A. JOOS (NC-C-IN1) (edizione 2010) NUOVA COMUNICAZIONE E CHIESA. COME RIPLASMARE L’ESPERIENZA DI FEDE NEW COMMUNICATION AND CHURCH: HOW TO RESHAPE THE EXPERIENCE OF FAITH INDICE INTRODUZIONE GENERALE: LE PREMESSE -I- DIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE NELLE SUE INCIDENZE SULL‘ESPERIENZA UMANA -II- DIACRONIA DELLE VALUTAZIONI DEI RESPONSABILI ECCLESIALI ROMANI SUL FENOMENO DELLA COMUNICAZIONE -III- ALLE SORGENTI DELLA DIACRONIA DI COMUNICAZIONE CRISTIANA. LIBERA EVOCAZIONE DELL‘ITINERARIO DI FEDE NEL SUO AVVIO PARTE I – SINCRONIA DELLE MUTAZIONI DELL‘ESPERIENZA UMANA NELLA NUOVA COMUNICAZIONE A – IPOTESI SULLA RIDISTRIBUZIONE DELL‘ESPERIENZA UMANA ORGANICAMENTE INTEGRATA E AUTOGESTITA SENZA ACCENTRAMENTO B. IMPLICAZIONI E CONSEGUENZE PER LA COMUNITÀ E LA PERSONA 1° L‘INTELLETTO – IL SAPERE 2° L‘OPERATIVITÀ – L‘AGIRE 3° L‘EMOTIVITÀ – IL COINVOLGIMENTO VISSUTO PARTE II – INTERROGATIVI POSTI DALLE MUTAZIONI COMUNICAZIONALI UMANE ALL‘ESPERIENZA DELLA FEDE A – DALLA PRESA DI COSCIENZA UFFICIALE ECCLESIALE SULLA RILEVANZA DELLA COMUNICAZIONE AL RIBALTAMENTO DELLE PROSPETTIVE 1° IL FENOMENO DELLA NUOVA COMUNICAZIONE 2° LA SUA SPECIFICITÀ MEDIATICA 3° LA SUA INCIDENZA SULLA PERSONA E LA COMUNITÀ B – DALLE PRIORITÀ DI FEDE DA TRASMETTERE ALLE SCOMMESSE PER RIPLASMARNE LA COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE A DISTANZA 1 La discussione rimane del tutto aperta sul modo di intitolare questa riflessione. Una dicitura abbastanza facilmente reperibile è quella anglosassone ―new media‖ – ―i nuovi media‖ su cui esiste una letteratura e commenti vari 1. Invece di ‗nuovi media‘, ci siamo fermati alla parola ‗nuova comunicazione‘ per il nostro titolo generale. La ragione di questa scelta si trova proprio nell‘uso che si è fatto di ‗media‘, ‗mezzi‘ e ‗strumenti‘ della ‗comunicazione sociale‘ per tanto tempo in ambito ecclesiale e magari clericale, con una connotazione specifica: la comunicazione è estrinseca in quanto ‗sociale‘ in seno all‘esperienza umana ed è materiale in quanto strumentale. Essa rimane una esteriorità o un ‗contorno‘ della specificità umana. Tale cosificazione della comunicazione sembra dover essere superata con un linguaggio adatto. Sappiamo però che la rapidità con la quale si percorre oggi questo ambito in continua accelerazione ci espone a dover incessantemente rivedere il nostro modo di parlare. Siamo dunque nella situazione di dover aggiornare e rivedere senza tregua le varie terminologie secondo i salti e le incognite dell‘indagine intrapresa. A questo punto, il nostro riferimento alla ‗nuova comunicazione‘ non dovrebbe implicare nessuna ideologia, ma corrisponde solo alla preoccupazione di non rimanere prigionieri di una impostazione ecclesiastica passata e di poter innanzi tutto ‗de-cosificare‘ l‘approccio al fenomeno che vogliamo esaminare al meglio. Vi sono poi le specificazioni ulteriori: ―Internet‖ e ―(N)TIC‖ ([nuove] tecnologie di informazione e di comunicazione). Non si usa indistintamente od obbligatoriamente la qualifica di ‗nuove‘ a causa della crescente accelerazione delle ‗novità‘ in tecnologia e della compenetrazione continua di ciò che già esisteva con ulteriori potenzialità multimediali, digitali, elettroniche, ecc., che si scoprono. Internet mantiene tutta la sua rilevanza tra le tecnologie di informazione e di comunicazione recenti, pur se la ‗rete‘ si presenta con delle ambizioni antropologiche ben più coinvolgenti che la sola ‗tecnologia‘. L‘introduzione generale si apre sulla diacronia (nei tempi recenti) e la sincronia (nell‘attualità) comunicativa (la storia recente ed il presente). Si cercherà anche di accennare a possibili anticipazioni della nuova comunicazione in certi contesti ‗fondanti‘ della Chiesa stessa e della sua metodologia di presenza nel mondo e a se stessa. 1 WIKIPEDIA FREE ENCYCLOPEDIA, New Media, in «Internet» 2008, http://en.wikipedia.org/wiki/New_media: «While the term New Media is disputed - the technologies involved are now up to 25 years old, and therefore not new in the sense of recent innovations - Manovich has argued forcefully against the alternative term digital media in The Language of New Media (2001). Manovich contends that a digital process is one which is based on sampling a continuous (analog) one from the real world in order to re-present it. While computer based media fit into this description, as data is converted into binary code, so too does cinema - which functions by sampling time into a series of discrete images which are then played in rapid succession. Consequently, the term digital media signifies too broad a range of technologies for Manovich to consider it to be of any value within academic discourse. Andrew L. Shapiro (1999) argues that the "emergence of new, digital technologies signals "a potentially radical shift of who is in control of information, experience and resources" (Shapiro cited in Cro teau and Hoynes 2003: 322). W. Russell Neuman (1991) suggests that whilst the "new media" have technical capabilities to pull in one direction, economic and social forces pull back in the opposite direction. Thus, although social changes will occur, they "will be evolutionary, not revolutionary" (Croteau and Hoynes 2003: 322). According to Neuman, "We are witnessing the evolution of a universal interconnected network of audio, video, and electronic text communications that will blur the distinction between interpersonal and mass communication and between public and private communication" (Neuman cited in Croteau and Hoynes 2003: 322). Neuman argues that New Media: * will alter the meaning of geographic distance. * Allow for a huge increase in the volume of communication. * Provide the possibility of increasing the speed of communication. * Provide opportunities for interactive communication. *Allow forms of communication that were previously separate to overlap and interconnect. In place of the vague, hype infused terms often used to describe new media such as digitality, hypertextuality and interactivity, Manovich presents what he purports to be the principles of new media - which are not to be understood as fixed as laws - but general ways in which new media function.[1] These principles are listed as- 1. Numerical Representation 2. Modularity 3. Automation 4.Variability 5.Transcoding». ([1] Manovich, Lev (2001). "The Language of New Media". MIT Press, Cambridge, Massachusetts. pg. 20.) 2 Esiste un altro possibile termine da mettere come testata della nostra ricerca: la ―(nuova) società di comunicazione e di informazione‖. Organismi internazionali hanno coniato la terminologia che si apparenta a questa formulazione. Anche qui, il fatto di non scegliere tale espressione-chiave non è ispirata ad un presupposto teorico. Si tratta, prudenzialmente, di non legare troppo strettamente ‗comunicazione‘ e ‗società‘, che ricorda lo stesso intralcio della dicitura ‗comunicazione sociale‘, con tutto il peso che il termine ‗sociale‘ potrebbe ereditare dalle impostazioni sociologiche della metà del secolo XX. Visto che la premessa antropologica è sempre più incisivamente prioritaria nell‘indagine sulla comunicazione multimediale umana, sembra anche doveroso lasciare il campo di analisi il più aperto possibile. Il titolo complessivo menziona infine ―riplasmare la Chiesa‖ (reshape). Si tratta dell‘implicazione che si potrà cogliere dall‘indagine stessa. In una parola: se la nuova comunicazione è quella che è, la Chiesa non potrà rimanere quello che era… La nostra riflessione servirà a trarre degli insegnamenti dalla comprensione più ampia e profonda del fenomeno per poterlo meglio recepire nel percorso di vita ecclesiale. --------------------------------------------------Dispense del corso in: «Internet» 2010 www.webalice.it/joos.a/http://www.webalice.it/joos.a/NEW_COMMUNICATION_AND_CHURCH__NUOVA_COMUNICAZIONE_E_CHIESA.html (testo del corso in italiano, formato pdf). 3 INTRODUZIONE GENERALE: LE PREMESSE. DIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE -IDIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE NELLE SUE INCIDENZE SULL’ESPERIENZA UMANA GENERAL INTRODUCTION. DIACHRONICAL AND SYNCHRONICAL PREMICES IN ORDER TO CONFRONT THE PHENOMENON OF THE UPCOMING NEW COMMUNICATIONS Il fenomeno della nuova comunicazione si afferma a partire della progressiva invasione planetaria e multidimensionale della rete di Internet, a seguito delle tappe decisive compiute dalla comunicazione massmediale negli ultimi quattro secoli. Si parla –all‘inizio del XXI secolodell‘avvento di ―(nuove) tecnologie della comunicazione e dell‘informazione‖: (N)ICT in inglese, (N)TIC in italiano. Le mutazioni della nuova comunicazione multimediale interpersonale ed a distanza toccheranno l‘esperienza umana nel sapere dell‘intelletto, nell‘azione operativa, nelle modalità di vita 1. Non si può più interpretare il fenomeno come parziale, o periferico, o strumentalmente esterno, o ristrettamente tecnico-meccanico, riguardo alla persona ed alla comunità umana. Esso coinvolge tutta la persona e tutta la comunità umana nelle mutazioni che implica. Occorre una indagine antropologica per valutarne ed interpretarne la rilevanza propria. Si dovrà impostare una ‗antropologia comunicazionale‘ che tragga dal fenomeno stesso una comprensione più ampia e più profonda di ciò che sta avvenendo. Spetta alla nostra ricerca di confrontare questa comprensione antropologica con il discernimento ecclesiale che ha accompagnato il progressivo affermarsi del fenomeno comunicativo. Si sa che il rapporto Chiesa-mass media, dalla libera editoria in poi, è stato travagliato e si è mantenuto assai problematico. Anche questo confronto passato dovrà essere brevemente trattato, per dare pieno spazio alle scommesse attuali ed alle prospettive ipotetiche per il domani. Occorre situare l‘evento comunicativo oggi nel suo quadro più ampio, sia a livello dell‘esperienza umana sia nell‘ambito della presa di coscienza ecclesiale, capace di aprire la visuale al raggio complessivo delle dimensioni ed implicazioni del fenomeno. Le premesse per un Kofi Annan (UNITED NATIONS Secretary-General), Development and international cooperation in the twenty-first century: the role of information technology in the context of a knowledge-based global economy. Report of the Secretary-General. E/2000/52, I. Introduction , in 1 «Internet» 2005, http://www.un.org/documents/ecosoc/docs/2000/e2000-52.pdf (p. 6): «The central purpose and effect of this phenomenon is an escalating and all-pervasive capacity to harness, access and apply information and diffuse knowledge at electronic speed to all walks of human activity. This is revolutionizing not only processes of production and consumption and modes of organization but also the way people live, work and interact with each other. Information and knowledge have thus emerged as a central, strategic factor of economic and social progress. Today, countries are increasingly judged by whether they are information-rich or information-poor». 4 confronto e l‘articolazione di una riprospezione dell‘iniziativa ecclesiale necessita il rinvio ad una comprensione antropologica aperta della dinamica comunicativa dalle sue tappe di affermazione nei tempi recenti. Ogni tappa della affermazione comunicativa di massa ha una sua rilevanza antropologica propria, che risulta dall‘indagine ormai ben articolata sul fenomeno. Questa indagine rappresenta uno studio ed un tema specifico di ricerca e di insegnamento 1. * 1° la libera editoria di massa - Gutenberg, libri stampati meccanicamente nella lingua del popolo... (inizio generalmente convenuto dell'evento comunicativo complessivo, concomitante con: la Riforma del XVI secolo / il Rinascimento / l'umanesimo / i 'tempi moderni' / le esplorazioni planetarie). ------------------------------------------------------------------L'ESPANSIONE ACCELERATA DELL'INTELLETTO RIFLESSIVO CON LIBERO ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE DEL SAPERE ------------------------------------------------------------------* 2° la libera stampa di attualità coinvolgente - giornali, opuscoli / foglietti polemici tatticamente diffusi... (secondo momento incisivo della configurazione comunicativa, con il momento storico concomitante: la rivoluzione francese / l'emancipazione secolare / le colonizzazioni). -------------------------------------------------------------------L'INCISIVITÀ MOLTIPLICATA DELL'AZIONE SECOLARE CIVILE NEI RAPPORTI VIA LA STAMPA, ESTESI AI PIÙ DISTANTI -------------------------------------------------------------------* 3° il 'dire-udire' comunicativo nell'audio tecnologico a distanza - microfoni, amplificatori, radio, dischi, altoparlanti... (terzo momento della espansione comunicativa dall'inizio di questo secolo, concomitante con - i regimi totalitari Germania, Giappone, URSS.. e la seconda guerra mondiale / i 'blocchi'). -----------------------------------------------------------------------LA SOLLECITAZIONE PRIORITARIA DELL'EMOTIVITÀ NELL'ESPERIENZA COMUNICATIVA DEL DIRE E DELL'ASCOLTARE ------------------------------------------------------------------------* 4° il vedere mediatico ravvicinato: fino al video domestico-ravvicinato a colori - foto, fumetti, cinema, TV, videocassette... (quarto momento della affermazione del fenomeno comunicativo, concomitante con - il passaggio dai blocchi USA,URSS,CINA,... allo scioglimento incerto delle configurazioni politiche). ---------------------------------------------------------------------------L'AZIONE DE-STRUTTURATA NELLA VISUALITÀ IN UNA APPARENTE PASSIVITÀ, CON UNA PARTICOLARE INCISIVITÀ 'SIMBOLICA' ------------------------------------------------------------------------------* 5° l'informatica pianificatrice dell‘esperienza umana - la computerizzazione, la cibernetica, l'intelligenza artificiale, le reti planetarie via satellite, le fibre ottiche (quinto momento comunicativo maggiore, concomitante con - la tappa dallo scioglimento di configurazioni politiche compatte ad altre piattaforme talvolta arcaiche di gestione e comprensione). -------------------------------------------------------------------------------L'ARTICOLAZIONE MENTALE DE-STRUTTURATA NELL'INFORMAZIONE SI ORGANIZZA IN UNA ASSENZA DI 'PRINCIPI' E SCHEMI PRESTABILITI ----------------------------------------------------------------------------------* 6° la virtualità multimediale, la digitalizzazione - ricostruzione del passato, anticipazione creativa, immaginario come sorgente dell'esperienza (con il momento storico concomitante, (sesto passo ipotetico dell'esperienza comunicativa: la fine del secolo e del millennio). ----------------------------------------------------------------------------------LO SCIOGLIMENTO DEGLI STANDARTS DELLA CONFIGURAZIONE EMOTIVA NELL'EVENTO COMUNICATIVO Delle valenze antropologiche specifiche risultano da queste sei tappe iniziali del fenomeno massmediale, che annunziano ulteriori aperture nel processo comunicativo multimediale a distanza. Si parlerà della ‗diacronia‘ delle fasi di affermazione della comunicazione massmediale. 1 La documentazione informativa a riguardo è raccolta in modo più esauriente alla pagina parallela del sito: http://www.webalice.it/joos.a/COMMUNICATIONAL_ANTHROPOLOGY_-_ANTROPOLOGIA_COMUNICAZIONALE (testo del corso in italiano, formato pdf). Si rinvia a questa indagine per una migliore conoscenza del fenomeno. Ci limitiamo, qui, al riassunto condensato su questa indagine antropologica. 5 ▄ libera editoria di massa ▌ Gutenberg, libri stampati meccanicamente in lingua del popolo.. (Riforma del XVI secolo / umanesimo / esplorazioni) -----------------------------------------------------IL SALTO DOCUMENTATIVO CHE ESPANDE L'INTELLETTO Quale messaggio? PLURALITÀ DI LINGUAGGI ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ stampa d'attualità di rapida diffusione ▌ giornali, opuscoli polemici tecnicamente diffusi... (rivoluzione francese / emancipazione secolare / colonizzazioni / modernità) -----------------------------------------------------------LA MOLLA D'ATTUALITÀ CHE SPINGE ALL'AZIONE Quali vie di esperienza partecipata? COMPLEMENTARIETÀ OPERATIVA ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ audio tecnologico a distanza ▌ microfoni, amplificatori, radio, dischi, altoparlanti..(regimi totalitari -Germania, Giappone, URSS...- e seconda guerra mondiale / i blocchi) -----------------------------------------------------------L'INCISIVA EMOTIVITÀ NELL'AUDIO Quale coinvolgimento complessivo delle persone? L'IMPATTO PUBBLICO DEL DIALOGO ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ video tecnologico ravvicinato ▌ foto, fumetti, cinema, TV, video..(dai blocchi -USA,URSS,CINA,...- allo scioglimento) -----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELL'IMMAGINE (DELL'AGIRE) Quale flessibilità operativa? LA INTER-CULTURALITÀ ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ informatica di memorizzazione ▌ computerizzazione, cibernetica (post-modernità)...(dallo scioglimento ad ulteriori piattaforme di gestione e comprensione) -----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELL'INFORMAZIONE (DEL PENSARE) Quale modifica di impostazione riflessiva? LA INTER-DISCIPLINARIETÀ ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ virtualità multimediale ▌ simulazione, immaginario (dalla non normatività del 'reale' al distacco emotivo) ----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELLA VIRTUALITÀ (DELL'EMOTIVITÀ) Quale modifica di sensibilità umana? LA MULTIMEDIALITÀ PLASMATRICE DI ESPERIENZA 6 -IIDIACRONIA DELLE VALUTAZIONI DEI RESPONSABILI ECCLESIALI ROMANI SUL FENOMENO DELLA COMUNICAZIONE Seguiamo –per puntualizzare la presa di coscienza e le prese di posizione delle autorità ecclesiastiche sulla comunicazione- la progressione in sei tappe maggiori dell‘affermazione del fenomeno comunicativo nei nostri tempi, come si è già chiarito dall‘indagine dell‘antropologia comunicazionale che abbiamo appena riassunto nel paragrafo precedente e che rinvia al testo completo indicato qui sopra. ▄ 1° la libera editoria di massa. Atteggiamento riservato della Chiesa di comunione romana: INDICE DEI LIBRI (Diritto canonico (contro-Riforma) 1917/1983) fino alle traccie del 1992: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE ( Istruzione su alcuni aspetti dell'utilizzo degli strumenti della comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede) ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ 2° la stampa d'attualità multisettoriale. Atteggiamento travolto della Chiesa romana: CONDANNE DELLA LIBERTÀ DI DIFFUSIONE, DI STAMPA (Gregorio XVI..., testi magisteriali sul confronto tra libertà emancipata ed autorità divina/ecclesiastica, tra restaurazione e modernità; la libertà di comunicazione veniva bollata come "deprecanda maledizione") ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ 3° l'audio tecnico a distanza. Atteggiamento capovolto in senso positivo dell'autorità romana dopo la complessiva demonizzazione del fenomeno comunicativo: COMUNICAZIONE RIDOTTA ALLA TECNICA, TECNICA COMUNICATIVA COME DONO DI DIO ( Miranda prorsus / Inter mirifica in parte Communio et progressio) ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ 4° il video di percezione ravvicinata. Atteggiamento di riconsiderazione della Chiesa cattolica romana: MINISTERIALIZZAZIONE (sotto l'autorità 'pastorale', la prerogativa di 'usare' delle comunicazioni appartiene ai pastori) DELLA COMUNICAZIONE ECCLESIALE (concilio Vaticano II, Inter mirifica / Diritto canonico 1983) ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ 5° l'informatica di memorizzazione e di organizzazione multilaterale del sapere. Incertezza dell‘autorità ecclesiastica di fronte all‘omni-invasione informatica diffusamente considerata come ‗anarchia del sapere‘ ed allo stesso tempo ‗nuovo areopago‘ planetario ════════════════════════════════════════════════════════════ ▄ 6° la virtualità multimediale. Incertezza dell‘autorità ecclesiastica di fronte alla novità della prospettiva virtuale inizialmente compresa come ‗irrealtà illusoria‘ di fronte alla salda compattezza del ‗reale‘ Ritroveremo le chiavi di preoccupazione ecclesiale ed i tre livelli maggiori della presa di coscienza della Chiesa riguardo all‘evento comunicativo nel tentare di riprospettare l‘iniziativa cristiana oggi. Se vogliamo accostare questo approccio antropologico con la presa di coscienza 7 cristiana, quale inquadratura ne verrebbe fuori? Qual'è stata la ritmica di inserimento della nostra Chiesa in questa accelerazione della dinamica comunicativa nella storia recente? Tutti sanno che non è stato un rapporto facile. Anzi, se le 'molle' maggiori scattano proprio nel contesto di crisi notevoli per la gestione ecclesiale (Riforma e rivoluzione francese...), non sarà difficile comprendere il disagio nel quale si trova il mondo della struttura ecclesiastica di fronte all'evento comunicativo. Le indicazioni sono assai evocative in proposito e mostrano delle decisioni o dei pronunciamenti ecclesiastici che sembrano mirare ad 'arginare', salto dopo salto, questa invadenza apparentemente inarrestabile delle modalità comunicative della convivenza umana. Forse meglio che in qualsiasi altro confronto tra 'antropologia' e 'visuale ecclesiale', si coglie -qui- il divario profondo che distanzia la metodologia ecclesiastica dall'indagine antropologica che tenta di discernere le 'molle' di percorso e le incognite dell'avventura umana. L'impressione, che lascia lo schema qui sotto, tende a rafforzare la convinzione che l'autorità ecclesiastica si preoccupava soprattutto di impedire dei 'cambiamenti' considerati nocivi. Può farsi facilmente strada l'idea che la caratteristica principale dell'evento comunicativo sia proprio questo 'indebito cambiamento' da fronteggiare. Ecco il punto sul quale potremmo focalizzare il legame con il nostro interrogativo di partenza: e cioè in che modo e fino a che punto una 'indagine antropologica' potesse manifestare soprattutto il 'trauma' vissuto dai cristiani o dalle Chiese... Più che mai, i 'cambiamenti' adombrati sono di natura a scuotere la trafila del cammino cristiano, quale prospettato 'metodologicamente' dalle autorità ecclesiastiche. È notevole, infatti che l'insofferenza si concentri prevalentemente su una nuova 'metodologia' di convivenza umana. Sembra proprio a livello di questo 'metodo' del 'tutto scambiare' che si abbia difficoltà maggiori. Qual'è stata la ritmica di inserimento della Chiesa romana in questa accelerazione della dinamica comunicativa nella storia recente? Tutti sanno che non è stato un rapporto facile. Anzi, se le 'molle' maggiori scattano proprio nel contesto di crisi notevoli per la gestione ecclesiale (Riforma e rivoluzione francese...), non sarà difficile comprendere il disagio nel quale si trova il mondo della struttura ecclesiastica di fronte all'evento comunicativo. Le indicazioni sono assai evocative in proposito e mostrano delle decisioni o dei pronunciamenti ecclesiastici che sembrano mirare ad 'arginare', salto dopo salto, questa invadenza apparentemente inarrestabile delle modalità comunicative della convivenza umana. L'impressione, che lascia lo schema che segue, tende a rafforzare la convinzione che l'autorità ecclesiastica si preoccupava soprattutto di impedire dei 'cambiamenti' considerati nocivi. In un primo periodo si può rilevare un atteggiamento di diffidenza e ostilità nei confronti della stampa, anche in conseguenza del fatto che, soprattutto con la nascita dei giornali. Con la nascita del cinema, della radio, della televisione e, infine, dei new media, si avrà un‘evoluzione volto al superamento della preoccupazione moralistica 1. Sarà un lungo e difficoltoso cammino in cui, fino a 250 anni fa, anche la libertà di pensiero era vista come un «pestifero contagio». Il fenomeno comunicativo appare come una ‗perversione‘ della convivenza umana: dissolutezza nella rovina della sua devastazione 2. Si arriverà a una sorta di ‗elenco‘ degli errori nati dalla ‗modernità‘, promulgato l‘8 dicembre 1864, prende il nome di ―Sillabo‖, costituito da 80 proposizioni divise in 10 capitoli, in cui si rifiuta la laicità delle istituzioni, la separazione della Chiesa dallo stato, la piena libertà di 1 Cfr M.C. Carnicella, Chiesa e scienza delle comunicazioni sociali , in «Ricerche Teologiche», 1991 n° 2, pp. 297-315. 2 Clemente XIII, Lettera Enciclica ―Christianae reipubblicae‖, 25 novembre 1766, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, vol. 1, Bologna 1996, n° 644: «La salvezza della società cristiana [...] ci costringe a essere vigilanti, affinché l‘insolente e turpe dissolutezza dei libri che da oscuri nascondigli è emersa per la rovina e la devastazione, non diventi tanto più pericolosa, quanto più si diffonde, divulgandosi di giorno in giorno. La perversità dell‘esecrabile errore e l‘audacia dei nemici che semina con scritti e parole la zizzania in mezzo al grano, particolarmente in questi tempi è cresciuta a tal punto che, se non colpiamo con la falce alla radice e non leghiamo i cattiv i germogli in fasci per bruciarli, poco manca che le piante spinose della malvagità, ormai spuntate, si volgano a soffocare la piantagione del Signore delle schiere». 8 culti e di stampa. È difficile trovare un documento della Chiesa che abbia suscitato una reazione tanto vasta e profonda nell‘opinione pubblica che, fin dal momento della sua pubblicazione, è diventato il simbolo dell‘oscurantismo cattolico 1. Il Sillabo viene promulgato insieme all‘enciclica Quanta cura, che supera la Mirari vos per la durezza del tono e la visione unicamente negativa della società contemporanea, nella «nostra tristissima età» 2. Può farsi facilmente strada l'idea che la caratteristica principale dell'evento comunicativo sia proprio questo 'indebito cambiamento' da fronteggiare. Ecco il punto sul quale potremmo focalizzare il legame con il nostro interrogativo di partenza: e cioè in che modo e fino a che punto la promessa informativa 'cambia' l'impostazione etica, tanto da essere percepito come 'trauma'... Percorrendo le varie tappe di 'reazione' della nostra Chiesa di fronte all'evento comunicativo, nei suoi inizi, si capisce anche meglio la lentezza con la quale la prospettiva comunicativa si sia fatta strada nella coscienza ecclesiale cattolica di comunione romana. Inutile dire che questo tipo di tensione è tipico dei rapporti della nostra Chiesa con la dinamica ed il fenomeno comunicativo. Il nostro itinerario non può non tenere conto di questa difficoltà di partenza, per seguire -passo a passo- la travagliata accoglienza cristiana dell'evento e della scommessa comunicativa odierna. LA LIBERA EDITORIA DEL SAPERE AUTONOMAMENTE DOCUMENTATO E GESTITO NELLA CONOSCENZA MOLTIPLICATA La comunicazione nuova, in senso moderno, ha inizio con la libera editoria di massa. L‘editoria tipografica va considerata come un primo passo in se, dato che include in se diversi elementi che si specificheranno poi in modo più particolareggiato. I primi tentativi tipografici risalgono al 1452, anno in cui Johann Gensfleish Gutenberg conquista la notorietà con l'invenzione della stampa a caratteri mobili. Tale scoperta non può che ricevere, almeno inizialmente, una buona accoglienza da parte della Chiesa, considerando lo sgravio di lavoro per gli amanuensi, per la maggior parte della giornata impegnati nel ricopiare testi per l‘insegnamento universitario, per la vita dei conventi e per le funzioni liturgiche 3. In tutta Europa, e poi altrove, le prime stamperie s‘impiantano nelle abbazie, nelle residenze episcopali e nelle università ecclesiastiche, nelle quali vengono pubblicate bibbie, testi liturgici, classici latini e testi scolastici 4. Oltre un migliaio di tipografi sono presenti in Germania alla fine del XV secolo, un centinaio presso l‘abbazia di Subiaco e una ventina a Roma 5. Se questa è stata la positiva reazione iniziale, tuttavia ben presto sorgono delle apprensioni per i contenuti degli stampati in circolazione: siamo al tempo di Lutero, della nascita della Riforma, e ciò lascia intravedere le difficoltà che avrà la Chiesa nel porsi obiettivamente di fronte al nuovo fenomeno della libera diffusione del pensiero 6. L‘approfondimento, lo studio, la ricerca delle fonti, infatti, imprimono un‘accelerazione al lavoro intellettuale, che ormai non può essere più gestito all‘interno del controllo ecclesiastico 7. In quegli 1 Cfr in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, vol. 2, Bologna 1996, p. 146. 2 Pio IX, Lettere enciclica ―Quanta cura‖, Roma 1864, n° 318, n° 317: «…scellerate trame degli empi, che come flutti di mare tempestoso spumano le proprie turpitudini, e promettendo libertà, mentre sono schiavi della corruzione, con le loro ingannevoli opinioni e con dannosissimi scritti hanno cercato di demolire le fondamenta della religione cattolica e della società civile, di distruggere ogni virtù e giustizia, di corrompere le menti e i cuori di tutti, di far traviare gli incauti e specialmente l‘inesperta gioventù dalla retta disciplina dei costumi, e corromperla miserevolmente, farla cadere nei lacci dell‘errore, e infine strapparla dal seno della chiesa cattolica». 3 Cfr J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna 1998, pp. 82-86. 4 Tra il 1465 e il 1494, nella sola Italia, si hanno 735 edizioni di 248 libri religiosi. 5 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 31. 6 Cfr quanto afferma R. McBrien, Catholicism, I, Minneapolis 1980, p. 87: «It is generally agreed that the so called modern period of world history begins around 1500. Not coincidentally, it is just about the time of the disintegration of Christian unity in the West and the rise of critical reasoning and scepticism. For whatever social, political, cultural or philosophical and religious reasons, our world has been decisively shaped by the development of science and tecnology». 7 Cfr A. Joos, Teologia e comunicazione, in ISTITUTO TEOLOGICO MARCHIGIANO – ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE (sezione di Fermo) (edd.), Atti del convegno su "Teologia, interpretazione, comunicazione", in «Firmana», 1993 n° 2, p. 63. 9 anni, inoltre, la Chiesa romana non comprende l‘enorme mutamento che sta avvenendo nel passaggio dalla cultura orale, fondata sul rapporto docente/discente, alla cultura della parola stampata, caratterizzata dal rapporto diretto tra il lettore e il veicolo di cultura: perciò continua a considerare il libro più come deposito di dottrine che come mezzo di comunicazione. Al contempo, dal canto loro, Lutero e i riformatori utilizzano ampiamente almanacchi, fogli e libelli in un‘opera sistematica di propaganda e di polemica nei confronti della Chiesa cattolica 1. La Chiesa ha reagito alla prima affermazione 'di massa' dell'editoria con delle disposizioni restrittive -basti pensare, poi, al quadro nel quale ciò si iscrive: la Riforma e l'umanesimo- che diventerà ulteriormente il contesto nel quale si costituirà l'indice dei libri proibiti 2. In essi si riconosce il tentativo di difendere, con tutti i mezzi a disposizione, la fede dai germi di eterodossia: nel 1479 Papa Sisto IV, col Breve Accepimus litteras, approva e sostiene la prima azione di prevenzione e repressione praticata dall‘Università di Colonia nei confronti di tipografi, venditori e lettori che abbiano a che fare con libri «infetti di eresia» 3. Innocenzo VIII indirizza alla Chiesa la Costituzione Inter multiplices 4, del 17 novembre 1487: dopo aver dichiarato la nuova «vantaggiosissima ove faciliti la diffusione di libri utili e approvati», ma «condannabilissima se i suoi artigiani ne usano in modo perverso», fissa la disciplina ecclesiastica invenzione in materia nei suoi tre momenti di produzione, di commercio e di lettura con queste disposizioni: 1) obbligatorio l‘esame previo ecclesiastico di tutti gli scritti destinati alla stampa; 2) permesso di stampa solo agli scritti non contrari alla religione cattolica 5; 3) pene spirituali e pecuniarie a quanti stampino, vendano, leggano o detengano presso di sé libri contravvenenti a dette disposizioni; 4) distruzione, normalmente col fuoco, degli stessi libri 6. La stessa costituzione è ripresa da Alessandro VI nel 1501 e riprodotta da Leone X nel decreto Inter sollecitudines (1515) del concilio Lateranense V, considerato il primo provvedimento repressivo nei confronti della Riforma. È del 1559, poi, la prima lista dell‘Indice dei libri proibiti, auspicato dal Concilio di Trento e pubblicato da Pio IV con la bolla Dominici gregis custodiae nel 1564 7. È del 1559, poi, la prima lista dell’Indice dei libri proibiti, auspicato dal Concilio di Trento. Con Sisto V, nel 1571 il controllo si estende all‘intera produzione libraria ma, nonostante l‘azione repressiva della Chiesa Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche, Roma – Leumann (TO) 2002, p. 180. 2 E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, p. 60: «Una quarantina d'anni dopo l'invenzione, l'Università di Colonia comincia a proibire la 1 stampa, la lettura e la vendita di libri eretici: il 27 marzo 1479 Sisto IV la loda, l'incoraggia e la sostiene concedendole l'uso di censure eccl . 