A. JOOS (NC-C-IN1) (edizione 2010)
NUOVA COMUNICAZIONE E
CHIESA.
COME RIPLASMARE
L’ESPERIENZA DI FEDE
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NEW COMMUNICATION AND CHURCH: HOW TO RESHAPE THE EXPERIENCE OF FAITH
INDICE
INTRODUZIONE GENERALE: LE PREMESSE
-I- DIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE NELLE SUE INCIDENZE SULL‘ESPERIENZA UMANA
-II- DIACRONIA DELLE VALUTAZIONI DEI RESPONSABILI ECCLESIALI ROMANI SUL FENOMENO DELLA
COMUNICAZIONE
-III- ALLE SORGENTI DELLA DIACRONIA DI COMUNICAZIONE CRISTIANA. LIBERA EVOCAZIONE
DELL‘ITINERARIO DI FEDE NEL SUO AVVIO
PARTE I – SINCRONIA DELLE MUTAZIONI DELL‘ESPERIENZA UMANA NELLA NUOVA COMUNICAZIONE
A – IPOTESI SULLA RIDISTRIBUZIONE DELL‘ESPERIENZA UMANA ORGANICAMENTE INTEGRATA E
AUTOGESTITA SENZA ACCENTRAMENTO
B. IMPLICAZIONI E CONSEGUENZE PER LA COMUNITÀ E LA PERSONA
1° L‘INTELLETTO – IL SAPERE
2° L‘OPERATIVITÀ – L‘AGIRE
3° L‘EMOTIVITÀ – IL COINVOLGIMENTO VISSUTO
PARTE II – INTERROGATIVI POSTI DALLE MUTAZIONI COMUNICAZIONALI UMANE ALL‘ESPERIENZA
DELLA FEDE
A – DALLA PRESA DI COSCIENZA UFFICIALE ECCLESIALE SULLA RILEVANZA DELLA COMUNICAZIONE
AL RIBALTAMENTO DELLE PROSPETTIVE
1° IL FENOMENO DELLA NUOVA COMUNICAZIONE
2° LA SUA SPECIFICITÀ MEDIATICA
3° LA SUA INCIDENZA SULLA PERSONA E LA COMUNITÀ
B – DALLE PRIORITÀ DI FEDE DA TRASMETTERE ALLE SCOMMESSE PER RIPLASMARNE LA
COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE A DISTANZA
1
La discussione rimane del tutto aperta sul modo di intitolare questa riflessione. Una
dicitura abbastanza facilmente reperibile è quella anglosassone ―new media‖ – ―i nuovi media‖ su
cui esiste una letteratura e commenti vari 1. Invece di ‗nuovi media‘, ci siamo fermati alla parola
‗nuova comunicazione‘ per il nostro titolo generale. La ragione di questa scelta si trova proprio
nell‘uso che si è fatto di ‗media‘, ‗mezzi‘ e ‗strumenti‘ della ‗comunicazione sociale‘ per tanto
tempo in ambito ecclesiale e magari clericale, con una connotazione specifica: la comunicazione è
estrinseca in quanto ‗sociale‘ in seno all‘esperienza umana ed è materiale in quanto strumentale.
Essa rimane una esteriorità o un ‗contorno‘ della specificità umana. Tale cosificazione della
comunicazione sembra dover essere superata con un linguaggio adatto. Sappiamo però che la
rapidità con la quale si percorre oggi questo ambito in continua accelerazione ci espone a dover
incessantemente rivedere il nostro modo di parlare. Siamo dunque nella situazione di dover
aggiornare e rivedere senza tregua le varie terminologie secondo i salti e le incognite dell‘indagine
intrapresa. A questo punto, il nostro riferimento alla ‗nuova comunicazione‘ non dovrebbe
implicare nessuna ideologia, ma corrisponde solo alla preoccupazione di non rimanere prigionieri
di una impostazione ecclesiastica passata e di poter innanzi tutto ‗de-cosificare‘ l‘approccio al
fenomeno che vogliamo esaminare al meglio. Vi sono poi le specificazioni ulteriori: ―Internet‖ e
―(N)TIC‖ ([nuove] tecnologie di informazione e di comunicazione). Non si usa indistintamente od
obbligatoriamente la qualifica di ‗nuove‘ a causa della crescente accelerazione delle ‗novità‘ in
tecnologia e della compenetrazione continua di ciò che già esisteva con ulteriori potenzialità
multimediali, digitali, elettroniche, ecc., che si scoprono. Internet mantiene tutta la sua rilevanza
tra le tecnologie di informazione e di comunicazione recenti, pur se la ‗rete‘ si presenta con delle
ambizioni antropologiche ben più coinvolgenti che la sola ‗tecnologia‘.
L‘introduzione generale si apre sulla diacronia (nei tempi recenti) e la sincronia
(nell‘attualità) comunicativa (la storia recente ed il presente). Si cercherà anche di accennare a
possibili anticipazioni della nuova comunicazione in certi contesti ‗fondanti‘ della Chiesa stessa e
della sua metodologia di presenza nel mondo e a se stessa.
1
WIKIPEDIA FREE ENCYCLOPEDIA, New Media, in «Internet» 2008, http://en.wikipedia.org/wiki/New_media: «While the term New Media is
disputed - the technologies involved are now up to 25 years old, and therefore not new in the sense of recent innovations - Manovich has
argued forcefully against the alternative term digital media in The Language of New Media (2001). Manovich contends that a digital process
is one which is based on sampling a continuous (analog) one from the real world in order to re-present it. While computer based media fit
into this description, as data is converted into binary code, so too does cinema - which functions by sampling time into a series of discrete
images which are then played in rapid succession. Consequently, the term digital media signifies too broad a range of technologies for
Manovich to consider it to be of any value within academic discourse. Andrew L. Shapiro (1999) argues that the "emergence of new, digital
technologies signals "a potentially radical shift of who is in control of information, experience and resources" (Shapiro cited in Cro teau and
Hoynes 2003: 322). W. Russell Neuman (1991) suggests that whilst the "new media" have technical capabilities to pull in one direction,
economic and social forces pull back in the opposite direction. Thus, although social changes will occur, they "will be evolutionary, not
revolutionary" (Croteau and Hoynes 2003: 322). According to Neuman, "We are witnessing the evolution of a universal interconnected
network of audio, video, and electronic text communications that will blur the distinction between interpersonal and mass communication
and between public and private communication" (Neuman cited in Croteau and Hoynes 2003: 322). Neuman argues that New Media: * will
alter the meaning of geographic distance. * Allow for a huge increase in the volume of communication. * Provide the possibility of increasing
the speed of communication. * Provide opportunities for interactive communication. *Allow forms of communication that were previously
separate to overlap and interconnect. In place of the vague, hype infused terms often used to describe new media such as digitality,
hypertextuality and interactivity, Manovich presents what he purports to be the principles of new media - which are not to be understood as
fixed as laws - but general ways in which new media function.[1] These principles are listed as- 1. Numerical Representation 2. Modularity 3.
Automation 4.Variability 5.Transcoding».
([1] Manovich, Lev (2001). "The Language of New Media". MIT Press, Cambridge, Massachusetts. pg. 20.)
2
Esiste un altro possibile termine da mettere come testata della nostra ricerca: la ―(nuova)
società di comunicazione e di informazione‖. Organismi internazionali hanno coniato la
terminologia che si apparenta a questa formulazione. Anche qui, il fatto di non scegliere tale
espressione-chiave non è ispirata ad un presupposto teorico. Si tratta, prudenzialmente, di non
legare troppo strettamente ‗comunicazione‘ e ‗società‘, che ricorda lo stesso intralcio della dicitura
‗comunicazione sociale‘, con tutto il peso che il termine ‗sociale‘ potrebbe ereditare dalle
impostazioni sociologiche della metà del secolo XX. Visto che la premessa antropologica è sempre
più incisivamente prioritaria nell‘indagine sulla comunicazione multimediale umana, sembra anche
doveroso lasciare il campo di analisi il più aperto possibile.
Il titolo complessivo menziona infine ―riplasmare la Chiesa‖ (reshape). Si tratta
dell‘implicazione che si potrà cogliere dall‘indagine stessa. In una parola: se la nuova
comunicazione è quella che è, la Chiesa non potrà rimanere quello che era… La nostra riflessione
servirà a trarre degli insegnamenti dalla comprensione più ampia e profonda del fenomeno per
poterlo meglio recepire nel percorso di vita ecclesiale.
--------------------------------------------------Dispense del corso in: «Internet» 2010
www.webalice.it/joos.a/http://www.webalice.it/joos.a/NEW_COMMUNICATION_AND_CHURCH__NUOVA_COMUNICAZIONE_E_CHIESA.html (testo del corso in italiano, formato pdf).
3
INTRODUZIONE GENERALE: LE PREMESSE.
DIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE
-IDIACRONIA DELLA NUOVA COMUNICAZIONE
NELLE SUE INCIDENZE SULL’ESPERIENZA
UMANA
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
GENERAL INTRODUCTION. DIACHRONICAL AND SYNCHRONICAL PREMICES IN ORDER TO
CONFRONT THE PHENOMENON OF THE UPCOMING NEW COMMUNICATIONS
Il fenomeno della nuova comunicazione si afferma a partire della progressiva invasione
planetaria e multidimensionale della rete di Internet, a seguito delle tappe decisive compiute dalla
comunicazione massmediale negli ultimi quattro secoli. Si parla –all‘inizio del XXI secolodell‘avvento di ―(nuove) tecnologie della comunicazione e dell‘informazione‖: (N)ICT in inglese,
(N)TIC in italiano. Le mutazioni della nuova comunicazione multimediale interpersonale ed a
distanza toccheranno l‘esperienza umana nel sapere dell‘intelletto, nell‘azione operativa, nelle
modalità di vita
1.
Non si può più interpretare il fenomeno come parziale, o periferico, o
strumentalmente esterno, o ristrettamente tecnico-meccanico, riguardo alla persona ed alla
comunità umana. Esso coinvolge tutta la persona e tutta la comunità umana nelle mutazioni che
implica. Occorre una indagine antropologica per valutarne ed interpretarne la rilevanza propria. Si
dovrà impostare una ‗antropologia comunicazionale‘ che tragga dal fenomeno stesso una
comprensione più ampia e più profonda di ciò che sta avvenendo.
Spetta alla nostra ricerca di confrontare questa comprensione antropologica con il
discernimento
ecclesiale che ha accompagnato
il progressivo
affermarsi del fenomeno
comunicativo. Si sa che il rapporto Chiesa-mass media, dalla libera editoria in poi, è stato
travagliato e si è mantenuto assai problematico. Anche questo confronto passato dovrà essere
brevemente trattato, per dare pieno spazio alle scommesse attuali ed alle prospettive ipotetiche
per il domani.
