16º anno - n. 166 - dicembre 2007
“... incisioni eseguite con una punta su una superficie
dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92
del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.
il “bene comune”
Da una parte un popolo elettorale, riunificato
sotto i pallidi, e tuttavia ambiziosi, vessilli del
Partito democratico, ormai approdato verso la
“terra promessa” del potere; dall’altra le tribù
della diaspora, alla disperata ricerca di un segno
cui valga la pena di appartenere, se non proprio
di sottomettersi. Nel mezzo il Bene Comune.
Quel Bene Comune per il quale, secondo Noam
Chomsky, diventa radicale perfino Aristotele
quando dice che ogni vera democrazia deve
assumere il modello di quello che noi oggi definiamo lo “stato sociale”, ma in «una forma
estrema», aggiunge Chomsky.
Radicalismo! Una parola usata come un’invettiva (quasi come un corpo contundente). Una
parola che s’è cercato di esorcizzare anche
nella recente assemblea della Sinistra (senza
ulteriori aggettivi viene meglio) in Sala ’89, a
Boario Terme, venerdì 9 novembre, dicendo
che alla base ci stanno solo e semplicemente
alcuni concetti valoriali come pace, ambiente,
diritti sociali e laicità dello Stato.
Ma se sono sufficienti questi quattro requisiti
per essere definiti radicali, allora non c’è che
da auspicare un po’ di radicalismo anche nelle
ambizioni veltroniane quando pensa al New
Deal (perché vogliamo sperare sia questa
l’America cui pensa il segretario del Partito
democratico), a quel New Deal del presidente
Roosevelt il quale, per dirla ancora con
Chomsky, consapevole che la gente non
avrebbe tollerato oltre la grave situazione, «lasciò il potere ai ricchi ma li vincolò a una sorta
di contratto sociale». Quasi una rivoluzione!
Il radicalismo del Bene Comune, in sostanza!
Un radicalismo nei confronti del quale rimane
però aperto un timore, attorno ai mestieranti
della Politica (che si infiltrerebbero perfino in un
partito leninista), e un quesito: che c’entrano i
lobbisti come Dini, Mastella e Di Pietro?
«... Che il potere si prenda e si detenga con
le canne dei fucili o con il controllo lobbistico
dell’economia, dell’informazione e dell’istruzione erano per il priore di Barbiana due
facce della medesima medaglia. In questo
senso Don Milani è irriducibile ad una
qualsiasi parte, ed anche, credo, alla sua
stessa Chiesa a cui restava fedele perché,
solo lì, gli veniva garantito il perdono
dei suoi peccati (e della sua privilegiata
giovinezza...)». (Adriano Moratto)
L’ALTA VALLE TRA “GRANDI” E “PICCOLI” SOGNI
una brutta storia, comunque!
di Tullio Clementi
Che vi sia un gruppo organizzato o una singola
persona (che Bresciaoggi ha già provveduto a
etichettare come “il corvo”) dietro il volantino
firmato da un pseudo “Comitato dei piccoli sogni”, non pare affatto rilevante, rispetto alle denunce snocciolate. Denunce tanto circostanziate, in qualche caso, da far passare in second’ordine perfino la forma di fatto anonima in cui
vengono formulate e, quindi, da scatenare una
(forse insperata) levata di scudi da parte dagli
“imputati” – i sindaci di Temù e Pontedilegno
ed i “coordinatori comunali” di Forza Italia all’interno degli stessi comuni –, al fine di rintuzzare punto per punto le accuse.
«Illazioni e palate di fango che hanno creato
un clima di sospetto nei nostri confronti e nei
confronti di tante persone che stimiamo», dichiara il sindaco di Pontedilegno, Mario Bezzi, al giornalista di Bresciaoggi (26 ottobre
i “sette nani”, ovvero, sindaci
sull’orlo di una crisi di nervi...
(Bruno Bonafini, a pag. 3)
DARFO BOARIO TERME: SEMINARIO DI STUDI SU DON MILANI
“la parola ai poveri”
2007), ed il sindaco di Temù, Corrado Tomasi,
rincara la dose affermando che si tratta di «vigliacchi perché non hanno avuto il coraggio di
confrontarsi a viso aperto».
segue a pagina 2
dalla storia alla farsa
Nella cosiddetta “Italia da bere”, quando i
craxiani mutuarono parte di una frase di Antonio Gramsci, “L’ottimismo della volontà”,
aggiunsero una punta di veleno all’altra metà,
al “Pessimismo della ragione”: «quello –
dissero – lo lasciamo ai comunisti».
Il concetto è stato rispolverato nei giorni
scorsi da Berlusconi che, all’affermazione di
Fini e Casini, «Serve un progetto che non
sia solo demagogia e populismo», risponde:
«A noi va benissimo: Noi ci teniamo gli
elettori e loro si tengono il progetto».
il “trenino” della Valcamonica
(Damiano Di Simine, a pag. 8)
la Camunia gastronomica in
Fiera a Modena
(Monica Andreucci, a pag. 9)
con la collaborazione di Luigi Mastaglia
Nella mattinata di lunedì 29 ottobre, a Darfo Boario Terme, in una sala del Garden stipata di
operai e studenti, entra in scena il priore di Barbiana.
Si tratta di una iniziativa (un esperimento, dice un’organizzatrice) promossa da alcune categorie della
Cisl (Filca, Fim, Scuola, Pensionati e Femca) nell’intento di ritornare, a quarant’anni dalla morte, sulla
storia e sul pensiero di don Lorenzo Milani, che “entra in scena” letteralmente, grazie al Gruppo
segue a pagina 4
un altro consumo è possibile
(Margherita Moles, a pag. 11)
cittadini in rivolta a Ono...
(Valerio Moncini, a pag. 12)
dicembre 2007 - graffiti
2
dalla prima pagina
una brutta storia...
A quest’ultima invettiva del sindaco Tomasi,
però, avevano gia parato anticipatamente gli
stessi autori del volantino scrivendo: «Noi
continueremo con queste denunce anonime,
che restano tali per paura di ritorsioni...».
Tomasi, poi, sentirà l’ulteriore necessità di
chiarire che: «Lavorando da tempo nel settore
dell’edilizia mi pare legittimo aver costruito un
immobile sulla proprietà della mia famiglia invece di cederlo a un’immobiliare» (Bresciaoggi,
26 ottobre 2006).
E dopo la levata di scudi dei sindaci, ecco
quella dei “coordinatori comunali” di Forza
Italia, Giuseppe Pasina ed Ennio Donati, che,
dopo aver spronato Bezzi e Tomasi ad andare
avanti, a continuare verso il “Grande sogno”,
aggiungono che «la politica è una cosa seria...»,
che «abbiamo costruito una squadra» e, quindi,
che «la partita si vince tutti assieme».
Una brutta storia, insomma, dalla quale non si
vede altra via d’uscita se non quella prospettata dallo stesso “Comitato dei piccoli sogni”
con la sua esortazione conclusiva: «Signor
Prefetto di Brescia, cosa aspetta ad intervenire?». Non foss’altro, aggiungiamo noi, che per
salvaguardare, assieme alla dignità degli amministratori, anche la decenza nella pubblica amministrazione ovvero, come scrivono i coordinatori di Forza Italia, ripristinare la «fiducia
nell’alleanza civica, innovativa, trasversale e
dinamica, con i sindaci Bezzi e Tomasi».
ABBONAMENTO 2008:
ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.
Gli abbonati sostenitori riceveranno in
omaggio un libro sulla Valcamonica.
Versare sul c.c.p.
44667335 (intestato
all’Associazione
culturale Graffiti),
tramite l’allegato
bollettino.
Franco Gaudiano, l’autore dei brani sull’arte
rupestre camuna pubblicati negli ultimi mesi
su Graffiti, scrive anche narrativa storico-fantastica sul passato della Val Camonica.
Con il racconto Il mistero della Rosa Camuna, di prossima pubblicazione con l’editrice
Keltia di Aosta, continua a promuovere la
valle anche oltre i suoi confini. Con i migliori
auguri della nostra Redazione.
dieci piccoli sindaci (in meno)
Un varesotto si lamenta del taglio delle Comunità Montane. Ha ragione. Le Comunità Montane,
e anche quelle Marine, non vanno eliminate. Vanno trasformate in macro comuni. Le Comunità
raggruppano di solito otto/dodici piccoli comuni ai quali forniscono servizi. Dieci piccoli sindaci
possono diventare uno, dieci piccoli geometri comunali uno e così via. È il dimezzamento dei
pani e dei pesci e dei funzionari pubblici. La Comunità Montana si trasforma e i piccoli comuni
spariscono. Nei piccoli comuni comandano le piccole famiglie, sempre quelle, da decenni. Sono
principatini ereditari semi autonomi. In Italia ci sono 8.100 comuni, 7.061 sotto i 10.000 abitanti. Le Comunità Montane sono 356 e costano 800 milioni all’anno. Se ogni Comunità includesse
in media 10 comuni elimineremmo circa 3.000 comuni. Padoa Schioppa se ci sei batti un colpo.
Caro Beppe, vorrei chiederti se sei concorde al taglio delle Comunità Montane mediante il
calcolo del Governo. Premetto che il territorio italiano presenta una morfologia troppo diversa
da poterlo gestire in ugual modo da nord a sud. Detto questo, secondo la normativa ipotizzata,
verranno tagliate le Comunità Montane di Bognanco e di Susa, mentre si salveranno quelle di
Sanremo e di Amalfi. Come è possibile per esempio che nel Varesotto vengano tagliate tre
comunità montane su quattro perché considerate nella fascia alpina? I dirigenti romani, forse
non sanno che rientrano in quella prealpina?... non sarebbe opportuno applicare gli stessi parametri di taglio come se fosse in quella appenninica? Le altezze sono identiche! Noi varesotti,
saremmo ben lieti di essere “tagliati” se tutto il male dell’Italia fosse causato da noi. Tutti gli
altri Enti, tipo Bim e Municipalizzate, sono assolutamente irrevocabili... noi invece inutili.
Un ultimo esempio... la Comunità Montana Valli del Luinese, dà lavoro a disagiati, gestisce i
servizi ecologici di 16 comuni, aiuta le piccole realtà rurali come il Curiglia, Pino, Tronzano...
tutti inferiori a 400 abitanti. Mi sta bene il taglio, ma chi si occuperà di tutte queste problematiche? Siamo già una realtà di confine troppe volte dimenticata...ed ora?. Grazie. Massimo M.
dal blog di Beppe Grillo, 22 novembre 2007
ARTE RUPESTRE IN VALCAMONICA (di Franco Gaudiano)
romanità... camuna
Concludo il ciclo delle mie escursioni nel passato dei Camuni con una nota sulla singolare esperienza di dominazione romana in Val Camonica. Qui l’impero s’impose non tanto con la forza,
come altrove in terra gallica (esistono versioni “illuminanti” in proposito, dai testi storici di Cesare a quelli fumettistici di Asterix), quanto con una chiara e ferma volontà di offrire ai Camunni
un’alternativa migliore di quella rimasta ai nostri valligiani a seguito delle invasioni celtiche.