61: che doveva fissare, si può dire sino ai nostri giorni, la disciplina ecclesiastica circa la stampa -nei suoi tre momenti: produzione, commercio, lettura- su queste disposizioni-base: 1) obbligatorio esame previo ecclesiastico di tutti gli scritti destinati alla stampa; 2) concessione del permesso (Imprimatur) soltanto ai libri che non fossero contrari alla religione cattolica; 3) pene spirituali o pecuniarie a quanti stampassero, vendessero, leggessero o tenessero presso di sé libri contravvenenti a queste disposizioni; 4) distruzione degli stessi libri, normalmente col fuoco; e, dopo il Concilio di Trento, loro inserzione in un vincolante 'Indice dei libri proibiti'»; ibidem, pp. 61-62: «Infatti, l'Inter Multiplices di Innocenzo VIII, il 1º giugno 1501 venne ripreso, quasi "ad litteram" nell'omonimo decreto di Alessandro VI; liberato poi dalle fioriture curialesche che lo appesantivano, fornì il dispositivo della costituzione Inter sollicitudine (4 maggio 1515), promulgata da Leone X durante il concilio lateranense V, perfezionato, questo, dalla Sollicita ac provvida, di Benedetto XIV (9 luglio 1753) e dall' Officiorum ac munerum, di Leone XIII (26 genn. 1897) riguardante l'lndice dei libri proibiti, confluì nei canoni 1384-1405 del Codice di diritto canonico (1917), oggi ancora in vigore». 3 Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 89. 4 Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 92. 5 Cfr l‘Imprimatur o sigillo ecclesiastico. 6 Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P.C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche, Roma – Torino 2002, p. 180. 7 Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa, Roma 1969, doc. 117. L‘Indice è ancora operante nel Codice di diritto canonico del 1917 (al canone 1396) e viene soppresso solo dopo il Concilio Vaticano II, con una Notificazione della Congregazione per la Dottrina della fede (in Acta Apostolicae Sedis 58, 1966, p. 415). 10 le pubblicazioni libere non cessano di aumentare. La politica del sospetto e della censura viene perpetuata da Benedetto XIV con la costituzione Sollecita ac provvida (1753) e da Clemente XIII con la Christianae reipublicae, ma non riesce a preservare la chiesa dagli sconvolgimenti causati dall‘Illuminismo e dalle istanze rivoluzionarie. Tutti sanno quali sono stati i condizionamenti della censura a livello dei libri. Ma, ciò che colpisce ancora di più sembra essere la somiglianza di atteggiamento in un contesto e con uno stile radicalmente diverso: e cioè il 'dente avvelenato' della "teologia del XX secolo" che non è altro che la 'tipograficità' (se si può dire così) della cultura teologica 1. Ovviamente, il discernimento sulla trasformazione radicale in atto non sembra interessare particolarmente i teologi del nostro secolo. Eppure la emancipazione del pensiero, dell'azione, dell'emozione, seguita dalla de-strutturazione della riflessione, della iniziativa operativa e della penetrazione emotiva non potrà non marcare profondamente l'esperienza umana e dunque cristiana. Il faticoso ingresso di questa tematica 'postmoderna' può però essere notata nelle prospettive che si aprono oggi 2... Ma questo è -forse- già 'teologia del XXI secolo (vedere i schemi iniziali della introduzione generale)?? Alcuni punti di aggancio possono, comunque essere suggeriti. In questa insofferenza svanisce quasi la distinzione tra chi veniva bollato di conservatorismo o di progressismo… 1 A. Dulles, The Church is Communications , , in «Multimedia International», 1972 nº 1, p. 14: «Twentieth century theology has been in large part a reaction against the corrosive influences of print culture on the faith of the Church. Barthian Neo-Orthodoxy sought to escape from the detached impersonality of print by a revival of faceto-face oral communication, as it had existed in New Testament times. NeoScholasticism tried to overcome scientism by a nostalgic reversion to medieval authoritarianism. Both these movements, while making concessions to the needs of the times, were fundamentally reactionary. They sought vainly to operate within a communications system that no longer existed». 2 A. Joos, Comunicazione e Teologia, in AA. VV., Dizionario di omiletica, Roma 1995, voce, comunicazione e teologia: «RAPPORTI GENERICI TRA TEOLOGIA E COMUNICAZIONE. Il rapporto tra teologia e comunicazione si è progressivamente modificato, seguendo -d'una parte- gli alti e bassi del rapporto tra Chiesa (le Chiese cristiane per un verso o la Chiesa cattolica di comunione romana per conto suo) e comunicazione di massa, e -d'altra parte- le tappe del discernimento interculturale (antropologico) sul fenomeno comunicativo odierno. La ricerca teologica sulla comunicazione è stata chiamata -in genere- "teologia della comunicazione". Questa dicitura (con la sua impostazione connessa) è -ovviamente- superata oggi. Vi sono, peraltro, due modi di comprendere la così chiamata 'teologia della comunicazione': secondo il primo si applicano i 'principi della teologia' all'impresa comunicativa complessiva, per il secondo si esamina come l'evento comunicativo di oggi modifica le premesse teologiche stabilite o formulate nel passato. Il primo approccio parte dalla convinzione che la 'teologia' abbia già in se tutte le chiavi di articolazione per 'integrare' il fenomeno comunicativo (tutto sommato assai corcoscritto di fronte alla totalità dell'agire e del sapere umano e cristiano di tutti i secoli). La seconda angolatura propone la ipotesi che la c omunicazione di massa, tecnologica ed a distanza risdistribuisce a tal punto l'insieme dell'esperienza umana che essa modifica -pure- l'assetto pratico e teorico della stessa configurazione ecclesiale nella sua 'praxis' (iniziativa pastorale) e nella sua 'theoria' (riflessione teologica). Sono -poinoti i due 'blocchi' interpretativi, assai compatti, tra favorevoli ed oppositori di fronte all'espandersi della 'comunicazione' (E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 77). L'esitazione tra due modi di intavolare il discorso teologico intorno alla comunicazione può essere rintracciato nelle stesse prese di posizione della nostra Chiesa a misura che si affermò storicamente la svolta comunicativa. SEI MOMENTI DELLA RICERCA TEOLOGICA SULLA COMUNICAZIONE. Si possono indicare sei momenti caratter The Church is Communications teologia cristiana ignora l'evento comunicativo - a la comunicazione come appendice strumentale da articolare in funzione delle affermazioni dell'istituzione ecclesiale -e. g. concilio Vaticano II, Baragli... ( Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa, Roma 1973; idem, L'Inter mirifica, op. cit.) (sociologica) della società -e. g. Consiglio ecumenico delle Chiese (assemblea di Uppsala), Lonergan, Dulles... (Cfr Th. J. Farrell - P. A. Soukup, Communication and Lonergan, New York 1994; B. R. Bonnot, Theology of Communication 100- -ecclesiale focalizza l'ambiguità dell'accentramento planetario della gestione comunicativa -e. g. il CEC dopo 1975, assemblea di Nairobi, teologie della liberazione... (Cfr WORLD ASSEMBLY OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Nairobi 1975 "Breaking Barriers" sieme dell'esperienza umana (e dunque cristiana) dal di dentro: la comunicazione è vista dinamicamente 'in fermento' e 'come fermento' -McLuhan, McBride, Carey, Miller, Schramm... ( Cfr B. Dervin - L. Grossberg - B. J. O'Keefe - & E. Wartella, Rethinking Communication, vol. 1 and 2, Newbury Park 1989; D. C. Whitney, Review Essay: Ferment in the Field -143; cfr J. W. Carey, Mass Communication research and cultural studies: An American view, in J. Curran - M. Gurevitch - J. Woollacott, Mass Communication and Society, Beverly Hills 1979, pp. 409-425; idem, Communication as Culture: Essay on Media and Society metodi dall'evento comunicativo odierno (invertendo il rapporto tra teologia e comunicazione: dalla teologia che formula 'principi' per dire alla comunicazione ciò che deve essere, alla comunicazione che dice alla teologia ciò che essa sta diventando nel paesaggio dell'esperienza umana che si sta ri-inventando). Queste sei fasi sono da ri-inquadrare nel processo storico della comunicazione odierna, nelle sue tappe di affermazione operativa...». 11 Le ‗case editrici cattoliche‘ avranno il compito di ‗servire la verità‘, con un parallelismo di valutazione su questa editoria e sulla stampa di attualità, non esente di analogie un pò confuse tra i due ambiti, riguardo alle loro priorità comunicative ed antropologiche 1. L‘editoria cattolica riceverà un suo incorraggiamento ispirato alla priorità di una valorizzazione dell‘intelletto in seno alla produzione comunicativa 2. LA STAMPA DI ATTUALITÀ NEI CONFRONTI DELLA CONVIVENZA UMANA E NEL SORGERE DELL‘OPINIONE PUBBLICA Conviene –professionalmente parlando- staccare la dinamica dell‘affermazione della stampa di attualità da quella dell‘autoproduzione della libera editoria. Si riconosce, anche in ambito ecclesiale, che fu il mondo secolare a sostenere la libertà di stampa, di opinione e di pensiero, non il mondo ecclesiastico 3. Ma, anche il mondo culturale ha difficoltà a riconoscere il valore proprio della stampa di attualità, come gli illuministi e gli enciclopedisti francesi (tra cui Diderot e Rousseau), che si rifiutano di ―sprecare‖ le loro fatiche intellettuali per il ―volgare‖ giornalismo 4. Questo secondo momento dello sviluppo della stampa si rivela grazie agli incitamenti all‘azione contenuti nei libelli, negli opuscoli e in altre agili pubblicazioni, e sfocerà nella rivoluzione francese. Con la stampa di attualità, infatti, avviene l‘emancipazione dell‘iniziativa umana da qualsiasi condizionamento ecclesiastico e civile ed il crollo di quella che viene definita ―alleanza tra trono ed altare‖ 5. Un forte condizionamento della Chiesa nei confronti della diffusione del libero pensiero è dovuto al fatto di aver associato la nascita dell‘opinione pubblica alla caduta dell‘Ancien Régime e alla perdita dei privilegi ecclesiastici (anche perché il periodo successivo alla rivoluzione avrà un carattere fortemente anticristiano 6), senza però considerare che una purificazione dagli elementi mondani avrebbe potuto avere effetti positivi per una maggiore incisività e coerenza nell‘annuncio del messaggio cristiano. Per un secolo gli interventi della Santa Sede non hanno avvertito la novità socioculturale rappresentata dalla stampa-giornale, ormai divenuta necessario veicolo d‘informazione-attualità, in una società sempre più caratterizzata dall‘importanza dell‘opinione pubblica. Gli interventi della Chiesa sono prodotti quasi sempre come reazione agli attacchi della stampa anticlericale o alle deviazioni di 1 Giovanni Paolo II, Ad Langobardiae Regionis episcopis occasione oblata «ad Limina» visitationis coram admissos, in «Acta Apostolicae Sedis», 1982, p. 408: «Almeno un accenno desidero dedicare anche alle case editrici cattoliche, che sono sorte ed hanno sede nella vostra. regione. Sono numerose e costituiscono una ulteriore prova dell‘intelligenza e della ricchezza spirituale dei cattolici lombardi. Pur nel rispetto della loro legittima autonomia, vanno segiiite, incoraggiate, assistite, affinché la loro attività rappresenti sempre un servizio alla verità e alla formazione cristiana dell'opinione pubblica». Pio XII, Missione e responsabilità degli Editori cattolici (Convegno degli editori cattolici, Castel Gandolfo 7-11-1954), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, pp. 302-303: «Illuminare, nutrire, elevare gli spiriti e i cuori, è i1 dovere e 2 l'onore della stampa e particolarmente della stampa cattolica. Noi siamo certi che voi avete piena consapevolezza di questa alta missione, e che impostate coraggiosamente e studiate attentamente i problemi intellettuali e morali concernenti la formazione e il perfezionamento degli editori. Perciò sull'opera vostra, che è uno dei campi più importanti ed efficaci dell'apostolato dei laici, invochiamo l'abbondanza dei divini favori, mentre a voi e a tutti gli Editori italiani qui rappresentati, ai vostri collaboratori, alle vostre famiglie, a tutti coloro che vi sono cari, impartiamo di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione». 3 E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 64: «Nella secolare lotta che ne seguì tra «libertà di stampa» e «difesa dell'ordine», soprattutto mediante la censura, i «laici» furono pronti e decisi sostenitori della libertà: prima teorizzando -- in Inghilterra, l'Areopagitica, di J. Milton, contro il Licensing Act, è del 1644 e l'Epistola de tolerantia, di J. Locke, è del 1689 --, e poi strappando diritti legali -- abolizione del Licensing Act in Inghilterra nel 1695 --, anche costituzionali, come in America col Virginia's Bill of Right, del 1776, e, in Francia, con la Déclaration des droits de l'Homme et du Citoyen, del 1791. La Chiesa, invece, preferì insistere soltanto sui danni, prodotti o temuti, dall'uso della libertà fatta licenza, specialmente se a spese di ettori privi o scarsi di sussidi critici; denunciarli senza riposo e, come s'è visto, cercare di limitarli ed arginarli con prescrizioni proibitive e repressive, anche invocando, finché le condizioni politiche glielo permisero, l'appoggio dei «prìncipi cristiani »». 4 E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P.C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche , Roma – Torino 2002, p. 181. 5 Cfr A. Joos, Teologia e comunicazione, in ISTITUTO TEOLOGICO MARCHIGIANO – ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE (sezione di Fermo) (edd.), Atti del convegno su "Teologia, interpretazione, comunicazione", in «Firmana», 1993 n° 2, p. 65. 6 Cfr G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, III: L‘età del liberalismo, Brescia 1994, pp. 14-20. 12 quella cattolica. La politica controrivoluzionaria può essere sintetizzata dall‘enciclica Mirari vos (1832), con cui Gregorio XVI condanna l‘indifferentismo religioso insieme alla libertà di coscienza, di stampa e di pensiero 1. Occasione dell‘enciclica è la posizione del cattolico Félicité Robert de Lamennais, direttore del giornale L‘Avenir, primo quotidiano nella storia ispirato a principi cristiano-cattolici, fondato nel 1830. Costui sostiene talune idee liberali respinte da Gregorio XVI col nome di ―indifferentismo‖: sebbene Lamennais e il suo giornale non vengano nominati, la censura è implicita, il che costituisce la prima condanna di un giornale (e per di più cattolico) da parte della Chiesa 2. È ben noto il quasi capolavoro letterario nella formulazione latina di questo tipo di valutazione ove la condanna della libertà di stampa tocca la soglia della solennità (quasi ‗infallibile!) 3. L‘enciclica ha come bersaglio il cattolico Félicité Robert de Lamennais, direttore del giornale L‘Avenir, che sostiene le idee liberali respinte da Gregorio XVI col nome di ―indifferentismo‖: qui Lamennais e il suo giornale non vengono nominati ma la censura è implicita 4, fatto che costituisce la prima condanna di un giornale (e per di più cattolico) da parte delle autorità ecclesiastiche. Lamennais dapprima si sottomette e sospende la diffusione del suo quotidiano, poi esce dalla Chiesa e difende la propria decisione nel libro Paroles d‘un croyant, in cui riprende quanto espresso in precedenza. Gregorio XVI risponderà con un‘altra enciclica, la Singulari Nos (1834) 5, in cui condanna anche il libro citato. Soltanto alla fine del XIX secolo, si prende atto della esistenza dell'"attualità" e dell'"opinione pubblica" da parte dei vertici della Chiesa cattolica di comunione romana 6. Nonostante il suo lungo pontificato, il successivo Papa Pio Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37s: «E da questa inquinatissima sorgente dell‘―indifferentismo‖ scaturisce quell‘assurda ed 1 erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo a cui appiana il sentiero quella piena e smodata libertà d‘opinare che va sempre alimentandosi a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza alcun vantaggio alla religione». Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 38: «Eppure, purtroppo, vi sono di quelli che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante 2 protervia che questo inondamento di errori è più che abbondantemente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di malvagità, si mette in luce per difesa della religione e della verità. Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37s: «15 - Huc spectat deterrima illa ac numquam satis exsecranda et detestabilis libertas artis 3 librariae ad scripta quaelibet edenda in vulgus, quam tanto convicio audent nunnulli efflagitare ac promovere. Perhorrescimus, venerabiles fratres, intuentes quibus monstris doctrinarum, seu potius, quibus errorum portentis obruamur, quae longe ac late ubique disseminantur ingenti librorum multitudine libellisque et scriptis, mole quidem exiguis malitia tamen permagnis, e quibus maledictionem egressam illacrymamur super faciem terrae. Sunt tamen, proh dolor!, qui eo impudentiae abripiantur, ut asserant pugnaciter, hanc errorum colluviem inde prorumpentem satis cumulate compensari ex libro aliquo, qui in hac tanta pravitatum tempestate ad religionem ac veritatem propugnandam edatur»; «15 - E qui conviene trattare di quella non mai troppo esecrata e condannata libertà di stampa, di tutto diffondere nel pubblico, che con tanto clamore alcuni osano reclamare e promuovere. Inorridiamo, venerabili fratelli, vedendo da quante mostruose dottrine o, per dir meglio, da quanti mostri di errori, siamo assaliti, che per lungo e per largo vengono dif fusi da valanghe di libelli e di scritti, scarsi di peso ma gravidi di malizia, dai quali erompe sulla terra una deprecanda maledizione. E, purtroppo, non manca chi non si vergogna di affermare e di sostenere con forza che tanta massa di danni e di guasti viene più che compensata da qualche libro edito, in tanta colluvie di mali in difesa della religione e della verità». Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI , Roma 1901, n° 38, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37ss: «Eppure, purtroppo, vi sono di quelli che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante 4 protervia che questo inondamento di errori è più che abbondantemente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di malvagità, si mette in luce per difesa della religione e della verità». 5 Cf. Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Singulari Nos‖, 25 giugno 1834, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 48- 56. 6 E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, pp. 64-65: «Nel magistero di Leone XIII (1878-1903) la stampa comincia timidamente ad assumere valore proprio. Non per nulla nel mondo le testate periodiche, che al principio del secolo toccavano le 3.000, nel 1896 toccheranno le 23.000. A lui, tra l'altro, il merito del primo discorso pontificio rivolto a giornalisti (22 febb. 1879) con un accenno alle «attualità»; nonché il merito dei primi cenni alla libertà d'opinione («opinionum levitas» !) e sul fenomeno dell' «opinione pubblica»». Pie XII, Discours prévu pour la clôture du IIIº Congrès international de la presse catholique (18 février 1950), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, p. 219 : «L'opinion publique est, en effet, l'apanage de toute société normale composée d'hommes qui, conscients de leur conduite personnelle et sociale, sont intimement engagés dans la communauté dont ils sont les membres. Elle est partout, en fin de compte, l'écho naturel, la résonance commune, plus ou moins spontanée, des événements et de la situation actuelle dans leurs esprits et dans leurs jugements». 13 IX si occupa poco della stampa, che considera semplicemente come una nuova «tecnica libraria». Suo, comunque, è il merito di aver favorito la nascita de La Civiltà Cattolica, rivista dei padri gesuiti fondata nel 1850. Egli, infatti, ritiene conveniente combattere il nemico con le stesse armi, opponendo giornale a giornale, al fine di «neutralizzare il veleno ideologico, da quelli sparso a intossicare le menti, e propagare le sane dottrine» 1. Il 1° luglio 1861, poi, uscirà per la prima volta L‘Osservatore Romano, giornale ufficiale della Santa Sede. In quegli anni da molte parti del cattolicesimo nasce l‘esigenza, di fronte ai fenomeni dell‘indifferentismo, del razionalismo, dell‘anarchia e del comunismo, di raccogliere in un documento solenne gli errori ritenuti più frequenti e pericolosi per condannarli uno per uno. Questo elenco, promulgato l‘8 dicembre 1864, prende il nome di Sillabo, o catalogo degli errori moderni, ed è costituito da 80 proposizioni divise in 10 capitoli, in cui si rifiuta la laicità delle istituzioni, la separazione della Chiesa dallo Stato, la piena libertà di culti e di stampa 2. È difficile trovare un documento della Chiesa che abbia suscitato una reazione più forte ed un‘opposizione tanto vasta e profonda nell‘opinione pubblica come il Sillabo che, fin dal momento della sua pubblicazione, è diventato il simbolo dell‘oscurantismo cattolico. Pur se occorre situarlo nel suo contesto storico e teologico, è difficile, tuttavia, non vedervi la prova evidente dell‘arroccamento estremo di una Chiesa che cercava affannosamente di puntellare un ordine costituito ormai definitivamente infranto, e di opporsi, in modo anacronistico, alla società che avanza. Il Sillabo viene promulgato insieme all‘enciclica Quanta cura, che supera la Mirari vos per la durezza del tono e la visione unicamente negativa della società contemporanea, nella «nostra tristissima età» 3. In questo documento la Chiesa si oppone alle scellerate trame degli empi, che come flutti di mare tempestoso spumano le proprie turpitudini, e promettendo libertà, mentre sono schiavi della corruzione, con le loro ingannevoli opinioni e con dannosissimi scritti hanno cercato di demolire le fondamenta della religione cattolica e della società civile, di distruggere ogni virtù e giustizia, di corrompere le menti e i cuori di tutti, di far traviare gli incauti e specialmente l‘inesperta gioventù dalla retta disciplina dei costumi, e corromperla miserevolmente, farla cadere nei lacci dell‘errore, e infine strapparla dal seno della Chiesa cattolica 4. Il mondo della comunicazione a distanza che si afferma fino a questo punto rimane un ambito ‗estraneo‘ che occorre contrastare con argini di autodifesa. L‘iniziativa ‗cattolica‘ sarà fatta ‗in parallelo‘, con attrezzatura e personale propri. Chi si muove dal di dentro nell‘iniziativa comunicativa autonoma sarà segnato dal sospetto di non essere del tutto ‗affidabile‘ per mancanza di totale sottomissione nella puntuale esecuzione delle direttive dall‘alto. La piega di affidarsi preferibilmente ai ‗propri mezzi‘ piuttosto che sull‘aperto confronto o consenso sulla piattaforma comune di scambio rimarrà un marchio della sensibilità del vertice romano... Un'evoluzione positiva del rapporto tra Chiesa e stampa si registra con il pontificato di Leone XIII (1878-1903), che con l‘enciclica Libertas praestantissimus del 1888 supera il pessimismo di Pio IX e riconosce che la libertà di opinione e di espressione sono accettabili «nelle questioni che Dio ha lasciato alla discussione degli uomini», laddove «è lecito [...] di sentir come meglio ci aggrada, ed esprimere liberamente il proprio parere, poiché siffatta libertà non torna mai di pregiudizio alla verità, e giova sovente a farla trionfare» 5. Il Papa non esita, tuttavia, a 1 Tra virgolette sono riportate le parole di padre Carlo Maria Curci sj, fondatore e primo direttore della rivista. 2 Cfr H. Denzinger, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum , a cura di P. Hünermann, Bologna 1995, n° 2901-2980. 3 Pio IX, Lettera enciclica: ―Quanta cura‖, 8 dicembre 1864, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, n. 318. 4 Pio IX, Lettera enciclica: ―Quanta cura‖, 8 dicembre 1864, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, n. 317. 5 Leone XIII, Lettera enciclica‖Libertas praestantissimus‖, 20 giugno 1888, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 3, n. 638. 14 denunciare la «sfrenata libertà di stampa» con cui «uomini amanti di novità» cercano «d‘impugnare e di mettere in dubbio le eterne norme del vero e del giusto, di calunniare e di rendere invisa la Chiesa» 1. In un passaggio della stessa enciclica avverte infatti 2. È Leone XIII, comunque, il primo Papa a rivolgere un discorso pontificio ai giornalisti (22 febbraio 1879), accennando all‘importanza della cronaca di attualità, che egli denomina «recentiorum factorum narratio», oltre che alla libertà di opinione e al concetto di opinione pubblica 3. Sostanzialmente egli identifica la buona stampa con la stampa religioso-cattolica, predicatoria ed elogiativa, incoraggiando il reclutamento e l‘opera di giornalisti cattolici e sostenendo la necessità di opporre stampa a stampa, in aperto duello fra bene e male. Nella restaurazione antimodernista da parte della Chiesa, la stampa ricopre un ruolo di primo piano per la strategia romana di controllo della libertà di pensiero e di opinione 4. Lo testimoniano gli interventi di Pio X (1903-1914) volti a denunciare la stampa antireligiosa, anticlericale e soprattutto quella «infetta di modernismo» per opporre a essa la «buona stampa» intesa come cattolica. Pio X combatte il modernismo con energia, definendolo «sintesi di tutte le eresie» e individuando le sue radici nell‘agnosticismo, nel soggettivismo, nel relativismo, nell‘immanentismo e nell‘evoluzionismo radicale. Nel settembre 1907 pubblica l‘enciclica Pascendi dominici gregis, in cui annuncia una serie di provvedimenti tendenti a eliminare il modernismo dalla Chiesa5: numerosi modernisti sono colpiti dalle più gravi censure ecclesiastiche; condanne e soppressioni di libri e riviste non sufficientemente ortodosse, o anche solo dubbie, si susseguono nel giro di mesi; mentre alcuni cattolici integralisti, riuniti in un organizzazione denominata Sodalitium Pianum, diffondono periodici e bollettini, suscitando allarmi, spesso infondati, denunciando persone insospettabili, montando accuse sproporzionate su piccoli indizi. Pio X ha sempre mostrato speciale predilezione per questi giornali, senza cogliere i loro limiti e i pericoli insiti nella loro politica 6, ed a lui risale il divieto di collaborazione con i giornali laici da parte degli ecclesiastici. Dall‘altra parte, nel frattempo, La Civiltà Cattolica interviene mettendo in guardia dai pericoli dell‘integralismo ed indicando la necessità di un lavoro metodico per formare veri cristiani, mentre a Parigi, per merito di La Croix, giornale cattolico fondato nel 1880 dal padre assunzionista Emmanuel d‘Alzon, si fa strada una visione più appropriata del giornalismo cattolico, cioè quella di offrire ai lettori, alla luce della dottrina della Chiesa, una visione cristiana delle vicende della vita pubblica. Con Pio XI si arriverà persino ad una 'mostra' della stampa di attualità 7. Per quanto riguarda la stampa, un importante evento di questo pontificato, il primo nel suo genere, è 1 E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 221. 2 Leone XIII, Lettera enciclica‖Libertas praestantissimus‖, 20 giugno 1888, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 3, n. 637. Le cose vere e oneste hanno diritto, salve le regole della prudenza, di essere liberamente propagate, e divenire il più possi bile comune retaggio; ma gli errori, peste della mente, i vizi, contagio dei cuori e dei costumi, è giusto che dalla pubblica autorità siano diligentemente repressi per impedire che si dilatino a danno comune». 3 Proprio per questa apertura, Pio X qualificherà Leone XIII come il «primo Papa della stampa». 4 È stato chiamato ―modernismo‖ un vasto ed eterogeneo movimento di pensiero cattolico, dilagante tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, che cerca una conciliazione tra il pensiero moderno e la teologia cristiana. Si possono ricondurre al modernismo vari filosofi e teologi tedeschi, inglesi, francesi ed italiani, i quali hanno cercato di adattare il pensiero cattolico ai nuovi tempi, abbandonando il rigido formalismo della Chiesa ufficiale, spesso tuttavia con risultati assai opinabili: cfr tra l‘altro su questo G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, IV: L‘età contemporanea, Brescia 1995, pp. 81-117. 5 Cfr Pio X, Lettera enciclica ―Pascendi dominici gregis‖, 8 settembre 1907, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 4, nn. 190-246. 6 Cfr G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, IV: L‘età contemporanea, Brescia 1995, p. 99. 7 E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 66: «Un'aura nuova, invece, comincia a spirare col pontificato di Pio XI (1922-1939), che contò, tra l'altro, I'Esposizione Internazionale della Stampa Cattolica, allestita nel Vaticano nel 1936. Ma la sensibilità del Pont efice per la potenza e responsabilità della stampa d'informazione, anche non cattolica, non trova sviluppi dottrinali sistematici nelle sue esortazioni e nei suoi discorsi improvvisati. Còmpito, invece, egregiamente assolto da Pio XII (1939-1958)»; nel 1925, per l‘Anno Santo, fu allestita una mostra 15 l‘Esposizione Internazionale della Stampa Cattolica, allestita in Vaticano nel 1936. Al febbraio 1939, dopo la morte di Pio XI, risale anche la nascita del servizio stampa vaticano, istituito da monsignor Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI) con il compito di fornire ai giornalisti notizie sul conclave che in seguito avrebbe eletto Pio XII. In questo modo, pur conservando remore e diffidenze, il rapporto tra Chiesa e stampa muoveva comunque i primi passi per passare da un regime di clandestinità ad una certa dimensione ufficiale 1. Ulteriormente, si vorrà garantire la fondamentale identificazione della stampa di attualità con l‘editoria sulla base della sola ‗parola scritta‘ che dovrà essere inquadrata come ‗stampa cattolica‘ 2. Un giornale si affermerà come organo al quale si affida il pensiero ‗ordinario‘ del Papa, ―L‘Osservatore romano‖ 3. Si insisterà – poi- sull‘autorevolezza ‗ufficiale‘ per la rivista vaticana ―Acta Apostolicae Sedis‖ 4. Il garantismo formale di ‗riconoscimento ufficiale‘ si sentirà persino nella valutazione che si vorrà imporre a proposito dei siti di Internet indicati come ‗cattolici‘, da parte dei vertici vaticani: nella stessa linea di appartenenza cattolica di una ‗stampa cattolica‘ fino a quella dei ‗siti cattolici‘ 5. La contraposizione rimane –però- la chiave interpretativa preferenziale dei responsabili ecclesiali: la stampa di attualità rappresenta una ‗onnipotenza‘, situandola così nel gioco delle prevalenze di potere nel contesto della convivenza umana politico-sociale 6. Ulteriormente, si metterà avanti la capacità della stampa come supporto del ‗senso critico‘ (ma come aggiunta ai ‗mezzi audiovisivi‘) 7. Il senso critico viene ancora considerato come elemento intellettuale-speculativo, non come della Stampa cattolica sotto l‘insegna di ‗Veritas‘ (cfr Paolo VI, Allocuzione al Consiglio dell‘UCIP, in «Bulletin de la Commission pontificale pour les communications sociales», 1975, p. 17). 1 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 57. 2 A.-M. Deskur, Speech of the President for the 50th anniversary of the Catholic Newspaper «Lehen is-sewwa» (Malta), in «Bulletin de la Commission pontificale pour les communications sociales», 1978, p. 125: «It must not be thought, however, that in this age of ours, which has come to be called the audiovisual era, the importance of the written word is in any way diminished. It was to the written word that the Holy Spirit entrusted that ineffable -to use an expression of Pius XII- letter of God .to men which is Holy Scripture. The written word has preserved the ineraseable evidence of the holiness of the Church throughout the centuries. The written word, in the form of the Catholic Press, "veri nominis catholicum" as the text from the Second Vatican Council says, represents the modern form, necessary and authentic, of the Church's pastoral apostolate (Decree Inter Mirifica, art. 14)». 3 Giovanni XXIII, Discorso per il centenario dell‘‖Osservatore Romano‖ , (in idem, Documenti, Messaggi, Comunicazioni di Giovanni XXIII, Città del Vaticano 1961), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano 1964, p. 443: «738 Non è certo confidata a L‘Osservatore Romano la direzione generale o il governo della Chiesa; ma non è meno certo che L‘Osservatore Romano è 1‘araldo quotidiano, lo strumento, la voce più sicura per is quale il pensiero del Papa viene trasmesso ordinariamente e garantito dalla sua autenticità, da Roma. sino alle parti estreme del mondo». 