Occorre situare l‘evento comunicativo oggi nel suo quadro più ampio, sia a livello
dell‘esperienza umana sia nell‘ambito della presa di coscienza ecclesiale, capace di aprire la
visuale al raggio complessivo delle dimensioni ed implicazioni del fenomeno. Le premesse per un
Kofi Annan (UNITED NATIONS Secretary-General), Development and international cooperation in the twenty-first century: the role of
information technology in the context of a knowledge-based global economy. Report of the Secretary-General. E/2000/52, I. Introduction , in
1
«Internet» 2005, http://www.un.org/documents/ecosoc/docs/2000/e2000-52.pdf (p. 6): «The central purpose and effect of this
phenomenon is an escalating and all-pervasive capacity to harness, access and apply information and diffuse knowledge at electronic speed
to all walks of human activity. This is revolutionizing not only processes of production and consumption and modes of organization but also
the way people live, work and interact with each other. Information and knowledge have thus emerged as a central, strategic factor of
economic and social progress. Today, countries are increasingly judged by whether they are information-rich or information-poor».
4
confronto e l‘articolazione di una riprospezione dell‘iniziativa ecclesiale necessita il rinvio ad una
comprensione antropologica aperta della dinamica comunicativa dalle sue tappe di affermazione
nei tempi recenti.
Ogni tappa della affermazione comunicativa di massa ha una sua rilevanza antropologica
propria, che risulta dall‘indagine ormai ben articolata sul fenomeno. Questa indagine rappresenta
uno studio ed un tema specifico di ricerca e di insegnamento 1.
* 1° la libera editoria di massa - Gutenberg, libri stampati meccanicamente nella lingua del popolo... (inizio generalmente
convenuto dell'evento comunicativo complessivo, concomitante con: la Riforma del XVI secolo / il Rinascimento /
l'umanesimo / i 'tempi moderni' / le esplorazioni planetarie).
------------------------------------------------------------------L'ESPANSIONE ACCELERATA DELL'INTELLETTO RIFLESSIVO CON LIBERO ACCESSO ALLA DOCUMENTAZIONE DEL SAPERE
------------------------------------------------------------------* 2° la libera stampa di attualità coinvolgente - giornali, opuscoli / foglietti polemici tatticamente diffusi... (secondo
momento incisivo della configurazione comunicativa, con il momento storico concomitante: la rivoluzione francese /
l'emancipazione secolare / le colonizzazioni).
-------------------------------------------------------------------L'INCISIVITÀ MOLTIPLICATA DELL'AZIONE SECOLARE CIVILE NEI RAPPORTI VIA LA STAMPA, ESTESI AI PIÙ DISTANTI
-------------------------------------------------------------------* 3° il 'dire-udire' comunicativo nell'audio tecnologico a distanza - microfoni, amplificatori, radio, dischi, altoparlanti...
(terzo momento della espansione comunicativa dall'inizio di questo secolo, concomitante con - i regimi totalitari Germania, Giappone, URSS.. e la seconda guerra mondiale / i 'blocchi').
-----------------------------------------------------------------------LA SOLLECITAZIONE PRIORITARIA DELL'EMOTIVITÀ NELL'ESPERIENZA COMUNICATIVA DEL DIRE E DELL'ASCOLTARE
------------------------------------------------------------------------* 4° il vedere mediatico ravvicinato: fino al video domestico-ravvicinato a colori - foto, fumetti, cinema, TV, videocassette...
(quarto momento della affermazione del fenomeno comunicativo, concomitante con - il passaggio dai blocchi USA,URSS,CINA,... allo scioglimento incerto delle configurazioni politiche).
---------------------------------------------------------------------------L'AZIONE DE-STRUTTURATA NELLA VISUALITÀ IN UNA APPARENTE PASSIVITÀ, CON UNA PARTICOLARE INCISIVITÀ
'SIMBOLICA'
------------------------------------------------------------------------------* 5° l'informatica pianificatrice dell‘esperienza umana - la computerizzazione, la cibernetica, l'intelligenza artificiale, le reti
planetarie via satellite, le fibre ottiche (quinto momento comunicativo maggiore, concomitante con - la tappa dallo
scioglimento di configurazioni politiche compatte ad altre piattaforme talvolta arcaiche di gestione e comprensione).
-------------------------------------------------------------------------------L'ARTICOLAZIONE MENTALE DE-STRUTTURATA NELL'INFORMAZIONE SI ORGANIZZA IN UNA ASSENZA DI 'PRINCIPI' E SCHEMI
PRESTABILITI
----------------------------------------------------------------------------------* 6° la virtualità multimediale, la digitalizzazione - ricostruzione del passato, anticipazione creativa, immaginario come
sorgente dell'esperienza (con il momento storico concomitante, (sesto passo ipotetico dell'esperienza comunicativa: la fine
del secolo e del millennio).
----------------------------------------------------------------------------------LO SCIOGLIMENTO DEGLI STANDARTS DELLA CONFIGURAZIONE EMOTIVA NELL'EVENTO COMUNICATIVO
Delle valenze antropologiche specifiche risultano da queste sei tappe iniziali del fenomeno
massmediale, che annunziano ulteriori aperture nel processo comunicativo multimediale a
distanza. Si parlerà della ‗diacronia‘ delle fasi di affermazione della comunicazione massmediale.
1
La
documentazione
informativa
a
riguardo
è
raccolta
in
modo
più
esauriente
alla
pagina
parallela
del
sito:
http://www.webalice.it/joos.a/COMMUNICATIONAL_ANTHROPOLOGY_-_ANTROPOLOGIA_COMUNICAZIONALE (testo del corso in italiano,
formato pdf). Si rinvia a questa indagine per una migliore conoscenza del fenomeno. Ci limitiamo, qui, al riassunto condensato su questa
indagine antropologica.
5
▄ libera editoria di massa ▌ Gutenberg, libri stampati meccanicamente in lingua del popolo.. (Riforma del XVI secolo /
umanesimo / esplorazioni)
-----------------------------------------------------IL SALTO DOCUMENTATIVO CHE ESPANDE L'INTELLETTO
Quale messaggio?
PLURALITÀ DI LINGUAGGI
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ stampa d'attualità di rapida diffusione ▌ giornali, opuscoli polemici tecnicamente diffusi... (rivoluzione francese /
emancipazione secolare / colonizzazioni / modernità)
-----------------------------------------------------------LA MOLLA D'ATTUALITÀ CHE SPINGE ALL'AZIONE
Quali vie di esperienza partecipata?
COMPLEMENTARIETÀ OPERATIVA
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ audio tecnologico a distanza ▌ microfoni, amplificatori, radio, dischi, altoparlanti..(regimi totalitari -Germania,
Giappone, URSS...- e seconda guerra mondiale / i blocchi)
-----------------------------------------------------------L'INCISIVA EMOTIVITÀ NELL'AUDIO
Quale coinvolgimento complessivo delle persone?
L'IMPATTO PUBBLICO DEL DIALOGO
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ video tecnologico ravvicinato ▌ foto, fumetti, cinema, TV, video..(dai blocchi -USA,URSS,CINA,...- allo scioglimento)
-----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELL'IMMAGINE (DELL'AGIRE)
Quale flessibilità operativa?
LA INTER-CULTURALITÀ
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ informatica di memorizzazione ▌ computerizzazione, cibernetica (post-modernità)...(dallo scioglimento ad ulteriori
piattaforme di gestione e comprensione)
-----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELL'INFORMAZIONE (DEL PENSARE)
Quale modifica di impostazione riflessiva?
LA INTER-DISCIPLINARIETÀ
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ virtualità multimediale ▌ simulazione, immaginario (dalla non normatività del 'reale' al distacco emotivo) ----------------------------------------------------------LA DE-STRUTTURAZIONE NELLA VIRTUALITÀ (DELL'EMOTIVITÀ)
Quale modifica di sensibilità umana?
LA MULTIMEDIALITÀ PLASMATRICE DI ESPERIENZA
6
-IIDIACRONIA DELLE VALUTAZIONI DEI
RESPONSABILI ECCLESIALI ROMANI SUL
FENOMENO DELLA COMUNICAZIONE
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Seguiamo –per puntualizzare la presa di coscienza e le prese di posizione delle autorità
ecclesiastiche sulla comunicazione- la progressione in sei tappe maggiori dell‘affermazione del
fenomeno comunicativo nei nostri tempi, come si è già chiarito dall‘indagine dell‘antropologia
comunicazionale che abbiamo appena riassunto nel paragrafo precedente e che rinvia al testo
completo indicato qui sopra.
▄ 1° la libera editoria di massa.
Atteggiamento riservato della Chiesa di comunione romana: INDICE DEI LIBRI (Diritto canonico (contro-Riforma)
1917/1983) fino alle traccie del 1992: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE ( Istruzione su alcuni aspetti
dell'utilizzo degli strumenti della comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede)
════════════════════════════════════════════════════════════
▄ 2° la stampa d'attualità multisettoriale.
Atteggiamento travolto della Chiesa romana: CONDANNE DELLA LIBERTÀ DI DIFFUSIONE, DI STAMPA (Gregorio XVI..., testi
magisteriali sul confronto tra libertà emancipata ed autorità divina/ecclesiastica, tra restaurazione e modernità; la libertà di
comunicazione veniva bollata come "deprecanda maledizione")
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▄ 3° l'audio tecnico a distanza.
Atteggiamento capovolto in senso positivo dell'autorità romana dopo la complessiva demonizzazione del fenomeno
comunicativo: COMUNICAZIONE RIDOTTA ALLA TECNICA, TECNICA COMUNICATIVA COME DONO DI DIO ( Miranda prorsus /
Inter mirifica in parte Communio et progressio)
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▄ 4° il video di percezione ravvicinata.
Atteggiamento di riconsiderazione della Chiesa cattolica romana: MINISTERIALIZZAZIONE (sotto l'autorità 'pastorale', la
prerogativa di 'usare' delle comunicazioni appartiene ai pastori) DELLA COMUNICAZIONE ECCLESIALE (concilio Vaticano II,
Inter mirifica / Diritto canonico 1983)
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▄ 5° l'informatica di memorizzazione e di organizzazione multilaterale del sapere.
Incertezza dell‘autorità ecclesiastica di fronte all‘omni-invasione informatica diffusamente considerata come ‗anarchia del
sapere‘ ed allo stesso tempo ‗nuovo areopago‘ planetario
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▄ 6° la virtualità multimediale.