L’operazione romana includeva non solo favorevoli scambi oggettistici ed economici, ma anche
sfarzi mai visti prima, giochi gladiatori, spettacoli teatrali, terme di lusso e divertimenti paragonabili a quelli delle grandi città. Tutto questo però richiedeva la sostituzione delle principali divinità locali con figure eroiche e divine del mondo latino. La statua di “Minerva”, oggi conservata
nel museo archeologico di Cividate, costituisce un caso esemplare. Questa Minerva camuna ha
ben poco a che vedere con la bellicosa controparte di matrice ellenica che uscì armata dal cranio
spaccato di Zeus. Assomiglia più a una dea sanatrice, collegata alle acque sacre delle Alpi. Non
per niente la sua statua fu posta presso le grotte e le sorgenti tra l’odierna Breno e Cividate, in
sostituzione di divinità acquatiche-femminili dell’antica terra camuna (cf. Graffiti 5/07).
Indirettamente i Romani ci dimostrano quanto importante dovesse essere stata la Val Camonica nel periodo antecedente al loro arrivo, quella cosiddetta età del Ferro, tanto celebrata nell’arte rupestre, quando questa Valle era al centro di scambi culturali e “cultuali” con paesi di
tutta Europa. Se i Romani da un lato soppressero la consuetudine di incidere la pietra (salvo
poche eccezioni, per lo più brevi iscrizioni, non esiste vera e propria arte rupestre latina),
d’altro canto il trattamento speciale riservato ai Camuni e al loro territorio attesta una sorta di
“sacro rispetto”, come a dire, noi siamo militarmente i più forti, ma se voi ci accogliete di buon
grado noi vi trattiamo con guanti dorati. I Romani usarono la pietra, talvolta persino blocchi di
pietre incise, per costruire magnifici templi e monumenti. Fecero grandi opere di bonifica, migliorarono la rete viaria e soprattutto costruirono una urbe di stampo romano senza eguali in
tutto l’arco alpino. La chiamarono Civitas Camunnorum unendo, anche nel nome, l’idea di
città latina e rispetto per la località, affiancando a un reggente romano un duumviro camuno,
fornendo la Civitas di un foro, teatro, anfiteatro, terme e pare anche un capitolium, dove lo
sfoggio del potere economico e amministrativo romano prevaleva sulla bellicosità della Lupa,
che altrove fece stragi di Galli e… galletti anti-romani.
Ipotizziamo dunque che l’odierna Cividate fosse il principale centro romano-camuno della Valle
e fungesse da portale d’ingresso – o forse di chiusura – a quell’immenso tempio all’aperto che
era la zona mediana della Val Camonica, con centinaia di migliaia di incisioni sacre scolpite tra i
due monti che oggi chiamiamo Badile e Concarena. I Romani non ce ne vogliano, ma con tutto il
rispetto per la loro civiltà, la nostra era arrivata prima e ancor oggi risplende sopra la loro.
graffiti - dicembre 2007
3
UN “RIMEDIO” (CONTRO LA “LOTTIZZAZIONE”) PEGGIORE DEL MALE
sindaci sull’orlo di una crisi di nervi
di Bruno Bonafini
Qualcuno li ha definiti i sette nani. La visione
politica effettivamente non sembra quella di
chi domina gli avvenimenti da grandi altezze.
Costituire una seconda azienda pubblica per i
servizi alla persona in Valle, tra soli 7 comuni,
dopo che già ne è stata approntata una sotto il
coordinaqmento della Comunità montana con
l’accorpamento di 35 comuni valligiani su 42,
non sembra una mossa di alto profilo. Il livello è quello delle baruffe chiozzotte.
Ed è un palese autogol, per i sette sindaci, se
si considera il momento, caratterizzato da diffusi sentimenti di antipolitica, con tutto un
“dagli addosso” a quanti, politici e amministratori, spendono e spandono i soldi pubblici
moltiplicando enti, consigli di amministrazione, poltrone ed emolumenti, considerati terreno fertile per affari e clientele parapolitiche.
una scelta che mostra tutto il nervosismo
che ancora cova nei duri e puri del centrodestra dopo il fallimento del tentato ribaltone
in comunità montana, a conclusione di
un’estate rovente di proclami e minacce, di
speranze e ambizioni per qualcuno dei protagonisti. il tutto conclusosi nientemeno che
con il rafforzamento politico e numerico di
quelli che dovevano essere mandati a casa. E
AMBIENTE & DINTORNI
con finale “perdita di pezzi” di quanti eran
partiti per suonare....
Cividate, Borno, Piancogno, Losine, Angolo,
Darfo, Cimbergo, i sette comuni della scelta
scismatica sono, tra quanti in Valle di maggioranza leghista o forzaitaliota, quelli che più
hanno “investito” nel tentativo di ribaltare la
maggioranza negli enti comprensoriali. Tra
loro qualcuno ne ha fatto un tormentone personale, fin dall’inizio della “legislatura”, avendo pure fatto salti mortali in passato, trasmigrando da sinistra a destra, quando il momento sembrava favorevole a quest’ultima, per essere dalla parte giusta – quella in cui ci fosse
posto a sedere – nel momento giusto. Ma sbagliando parte e/o momento.
Lo scisma trova certamente la sua “causa occasionale” in una scelta discutibilissima della larga
alleanza che governa gli Enti comprensoriali (e
ne determina, qualcuno dice lottizza, le cariche
nelle società e negli organismi derivati in proporzione al peso nella maggioranza). Quella di
scegliere con logica politica un vertice aziendale
che le legge prescrive debba essere dotato di
precise competenze ed esperienze tecniche
specifiche rispetto al ruolo dell’azienda, che di
servizi alla persona si deve occupare.
(di Guido Cenini)
Ma la reazione dei sette sindaci sembra strumentale e, quanto ad effetti amministrativi,
come rimedio è peggiore del male. Da un lato,
perchè lo sdegno sia credibile occorre che chi
grida allo scandalo abbia un indiscutibile passato di verginità politica rispetto al peccato
che si rimprovera all’avversario. E mi chiedo
chi possa lanciare la prima pietra.
D’altro lato, creare una seconda struttura, con
spese fisse di gestione doppie, e alte per la ridotta platea dell’utenza, decurta le disponibilità economiche per i servizi alla persona e brucia l’eventuale maggior “produttività” di una
conduzione affidata a persone di competenza
specifica (ammesso che i transfughi sappiano
sottrarsi davvero alla tentazione di una nomina
politica). Una loro presenza critica e di rigoroso controllo all’interno di una Azienda unica
avrebbe certamente prodotto di più e avrebbe
davvero consentito di misurare competenze e
risultati.E di agire di conseguenza.
Insomma, la convinzione che ci si trovi di
fronte ad una reazione nervosa, ad una ripicca
stizzosa, più che ad una scelta ponderata ed
opportuna, sembra fondata. Ma le inevitabili
battute hanno un amaro retrogusto: la consapevolezza che a pagarne le conseguenze saranno i cittadini e la qualità dei loro servizi. In
un settore tra i più delicati.
energia e ambiente
Sono stato sollecitato da più parti a prendere posizione sulla centrale a biomasse di Sellero.
Ho effettuato una visita insieme a funzionari dell’Arpa, anche per essere sicuro dal punto di
vista tecnico. Non ho riscontrato al momento nulla di pericoloso. Dico al momento perché non
sono un veggente per sapere quali saranno le intenzioni dei gestori attuali o di quei francesi che
già hanno cominciato a metterci il piede. Quello che è certo è che se vorranno cambiare tipo di
combustibili, diversi dall’attuale legno vergine e di scarto, dovranno chiedere altro tipo di autorizzazioni, che non saranno solo provinciali, ma dovranno allargarsi al regionale ed al nazionale, ma soprattutto dovranno modificare completamente l’inceneritore attuale. Allora e solo di
fronte a queste intenzioni, bisognerà attrezzarci, vedere e contestare. Per ora sto ai fatti.
Il problema attuale mi sembra piuttosto essere il rifornimento di legname e su questo certamente si possono esprimere diverse critiche. Cosa fanno i consorzi forestali? Perché non ripuliscono i boschi tutto l’anno invece di far lavorare gli operai solo per 150 giornate a costruire
strade boschive che ormai non servono più a nessuno o a lavorare per terzi? Perché esistono
sei consorzi forestali per mantenere sei direttivi e sei presidenti?
La magnifica Comunità di Val di Fiemme è una sola in tutta la valle e mantiene in vita un bosco
eccezionale ed una efficiente centrale a biomasse. Se la Tsn di Sellero continuerà sul percorso
per cui ha avuto origine, avrà il nostro consenso, anche perché i parametri di lavorazione e di
inquinamento sono nella norma, ma soprattutto perché le fonti di approvvigionamento energetico non sono molte. Se cambierà strategia saremo sicuramente vigili e dall’altra parte. Lasciamo stare il petrolio, per il resto e per ora, possiamo puntare nella Camunia solo sul solare,
pannelli solari e fotovoltaici dappertutto; non credo nell’eolico da noi per motivi ambientali ed
economici; sono possibili nuove piccole centraline idroelettriche sugli acquedotti e poco altro;
non tralascierei le biomasse, se sono solo tali e se si garantisce un buon approvvigionamento
con la coltura del bosco camuno. Non facciamo troppo affidamento neanche sul metano, non è
infinito e non sarà a basso costo nei prossimi anni.
Bisogna guardare all’Alto Adige, ancora una volta, per capire come si stanno preparando al
futuro energetico, partendo dalla costruzione delle case, isolate, riscaldate naturalmente e con
forte risparmio energetico. Ed anche molte sovvenzioni da parte dell’ente pubblico.
«Come volevasi dimostrare, il Csm si accinge
a trasferire due magistrati, Clementina Forleo
e Luigi De Magistris: quelli che si sono occupati di D’Alema, Latorre, Prodi e Mastella.
Se sotto il governo Berlusconi il Csm avesse
tentato di trasferire i magistrati che indagavano su di lui, si sarebbe parlato di “regime”.
Oggi, a parti invertite, silenzio di tomba.
Quando Berlusconi fa porcate, da sinistra
qualche grido di allarme si leva. Quando le
porcate vengono da sinistra, Berlusconi non
strilla: propone larghe intese. Ora le larghe
intese le anticipa il Csm. Vedi l’unanimità
con cui membri laici e togati, di destra e di
sinistra, hanno votato l’apertura della pratica
di trasferimento della Forleo...».
Marco Travaglio, l’Unità
dicembre 2007 - graffiti
4
dalla prima pagina
“la parola ai poveri”
Teatro Rondinera Castelfranco di Rogno – con
l’ausilio di una voce narrante e di un attore che
interpreta il priore di Barbiana – che introduce il
tema attraverso il linguaggio teatrale.
Mario Ghidoni della Filca, dopo aver ringraziato la Scuola che ha permesso l’incontro con
gli Studenti delle quinte delle superiori di Darfo e di Breno, entra subito nel tema cercando
di attualizzarlo: «Chi di noi vive l’esperienza
della pratica sociale e sindacale, chi esercita
l’insegnamento, non può non sentirsi scosso
da questi insegnamenti, che ribaltano spesso
le nostre convinzioni, togliendoci la pace. Per
questi motivi – aggiunge Ghidoni, prima di assumere il ruolo del moderatore – ci siamo voluti regalare e vogliamo regalare questa iniziativa di conoscenza e di approfondimento, in
compagnia di amici che hanno conosciuto e
vissuto con Don Lorenzo».
