DIARIO DELLA CAMPAGNA ELETTORALE USA
Martedì 04 Novembre 2008 14:30
di Bianca Cerri
Vista da fuori, le baraonde elettorali negli Stati Uniti sembrano feste di paese, dove abbondano
retorica stucchevole, sentimentalismi sopra le righe, patriottismo ridondante, ecc. ecc. Ma dietro
le quinte si scopre invece che ci si trova di fronte ad una commedia dell’assurdo sofisticata e
costosa a base di legami illeciti, falsità morali, interessi economici e fantascienza dialettica
messa in scena dalle elites finanziarie che si rinnovano ogni quattro anni per assegnare ad un
unico uomo il dominio dell’intero pianeta allo scopo di accrescere e tutelare i propri interessi.
D’altra parte, i padri fondatori che nel 1789 diedero vita alla Costituzione americana avevano
già intuito che solo legittimandosi come “rappresentanti del popolo” avrebbero consolidato i loro
privilegi e quelli della upperclass. Il peso del passato è avvertibile ancora oggi nel bipartitismo
che caratterizza il sistema politico degli Stati Uniti. Dal 1860 in poi tutte le elezioni sono state
vinte da un democratico o da un repubblicano e lo stesso dicasi per la totalità del Congresso.
Una simile visione schematica della vita politica ostacola di fatto qualunque ipotesi di
cambiamento e di miglioramento del sistema elettorale. Fino a quando esisterà l’egemonia di
due partiti, entrambi sostenuti dalle grandi corporazioni, parlare di cambiamento rimarrà
un’utopia. Vale comunque la pena di fare un breve riepilogo della campagna elettorale che sta
per concludersi definita, come tutte quelle che l’hanno preceduta “la più importante della storia”,
se non altro per capire in quale direzione sta andando la politica degli Stati Uniti.
Gennaio: Il 5 gennaio si scaldano i motori delle primarie con il voto nell’Iowa, terra che un
tempo apparteneva appunto alla tribù degli Iowa, dei quali oggi resta soltanto il nome. I media
acclamano il ritorno del repubblicano JohnMcCain dall’oltretomba politico ma snobbano
l’ascesa del democratico John Edwards. Barack Obama ha la meglio sugli avversari: 940 voti
contro i 744 di John Edwards e i 733 di Hillary Clinton. La tappa successiva è in New
Hampshire, l’8 gennaio. Mille chilometri di boschi maestosi e vasti spazi completamente deserti
separano i due stati. Bisogna aggiornare subito i dati e i collaboratori al seguito della carovana
approfittano delle ore notturne per lavorare. In New Hampshire viene battuto ogni record di
candidati alla presidenza fotografati con dei neonati figli di locali tra le braccia. La Clinton
scoppia in lacrime in diretta, assicurandosi così la vittoria. Il giorno riparte verso il Michigan
fresca e giuliva come una rosa. Bisogna percorrere mille chilometri di strade ghiacciate per
arrivare in Michigan, dove il corpo elettorale è stato stravolto dai continui cambiamenti
demografici. Il costo della vita ha costretto anche molti anziani ad andarsene.
Sul fronte repubblicano il favorito alla nomination è ancora Mitt Romney: fisico atletico, capello
alla Ronald Reagan, dialettica fantasiosa, Romney sembra un presidente costruito con i pezzi di
una scatola di montaggio. Intanto il tour fa rotta per Las Vegas, dove i chilometrici boulevards
scanditi dai casinò attirano ogni giorno un’umanità dolente alla ricerca di una possibile via
d’uscita dalle privazioni quotidiane. I malfattori che controllano la città non conoscono pietà
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neppure per ragazzini e adolescenti, che a decine passeggiano sui marciapiedi vendendo sé
stessi. Serpeggiano tra le prostitute e i loro sfruttatori nell’indifferenza di tutti.