Incertezza dell‘autorità ecclesiastica di fronte alla novità della prospettiva virtuale inizialmente compresa come ‗irrealtà
illusoria‘ di fronte alla salda compattezza del ‗reale‘
Ritroveremo le chiavi di preoccupazione ecclesiale ed i tre livelli maggiori della presa di
coscienza della Chiesa riguardo all‘evento comunicativo nel tentare di riprospettare l‘iniziativa
cristiana oggi. Se vogliamo accostare questo approccio antropologico con la presa di coscienza
7
cristiana, quale inquadratura ne verrebbe fuori? Qual'è stata la ritmica di inserimento della nostra
Chiesa in questa accelerazione della dinamica comunicativa nella storia recente? Tutti sanno che
non è stato un rapporto facile. Anzi, se le 'molle' maggiori scattano proprio nel contesto di crisi
notevoli per la gestione ecclesiale (Riforma e rivoluzione francese...), non sarà difficile
comprendere il disagio nel quale si trova il mondo della struttura ecclesiastica di fronte all'evento
comunicativo. Le indicazioni sono assai evocative in proposito e mostrano delle decisioni o dei
pronunciamenti ecclesiastici che sembrano mirare ad 'arginare', salto dopo salto, questa invadenza
apparentemente inarrestabile delle modalità comunicative della convivenza umana. Forse meglio
che in qualsiasi altro confronto tra 'antropologia' e 'visuale ecclesiale', si coglie -qui- il divario
profondo che distanzia la metodologia ecclesiastica dall'indagine antropologica che tenta di
discernere le 'molle' di percorso e le incognite dell'avventura umana. L'impressione, che lascia lo
schema qui sotto, tende a rafforzare la convinzione che l'autorità ecclesiastica si preoccupava
soprattutto di impedire dei 'cambiamenti' considerati nocivi. Può farsi facilmente strada l'idea che
la caratteristica principale dell'evento comunicativo sia proprio questo 'indebito cambiamento' da
fronteggiare. Ecco il punto sul quale potremmo focalizzare il legame con il nostro interrogativo di
partenza: e cioè in che modo e fino a che punto una 'indagine antropologica' potesse manifestare
soprattutto il 'trauma' vissuto dai cristiani o dalle Chiese... Più che mai, i 'cambiamenti' adombrati
sono di natura a scuotere la trafila del cammino cristiano, quale prospettato 'metodologicamente'
dalle autorità ecclesiastiche. È notevole, infatti che l'insofferenza si concentri prevalentemente su
una nuova 'metodologia' di convivenza umana. Sembra proprio a livello di questo 'metodo' del
'tutto scambiare' che si abbia difficoltà maggiori. Qual'è stata la ritmica di inserimento della Chiesa
romana in questa accelerazione della dinamica comunicativa nella storia recente? Tutti sanno che
non è stato un rapporto facile. Anzi, se le 'molle' maggiori scattano proprio nel contesto di crisi
notevoli per la gestione ecclesiale (Riforma e rivoluzione francese...), non sarà difficile
comprendere il disagio nel quale si trova il mondo della struttura ecclesiastica di fronte all'evento
comunicativo. Le indicazioni sono assai evocative in proposito e mostrano delle decisioni o dei
pronunciamenti ecclesiastici che sembrano mirare ad 'arginare', salto dopo salto, questa invadenza
apparentemente inarrestabile delle modalità comunicative della convivenza umana. L'impressione,
che lascia lo schema che segue, tende a rafforzare la convinzione che l'autorità ecclesiastica si
preoccupava soprattutto di impedire dei 'cambiamenti' considerati nocivi. In un primo periodo si
può rilevare un atteggiamento di diffidenza e ostilità nei confronti della stampa, anche in
conseguenza del fatto che, soprattutto con la nascita dei giornali. Con la nascita del cinema, della
radio, della televisione e, infine, dei new media, si avrà un‘evoluzione volto al superamento della
preoccupazione moralistica 1. Sarà un lungo e difficoltoso cammino in cui, fino a 250 anni fa,
anche la libertà di pensiero era vista come un «pestifero contagio». Il fenomeno comunicativo
appare come una ‗perversione‘ della convivenza umana: dissolutezza nella rovina della sua
devastazione 2. Si arriverà a una sorta di ‗elenco‘ degli errori nati dalla ‗modernità‘, promulgato
l‘8 dicembre 1864, prende il nome di ―Sillabo‖, costituito da 80 proposizioni divise in 10 capitoli,
in cui si rifiuta la laicità delle istituzioni, la separazione della Chiesa dallo stato, la piena libertà di
1
Cfr M.C. Carnicella, Chiesa e scienza delle comunicazioni sociali , in «Ricerche Teologiche», 1991 n° 2, pp. 297-315.
2
Clemente XIII, Lettera Enciclica ―Christianae reipubblicae‖, 25 novembre 1766, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, vol. 1, Bologna 1996,
n° 644: «La salvezza della società cristiana [...] ci costringe a essere vigilanti, affinché l‘insolente e turpe dissolutezza dei libri che da oscuri
nascondigli è emersa per la rovina e la devastazione, non diventi tanto più pericolosa, quanto più si diffonde, divulgandosi di giorno in
giorno. La perversità dell‘esecrabile errore e l‘audacia dei nemici che semina con scritti e parole la zizzania in mezzo al grano,
particolarmente in questi tempi è cresciuta a tal punto che, se non colpiamo con la falce alla radice e non leghiamo i cattiv i germogli in fasci
per bruciarli, poco manca che le piante spinose della malvagità, ormai spuntate, si volgano a soffocare la piantagione del Signore delle
schiere».
8
culti e di stampa. È difficile trovare un documento della Chiesa che abbia suscitato una reazione
tanto vasta e profonda nell‘opinione pubblica che, fin dal momento della sua pubblicazione, è
diventato il simbolo dell‘oscurantismo cattolico 1. Il Sillabo viene promulgato insieme all‘enciclica
Quanta cura, che supera la Mirari vos per la durezza del tono e la visione unicamente negativa
della società contemporanea, nella «nostra tristissima età» 2. Può farsi facilmente strada l'idea che
la caratteristica principale dell'evento comunicativo sia proprio questo 'indebito cambiamento' da
fronteggiare. Ecco il punto sul quale potremmo focalizzare il legame con il nostro interrogativo di
partenza: e cioè in che modo e fino a che punto la promessa informativa 'cambia' l'impostazione
etica, tanto da essere percepito come 'trauma'... Percorrendo le varie tappe di 'reazione' della
nostra Chiesa di fronte all'evento comunicativo, nei suoi inizi, si capisce anche meglio la lentezza
con la quale la prospettiva comunicativa si sia fatta strada nella coscienza ecclesiale cattolica di
comunione romana. Inutile dire che questo tipo di tensione è tipico dei rapporti della nostra
Chiesa con la dinamica ed il fenomeno comunicativo. Il nostro itinerario non può non tenere conto
di questa difficoltà di partenza, per seguire -passo a passo- la travagliata accoglienza cristiana
dell'evento e della scommessa comunicativa odierna.
LA LIBERA EDITORIA
DEL SAPERE
AUTONOMAMENTE
DOCUMENTATO
E
GESTITO
NELLA
CONOSCENZA MOLTIPLICATA
La comunicazione nuova, in senso moderno, ha inizio con la libera editoria di massa.
L‘editoria tipografica va considerata come un primo passo in se, dato che include in se diversi
elementi che si specificheranno poi in modo più particolareggiato. I primi tentativi tipografici
risalgono al 1452, anno in cui Johann Gensfleish Gutenberg conquista la notorietà con l'invenzione
della stampa a caratteri mobili. Tale scoperta non può che ricevere, almeno inizialmente, una
buona accoglienza da parte della Chiesa, considerando lo sgravio di lavoro per gli amanuensi, per
la maggior parte della giornata impegnati nel ricopiare testi per l‘insegnamento universitario, per
la vita dei conventi e per le funzioni liturgiche 3. In tutta Europa, e poi altrove, le prime stamperie
s‘impiantano nelle abbazie, nelle residenze episcopali e nelle università ecclesiastiche, nelle quali
vengono pubblicate bibbie, testi liturgici, classici latini e testi scolastici 4. Oltre un migliaio di
tipografi sono presenti in Germania alla fine del XV secolo, un centinaio presso l‘abbazia di
Subiaco e una ventina a Roma 5. Se questa è stata la positiva reazione iniziale, tuttavia ben presto
sorgono delle apprensioni per i contenuti degli stampati in circolazione: siamo al tempo di Lutero,
della nascita della Riforma, e ciò lascia intravedere le difficoltà che avrà la Chiesa nel porsi
obiettivamente
di
fronte
al
nuovo
fenomeno
della
libera
diffusione
del
pensiero
6.
L‘approfondimento, lo studio, la ricerca delle fonti, infatti, imprimono un‘accelerazione al lavoro
intellettuale, che ormai non può essere più gestito all‘interno del controllo ecclesiastico 7. In quegli
1
Cfr in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, vol. 2, Bologna 1996, p. 146.
2
Pio IX, Lettere enciclica ―Quanta cura‖, Roma 1864, n° 318, n° 317: «…scellerate trame degli empi, che come flutti di mare tempestoso
spumano le proprie turpitudini, e promettendo libertà, mentre sono schiavi della corruzione, con le loro ingannevoli opinioni e con
dannosissimi scritti hanno cercato di demolire le fondamenta della religione cattolica e della società civile, di distruggere ogni virtù e
giustizia, di corrompere le menti e i cuori di tutti, di far traviare gli incauti e specialmente l‘inesperta gioventù dalla retta disciplina dei
costumi, e corromperla miserevolmente, farla cadere nei lacci dell‘errore, e infine strapparla dal seno della chiesa cattolica».
3
Cfr J. B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna 1998, pp. 82-86.
4
Tra il 1465 e il 1494, nella sola Italia, si hanno 735 edizioni di 248 libri religiosi.
5
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 31.
6
Cfr quanto afferma R. McBrien, Catholicism, I, Minneapolis 1980, p. 87: «It is generally agreed that the so called modern period of world
history begins around 1500. Not coincidentally, it is just about the time of the disintegration of Christian unity in the West and the rise of
critical reasoning and scepticism. For whatever social, political, cultural or philosophical and religious reasons, our world has been decisively
shaped by the development of science and tecnology».
7
Cfr A. Joos, Teologia e comunicazione, in ISTITUTO TEOLOGICO MARCHIGIANO – ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE (sezione di
Fermo) (edd.), Atti del convegno su "Teologia, interpretazione, comunicazione", in «Firmana», 1993 n° 2, p. 63.
9
anni, inoltre, la Chiesa romana non comprende l‘enorme mutamento che sta avvenendo nel
passaggio dalla cultura orale, fondata sul rapporto docente/discente, alla cultura della parola
stampata, caratterizzata dal rapporto diretto tra il lettore e il veicolo di cultura: perciò continua a
considerare il libro più come deposito di dottrine che come mezzo di comunicazione. Al
contempo, dal canto loro, Lutero e i riformatori utilizzano ampiamente almanacchi, fogli e libelli in
un‘opera sistematica di propaganda e di polemica nei confronti della Chiesa cattolica 1.