Sono infatti presenti al convegno Edoardo
Martinelli, già ragazzo di Barbiana e che,
«dopo essere stato contaminato da Don Lorenzo, oggi fa l’educatore a Prato» e Daniele Rocchetti, teologo presso l’ufficio studi delle Acli
di Bergamo, profondo conoscitore di Don Milani. «Doveva essere qui con noi anche Franco
Bentivogli già Segretario Nazionale Fim e Segretario Confederale Cisl – continua il relatore
–, ma purtroppo è stato colpito da un grave
lutto famigliare (ha perso un figlio)».
Il lavoro che ci accingiamo a fare su Graffiti
non è certo dei più gratificanti, nel senso che il
dover scegliere quali brani pubblicare e quali
no di interventi che meriterebbero ben più ampio spazio, comporta due problemi non indifferenti: l’arbitrarietà del redattore e, quindi, il
rischio di mortificazione di quei relatori che
hanno detto anche altre cose, oltre a quelle
pubblicate; ma non c’è alternativa, né in questo né in altri giornali, la necessità della sintesi
è condizione essenziale, per quanto tiranna.
il potere della parola
Daniele Rocchetti, nel suo lungo e appassionato intervento, esordisce dicendo che «Don Milani è un profeta e contemporaneamente uomo
del suo tempo, con il suo carattere complesso
ed aspro, con le sue convinzioni profondamente radicate. Credo che imparando a distinguere
ciò che è autentico da ciò che è obsoleto si riesca a cogliere nell’insegnamento di Don Milani
il nocciolo che ancora oggi è attuale.
[...] Don Milani – continua Rocchetti – immagina che per conquistare i giovani serva il
calciobalilla, il pallone, e propone anche la
scherma (ricordandosi delle tradizioni famigliari) ma, si rende conto che la gente non
l’intende, non è padrona della parola. Il potere è legato alla cultura ed alla padronanza della parola. Scriverà: “La parola è la chiave fatata che apre tutte le porte”. Il padrone, non
è chi ha più soldi di te ma chi ha più parole
di te. I poveri conoscono un numero limitato
di parole, il padrone, il ricco conosce mille
vocaboli più di te”.
Allora decide di lasciar perdere pallone e calciobalilla e fonda una scuola che lui definisce
così, in una lettera ad un suo amico nel 1953:
“La scuola popolare vera è la pupilla destra
del mio occhio destro, è durata quattro anni e
quest’anno seguita addirittura anche d’estate,
è nata come scuola e lo è stata fino a poco
tempo fa, poi è diventata una specie di ditta,
una chiesa, una loggia massonica, un cenacolo
di apostoli, non mi riesce di descrivertela
bene, è qualcosa di tutto questo e niente di
tutto questo. Gli avventizi sono stati una
sessantina ma i fedelissimi sono forse 12. Il
più piccolo è di anni 16, il più vecchio 25, gli
altri sono tutti intorno ai 19; sono operai e
contadini, sono iscritti a partiti ed a sindacati
vari, alcuni vengono completamente dall’altra
sponda, altri dall’altra ancora; alcuni vivono
in grazia di Dio altri in grazia di Satana, altri
servono due padroni; in comune hanno poco,
un bel progresso che hanno fatto è stato
quello di capire e rispettare l’avversario, è
stato capire che il male e il bene non sono
tutti da una parte, che non bisogna mai credere né ai comunisti né ai preti, che bisogna
andare sempre controcorrente e litigare con
tutti. E poi i valori dell’onestà, della lealtà,
della generosità e del disinteresse politico,
insomma, bravi figlioli”.
Voi capite che uno così a San Donato nel 1951
che sostiene che è la lingua che impedisce alle
persone di essere uguali... È la lingua, diranno
i ragazzi in Lettera a una professoressa che
rende uguali. Uguale è chi sa esprimersi e intendere l’espressione altrui. Ragazzi, noi oggi
abbiamo la scuola dell’obbligo, ma questa
scuola è frutto di una Legge del 1962; prima,
molti sono arrivati a conseguire la terza media
grazie alle scuole popolari, sorte dopo l’esperienza di Barbiana, la cui frequenza è stata facilitata dalla felicissima intuizione dei sindacati che conquistarono il diritto allo studio con
le 150 ore che permisero, a centinaia di migliaia di persone, l’accesso all’istruzione. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta...».
l’esperienza di Barbiana
Edoardo Martinelli, pur confessandosi «abbastanza emozionato», riesce ad offrire un
lungo e ricco ricordo della sua esperienza diretta a Barbiana: «Se dovessi esprimere in
due parole la sua figura, direi che il Priore è
un Mistico tradito dalla passionalità. Andare
al periodo della morte mi ricorda due eredità
importanti: la prima quando ci dice “avete
visto, nella vita mi hanno perseguitato, dopo
la morte mi esalteranno, ricordatelo! difendetemi da ogni sorta di mistificazione”. Su questo aspetto vorrei richiamare la vostra attenzione, perché ritengo molto importante mettere a fuoco la figura che già nell’intervento
di Daniele è emersa, il miracolo di Barbiana
va ricondotto a quelle poche anime, a quel
piccolo mondo, alla cultura contadina.
[...] Ricordo un intervento di Raniero La Valle
in questo senso: Barbiana non è il luogo dell’esclusione ma il luogo dell’inclusione. Barbiana non è il luogo della disperazione ma il
luogo dove si prende coscienza. Barbiana non
è il luogo dove la gente è muta, ma il luogo
dove il collettivo è pensante, dove la comunità
diventa il contenitore della progettualità, quindi una scuola che giustamente si lega alla vita.
[...] Ecco perché, aderendo ai bisogni, alle risorse del popolo, prima affiancherà alla pluriclasse un doposcuola e poi metterà su una
scuola di avviamento professionale e bada
caso, non è un laboratorio minimo, l’abbiamo
intuito anche dalle letture che sono state fatte: falegnameria; officina; studio fotografico;
videoproiettore; le lingue imparate in lingua
madre; i ragazzi che vanno all’estero e portano le risorse; io l’inglese l’ho imparato
con le canzoni di Bob Dylan, il Francese
con quelle di Brassens. Quindi il laboratorio
di Barbiana, non è un laboratorio minimo
ma un laboratorio massimo.
[...] Questa è una società malata che ha perso
il senso delle cose, direbbe Don Lorenzo Milani, perché si investe più nel superfluo che
nell’essenzialità. Quindi la scuola sarà la
scuola per i progetti per il territorio, e la
scuola di Barbiana che costruisce la strada, è
la scuola che costruirà l’acquedotto per portare l’acqua nelle case, è la scuola che costruirà la scuola perché Barbiana è quel luogo
dove il momento della fruizione dello strumento didattico coincide con il tempo e il
luogo dove lo si produce. Quindi è una scuola dove la vita e l’apprendimento combaciano. Se voi andate a Barbiana vedrete che le
sedie, i tavoli, gli scaffali, ma anche le monografie proiettate sui muri della scuola, quelle
piccole ricerche sono frutto di una scuola, di
un collettivo pensante che produce non solo
i propri strumenti didattici, pensate allo
strumento per fotografare l’eclissi di luna.
Oppure con che strumentazione arriva il
Priore a insegnare la musica, proiettando le
note su un muro bianco e introduce più che
l’apprendimento meccanico il piacere di
ascoltare la musica classica.
È questo connubio tra piacere e apprendimento che introduce un concetto di tempo/scuola
segue a pagina 5
«... Ma chi ha il coraggio di chiamar le
cose per nome? I pochi che davvero
seppero qualcosa, che furono abbastanza pazzi da prodigare il loro cuore,
da rivelare al popolo il loro sentimento
e le loro opinioni, furono tutti crocifissi
o arsi sul rogo...». (Wolfgang Goethe)
graffiti - dicembre 2007
5
da pagina 4
“la parola ai poveri”
che non è più riassumibile in quelle proposte
della “Lettera a una professoressa” ormai vecchia e stantia, anche se vi consiglio di leggerla.
Don Milani lavorava in un’epoca di emergenze, ma quando lui arrivò alla prima scuola
portò il gioco del pallone, il tennis, il calciobalilla, il fioretto, cioè tutte quelle che erano le
risorse di casa sua.
eredità feconda per il sindacato
Ed ecco uno stralcio dell’intervento di Franco
Bentivoglio, letto da Giacomo Meloni.
«Don Milani non inventò un nuovo progetto
politico, ma fu veramente un rivoluzionario;
egli volle agire profondamente su una situazione di grave disuguaglianza di sapere e di
cultura tra i cittadini, che considerava la vera
discriminante della povertà, “che non si misura nella quantità di pane, casa, caldo, si misura
nel grado di cultura e dell’azione sociale”.
Più d’ogni altra cosa è stato un educatore che
ha dato la parola ai poveri, perché ottenessero il rispetto della propria dignità di persone e
perché fossero effettivamente sovrani nello
stato, artefici della costruzione della società e
della realizzazione dei diritti.
Don Milani riteneva la scuola importante
non per aggiungere al nome un “dott. o un
ing.”: “a noi interessa colmare l’abisso di differenza e la principale sta nel possesso della
parola, della lingua, della cultura”. Il suo
obiettivo non era di fare di ogni operaio un
ingegnere, né di ogni ingegnere un operaio,
ma quello di far sì che l’essere ingegnere non
implichi essere più uomo.
Don Milani ha dato una risposta, partendo
dal Vangelo, allo sfruttamento del lavoro minorile, alla violazione sistematica delle leggi
sul lavoro, alla prepotenza e all’arbitrio nei
posti di lavoro, dove i lavoratori, bambini o
padri di famiglia, sono solo forza lavoro, da
licenziare, cacciare, con un cenno, ad nutum,
così come interpretavano le leggi i padroni. E
soprattutto, alla mancanza di rispetto per la
dignità del lavoratore che si traduceva in una
sua sistematica umiliazione. Esiliato a Barbiana istituirà una scuola per i figli dei contadini, che diverrà una pietra miliare per qualsiasi strategia di riforma e di cambiamento incentrata sulla persona e costituirà una critica
severa per le istituzioni a partire dalla scuola. Soprattutto cinque furono i cardini del
messaggio e della testimonianza di Don Milani, che sintetizzo:
5 la scuola: una scuola per far crescere i ragazzi senza discriminarli, per farli più uomini, più
liberi, più consapevoli, più cristiani, più giusti.
Una scuola che aiuti a spiegare le proprie ragioni e a ragionare. Una scuola che non ha paura di
prendere posizione, che ha in onore la politica
e il sindacato come strumenti moderni capaci di
difendere gli ultimi e le loro ragioni.
5 il sindacato: il sindacato si batte per la dife-
sa della libertà delle persone, nella difesa della
dignità del lavoro, nella sua concretezza, nel
suo essere fatica e al tempo stesso strumento
di dignità sociale e di conquista di cittadinanza. Gli obiettivi della scuola di Barbiana erano
diventare da grandi o maestri o sindacalisti. I
sindacalisti sono persone che “hanno deciso
di spendere la loro vita per gli altri”.
5 l’eguaglianza: una eguaglianza che guarda alla
diversità dei bisogni; ”non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali tra diseguali”.