Febbraio: L’uscita di John Edwards prima ancora che arrivi il Supermartedì ha il sapore di
una sciagura per molti afro americani, per i quali Edwards e non Obama rappresentava una
speranza di riscatto. Al partito democratico non stava bene che il senatore della Carolina del
Nord si fosse schierato per una legge che avrebbe costretto le compagnie assicurative a
togliere quei paletti che impediscono alle categorie più deboli di accedere liberamente al
sistema sanitario, osteggiata invece da Clinton e Obama. Il direttivo, che per nulla al mondo
vuole inimicarsi il settore assicurativo, decide di non investire più su Edwards, che il 31 gennaio
annuncia il suo ritiro. Il discorso finale del candidato democratico a New Orleans viene
snobbato dalla stampa nazionale.
Marzo: Nell’arena repubblicana John McCain fa strage di voti in Ohio e in Texas mentre
sembra si stia bloccando la scalata di Barack Obama. La Clinton ha ripreso fiato con il 51%
accordatele dall’elettorato del Texas, ma per molti il suo nome resterà per sempre legato a una
tragedia ordinata dal marito: la strage di Waco, nella quale morirono in modo atroce 76
persone. I candidati cercano di risollevare le proprie sorti facendo leva sullo spirito patriottico
dell’elettorato del profondo Sud ma non prendono posizioni sul ritiro dall’Iraq e i reduci
sostengono che nessuno di loro prenderà mai una posizione precisa sulla guerra.
Arrivano le prime sponsorizzazioni delle star della musica: i REM tifano Obama e anche Bruce
Springsteen appoggia il senatore dell’Illinois. L’11 marzo Barack Obama ottiene il 60% dei
suffragi in Mississippi, ma iniziano a circolare alcune voci che parlano di una maledizione che
starebbe per colpirlo, almeno secondo i complicati calcoli cabalistici fatti dagli esperti di materie
esoteriche. Non è un buon momento per gli Stati Uniti, che stanno attraversando una terribile
crisi economica e George Bush non trova nulla di meglio da fare che mettersi a ballare il tip tap
sulle scale della Casa Bianca. La cosa non sfugge all’occhio attento di un giornalista del New
York Times
che non resiste alla tentazione di paragonare l’esibizione del presidente a quelle di Gene Kelly.
La vedova di Kelly, il cui nome non appare quasi mai sui giornali, scrive una lettera all’autore
dell’articolo diffidandolo dall’accostare il nome del marito a quello di un uomo politico che ha
devastato il paese.
Aprile: Durante una visita a Roma, David Hilliard, uno dei fondatori dei Black Panthers,
annuncia il suo sostegno alla candidatura di Obama, appena sconfitto da Clinton in
Pennsylvania. Aprile è anche il mese in cui il Papa vola negli Stati Uniti e fomenta la caccia al
voto cattolico da parte dei candidati. McCain, che al contrario di molti repubblicani considera la
religione una cosa privata, inizia a gettare le basi per assicurarsi la sponsorizzazione dei
predicatori televisivo. A proposito: che grado di fede bisogna avere per candidarsi alla
presidenza degli Stati Uniti? Secondo il dottor Robert Jeffres, della Prima Chiesa Battista di
Dallas, è meglio mandare un accalappiacani cristiano alla Casa Bianca piuttosto che un uomo
politico miscredente. Ma intanto le cose si complicano per la Curia Vaticana, la quale ha
sempre avuto strani legami con la politica a stelle e strisce.
Rispunta il nome di Raffaello Follieri, inviato in America assieme al nipote del cardinal Sodano
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con il compito di acquistare i beni della Chiesa. Follieri, che faceva anche da tramite tra i Clinton
e le istituzioni ecclesiastiche di Roma, si ritrova improvvisamente nei guai per un assegno da
250.000 dollari. Per Obama aprile è un mese duro: pochi i finanziamenti, soprattutto dai
sostenitori degli stati centrali. Grave anche la situazione di Clinton, che afferma di essere stata
costretta ad indebitarsi con le banche per coprire le spese della campagna elettorale.
