed aritmetica e non sapranno le forme sopraffine del vivere in
società" 307.
Si condanna con forza l'educazione basata sull'individualismo, su un perfezionismo umano, avulsa da Dio.
306
307
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n 6/7, p. 47.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 7, pp. 56-57.
293
“La pretesa di voler elevare le generazioni, moralizzarle
con una educazione che faccia assegnamento assoluto
sulla onorabilità individuale e sulla propria dignità personale, relegando in soffitta la morale cattolica, è creare più
che funesto, nefando. Esso, partendo da un principio immorale, cioè quello di eliminare la sorgente di ogni dovere, di ogni autorità e di ogni sanzione morale, crede di
poter raggiungere un fine, che dalla morale unicamente
sgorga e dipende…
Morale e religione convergono necessariamente
nell’unico concetto di educazione vera e propria, essendo
l'una e l’altra non termini antitetici, come pretende certa
filosofia gentiliana, ma, nella pratica, convergenti in un
unico fine” 308.
Oltre a fare un discorso di principi, si danno direttive
pratiche.
Nell'articolo "Per chi non vuole essere un padre di paglia", si dice che bisogna:
"I. Proibire ed impedire in casa stampa dannosa ai c
ostumi.
2. Vigilare sui figlioli, sul loro tempo libero con amici,
sulle letture, sui ritrovi, sull’impiego del denaro.
3.Vigilare in modo speciale le figliole, informandosi sul
loro contegno in ufficio e sul lavoro e nel tempo libero.
4 Pretendere che tutte le donne di casa vestano con s
erietà cristiana.
Il capo famiglia ha il dovere a la responsabilità di far valere il suo criterio anche in tema di lunghezza di abiti e
maniche, di scollacciature, di taglio di capelli, di calzature. Egli è il padrone, egli sappia comandare. Se non sa
farlo, è un padre di paglia” 309.
I consigli educativi della Chiesa, rivolti alla società in
genere, non avevano ovviamente potere decisionale ma,
308
309
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. l2, p .I02.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.11,pp 85-86.
294
nei propri ambienti di culto, la fermezza in tal senso era
all'ordine del giorno. Infatti nel 1928 troviamo un monito
circa la modestia: "La donna - si dice nel Bollettino - deve entrare nella casa di Dio coperta ed accollata. La immodestia nel vestire, sempre e dovunque riprovevole, offende la santità del tempio, esclude dalla Mensa eucaristica, da scandalo ai fedeli, provoca tremendi castighi di
Dio” 310.
Negli atti di Curia di Mons. Del Buono si rivolge un appello ai Rev/di Superiori degli Istituti femminili perché
"facciano noto alle loro alunne, e se occorre, alle rispettive famiglie, le disposizioni della S. Sede circa la decenza
degli abiti per le signorine ammesse alla frequenza delle
nostre scuole, e ne esigano la piena osservanza, riferendo
in iscritto a S.E.Mons. Vescovo” 311.
Simpatico e originale l' articolista di "Vestire gli ignudi".
"Pareva, si dice, che dovesse rimanere un precetto della
misericordia corporale ed è invece diventato un precetto
della misericordia spirituale …. Cotesta nudità è spirituale più che materiale, è vacuità di pensiero, è aridità di
cuore, è nudità di anima, è egoismo abominevole di sensi! Si levi dunque la voce: ”Vestiamo gli ignudi” per la
salute d'Italia” 312.
II Vicario Capitolare il 24/6/l929, festa di S. Giovanni
Battista, fa espresso ”divieto alle donne di entrare in
Chiesa a capo scoperto e non modestamente vestite
….Chi non sente la perfetta disciplina e sottomissione
alle leggi ecclesiastiche, compia un atto di sincerità: non
entri nella casa di Dio.
Il Signore non ha bisogno di mezze coscienze. Non si
può servire a due padroni” 313.
310
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.8, p 54.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 9, pp. 53-54.
312
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 9, p 68.
313
In B.V.B.
311
295
A più riprese si addita anche la preghiera come mezzo
per comprendere le salutari istanze della Chiesa sulla dignità della donna: "II rosario! E' la preghiera, si è detto,
delle donnicciole.
E fosse pure!...Perché proprio la donna odierna, povera e
meschina spiritualmente, schiava di una moda così indegna di paesi civili e cristiani, ha bisogno di recitarlo con
fervore, per diventare, come dev’essere nella vita, casta e
pia” 314.
Riconoscendo non esaustiva l’azione di condanna di tutto
ciò che non fosse confacente con una educazione cristiana, la Chiesa si propone di affrontare i nuovi mezzi di
formazione per comprenderli essa stessa ed illuminarne il
popolo. Riportiamo qui il pensiero dell'arcidiacono Calamita sul Cinematografo. "II cinematografo è lui: nelle
presenti condizioni, è S. E. il Ministro della delinquenza
…. II fine del cinematografo è il riposo. Così si dice e cosi si crede da tutti… Signori, il cinematografo non è solo
divertimento: è qualcosa di più grande, il cinematografo è
una scuola, il cinematografo è una palestra di educazione,
è una Università di Studi … Non esiste divertimento senza ammaestramento; tanto più non può esistere nel cinematografo dove l’ammaestramento è gigantesco e dove il
discepolo si trova innanzi ad una materiale didattico di
prim’ordine … Di qui la potenza del cinematografo. Ed è
per questo che il cinematografo ha superato il libro, come
veicolo di pensieri; esso ha superato la stampa…
E’ l’uomo responsabile del cinematografo, non esso
strumento, grande conquista della scienza, dono di Dio
agli uomini, sorgente di luce, baratro di tenebre nella mano dell’uomo … Consideratelo negli obiettivi che tratta e
nei mezzi di cui dispone, ed anche voi vi convincerete
con me, anche voi troverete che il Cinematografo è ministro di delinquenza..
314
Vita Religiosa,(VII°) 1929 n.6/7/8/9, p.40.
296
S’impone sullo schermo la tesi sociale più azzardata, il
vizio più denudato, il male più assillante. Vi pubblicano il
peccato nella sua genesi, nel suo sviluppo, nel suo acme,
nel suo vanire … L’uomo adulto, se non è forte, se non è
corazzato della sua filosofia delle cose, se non è temprato
alla luce della fede, certamente è scosso: egli prova disillusione amare per tutta la vita. Egli è portato a fare paragoni e a sentire il peso della sua affaticata esistenza …
E poi: dire ‘non andare’ è dire una parola, non è assicurare un fatto. Al cinematografo si andrà anche quando si
griderà ‘non andate’: e inoltre, dire ‘non andate’ non è
risolvere il problema, è semplicemente fuggirlo.
Il cinematografo vivrà: è conquista dello spirito umano, e
lo spirito dell’uomo non rinunzia alle sue conquiste; è
dono di Dio e i doni di Dio sono immortali …
Ed allora? Una sola cosa rimane: migliorare il cinematografo …Combatterlo per migliorarlo 315.
Dinanzi ad una fede poco radicata a livello di convinzioni, era ben giusto guardarsi anche dalla stampa, in tema
di educazione.
Il 21.10.1936 Mons. Taccone notifica ai Parroci: “E’ ormai noto a tutti i Rev/mi Parroci e Rettori di chiesa che
nella nostra Diocesi girano dei giovani che distribuiscono
giornali immorali e fanno anche abbonamenti a libri cattivi; per porre riparo a questa ondata di male, domenica
prossima, festa di Cristo Re, avvertiamo tutti i fedeli di
lacerare i giornali, qualora li avessero nelle mani e di
protestare fortemente contro questi figli delle tenebre”.
Certo, le manifestazioni negative di un’educazione a seguito dei nuovi tempi non tardavano a farsi strada. Dinanzi al diffondersi dei matrimoni post fugam o di calata,
il Vescovo Taccone il 24.9.1932 emanò delle disposizioni
di sanzione contro gli interessati: “1) Gli sposi debbono
315
Calamita. F.P., S.E il ministro della delinquenza.tip. N.Garofalo
Bitonto1931.
297
pagare, anche se poverissimi, tutti i diritti parrocchiali e
curiali non esclusi i certificati di battesimo e di cresima;
2) il matrimonio deve celebrarsi di mattino e a porte
chiuse; 3) al matrimonio debbono assistere semplicemente i due testimoni”.
Si obbligano i Rev/mi parroci ad annunziare al popolo
queste decisioni, che hanno valore di pena contro i fuggitivi.
Anche la Conferenza Episcopale pugliese riunita a Taranto il 7.5.1937 discusse il problema e il 25.7 il Segretario Mons. Achille Salvucci, Vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi si fece premura di inviare alle Diocesi il
resoconto della seduta.
“Da una statistica - si dice nel transunto - compiuta in
tutte le Diocesi della Regione, il doloroso fenomeno appare in gravità impressionante. Dal 10 -15 % si sale al
50% ed oltre dei matrimoni di calata. I matrimoni post
fugam rivelano il desolante scadimento del costume cristiano nella formazione delle famiglie. La chiesa continua
a proporsi il gravissimo problema. Ma è convinta che non
potrà risolverlo senza la cooperazione del Clero, il quale
dovrà impegnarsi nella santa battaglia della moralità per
estirpare tali abusi”.
L’azione dei vescovi pugliesi sui matrimoni post fugam
veniva a coronare una lotta precedente degli stessi per dare significato prettamente religioso e sacramentario anche
ai matrimoni normali.
Mons. Taccone, in base al can.301 del Concilio plenario
di Molfetta e sull’esempio dei vescovi delle Diocesi vicine, aveva anch’egli precedentemente regolarizzato la celebrazione dei matrimoni normali perché fossero vere espressioni di fede. L’8.11.1932 proibiva in modo assoluto
i matrimoni “nelle ore vespertine, che in pratica diventano ore serotine, per non rendersi conniventi della profanazione del Sacramento, che, purtroppo avviene in tutte
le famiglie”.
298
Esortava inoltre una maggiore partecipazione liturgica
alla celebrazione dei matrimoni con la Messa pro sponsis;
e i Parroci che avessero osato contravvenire, sarebbero
caduti ipso facto nella sospensione a divinis. 316.
316
Documentazione in B.V.B. dalla nota precedente (315).
299
CATECHESI SISTEMATICA
PER AUTENTICI CONTENUTI DI FEDE
Il movimento catechetico diocesano, fino a Mons. Taccone, fu lasciato all’iniziativa e inventiva personale, alle disposizioni occasionali di Curia. Volta per volta veniva
nominata una commissione, ma non vi era un organo ben
definito e costituito.
Solo nel marzo 1930 si riporta nel Bolletino Ufficiale lo
schema dello statuto per la istituzione degli uffici catechistici diocesani. Riportiamo gli articoli più importanti e
riassuntivi.
All’articolo 1 si dice che l’Ufficio catechistico è “organo
con cui l’Ordinario promuove, ordina e dirige in tutta la
Diocesi l’istruzione religiosa del popolo, in conformità di
quanto dispone il canone 1336 del codice di diritto canonico.
L’art. 7 dispone che “sarà cura dell’Ufficio catechistico
di coadiuvare l’Ordinario nella preparazione della relazione triennale da inviarsi alla S. Congregazione del
Concilio circa ‘l’insegnamento della religione impartito
nelle scuole pubbliche nei collegi, convitti, nelle Parrocchie, e nelle istituzioni cattoliche” 317.
317
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.3 , p.3 0.
300
CATECHESI PARROCCHIALE
La catechesi era principalmente e più facilmente indirizzata ai fanciulli: ”Col primo giorno di quaresima si aprono le scuole di catechismo per la preparazione dei fanciulli alla prima comunione”. La scuola si tiene in tutte le
Parrocchie nelle ore pomeridiane e serotine 318.
Nella relazione alla S. Congregazione del Concilio
dell’1/10/1927, si dice che nelle parrocchie di Ruvo e
Bitonto l’insegnamento catechistico era svolto “ fere omnes quotidie a Ianuari ad mensem Aprilis; postea in omnibus dominicis”. L’insegnamento religioso quotidiano
svolto prima dalla quaresima, poi già da gennaio era diretto alla preparazione alla Prima Comunione; quello
domenicale era invece rivolto a tutti i fanciulii. Il catechismo nella suddetta relazione veniva condotto con
“methodo quidam, intuitiva ac nimia utilitate”. Nello
stesso documento si mette in luce l’impegno del clero:
”Diligentia paroeciarum … meliori qua possunt 319.
La Catechesi rivolta a tutti i ragazzi iniziava dall’ottobre
dell’anno scolastico come risulta dal Bollettino ufficiale.
Negli atti di Curia del novembre 1928, si danno disposizioni circa il catechismo parrocchiale. “Con l’inizio del
nuovo anno ecclesiastico raccomandiamo ai nostri carissimi parroci delle due Diocesi che diano principio, se non
ancora l’abbiano fatto, al catechismo dei piccoli nelle
singole Chiese parrocchiali che da domenicale e festivo,
diventerà poi quotidiano dal primo giorno di quaresima320.
Nella stessa notifica si dice che i parroci potranno farsi
aiutare ”diciamo aiutare, non sostituire, nel magnifico la-
318
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.2, p.4.
In B V.B.
320
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 11, pp. 81-82.
319
301
voro da sacerdoti volenterosi e da socie benemerite
dell’U.F.C.I.”.
E ancora ci si augura “che ogni parrocchia diventi focolaio di opere catechistiche. E’ l’unico lavoro utile ma profondo ed efficace che crea e plasma delle anime cristiane,
forse degli apostoli. E’ la vera opera di “propaganda fide”
all’interno, che preserva le Diocesi dal pervertimento e
dalla apostasia e impedisce che diventino, terra infidelium. Parroci a noi! Si direbbe in stile fascista! Prepariamo nei piccoli cuori il Regno del Gran Re!”321.
I parroci dovevano dividere i ragazzi in tre classi con un
programma diverso e ben specificato dalla Curia sulla base del catechismo di pio X. La Curia nel 1929, avendo
riscontrato degli inconvenienti, precisa: “Desideriamo 1°
che la lezione di catechismo sia impartita per classi, le
quali devono essere quelle già pubblicate nell’ultimo
bollettino e devono svolgere il programma già pubblicato; 2°che i Rev/mi Parroci tengano al corrente i registri
degli ascritti a ciascuna classe” 322.
Il lavoro catechistico per i Parroci non era cosa da poco.
Il sac. Pasculli Gaetano ebbe la felice idea di riunire i
membri volenterosi dell”U.F.C.I. e già presenti
nell’espletamento nel catechismo delle Parrocchie per dare loro una preparazione adeguata in merito.
Nel suo diario, il 9/1/1930 annotava : ” Verso le diciassette ho fatto a Mons. Vescovo la presentazione della
“scuola catechistica” che ha scopo di istruire nel catechismo giovinette e donne dei Circoli e dei Gruppi diocesani, per prepararle all’ufficio di catechiste da esercitarsi
nelle rispettive Parrocchie. Mons. Vescovo si è compiaciuto dell’istituzione” 323.
321
Vita Religiosa, (VI°)1928 n.11, p. 82s.
Vita Religiosa, (VII°)1929 n.1/2, p.13.
323
PASCULLI, G. Memorie (manoscritto in B. V.B.), 1930.
322
302
A termine dell’anno catechistico seguiva una gara che
ebbe luogo, la prima volta, sotto l’episcopato di Mons.
Ferniani nel 1923. Nel bollettino si dice: ”Anche a Ruvo,
anche a Bitonto questa bella novità. La conoscano presto
i cari bambini che si stanno preparando alla prima loro
Comunione. L’esperimento riuscirà certamente molto
importante; interverranno tutti i bambini della prima Comunione che daranno ai parenti e agli amici saggi della
loro istruzione” 324.
In un foglio datato marzo 1923 si danno le norme del piccolo concorso. Dopo aver fatto notare che in ogni Parrocchia si sarebbero tenute gare di selezione, al numero 3 di
detto foglio si precisa: ”La gara ultima sarà tenuta in vescovado il giorno 22/4, in ora da stabilire. Ad essa interverranno particolarmente i giovanetti e le giovanette della
prima Comunione e saranno invitati tutti gli altri bambini
delle scuole parrocchiali”.
In un altro foglio datato 21/4/1923 si dà lo svolgimento
della gara catechistica a cui presiederanno giudici e componenti la commissione. Tra l’altro si dice: “…n.5) da
prima saranno fatte tre interrogazioni di seguito ad ogni
bambino; coloro che non risponderanno ad almeno due
domande resteranno eliminati dalla gara; n.6) i vincitori
del primo esperimento saranno assoggettati ad un secondo; n.7) nel primo esperimento il direttore della gara farà
le domande secondo l’ordine del catechismo, e basterà
che i giovanetti rispondano a senso.
Nel secondo esperimento si faranno le interrogazioni tendo conto dell’esattezza delle parole, delle frasi e della
interposizione di parole e di periodi; le domande non saranno fatte secondo l’ordine del catechismo” 325.
Il 22/4/1923 il Bollettino dà notizia della gara catechistica nella Cattedrale di Bitonto. E’ presente molto popolo.
324
325
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 2, p.8.
in B.V.B.
303
Al concorso partecipano 78 ragazzi e 110 giovanette
scelte tra quelle ammesse alla prima comunione, dopo
aver fatto gare di selezione nelle rispettive parrocchie 326.
Presenzia anche il Vescovo.
Il 26/4/1923, prima gara catechistica nella Cattedrale di
Ruvo alla presenza del vescovo e di un numeroso pubblico; si tratta della gara fra i ragazzi delle tre Vicarie ammessi alla prima Comunione.
Parteciparono oltre trecento ragazzi e ragazze. “E’ il primo passo verso una migliore attività del Clero - dice il
Bollettino - per infondere nell’animo dei giovanetti un
sentimento più forte e cosciente di fervore e di attaccamento alla nostra fede cristiana” 327.
Per creare maggiore interesse nei ragazzi e nuovi stimoli
nell’apprendere i principi di fede, nel 1926 la Curia decide: ”Nell’anno venturo con l’aiuto di Dio, vogliamo tenere, dopo la pasqua una gara catechistica interparrocchiale
nelle due Diocesi … Per noi il catechismo rappresenta,
per quanto umile nelle apparenze, uno dei piu grandi ministeri parrocchiali. Esortiamo perciò tutti ad aiutare la
grande opera in tutte le maniere e, a chi non può dare
proprio nulla ai cari piccoli, chiediamo solo che ci lasci in
pace a lavorare i buoni Parroci, senza frenare lo zelo e
soprattutto, non stia a regalare della brutta cera o peggio
qualche ceffone ai piccoli irrequieti”328.
Dopo la gara catechistica del 26/5/1927 (Ascensione) in
cui concorsero circa 110 ragazzi, ci si congratulò per il
lavoro svolto.”Non andiamo errati affermando che i giovanetti presentatisi agli esami di catechismo, meritarono
quasi tutti il primo premio … La questione del catechismo ai piccoli e ai grandi è questione di vita o di morte.
326
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 4, p. 28.
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 5,p.35.
328
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.10, p.83.
327
304
Per l’anno venturo dividiamo i concorrenti in due classe,
maschili, si intende. La prima dovrà abbracciare i giovanetti della prima comunione; la seconda i giovanetti del
catechismo di perseveranza, fra i quali vogliamo trovare
quelli elencati quest’anno nella prima classe … In questa
gara devono entrarci le Parrocchie di S. Spirito di Palombaio e di Mariotto” 329.
Nel dicembre del 1927 si daranno i programmi della prima e seconda classe, “disponendo che il primo premio
sarà per quei giovanetti che, oltre a sapere a memoria il
testo spettante alla propria classe ne sapranno dare la
spiegazione relativa” 330.
Nel 1928 la Curia dà ulteriori precisazioni circa il modo
di condurre il lavoro e le gare. “ Desideriamo che anche
questo anno vi si preparino i giovanetti, e perché no, anche le bambine di prima Comunione, che si dolsero
l’anno scorso per non avere pure esse sostenuto l’esame
di catechismo e non aver partecipato al premio della gara
catechistica finale …
(i Parroci) divideranno tutta la massa … corale in tre
classi così come è appresso indicato, per modo che i
primi premi saranno assegnati a chi avrà meritato 10 agli
esami finali, i secondi a chi avrà avuto 9 punti in media, i
terzi a chi avrà preso l’8”.
Si danno i programmi delle tre classi. Per la prima classe:
preghiere e formule da sapersi a memoria in Italiano.
Per la seconda classe: preghiere e formule da sapersi anche in latino. Per la terza classe: il catechismo della Dottrina Cristiana di Pio X 331. Le gare catechistiche venivano solenizzate anche liturgicamente. La Curia nella notifica del 1930 dice: ”Gli esami saranno per Bitonto dal 5
al 10 maggio p.v. e il giorno 11, in cattedrale al mattino
329
Vita Religiosa (V°) 1927 n. 6, p. 44.
Vita Religiosa (V°) 1927 n 12, p. 91.
331
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 11, pp. 81-82.
330
305
Comunione generale di tutti i bambini e bambine bianco
vestite e, nel pomeriggio, si svolgerà la festa della Santa
Infanzia con la distribuzione dei premi e della processione”.
Nella stessa notifica, viene determinata la vacanza catechistica: “Per tutte le Parrocchie della Diocesi resta fissata da luglio a tutto settembre” 332.
La catechesi parrocchiale agli adulti era forse lasciata un
po’ nell’oblio. Ne è testimonianza la disposizione della
Curia di Mons. Del Buono per le S. Cresime. “Assai
spesso si presentano al vescovo per ricevere il santo sacramento della Cresima degli adulti per nulla preparati ed
assai deficienti nella istruzione catechistica. In conseguenza si dispone che da ora in poi i molto rev/di Parroci
non rilascino i biglietti se non si siano assicurati prima
che i candidati alla S. Cresima sappiano almeno benissimo il Pater, l’Ave Maria, il Credo e una breve istruzione
circa i SS. Sacramenti” 333.
Non potendo ancora pretendere gran che dagli adulti
spesso lontani dalla catechesi più per mancanza di tempo
libero dal diurno lavoro in gran parte agricolo che per
cattiva volontà, il Vicario Calamita F.F. decide di rendere
operanti almeno alcune disposizioni del concilio Appulo.
Si cerca di facilitare la comprensione della Parola di Dio
in occasione della S. Messa. “A cominciare dalla prima
domenica di giugno, in tutte le Messe festive, a norma dei
decreti 26 e 27 del Concilio Plenario, sia letto e commentato dai Parroci il testo dell’Evangelo e, dagli altri
sacerdoti, sia letto pure in Italiano l’Evangelo con le
prime preghiere e formule, pubblicate in appendice (al
testo sul Concilio)” 334.
332
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 2, p. 25.
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 1, p. 2.
334
Vita Religiosa (VII°) 1929 n. 3/4/5, p .22.
333
306
La decisione viene recepita con soddisfazione. Lo stesso
avvocato Presidente Damascelli del Ricovero di mendicità di Bitonto scrive il 3/6/1929 al Vicario Calamita
chiedendo che anche nella chiesa di detta istituzione, fosse fatta la lettura e il commento del Vangelo nei termini
su indicati. “E’ pregato V. S. Rev/ma provvedere perché
ciò venga fatto … in forma piana, chiara e semplice, accessibile alle menti dei nostri ricoverati, nella fiducia che
qualche parola arrivi e rimanga nell’animo loro per conforto e aiuto alla loro stanca esistenza.”335.
Nel febbraio 1930, non trovando forse grande disponibilità nel Clero, la Curia rinnova “la disposizione, già altra
volta emanata, che deve essere in tutte le Sante Messe
non solenni ottemperata, di leggere in Italiano il Vangelo
festivo ed i primi elementi della Dottrina Cristiana di Pio
X” 336.
Si tentò pian piano di rendere operante il Concilio Plenario di Molfetta, anche circa i canoni riguardando le lezioni di catechismo agli adulti. Mons. Taccone fece conoscere le difficoltà in merito, alla S. Congregazione del
Concilio. Il 12/6/1933 in riscontro il Card. Serafini dava
questa risposta : ”Per quanto riguarda l’inconveniente
dei divertimenti domenicali che distraggono le popolazioni dal catechismo degli adulti, veda la E. V. Rev/ma
se non sia il caso di consigliare i Parroci a scegliere per
tale istruzione le ore più adatte alle speciale esigenze dei
diversi paesi”.
Problema questo di non facile soluzione, preso a cuore
dal Vescovo Taccone che fa stampare egli stesso il programma per ogni domenica riguardante il corso catechistico agli adulti. Negli stessi avvisi sacri non tralascia di
stimolare i suoi Parroci - per esempio il 14/9/1945 - a
“una somma diligenza nel proporre le lezioni di catechi335
336
in B.V.B.
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n. 2, p. 26.
307
smo agli adulti, puntualità dell’orario, cura di richiamare
il maggior numero possibile di fedeli, specie uomini,
tanto ignoranti nelle cose di religione”.
Tra l’altro ricorda che l’obbligo del “Catechismo Grande” è personale e non può delegarsi che per gravi ragioni
riconosciute dal Vescovo. Si deplora che “qualche Parroco ancora non abbia compreso tutta la importanza del
catechismo agli adulti sulla quale mai si insisterà, abbastanza, perché solo la religione ben conosciuta ci darà i
cristiani convinti e praticanti”.
Le medesime osservazioni vengono ripetute negli avvisi
sacri degli anni successivi, del 17/9/1936 e del 29/9/1937.
In quest’ultimo il Vescovo dice : ”Non raccomanderemo
mai abbastanza la diligenza nel preparare tali lezioni e la
cura nell’esporle, in modo da guadagnare l’interesse dei
fedeli”.
Nell’avviso sacro del 16/9/1938, sempre dello stesso vescovo si legge: ”Perché l’istruzione catechistica agli adulti, che il can 1329 C.J.C chiama ‘dovere proprio e
gravissimo dei Parroci’ possa essere impartito nelle nostre diocesi con quella uniformità che è desiderata dalla
chiesa (Concilio Plenario di Molfetta canone 38) abbiamo
stabilito di assegnare noi stessi gli schemi degli argomenti da trattarsi ogni domenica e festa a cominciare
dalla prima domenica di ottobre … il C.J.C. e la Morale
non assegnano vacanze … Perché l’obbligo
dell’insegnamento della dottrina cristiana agli adulti (catechesi) sia veramente efficace, obblighiamo i nostri parroci a prepararsi bene, a scegliere l’ora più conveniente
per il popolo, e a non prendere le cose alla leggera, come
purtroppo dobbiamo lamentare nei riguardi di qualcuno
di essi. Anzi perché non accada nell’avvenire che qualcuno trascuri questo dovere gravissimo dell’insegnamento
al popolo, mettiamo una doppia sanzione: 1. resta sospeso a divinis chi trascura per due domeniche o feste successive di fare l’omelia, o l’insegnamento di catechismo
308
ai piccoli (da fare il parroco) o la catechesi agli adulti. E
dichiariamo che si tratta di vera censura, così che incorra
l’irregolarità, chi osasse violarla anche inscio Episcopo.
2. ogni semestre per potere avere il certificato verde a
Bitonto o l’assegno del Capitolo a Ruvo i Parroci faranno
una dichiarazione giurata di aver fatto ogni domenica e
festa, l’omelia, il catechismo e la catechesi. Oltre a questo, ci riserviamo durante l’anno di sorvegliare personalmente l’adempimento di questo triplice dovere …
Ecco gli schemi (della catechesi) , che ogni Parroco può
trovare nel volumetto ’Il manuale del Parroco’ della S.
A.Vicentina, vol. I° “ 337.
337
Documentazione in B.V.B della nota precedente (336).
309
CATECHESI PER LA SCUOLA
Per i ragazzi delle scuole superiori si istituirono dei corsi
serali di religione per gli studenti di liceo, ginnasio, complementari e medie. Iniziarono per la prima volta nel dicembre 1923 nel palazzo vescovile di Bitonto 338.
Ogni sabato, in orari diversi, c’era un corso per ginnasio
inferiore e complementari e un corso per il liceo e ginnasio superiore.
Tali scuole continuarono regolarmente negli anni successivi. Il 19/8/1927 si inaugurò ancora nel politeama
“Traetta” il corso di religione nelle scuole medie a Bitonto alla presenza di un nutrito numero di autorità e con
la partecipazione degli Istituti scolastici interessati.
Mons. Del Buono “ha parlato – dice il Bollettino – della
grande necessità dell’insegnamento della religione, che,
nell’ordine intellettuale, è il più grande scibile,
nell’ordine storico è parte principale della storia e della
vita umana, nell’ordine morale è la base di ogni moralità
e sana educazione”.
Il corso veniva inaugurato con il valido contributo dei
Presidi Marchese e Tempesta 339.
Per l’istruzione ai ragazzi delle scuole elementari si cercò
di dare una adeguata preparazione agli insegnanti laici,
facendo una scelta tra essi. Il Vescovo Ferniani il
21/1/1924 emanava una circolare per avere le schede degli eventuali professori di religione e per portare a conoscenza il corso di preparazione a Ruvo e Bitonto. A chi
partecipava veniva rilasciato un certificato di frequenza.
Vi sono attestati per il Corso 1923 – 1924 340. I corsi per
338
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 12, p.93.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 1, p. 3.
339
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 3, p. 40.
340
In B. V. B.
310
insegnanti avevano inizio nel febbraio sia a Ruvo che a
Bitonto341.
Nelle risposte al questionario per l’insegnamento religioso nelle scuole elementari, presentato dalla S. Congregazione del Concilio in data 3/5/1924, prot.2451, il Vescovo Ferniani il 29/5/1924 dava a Ruvo e Bitonto la presenza di Corsi di religione rispettivamente con 12 e 14 ore
settimanali. Essi furono aperti entrambi dal Vescovo e
dallo stesso fu sviluppato e condotto a termine quello di
Bitonto. Quivi si notava poco interesse da parte dei Direttori e Presidi. In questa città se ne iscrissero solo 11
ma ne frequentarono 20 – 25 circa. A Ruvo i frequentanti
furono 60 e le lezioni si tennero con la collaborazione
delle autorità negli edifici pubblici.
Accanto ai Corsi di preparazione, ci sono le continue prese di contatto con le autorità scolastiche. Il 21/11/1924 il
Vescovo Ferniani invitava il Direttore Didattico delle
scuole elementari, Prof. Francesco De Palo ”per trattare
insieme, come stabilito e consigliato dalle disposizioni
ministeriali, circa l’insegnamento di religione da parte
degli stessi insegnanti e circa l’istituzione di corsi di preparazione”.
Forse la specificità dei corsi di preparazione per Insegnanti e il relativi certificato di idoneità, dovette suonare
umiliante per chi aveva già una cattedra nelle scuole. Si
tentò perciò di ottenere gli stessi fini con nuovi metodi.
Il 28. 11. 1924 Mons. Ferniani scrisse di nuovo al Direttore didattico in questi termini: “Alcuni rispettabili sacerdoti di questa città si sono concordati per tenere un corso
quindicinale di conferenze di cultura religiosa durante la
stagione invernale… Potrebbero quelle conferenze interessare in modo particolare i signori professori; mi permetto di avanzarne la proposta di rivolgere anche a loro
341
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 2, pp. 17 – 18.
311
l’invito ad intervenirvi… Saranno diramati appositi inviti” 342.
Il Corso di cultura religiosa ebbe inizio il 14 dicembre nel
salone dell’episcopio a Bitonto. I temi avrebbero seguito
“un piano prestabilito, per una esposizione critica, scientifica ed organica di una parte della dottrina cristiana” 343.
Nel primo bollettino del 1925 si esprime una grande
soddisfazione per il successo ottenuto. Il Corso “ha incontrato - si dice - il più largo favore della classe colta
della città.
E’ tenuto da conferenzieri sacerdoti: vi intervengono autorità, signore, signorine, professori, professionisti e studiosi. Sono oltre 400 persone che affollano ogni volta il
vasto salone dell’Episcopio” 344.
L’8. 2. 1925 si tiene il corso di cultura religiosa sul tema
“la Chiesa una, Santa, cattolica, apostolica, romana” in
forma un po’ apologetica con riferimento alle altre Confessioni Religiose Cristiane 345.
Nel marzo 1925 il Sacerdote Benedetto Lovascio parlò
sulla infallibilità Pontificia 346. Nello stesso numero del
Bollettino si notifica un corso di conferenze di Mons. Girolamo Mauri di Rimini, ultimo quaresimalista. Temi
trattati furono la spiegazione del capitolo 1° della Genesi
e il problema sociale, nonché la giustificazione della divisione della società in classi analizzando gli “assurdi” postulati della Scuola socialista e comunista.
Riportiamo parte di quest’ultima conferenza: “Il preteso
disordine sono le disuguaglianze sociali; ma senza di esse
non si avrebbe una compagine, un ordine sociale. Per intendere la loro natura, bisogna risalire al concetto genui342
In B. V. B. dalla nota precedente (341).
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.11, p. 93.
344
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 1, p. 4.
345
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 3, p.43.
346
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 4, pp. 57 - 58.
343
312
no della proprietà, la quale non è il furto come la definì il
Proudhon, ma il lavoro. I primi strumenti del lavoro siamo noi stessi, anima e corpo; quindi diversissime potenzialità di strumenti, secondo gli innumerevoli gradi di
forza, d’ingegno, di temperamento, di attitudini, di volontà; e diversa applicazione degli strumenti alla materia.
Ne consegue l’unilaterale maggiore produzione di proprietà e ricchezza, e perciò le disuguaglianze delle fortune personali o ereditate…
Queste disuguaglianze non sono riparabile con la lotta di
classe, ma solo con l’armonia delle classi, avvicinandole
sull’esempio e sul precetto del Cristo”.