4 Giovanni XXIII, Discorso per il centenario dell‘‖Osservatore Romano‖ , (in idem, Documenti, Messaggi, Comunicazioni di Giovanni XXIII, Città del Vaticano 1961), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano 1964, p. 443: «739. Di fatti, gli Acta Apostolicae Sedis che sono 1'organo ufficiale della Sede Apostolica non possono uscire ogni giorno! Lavorare all' Osservatore è dunque condividere le sollecitudini più ansiose della diffusione di quelle energie spirituali, che compongono il più ed il meglio della vita delle anime e la vera ricchezza dell'ordine cristiano e sociale, a cui sono confidate la prosperità e la pace del mondo. È sotto questa luce che Ci piace salutarvi tutti, quanti qui conveniste per la celebrazione centenaria del giornale, che costituisce una fonte ricchissima per la esplorazione e la illustrazione dells storia della Chiesa, e delle nazioni durante le vicende dell'ultimo secolo». 5 PONTIFICAL COUNCIL FOR SOCIAL COMMUNICATIONS, The Church and Internet, Vatican City 2002, nº 8: «The proliferation of web sites calling themselves Catholic creates a problem of a different sort. As we have said, church-related groups should be creatively present on the Internet; and well-motivated, well-informed individuals and unofficial groups acting on their own initiative are entitled to be there as well. But it is confusing, to say the least, not to distinguish eccentric doctrinal interpretations, idiosyncratic devotional practic es, and ideological advocacy bearing a ‗Catholic' label from the authentic positions of the Church. We suggest an approach to this issue below». 6 Pio XI, Ai partecipanti al XXXVI Congresso de La Croix e della Bonne Presse , in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano 1964, pp. 105-106: «Che dire di questa parola così potente da se sola, di questa quando dispone di quest'organismo, di questo dinamismo: la stampa? organismo e dinamismo di moltiplicazione, di diffusione? È l'onnipotenza che si moltiplica in ogni misura. Più che una riflessione questa è una constatazione. Ma la riflessione viene subito dopo: che tremenda responsabilità quella della stampa che ha a disposizione una tale potenza. Già il fatto di usare, o di usare solo imperfettamente, questa onnipotenza è già una negligenza, colpevole, una tremenda responsabilità». 7 COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale ―Communion et progrès‖ , Cité du Vatican 1971, nº 136 : «La presse, par ses qualités propres, a une très grande importance et une profonde influence. Grâce à sa souplesse et ' la pluralité de ses titres, elle peut entrer dans le détail des événements, les expliquer, en provoquant la réflexion du lecteur et en lui permettant d'y revenir s'il le désire. Complément indispensable des moyens audio-visuels, elle est particulièrement apte à éveiller le sens critique et à former le jugement. Sa capacité de diversification et son aptitude à servir de support la réflexion en font un instrument de base du dialogue social». 16 ‗critica operativa‘ o cioè come potenzialità di suscitare reazioni a livello dell‘iniziativa pratica (cfr supra, l‘emancipazione dell‘azione secondo gli osservatori). Più felicemente, si proporrà un ruolo comunicativo nell‘attualità da parte ecclesiale come ―presenza‖ operativamente aperta 1. L‘accentuazione ecclesiale giungerà a focalizzare sulla ‗verità‘ il suo prevalente progetto di presenza nella stampa di attualità: verità contro gli attacchi al Papa e alla Chiesa, dando alla verità quella caratteristica di ritorsione nella polemica che l‘informazione di attualità spesso include come dinamica operativa nella convivenza umana (con il rischio di fare della ‗verità‘ una immediatezza operativa e non un approfondimento a più lunga scadenza) 2. Ovviamente, l‘indurimento ecclesiastico si manifesterà sul limite che la ‗verità‘ impone alla ‗libertà‘, rientrando così in altro modo nell‘ambito dell‘indirizzo di coinvolgimento attivo come chiave comunicativa della stampa di attualità ma con la conseguenza di confrontare implicitamente ‗libertà‘ e ‗carità‘ (cfr infra) 3. Vi sarà anche qualche richiamo alla ‗carità‘, con particolare attentione al ‗bene‘ da operare: si ritorna così al discernimento cristiano convergente con la valenza antropologica dell‘attualità nella priorità di incisività attiva nell‘iniziativa umana 4. Vi sarà questione di ‗strumenti di carità‘ nell‘evocare gli operatori della stampa di attualità 5. Questa dimensione di ‗impegno‘ sembra essere poi talvolta riservato –da parte dell‘autorità ecclesiastica- alla stampa cattolica: difesa delle posizioni cattoliche, evangelizzazione, ‗pulpito‘, formazione dei cattolici, fermento, fare ‗storia‘ 6… Da questo prospetto si ribadisce l‘intento della stampa cattolica come ‗difesa dei principi morali‘ 1 7. Si situa così in modo coerente il ruolo della partecipazione comunicativa Giovanni XXIII, Discorso tenuto ai dirigenti, redattori, corrispondenti e maestranze de «L‘Avvenire d‘Italia», in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, pp. 383-384: «Ciò che caratterizza e giustifica la vita di un giornale cattolico è innanzi tutto il suo programma positivo. Come tutte le att tà dell'uomo, esso si valuta non per quello che non è, o non deve fare -che sarebbe una limitazione- ma per quanto compie, con sforzo lodevole e chiara visione delle proprie mansioni. Ora, la stampa cattolica c'è soprattutto per un atto di presenza e di testimonianza. Presenza attiva, intelligente, sveglia, di fronte agli innumerevoli problemi posti dalla vita di oggi, per dare ad essi una interpretazione secondo il criterio valido della verità eterna che si riflette nel tempo. Presenza che nulla si lascia sfuggire, per informare il lettore, per aiutarlo a farsi una coscienza illuminata, di fronte a interrogativi e disorientamenti, che il mondo di oggi g li procura». 2 Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. 2, pp. 913-914: «Il giornale avrebbe dovuto chiamarsi originariamente «L'amico della verità »: verità sulla Chiesa e sul Romano Pontefice, oggetto spesso di infondate accuse ed attacchi da diverse ed opposte sponde; verità sulle vicende del mondo; verità sulla dottrina rivelata combattuta dall'esterno e travisata anche dall'interno; verità sulla missione di pace, di conciliazione e di carità esercitata dalla Santa Sede nei rapporti con gli Stati, nel concerto della comunità internazionale; verità sulla natura ed il fondamento dell'azione ecclesiale sia in campo dottrinale che pastorale». 3 Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II , Città del Vaticano 1981, vol. 2, p. 914: ««Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» 1 ha ammonito il Maestro divino, affinché « sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni libertà superficiale ed unilaterale, ogni libertà che non penetri tutta la verità sull'uomo e sul mondo ». 2 L'esercizio di questa missione richiede attenta vigilanza, accorta prudenza, fine delicatezza, perspicace lungimiranza. È necessario, pertanto, rafforzare l'unità nella vicendevole collaborazione per rendere un servizio alla verità e quindi a Cristo, mediante assidua diligenza, accompagnata dalla preghiera ed animata dalla speciale prospettiva del giornale». (1 Io, 8, 32. / 4 2 Ioannis Pauli PP. II, Redemptor Hominis, 12.) Paolo VI, Omelia per la celebrazione in occasione della 9º Giornata mondiale , in «Bulletin de la Commission pontificale pour les communications sociales», 1975 nº 85, p. 18: «Ma questa non è la sola insegna, che a tale attività deve assicurare il suo valore morale: un'altra insegna la deve integrare; ed è quella della caritas. Potretntno far nostra la stupenda formula di S. Paolo: Veritatem facientes ín caritate: seguire il vero mirando alla carità (Ef 4, 15). Cioè la comunicazione sociale deve aderire al vero, ma non può prescindere dal bene ch'è destinata ad operare, cioè il bene della società». Giovanni XXIII, Discorso ai partecipanti al III Convegno nazionale dei Giornalisti Cattolici Italiani , in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa (1850-1963), Città del Vaticano 1964, p. 374: «I giornalisti e gli scrittori ed operatori cattolici di questo settore sono inoltre chiamati ad una ancor più alta responsabilità. I loro strumenti, infatti, non sono soltanto di verità, ma, altresì, di carità: arma caritatís: diretti, cioè, ad 5 elevare le menti: ad edificare il bene, ad irradiare la virtù nelle anime». 6 Giovanni Paolo II, Ad Flaminiae Regionis episcopis occasione oblata «ad Limina» visitationis coram admissos , in «Acta Apostolicae Sedis», 1982, pp. 313-314: «Il quotidiano di ispirazione cristiana rappresenta poi un valido contributo ai cattolici per capire il proprio tempo e per inserirsi nella società di oggi, in rapida trasformazione, come fermento, partecipando attivamente agli avvenimenti ed alla storia. Negli avvenimenti quotidiani infatti, sono in gioco i destini dell'umanità»; cfr etiam Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano , in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. 2, pp. 912-914. 7 Giovanni Paolo II, Allocuzione al capitolo generale della ―Pia Società S. Paolo‖ , in «Bulletin de la Commission pontificale pour les communications sociales», 1980, pp. 5-6: «È nota a tutti l'importanza che stampa, come veicolo di diffusione dei princìpi cristiani e per la 17 all‘attualità dell‘esperienza umana. Ma, da questo taglio di testimonianza ‗morale‘, si estenderà di recente questa priorità a tutto l‘ambito comunicativo (cfr infra) con una dicitura un po‘ modificata di ‗etica‘. Vi sarà poi una particolare focalizzazione dell‘attenzione alla comunicazione su quel suo elemento ‗rappresentativo‘ per il vertice ecclesiastico: il giornalismo 1. Pio XII si confronterà con il concetto di opinione pubblica nella dinamica della comunicazione di attualità, affermandone con vigore il diritto all‘esistenza e la sua necessità per la salute del corpo sociale e riconoscendone l'importanza quale dimensione organica della Chiesa: nel 1954, infatti, in un testo fondamentale riconosce che «mancherebbe qualcosa nella vita della Chiesa se l‘opinione pubblica le facesse difetto» 2. I suoi discorsi sono improntati su due linee guida: la preoccupazione morale e l‘istanza di una formazione adeguata per promuovere una sana educazione al bene comune, specie nella gioventù. Troviamo, inoltre, l‘esigenza di delineare norme di etica professionale che contribuiscano alla rinascita civile e morale, all‘armonia tra i popoli, alla pace e alla giustizia, alla dignità della persona umana, al progresso delle scienze 3. Per arginare le nuove forze politiche di stampo anti-cristiano, e in particolare il comunismo, Pio XII propone una visione ―illuministica‖ della società cristiana, munita di propri strumenti anche mediali: a tale scopo approva nel 1947 il programma del padre gesuita Riccardo Lombardi, intento ad utilizzare sistematicamente la radio per le sue catechesi popolari 4 e, superando il divieto stabilito da Pio X, lo autorizza anche a collaborare con i giornali laici 5. Ma con Pio XII gli ecclesiastici non sono più i soli ad avere un ruolo determinante nella società come educatori: il Papa afferma l‘importanza dei laici come collaboratori, le cui competenze e abilità nell‘ambito della cultura e della scienza possono risultare preziosi strumenti di evangelizzazione 6. La giusta considerazione che il Papa dà ai laici è legata anche al senso del dovere che essi debbono nutrire non solo nel loro ruolo di professionisti di cinema, stampa, radio e televisione, ma anche in quello di utenti 7. Si delinea un tentativo più consistente di entrare dentro alla dinamica comunicativa nella sua produzione autonoma. Il ‗giornalista‘ entra a far parte del ceto ‗di cui bisogna tenere conto‘, eco di quello che si dirà riguardo al ―quarto potere‖ nell‘ambito socio-politico... Tale tipo di laici sono considerati ‗quasi ministri di Cristo‘! Il salto di qualità di Giovanni XXIII (1958-1963) e del Concilio Vaticano II: per quanto riguarda la dottrina sugli strumenti di comunicazione sociale, è caratterizzato da una visione prevalentemente antropologico-pastorale. Vengono maggiormente presi in considerazione dalla Chiesa i nuovi fenomeni socio-culturali e si accenna alla necessità di una nuova interpretazione difesa dei valori morali e religiosi. Egli comprese appieno quanto fosse importante che la realtà quotidiana in cui viviamo avesse una interpretazione conforme ai princìpi ed ai fini veri della vita: è proprio questo che la stampa cattolica, come sua ragion d'essere, si propone di dare, illuminando con la Parola di Dio le vicende della cronaca e della storia, difendendo i valori umani e cristiani di cui la società odierna sente così profondo il bisogno, e dando all'opinione pubblica e all'educazione sociale un genuino, sano e forte senso morale». 1 Sintomatico, nel programma del Grande Giubileo romano del 2.000 il fatto che si ripete senza ripensare la formula del Giubileo indirizzato alla comunicazione: ―Il Giubileo dei giornalisti‖ (4/6/2.000) accanto a quello dello ‗spettacolo‘. L‘anticipazione del tanto menzionato ‗terzo millennio‘ non pone neanche l‘ipotesi di un fenomeno di comunicazione globalizzata ed estesa a tutta l‘esperienza umana in tante altre categorie interessate al processo comunicativo nell‘esistenza umana. 2 Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 1950. 3 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma 1987, p. 9. 4 Per il carattere popolare di queste catechesi padre Riccardo Lombardi è stato soprannominato ―microfono di Dio‖. 5 Cfr E. Baragli, Cattolici e mass media, in «Internet» 2007, http://www.lacomunicazione.it. 6 Pio XII, Lettera enciclica ―Summi Pontificatus‖, 20 ottobre 1939, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, n. 63: «Questa collaborazione al sacerdozio rivela preziose energie a cui è affidata una missione che cuori nobili e fedeli non potrebbero desiderare più alta e consolante. Questo lavoro apostolico, compiuto secondo lo spirito della Chiesa, consacra il laico, quasi a ―ministro di Cristo‖» 7 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 90. 18 della dottrina cristiana, per dare una risposta alle domande degli uomini. Roncalli, la cui immagine di ―Papa buono‖ dilaga sui rotocalchi popolari, compie dei gesti di grande apertura nei confronti dei media, tra cui, nel 1960, la prima intervista concessa ad un giornalista laico come Indro Montanelli. Per quanto riguarda gli interventi magisteriali, sono rilevanti due documenti in particolare: il motu proprio Boni Pastoris, e la lettera Nostra Patris nel XXV anniversario della Vigilanti cura1. Nel primo documento vengono deplorati vivamente i danni morali provocati dal cattivo uso degli strumenti di comunicazione sociale. Inoltre il Papa conferma i compiti della Pontificia Commissione per la cinematografia, radio e televisione, contribuendo a dare maggiore saldezza a tutto l'insegnamento della Chiesa in materia di comunicazioni sociali, ed esorta i responsabili delle tecniche audiovisive ad avere piena consapevolezza della missione educativa che ad essi compete; esorta infine i Vescovi ad accrescere la vigilanza e la sollecitudine in tutte le attività riguardanti il cinema, la radio e la televisione. Nella Nostra Patris Papa Giovanni, dopo aver ricordato l‘apertura di Pio XI alle nuove conquiste della tecnica, rileva gli aspetti positivi del cinema come svago necessario all‘uomo e come mezzo di «nuove cognizioni e di incremento alla sua cultura». Contemporaneamente, però, rileva i gravi pericoli che possono risultare dalla visione delle pellicole cinematografiche, specchio dei mali della società. Per questo indica due obiettivi: uno educativo, invitando i fedeli a istruirsi e formarsi, e l‘altro di studio, da parte degli esperti del mondo della psicologia, della pedagogia e della critica, per una collaborazione col mondo del cinema. I discorsi di Giovanni XXIII si concentrano prevalentemente sulla stampa. Sono inoltre evidenti in essi, più che le affermazioni teologiche inerenti la natura degli strumenti massmediologici, le indicazioni pastorali per usarne saggiamente e l'evidenziazione dei valori morali che essi devono salvaguardare e promuovere. Rivolgendosi ai giornalisti cattolici, ad esempio, ricorda loro che gli strumenti della comunicazione sociale sono «arma veritatis» e «arma caritatis»2 e che è dovere di tutti i giornalisti, quali cultori della verità, incrementare una buona stampa. In altre circostanze egli evidenzia le caratteristiche del giornale cattolico, che si distingue dagli altri perché è tutto interessato a promuovere la visione della Chiesa guardando al mondo in positivo, grazie anche alla presenza attiva degli operatori del settore e della loro testimonianza cristiana. Le parole che il Pontefice rivolge al mondo giornalistico sono oggi ancora attuali. Con profondo senso pastorale egli parla delle qualità che tutti gli operatori del settore della comunicazione dovrebbero possedere: la professionalità, la cooperazione alla missione della Chiesa e la sensibilità cristiana3. In generale, il suo atteggiamento nei confronti dei media è rivolto a suscitare nuove iniziative e ad animare e sostenere quelle esistenti, mentre le problematiche più generali vengono affrontate nelle Commissioni preparatorie di quel grande evento che sarà il Concilio Vaticano II 4. Proprio l‘assise conciliare indetta da Giovanni XXIII sancirà definitivamente il nuovo corso delle relazioni tra la Chiesa e il mondo della comunicazione, e questo in coincidenza del velocizzarsi del processo di secolarizzazione 5. La prospettiva è ora spiccatamente pastorale ed assai sensibile alla mentalità contemporanea 6. All'interno di un più generale riconoscimento dei valori umani emersi nella modernità, il Vaticano II, col decreto Inter mirifica del 1963, precisa che l‘informazione, prima che rappresentare il diritto di espressione del giornalista, fa parte del diritto 1 Cfr Giovanni XXIII, Motu proprio ―Boni Pastoris‖, 22 febbraio 1959, in «Acta Apostolicae Sedis», 1959 n° 51, pp. 183-187; idem, Lettera ―Nostra Patris‖, 29 giugno 1961, in «Acta Apostolicae Sedis», 1961 n° 53, pp. 491-495. 2 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma 1987, p. 81s. 3 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 95s. 4 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma 1987, p. 9s. 5 Cfr P. Mancini, Manuale di comunicazione pubblica , Bari 1996, p. 254. 6 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 95. 19 personale-civile del lettore: l‘elaborazione teorica del magistero della Chiesa cattolica arriva così alla piena accettazione dello statuto secolare dell‘opinione pubblica e delle sue leggi. In vista dei lavori conciliari, proprio perché il Pontefice nutre molto interesse e dà molta importanza alla missione degli operatori delle comunicazioni sociali, viene creato anche un ufficio stampa, e si può dire che «per la prima volta nella storia, tutto il mondo ha potuto esser associato all'apertura di un Concilio ecumenico, direttamente per mezzo della radio e della televisione, e anche per mezzo dei rapporti di stampa»1. Meno sfruttata a livello sulla riflessione multimediale, sarà sopra tutto la ―Gaudium et spes‖ che esprimerà l‘originalità del concilio Vaticano II e di Papa Giovanni XXIII in ambito mediaticocomunicazionale. Dopo aver a lungo escluso ogni possibile intesa con la mentalità moderna e le sue premesse, il concilio compie un primo passo introduttivo che consiste nel situare la problematica del confronto tra antropologia e fede cristiana nel contesto della sua nascita sia come atteggiamento ecclesiale, sia come riconoscimento del tenore dell‘antropologia come si affermava nel XX secolo e che avrà una sua incidenza sostanziale nel valutare il fenomeno comunicativo e nell‘operare in esso. La questione è ineludibile. Da dove parte o cosa rende possibile l‘approccio antropologico? Si prende atto che molte affermazioni sulla persona umana correntemente messe avanti nel contesto ereditato dall‘ambito ecclesiale hanno senso solo nel riferimento o dal presupposto ‗cristologico‘ 2. Sarà dunque necessario prendere atto della modifica radicale di questo presupposto, particolarmente nel momento in cui il mondo cristiano-cattolico accetta ufficialmente la impostazione di ‗modernità‘ dove il non centralismo cristiano viene recepito come ipotesi umana nella quale calarsi come messaggio cristiano. Se si volesse indicare una debolezza dell‘approccio conciliare sulla Chiesa, sembra che sia proprio il fatto di aver trattato della Chiesa d‘una parte ‗ad intra‘ e d‘altra parte ‗ad extra‘, in una specie di dualismo tra la specificità della Chiesa ‗in se‘ (con tinte di ‗sovranaturalismo) ed i suoi rapporti con l‘esperienza umana, col mondo, senza poter sovraporre i due testi in una visione complessiva unica 3. Appare – però- emblematica la maturazione della Chiesa cattolica di comunione romana, per lungo tempo del tutto ostile ed impermeabile ad ogni apertura verso la ‗modernità‘, grazie alla ―Gaudium et spes‖. Per chi situa l‘inizio della modernità come evento concomitante con le libere ricerche dell‘umanesimo, della libera editoria meccanica, del Rinascimento che si avviava, questa sezione acquisisce tutto il suo significato, particolarmente se si tiene conto dei traumi ecclesiali di vertice in quei tempi. Si sa che la «Gaudium et spes» sorge da un lavorio conciliare abbastanza elaborato lungo il processo di maturazione del documento che venne chiamato «lo schema XIII», il quale 1 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma 1987, p. 85. 2 L. Roberts, The Achievement of Karl Rahner, New York 1967, p. 173: «But until recently the core problem of the relationship between Christology and theological anthropology was overlooked. Everybody claimed to know what a man is. Hence to say that Christ was a man did not present any special problems. Since Karl Barth and K. Heim the problem has to be faced more squarely. Rahner observes that Catholic theology needs to reflect more profoundly on the fact that many of its statements about man - for example, those of grace, the resurrection of the body - are only meaningful because of Christology». 3 H. Denis, Ministres du culte ou ministres de l‘Evangile, in «La Maison-Dieu», 1974 n° 115, p. 135 : «Le Concile Vatican a tenté une synthèse, à propos de l‘Eglise. Chose curieuse et pleine d‘enseignement: cette synthèse se présente sous la forme d'un dyptique. On trouve en effet deux. volets: d‘une part, Lumen Gentium, c'est-à-dire le mystère de l‘Eglise-en-elle-même, si l'on peut dire; d'autre part Gaudium et spes ou l'Eglise dans le monde de ce temps (1). Le concile a construit cette synthèse au cours de ses quatre années d'élaboration, et il y a sans doute été aidé grâce à une distinction sous-jacente, à savoir l‘Eglise ad intra et l'Eglise ad extra. On pourra regretter cette distinction plus ou moins teintée de dualisme. De toute façon, l'édifice conciliaire devait tenir compte des nouvelles relations de l'Eglise et du monde». ((1) On rève de ce que pourrait être on de ce qu'aurait pu être une unique constitution sur l'Eglise en un seul document. Est-il possible de l'obtenir en mettant les deux constitutions en «surimpression». Nous ne le pensons pas. On retrouve ici le conflit entre le surnaturalisme (assez fréquent en ecclésiologie) et la conception de l'Eglise qui se fait à partir des hommes et du monde (souvent implicite dans l‘évangélisation). Il n'est pas étonnant, en tout cas, que l'on puisse utiliser les matériaux de Vatican II dans des sens fort différents.) 20 acquistò il suo intento 'antropologico' nel corso dei lavori e della maturazione del concilio Vaticano II 1. Questo suo 'nome' fu il risultato della riduzione dei 73 schemi a 17, chiamato inizialmente "schema XVII" e poi "XIII" 2. Il testo diventò uno dei documenti più 'sui generis' del concilio Vaticano II 3. La qualità caratteristica della 'Costituzione' andrebbe ricercata nella sua volontà, afferma il commentatore appena citato, di non essere un messaggio esclusivamente 'cattolico'. Il dialogo con il mondo odierno richiede una inchiesta senza pregiudizi riguardo a questo 'mondo'. Forse in questo si trova il tenore esplicitamente 'antropologico' del metodo di redazione che ci presenta il nostro testo? Tra i specialisti, vi è chi discerne nella maturazione dello schema un andare e venire tra una visione prevalentemente sociologica ed una prospettiva più teologica: dal testo di Roma 1963 a quello di Malines 1963, e da quello di Zurigo 1964 a quello di Ariccia 1965 4. I riferimenti detti ―'sociologico' e 'teologico'‖ ci fanno già capire in quale ambito o in quale inquadratura si muove la prospettiva conciliare. Anzi, certi autori che hanno collaborato da vicino alla stesura del documento riassumono, oggi, i loro interrogativi (al messaggio ed attraverso di esso) in cinque maggiori quesiti 5. Colpisce -tra questi punti più salienti- il riferimento prioritario ad un 'nuovo 1 G. Garrone, in G. Caprile, Il concilio Vaticano II, quarto periodo , Roma 1969, vol. V, p. 68: «Nel corso della 1321 congregazione generale (21 sett. 1965), il card. Lercaro, che ha assunto la direzione del dibattito sullo schema 13, dà la parola a mons. C. Garrone (AR, Toulouse). Il relatore ha, innanzitutto, affermato che prendeva la parola in sostituzione di mons. Guano, il quale è purtroppo assente per ragioni di salute. Dopo aver accennato al lavoro compiuto ed alle difficoltà di materia e di forma che presentava l'elaborazione dello schema oggi sottoposto all'esame dei Padri, mons. Garrone ha sottolineato che la differenza e la maggior lunghezza del testo attuale rispetto a quello precedente sono dovute all'impegno con cui la Commissione competente ha cercato di attenersi ai desideri ed ai suggerimenti presentati sia per iscritto sia a voce dai Padri conciliari. La stessa materia trattata e gli interventi dei Padri hanno consigliato di dividere il testo in due parti: la prima, di indole piuttosto teoretica, espone in genere la dottrina della Chiesa sui rapporti tra la Chiesa stessa e il mondo; la seconda, di carattere più pratico, si propone di proiettare la luce deila dottrina della Chiesa sui diversi settori delI attività umana, in modo da presentare i fatti sociali in una prospettiva che si addica alla dignità della persona umana. C'è anche un'introduzione descrittiva, per la quale è stata preparata una relazione a parte. Presentando, per ora, la prima parte del testo, e facendo una rapida sintesi del contenuto dei quattro capitoli che la compongono, il relatore afferma che il problema dell'uomo costituisce il tema e l'anima di tutto lo Schema, il quale intende offrire in sintesi le linee fondamentali di un'antropologia cristiana. NelI'esposizione, inoltre, la Commissione competente ha cercato di seguire uno stile e un linguaggio, per quanto possibile, evangelico piuttosto che tecnico. Si è voluto preparare un testo semplice, concreto, dinamico, aderente il più possihile ai problemi affrontati». 2 V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 186-187: «The Central Coordinating Commission, following the directives of Pope John, began work in January, 1963, to reduce the number of schemata. At this time the 73 schemata originally prepared were reduced to 17. The last of these, for some time simply called "Schema 17" and later known as "Schema 13," was entitled "The Efficacious Presence of the Church in the World." The schema was entrusted to a mixed commission composed of members from the Doctrinal Commission and the Commission on the Apostolate of the Laity. The mixed commission met in Rome the following month. According to Bishop McGrath, the mixed commission was presented with the task of coordinating four schemata originally prepared by the Doctrinal Commission, namely, "On the Moral Order," "On Marriage and the Family," "On the Social Order" and "On the Community of Nations"; two schemata originally prepared by the Commission on the Discipline of the Clergy and Christian People, namely, "On the Care of Souls" and "On Communism"; and one schema originally prepared by the Commission on the Apostolate of the Laity, namely, "On the Apostolate of the Laity."». 3 V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, p. 185: «Many factors, nonetheless, combine to make this Constitution the most unique of all conciliar documents. First of all, it is the longest, consisting of 23,335 words. Secondly, it is specifically addressed to all men of good will and thus is not simply a "Catholic" document. It represents the first time the Catholic Church in a Council has undertaken to address itself to the searing practical problems of the world. Finally, it is entitled a "pastoral" constitution both to distinguish it from a dogmatic constitution and to reveal the Church's heightened concern with the real problems facing mankind today. The Constitution was an experience for both the Church and the world. It might well be judged by future historians as a high-water mark in ecclesiastical history because of its unique conciliar endeavor to build a bridge between the sanc tuary of religion and the marketplace of the world». 4 J. Grootaers, De Vatican II a Jean Paul II , Paris 1981, p. 43: «Dans l'histoire du Schéma XIII durant le Concile lui-même, on observe un mouvement de balancier entre une vision théologique de la relation Eglise-Monde et une approche plus sociologique de cette relation. L'avant-projet de Rome (mai l963) et le schéma de Zürich (mai 1964) accusent une nette prédominance «sociale» tandis que l'avant-projet de Malines (septembre l963) et le schéma d'Ariccia (mai 1965) visent, chacun à sa manière, à rétablir un équilibre théologique «». «Le lecteur trouvera une description analogue d'une polarité entre tendances «pastorales» et «doctrinales» dans un article qui fut rédigé par l'un des rédacteurs principaux du texte de Züriche, le père Dingemans et publié dans la «Revue nouvelle», 40 (1964), 159-173. 5 B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception , in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II, Indiana USA 1985, p. 31: «My task is to tell how Gaudium et Spes came to be, what it tried to do and what it has achieved; in sum Gaudium et Spes, yesterday and today. Under the direction of Cardinal Garrone, and in collaboration with Monsignor Pierre Haubtmann, principal editor of the Pastoral Constitution on the Church in the Modern World, I was closely associated with the formulation of that conciliar document, especially in the decisive period of the last session in 1965. One more reading of the passages, once my joy and torment, raised many questions, when I sought to think of the document as a living force in our culture. To avoid being overwhelmed, I decided to try to 21 ordine cristiano' nell'ambito di una 'lotta contro la secolarizzazione'... Sarà -forse- questa soluzione di un 'ordine cristiano' aggiornato ed adattato al 'mondo moderno' la proposta specifica del testo conciliare riguardo all'articolazione tra il tessuto sociologico 'moderno' e quello del contesto cristiano per quanto teologicamente formulato? Nella stesura di Zurigo dello 'schema XIII', affiora il desiderio di intraprendere una indagine sui 'segni dei tempi' 1. Ecco che si delinea una volontà di impostare la tematica dei rapporti tra Chiesa ed umanità sulla base di una inchiesta o forse più impegnativamente- sulla base di un discernimento ispirato ad una conoscenza concreta del cammino del mondo odierno. Invece, nella revisione di Ariccia, si inizia con una lunga introduzione sul 'mondo moderno' partendo dalla quale si tenta un riassunto 'antropologico' per arrivare finalmente alle posizioni ecclesiali sulle tante complesse vicende umane 2. Nel 1964, Mons. Wojtyla propone un testo sostitutivo completo dello schema XIII, elaborato a Cracovia 3. Il sapore ecclesiocentrico, più che l'intento di un tentativo di rendersi disponibile all'ascolto delle attese della convivenza odierna -riscontrabile nel progetto- salta subito agli occhi 4. La 'sfida select from the range of problems that assailed the authors of Gaudium et Spes a few issues of commanding eminence in their day that are still with us. The questions are: Shall we maintain the old Christian order or shall we build a new one? How shall we react to the secularization of the world? What is to become of man amidst the turmoil of our changing world? How can we help man build the world community in peace? How shall we evangelize today? Each of these queries may be considered as the center of a constellation of questions that foreshadow some new order dimly taking shape in the minds of men. I shall deal with the five central questions but not with the constellations. It will not be possible to treat or even enumerate proposed answers and solutions as well as their likely consequences. The subject matter is enormous and we are fully engaged with it. We conceived and created Gaudium et Spes yesterday; we continue to do so today». 