Maggio: L’impressione generale è che per alcuni esponenti del partito democratico una
sconfitta di Clinton sia inammissibile. Ma le vittorie di Barack Obama in Nebraska ed Oregon
rispettivamente il 13 e 20 maggio tolgono ogni speranza all’ex-first lady. John McCain inanella
una serie di strabiliante vittorie sugli avversari, ma è ormai allo stremo delle forze e ammette di
essere ormai troppo vecchio per fare il presidente (salvo cambiare idea poche ore dopo).
Intanto la polizia arresta 391 “clandestini” sorpresi a lavorare in un impianto di lavorazione di
carni e il
Washington Post rivela che altre centinaia sono stati rimpatriati alla
chetichella perché privi di visto d’ingresso. Le elezioni catalizzano l’attenzione degli americani e
nessuno si accorge che il governo ancora in carica e ne approfitta per varare leggi inique come
quella che prevede sconti di pena “preventivi” per i reduci di guerra accusati di reati penali
anche gravi. Anche le forze di polizia godono però di un trattamento speciale da parte dei
tribunali, tanto è vero che gli agenti che nel dicembre del 2007 crivellarono di colpi Sean Bell,
un ragazzo di 23 anni che stava uscendo da una discoteca dove aveva festeggiato l’addio al
celibato con due amici, vengono assolti
Giugno: Il 12 giugno la Corte Suprema americana emette una sentenza con la quale concede
ai detenuti speciali accusati di reati terroristici la possibilità di fare ricorso ai tribunali federali
ordinari. Ma potranno beneficiare di questa decisione detenuti che non sanno perché sono stati
imprigionati? La campagna va comunque avanti. A cinque mesi esatti dalle primarie in Iowa
Barack Obama è ormai a un soffio dalla nomination ufficiale. L’eroe di guerra John McCain è
invece praticamente l’unico repubblicano rimasto in lizza e fa il possibile per prendere le
distanze da George Bush. Hillary Clinton è invece definitivamente fuori e accetta a malincuore
la sconfitta. Partita con l’idea che la presidenza le spettasse come diritto l’ex first-lady pare
annichilita. Ma è ormai giunta l’ora delle prime proiezioni: riuscirà il voto a superare la fatidica
soglia del 50%? Bisognerà comunque aspettare le conventions di entrambi i partiti per le
designazioni ufficiali.
Luglio: Il tema dell’aborto non ha ancora fatto la sua comparsa tra i temi scelti dai candidati.
Ma per i cattolici resta l’argomento più importante e comunque prioritario rispetto al matrimonio
gay. A farlo riemergere è l’anatema dell’arcivescovo di Denver, Charles Chaoput, il quale
afferma che i cattolici favorevoli all’aborto faranno bene a non presentarsi più in chiesa. Ma i
candidati alla presidenza non temono il rischio di scomuniche, anche perché hanno ben altro
cui pensare. John McCain è stato appena abbandonato da Terry Nelson, manager della sua
campagna.
Agosto: Neppure un improvviso ed improbabile ritorno di Saddam Hussein dal regno delle
ombre riuscirebbe a creare il caos mediatico che si scatena quando John Edwards confessa
pubblicamente di avere una relazione extra-coniugale. Sulle prime pagine dei quotidiani
nazionali appaiono foto che raffigurano la signora in questione spettinata e stranita come se si
fosse appena alzata dal letto dopo un’influenza. Si chiama Rielle Hunter e da otto mesi è madre
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di una bambina la cui paternità viene immediatamente attribuita a John Edwards. Per il partito
democratico è troppo: il nome del senatore viene depennato dalla lista dei probabili
vice-presidenti e dall’elenco degli invitati alla Convention. Quello delle infedeltà coniugali è un
fenomeno molto comune tra i democratici ma con Edwards prevale la linea dura.