Gli altri temi trattati nel corso 1924 – 1925 furono:
• Culto esterno e culto interno;
• Divinità del cristianesimo (il miracolo);
• Le vie per giungere alla Fede (fatto psicologico);
• Istituzione della Chiesa;
• La Teosofia;
• S. Pietro capo del collegio apostolico;
• Venuta di S. Pietro a Roma e fondazione della sede
episcopale romana;
• I romani pontefici successori di Pietro nell’episcopato
e nel primato;
• Infallibilità dei Papi;
Accanto a questi Corsi ufficiali, periodicamente tenuti, la
chiesa diocesana non tralasciava nessuna occasione per
farsi nuovamente presente negli ambienti colti.
Nel marzo 1930 il Bollettino ufficiale riporta due Conferenze culturali dell’Arcidiacono Calamita, una sulla
“donna e il cristianesimo”, l’altra sulla “questione romana e la Conciliazione” da darsi alle stampe per iniziativa
del Centro di Cultura Fascista a Bitonto 347.
Per conoscere i risultati più o meno positivi dell’azione
catechetica che il Clero andava espletando nei confronti
347
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.3, p. 40.
313
dell’Ente Scuola, bisognava rifarsi alle ispezioni e relazioni scolastiche periodicamente fatte.
Nel marzo 1927 si danno disposizioni precise sul come
questi controlli dovessero avvenire. “Entro il mese di aprile c.a. dovranno – si dice – pervenire, per tramite delle
Curie, alla Delegazione scolastica pugliese – Arcivescovado di Bari – “. Ogni relazione poi “dovrà essere particolarmente dettagliata circa libri di testo veri e propri oppure libri di letture semplicemente, i quali ultimi non
possono bastare come libri di testo, ma solo come libri
sussidiari. La relazione dovrà far presente se si tien conto
del formulario della dottrina cattolica, tratto dal Catechismo di Pio X, se l’insegnamento religioso viene impartito
con sistema essenzialmente scolastico, se praticamente si
osservi il programma governativo” 348.
Mons. Del Buono nella relazione alla Delegazione Regionale scolastica pugliese, inviata il 30. 6. 1927, ebbe
modo di dire: “Il Delegato per l’ispezione dell’insegnamento catechistico per la Diocesi di Bitonto ne riportava
un’ottima impressione, dal punto di vista pedagogico e
dei risultati ottenuti.
Gli insegnanti infatti hanno preso parte quest’anno assiduamente al Corso settimanale di religione impartito
dall’Arcidiacono prof. Calamita, e i giovanetti si sono
avvantaggiati della preparazione dei loro maestri, che
hanno adottato nelle scuole generalmente il testo di Pio
X.
Non si è mancato di raccomandare gli altri testi proposti
dalla Sacra Congregazione del Concilio e si ha motivo di
credere che per l’anno venturo questi ultimi, laddove la
moderità del prezzo lo consenta, faranno la loro entrata in
classe. Un anno dunque di profitto l’anno scolastico
1926/1927”. Lo stesso Vescovo nella relazione alla Sacra
Congregazione del Concilio, conferma l’1.10.1927 la re348
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.3 , p .20.
314
golarità dell’insegnamento: “In hiis scholis adest institutio doctrinae christianae semel in hac ebdomada”.
La stessa regolarità viene sottolineata il 14.7.1928 prot.
188 nella relazione alla Direzione scolastica arcivescovile
di Bari. Tra l’altro si dice: “E’ stato pure tenuto un corso
di lezioni agli Insegnanti con non poco profitto… C’è da
sperare che in seguito con l’inizio delle lezioni a principio d’anno scolastico, si possa dare ai giovani quella
formazione spirituale che è nel pensiero della Chiesa e
che non si può certo tenere con un Corso che nelle scuole
secondarie si riduce a tre mesi, cioè da gennaio a Pasqua”.
A proposito delle scuole di Avviamento di Ruvo, il Sac.
Mazzone Giuseppe, in una lettera al Vescovo Taccone
del 13.7.1931, lamenta “la mancanza del voto espresso in
decimi e il non essere la Religione materia di esami,
mentre si risolve in una diminuitio capitis
dell’insegnante, svuota l’insegnamento di efficacia costrittiva, indispensabile anche nei giovanetti meglio disposti”.
Da appunti non datati presi dal Sac. Di Mugolo e da altri,
inviati a Mons. Taccone, rileviamo altre osservazioni. Si
lamenta l’indisciplina, la scarsezza di applicazione a causa degli esami di Stato in terza liceale e di elementi indegni della scuola. I sacerdoti invocano l’opportunità
dell’esame di Religione. In particolare si chiede “che in
classe ci sia un testo. Il voto di Religione non deve restringersi alla condotta, giacchè siffatto voto in caso negativo, verrebbe distrutto dal voto degli altri Insegnanti i
quali tengono conto principalmente del profitto. Il voto
perciò deve estendersi anche al profitto, perché non sia
irrisorio e sia veramente di stimolo allo studio di una
materia sommamente importante e necessaria. Da parte
del corpo insegnante e dei presidi nessuna difficoltà, anzi
il massimo rispetto e tutto l’appoggio necessario”.
315
Nelle Scuole elementari c’è più impegno da parte degli
alunni. Talvolta i professori non si attengono al programma ministeriale. L’impegno profuso per
l’insegnamento religioso nelle scuole veniva riconosciuto
e confermato dalla Sacra Congregazione del Concilio in
più riprese. Ciò era dovuto anche, sotto Mons. Taccone,
alla valida collaborazione del Prof. Nicola Gentile, Direttore didattico di Bitonto e facente funzioni anche di R.
Ispettore scolastico. La stessa Congregazione il 25.8.1930
prot. 4318 aveva invitato il Vescovo a una parola di plauso nei confronto della persona suddetta.
I rallegramenti si ripetevano negli anni successivi in seguito alle relazioni confortanti di Mons. Taccone. Il Prefetto Card. Serafini il 12.6.1933 rilevava di nuovo “con
compiacimento il felice esito della istruzione religiosa
nelle Parrocchie, nelle pubbliche scuole e nei Collegi
cattolici”.
Nella relazione triennale del 26.9.1936, in risposta alla
lettera della Sacra Congregazione del Concilio, datata 27
maggio prot. 356 e a successiva del 24 settembre dello
stesso anno, si osserva quanto segue a proposito degli Istituti superiori.
A Ruvo si dà solo la presenza della R. Scuola di Avviamento al lavoro. Durante il triennio 1933 – 1935 non si
notano ostacoli, anzi, il favore del Direttore e degli insegnanti. Si registra il precetto pasquale in corpo coi superiori. La popolazione scolastica non molto numerosa, è
diventata più attenta e “disciplinata ed anche più buona”.
L’ambiente di Ruvo è “favorevole” alla Religione e nelle
Scuole non si è avuto bisogno, nell’insegnamento, della
collaborazione dei laici.
A Bitonto si dà la presenza del R. Liceo – Ginnasio e la
R. Scuola d’Avviamento. Anche qui si registra il Precetto
Pasquale fatto in corpo coi superiori. Si nota anche un
miglioramento nella disciplina: il Liceo però, è sempre
316
poco disciplinato per il cattivo esempio di alcuni
“pessimi soggetti che non si è saputo eliminare”.
“Durante il triennio – dice il Vescovo – ho dovuto sostituire qualche insegnante che non riusciva a mantenere la
disciplina… Da deplorare che il Preside attuale del R. Liceo non abbia dato e non dia tutto il suo aiuto per
l’incremento dell’insegnamento religioso: non sa nascondere i suoi ricordi di vecchio massone. Speriamo che si
corregga”.
Il 25.5.1937 il Sac. Pasculli Gaetano, in una lettera al
Preside Prof. Pasquale Tempesta ci fa conoscere anche il
testo adottato nelle scuole superiori: “Per il prossimo anno scolastico 1937/1938 crederei opportuno adottare di
nuovo, come testo per l’insegnamento della Religione in
queste nostre RR. Scuole di Avviamento professionale,
l’opera – in due volumi – del Can. Dott. Giulio Bonatto,
edita dalla Marietti di Torino, intitolata ‘La Religione esposta in lezioni pratiche’. Per il metodo storico, con cui
l’opera è redatta, la parte dottrinale, piuttosto arida per se
stessa, scaturisce più attraente dall’esposizione drammatica dell’Antico e Nuovo Testamento, e si tiene avvinta –
con forti legami – l’attenzione degli alunni, tanto facili
alle distrazioni volontarie e inovontarie” 349.
349
Documentazione in B.V.B. dalla nota precedente (348).
317
FORMAZIONE AL CANTO LITURGICO…
Uno dei compiti affidati all’Azione Cattolica fu quello di
assimilare il canto liturgico e farsene portavoce nei riti
del popolo di Dio.
Nella festa dell’Immacolata l’8.12.1923, la Gioventù
Femminile dà “il primo saggio del canto sacro”. Si cerca
per mezzo delle “Circoline” di divulgare “il gusto per le
armonie sacre e gregoriane” 350.
Niente ancora di istituzionale, perché solo il 14.2.1924 si
inaugurava la Scuola di canto liturgico con le Circoline
delle varie Parrocchie. Le riunioni per la preparazione erano fissate al giovedì; e per la prima volta tale Scuola
avrà l’onore di cantare in Cattedrale – Bitonto – per la
settimana santa di quello stesso anno 351. Si trattava certamente di una Scuola nascente diretta dal Can. Pietro De
Renzio a Bitonto, le cui melodie non erano risparmiate da
una facile critica, disposta a rimettere sempre tutto in discussione.
Mons. Ferniani nel 1924, per conoscere meglio la situazione diocesana, nominava la Commissione per la revisione della musica sacra. Ne furono eletti il Primicerio
Daniele Cepollaro, il Can. Pietro De Renzio e il Parroco
Gaetano Cuonzo: Dopo essersi riuniti in due adunanze,
rispettivamente l’1.11.1924 e il 14.11.1924, il Primicerio
Daniele Cepollaro presentò al Vescovo relazione negativa. “E’ evidente – egli dice – il fatto dell’attuale decadenza della musica sacra in questa Diocesi, che fino a pochi anni orsono fu centro attivo e pratico della riforma
musicale, raggiunta con sacrifici e lotte, in conformità
delle leggi canoniche, e del motu proprio di Sua Santità
Pio X di s. memoria e delle numerose e severe disposi-
350
351
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 12, p. 93.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.2, pp. 18,33.
318
zioni diocesane emanate dall’Ecc.mo predecessore di Vostra Eccelenza”.
Di diverso avviso era il canonico Pietro De Renzio che,
nella sua relazione del 17.11.1924 scriveva: “La decadenza si deve non al genere di musica che si esegue; perchè effettivamente dagli organisti vengono eseguite composizioni di autentici autori di musica liturgica, ma alla
ingiustificata e precipitosa fretta con cui si eseguono le
composizioni stesse… Che se qualche volta si suona da
questi organisti musica di propria creazione, a me pare
non sia da proibirsi perché non scritta a rigore di armonia
o contrappunto; basta che questa musica sia ispirata a
sentimento di vera preghiera ed eseguita con quella gravità richiesta e dal testo liturgico e dal luogo in cui si eseguisce... Circa la capacità di questi organisti, non credo
sarebbe il caso di richiedere un esame e per non toccare
la suscettibilità personale di chi è maestro, e perché per
quelli privi di titolo accademico sarebbe sufficiente la
continua prova delle loro esecuzioni che in diverse circostanze meritarono anche la espressa compiacenza
dell’Ecc.mo Superiore… Per il controllo delle esecuzioni
è bene che vi sia, ma nel senso di frenare gli abusi che
venissero riferiti o notoriamente avvertiti, ma non in forma che possa scambiarsi per odioso spionaggio che degraderebbe chi lo eseguisse… In rapporto alle scuole parrocchiali, per ovviare alle tante difficoltà che presenta la
istituzione di tante diverse scuole quante sono le Parrocchie, e per ottenere lo scopo d’indirizzo e affiatamento, se
n’è già istituita una, quella delle Circoline della G.F.C.I.
che abbraccia le giovanette appartenenti a quasi tutte le
Parrocchie della nostra Diocesi, e che dalla Superiore
autorità fu affidata alla cura e direzione dell’umilissimo
sottoscritto. Si tratta di una scuola incipiente e che ancora
al suo inzio, ha dato di sé prove soddisfacenti se non lusinghiere, precisamente perché si è fatta comprendere ed
amare da tutte le allieve la bellezza del canto gregoriano
319
e della musica liturgica, sì da poter ben sperare per
l’avvenire… Tratta in ultimo la relazione Cepollaro finanche della scuola di canto gregoriano del Seminario e
con molto arbitrario giudizio suggerisce per questa una
maggiore serietà”.
A questo punto della relazione il Can. De Renzio rinfacciava al Primicerio Cepollaro delle inadempienze che gli
riguardavano. “Per ottenere – egli dice – una perfetta esecuzione del canto corale, un Decreto di S. E. Mons. Berardi prescrive per obbligo ai Primiceri del Rev.mo Capitolo il concerto del canto da eseguirsi in Cattedrale nei
giorni precedenti le domeniche e le grandi solennità.
L’aver taciuto la relazione Cepollaro proprio questa parte, fa quasi provare la sensazione che la Riforma parziale
invocata vada a risolversi in una requisitoria contro i poveri organisti in parte disgraziati (ciechi) e per giunta aventi come unico cespito per vivere onestamente, proprio
quello della professione di organista, i quali ad onor del
vero poi, hanno zelo e culto per l’arte che si sforzano di
osservare per quanto è nelle loro forze”.
Il Parroco Gaetano Cuonzo accettava il pensiero del De
Renzio pur avendo precedentemente aderito “in teoria”
alla relazione Cepollaro del 14.11.1924.352.
Sotto Mons. Del Buono si cerca di disciplinare mediante
la Curia il canto in Chiesa “proibiamo, si dice nel bollettino, che le ragazze, facciano o no parte delle nostre organizzazioni femminili, cantino in Chiesa, sull’organo.
Le medesime possono dare coro in mezzo al popolo, giusto le antiche e recenti istruzioni liturgiche”353.
L’argomento viene ripreso e riconfermato nello stesso
anno, fatta eccezione degli Istituti femminili, a norma del
can. 1264 par.2 354.
352
Documentazione in B.V.B. dalla nota precedente (351).
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 3, p. 20.
354
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 7, p. 54.
353
320
Poco dopo il Sac. Mangini viene incaricato da Mons. Del
Buono “ad impartire le lezioni di liturgia e canto gregoriano in preparazione della prossima gara nazionale, indetta dal Consiglio Superiore, nel primo decennale della
gioventù femminile cattolica italiana, che si svolgerà in
Roma nel luglio p. v.” 355.
E nel 1929 accanto alla scuola femminile di canto, il Vicario Capitolare di Bitonto F.P. Calamita istituisce il 29/4
“una scuola di canto interparrocchiale per i giovinetti, affidata al Rev.mo Parroco Cuonzo” in seguito alla Costituzione Apostolica “Divini Cultus” del 20 / 12 / 1928 356.
Il Parroco G. Cuonzo in un foglio datato 1 / 6 / 1929 e da
lui firmato, dà l’elenco dei fanciulli presi da tutte le Parrocchie per la scuola di canto maschile, per un totale di
42 elementi non inferiori ai dieci anni 357.
Che Bitonto primeggiasse un pò in tutto, è inutile ripeterlo; ma anche a Ruvo nel 1930, nell’Azione Cattolica
Maschile, il Bollettino registra: “per interessamento del
Consiglio federale e per concessione del Rev. Sac. Don
Antonio De Palo, seralmente si sta svolgendo un corso di
canto gregoriano abbastanza frequentato dai nostri soci”358.
355
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 4, p. 34.
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 3/4/5, p. 22.
357
In B.V.B.
358
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 1, p. 19.
356
321
FORMAZIONE ALLE OPERE AD CAUSAS PIAS
Mons. Ferniani, entrando in Diocesi, trova in quasi abbandono le varie raccolte di oboli stabiliti dalla S. Sede:
cerca di formare le menti in proposito per dare ai fedeli le
giuste motivazioni atte a spingere a maggiore generosità
e capaci di portare la Chiesa locale a vivere la problematica della Chiesa universale. L’11/3/1923 coglie
l’occasione della giornata dell’Università Cattolica indetta da Pio XI, per solennizzarla anche nella Diocesi.
Nel salone vescovile, l’ingegnere Maria Capodacqua
parlò sul “Palladio della Libertà rappresentata nel momento attuale dall’Università Cattolica”.
Il vescovo poi nel suo intervento disse: “I Cattolici di oggi debbono essere sostenitori dell’Università Cattolica del
S. Cuore, seguendo le tradizioni nobilissime di molti secoli passati in cui, specie in Italia, le Università fiorivano
sotto la protezione della fede in Cristo” 359.
Ritiene però di dover sottoporre in loco tutto a suo controllo, non essendovi delle Commissioni all’uopo nominate.
Il 20 / 11 / 1923 risponde all’Università del S. Cuore, indirizzando a Padre Gemelli una lettera che chiarifica la
posizione della Diocesi circa la raccolta delle offerte.
“Mi permetto – egli dice – sul punto abbastanza delicato,
intorno a cui alla mi interpella, significarle che è bene che
sul luogo esista un alto controllo, che non può essere che
quello del Vescovo (non diciamo della Curia, che in questi paesi potrebbe avere un significato non rispondente
alla giuridica concezione)”.
Nel contempo dà il suo parere sulla validità circa la pubblicazione delle offerte sul Bollettino Universitario:
“Perché le pubblicazioni del Bollettino fossero una valida
documentazione, bisognerebbe che tutti gli oblatori aves359
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 3, p. 6.
322
sero l’occasione di leggere il Bollettino e anche il coraggio di fare i relativi reclami” 360.
Intanto nel Bollettino diocesano si cerca di informare il
popolo sulla storia, sugli scopi e sullo sviluppo di tale Università 361. Chi recepisce e fa propri i desideri della S.
Sede e del Vescovo, è la Federazione G.F.C.I..
Per la giornata universitaria del 4 / 5/ 1924, le Circoline
raccolgono le offerte per mezzo di fogli di sottoscrizione
nelle famiglie e per mezzo di questue durante le Messe,
nelle Parrocchie e altre Chiese della circoscrizione parrocchiale.
Per Bitonto si raccoglie £.1979,05 e per Ruvo £. 90,35.
I due gruppi allora esistenti a Bitonto di Donne Cattoliche, quello di S. Caterina e quello di S. Egidio, raccolgono 60 grammi di oro per l’Ostensorio destinato alla Cappella dell’Università 362.
I beneaugurati risultati venivano riconosciuti dalla giunta
direttiva dell’Università del S. Cuore che, scrivendo al
Segretario Vescovile Carlo Bandini il 6 / 6 / 1924 così si
esprimeva: “Abbiamo notato con infinito compiacimento
che le offerte di quest’anno da parte di codesta Diocesi
sono quadruplicate in rapporto a quelle dell’anno scorso.
Vuol dire che anche costì, la grande idea vivificatrice
della nostra Università comincia a farsi strada”.
Se si volevano raggiungere gli scopi della S. Sede, occorreva un’azione di penetrazione e di convinzione nello
stesso Clero. A proposito degli oboli di propagazione
della Fede, il Vescovo Ferniani, rispondendo il 12 / 9 /
1924 a una lettera di Mons. Angelo Roncalli, presidente
dell’Opera, così dice: “Trovandomi in queste diocesi dal
novembre 1922, non mi trovo in possesso delle istruzioni
inviate ai vescovi in data 15 / 5 / 1921; ritengo poi op360
In B.V.B.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 4, p. 30; n. 11, p. 89.
362
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 5, p.40.
361
323
portuno che nelle Diocesi, come la mia di Ruvo e Bitonto, ove è necessaria ancora un’opera di penetrazione in
mezzo allo stesso Clero, sarebbe bene che la corrispondenza inviata al Direttore Diocesano, fosse ripetuta anche
per l’Ordinario, affinché questi possa fare opera di vigilanza e di stimolazione sullo stesso Direttore” 363.
Il vescovo ritenendo opportuno e necessario un decreto
per ribadire la necessità delle iniziative della S. Sede e
per costituire un centro diocesano per le Missioni, lo emette il 4 / 12 e lo pubblica in data 5 / 12 / 1924 sul Bollettino ufficiale.
“Noi Placido Ferniani – egli dice – riconoscendo doveroso che in ogni diocesi esista un centro per la propaganda
missionaria, tenendo presente la opportunità di favorire
con giusto metodo e con criteri di buona organizzazione
le varie opere nazionali che hanno per iscopo la evangelizzazione cristiana presso i popoli barbari o privi di gerarchia cattolica, o comunque bisognosi dell’assistenza
dei sacerdoti europei”, nomina la Commissione che terrà
a fine d’anno una relazione morale e finanziaria 364.
Secondo Mons. Ferniani, era tutto da rifare dalle fondamenta. In una lettera al Card. Gaetano De Lai, segretario
della S. Congregazione Concistoriale, il 28 /1 / 1925 dice:
“Solo per il 1924 ho potuto riattivare e regolarizzare nelle
Diocesi di Ruvo e Bitonto l’uso delle questue ordinate
dalla S. Sede…, e lo stesso devo ripetere per la Messa
sulla quale l’E. V. si compiace di richiamare la mia attenzione… Dallo stato in cui ho trovato le cose, devo arguire
che in questi luoghi, le questue nelle Chiese a vantaggio
delle opere raccomandate dalla S. Sede, erano andate in
disuso o erano eseguite, ma poco esattamente registrate e
amministrate”.
363
364
In B.V.B.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 12, p. 98.
324
Anche al Card. Pietro Gasparri, segretario di Sua Santità
Pio XI, l’1 / 3 / 1925 ribadisce gli stessi concetti: “Date le
circostanze in cui la raccolta dell’obolo di S. Pietro è
stata ripristinata, è da sperare che diventerà degna fino ad
emulare le altre Diocesi 365 d’Italia. Il Cardinale a nome
del Papa, ne ammirava gli sforzi e se ne congratulava col
Vescovo in data 14 / 3 / 1925. Il Bollettino ne fa menzione per un’azione sempre più stimolante nel Clero e nel
popolo, per tutte le opere pie della S. Sede.
Con Mons. Del Buono, la Curia disciplina la raccolta annuale delle offerte ad causas pias. “Eccone le date:
- Capodanno: per la S. Infanzia;
- Epifania: per la redenzione degli schiavi dell’Africa;
- I^ Domenica di quaresima: per gli emigranti:
- II^ Domenica di quaresima: per la buona stampa;
- III^ Domenica di quaresima: per il sacro Seminario
diocesano;
- Domenica di Passione: per l’Università del S. Cuore;
- Domenica delle Palme: per la propagazione della Fede;
- Domenica di Pasqua: per i luoghi santi;
- I^ Domenica di maggio: giornata missionaria della
G.F.C.I.;
- 29 giugno: obolo di S. Pietro;
- I^ Domenica di ottobre: per le vocazioni ecclesiastiche diocesane 366.
Seguono delle osservazioni della stessa Curia per le taxae
ad normam can. 1057. “Approvate dalla S. Congregazione del Concilio, in data 8 / 4 / 1921, sono spesso ritenute
come un oggetto di lusso e quindi garbatamente evitate.
Ma se si pensa che tanta moneta se ne va in fumo di batteria, nelle feste religiose, forse si comincerebbe a credere che le tasse di cui sopra, non rappresentano nemmeno
365
366
in B.V.B.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 7, p. 58.
325
il centesimo delle decime da corrispondere alla Chiesa
che ha pure tanti gravi bisogni da sovvenire in mezzo al
popolo cristiano!” 367.
Per Mons. Del Buono gli oboli pontifici erano ormai ristabiliti e se ne dava giustamente vanto al defunto vescovo. L’Arcidiacono Calamita in una conferenza
sull’Università Cattolica, aveva avuto modo di dire che
essa nel 1925 era “ben conosciuta nelle Diocesi per opera
di Ferniani, aiutato dalla gioventù femminile cattolica italiana che, ha raccolto offerte e trovato ‘Amici’ “ 368.
Per cui il nuovo vescovo non doveva che continuare a registrare il continuo “crescendo” 369.
Le osservazioni della Curia da noi riportate, erano perciò
da intendersi come ulteriore spinta per una stabilità e
maggior incremento.Tanto che sembra quasi inutile riportare ancora parole di incoraggiamento per la giornata
universitaria del 7 / 4 / 1929: “E’ superfluo ricordare che
la nostra Diocesi s’è sempre distinta nella raccolta delle
offerte per il merito delle nostre, brave organizzate, coadiuvate dallo zelo proficuo dei Parroci e rettori di Chiese”370.
Anche per le opere missionarie bisogna registrare un crescendo positivo; le iniziative non mancavano. Ad opera
dell’Azione Cattolica Femminile, si tenne una conferenza
missionaria. Padre Nuzzi N., bitontino, dei Preti della
Missione, missionario in Cina, scampato alla fucilazione
dei Bolscevici cantonesi, espose con proiezioni la vita cinese, gli usi, i costumi, le superstizioni, la feste; parlò poi
dell’importanza dell’opera missionaria, “specie della S.
367
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 7, p. 58s.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 2, p. 123.
369
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 6, p. 48.
370
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n.1 /2, p. 13.
368
326
Infanzia, per cui tante miserie sono lenite e tante anime si
guadagnano alla religione di Cristo” 371.
A Ruvo però, forse perché mancava la presenza costante
del Vescovo, le cose andavano meno spedite in questo,
come in altri campi. Solo nel 1930, si annota che “in seno
alla locale Federazione è stato ufficialmente costituito il
Segretariato missionario e si è iniziato il Corso di formazione per Dirigenti” 372.
Mons. Taccone non farà altro che registrare anch’egli lo
sviluppo delle opere ad causas pias.
La raccolta più sostanziosa per l’Università Cattolica è
del 1930.
Da Ruvo perverranno all’Ateneo £. 2293,90 e da Bitonto
£. 5070,30 oltre alle offerte degli “Amici” in £. 5510,30.
Si farà notare sul Bollettino che nonostante la crisi economica, si superava di gran lunga gli anni precedenti 373.
Nella lettera di ringraziamento del 2 / 5 / 1930 da parte di
padre Gemelli a Mons. Taccone, si dice: “Cotesti buoni
diocesani hanno saputo porgere con un contributo che
supera sin d’ora di molto quello dell’anno scorso, è indice di un prezioso ed efficace lavoro di persuasione per far
penetrare la nostra ‘grande idea’ nell’animo di ognuno, in
modo che essa non si dovesse subire ma vivere” 374.
L’azione di convincimento certo non mancava. Infatti in
ogni occasione di oboli, il Bollettino insiste che si spieghi
in tempo; costantemente si riportano poi giornate solennizzate con incontri e dibattiti coinvolgendo in esse le
stesse autorità pubbliche 375.
Mons. Taccone cercava di far leva anche sull’orgoglio,
quasi la raccolta fosse una gara tra Diocesi italiane.
371
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 7, p. 56.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930, n. 3, p. 35.
373
Vita Religiosa, (VIII°) 1930, n. 4, p. 42.
374
Vita Religiosa, (VIII°) 1930, n. 5, p. 52.
375
Vita Religiosa, (VIII°) 1930, n. 4, p. 47.
372
327
“Sono sicuro dice - il 13 / 10 / 1932 - che l’esito della
giornata missionaria di quest’anno, non sarà inferiore a
quello degli altri anni; dipende unicamente da voi!” 376.
L’Università Cattolica e le Missioni erano però le iniziative che avevano trovato più fervore nel popolo di Dio.
Mons. Taccone nella stessa lettera lamenta una insensibilità mostrata dai fedeli in altre occasioni di oboli: “Se
qualcuno di voi – egli dice – per impossibilità! – si disinteressasse e si contentasse di dare il suo personale obolo (povero, poverissimo, come occasione di altra colletta!!!) sappia anticipatamente che mostrerebbe di essere
un infelice egoista!”.
376
In B.V.B.
328
FORMAZIONE DI UN LAICATO IMPEGNATO
NELL’AZIONE CATTOLICA
DATI GENERALI SULLO SVILUPPO STORICO
DELL’UNIONE FEMMINILE CATTOLICA
ITALIANA (U.F.C.I.)
La presidente diocesana di Faenza dell’U.F.C.I. nel saluto
beneaugurante al novello Vescovo Mons. Ferniani, il
18/6/1922 così scriveva nel dare alla stampa il primo numero del bollettino locale dell’Azione Cattolica. “Noi
preghiamo fervidamente ella dice il Sacratissimo Cuore
di Gesù, perché fra il gregge del Romano Pontefice a
voi novellamente affidato, sorga per opera del vostro zelo
la provvida U.F.C.I., che voluta e benedetta da tre sommi
Pontefici fa della donna, come già ai tempi apostolici,
l’umile ausiliaria del clero nella salute delle anime per
mezzo della preghiera, dell’azione, del sacrificio” 377. Fu
certamente di buon auspicio perché Mons Ferniani, nonostante la mancanza assoluta di tale movimento cattolico
in Diocesi e le difficoltà piuttosto ardue da superare, si
mise all’opera e, nei due anni del suo episcopato, rinnovò
la pastorale locale in questo campo.
In una lettera del 14/2/1924, in risposta alla S. Congregazione Concistoriale prot 833, Mons Ferniani parlando degli ostacoli trovati in loco, afferma che “il movimento
femminile e maschile bisognerebbe iniziarlo indipendentemente da quella massa viziata e pericolosa (il Vescovo parla dei membri delle Congreghe)…
Quanto al movimento femminile, ho constatato che ci si
può riuscire e ritengo che questo potrà portare presto ad
un movimento maschile giovanile - popolare”.
377
Il Ramo d’Olivo. Organo mensile dell’U.F.C.I. per la città e diocesi
di Faenza, (I°)1922 n.1,18 giugno.
329
E prosegue constatando che inoltre “riesce difficile fare
appello alla generosità dei Parroci e, quelli che sono zelanti, in realtà spesso non possono affrontare o mantenere
le spese, che poi il movimento cattolico anche ridotto esige. L’essere poi i Parroci gli eterni figli di famiglia, incastonati nelle case dei loro congiunti, produce uno stato
di spirito e di coscienza che tarpa le ali alle iniziative
sante o generose.” 378.
Il Vescovo chiude la lettera facendo riferimento a un altro
ostacolo non indifferente: la mancanza di locali. Anche lo
stato psicologico del Clero nei confronti del movimento
non era del tutto favorevole.
Nel diario del Sac. G. Pasculli, il 10/1/1926 si legge:
”Quantunque il promuovere l’U.F.C.I sia ormai un dovere per i cattolici in generale e per il Clero in cura
d’anime, in modo speciale, pure io credo che il movimento attuale in questo campo sia destinato ad avere una
breve durata. L’elemento femminile è vero, è molto malleabile e in su le prime si potranno avere dei buoni risultati. E già se ne sono avuti dei consolanti davvero; ma la
donna è anche mobile come piuma al vento; e se è facile
ad entusiasmarsi nelle prime prove è anche facile ad annoiarsene. Intanto Pio XI vuole così, si faccia la sua volontà come meglio si può. Speriamo che la grazia di Dio
voglia infondere nelle nostre donne uno spirito di vero
apostolato, sincero e duraturo. Io per me sono pessimista
a riguardo: credo che i buoni frutti raccolti sinora siano
dovuti non alla sincerità delle convinzioni ma piuttosto
ad uno spirito di novità. Forse mi inganno: il tempo e
l’esperienza mi daranno torto o ragione;vedremo.
Credo pure che in questo movimento femminile ci sia un
altro grave difetto: quello di aver messo molta carne a
cuocere, e di aver molto accresciuto il fardello di molti
preti in cura d’anime, che non hanno più un momento per
378
In B.V.B.
330
respirare. Comandare è sempre più facile che obbedire o
eseguire: chi sta in alto, specie se non ha avuto mai le
mani in pasta vede tutto color di rosa, e senza ostacoli e
non prevede le difficoltà che deve superare il povero curato, specialmente quando spesso deve far appello al borsellino delle sue pecorelle …
Fatto curioso, malgrado il male che se ne dice, l’oro è necessario a tutti: al male e al bene. Anche le cose più sante
sono sue vassalle; perciò il nostro popolo con felice sarcasmo sanziona e compendia la sua esperienza, ripetendo
in tante circostanze il noto ritornello : ”Col denaro si va
pure in Paradiso”. Per ora seguiamo la corrente” 379.
Mons Ferniani ebbe la fortuna di incontrare a Bitonto la
prof. Anna De Renzio a cui affidò le speranze del movimento di Bitonto. Il Bollettino riporta che Anna De Renzio si affermò in campo regionale e nazionale. Nella
prima quindicina di agosto 1925 teneva un Corso di istruzioni a Camerino per le Dirigenti dell’Italia centrale 380.
Nel dicembre 1925 il Bollettino notificherà che la stessa
presidente generale di Bitonto era stata nominata consigliere nazionale della Gioventù Femminile 381.
Nella Settimana del 1926 per il movimento studentesco a
Milano nell’Università Cattolica, Anna De Renzio accompagnata dalle dirigenti diocesane, tiene una relazione382.
Nel 1927 Pio XI conferirà l’onorificenza “Croce pro Ecclesia et Pontefice” alla stessa383. Nel 1930 il Consiglio
Superiore nominò la signorina Anna De Renzio Delegata
Regionale per la Puglia superiore che comprendeva anche
379
Pasculli, G., Memorie (manoscritto in B.V.B.) nel 1926.