1 J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 44: «Le schéma qui lui succéda à Zürich, en janvier l964, bénéficia notamment de l'impulsion du père Haering et de Mgr Guano. Les auteurs voulaient partir des plus significatifs parmi les «signes du temps», pour valoriser dans une perspective assez optimiste la vocation de l'homme. La partie principale du schéma comprenait quatre chapitres sur l'engagement du Chrétien dans le monde et cinq annexes (appelées d'ailleurs officiellement adnexa) qui reprenaient de grandes parties du texte de Rome concernant l'homme, la famille, la culture, la vie sociale et la solidarité des peuples. Ce projet fut adopté en juillet 1964 et discuté au Concile à partir du 20 octobre suivant». V. A. Yzermans, Historical Introduction, Pastoral Constitution on the Church in the modern World, in idem, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 190: «From January 31 to February 6 the enlarged steering committee worked on the revised 2 text in Ariccia, near Rome. It enlisted the aid of 21 other Council Fathers, 39 experts, and 20 laymen and laywomen. Bishop McGrath has called this meeting "a breakthrough" because "the presence of laymen, most of them specifically competent in one or other area touched upon by the schema, was most comforting. During this meeting Archbishop Gabriel Garrone of Toulouse, France, who was charged with the entire doctrinal section of the schema, emerged as a leading figure. From the discussions at this meeting and under the leadership of Archbishop Garrone, a new ordering of the chapters in the schema was introduced. "The most striking difference between the texts of Ariccia and Zurich," wrote the Reverend R. A. Sigmond, O.P., "was demonstrated in the attitude of the first part: the next text began with a long introduction on the modern world; it then sought to develop a Christian anthropology; only thirdly did it outline the position of the Church in relation to the world."»; etiam in Rulla – Imoda – Ridick, Anthropology of the Christian Vocation, in R. Latourelle (ed.), Vatican II: Assessment and Perspectives, New York 1989, pp. 402-403. 3 J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 160: «L'action menée en 1964 par Mgr Wojtyla, qui était devenu au début de cette année-là archevêque de Cracovie, a été d'une particulière importance à la fois dans le travail de commission relatif au Schéma XIII et dans la discussion générale de ce projet 1. A la fin de mai 1964, Mgr Wojtyla soumit à l'attention de la présidence du Concile un texte complet de substitution au Schéma XlII, texte qui fut appelé plus tard «la proposition des évêques polonais». Il s'agissait d'un texte qui avait été rédigé à Cracovie sous la direction de Mgr Wojtyla, avec la collaboration de Mgr Kominek et d'un groupe de prêtres et de laïcs. A la suite de cette initiative, Mgr Wojtyla fut invité à participer désormais au travail en commission 2». (1 La chronologie des interventions de Mgr Wojtyla au sujet du Schéma XIII peut se résumer comme suit: 1) texte de remplacement des évêques polonais (mai 1964); 2) nomination de Wojtyla comme membre du groupe de travail «Signes des temps» (septembre 1964); 3) discours en assemnblée plenière (21 octobre 1964); 4) nomination de Wojtyla à la sous-cormmission centrale (17 novembre 1964); 5) participation aux travaux de la session speciale (élargie aux experts de la sous-commission centrale) à Ariccia (31 janvier - 6 février 1965) et plus spécialement à ceux de la sous-commission doctrinale; 6) discours en assemblée plénière (28 septembre 1965); 7) collaboration à la «Commissio Mixta» plénière et à la V1 sous-commission (automne 1965); 8) observations faites par écrit concernant le Schéma Xlll (e.a. en octobre 1965). / 2 Ch. Moeller, L'élaboration du Schéma Xlll , Casterman, 1968, pp. 89 et 93-94; F. Houtart, Par-delà le Schéma Xlll, (pro manuscripto) p. 39 bis; P. Haubtmann, L'activité de l'homme et la mission de l'Eglise, in AA. VV., La nouvelle image de l'Eglise. Bilan du Concile Vatican lI (s. dir. B. Lambert), Paris, 1967, pp. 476-498; D. Seeber, Das zweite Vaticanum - Konzil des Übergangs, Freiburg, Herder, 1966, p. 413; R. Tucci, Introduction historique et doctrinale à la Constitution pastorale , in AA. VV., L'Eglise dans le monde de ce temps, t. II (Unam Sanctam 65 b), Paris, 1967, pp. 33-127; A. Wenger, Vatican II: Chronique de la quatrième session, Paris, Centurion, 1966, pp. 514 (Wenger IV).) J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 161: «L'une des idées maItresses du Schéma XIII polonais s'énonçait comme suit: la présence de l'Eglise ne repose pas seulement sur la volonté de Dieu, mais aussi sur celle des hommes qui manifestent dans la liberté leur adhésion à l'Eglise.Ce projet polonais examinait successivement: 1) les fondements de la présence de l'Eglise dans le monde; 2) les objectifs 4 22 comunista' occupa gran parte dell'attenzione e porrà la sua ipoteca sui lavori ulteriori, anche se il testo stesso non poté essere integrato sostitutivamente come pezzo operativo della discussione sullo schema XIII 1. Malgrado questi svariati influssi tangenziali, l'interesse 'antropologico' si mantiene o viene regolarmente richiamato nel corso della maturazione conciliare del testo. Non viene superata l'idea di elaborare certi 'principi' per una 'antropologia cristiana'. In funzione di vari contesti ecclesiali, si trovano affermazioni che ―una antropologia teologica è stata data alla Chiesa da Cristo stesso‖ (interpretando la visione ufficiale della nostra Chiesa) 2. Anzi, sulla scia del de l'Eglise dans le monde; 3) la mission principale de l'Eglise; 4) les moyens de remplir cette mission dans le monde contemporain, à savoir le témoignage de la foi, la vie chrétienne individuelle, les associations, les relations avec les non-chrétiens et les rapports avec la société civile. Ce texte de substitution ne put plus être pris en considération comme un tout parce que le schéma dit «de Zurich» avait déjà été inscrit par la Commission de coordination à l'ordre du jour du Concile 1. Il fut en tout cas joint aux documents d'Ariccia (juin 1965): il ne fut pas, dès lors sans influence sur la nouvelle version du Schéma XIII». (1 Ph. Delhaye, Histoire des textes, in AA. VV., L'Eglise dans le monde de ce temps (Unam Sanctam 65 A), Paris, Cerf 1961, t. 1, p. 254. En outre l'auteur remarque: «Mais certains éléments de ce document furent retenus en raison des précisions qu'il apportait sur les relations de l'Eglise avec une société civile officiellement athée et communiste» (n. 4).) 1 J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, op. cit., pp. 162-163: «Au début de la III° session (septembre 1964) Mgr Wojtyla fut invité à participer au groupe de travail spécial «Signes des temps» qui venait d'être créé. Ce groupe etait destiné à préparer la partie introductive du Schéma XIII qui contiendrait un aperçu des grandes mutations caractéristiques de la situation mondiale actuelle. Le travail du groupe fut réparti selon la pluralité «des mondes» contemporains. C'est ainsi que le «monde communiste» eut son tour et que Mgr Wojtyla eut l'occasion de décrire la situation de son Église en vue du Schéma XIII. Sous le titre «Remarques prealables» il souligna: 1) que le «monde communiste» ressemble sous certains aspects à d' «autres mondes», par exemple par l'influence de la technique; 2) que le communisme est présent également en dehors des frontières de son propre «monde»; 3) que le «monde communiste» se caractérise par une limitation de la liberté personnelle et de la liberté sociale; 4) que le «monde communiste» adhère à l'athéisme; 5) que le Schéma XIII est d'une exceptionnelle importance pour tous ceux qui vivent en «monde communiste»; le Schéma veut entamer un dialogue avec le monde contemporain; or les communistes sont aussi partie prenante dans ce dialogue et peut-être sont-ils les partenaires les plus difflciles; mais ils sont captivés par lui et surtout par ce que l'Église a à dire sur son rapport avec le monde; pour nous, conclut Mgr Wojtyla, ce Schéma est plus important que beaucoup d'autres textes 1». (1 Déjà en 1964 K. Wojtyla développa une vision prophétique au sujet de l'evolution du monde communiste. La citation suivante extraite du compte rendu en français du groupe de travail spécial en fait foi: «Le communisme ne nie pas l'homme, mais lui refuse en fait l'exercice de ses fonctions personnelles. C'est la contradiction fondamentale. Il existe maintenant dans le "monde" communiste une tension ressentie entre la situation et ce "monde" et un appel a des valeurs supérieures. Nous devons donc par nos orientations entrer dans cette faille.) 2 Cfr la posizione ancora affermata anche se in un contesto di promozione femminile assai marcato in ambito della Chiesa, in M. A. O‘Neill, The Marian Principle: Women in the Catholic Church, in CHURCH LEADERSHIP ROLES FOR WOMEN, Creating a Home, Silver Spring, Maryland, 1996, p. 34: «CHRISTIAN ANTHROPOLOGY Pope John Paul II believes and teaches that the church has been given a theological anthropology by Christ himself, and that this theological anthropology undergirds the fundamental constitution of the church.(1) In it, the principle of the fundamental equality between women and men is always linked to the principle of complementarity. That is, women and men are equal but different from each other in such a way that their respective roles in nature and in the church are not interchangeable. The theological grounding for this anthropology of a complementary equality between the sexes is found in an interpretation of the creation stories of Genesis, an interpretation originally developed by Pope John Paul II in a long series of Wednesday audiences on "The Theology of the Body." That theology was accepted by the American Bishops in each of four successive drafts of their attempted pastoral letter on women in church and society and finally in the pastoral reflection, Strengthening the Bonds of Peace. John Paul II has expressed it this way: -Both man and woman are created in the image of the personhood of God, with inalienable personal dignity and in complementarity - one with the other. Whatever violates the complementarity of women and men, whatever impedes the true communion of persons according to the complementarity of the sexes offends the dignity of both women and men.(2) This is very significant theologically, for it means that the bishops in union with the pope have adopted a theological anthropology that connects equality with complementarity, not with similarity or with a "common humanity."(3) John Paul II holds that it is only beginning from this basis, namely, "that the human being should always and only exist as a woman or a man," that the whole church will be able to understand "the greatness and the dignity and vocation of women" and be able to speak "of their active presence in the church and in society. (4)». ((1) Pope John Paul II, Christifideles Laici, n.51. / (2) Ibid.,n.57. / (3) Pope John Paul II, Sunday Angelus, September 3, 1995, English translation in Origins, Vol. 25: No. 13 (September 14, 1995), 204. (4) Rose of Lima McDermott, SSJ, "Women in the New Code," The Way Supplement 50 (1984), 27. See also Lucy Vazquez, OP, "The Position of Women According to the Code," The Jurist 34 (1974), 128-142 and McDermott, The Legal Condition of Woman in the Church: Shifting Policies and Norms (Washington, DC), Z 1-155.); Eppure questo contesto era già superato nella prospettiva postconciliare, in A. Joos, Les incertitudes des infaillibilités, in «Nicolaus», 1992 n° 1-2, pp. 154-155: «Certains proposent d'étendre le terrain du magistère à des questions d'intérêt de toute l'humanité au niveau des options éthiques majeures (dans le sens, par exemple des 'droits de l'homme'?) (1). Les esprits les plus susceptibles penseront que l'on va, par ce biais, "récupérer en bénissant et en intégrant dans la stratégie magistérielle" ce que les chrétiens n'ont pas su prophétiquement valoriser dans le passé. On parlera même de «vulnérabilité idéologique» de l'Eglise concernant les questions d'éthique sociale et politique (2). D'autres se demanderont pourquoi dogmatiser en principes immuables (du point de vue ecclésial) des critères issus de la prise de conscience humaine sur sa propre destinée et sur la manière de résoudre ses propres confrontations de vie. N'est-ce pas précisément cela qu'offre l'intuition conciliaire de Vatican II: la valeur en tant que telle du cheminement humain (CVII/GS 34), la perspective ambigüe mais ouverte à l'espérance de l'histoire humaine (CVII/GS 37), la nécessité d'une insertion chrétienne de qualité 'pasquale' et 'eschatologique' (CVII/GS 38-39) tout en reconnaissant que l'engagement sincère au service de l'humanité inclut déjà une préfiguration du monde nouveau (CVII/GS 39). Mais, le respect envers 23 pensiero di Newman (sullo sviluppo della dottrina cristiana), si propone di adombrare una 'antropologia cristiana' non nella separazione di due 'ordini' (naturale e sopranaturale) ma in un tentativo di 'sintesi' (interventi dell'arc. L. Shehan al concilio Vaticano II) 1. La sintesi non dovrebbe -certo- essere un compromesso, ma neanche l'imposizione di un 'principio universalmente coercitivo'... Tutta la difficoltà dell'inserimento antropologico della Costituzione si trova forse a questo livello: lo statuto mentale, il metodo, gli effetti di una 'sintesi'. Ecco dove può subentrare una perplessità sulla dicitura 'antropologia cristiana'. Non sorprenderà, dunque, di veder esprimersi l'interrogativo iniziale posto dalla meditazione 'a posteriori' o retroattiva sul documento ―Gaudium et spes‖: quello cioè dell'"ordine cristiano" 2. E rimane così aperto il quesito di specificare concretamente le 'due categorie dell'azione di Dio' che devono coesistere fino l'humain comme humain -dans sa dimension historique- apparaît encore mieux dans un texte post-conciliaire qui affirme: «l'enseignement de l'Eglise ne sert pas à authentifier une structure donnée ou à proposer un modèle préfabriqué» (3). La grande contribution de ce texte semble être précisément l'abandon d'une vision anthropologique verrouillée en des 'principes naturels pré-établis et intouchables' et l'ouverture à une compréhension "historique" fondamentale de l'expérience humaine (4). Cette perspective est particulièrement courageuse si l'on sait combien le scénario 'historique' dévoile les incertitudes de l'aventure ecclésiale (5). Certes, toutes les déclarations ecclésiales ne sont pas convergentes sur ce point (6). Quoi qu'il en soit, nous en sommes donc à nouveau reconduit vers la problématique des évaluations du savoir (source d'action et de réflexion humaines)». ((1) Cfr F. Böckle, Le magistère de l'Eglise en matière morale , in «Revue théologique de Louvain», 1988 n1 19, p. 18. / (2) Cfr I. Fetscher, Certitude, vérité et autorité doctrinale, in «Concilium», 1973 n° 83, p. 58. / (3) Paul VI, Lettre au cardinal Roy: ―Octogesima adveniens », in AAS 1971, p. 431, n1 42. / (4) S. Cavallotto, La Gaudium et spes: conferme e prospettive, in N. Galantino, Il concilio venti anni dopo, Roma 1986, vol. 3, p. 140. / (5) Cfr E. Schillebeeckx, Le problème de l'infaillibilité ministérielle, in «Concilium», 1973 n° 83, p. 85. / (6) P. Hégy, L'autorité dans le catholicisme contemporain , Paris 1975, pp. 251-252.) 1 V. A. Yzermans, Historical Introduction, Pastoral Constitution on the Church in the modern World , in idem, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 197-198: «The Archbishop of Baltimore also submitted a written observation concerning the style and the method of the schema. He felt that the drafters of the text, although striving to reject an undue separation between the natural and supernatural orders, had not completely succeeded. "Such a separation of these two orders," he wrote, "can be best avoided by a presentation of the facts and truths of both orders in what is called a synthesis". In the final session the newly created Archbishop of Baltimore spelled out in detail the nature of the synthesis he advocated. Speaking on September 23, 1964, during the 134th co ngregation, he explained his reason for advocating a Christian synthesis in these words: The matter treated in these chapters offers an opportunity to adumbrate a truly Christian anthropology, accommodated to the progress of the teaching of the Church for these times. For the truths and deeds of the natural and supernatural orders consider one and the same thing, namely man in the real and concrete realm, and they find in him the proper principle of unity or synthesis. For man, existing in the real and concrete order, can be taken as foLlows: 1) as an individual, one and unique among others, from whom he is inwardly distinct; 2) as a spiritual person: on the one hand he is capable of infinite reality by reason of his intelligence and love, and, on the other hand, he is capable of the communion of the community with other persons by reason of that same intelligence and love; 3) as a son of God , to whom God Himself has given power to enter into a comrnunion of community with the Blessed Trinity. Since these three orders, essentially different from each other, are found in the one individual person of the man who is redeemed or capable of redemption, they manifest in the concrete and real order a deep unity of these orders and make a synthesis possible. But these orders are in contact with reality and the concrete existing order only within a union interiorly contracted. And so, man is a member of the human race because he is an individuai; of the human commumity because he is a person; and a member of the Church united with Christ because he is a redeemed person. Archbishop Shehan concluded by answering the fears of those who might feel that such a synthesis would be contrary to the traditional teaching of the Church. He distinguished between compromise and synthesis in these words: There should not be any fear of a realistic and strong synthesis in the rnatter of this schema. Rather we must expect a progress in doctrine brought on by a change in circumstances and the rise of new problems. A synthesis is totally different from a compromise. The solutions in a compromise are reached by mutual concessions. However, the solutions of a synthesis seek truths by completing those things which actually complement one another. This method, namely synthesis, is prominent in this Most Holy Synod from the very beginning in its renewal of the Church in its life, teaching, and institutions. Therefore, the Church faithfully fulfills its mission in searching after a sy nthesis». 2 B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception , in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II, New York 1967, p. 32: «A general definition of a Christian order is that it is the social expression of the Gospel. In a cursory summary of Church history, one may say that first there was a broad period of Christian order which began in apostolic times. Beginning with the Emperor Constantine there was a second Christian order which had many avatars during fifteen centuries. This papacy-empire, church-state order was frontally attacked in the 1700s, especially by the French Revolution, and underwent a time of gradual erosion and total rejection until Vatican II. Now we are at the beginning of a new stage. During its first three centuries the Church thought of itself as Noah's ark, the ark of salvation. History was the deluge and the Church had to protect the elect. The Lord was soon to come and the ark, the Church, would finally cast anchor on the shores of eschatology. This frame of mind persisted until the days of the Emperor Constantine and the cont emporary Pope, Sylvester I. Constantine decidedly had no intention of bringing history to a halt when with the cross that appeared in the heavens were the words: "In this sign you will conquer." For his part Pope Sylvester had come to think that the triumph of Christ necessar ily implied neither an uninterrupted succession of persecutions and deaths nor the annihilation of Rome, the great Babylon. Did not Con stantine in effect offer the conversion of Rome with his conversion?». 24 all'escatologia: ossia creazione e redenzione 1. I 'due ordini' potrebbero rendere troppo estranee l'una all'altra le complementarie iniziative umana e cristiana. Un 'nuovo ordine complessivo' potrebbe rendere troppo totalitario, sotto l'egida cristiana, ogni iniziativa che si possa portare a termine. La questione, postasi a questo punto, si incentra sull'"uno" o sui "due" (riguardo ad eventuali 'ordini'). Ma va proprio mantenuta la dicitura e la tipologia di "ordine"?? Ecco dove la flessibilità molto più sfumata dell'approccio antropologico partendo dai linguaggi vivi e non da strutturazioni stabilite ci potrà essere d'aiuto. Parlando del cambiamento radicale che il concilio Vaticano II ha introdotto nella praxis e nella coscienza ecclesiali, ciò che maggiormente risalta nei commenti è la novità di 'metodo' 2. Questa 'novità' non sarebbe altra che la memoria rivivificata della metodologia di Gesù, ribadita come 'via di misericordia' dal richiamo di papa Giovanni XXIII: andare ovunque e sempre in cerca dei 'segni dei tempi' 3. Si deve tentare di entrare in dialogo con il mondo contemporaneo, dalla sua consistenza umana, partendo dalla comprensione dell‘umanità di oggi 4. Paolo VI preciserà la prospettiva: non si tratta più di dominare il mondo ma di servirlo, animati -spesso- da un senso di ammirazione per esso 5. L'atteggiamento della Chiesa nostra non è stato univoco su questo punto 1 B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception, in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II, New York 1967, p. 33: «The question remains: If we cannot sustain the old order, toward what kind of new order shall we direct ourselves? This major question, surprisingly, issued from the labors prescribed by the third chapter of the first part of Gaudium et Spes. The phrasing of the text is detached and untroubled, without references likely to rouse passions or provoke infinite discussions. New things are presented almost as matter-of-fact. There is no looking for any modern Constantine. In it the Church says simply: Here then is man and it is with the humanum that we are going to forge an alliance. In this statement there is no looking on the temporal order as simply a support to the spiritual order; on the contrary, the Church fully acknowledges the autonomy of earthly affairs. Nor is there finally any question of saying: Creation has its value but let us bestir ourselves to absorb it into the realm of eternity. Gaudium et Spes declared: Creation and redemption are two categories of God's action which are to coexist to the very end and will achieve perfect coincidence only in eschatology». G. G. Higgins, Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 263-264: «Thus to contrast Gaudium et Spes with the Syllabus of Errors as dramatic 2 symbols of their respective eras in the modern history of the Church, is not to make light of the problems which bedeviled the reign of Pius IX and ultimately prompted him, with his back to the wall, to fulminate against the world of 1864 in the latter document, nor is it to ignore the providential changes which made it not only possible, but absolutely necessary for Vatican II to take a much more conciliatory approach in the former document a century later. Whatever of that, it is fair to say, in the words of Ernesto Balducci, that, with Pop e John's opening address at the Council, a whole era of the history of the Church is solemnly ... declared closed, and that from that moment the Church has achieved a new consciousness of herself. The Conciliar assembly, receiving such a peremptory warning (against undue severity in its judgment of the contemporary world), far from feeling dismay, rejoiced to hear itself thus freed from a fear complex, and from perplexiti es concerning possible schemes for the future... The voice of her Head ... brought to the light of day her unconscious intuitions and turned the inarticulate depths of her aspirations into an explicit idea. And in this way there began to take shape, in the most fitting place and manner, a new era of Christianity, which we might call the ecumenical era». CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes», Civitas vaticana 1965, n° 4; G. G. Higgins, Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 264: «Father Balducci, who is one of Pope John's more perceptive biographers, is using the word 3 ecumenical here, not in the limited sense of Catholic-Protestant relations, but in the much broader sense of a continuing and completely openended dialogue between the Church and the contemporary world. Balducci's emphasis on the crucial importance of Pope John's keynote address at the opening session of the Council is well taken, but, as he himself has pointed out, too little attention has been paid thus far to John's Apostolic Constitution, Humanae Salutis, which antedated the Council by almost a year. It was in this earlier document that John not only formally convoked the Council, but quite explicitly noted that, in his judgment, it should proceed according to the methodology recommended to the Church by Christ Himself. "Indeed," he said, "we make ours the recommendation of Jesus that one should know how to distinguish the 'signs of the times' (Mt. 16:4), and we seem to see now, in the midst of so much darkness, a few indications which augur well for the fate of the Church and of humanity». Giovanni XXIII, Costituzione apostolica « Humanae salutis » (25 dicembre 1961), Civitas Vaticana 1961, n° 6; Giovanni XXIII, Discorso di apertura del Concilio Vaticano II ―Gaudet Mater Ecclesia‖ (11 ottobre 1962), in «Acta Apostolicae Sedis» 1962 n° 54, pp. 786-796. 5 H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, p. 174: «"Cela 4 signifie, vénérables frères, que ce Concile se caractérise par l'amour, l'amour très large et pressant, l'amour qui pense aux autres avant de penser à soi, l'amour universel du Christ... Que le monde le sache l'Eglise le regarde avec une profonde compréhension, avec une admiration vraie, sincèrement disposée non à le subjuguer, mais à le servir; non à le déprécier, mais à accroître sa dignité; non à le condamner, mais à le soutenir et à le sauver 1". Par ces derniers mots, Paul VI a mis en lumière l'un des caractères principaux de Gaudium et Spes, ce texte représente de la part du Concile une prise de conscience; le temps n'est plus où l'Église pouvait dominer le monde. On peut regretter l'abandon dans la rédaction definitive d'un passage significatif des rédactions antérieures l'Eglise «ne met plus aucun espoir dans les privilèges que lui assurent les autorités civiles», en se contentant de dire: «Aucune ambition terrestre ne pousse l'Église» (GS, nE 3). Mais 25 (ma neanche quella delle altre Chiese cristiane). Non esiste un consenso acquisito su questo discernimento. Anzi, bisognerà mettersi 'in cerca' ed 'in ricerca', o cioè intraprendere la necessaria indagine sui processi di convivenza e di esperienza umane in seno ai quali la Chiesa offre il suo Messaggio di speranza 1. Certi osservatori cristiani hanno affermato che questo documento non poteva essere valutato 'confessionalmente', proprio per il suo carattere di comune inchiesta informativa sulla dinamica del 'mondo attuale' 2. Si è detto che questo 'metodo' diverso e persino la 'Weltanschauung' nella quale si intreccia il tessuto del Vaticano II consiste nel superamento dell'etnocentrismo, con la sua inevitabile tonalità aggressiva riguardo al linguaggio di 'vittoria' che proferisce 3. Dalla fase preparatoria del concilio, che non aveva previsto questo documento 4, si arriva addirittura ad uno schema con tessitura metodologica fondamentalmente dissimile alla consuetudine della elaborazione ecclesiastica: un metodo -cioè- di analisi empirica dell'esperienza 5. Eppure, questa analisi non intendeva rimanere chiusa nelle ristrettezze 'sociologiche' recenti l'ensemble du texte corrobore l'intention exprimée par Paul Vl: l'Eglise est disposée, non à subjuguer le monde -- et l'Eglise se détache ainsi de l'ère constantinienne, non seulement parce qu'elle est terminée dans de nombreuses parties du monde occidental, mais surtout parce qu'elle représentait une déviation par rapport à l'Evangile -- mais à le servir -- ce qui signifie aussi l'abandon d'une attitude nostalgique, replée sur elle-même, d'une Eglise dépassée par le monde moderne». (1 «La documentation catholique», 1963 nº 60, col. 1357 et 1359.) 1 H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, pp. 174-175: «Comment décrire cette attitude nouvelle de l'Eglise, son rôle dans le monde, ses relations avec lui? Tel est le but poursuivi par le Concile. Or, remarquons-le, le Concile ne peut s'appuyer sur une tradition continue et vivante; il lui faut s'engager dans une recherche : certes des théologiens et des hommes d'action ont dejà mené cette recherche, mais à titre de pionniers; souvent incompris ou contredits, ils ne peuvent espérer faire accepter leur pensée dans le temps relativement bref des sessions conciliaires. La Constitution revêtira souvent un caractère inachevé, insuffisant, car elle doit rassembler autour d'elle une immense majorité de votes favorables 1. Si tout texte «conciliaire» est plus ou moins un texte de «conciliation», celui-ci l'est plus particulièrement. Remarquons d'ailleurs que les Eglises protestantes se trouvent dans une situation à bien des égards comparable. Les relations entre l'Eglise et le monde de ce temps sont, certes, I'objet de nombreuses recherches théologiques et pratiques; mais celles-ci reflètent une grande diversité de tendances et les confrontations entre ces orientations n'ont pu aboutir à un consensus suffisant pour jalonner une route commune. Car pas plus que l'Eglise catholique, les Eglises protestantes ne peuvent s'appuyer sur une tradition ferme ou sur un accord actuel». (1 Le vote d'ensemble du 6 décembre 1965 donne, sur 2.377 votants, 2.111 placet, 251 non placet et 11 bulletins nuls.) 2 H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, p. 175: «Aussi, comme l'a noté très justement le Pr. G. A. Lindbeck 1, le théologien protestant ne peut donner du texte de Gaudium et Spes une interprétation ou une critique confessionnelle, il doit s'engager en son nom personnel dans cette entreprise, et concevoir sa tâche comme une participation à une recherche commune dont le texte conciliaire est un élément important; il doit envisager cette Constitution dans le dynamisme d'une pensée ecclésiale à laquelle elle a donné droit de cité dans l'Eglise catholique. Cependant une étude comme la nôtre, limitée à la première partie, peut prendre un tour plus dogmatique, dans la mesure où celle ci pose les bases de la perspective conciliaire, sans s'attaquer aux questions «graves et urgentes» qu'aborde la seconde partie. Ici inspiration catholique et inspiration protestante sont plus directement en dialogue». (1 Le dialogue est ouvert; le Concile vu par les observateurs luthériens , 1965, Ed. Delachaux et Niestlé, p. 224.) 3 E. Chiavacci, La Gaudium et spes e la Zwiespaltichkeit conciliare , in N. Galantino, Il concilio vent'anni dopo, Roma 1986, vol. 3, p. 46: «Direi che questa differenza di Weltanschauung tra il Tridentino e il Vaticano II è quello che sta dietro a tutto il mio testo, anche se non è scritto esplicitamente. A integrazione di quanto si è detto fin qui, si pensi agli sviluppi avuti dall'antropologia culturale negli ultimi sessant'anni: da una visione rigidamente etnocentrica, per cui anche la regalità di Cristo era vista come trionfo, in sostanza, della cultura occidentale, si è passati ad una visione -- oggi riconosciuta del tutto legittima e doverosa -- che ha registrato la fine della supremazia di una cultura su un'altra e, quindi, una relativizzazione delle culture, che credo oggi sia l'unica posizione sostenibile. Ho adoperato apposta la parola relativizzazione di ogni cultura e non relativismo. Il relativismo culturale porta alla nullificazione di ogni criterio di valore, e cioè di qualsiasi metro su cui giudicare una cultura. Relativizzazione, invece, vuol dire presupporre un metro con cui misurare una cultura, altrimenti come si fa a dire che essa è relativa, che è insufficiente? Questa relativizzazione di ogni cultura, compresa la nostra, è un passo importante che fa dire addirittura al Concilio che la Chiesa si arricchisce a contatto con le varie culture, e trova in questo i motivi per com prendere meglio il suo messaggio». 4 G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale, Roma 1981, p. 13: «La fase preparatoria non aveva previsto questo documento, anche se Giovanni XXIII, indicendo il Concilio, aveva parlato della necessità di «dare alla Chiesa la possibilità di contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi del l'età moderna» 1 e i Padri conciliari nel messaggio al mondo, in apertura dei lavori, avevano affermato: «Qui riuniti da ogni nazione che esiste sotto il cielo, portiamo nei nostri cuori le ansie di tutti i popoli a noi affidati, le angustie dell'anima e del corpo, i dolori, i desideri, le speranze» 2 ». (1 Costituzione apostolica «Humanae salutis» (25 dic.1961), in «La civiltà cattolica», a. 113 (1962) I, q. 2678, p. 175. / 2 «La civiltà cattolica», a. 113 (1962) IV, q. 2697, p. 283.) 