La Chiesa ha reagito alla prima affermazione 'di massa' dell'editoria con delle disposizioni
restrittive -basti pensare, poi, al quadro nel quale ciò si iscrive: la Riforma e l'umanesimo- che
diventerà ulteriormente il contesto nel quale si costituirà l'indice dei libri proibiti 2. In essi si
riconosce il tentativo di difendere, con tutti i mezzi a disposizione, la fede dai germi di
eterodossia: nel 1479 Papa Sisto IV, col Breve Accepimus litteras, approva e sostiene la prima
azione di prevenzione e repressione praticata dall‘Università di Colonia nei confronti di tipografi,
venditori e lettori che abbiano a che fare con libri «infetti di eresia» 3. Innocenzo VIII indirizza alla
Chiesa la Costituzione Inter multiplices 4, del 17 novembre 1487: dopo aver dichiarato la nuova
«vantaggiosissima ove faciliti la diffusione di libri utili e approvati», ma
«condannabilissima se i suoi artigiani ne usano in modo perverso», fissa la disciplina ecclesiastica
invenzione
in materia nei suoi tre momenti di produzione, di commercio e di lettura con queste disposizioni:
1) obbligatorio l‘esame previo ecclesiastico di tutti gli scritti destinati alla stampa; 2) permesso di
stampa solo agli scritti non contrari alla religione cattolica 5; 3) pene spirituali e pecuniarie a
quanti stampino, vendano, leggano o detengano presso di sé libri contravvenenti a dette
disposizioni; 4) distruzione, normalmente col fuoco, degli stessi libri 6. La stessa costituzione è
ripresa da Alessandro VI nel 1501 e riprodotta da Leone X nel decreto Inter sollecitudines (1515)
del concilio Lateranense V, considerato il primo provvedimento repressivo nei confronti della
Riforma. È del 1559, poi, la prima lista dell‘Indice dei libri proibiti, auspicato dal Concilio di Trento
e pubblicato da Pio IV con la bolla Dominici gregis custodiae nel 1564 7. È del 1559, poi, la prima
lista dell’Indice dei libri proibiti, auspicato dal Concilio di Trento. Con Sisto V, nel 1571 il
controllo si estende all‘intera produzione libraria ma, nonostante l‘azione repressiva della Chiesa
Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e
tecniche, Roma – Leumann (TO) 2002, p. 180.
2 E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, p. 60: «Una quarantina d'anni dopo l'invenzione, l'Università di Colonia comincia a proibire la
1
stampa, la lettura e la vendita di libri eretici: il 27 marzo 1479 Sisto IV la loda, l'incoraggia e la sostiene concedendole l'uso di censure
eccl
. 61:
che doveva
fissare, si può dire sino ai nostri giorni, la disciplina ecclesiastica circa la stampa -nei suoi tre momenti: produzione, commercio, lettura- su
queste disposizioni-base: 1) obbligatorio esame previo ecclesiastico di tutti gli scritti destinati alla stampa; 2) concessione del permesso
(Imprimatur) soltanto ai libri che non fossero contrari alla religione cattolica; 3) pene spirituali o pecuniarie a quanti stampassero,
vendessero, leggessero o tenessero presso di sé libri contravvenenti a queste disposizioni; 4) distruzione degli stessi libri, normalmente col
fuoco; e, dopo il Concilio di Trento, loro inserzione in un vincolante 'Indice dei libri proibiti'»; ibidem, pp. 61-62: «Infatti, l'Inter Multiplices di
Innocenzo VIII, il 1º giugno 1501 venne ripreso, quasi "ad litteram" nell'omonimo decreto di Alessandro VI; liberato poi dalle fioriture
curialesche che lo appesantivano, fornì il dispositivo della costituzione Inter sollicitudine (4 maggio 1515), promulgata da Leone X durante il
concilio lateranense V, perfezionato, questo, dalla Sollicita ac provvida, di Benedetto XIV (9 luglio 1753) e dall' Officiorum ac munerum, di
Leone XIII (26 genn. 1897) riguardante l'lndice dei libri proibiti, confluì nei canoni 1384-1405 del Codice di diritto canonico (1917), oggi
ancora in vigore».
3
Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 89.
4
Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 92.
5
Cfr l‘Imprimatur o sigillo ecclesiastico.
6
Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P.C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche,
Roma – Torino 2002, p. 180.
7
Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa, Roma 1969, doc. 117. L‘Indice è ancora operante nel Codice di diritto canonico del
1917 (al canone 1396) e viene soppresso solo dopo il Concilio Vaticano II, con una Notificazione della Congregazione per la Dottrina della
fede (in Acta Apostolicae Sedis 58, 1966, p. 415).
10
le pubblicazioni libere non cessano di aumentare. La politica del sospetto e della censura viene
perpetuata da Benedetto XIV con la costituzione Sollecita ac provvida (1753) e da Clemente XIII con
la Christianae reipublicae, ma non riesce a preservare la chiesa dagli sconvolgimenti causati
dall‘Illuminismo e dalle istanze rivoluzionarie. Tutti sanno quali sono stati i condizionamenti della
censura a livello dei libri. Ma, ciò che colpisce ancora di più sembra essere la somiglianza di
atteggiamento in un contesto e con uno stile radicalmente diverso: e cioè il 'dente avvelenato' della
"teologia del XX secolo" che non è altro che la 'tipograficità' (se si può dire così) della cultura
teologica
1.
Ovviamente, il discernimento sulla trasformazione radicale in atto non sembra
interessare particolarmente i teologi del nostro secolo. Eppure la emancipazione del pensiero,
dell'azione, dell'emozione, seguita dalla de-strutturazione della riflessione, della iniziativa
operativa e della penetrazione emotiva non potrà non marcare profondamente l'esperienza umana
e dunque cristiana. Il faticoso ingresso di questa tematica 'postmoderna' può però essere notata
nelle prospettive che si aprono oggi 2... Ma questo è -forse- già 'teologia del XXI secolo (vedere i
schemi iniziali della introduzione generale)?? Alcuni punti di aggancio possono, comunque essere
suggeriti. In questa insofferenza svanisce quasi la distinzione tra chi veniva bollato di
conservatorismo o di progressismo…
1
A. Dulles, The Church is Communications , , in «Multimedia International», 1972 nº 1, p. 14: «Twentieth century theology has been in large
part a reaction against the corrosive influences of print culture on the faith of the Church. Barthian Neo-Orthodoxy sought to escape from
the detached impersonality of print by a revival of faceto-face oral communication, as it had existed in New Testament times. NeoScholasticism tried to overcome scientism by a nostalgic reversion to medieval authoritarianism. Both these movements, while making
concessions to the needs of the times, were fundamentally reactionary. They sought vainly to operate within a communications system that
no longer existed».
2
A. Joos, Comunicazione e Teologia, in AA. VV., Dizionario di omiletica, Roma 1995, voce, comunicazione e teologia: «RAPPORTI GENERICI
TRA TEOLOGIA E COMUNICAZIONE. Il rapporto tra teologia e comunicazione si è progressivamente modificato, seguendo -d'una parte- gli
alti e bassi del rapporto tra Chiesa (le Chiese cristiane per un verso o la Chiesa cattolica di comunione romana per conto suo) e
comunicazione di massa, e -d'altra parte- le tappe del discernimento interculturale (antropologico) sul fenomeno comunicativo odierno. La
ricerca teologica sulla comunicazione è stata chiamata -in genere- "teologia della comunicazione". Questa dicitura (con la sua impostazione
connessa) è -ovviamente- superata oggi. Vi sono, peraltro, due modi di comprendere la così chiamata 'teologia della comunicazione':
secondo il primo si applicano i 'principi della teologia' all'impresa comunicativa complessiva, per il secondo si esamina come l'evento
comunicativo di oggi modifica le premesse teologiche stabilite o formulate nel passato. Il primo approccio parte dalla convinzione che la
'teologia' abbia già in se tutte le chiavi di articolazione per 'integrare' il fenomeno comunicativo (tutto sommato assai corcoscritto di fronte
alla totalità dell'agire e del sapere umano e cristiano di tutti i secoli). La seconda angolatura propone la ipotesi che la c omunicazione di
massa, tecnologica ed a distanza risdistribuisce a tal punto l'insieme dell'esperienza umana che essa modifica -pure- l'assetto pratico e
teorico della stessa configurazione ecclesiale nella sua 'praxis' (iniziativa pastorale) e nella sua 'theoria' (riflessione teologica). Sono -poinoti i due 'blocchi' interpretativi, assai compatti, tra favorevoli ed oppositori di fronte all'espandersi della 'comunicazione' (E. Baragli, L'inter
mirifica, Roma 1969, p. 77). L'esitazione tra due modi di intavolare il discorso teologico intorno alla comunicazione può essere rintracciato
nelle stesse prese di posizione della nostra Chiesa a misura che si affermò storicamente la svolta comunicativa. SEI MOMENTI DELLA RICERCA
TEOLOGICA SULLA COMUNICAZIONE. Si possono indicare sei momenti caratter
The Church is Communications
teologia cristiana ignora l'evento comunicativo -
a la comunicazione come appendice strumentale da articolare in funzione delle affermazioni
dell'istituzione ecclesiale -e. g. concilio Vaticano II, Baragli... ( Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa, Roma 1973; idem, L'Inter
mirifica, op. cit.)
(sociologica) della società -e. g. Consiglio ecumenico delle Chiese (assemblea di Uppsala), Lonergan, Dulles... (Cfr Th. J. Farrell - P. A.
Soukup, Communication and Lonergan, New York 1994; B. R. Bonnot, Theology of Communication
100-
-ecclesiale focalizza l'ambiguità dell'accentramento planetario della gestione comunicativa -e. g. il CEC dopo
1975, assemblea di Nairobi, teologie della liberazione... (Cfr
WORLD ASSEMBLY OF THE WORLD COUNCIL OF CHURCHES, Nairobi 1975
"Breaking Barriers"
sieme dell'esperienza umana (e
dunque cristiana) dal di dentro: la comunicazione è vista dinamicamente 'in fermento' e 'come fermento' -McLuhan, McBride, Carey, Miller,
Schramm... ( Cfr B. Dervin - L. Grossberg - B. J. O'Keefe - & E. Wartella, Rethinking Communication, vol. 1 and 2, Newbury Park 1989; D. C.
Whitney, Review Essay: Ferment in the Field
-143; cfr J. W. Carey, Mass Communication
research and cultural studies: An American view, in J. Curran - M. Gurevitch - J. Woollacott, Mass Communication and Society, Beverly Hills
1979, pp. 409-425; idem, Communication as Culture: Essay on Media and Society
metodi dall'evento comunicativo odierno (invertendo il rapporto tra teologia e comunicazione: dalla teologia che formula 'principi' per dire
alla comunicazione ciò che deve essere, alla comunicazione che dice alla teologia ciò che essa sta diventando nel paesaggio dell'esperienza
umana che si sta ri-inventando). Queste sei fasi sono da ri-inquadrare nel processo storico della comunicazione odierna, nelle sue tappe di
affermazione operativa...».
11
Le ‗case editrici cattoliche‘ avranno il compito di ‗servire la verità‘, con un parallelismo di
valutazione su questa editoria e sulla stampa di attualità, non esente di analogie un pò confuse tra
i due ambiti, riguardo alle loro priorità comunicative ed antropologiche 1. L‘editoria cattolica
riceverà un suo incorraggiamento ispirato alla priorità di una valorizzazione dell‘intelletto in seno
alla produzione comunicativa 2.