Vita Religiosa (III°) 1925 n. 8, p. 96.
381
Vita Religiosa (III°) 1925 n. 12, p 121.
382
Vita Religiosa (IV°)1926 n 11, p. 92.
383
Vita Religiosa (V°) 1927 n .7, p. 51.
380
331
la Diocesi di Lucera 384. Evidentemente i talenti non mancavano soprattutto se diamo uno sguardo a tutta l’azione
spiegata in Diocesi sotto l’episcopato di Mons. Ferniani.
Questi ebbe modo anche di avvalersi come dirigente per
Ruvo, del talento e dell’opera della sorella di Anna, cioè
Maria De Renzio. Stretta collaboratrice di quest’ultima fu
la signorina Ada Lioce 385.
La felice intesa tra il Vescovo e le suddette, nonché
l’apporto dei sacerdoti, davano vita ai primi circoli femminili nelle Parrocchie. Il primo venerdì dell’anno 1923
si ricorda la Comunione generale della Gioventù Femminile Cattolica Italiana (G.F.C.I.) nella Parrocchia di S.
Silvestro 386.
In Santa Caterina ci si riunisce due volte al mese. Si trattava ancora di un’azione cattolica in germe senza nessun
organo ufficiale di organizzazione e direzione.
Il 6/3/1932 Mons. Ferniani invia una lettera alla prof.
Anna De Renzio per la nomina di Presidente del Comitato provvisorio per l’azione cattolica femminile. “Sento
il dovere - egli dice- di istituire un Comitato provvisorio,
il quale inizi i lavori necessari alla costituzione dei circoli
giovanili parrocchiali, e si metta in relazione a questo
scopo con la delegata regionale dell’unione Femminile
Cattolica Italiana”.
Nello stesso giorno nomina come Assistente il Parroco
Don Giuseppe Tarantino con questa lettera: ”E affinchè
l’opera di questo comitato possa fedelmente e costantemente ispirarsi ai principi e ordinamenti approvati dalla
superiore autorità, ritengo che occorra fin d’ora la sorveglianza saggia ed illuminata di un Assistente ecclesiastico” 387.
384
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n. 1, p . 19.
Vita Religiosa (IV°) 1926 n. 2/3, p 18.
386
Vita Religiosa (I°) 1923 n.1, p. 5.
387
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 3, p. 6.
385
332
Il 17/4/1923 si provvede alla nomina degli altri membri
del Comitato provvisorio. In rappresentanza della Marchesa Patrizi, viene a Bitonto per l’occasione la signora
Francesca Lucat.
“Nella Chiesa di S. Gaetano, la più bella e centrale della
nostra città, convennero - si dice nel Bollettino - il 17
corr. tutte le socie dei due circoli giovanili esistenti e circa 300 signore e signorine invitate con speciale biglietto”388.
Il movimento G.F. prendeva così un avvio ufficiale come
conseguenza di un lavoro già ben avviato. Infatti già
l’8/4/1923 si era aperta la “Biblioteca circolante per
l’educazione morale ed intellettuale”. Iniziativa per la
diffusione della buona stampa nelle famiglie cristiane da
parte del circolo di S. Caterina a Bitonto 389.
Sotto assidui impulsi pastorali, nei giorni 9 e 10 giugno si
costituiscono due nuovi circoli quelli di S. Egidio e
quello di S. Andrea. Il Bollettino dice: ”La famiglia della
G.F.C.I si allarga. Allo zelo dei Parroci ed Economi Curati si schiude il vasto campo della Azione Cattolica la
quale entra ora, per l’alta parola di S. Santità Pio XI nella
cerchia dei doveri di tutti i sacerdoti, ai quali non si può
da nessun venir meno” 390.
Nel primo luglio del 1923 vengono distribuiti i distintivi:
dopo un’ora di adorazione se ne spiega il significato e
l’impegno assunto. A Bitonto si contano in tutto 209 socie tra Effettive ed Aspiranti. Per partecipare in unità di
intenti al pellegrinaggio dell’U.F.C.I al Santuario di
Lourdes e di Paray le Monial, anche a Bitonto il 31/7 si
tiene un pellegrinaggio delle socie e non socie alla Ma-
388
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 4, p. 28.
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 4, p. 28 s.
390
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 6, p. 43.
389
333
donna delle Grazie al Miglio con una Comunione generale 391.
Mons Ferniani ben sapendo che il Comitato appena nominato poteva restare sulla carta e finire col dare ai circoli costituiti una vita stereotipata, conoscendo il Clero
piuttosto scettico in merito all’U.F.C.I., nell’agosto del
1923 notificava la Settimana socio - religiosa regionale
del movimento femminile per Assistenti da tenersi dal 17
al 22 novembre 1923 nel Seminario di Lecce.
Il vescovo così si esprimeva per indurre il suo Clero a
parteciparvi: ”La Settimana sociale sarà destinata a portare il Clero di questa eletta parte della nostra Italia alla unità di concezione su quello che è movimento femminile
cattolico, allo studio delle difficoltà ambientali e dei
mezzi atti ad attenuarle o eliminarle, a quella formazione
interiore e didattica che riesce agevole nella conversazione cui tanto benemeriti illustri personaggi, i quali negli
studi profondi della sociologia e della pedagogia cristiana, e attraverso esperienze di lunghi e sudati anni, hanno
acquistato indiscutibili e preziose competenze … Potranno prendere parte tutti i sacerdoti della Regione, che sono alla direzione di gruppi e circoli femminili o comunque in tali condizioni da dovere quanto prima, o potere
occuparsi di queste associazioni … Ai miei Rev/di sacerdoti dichiaro che la partecipazione ad essa sarà considerata da me come un corso di Spirituali Esercizi nel senso
delle prescrizioni canoniche, purché essi siano disposti ad
ottemperare alle condizioni, che a tempo opportuno farò
loro noto (si richiedeva un certificato di ricezione del Sacramento della Penitenza)…
Essere al servizio della Chiesa quali Ministri, significa
essere operai della grande vigna; e procurare di diventare
abili, competenti, tecnici in questa nobile missione, e ave-
391
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 7, p. 51.
334
re il senso profondo delle proprie responsabilità e degli
interessi di N.S.Gesù Cristo” 392.
Dalle “nostre Diocesi - dice il Bollettino - hanno preso
parte molti sacerdoti” 393. Parteciparono in numero di 16.
Mons. Ferniani non perde occasione per lodare il lavoro
della G.F. per incoraggiare i primi passi. Nella festa di S.
Egidio del 1923, nella parrocchia omonima Mons Ferniani “ con accenti di viva commozione, si disse lieto di
constatare il graduale svolgimento dell’Azione Femminile” 394.
E nel giorno del suo onomastico, (S. Placido) tiene alla
Gioventù Femminile un discorso “sulla bellezza
dell’apostolato che è uno dei precipui scopi dell’Azione
della G.F.” 395.
Il vescovo anche personalmente non tralascia di partecipare, come già competente, all’U.F.C.I della Regione. Il
giorno 9/2 si tiene a Lecce nel 1924 una giornata femminile di Azione Cattolica, presieduta dal vescovo che trova
occasione di accennare alla propria diocesi e parlare di un
“florido sviluppo della Gioventù Femminile Cattolica Italiana” 396.
Con la presenza costante stimola una retta applicazione
dello statuto, specie per quanto riguarda i legami con la
gerarchia e il Papa. Per la benedizione del labaro del circolo di S. Silvestro il Vescovo dice: ” Studiate qualunque
forma di vita, escogitate qualsiasi sistema filosofico ma
qui o sapienti del mondo dovete cadere sotto questa tremenda verità che Cristo vive nel Papa e che chi vuole allontanarsi dal Romano Pontefice si allontana dalla vita di
392
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 8 (supplemento).
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 9, pp. 61-67.
394
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 9, p. 67.
395
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 10. p. 74.
396
Vita Religiosa, ( II°) 1924 n.1, p. 2.
393
335
Cristo. Volete la vita, il Cristo, l’Evangelo di Cristo o popoli cercateli nel Papa” 397.
Nel novembre 1924, Mons. Farniani si adopera per costituire le Giunte Diocesane. L’arcidiacono Calamita, in
qualità di Presidente e a nome degli altri membri, il
28/11/1924 conferma completa disposizione alla autorità
ecclesiastica: ” Noi pertanto - egli dice - sentiamo il bisogno di assicurare l’E.V. che lavoreremo nella più
stretta unione ed ubbidienza alle direttive della S. Sede e
del nostro Pastore, perché siamo convinti che ogni attività
religiosa può essere proficua quando si svolge nella perfetta disciplina e nella indiscussa sommessione alle autorità che N.S. Gesù Cristo pose a reggere la sua Santa
Chiesa”.
Mons Ferniani si preme di dar notizia del suo immediato
operato al Comm. Avv. Luigi Colombo presidente della
Giunta Centrale della Azione Cattolica Italiana, il
5/12/1924. “Mi faccio – egli dice - un dovere di comunicarle che sono state costituite le Giunte Diocesane provvisorie dell’Azione Cattolica Italiana nella Diocesi di
Bitonto, con adunanze in data 23/1 corr., nella Diocesi di
Ruvo con adunanza in data 29/11 corr.” 398.
L’U.F.C.I. era sì presente nelle due Diocesi, ma solo per
Bitonto si poteva vantare una vera efficienza. A Ruvo
non mancavano gli organi costitutivi, i circoli femminili
al completo di cui l’ultimo si era costituito il 29/4/1926 in
Sant’Angelo 399, ma tutto dipendeva da Bitonto.
Lo stesso movimento era stato affidato alle cure della sorella di Anna cioè Maria De Renzio 400. D’altronde da
397
Vita Religiosa, ( II°) 1924 n.1, p. 6.
In B.V.B. dalla nota precedente.
399
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p.22.
400
Maria De Renzio, nel gennaio 1926 era stata promotrice della
scuola per Dirigenti a Ruvo nella casa della signora Cecilia Testini in
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p.22.
398
336
Ruvo non si poteva pretendere gran che non essendovi la
presenza continua del Vescovo per cui tutto si svolgeva
per delega, tramite intermedia persona. Bisogna anche
tener conto che le parrocchie erano state costituite da poco. Solo nel 1927 il Bollettino ufficiale, sotto Mons Del
Buono, constatava anche a Ruvo in un giudizio generale,
uno sviluppo congruo dell’Azione Cattolica.
“Dopo Bitonto - si dice-, che accolse subito e con entusiasmo l’appello del Pontefice, ora è la volta di Ruvo che
si mette al passo per meriti di bravi operai e di buone operaie entrati nel campo a lavorare. Con le associazioni
dei Fanciulli Cattolici e dei Paggetti, col Circolo giovanile, cogli Uomini Cattolici, o circoli della G.F., con i
gruppi delle Donne Cattoliche e con le opere catechistiche Ruvo si afferma” 401.
Lo si poteva ben dire. Infatti la G.F. di Ruvo nel 1927
contava nel tesseramento 33 Dirigenti, 143 Soci, 91 Aspiranti, 64 Beniamine divise in sei circoli parrocchiali. Essi
erano:
1. Circolo “Assunta” nella Parrocchia Cattedrale, fondato il 4/2/1926;
2. Circolo “S. Agnese” nella Parrocchia di S. Domenico,
fondato il 24/2/1926;
3. Circolo “S. Giovanna d’Arco” nella Parrocchia SS.
Redentore, fondato il 25/2/1926;
4. Circolo “S. Cuore” nella Parrocchia Cappuccini, fondato il 20/4/1926;
5. Circolo “S. Teresa del Bambino Gesù” nella Parrocchia S. Michele, fondato il 29/4/1926;
6. Circolo “S. Rosa da Viterbo” nella parrocchia S. Giacomo, fondato il 18/2/1926 402.
401
402
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 6, p. 44.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p. 22; n. 5 p.42;
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 3, p. 20.
337
Bisogna notare però che il giudizio espresso dalla Giunta
Diocesana di Bitonto, anche se corrispondente alla realtà,
se si legge attentamente era stato espresso in modo umiliante nei confronti di Ruvo. Ad onor del vero Bitonto
oltre il proprio encomio, non doveva tacere le osservazioni da noi precedentemente fatte, nè doveva attribuire
l’insufficienza precedente del movimento cattolico a Ruvo alla sola mancanza di “bravi operai”.
Nel 1929 infatti, la presenza dell’Amministratore Apostolico, che prese a cuore la Diocesi di Ruvo, affidatagli
dalla S. Sede sconvolgeva in breve una situazione che sapeva più stantia che vitale. Il Bollettino ufficiale,
nell’articolo “Risveglio dell’Azione Cattolica Ruvese”
dice: “Grazie all’attuale Amministrazione della nostra
Diocesi, l’Arcivescovo Curi, ha visto un risveglio.
Grazie anche al Delegato dell’Arcivescovo di Bari Mons
D.F. Alvigini: questi ha creato ‘un nuovo stato‘ di cose,
che ha avuto le sue ripercussioni nelle singole organizzazioni e nel popolo. Nelle riunioni della Giunta si è discusso sulla formazione dei Consigli parrocchiali e dei gruppi
parrocchiali della F.I.U.C. (Federazione Italiana Uomini
Cattolica) e della G.C.I. (Gioventù Cattolica Italiana);
perché l’azione cattolica fosse ’azione puramente esplicata da laici sotto la guida dell’autorità ecclesiastica’ si
forma una nuova Giunta Diocesana” 403.
Diamo per una migliore comprensione e valutazione la
situazione dei Circoli G.F. di Ruvo nel tesseramento del
1929.
Per la Parrocchia:
• Cattedrale, il Circolo “Assunta” ha 6 Dirigenti, 25 socie, 15 aspiranti, 15 beniamine.
• S. Domenico, il Circolo “S. Agnese” ha 10 dirigenti,
25 socie,7 spiranti, 21 beniamine;
403
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 3/4/5, p. 26.
338
• Cappuccini, il Circolo “S. Cuore” ha 5 dirigenti, 18
socie, 30 aspiranti, 3 beniamine;
• SS. Redentore, il Circolo “S. Giovanna d’Arco” ha 6
dirigenti, 10 socie, 4 aspiranti, 2 beniamine;
• S. Angelo, il Circolo “Santa Teresa del B. Gesù” ha 7
dirigenti, 11 socie, 6 aspiranti, 6 beniamine;
• S. Giacomo, il Circolo “S. Rosa” ha 7 dirigenti, 20 socie, 20 aspiranti, 20 beniamine 404.
Anche il Presidente generale Ciriaci il 2/1/1930 prot. 548,
prende atto della nuova vita pastorale a Ruvo. Scrivendo
al Consiglio diocesano dice: ”Mi congratulo particolarmente per la parte organizzativa di questa azione, il cui
esito confortante mi fa sinceramente sperare un sempre
maggiore sviluppo dell’Azione Cattolica Diocesana per
l’avvenire e tanto più ora, dopo l’ingresso del nuovo zelantissimo Vescovo S.E. Mons Taccone” 405.
Riportiamo ora per completezza di esposizione il quadro
riassuntivo del movimento G.F. a Bitonto dato dal Bollettino, in occasione del decennio di fondazione. Si riportano nel 1931 tutti i Circoli della Diocesi e la data
della loro costituzione:
1. S. Caterina V.M. fondato il 28 agosto 1921
2. S. Silvestro Papa, fondato il 26 novembre 1922
3. S. Andrea Apostolo,fondato il 13 maggio 1923
4. S. Rosa da Viterbo, fondato il 10 giugno 1923
5. SS Angeli Custodi, fondato il 30 settembre del 1923
6. S. Paolo Apostolo, fondato il 14 ottobre del 1923
7. S. Maria della Porta, fondato il 28 ottobre del 1923
8. S. Teresa del B. Gesù, fondato il 1 novembre 1923
9. S. Eulalia, fondato il 23 marzo del 1924
10. S. Agnese, fondato il 15 giugno del 1924
11. Immacolata, fondato il 21 agosto 1924
12. Maria Assunta, fondato il 4 aprile 1925
404
405
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 1/ 2, p. 15.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 1, p. 20.
339
13. S. Gemma Galgani, fondato il 29 novembre 1925;
14. S. Filomena, fondato il 29 novembre 1925
15. Presentazione, fondato il 22 novembre 1927
16. S. Giovanna d’Arco, fondato il 17 marzo 1929
Ed ora in ultimo riportiamo dal Bolletino del marzo dello
stesso anno il numero delle socie delle G.F.C.I. della
Diocesi di Bitonto nel primo decennio 406:
Anno
1921
1922
1923
1924
1925
1926
1927
1928
1929
1930
1931
Socie
39
109
209
310
370
649
559
683
667
715
834
Dirigenti
=
=
=
=
=
=
71
59
74
101
105
Effettivi
39
109
209
184
178
274
194
278
263
249
300
Aspiranti
=
=
=
113
141
236
174
192
148
158
190
Beniamine
23
=
=
23
51
139
120
164
179
207
239
Lo sviluppo non indifferente del movimento cattolico,
dovette far nascere apprensioni nelle autorità costituite
che si avvalevano di una parte del Clero contrario
all’Azione Cattolica per cercare di ridimensionare
l’ascesi 407.
I vescovi pugliesi riuniti in Conferenza, sotto la Presidenza dell’Arcivescovo di Taranto Orazio Mazzella
“sottoscrissero e spedirono un’indirizzo di omaggio a Sua
Santità Pio XI, protestando per sè e per il proprio Clero
attaccamento devoto ed obbedienza incondizionata, accogliendo con venerazione l’Enciclica sull’Azione Catto406
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n.3, p.23;
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n. 1, p. 5s.
407
Cfr. Capitolo su Stato e Chiesa.
340
lica … riconobbero sciolte le Giunte diocesane, come la
Giunta centrale, dovendo dipendere l’azione cattolica, direttamente dai vescovi…Deliberarono di esplicare
l’azione cattolica nell’intensificare l’istruzione catechetica, le opere Eucaristiche e l’opera missionaria della preservazione e della propaganda della Fede nelle singole
Parrocchie“ 408.
Nello stesso Bollettino si riporta per intero l’articolo
dell’Arcivescovo di Taranto, Decano dell’Episcopato pugliese per rendere chiaro il pensiero sull’Azione Cattolica
agli aderenti al movimento, al Clero e alle stesse autorità.
“L’Azione Cattolica non mira ad altro - dice il Vescovo se non alla partecipazione dei laici all’apostolato gerarchico. Essa non sarà mai di ordine materiale ma spirituale non di ordine terreno, ma celeste, non politico, ma
religioso …L’A.C. italiana non è che un ramo dell’A.C.
universale, che è antica quanto il cristianesimo. Facevano
forse politica quei primi laici cristiani che cooperavano
con i primi Vescovi per difendere la fede? È possibile che
l’Azione Cattolica abbia finalità politiche solamente in
Italia?...Si è detto che l’A.C. raccoglie molti che appartenevano al Partito Popolare. Il semplice fatto della presenza di questi membri del Partito nell’Azione Cattolica, non
dimostra che questa si sia trasformata in Partito politico.
Bisognerebbe dimostrare che i membri del partito ascritti
all’Azione Cattolica abbiano fatto atti politici. Si è fatta
questa dimostrazione?...Il cattolico non sarà mai ribelle ai
poteri costituiti: ubbidisce all’autorità per coscienza ed
ubbidisce sempre, anche quando l’autorità non compia il
suo dovere, perché il cattolico esegue la legge. Il regime
non ha da temere da parte dei cattolici…(Questi) sanno
che in questo momento la rovina del regime sarebbe un
danno per la Patria. Ora i cattolici amano la Patria, più di
tutti gli altri, non solo perché essa è la terra natale, ma
408
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n. 8, p.65.
341
perché Dio ce lo comanda e Gesù Cristo ne ha dato
l’esempio …I Cattolici riconoscono i benefici che il Regime ha fatto alla religione cattolica dichiarandola religione dello Stato favorendone l’insegnamento religioso e
soprattutto sottoscrivendone il Trattato e il Concordato …
Se la soppressione delle Associazioni giovanili cattoliche
rimanesse definitiva di chi sarebbero i danni, di chi i
vantaggi? Il Regime perderebbe definitivamente le simpatie del mondo cattolico. Rinunziare alla simpatia del
mondo cattolico significa rinunciare all’appoggio di una
forza morale che potrebbe in dati momenti esercitare una
influenza che supera la forza materiale delle baionette e
dei cannoni: sarebbe un danno enorme rinunziare a tale
appoggio”. Si conclude affermando che “ bisogna far sì
che la Chiesa consegua tutte quelle libertà di cui ha bisogno per l’esercizio del suo apostolico ministero e lo
Stato possa godere del beneficio della ricchezza delle
virtù soprannaturali che nella stessa vita civile sono atte a
dare copioso frutto” 409.
Le difficoltà non furono subito fugate; continuarono fino
al 1938 quando troviamo una risposta del cardinal Pizzardo del 15/9 a Mons Taccone in seguito a sua esplicita
domanda.
“ Atteso che l’Azione Cattolica - dice il Cardinale - è gerarchia e, in ogni Diocesi dipende dall’ Ecc/mo Vescovo,
al fine altresì, di non compromettere le persone interessate, mi pare di dover rispondere alla venerata Sua quanto
appresso … Chieda al Segretario Federale di voler mantenere nei posti presso il Partito Fascista le persone cui
accenna la lettera di V.E. Inoltre V.E. dica che, secondo
le direttive del Capo del Governo, vi è piena compatibilità fra l’Azione Cattolica e il Partito Fascista, Ella man-
409
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n. 8, p. 60 ss.
342
terrà le dette persone al loro posto nell’Azione Cattolica”410.
410
In B.V.B.
343
RAPPORTI REGIONALI E NAZIONALI
DELL’UNIONE FEMMINILE
L’Azione cattolica della Gioventù Femminile in particolare - giacché nelle Diocesi ne era l’espressione più importante - sentì subito l’esigenza di contatti frequenti con
i Circoli e le iniziative delle Diocesi vicine, nonché con le
attività nazionali. Si trattava di far penetrare in loco gli
autentici contenuti del movimento. Si voleva altresì dal
proprio piccolo campo di lavoro diocesano tendere ad un
respiro più ampio e più ecclesiale. Il Bollettino segnala la
partecipazione ai vari convegni fin dall’aprile del 1923.
Dal giorno 2 all’8 aprile 1923, la signorina Margherita
Summo di Ruvo è l’unica a partecipare per le diocesi alla
settimana di studi dell’U.F.C.I. a Lecce. Si parla e si discute su: il Cristianesimo e la donna, la donna e la famiglia; la donna e la morale; la donna e i problemi sociali,
la giovane e il matrimonio; l’organizzazione; la propaganda; le dirigenti 411.
“Alla settimana di cultura - dice il Bollettino - indetta dal
Consiglio Superiore della G.F.C.I. in Bari nei giorni 1622 febbraio intervennero le nostre dirigenti, le alunne
della scuola di propaganda e molte socie, tra cui anche
varie aspiranti e beniamine dei nostri circoli per sentire la
parola dell’Apostolo del S. Cuore, Padre Matteo Crawlej
e quella, in materia di cultura e di organizzazione dei
Rev/mi Can. Sargolini e Mons. Sanguinetti e della prof.
sa Moretti”.
Per l’occasione anche gli assistenti della G.F. si recarono
a Bari per una giornata di preghiera e di studio 20 febbraio 412.
Si partecipa anche ai Congressi nazionali U.F.C.I. Dal 2
al 9 settembre si va a Roma. Partecipano le dirigenti,
411
412
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 4, p. 30.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 3, p. 45.
344
l’assistente diocesano e il Segretario di Organizzazione413.
I frequenti incontri con i Circoli di Azione Cattolica portava la conoscenza dei membri e la comunione di vita.
Nel pellegrinaggio a Roma nel 1925, le Circoline pugliesi
convennero a Bari: ”Si conoscevano tutte - dice il Bollettino -.vollero viaggiare insieme e raggiunsero lo scopo
per la molta cortesia dei funzionari della Ferrovia dello
Stato” 414.
Potremmo continuare ad elencare le continue partecipazioni riportate da Vita Religiosa a quasi tutti i Convegni
regionali e nazionali. Molto interessante fu invece
l’organizzazione di settimane o giornate religioso - sociali a livello regionale nella stessa nascente Azione
Cattolica di Bitonto. Dai Diocesani, il benevole assenso
del Consiglio superiore, oltre che a recepirlo come propaganda, lo si accolse come riconoscimento di un merito
per le attività che si andavano svolgendo.
Soffermiamoci sulle due settimane organizzate nel 1924.
Mons. Ferniani avuta la conferma dalla signorina Moretti
il 5/7/1924 si premura di notificarne l’avvenimento. E il
23/7/1924 rende noto nel Bollettino che in settembre si
sarebbe tenuto “un duplice corso accelerato di cultura religiosa e sociale: uno nell’Istituto S. Cuore a vantaggio
delle signorine dirigenti, e l’altro nel seminario per i
MM.RR.Maestri di propaganda e assistenti ecclesiastici
diocesani”. Invita poi le rappresentanze delle Diocesi di
tutta la Regione pugliese, “che da qualche anno ha dato
prove sicure di un sano, ringiovanimento nel campo del
movimento religioso e di quel forte volere, che direttamente riporta a quello spirito cristiano che rifà le anime e
le rende apostole”. E prosegue affermando che in un
compito di “riforma delle coscienze e della vita” sono
413
414
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 8, p. 96.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 9, p. 103.
345
“principalmente” chiamati i sacerdoti a cui “oggi si unisce per una misteriosa armonia di provvidenza divina il
numeroso esercito della gioventù femminile”.
Ai sacerdoti si chiede, per poter dare sicuro e congruo
impulso all’apostolato G.P. una cultura sana e profonda,
il senso di una tecnica appropriata per svegliare nelle anime l’acume dell’intuizione e della prudenza:
l’educazione all’apostolato è una grande arte. Il Vescovo
lamenta che “alcuni tra il Clero dotto, zelante, operoso,
non apprezzano adeguatamente il movimento femminile.
Vi si dimostrano indifferenti e forse ostili. Per essi quello
che oggi si trova nel movimento cattolico, fu già compiuto in passato, e nulla c’è da cambiare o da correggere
nella direttiva della vita cristiana e nei mezzi per raggiungerne la perfezione”.
Mons Ferniani conclude che “è un onore che c’è stato
conferito nella concessione di queste due settimane”. Invita in ultimo alla preghiera 415.
Viene incaricato per le settimane religioso-sociali il Parroco Assistente diocesano dell’U.F.C.I, Tarantino Giuseppe. In un suo foglietto stampato e datato il giorno
dell’Assunta si legge: siamo grati al Consiglio Superiore
della G.F.C.I. che ha voluto esaudire il voto espresso da
parecchi confratelli l’anno scorso nella riuscita settimana
religioso-sociale di Lecce e prepariamoci a farne tesoro,
col prendervi parte attiva”. Il 23 agosto 1924 il Segretario
di Stato cardinal Gasparri scrive al vescovo congratulandosi per “aver favorito” le decisioni del Consiglio Superiore.
Il vescovo compreso dell’importanza che avrebbero assunto le due settimane per le sue Diocesi, il 20/9/1924
invita di nuovo e con sollecitudine tutti i suoi Sacerdoti a
prendervi parte 416.
415
416
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 7, p.1 s.
In B.V.B.
346
La settimana per dirigenti e propagandiste si iniziò il 17
settembre con un ritiro di tre giorni predicato da mons.
Figna di Imola e chiusosi con la veglia Ecauristica nella
notte del venerdì. Le congressiste svilupparono poi il loro
programma dal 21 al 30 settembre. Convennero in numero di 40 più le 15 rappresentanti delle Diocesi locali. La
settimana sociale per Assistenti e Maestri di propaganda,
in numero di 22 partecipanti, si svolse dal 22 al 27 settembre.
Quest’ultima giornata fu dedicata e allargata alla partecipazione di tutti i sacerdoti e Parroci delle Diocesi vicine
sul tema U.F.C.I. Alle due settimane parteciparono gli
interessati di tutte le Diocesi pugliesi. Si legge nel Bollettino che “i settimanalisti e le settimanaliste hanno avuto attività separate, i primi nel seminario, le altre
nell’Istituto S. Cuore. Un lavoro comune è stato compiuto nel tirocinio e nei saggi di propaganda in Seminario”417.
In un saluto augurale dell’Arcidiacono Calamita, Maestro
di propaganda si ribadisce che “l’Azione Cattolica non è
nè un moto per conquiste economiche e politiche, nè una
rivendicazione di diritti civili, ma essa è il desiderato
possesso di Cristo nelle nostre anime e nella nostra vita”418.
Vediamo in sintesi lo svolgimento dei lavori nei due
gruppi419.
Il programma delle dirigenti e propagandiste, si svolge
dal 21 al 26 con la presenza della Signorina Moretti. Vi
furono lezioni di organizzazione, formazione alla pietà,
esercitazioni, discussioni. Il tutto si chiuse con la cerimonia della distribuzione dei Crocifissi alle propagandiste.
Tra l’altro si disse: ”Amate i fratelli come amate voi stes417
Vita Religiosa (II°) 1924 n. 10, p. 78.
Vita Religiosa (II°) 1924 n 9, p. 69.
419
Vita Religiosa (II°) 1924 n. 10, p. 78 ss.
418
347
si, e sia questo vostro amore sincero, tenace, attivo, tenero, indulgente. Amatevi come il Padre vi ha amato.
Amatevi come io vi ho amato. Non vi accostate all’Altare
col rancore nell’anima … Abbiate fiducia nelle anime,
non giudicate, amate solamente, amate nella purezza del
vostro cuore, amate nella perfetta umiltà del vostro spirito”.
Si diedero i concetti principali intorno alla pietà, studiata
nella sua vera essenza, dalla ricerca di Dio al possesso di
Dio; studio che valse a chiarirne le idee anche intorno
alla Grazia e alla Fede e a comunicare il desiderio di approfondire sempre più la cultura religiosa.
Alla settimana degli Assistenti e Maestri di propaganda,
parlarono il Can. Sargolini, vice assistente generale
dell’Unione Donne Cattoliche e Mons. Cavagna, assistente generale della G.F.C.I. Nel programma ci si intrattenne sul concetto e importanza della scuola di propaganda e sulla preparazione del Maestro di propaganda. Si
disse tra l’altro: ”Dove esiste la Scuola di propaganda è la
migliore constatazione della vitalità del movimento. La
scuola di propaganda quindi è di una necessità assoluta
per ogni diocesi. Le Associazioni maschili si sono illanguidite per la mancanza di essa. Tali scuole sono come i
Seminari, in cui si forgiano le anime pronte a darsi
all’apostolato. Il Maestro di propaganda Sacerdote, sia
non tanto colto o eloquente, quanto santo, di condotta per
nulla intaccabile”.
Altro punto importante fu la preparazione spirituale e
culturale della propagandista e il reclutamento. Si affermò che “non si vogliono formare delle conferenziere
dotte, eloquenti, preparate a sostenere contraddittori, a
fare brillanti discorsi, ma anime che possono sentire il bisogno di parlare alle sorelle di Nostro Signore, nelle famiglie, nei campi, e sappiano portare nei Circoli, nei
gruppi le direttive del centro, la parola buona sulla bel-
348
lezza dell’apostolato, la parola piana, facile della sorella
maggiore”.
Occorre ”dare alle anime quella piccola scienza del dubbio che renderà le nostre figliole molto prudenti dando
loro tatto e discrezione e facendo sentire loro il bisogno
di istruirsi”.
Ci si intrattenne poi sul metodo, programma ed esami
nella scuola di propaganda; sulla propagandista in azione
e sul programma della Unione femminile e della Gioventù femminile. Tra l’altro “confutando tutte le obbiezioni che si rivolgono contro l’attività della donna nel
campo dell’azione sociale” si afferma che “ è stato uno
sbaglio non aver valorizzato sempre la donna … essa è
stata chiamata dalla necessità dei tempi, dalla Divina
Provvidenza all’azione”.
Anche l’assistenza religiosa alle propagandiste fu oggetto
di trattazione e discussione: ”Si devono raccogliere (le
Circoline ) settimanalmente; è necessario inculcare loro i
ritiri annuali, mensili, di più giorni, di un giorno solo, non
con delle belle prediche, ma con delle piccole riflessioni
che mirano alla riforma interiore dello spirito”.
Ci si intrattenne anche sull’assistenza culturale alla propagandista; e si affermò che la propagandista deve leggere il Bollettino diocesano, le riviste e i giornali
dell’Azione cattolica. Il programma dell’Unione donne
cattoliche (U.D.C.) fu ampiamente illustrato e S.E. Mons
Ferniani, “veterano dell’Azione Cattolica; volle sempre
presenziare queste lezioni per dare il suo contributo e il
suo sostegno anche alle associazioni locali.
Si approfondì la ‘scuola dirigenti’ per la formazione di
elementi adatti a dirigere le Associazioni, non potendo
realizzare le scuole di propaganda. Ci si intrattenne anche
sui compiti dell’Assistente Diocesano “ verso le dirigenti
per la loro formazione e verso le Suore per illuminarle,
quando è il caso a non ostacolare, ma ad incoraggiare
l’Azione Cattolica, la quale risponde ai tempi, voluta, be-
349
nedetta dal Santo Padre, e anche provvidenziale per le
vocazioni religiose”.
Segue una relazione di Mons Ferniani del 2/10/1924 al
Cardinal Gasparri. In essa si dice che le due settimane si
sono svolte con mirabile regolarità e con straordinaria
corrispondenza da parte di quanti vi hanno preso parte,
raggiungendo tali risultati da superare ogni previsione.