5 le forme di lotta non violente: lo sciopero e
il voto “sono lotte che approvo e sono non
violente. Lo sciopero è un’arma. Non ha nulla a
che vedere con la beneficenza. Somiglia piuttosto alla spada dei cavalieri medievali che veniva
consacrata sull’altare in difesa dei deboli e degli
oppressi. Un’arma incruenta. La sua istituzione, diffusione e consacrazione legale è gloria del
nostro secolo e onora la classe operaia... ed è
una affermazione di dignità umana”.
5 il primato della coscienza: educare a guidarsi con la coscienza e non con l’obbedienza cieca, pronta, assoluta.
La traduzione civile e quotidiana dei valori
evangelici, la denuncia e la testimonianza delle
disuguaglianze da parte di Don Milani furono
per molti di noi il nostro Capitale, e il nostro
libretto rosso. Quello di Don Milani è stato un
contributo alla cultura sindacale di quel tempo
che si innestava nella nostra vocazione sociale e
nella nostra coscienza di sindacalisti cislini.
Se l’esperienza di Don Milani suscitò paura e
irritazione nei conservatori inveterati e reazioni
pesanti di ogni categoria (le peggiori vennero da
parte dei settori più conservatori delle gerarchie
ecclesiastiche e della magistratura), nei confron-
... e vivere meglio
Commentando il recente libro di Tony Judt,
Dopoguerra. Come è cambiata l’Europa
dal 1945 a oggi, Sergio Luzzato scrive sul
Corriere della Sera (“Siamo europei, teniamoci il welfare”) che «lo Stato sociale, nell’Europa del dopoguerra si diede per compito non soltanto di garantire le istituzioni e
i servizi necessari a un Paese sicuro e ben
regolato, ma anche di migliorare le condizioni di vita della popolazione e, al limite, di
correggere una troppo iniqua distribuzione
delle ricchezze». Commento arricchito da
una breve “istantanea” sull’autore che «conosce troppo bene il mondo che si estende
poco lontano dalle finestre del suo studio
di New York, appena fuori Washington
Square, per poterne rimanere incantato. Sa
quanto quel mondo sia fatto di alienazione,
di disvalori, di sofferenza. Perciò spera che
gli europei trovino il modo di rinnovare la
scommessa vincente del loro dopoguerra:
lavorare meno degli americani, guadagnare
meno, e vivere meglio».
ti delle forze giovani, intellettuali e sindacali,
suscitò interesse e stimolo per nuove analisi e
nuove lotte per la promozione umana».
sintesi di alcuni interventi
A CHILLE P IANTONI (Fnp-Cisl) «Ho avuto
modo di parlare direttamente con Padre Balducci e gli ho detto: la religione c’insegna a
sopportare pazientemente le persone moleste
ma se c’è ingiustizia non è possibile sopportare. Don Milani ha lottato in tutta la sua breve vita contro le ingiustizie ed ha insegnato ai
suoi ragazzi che l’ingiustizia è un male sociale
da combattere. Ho seguito con attenzione gli
interventi a questo seminario e ho avuto l’opportunità di rivivere con voi, una parte significativa della vita e delle opere di Don Milani. È
stata un’esperienza commovente».
ALESSANDRO PONI (Fim-Cisl): «I lavoratori, i
poveri, non ce la fanno più a dare risposta ai
problemi quotidiani, i salari bassi, i problemi
della famiglia, i problemi della casa, i problemi
di stare dentro la Comunità ed essere ascoltati. C’è bisogno che il Sindacato, ma anche le
Organizzazioni sociali, la politica, sappiano
ascoltare questi segnali d’inquietudine dei nostri tempi, per dare risposte positive a questi
problemi non bisogna rinchiudersi, non è il
rancore, non è il rifiuto, ma bisogna operare
perché milioni di persone agiscano per ridare
senso ad una società che non si preoccupa più
di loro; a ridare vita ad un mondo che si spegne nei suoi valori, dove tutto è un numero e
tutto è vuoto. Quando si cambia il mondo?
Quando si parte dalla persona. Sono stati importanti per Don Milani i suoi allievi, quanto
si cambia nella società, nella vita di ogni giorno, se si da spazio alla persona, al suo cuore,
alla sua essenza, è questa la forza. Si cambia
quando tutti i componenti la società, soprattutto i più deboli, possono esprimere le loro
problematiche e se scatta la solidarietà degli
altri verso chi ha problemi. Se si assume un
punto di vista diverso e si curano comportamenti solidali si riesce a modificare la società
ed a trasformarla, a renderla più giusta. Questa
l’attualità del pensiero, della vita e delle opere
di Don Milani che ha insegnato queste cose ai
suoi allievi, ma è un richiamo che tocca tutti
noi, e soprattutto alla mia organizzazione sindacale, raccogliere gli insegnamenti e declinare
coerentemente e pazientemente quanto Don
Milani ci ha insegnato. La sua è un’esperienza
di vita che ci parla, che continua a inquietarci,
che ci deve impegnare contro l’ingiustizia».
UNO STUDENTE : «Che differenza c’è tra il
mondo della scuola attuale, la scuola di Barbiana ed il pensiero di Don Milani?».
UNA STUDENTESSA: «Don Milani sosteneva
che nella scuola dell’obbligo non doveva esserci
la bocciatura. Non mi sembra un elemento così
positivo per la crescita delle persone».
dicembre 2007 - graffiti
6
Fax
CEDEGOLO
geniale o diabolico?
Gli automobilisti abbastanza vecchi da aver
percorso la Valcavallina negli anni Sessanta ricorderanno lo striscione che, all’inizio di San
Paolo D’Argon, invitava alla prudenza con
una semplice, e tuttavia efficace, esortazione:
«Per favore, andare adagio».
Nei giorni scorsi ci ha provato il Comune di
Cedegolo, tramite alcuni pannelli elettronici
che indicano la velocità cui sta viaggiando
l’automobilista di turno. Congratulazioni! Soprattutto per la scelta coraggiosa di andare
contro corrente, ovvero: la prevenzione responsabile in alternativa alla repressione. A
meno che non sia stato piazzato anche un occulto rilevatore di velocità, a scopo repressivo
(e di cassa), prima di quello palese (e gentile).
In tal caso, piuttosto che geniale l’originale
iniziativa sarebbe diabolica.
VALCAMONICA E SEBINO
il fronte sud-occidentale
Nel gennaio 2006 il sindacato confederale e
della Funzione pubblica del comprensorio camuno-sebino, al fine di «rivalorizzare e potenziare il Distretto Ovest Bresciano consentendo una piena funzione operativa, implementare le tipologie di attività oggi escluse dal Decreto e dotare lo stesso di autonomia logistica,
nel rispetto delle competenze del Dipartimento» e, quindi, «avere in dotazione i mezzi e le
risorse per svolgere nel migliore dei modi possibili le proprie competenze anche specialistiche per affrontare le forti criticità presenti sul
territorio», chiedeva alla direzione regionale e
provinciale dell’Arpa (Agenzia Regionale per
la Protezione dell’Ambiente) la disponibilità a
discutere nel merito le problematiche sollevate, ritenendo pertanto utile «interessare il Presidente della Comunità Montana di Vallecamonica, che ci legge per conoscenza, affinché
sia disponibile a convocare un incontro per affrontare il problema sollevato».
La vicenda, però, non deve aver fatto molta
strada, visto il carattere del recente sollecito
da parte dello stesso sindacato comprensoriale, che nel novembre scorso scriveva: «I segnali che riusciamo a percepire ci dicono che,
da allora, la situazione non è migliorata e ci
pare, anzi, che si stia procedendo lentamente
al definitivo smantellamento del distretto. A
nostro avviso occorre che lo stesso venga
prioritariamente istituito in via definitiva, occorre poi rivalorizzarlo e potenziarlo consentendone una piena funzionalità operativa. È
necessario dotare lo stesso di autonomia logistica, oltre che delle risorse (di personale e di
attrezzature) per svolgere nel migliore dei
modi possibili le proprie competenze anche
specialistiche per far fronte alle forti criticità
presenti sul territorio». Le stesse organizzazioni sindacali, quindi, hanno sollecitato ancora una volta il presidente della Comunità
Montana di Valle Camonica a «convocare un
incontro per affrontare il problema».
DARFO BOARIO TERME
non solo “acqua”
Il gruppo della “Civica” dopo aver più volte
«offerto alla maggioranza collaborazione e disponibilità», ha distribuito nei giorni scorsi ai
cittadini un volantino in cui denuncia di aver
sempre trovato soltanto porte chiuse. A questo punto “La Civica” stessa «chiede la convocazione di un Consiglio comunale aperto»,
in cui la proprietà delle Terme si possa confrontare su un piano industriale credibile. In
quella sede, quindi, «i nostri consiglieri illustreranno le proposte già contenute nel programma elettorale».
E si tratta di proposte non certo prive di un
certo interesse, che vanno dal traffico («no
alla rotonda davanti alle Terme»; sì alla bretella della superstrada e al ponte Boario-Isola; sì
alla variante per la Val di Scalve; sì alla pedonalizzazione – almeno in estate – del centro di
Boario; sì ai collegamenti pedonali protetti e
al verde fra la stazione, le Terme e il Palazzo
dei Congressi) al riassetto urbanistico territoriale: «valorizzare l’ambiente (lago Moro, parco Luine, Monticolo, grande parco fiume
Oglio-Isola); riqualificare il piazzale della stazione di Boario e via Manifattura; migliorare
l’arredo urbano con aree verdi e nuovi parcheggi; valutare lo spostamento dell’Imbottigliamento, e del traffico degli autotreni, nella
zona industriale per creare un nuovo polo termale e del benessere in centro a Boario».
Occorre quindi – continua il comunicato della
“Civica” – progettare una “città turistica e
termale” prevedendo, oltre al riassetto del territorio, nuove strutture termali-sanitarie e per
il benessere, nuove collaborazioni tra pubblico
e privato e un piano per il reperimento dei finanziamenti necessari».
In tal senso, continua “La Civica”, «è perciò
indispensabile coinvolgere tutte le risorse della nostra città facendo ricorso alle più alte
professionalità disponibili e affidando lo studio del rilancio di Boario Terme a veri esperti
del settore». Questo, conclude il comunicato,
«è “progettare in grande” per trasformare il
momento di crisi in un’occasione di rinascita».
VALCAMONICA E VALTELLINA
dal punteruolo al mouse
La Valcamonica e la Valtellina, che «unitamente agli altri siti alpini del Monte Bego, dell’Alto Adige e del vallese svizzero, costituiscono
la principale area d’arte rupestre europea ed
una delle principali a livello mondiale», nell’ultimo weekend di novembre hanno promosso un convegno intervalligiano (in parte a Tirano e in parte a Edolo) sul tema “L’arte rupestre nelle culture pre e protostoriche delle
Alpi camuno-valtellinesi e dei Grigioni”.
Un convegno che mirava «ad aggiornare lo stato delle ricerche alla luce delle scoperte degli ultimi anni» e, per altro verso, «ad individuare e
comprendere le caratteristiche ed i parallelismi
tra i tre siti rupestri rappresentati da Valcamonica, Valtellina e Grigioni: la prima ricca di oltre
300.000 figurazioni, le altre con testimoni di
alta caratura simbolico-concettuale che completano ed arricchiscono il quadro complessivo».