LA STAMPA DI ATTUALITÀ NEI CONFRONTI DELLA CONVIVENZA UMANA E NEL SORGERE
DELL‘OPINIONE PUBBLICA
Conviene –professionalmente parlando- staccare la dinamica dell‘affermazione della
stampa di attualità da quella dell‘autoproduzione della libera editoria. Si riconosce, anche in
ambito ecclesiale, che fu il mondo secolare a sostenere la libertà di stampa, di opinione e di
pensiero, non il mondo ecclesiastico 3. Ma, anche il mondo culturale ha difficoltà a riconoscere il
valore proprio della stampa di attualità, come gli illuministi e gli enciclopedisti francesi (tra cui
Diderot e Rousseau), che si rifiutano di ―sprecare‖ le loro fatiche intellettuali per il ―volgare‖
giornalismo
4.
Questo secondo momento dello sviluppo della stampa si rivela grazie agli
incitamenti all‘azione contenuti nei libelli, negli opuscoli e in altre agili pubblicazioni, e sfocerà
nella rivoluzione francese. Con la stampa di attualità, infatti, avviene l‘emancipazione
dell‘iniziativa umana da qualsiasi condizionamento ecclesiastico e civile ed il crollo di quella che
viene definita ―alleanza tra trono ed altare‖ 5. Un forte condizionamento della Chiesa nei confronti
della diffusione del libero pensiero è dovuto al fatto di aver associato la nascita dell‘opinione
pubblica alla caduta dell‘Ancien Régime e alla perdita dei privilegi ecclesiastici (anche perché il
periodo successivo alla rivoluzione avrà un carattere fortemente anticristiano
6),
senza però
considerare che una purificazione dagli elementi mondani avrebbe potuto avere effetti positivi per
una maggiore incisività e coerenza nell‘annuncio del messaggio cristiano. Per un secolo gli
interventi della Santa Sede non hanno avvertito la novità socioculturale rappresentata dalla
stampa-giornale, ormai divenuta necessario veicolo d‘informazione-attualità, in una società
sempre più caratterizzata dall‘importanza dell‘opinione pubblica. Gli interventi della Chiesa sono
prodotti quasi sempre come reazione agli attacchi della stampa anticlericale o alle deviazioni di
1
Giovanni Paolo II, Ad Langobardiae Regionis episcopis occasione oblata «ad Limina» visitationis coram admissos, in «Acta Apostolicae
Sedis», 1982, p. 408: «Almeno un accenno desidero dedicare anche alle case editrici cattoliche, che sono sorte ed hanno sede nella vostra.
regione. Sono numerose e costituiscono una ulteriore prova dell‘intelligenza e della ricchezza spirituale dei cattolici lombardi. Pur nel
rispetto della loro legittima autonomia, vanno segiiite, incoraggiate, assistite, affinché la loro attività rappresenti sempre un servizio alla
verità e alla formazione cristiana dell'opinione pubblica».
Pio XII, Missione e responsabilità degli Editori cattolici (Convegno degli editori cattolici, Castel Gandolfo 7-11-1954), in AA. VV., Documenti
pontifici sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, pp. 302-303: «Illuminare, nutrire, elevare gli spiriti e i cuori, è i1 dovere e
2
l'onore della stampa e particolarmente della stampa cattolica. Noi siamo certi che voi avete piena consapevolezza di questa alta missione, e
che impostate coraggiosamente e studiate attentamente i problemi intellettuali e morali concernenti la formazione e il perfezionamento degli
editori. Perciò sull'opera vostra, che è uno dei campi più importanti ed efficaci dell'apostolato dei laici, invochiamo l'abbondanza dei divini
favori, mentre a voi e a tutti gli Editori italiani qui rappresentati, ai vostri collaboratori, alle vostre famiglie, a tutti coloro che vi sono cari,
impartiamo di cuore la Nostra paterna Apostolica Benedizione».
3
E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 64: «Nella secolare lotta che ne seguì tra «libertà di stampa» e «difesa dell'ordine», soprattutto
mediante la censura, i «laici» furono pronti e decisi sostenitori della libertà: prima teorizzando -- in Inghilterra, l'Areopagitica, di J. Milton,
contro il Licensing Act, è del 1644 e l'Epistola de tolerantia, di J. Locke, è del 1689 --, e poi strappando diritti legali -- abolizione del
Licensing Act in Inghilterra nel 1695 --, anche costituzionali, come in America col Virginia's Bill of Right, del 1776, e, in Francia, con la
Déclaration des droits de l'Homme et du Citoyen, del 1791. La Chiesa, invece, preferì insistere soltanto sui danni, prodotti o temuti, dall'uso
della libertà fatta licenza, specialmente se a spese di ettori privi o scarsi di sussidi critici; denunciarli senza riposo e, come s'è visto, cercare
di limitarli ed arginarli con prescrizioni proibitive e repressive, anche invocando, finché le condizioni politiche glielo permisero, l'appoggio
dei «prìncipi cristiani »».
4
E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P.C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e tecniche ,
Roma – Torino 2002, p. 181.
5
Cfr A. Joos, Teologia e comunicazione, in ISTITUTO TEOLOGICO MARCHIGIANO – ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE (sezione di
Fermo) (edd.), Atti del convegno su "Teologia, interpretazione, comunicazione", in «Firmana», 1993 n° 2, p. 65.
6
Cfr G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, III: L‘età del liberalismo, Brescia 1994, pp. 14-20.
12
quella cattolica. La politica controrivoluzionaria può essere sintetizzata dall‘enciclica Mirari vos
(1832), con cui Gregorio XVI condanna l‘indifferentismo religioso insieme alla libertà di coscienza,
di stampa e di pensiero 1. Occasione dell‘enciclica è la posizione del cattolico Félicité Robert de
Lamennais, direttore del giornale L‘Avenir, primo quotidiano nella storia ispirato a principi
cristiano-cattolici, fondato nel 1830. Costui sostiene talune idee liberali respinte da Gregorio XVI
col nome di ―indifferentismo‖: sebbene Lamennais e il suo giornale non vengano nominati, la
censura è implicita, il che costituisce la prima condanna di un giornale (e per di più cattolico) da
parte della Chiesa 2. È ben noto il quasi capolavoro letterario nella formulazione latina di questo
tipo di valutazione ove la condanna della libertà di stampa tocca la soglia della solennità (quasi
‗infallibile!) 3. L‘enciclica ha come bersaglio il cattolico Félicité Robert de Lamennais, direttore del
giornale L‘Avenir, che sostiene le idee liberali respinte da Gregorio XVI col nome di
―indifferentismo‖: qui Lamennais e il suo giornale non vengono nominati ma la censura è implicita
4,
fatto che costituisce la prima condanna di un giornale (e per di più cattolico) da parte delle
autorità ecclesiastiche. Lamennais dapprima si sottomette e sospende la diffusione del suo
quotidiano, poi esce dalla Chiesa e difende la propria decisione nel libro Paroles d‘un croyant, in
cui riprende quanto espresso in precedenza. Gregorio XVI risponderà con un‘altra enciclica, la
Singulari Nos (1834) 5, in cui condanna anche il libro citato. Soltanto alla fine del XIX secolo, si
prende atto della esistenza dell'"attualità" e dell'"opinione pubblica" da parte dei vertici della
Chiesa cattolica di comunione romana 6. Nonostante il suo lungo pontificato, il successivo Papa Pio
Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion
delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37s: «E da questa inquinatissima sorgente dell‘―indifferentismo‖ scaturisce quell‘assurda ed
1
erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo a cui
appiana il sentiero quella piena e smodata libertà d‘opinare che va sempre alimentandosi a danno della Chiesa e dello Stato, non mancando
chi osa vantare con impudenza sfrontata provenire da siffatta licenza alcun vantaggio alla religione».
Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion
delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 38: «Eppure, purtroppo, vi sono di quelli che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante
2
protervia che questo inondamento di errori è più che abbondantemente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di
malvagità, si mette in luce per difesa della religione e della verità.
Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI, Roma 1901, p. 174, n. 15, etiam in AA. VV., Enchiridion
delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37s: «15 - Huc spectat deterrima illa ac numquam satis exsecranda et detestabilis libertas artis
3
librariae ad scripta quaelibet edenda in vulgus, quam tanto convicio audent nunnulli efflagitare ac promovere. Perhorrescimus, venerabiles
fratres, intuentes quibus monstris doctrinarum, seu potius, quibus errorum portentis obruamur, quae longe ac late ubique disseminantur
ingenti librorum multitudine libellisque et scriptis, mole quidem exiguis malitia tamen permagnis, e quibus maledictionem egressam
illacrymamur super faciem terrae. Sunt tamen, proh dolor!, qui eo impudentiae abripiantur, ut asserant pugnaciter, hanc errorum colluviem
inde prorumpentem satis cumulate compensari ex libro aliquo, qui in hac tanta pravitatum tempestate ad religionem ac veritatem
propugnandam edatur»; «15 - E qui conviene trattare di quella non mai troppo esecrata e condannata libertà di stampa, di tutto diffondere
nel pubblico, che con tanto clamore alcuni osano reclamare e promuovere. Inorridiamo, venerabili fratelli, vedendo da quante mostruose
dottrine o, per dir meglio, da quanti mostri di errori, siamo assaliti, che per lungo e per largo vengono dif fusi da valanghe di libelli e di scritti, scarsi di peso ma gravidi di malizia, dai quali erompe sulla terra una deprecanda maledizione. E, purtroppo, non manca chi non si
vergogna di affermare e di sostenere con forza che tanta massa di danni e di guasti viene più che compensata da qualche libro edito, in tanta
colluvie di mali in difesa della religione e della verità».
Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Mirari vos‖, 15-8-1831, in idem, Acta Gregorii XVI , Roma 1901, n° 38, etiam in AA. VV., Enchiridion delle
Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 37ss: «Eppure, purtroppo, vi sono di quelli che giungono alla sfrontatezza di asserire con insultante
4
protervia che questo inondamento di errori è più che abbondantemente compensato da qualche opera, che in mezzo a tanta tempesta di
malvagità, si mette in luce per difesa della religione e della verità».
5
Cf. Gregorio XVI, Lettera enciclica: ―Singulari Nos‖, 25 giugno 1834, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, nn. 48-
56.
6
E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, pp. 64-65: «Nel magistero di Leone XIII (1878-1903) la stampa comincia timidamente ad assumere
valore proprio. Non per nulla nel mondo le testate periodiche, che al principio del secolo toccavano le 3.000, nel 1896 toccheranno le
23.000. A lui, tra l'altro, il merito del primo discorso pontificio rivolto a giornalisti (22 febb. 1879) con un accenno alle «attualità»; nonché il
merito dei primi cenni alla libertà d'opinione («opinionum levitas» !) e sul fenomeno dell' «opinione pubblica»».
Pie XII, Discours prévu pour la clôture du IIIº Congrès international de la presse catholique (18 février 1950), in AA. VV., Documenti pontifici
sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, p. 219 : «L'opinion publique est, en effet, l'apanage de toute société normale composée
d'hommes qui, conscients de leur conduite personnelle et sociale, sont intimement engagés dans la communauté dont ils sont les membres.