Mons. Cavagna, il Can. Sargolini e la professoressa
Marta Moretti, “con rara competenza e spirito di carità
cristiana hanno tenuto le conferenze e istruzioni, guadagnando l’adesione completa e la simpatia della numerosa
schiera delle signorine dirigenti, raccolte nell’Istituto S.
Cuore e anche dei Rev/di Sacerdoti, ospiti nel Seminario.
Anche l’esperimento pratico della scuola di propaganda,
che per la prima volta veniva tentato, può senza esitazione dirsi assai ben riuscito … Il Clero il quale nelle provvidenziali adunate ha compreso, la grande importanza del
movimento da svolgere e la necessità di una buon organizzazione, è a sperare che vi si dedicherà con zelo e abnegazione”.
Il Vescovo ricevette i rallegramenti del Cardinale Gasparri, Segretario di Stato in data 21/10/1924 prot. 35329.
Nella lettera si dice: “Il Santo Padre poté darsi conto del
contributo generoso e dello zelo che la E.V. Ill /ma e
Rev/ma consacrò ad esse (settimane) onde assicurarne il
successo, più vasti e completi gli auspicati frutti. Vuole
pertanto Sua Santità che io porti a conoscenza di V.S. il
suo augusto compiacimento e la soddisfazione del suo
cuore per quest’opera da Lei prestata e per questa nuova
benemerenza da Lei acquistatasi”.
Il vescovo riceve anche il plauso del R Orfanotrofio Maria Cristina di Savoia di Bitonto che rifiutò di pagarsi per
l’opera prestata ai congressisti. L’amministrazione relativa scrivendo al vescovo così si esprime: ”Ella che è tanto
buono, mi permetta di ritornargli la gentile offerta con i
più vivi ringraziamenti perché la destini a qualcuna delle
350
tante opere pietose, che Ella sa compiere nel silenzio. A
questa amministrazione basta invece la soddisfazione di
aver potuto fare cosa gradita a Lei ed aver contribuito sia
pur modestamente, alla riuscita di un’opera buona”.
Il vescovo invierà la somma di lire 150 all’Azione Cattolica, indirizzandola a Mons. Alfredo Cavagna, somma da
lui precedentemente destinata al R. Orfanotrofio per il
prestito dei letti e per l’uso e bucato di tutta la biancheria
occorsa.
Nel 1930 si registra ancora a Bitonto il Corso dirigenti
diocesano di tutta la Puglia, della G.F.C.I e U.D. riunitesi
nell’Istituto Sacro cuore sotto l’assistente don Bianchi da
Brescia, la marchesina Pallavicino , vice Presidente generale G.F. e la dott.sa Anna De Renzio, delegata regionale
della Puglia. Si svolse un programma ben riuscito dal
punto di vista spirituale e organizzativo 420.
Il celebre e valente Abate Caronti tiene poi, con grande
profitto dei numerosi e colti intervenuti, una settimana di
istruzioni e conferenze liturgiche 421.
Per l’occasione si tiene anche una settimana religiosasociale del Clero, con la partecipazione di don Bellan da
Padova e don Carollo, vice assistente generale della
G.C.I.422.
420
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n. 11, p. 77.
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n. 11, p. 77 ss.
422
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n. 11, p. 77 ss.
421
351
ATTIVITA’ INTERNA DELL’UNIONE FEMMINILE
NELL’ANNO SOCIALE
La formazione della Gioventù femminile (G.F) era sottoposta ad un severo metodo scolastico. Il 6 ottobre iniziava il Corso di istruzioni per le propagandiste
dell’azione femminile. ”Presente il vescovo si insiste
sull’Eucarestia e il Catechismo per una vera formazione”423.
Il Bollettino ritornando ancora sull’argomento, riferiva
che il Corso di istruzioni era durato 6 mesi e il 29 /5 con
gli esami finali alla Scuola di Propaganda si erano diplomate 8 persone e 2 erano state promosse al secondo Corso424.
Pio XI, per incoraggiarne l’iniziativa inviava un autografo alle Maestre Pie Filippini che “moltissimo si adoperano alla riuscita del Corso di Propaganda”425.
La Scuola si svilupperà sempre più nel tempo. Diamo alcune traccie di temi trovati nell’archivio vescovile, dati
agli alunni riguardanti le annate successive fino al 1938 :
- “Parlate di alcuni rapporti di dipendenza e di armonia
tra la vita attiva e la vita interiore, accennando anche
alle difficoltà che si incontrano nella vita attiva in
rapporto a quella interiore”.
- “Dica la buona Propagandista come si svuota e come
si riempie la propria valigia della propaganda. Ricordi
che non sono operazioni da compiersi in un giorno
(costruire in sè l’uomo nuovo)”.
- “Quali mezzi consiglierebbero ad un’anima che vorrebbe vivere la vita interiore?”.
- “Come sosterremo e intensificheremo la vita interiore
specialmente nelle vacanze”.
423
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.10, p.74.
Vita Religiosa, (II°) 19247 n.6, p.50.
425
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.1, p.10.
424
352
- “Seguendo la guida didattica della gara di cultura religiosa, esponete a vostro piacere alle giovani di Azione
cattolica una lezione che più interessa la loro formazione culturale (per esempio l’esistenza di Dio)”.
Sempre a proposito di temi, la scuola Dirigenti, il
6/2/1938 diede questa traccia: ”Convinca la Dirigente le
sue socie che per essere apostole bisogna essere umili,
pure, confidenti, prudenti, obbedienti”.
Alla fine dei Corsi di propaganda, si tenevano le relazioni
finali. Riportiamo quella dell’anno sociale 1925/1926.
Tra i vari oratori che si avvicendarono, segnaliamo la signorina Maria de Renzio che parlò sull’insegnamento religioso e l’apostolato religioso nella scuola elementare.
Parlò poi Nina Ungaro sull’Azione Cattolica e il senso
sociale negli Istituti privati di educazione. Tra l’altro disse: “L’azione nostra abbracci anche gli Istituti privati ove
le creature, abituate a vivere nell’irreale, molte volte,
quando sono portate a dover vivere nel mondo si trovano
a disagio. Perché tale squilibrio non si effettui più, è necessario fare abituare le giovani a conoscere la vita prima
di viverla, in modo che, dopo, esse si trovino pronte a saper combattere e a saper trionfare”. Seguiva la conferenza
di Anna de Renzio su “La scuola media nell’ora attuale”.Tratteggiò le diverse scuole e cioè la scuola positiva,
la scuola idealista e la scuola cristiana, affermando che
“solo la scuola cristiana potrà dare la vera formazione
cristiana, quella che non si ottiene nemmeno negli Istituti
privati dove i programmi sono conformi a quelli delle
scuole di Stato e la religione vi entra di straforo, non già
come base e centro di tutto l’insegnamento”.
Seguì l’argomento su “L’apostolato della studente nella
scuola Media”, svolto da Ada Lioce. Ci si intrattenne
sulla “necessità di compiere nella scuola stessa e presso
353
le compagne, nelle case ove per necessità di studio sono
costrette ad entrare, un vero apostolato” 426.
Il Bollettino registra a Bitonto nel 1927 anche Corsi di
istruzioni annuali per le sezioni Studenti e le Operaie.
“Le studenti - si dice- vi accorsero numerose reclutate
nelle scuole ginnasiali, liceali e complementari. Esse già
formano una sezione che promette molto … ma quello
che è nuovo, interessante, è ancora la sezione Operaie e
Lavoratrici” 427.
L’anno successivo la G. F. si propone di dare “maggiore
impulso alla costituzione delle Maestre, Signorine ed Operaie, che insieme alle sezioni Studenti maggiori e minori, formano il nuovo speciale lavoro di questo decennio” 428.
Le stesse attività anche se in tono minore si tenevano regolarmente nella Diocesi di Ruvo, dove nel 1927 si segnalavano “i corsi per Dirigenti di Circolo, per Delegate
Aspiranti e Beniamine”429.
Continui sono gli accenni sul Bollettino circa ispezioni
periodiche ai Circoli per constatarne l’andamento e far
confluire la loro attività nel programma di iniziative del
Centro Diocesano. Le socie di tutti i circoli erano inoltre
periodicamente invitate e impegnate in corsi per Effettive, Aspiranti e Beniamine, nonché per Dirigenti come
immediata preparazione alla gara nazionale 430.
Tali concorsi si tenevano anche nell’ambito degli stessi
circoli locali. Per esempio nel gruppo G.F. dei SS. Angeli
Custodi a Bitonto si tenne nel 1931 la gara dei Vangeli,
sostenuta dalle socie Aspiranti e Beniamine, alla presenza
426
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.6, p. 51 s.
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 10, p. 86.
428
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 11, p 86.
429
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.9, p. 69.
430
Vita Religiosa (IX°) 1931 n. 9, p. 5.
427
354
di Mons. Vescovo Taccone. A quelle che si distinsero,
furono distribuite delle figurine ricordo e doni-premio 431.
Accanto alla formazione culturale, anche la vita di preghiera della G.F. non era minimamente tralasciata. Ogni
ricorrenza di festività liturgica veniva solennizzata con
iniziative proprie. Nel 1923 si registra un pellegrinaggio,
che ogni anno sarà ripetuto alla madonna delle Grazie il 4
Agosto da parte delle Circoline e del popolo. “La giornata - si dice nel Bollettino - ha fatto tanto bene a tutti ed
ha mostrato quale vantaggio diano alle associazioni le ore
vissute in comunione” 432.
La G.F. era ogni anno impegnata negli Esercizi Spirituali.
Per tre giorni comunica il Bollettino, si tiene dal primo
marzo un ritiro chiuso della G.F. nell’Istituto S. Cuore di
Bitonto. Oltre alle Dirigenti diocesane, sono presenti anche quelle leccesi e di altri paesi viciniori, e cioè Ruvo,
Terlizzi, Corato e Bari. È presente il Vescovo e la prof
Marta Moretti 433.
I ritiri annuali di tre giorni erano molto frequentati. Nel
1926 sono presenti nell’Istituto S. Cuore 70 signorine di
Bitonto, S. Spirito, Ruvo, Palombaio, alla presenza di
Mons. Del Buono. Si dice che è “una provvida occasione
di conoscersi ed amarsi” 434.
Accanto agli Esercizi Spirituali già nel 1924 si tenevano
ritiri minimi a carattere diocesano. In occasione del ritiro
chiuso di tre giorni per le dirigenti, ci fu il ritiro esteso a
tutte le Circoline convenute in numero di 87; erano presenti anche 40 aspiranti e 2 beniamine. I temi del ritiro
furono: il fine dell’uomo, l’esame di coscienza in comu-
431
Vita Religiosa (IX°) 1931 n. 4, p. 31.
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 8, p. 60.
433
Vita Religiosa (II°) 1924 n. 3, p. 23.
434
Vita Religiosa (IV°) 1926 n 11, p 93.
432
355
ne, i doveri del proprio stato, la salvezza dell’anima,
l’azione cattolica e l’apostolato 435.
Nel marzo del 1925 il Bollettino comunica che i ritiri minimi diventano un fatto istituzionale. “Giusta la deliberazione di questo Consiglio diocesano del dicembre scorso,
si vanno organizzando mese per mese i ritiri minimi nelle
Parrocchie, per le socie della G.F.C.I.” 436.
Si nota in merito una grande collaborazione tra i Parroci
assistenti. Le socie partecipavano anche a ritiri interparrocchiali variando parrocchia. Se ne accenna nel Bollettino del mese dopo 437.
Lo scopo della G.F. era formare nelle socie una spiritualità eucaristica. Già dal 30/11/1923 la G.F. di Bitonto si
impegna nell’ora mensile di adorazione: si intende infervorare le circoline al culto dell’Eucarestia con incontri
interparrocchiali 438.
Come per la formazione culturale, così per la pietà eucaristica si partecipa ad alcuni Congressi per dare testimonianza ed arricchirsi in autenticità. Ricordiamo la presenza bitontina e dei suoi circoli dal 1923 al Congresso eucaristico nazionale di Genova. Partecipa la prof Anna de
Renzio che prende “parte attiva nelle riunioni” 439.
Quando la presenza dell’Azione Cattolica diocesana non
potrà essere assicurata, si organizzeranno giornate di adorazione in diocesi. In unione ai congressisti di Bologna si
indiceva nel 1927 una giornata eucaristica diocesana
nella Parrocchia di S. Silvestro Papa. Tutta l’Azione
Cattolica partecipava in orari e gruppi distinti, ad ore diverse di adorazione. Nel pomeriggio seguiva la proces435
Vita Religiosa (II°) 1924 n. 5, p. 40.
Vita Religiosa (III°) 1925 n 3, p. 46.
437
Vita Religiosa (III°) 1925 n. 4, p. 59.
438
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 8, p. 60;
Vita Religiosa (III°) 1925 n.3, p. 46.
439
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 9, p. 67.
436
356
sione. “Dopo aver attraversato le vie del rione parrocchiale di S. Silvestro, accompagnata dall’entusiasmo dei
fedeli che hanno voluto addobbare i balconi, le finestre
con coperte, arazzi e gettare fiori al passaggio di Gesù, è
ritornata nella piazzetta di S. Silvestro gremita di popolo.
Quivi da un altarino erettosi per la circostanza, essendo
insufficiente la chiesa, si è intonato il Te Deum di ringraziamento”. Si leggeva la formula di consacrazione al
Cuore di Gesù pronunziata da tutti ad alta voce, si teneva
un fervorino a cui seguiva la benedizione e il Christus
vincit della G.F. 440.
Altra iniziativa di pietà eucaristica la troviamo
nell’ultimo giorno dell’anno. Nella notte del 31/12/1923,
per iniziativa del Consiglio diocesano, ha luogo una veglia eucaristica con adorazione solenne dalle ore 23 alle
24 e S. Messa presieduta a mezzanotte da S. E. Mons.
Vescovo 441.
L’iniziativa si protrasse fino a Mons. Taccone che ritenne
opportuno, data la tradizione affermatasi, chiedere alla S.
Sede un permesso a lungo termine per tale celebrazione.
Riportiamo la minuta non datata. ”E’ solito - dice alla S.
Congregazione dei sacramenti - nella Cattedrale di Bitonto e nella Chiesa del R. Orfanotrofio Maria Cristina di
Savoia, tenuto dalla Figlie della Carità celebrare una S.
Messa nella mezzanotte del 31 dicembre col primo gennaio con comunione, promossa dall’Azione cattolica.
Dalle 11 a mezzanotte precede un’ora di adorazione a
Gesù Sacramentato; segue la S. Messa, alla quale assiste
molta gente e con grande devozione. Ora il Vescovo di
Bitonto, senza fare ogni anno domanda, la S.V. concederà un permesso per molti anni 442.
440
Vita Religiosa (V°) 1927 n. 9, p. 68.
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 12, p. 95.
442
In B.V.B
441
357
Nel periodo pasquale le circoline oltre a soddisfare regolarmente al precetto eucaristico il giovedì santo, in modo
ordinato effettuano le visite ai ‘sepolcri’ 443.
È sempre nel giorno dell’istituzione dell’Eucarestia, il
bollettino dice: ”Non possiamo passare sotto silenzio, la
magnifica prova di attaccamento a Gesù Eucarestia, da
parte dei nostri circoli giovanili, data la notte del giovedì
santo.” Si veglia Gesù Eucarestia reposto nei ‘S. Sepolcri’ e si partecipa all’ora di adorazione in cattedrale e
nella cappella del S.S.Sacramento444.
Contrariamente alle Confraternite per cui i vescovi avevano emesso decreti per assicurare alle processioni eucaristiche un minimo di dieci o dodici confratelli, per la
G.F. il Bollettino notificava i rallegramenti di Mons del
Buono per la massiccia partecipazione alla festa
dell’ottavario del Corpus Domini a Ruvo. “ Il vescovo
coglie l’occasione per affermare che occorre far molto
ancora perché l’Azione Cattolica non consiste nel numero
ma nella sostanza” 445.
Anche la firma del Trattato e del Concordato dà
all’Azione Cattolica Femminile di Bitonto l’occasione
per celebrare una giornata di preghiera con comunione
generale e ora di adorazione. Le socie cantano perfino il
Compieta in canto gregoriano 446.
La curia nel 1929 in considerazione della grande benemerenza acquistata dall’U.F.C.I. nel campo dell’apostolato
parrocchiale, e perché la sua vita si potesse svolgere
sempre più intensamente e squisitamente eucaristica,
concedeva ai rev/di Assistenti “la facoltà di esporre il
443
Vita Religiosa (III°) 1925 n. 4, p. 59.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 5, p. 69.
445
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 8, p. 60.
446
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 1 /2, p.9
444
358
Venerabile sine taxa per quelle funzioni parrocchiali indette per essa unione” 447.
La G.F. era convinta che qualsiasi iniziativa pastorale
non poteva ridursi a una informazione culturale ma doveva tradursi, per una autentica riuscita, in un incontro col
Cristo Eucarestia.
A tal fine, sia a proposito delle continue crociate per la
santificazione del clero, sia per la purezza dei costumi, il
tutto culminava in tridui e giornate eucaristiche. E i frutti
di tale e assiduo lavoro a livello di mente e di cuore venivano segnalati anche nel Bollettino.
Il 13/10/1929 si teneva una giornata di preghiera e di ringraziamento per aver ottenutola la moda corretta fra le
socie. La Presidente Anna de Renzio diceva tra l’altro:
”Ad ogni costo bisogna vestire correttamente, per andare
controcorrente e per riparare le offese del buon costume
procurate dalla moda irriverente che sfregia la nobiltà
delle donne”.
Sempre a proposito delle pietà eucaristica non bisogna
tacere il valido contributo dato all’organizzazione e alla
buona riuscita dei Congressi eucaristici prima parrocchiali e poi diocesani del 1938-1939 che avemmo modo
di trattare nel capitolo sulle manifestazioni liturgiche e
paraliturgiche.
Non c’era aspetto della vita G.F. senza un immediato
contatto liturgico.
Nel marzo 1938, in un avviso per la settimana di apostolato esterno si conferma quanto abbiamo detto. La mattina infatti si partecipava alla S. Messa con Comunione cui
seguiva una breve lettura spirituale. Solo nel pomeriggio
si ascoltavano con dibattito le prolusioni del parroco e di
una Dirigente della G.F.
447
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n. 1 /2, p.13.
359
Per l’occasione, le conferenze riguardavano “i pregi, i lati
deboli, la difesa, gli scogli, i sostegni della dignità della
giovane che vive nella società” 448.
Ed ora una parola sulle giornate sociali riassuntive e
promotrici di lavoro formativo-apostolico.
Nella giornata sociale del 1924 della G.F.C.I. tenuta a
Bitonto si dà la presenza delle sole tesserate e di persone
espressamente invitate 449.
Dal Bollettino sappiamo anche che lo stesso anno la G.F.
partecipa alla giornata sociale di Trani450.
Vi era quindi uno scambio continuo di idee e di esperienze con i gruppi diocesani vicini.
Notizie più ampie le abbiamo nel novembre del 1924. Il
maestro di propaganda il 12 novembre riunì tutti gli Assistenti e Dirigenti dei circoli delle Diocesi. Nell’oratorio
S. Gaetano, sede della scuola di propaganda, si discusse
intorno al metodo da seguire nella formazione delle aspiranti e circoline, allo scopo di unificare l’attività degli assistenti e dirigenti nel nuovo anno sociale. Su proposta
del Maestro di Propaganda si decise di seguire il metodo
del Beaudanom. Seguirono
le comunicazioni
dell’Assistente diocesano sull’effettuato tesseramento e
della Presidente del G.F.C.I. sulle avvenute elezioni generali.
Si fissò il ritiro di S. Andrea il 27 del mese. Si propose di
intitolare a S. cecilia la Schola Cantorum interparrocchiale 451. Le giornate sociali della G.F. avevano questo
usuale svolgimento: comunione generale, adunanza nel
salone dell’episcopio, pensiero religioso, relazione morale ed economica dei circoli, relazione sulle scuole di
canto, vita di circolo, programma di lavoro per il nuovo
448
In B.V.B.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.1, p. 7.
450
vita religiosa (II°) 1924 n. 5, p. 40.
451
Vita Religiosa, (II°) 1924 n.11, p. 91
449
360
anno, relazione sulla scuola di Propaganda, discorso del
Vescovo, benedizione eucaristica 452.
La giornata sociale era vissuta come punto focale
nell’Azione cattolica. Non si spiegherebbe diversamente
il telegramma augurale che le socie di Ruvo inviarono a
quelle di Bitonto il 7/1/1926 riunite in una occasione del
genere, alla presenza di Mons. Gioia, amministratore di
Bitonto 453.
Di solito a Ruvo come a Bitonto presenziava la prof. Moretti delegata nazionale per il mezzogiorno 454. Qualcosa
di inconsueto nella prassi dello svolgimento di questa
giornata avvenne nel 1930. Nella giornata sociale 11 novembre “tutti i circoli hanno prelevato - dice il bollettinodalla parrocchia di S. Egidio il labaro regionale, vinto da
quella G.F. nella gara catechistica di quest’anno e processionalmente l’hanno portata nell’episcopio, tra
l’ammirazione del popolo 455.
Quivi seguivano le varie relazioni divise in varie punti.
Ci è pervenuta la relazione del centro diocesano G.F. del
1939-40.
Circa l’organizzazione, si parla dell’acquisto del testo del
piano organico all’inizio dell’anno. La Presidente del
movimento G.F. lo illustra a tutte la dirigenti, spiegandone il valore, l’importanza e il modo di svolgere le adunanze. Ci si intrattiene poi sulla necessità delle adunanze
delle associazioni per vedere le esigenze, tener conto degli sforzi delle piu deboli. Ci si sofferma anche sulle adunanze delle presidenti, che hanno lo scopo di portare luce
e forti aiuti alle singole associazioni e nel contempo rendere edotto il centro diocesano delle difficoltà incontrate
dalle associazioni.
452
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.1, p. 10.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p. 18.
454
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 3, p. 22.
455
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 11, p. 78.
453
361
Anche la Scuola di Propaganda è oggetto di studio. Si
constata in essa la prevalenza dell’elemento studentesco e
si notifica con piacere lo sviluppo positivo della scuola
dirigenti. Si conclude col segnalare anche le varie partecipazioni ai corsi a livello regionale.
Circa la “Formazione” si attesta che l’anno sociale si inaugura il giorno di S. Francesco, patrono d’italia e
dell’Azione Cattolica. Tale inizio viene solennizzato dal
pontificale del vescovo alla presenza delle socie; nel pomeriggio segue l’ora di adorazione. Si parla anche degli
esercizi spirituali per socie e per dirigenti: nei primi si
nota una presenza con percentuale del 90%e nei secondi
si constata il 100%.
Si dà poi una relazione dei ritiri mensili fatti a turno nelle
associazioni. Segue questa riflessione: ”Si è lavorato per
ottenere dalle socie frequenza alla S. Comunione e alla S.
Messa e per inculcare la devozione eucaristica. Le socie
iscritte all’adorazione diurna sono molte, come sono
molte quelle che vanno alla visita serotina nelle proprie
parrocchie, vincendo ogni rispetto umano e lasciando il
lavoro. Soprattutto molte hanno vinto il rispetto umano
per quello che riguarda la moda, i divertimenti e le convenienze sociali riuscendo a superare ostacoli gravi e
forti contraddizioni da parte degli stessi famigliari”.
Ci si sofferma anche sulle gare e si loda lo studio della
parola di Dio, tenendo conto che le socie, poiché appartengono alla classe lavoratrice a domicilio, hanno poco
tempo da dedicare allo studio. Le gare sono:
-gara nelle associazioni ad opera del centro diocesano;
-gara per le dirigenti;
-gara per le associazioni interne;
-gara per la scuola di Propaganda;
-gara per i gruppi studenteschi.
Si ricordano le Settimane religiose nelle parrocchie, preparate da adunanze alle socie,con debite istruzioni alle
Presidenti.
362
In genere le riflessioni circa “la formazione”non sono
molto positive per la sezione “signorine”, i cui risultati
sono scarsi “giacchè questo lavoro è più arduo e incontra
maggiore difficoltà”.
Più proficuo risulta il lavoro per le “laureate” e
“maestre”, attività svolta in collaborazione con l’unione
donne cattoliche.
Anche circa l’”Azione” viene presentata una panoramica
retrospettiva.
All’inizio dell’anno sociale si tiene la “giornata catechistica” con Comunione generale delle socie nelle proprie
parrocchie. Al pomeriggio, nel centro diocesano,
l’Assistente parla della necessità dell’opera catechistica.
Si nota una graduale maggiore partecipazione delle socie
e non socie al catechismo parrocchiale. In tutte le parrocchie poi si vive una Settimana religiosa “fede intrepida“,
organizzata con richiesta di preghiere, con l’aiuto della
statistica e con altri mezzi suggeriti dalle dirigenti.
Non manca la partecipazione di tutte le associazioni alla
gara di cultura, alla gara delle “Fiamme catechistiche”,
alla giornata universitaria, alla diffusione del quotidiano
cattolico, alla giornata per il seminario diocesano.
Tra le iniziative caritative si ricorda una raccolta di doni
al ricovero di mendicità per la pasqua; si richiama alla
mente una raccolta e distribuzione di indumenti ai più
poveri delle parrocchie (si impegnano soprattutto quelle
socie iscritte alla conferenza di S.Vincenzo). Si dà impulso alla buna stampa diffondendo “Squilli per lavoratrici,
Squilli aurora, d’innocenza, argentini”; si propagandano
libri di lettura e di meditazione, abbonamenti alla rivista
del Clero, all’Asistente ecclesistico. Si distribuiscono anche paginette ed opuscoli “Soldato prega”.
Per l’apostolato liturgico, si ricorda che quasi tutte le socie hanno il messale quotidiano e molto si lavora per diffondere tra il popolo “Vivi con la chiesa”.
363
Si conclude la relazione dell’Azione Cattolica G.F. dicendo che: ”Questo è il lavoro che risulta al nostro occhio, ma l’altro quello compiuto nell’ombra e nel silenzio
da tante piccole anime ignorate, da tanti cuori veramente
amanti che vivono all’ombra del tabernacolo, sulla croce
del loro dolore, del loro rude lavoro, senza pretese e che
tutto danno senza nulla chiedere” 456.
Soffermiamoci un istante a trattare dell’Unione Donne
Cattoliche Italiane (U.D.C.I.), seguendo la medesima relazione del Centro diocesano del 1939-40 e il Bollettino
diocesano Vita Religiosa.
L’anno sociale aveva le stesse caratteristiche del movimento G.F..
In particolare, circa l’”organizzazione” bisogna notare un
piu lento sviluppo. Nel 1924 i gruppi donne cattoliche erano 2 a Bitonto, quello di S.Caterina V. E M. e quello
della Beata Maria Taigi in S.Egidio457. Nel 1925 se ne
aggiunsero altri 2, quello di S. Silvestro e quello di S.
Andrea 458.
Nel 1927 mancavano ancora a Bitonto quelli di S. Pietro
in vinculis, S. Luca, S. Giovanni, S. Maria della Porta, S.
Giorgio 459.
Da ciò possiamo notare quanto lento fosse il cammino
anche a Bitonto se pensiamo che nello stesso anno a Ruvo erano già presenti 2 gruppi; quello della Cattedrale e
quello dei Cappuccini 460.
Solo nel 1932 avremo per Bitonto i gruppi al completo
con la costituzione di quello di Palombaio.
456
In B.V.B.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 11, p. 91.
458
Vita Religiosa, (III°) 1924 n. 4, p. 58.
459
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 2, p. 13.
460
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.5, p.37.
457
364
Se diamo uno sguardo alla quantità delle socie iscritte, si
passa da 146 per 1927 461 e 224 per il 1928 462 a 264 del
1930 463 a 449 del 1939; quest’ultimo dato lo rileviamo
dalle relazione suddetta del Centro diocesano.
Circa l’”Azione” del movimento U.D.C.I. si organiza la
campagna “Famiglia cristiana e vita cristiana“, si costituisce l’associazione “Unione famiglie cristiane” che nel
1939 conta 559 socie; si organizzava anche la “Settimana
madre” in varie parrocchie con buona partecipazione
delle madri.
Ci si dedicava soprattutto alla formazione dei fanciulli
cattolici; si tenevano inoltre adunanze quindicinali per
contadine e operaie. Compito dell’U.D.C. era anche
l’azione caritativa con l’incremento delle Conferenze
femminili di S.Vincenzo de’ paoli 464.
461
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 12, p. 102.
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 12, p. 95.
463
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 12, p. 82.
464
In B.V.B.
462
365
INIZI DEL MOVIMENTO MASCHILE CATTOLICO
Mons. Ferniani, nella risposta del 4/5/1923 ad Augusto
Ciriaci, Presidente generale della Federazione Italiana
Uomini Cattolici (F.I.U.C.) che gli aveva scritto con
prot.806 pros.2=252, afferma: ”Disgraziatamente non esistono tracce visibili di movimento cattolico in quella
diocesi (Ruvo). Negli anni della vacanza episcopale, protratta più dell’ordinario, si sono andate affievolendo anche quelle poche forze che con fatica erano state raccolte.
Quanto prima provvederò per la costituzione di un nucleo”.
In un’altra lettera del 23/08/1923 allo stesso Presidente, il
Vescovo espone il suo pensiero in merito al movimento
in diocesi anche per Bitonto. “Sarebbe – egli dice - mio
desiderio presentarle qualche laico come atto ad iniziare
il movimento secondo le nuove direttive ... designo invece i due sullodati sacerdoti (Paparella Domenico per Ruvo e F.P. Calamita per Bitonto) quali Assistenti ecclesiastici; ... le condizione dell’ambiente nostro non mi permettono per ora di agire con sicurezza affidando il lavoro
a laici, i quali per quanto in buon numero siano iscritti a
Confraternite, non mi tranquillizzano per ciò che potrebbe essere direzione del movimento cattolico”.
Nella relazione dell’14/2/1924 di Mons. Ferniani alla S.
Congregazione Concistoriale, da noi in parte riportata
trattando dell’U.F.C.I. si prospetta il movimento maschile
come emanazione di quello femminile e si aggiunge: ”Per
il movimento maschile su larga base, la difficoltà è assai
grave, e lo scrivente non ha osato ancora costituire il
centro del movimento maschile per il timore di finire per
mettersi in casa un covo di lupicini, che domani diventino
i divoratori dei preziosi doni di Dio e della sua Chiesa,
366
dolorosa ripetizione di quello che è avvenuta nella Confraternite” 465.
Si aggiungono poi come difficoltà generali la indisponibilità del clero e di locali adatti e sufficienti.
Le difficoltà non scoraggiavano il vescovo che andava in
cerca di qualsiasi occasione per conoscere meglio il movimento, la mentalità del popolo e dare al momento opportuno incentivi e possibilità concrete di riuscita.
Nel giorno 7 e 8 Febbraio 1924, si tenne a Lecce il secondo convegno regionale pugliese della G.C.M. destinato a sviluppare il movimento giovanile maschile in Puglia466.
Il vescovo Ferniani volle onorarlo con la sua presenza illuminante. In un discorso fece "risaltare le inesauribili
risorse religiose, che sono ancora vive nel nostro popolo
pugliese, il quale è rimasto forte nella fede degli avi, pure
tra le scosse dell'ateismo e del materialismo. E rispondendo ai dubbi e alle richieste molteplici dei convenuti,
ha mostrato la profonda conoscenza tecnica che egli possiede del nostro movimento cattolico, di cui fa rilevare il
congegno e la psicologia, suscitando così in tutti speranza
ed entusiasmi pel trionfo della nostra spirituale azione"467.
Tornato in Diocesi, nell'adunanza generale seguita al Ritiro chiuso di tre giorni nel 1924, Mons. Ferniani dice alla
G.F. che bisogna "perservare nel molto, molto lavoro che
ancora resta a compiere specie per quanto riguarda l'azione maschile" 468.
Anche il Bollettino dell'Aprile 1924 cercava di stimolare
gli uomini delle Confraternite ad impegnarsi nell'Azione
Cattolica. In un articolo dal titolo "Torniamo in parrocchia" si affermava che il nuovo ordinamento dell'Azione
465
In B.V.B.
Vita Religiosa,(I°) 1923 n.1 2, p. 96.
467
Vita Religiosa, ((II°) 1924 n. 1, p .2.
468
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 3,p. 23.
466
367
Cattolica in genere, quello della Federazione italiana uomini cattolici in particolare, vogliono che si ritorni in parrocchia. "La vita dell'apostolato che oggi si impone ad
ogni cristiano che non voglia vivere inutilmente a se stesso, deve viversi nella parrocchia... Sussistano pure tutte le
altre forme di attività nelle organizzazioni cittadine o
diocesane, ma l'attività nella parrocchia sia la prima ad
esplicarsi" 469.
Anche nel novembre 1924, in occasione della costituzione delle giunte diocesane provvisorie dell'Azione Cattolica, Mons. Ferniani ai convenuti a Bitonto il 23/11, parla
ancora del " difficile lavoro da svolgersi per ciò che è
impostazione e sviluppo del movimento maschile" 470.
Parlando a Ruvo il 29/11 per la medesima occasione, si
augura che in un giorno non lontano, anche Ruvo, possa
vantare "le balde falangi delle associazioni cattoliche" 471.
Mons. Ferniani, nel Febbraio 1925, mostra "l'intimo voto
che il movimento maschile sorga presto e sia del pari vigoroso.