Un convegno che, secondo le intenzioni dei
promotori, potrebbe dare alcune risposte ad
interrogativi in merito ai regionalismi attuali,
in rapporto alla «visione complessiva del territorio alpino che avevano i popoli qui insediati» e, quindi, al «perché qui si è sviluppato
questo grande fenomeno di espressività artistica». Ovvero: «Si può parlare di un unico
bacino etnico-culturale con strette connessioni
anche territoriali o piuttosto di gruppi che
hanno, in relativa autonomia, creato forme artistiche (l’arte rupestre) simili?». Ovvero:
«Quali le differenze e le continuità tra le varie
aree?». Va infine segnalato che il convegno si è
avvalso di una vastissima “platea” di sponsorizzazioni, pubbliche e private.
MANIFESTAZIONE PER LA PACE
“no Dal Molin”
Nei giorni 14, 15 e 16 dicembre, leggiamo su
una nota diffusa tramite mailing list da Gino
Morandini (in collaborazione con “Tapioca”),
«si terrà a Vicenza un’importante manifestazione internazionale per la pace, organizzata dal
movimento “No Dal Molin”, movimento che,
per chi non lo sapesse, da un anno a questa
parte si impegna contro l’allargamento della locale base militare americana. La manifestazione
vera e propria – continua la nota – si terrà il 15
dicembre, mentre negli altri due giorni ci sarà
spazio per una serie di approfondimenti e dibattiti». Seguono quindi informazioni per gli
aspiranti partecipanti alla giornata del 15 dicembre: «Stiamo organizzando un pullman che
partirà dalla Valle nella mattinata di sabato 15 e
rientrerà nella serata dello stesso giorno, quando avrà termine il corteo che sfilerà per le vie e
le strade vicentine». Ed infine, un auspicio:
«Come già lo scorso 17 febbraio, speriamo che
anche questa volta sapremo metterci in gioco e
uscire dalla nostra sonnolenza, riempiendo il
pullman e partecipando numerosi ad un appuntamento davvero importante».
graffiti - dicembre 2007
DAL CONSIGLIO REGIONALE
consumatori... spolpati
Secondo i consiglieri regionali Arturo e Osvaldo Squassina, «il provvedimento che regola le
aperture degli esercizi commerciali va a discapito anche delle piccole attività, dei consumatori e dell’ambiente». La nuova legge, infatti,
viene giudicata come «un vero e proprio regalo alle lobbies del commercio», che «produrrà
molti problemi ai molti attori coinvolti: consumatori, lavoratori e commercianti stessi».
Come è noto, le giornate festive di apertura in
un anno sono state portate a 32, da 13 che erano, ed essendo il provvedimento «a favore soprattutto dei grandi centri commerciali», a farne
le spese saranno le piccole e medie attività, ma
a subire contraccolpi, sempre secondo i due
consiglieri regionali, «saranno anche i consumatori, visto che le aperture sono per lo più previste per le prime domeniche del mese, quando
spendere è certamente più facile rispetto a un
paio di settimane dopo», oltre ai lavoratori
«impiegati nelle grandi strutture, soprattutto i
precari, costretti ad una sempre maggiore flessibilità». Senza contare, infine, conclude la
nota, «che l’aumento del traffico indotto dal
provvedimento peggiorerà le condizioni ambientali, dato che le grandi strutture commerciali sono per lo più collocate proprio nei centri
nevralgici già normalmente congestionati».
SAVIORE DELL’ADAMELLO
scacco al... re?
Dopo la stravagante ipotesi degli specchi
in alta quota per portare il sole nella frazione di Valle anche nei mesi invernali, sarebbe
fin troppo facile, oggi, fare del sarcasmo sull’ultima boutade dell’amministrazione comunale di Saviore dell’Adamello: vendere un’immensa porzione di territorio al confinante
Trentino per fare cassa (e che cassa!).
Le cose poi hanno assunto una piega diversa,
grazie ad un responso referendario che, a sorpresa (e a dispetto dell’esito “bulgaro” nelle
ultime elezioni), ha bocciato la proposta degli
amministratori, comunali e comunitari.
Probabilmente ha vinto «la storia» (o anche
solo il rispettoso vincolo con la tradizione),
come afferma Italo Bigioli (valsaviorese
d’adozione e animatore della locale sezione di
Amici della Natura) e, forse, si è messo sotto
scacco (per una volta, almeno) l’affarismo
senza scrupoli. Chissà? Ma è certamente una
partita persa per l’ambientalismo ecologico.
Basta attraversare il bosco della Valsaviore e
poi quello del Trentino, per rendersene conto.
MALEGNO
il diavolo e l’acqua santa
Verrebbe da pensare a leggendarie comparazioni d’altri tempi, quando per definire un sodalizio di tale natura non si disdegnava di scomodare diavoli e acquasantiere.
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In realtà, nell’affiatamento con cui operano
l’Amministrazione comunale e il Parroco in
quel di Malegno per l’annuale gestione del premio “per la solidarietà e la pace, Mites terram
possident”, giunto ormai alla sua terza edizione,
vediamo poco diavolo e ancor meno acqua santa, fortunatamente. Tutt’al più si potrebbe aggiungere, forzando magari un po’ il concetto,
che ad entrambe le parti si addice la definizione
che amava dare di sé uno dei presidenti bresciani del Cln, Mario Marchetti: «Cristiano senza
chiesa e socialista senza partito».
Se poi il prodotto di tale sinergia tende a maturare soprattutto nell’ambito di quel cristianesimo delle origini (il riconoscimento per il
2007, infatti, è andato alla Caritas di Darfo
Boario Terme e a Luciano Cominotti, un missionario che opera da anni in Mozambico) potrebbe significare solo e semplicemente che i
valori del cristianesimo sociale si vanno affermando in misura inversamente proporzionale
al tramonto del socialismo nella sua dimensione laica, forse perché i suoi odierni demiurghi
sono troppo impegnati nella gestione dei famigerati Centri di permanenza temporanea e
nella fabbricazione di armi da guerra come formidabili “strumenti di pace”.
l’Asl camuno-sebina, soprattutto se pensiamo
che le stesso Ente (quando si chiamava ancora
Ussl), promosse un importante convegno
(Sala Liberty delle Terme di Boario, 29 novembre 1992), in collaborazione con la Cattedra di Medicina del Lavoro di Brescia e l’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università
degli Studi di Milano, con il contributo della
“Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio” dal quale emergeva, tra l’altro, che «le concentrazioni urinarie di manganese dei lavoratori delle ferroleghe sono risultate significativamente più elevate rispetto a quelle del gruppo
di riferimento...», e che «in occasione di esposizioni anche non particolarmente elevate,
l’eliminazione urinaria di manganese tende ad
aumentare in modo proporzionale ai livelli aerodispersi del minerale...».
Ergo: è “soltanto” una lacuna culturale quella
del direttore Asl, o dobbiamo pensare ad un
atto di... genuflessione verso quanti sarebbero
apparsi con tanto di nome e cognome anche
senza essere citati, qualora si fosse anche solo
accennato all’ormai antica data della “novità”?
CIVIDATE CAMUNO
ex Franzoni
L’ultimo incontro tra le Rappresentanze sindacali e il sindacato di categoria con la direzione dell’Azienda ha sancito la definitiva smobilitazione in quel di Cividate Camuno della
Franzoni Filati, che si rafforza invece a Esine,
assumendo anche una parte degli ex dipendenti di Cividate. La ditta Morandini, che ha rilevato gli immobili dismessi dalla Franzoni, ha
ottenuto dall’amministrazione comunale di
Cividate Camuno anche la proprietà della ex
strada pubblica che passa(va) tra la vecchia e
la nuova proprietà, con qualche timida protesta da parte della minoranza consiliare, che,
pur non contestando l’operazione, aspirava
ad un maggior coinvolgimento.
CAMUNIA
una valle al... manganese
La notizia è esplosa come un fulmine a ciel sereno: il morbo di Parkinson colpisce in Valcamonica con potenza quasi triplicata rispetto
alla media italiana, e la causa sarebbe da ricercarsi nell’esposizione prolungata all’inquinamento da manganese, un minerale i cui composti, già usati dagli egizi nella fabbricazione
del vetro e dagli spartani per conferire una durezza particolare alle loro armi, è diventato
negli ultimi due secoli un componente essenziale nella produzione di acciai ed altri materiali ferrosi. Ed ecco che i conti tornano, se
mettiamo in fila i Parkinson di oggi e la Valcamonica siderurgica del secolo scorso.
Quel che non torna, invece, è la repentina
preoccupazione mostrata dal direttore del-
VALCAMONICA
perché “morti bianche?”
Mercoledì 14 novembre un giovane di 26
anni, Francesco Conforti, perde la vita in un
cantiere dell’alta Valcamonica. Il giorno successivo, alla Lucchini di Castro, muore un
operaio 42enne, Luciano Volpi, schiacciato
da una pressa nello stesso reparto in cui sei
mesi fa aveva perso la vita Vittorio Bendotti.
Nella stessa giornata muore un giovane operaio albanese, Kledis Jahja, che lavorava in
un’acciaieria di San Zeno, ma dipendente da
un’impresa di Pisogne.
Cgil, Cisl e Uil, mentre «invitano le lavoratrici
e i lavoratori e quanti vorranno aderire, ad una
sottoscrizione straordinaria, devolvendo mezz’ora di lavoro ai familiari dei lavoratori che
sono morti sul lavoro e che lasciano moglie e
figli», esortano le Rappresentanze sindacali
unitarie ad «organizzare dal 16 novembre al
30 novembre 2007 assemblee in tutti i luoghi
di lavoro per mettere al centro il valore del
lavoro», come «bisogno essenziale per poter
vivere e non per morire» e, quindi, anche in
ragione di quanto emergerà dalle assemblee,
non escludono il ricorso ad «una successiva
mobilitazione generale per affermare la sicurezza sul lavoro e il valore della vita».
dicembre 2007 - graffiti
8
PERCHÉ NON DOVREBBE FUNZIONARE ANCHE DA NOI, COME IN VAL VENOSTA?
il “trenino” della Valcamonica
di Damiano Di Simine (presidente regionale di Legambiente)
In Lombardia abbiamo una ferrovia - la Brescia
- Iseo - Edolo - che svolge una molteplicità di
funzioni, dal collegamento metropolitano tra
Brescia e la Franciacorta all’accesso turistico al
lago di Iseo e ai comprensori sciistici di Aprica
e Ponte di Legno dell’Alta Valcamonica, che
avrebbe grandi potenzialità per sviluppare
un’offerta di mobilità su ferro e supportare un
sistema di mobilità collettiva fortemente potenziato rispetto allo stato attuale.
Questa ferrovia ha anche un ramo (Iseo-Rovato) attualmente dismesso al trasporto di passeggeri, che si immette direttamente sulla linea
Milano-Venezia e che, se venisse ripristinato,
consentirebbe rapidi ed efficienti collegamenti
non solo con Brescia, ma anche con Milano e
con l’intera fascia pedemontana.