5 G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale, Roma 1981, pp. 13-14: «Fin dall'inizio dei lunghi dibattiti era emersa la difficoltà di una metodologia adeguata nell'affrontare tali problemi, in parte nuovi per la teologia, e di un linguaggio non equivoco nell'esprimere, in forma a tutti comprensibile, il pensiero della Chiesa. Il Concilio, senza rinunciare alla consueta elaborazione teologica e senza porre in secondo piano 26 della cosidetta 'sociologia della religione' 1. Non si riesce ad entrare nella ricerca antropologica se non si fa una 'ricerca sul terreno', o cioè una inchiesta o una indagine. La metodologia sembra assai riconosciuta... «Gaudium et spes», nella sua particolarità di stile e di prospettiva, non sembra accantonare questa dinamica dell'approccio antropologico. Il modo di esprimersi si riallaccia a quella insistenza del concilio Vaticano II di non usare 'le armi della severità'! Ma, dietro a questa esortazione più volte ribadita nelle fasi di elaborazione del testo si può anche percepire l'implicita assimilazione del metodo ambientale umano di trattare delle vicende della convivenza odierna come volontà di guardare benevolmente alle 'metodologie' più recenti. La 'severità' farebbe -forseparte non soltanto di un malinteso sulla pedagogia di Cristo, ma significherebbe -inoltre- ignorare e rifiutare una praxis di indagine ormai maturata nello studio interculturale contemporaneo delle vicende umane? Sarebbe questa l'implicazione del collegamento che si fa tra un certo 'etnocentrismo' e l'inevitabile sintesi che nella sua luce porta al riassunto mentale della 'vittoria' (qui sopra)? Come si imposta, nella «Gaudium et spes», quella indagine o quella inchiesta che sarebbe alla base di un approccio antropologico 'post-moderno'? Il testo si apre con due indirizzi-chiave: "nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore (dei discepoli di Cristo)" 2, e poi, "ai nostri giorni, l'umanità scossa da ammirazione per le sue scoperte e la sua il valore della salvezza come «dono di Dio», nella Gaudium et spes ha preferito partire da una analisi empirica della realtà, con la ricerca di valori inerenti ai fatti, alle strutture e alle situazioni di cui è intessuta la vita dell'uomo, le quali è compito della Chi esa accogliere, purificare, consolidare ed elevare 1. Il punto di partenza della riflessione conciliare fu il recupero del concetto di laicità della realtà umana, purificato dalla laicizzazione progressiva che esso aveva subìto soprattutto in occidente 2». (1 Cfr Lumen gentium, n° 13. / 2 Ricordiamo con Norberto Galli come i termini «cultura laica» e «stato laico» abbiano ostacolato il recupero di una sana laicità della realtà. Nel termine «cultura laica» sono confluite le correnti di pensiero razionalistico ed immanentistico, che avevano perno sulla ragione in contrapposizione alla religione rivelata. Il termine «stato laico» è sorto come contrapposizione alla Chiesa. «Laicità» ha assunto così il senso di «laicismo» o, nel migliore dei casi, di «mentalità». In ogni caso si affermava una separazione artificiale ed astratta tra società e religione, facendo della prima un assoluto e riducendo la seconda a un fatto privato, di spettanza domestica (Cfr Galli N., Educazione, laicità e libertà, in AA.VV., Laicità, problemi e prospettive, in «Vita e Pensiero», Milano, 1977, pp. 382-390).) 1 G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale , Roma 1981, pp. 16-17: «Dal canto suo la sociologia della religione, dopo i consistenti contributi offerti alla teologia dai suoi fondatori (Emile Durkheim e Max Weber), sembra essersi ripiegata principalmente «in descrizioni del declino delle istituzioni ecclesiastiche» 1, trascurando, secondo Thomas Luckmann, l'analisi della «base sociale -- non necessariamente istituzionale -- della religione in trasformazione nella società moderna» 2. A parte la tesi particolare del Luckmann, sulla quale avremo modo di ritornare, resta vero che oggi si impone una intesa fra teologia e sociologia, perche entrambe sono fattori del processo storico, nel quale la Chiesa si realizza». (1 «Esaminando le recenti pubblicazioni di sociologia della religione - scrive Luckmann - si trovano, invero, studi sempre più numerosi di sociologia parrocchiale, demografica delle chiese, statistiche relative alla partecipazione ad attività della chiesa, numerose analisi di movimenti settarii, alcune monografie su organizzazioni ecclesiastiche, nonché diversi studi sulle "credenze" religiose, basati sulle strategie del sondaggio d'opinione» (Luckmann Th., La religione invisibile, Il Mulino (Paperbacks), Bologna, 1969, p. 13). / 2 2 Ivi. p. 14.) CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes», Civitas vaticana 1965, pp. 681-682: «Prooemium / (De intime coniunctione Ecclesiae cum tota familia gentium) 1.1 GAUDIUM ET SPES, luctus et angor hominum huius temporis, pauperum praesertim et quorumvis afflictorum, gaudium sunt et spes, luctus et angor etiam Christi discipulorum, nihilque vere humanum invenitur, quod in corde eorum non resonet. Ipsorum enim communitas ex hominibus coalescit, qui, in Christo coadunati, a Spiritu Sancto diriguntur in sua ad Regnum Patris peregrinatione et nuntium salutis omnibus proponendum acceperunt. Quapropter ipsa cum genere humano eiusque historia se revera intime coniunctam experitur». (1 Constitutio Pastoralis «De Ecclesia in mundo huius temporis»duabus partibus constans, unum quid tamen efficit.»Pastoralis autem dicitur Constitutio ex eo quod, principiis doctrinalibus innixa, habitudinem Ecclesiae ad mundum et ad homines hodiernos exprimere intendit. Ideo nec in priori parte pastoralis deest intentio, nec vero in secunda intentio doctrinalis. In parte quidem priori, Ecclesia doctrinam suam evolvit de homine, de mundo in quem homo inseritur, et de habitudine sua ad ipsos. In secunda autem diversos aspectus hodiernae vitae et societatis humanae pressius considerat, et quidem speciatim quaestiones et problemata quae nostris temporibus hac in re urgentiora videntur. Unde.fit ut, in hac posteriori parte, materia, principiis doctrinalibus subiecta, non tantum elementis permanentibus, sed etiam contingentibus constet. Interpretanda est igitur Constitutio iuxta normas generales theologicae interpretationis, et quidem ratione habita, praesertim in secunda eius parte, adiunctorum mutabilium cum quibus res de quibus agitur natura sua connectuntur. ) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes», Roma 1965, pp. 611-612:»PROEMIO / Intima unione della Chiesa con l'intera famiglia umana 1.1 Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò si sente realmente ed intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia». (1 La costituzione pastorale «La Chiesa nel mondo contemporaneo consta di due parti, ma è un tutto unitario. Vien detta «pastora le»perché sulla base di principi dottrinali intende esporre l'atteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e agli uomini d'oggi. Pertanto, né alla 27 potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo..." 1. "Umanità, chi sei?" e "Umanità, dove vai?": ecco due interrogativi del tutto aperti e che potrebbero essere posti aldilà di ogni condizionamento mentale. Sono gli interrogativi della gente comune nella consapevolezza -sempre più esplicita- delle incognite del cammino umano. Notiamo, però, uno strano abbinamento di termini: scoperte e potenza... In esso si scorge ciò che potrebbe intendere il testo con quello che chiama l'elemento 'genuinamente umano' dell'esperienza odierna. Sarà questo l'apporto di 'modernità' che il concilio chiama 'attuale evoluzione' o 'mondo contemporaneo', senza confrontarsi esaurientemente con la dicitura di 'modernità'?? La qualifica di 'moderno' entra di striscio nel linguaggio del concilio. Si 'sente' il continuo rinvio ad esso senza che si espliciti la dicitura specifica. Sarà questo il segno di una incertezza o di una tranquilla convinzione sul perpetuarsi e sulla omni-presenza del 'moderno' nei nostri tempi? Purtroppo non si è quasi mai fatto menzione o tratto le implicazioni di questo approccio del concilio Vaticano II in quanto alla dinamica ecclesiale in ambito comunicativo e comunicazionale... Il periodo in cui Paolo VI (1963-1978) può essere a ragione definito ―pontificato alla ribalta‖, riguardo all‘importanza del ruolo dell‘informazione: figlio di un giornalista, egli nutre una stima per i professionisti dei media, nonché per le concezioni moderne e liberali al riguardo 2. I mass media entrano a pieno diritto nelle stanze del palazzo apostolico, dando conto quotidianamente della vita e dell‘opera del Papa e tutti gli atti del pontificato paolino raggiungono loro tramite tutti gli angoli del mondo 3. Di rilievo la decisione di riformare il servizio stampa vaticano, istituendo la Sala Stampa della Santa Sede allo scopo di promuovere quelle iniziative che rispondono alle esigenze dell‘informazione moderna. Tuttavia, si deve riconoscere che questa innovazione non produce gli effetti sperati: i reiterati «no comment» del portavoce vaticano, le frequenti smentite date a notizie da tutti ritenute fondate, l‘ufficialità estrema delle dichiarazioni, non attraggono l‘interesse dei giornalisti, che auspicavano un cambiamento della mentalità oltre prima parte manca l'intenzione pastorale, né alla seconda l'intenzione dottrinale. Nella prima parte, la Chiesa svolge la sua dottrina sull'uomo, sul mondo, nel guale l'uomo s'inserisce, e sui rapporti con queste realtà. Nella seconda, si prendono più strettamente in considerazione i vari aspetti della vita odierna o della società umana, specialmente le questioni o i problemi che, in materia, sembrano oggi più urgenti. Per cui, in questa seconda parte, la materia esaminata alla luce dei principi dottrinali non è tutta costituita da elementi immutabili ma contiene pure elementi contingenti. Perciò la Costituzione dovrà essere interpretata secondo le norme generali dell'interpretazione teologica ma tenendo conto inoltre, specie nella seconda parte, delle circostanze mutevoli cui sono intrinsecamente connesse le materie trattate. ) 1 CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes» , Civitas Vaticana 1965, p. 683:»(De ministerio homini praebendo). Nostris autem diebus, genus humanum, de propriis inventis propriaque potentia admiratione commotum, saepe tamen anxias agitat quaestiones de hodierna mundi evolutione, de loco et munere hominis in orbe universo, de sui individualis et collectivi conaminis sensu, denique de ultimo rerum hominumque fine. Quapropter Concilium, fidem universi populi Dei, a Christo congregati, testificans et exponens, ipsius coniunctionem, observantiam ac dilectionem erga totam hominum familiam, cui inseritur, eloquentius demonstrare non valet quam instituendo cum ea de variis illis problematibus colloquium, lumen afferendo ex Evangelio depromptum, atque humano generi salutares vires suppeditando, quas ipsa Ecclesia, Spiritu Sancto ducente, a Fundatore suo accipit. Hominis enim persona salvanda est humanaque societas instauranda. Homo igitur, et quidem unus ac totus, cum corpore et anima, corde et conscientia, mente et voluntate, totius nostrae explanationis cardo erit»; CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes», Roma 1965, pp. 612-613: «3. A servizio dell'uomo . Ai nostri giorni, I'umanità scossa da ammirazione per le sue scoperte e la sua potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, ed ancora sul fine ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il Popolo di Dio, riunito da Cristo, non può dare dimostrazione più eloquente della solidarietà, del rispetto e dell'amore di esso nei riguardi dell'intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare l'umana società. È l'uomo dunque, ma l'uomo integrale, nell'unità di corpo ed anima, di cuore e coscienza, di intelletto e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione». 2 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 60. 3 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 96. 28 che delle strutture vaticane 1. Durante il suo ministero pastorale viene promulgato il decreto conciliare Inter Mirifica 2. Con questo documento (che verrà analizzato nello specifico più avanti) si offre per la prima volta un quadro generale e quasi esaustivo delle problematiche inerenti tutti gli strumenti della comunicazione sociale e, quindi, si attua una decisa apertura della Chiesa al mondo contemporaneo. Subito dopo l‘approvazione del decreto, nel 1964, col motu proprio In fructibus multis, Paolo VI trasforma la Commissione Pontificia per Cinema, Radio e Televisione in Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, facendone una sezione della Segreteria di Stato (l‘organismo supremo della Santa Sede) e attribuendole, tra i vari compiti, quello di preparare una istruzione pastorale per l‘applicazione delle direttive del decreto 3. Nello stesso anno Paolo VI pubblica l‘enciclica programmatica del proprio pontificato Ecclesiam suam, con la quale invita la Chiesa a entrare in dialogo col mondo nella linea già aperta dalla ―Gaudium et spes‖ 4. È durante il suo pontificato che viene celebrata la prima edizione della Giornata mondiale per le Comunicazioni Sociali (1967), istituita per volere del concilio Vaticano II. Nel 1971, con la lettera apostolica Octogesima Adveniens, il Papa sottolinea «l'importanza crescente che assumono i mezzi di comunicazione sociale e il loro influsso sulla trasformazione della mentalità, delle cognizioni, delle organizzazioni e della società stessa» e, parlando dei responsabili della comunicazione, indica gli effetti del loro operato sulla verità delle informazioni, sui bisogni, sui valori, all‘interno di quella che si costituisce come «una nuova forma di civiltà: la società dell‘immagine» 5. Nell‘Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi del 1975, pubblicata a conclusione del Sinodo dei Vescovi sull‘evangelizzazione nel mondo contemporaneo, riconoscendo l‘importanza dai media in ordine proprio alla missione evangelizzatrice, il Papa rivolge a tutti gli operatori pastorali un accorato appello 6. Riguardo all‘opinione pubblica o alla piattaforma di ‗smistamento‘ dell‘opinione pubblica, si avranno altre considerazioni papali: come per esempio nell‘enciclica Redemptoris missio, del 7 dicembre 1990, laddove si afferma che «il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l‘umanità rendendola, come si suol dire, ―un villaggio globale‖» 7. Troviamo in Giovanni Paolo II la coscienza dell‘attuale configurazione della società contemporanea ed una chiara visione del ruolo dei media, con un passaggio da una prospettiva strumentale ad una prospettiva culturale. 1 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 62. 2 Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto ―Inter mirifica‖, 4 dicembre 1963, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn. 245-283. 3 Cfr Paolo VI, Motu proprio ―In fructibus multis‖, 2 aprile 1964, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 2, nn. 148-150. 4 Paolo VI, Lettera enciclica ―Ecclesiam suam‖, 6 agosto 1964, Città del Vaticano, nn. 44, 67, in in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 2, nn.181, 192:; «Essa [la Chiesa] non può rimanere immobile e indifferente davanti ai mutamenti del mondo circostante. Per mille vie questo influisce e mette condizioni sul comportamento pratico della Chiesa. Essa, come ognuno sa, non è separata dal mondo; ma vive in esso. Perciò i membri della chiesa ne subiscono l‘influsso, ne respirano la cultura, ne accettano le leggi, ne assorbono i costumi. Questo immanente contatto della chiesa con la società temporale genera per essa una continua situazione problematica, oggi laboriosissima. [...] La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio». 5 Cfr Paolo VI, Lettera apostolica ―Octogesima Adveniens‖ , 14 maggio 1971, Città del Vaticano 1971, n° 20, in «Acta Apostolicae Sedis», 1971 n° 63, p. 415. 6 Paolo VI, Esortazione apostolica ―Evangelii nuntiandi‖ , 8 dicembre 1975, Città del Vaticano 1971, n° 45, in «Acta Apostolicae Sedis», 1976 n° 68, p. 35: «La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l‘intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la chiesa ―predica sui tetti‖ (cf. Mt 10,27) il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini». 7 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica ―Redemptoris missio‖, 7 dicembre 1990, n. 37, in «Acta Apostolicae Sedis», 1991 n° 83, p. 285. 29 L‘AUDIO A DISTANZA NELL‘AFFERMAZIONE DELLA DIFFUSIONE PIÙ PIENAMENTE MEDIATIZZATA NELL‘UDIRE Stranamente, nel corso del XX secolo, la Chiesa romana 'salverà' –fino a un certo punto- il suo giudizio sulla comunicazione nel valutare positivamente 'l'audio' ed 'il video' nel momento in cui si affermano comunicativamente, con una restrizione significativa: tutto si interpreta in termini di ‗mezzi‘ e strumenti da apprezzare –lasciando in sospeso ciò che si chiamava ‗il contenuto‘, o cioè i ‗mezzi‘ sono ‗doni divini‘ 1. Siamo alla fase dove la comunicazione sarà compresa come ―strumenti di comunicazione sociale‖ con la corrispondente ―teologia dei strumenti della comunicazione sociale‖... Pio XII ha sicuramente preparato il terreno ―in forma embrionale‖ in molti suoi discorsi e riflessioni riguardanti l'arte e le sue espressioni, la scienza con le sue manifestazioni tecnologiche e le sue scoperte, la stampa e l'opinione pubblica. Egli tratta dell'inventiva umana in relazione alla scienza affermando che è insito nella natura umana occuparsi delle scienze terrene, perché esse non sono altro che lo specchio dell'opera creatrice di Dio. Il Papa riconosce nell'uomo le capacità di fare sempre nuove scoperte, che, se messe al servizio degli altri e della società, portano alla santificazione dell'uomo. D‘altra parte, a differenza dell‘indagine e dell‘analisi antropologica sull‘incidenza dell‘audio a distanza, le autorità romane considerano quasi esclusivamente l‘aspetto ‗verbale‘ del ‗dire-udire‘ comunicazionale. L‘immenso patrimonio sonoro, con i ‗primi‘ ―rulli‖ di registrazione-riproduzione a distanza sembrano un tema non rilevante nel discernimento ecclesiastico di vertice a questo livello. Come per l‘immagine mediatica dove il significativo ambito artistico è più che ignorato nelle sue creatività pittoriche, scultoree, architetturali, anche la creatività musicale non sembra dover fare parte dell‘interesse suscitato dalle varie medialità dell‘audio: dai rulli ai dischi fino ai CD di alta definizione sonor, dal telefono con la sua incidenza di intimità privata ed individualissima fino ai sofisticati apparecchi che includono la fotografia e le mini camere, e via dicendo... Come per l‘editoria dove i primi passi riproducono sopra tutto le opere dei maestri antichi dello ‗scrivere‘ (filosofi, poeti...), anche qui la riproduzione della genialità ‗sonora‘ e ‗visuale‘ non rientra nella valutazione di questa fascia comunicativa in via di affermazione. Dalla focalizzazione prevalentemente ‗ideologica‘ dell‘incidenza vocale sonora a distanza, si arriva ad una classificazione quasi astratta della questione comunicazionale nell‘audio (vedere il riferimento dell‘antropologia comunicazionale sull‘affermazione dell‘audio a distanza nell‘indagine degli osservatori, nel nostro studio a riguardo). L‘esame critico dell‘audio diventerà una messa sotto torchio dei suoi ‗contenuti concettuali‘. Non è da meravigliarsi che –con questi presupposti- la valutazione delle autorità romane consideri inizialmente come ‗fuori luogo‘ una eventuale riproduzione audio di carattere liturgico!!... Non mancano, tuttavia, dei chiari segnali che andranno in controtendenza. Un documento ecclesiale del 1986 parla infatti della «comunicazione umana, dono di Dio» 1 2. In questa E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, p. 69: «Con la Miranda Prorsus il magistero di Pio XII segna un altro decisivo passo in avanti. Intanto perché all'argomento consacrava un'enciclica --la seconda--, ben più impegnativa di una lettera della Segreteria di Stato; ma soprattutto perché trattava del cinema e della radio e televisione (purtroppo, vi si taceva ancora della stampa!) in quanto specifici strumenti « di comunicazione» , fornendo così all'lnter Mirifica la base più soda e feconda per uno sviluppo socio-teologico della dottrina. Rispetto ad esso, invece, segna piuttosto un regresso un'altra lettera della Segreteria di Stato, inviata sotto Giovanni XXIII e nell'imminenza delle assise conciliari, alla XXXV Settimana Sociale dei cattolici italiani, svoltasi in Siena dal 24 al 29 sett. 1962, nella quale si trattò delle «incidenze sociali dei mezzi audiovisivi», senza curarsi di definire quali e quante fossero le realtà comprese sotto una dizione tanto approssimativa ed ambigua». Cfr CONGREGAZIONE PER L‘EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale, 19 marzo 1986, n. 1, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 10, n° 79: «Dio, sommo bene, 2 comunica incessantemente i suoi doni agli uomini, oggetto di sua particolare sollecitudine e amore, prima di comunicarsi più pienamente ad essi nella visione beatifica. Inoltre, perché la sua immagine nell‘uomo riflettesse sempre più la perfezione divina (cf. Mt 5,48), Egli ha voluto 30 prospettiva, il ―dono‖ non può più essere declassato alle ―cose tecniche‖ o agli ―strumenti‖. Il ―dono‖, nella logica evangelica, va ricondotto a Dio, datore di ogni dono, e in particolare al suo Spirito, dono all‘uomo per eccellenza. Basta evocare la pneumatologia per percepire subito quanto sia insufficiente ridurre i ―doni‖ agli ―strumenti‖. Anche la recente lettera apostolica Il rapido sviluppo, che abbiamo già incontrato, invita ormai la Chiesa a superare una concezione meramente strumentale della cibercomunicazione e a prendere coscienza del fatto che essa stessa è generativa di cultura, di una ―nuova cultura‖ 1. Non a caso, nel documento il Papa indica l‘importanza dei media per la formazione della personalità e della coscienza, l'interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l'articolazione delle fasi educative e formative, l'elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica. Le comunicazioni non ―eseguono‖ soltanto ciò che le Chiese hanno da trasmettere all'umanità o a se stesse. Esse ―rivelano‖ qualcosa alle Chiese, e cioè incidono sulle Chiese e nelle Chiese, simultaneamente dal ―di fuori‖ e dal ―di dentro‖. Fanno saltare le ―frontiere‖, e non soprattutto quelle dello spazio e del tempo grazie alle trasmissioni a distanza. Si tratta allora, per la Chiesa, di rinunciare a voler ―domare‖ ad ogni costo le nuove forme di comunicazione, per integrarsi essa stessa in quelle priorità di tattica comunicativa che esse sollecitano. La Chiesa è nella comunicazione e la comunicazione è nella Chiesa, ma l‘una non può impossessarsi dell'altra, e viceversa. Rapidamente, dai primi avvisagli dell‘affermazione radiofonica, sorge la ―Radio Vaticana‖ negli anni 1930. Emblematicamente, la radiofonia viene contemporaneamente adottata come via prioritaria –per qualche tempo- dai Testimoni di Geova negli Stati Uniti. La radio fu usata estensivamente dagli anni 1920. Entro 1933, la Società trasmetteva da 403 emittenti radio per diffondere conferenze sulla Bibbia. L'uso della radio fu sostituito –poi- in gran parte dai contatti ‗porta a porta‘, con fonografi portatili e commenti biblici registrati. Nell‘ambito romano, Pio XI (1922-1939) ha trattato ampiamente temi riguardanti la stampa, la radio e il cinema. Inizialmente, pur accogliendo le moderne invenzioni con gioia, egli ha mostrato una evidente ansia pastorale derivante proprio dalla missione apostolica affidata da Dio a tutta la Chiesa 2. C‘è da dire, però, che nei confronti della radio all‘inizio la posizione della Chiesa è di rifiuto assoluto: persino le trasmissioni di carattere liturgico sono considerate un abuso prima di imporsi come strumento di evangelizzazione 3. Pio XI è il primo a citare la radiofonia nel 1928 e, nell‘enciclica Divini illius Magistri del 1929, tratta degli spettacoli del cinematografo e delle audizioni radiofoniche come «potentissimi mezzi di divulgazione, che possono riuscire, se ben governati da sani principi, di grande utilità all‘istruzione ed educazione» ma che «vengono purtroppo spesso subordinati all‘incentivo delle male passioni e dell‘avidità del guadagno» 4. Il 12 febbraio 1931 inaugura Radio Vaticana, allestita sotto la direzione personale di Guglielmo Marconi, la quale verrà utilizzata dal Papa più che altro quale personale microfono per i suoi messaggi ai fedeli. associarlo alla propria opera facendolo, a sua volta, messaggero e dispensatore degli stessi beni ai suoi fratelli e a tutta l‘umanità. L‘uomo, infatti, per esigenza della sua stessa natura, fin dal mattino della sua esistenza ha preso a comunicare con i propri simili i suoi beni spirituali per mezzo di segni sensorialmente percepibili. Quindi, col tempo, ha via via inventato mezzi e veicoli di comunicazione sempre più atti a superare gli originali limiti di spazio e di tempo, sino ad attuare, con il sempre più rapido sviluppo tecnologico, un‘ormai mondiale e istantanea comunicazione di tutta l‘umanità mediante gli strumenti della comunicazione sociale, che oggi vanno integrandosi in una onnicomprensiva tele(infor)matica». 1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n. 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265: «Essa [la Chiesa] non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella nuova cultura che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano». 2 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 88. 3 La trasmissione via radio delle funzioni liturgiche viene vietata nel 1927 dal Sant‘Uffizio e nel 1936 dalla Sacra Congregazione dei Riti. 4 Cfr Pio XI, Lettera enciclica ―Divini illius Magistri‖, 31 dicembre 1929, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, n. 401. 31 Si sa che per l‘intento cattolico di stampo romano, sia l‘immagine dalla visualità sia l‘emotività dall‘impatto del dire-udire sono le due dimensioni meno congeniali alla Chiesa d'occidente, tanto strettamente edificata ed articolata sul 'pensare' e sul 'fare' (intelletto e volontà). Non è sull'emotività umana finalmente apprezzata nella sua valenza specifica in seno all‘esperienza vissuta che essa si concede uno sguardo benevolo riguardo a ciò che vettore audio mette in auge. Di fronte a questo scatto di riconoscimento della 'emotività attiva' della parola udita e detta e alla 'emotività indifesa' dell'immagine, la Chiesa vede prospettarsi la formulazione del suo 'principio' che rende la tecnologia audiovisiva accettabile: e cioè 'i mezzi tecnici come doni di Dio' 1. Ciò che apparve come una riscoperta della emotività, che poi si protrae nella visualità, si percepisce positivamente, a questo livello, come 'tecnica vicina allo spirito'… Ma l‘audio è anche l‘ingresso a pieno titolo della tecnologia nella comunicazione, si passa dalla meccanicità all‘elettronica. Alcuni accosteranno la nascita del movimento liturgico e del movimento ecumenico ecumenico con questa nuova modalità di scambio partecipativo 2. In questo senso, Papa Pio XII è stato il principale promotore dello studio e della presa di coscienza dell‘importanza della stampa, del cinema, della radio e della televisione nella vita sociale 3. Tra i vari strumenti della comunicazione sociale il Pontefice si rivolge soprattutto alla radio: egli la considera un mezzo che racchiude in sé una potenza misteriosa, in quanto ha la facoltà di far giungere «gli accordi di un'arpa al cervello» ed attraverso di essa «le voci che si fanno sentire penetrano fino all'anima» 4. Non solo: disponendo, nel giugno 1939, che la benedizione pontificia ricevuta via radio sia valida per beneficiare dell‘indulgenza plenaria, ecco che la radio diventa il primo medium considerato come potenziale strumento della Grazia divina, oltre che «uno dei più potenti mezzi di diffusione della civiltà e della vera cultura» 5. D‘altra parte, si è notato che la radio è stata anche il grande baluardo dei ‗cristiani fondamentalisti‘ o dei ‗cristiani conservatori‘, legati dall‘alleanza di questo ‗ambone‘ a distanza 6. Pio XII, Lettera enciclica ―Miranda prorsus‖ 8 settembre 1957, in «Acta Apostolicae Sedis», 1957, p. 765, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, nn. 1391-1548: «Miranda prorsus technicae artis inventa, quibus nostrorum temporum homines gloriantur, 1 quamquam ex humano ingenio laboreque oriuntur, dona sunt tamen Dei Creatoris nostri, ex quo omnia opera bona procedunt: ― non enim solum protulit creaturam, verum etiam prolatam tuetur et fovet" (S. IOAN. CHRYS., De consubstantiali, contra Anomoeos: PG 48, 810). Ex quibus inventis alia hominum vires potentiamque adaugent atque multiplicant; alia eorum vitae condiciones meliores efficiunt; alia denique, cum animum potissimum respiciant, vel per se, vel per artificiosas imagines ac voces multitudines ipsas attingunt, et cum iisdem cuiusvis generis nuntios, cogitata et praecepta facilitate summa communicant, quibus veluti mentis pabulo enutriantur per requietis etiam ac relaxationis horas. Ad quae postrema inventa quod attinet, maximum aetate hac nostra incrementum acceperunt cinematographicae, radiophonicae at televisificae artes»; etiam in «Bulletin d'information», (Commission pontificale pour le cinéma, la radio et la télévision), 1957 n. 49, p. 1; n. 50, p. 1): «1. Les merveilleux progrès techniques dont se glorifie notre époque sont assurément les fruits du génie et du travail de l'homme, mais ils sont d'abord des dons de Dieu, notre Créateur, de qui dérive toute oeuvre bonne: ―non seulement en effet Il a suscité la créature, mais Il la protège encore et la soutient‖. (SAINT JEAN CHRYSOSTOME, Traité sur le Fils consubstantiel, contre les Anoméens: PG 48, 810). 2. Quelques-unes de ces inventions servent à multiplier les forces et les ressources physiques de l'homme; d'autres à améliorer ses conditions de vie; d'autres encore -- et celles-là concernent de plus près la vie de l'esprit -- touchent les foules directement ou par l'expression artistique de l'image et du son, et leur offrent avec la plus grande facilité des informations, des idées et un enseignement qui nourrissent leur esprit, même durant les heures de détente et de repos. Parmi les inventions appartenant à cette dernière catégorie, le cinéma, la radio et la télévision ont pris à notre époque un développement très important». 2 M. McLuhan, Understanding Media , London 1964, p. 343: «The same new reference for depth participation as also prompted in the young a strong drive toward religious experience with rich liturgical overtones. The liturgical revival of the radio and TV age affects even the most austere Protestant sects. Choral chant and rich vestments have appeared in every quarter. The ecumenical movement is synonymous with electric technology». 3 Cfr M. Boullet, Le choc des médias, Paris 1985, p. 16. 4 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma 1987, p. 41. 5 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 34. 