Alle giovani e alle donne cattoliche la grande opera di suscitare l'organizzazione della gioventù maschile su cui
sono riposte le maggiori speranze della Chiesa e della
patria" 472.
Il 21/5/1925, giorno dell'Ascensione, si dà a Bitonto la
presenza della prof. Moretti, delegata della G.F.C.I. per il
mezzogiorno. Nel salone vescovile, alla presenza di tutte
le socie, aspiranti a beniamine, pur dichiarandosi lieta per
l'impostazione del movimento cattolico a Bitonto, parlò
della "grande importanza del movimento maschile che
ormai si impone per il trionfo di Cristo, Re d'amore nella
469
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 4,p. 29.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 11, p. 91.
471
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 12, p. 100.
472
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 2, p. 17.
470
368
famiglia e nella società, e che per la maternità spirituale
della donne e delle giovani si può realizzare" 473.
473
Vita Religiosa 1925, (III°) 1925 n. 5, p. 74.
369
PAGGETTI DEL SS. SACRAMENTO
E FANCIULLI CATTOLICI
Il 19/3/1925 Mons. Ferniani dà inizio ufficiale al movimento Paggi del SS. Sacramento con una notifica al Clero: "Volgo lo sguardo ad un altro campo d'azione, non
meno importante e delicato, che è quello della prima
formazione della gioventù maschile. Il S. Padre ha approvato gli statuti e i regolamenti destinati alla educazione morale e religiosa dei giovani in Italia, e i sacerdoti
che attendono alla cura della anime, hanno il dovere di
applicarsi con tutti gli sforzi alla loro perfetta esecuzione... desidero che a gradi si giunga alla costituzione di
tutte le associazioni prescritte... I Sacerdoti non mancheranno nella circostanza dei catechismi quotidiani, ordinati
alla prima comunione nella prossima Pasqua, di reclutare
i fanciulli, perché diano il nome alla associazione dei
Paggi del SS. Sacramento... Le unioni di Paggi erette
nelle due diocesi, aderiranno alla società della Gioventù
Cattolica Italiana, e serviranno per la immediata costituzione delle sezioni aspiranti secondo il regolamento-tipo
emanato dalla stessa società. I Paggetti si accostino regolarmente alla Comunione generale mensile, e facciano
pure mensilmente un'adunanza, che sarà condotta sul
metodo delle adunanze delle associazioni femminili.
Tengano però presente che nella difficile opera della
prima formazione della gioventù maschile si deve evitare
assolutamente che le associazione dei fanciulli deviino
dallo scopo altissimo per cui sono istituite; ciò che potrebbe accadere, se i dirigenti, preoccupati per le difficoltà di attirare i giovanetti e guadagnare la loro simpatia,
abbondassero nel procurare loro attrattive, ricreazioni,
passatempi. Si guardino dal pericolo di convertire le pie
associazioni in puri e semplici ricreatori, in cui le anime
tenere da educare, troverebbero al più un elemento negativo, preventivo, o preservativo, ma non ciò che diretta-
370
mente e positivamente serve per la loro morale e religiosa
formazione"474.
I "Curatori di anime" in ossequio alla notifica, costituivano nel maggio 1925, con l'aiuto della grande G.F.C.I. le
suddette associazioni. E il 21/5 festa dell'Assunzione, alla
presenza della Moretti, delegata G.F. per il mezzogiorno,
sono già più di 200 i fanciulli che cantano l'inno dei Paggi475.
Le relative associazioni, nell'agosto 1925 risultano c
ostituite nelle parrocchie di S. Silvestro, S. Giovanni, S.
Andrea, S. Egidio, S. Leucio, S. Maria della porta, S.
Caterina V. e M. e nella Chiesa Cattedrale 476.
Nasce qui l'esigenza di Mons. Ferniani di riconfermare e
precisare ai parroci la notifica precedente con decreto
prot. 884. Dopo aver dato "il dovuto plauso per la pronta
e devota ubbidienza prestata a quanto abbiamo in proposito ingiunto a tutti i parroci delle due diocesi di Ruvo e
Bitonto, poniamo - dice il Vescovo - però le seguenti
condizioni:
1. che in essa unione sia abbracciato e osservato lo statuto
della Primaria Associazione Universale dei Paggi del SS.
Sacramento, eretta nella basilica dei SS. Apostoli in Roma, il quale fu già approvato dall' Eminentissimo Card.
Vicario con atto in data 4/2/1910;
2. che quanto prima l'unione sia aggregata alla Primaria
suddetta;
3. che parimenti aderisca alla società della G.C.I. e che
ogni mese tenga un'adunanza che dovrà essere condotta
sul sistema delle adunanze dei circoli femminili" 477.
Bitonto, come al solito, precedeva Ruvo in qualsiasi attuazione pastorale. Nel dicembre 1925 a Ruvo non esi474
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. III, p.41ss.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 5, p.69; 74.
476
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 8, p. 96.
477
In B.V.B.
475
371
steva ancora nessuna vera associazione di Paggi. C'era
soltanto "uno stuolo di piccoli amici di Gesù in sacramento", nella chiesa parrocchiale del SS. Redentore.
Si trattava però di "centinaia di bambini d'ambo i sessi,
ogni sera, per la visita serotina a Gesù Sacramento, preludio alla costituzione dei Paggi".
Le disposizioni per l'istituzione dei Paggi anche a Ruvo
erano già state emanate. Il 15/8/1925 il Vicario Capitolare Ruta, aveva emesso il relativo decreto e nell'ottobre
aveva aggregato l'associazione a quella romana; si prevedeva la sede centrale in Cattedrale e altre sezioni nelle
parrocchie. L'istituzione era vista sempre come preludio
della grande G.M.C.I.478
Solo il 2/2/1926 a Ruvo nella parrocchia dell'Assunta, si
inaugura il gruppo Paggetti del SS. Sacramento, abbastanza numeroso, allo scopo di "distaccare i bimbi dalla
strada, dal mondo, per farli amici di Gesù".
Anche nel SS. Redentore, il 4/2 medesima inaugurazione.
Il gruppo è numeroso, si supera il centinaio 479.
Intanto per dar compimento alle disposizioni della S. Sede, il Consiglio Diocesano di Bitonto, rivolto ai circoli
Donne Cattoliche all'inizio del 1926 insisteva vivamente
"sulla formazione religiosa e sociale dei fanciulli cattolici
che saranno i futuri soldati di Cristo e del Papa" 480.
Nel Bollettino d'ora in poi, non si parlerà più di Paggetti
ma di Fanciulli Cattolici. Nel 1926 a Bitonto se ne contano 120 481. Per dare incremento e chiarimenti la redazione
del Bollettino nel luglio 1927, in prima pagina presenta
l'istituzione dell'associazione dei Fanciulli Cattolici, come affidata alle Donne Cattoliche e avente come programma "l'educazione religiosa, morale e sociale del fan478
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 12, p. 125.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n 2/3, p. 22.
480
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n 2/3, p. 20.
481
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.8, p.69.
479
372
ciullo con particolare amore alla purezza e all'Eucarestia.
Se ne da il motto ‘Puri e Forti’ 482”.
Nuovi incentivi non tardano a stimolare uno sviluppo rapido e costante. "Aspettiamo dice il Bollettino fiduciosi e
sereni la lieta speranza che anche le altre poche fiorenti
Parrocchie della diocesi di Bitonto, si sveglino al movimento dell'Azione Cattolica e facciano subito sorgere i
gruppi delle Donne Cattoliche e dei Fanciulli Cattolici"483.
L'appello era forse dovuto ad un calo di Fanciulli Cattolici (F.C.) se si pensa che nel 1928 ne risultano tesserati
appena 53 in confronto dei 120 del 1926 484.
Nel tesseramento 1929/30 si registra un nuovo sensibile
aumento: si arriva ad 87. Nel gennaio 1930 se ne contano
90 e nel tesseramento 1930/31 si giunge ad avere 98 Fanciulli Cattolici 485.
Nel 1931 troviamo a Bitonto il sacerdote Rota e la signorina Garbusera, rispettivamente Assistente generale delle
Donne Cattoliche e delegata nazionale dei F.C. "Hanno
tenuto in diocesi - dice il Bollettino - una giornata di feconda ed entusiasta propaganda". Fece seguito poi una
riunione del Consiglio Diocesano Donne Cattoliche con
un'ampia relazione sul lavoro fino allora compiuto 486. Per
l'occasione si tiene una giornata eucaristica in S. Egidio
dove i Fanciulli Cattolici fanno un'ora di adorazione.
Nella stessa parrocchia si svolgeva a numerose socie
Donne Cattoliche un corso di orientamento 487.
Gli incontri Eucaristici diventano frequenti. Anche nel
1932 si registra la celebrazione della Giornata Eucaristica
482
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.7, p.50.
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.12, p.96.
484
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.12, p.95.
485
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1, p.19; n. 12, p. 82.
486
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n.1, p. 5 ss.
487
Vita Religiosa (IX°) 1931 n. 1, p. 5 ss.
483
373
dei F.C. nella parrocchia di S. Silvestro Papa con l'intervento di S.E. Mons. Taccone 488. Nella relazione del
1939/40 del Consiglio Diocesano Donne Cattoliche, a
proposito dell'organizzazione dei F.C. si riporta in sintesi
il lavoro dell'anno sociale:
- Adunanze quindicinali di formazione spirituale e di
formazione tecnica alle dirigenti;
- Partecipazione al Concorso nazionale e diocesano per
delegate diocesane e parrocchiali;
- Gara catechistica per i fanciulli e bambini.
Tra le iniziative di particolare rilievo si ricordano:
- "Verso Roma": orienta i fanciulli verso il Santo Padre
con preghiere per lui.
- "Le rose a Maria": rose offerte per il mese di maggio.
- "Il Venerdì Santo": meditazione della Passione di Gesù.
- "Il chicco di grano": consegna di sacchetti al Vescovo
per i seminaristi; si tratta di chicchi o fioretti per amore di Gesù 489.
488
489
Vita Religiosa (X) 1932 n. 1, p. 10.
In B.V.B
374
GIOVENTU’ CATTOLICA ITALIANA
E UNIONE UOMINI
L’azione cattolica giovanile fin dall’episcopato di Ferniani era rappresentata nelle Diocesi di Bitonto dal circolo “Religione e Patria” di Santo Spirito. Nel 1925 detta
associazione si riuniva per partecipare ad una Comunione
generale all’atto di consacrazione al S. Cuore di Gesù e
per una migliore comprensione del programma: preghiera, azione, sacrificio 490. Ben poco si dice sulla sua attività.
Nella Diocesi di Ruvo invece è presente per la G.C.I.
(gioventù cattolica italiana) il circolo “Fides Intrepida”
che assorbirà fino ad un certo periodo tutta l’attività
dell’Azione Cattolica in genere. La vitalità a Ruvo di
questo circolo era pari all’attività della G.F. a Bitonto: lo
testimonia in continuazione il Bollettino ufficiale. Riportiamo la documentazione su detto circolo, per poterne
comprendere il suo sviluppo e la sua fine dovuta ad una
migliore attuazione delle direttive del Consiglio Superiore. Il Circolo nel 1923 in ricorrenza di festività liturgiche
concorreva alla realizzazione della festa esterna. Il giorno
7 e 8 ottobre, festa dell’Addolorata e del Santissimo Rosario in san Domenico a Ruvo, “ebbero luogo le corse ciclistiche su percorsi di 54 km, riservate ai soli giovani
della G.C.I. della provincia: vi parteciparono oltre Ruvo,
le sezioni della G.C.I di Trani, Bisceglie, Bitonto e Corato; quest’ultimo offriva anche ricchi doni ai vincitori. Il
popolo di Ruvo accolse l’arrivo dei giovani con grande
entusiasmo tanto da portarli in trionfo per le vie della
città a suono delle musiche” 491.
Nell’intento di propagandare il proprio movimento, e per
espletare un’azione di apostolato, il 10/4/1924 i giovani
490
491
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.3, p.46.
Vita Religiosa, (I°) 1924 n.10, p.77.
375
G.C.I. di Ruvo si riunivano per l’aggregazione alla Fasci
dei soci della sezione sportiva. E la domenica delle Palme, molti giovani facevano la Comunione. “Fu un fausto
avvenimento che fece eco in tutta la città” 492.
Nei giorni 24,25,27 aprile gli stessi si impegnavano nella
filodrammatica con tre recite di beneficienza nel teatrino
“Pro Cultura”. Furono eseguite le operette in musica
”Giovanni il fabbro del maestro de Vecchi” e la “Scuola
del villaggio” nonché la commedia ”l’Avaro burlato di
Zanobi Bartoli”.
Nè si tralasciava l’attività spirituale se il 4 maggio una
rappresentanza di questo circolo giovanile si recava a
Trani per prendere parte alla chiusura del Congresso eucaristico interdiocesano 493.
Il 29.6 in ricorrenza della festa del Papa il circolo Fides
lo troviamo in Cattedrale per partecipare attivamente.
E il 6 luglio un buon numero di membri coi dirigenti assiste alla Messa solenne per la festa del Preziosissimo Sangue in S. Giacomo. Nel pomeriggio si tiene la solita conferenza domenicale494. In occasione dell’onomastico di
Mons. Ferniani tale associazione, il 5 ottobre apre un corso di conferenze morali e apologetiche da tenersi ogni
domenica, a cui intervengono studiosi e famiglie di soci.
Il 13 ottobre si tenne il tema: ”l’Evangelo, unico fondamento di riforma sociale”495. Il corso continuò nel 1925
con relazioni su ”Don Bosco e la sua opera”, su
“Istruzione ed educazione del popolo”, sulla “Preghiera”,
su “ Istruzione atea e istruzione religiosa”. Il 29/6/1925
nella festività degli apostoli, si trattò la ”Gloria del papato”496.
492
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 4, p.35.
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 5, p. 41.
494
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 7, p. 57.
495
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 9, p. 92; n.10,p.88.
496
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 8, p. 96.
493
376
Accanto a questa particolare iniziativa culturale,
nell’anno sociale 1924/1925 si intensifica la partecipazione liturgica dei membri. Il 7 e 8 dicembre 1924 la Fides Intrepida, insieme alla sezione dei “Pinucci” partecipava ad una S. Messa nel SS. Redentore con la presidenza al completo che “ha con l’esempio e la persuasione indotto i giovani alla Comunione frequente” 497. Nel 1925 il
circolo si riuniva per una gara catechistica per iniziativa
sempre dell’Assistente sac. Domenico Paparella, pronto a
stimolare riunioni frequenti sui temi più vari. In questo
lavoro è coadiuvato dal presidente Giancaspro 498.
Il gruppo che aveva sede in S. Giacomo 499, il 5 aprile
1925 partecipava come al solito alla Comunione generale
per il precetto pasquale. Non si tralasciava di additare
all’ammirazione dei compagni i soci più impegnati tra cui
Vincenzo Lauciello, “il quale – dice il Bollettino - ha indotto alla Comunione uno stuolo di giovani operai del pastificio ove egli lavora”. I membri del gruppo oltre ad essere uditori diventavano essi stessi testimoni della parola
di Dio. La sera di Pasqua nella sede sociale, un socio
spiegava ”con parola semplice e convincente il simbolo
degli Apostoli”. Il 16.4 nella stessa sede si inaugurava poi
il teatrino sociale con le rappresentazioni di uno scelto
programma500. Il teatrino era intitolato ad Alessandro
Manzoni. Il turno delle recite, delle quali si interessò anche la pubblica stampa con apprezzamenti lusinghieri per
i giovani, ebbe termine il 10 maggio.
Nella sede sociale, oltre a queste rappresentazioni culturali-ricreatice, si teneva regolarmente un Corso di istru-
497
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 12, p.101.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.1, p.7.
499
Vita Religiosa, (II°) 1924 n. 2, p. 18.
500
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 4, p. 59-60.
498
377
zione catechistica per giovani501, che culminava nella gara semestrale tra tutti i soci iscritti come si attesta
l’8/9/1925502.
Ogni attività sembra destinata ad estinguersi nel 1926 per
le precarie condizioni economiche della Fides intrepida.
La sezione filodrammatica che si esibiva il 21/1 dinnanzi
al Cav. Forti Commissario Prefettizio non riscuoteva
grande successo per i pochi intervenuti 503: cadevano così
le speranze di ristabilire il proprio bilancio. Il presidente
generale del Consiglio superiore dell’Azione Cattolica a
cui il circolo si era rivolto, scrivendo a Mons Del Buono
il 19/6/1926 invita il vescovo a voler sostenere tale associazione. Si chiede inoltre al vescovo di mettere a disposizione un locale per la Fides che non ha fondi. Nei confronti del Circolo si attesta “piena soddisfazione per
l’attività svolta in perfetta disciplina nei confronti delle
direttive superiori”. Il vescovo si premura di rispondere
presto in una sua minuta non datata si legge che già dispone di tre quarti del fitto del locale da destinarsi
all’associazione. Il Presidente Generale, di rimando, il
28/6/1926 prot. 3193, lodava l’operato del vescovo :” Ho
preso nota con grato animo di quanto ha fatto e ha promesso di fare, lieto che il circolo Fides Intrepida di Ruvo
possa così tornare ad esplicare tutta la sua feconda attività” 504. La sincerità di Mons del Buono si manifestava ulteriormente. Dava infatti un’offerta al Circolo che nonostante le difficoltà non aveva eliminato la propria Biblioteca per il bene spirituale dei giovani505.
Anzi troviamo qui occasione per dire che nel 1927 una
sala di lettura veniva anche istituita insieme al circolo
501
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 5, p. 70.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 10, p. 113.
503
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 2/3, p. 22.
504
In B.V.B.
505
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 8, p. 75.
502
378
“per i giovani che si riuniscono numerosi ogni sera per
leggere buoni capitoli e per dare una scorsa alle belle riviste cattoliche” 506.
Il circolo Fides continuava ad organizzare i Corsi di religione per studenti ed operai che si tenevano due volte alla
settimana. E si riprendeva pure l’insegnamento del
“galateo tanto necessario per la civiltà delle nostre popolazioni agricole, spesso incolte”507. La molteplice attività
era svolta – come si attesta nel tesseramento del 1927– da
42 soci effettivi e 12 aspiranti. La presenza di questi ultimi ci testimonia ulteriormente come il circolo non fosse
vincolato dalle norme statutarie della federazione giovanile cattolica italiana. Ciò che si condannava da più parte,
era lo spirito accentratore nella pastorale giovanile da
parte di tale associazione. Si trattava infatti di un circolo
interparrocchiale. Nascevano quindi come giusta reazione
nelle varie parrocchie, le sezioni Aspiranti. L’8 maggio
1927 si inaugurava il circolo “Pio XI” nella Parrocchia
Cappuccini508. L’anno dopo il 13 marzo sorgeva
l’associazione di san Giacomo intitolata a “S. Luigi” e il
giorno dopo quella di S. Domenico che si ispirava a
“Domenico Savio” 509. Anche nella parrocchia di S. Michele Arcangelo si diede vita al circolo Aspiranti dedicandolo a Mons. Ferniani 510.
Ciò nonostante il circolo giovanile Fides non sembrava
subire scosse capaci di minare la propria esistenza nel
1927 e nel 1928. infatti non faceva mancare la propria
presenza al quinto Convegno interdiocesano di Bari della
G.C.I..: dalla Fides parteciparono 30 membri. A ritorno
da Bari l’Assistente faceva comprendere ai giovani che
506
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.9, p.7.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.10, p. 85.
508
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 2, p.13; n.5,p.37.
509
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.3 p. 26.
510
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n.10 p. 80.
507
379
“non basta gridare e inneggiare, ma occorre muoversi e
fare larga propaganda di bene” 511.
Anche nel 1927 si tentano le solite Conferenze settimanali; questa volta sull’esistenza di Dio, sul carattere etc. Il
Circolo pubblica anche un opuscolo: ”Preci e canti del
giovane cattolico” 512. Nel 1928 con il passaggio alla
nuova sede, si riprende con più lena “il metodo di vita
proprio dell’azione giovanile con ritmo più severo e più
accelerato”. Ogni sera ha luogo la lezione di catechismo
minore, mentre il martedì e il sabato quella maggiore, per
gli adulti. Ogni domenica poi l’Assistente spiega il vangelo domenicale con altre varie istruzioni 513.
Degna di nota è l’iniziativa di un proprio Bollettino. Infatti a cura di un’apposita commissione della Fides usciva
il primo numero di un periodico manoscritto l’8 dicembre
festa annuale del circolo. “L’umile foglio si propone - dice il Bollettino - l’educazione cristiana dei soci per mezzo di articoli seri ed umoristici” 514. Certo ancora inconsapevole di quanto si preparava a suo danno,
l’associazione partecipava a Bari al convegno Dirigenti
dell’alta puglia dal 4 al 7 aprile 1929.
Da Ruvo era presente il Segretario del Circolo B. Di Modugno che nella domenica di chiusura veniva raggiunto
da altri soci 515 dopo tale convegno non si parlerà più
della Fides. Solo al termine della fervente azione di ristrutturazione del movimento Azione Cattolica Italiana
da parte dell’Amministratore Apostolico Mons Curi e del
suo delegato Mons. F. Alvigini, la Diocesi di Ruvo ringraziando, ricordava lo scioglimento del Circolo interparrocchiale Fides Intrepida. Si nota la soddisfazione
511
Vita Religiosa, (V°) n.927 n. 10, p. 77.
Vita Religiosa, (V°) n.927 n. 12, p. 95.
513
Vita Religiosa (VI°) 1928 n. 9, p. 71.
514
Vita Religiosa (VI°) 1928 n.12, p.94
515
Vita Religiosa (VII°) 1929 n. 3/4/5 p. 25.
512
380
nell’essere riusciti ad eliminarlo:”finalmente ora la
G.C.C. di Ruvo può vantare un perfetto ordinamento
della propria società con lo smembramento dell’unico
circolo giovanile e la costituzione dei seguenti circoli”:
- Circolo Pio XI nella parrocchia S. Filomena e Lucia
(Cappuccini).
- Circolo mons. Ferniani nella parrocchia di S. Michele
Arcangelo.
- Circolo G.Toniolo, nella parrocchia del SS. Redentore.
- Circolo D. Davide Albertario nella parrocchia Cattedrale.
- Circolo Acquaderni e Fani nella parrocchia di
S.Domenico
- Circolo Contardo Ferrini, nella parrocchia di S. Giacomo
L’inaugurazione ufficiale della federazione diocesana dei
giovani avvenne in occasione della solenne celebrazione
del Concordato, alla presenza delle autorità 516.
L’attività giovanile a Ruvo riprese regolarmente e come
al solito si tenne una gara di cultura religiosa il 25/4/1930
alla presenza del nuovo vescovo Mons. Taccone ed il 28
dinanzi alla Commissione. Parteciparono i sei circoli con
un complessivo di 160 esaminati517. Con Mons. Taccone
si rivolsero particolari attenzioni a Bitonto dove il movimento maschile aveva poche aderenze. Negli atti di Curia
di Bitonto nel marzo 1930 si lamenta questa carenza:
“S.E.Mons. Vescovo Taccone raccomanda insistentemente che tutti i parroci curino con ardente zelo
l’istituzione completa dei quadri dell’Azione Cattolica in
ogni parrocchia. In particolare si dovrà provvedere agli
516
517
Vita Religiosa (VII°) 1929 n 6-9, p. 37.
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n.5 p. 54.
381
uomini, ai giovani, alle donne cattoliche e fanciulli cattolici” 518.
Secondo il nuovo vescovo non bastava ormai più la valida e attiva presenza della U.F.C.I. per potersi sentire appagati nell’azione pastorale. Occorreva fare una valida
propaganda anche per l’azione cattolica maschile. Accogliendo a Bitonto la signorina Barelli presidente generale
G.F.- venuta a Bari per la chiusura del corso sulla Morale
dal 2 al 5 marzo 1930, alla sua presenza affermava che
“bisogna pregare per l’azione maschile, che sta per sorgere nella nostra diocesi”. Per l’occasione, anche
l’Assistente generale della G.C.I. veniva invitato a Bitonto per dare incremento all’azione cattolica maschile
519
.
Il Bollettino dell’aprile del 1930 attribuiva a Mons Taccone il merito della presenza dell’Azione Cattolica maschile in Bitonto e se ne lodava “il valido aiuto di Mons
Sargolini, Assistente ecclesiastico generale per la gioventù, il quale è stato qui fra noi ai primi di febbraio per
gettare le basi dell’organizzazione.”
Si istituiva contemporaneamente una scuola di formazione per Drigenti diretta dal maestro di propaganda mons.
Francesco P.Calamita, il quale svolgeva un Corso di efficaci lezioni settimanali di cultura religiosa ad una folta
schiera di uomini e di giovani520.
Il 30.4 si registra a Bitonto la visita dell’universitario La
Pietra, Presidente del circolo San Gioacchino di Roma
per rendersi conto, a nome del Consiglio Superiore del
movimento maschile e parlare agli aspiranti, agli attivi e
ai dirigenti 521.
518
Vita Religiosa (VIII°) 1930 n..3 p. 30.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.3, pp. 36-37.
520
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.4, p.47.
521
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.5, p. 55.
519
382
Il 19.6.1930 si invitava il Vice Assistente generale don
Gaetano Carollo, venuto per le gare catechistiche, a parlare a Bitonto ai giovani 522.
Le attenzioni di Mons Taccone, del Consiglio superiore e
ogni azione di propaganda avevano prodotto anche a Bitonto frutti lusinghieri. Nel febbraio del 1930 si era costituito presso la parrocchia di San Leucio, il circolo giovanile maschile “Beato don Bosco” con 25 soci effettivi e
14 aspiranti.523
Per meglio comprendere i contenuti dell’azione cattolica i
giovani di Ruvo e Bitonto parteciparono al Congresso
Nazionale del movimento maschile nel 1930 524.
Nel 1932 Bitonto vedeva svilupparsi ulteriormente la
G.C.I.: nasceva un Circolo anche in S. Egidio 525. Tutta
l’attività organizzativa e di formazione che via via abbiamo documentato, viene riconfermata nella relazione
del Consiglio Diocesano del 1939/40. E come negli altri
movimenti dell’Azione Cattolica, non mancavano anche
in questo, i ritiri spirituali, la continua partecipazione liturgica, l’impegno per le opere pontificie ad causas pias e
ogni ulteriore iniziativa per la propria formazione culturale – religiosa 526.
Diamo ora qualche cenno sulla Federazione Italiana Uomini Cattolici (F.I.U.C.). La presenza del Circolo lo si
trova a Ruvo nella Pasqua del 1927. Sono 50 membri che
partecipano in Cattedrale ad una comunione generale con
l’Assistente Sac. Anelli Angelo 527. Anche per questo
movimento il Bollettino cerca di suscitare adesioni commentando la lettera del cardinal Gasparri del 23/5/1927
522
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.6/7, p 62.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.5, p. 55.
524
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.11, p. 77.
525
Vita Religiosa, (X°) 1932 n. 1 p. 10.
526
In B.V.B.
527
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 5, p. 36.
523
383
sugli Uomini Cattolici. Si “vuole - dice la redazione - che
gli uomini cattolici vivano ed operino, non come energie
sparse ed isolate, ma saldamente inquadrate nella
F.I.U.C.”. L’uomo “uscendo dalla troppo comoda e nirvanica beatitudine di sé, comprenderebbe tutta la bellezza
ideale di questa partecipazione da laico al ministero apostolico della Chiesa. Vogliamo sperare che anche nelle
nostre diocesi nascano queste Federazioni in ogni parrocchia” 528.
Solo nell'ottobre 1927 si dà forma organica e statutaria al
circolo della Cattedrale di Ruvo, precedentemente citatato. Lo si costituisce ufficialmente nell'ultima domenica
di ottobre. Nella sede si darà inizio a un ciclo di conferenze settimanali apologetiche sul tema: la miscredenza,
il miracolo sigillo della religione, noi e gli altri 529.
La presenza delle numerose Confraternite non poteva facilitare lo sviluppo di questa Federazione. Perciò ancora
nel 1930, a Ruvo, si "continua il lavoro formativo sull'unico gruppo diocesano. Speriamo tra breve moltiplicarlo
nelle singole Parrocchie" 530.
E nel 1931 si ottengono i primi risultati in merito. Si annuncia sul Bollettino che incominciano ad organizzarsi i
gruppi degli Uomini Cattolici 531.
Per Bitonto nel 1930 si parla della costituzione di tre
gruppi di uomini cattolici: nella Parrocchia di S. Leucio
con 25 soci, nella Parrocchia di S. Silvestro con 23 soci,
nella parrocchia di S. Caterina con 30 soci. Assistente ecclesiastico era il parroco Pasculli Gaetano. Con soddisfazione il Bollettino notificava che nella domenica di Pasqua "una falange compatta di uomini, nelle varie parrocchie si era accostata alla Mensa Eucaristica". Si trattava
528
Vita Religiosa, (V°) 1927 n.8, p. 58
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 11, p. 85.
530
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 11, p.77.
531
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n. 1, p. 5.
529
384
di uno "spettacolo davvero edificante e che in altri tempi
era follia sperare" 532.
Nel 1932 si costituiva ufficialmente il circolo anche in S.
Egidio 533.
Circa l'attività interna della Federazione Uomini, possiamo cogliere notizie dalla relazione del Consiglio diocesano di Bitonto del 1939/40. Nell'anno sociale vi erano visite periodiche ai gruppi costituitisi; partecipazione alle
giornate di istituzione pontificia come per gli altri movimenti; funzioni riparatrici a carattere parrocchiale nel periodo di carnevale. Si festeggiavano in particolare le solennità liturgiche dell'Immacolata, della S. Famiglia, di S.
Giuseppe, del Corpus Domini, del S. Cuore, di S. Pietro e
di Cristo Re. Erano tenuti anche al pellegrinaggio annuale
come di consueto per l'Azione Cattolica, al Santuario
della Madonna delle Grazie al miglio. Di particolare rilievo era l'impegno preso per la partecipazione quotidiana
alla S. Messa, divisi in turni parrocchiali. Si teneva annualmente il corso di cultura religiosa che dal 1938/39
culminava anche negli esami tra i circoli della Diocesi.
Non tutti gli Assistenti condividevano l’esame di gara
perchè ritenuto non consono alla mentalità degli uomini.
Questa relazione deve accettarsi come valida anche per
Ruvo giacchè, normalmente, essendo unico il vescovo le
disposizioni erano le stesse per le due Diocesi 534.
532
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 4, p. 47.
Vita Religiosa, (X°) 1932 n.1, p.10.
534
In B.V.B.
533
385
386
Capitolo V
CHIESA E STATO
387
388
IL PATRIOTTISMO DELLA CHIESA LOCALE
La Chiesa riesce ad esprimere le proprie convinzioni, un
patriottismo spirituale, quando mantiene un certo distacco
dal regime costituito, quando necessariamente deve dare
la sua risposta alle catastrofiche conseguenze della guerra
1915 - 18, quando infine diventa più attenta ai torbidi sociali o agli accorati appelli di Pio XI alla pace.
E' bene dare una certa panoramica di pensiero in proposito per poterne meglio comprendere l'azione in merito.
Il Vescovo Mons. Ferniani, nella sua prima lettera pastorale scritta a Faenza, nella festa di Maglorio il 24/10/1922
così si esprime: "L'amore al suolo natale, alla storia degli
antenati e alle tradizioni avite, l'unità della razza, l'uguaglianza dei costumi e della lingua, la consonanza delle
credenze, per quanto siano fattori che concorrono a costituire il vero patriottismo, come substrato e condizione
favorevole alla sua formazione, non ne sono però l'essenziale contenuto. Esso è invece riposto nella personalità
collettiva, formata dalla coscienza dei singoli che vogliono all'unisono unione, indipendenza, autonomia e conservazione del suolo che loro appartiene ed è patrimonio
delle loro idee e della loro cultura. L'essenza del patriottismo è quindi una realtà morale e spirituale di prim'ordine
nella società, e Cristo non solo la confermò, ma la nobilitò.
Cristo installò... il senso di una perfetta fratellanza, gridò
alto contro ogni tirannia e ingiustizia, contro ogni specie
di disordine morale e di degenerazione, che presto o tardi
rompe i vincoli della famiglia e scuote le basi della so-
389
cietà... Risanò e perfezionò il principio d’autorità, pose le
basi delle relazioni internazionali col principio della carità universale, gettò i fondamenti di ogni accorta e sana
politica quando insegnò che ci dovevamo guardare dai
falsi amici e finalmente a tutti gli apostoli annunziò nella
commovente parabola del Buon Pastore, il grande dovere
di cercare esclusivamente il bene del popolo e di sacrificare per esso la propria vita" 535.
Questa concezione patriottica indirizzava gli animi verso
stabili relazioni internazionali e non meraviglia se ogni
grido di allarme contro la pace trovasse quindi eco in seno alla Chiesa.
Il Vescovo Ferniani infatti facendo riferimento ad una
lettera di Papa Pio XI al Cardinal Vicario del 31/1/1923,
la recepisce come propria e invita le due Diocesi e i quaresimalisti ad adattare la predicazione e le preghiere degli
esercizi spirituali al tema della pace minacciata: "Purifichiamoci ed eleviamo le nostre coscienze cercando la pace con Dio e la nostra alleanza con Dio frutterà la fratellanza tra cittadini e cittadini e, l'armonia in tutte le Nazioni" 536.
Contemporaneamente Mons. Ferniani dà disposizioni
pratiche a tutti i sacerdoti, tenuti a recitare nella Messa
fino a nuovo ordine la colletta n.9 "Pro concordia" 537.