Elle est partout, en fin de compte, l'écho naturel, la résonance commune, plus ou moins spontanée, des événements et de la situation
actuelle dans leurs esprits et dans leurs jugements».
13
IX si occupa poco della stampa, che considera semplicemente come una nuova «tecnica libraria».
Suo, comunque, è il merito di aver favorito la nascita de La Civiltà Cattolica, rivista dei padri gesuiti
fondata nel 1850. Egli, infatti, ritiene conveniente combattere il nemico con le stesse armi,
opponendo giornale a giornale, al fine di «neutralizzare il veleno ideologico, da quelli sparso a
intossicare le menti, e propagare le sane dottrine» 1. Il 1° luglio 1861, poi, uscirà per la prima volta
L‘Osservatore Romano, giornale ufficiale della Santa Sede. In quegli anni da molte parti del
cattolicesimo nasce l‘esigenza, di fronte ai fenomeni dell‘indifferentismo, del razionalismo,
dell‘anarchia e del comunismo, di raccogliere in un documento solenne gli errori ritenuti più
frequenti e pericolosi per condannarli uno per uno. Questo elenco, promulgato l‘8 dicembre 1864,
prende il nome di Sillabo, o catalogo degli errori moderni, ed è costituito da 80 proposizioni divise
in 10 capitoli, in cui si rifiuta la laicità delle istituzioni, la separazione della Chiesa dallo Stato, la
piena libertà di culti e di stampa 2. È difficile trovare un documento della Chiesa che abbia
suscitato una reazione più forte ed un‘opposizione tanto vasta e profonda nell‘opinione pubblica
come il Sillabo che, fin dal momento della sua pubblicazione, è diventato il simbolo
dell‘oscurantismo cattolico. Pur se occorre situarlo nel suo contesto storico e teologico, è difficile,
tuttavia, non vedervi la prova evidente dell‘arroccamento estremo di una Chiesa che cercava
affannosamente di puntellare un ordine costituito ormai definitivamente infranto, e di opporsi, in
modo anacronistico, alla società che avanza. Il Sillabo viene promulgato insieme all‘enciclica
Quanta cura, che supera la Mirari vos per la durezza del tono e la visione unicamente negativa
della società contemporanea, nella «nostra tristissima età» 3. In questo documento la Chiesa si
oppone alle scellerate trame degli empi, che come flutti di mare tempestoso spumano le proprie
turpitudini, e promettendo libertà, mentre sono schiavi della corruzione, con le loro ingannevoli
opinioni e con dannosissimi scritti hanno cercato di demolire le fondamenta della religione
cattolica e della società civile, di distruggere ogni virtù e giustizia, di corrompere le menti e i cuori
di tutti, di far traviare gli incauti e specialmente l‘inesperta gioventù dalla retta disciplina dei
costumi, e corromperla miserevolmente, farla cadere nei lacci dell‘errore, e infine strapparla dal
seno della Chiesa cattolica 4. Il mondo della comunicazione a distanza che si afferma fino a questo
punto rimane un ambito ‗estraneo‘ che occorre contrastare con argini di autodifesa. L‘iniziativa
‗cattolica‘ sarà fatta ‗in parallelo‘, con attrezzatura e personale propri. Chi si muove dal di dentro
nell‘iniziativa comunicativa autonoma sarà segnato dal sospetto di non essere del tutto ‗affidabile‘
per mancanza di totale sottomissione nella puntuale esecuzione delle direttive dall‘alto. La piega
di affidarsi preferibilmente ai ‗propri mezzi‘ piuttosto che sull‘aperto confronto o consenso sulla
piattaforma comune di scambio rimarrà un marchio della sensibilità del vertice romano...
Un'evoluzione positiva del rapporto tra Chiesa e stampa si registra con il pontificato di
Leone XIII (1878-1903), che con l‘enciclica Libertas praestantissimus del 1888 supera il
pessimismo di Pio IX e riconosce che la libertà di opinione e di espressione sono accettabili «nelle
questioni che Dio ha lasciato alla discussione degli uomini», laddove «è lecito [...] di sentir come
meglio ci aggrada, ed esprimere liberamente il proprio parere, poiché siffatta libertà non torna mai
di pregiudizio alla verità, e giova sovente a farla trionfare»
5.
Il Papa non esita, tuttavia, a
1
Tra virgolette sono riportate le parole di padre Carlo Maria Curci sj, fondatore e primo direttore della rivista.
2
Cfr H. Denzinger, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum , a cura di P. Hünermann, Bologna 1995,
n° 2901-2980.
3
Pio IX, Lettera enciclica: ―Quanta cura‖, 8 dicembre 1864, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, n. 318.
4
Pio IX, Lettera enciclica: ―Quanta cura‖, 8 dicembre 1864, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 2, n. 317.
5
Leone XIII,
Lettera enciclica‖Libertas praestantissimus‖, 20 giugno 1888, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 3,
n. 638.
14
denunciare la «sfrenata libertà di stampa» con cui «uomini amanti di novità» cercano «d‘impugnare
e di mettere in dubbio le eterne norme del vero e del giusto, di calunniare e di rendere invisa la
Chiesa» 1. In un passaggio della stessa enciclica avverte infatti 2. È Leone XIII, comunque, il primo
Papa a rivolgere un discorso pontificio ai giornalisti (22 febbraio 1879), accennando all‘importanza
della cronaca di attualità, che egli denomina «recentiorum factorum narratio», oltre che alla libertà
di opinione e al concetto di opinione pubblica 3. Sostanzialmente egli identifica la buona stampa
con la stampa religioso-cattolica, predicatoria ed elogiativa, incoraggiando il reclutamento e
l‘opera di giornalisti cattolici e sostenendo la necessità di opporre stampa a stampa, in aperto
duello fra bene e male. Nella restaurazione antimodernista da parte della Chiesa, la stampa ricopre
un ruolo di primo piano per la strategia romana di controllo della libertà di pensiero e di opinione
4.
Lo testimoniano gli interventi di Pio X (1903-1914) volti a denunciare la stampa antireligiosa,
anticlericale e soprattutto quella «infetta di modernismo» per opporre a essa la «buona stampa»
intesa come cattolica. Pio X combatte il modernismo con energia, definendolo «sintesi di tutte le
eresie» e individuando le sue radici nell‘agnosticismo, nel soggettivismo, nel relativismo,
nell‘immanentismo e nell‘evoluzionismo radicale. Nel settembre 1907 pubblica l‘enciclica Pascendi
dominici gregis, in cui annuncia una serie di provvedimenti tendenti a eliminare il modernismo
dalla Chiesa5: numerosi modernisti sono colpiti dalle più gravi censure ecclesiastiche; condanne e
soppressioni di libri e riviste non sufficientemente ortodosse, o anche solo dubbie, si susseguono
nel giro di mesi; mentre alcuni cattolici integralisti, riuniti in un organizzazione denominata
Sodalitium Pianum, diffondono periodici e bollettini, suscitando allarmi, spesso infondati,
denunciando persone insospettabili, montando accuse sproporzionate su piccoli indizi. Pio X ha
sempre mostrato speciale predilezione per questi giornali, senza cogliere i loro limiti e i pericoli
insiti nella loro politica 6, ed a lui risale il divieto di collaborazione con i giornali laici da parte degli
ecclesiastici. Dall‘altra parte, nel frattempo, La Civiltà Cattolica interviene mettendo in guardia dai
pericoli dell‘integralismo ed indicando la necessità di un lavoro metodico per formare veri cristiani,
mentre a Parigi, per merito di La Croix, giornale cattolico fondato nel 1880 dal padre
assunzionista Emmanuel d‘Alzon, si fa strada una visione più appropriata del giornalismo
cattolico, cioè quella di offrire ai lettori, alla luce della dottrina della Chiesa, una visione cristiana
delle vicende della vita pubblica.
Con Pio XI si arriverà persino ad una 'mostra' della stampa di attualità 7. Per quanto
riguarda la stampa, un importante evento di questo pontificato, il primo nel suo genere, è
1
E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 221.
2
Leone XIII, Lettera enciclica‖Libertas praestantissimus‖, 20 giugno 1888, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 3, n.
637. Le cose vere e oneste hanno diritto, salve le regole della prudenza, di essere liberamente propagate, e divenire il più possi bile comune
retaggio; ma gli errori, peste della mente, i vizi, contagio dei cuori e dei costumi, è giusto che dalla pubblica autorità siano diligentemente
repressi per impedire che si dilatino a danno comune».
3
Proprio per questa apertura, Pio X qualificherà Leone XIII come il «primo Papa della stampa».
4
È stato chiamato ―modernismo‖ un vasto ed eterogeneo movimento di pensiero cattolico, dilagante tra la fine dell'Ottocento e i primi del
Novecento, che cerca una conciliazione tra il pensiero moderno e la teologia cristiana. Si possono ricondurre al modernismo vari filosofi e
teologi tedeschi, inglesi, francesi ed italiani, i quali hanno cercato di adattare il pensiero cattolico ai nuovi tempi, abbandonando il rigido
formalismo della Chiesa ufficiale, spesso tuttavia con risultati assai opinabili: cfr tra l‘altro su questo G. Martina, Storia della Chiesa. Da
Lutero ai nostri giorni, IV: L‘età contemporanea, Brescia 1995, pp. 81-117.
5 Cfr Pio X, Lettera enciclica ―Pascendi dominici gregis‖, 8 settembre 1907, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 4, nn.
190-246.
6
Cfr G. Martina, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, IV: L‘età contemporanea, Brescia 1995, p. 99.
7
E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 66: «Un'aura nuova, invece, comincia a spirare col pontificato di Pio XI (1922-1939), che contò,
tra l'altro, I'Esposizione Internazionale della Stampa Cattolica, allestita nel Vaticano nel 1936. Ma la sensibilità del Pont efice per la potenza e
responsabilità della stampa d'informazione, anche non cattolica, non trova sviluppi dottrinali sistematici nelle sue esortazioni e nei suoi
discorsi improvvisati. Còmpito, invece, egregiamente assolto da Pio XII (1939-1958)»; nel 1925, per l‘Anno Santo, fu allestita una mostra
15
l‘Esposizione Internazionale della Stampa Cattolica, allestita in Vaticano nel 1936. Al febbraio
1939, dopo la morte di Pio XI, risale anche la nascita del servizio stampa vaticano, istituito da
monsignor Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI) con il compito di fornire ai giornalisti notizie
sul conclave che in seguito avrebbe eletto Pio XII. In questo modo, pur conservando remore e
diffidenze, il rapporto tra Chiesa e stampa muoveva comunque i primi passi per passare da un
regime di clandestinità ad una certa dimensione ufficiale 1. Ulteriormente, si vorrà garantire la
fondamentale identificazione della stampa di attualità con l‘editoria sulla base della sola ‗parola
scritta‘ che dovrà essere inquadrata come ‗stampa cattolica‘ 2. Un giornale si affermerà come
organo al quale si affida il pensiero ‗ordinario‘ del Papa, ―L‘Osservatore romano‖ 3. Si insisterà –
poi- sull‘autorevolezza ‗ufficiale‘ per la rivista vaticana ―Acta Apostolicae Sedis‖ 4. Il garantismo
formale di ‗riconoscimento ufficiale‘ si sentirà persino nella valutazione che si vorrà imporre a
proposito dei siti di Internet indicati come ‗cattolici‘, da parte dei vertici vaticani: nella stessa linea
di appartenenza cattolica di una ‗stampa cattolica‘ fino a quella dei ‗siti cattolici‘
5.