6 E. Coffman, Don't Touch That Dial , (Could a bitter debate among religious broadcasters really cause a"full-scale split in evangelicalism"?), in «Internet» 2002, http://ChristianHistory.net/AOL Keyword: ChristianHistory, Friday, March 8, 2002; also @ChristianityToday.com: «Sixty 32 Una convergenza viene sottolieata tra questi conservatori cristiani ed i ‗politici conservatori‘ nel modo di dare priorità a questa ‗vocalità‘ a distanza! Il dubbio sorge sé l‘autorità ecclesiale, al di là della positività finalmente manifestata per l‘iniziativa comunicativa, non abbia confusamente ‗intuito‘ che la radiofonia potesse diventare il braccio lungo della salvaguardia ecclesiastica, come la libera editoria e la stampa di attualità si erano dimostrate poco disponibili a sottostare agli imperativi dei vertici o delle salvaguardie cristiane… DAL CINEMA AL VIDEO ELETTRONICO RAVVICINATO NELLA SUA PRIORITÀ D‘IMPATTO VISUALE NELL‘IMMAGINE VIVA Anche il veicolo della visualizzazione fa il suo ingresso mediatico, talvolta aggregato dagli esponenti ecclesiastici all‘audio sotto la dicitura ‗mezzi audiovisivi‘... Purtroppo, la gestione dell‘immagine mediatica segue quella occidentale romana dell‘immagine in generale, senza neanche dare spazio ad un dialogo sull‘immagine con le prestigiose tradizioni d‘oriente, per meglio focalizzare un suo possibile ruolo più pienamente recepito. Il modello visivo di comunicazione del messaggio della fede è inteso per ‗chi non sa leggere‘: questa modalità di annuncio e predicazione è conosciuta col nome di Biblia pauperum, la ―Bibbia dei poveri‖. Questo tipo di trasmissione del messaggio cristiano vide suscitarsi forti polemiche, che in Oriente porteranno alla nascita del movimento iconoclasta 1. Nell‘Occidente cristiano, invece, Papa Gregorio Magno, nell‘anno 600, sottolinea la prospettiva ormai classica sull‘immagine ed il suo years ago, waves in the broadcast community might have sent tsunamis through evangelicalism, because religious radio was one of just a few things binding conservative Christians together. Today, though, the effect likely will be a ripple. In his very helpful book Revive Us Again: The Reawakening of American Fundamentalism (Oxford, 1997), Calvin College history professor and provost Joel A. Carpenter argues that parachurch organizations formed the core of evangelicalism in the 1930s and '40s. A rough summary of his story goes like this : Protestant conservatives lost some key battles in the 1920s, both in the public sphere (Prohibition, evolution) and in their denominations. But instead of giving up, as liberals hoped, conservatives quietly regrouped. Some fundamentalists founded splinter denominations and seminaries, but most conservatives stayed in their drifting denominations while seeking fellowship with like-minded Christians elsewhere. That "elsewhere" came to include summer camps, Bible colleges, alternative publications, faith missions, and Christian radio. This is why evangelicalism is defined not by hierarchy, headquarters, or creed, but by entities like World Vision, Focus on the Family, Fuller Seminary, and Christianity Today--insofar as evangelicalism is defined at all. No single type of parachurch program outranked all others in the formation of evangelical identity, but radio occupied a unique position at the intersection of several of the movement's key emphases. Evangelicals have always been populists, making use of the catchy and new, and radio was certainly the "wave of the future" in the '30s and '40s. Radio was also a verbal medium, well suited to the message of Christians rooted in the Word. Most importantly, radio gave revival preachers--perennial evangelical superstars -- an audience much larger than the crowds they could draw under crusade tents. The NRB was founded in 1944 by conservative broadcasters who had more listeners than clout. In the 1920s and '30s these broadcasters had achieved such popularity that their mainline critics tried to silence them by asking network powerhouses CBS and NBC not to carry their "sectarian" programs. The block failed; conservatives bought time for their programs on networks that needed the money (ABC and the Mutual Broadcasting System) and built their own networks. Memories of this saga, as well as skirmishes with the generally unsympathetic Federal Radio Commission, gave the NRB a defensive edge. New Federal Communications Commission rules in the 1970s invited a rush of evangelicals to the airwaves. It was during this era of the Moral Majority and developing Religious Right that Christian radio personalities became better known for political commentary than for on-air evangelism. Randall Balmer's new Encyclopedia of Evangelicalism (more on this handy reference in a future newsletter) notes that Jimmy Carter, Ronald Reagan, and George Bush all addressed NRB conventions. Reagan gave his famous "Evil Empire" speech, on the Soviet Union, at the group's 1983 meeting. Today, the NRB still sometimes tussles with the FCC, and a serious split within the organization could leave both sides too small to mount a lobby. NRB members do not, however, face much competition from theological liberals on the dial. An overwhelming number of the more than 1,940 Christian radio stations in America fall on the conservative side of the spectrum. Even if Pederson were reinstated, about all he could do to budge broadcasters from this niche would be to mix a little chiding into his official speeches. A resolution that would force broadcasters to tone down their political speech, the threat some commentators seemed to see in Pederson's interview, isn't a possibility. Still, the extent to which prevailing conservative theology should be connected to vocal conservative politics is a valid question for Christian broadcasters. It's a valid question for the rest of us, too, especially in light of the proposed Houses of Worship Political Speech Protection Act, which would allow pastors to endorse candidates from the pulpit. But the real tempes ts over the issue are unlikely to originate in the back rooms and conference calls of the NRB. Radio is simply not the evangelical center of gravity it used to be». 1 Nel 745 l‘imperatore Leone III l‘Isaurico condanna l‘uso delle immagini nella Chiesa, col pretesto che esse istigano all‘idolatria, secondo le prescrizioni dell‘Antico Testamento. Dopo le reazioni del popolo, dei monaci e di eminenti Padri della chiesa d‘Oriente, il Concilio Niceno II, nel 787, giustifica l‘iconografia e la venerazione delle immagini richiamandosi all‘analogia con l‘evento dell‘Incarnazione, nel quale Dio stesso ha voluto rendersi visibile (cf. DH 600-603). Solo nell‘843, però, un editto dell‘imperatrice Teodora sanzionerà il trionfo della dottrina conciliare. 33 valore catechetico delle rappresentazioni pittoriche 1. L‘immagine (anche la visualizzazione viva) così ‗mediatizzata‘, utilizzata per sopperire al problema del dialogo con gli analfabeti cristiani e anche le sacre rappresentazioni, intendono far rivivere i principali momenti della vita del Cristo (in particolare la Passione e la Natività) in grado di coinvolgere anche sentimentalmente il pubblico 2. Nasce una nuova ―spettacolarità‖, in cui molte funzioni liturgiche si svolgono all‘esterno delle chiese, dando avvio a manifestazioni di teatro sia popolare che dotto e ad altre mille forme di devozione, tra le quali si conserva ancora la ―Via Crucis‖ 3. Appare notevole –nell‘iniziativa popolare- la gestione dell‘immagine viva fuori del diretto dominio clericale. Il cinema nasce verso la fine del pontificato di Leone XIII (1895) e, già un anno dopo, l‘invenzione dei fratelli Lumière fa il proprio ingresso nei giardini vaticani per riprendere lo stesso Papa, sorpreso e imbarazzato di fronte a tale novità. Il magistero della Chiesa, però, ignorando le potenzialità comunicative del nuovo mezzo, manifesterà un interessamento solo con Pio X nel 1912. Al tempo del pontificato di Pio X risale anche il primo intervento sul cinema, ma in direzione negativa: benché, fra tanta produzione ritenuta dalla Chiesa scadente e volgare, ci siano anche pellicole edificanti e a tema religioso, nel 1912 un decreto della Sacra Congregazione concistoriale, confermato dal Papa, vieta le proiezioni cinematografiche nelle sale parrocchiali 4. Pio XI è il primo a trattare del cinema con un atteggiamento positivo: nell‘arco storico del suo pontificato ha pubblicato quindici documenti relativi al cinema e quattro relativi alla radio. Il Papa ritorna sull‘argomento della comunicazione di massa nell‘enciclica Casti Connubii (1930) e soprattutto nell‘enciclica Vigilanti cura (1936) 5, la prima e unica enciclica fino ad oggi interamente dedicata al cinema, che costituisce un documento dottrinalmente significativo nonché un salto di qualità rispetto al magistero precedente, a dimostrazione della volontà della Chiesa di interessarsi al problema. Nell‘enciclica troviamo un‘analisi dell‘impatto delle immagini sugli individui e la società e vengono stabiliti alcuni punti fondamentali, tra cui l‘importanza del cinema quale espressione della capacità artistica dell‘uomo, in sé buona se usata onestamente 6. Dopo aver rimproverato l‘uso distorto del mezzo da parte dei produttori di film, infatti, l‘atteggiamento del Papa si dimostra aperto ed esprime tutte le buone potenzialità insite in esso 7. Il motivo di questa enciclica risale alla situazione del cinema negli Stati Uniti, dove le difficoltà di mercato successive alla Grande Depressione avevano indotto i produttori di Hollywood a realizzare film che per Gregorio I Magno, Lettera al vescovo Sereno , in H. Denzinger, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum, a cura di P. Hünermann, Bologna 1995, n° 477: «È [...] cosa diversa adorare una pittura, e invece imparare mediante l‘immagine della 1 pittura che cosa si debba adorare. Infatti, ciò che è la scrittura per quanti sanno leggere, questo lo offre la pittura a quanti non istruiti la guardano, giacché in essa coloro che non sono istruiti vedono che cosa debbono seguire, in essa leggono coloro che non conoscono l‘alfabeto; onde la pittura prende anche particolarmente per i popoli il posto della lettura». Cfr l‘angolatura ristretta di M. Fazio, Chiesa e comunicazione: un profilo storico , in D. Contreras (ed.), Chiesa e comunicazione. Metodi, valori, professionalità, Città del Vaticano 1998, p. 52. 3 Cf. G.F. Poli – M. Cardinali, La comunicazione in prospettiva teologica. Riflessione sugli aspetti comunicativi della fede , Leumann (To) 1998, 2 p. 18. Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche, Roma – Torino 2002, p. 183. 5 Cfr Pio XI, Lettera enciclica ―Casti Connubii‖, 31 dicembre 1930, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, nn. 10884 1143. 6 Cfr M. Boullet, Le choc des médias, Paris 1985, p. 43. 7 Pio XI, Lettera enciclica ―Vigilanti cura‖, 29 giugno 1936, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, n. 1112: «Le buone rappresentazioni possono invece esercitare un'influenza profondamente moralizzatrice su coloro che le vedono. Oltre a ricreare, possono suscitare nobili ideali di vita, diffondere preziose nozioni, fornire maggiori conoscenze della storia e delle bellezze del proprio e dell'altrui paese, presentare la verità e la virtù sotto una forma attraente, creare o per lo meno favorire una comprensione fra le nazioni, le classi sociali e le razze, promuovere la causa della giustizia, ridestare il richiamo della virtù e contribuire quale aiuto positivo al miglioramento morale e sociale del mondo». 34 l‘epoca erano ritenuti volgari e immorali 1. Come reazione, nel 1934, viene costituita la Legion of decency, cui aderiscono cinque milioni (poi saliti a nove) tra cattolici, protestanti ed ebrei, decisi a boicottare i film immorali e i cinema che li programmano 2. A quel punto i produttori si impegnano, davanti ai Vescovi, all‘osservanza di un nuovo codice di autocontrollo in sostituzione di quello precedente, il Codice Hays, che era stato firmato nel 1930 per sfuggire alla censura federale e che era stato puntualmente disatteso. L‘enciclica di Pio XI, nella sua prima parte di carattere dottrinale, descrive ed encomia la bella impresa dei cattolici americani, rileva il grande potere, individuale e sociale, del cinema e chiude sollecitando Vescovi e fedeli alla necessaria vigilanza. La seconda parte è invece dispositiva, e in essa vengono esortati i Vescovi a farsi emulatori della Legion of decency, fornendo tempestive ―classifiche morali‖ redatte da appositi ―uffici di revisione‖ e promuovendo la produzione di film onesti anche con l‘allestimento di sale cinematografiche cattoliche. Tra le novità presentate dal Pontefice: il coinvolgimento del laicato organizzato di Azione cattolica; la rilevanza data all‘aspetto della comunicazione sociale; la necessità di una presenza dei cattolici nelle fasi di produzione, distribuzione, consumo. Sotto il suo pontificato viene istituito peraltro un Ufficio nazionale permanente il cui scopo è quello di revisionare i film e promuovere quelli ritenuti moralmente validi. Con l‘affermarsi della visualità mediatica, si avrà rapidamente una volontà di ‗presa in mano‘ della presenza ecclesiale nella comunicazione da parte dell‘iniziativa ecclesiastica ministeriale di vertice. Si potrebbe chiamare questo passaggio la priorità di 'ministerializzazione' della comunicazione nell'ambito romano, che corrisponde al periodo connesso con l'espandersi della visualizzazione tecnologica ravvicinata e la progressiva omnipresenza dell‘immagine. In questo senso, nel 1912 un Decreto della Sacra Congregazione concistoriale, confermato dal Papa, vieta le proiezioni cinematografiche nelle sale parrocchiali, indirizzando così la valenza d‘autorità ministeriale riguardo al video 3. Le 'strutture' vaticane per l‘esame della produzione cinematografica (ed anche radio-televisiva) nascono al vertice della gestione ecclesiale 4. La visualità vivacemente accentuata va di pari passo con una iniziativa di strutturazione ecclesiale o ecclesiastica, ora sanzionata dagli organi di responsabilità della Chiesa. Là dove l‘immagine sembra far subentrare una ‗passività‘ si noterà una maggiore attenzione dei dirigenti ecclesiastici verso la ‗gestione‘ istituzionale della iniziativa comunicativa. La ministerializzazione trova una sua Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche, Roma – Leumann (TO 2002, p. 183. 2 Tra i film dichiarati immorali nel 1934 ci sono: Finishing School, The Life of Vergie Winters, Madame DuBarry, Men in White, One More River, Riptide, The Scarlet Empress. 3 Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche, Roma – Leumann (TO 2002, p. 183. 4 E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 70: «Nell'imminenza del Vaticano II, sarà Giovannni XIII, col motu proprio Boni Pastoris del 22 1 febbr. 1959, ad erigerla in "Ufficio permanente della Sede Apostolica per l'esame, l'incremento e l'indirizzo delle varie attività nel campo del cinema, della radio e della televisione" (701), "aggregandola alla Segreteria di Stato" (709). Toccherà infine a Paolo VI, co l motu proprio In fructibus multis, del 2 aprile 1964, di estenderne le competenze anche alla stampa, esaudendo il voto espresso dai Padri conciliari nel n° 19 dell' Inter Mirifica, completando così, anche nel dispositivo organizzativo-giuridico, il costante e rapido estendersi degli interessi ecclesiastici dal cinema a tutt - il motu proprio , dopo l'elenco delle commissioni, diventate dieci recava: Inoltre, viene istituito un Segretariato per trattare i problemi attinenti ai moderni mezzi di divulgazione del pensiero: stampa, radio, televisione, cinema, ecc. Questo Segretariato sarà diretto da un prelato, da noi nominato, ed avrà membri e consultori parimente da noi scelti . Ci fu chi notò le differenze. Un segretariato non era una commissione; inoltre, questo era il solo istituto preparatorio che non avesse a presidente un cardinale. Altri, invece, notò che l'essenziale era stato tenuto. Grazie alla comprensione pastorale di Giovanni XXIII, ormai era lecito sperare di poter portare l'argomento alla discussione in aula conciliare, appunto, «non in margine a problemi pastorali», ma a se stante, e «da pastori che ne conoscessero la teoria e la prassi»». 35 forma pienamente sviluppata nell'approccio cosidetto 'pastorale' riguardo all'iniziativa comunicativa 'cattolica': i piani pastorali strettamente articolati intorno alla gerarchia 1. Un passo significativo della ministerializzazione di vertice nella comunicazione: la Messa papale in eurovisione. Con Pio XII (1939-1958) si fa più evidente e significativo il tentativo della Chiesa di rapportarsi al contesto storico, cercando di interpretare le novità del tempo e di aprirsi a nuovi orizzonti 2. Egli delinea le caratteristiche socio-culturali del film ideale in relazione allo spettatore, ai contenuti e alla comunità 3. Al 1942 risale il primo film del Centro Cattolico Cinematografico: Pastor Angelicus, in cui Romolo Marcellini e Luis Trenker documentano la figura e l'attività, la vita pubblica e privata di Pio XII (che interpreta se stesso), le sue azioni quotidiane, il suo apostolato da quando era un semplice cardinale fino all'elezione al soglio di Pietro. È lo stesso Pontefice che nel 1948 istituisce una speciale Commissione Pontificia per la Cinematografia didattica e religiosa, che nel 1954 avrebbe allargato a radio e televisione (e che sarà trasformata da Paolo VI nel 1964 in Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, e nel 1983 nell‘attuale Pontificio Consiglio da Giovanni Paolo II). In quegli anni, esattamente nel 1949, veniva redatto a Roma l'atto costitutivo dell‘Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC). Quanto alla televisione, Pio XII non lascia spazio alle esitazioni: in occasione della Pasqua del 17 aprile 1949 egli pronuncia il suo primo messaggio televisivo, diffuso grazie ad una stazione di trasmissione donata dai cattolici francesi. In quegli anni nascono anche dapprima l‘eurovisione e poi la mondovisione e la Messa comincia ad essere trasmessa in diretta sugli schermi: il 6 giugno 1954 ben 25 milioni di persone di cinque lingue diverse assistono alla Messa papale di Pentecoste in diretta in eurovisione. L‘immagine, nella sua spettacolarità, trova così una sua legittimità nell‘ambito ecclesiale... La testimonianza scritta che ha lasciato un'impronta determinante durante il servizio pastorale di Pio XII è stata l‘enciclica Miranda prorsus (di cui verrà trattato specificatamente nel PONTIFICAL COUNCIL FOR SOCIAL COMMUNICATIONS, Pastoral Instruction "Aetatis novae", Vatican City 1992, nº 23-24: «ELEMENTS OF A PASTORAL PLAN FOR SOCIAL COMMUNICATIONS 23. Media conditions and the opportunities presented to the Church in the field of social 1 communications differ from nation to nation and even from diocese to diocese within the same country. It naturally follows that the Church's approach to media and the cultural environment they help to form will differ from place to place, and that its plans and participation will be tailored to local situations. Every episcopal conference and diocese should therefore develop an integrated pastoral plan for communications, preferably in consultation with representatives of international and national Catholic communications organizations and with local media professionals. Furthermore, communications ought to be taken into account in formulating and carrying out all other pastoral plans, including those concerning social service, education, and evangelization. A number of episcopal conferences and dioceses already have developed such plans in which communications needs are identified, goals are articulated, realistic provision is made for financing, and a variety of communications efforts is coordinated. The following guidelines are offered as assistance to those formulating such pastoral plans or engaged in reassessing plans which exist. 24. A pastoral plan for social communications should include the following elements: a. the statement of a vision, based on extensive consultation, which identifies communications strategies for all Church ministries and responds to contemporary issues and conditions; b. an inventory or assessment which describes the media environment in the territory under consideration, including audiences, public and commercial media producers and directors, financial and technical resources, delivery systems, ecumenical and educational resources, and Catholic media organizations and communications personnel, including those of religious communities; c. a proposed structure for Church-related social communications in support of evangelization, catechesis and education, social service, and ecumenical cooperation, and including, as far as possible, public relations, press, radio, television, cinema, cassettes, computer networks, facsimile services and related forms of telecommunications; d. media education, with special emphasis on the relationship of media and values; e. pastoral outreach to, and dialogue with, media professionals, with particular attention to their faith development and spiritual growth; f. means of obtaining and maintaining financial support adequate to the carrying-out of the pastoral plan». 2 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 89. Cfr i due discorsi su Il film ideale, in Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma 1987, pp. 35-47, 53-66. 3 36 secondo capitolo) dove egli ricapitola l‘insegnamento della Chiesa su cinema, radio e televisione 1: è la prima volta che se ne parla globalmente ed in rapporto all‘opinione pubblica. La novità di Pio XII, rispetto al suo predecessore, è che egli indirizza le proprie preoccupazioni morali a tutto il mondo, facendone una questione universale: non si limita ad affermare la realtà del male e i suoi influssi negativi sull‘esistenza umana, ma invita a progettare, a rinnovare e orientare le tecniche massmediologiche verso il bene morale e il vero 2. Giovanni Paolo II (1978-2005) e la sua presenza totale nei media: essi entrano ―a valanga‖ nella vita della Chiesa 3 e la comunicazione ecclesiale di vertice subisce un‘autentica rivoluzione sia ad intra che nei rapporti con la società 4. Secondo il noto storico Le Goff, Papa Wojtyła, per il fatto di unire insieme osservanza della tradizione e modernità delle vedute, rappresenta un felice connubio tra Medioevo e televisione 5. Il Papa polacco è consapevole dell‘importanza dei media ed invita perciò tutta la Chiesa a «prendere il largo» in questo settore fondamentale per l‘evangelizzazione 6. Come sostiene Ortuño Morente 7. Sull‘esempio del Papa polacco, poi, tutta la Chiesa ha dato inizio ad un processo di espansione della propria immagine nei grandi network pubblici e privati, che assicurano rubriche stabili all‘informazione religiosa nella propria programmazione, invitando ad intervenire numerose personalità ecclesiastiche e offrendo spazi significativi al dibattito su tematiche di fede 8. Il rapporto tra Papa Wojtyła ed i media può essere analizzato da due punti di vista: da una parte la risonanza che i suoi viaggi, i suoi discorsi e le sue catechesi hanno avuto grazie al ruolo svolto dalla televisione e dai media in genere 9; dall‘altra l‘attenzione riservata dal Pontefice al mondo della comunicazione. L‘immagine televisiva prende il sopravvento in questo processo multimediale. Gli anni della sua ascesa alla cattedra di Pietro sono quelli dell‘esplosione della televisione globale e fin dai primi istanti del suo pontificato Giovanni Paolo II offre ai media la possibilità di accedere alla sua attività, con una trasparenza ed una visibilità inedita nella storia della Chiesa che gli permette di raggiungere un audience planetaria 10, creando una «grande leggenda mediale, un‘epopea a puntate, una catena quasi seriale di eventi di massa» 11. Si è discusso a lungo sul potere magnetico che il Papa ―venuto da lontano‖ ha esercitato sui media di tutto il mondo durante il suo lungo pontificato: nel 1994 il Time Magazine di New York lo ha proclamato ―Man of the year‖; per lui, il primo Papa ad aver inciso un CD e ad aver partecipato al videoclip di presentazione 12, sono stati coniati molti appellativi che lo hanno Pio XII, Lettera enciclica ―Miranda prorsus‖ 8 settembre 1957, in «Acta Apostolicae Sedis», 1957, p. 765, etiam in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, nn. 1391-1548. In questo documento il Papa non parla della stampa, ma si occupa dei media più recenti 1 che, secondo la sua visione, necessitano di una trattazione apposita da parte del magistero ecclesiale. 2 Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 92. 3 Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma 1987, p. 10. Cfr F. Lever, Il Papa e i media nei primi cento giorni di pontificato , in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 91. 5 Cfr J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità , II: I papi del Novecento , Milano 2000, p. 217. 6 Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la 36a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2002, in in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n. 30. 7 J. P. Ortuño Morente, TMT-Popular TV. Il Papa alle origini di un canale televisivo , in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 248: «Giovanni Paolo II ha infranto, pertanto, una contraddizione teorica le cui 4 implicazioni pratiche avrebbero supposto una crescente separazione tra la Santa Sede e il nascente mondo mediatico: una contraddizione che consiste nell‘apparente inconciliabilità avvertibile tra il messaggio cristiano e il mezzo di comunicazione sociale, soprattutto quello audiovisivo». 8 Cfr E. Baragli, Cattolici e mass media, in «Internet» 2007, http://www.lacomunicazione.it. 9 Cfr J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità , II: I papi del Novecento , Milano 2000, p. 180. 10 Cfr A. S. Casas, Una vita online, una morte online, in J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità, II: I papi del Novecento, Milano 2000, p. 255. 11 Cfr E. Menduni, Wojtyła, Papa mediatico, in http://www.caffeeuropa.it. 12 Il CD, pubblicato nel 1999 da Sony e San Paolo, si intitola Abbà Pater. 37 accompagnato durante gli anni della sua azione pastorale: da «Papa delle moltitudini» a «showman di Dio» 1, da «Pontefice massmediatico» 3. 2 a «primo Papa a non essere in ritardo di una rivoluzione» Le sue non comuni doti di comunicazione con le masse sono state forse il motivo per cui non era lui a ricercare i media, ma quest‘ultimi a corrergli appresso 4. Giovanni Paolo II è stato il primo Papa della storia ad essere protagonista di un cartone animato, intitolato «Wojtyła, 2001», cartoon apprezzato dallo stesso Pontefice tanto da ricevere in udienza nel 2003 il suo autore, Mario Verger. C‘è chi ha visto, nella scelta di un contatto continuo e di un riferimento costante ai media, il tentativo, da parte di Giovanni Paolo II, di perseguire un nuovo ―patto costantiniano‖, un riconoscimento ufficiale e pubblico nello scenario del potere di cui i media rappresentano un aspetto fondamentale 5. In realtà, come afferma Marcynski, la ―teoria degli usi e delle gratificazioni‖ può essere applicata ad entrambi: «Giovanni Paolo II e i media hanno ricevuto gratificazioni reciproche. Il Papa ha trovato nei media uno strumento per evangelizzare e i media hanno trovato in lui una star che catturava l‘attenzione» 6. I media hanno dimostrato un grandissimo interesse a seguire e documentare i suoi gesti e le sue parole, attribuendo grande enfasi al ―personaggio Wojtyła‖ (lo sciatore, il nuotatore, l‘alpinista...) e, spesso, ridimensionando la persona e il messaggio che egli voleva comunicare: Gesù Cristo ed il suo Vangelo 7. Dall‘altra parte, se certamente la Santa Sede ha utilizzato i media per i propri scopi, essa si è pure posta il problema della propria presenza in essi, nella convinzione che una ―eccessiva mediatizzazione‖ della Chiesa rischierebbe di limitare il contatto personale con gli uomini e di trasmettere in maniera solo incompleta il messaggio cristiano 8. intuiscono per la prima volta che il ―Papa pellegrino‖ I responsabili dell‘informazione mondiale 9 (che, per i suoi molteplici viaggi, nel 2000 sarà insignito del riconoscimento di Globetrotter onorario) ha un carisma mediatico fuori dal comune quando, il 25 gennaio del 1979, atterra in Messico e bacia la terra, gesto che ripeterà in ogni viaggio apostolico all‘estero. Sembrerebbe un paradosso che, proprio nell‘era delle comunicazioni globali, il Papa debba viaggiare toccando le diverse parti del mondo. Tuttavia, la sua convinzione è che, invece di aver eliminato il bisogno di spostarsi, i nuovi media abbiano reso indispensabile il contatto diretto e personale 10. I suoi viaggi che sono anche spedizioni diplomatiche, vogliono prendere la forma di visite pastorali che egli si sente in dovere di compiere come sua missione precipua 11. Viaggi che sono entrati nella storia e che hanno goduto sempre di una grande copertura mediatica e di un interesse mondiale, come quello nella sua Polonia, che il regime comunista di Jaruzełski provò a boicottare (tramite i media di Stato) sia prima che durante il suo svolgimento, ma che alla fine si affermò come un evento dalla forza dirompente 1 12. Ciò che Cfr G. Mazza, Introduzione, in idem (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv , Roma 2006, p. 2. 2 Cfr C. Migliore, John Paul II. A Great Communicator of Our Times, in «Communicatio socialis», 2005 n° 38, p. 291. 3 Cfr D. de Kerckove, La civilizzazione video-cristiana, Milano 1995, p. 137. 4 Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta, Roma 2006, p. 263; cfr etiam L. Accattoli, Un pontificato missionario, in D. Del Rio – L. Accattoli, Wojtyła. Il nuovo Mosè, Milano 1988, pp. 116s. 5 Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, pp. 84s. Successivamente, a p. 100, l‘autore oppone a Giovanni Paolo II madre Teresa di Calcutta, che invece non aveva bisogno «di uffici stampa né di satelliti televisivi per ―fare notizia‖, col vantaggio di restare libera dal compromesso col nuovo potere ―costantiniano‖ dei media». 6 Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta , p. 264. 7 Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta , pp. 264s. 8 Cf. M.V. Gatti, «La moneta di Cesare. Riflessioni a margine dell‘―evento Wojtyła‖», in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta , 297s. 9 Cf. A. J. Majewski, «Un Papa pellegrino», in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv , Roma 2006, p. 27. 10 In tutto si contano 104 viaggi internazionali e 146 in Italia, 129 nazioni visitate, 822 giorni trascorsi fuori dall‘Italia. 11 Cf. K. Wolpiuk, Il mondo della comunicazione. Il primo areopago di Giovanni Paolo II, Roma 2001, p. 69. 12 Il Cremlino, con la presa di posizione di Brežnev in persona, era intervenuto tentando fino all‘ultimo di impedire il viaggio ed è poi corso ai ripari per nascondere la grande partecipazione popolare, dando l‘ordine di effettuare inquadrature sempre strette e di non riprendere mai 38 più risalta agli occhi di tutti è come, grazie all‘attenzione attirata su di sé da Giovanni Paolo II, la Chiesa sia entrata nell‘agenda dei media 1, sia nella quotidianità che negli eventi più spiccatamente mediali, di cui alcuni furono vere e proprie novità assolute: il discorso all'Assemblea Generale dell'ONU, a New York, nel 1979; le Giornate Mondiali della Gioventù, iniziate nel 1985) 2; la visita alla Sinagoga di Roma nel 1986, la prima di un Papa in un luogo di culto ebraico; la Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi nel 1986, che ha radunato i rappresentanti delle religioni del mondo; l‘incontro nel 1983 nel Carcere di Rebibbia con Alí Agča, che il 13 maggio 1981 aveva attentato alla sua vita; la visita ufficiale (sebbene non di Stato) del Presidente del Soviet Supremo dell'URSS, Mikhail Gorbačiov, in Vaticano nel 1989; l‘udienza al Presidente degli Stati Uniti d'America Bill Clinton nel 1994; l‘udienza al Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu; l‘incontro a Cuba con il Presidente Fidel Castro nel 1997; il Grande Giubileo dell‘Anno 2000, il ―primo Giubileo dell‘era di Internet‖ che, trasmesso in mondovisione, si è avvalso di una copertura mediatica da record; il viaggio in Terra Santa, con la preghiera al Muro del Pianto e la visita alla Moschea di Damasco, in un periodo di forti tensioni in Medio Oriente; l‘udienza al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin nel 2000; l‘incontro con il Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, il 23 luglio 2001; la visita al Parlamento italiano nel 2002, che lo ha consacrato primo Pontefice nella storia a visitare il Parlamento italiano e a rivolgere un discorso alle Camere riunite. Anche riguardo alle condizioni di salute del Papa (dal giorno del primo ricovero al Policlinico Gemelli di Roma nel 1992) l‘interesse dei media è stato elevato, complice la scelta di Giovanni Paolo II di vivere pubblicamente la malattia, ed ha subito un‘impennata impressionante quando la situazione è cominciata ad aggravarsi nel febbraio 2005 3. Una copertura mediatica senza precedenti si è avuta, poi, durante l‘agonia, la morte e i funerali dell‘8 aprile 2005 sul sagrato di san Pietro, affollato di capi di Stato provenienti da tutto il mondo, per l‘evento che è stato definito tra i più importanti della storia contemporanea 4. Il ‗Papa dell‘immagine d‘attualità‘ sarà anche il momento di maggiore ministerializzazione della presenza attraverso la multimedialità visuale... Giovanni Paolo II è stato certamente una grande personalità nell‘ambito dei media, con una capacità innata di comunicare, una personalità che di fronte alle telecamere «bucava il video» 5. Di fronte alla modestia di copertura della cose di vertice da parte dei media nei precedenti pontificati, sembra che l‘invasione della figura papale nei media sia stata percepita da diversi osservatori aulici come una ‗rivoluzione‘ nei media o anche ‗dei‘ media ad opera dell‘esponente di spicco della Chiesa romana. ―L‘invasione‖ mediatica dell‘esperienza quotidiana era stata –peròuna delle accuse sulla piega non auspicabile della comunicazione (cfr il nostro studio bambini e giovani, ma solo sacerdoti, suore, disabili e vecchiette (Cfr S. Dziwisz, Una vita con Karol. Conversazione con Gian Franco Svidercoschi, Milano 2007, p. 106). 1 Cfr F. Lever, Il Papa e i media nei primi cento giorni di pontificato , in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 91; M. Morcellini, Giovanni Paolo II, in idem (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica mai scritta, Roma 2003, p. 12. 