E sempre a proposito di un patriottismo che sfoci nella
pace" nella notificazione del 23/7/1924 dice ancora:"Si
svolgerà a Torino la XI Settimana Sociale dei Cattolici di
tutta l'Italia, i quali devono tutti essere o diventare uomini
di buon volere a qualunque tendenza sociale appartengano, a qualunque partito siano ascritti, sono invitati" 538.
535
FERNIANI,P., Prima lettera pastorale, tip. Cooperativa popolare,
Faenza, p. 8 e ss.
536
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 2, p.1.
537
Vita Religiosa (I°) 1923 n. 3, p.8.
538
Vita Religiosa (II°) 1924 n.7, p.53.
390
Anche il Clero non fu da meno nel manifestare il proprio
pensiero patriottico in varie circostanze e con accentuazioni diverse.
E' il caso del teologo Ruta S. che, in minute di discorsi,
per la benedizione della bandiera delle scuole in Ruvo in
data 3/6/1923, così dice: "L'amore di patria purificato e
reso più ardente nella fusione con l'amore della religione,
viene santificato, elevato, sublimato fino ai fastigi di un
apostolato che è dovere di primissimo ordine" 539.
E nel sesto anniversario della vittoria, per il suffragio ai
Caduti, in data 4/11/1924: "I nostri eroi travolsero, sgominarono, annientarono un esercito formidabile, un impero insolente... l'Italia riabbracciò finalmente i suoi figli da
tanto lunga stagione strappati al suo cuore; compì così un
miracolo di valore, la sua unità anche di confini... Se essi
ebbero tutto lo slancio dell'amor di patria, furono grandi
ancora per la forza onnipotente del sentimento religioso"540.
Nel discorso poi per la benedizione della bandiera della
società del Tiro a Segno di Ruvo in data 2/7/1925, lo
stesso si rivolge in questi termini: "Ricordate giovani diletti, che il sospiro assillante è universale dei popoli, non
è la guerra, ma la pace, la vittoria della pace, e la benedizione di Dio è benedizione di pace: Deus pacis.
E’ vero che voi, all'ombra di questa bandiera vi siete associati per prepararvi a divenire soldati abili, allenati,
perfetti, o dovete essere tali. Però il vostro immediato ideale non sia la guerra per la guerra. Troppo doloroso e
recente è il ricordo della guerra immane, devastatrice,
fratelli, troppo recente e numerosi furono i lutti dell'Europa intera, sanguinanti e strazianti sono ancora milioni
di cuori; venerandi, è vero, per le gloriose loro stimmate
sono gli innumerevoli mutilati, ma troppo orribile, barba539
540
RUTA, S. Discorsi (minute in mio possesso).
RUTA, S. Discorsi (minute in mio possesso).
391
ro feroce si manifesta nei loro dolori e nel loro aspetto
l'opera fatale delle armi...Certo, se (Dio non voglia) un
giorno la patria invidiata, assalita e provocata, brutali
velleità di rivincita alle frontiere, sarà costretta a fare appello alla gioventù italica. Voi verrete animosi a difenderla, emulando gli eroismi immortali dei 600.000 caduti.
Ma , ora, allenatevi, sì,ma per combattere altri nemici altre battaglie. e poi guardate la croce (dello stendardo): risveglio di fede religiosa o giovani, in questa rinascita
promettente di valori spirituali... Avanti alle battaglie incruente del progresso, della civiltà, avanti alle vittorie
della religione e del patriottismo" 541.
Anche il sac. Rocco Spadone, che disponeva di una tipografia personale in un opuscolo su un panegirico tenuto
per la festa di Cristo Re nella parrocchia SS. Redentore di
Ruvo, così dice a proposito di presenti fatui patriottismi:"Signori, io non voglio essere pessimista, ma di
fronte allo spettacolo terrifico dei torbidi sociali che il
mondo offre giorno per giorno, noi siamo tentati domandarci se il progresso e la civiltà di cui oggi andiamo alteri, abbiano poi un contenuto reale o non siano piuttosto
un orpello di mal celata decadenza e barbarie! Signori,
non vale dissimularlo. Ai giorni nostri la società attraversa una crisi che fa fortemente trepidare per il suo domani"
542
.
Riportiamo ora il pensiero di un altro sacerdote, l'arcidiacono F.P.Calamita che dà le sue riflessioni alla stampa543,
suscitando interesse e assenso nel vescovo Del Buono
Domenico: "Ho letto con vivo interesse:'pensieri di vita'
io chiamerei il suo libro. Pagine dunque pugnaci le sue,
scritte non soltanto per gli iniziati, ma per gli adusati alle
battaglie della vita, opportune quindi a dar luce agli in541
Ruta,S., Discorsi (minute in mio possesso).
Spadone,R., Gesù Cristo Re, tip. Pro Christo, Ruvo 1927, p. 29.
543
Calamita,F.P., Fiori di vita, tip. Garofalo e figlio, Bitonto 1928,
542
392
telletti, ad ingenerare propositi tenaci nella volontà per il
trionfo del bene" 544.
Ed ecco alcuni suoi pensieri. Al n.14 dice: "Se mi fate
combattere per conquistare un palmo di terra; se non mi
fate combattere per rendermi più puro e più degno del
mio Signore, la battaglia è vana ed io spezzerò la spada
che mi metterete nella mano" 545.
Ed al numero 365 dice:"Ama la patria veramente colui il
quale avendola perduta, non cerca di sottrarla al nemico
col distruggerla, invece, pugnando per essa, si sforza di
cacciare il nemico fuori i confini della sua terra".546.
Ed ancora un n.415: "Nella guerra bisogna spezzare e distruggere la potenza combattiva del nemico, ma bisogna
sempre avere misericordia degli uomini e delle loro anime; e bisogna risparmiare le opere che valgono alla pace
e al bene delle genti" 547.
L’'autore continua dicendo al n.470: "Io aspetto che si
attui nel seno dell'umanità l'etnarchia, che si formi cioè di
tutte le genti di ogni lingua e di ogni terra un solo ovile e
un solo pastore" 548.
Anche il can. Nicola Cuccinella nel discorso per la corona d'alloro al cimitero sulla tomba dei Caduti del
25/12/1934 rivolto agli eroi estinti: "O cari morti, o eroi
pregate, affinchè su questa misera 'aiola che ci fa tanto
feroci'(Dante), sventoli il vessillo della pace e in ogni
cuore si ascolti quello che voi dai vostri sepolcri ci dite
nel vostro muto linguaggio:' Freddo è quaggiù, siamo soli. Oh amatevi al sole! Risplenda su la vita che passa l'eternità d'amore (G.Carducci)"549.
544
Calamita,F.P., op. cit., p.1.
CALAMITA F.P. op. cit., p. 13.
546
CALAMITA, F.P. op. cit., p. 141.
547
CALAMITA, F.P.op. cit., p. 149.
548
CALAMITA, F.P.op. cit., p.170.
549
CUCCINELLA, N., Gli arditi d'Italia, tip. Palladino, Bitonto 1935.
545
393
Dalle circostanze in cui i suddetti discorsi sono stati pronunziati e dalla ulteriore azione della Chiesa che qui riportiamo, possiamo comprende come il Clero non perdesse alcuna occasione per portare il suo messaggio e il
suo contributo atto a illuminare, rettificare e senz'altro
sostenere tutto ciò che potesse essere degno di una vera
concezione di patria. La Chiesa, con il suo Clero, reduce
da una guerra aspra e dura, accoglie con sollecitudine
l'invito del Pretore di Ruvo Spinelli Giuseppe in una lettera al vescovo Ferniani, in data 26/2/1923: "Ho già personalmente conferito con i Rev.di Vicari per le Chiese
parrocchiali di Ruvo e li ho trovati, mercè il noto interessamento paterno di V.E., perfettamente ben disposti ed
edotti dell'opera di assistenza, che nell'esercizio del loro
Ministero spirituale quotidiano, potranno agevolmente
spiegare in favore dei derelitti orfani" 550.
Lo stesso vescovo Ferniani presenzia al ritorno a Bitonto
delle spoglie degli eroi sul Carso il 10/6 e il 4/9/1926 e
col sindaco e il comandante del presidio tiene discorsi
d'occasione 551.
Ogni anno, si legge nel bollettino ufficiale, l'anniversario
della vittoria veniva solennizzato con la celebrazione
della S. Messa al Largo Porta Noè (Ruvo) e a Porta Baresana (Bitonto)552.
E l'1/6/1924 inaugura il monumento ai Caduti nella frazione di S. Spirito. Celebra in Largo Castello e va in barca al largo per benedire una corona e gettarla in mare 553.
Non si può dire che la Chiesa vivesse l'apoteosi della
vittoria, o scendesse a compromessi rinunciando alla propria fisionomia e personalità: ne è testimonianza un promemoria di mons. Ferniani sul monumento ai Caduti di
550
In B.V.B.
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 6, p. 46; n .9, p. 68.
552
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 11, p. 85.
553
Vita Religiosa,(II°) 1924 n. 6, p.48.
551
394
Bitonto in data 13/3/1925, inviato al Prefetto Card. De
Lai della Sacra Congregazione Concistoriale. "Nel 1923
mi fu gentilmente presentata la fotografia del monumento
ai Caduti, destinato ad innalzarsi a Bitonto, opera grandiosa del rinomato scultore pugliese, il Ciffariello, residente a Napoli. Essa rappresentava un milite che teneva
sotto i piedi una figura di donna, simboleggiante l'Austria. Per quanto potesse essere discutibile la concezione
filosofico-ideale del lavoro, io non mancai di esternare il
mio compiacimento, giacchè l'opera nulla mostrava che
non rispondesse alle esigenze morali e religiose.
Il 7 settembre dell'anno 1924 (mi fu riferito) fu approvato
dalla Commissione per il monumento ai Caduti un bozzetto, raffigurante un milite con elmetto in testa, ma
completante nudo dritto ed avente sotto i piedi una donna
nuda sdraiata sopra un mappamondo e raffigurante l'Austria... Non mancai di esprimere al sacerdote, che mi aveva dato questa informazione il mio disgusto, sia per l'impressione sgradevole che nel pubblico quel monumento
avrebbe prodotto, sia perchè il vescovo, rifiutandosi di
impartire ad esso la benedizione, si sarebbe esposto a
gravi critiche e forse a qualche ostile dimostrazione. Il
Clero immediatamente fu radunato e stabilì alla unanimità di avanzare domanda al Sindaco per ottenere la correzione del bozzetto o anche la sostituzione, o che almeno non si fosse collocato il monumento nella pubblica
piazza di fronte alla Porta sulla quale trovasi la statua
della Vergine Immacolata, teneramente venerata dal popolo bitontino.
Il presidente del comitato pel monumento si presentò a
me per interpellarmi. Io chiaramente e vivamente dichiarai:
I) di essere a conoscenza dell'azione che il clero stava
spiegando e di pienamente approvarla;
2) di essere dispiaciutissimo che le cose fossero state
condotte quasi di sorpresa;
395
3) che io non avrei potuto benedire il monumento, né che
avrei potuto delegare chi l'avesse benedetto in luogo mio;
4) che al più nel giorno dell'inaugurazione, avrei potuto
tenere in Cattedrale una funzione funebre...
Il sindaco dichiarò di essere presidente onorario e non effettivo del Comitato e di non poter fare che poco per lo
scopo...; che l'impegno era già stato assunto collo scultore... che si trattava di un'opera d'arte...; che in S. Pietro in
Vaticano erano le nudità... e altre ragioni simili.
Dopo di ciò il Clero inviò la mia protesta al Prefetto di
Bari corredandola di circa 1500 firme di cittadini; nella
popolazione si formò un vivo fermento per la questione.
Dopo lo scioglimento del Consiglio comunale, che avvenne alla fine d'ottobre u.s., il Commissario prefettizio
avv. Magliocca, che tenne con me un lungo colloquio
sull'argomento, diede alla Prefettura di Bari rapporto sfavorevole al monumento. Al successivo Commissario avv.
Sarcina risposi che pur ritenendo che mi sarei esposto a
commenti sfavorevoli, tuttavia avrei presenziato la cerimonia..., se al milite fosse stato aggiunto un gonnellino
alla romana e la donna fosse stata coperta dalle ginocchia
alla cintola.
Il Ciffariello il 12 corr. aveva dichiarato di essere disposto ad aggiungere alla figura muliebre il richiesto panneggio, ma che alla figura del milite, data la sua positura
non poteva che apporre la tradizionale foglia di fico.
Ho risposto, che data la delicatezza della materia, io non
potevo pronunziarmi e che avrei interpellato i miei superiori.
Non saprei dire se intervenendo alla cerimonia, soddisferei la massa del pubblico, o se, non intervenendo darei
occasione a qualche grave incidente. Ho certamente la
coscienza di aver agito fino ad ora seguendo una linea di
condotta ben chiara e decisa". Il card. De Lai, in data
21/8/1925, diede questa risposta al vescovo: "E’ doloroso
constatare ancora una volta come vada diffondendosi
396
questo criterio per cui sembra non si possa esaltare un'idea o compiere un'opera d'arte senza ricorrere a figurazioni che offendono il buon costume e la morale cristiana.
A parte dunque la considerazione che nel rituale romano,
raccolta autentica delle benedizioni di S. Chiesa, non v'è
alcuna formula di benedizione di monumenti, il che già
sarebbe sufficiente per spiegare e giustificare legittimamente un non intervento; questa Sacra Congregazione dà
a V.S. ordine esplicito e tassativo di non procedere a benedizione e di non intervenire né di obbligare altri a
compiere riti sacri o a rappresentarlo... E’ da sperare sicuramente che tutti intenderanno le alte ragioni del divieto e
si conformeranno anche nella stima ed obbedienza verso
il vescovo diocesano che già aveva prevenuta la mente
della Santa Sede".
Dopo questo episodio increscioso, ma di grande rilievo
per la Chiesa locale, tutto avviene senza intoppi. Il 4 Novembre 1926 come al solito: "...anche nella nostra Diocesi patriottico entusiasmo per la festa della vittoria. Il vescovo mons. Del Buono in Cattedrale celebra la Messa in
suffragio dei caduti. Le associazioni cattoliche nel pomeriggio fanno corteo e depongono corone ai Caduti" 554.
Sotto Mons. Taccone tutto avviene regolarmente senza
episodi di rilievo al riguardo.
554
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.11, p.96.
397
LA SCELTA DI UN REGIME:
CASA SABAUDA E DUCE
Anche nella trattazione di questo argomento, penso sia
giusto esporre il pensiero della Chiesa prima di vederne
le attuazioni pratiche. In “Fiori di Vita” dell’arcid. Calamita del 1928 al n. 463 si legge: ” Nessuna forma di regime è la migliore in se stessa, perché il regime è relativo all’indole, alle tradizioni e all’attività di un popolo; le
quali cose tutte sono differenti da luogo a luogo, da tempo a tempo. In conseguenza, non per questa e quella nazione, ma parlando obiettivamente, io propongo
l’indifferentismo politico. Tuttavia se dovessi scegliere in
astratto – e in pratica poi una scelta deve pur farsi – la
forma migliore di governo è la monarchia, perché più
naturale, più tranquilla, più forte…
Se per altro ti spaventi e vuoi mettere un temperamento,
dai al monarca una consulta, ma solo una consulta;…il
principe deve essere ‘solo’ e ‘superiore’ ” 555.
Continuando a leggere le pagine dell’autore al n.464: “Se
idealmente è bello che tutti contribuiscano col senno e
con l’esperienza, al governo della cosa pubblica - per cui
è legittimabile il regime rappresentativo -, in pratica è una cosaccia… idealmente il governo rappresentativo è
buono, praticamente è imperfetto”. 556.
Il Calamita pur accettando la monarchia indirizza al Re
espressioni severe al n.17: “Guai a te se la tua parola non
è figlia della ragione… attento o re, quando promulghi la
legge.
Se essa comanda cose disumane, gli uomini rideranno di
te e della tua parola; e diranno ‘il Re è un imbecille’. E il
tuo scettro tentennerà nel vuoto aerem verberans. Se essa
è ingiusta, il popolo ti ubbidirà fremente ... ma affilerà la
555
556
Calamita, F.P. Fiori di Vita, …op. cit p. 168
Calamita, F.P. Fiori di Vita, …op. cit p. 167.
398
punta della sua spada per il giorno della vendetta. Se essa
è disonesta, le turbe grideranno: ‘Giù il Re’ e faranno
tremare la base del tuo trono e ti sputeranno sulla fronte.
Se essa non è soffio di amore per tutti, tu scinderai il tuo
popolo: e verrà l’urto tra i tuoi figlioli, l’urto che proietta
faville di odio, folgori sterminatrici” 557.
Nella Casa Sabauda si ravvisa questa monarchia illuminata. E il bollettino ufficiale delle Diocesi annuncia in
prima facciata la visita di S.A.R. il principe Umberto a
Bitonto e a Ruvo accompagnato dall’ammiraglio Bonaldi
per la visita alle Cattedrali, festeggiato da un popolo inneggiante 558.
La Chiesa si unisce in preghiera il 10/1/1926 in Cattedrale - Ruvo per le solenni esequie della regina Margherita di Savoia. Il teologo Ruta la chiama “prima regina
d’Italia, tanto benemerita per le sue elette virtù di sposa,
madre e regina cristiana” 559.
In un avviso sacro stampato, del 5/12/1929, in ricorrenza
della visita del Re a Pio XI, il Vicario Calamita, disponendo il suono delle campane a festa, così dice: ”Indarno
macchinazione di sette e livori di stranieri hanno indugiato che nella luce di Cristo splendesse la luce d’Italia.
L’Italia è con Cristo: e Savoia è col Papa… Chiesa e Patria: l’Italia è una “.
La Chiesa accanto alla Casa Savoia fa una vera apoteosi
del Fascismo e del Duce. Vediamone i moventi in discorsi d’occasione.
Il Teol. Ruta Salvatore per la benedizione inaugurale del
gagliardetto e del Fascio femminile in Ruvo, inneggia a
“un patriottismo sorto – or sono tre anni e più - che noi
dobbiamo aiutare ad affermarsi ancor più; patriottismo
dei giovani, che col nome beneaugurante di fascismo va
557
Calamita, Fiori di vita, op. cit, p.15.
Vita Religiosa (I°) 1923 n.8, p. 57.
559
Vita Religiosa (IV°) 1926 n.1,p.9.
558
399
riunendo in un sol pensiero e in un solo palpito le energie
più fattive, le forze più sinceramente nazionali alla completa rigenerazione e restaurazione politica, finanziaria,
artistica, civile, morale e – perché non dirlo? - anche religiosa, fondamento di vera e duratura civiltà”.
“Sapienti provvidenze del Duce hanno voluto associate
insieme le bandiere nazionali e la croce: sotto questi due
emblemi, la patria risorge e vince” 560.
E per l’inaugurazione di un corso di conferenze da tenere
nella sala della Università Popolare ad iniziativa del Comitato “Pro Cultura” il 1926 a Ruvo, così dice: ” Il governo di Benito Mussolini che con audacia tutta romana
seppe sovrapporsi alle demagogie, ai tentennamenti fatali
dei governi deboli, all’uragano minaccioso e spavaldo
dell’immediato dopo guerra, ha intraveduto fin dai suoi
primi passi, con felice intuito e si è tracciata una nuova
via per la rinascita del popolo italiano; e subito si è messo
all’opera alta e delicata di formare gli Italiani. Il governo
provvidenziale di Benito Mussolini in pochi mesi dal suo
fatidico avvento riuscì a dare una radicale riforma della
scuola; della scuola che per circa 60 anni aveva subito
l’enorme iattura di una volubilità legislativa…
La riforma mussoliniana ha inoltre elevata la scuola a
concezioni più alte, a slanci più potenti, a ideali più nobili
mediante l’attuata rinascita dei valori spirituali, che la
rendono più conforme alle ispirazioni del popolo italiano” 561.
Il sac. Rocco Spadone nell’opuscolo già citato del 1927,
“fra le molte anime intelligenti e impregiudicate, che fino
a ieri militavano in campo avverso” segnala soprattutto
l’Onorevole Mussolini.
“Chiamato al governo del paese in un’ora decisiva per le
sorti dell’Italia – egli, che nel suo animo nobile e ardito
560
561
Ruta, S., Discorsi (minute in mio possesso), 21/3/1926.
Ruta, S., Discorsi (minute in mio possesso).
400
sente tutto il fascino e subisce le strapotenti suggestioni
di questo nome, per il quale tutto ha osato, ha sofferto, ha
dato; egli che, col suo acuto discernimento, nelle lotte
politiche e nella vita di trincea ha ravvisato dove si annidano le risorse vere della grandezza nazionale per difendere la patria dai nemici interni ed esterni del dopo guerra, per risollevare la vita morale ed economica del popolo
italiano, per rialzare il prestigio e l’onore nel nome
d’Italia presso le altre nazioni, non ricorse ai ferrovecchi
del socialismo, e simili arnesi cui da un pezzo più non
crede, ma alle forze fermamente vive dello spiritualismo
cristiano cattolico, cui saggiamente volle orientare la politica della nuova Italia” 562.
Anche il sac. Pasculli Gaetano a proposito del neomalthusianesimo dice: ”Riuscirà Benito Mussolini a vincere
‘la battaglia della vita’ ingaggiata da lui con tanto impeto
in Italia.
Se egli si è impegnato nella lotta per fare della reclame al
proprio regime, otterrà ben poco; se invece egli è intimamente convinto del gran pericolo a cui si espone una
nazione neo malthusiana, qualcosa di concreto, di efficace si avrà senza dubbio. Speriamo che leggi emanate per
questa incruenta ‘battaglia della vita’ non vadano a finire
nel dimenticatoio, come tante altre, e non servano ad accrescere soltanto il numero dei volumi nella miriade di
leggi che governano gli uomini solo nella fantasia di chi
impera” 563.
Il prof. can. Nicola Cuccinella, nel discorso al cimitero
del 1934 “Gli Arditi d’Italia” dice: ” Fiamme nere… avanti sempre, avanti nel nome santo di Dio, nel nome
glorioso della patria, nel nome augusto del Re, nel nome
del Duce, savio condottiero delle sorti più belle d’Italia,
562
563
Spadone, R., Gesù Cristo…op.cit., p.44ss.
Pasculli, Memorie (manoscritto in B.V.B.), 10/2/1930.
401
cui Dio conceda la grazia di ristabilire la pace nel mondo,
avanti… per la prosperità e grandezza della nazione” 564.
Lo stesso canonico nel discorso recitato dinanzi al monumento ossario in onore dei Caduti in guerra il
29/11/1936, nell’anno XV dell’Era fascista, primo
dell’impero dice: ”L’Italia stretta intorno al suo magnifico Duce, dopo 15 secoli, vede brillare sui colli fatali di
Roma, le gemme fulgidissime della corona imperiale, e si
rivela al mondo, faro luminoso di luce ed apportatrice di
pace. La vostra patriottica iniziativa vi nobilita, vi esalta,
vi eleva alla sublime visione del vostro glorioso passato”565.
Lo stesso can. Cuccinella prosegue dicendo:”Con
l’impeto avvolgente e vittorioso dei più bei tempi di Roma imperiale e con la più nobile delicatezza di Roma cristiana, nei nomi sacri del Re e del Duce che ‘per il prestigio, la vita, la grandezza della Patria Fascista intuì e volle, condusse e vinse la più grande guerra coloniale che la
storia ricordi’, segnaste il crollo del vasto impero etiopico
e rivendicaste la morte crudele e straziante dei nostri antichi fratelli, 40 anni orsono, barbaramente trucidati dalla
ferocia di popoli incivili…
Vi portaste nelle nuove ambe africane, nuove perché sconosciute, e non per ambizione di dominio, ma per conquistare terra al popolo; ed a prezzo di privazioni e sacrifici,
apriste le porte di un impero alla fede cattolica e alla civiltà romana…
Voi eravate dominati dalla volontà di potenza e di espansione del nostro popolo, capaci più di qualsiasi altro, di
colonizzare e di portare, anche in terra di barbari, la luce
della civiltà di Roma…
564
565
Cuccinella, Gli arditi… op. cit., p.8.
Cuccinella,N.,Caduti di guerra, tip. Palladino, Bitonto 1937,
pp.11-13.
402
Sette mesi appena e la guerra era finita… L’impero etiopico conquistato, le catene della schiavitù infrante, i nostri morti, vecchi e nuovi, vendicati, il tricolore garriva
vittorioso al vento dal mar Rosso all’Oceano Indiano” 566.
Anche il vescovo A. Taccone nella Lettera Pastorale per
la Quaresima 1937, elogia il Fascismo.
“Grazie a Dio, il fascismo, che sorse come antemurale del
sovversivismo e seppe valorizzare la religione, perché
comprese che nella coscienza cattolica, saldamente formata, è l’arma più potente contro tal nemico, sa bene difendere i sacri confini della nostra patria, che oggi vediamo, con gioia di figli, divenuta più grande e più forte.
Caso mai ci sarebbe da guardarsi da quella gente, che anche in regime fascista, ostenta di ignorare la religione, la
Chiesa, il Papa, rimpiange il passato e a tempo e a luogo
sa lanciare parole tendenziose e frasi rivelatrici di una
mentalità retriva” 567.
Il sostegno al regime fascista si manifestò nelle più varie
circostanze già deducibili dai pensieri riportati.
Il 31/10/1923, come d’altronde ogni anno, per solenni zzare l’anniversario della marcia su Roma il fascio locale
fece celebrare una Messa in piazza Regina Margherita
(Ruvo) da S.E. Mons. Vescovo Ferniani. “Un pubblico
numeroso e devoto assiste al santo Sacrificio; dopo il
quale Mons. Vescovo pronunziò un discorso di occasione, ispirato a sentimenti religiosi e patriottici” 568.
Il Vicario Capitolare di Ruvo teol. Ruta Salvatore nella
Chiesa di S. Domenico il 28/10/1925 alla presenza delle
Autorità benedice la nuova bandiera del ‘ Circolo Letterario sportivo fascista virtus’ facendo voti che non venga
566
Cuccinella,N.,Caduti…op. cit 1937, p. 7.
Taccone, Cattolicesimo e comunismo, tip. Amendolagine, Bitonto
1937, p.5.
568
Vita Religiosa, (I°) 1923 n. 11, p. 85.
567
403
trascurata l’educazione dello spirito dei soci ai sani principi della morale cristiana 569.
L’8/11 nella Cattedrale di Ruvo, “fu cantato un solenne
Te Deum di ringraziamento per lo scampato pericolo di
S.E. Benito Mussolini, Presidente del Consiglio, dal deprecato attentato del 4 di detto mese.
Alla solenne cerimonia intervennero in forma ufficiale,
tutte le Autorità civili e tutti i sodalizi cittadini con numerosissime rappresentanze e relativi vessilli. Parlò infine il
rev/mo Vicario Capitolare mons. Ruta stigmatizzando
l’atto criminoso che avrebbe gettato certamente la Nazione in preda alla guerra civile se, per volere di Dio, non
fosse stato sventato a tempo. Quindi esaltò la figura del
Duce, che fin dagli inizi del suo provvido governo, con
energica volontà e mano ferma, attende alla ricostruzione
della Patria, ponendo a base il risveglio dello spirito
nell’educazione religiosa e civile del popolo” 570.
Questo cerimoniale fu seguito anche per gli altri attentati.
Lo stesso Vescovo Del Buono in un altro scampato pericolo del Duce, in occasione del Te Deum, loda Dio per
averlo salvato, “messo da lui per la grandezza e prosperità d’Italia” 571.
Nell’ingresso di Mons. Del Buono in Ruvo troviamo il
messaggio augurale delle fasciste locali “ animate dalla
pura fede di Cristo” con firma della segretaria politica
prof.sa Conte Maria Palladino 572.
Anche il manifesto del Partito fascista, firmato dal Segretario politico Oronzo De Leo, per la stessa occasione,
vuole essere testimonianza di “quella fede che ci avvicina
569
Vita Religiosa, (III°) 1925, n.12, p.124
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 12, p.124.
571
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.11, p.36.
572
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 4, p. 32.
570
404
al nuovo pastore, per il rispetto che noi fascisti sentiamo
per i rappresentanti della nostra Religione“ 573.
Perfino nel solenne ingresso di Mons. Del Buono nella
piccola frazione di Santo Spirito in cui benedice il gagliardetto fascista, “il Segretario politico avv.cav. Gabriele Cuonzo rivolse il saluto augurale a nome dei fascisti e del popolo sempre pronti ad ogni nobile entusiasmo
religioso e patriottico e non ultimi nell’adempimento di
ogni cristiano e civile dovere in difesa di Cristo e della
Patria” 574.
A testimonianza sempre della loro fede, tutte le organizzazioni fasciste partecipavano alle processioni e festività
religiose, specie a quelle Patronali.
Pur ravvisando nel fascismo un sano sostegno alla fede
cattolica, la Chiesa vigila perché si abbia l’attuazione
pratica di tale intento. Ecco quindi le apprensioni del teologo Ruta, delegato vescovile a mons. Del Buono in una
lettera riservata del 14/5/1927: ”Per gli avanguardisti e
balilla, qui sono stati scelti come fiduciari due ex comunisti noti anticlericali. Bisognerà pensare a nominare
l’Assistente Ecclesiastico. Occorrerà un sacerdote capace,
prudente, energico per poter con molto tatto controbilanciare ogni tentativo deleterio” 575.
In occasione della soluzione della questione romana, la
redazione del Bollettino Ufficiale così si esprime:
“L’uomo di Dio, surto dalla Plebe di Italia, ha sentito vibrare nel petto l’antico spirito dei padri e, fissi gli occhi
nella luce del Nazareno, ha offerto l’Italia a Dio. Un Papa
grande che sa la storia d’Italia e vive nella sua anima la
fierezza di Ambrogio e la carità di Carlo ha dato Dio
all’Italia. L’Italia da oggi prende la sua unità; guai a chi
la tocca! Tutti gli uffici pubblici sono stati imbandierati.
573
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 5, p.36.
Vita Religiosa, (IV°) n. 6, p. 63.
575
In B.V.B.
574
405
Anche i balconi del rev/mo Arcidiacono dott. Calamita
Vicario capitolare erano adorni del tricolore e della bandiera papale (bianco-giallo)” 576.
Il Vicario di Bitonto Calamita in una notifica al clero in
data 12/2/1929 dice: “Noi sentiamo tutta la gioia dell’alto
avvenimento, che la Divina Provvidenza ha compiuto nel
nostro popolo. L’Italia riprende il cammino di civiltà
nella luce di Cristo, che è romano; la Chiesa riafferma le
sue benedizioni sul popolo d’Italia e fa sentire che il papato è, fu e sarà sempre per la nostra terra, la salute e la
forza della vita”.
Il Vicario dispone che nella stessa giornata dalle 11 alle
12 le campane di tutte le chiese squillino in gloria di Dio
e a festa per la Patria; che sia cantato assieme al popolo a
cui va annunziato e spiegato l’avvenimento, un Te Deum;
che per tre giorni nella Santa Messa sia aggiunta la colletta ‘pro gratiarum actione’577.
Il Vicario vedeva realizzato ciò che in “ Fiore di vita” del
1927 aveva auspicato al n.469 : ”La società deve favorire
la religione di un popolo e difendere l’ottima fra tutte le
religioni quella che sola è depositaria del vero e del bene:
non può perciò disinteressarsi nè può ignorare, e, tantomeno, combattere la religione, specie la vera delle religioni” 578.
Anche a cura del Fascio il 24/2 si canta “in Cattedrale un
Te Deum solenne da una folla straordinaria. Mons Vicario parla con eloquenza e strappa gli applausi. Segue il
corteo con selva di bandiere” 579.
Non manca la banda e la presenza del Commissario Ragni e del Segretario politico. A proposito del plebiscito
del 24/3/1929 il Vicario Capitolare di Bitonto in data
576
Vita Religiosa (VII°) 1929 n.1/2, p.8.
in B.V.B.
578
Calamita, Fiori di vita…op.cit.p. 169.
579
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n.1/ 2, p. 9.
577
406
20/3/1929 rende noto ai sacerdoti: “Il regime fascista che
viene operando tenacemente la grandezza della Patria, si
è reso benemerito anche di fronte alla Chiesa, per aver
compiuto la Conciliazione d’Italia con il papato. E noi
della Chiesa abbiamo fiducia nelle sane energie che ci
governano e mostreremo con nostro voto quanto apprezziamo la virtù del bene che si compie nel popolo alla luce
di Dio… Nel Plebiscito d’Italia il clero di Bitonto risponde ”Sì”.
E’ sempre di Calamita la lettera ai Parroci per la festa del
pane in data 12/4/1929: “ L’opera altamente patriottica, la
quale sollecita con un boccone di pane, l’obolo della carità nazionale per i fratelli sparsi in Oriente, non ci trovi
da meno di quanti cooperano al bene della patria”.
Pur nella collaborazione e nonostante il Concordato non
mancano i dissensi.
Il Prefetto di Bari in una lettera riservata personale al Vicario Capitolare, in data 19/9/1929 prot. 1215 dice: dalle
organizzazioni giovanili fasciste di S. Spirito, viene lamentato che quel Parroco, che è pure Direttore spirituale
dei balilla ed avanguardisti, servendosi di tale qualità,
intensificherebbe la propria attività diretta a incrementare
i Circoli cattolici ivi esistenti. Ora tale attività, che di per
se stessa, non avrebbe nulla di censurabile, produrrebbe
l’inconveniente di un possibile allontanamento dei giovani dalle Organizzazioni dei balilla, in quanto le famiglie
non intendono sopportare due quote di associazione. In
occasione poi, della festa del Corpus Domini il predetto
Parroco pur avendo ufficialmente invitato le Organizzazioni Balilla, avrebbe preteso che quelli iscritti al Circolo
cattolico seguissero la bandiera in abito civile con distintivo; (occorre) impedire che si sviluppino contrasti su
questioni di forma, il che sarebbe in contraddizione alla
407
reale sostanza dei fatti rispondenti ad una perfetta coscienza cattolica dei giovani balilla di S. Spirito” 580.