Curiosamente alla Convention viene ricevuto invece con tutti gli onori Bill Clinton, l’uomo che
aveva trasformato la stanza ovale in una garçonniere aperta giorno e notte. L’arrivo di Ted
Kennedy suscita addirittura una standing ovation, benché tutti sappiano che nel 1969 l’allor
giovane Kennedy lasciò morire affogata la bionda segretaria con la quale stava rientrando da
una festa per paura di compromettere la sua carriera politica. L’auto sulla quale i due
viaggiavano travolse il guarda-rail precipitando in un lago. Lui si salvò, lei rimase un’intera notte
imprigionata nell’abitacolo sommerso dalle acque. I soccorritori arrivarono solo a più di dieci ore
dall’incidente, quando era ormai troppo tardi. La Convention si conclude con un interminabile
discorso di Barack Obama sullo sfondo di un suggestivo colonnato che richiama lo stile
architettonico della Casa Bianca. A fianco del candidato c’è il giulivo Joseph Biden,
guerrafondaio incallito ma elegante quel tanto che basta per affascinare gli elettori delle zone
rurali.
Settembre: Il tre settembre si apre a Minneaopolis la Convention repubblicana. John McCain
accetta graziosamente la nomination e, con grande gioia dei settantamila ecclesiastici iscritti al
partito, annuncia che correrà assieme a Sarah Palin, attuale governatore dell’Alaska, con una
numerosa figliolanza da esibire a beneficio dell’elettorato. L’ultimogenito ha appena cinque mesi
e per darlo alla luce Palin fu costretta ad abbandonare una conferenza sulle fonti energetiche,
ma tre giorni dopo il parto era già al suo posto in ufficio. L’immagine di madre felice di Palin
stride paurosamente con i toni bruschi della sua dialettica, che ricorda molto da vicino quella del
generale Pinochet. Palin ha palesemente un odio profondo per i diritti umani, ma la sua
candidatura aiuta McCain a riconciliarsi con quei predicatori che minacciavano di abbandonarlo
dopo la sua adesione alla proposta di legge che introdurrebbe sanzioni meno dure per i
clandestini.
Ottobre: L’atmosfera inizia a farsi ansiosa e si temono sorprese dell’ultimo momento. Se
Obama perde come si metteranno i giornalisti che l’hanno già eletto presidente? Una sconfitta
di Obama significherebbe infatti che la maggior parte di loro sono un disastro come analisti
politici. Intanto s’inizia già a parlare di brogli elettorali e un gruppo di ex-hippies lancia la
campagna “Nobodyforpresident”, che invita gli americani a recarsi alle urne solo per scrivere
nella scheda che non vogliono nessuno dei due candidati. Fra gli elettori repubblicani circola un
opuscolo che accusa Barack Obama di essere un nemico del popolo americano.
Intanto alcuni stati hanno già aperto i seggi. I criteri del cosiddetto absentee ballot sono i
seguenti: possono votare anticipatamente gli studenti fuori sede, i dipendenti pubblici che
lavorano in stati diversi da quello di residenza, i cittadini che il quattro novembre per motivi di
lavoro non potrebbero votare, gli aventi diritti che nei tre giorni immediatamente precedenti
all’apertura dei seggi abbiano perso un famigliare. Le cronache registrano però che sono già
stati fatti molti errori: schede mancanti, mancata registrazione di migliaia di cittadini nelle liste
elettorali, ecc. Molti denunciano addirittura di aver ricevuto telefonate anonime che li invitavano
a restituire le schede, altri affermano invece le intimidazioni quotidiane da parte di sconosciuti.
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Novembre: Il Quattro novembre è arrivato e sarà una lunga giornata per gli americani.
McCain non ha nessuna intenzione di mollare la presa e lotterà fino all’ultimo. Il paese è
sull’orlo del collasso economico e ci sono due guerre in atto, niente di strano dunque se molti
andranno a votare con il muso lungo. Non mancheranno però allegre cene tra amici per non
perdere neppure un attimo delle cronache elettorali. Di rigore i biscotti a forma di elefante o
asinello, a seconda del partito preferito. Ad Atlanta i bar saranno aperti tutta la notte e
serviranno cocktails ispirati ai colori della politica. In Arizona cena tex-mex nella sede del partito
democratico riservata agli esponenti di rilievo. In Delaware una cena fredda sarà servita nella
sezione centrale dei democratici (sandwich a base di granchio, in onore di Joe Biden, eletto in
Delaware e molto amante della carne di granchio. L’aspirante alla vice-presidenza lo sa che i
granchi camminano all’indietro?
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