Purtroppo questa ferrovia non ha ancora conosciuto un rilancio effettivo, i passeggeri trasportati sono largamente inferiori alle potenzialità, sebbene la congestione stradale lungo i
centri perilacustri e i flussi turistici legati ai
week end sulla neve siano sempre più un peso
per le comunità locali. Nonostante gli investimenti effettuati sulla linea, il materiale rotabile
è vetusto e ben poco confortevole, gli orari e
le coincidenze sono particolarmente penalizzanti, non esiste un ‘marketing’ orientato ai
diversi segmenti di domanda.
Una sorte che non pensiamo debba essere accettata passivamente, in primo luogo da noi
ambientalisti: ritengo che sia altamente qualificante per una associazione come Legambiente
avviare una campagna per chiedere che la Brescia-Edolo non diventi un ramo secco ma che
– al contrario – rappresenti una grande occasione per rendere un po’ più sostenibile la
mobilità nel vasto territorio attraversato, migliorando l’accessibilità turistica del territorio
di Sebino e Valle Camonica.
Si tratta in altre parole di dimostrare che lo
sviluppo (della qualità della vita dei pendolari e dei viaggiatori, della promozione turistica) può essere coniugato con la sostenibilità
ambientale. Qualcuno penserà che è difficile
Genova con noi
(PLF - 17 novembre 2007)
Ci portò il treno
al mare sereno
un giorno autunnale
di vento maestrale.
Cinquantamila là
a chieder verità.
Dove fu scontro
c’è stato incontro.
DALLE SPONDE DEL SEBINO ALL’UNIVERSITÀ DI LIONE
stato d’assedio
L’università ha riaperto. Ma é il modo che fa la differenza. Dopo tre settimane di blocco sono arrivati i poliziotti a liberare il nostro diritto allo
studio. È triste in ogni caso fare il defilé davanti a dei soldatini in tenuta
anti sommossa... Scudi per farsi spazio in mezzo ai ragazzi, i quali, ancora
più intestarditi e inferociti restano sulla porta battendo le mani e facendo volare qualche insulto.
Anche le botte sono arrivate, come la dimostrazione più democratica dell’irrazionalità. La libertà di azzittire, la libertà di usare della violenza contro chi rappresenta lo stato.
Ma dove siamo arrivati.. a che punto. Persino per andare in mensa devo mostrare la carta dello
studente. Questo documento mi contraddistingue, mi fa sentire qualcuno e mi evita rogne... mi
da il diritto. In ogni caso é fastidioso doverlo esibire anche quando, per andare al bagno, devi
passare da un blocco di edifici all’altro.
Ci sono professori che si sentono quasi presi in ostaggio. E non hanno tutti i torti. Evitano di
fare lezione e ti lasciano simpatiche relazioni da 15 pagine da fare a casa.
L’altro giorno per uscire dall’università ho saltato il muro, come una ladra , approfittando del
fatto che stavano cominciando ad occupare il giardino i manifestanti. Gli altri studenti, come topi
nel labirinto, hanno cominciato a cercare un’uscita; le avevano tutte bloccate per la nostra sicurezza, per evitare l’«assedio». Povera Francia... abbiamo fatto un passo indietro, o anche di più...
Io quasi me la ghigno, osservo tutto con distacco e con aria decisa passo davanti ai poliziotti,
nascosta dietro ai miei Ray-ban e pronunciando qualche piccolo insulto (come “fascisti”) borbottando in italiano. È come nel gioco “non si muove una foglia”, quando devi passare nel tunnel di
gente consapevole che potresti prenderle da un momento all’altro se scatta qualche cosa.
Ovvio. Non mi succederà niente. Mi piace osservare ma non cerco il pericolo... diversamente
da quanto hanno fatto i miei colleghi francesi davanti alla biblioteca stamattina.
Bene mes amis... un bacione dalla vostra Mària, sempre più delusa e sempre meno stupita di
fronte agli eventi. (Maria Grazia Balducchi)
ottenere un simile risultato. Indubbiamente
lo è, ma non è nemmeno impossibile: per
questo il Circolo di Legambiente Franciacorta
organizzerà una visita ad un’altra ferrovia,
quella della Val Venosta (Vinschger Bahn) da
Merano a Malles, che negli anni ’90 se la
passava anche peggio della Brescia Edolo
(tanto da venir chiusa e disarmata dalle FS).
Ebbene, proprio la mobilitazione degli ambientalisti locali è stata uno degli elementi
che ha portato la Provincia di Bolzano a
prendere in mano la situazione e a ripristinare un servizio, realizzato con mezzi moderni
e con alti standard di confort, di servizi e di
puntualità, tanto che oggi i treni sono letteralmente ‘presi d’assalto’ dai viaggiatori. Se
ci sono riusciti loro, perchè non dovrebbe
farcela anche Brescia?!
ritorno in piazza
Secondo Amnesty international, con le cariche nelle piazze e nelle strade, i pestaggi
alla scuola Diaz e le torture nella caserma
di Bolzaneto, nel luglio 2001 a Genova, fu
messa in atto «la più grave violazione dei
diritti democratici in un paese occidentale
dopo la seconda guerra mondiale». Infatti,
è scritto nella Costituzione italiana che «I
cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi» (art. 17/1) e che «È
punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizione di libertà» (art. 13/4).
Perciò, sabato 17 novembre, rispondendo
all’invito della Comunità di San Benedetto
al Porto, ho preso il treno per andare nella
città ligure a manifestare in sostegno delle
libertà civili e della domanda di verità e giustizia sulla repressione delle trecentomila
persone che parteciparono alla mobilitazione contro i “padroni del mondo” del G8.
Mi sono mescolato ai cinquantamila del
corteo che era aperto dallo striscione “La
Storia siamo noi” con cui i promotori hanno voluto ricordare un evento storico di
«straordinaria potenza e di innovazione
delle forme di partecipazione politica».
Così, in pace ma con qualche brivido, ho
ripercorso alcuni dei luoghi dove, sei anni
fa, avvennero le violenze di squadristi in
divisa e l’uccisione di Carlo Giuliani legittimate dal governo di allora. Che farà l’attuale? (Pier Luigi Fanetti)
«Sognate e mirate sempre più in alto di quello
che ritenete alla vostra portata. Non cercate
solo di superare i vostri contemporanei o i
vostri predecessori. Cercate, piuttosto, di
superare voi stessi». (William Faulkner)
graffiti - dicembre 2007
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CURIOSANDO NEGLI STAND GASTRONOMICI CAMUNI ALLA FIERA DI MODENA
cibo camuno: spaghetti alla chitarra!?
di Monica Andreucci
Abbiamo già presentato le iniziative legate all’enogastronomia tipica, nuova promettente
frontiera del turismo indigeno. Ricordate?
Sono stati pubblicati – e tuttora in distribuzione – due opuscoli molto curati, col contributo degli Enti Locali, sulle “Settimane della
gastronomia camuna” e sui “Sapori e saperi di
Vallecamonica” promossi dal Gruppo Ristoratori nostrani formatosi in seno alla Confesercenti bresciana. Entrambi portano, come coordinamento, il nome di Silvano Nember.
Sfogliando le belle pagine (indubbiamente godibilissime e di grande effetto) in cui sono presentati i ristoranti e loro menù proposti, chi
non conosce il cibo camuno dovrebbe farsene
un’idea, che purtroppo però non risulta sempre fedele alla nostra storia. Eppure sta scritto
chiaramente nell’apertura, a firma congiunta
Alessandro Bonomelli e Edoardo Mensi: «In
tutte le specialità che si potranno degustare…
si specchia lo spirito millenario e la cultura del
territorio… un appuntamento imperdibile per
tutti gli amanti della cucina tradizionale…».
Peccato veniale nel caso della pubblicazione
targata Cissva, che diffonde le ricette creative
partecipanti al concorso “Quando la cucina
incontra l’arte casearia”, dal quale vengono
nuove idee per l’utilizzo dei nostri formaggi.
Pur se l’immagine scelta per testimonial – una
gommosissima Gabriella Carlucci – forse non
è proprio segno di grande genuinità (almeno
fisica), va meglio nell’evocazione dei sapori.
Anche lì, però, si trovano eccessive concessioni alla nouvelle cuisine, come la “concassé
di pomodoro” (pelati a dadini conditi, insomma) o il “coulis di fragole” (frullate, passate e
zuccherate in salsa, tutto qua). Ci sono sì
molti piatti storici, ma si poteva evitare di far
rivoltare il buon Artusi nella tomba: dalla fine
dell’800, infatti, cercò di valorizzare l’arte culinaria italiana e tipica depurandola appunto
dai troppi francesismi sintomo di stupida, ingiustificata dipendenza enogastronomica!
Non va meglio con le “Settimane”, l’altro opuscolo. Chiedendo lumi agli anziani della Valle,
su certi piatti la risposta è davvero stupita,
come, tra parentesi: iniziamo con un incredibile
“Risotto al lichene e Bagoss” (Che siamo, renne?) per poi andare allo “Silter con marmellata
piccante di mele cotogne” o alla “Ricotta con
marmellata di cipolle rosse” (Mai sentite!),
come peraltro l’aceto o “aspretto” di lampone,
per non parlare poi della “mousse di rabarbaro
e fragole” o della “zuppetta fredda di castagne
con gelato al ginepro” per le quali i nonni si
scandalizzano. Ma il top, quello che assolutamente con la cucina camuna non c’entra nel
modo più assoluto, è un primo condito con sfi-
DAL NOSTRO INVIATO A... (di Monica Andreucci)
sciare o mangiare?
Fiera di Modena: l’evento in cui stavolta siamo andati a cercare tracce camune
è “Skipass”, annuale fiera dedicata al “circo bianco”. 25.000 metri quadri di
superficie espositiva, 160.000 visitatori ed un allestimento tra i più spettacolari (la Vostra inviata
ha fatto la prima sciata della stagione, su una delle piste innevate ed attrezzate per l’occasione!)
fanno della 4 giorni d’inizio novembre l’appuntamento più atteso e seguito.
Sempre ai massimi livelli lo spazio espositivo della Lombardia, e pure se purtroppo non c’è
mai un poster delle nostre incisioni o panorami, con piacere la presenza della Vallecamonica si
è avvertita. Oltre al carosello dalignese, ben visibile sia con il plastico degli impianti da Vezza
al Tonale ed oltre sia con quei bei ragazzi di Francesco Bosco e Claudio Novembrini, oltre alla
rappresentanza in dèpliants ed operatori di Montecampione, facevano bella mostra di sé sul
desk della Provincia anche altre cose nostrane. Riguardo alla neve, purtroppo, non altro se si
esclude il comprensorio Gaver-Maniva (ma promosso, perfino con pubblicità sul catalogo ufficiale, dalla Valtrompia). Però stan maturando aspetti molto interessanti della tipicità locale: il
turismo naturalistico e quello enogastronomico.
Sulla rivista Prealpi Orobiche, edita in quel di Bergamo in veste davvero prestigiosa, nel
numero di ottobre-novembre in distribuzione gratuita c’erano due begli articoli dedicati alla
nostra Valle. Uno è firmato dall’Agenzia Territoriale per il Turismo e sviluppa gli aspetti,
appunto, ambientali mentre l’altro è di Alberto Franchini sull’arrampicata sportiva in Val
Salarno. In edicola, per chi volesse leggerli, la testata si trova ancora.