Per l’ingresso di mons. Taccone in Ruvo il Segretario
politico ing. Michele Jatta del Partito Nazionale fascista,
il 14/12/1929 così fa scrivere sul manifesto:
“Camerati…esultate al Pio Pastore che, nella rinata coscienza cattolica italiana, troverà ragione di potenziare
spiritualmente l’intera cittadinanza ruvese” 581.
Anche il Commissario del Fascio di Bitonto Lonardo C.
il 21/12/1929 fa stampare un avviso pubblico :” La nostra
coscienza politica e cattolica, rifatta ormai serena e forte
per virtù del Duce si tempri, adamantina nello slancio di
fede, nella volontà di concordia, nell’amore della religione e della Patria. Voi sorridenti, offriteGli la promessa
della vostra bontà fervida e sincera, come vuole il Duce”582.
Se le Organizzazioni fasciste trovano occasione per esternare la propria fede cattolica, il Capitolo Cattedrale di
Bitonto non può fare a meno di manifestare la propria fede nel regime. Così si esprime a proposito di mons. Taccone: “Primo, dopo l’arcivescovo di Milano, a prestare
giuramento di fedeltà al regime nelle mani di S.M. il Re
Vittorio Emanuele III, sarà fiaccola nel guidarci su quella
via che ci conduce ai più alti destini della Patria sotto il
pugno di ferro del nostro Duce, sarà fuoco nel riscaldarci
d’amore per l’Italia, fatta libera ed una nella benedizione
di Dio” 583.
Questa intesa non sempre è all’unisono; non mancano
dissonanze tra la Chiesa e l’autorità civile che servono
forse a meglio riaffermare i settori diversi d’azione in seno alla popolazione.
580
In B.V.B
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1, p.4.
582
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1, p. 8..
583
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1, p. 9.
581
408
A proposito dell’Azione Cattolica e degli equivoci sorti a
causa dei male interpretati “discorsi di Mons. Pizzardo e
di altri dirigenti pronunziati nell’Assemblea delle rappresentanze delle Giunte tenutesi a Roma” 584 si riassume la
posizione dell’episcopato pugliese in una lettera di mons.
Orazio Mazzella arcivescovo di Taranto: “Come Presidente della Conferenza episcopale pugliese, a nome nostro e degli Arcivescovi e Vescovi della Regione abbiamo con lettera (Taranto 18/6/1931) dato al Capo del Governo la sicurezza che nell’Azione Cattolica posta con
recente Decreto del Santo Padre (Osservatore Romano,
31.5 e 31.6 1931, nonché lettera del Cardinal Pacelli ai
Vescovi del 31/7/1931) alla diretta dipendenza dei Vescovi, non si tollereranno da noi deviazioni politiche.
…Il Capo del Governo ha risposto alla nostra lettera con
telegramma comunicatoci prima a voce, poi in iscritto da
S.E. il Prefetto (Natoli, Taranto 23/6/1931). Le nobili parole del Capo del Governo dimostrano che a lui sono a
cuore non meno la grandezza della Patria che le fortune
della Chiesa. Questi sentimenti fondano la fiducia che Egli, d’accordo col Santo Padre troverà la formula per risolvere la controversia” 585.
La Conferenza episcopale pugliese riunitasi nel Seminario regionale Appulo - lucano il 21/6/1931 rendeva pubblico il seguente ordine del giorno da parte dei Vescovi
della Provincia di Bari che “aderiscono ai sentimenti espressi dall’Arcivescovo di Bari (Mons. A. Curi) nella
lettera indirizzata da lui, in data 12/6, al Segretario federale di Bari (prof. A. Stefanelli), in opposizione a quanto
pubblicato sulla ‘Gazzetta’ del medesimo giorno sotto il
titolo ‘Sacerdoti fascisti’ contro l’Enciclica (sull’Azione
Cattolica), deplorano l’atto inconsulto di alcuni Sacerdoti
della Provincia di Bari, i quali malgrado abbiano profes584
585
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n.8, p. 62
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n.8, p.65.
409
sato tutto il rispetto per l’autorità suprema della Chiesa,
hanno voluto affermare, con mancato senso di opportunità, sentimenti politici che, dato il momento, potrebbero
essere considerati in opposizione alla medesima…; richiamano tutti i Sacerdoti alla rigorosa osservanza
dell’articolo 43 del Concordato, che vieta agli Ecclesiastici di ‘iscriversi e militare in qualsiasi partito politico’
pur dando esempio di rispetto e di sudditanza alle Autorità costituite del regime”586.
586
Vita Religiosa, (IX°) 1931 n.8. p.66.
410
RAPPORTI TRA AUTORITA’ RELIGIOSA
E AUTORITA’ PUBBLICA
I rapporti dei Vescovi colle Autorità erano improntati al
reciproco rispetto, talvolta a intima collaborazione senza
rinunciare alle specifiche prerogative ed erano motivati
da profonde convinzioni.
In un articolo di Vita Religiosa dal titolo ‘E’ necessaria la
morale?’ si afferma la necessità dell’Autorità della Chiesa nelle Istituzioni pubbliche:”La politica, si dice, la legislazione, la libertà, l’’uguaglianza, la fratellanza tanto
strombazzate ai nostri giorni, la questione sociale, hanno
con la morale rapporti intimi, innegabili: essa ne è la linfa
vitale. L’uomo non fu messo al mondo per caso ma per
raggiungere una meta ; per conseguirla deve praticare la
virtù. Ma che sarebbe la virtù senza le leggi della morale?” 587.
E nell’articolo dello stesso Bollettino ‘A Cesare ciò che è
di Cesare’, se ne espose più dettagliatamente il pensiero,
esaltando il potere costituito cui la Chiesa deve sottomissione nel suo genere. “ Gesù - si dice - in tutta la sua vita
terrena diede esempi luminosi di subordinazione al potere
costituito …A chi un giorno gli tendeva insidie nel campo politico rispose categoricamente: ‘rendete a Cesare ciò
che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio’. La promulgazione e l’espansione del Vangelo non turbò affatto le sorti
delle Nazioni…solo i cristiani si mantenevano
nell’ordine, nella disciplina, convinti di quei grandi principi di morale evangelica: ’Chi resiste alla potestà, resiste
all’ordine dello stesso Dio’. Non il timore del castigo, ma
un dovere, un principio di coscienza illuminata deve produrre la sottomissione… Dieci ferocissime persecuzioni
587
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.1, p.5.
411
diedero al Cielo milioni di martiri, non sollevarono un
ribelle…” 588.
Nel Bollettino lo stesso anno si afferma che “l’aver tentato di separare la politica dalla morale evangelica, è stato
uno degli errori più gravi e fatali spacciati nel mondo
moderno … Solo i canoni divini hanno la potenza di formare Principi veramente grandi, ministri incorrotti, legislatori sapienti, governatori illuminati, sudditi fedeli, figli
obbedienti e cittadini onesti” 589.
Non meraviglia quindi la presenza del vescovo Ferniani
per la posa della prima pietra della ferrovia Bitonto - S.
Spirito, ove tiene un discorso l’8/5/1923: “ Scienza, benessere, civiltà, rettamente intese, sono il veicolo per
giungere alla religione e il mezzo per conservarla perché
sono doni di Dio, che di Dio parlano e a Dio conducono”590.
Testimonianza della Chiesa disposta a prendere a cuore
anche le iniziative degne della cosa pubblica è una comunicazione ed esortazione in Vita Religiosa, circa un servizio di pulizia urbana con carri a suoni di tromba fissato
dal Commissario Prefettizio di Bitonto Cav. Magliocca591.
Ciò non toglie che il vescovo Ferniani in circostanze particolari prendesse le sue distanze. In data 6/8/1924 scrive
al Commissario di Pubblica Sicurezza di Bitonto, esigendo decisioni ben precise circa l’apertura di una casa di
tolleranza, fabbricato che è quasi attiguo alla Chiesa parrocchiale di S. Maria La Porta. “E’ tale che quando tale
destinazione addivenisse un fatto compiuto, un grave disturbo sarebbe arrecato all’esercizio del culto in quella
Chiesa, sarebbe tolta la libertà di accesso ai fedeli, il ser588
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.2, pp19-20.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.12, p.119.
590
Vita Religiosa, (I°) 1923 n.6, p.42.
591
Vita Religiosa, (II°)1924 n. 11, p. 93.
589
412
vizio religioso notturno richiesto per gli infermi sarebbe
compromesso, e la gioventù della parrocchia, che deve
recarvisi per le funzioni e le istruzioni religiose, sarebbe
esposta, specie in certe ore, a incontri o scene equivoche
…(Occorre) provvedere perché tale sconcio non abbia a
verificarsi” 592.
Vita Religiosa riporta poi una lettera di commiato del
giudice Cav. Annibale D’Alonzo pretore di Bitonto, datata 17/5/1925 da cui traspare la presenza della Chiesa
anche nella vita pubblica: ”Lascio la Pretura per passare
al Tribunale di Bari. Saluto lieto e memore sempre della
cordialità dei rapporti costantemente servati a fin di giustizia in numerose pratiche e del sentito patriottismo dimostrato” 593.
Le autorità non mancavano di partecipare alle festività
religiose. Emblematica è la festa di S. Francesco di Paola.
Presenziava il vescovo e “assistevano tutte le autorità civili, militari, amministrative e giudiziarie. All’offertorio
il Commissario Prefettizio presentò a Mons. Vescovo la
tradizionale offerta di cera a nome del Comune” 594.
Per l’ingresso di Mons Del Buono in Ruvo, in un manifesto, il Cav. Forti, Commissario Prefettizio, dice che, porgendo la propria deferenza e augurando, “dimostreremo
che abbiamo capito e assecondiamo i voleri del nostro
Duce, il quale vuole che la religione di nostra patria sia
quale è, una delle più potenti leve per la elevazione ed il
consolidamento delle virtù civili” 595.
Questo rapporto di reciproca necessaria presenza nella
vita locale viene confermata anche dal manifesto del
Commissario Perrone per l’ingresso a Bitonto del Vescovo: “La fortunata coincidenza dell’ingresso del nuovo ve592
In B.V.B.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n. 5, p. 66.
594
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.5, p.73.
595
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 5, p.36.
593
413
scovo con la celebrazione francescana, elevata dal genio
di Mussolini a solennità nazionale, conferma ancor meglio che qui Patria e Religione furono e sono sempre unite”596.
In questi messaggi augurali non si tralascia di mettere in
luce anche il perché di una sicura riuscita nella reciproca
connivenza. Infatti il com. avv. Raffaele Pasculli del
Consiglio d’Amministrazione del Credito Pugliese, nella
stessa circostanza dice: “Ho meditato più volte sulla valutazione eminentemente cristiana, obiettiva e serena che
Ella fa nella vita”597.
La stima sempre crescente verso l’autorità religiosa, riporta a ripensamenti su decisioni del passato e a riconfermare l’utilità di presenza in ambienti particolari. E’
indicativa una lettera del Commissario Prefettizio Tenente Col. Forti di Ruvo in data 1/9/1926 al vescovo Del
Buono. “E siccome è mio convincimento, per
l’esperienza fattane, che in materia, i richiami, le punizioni, il rigore, insomma non bastano a far nascere e a
stimolare quei sentimenti di carità cristiana di religione
dei trapassati, di rispetto e di comprensione dei sentimenti dei congiunti, che soli possono provocare quella
cura diuturna ed affettuosamente pia che un cimitero richiede, e siccome anche per ragioni economiche, il Comune ha da tre anni soppresso il Cappellano, sarebbe mia
intenzione di ripristinare questo e di ovviare contemporaneamente a tutti gli inconvenienti sopra lamentati, istituendo un Cappellano Custode”.
Anche il Podestà di Bitonto Achille il 26/6/1927 chiede al
vescovo Del Buono la valida collaborazione di un sacerdote coscienzioso per procedere ad una completa revisione dell’elenco dei poveri per la cura e i medicinali gratuiti.
596
597
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 5, p. 38.
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n. 5, p. 39.
414
Sotto Mons. Del Buono non mancarono però delle nette
prese di posizione per affermare di fronte all’autorità
pubblica le proprie prerogative . Riportiamo gli stralci più
importanti da un carteggio sul suono delle campane, in
cui si afferma la collaborazione reciproca senza nessuna
ingerenza. Il Podestà Di Bitonto Achille, il 15/9/1927
scrive a Del Buono: “…Il suono delle campane assume in
questo comune una intensità a volte insopportabile che
reca non poco fastidio ai cittadini e ai pubblici uffici; dove si rende addirittura impossibile il lavoro … non credo
contribuisca affatto alla migliore affermazione della fede.
Avrei pensato in conseguenza di porre un riparo al grave
inconveniente, preparando il regolamento di cui per conoscenza le trasmetto copia”.
Il vescovo Del Buono risponde da Bari il 20/9/1927:
“Innanzi tutto il regolamento in esame sconfina dalle attribuzioni che l’autorità civile ha in subiecta materia, essendo di esclusiva competenza dell’Autorità Ecclesiastica regolare l’uso delle campane, a norma del diritto canonico e della stessa giurisprudenza civile, mentre
all’autorità comunale spetta solo reprimere gli abusi che
di fatto si verificassero in un determinato paese. Con il
regolamento in parola poi, l’autorità civile ed ecclesiastica si costituirebbero subordinate al giudizio di ogni singolo cittadino o famiglia interessata, che durante un periodo di infermità, mirasse ad ottenere un certificato medico per la sospensione dell’uso delle campane. Il che sarebbe enorme. Il suono delle campane va regolato invece
dal diritto canonico, dalle consuetudini locali, dagli statuti ultracentenari di non poche corporazioni religiose.
Un regolamento dunque che faccia astrazione da tali considerazioni, anche se pubblicato con gli onestissimi intendimenti intesi dalla S.V.I. sarebbe sfavorevolmente
accolto dal pubblico, richiamerebbe alla memoria qualche
sistema, inaugurato a suo tempo, in qualche comune socialista, per la restaurazione delle libertà civili e religiose;
415
impegnerebbe l’autorità civile in continui litigi con le
parti contendenti e offrirebbe fuori di Bitonto una strana
documentazione della psicologia di questa città per tanti
titoli degna di considerazione ed encomio. Sono pertanto
di parere che più che un vero e proprio regolamento…(occorre) alla bisogna una semplice ordinanza sindacale, che fissi summatim ed in un solo articolo quello che
di veramente grave e pregiudizievole alla pubblica quiete
si vede reprimere nell’abuso che talora si fa delle campane e in ora che non possono essere assegnate al culto divino”.
Il Podestà in risposta il 27/9/1927 si scusa dicendo di non
aver avuto intenzione di intromettersi in pratiche religiose:” Anzi per dimostrarle ancora meglio la mia deferenza,
aggiungo che anziché con la mia ordinanza, il suono delle
campane potrebbe essere regolato con disposizioni
dell’E.V….” 598.
Trovata l’intesa, il vescovo sul Bollettino ufficiale così
scrive: ”Per aderire all’invito dell’ill/mo signor Podestà
di Bitonto o per meglio prevenire gli abusi del suono
delle campane, che danno spesso occasione a ricorsi non
ingiustificati da parte dei cittadini infermi o dediti a seri
lavori di ufficio è proibito suonare più di tre volte con più
di mezzo minuto alla volta nelle necessità di culto. E’
proibito altresì suonare prima dell’aurora, dopo il mezzodì nei giorni feriali, dopo l’una pomeridiana nei giorni
festivi e fino alle ore 21 e dopo le due ore di notte” 599.
Anche il Presidente F. Ragni del Comitato di Patronato di
Bitonto per la protezione della maternità e dell’infanzia,
sente la necessità di rivolgersi al vescovo Del Buono. Se
ne riporta la lettera: “ Ci permettiamo far noto a S.E. che
l’ambulatorio pediatrico presso il locale Ospedale civile è
scarsamente frequentato dalle madri. Ciò limita i benefici
598
599
In B.V.B.
Vita Religiosa, (V°) 1927 n. 11, p. 75.
416
che questo Comitato di Maternità può apportare alla salute dei bimbi poveri. Per tanto sarei grato se V.E. si degnasse di interessare i Reverendi Parroci ad esortare vivamente le madri a condurre all’ambulatorio i figli bisognosi di assistenza sanitaria”600.
La stima nei confronti della Chiesa da parte di questo
Comitato viene coronata dall’applicazione delle disposizioni governative da parte del prefetto Perez che in data
11/8/1933 chiede a Mons Taccone di nominare i sacerdoti che entrano a far parte di diritto. Il Presidente Avv
De Palma dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia
O.N.M.I., sicuro di trovare una giusta rispondenza, scrive
al vescovo Mons Taccone il 3/11/1933 per la celebrazione voluta da Mussolini della ‘giornata della madre e del
fanciullo’, il 24/12. Così si esprime: ”Sia fatto dai reverendi parroci in tutte le Chiese uno speciale cenno al significato della manifestazione voluta dal Regine e sia esaltata la maternità nella divina figura di Maria in una
atmosfera prettamente spirituale” 601.
L’autorità civile con gli stessi accenti con cui esaltava le
istituzioni proprie, andava facendo anche l’apoteosi dei
valori religiosi. Il Podestà dott. Michele Cassano, in occasione dell’ingresso di Mons. A. Taccone nella Diocesi
di Ruvo, faceva stampare il 13/12/1929 un manifesto augurale: “ Viene tra noi, per raggiungere sulle orme di Cristo il laborioso e difficile apostolato dell’elevazione e del
perfezionamento delle anime” 602.
Lo stesso Podestà, alle porte della città, dice: ”Possa diffondere nel nome Onnipossente di Cristo, il suo evangelo
di luce, di concordia, di amore ed esaltare la missione austera dell’elevamento spirituale di questa Ruvo” 603.
600
Vita Religiosa, (VI°) 1928 n. 11, p. 83.
In B.V.B.
602
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1, p. 4.
603
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 1, p. 5.
601
417
Anche il Commissario Prefettizio, Santoro così faceva
scrivere sul manifesto del 21/12/1929 per l’ingresso a
Bitonto: “ Viene nel nome di Cristo per una missione religiosa, civile, di amore e di pace” 604.
E il V. Commissario Prefettizio Dragone, alle porte della
città, così riceveva il vescovo : ” Questa città che ha tanto
trepidato per le voci che circolavano circa la soppressione di questa sede vescovile, non può credere quanto abbia
gioito nel vedere riconosciuta una sua antica e gloriosa
istituzione … Siamo quindi ben sicuri che nessuna nube
verrà mai ad offuscare, sia pure in misura larvata, le cordiali e belle relazioni che devono legare l’autorità civile
con l’autorità religiosa, specie ora che lo Stato e la Chiesa
hanno scritto una delle pagine più belle della storia, con
quella del Concordato che, dissipa ogni scrupolo di coscienza, e che permetterà alla Chiesa e allo Stato uniti,
tante belle iniziative per la grandezza della nostra Italia”605.
E Mons. Taccone godette di un felice rapporto con le
autorità. Il Prefetto di Bari il 24/10/1930 assicura il suo
intervento “in relazione alle vive premure per il ricovero
di due orfane presso un orfanotrofio della Provincia”.
Il vescovo forte della stima di cui godeva, la rendeva nota
con semplicità al suo Clero, invitandolo ad usarla
anch’esso per il bene delle istituzioni religiose.
“Carissimo parroco - dice Mons. Taccone - è bene consultare il sostituto procuratore del Re, che è mio amico, o
il giudice Cervelli o altra persona competente”. Così in
una lettera al sac. Michele Raffaele, parroco di Palombaio il 20/8/1940.
Le relazioni più che amichevoli con il Regime, messe a
disposizione delle Diocesi fruttarono a mons. Taccone la
decorazione della Commenda della Corona d'Italia.
604
605
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.1 p.10.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n. 1, p.11.
418
Nell'invito del 3/3/1938 per la cerimonia del 7/3/1938, il
comitato così annuncia l'evento: "Sarà una manifestazione di filiale stima e devozione al padre zelante; sarà il
plauso delle anime per la pace compiuta tra Chiesa e
Stato, che hanno trovato, nel genio di un grandissimo
uomo, l'armonia e il consenso per le sempre e più mirabili fortune della Religione e della Patria" 606.
Tale onorificenza era il coronamento di una attività spesa
per la più nobile e proficua intesa tra Stato e Chiesa.
Chiara testimonianza sono le pagine di questa ricerca su
"Cultura ed Arte".
Per avere un'idea sempre più chiara della collaborazione
esistente, è bene ora soffermarsi sul cordoglio da parte
degli enti pubblici per la morte di due vescovi in Diocesi:
Mons. Ferniani e Mons. Del Buono.
Per Ferniani la notizia del suo decesso fu portata a Ruvo
alle ore 6,30 dall'ill/mo sig. Commissario Prefettizio informato della grave sciagura alla stazione di Bitonto, venendo egli da Bari nella stessa mattinata.
"In automobile giungevano a Bitonto il Sig. Cav. Giovanni Sereno, Commissario ed il delegato vescovile teol.
Ruta" 607.
A Ruvo per ordine del Commissario Prefettizio fu ordinata la chiusura delle scuole per tre giorni, la sospensione
del lavoro per tutti gli operai ingaggiati per conto del
Comune, la sospensione delle udienze della R. pretura,
dopo commoventi parole di cordoglio del cav. uff. avv.
Francesco Boccuzzi.
Chiusura dei negozi ed esposizione delle bandiere abbrunate sul Comune e su tutti i pubblici uffici. L'esempio fu
subito seguito da tutte le associazioni culturali e politiche
della città.
606
607
In B.V.B.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.5 p.76.
419
Dappertutto "lutto cittadino" e manifesti pubblici. Ne riportiamo alcuni.
Il commissario prefettizio G. Sereno così fa scrivere:
"...Con indicibile dolore vi annunzio che stamane è morto
il sacro prelato, che dalla Divina Provvidenza ebbe in dono le più elette virtù cristiane; che fu ministro di Dio e
Sacerdote di Cristo immacolato; che dando luminoso esempio di amor di Patria consacrò tutte le sue spirituali
energie a condurre la sua diocesi ad opere di pace e misericordia; che amò questo popolo con cure dolcemente
paterne... Onoriamo l'eletto spirito raccogliendoci nella
fervida preghiera di cui egli fu ispirato e venerato apostolo"608.
Ed ecco il manifesto del Direttorio Fascista: "Dopo Luigi
Bruno, Ruvo non ricordava un' Anima pastorale così intimamente compresa del suo nobilissimo Ministero, nè di
tanta sapienza evangelica ornata, nè di tanta profonda e
vasta dottrina!" 609.
L'avvocato Salvatore Fenicia e il dott. Michele Cassano
per il Consiglio Direttivo dell'Associzione "Pro Cultura"
e "Università popolare" così fanno scrivere:"Abbiamo
tuttora negli occhi la figura intellettuale, serafica del
Santo Prelato intervenire con la più nobile spontaneità, a
varie nostre conferenze!".
Il 25 Maggio a Bitonto si snoda il corteo funebre. Da Ruvo partecipano in numero di 2000 persone. Sono presenti
stendardi e associazioni della 'Pro Cultura', delle scuole
Complementari ed Elementari, del Direttorio del Fascio,
dei circoli 'Sportivo-letterario', 'Bovio', 'Italia', dei Mutilati, dei Combattenti, delle Vedove di guerra e dei Sindacati fascisti.
608
609
Vita Religiosa, (III°) 1923 n.6,7, p.88.
Vita Religiosa, (III°) 1923 n.6/7, p.89.
420
Nel trigesimo di mons. Ferniani, a Ruvo il Commissario
Prefettizio Sereno annunzia con manifesto la solenne
commemorazione da lui voluta insieme al Capitolo.
Mons. Gioia, vescovo di Molfetta, di Terlizzi e di Giovinazzo, e Amministratore di Bitonto, viene invitato per
l'occasione. Benedice una lapide commemorativa disposta sulla facciata del nuovo palazzo vescovile, voluta ed
ordinata, dal Commissario Sereno.
Il testo della lapide dice: "Fede e civismo mossero / Placido Ferniani / vescovo di Ruvo e Bitonto / a confortare
con suo assenso / l'Amministrazione della città / all'opera
da più lustri auspicata / del restauro / dell'antica nobilissima Cattedrale / e dell'erezione di questo nuovo palazzo.
/ La santità di vita e di opere / del venerato Pastore / eterni questo marmo/ per volontà del popolo. XV luglio
MCMXXV" 610.
Riassumiamo anche per Bitonto la partecipazione alla
morte di mons. Ferniani.
Gli uffici pubblici, le scuole e i circoli esposero le bandiere abbrunate. In tutte le classi elementari, per disposizione del Direttore Didattico, fu commemorata ed illustrata agli alunni la nobile figura del vescovo defunto.
I Combattenti locali, con apposito manifesto, per onorare
la memoria dell'illustre presule, rimandavano al 7 giugno
la celebrazione della festa nazionale del 24 maggio.
Il Commissario Perrone su manifesto fa scrivere:"La
pietà religiosa e la tempra adamantina dell'estinto, che
furono sommamente care a quanti ebbero la ventura di
avvicinarlo, saranno sempre il miglior ricordo della sua
breve permanenza tra noi" 611.
Durante il corteo in particolare sfilarono per Bitonto le
associazioni laiche famiglie cadute in guerra, mutilati,
combattenti, fascio, sindacati, piccola proprietà, circolo
610
611
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.8, pp.99-100.
Vita Religiosa, (III°) 1925 n.6/7, p.87.
421
C. Verri, fornai, carrettieri, fratellanza operai, negozianti
tessuti, fabbricanti di calce, circolo operaio, spaccapietre,
muratori, parrucchieri, la magistrale, la federazione agraria, personale municipale, agraria, circolo studenti 'Ferruccio', la società tiro a segno, circolo unione bitontina,
impiegati civili, l'Umberto I, la scuola serale di disegno.
La stampa interessata alla morte di Ferniani fu: il Corriere d'Italia, la Gazzetta delle Puglie, il Giornale delle Puglie, il Giornale d'Italia, la Tribuna, il Mattino, il Roma, il
Popolo d'Italia, il Mondo e altri minori che ripetono
quanto testè è stato detto.
Il 5/11/1930 fu esumata la salma di Mons. Ferniani e il
9/11 alle ore 15.30 fu traslata nella Cattedrale di Bitonto
con corteo "interminabile".
Il Podestà di Bitonto S. Santoro per l'occasione fa affiggere l'8/11 questo manifesto: "...Amò e guidò il nostro
popolo come padre affettuoso. Un vuoto sorse allora
spontaneo nell'animo di tutti, perchè fosse concessa la
tumulazione nel nostro Duomo: a tal uopo si raccolsero
oblazioni, si iniziarono pratiche, si superarono ostacoli.
Quel voto diventa ora un fatto compiuto con la cooperazione di tutte le autorità cittadine e segnatamene del nostro vescovo Mons. Taccone" 612.
Per la fulminea dipartita di Mons. D. Del Buono, si riporta ben poco a proposito delle autorità. Per Bitonto il
Podestà Lorenzo Achille il 17/1/1929, fa scrivere, a nome
della città sul manifesto: "Esistenza tutta intessuta di soave e angelica bontà" 613.
Fra i più significativi cordogli, troviamo una lettera all'arcidiacono di Bitonto, dell'av. gran. uff. V. Roppo da
Bari. Il giorno stesso della morte 16/1/1929 scrive: " Mi-
612
613
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.11, p. 74.
Vita Religiosa, (VIII°) 1930 n.11, p. 74.
422
te, prudente, angelico era fatto per diffondere in amore la
sua opera pastorale. Ne ho scritto sul Giornale d'Italia"614.
Riportiamo in ultimo una sintesi sulla personalità del vescovo fatta da F. Ragni, presidente del Patronato Maternità ed Infanzia, sul Corriere d'Italia del 18/1/1929 nell'articolo 'La morte di S. E. Mons. D. Del Buono'.
In esso dice: "Del Buono era veramente 'buono', di quella
bontà che consola, che incoraggia, che insegna, che perdona; di quella bontà madre di rettitudine e di abnegazione...
E la modestia dava forza e rilievo a quelli che erano i
suoi grandi meriti, il suo valore immenso. Oratore forte,
robusto ed attraente, sapeva trovare le vie più recondite
del cuore per trarre gli insegnamenti di verità e di vita che
devono essere il fondamento di ogni anima cristiana" 615.
614
615
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n.1/2, p.3.
Vita Religiosa, (VII°) 1929 n.1/2, p.7.
423
CULTURA E ARTE
Il clero si mantenne aperto alla cultura; ne fu invitato a
partecipare soprattutto negli elementi più rappresentativi.
Diamo qui stralci di un discorso del teologo Ruta Salvatore nella circostanza della benedizione della bandiera
delle scuole in Ruvo in data 3/6/1923.
"Benedetta dal sacerdote... ci dice che la scuola per essere
degna della sua missione sociale, non deve fare a meno di
Dio, che è verità essenziale, eterna, immutabile, universale; di Dio che è luce indefettibile, sola capace di illuminare la notte dei secoli e guidare le menti umane affaticate e sempre trepidanti sul difficile cammino per la ricerca della verità; di Dio che è il Signore di tutte le
Scienze".
"Accanto al vostro progresso intellettuale, ponete il vostro progresso morale nei costumi, nell'educazione, nella
bontà d'animo, senza le quali doti non potrete mai ottenere grandezze vere" 616.
L'interesse culturale portò ad approfondire il problema
della lingua. Il can. Gaetano Pasculli infatti scrive a S.E.
Benito Mussolini, Presidente dei Ministri il 6/7/1923
sulla mancanza di regole fisse nella nostra lingua.
“Ecc. za, giacchè quest'anno saggiamente ha voluto che
gli Italiani celebrassero i "Promessi Sposi" del Manzoni,
che tanto lustro accrebbero al nostro idioma gentile, non
sarebbe opportuno pigliare occasione da tali festeggiamenti per dar maggiore incremento alla nostra bella lingua mal conosciuta da noi e poco studiata dagli stranieri?
Tra le possibili riforme per renderla più accessibile a noi
e in modo speciale agli stranieri, ve ne sono alcune di facile attuazione. E' risaputo che noi stessi non siamo in accordo nè riguardo al suono chiuso o aperto dell' "e" e dell'
"o", al suono aspro o dolce della "s" e della "z" nè e
616
Ruta,S., Discorsi ( minute in mio possesso).
424
molto meno nella terminologia usata nelle nostre grammatiche. Queste divergenze se creano fra noi non poche
difficoltà nell'apprendere la lingua è facile immaginare
quante ne creeranno tra gli stranieri.
Queste riforme che potrebbero sembrare futili, in realtà
sono necessarie. Però non si potranno mai attuare, se
qualche persona autorevole e di fermi propositi, non le
imponga.
L'E.V.Ill/ma che ha dato non poche prove di energie di
fermezza, sarebbe l'unica persona adatta per metterla subito in attuazione senza tante logomachie.
Il Ministro della Pubblica Istruzione, degnissimo suo
collaboratore, d'accordo con V.E. potrebbe con qualche
decreto obbligare tutti gli editori di libri o di riviste, di
giornali, di qualsiasi altra stampa e segnare in ciascuna
parola l'accento tonico.
Nello stesso tempo, il Ministro potrebbe affidare a qualche Accademia o Consiglio di letterati la facoltà di decidere nei casi dubbi. L'attuazione di questa riforma farebbe cessare subito il caos attuale in cui anche persone colte
non sono sicure se debba per esempio pronunziarsi: régime come dice S.E. Caradonna, o regìme come dicono i
più, sépara o sepàra, càlibro o calìbro, rùbrica o rubrìca e
via di seguito.
Maggiori difficoltà certo si incontrerebbero per attuare le
altre accennate riforme, ma volenti nihil difficile.
Il Ministro della Pubblica Istruzione potrebbe d'ora innanzi obbligare gli editori ad adottare, fissando forse un
periodo perentorio di tempo, segni diversi per i suoni aperti o chiusi della "e" e dell' "o" e per il suono aspro e
dolce dell' "o" e della "z".
Egli inoltre dovrebbe affidare ad una Commissione di
letterati il compito di fissare una terminologia unica da
adottarsi da compilatori di grammatiche italiane. Così
soltanto si verrebbe ad eliminare la confusione che nasce
425
specialmente nei giovani quando passano da uno all'altro
testo di grammatica.
Attualmente è una vera babele. Gli stranieri che si accingono all'arduo lavoro di apprendere il nostro idioma,
certamente incontrano grandi difficoltà anche a riguardo
della pronuncia e c'è da ridere a crepa pelle nel sentire la
guerra spietata che fanno gli accenti. All' E.V. dunque
anche l'onore di facilitare lo studio della nostra bellissima
lingua." 617.
Tramite il dott. Michele Cassano, l'associazione 'Pro
Cultura' invita il teologo Ruta il 6/1/1925 a "tenere conferenze per l'incremento" dell'Università popolare da essa
dipendente.
Il Commissario Prefettizio Forti F. lo nomina il
16/1/1926 membro del comitato dell'Ente 'Pro Cultura':
"...poichè ritengo che Ella per cultura, attività e interessamento per il pubblico bene, dia pieno affidamento di
un'opera alacre e volenterosa per quest'ente tanto unico e
benefico" 618.