2 Nel 1995, a Manila, la Giornata toccò il record di presenze con 4-5 milioni di partecipanti. Adriano Sofri, già leader di Lotta Continua, commentando queste giornate, le ha definite uno dei pochi eventi finora paragonabili al Sessantotto, «nonostante l'enorme differenza, anzi, grazie a quella» (in Speciale Fides, in «Internet» 2007, http://www.fides.org). 3 S. Dziwisz – C. Drążek – R. Buzzonetti – A. Comastri, Lasciatemi andare. La forza nella debolezza di Giovanni Paolo II , Cinisello Balsamo 2004, p. 111. Durante la malattia che privava il Papa delle sue caratteristiche più geniali e più apprezzate egli non volle nascondersi. Non accettò che alcun velo lo proteggesse davanti agli occhi indiscreti dei media. Visse pubblicamente la malattia e la trasformò in un pulpito che commosse tutta l‘umanità. 4 Così il commento del sindaco di Roma Walter Veltroni sulle pagine de «La Repubblica», in «Internet» 2007, http://www.repubblica.it, nella sezione esteri del 2005 dedicata ai funerali del Papa. Cf. A. Fumagalli, Una rivoluzione comunicativa , in in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 83. 5 39 sull‘antropologia comunicazionale). Si sarebbe in presenza di una ‗invasione ribaltata‘: ciò sarebbe allora meno una ‗rivoluzione‘ che una ‗contro-offensiva‘. Ma, si sa che queste esaltazioni facili con il concorso di termini a largo impatto non spiegano più di tanto... Uno dei tratti distintivi del rapporto tra Giovanni Paolo II e i media può essere individuato nella sua decisione di istituire il Centro Televisivo Vaticano (22 ottobre 1983), con il compito di riprendere e poi diffondere le immagini dell‘eterogenea attività pastorale del Papa, promuovendo la presenza della Santa Sede nel campo della televisione di tutto il mondo 1. Lo stesso Giovanni Paolo II, stavolta sui canali Rai, sarebbe sorprendentemente intervenuto in diretta con una telefonata durante la trasmissione del programma Porta a Porta dedicata ai vent‘anni del suo pontificato, in onda il 13 ottobre 1998. Rimane però una diffusa insofferenza nei confronti della cibercomunicazione con le immagini, rappresentata dalla capacità di Internet di ―falsificare‖ la realtà, cioè di tratteggiare un‘immagine artefatta di eventi e situazioni, che plagia l‘utente e lo estrania dalla vita reale. Soprattutto si teme il potere di condizionamento mentale esercitato dall‘uso massiccio delle immagini. Questa incertezza sull‘immagine appare più palesemente nell‘accostamento di due affermazioni difficilmente convergenti da parte del vertice romano: si riconosce che con la comunicazione multimediale a distanza la «partecipazione» si è estesa, ma allo stesso tempo si enuncia che l‘immagine –―rappresentando‖ ma non ―riproducendo in se‖ la ‗realtà‘- non da accesso alla partecipazione effettiva (con riferimento alla validità giuridica delle modalità di partecipazione – come l‘assistenza alla messa domenicale) 2. La «captatio benevolentiae» sulla partecipazione estesa -che si riconosce agli ―strumenti della comunicazione sociale‖- si riduce poi immediatamente dal modo stesso di concepire ‗l‘immagine‘ (cfr i vari accenni che abbiamo fatto su questa dimensione comunicazionale tramite la visualità). La stranezza di queste asserzioni è che si riconosce la potenzialità di partecipazione tramite ―gli strumenti tecnici‖ (non umani come ‗mezzi materiali‘ –secondo questa angolatura) ma si riduce l‘incidenza dell‘immagine nella visualità umana (umanamente umana eppure sempre immagine trasmessa al cervello). Il ‗mezzo tecnico‘ sarebbe più «partecipativo» che l‘immagine percettiva umana!!... Anzi qui, un‘altra volta, occorre muovere un appunto. La Chiesa, soprattutto nella sua configurazione occidentale, rivela in questo modo di aver dimenticato del tutto la teologia dell‘immagine dell‘Oriente cristiano: per gli orientali l‘immagine non è l‘alterazione artificiosa del reale, ma la re-invenzione dal di dentro dell‘esperienza, un modo diverso di guardare che anticipa ciò che ancora non è compiuto ma che è 1 Lo scopo del Centro Televisivo Vaticano, secondo lo Statuto del 1° giugno 1998, è di favorire l‘attenzione della Chiesa per i l mondo della cultura, attraverso l‘uso degli strumenti audio-televisivi, cominciando dalla produzione e distribuzione di notiziari riguardanti la religione, la cultura umana e l‘arte (cf. il sito http://www.vaticanradio.org). 2 Benedetto XVI, Esortazione apostolica postsinodale ―sacramentum caritatis‖, del santo padre sull'eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della chiesa, (22 febbraio 2007), Città del Vaticano 2007, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/apost_exhortations/documents/hf_ben-xvi_exh_20070222_sacramentum-caritatis_it.html: «57. A causa dello sviluppo formidabile dei mezzi di comunicazione, negli ultimi decenni la parola «partecipazione» ha acquistato un significato più ampio che in passato. Tutti riconosciamo con soddisfazione che questi strumenti offrono nuove possibilità anche in riferimento alla Celebrazione eucaristica.(176) Ciò richiede dagli operatori pastorali del settore una specifica preparazione ed un vivo senso di responsabilità. Infatti, la santa Messa trasmessa alla televisione inevitabilmente acquista un certo carattere di esemplarità. Si deve fare perciò particolare attenzione perché la celebrazione, oltre a svolgersi in luoghi degni e ben preparati, rispetti le norme liturgiche. Infine, quanto al valore della partecipazione alla santa Messa resa possibile dai mezzi di comunicazione, chi assiste a tali trasmissioni deve sapere che, in condizioni normali, non adempie al precetto festivo. Infatti, il linguaggio dell'immagine rappresenta la realtà, ma non la riproduce in se stessa.(177) Se è assai lodevole che anziani e malati partecipino alla santa Messa festiva attraverso le trasmissioni radiotelevisive, non altrettanto potrebbe dirsi di chi, mediante tali trasmissioni, volesse dispensarsi dall'andare in chiesa per partecipare alla Celebrazione eucaristica nell'assemblea della Chiesa viva». ((1) Cfr Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle Comunicazioni Sociali nel 20(o) Anniversario della « Communio et Progressio » Aetatis novae (22 febbraio 1992): AAS 84 (1992), 447-468. / (2) Cfr Propositio 29.) 40 atteso e promesso (vedere lo studio introduttivo alla teologia orientale – la dottrina iconica) 1. L‘immagine, in altri termini, più che falsificazione è, per la teologia d‘Oriente, profezia e prefigurazione del futuro 2. Perché non trasferire questa concezione anche al mondo virtuale, utilizzando in direzione profetica e simbolica il potere immaginifico di Internet 3? Sotto questo aspetto, si può pensare che anche l‘immagine cinematografica rappresenti, mutatis mutandis, una riedizione della lingua degli analfabeti o un linguaggio non verbale più potente della stessa parola 4, in altre parole una nuova Biblia pauperum. L‘AVVENTO PIÙ RECENTE DELLA RETE DI CONNETTIVITÀ ILLIMITATA DALLA NUMERIZZAZIONE COMPUTERIZZATA DI OGNI DATO INFORMATIVO Il penultimo passo è recente: si tratta del confronto tra evento informatico e intento ecclesiale. Il lungo pontificato di Giovanni Paolo II è coinciso con gli anni del massimo sviluppo delle tecnologie, della comunicazione a livello globale, con la rincorsa delle notizie in tempo reale, con la nascita dei network internazionali collegati 24 ore su 24. L'interesse direttamente 'gestionale' che sembra aver suscitato il prospetto informatico. Il tentativo iniziale che si manifesta è quello di una ‗gestione propria dei dati informativi‘. Si parlerà di una rete informatica ecclesiale per l‘America latina, verso gli anni 1980-90. Queste 'reti' e le memorizzazioni sono tipicamente concentrate su un tipo di informazione orientativa e di valutazione. Con ―Internet‖, la sproporzionalità di mezzi e di accesso accantonerà il sogno di una gestione informatica complessiva propria dei dati. L‘interrogativo di fondo su ―che cosa cambia nell‘esperienza umana‖ da questo nuovo traguardo tecnologico, ma sempre: quale uso ne possiamo fare a nostro vantaggio, con eventuali miopie sul tenore del fenomeno –come si verificò peraltro per gli altri passi dell‘affermazione multimediale a distanza. Seguendo in particolare l‘evoluzione di Internet: nel 1995 il messaggio natalizio e gli auguri del Papa ai popoli e alle nazioni sono diffusi anche sul web; il 24 marzo 1997 nasce il sito www.vatican.va, che segna l‘ingresso ufficiale della Santa Sede in Internet, sito in cui vengono raccolti tutti i documenti e le informazioni vaticane in un unico spazio virtuale; il 22 novembre 2001 il Pontefice promulga via Internet l‘esortazione apostolica Ecclesia in Oceania cliccando personalmente l‘invio; addirittura, il 15 gennaio 2003 i discorsi del Papa in Sms raggiungono i clienti della compagnia italiana di telefonia mobile Tim. Lo stesso Papa, tuttavia, è anche consapevole dei problemi legati alla Rete: il digital divide, ovvero il rischio che Internet rappresenti 1 Cfr A. Joos, Il testo complessivo dello studio online, in «Internet» 2009, http://www.webalice.it/joos.a/EASTERN_THEOLOGY_- _AN_INTRODUCTION_-_INTRODUZIONE_ALLA_TEOLOGIA_ORIENTALE.html; sulla dottrina iconica, cfr la parte VII, ibidem , http://www.webalice.it/joos.a/OCICP7SA.pdf. 2 Cfr F. Bœspflug, Immagini, in J.-Y. Lacoste (ed.), Dizionario critico di teologia, (edizione italiana a cura di P. Coda), Roma 2005, 679-684. 3 Cfr A. Joos, Nuova comunicazione e Chiesa. Internet e (N)TIC: riplasmare la Chiesa, Parte II. Le Chiese nel fenomeno comunicativo: recepirlo e plasmarsi in esso. Traguardi della nuova comunicazione, in «Internet» 2007, (edizione 2007), http://www.webalice.it/joos.a/NEW_COMMUNICATION(S)_AND_CHURCH(ES)_-_NUOVA_COMUNICAZIONE_E_CHIESA(E).html: Parte II. Le Chiese nel fenomeno comunicativo, pp. 19s. 4 Di questo parere è J. Foley, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, il quale, parlando al VI Convegno di Studi sul tema ―Ripartire dal primo. I dieci comandamenti nella cultura cinematografica del terzo millennio‖ (Roma, 2-3 dicembre 2002), in «Internet» 2002, http://www.fides.org/ita/vaticano/foley_3mil03122002.html, ha dichiarato: «Parlando di cinema, è impossibile dimenticare che esso è uno dei potenti mezzi della comunicazione sociale, una voce privilegiata che raggiunge ogni uomo ed ha il potere di condizionare le sue scelte ed il suo modo di pensare. La forza comunicativa dello schermo è eccezionale e di grande impatto, in grado di renderlo veicolo di valori, legati alla vita e alla spiritualità umana. Esso si serve di un linguaggio e di una comunicazione che la parola articolata non possiede, dimostrando che si può comunicare, pensare, esistere anche senza ricorrere allo strumento verbale, basandosi sul potere delle immagini che abbattono i confini della lingua e della cultura, facendo appello alla dimensione intima di ogni essere umano. Anche la Parola di Dio diventa immagine nel cinema e arriva direttamente all'animo dello spettatore». 41 un‘ulteriore espressione del divario tra i popoli del mondo 1; il relativismo, la disintermediazione, il ciberterrorismo e la presenza di siti che diffamano la Chiesa, siti che offendono la dignità della persona, siti che propagano la pornografia, siti che istigano alla violenza 2. Ma Giovanni Paolo II non teme di raccogliere la sfida ed invita tutta la Chiesa ad imitarlo, a non aver paura delle innovazioni tecnologiche, a sfruttare le opportunità offerte dai new media per una rinnovata religiosità cristiana 3. In filigrana appare però la perplessità degli organi clericali: Internet, nella sua impostazione e nella sua gestione non corrisponde a ciò che si è già visto nell‘esperienza umana (cfr il nostro studio sull‘antropologia comunicazionale). In modo popolare e colloquiale, si è potuto sentire che ―non si sapeva tanto ‗che pesce pigliare‘‖... Si indicano subito alcuni rischi della Rete: il rischio maggiore può condurre ad un equivoco pericoloso: quello di interpretare Internet come una ―Chiesa alternativa‖, una Chiesa senza alcuna autorità gerarchica e in qualche modo strutturata in forma tipicamente congregazionale 4. Negli Stati uniti esiste un orientamento ecclesiale a proporre l'impegno comunicativo come ―ministero‖. Si tratterebbe, in altri termini, di un ministero ―trasversale‖ che includerebbe sia presbiteri che laici. Almeno in questo ambito, dunque, si supererebbe la rigida divisione laicato-clero. Del resto, non è da sottovalutare l'insistenza cristiana sulla dimensione profetica della comunicazione, che postula il coinvolgimento di tutto il Popolo di Dio, in quanto ogni battezzato è per ciò stesso abilitato alla profezia. Per queste ragioni, si potrebbe forse osare l‘affermazione secondo cui la Rete sarebbe più dalla parte battesimale che ministeriale. Ciononostante, questo non deve attenuare la necessaria distinzione tra sacerdozio comune e sacerdozio gerarchico, autorevolmente ribadita dal Concilio Vaticano II 5, avvicinando pericolosamente la Chiesa cattolica al protestantesimo nelle sue versioni più radicali. Al riguardo, appaiono significativi gli accenni contenuti in certi documenti di Giovanni Paolo II, laddove viene esplicitamente menzionata la necessaria conoscenza dei linguaggi mediatici da parte dei ministri ordinati, così che essi possano addentrarsi nella realtà comunicativa odierna con una iniziativa di evangelizzazione. Nelle esortazioni apostoliche Pastores dabo vobis, Vita consecrata e Pastores gregis, il Papa sprona sacerdoti e religiosi a compiere la propria missione di annunciare il Vangelo anche nell‘ambito massmediale 6 e ad acquisire una conoscenza adeguata del loro linguaggio tempo della formazione al ministero 8. 7 a cominciare dal Si sottolinea che occorre innanzitutto ―raggiungere‖ le Cfr al riguardo Giovanni Paolo II, Messaggio per la 36a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2002, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n° 35: «Senza dubbio la rivoluzione elettronica ha in sé la promessa 1 di grandi progressi per il mondo invia di sviluppo, ma esiste anche l‘eventualità che aggravi di fatto le disuguaglianze esistenti perché il divario dell‘informazione e delle comunicazioni si fa più profondo». 2 Cfr L. Mazzei, «Il Papa e i nuovi media», in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica mai scritta, Roma 2003, p. 39. 3 Cfr L. Mazzei, «Il Papa e i nuovi media», in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica mai scritta , Roma 2003, p. 40. Al riguardo, si legga quanto annotano T.P. Novak – D.L. Hoffman, Bridging the Digital Divide. The Impact of Race on Computer Access and Internet Use, in «Internet» 2007, http://www.empowermentzone.com/race_int.txt: «Who Governs the Internet? In many ways the Internet is 4 like a Church: it has its council of elders, every member has an opinion about how things should work, and you can either take part or not. It's your choice. The Internet has no president, chief operating officer, or Pope. The constituent networks may have presidents and CEO's, but that's a different issue; there's no single authority figure for the Internet as a whole. The ultimate authority for where the Internet is going rests with the Internet Society, or ISOC. ISOC is a voluntary membership organization whose purpose is to promote global information exchange through Internet technology». Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre 1964, n° 10, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 284-456. 6 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Pastores dabo vobis‖, 25 marzo 1992, n° 59, in «Acta Apostolicae Sedis», 1994 n° 82, p. 762. 7 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Vita consecrata‖, 25 marzo 1996, n. 99, in «Acta Apostolicae Sedis», 1996 n° 88, pp. 475s. 8 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Pastores gregis‖, 16 ottobre 2003, n. 30, n. 30, in «Acta Apostolicae Sedis», 2004 n° 96, p. 5 863. 42 persone umane di oggi, farsi capire ed accettare dal maggior numero di persone. Esiste così una problematica pastorale nuova, legata alla capacità degli annunciatori di inserirsi in questa dinamica comunicativa e di orientarsi nei suoi linguaggi e meccanismi. Nelle Esortazioni Apostoliche Ecclesia in Africa 1, Ecclesia in America 2 ed Ecclesia in Europa 3 il Papa indica alcune priorità per i cristiani che lavorano nel campo della comunicazione: una adeguata formazione, una profonda conoscenza del linguaggio, della natura e delle caratteristiche dei media e la scelta di persone preparate per un‘autentica inculturazione del messaggio cristiano nei Paesi di prima evangelizzazione (come l‘Africa), o di ―nuova evangelizzazione‖ (come l‘Europa e l‘America), tenendo sempre nella dovuta considerazione le priorità e i problemi propri di ciascun Paese nel rispetto della loro fisionomia culturale. Altra questione: l‘impegno comunicativo potrebbe tracciare dei nuovi squilibri tra Chiese tecnologicamente favorite e Chiese più demunite. L'elemento finanziario rimane allora prioritario. Viceversa, la ―Chiesa internettiana‖ dovrà impegnarsi a smascherare i centri del potere e della ricchezza, promuovendo – come ha già fatto in altri campi della vita pubblica – la dinamica della equa e paritaria partecipazione alle risorse e all‘informazione 4. Insomma, non potrà essere elusa la questione del digital divide ed è altamente significativo, in questo senso, che il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, pubblicato nel 2004, vi faccia esplicito riferimento, sottolineando l‘importanza dell‘accesso di tutti all‘informazione per un integrale sviluppo umano e sociale 5. Il problema più spinoso è, comunque, di natura teologica. Fino ad oggi è apparso evidente rintracciare la Chiesa nella comunità dei credenti che si raduna in un dato luogo ed in un dato momento sotto la presidenza dei legittimi pastori, per l'ascolto della Parola e per la celebrazione dei sacramenti. Ma, con l‘affermarsi dell‘evangelizzazione ―internettiana‖, che ne sarà di questa bimillenaria struttura ecclesiale che garantisce la possibilità di vivere la comunione nella successione delle generazioni? Deve qui restare chiaro che nessuna ―Chiesa elettronica‖, cioè semplicemente virtuale, potrà mai sostituire la Chiesa topografica, visto che Cristo ha voluto dotare la Chiesa di una precisa ed insuperabile organizzazione locale o territoriale 6. In questo senso, il rimprovero più diffuso tra i detrattori di Internet poggia sulla dualità tra esperienza diretta vissuta ed esperienza mediata a distanza, sia in ambito antropologico che ecclesiale. Si oppone la realtà alla irrealtà – o virtualità – dell‘ambito comunicativo a distanza (cfr infra). Come può darsi autentica esperienza credente senza il contatto vivo, che invece caratterizzava la predicazione apostolica? Come può essere comunicata la grazia, senza accesso diretto alla vita sacramentale? Ciò che deve restare chiaro è, allora, che Internet rappresenta certamente un‘efficace via di evangelizzazione, non solo in quanto strumento di comunicazione, ma anche in quanto generatore di mentalità e di cultura; ma al contempo che la Rete non soppianta la ―Chiesa della gente‖, in cui soltanto nel contatto diretto tra gli individui e nella partecipazione personale e comunitaria alla vita sacramentale viene elargita la grazia salvifica. Al riguardo, tuttavia, vale la 1 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in Africa‖, 14 settembre 1995, in «Acta Apostolicae Sedis», 1996 n° 88, pp. 5-82. 2 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Ecclesia in America, 22 gennaio 1999, in «Acta Apostolicae Sedis», 1999 n° 91, pp. 737-815. 3 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in Europa‖, 28 giugno 2003, in «Acta Apostolicae Sedis», 2003 n° 95, pp. 649-719. 4 Cfr H. Mowlana, The Communications Paradox, in «Internet» 2007, http://www.globalpolicy.org/ globaliz/special/netcult.htm. 5 Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano 2004, n° 561: «Le strutture e le politiche di comunicazione e la distribuzione della tecnologia sono fattori che contribuiscono a far sì che alcune persone siano ricche di informazione e altre povere di informazione, in un‘epoca in cui la prosperità e perfino la sopravvivenza dipendono dall‘informazione. La tecnologia dell‘informazione, insieme alla formazione nel loro uso, devono mirare ad eliminare queste ingiustizie e questi squilibri». Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre 1964, n° 23, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 338-341. 6 43 pena menzionare un evento significativo: con la disposizione di Pio XII, nel giugno 1939, che la benedizione pontificia ricevuta via radio sia da considerarsi valida per beneficiare dell‘indulgenza plenaria (la cosiddetta benedizione urbi et orbi), ci troviamo di fronte al primo medium considerato come potenziale strumento della grazia divina1. Se dunque la ―Chiesa internettiana‖ non sostituisce la Chiesa sacramentale, è anche vero che Internet può anch‘esso, in un modo diverso e suo peculiare, servire alla grazia divina, consentendole di raggiungere il maggior numero di persone simultaneamente. Quello della benedizione urbi et orbi potrebbe essere soltanto un primo passo, e qualcosa di simile potrebbe applicarsi anche – ad esempio – nell‘ambito delle Chiese diocesane: i fedeli acquisterebbero a distanza i favori spirituali sia nel contesto locale in base alle disposizioni episcopali, sia universalmente in base alle disposizioni della Santa Sede. In questo senso, si consideri anche la diretta televisiva della Santa Messa domenicale, che offre a tanti – impossibilitati a partecipare fisicamente alla celebrazione parrocchiale – la possibilità di prendere parte ―in certo modo‖ alla liturgia, e che è già – nella prassi pastorale – raccomandata da tanti sacerdoti in cura d‘anime ad anziani ed ammalati. Come per tutto ciò che riguarda la comunicazione, i passi sono qui certamente circospetti ed estremamente graduali. Ma i vantaggi non vanno sottovalutati: non esisterebbe più una inderogabile necessità di simultaneità topografica e cronologica per usufruire dei benefici spirituali di un gesto ecclesiale. Quale sarà, tuttavia, il limite invaricabile? Certamente, esso è rappresentato da quell‘actuosa participatio alla vita liturgica e sacramentale, che proprio l‘ultimo Concilio ha riportato in auge 2, la quale evidentemente trova il suo acme nella comunione eucaristica. Il coinvolgimento nel servizio comunicativo introduce coloro che vi operano in una particolarissima responsabilità: quella di avere fra le mani la capacità di influenzare profondamente il modo di pensare e di agire degli utenti 3. La comunicazione si presenta pertanto come una via nella quale si forma e si trasforma, si modella un modo di pensare e di agire, e dunque si determinano precisi ed inediti atteggiamenti umani. I mass media costituiscono una delle grandi forze che modellano il mondo attuale 1 4 e che SACRA PENITENZIERIA APOSTOLICA, Decreto, in «L‘Osservatore Romano», 18 dicembre 1985, p. 4: «Da varie parti sono giunte alla Santa Sede richieste affinché, come si fa sempre più frequente e perfetto l'uso degli strumenti di comunicazione radio-televisiva per la diffusione del messaggio della salvezza e ciò per dono della Provvidenza Divina che tutto dirige al fine della salvezza, così questi medesim i strumenti possano servire anche per la distribuzione dei favori spirituali, per quanto lo consente la loro natura. Questo precisa mente hanno proposto alcuni Vescovi circa l'Indulgenza plenaria, annessa alla Benedizione papale che, secondo la Norma 11,2 dell‘ Enchiridion Indulgentiarum , i Vescovi possono concedere tre volte all'anno, affinché siano in grado di acquistarla quei loro fedeli che, per una ragionevole causa, non possono essere fisicamente presenti ai sacri riti durante i quali viene impartita la Benedizione papale, purché seguano piamente lo svolgimento dei riti attraverso la radio o la televisione, e ricevano la Benedizione stessa alle solite condizioni della confessione, della comunione e della preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice. La Sacra Penitenzieria ha creduto di accogliere volentieri questo adattamento della vigente disciplina, tanto più che da ciò molto ne avvantaggerà la stima delle Indulgenze in mezzo al popolo cristiano, che si sentirà in tal modo stimolato ad acquistarla o ad accrescere la grazia santificante per mezzo dei Sacramenti, come pure verrà maggiormente rafforzata l'unione spirituale dei fedeli col proprio Vescovo. Pertanto, nell'Udienza del 13 dicembre corrente concessa al sottoscritto Penitenziere Maggiore, il Sommo Pontefice si è benignamente degnato di concedere che fedeli possano acquistare l'Indulgenza plenaria come sopra è stato esposto, e dispone che questa concessione venga pubblicata. Con il presente decreto la Sacra Penitenzieria eseguisce la decisione del Sommo Pontefice sopra riferita. / Contrariis quibuslibet non obstantibus / Roma, dalla Penitenzieria Apostolica, 14 dicembre 1985 / Luigi Card. Dadaglio, Penitenziere Maggiore; Luigi De Magistris Reggente». Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione ―Sacrosanctum Concilium‖, 4 dicembre 1963, n. 14, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn° 23ss. 3 Giovanni Paolo II, Ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale durante la visita pastorale in Asia , in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. I, p. 461: «Sono molto lieto di salutarvi qui a Radio Veritas, in questa importante emittente 2 cattolica delle Filippine. Saluto voi tutti con grande cordialità e rispetto, perché quali corrispondenti, fotografi, esperti della radio e della televisione voi siete la scintilla di vita e lo spirito animatore dei vari moderni strumenti della comunicazione. Vi chiedo di essere sempre profondamente consapevoli della vostra responsabilità. Le immagini che riprendete, i suoni che registrate, i programmi che trasmettete, superano le barriere del tempo e dello spazio. Essi raggiungono e, in alcune forme, quasi istantaneamente i punti più remoti e le popolazioni più diverse del globo. Quanto le persone vedono e ascoltano nelle vostre trasmissioni e nei vostri commenti influenza profondamente il loro modo di pensare e di agire». 4 Giovanni Paolo II, Messaggio per la 14° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 1980: «Non c'è dubbio che i mass media costituiscano oggi una delle grandi forze che modellano il mondo, e che in questo campo un numero crescente di persone, ben dotate e altamente preparate, è chiamato a trovare il proprio lavoro e la possibilità di esercitare la propria vocazione. La Chiesa pensa a loro con 44 chiede da parte dei professionisti una preparazione e un impegno del tutto particolare: i ―mezzi‖, in questo senso, si offrono come un ―segno dei tempi‖, in quanto illimitato potenziale di comprensione universale nella prospettiva della fraternità tra tutti i popoli. Le autorità ecclesiastiche indicano come compito prioritario dei nuovi mezzi di comunicazione nella rete planetaria quello di ―far conoscere‖: Internet, in particolare, viene inteso come nuovo pulpito per l‘evangelizzazione, di cui la Chiesa può e deve servirsi per raggiungere le grandi masse. Questo spiega, ad esempio, la presenza ormai capillare sulla Rete di Diocesi, Conferenze Episcopali, Ordini Religiosi, Movimenti ecclesiali. Questa sottolineatura sembra principalmente legata alla priorità dell'evangelizzazione, per cui il vantaggio di Internet è quello di favorire un formidabile flusso di informazione e di opinione 1. In questo modo, ci troviamo già pienamente inseriti nella dinamica vitale del ―far sapere‖ – far sapere la Buona Novella –, il che mostra come, per la Chiesa, sia la chiave informativa ad apparire prioritaria. Tuttavia, non basta essere presenti in Rete. Dobbiamo al contempo interrogarci sulla qualità ‗connettiva‘ della nostra offerta evangelizzativa virtuale. L‘implicazione per l‘evangelizzazione è assai chiara: prima di tutto, ognuno può diventare evangelizzatore, ovvero offrire il suo contributo alla testimonianza (anche senza grande conoscenza ed abilità professionale); in secondo luogo, il messaggio ―internettamente più comunicabile‖ sarà anche quello meno concettuale, che mira a coinvolgere tutti gli utenti e tutti gli agenti. Ripassa in penombra la chiave del ‗dialogo col mondo‘, che il concilio Vaticano II prospettava nella ―Gaudium et spes‖: davanti al ‗pulpito‘ ognuno ascolti nel silenzio... Ma, questo ritmo di linguaggio è proprio lo spazio specifico di Internet nell‘esperienza antropologica? Internet offre alla Chiesa da una parte l‘opportunità di comunicare, uscendo dai linguaggi ermetici sulla fede 2, e dall‘altra parte quella di ―farsi capire, sentire, ascoltare‖, non esercitando una indebita pressione tramite gli strumenti della comunicazione sociale, ma imparando «le regole di questi linguaggi oggi nascenti» 3. In questo senso, l‘intento cristiano non sarà quello di ―imporre l'evangelizzazione alla comunicazione‖ (come se questa fosse una specie di nemico da sconfiggere) ma di ―tradurre comunicativamente l'invito alla fede nell'ambito del dialogo pubblico‖. Poiché, inoltre, la cibercomunicazione sconvolge le classificazioni già operate nell'esperienza umana e ridistribuisce i ruoli nella convivenza umana, essa ci obbliga a rivedere le nostre formulazioni teologiche. Non si tratta di ―adattare‖ la teologia alla comunicazione, ma di spingere la riflessione cristiana al di là delle sue attuali frontiere per poter offrire un annuncio credibile e significativo dopo lo sconvolgimento ed il ―potenziamento‖ mentale provocato dalla nuova comunicazione. Essa, in definitiva, ci obbliga a guardare oltre ciò che è già stato detto e formulato. Ancora, siamo di fronte, tramite la Rete, all‘avvento di una possibile coscientizzazione della comunità umana molto più ampia e profonda che in passato. La primissima evangelizzazione si trovò in presenza di una capacità di sentire e comprendere al di là dei limiti della propria lingua e cultura tutto ciò che gli Apostoli proclamavano – come attesta chiaramente il racconto della affetto sollecito e rispettoso e prega per essi. Poche professioni richiedono tanta energia, dedizione, integrità e responsabilità come questa, ma, nello stesso tempo, sono poche le professioni che abbiano un'uguale incidenza sui destini dell'umanità». 1 Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e Internet , 22 febbraio 2002, n. 6, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, nn° 77ss. 2 GIOVANNI PAOLO II, Allocution à l'occasion de la visite "ad limina" des évêques de Belgique , in «Acta Apostolicae Sedis», 1982 n° 74, p. 1158: «Souvenez vous aussi du problème de la communication. Les docteurs de la foi doivent fuir l‘hermétisme et même le langage simplement confus qui peuvent engendrer l‘ambiguïté. Les théologiens et leurs collaborateurs doivent en effet apprendre aux chrétiens à bien comprendre les événements et les bouleversements à travers lesquels leur foi chrétienne et leur vocation sont pratiquement en cause». GIOVANNI PAOLO II, Udienza all'assemblea plenaria della Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali , in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. I, p. 625. 3 45 Pentecoste (cf. At 2,1-11). Così, non sono stati gli Apostoli a diventare poliglotti ma sono stati gli ascoltatori a veder cadere le frontiere tra le lingue per comprendere tutti la stessa cosa. Proprio questa è una ulteriore chance di Internet: quella di far cadere la barriere linguistiche e culturali, originando una sovra-lingua e una sovra-cultura in cui tutti, anche alle distanze più svariate, possono riconoscersi, imparando a percepire gli altri come ―prossimi‖ e come ―affini‖. La scommessa è qui quella di creare luoghi e momenti interattivi di comunità 1. In questo senso, non sfuggono le opportunità rappresentate oggi dai cosiddetti social network, Facebook in testa, che offrono agli utenti la possibilità di radunarsi in comunità virtuali e di confrontarsi in tutta schiettezza. Queste assemblee ―internettiane‖ non possono certamente sostituire le assemblee ―in carne ed ossa‖ che si radunano nelle nostre chiese, in primo luogo le assemblee eucaristiche, ma possono forse diventare preparazione e prolungamento di quelle. Non a caso assistiamo, proprio in questi ultimi tempi, al proliferare di etichette cristiane proprio all‘interno dei più diffusi social network. Più recentemente, è venuta configurandosi come ulteriore chance offerta dalla Rete quella del dialogo interculturale, dialogo che la Chiesa auspica per promuovere la pace tra i popoli e la concordia tra le religioni e che la comunicazione multimediale a distanza riesce a promuovere in forme inedite 2. Del resto questo dialogo offre anche un chiaro contributo intraecclesiale: quello di favorire l‘inculturazione del Vangelo soprattutto presso le popolazioni più distanti, geograficamente e culturalmente, dall‘Occidente cristiano. Allo stesso tempo, il dialogo tra le fedi e le culture non deve sfociare nell‘indifferentismo e del relativismo: Internet, infatti, presta il fianco ad una concezione larvatamente ―commerciale‖ della fede, proponendosi quasi come un supermercato del sacro in cui ciascuno acquista ciò che soddisfa i propri bisogni individualisti e trascura tutto il resto. Anche nell‘epoca di Internet resta invece chiaro che solo Cristo è il salvatore del mondo, che il suo messaggio non accetta parzializzazioni o unilateralismi, e che tutto ciò che di genuino si trova disseminato nelle culture dell‘umanità ha un misterioso legame con Cristo per mezzo dell‘azione invisibile dello Spirito Santo 3. IL SORGERE DELLA VIRTUALITÀ SU CIÒ CHE SARÀ DI NOI E L‘INTERROGATIVO POSTO DALL‘ANTICIPAZIONE CIBERNETICA NELL‘ARTICOLARSI DELLA ‗NUOVA COMUNICAZIONE‘ Ovviamente, non si parla neanche di un indirizzo consapevole in ambito comunicazionale o antropologico riguardo alla 'virtualità' ecclesialmente recepito (cfr supra, l‘antropologia comunicazionale)… Eppure si notano delle sottolineature significative che accompagnano l‘affermarsi della ‗virtualità‘, della ‗cibernetica‘, della ‗robotica‘ nel paesaggio multimediale, andando verso la fine del millennio. Dopo l‘intento di ministerializzazione dell‘iniziativa comunicativa ecclesiale con la visualità ravvicinata al di là delle distanze, nel momento in cui si afferma il richiamo iniziale all‘immaginario virtuale, si avrà –da parte degli organi di responsabilità ecclesiale- un ‗leitmotiv‘ per una diecina d‘anni sull‘‖etica‖ (della comunicazione...) come priorità nel considerare questi settori comunicativi 4. pubblicità, della Si pensava che la focalizzazione ‗moralistica‘ fosse stata superata in un coinvolgimento multimediale massiccio da 1 Così pensa M. SIMON, Web 2.0. New Revolution in Church Growth, in «Internet» 2009, http:// www.opensourcetheology.net/node/1141. Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica in Internet , 22 febbraio 2002, nn° 1, 11, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, nn° 96, 114s. 3 È questo, come si sa, l‘insegnamento del Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre 1964, n° 16, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 326; ibidem, Decretum ―Ad gentes‖, 7 dicembre 1965, n. 7, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn° 1104ss. 4 Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica nella pubblicità, Città del Vaticano 1992; idem, Etica nelle comunicazioni sociali, Città del Vaticano 2000. 2 46 parte degli organi ecclesiastici, ma tutto rientra in questa tematica come puntualizzazione maggiore sotto la terminologia ‗etica‘ 1. Gli esponenti amministrativi e burocratici di quell‘epoca argomentano che l‘ambiente secolare sarebbe sensibile a questo approccio 2. Tutto l‘ambito comunicativo rientra in questo intento col rischio o di ridurre la comunicazione multimediale a un settore solo operativo dell‘esperienza umana o a considerare l‘esperienza umana prevalentemente sottoposta alla casuistica moralistica. Avendo chiarito solo parzialmente ciò che sia la comunicazione odierna, i precetti moralistici che si applicano ad essa potrebbero essere poco rilevanti, dato anche che non si tratta di ‗etica‘ nel senso che si da antropologicamente oggi a questo termine. Partendo dai principi cosidetti ‗etici‘ apparirà il confronto tra una comunicazione ‗reale‘ ed una comunicazione ‗fittizia‘, o ‗virtuale‘, o ‗irreale‘. Con questo marchio, tutto il discorso sulla potenzialità o sulla creatività di ciò che potrebbe essere ma ancora non è attuato prende una piega assai incerta. Il virtuale come fonte di ciò che potrebbe realizzarsi positivamente acquista una colorazione sospetta... Eppure vi sarà qualche inconsapevole riferimento a questa chiave da parte di responsabili ecclesiastici, guardando non solo alla prospettiva ‗informativa‘ (notizia da ‗sapere‘ su ciò che c‘è) ma anche ‗performativa‘ (anticipazione su ciò che viene, che ‗produce‘ fatti e ‗cambia‘ la vita) 3. Sarebbe interessante capire fino a che punto questo pontefice avesse minimamente colto la possibile convergenza tra ‗comunicazione performativa‘ e ‗comunicazione virtuale‘, dal ―linguaggio nostro‖ che egli si compiace a ribadire... Anzi, si farà un riferimento diretto all‘intento della fede proprio in questi termini di ‗comunicazione‘ (sempre nel linguaggio attuale che si vuole recepire e praticare) 4. Il fenomeno della nuova comunicazione si è affermato con la progressiva invasione planetaria e multidimensionale della rete di Internet, a seguito delle tappe decisive compiute dalla comunicazione massmediale negli ultimi quattro secoli. Da Internet stesso si prende coscienza del taglio ‗virtuale‘ nell‘esperienza a distanza che si sta prospettando (vedere supra, il paragrafo sull‘affermarsi della virtualità multimediale). Si parla all‘inizio del XXI secolo dell‘avvento di (nuove) tecnologie della comunicazione e dell‘informazione: (N)ICT in inglese, (N)TIC in italiano (leggi: nuove 1 tecnologie di informazione e comunicazione). Si utilizza pure il termine A differenza di ciò che sembra prospettarsi in M. C. Carnicella, Chiesa e scienza delle comunicazioni sociali, in «Ricerche Teologiche», 1991 n° 2, pp. 297-315. 2 Si possono ricordare ciò che si compiacevano di ripetere l‘allora Presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali ed il Segretario di quel dicastero J. Foley e P. Pastore. 3 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Spe salvi‖, 30 novembre 2007, Città del Vaticano 2007, etiam in «Internet» 2007, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html: «2. Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una «buona notizia» – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo «informativo», ma «performativo». Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova». 4 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Spe salvi‖, 30 novembre 2007, Città del Vaticano 2007, etiam http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html: in «Internet» «9. Nel 2007, Nuovo Testamento questa attesa di Dio, questo stare dalla parte di Dio assume un nuovo significato: in Cristo Dio si è mostrato. Ci ha ormai comunicato la «sostanza» delle cose future, e così l'attesa di Dio ottiene una nuova certezza. È attesa delle cose future a partire da un presente già donato. È attesa, alla presenza di Cristo, col Cristo presente, del completarsi del suo Corpo, in vista della su a venuta definitiva. Con hypostole invece è espresso il sottrarsi di chi non osa dire apertamente e con franchezza la verità forse pericolosa. Questo nascondersi davanti agli uomini per spirito di timore nei loro confronti conduce alla «perdizione» ( Eb 10,39). «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza» – così invece la Seconda Lettera a Timoteo (1,7) caratterizza con una bella espressione l'atteggiamento di fondo del cristiano». 47 cybercommunication o cibercomunicazione, dove cibernetica sta per scienza dei sistemi o delle strategie umane 1. Possiamo prevedere, senza temere di essere smentiti, che le mutazioni della nuova comunicazione multimediale interpersonale ed a distanza toccheranno l‘esperienza umana nel sapere dell‘intelletto, nell‘azione operativa, nelle modalità di vita 2. Non si può più interpretare il fenomeno come parziale, o periferico, o ristrettamente tecnico-meccanico: esso coinvolge tutta la persona e tutta la comunità umana nelle mutazioni che implica. In questo modo, il ciberspazio potrebbe configurarsi come l'aperto crogiuolo di tutte le problematiche umane nelle loro diverse scelte, sentimenti e discernimenti 3. Si tratterebbe di una fase del tutto nuova dell‘esperienza umana 4. Con l‘avvento di Internet, l‘informazione diventa capace di creare una interconnessione di tutti i dati su tutto e su tutti, al punto che i campi specifici dell‘azione, del pensiero, dell‘emotività, devono necessariamente interagire l‘uno con l‘altro. L‘interconnettività e la interdisciplinarietà diventeranno insostituibili, in vista di un discernimento operativo di fronte alla raccolta di infinità di dati. È evidente che la galassia della nuova comunicazione si inserisce, da un punto di vista culturale ed antropologico, nel vasto orizzonte della cosiddetta globalizzazione, intesa generalmente come tendenza della società planetaria contemporanea a creare una prossimità virtuale al di là delle distanze spaziali e temporali per avvicinare il più possibile persone e gruppi 5. Al riguardo, gli orientamenti di vertice della Chiesa cattolica tendono a guardare la globalizzazione in modo tendenzialmente benevolo, anche se non esente da rischi, come quello di creare nuove divaricazioni economiche e culturali tra le varie parti del globo 6. Non mancano, allo stesso tempo, prese di posizioni cristiane che invocano una global governance in grado di guidare dall‘alto il processo di globalizzazione e di scongiurarne i pericoli 7. Più restrittivo ancora è l‘accenno alla comunicazione-globalizzazione dell‘enciclica di avvio del pontificato degli anni 2006 in poi: si vede il mondo ‗più piccolo‘ sia dai ―mezzi di massa‖ sia dalla globalizzazione, ciò Cfr G.R. Boulanger, Qu‘est-ce que la cybernétique? , in AA. VV., Le dossier de la cybernétique, Paris 1968, pp. 13s; L. Ectors, Intelligence, instinct et cybernétique, in AA. VV., Le dossier de la cybernétique, Paris 1968, pp. 168s; F.E. Mairlot, La cybernétique, science de l'invariant, et son impact sur la solution de problèmes réels , in AA. VV., Scientific method and actual problems, Namur 1975, p. 36. 2 Cfr l‘intervento autorevole di K. Annan, Development and International Cooperation in the Twenty-first Century. The Role of Information Technology in the Context of a Knowledge-based Global Economy. Report of the Secretary-General. E/2000/52, I. Introduction, in «Internet» 1 2009, http://www.un.org/documents/ecosoc/docs/2000/e2000-52.pdf, p. 6: «The central purpose and effect of this phenomenon is an escalating and all-pervasive capacity to harness, access and apply information and diffuse knowledge at electronic speed to all walks of human activity. This is revolutionizing not only processes of production and consumption and modes of organization but also the way people live, work and interact with each other. Information and knowledge have thus emerged as a central, strategic factor of economic and social progress. Today, countries are increasingly judged by whether they are information-rich or information-poor». Cf. P. Manzelli, Le nuove teorie di sviluppo della mente e le nuove tecnologie di apprendimento. Strategie per condividere la progettazione e gestione di sistemi complessi di formazione continua on line , in «Internet» 2009, http://www.chim1.unifi.it/ group/education/index.html. 4 Cf. E. Brooks – N. Heyman – J. Pyon, Social Interaction on the Internet. An Application of Erving Goffman's Sociological Theories , in 3 «Internet» 2009, http://socserv2.mcmaster.ca/ soc/courses/soc4j3/stuweb/cyber9/front.htm. 5 Cf., tra i tanti contributi, J. Leigh, Reflections of Babylon. Intercultural Communication and Globalization in the New World Order , in «Internet» 2009, in «Internet» 2007, http://globalization.icaap.org/content/ v4.1/leigh.html. 6 Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica in Internet, 22 febbraio 2002, n. 4, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n° 101; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in America‖ , 22 gennaio 1999, n° 20, in «Acta Apostolicae Sedis», 1999 n° 91, p. 761. Così pensa la Conferenza dei Vescovi della Comunità Europea: cf. COMECE, Global Governance. Trasformare la globalizzazione in un opportunità per tutti. La nostra responsabilità in merito , Bruxelles 2001, p. 5: «Nello spazio di una generazione, l‘interdipendenza economica 7 globale si è sviluppata ad un ritmo straordinario. Questo sviluppo, generalmente chiamato globalizzazione, è la conseguenza di un enorme progresso tecnologico e della determinazione, evidenziata dalle decisioni politiche, di aprire alla concorrenza, sia interna che estera, le economie nazionali. Tale processo è destinato a continuare: non si fermerà né si invertirà. Finora, la globalizzazione ha portato miglioramenti ed opportunità per molte persone in molte parti del mondo. Tuttavia, molti non sono stati in grado di adeguarsi a tale processo e sono perciò rimasti esclusi dal suoi benefici venendosi a trovare così in una posizione di svantaggio. Se, da una parte, la globalizzazione consente di sperimentare l‘incontro di un mondo di diversità e di maggiore efficienza, dall‘altra essa suscita timori per la perdita dell‘identità culturale. La global governance si presenta come la chiave per garantire, da un lato, che gli impatti positivi della globalizzazione siano rafforzati e, dall‘altro, che i suoi aspetti potenzialmente negativi siano mitigati». 48 dal punto di vista delle opere caritative 1. Sorprende che neanche una nota di documentazione rimandi a qualche fonte ecclesiale autorevole sulla comunicazione multimediale a distanza. Rimane emblematico il modo di evocare il succo della comunicazione nello ‗stare insieme‘ mentre tutto in essa è movimento di impulsi sempre più rapidi ed tentativamente istantanei. La statica appare come sottofondo tranquillo di un tale pensiero. L‘interessante priorità della carità viene posta, però, dal solo lato della ‗strumentalità che toglie le distanze‘ e non da ciò che la nuova comunicazione offrirebbe di più profondamente umano e specifico: la nascita di una nuova coscienza comune di sensibilità ai bisogni più urgenti e di apertura al richiamo morale verso i meno favoriti, una ‗anima o coscienza dalla connettività di rete planetaria‘ (vedere infra sulle trasformazioni antropologiche della nuova comunicazione). Come per la ‗meccanica‘ dei mezzi, ci sarà un meccanismo della globalizzazione politico-sociale per ‗far funzionare‘ la carità... Là dove i ‗mezzi‘ vanno al di là del loro ‗statuto strumentale‘ ed entra direttamente a costituire il vivo della configurazione umana di pensiero, azione ed emotività, si parlerà di ‗abissi del male‘ e di ogni tipo di distorzione in vista della ‗manipolazione delle coscienze‘: siamo sempre nel tipo di dualismo tra ‗interiorità totale delle coscienze‘ e ‗mezzi che rappresentano la realtà‘ ovvero ‗lo spirito‘ segregato dalla ‗materia‘ 2. Tutto sarà riassunto nella formula sulla comunicazionalità multimediale ―questo pericoloso mutamento della loro funzione‖ (ibidem). Sarà sempre il potere clericale di vertice a ‗definire la loro funzione‘: quanto siamo lontani dalla metodologia e dal sincero approccio della ―Gaudium et spes‖ (cfr supra). E, quasi cinicamente si conclude il brano dicendo che vi sono ―questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili‖ (cfr nella stessa nota). Si arriva al colmo, nel brano, chiedendosi se i media debbano continuare ad 1 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Deus Caritas est‖ (sull‘amore cristiano), (25 dicembre 2005), Città del Vaticano 2005, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est_it.html: «73. a) I mezzi di comunicazione di massa hanno oggi reso il nostro pianeta più piccolo, avvicinando velocemente uomini e culture profondamente diversi. Se questo « stare insieme » a volte suscita incomprensioni e tensioni, tuttavia, il fatto di venire, ora, in modo molto più immediato a conoscenza delle necessità degli uomini costituisce soprattutto un appello a condividerne la situazione e le difficoltà. Ogni giorno siamo resi coscienti di quanto si soffra nel mondo, nonostante i grandi progressi in campo scientifico e tecnico, a causa di una multiforme miseria, sia materiale che spirituale. Questo nostro tempo richiede, dunque, una nuova disponibilità a soccorrere il prossimo bisognoso. G ià il Concilio Vaticano II lo ha sottolineato con parole molto chiare: « Oggi che i mezzi di comunicazione sono divenuti più rapidi e le distanze fra gl i uomini quasi eliminate [...], l'azione caritativa può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità » [1]. D'altro canto — ed è questo un aspetto provocatorio e al contempo incoraggiante del processo di globalizzazione — il presente mette a nostra disposizione innumerevoli strumenti per prestare aiuto umanitario ai fratelli bisognosi, non ultimi i moderni sistemi per la distribuzione di cibo e di vestiario, come anche per l'offerta di alloggio e di accoglienza. Superando i confini delle comunità nazionali, la sollecitudine per il prossimo tende così ad allargare i suoi orizzonti al mondo intero. Il Concilio Vaticano II ha giustamente rilevato: « Tra i segni del nostro tempo è degno di speciale menzione il crescente e inarrestabile senso di solidarietà di tutti i popoli » [2]. Gli enti dello Stato e le associazioni umanitarie assecondano iniziative volte a questo scopo, per lo più attraverso sussidi o sgravi fiscali, gli uni, rendendo disponibili considerevoli risorse, le altre. In tal modo la solidarietà espressa dalla società civile supera significativamente quella dei singoli». ([1] Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 8. / [2] Ibid., 14.) Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla", 24 gennaio 2008, Città del Vaticano 2008, 2 etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben- xvi_mes_20080124_42nd-world-communications-day_it.html: «3. L‘umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale quanto ho scritto nell‘Enciclica Spe salvi circa l‘ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze. Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano ―la formazione etica dell‘uomo, nella crescita dell‘uomo interiore‖ (ibid.)? La loro straordinaria incidenza nella vita delle persone e della società è un dato largamente riconosciuto, ma va posta oggi in evidenza la svolta, direi anzi la vera e propria mutazione di ruolo, che essi si trovano ad affrontare. Oggi, in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto ruolo di informazione, ma per ―creare‖ gli eventi stessi. Questo pericoloso mutamento della loro funzione è avvertito con preoccupazione da molti Pastori. Proprio perché si tratta di realtà che incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana (morale, intellettuale, religiosa, relazionale, affettiva, culturale), ponendo in gioco il bene della persona, occorre ribadire che non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente praticabile. L‘impatto degli strumenti della comunicazione sulla vita dell‘uomo contemporaneo pone pertanto questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili». 49 essere asserviti al protagonismo indiscriminato senza neanche un esame di coscienza sul protagonismo al quale si sottomettono i poteri clericali di vertice... Proseguendo nella superficialità, si nota poi un paragrafo aggiunto (n° 4) sulla dimensione antropologica (dunque nella congiunzione spirito-materia) dell‘assetto comunicazionale, passando dalla dicitura ‗mezzi di comunicazione sociale‘ a quella di ‗comunicazione sociale‘, con lo stesso indirizzo indirizzo di voler ‗fare la lezione‘ su ciò che deve essere la comunicazione invece di cercare di comprendere il fenomeno antropologico (come dicevano Giovanni XXIII e Paolo VI, cfr supra) 1. La ‗sparata‘ sulla ―info-etica‖, a nome di ‗più di qualcuno‘, sembra del tutto fuori correttezza se usata senza riferimento ai suoi autori – chissà con certi diritti sulla formulazione?). Oltre a questi pronunciamenti generali sul tema della globalizzazione, la Chiesa si confronta ormai anche con la questione specifica della nuova comunicazione, in modo tale che sia possibile elaborare una vera e propria riflessione teologica al riguardo, che ci permetta di comprendere in che modo anche la cibercomunicazione entra con pieno diritto di cittadinanza nella missione della Chiesa e quali mutamenti comporta (o comporterà) nella stessa autocoscienza ecclesiale. Ciò che si constata è comunque una certa incertezza dell'attuale discernimento ecclesiale, particolarmente per la Chiesa cattolica, ragione per cui si passa talora da una visione sommamente pessimistica e reprobativa a momenti di approvazione quasi euforica. L'ambiguità si acuisce, poi, per il fatto che questo doppio modo estremo di qualificare la comunicazione coesiste parallelamente, secondo i momenti e le occasioni, magari in uno stesso documento 2. Nella istruzione pastorale Communio et Progressio, applicazione del decreto conciliare Inter Mirifica, si trova la domanda, posta proprio nella conclusione del documento: «Stiamo forse entrando in un era nuova della comunicazione? [...] Sono in gioco, nel panorama comunicativo di oggi, mutamenti quantitativi o non anche qualitativi?» 3. Una speranza anima questo interrogativo conclusivo: la cibercomunicazione offrirà una occasione di dialogo più intenso in seno alla comunità umana! Questa è, in fondo, la grande chance offerta alla Chiesa di oggi: venire a dialogo con il mondo contemporaneo e con coloro che lo popolano. Il compito della Chiesa si situa, dunque, molto meno al livello dell‘―utilizzare gli strumenti‖, e molto più al livello dell‘―essere Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla", 24 gennaio 2008, Città del Vaticano 2008, 1 etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben- xvi_mes_20080124_42nd-world-communications-day_it.html: «4. Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millenn io. In maniera non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della famiglia, e nell‘ambito delle grandi questioni contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco dimensioni costitutive dell‘uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell‘uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito, un‘―info-etica‖ così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita». A. Joos, Nuova comunicazione e Chiesa. Internet e (N)TIC: riplasmare la Chiesa, Parte II. Le Chiese nel fenomeno comunicativo: recepirlo e plasmarsi in esso. Traguardi della nuova comunicazione, in «Internet» 2007, http://www.webalice.it/joos.a/NC-C-IN1.pdf (edizione 2007 l‘edizione 2010 aggiorna e riprospetta le edizioni precedenti). Cfr ad esempio, il documento Etica nella pubblicità, del 1997, di cui scrive F. Brune, Un ralliement au culte de la marchandise. Le Vatican absout la publicité, in «Le Monde diplomatique», avril 1997, p. 32 «Le problème, 2 c‘est que les arguments opposés dans ce document s‘opposent mutuellement. La publicité est à la fois dénoncée dans ses abus et pleinement légitimée dans son principe, dans sa réalité actuelle, laquelle mène à ces abus... Glissant ainsi plus ou moins sciemment de l‘innocence relative de la publicité, comme production isolée, à la justification du système publicitaire, comme discours dominant, nos auteurs s‘exposent à de dangereuses naïvetés... Mais voilà: si l‘autorité ecclésiastique ne parvient pas à s‘attaquer à ce pouvoir en tant que tel, c‘est peut-être qu‘elle caresse l‘innocent désir de s‘en approprier des miettes». 3 Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Istruzione pastorale ―Communio et Progressio‖, 23 maggio 1971, n° 181, in «Acta Apostolicae Sedis», 1971 n° 63, p. 641. 50 presenti nel dialogo pubblico‖. Nascerà così, ed anzi sta già nascendo, un nuovo tipo di presenza cristiana nel nostro tempo, sollecitato ―dal di fuori‖ della stessa struttura ecclesiastica. Occorre integrare il messaggio stesso in questa ―nuova cultura‖ creata dalla comunicazione moderna. È un problema complesso, perché questa nuova cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici 1. Papa Wojtyła, infine, ha dedicato uno dei suoi ultimi documenti, la lettera apostolica Il rapido sviluppo, proprio ai responsabili delle comunicazioni sociali, invitando la Chiesa, in un‘epoca di comunicazione globale, a prendere coscienza «che l'uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante della propria missione nel terzo millennio», anche se essa non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella ―nuova cultura‖ che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano 2. Nel documento il Papa indica l‘importanza dei media per la formazione della personalità e della coscienza, l'interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l'articolazione delle fasi educative e formative, l'elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica. Per questo Giovanni Paolo II considera i media «un patrimonio da tutelare e promuovere» e vorrebbe che la Chiesa offrisse il suo contributo «per una migliore comprensione delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli attuali sviluppi delle comunicazioni sociali» 3. Più recentemente, si ritornerà al riferimento prioritario che tratta dei ‗mezzi‘ e ‗strumenti‘ delle comunicazioni sociali, in senso –poi- assai negativo per quanto tendono a compiere nella loro (un‘altra volta, sembrava una formulazione dimenticata!!...) omnipervasività 4. Emblematico, nella prospettiva ratzingeriana è il legame tra ‗mezzi di comunicazione sociale‘ e mondo ‗tecnologico‘ industriale, situandosi così in un tacito dissenso con quello che la coscienza ecclesiale aveva potuto recepire negli ultimi anni di consapevolezza. Ancora più caratteristico è la differenza –sempre più o meno implicita- tra la dinamica comunicazionale multimediale e la ‗comunicazione-comunione-dialogos‘ 1 5. Il mondo della ‗comunicazione-dialogo‘ non sembra Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Istruzione pastorale ―Communio et Progressio‖, 23 maggio 1971, n° 181, in «Acta Apostolicae Sedis», 1971 n° 63, p. 641. 2 Cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n° 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265. 3 Cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n° 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265. 4 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del Vaticano 2009, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben- xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Connessa con lo sviluppo tecnologico è l'accresciuta pervasività dei mezzi di comunicazione sociale. È ormai quasi impossibile immaginare l'esistenza della famiglia umana senza di essi. Nel bene e nel male, sono così incarnati nella vita del mondo, che sembra davvero assurda la posizione di coloro che ne sostengono la neutralità, rivendicandone di conseguenza l'autonomia rispetto alla morale che tocca le persone. Spesso simili prospettive, che enfatizzano la natura strettamente tecnica dei media, favoriscono di fatto la loro subordinazione al calcolo economico, al proposito di dominare i mercati e, non ultimo, al desiderio di imporre parametri culturali funzionali a progetti di potere ideologico e politico». 5 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del Vaticano 2009, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben- xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «4. Perché piena di verità, la carità può essere dall'uomo compresa nella sua ricchezza di valori, condivisa e comunicata. La verità, infatti, è ―lógos‖ che crea ―diá-logos‖ e quindi comunicazione e comunione. La verità, facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose. La verità apre e unisce le intelligenze nel lógos dell'amore: è, questo, l'annuncio e la testimonianza cristiana della carità. Nell'attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero, vivere la carità nella verità porta a comprendere che l'adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e 51 avere niente a che vedere con i ‗mezzi della comunicazione sociale – tecnologia‘. Anzi, la loro dinamica informativa non comprende dall‘offerta informativa stessa un maggiore incentivo alla ‗libertà‘ 1. L‘informazione –riconosciuta come piattaforma di apertura alla libertà- si trova rimandata allo statuto di ‗strumentalità‘, ovviamente poco ‗umanizzata‘ ed ‗umanizzabile‘... Il salto alle valutazioni precedenti di quasi un secolo si conferma riguardo alla dinamica comunicazionale... Sarà la speculazione ‗antropologica‘ ad imprimere a questi strumenti una ‗finalizzazione‘ corretta 2. Un tipo di dualismo appare così tanto più chiaramente tra ‗valenza antropologica‘ e ‗strumentalità tecnologica‘... Dalla densità profonda occorrerà ‗imporre‘ il taglio umano ai ‗mezzi‘ (che non sono altro che ciò!!)... La convergenza tra ‗comunicazione multimediale‘ e ‗globalizzazione‘ accuisce poi ogni contrapposizione... Di fronte a questa articolazione astratta, il predecessore si staglia con nitidezza: i media sono stati uno dei tanti linguaggi che Giovanni Paolo II ―ha parlato‖, insieme a quelli della modernità e della storia 3. Eppure, vi sono interventi occasionali del Papa Benedetto XVI che scivolano da quel livello tecnologico a quello della ‗connettività profonda‘ qual‘è il dialogo, il rispetto, l‘amicizia, l‘amore reciproco, e ciò dalla stessa connettività multimediale a distanza 4... L‘incertezza del discernimento al vertice sembra totale. proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività». 1 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del Vaticano 2009, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben- xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Ciò vuol dire che essi possono divenire occasione di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un'immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. I mezzi di comunicazione sociale non favoriscono la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti, semplicemente perché moltiplicano le possibilità di interconnessione e di circolazione delle idee. Per raggiungere simili obiettivi bisogna che essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale. Infatti, nell'umanità la libertà è intrinsecamente collegata con questi valori superiori. I media possono costituire un valido aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l' ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell'universale partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto». 2 Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del Vaticano 2009, etiam in «Internet» 2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben- xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Data la loro fondamentale importanza nella determinazione di mutamenti nel modo di percepire e di conoscere la realtà e la stessa persona umana, diventa necessaria un'attenta riflessione sulla loro influenza specie nei confronti della dimensione etico-culturale della globalizzazione e dello sviluppo solidale dei popoli. Al pari di quanto richiesto da una corretta gestione della globalizzazione e dello sviluppo, il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico». Cfr G. D‘Ascenzo – M. Morcellini, L‘Enciclica dei gesti. Prefazione, in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una enciclica mai scritta, Roma 2003, p. 7. 4 Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLIII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia", 24 maggio 2009, in «Internet» 2009, 3 http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20090124_43rd-worldcommunications-day_it.html: «Sebbene sia motivo di meraviglia la velocità con cui le nuove tecnologie si sono evolute in termini di affidabilità e di efficienza, la loro popolarità tra gli utenti non dovrebbe sorprenderci, poiché esse rispondono al desiderio fondamentale delle persone di entrare in rapporto le une con le altre. Questo desiderio di comunicazione e amicizia è radicato nella nostra stessa natura di esseri umani e non può essere adeguatamente compreso solo come risposta alle innovazioni tecnologiche. Alla luce del messaggio biblico, esso va letto piuttosto come riflesso della nostra partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol fare dell‘intera umanità un‘unica famiglia. Quando sentiamo il bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle meglio e farci conoscere, stiamo rispondendo alla chiamata di Dio – una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio, il Dio della comunicazione e della comunione. Il desiderio di connessione e l‘istinto di comunicazione, che sono così scontati nella cultura contemporanea, non sono in verità che manifestazioni moderne della fondamentale e costante propensione degli esseri umani ad andare oltre se stessi per entrare in rapporto con gli altri. In realtà, quando ci apriamo agli altri, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più profondi e diventiamo più pienamente umani. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore. Naturalmente, non parlo di passeggere, superficiali relazioni; parlo del vero amore, che costituisce il centro dell‘insegnamento morale di Gesù: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (cfr Mc 12,30-31). In questa luce, riflettendo sul significato delle nuove tecnologie, è importante considerare non solo la loro indubbia capacità di favorire il contatto tra le persone, ma anche la qualità dei contenuti che esse sono chiamate a mettere in circolazione. Desidero incoraggiare tutte le persone di buona volontà, attive nel mondo emergente della comunicazione digitale, perché si impegnino nel promuovere una cultura del rispetto, del dialogo , dell‘ amicizia». 52 Non è difficile intuire qui la rapida euforia degli ideatori di questo brano –con qualche accenno di edificante sentimentalismo- riguardo alla nuova comunicazione... 53