La
contraposizione rimane –però- la chiave interpretativa preferenziale dei responsabili ecclesiali: la
stampa di attualità rappresenta una ‗onnipotenza‘, situandola così nel gioco delle prevalenze di
potere nel contesto della convivenza umana politico-sociale 6. Ulteriormente, si metterà avanti la
capacità della stampa come supporto del ‗senso critico‘ (ma come aggiunta ai ‗mezzi audiovisivi‘)
7.
Il senso critico viene ancora considerato come elemento intellettuale-speculativo, non come
della Stampa cattolica sotto l‘insegna di ‗Veritas‘ (cfr Paolo VI, Allocuzione al Consiglio dell‘UCIP, in «Bulletin de la Commission pontificale
pour les communications sociales», 1975, p. 17).
1
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 57.
2
A.-M. Deskur, Speech of the President for the 50th anniversary of the Catholic Newspaper «Lehen is-sewwa» (Malta), in «Bulletin de la
Commission pontificale pour les communications sociales», 1978, p. 125: «It must not be thought, however, that in this age of ours, which
has come to be called the audiovisual era, the importance of the written word is in any way diminished. It was to the written word that the
Holy Spirit entrusted that ineffable -to use an expression of Pius XII- letter of God .to men which is Holy Scripture. The written word has
preserved the ineraseable evidence of the holiness of the Church throughout the centuries. The written word, in the form of the Catholic
Press, "veri nominis catholicum" as the text from the Second Vatican Council says, represents the modern form, necessary and authentic, of
the Church's pastoral apostolate (Decree Inter Mirifica, art. 14)».
3
Giovanni XXIII, Discorso per il centenario dell‘‖Osservatore Romano‖ , (in idem, Documenti, Messaggi, Comunicazioni di Giovanni XXIII, Città
del Vaticano 1961), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano 1964, p. 443: «738 Non è certo confidata a L‘Osservatore
Romano la direzione generale o il governo della Chiesa; ma non è meno certo che L‘Osservatore Romano è 1‘araldo quotidiano, lo
strumento, la voce più sicura per is quale il pensiero del Papa viene trasmesso ordinariamente e garantito dalla sua autenticità, da Roma.
sino alle parti estreme del mondo».
4
Giovanni XXIII, Discorso per il centenario dell‘‖Osservatore Romano‖ , (in idem, Documenti, Messaggi, Comunicazioni di Giovanni XXIII, Città
del Vaticano 1961), in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano 1964, p. 443: «739. Di fatti, gli Acta Apostolicae Sedis che sono 1'organo ufficiale della Sede Apostolica non possono uscire ogni giorno! Lavorare all' Osservatore è dunque condividere le
sollecitudini più ansiose della diffusione di quelle energie spirituali, che compongono il più ed il meglio della vita delle anime e la vera
ricchezza dell'ordine cristiano e sociale, a cui sono confidate la prosperità e la pace del mondo. È sotto questa luce che Ci piace salutarvi
tutti, quanti qui conveniste per la celebrazione centenaria del giornale, che costituisce una fonte ricchissima per la esplorazione e la
illustrazione dells storia della Chiesa, e delle nazioni durante le vicende dell'ultimo secolo».
5
PONTIFICAL COUNCIL FOR SOCIAL COMMUNICATIONS, The Church and Internet, Vatican City 2002, nº 8: «The proliferation of web sites
calling themselves Catholic creates a problem of a different sort. As we have said, church-related groups should be creatively present on the
Internet; and well-motivated, well-informed individuals and unofficial groups acting on their own initiative are entitled to be there as well.
But it is confusing, to say the least, not to distinguish eccentric doctrinal interpretations, idiosyncratic devotional practic es, and ideological
advocacy bearing a ‗Catholic' label from the authentic positions of the Church. We suggest an approach to this issue below».
6
Pio XI, Ai partecipanti al XXXVI Congresso de La Croix e della Bonne Presse , in AA. VV., Documenti pontifici sulla stampa, Città del Vaticano
1964, pp. 105-106: «Che dire di questa parola così potente da se sola, di questa quando dispone di quest'organismo, di questo dinamismo:
la stampa? organismo e dinamismo di moltiplicazione, di diffusione? È l'onnipotenza che si moltiplica in ogni misura. Più che una riflessione
questa è una constatazione. Ma la riflessione viene subito dopo: che tremenda responsabilità quella della stampa che ha a disposizione una
tale potenza. Già il fatto di usare, o di usare solo imperfettamente, questa onnipotenza è già una negligenza, colpevole, una tremenda
responsabilità».
7
COMMISSION PONTIFICALE POUR LES COMMUNICATIONS SOCIALES, Instruction pastorale ―Communion et progrès‖ , Cité du Vatican 1971, nº
136 : «La presse, par ses qualités propres, a une très grande importance et une profonde influence. Grâce à sa souplesse et ' la pluralité de
ses titres, elle peut entrer dans le détail des événements, les expliquer, en provoquant la réflexion du lecteur et en lui permettant d'y revenir
s'il le désire. Complément indispensable des moyens audio-visuels, elle est particulièrement apte à éveiller le sens critique et à former le
jugement. Sa capacité de diversification et son aptitude à servir de support la réflexion en font un instrument de base du dialogue social».
16
‗critica operativa‘ o cioè come potenzialità di suscitare reazioni a livello dell‘iniziativa pratica (cfr
supra, l‘emancipazione dell‘azione secondo gli osservatori). Più felicemente, si proporrà un ruolo
comunicativo nell‘attualità da parte ecclesiale come ―presenza‖ operativamente aperta
1.
L‘accentuazione ecclesiale giungerà a focalizzare sulla ‗verità‘ il suo prevalente progetto di
presenza nella stampa di attualità: verità contro gli attacchi al Papa e alla Chiesa, dando alla verità
quella caratteristica di ritorsione nella polemica che l‘informazione di attualità spesso include
come dinamica operativa nella convivenza umana (con il rischio di fare della ‗verità‘ una
immediatezza operativa e non un approfondimento a più lunga scadenza)
2.
Ovviamente,
l‘indurimento ecclesiastico si manifesterà sul limite che la ‗verità‘ impone alla ‗libertà‘, rientrando
così in altro modo nell‘ambito dell‘indirizzo di coinvolgimento attivo come chiave comunicativa
della stampa di attualità ma con la conseguenza di confrontare implicitamente ‗libertà‘ e ‗carità‘
(cfr infra) 3. Vi sarà anche qualche richiamo alla ‗carità‘, con particolare attentione al ‗bene‘ da
operare: si ritorna così al discernimento cristiano convergente con la valenza antropologica
dell‘attualità nella priorità di incisività attiva nell‘iniziativa umana 4. Vi sarà questione di ‗strumenti
di carità‘ nell‘evocare gli operatori della stampa di attualità 5. Questa dimensione di ‗impegno‘
sembra essere poi talvolta riservato –da parte dell‘autorità ecclesiastica- alla stampa cattolica:
difesa delle posizioni cattoliche, evangelizzazione, ‗pulpito‘, formazione dei cattolici, fermento,
fare ‗storia‘ 6… Da questo prospetto si ribadisce l‘intento della stampa cattolica come ‗difesa dei
principi morali‘
1
7.
Si situa così in modo coerente il ruolo della partecipazione comunicativa
Giovanni XXIII, Discorso tenuto ai dirigenti, redattori, corrispondenti e maestranze de «L‘Avvenire d‘Italia», in AA. VV., Documenti pontifici
sulla stampa (1878-1963), Città del Vaticano 1964, pp. 383-384: «Ciò che caratterizza e giustifica la vita di un giornale cattolico è innanzi
tutto il suo programma positivo. Come tutte le att tà dell'uomo, esso si valuta non per quello che non è, o non deve fare -che sarebbe una
limitazione- ma per quanto compie, con sforzo lodevole e chiara visione delle proprie mansioni. Ora, la stampa cattolica c'è soprattutto per
un atto di presenza e di testimonianza. Presenza attiva, intelligente, sveglia, di fronte agli innumerevoli problemi posti dalla vita di oggi, per
dare ad essi una interpretazione secondo il criterio valido della verità eterna che si riflette nel tempo. Presenza che nulla si lascia sfuggire,
per informare il lettore, per aiutarlo a farsi una coscienza illuminata, di fronte a interrogativi e disorientamenti, che il mondo di oggi g li
procura».
2
Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. 2, pp.
913-914: «Il giornale avrebbe dovuto chiamarsi originariamente «L'amico della verità »: verità sulla Chiesa e sul Romano Pontefice, oggetto
spesso di infondate accuse ed attacchi da diverse ed opposte sponde; verità sulle vicende del mondo; verità sulla dottrina rivelata combattuta
dall'esterno e travisata anche dall'interno; verità sulla missione di pace, di conciliazione e di carità esercitata dalla Santa Sede nei rapporti con
gli Stati, nel concerto della comunità internazionale; verità sulla natura ed il fondamento dell'azione ecclesiale sia in campo dottrinale che
pastorale».
3
Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano, in idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II , Città del Vaticano 1981, vol. 2, p. 914:
««Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»
1
ha ammonito il Maestro divino, affinché « sia evitata qualsiasi libertà apparente, ogni libertà
superficiale ed unilaterale, ogni libertà che non penetri tutta la verità sull'uomo e sul mondo ».
2
L'esercizio di questa missione richiede
attenta vigilanza, accorta prudenza, fine delicatezza, perspicace lungimiranza. È necessario, pertanto, rafforzare l'unità nella vicendevole
collaborazione per rendere un servizio alla verità e quindi a Cristo, mediante assidua diligenza, accompagnata dalla preghiera ed animata
dalla speciale prospettiva del giornale».
(1 Io, 8, 32. /
4
2
Ioannis Pauli PP. II, Redemptor Hominis, 12.)
Paolo VI, Omelia per la celebrazione in occasione della 9º Giornata mondiale , in «Bulletin de la Commission pontificale pour les
communications sociales», 1975 nº 85, p. 18: «Ma questa non è la sola insegna, che a tale attività deve assicurare il suo valore morale:
un'altra insegna la deve integrare; ed è quella della caritas. Potretntno far nostra la stupenda formula di S. Paolo: Veritatem facientes ín
caritate: seguire il vero mirando alla carità (Ef 4, 15). Cioè la comunicazione sociale deve aderire al vero, ma non può prescindere dal bene
ch'è destinata ad operare, cioè il bene della società».