Capitolo a parte sul mangiare camuno, illustrato da due brochure ben fatte sulle “settimane
della gastronomia” (giunte alla sesta edizione) e sui “sapori e saperi” tipici. In entrambi i casi è
coinvolto in prima “persona” il Gruppo Ristoratori della Vallecamonica, formatosi in seno alla
Confesercenti bresciana, col supporto di Comunità Montana, Camera Commercio e Provincia.
Pur salutando con piacere l’iniziativa, che ha trovato sinceri consensi tra i visitatori della
manifestazione modenese, sul tema andrebbero fatte alcune considerazioni di carattere
locale…che rimandiamo ad altro spazio.
lacci di cinghiale in umido: vi si propongono infatti degli ottimi “spaghetti alla chitarra”!?
Già, già, genuinamente tradizionali. Però dell’Abruzzo, e non diciamo quale ristorante li ha
messi nel menù; cari buongustai cercateli da
Darfo al Sebino. Li troverete grandi al palato,
molto meno nel cuore.
Pasolini diceva «io so», era rivoluzionario.
L’Italia di oggi, praticamente in coro, dice «lo
sapevo», ed echeggia come un suono fesso. Il
caso Rai-Mediaset è soltanto l’ultimo in cui il
«si sapeva» è risuonato tonante e potente.
[...] Naturalmente il «si sapeva» ha una sua
straordinaria peculiarità: assolve in qualche
modo ciò che si sapeva, anestetizza il fatto.
Se lo conoscevi già, e ci vivevi in mezzo, e
sei qui a raccontarlo e a dire «si sapeva»,
vuol dire che non era così grave [...].
Michele Serra si è giustamente augurato che
gli anticorpi arrivino durante la malattia, non
dopo, a fare gli spiritosi e a dire «lo sapevo».
Però è un fatto che quando gli anticorpi arrivano puntuali, quando qualcuno si agita un
po’ e dice «io so», invece di dire dopo «lo
sapevo», viene trattato come un mezzo matto. Chi dice «io so» in tempo reale è sempre
minoranza, o trattato come un rompicoglioni. Qui si parla di infedeltà aziendali e asservimenti politici, ed è grave. Ma rallegriamoci: ci sono cose ancor più gravi su cui pochi
oggi dicono «io so» e molto domani diranno
«lo sapevo». Le future pensioni dei lavoratori instabili saranno da fame. Io lo so. Lo
sanno anche gli economisti, che cominciano
a valutare le curve dei consumi di una categoria a venire, già prevista dalle statistiche,
quella dei pensionati poveri. Dire «lo sapevo» tra dieci o vent’anni sarà soltanto una
beffa in più. Eppure la sensazione è che chi
dice «io so» prima, o durante, passa sempre
per incendiario, ideologico, guastafeste e
provocatore. Insomma, un irrequieto che disturba il manovratore. Lo stesso manovratore che tra qualche anno dirà «lo sapevo»
da un corsivo di Alessandro Robecchi
Festival d’esportazione
Anche il festival “Dallo sciamano alla showman”, al pari degli skipass e della cucina camuna pare ormai destinato all’esportazione,
visto che il discreto indice di popolarità di
cui gode, in camunia ed oltre, non riesce a
compensare il basso indice di gradimento
nella stanze del Palazzo. Nulla di trascendentale, intendiamoci. Anzi, sarebbe straordinario che fossero proprio degli sciamani (o
degli showman) a rompere il cerchio... magico e diventare i primi “profeti in patria”.
dicembre 2007 - graffiti
10
ANCORA UN’OCCASIONE PERDUTA PER IL TURISMO BASSO CAMUNO?
benvenuti a Boario (ex) Terme
di Monica Andreucci
Chissà quanto ci vorrà per cambiare intestazioni ed indirizzi, i biglietti da visita dei residenti e tutti i loro documenti personali: pare
infatti che tra un po’ i darfensi dovranno
smontare i cartelli stradali per togliere quel
“Terme” finale. Le lettere di licenziamento
per i 36 lavoratori dello stabilimento curativo
sono davvero partite… non c’è male come
batosta per la città intera!
Di tutti i commenti che andiamo leggendo ed
ascoltando sui mass media, tra le note più efficaci è quella letta su “Gente Camuna”, il periodico diretto dall’ex Preside Nicola Stivala che
porta le notizie ed i commenti dalla Valle al
mondo intero. Rivolto agli emigranti abbonati o
alle associazioni culturali degli stessi dovunque
siano, l’otto facciate spicca per la vastità dei
temi raccontati solitamente con obiettività e
linguaggio chiaro, ma pure con commenti mai
eccessivi seppur taglienti. Tra parentesi è curioso come un “non camuno” sappia egregiamente rappresentare questa nostra terra, per di
più all’opinione pubblica internazionale.
Tornando alle Terme, nell’articolo citato si
legge papale papale: “«Sembra infatti che la
“crisi” [correttamente messa tra virgolette, ad
instillare il dubbio sulla sua verità] sia iniziata
quando l’Amministrazione di Darfo non ha
assecondato le mire edilizie all’interno del
parco». Touche! Ecco l’inghippo, tanto per
cambiare di tipo urbanistico: tutta quell’area
libera in pieno centro non poteva, dannazione,
passare inosservata alla speculazione, cosa
che invece è caratteristica vincente a Trescore
Balneario. Sarebbe straordinario se restasse
a parco, tra l’altro con piante secolari di
enorme pregio, e invece chissà quali schifezze già stanno progettando, orgasmo di
asfalto e cemento che chiameranno “valorizzazione architettonica”.
Un’altra occasione perduta, nel turismo di
Boario. Quella che poteva essere la culla dell’ospitalità della Valcamonica tutta – grazie ad
una dotazione di alberghi eccezionale di cui
bastava curare l’accessibilità nel territorio,
qualche corsa di trasporto pubblico in più e
poche navette intelligenti – è diventata invece
un peso per l’economia locale. «Alcune iniziative promozionali […] erano state previste
negli anni Ottanta – ancora stralciando dall’articolo –, tra queste il collegamento con gli impianti sciistici di Borno ed il Funny Film Festival». Il primo progetto fu abbandonato, lo
ricordiamo, perché “costava troppo” e non si
valutarono invece i tanti vantaggi possibili;
quanto all’FFF: «Per alcuni anni aveva richiamato tanta gente ed aveva reso nota la cittadina in tutt’Italia [ed oltre, ricordiamo per
esempio l’anteprima di un film americano!], si
è interrotto perché si spendeva troppo», soprattutto da bilanci istituzionali.
Quindi la conclusione è grande spunto di riflessione: «Ma devono essere solo gli Enti
pubblici a sobbarcarsi gli oneri dello sviluppo
di un paese?».
«Credere nello sviluppo integrale
dell’uomo all’interno del mondo del
lavoro significa credere nel ruolo
importante e predominante della
politica rispetto all’economia.
È una speranza, orientata cristianamente, che necessita di un’iniezione
di fiducia e, soprattutto, di una classe
politica che abbia come imperativo
morale e sociale il servizio alla “città
dell’uomo”». (Paolo Erba)
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graffiti - dicembre 2007
11
FRANCESCO GESUALDI: «LA POLITICA SI FA IN OGNI MOMENTO DELLA VITA»
un altro consumo è possibile
di Margherita Moles
Un incontro importante sta segnando questa
stagione. Stiamo parlando della partecipazione
ad una piccola comunità di consumatori critici,
soprattutto in campo alimentare, ma non solo,
che opera in Valle Camonica da alcuni anni, facendo dell’andare a far la spesa un’azione altamente consapevole e politica nel senso esteso
del termine. La comunità si è costituita in GAS
(gruppo di acquisto solidale), gruppo informale
e fortemente operativo, ma non solo.
Le scelte sono guidate da ricerca, formazione,
riflessioni. Sono state elaborate delle priorità
nella scala dei prodotti da acquistare: locali,
biologici, equo e solidali, da cooperative sociali. Si dà molta attenzione alla scelta del
produttore, considerando che la conoscenza,
la stima personale nei suoi confronti possa
essere una garanzia di qualità. Ci si affeziona
ai piccoli produttori e ci si appassiona alla
storia dei loro prodotti. Si stanno coinvolgendo i produttori locali con lo scopo di ridurre
la filiera del prodotto, passaggio importantissimo per inquinare di meno, limitare i trasporti, assicurarsi la freschezza dei prodotti. Si
LA CLASSIFICA DEL MESE
preferiscono i prodotti biologici, più salutari e
rispettosi dell’ambiente, e si ritengono importanti le condizioni di lavoro di chi produce alle
dipendenze di un datore di lavoro.
Attualmente i soci del GAS di Valle Camonica
sono circa 35 famiglie. Considerate le composizioni dei nuclei e le persone esterne che fanno
riferimento ai soci, si stima di fornire in questo
modo 140 persone. I fornitori sono una ventina, di cui i locali 6. Si è dislocati lungo tutta la
Valle Camonica, a distanze superiori ai 50 Km.
Ci si affida perciò alla posta elettronica, che
consente di mettere in rete produttori ed acquirenti, ordini e conti. Ci si incontra una volta al
mese per valutare l’operato, affrontare questioni di principio, allargare e consolidare la propria
azione. Anche attraverso corsi di formazione,
utili ai soci, ma anche ad un pubblico più vasto.
I prodotti arrivano alla Cooperativa Azzurra
di Darfo. Si è affidato allo SFA, servizio di
formazione all’autonomia di persone disabili,
il lavoro di smistamento della merce, riconoscendo all’Ente una percentuale che viene ricaricata sui prezzi.
(a cura di Gastone)
amministratori con le... ali di piombo
Voto 1 ai comuni di Angolo, Borno, Cimbergo, Cividate, Darfo, Losine e Piancogno. La costituzione di un’altra società per i servizi alla persona è solo una questione politica. Tanti avevano
(ed hanno) dubbi sulla recente operazione degli enti comprensoriali, ma rifare un altro errore è
ancora più illogico.
Voto 2 a Giampiero Bressanelli. Il presidente della centralina a biomassa di Sellero ha disertato
l’iniziativa del comitato AttivaMente. Sottrarsi ad un confronto pubblico su una questione così
spinosa è la via più facile, ma fa aumentare ancora di più i sospetti su quello che si vuole bruciare.
Voto 3 a Bruno Piccinelli, ex amministratore delegato della Lozio Risorse Spa. Anziché fare
autocritica sull’operato della sua società, accusa il sindaco Claudia Fiorani di non aver investito abbastanza. Come se l’ente pubblico, già di per se indebitato, debba ripianare sempre e
comunque i buchi del privato.
Voto 4 al Comune di Saviore. Quando la politica sfugge di mano. Si pensava ad un plebiscito a
favore della cessione dei prati al Trentino, invece i pochi votanti alla consultazione hanno
respinto l’operazione. Mai sottovalutare l’opinione dei cittadini.
Voto 5 al Comune di Borno. Il traballante sindaco insiste sulla costruzione da zero, con la
compartecipazione dei privati, della nuova casa di riposo. Non è più utile ed economico ristrutturare ciò che già esiste?
Voto 6 alla finanziaria del governo Prodi. La riduzione del numero dei membri dei consigli di
amministrazione e la deroga di un anno sulla partenza dell’Ato stanno portando benefici alla
Vallecamonica. In Secas e a Vallecamonica Servizi sono saltate un po’ di teste e i comuni commissariati sull’acqua tirano un sospiro di sollievo.