E nello stesso anno il teologo Ruta inaugurando le conferenze dell'Università popolare si esprime in questi termini
a proposito della cultura: "Nessuno potrà mai disconoscere che la missione sociale della scuola è duplice: istruire,
educare; porgere all'intelligenza il suo alimento naturale la verità -; formare il cuore e la volontà al bene, alla virtù...
La scuola per rispondere ai suoi fini deve avere una terza
garanzia: deve essere corredata di quelle opere sussidiarie
che le apprestino cooperazione leale ed efficace...
E’ noto che in Bari si è costituito - legalmente riconosciuto - l'ente pugliese di cultura popolare e di educazione professionale... Ruvo è stata fra le prime città della
puglia a costituire un'associazione del genere, la quale ha
617
618
In B.V.B.
In B.V.B.
426
iniziato e proseguito un lavoro fecondo. E se oggi un
nuovo Comitato l'ha sostituita, non dimentichiamo i benemeriti che quell'associazione fondarono e ressero con
intelligente operosità...Il nostro comitato 'Pro Cultura'
rientra ora in un campo ufficiale, fa suo il programma
stesso dell'Ente Pugliese attuandolo secondo che dalle
circostanze di luogo, di tempo e di mezzi sarà consentito.
Il comitato nostro non farà dell'Accademia, almeno in linea ordinaria, oltre alla guida e allo sviluppo delle varie
maestranze già esistenti, e di qualche altra, che si propone
di istituire (permettendo mezzi), noi promuoveremo un
più largo funzionamento del Cinematografo e del teatrino
educativo.
Metteremo su una biblioteca popolare. Concentreremo in
modo speciale tutta la nostra attività in corsi periodici di
conferenze-lezioni per la Università popolare che è un'istituzione, dalla quale molti attendono la sana cultura e la
educazione etica del popolo.
Formare i nuovi italiani. E non gli intellettuali soltanto,
ma anche (e soprattutto) operai perfezionati, lavoratori
tecnici figli del popolo, coscienti e liberi, di carattere integro e di salda dirittura civica, morale, politica e sociale"619.
La disponibilità dell'Ente pugliese di Cultura Popolare di
Educazione professionale, viene riconfermata anche nel
messaggio augurale per l'ingresso del Vescovo: "Mons.
Del Buono trovi nel suddetto Comitato un valido cooperatore per l'elevazione morale-intellettuale di questo popolo" 620.
Anche il presidente Jatta dell'Opera Nazionale Dopolavoro, sezione di Ruvo, volle servirsi della intelligenza del
teologo Ruta nominandolo in data 9/4/1929 al ramo
"cultura" quale componente il Consiglio direttivo.
619
620
Ruta S.,Discorsi (minute in mio possesso).
Vita Religiosa (IV°) 1926 n. 4, p. 32.
427
La Chiesa prende anche l'iniziativa nei confronti di determinate compiacenze dell'Autorità scolastiche a danno
della cultura.
Il Parroco di Palombaio don Michele Raffaele fa sottoscrivere ad alcuni padri di famiglia una lettera al Provveditore degli Studi di Bari in data 3.5.1928: "L'insegnante
Calia Enrico di questa frazione Palombaio, che è il più
deficente di cultura fra gli insegnanti di questa frazione,
sotto le spoglie dei mutilati di guerra, non ne fa nulla o
quasi dei suoi doveri di insegnante. Egli si vanta in pubblico ed in privato della protezione del Direttore didattico, che è amico di suo fratello e quindi spesso non fa
scuola e, quelle poche volte che vi si reca, dopo poco
pianta a scuola i ragazzi e si assenta recandosi in casa sua
per i suoi affari, o in campagna per vigilare i contadini
che lavorano nelle sue terre.
Che il Governo voglia usare a costui tutte le agevolazioni
a noi padri di famiglia non interessa, però interessa che i
nostri figli abbiano l'istruzione e quindi il Governo gli dia
altrove un posto dove possa far poco o nulla, ma non qui
dove sono appena 4 insegnanti...ne attendiamo di vedere
gli opportuni provvedimenti" 621.
Anche l'Autorità civile prende a cuore la cultura religiosa.
E’ significativo a tal proposito una lettera del R. Ispettore
Scolastico Pellegrino Testa della 2^ Circoscrizione di Bari al vescovo mons. Taccone in data 12.1.1938: " Le disposizioni - si dice - dell'art.110 del Regolamento generale, 26 aprile 1928 n. 1297, più che impegnare questo
Ufficio in un adempimento burocratico, gli dà occasione
a compiere un dovere particolarmente gradito...Le mie
direttive e le mie cure per l'insegnamento religioso sono
costantemente vigili e premurosi, dato che esso assume
621
Raffaele, M. Manoscritto in mio possesso.
428
sempre più un carattere, un significato e una importanza
fondamentale ai fini dell'efficacia della Scuola.
Se l'azione educativa più che al presente mira all'avvenire, i sani e santi principi della fede sono la promessa e la
guarentigia migliore, perchè i singoli cittadini e la grande
Patria seguano senza interesse la via maestra della vera
civiltà...
Dal primo giorno dell'anno scolastico l'insegnamento in
parola è parte precipua dell'attività degli educatori. Allo
studio e all'apprendimento delle formule non si tralascia
di ammettere tutta l'importanza che ad essa va riconosciuta" 622.
Nelle Diocesi è anche presente una profonda partecipazione alla cultura come arte. Il teologo Ruta, in occasione
della benedizione del quadro di S. Cecilia, presa a speciale protettrice della banda musicale di Ruvo, diretta da
A. Amenduni, nel novembre 1925 dà suggerimenti su una
vera cultura artistica: "Fondamento essenziale dell'arte
musicale è il rapporto naturale che esiste tra i suoni e l'anima umana. Scopo dell'arte è riprodurre il bello ed elevare ed attirare verso di esso. La musica perciò, perfeziona i suoni, affinchè esprimano in tutta la loro potenza i
sentimenti dell'animo per elevare suoni ed anima verso la
bellezza perfetta.
La musica nobilita, trasforma, trasumana le creature ragionevoli e ne forma prodigi di santità, miracoli di eroismo, degni della più schietta e sentita ammirazione dell'umanità. La musica non è soltanto intima soddisfazione
personale, ma è palestra di istruzione, è scuola di civiltà e
di progresso indefinito; è civile educazione di popoli, ed
ancora indice di elevate aspirazioni di una società progredita, la manifestazione della sua vita intellettuale e
morale" 623.
622
623
In B.V.B.
Ruta, S., Discorsi (Minute in mio possesso).
429
La sensibilità della Chiesa per tutto ciò che è formazione
ed educazione di un popolo, la profonda stima per i valori
dell’arte, la vede impegnata, in quasi tutti i Bollettini ufficiali, a riportare notizie storiche e artistiche sulla Cattedrale di Ruvo e in particolare una lunga trattazione sulla
Cattedrale di Bitonto 624, entrambi gioielli d’arte romanica.
Questo nobile intento è accompagnato da un’alacre attività per la restaurazione degli stessi monumenti. In Vita
Religiosa si riporta lo stato deprecabile in cui giace la
Cattedrale di Ruvo con soffitto cadente e crepe lungo la
navata centrale. Il Capitolo ne notifica il pericolo al
Commissario Prefettizio Cav. Sereno, il quale - si dice - “
ha preso provvedimenti energici”.
Il Vescovo Ferniani il 18.7 parla col Commissario e col
Prefetto di Bari venuto a Ruvo per la festa “Pro Cultura”.
Viene finanziato un progetto della Sovraintendenza ai
monumenti di Napoli, in pochi giorni, per l’attività del
Commissario. Questi in seno alla Commissione per le feste popolari, fa approvare la “bella somma di £.7.000 per
urgenti restauri” 625.
Nel contempo s’intende portare a termine le adiacenze
della Cattedrale.
Il Vescovo Ferniani l’1/2/1925 scrive alla Sacra Congregazione del Concilio: “Una questione - egli dice - si è trascinata da circa un ventenni 626tra la Mensa vescovile di
Ruvo e quel Comune…in passato, per quella questione, si
624
Vita Religiosa, (IV°) 1926 n.1, p. 11; n.6, p. 31;
Vita religiosa, (VI°) 1928 n.8, p. 56; n.9, p. 69.
625
Vita Religiosa (II°) 1924 n.7, p.55.
626
Cioè dal 25.11.1901 quando l’Ufficio tecnico comunale, fa una relazione su un progetto di massima dal titolo “ Per l’isolamento della
chiesa cattedrale e con l’apertura di due strade laterali ” (in B.V.B. da
“progetti d’isolamento della torre e della zona absidale del Duomo”
prot.833/25).
430
appassionò la stessa popolazione ruvese, la quale alcuni
anni fa, in un momento di eccitazione, atterrò violentemente parte di un lato della Sede del Vescovo. Appena
venni in possesso delle due diocesi di Ruvo e Bitonto,
riaprii le pratiche con quel Comune, per divenire ad una
soluzione onorevole della spiacevole vertenza…
1)
Il Vescovo cede la lista di terreno dell’orto circostante al palazzo vescovile, necessaria per la sistemazione
della strada.
2)
Il Comune atterrerà quasi completamente
l’attuale palazzo vescovile ricostruendolo a tutte proprie
spese, più ampio, più comodo, più elegante…così il vescovo avrà finalmente una sede conveniente e la parte absidale dell’artistica cattedrale, col millenario campanile,
sarà isolata, restituendo una prospettiva incantevole. Il
Capitolo Cattedrale e il Consiglio d’Amministrazione
della Diocesi di Ruvo, hanno dato il loro completo assenso.”
Nel frattempo Mons. Ferniani scrive al sig. Commissario
di Ruvo l’11.3.1925: “ Data la varietà dei commenti - dice il vescovo -,che il pubblico suole fare sui fatti di interesse generale e in ispecie di carattere religioso e morale,
non potrei approvare che il terreno fosse destinato a costruzione, il cui uso creasse vicino alla Cattedrale e al
Palazzo vescovile rumori e disturbi sia nelle ore notturne, sia in periodi di agitazioni politiche, sia in altre simili
circostanze e desse facile occasione a riversare sul vescovo, che cedette il terreno, responsabilità complesse e gravi.
La mia posizione straordinariamente delicata, porta con
sé speciali esigenze, che non si possono negligere dinanzi
ad una popolazione, la quale non mi perdonerebbe un atto, che passasse come una acquiescenza a quello che non
è rispondente all’alta finalità del mio ministero. Non posso pensare con tranquillità di spirito che in avvenire il
mio stesso popolo mi accusasse di essermi, in vista di
431
vantaggi economici, che il Comune mi apprestava, lasciato trascinare a concessioni moralmente discutibili.
Comprendo bene che in una città di alcune cose oggi non
si potrà fare a meno, ma è chiaro che il pubblico si formalizzerebbe se il vescovo stesso le provvedesse, o concorresse direttamente a provvederle” 627.
Anche il Commissario si mostra in pratica disposto alla
soluzione della questione atavica.
In data 1/12/1926 prot. 7696 così scrive a Mons. Del
Buono: ”Questa Amministrazione vuole assolutamente
eliminare ogni motivo di controversia e desidera vivamente di fare tutto quanto è possibile per dare al proprio
vescovo una degna sede, nell’intento di conciliare questi
propositi con le critiche condizioni in cui versa…”
Mons del Buono scrive al card. De Lai della Sacra Congregazione Concistoriale con lettera 8/12/1926 prot. 2008
per ottenere nuove conferme sulle decisioni da prendersi
in loco, in base a nuovi problemi: ”Ora dopo circa un anno di osservazioni, di incontri, talora litigiosi, con
l’attuale Commissario prefettizio, per sollecitare la prosecuzione dei lavori dell’episcopio in questione, dopo varie
conversazioni amichevoli, col Prefetto della Provincia, e
pressioni personali fatte al Segretario federale dei Fasci,
la soluzione dell’incresciosa vertenza resta tuttora incerta
per l’aumento di circa £.50.000 di spese occorrenti sullo
stanziamento del primo progetto di lavori”.
“La somma pattuita si è rivelata in seguito del tutto insufficiente alla bisogna, mentre l’Episcopio stesso, nonostante la spesa sopportata, resta ancora così incompleto
da non servire nè all’abitazione del vescovo né a procac627
Il Vescovo si riferisce alla probabile costruzione di un teatro sul
suddetto terreno da parte di un privato così come si rileva da una lettera di Ferniani al Cav. Nicola Nisio R. sub economo in data 3/3/1925
(in B.V.B.).
432
ciargli quel poco di rendita indispensabile alla sua sussistenza…Quegli che resta pressato in tutti i sensi è il Vescovo, perché solo a lui spetta trovare la via d’uscita dal
labirinto inestricabile. Ora lo scrivente crede di poter riuscire a rintracciare la soluzione del problema che
l’esausta finanza comunale e un progetto al quanto improvvido gli ha imposto” 628.
Mons del Buono prosegue affermando che la soluzione
da lui prospettata “oltre a risolvere la questione del finanziamento dell’episcopio, risolverebbe pure il problema
economico del mantenimento del vescovo pro tempore,
che specie ora senza il supplemento di congrua, tante
volte promesso e mai ottenuto, non sa proprio come fare
con le scarsissime rendite della Mensa per tener fronte
agli impegni morali e materiali del suo altissimo ministero”.
Lo stesso vescovo, scrivendo al Podestà M. Fiore il
30/3/0927 così dice: ” Mi auguro che tra qualche mese
tutto possa essere definito per soddisfare la legittima aspirazione di codesta illustre cittadinanza, e la fiducia del
vescovo che desidera trattenersi in mezzo al suo popolo
per compiervi la sua alta missione di amore”.
Prima di ottenere una felice soluzione ed ultimazione dei
lavori all’episcopio e alle adiacenze della cattedrale, non
mancano i dissensi, le lungaggini coronate in ultimo da
successo; riportiamo due lettere a testimonianza
dell’intesa ormai quasi inesistente tra Vescovo e Comune.
Mons del Buono al Podestà, in data 2/1/1928 prot.131:
”Questa Curia egli dice resta tuttora in attesa di conoscere
la deliberazione della V.S.ill/ma in ordine
all’accettazione o meno che fu fino a ieri la proposta concordata circa l’acquisto del suolo antistante a codesto
628
Il vescovo prospettava la cessione di tutto l’orto retrostante la Cattedrale in cambio di un canone annuo da devolversi a lui di £. 2000.
433
Palazzo Vescovile e pel quale si ottenne fin dall’ottobre
scorso l’approvazione della S. Sede (questa aveva consigliato a vendere il terreno per lire 40.000, più che costituire un canone annuo di £.2.000)…
Poiché vari mesi sono passati, questo Ufficio prega la.
S.V. a voler significare se crede, in un tempo relativamente breve, di finalizzare la pratica in parola che permetta al vescovo di avere una casa abitabile e alla città di
vedere sistemato un terreno che serve ancora a raccogliere i rifiuti di ogni sorta”.
E ancora nella lettera del 18/7/1928 prot. 189: “Poiché
sembra che la S.V ill/ma non ha potuto, per non so quali
difficoltà economiche eseguire fin da ora nei riguardi
dell’anzidetto episcopio il perfezionamento necessario a
renderlo sede conveniente del vescovo, ed è perciò obbligato a rimandare l’esecuzione del progetto che è pure nei
voti di codesta cittadinanza, sine die; io pregoLa a rimettere almeno ora mano ai lavori per la sistemazione definitiva o a ridarmi intera la mia libertà d’azione perché io
conduca a termine per altra via il progetto che il Comune
non si sente di ultimare …
Codesto Comune non potrà lamentarsi allora con lo scrivente che aspetta circa da tre anni, per avere forse perduta
per sempre una buona occasione per favorire gli interessi
della cittadinanza” .
Concluso il problema circa le adiacenze della cattedrale
di Ruvo, l’interesse per la stessa fu ripreso sotto Mons
Taccone. L’8/3/1935 prot. 994 la Soprintendenza alle opere di Antichità ed Arte della Puglia, così scrive al vescovo: “In seguito alla visita fatta insieme alla E.V. alla
Cattedrale di Ruvo, mi pregio significarle la mia approvazione al programma di massima dei lavori per essa
progettati, lieto che il fervido e appassionato interessamento dell’E.V., un’altra insigne Cattedrale di questa terra raggiunga una sistemazione tale che ne accresca il
proprio valore artistico”.
434
E’ di Mons. Del Buono l’interesse per i restauri della
Cattedrale di Bitonto. Nella lettera dell’8/9/1927 prot.
115 il vescovo, scrivendo al prof. Michele Viterbo, presidente della Commissione Provinciale di terra di Bari, così
dice: ” A lui il cui forte studio è il grande amore agguerrisce lo studio, in tutte le nobili e generose imprese, specie se, elevandone la virtù dalle umili contingenze della
vita quotidiana la rafforzino nella contemplazione delle
divine visioni dell’arte sposantesi alle dolci e soavi armonie della fede. Il vescovo, la cittadinanza di Bitonto,
l’arte pugliese meglio arricchita non saranno avari di
quattrini per la S.V.Ill/ma, e gliene rendono il merito dovuto, sicuri così di assolvere benché in minima parte il
loro debito di devota ammirazione, verso il governo nazionale di cui ella è veramente degno rappresentante”. Il
vescovo, scrivendo da Bari allo stesso presidente il
22/9/1927 prot. 200, prospetta la situazione del Duomo: “
Il Duomo di Bitonto restituito quasi per intero all’antico
splendore dal R. Soprintendente Barenich è stato poi abbandonato a se stesso dall’incuria degli uomini per circa
trent’anni. In tale periodo, mancata per difetto di fondi, la
opportuna annuale riparazione ai tetti e ai corsi d’acqua,
non poco danno si è prodotto all’insigne monumento”.
Mons. Del Buono il 5/3/1928 fa conoscere all’Economo
Generale dei Benefici Vacanti di Napoli, il punto sui lavori circa i restauri: “Ho fatto eseguire due progetti, uno
per le riparazioni più urgenti alla tettoia di questa Cattedrale dal Sovraintendente dei Monumenti Nazionali…,
l’altro dall’ing. Sylos, membro del Consiglio delle Belle
Arti per la prosecuzione dei lavori di restauro alla stessa
Cattedrale per l’importo di lire 350.000. Il primo progetto
eseguito in forma veramente superficiale è stato integrato
col progetto dell’ing. Sylos per la somma di circa
£.38.000…”.
Gli aiuti alla realizzazione del progetto non si lasciano
desiderare. Il Podestà Achille il 13/6/1928 prot. 4480
435
scrive al vescovo:” Rimetto all’E.V. copia della mia determinazione con cui è fissato un primo contributo di
£.5000 per i restauri della Cattedrale, e che come omaggio della cittadinanza in occasione dell’anniversario del
suo sacerdozio, già Le comunicai a voce”.
Il R. Economato generale dei benefici vacanti di Napoli il
6/7/1928 prot. 11880 rende noto al vescovo:
”L’Onorevole Ministro della giustizia con decreto del 19
giugno corr. ha concesso un sussidio di £.1000”.
Ed il Commissario straordinario dell’Amministrazione
della Provincia di Bari, il 16/10/1928 prot. 18624 partecipa a mons. Del Buono le sue decisioni: “Trasmetto a
V.E.l’assegno circolare di £.5.000 per prima quota della
somma di £.10.000, erogata da questa Amministrazione
per i lavori di restauro alla Cattedrale di Bitonto.”
Segue poi la comunicazione al Vicario Capitolare F.P.
Calamita, del Sopraintendente alle opere di Antichità e di
Arte della Puglia sig. Quagliati in data 27/4/1929 prot.
695: “ L’Ente fascista per la tutela dei monumenti, il primo marzo ha deciso di erogare £7.000 per il Duomo di
Bitonto”.
Frattanto anche il Vicario Capitolare andava raccogliendo
fondi dalle stesse istituzioni ecclesiastiche. Ne veniamo a
conoscenza tramite i ringraziamenti del Podestà Achille
in data 17/5/1929 per l’offerta di £.300 e in data
14/10/1929 per un vaglia di £.150 raccolto dalla Confraternita del Carmine 629.
Sotto Mons. Taccone, si cerca di dare maggior incremento alla soluzione del problema - Duomo. L’ing. Dott
Luigi Sylos fa stampare per Mons Taccone la relazione a
S.E. Vescovo D. Del Buono. Nelle ‘opere da farsi’ si dice: ” La prima di quelle intese al consolidamento statico
dell’edificio ed al risanamento della sua ultima covertura.
629
Tutta la documentazione, fin qui riportata, sulle Cattedrali di Ruvo
e Bitonto, si trova in B.V.B.
436
La seconda, di quelle atte a rimuovere alcune ... che appaiono di stridente contrasto con lo stile del monumento,
e a ripristinare alcune strutture decorative essenziali e nei
riguardi dell'arte e per l'esercizio del culto. La terza, delle
rinnovazioni di parti degradate da vetustà. La quarta,
delle opere necessarie per l'isolamento" 630.
Mons. Taccone, messosi all'opera per cercare fondi, riceve risposta negativa dal Ministro dei lavori pubblici in
data Roma, 8/9/1932. Tenta quindi una nuova via.
Il vescovo manda un pro memoria a S.E. il Capo del Governo "duce amatissimo" del Regime fascista in ordine
alle nuove spese di restauro del Duomo monumentale di
Bitonto da lui firmato e inviato il 10/12/1932.
In esso si dice: "L'opera del restauro che è ben lungi dall'essere compiuta va ripresa. E nel mirabile risveglio, che
il Regime Fascista ha promosso, di ogni attività e di ogni
invaghimento delle popolazioni per la rievocata italica
gloria nel campo fiorito dell'arte, conviene non resti addormentata la città nostra, se più dei caseggiati cinquecenteschi e barocchi e neoclassici, ornamenti, delle sue
strade, ha cara la sua Chiesa Madre, vero gioiello di un'arte pura, mistica e sublimante che ha diritto a ricevere
tutto lo scintillio dello splendore antico".
E ancora: "Per tutte le opere anzidette si è previsto la spesa di £.350.000 ma la nostra invocazione alla generosità
di tutti non trova eco, se non viene avvalorata da una parola di consenso, da un gesto di autorità, da un patrocinio
di simpatia per parte dell' E.V.. A Lei, pertanto, ci volgiamo giacchè ogni Sua esortazione al sacrificio per il
bene è calore di un'anima generosa, è vigore di intelletto
lungimirante.
630
Sylos, L., Progetto di massima delle opere occorrenti al restauro del
Duomo di Bitonto, tip.Garofalo, Bitonto 1931.
437
E le chiediamo a servigio della fede e dell'arte quel personale interessamento che Ella sa dare, gagliardo e vivace
a tutte le manifestazioni di civile progresso".
Mons. Taccone che godeva della amicizia di Starace, otteneva subito dal Duce la stessa somma di £ 350.000 citata nel promemoria. Pervenne al vescovo un telegramma
di Starace Achille in data 26/12/1932: "Lieto che abbia
potuto ottenere quanto desiderava”.
Nello stesso giorno, dalla Prefettura di Bari, il Prefetto
Perez fa giungere una lettera:"Il Capo del Governo metterà in settimana a Sua disposizione la somma di £.
350.000 per i lavori... Tale somma dovrà bastare a dare
lavoro a tutta la mano d'opera degli scalpellini locali, come V.E. ebbe a dichiarare a S.E. il Capo del Governo".
La somma stanziata arrivò puntualmente. Il Prefetto, il
10/1/1933 inviò al vescovo il vaglia del Banco di Napoli
n. 051385, con la suddetta somma.
In una lettera poi del Provedditore alle Opere Pubbliche
per la Puglia inviata al sig. Ing. Capo del Genio Civile e
per conoscenza al vescovo, in data Bari 8.2.1933 si dice:
" Avverto che la gestione dei lavori è riservata esclusivamente a S.E. il vescovo il quale dispone del relativo
finanziamento.
Mons. Taccone aveva scavalcato tutte le autorità locali;
aveva ottenuto personalmente, nelle proprie mani e anticipatamente il finanziamento e ne era l'unico responsabile
della gestione dei lavori. Il vescovo non mancò di meritarsi sempre più la fiducia del Capo del Governo, mantenendo con Lui rapporti di grande cordialità. Infatti il Prefetto di Bari Perez il 5/5/1933 ringrazia il vescovo a nome di Mussolini per il "cortese pensiero che l' E.V., le
Autorità cittadine e gli operai addetti ai restauri del Duomo hanno avuto con inviargli in omaggio l'album di fotografie dei lavori della Cattedrale stessa".
il vescovo poi, nel suo stampato del 1934, oltre a riproporsi di fare e di inviare al Duce un album-ricordo del
438
Duomo, dice:"Credo opportuno, per correttezza amministrativa, pubblicare l'attuale stato finanziario, come risulta
dai mandati di pagamento emessi tutti, si intende, dietro
regolare ricevuta, che qui, per ordine, vengono elencati"631.
Nel 1935 mons. Taccone per ringraziare il Duce, si reca
dallo stesso Mussolini con placet della S. Sede, inviato
dal Segretario di Stato card. Pacelli in data 7/2/1935:
"Nulla osta a che ella domandi la suddetta udienza al Capo del Governo Italiano” 632.
631
Taccone, Restauri della Cattedrale di Bitonto: conto finanziario,
tip. Amendolagine, Bitonto 1934.
632
in B.V.B.
439
440
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Del Buono, D., La Missione del Parroco, tip. N.
Garofalo e figlio, Bitonto 1928.
Episcopato, P., Lettera Pastorale per la quaresima “Sanità morale”, tip. Arcivescovile, Taranto 1939.
Ferniani, P., Prima Lettera Pastorale, tip. Popolare, Faenza 1922.
Ferrante, P., Funebre elogio per S.E. Mons. P.
Ferniani, tip. De Bari Bonasia, Bitonto 1925.
Ferrante, P., Sacro Seminario di Bitonto. Regolamento, tip. Amendolaggine, Bitonto 1933.
Ferrante, P., Nel secondo centenario della fondazione del Venerabile Seminario di Bitonto 1738 - 1938
tip. Amendolaggine, Bitonto feb.1939.
442
Gioia, P., Lettera al Clero e al popolo di Bitonto,
tip. De Stefano de Bari, Molfetta, 1925.
Lovascio, B., Orazione funebre per Mons. P.
Ferniani vescovo di Ruvo e Bitonto. Tip. Garofalo e Figlio, Bitonto 1925.
O.P.S. Maria del Suffragio, Cinque anni di Amministrazione 1922 - 1926,tip.G. Favia,Bari 1927.
Perrini, N., In morte del Can. F. S. Fornelli, tip.
G. De Bari, Bitonto 1925.
Spadone, R., Gesù Cristo Re, tip. Pro Christo,
Ruvo 1927.
Sylos, L., Progetto di massima delle opere occorrenti al restauro del Duomo di Bitonto, tip. Garofalo,
Bitonto 1931.
Taccone, A., Andiamo in contro al Signore. Lettera Pastorale per la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto 1938.
Taccone, A., Restauri della Cattedrale di Bitonto: conto finanziario, tip. Amendolagine, Bitonto 1934.
Taccone, A., Ricordi dell’Anno Santo. Lettera
Pastorale per la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto
1934.
Taccone, A., Il Sacerdozio Cattolico. Lettera Pastorale per la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto
1935.
443
Taccone A. Le Opere della Fede. Fides sine operibus mortua est. Lettera Pastorale per la quaresima.
tip. Amendolagine, Bitonto 1936.
Taccone A., Cattolicesimo e Comunismo. Lettera
Pastorale per la quaresima, tip. Amendolagine, Bitonto
1937.
Bollettino della Parrocchia S. Andrea Apostolo,
numero unico, Bitonto 23 Agosto 1923.
Bollettino ufficiale dell’Archidiocesi di Bari,
(III°) 1925 n.7.
Bollettino dell’Arcipretura Parrocchiale di S.
Maria Maggiore di Lenola, (IV°) 1921 numero speciale.
Il Ramo d’Olivo. Organo mensile dell’U.F.C.I.
per la città e diocesi di Faenza (I°) 1922 n 1,18 giugno.
Miles Christi, Bollettino ufficiale del Seminario
Regionale di Molfetta,(XVIII°)1939,n.6.
Vita Religiosa. Rivista mensile delle Diocesi di
Ruvo e Bitonto, (I°) 1923 n.1- (X°)1932 n2/3/4/5.
Concilium P.A. Melphicti 1928: Decreta, tip.
Poljglottis Vaticanis, Romae 1929.
Cardinal Eugenio Tosi, Arcivescovo di Milano
dal 1922 al 1929. Milano 1969 in Archivio Arcivescovile
di Milano.
La Diocesi di Bitonto a Mons. A. Taccone nella
ricorrenza del primo XXV° sacerdotale, tip. Amendolagine, Bitonto 1935.
444
Paravi lucernam Christo meo. In memoria di
Mons. G. Nogara, tip. Salesiana, Bari 1931.
In morte di Mons. Ruta Salvatore, tip. Pansini
Ruvo 1939.
In memoria di Mons. D. Del Buono vescovo di
Ruvo e Bitonto, tip. F. D’Alessandro, Bari 1929.
A Mons. A. Curi arcivescovo di Bari. In memoria. Tip. Andriola, Palo del Colle 1934.
In memoria di S.E. Mons. A. Taccone arcivescovo titolare, tip. Arti Grafiche Bari-Roma 1956.
Statuto del Circolo Ecclesiastico Pio X di Bitonto, tip. Vescovile, Bitonto 1908.
Solenni feste bicentenarie, Bitonto maggioagosto 1934, in onore di Maria SS. Immacolata, tip. Amendolagine, Bitonto 1934.
XXV sacerdotale di Mons. Ferrante Pasquale,
tip. N. Garofalo & Figli, Bitonto 1930.
Documentazione non datata alle stampe, proveniente da ricerche personali e in mio possesso.
Documentazione non datata alle stampe, sita
nella Biblioteca Vescovile di Bitonto, in via di sistemazione nelle future sezioni-Archivi. Citiamo per necessità,
con le lettere iniziali del luogo suddetto di ubicazione:
B.V.B.
445
446
INDICE
CAPITOLO I
Note biografiche dei Vescovi, degli Amministratori Apostolici e Vicari Capitolari .... pag.
5
Mons. Pasquale Berardi ...........................
Card. Eugenio Tosi ..................................
Mons. Giovanni Nogara...........................
Mons. Placido Ferniani ............................
Mons. Salvatore Ruta...............................
Mons. Pasquale Gioia ..............................
Mons. Domenico Del Buono ...................
Mons. Augusto Curi.................................
Mons. Francesco Paolo Calamita ............
Mons. Andrea Taccone ............................
»
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7
11
16
18
27
29
32
36
39
40
Lettere Pastorali e notifiche episcopali ......
»
47
Mons. Placido Ferniani ............................
Mons. Pasquale Gioia ..............................
Mons. Domenico Del Buono ...................
Mons. Augusto Curi.................................
Mons. Andrea Taccone ............................
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»
»
»
49
58
60
75
78
CAPITOLO II
447
CAPITOLO III
Il Clero diocesano ......................................... pag.
115
Formazione del seminarista al presbiterato .
Il problema vocazionale ..........................
Il regolamento nell’anno scolastico e
nelle vacanze estive .................................
Le attività formative ................................
I suggerimenti immediati agli Ordinandi
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117
119
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126
132
137
»
142
»
»
»
»
»
142
158
192
202
210
»
»
»
»
227
229
229
234
»
242
»
258
Vita del Clero in seno alla propria
comunità sacerdotale ....................................
Condizionamenti ambientali e strumenti
di vita più comunitaria ed evangelica .....
Il Clero in genere .....................................
I Capitoli-Cattedrali.................................
Il Clero e il Santuario dei SS. Medici .....
Mons. Berardi e l’Istituto S. Cuore .........
CAPITOLO IV
L’azione pastorale nel popolo di Dio .........
Strutture ecclesiali .........................................
Dati generali ....................................................
Parrocchie........................................................
Le Confraternite nei rapporti reciproci e
nei confronti dell’autorità religiosa ................
Manifestazioni liturgiche e paraliturgiche:
sviluppo nel tempo .........................................
448
Verso una fede meno tradizionale e più
vissuta alla luce dei segni dei tempi ............. pag. 283
Catechesi sistematica per autentici
contenuti di fede .............................................
Catechesi parrocchiale .............................
Catechesi per la scuola.............................
Formazione al canto liturgico ..................
Formazione alle Opere ad causas pias.....
»
»
»
»
»
300
301
310
318
322
»
329
»
329
»
344
»
»
352
366
»
»
370
375
Chiesa e Stato ................................................
»
387
Il patriottismo nella Chiesa locale ...........
La scelta di un Regime: casa Sabaudia
locale.........................................................
»
389
»
398
Formazione di un laicato impegnato
nell’azione cattolica .......................................
Dati generali sullo sviluppo storico
dell’U.F.C.................................................
Rapporti regionali e nazionali
dell’U.F.C.................................................
Attività interna dell’U.F. nell’anno
sociale .......................................................
Inizi del movimento maschile cattolico...
Paggetti del SS. Sacramento e
Fanciulli Cattolici.....................................
Gioventù Cattolica e Unione Uomini......
CAPITOLO V
449
Rapporti tra autorità religiosa e autorità
pubblica.................................................... pag.
Cultura e arte............................................ »
Bibliografia ...................................................
450
»
411
424
441
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