Voto 7 alla Pia Fondazione di Vallecamonica. L’ampliamento della struttura, con la creazione di
una comunità temporanea di alloggio, risponde ad un’esigenza molto diffusa nel nostro territorio.
Voto 8 alla Biblioteca di Pisogne. La festa dei diritti umani quest’anno aveva come tema il lavoro ed il
precariato. Programma ricco di dibattiti, mostre, teatro e proiezioni. Molto buona la partecipazione.
Voto 9 all’opposizione consiliare di Ono San Pietro. Raccogliere ben 450 firme contro un
provvedimento del sindaco (regolamento di fruizione delle strade di campagna) significa fargli
perdere un sacco di consensi e metterlo idealmente in minoranza. Complimenti.
Voto 10 ad Alberto Minelli. Con una lettera al Giornale di Brescia invita i sindaci camuni a controllare le concessioni edilizie, soprattutto in merito ai sottotetti non abitabili che vengono spacciati (e
venduti) come abitabili. Una piaga diffusa, soprattutto, tra le immobiliari dell’Alta Valle.
Un lavoro prezioso, che sta costruendo una rete
di nuovi legami in Valle. Ed anche nuove prospettive. Sicuramente un’azione controcorrente,
impegnata e ribelle, nell’era della proliferazione
dei supermercati, degli outlet, degli ipermercati.
Le nuove piazze impersonali. Continuano a
sorgere come funghi ad ogni angolo di questa
Valle, mangiando territorio e deturpandolo.
Come se non bastasse, ancora aperta la partita
di chi vorrebbe costruire, tra Costa Volpino e
Gratacasolo, il più grande centro commerciale
d’Italia, da parte della Carrefour, multinazionale francese. Un mostro per grandezza, ma soprattutto per le conseguenze sul territorio, sull’economia, sulla salute, sui modelli di comportamento, sulle condizioni di lavoro dei
dipendenti,...Sì, perché proprio le catene della
grande distribuzione stanno sperimentando assunzioni selvagge, contratti fondati su odiosi ricatti, sul non rispetto dei diritti dei lavoratori,
con orari di lavoro basati sulla flessibilità più
spinta, ad esclusivo vantaggio della proprietà.
Un’azione di contrasto allo spietato controllo
(per noi e per i piccoli produttori) delle grandi
società finanziarie sui prodotti alimentari e sui
loro prezzi. Ci dicono che le scelte economiche
delle grandi finanziarie oggi spingono poderosi
investimenti di capitale su beni di origine agricola, quali zucchero, mais, grano, caffè, provocando speculazioni ed aumento dei prezzi.
Speculazioni che spesso diventano frodi, come
ci veniva raccontato sul giornale La Repubblica,
nei mesi scorsi, rendendo visibili le conseguenze dell’economia globale, senza controlli, nella
composizione dei cibi che consumiamo: mozzarella di bufala (venduta come tale), preparata
e trattata con un siero importato dalla Bolivia a
prezzi stracciatissimi, che giunge da noi ormai
nerastro, dopo un lungo viaggio, e quindi trattato con calce per renderlo bianco, come fresco.
Alla faccia della nostra salute!
È stupefacente allora che un gruppo di persone, già nel 2001, dopo avere ascoltato Francesco Gesualdi in un incontro pubblico, abbia deciso di opporsi concretamente, dando vita ad
un gruppo di lavoro e d’opinione, che merita
attenzione. La nostra attenzione. Quella di un
pubblico, quanto meno sensibile. Sullo sfondo
le parole del maestro. «Si scrive consumo critico si pronuncia controllo democratico [...]; la
politica si fa in ogni momento della vita: al supermercato, in banca, sul posto di lavoro, all’edicola, in cucina, nel tempo libero scegliendo
cosa e quanto consumare, da chi comprare,
come viaggiare, a chi affidare i nostri risparmi,
rafforziamo un modello economico sostenibile
o di saccheggio, sosteniamo imprese responsabili o no; sosteniamo un’economia solidale e dei
diritti o un’economia di sopraffazione reciproca». (Gesualdi - Altreconomia 11/03).
dicembre 2007 - graffiti
12
Ono S.Pietro: amministratori in
difficoltà, cittadini in rivolta
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
25040 DARFO BOARIO TERME
[email protected]
http://www.voli.bs.it/graffiti
L’ultimo casus belli è il “Regolamento viabilità agro-silvo-pastorale”.
Solo a Ono San Pietro in meno di una settimana sono state raccolte
450 firme (60% degli elettori) sotto una proposta tesa ad allentare gli
eccessivi vincoli e l’assurda uniformità, per tutti i comuni, delle norme
in Redazione: Bruno Bonafini, Guido
contenute nel regolamento-tipo elaborato dalla Comunità Montana. Tale reCenini, Valeria Damioli, Valerio Moncini.
golamento si fonda su presupposti obsoleti e superati dalla realtà.
hanno collaborato: Monica Andreucci,
Essendo venuta meno quasi del tutto l’attività primaria anche in Valcamonica, appare del tutto
Maria Grazia Balducchi, Tomaso Castelli,
anacronistico e fuorviante rimanere ancorati ad una classificazione delle strade meramente nomiDamiano Di Smirne, Pier Luigi Fanetti,
nalistica. Oggi tali strade vengono usate prevalentemente per attività di tempo libero e solo in
Gastone, Franco Gaudiano, Luigi Mastaglia,
minima parte per occupazioni agro-silvo-pastorali.
Margherita Moles, Mario Salvetti.
Se anche in passato fossero stati posti limiti, all’uso dei percorsi di montagna, come quelli auDirettore responsabile: Tullio Clementi.
spicati dal regolamento-tipo, oggi ci troveremmo migliaia di ruderi abbandonati, disseminati sul
territorio al posto di un ingente patrimonio edilizio minore fatto di baite riattate, utilizzate sì per
Disegni e vignette di Staino, Ellekappa,
attività che nulla hanno a che vedere con l’attività agricola, ma che comunque garantiscono un
Vauro, Vannini e altri sono tratte dai
presidio attivo al territorio montano.
quotidiani: l’Unità, il Corriere della Sera, il
Gli amministratori si giustificano sostenendo che «il regolamento, è imposto dalla Regione LomManifesto, la Repubblica, dal periodico
bardia alla Comunità Montana e dalla stessa è stato elaborato per tutti i comuni della Valle. Non
Linus e dalla Rivista del Manifesto
approvarlo significa rinunciare a tutte le forme di contributo previste per la viabilità agro-silvopastorale, scelta che amministrazioni responsabili, che hanno a cuore il bene di tutti i cittadini,
non possono certo fare». È questo un punto essenziale che mette in discussione l’autonomia dei
Comuni come rappresentanti degli interessi delle comunità locali.
Perché Regione, Provincia e Comunità Montana, con il ricatto del taglio ai contributi o l’invio di
commissari, dovrebbero coartare la libera
espressione di voto degli amministratori locali?
E perché gli amministratori locali dovrebbero assumere sempre l’atteggiamento dei clientes che
Dall’ultimo numero di Vox: «Arriva trafecol cappello in mano andavano ogni mattina, ad
lata da Darfo Boario Terme. Difficile eselemosinare la benevolenza del potente di turno?
sere in orario e perfette per le 11 del matQuesto però succedeva, più di duemila anni
tino a Milano. Faccia smunta, capelli spifa, nella Roma antica. Oggi succede con la viritati legati malamente in una codina stricenda Ato per la gestione dell’acqua, succede
minzita, Monica Rizzi siede sugli scranni
Tel. 030.45670
con la viabilità, e se gli amministratori locali
della Lega in consiglio regionale e aspetta
Fax: 030.3771921
continueranno nella posizione prona, succeche la seduta prenda avvio. Poi come per
Brescia - Via Luzzago, 2/b
derà anche in futuro ogniqualvolta le istituincanto svanisce. Intanto i consiglieri apwww.radiondadurto.org
zioni sovrapposte lo vorranno.
provano, bocciano, fanno e disfano. Dove
FREQUENZE:
Per la verità non tutte le Amministrazioni loè stata Monica Rizzi per tutto il tempo
dal lago a Capodiponte: 100.100
cali si sono adeguate: alcuni comuni, evidendel consiglio?».
da Capodiponte a Edolo: 99.90
temente dalla schiena più dritta, hanno detto
Già, dov’è stata Monny? Forse all’inauguda Edolo a Pontedilegno: 100.00
“No”. Certo che se a resistere rimangono in
razione dei nuovi locali, cessi compresi, di
prossima trasmissione: MERCOLEDÌ 26 DICEMBRE
pochi, le coercizioni istituzionali avranno
qualche casa di Riposo, o forse della Tac di
dalle ore 18,30 alle ore 19,20
sempre partita vinta. (Valerio Moncini)
Edolo? È forse andata alla cerimonia di investitura dei nuovi Cavalieri Templari Padani, cerimonia presieduta, tra scintillii di spaVALCAMONICA ON-LINE (di Mario Salvetti)
de di latta e al grido di dür per dürà, dal
Gran Cerimoniere Caparini Senior (per ap(http:www.bienno.info)
profondimenti vedi Più Valli Tv)? Niente di
tutto ciò. Oggi non si inaugura! «Verso la
«Proseguendo il cammino intrapreso verso la certificazione ambientale
fine della mattinata e della seduta lei riappaEmas II, Bienno ha deciso di rendere sostenibili anche i suoi itinerari
re, bella come Claudia Schiffer prima di sfituristici. Attraverso la costituzione di un Centro Permanente per il
lare: trucco perfetto e capello vaporoso».
Turismo Sostenibile, che coinvolgerà soggetti pubblici e privati della
Purtroppo non basta un buon parrucchiere
media Vallecamonica, e lo sviluppo dell’idea del borgo albergo (una
per cambiare una testa; quello al massimo ci
ricettività diffusa nel borgo medioevale con un unico punto di riferipuò mettere un po’ di lacca. (v.m.)
mento centrale), Bienno darà vita ad itinerari turistici dedicati, in modo
specifico, ad anziani, disabili e scuole e darà evidenza ai relativi impatti
ambientali sul territorio. Lo svolgersi del progetto, strutturato attraverso quattro tavoli di
«... E Alessandro andò da Diogene. Lo
lavoro, potrà essere monitorato attraverso questo sito internet».
trovò sdraiato al sole. Diogene, sentendo
Così il sindaco, Germano Pini, presenta il nuovo portale di Bienno, che è l’illustrazione deltanta gente che veniva verso di lui, si soll’iniziativa turistica finanziata dalla Regione.
levò un po’ e guardò Alessandro. Questi
Dalla home page, attraverso cinque collegamenti interni, è possibile leggere interamente la doculo salutò affettuosamente e gli chiese se
mentazione tecnica degli interventi (“Il progetto”), avere informazioni sulla zona (“Il territorio”,
avesse bisogno di qualcosa che potesse
“Accoglienza”, “Dove siamo”) e capire cosa offre il paese della Valgrigna, in termini di proposte
fare per lui. “Scostati dal sole?, rispose il
culturali (“Offerte turistiche”). Molto professionale la grafica ed ottime le fotografie.
filosofo...». (Plutarco)
ecco il... trucco
la “sostenibilità” di Bienno
Scarica

una brutta storia, comunque!