Giovanni XXIII, Discorso ai partecipanti al III Convegno nazionale dei Giornalisti Cattolici Italiani , in AA. VV., Documenti pontifici sulla
stampa (1850-1963), Città del Vaticano 1964, p. 374: «I giornalisti e gli scrittori ed operatori cattolici di questo settore sono inoltre chiamati
ad una ancor più alta responsabilità. I loro strumenti, infatti, non sono soltanto di verità, ma, altresì, di carità: arma caritatís: diretti, cioè, ad
5
elevare le menti: ad edificare il bene, ad irradiare la virtù nelle anime».
6
Giovanni Paolo II, Ad Flaminiae Regionis episcopis occasione oblata «ad Limina» visitationis coram admissos , in «Acta Apostolicae Sedis»,
1982, pp. 313-314: «Il quotidiano di ispirazione cristiana rappresenta poi un valido contributo ai cattolici per capire il proprio tempo e per
inserirsi nella società di oggi, in rapida trasformazione, come fermento, partecipando attivamente agli avvenimenti ed alla storia. Negli
avvenimenti quotidiani infatti, sono in gioco i destini dell'umanità»; cfr etiam Giovanni Paolo II, Allocuzione per l‘Osservatore Romano , in
idem, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. 2, pp. 912-914.
7
Giovanni Paolo II, Allocuzione al capitolo generale della ―Pia Società S. Paolo‖ , in «Bulletin de la Commission pontificale pour les
communications sociales», 1980, pp. 5-6: «È nota a tutti l'importanza che stampa, come veicolo di diffusione dei princìpi cristiani e per la
17
all‘attualità dell‘esperienza umana. Ma, da questo taglio di testimonianza ‗morale‘, si estenderà di
recente questa priorità a tutto l‘ambito comunicativo (cfr infra) con una dicitura un po‘ modificata
di ‗etica‘. Vi sarà poi una particolare focalizzazione dell‘attenzione alla comunicazione su quel suo
elemento ‗rappresentativo‘ per il vertice ecclesiastico: il giornalismo 1.
Pio XII si confronterà con il concetto di opinione pubblica nella dinamica della
comunicazione di attualità, affermandone con vigore il diritto all‘esistenza e la sua necessità per la
salute del corpo sociale e riconoscendone l'importanza quale dimensione organica della Chiesa:
nel 1954, infatti, in un testo fondamentale riconosce che «mancherebbe qualcosa nella vita della
Chiesa se l‘opinione pubblica le facesse difetto» 2. I suoi discorsi sono improntati su due linee
guida: la preoccupazione morale e l‘istanza di una formazione adeguata per promuovere una sana
educazione al bene comune, specie nella gioventù. Troviamo, inoltre, l‘esigenza di delineare
norme di etica professionale che contribuiscano alla rinascita civile e morale, all‘armonia tra i
popoli, alla pace e alla giustizia, alla dignità della persona umana, al progresso delle scienze 3. Per
arginare le nuove forze politiche di stampo anti-cristiano, e in particolare il comunismo, Pio XII
propone una visione ―illuministica‖ della società cristiana, munita di propri strumenti anche
mediali: a tale scopo approva nel 1947 il programma del padre gesuita Riccardo Lombardi, intento
ad utilizzare sistematicamente la radio per le sue catechesi popolari
4
e, superando il divieto
stabilito da Pio X, lo autorizza anche a collaborare con i giornali laici
5.
Ma con Pio XII gli
ecclesiastici non sono più i soli ad avere un ruolo determinante nella società come educatori: il
Papa afferma l‘importanza dei laici come collaboratori, le cui competenze e abilità nell‘ambito
della cultura e della scienza possono risultare preziosi strumenti di evangelizzazione 6. La giusta
considerazione che il Papa dà ai laici è legata anche al senso del dovere che essi debbono nutrire
non solo nel loro ruolo di professionisti di cinema, stampa, radio e televisione, ma anche in quello
di utenti 7. Si delinea un tentativo più consistente di entrare dentro alla dinamica comunicativa
nella sua produzione autonoma. Il ‗giornalista‘ entra a far parte del ceto ‗di cui bisogna tenere
conto‘, eco di quello che si dirà riguardo al ―quarto potere‖ nell‘ambito socio-politico... Tale tipo di
laici sono considerati ‗quasi ministri di Cristo‘!
Il salto di qualità di Giovanni XXIII (1958-1963) e del Concilio Vaticano II: per quanto
riguarda la dottrina sugli strumenti di comunicazione sociale, è caratterizzato da una visione
prevalentemente antropologico-pastorale. Vengono maggiormente presi in considerazione dalla
Chiesa i nuovi fenomeni socio-culturali e si accenna alla necessità di una nuova interpretazione
difesa dei valori morali e religiosi.
Egli comprese appieno quanto fosse importante che la realtà quotidiana in cui viviamo avesse una
interpretazione conforme ai princìpi ed ai fini veri della vita: è proprio questo che la stampa cattolica, come sua ragion d'essere, si propone
di dare, illuminando con la Parola di Dio le vicende della cronaca e della storia, difendendo i valori umani e cristiani di cui la società odierna
sente così profondo il bisogno, e dando all'opinione pubblica e all'educazione sociale un genuino, sano e forte senso morale».
1
Sintomatico, nel programma del Grande Giubileo romano del 2.000 il fatto che si ripete senza ripensare la formula del Giubileo indirizzato
alla comunicazione: ―Il Giubileo dei giornalisti‖ (4/6/2.000) accanto a quello dello ‗spettacolo‘. L‘anticipazione del tanto menzionato ‗terzo
millennio‘ non pone neanche l‘ipotesi di un fenomeno di comunicazione globalizzata ed estesa a tutta l‘esperienza umana in tante altre
categorie interessate al processo comunicativo nell‘esistenza umana.
2
Cfr E. Baragli, Comunicazione, comunione e Chiesa , Roma 1969, doc. 1950.
3
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma
1987, p. 9.
4
Per il carattere popolare di queste catechesi padre Riccardo Lombardi è stato soprannominato ―microfono di Dio‖.
5
Cfr E. Baragli, Cattolici e mass media, in «Internet» 2007, http://www.lacomunicazione.it.
6
Pio XII, Lettera enciclica ―Summi Pontificatus‖, 20 ottobre 1939, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, n. 63: «Questa
collaborazione al sacerdozio rivela preziose energie a cui è affidata una missione che cuori nobili e fedeli non potrebbero desiderare più alta
e consolante. Questo lavoro apostolico, compiuto secondo lo spirito della Chiesa, consacra il laico, quasi a ―ministro di Cristo‖»
7
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 90.
18
della dottrina cristiana, per dare una risposta alle domande degli uomini. Roncalli, la cui immagine
di ―Papa buono‖ dilaga sui rotocalchi popolari, compie dei gesti di grande apertura nei confronti
dei media, tra cui, nel 1960, la prima intervista concessa ad un giornalista laico come Indro
Montanelli. Per quanto riguarda gli interventi magisteriali, sono rilevanti due documenti in
particolare: il motu proprio Boni Pastoris, e la lettera Nostra Patris nel XXV anniversario della
Vigilanti cura1. Nel primo documento vengono deplorati vivamente i danni morali provocati dal
cattivo uso degli strumenti di comunicazione sociale. Inoltre il Papa conferma i compiti della
Pontificia Commissione per la cinematografia, radio e televisione, contribuendo a dare maggiore
saldezza a tutto l'insegnamento della Chiesa in materia di comunicazioni sociali, ed esorta i
responsabili delle tecniche audiovisive ad avere piena consapevolezza della missione educativa che
ad essi compete; esorta infine i Vescovi ad accrescere la vigilanza e la sollecitudine in tutte le
attività riguardanti il cinema, la radio e la televisione. Nella Nostra Patris Papa Giovanni, dopo aver
ricordato l‘apertura di Pio XI alle nuove conquiste della tecnica, rileva gli aspetti positivi del cinema
come svago necessario all‘uomo e come mezzo di «nuove cognizioni e di incremento alla sua
cultura». Contemporaneamente, però, rileva i gravi pericoli che possono risultare dalla visione
delle pellicole cinematografiche, specchio dei mali della società. Per questo indica due obiettivi:
uno educativo, invitando i fedeli a istruirsi e formarsi, e l‘altro di studio, da parte degli esperti del
mondo della psicologia, della pedagogia e della critica, per una collaborazione col mondo del
cinema. I discorsi di Giovanni XXIII si concentrano prevalentemente sulla stampa. Sono inoltre
evidenti in essi, più che le affermazioni teologiche inerenti la natura degli strumenti
massmediologici, le indicazioni pastorali per usarne saggiamente e l'evidenziazione dei valori
morali che essi devono salvaguardare e promuovere. Rivolgendosi ai giornalisti cattolici, ad
esempio, ricorda loro che gli strumenti della comunicazione sociale sono «arma veritatis» e «arma
caritatis»2 e che è dovere di tutti i giornalisti, quali cultori della verità, incrementare una buona
stampa. In altre circostanze egli evidenzia le caratteristiche del giornale cattolico, che si distingue
dagli altri perché è tutto interessato a promuovere la visione della Chiesa guardando al mondo in
positivo, grazie anche alla presenza attiva degli operatori del settore e della loro testimonianza
cristiana. Le parole che il Pontefice rivolge al mondo giornalistico sono oggi ancora attuali. Con
profondo senso pastorale egli parla delle qualità che tutti gli operatori del settore della
comunicazione dovrebbero possedere: la professionalità, la cooperazione alla missione della
Chiesa e la sensibilità cristiana3. In generale, il suo atteggiamento nei confronti dei media è rivolto
a suscitare nuove iniziative e ad animare e sostenere quelle esistenti, mentre le problematiche più
generali vengono affrontate nelle Commissioni preparatorie di quel grande evento che sarà il
Concilio Vaticano II 4. Proprio l‘assise conciliare indetta da Giovanni XXIII sancirà definitivamente il
nuovo corso delle relazioni tra la Chiesa e il mondo della comunicazione, e questo in coincidenza
del velocizzarsi del processo di secolarizzazione 5. La prospettiva è ora spiccatamente pastorale ed
assai sensibile alla mentalità contemporanea 6. All'interno di un più generale riconoscimento dei
valori umani emersi nella modernità, il Vaticano II, col decreto Inter mirifica del 1963, precisa che
l‘informazione, prima che rappresentare il diritto di espressione del giornalista, fa parte del diritto
1
Cfr Giovanni XXIII, Motu proprio ―Boni Pastoris‖, 22 febbraio 1959, in «Acta Apostolicae Sedis», 1959 n° 51, pp. 183-187; idem, Lettera
―Nostra Patris‖, 29 giugno 1961, in «Acta Apostolicae Sedis», 1961 n° 53, pp. 491-495.
2
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma
1987, p. 81s.
3
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 95s.
4
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale , Roma
1987, p. 9s.
5
Cfr P. Mancini, Manuale di comunicazione pubblica , Bari 1996, p. 254.
6
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 95.
19
personale-civile del lettore: l‘elaborazione teorica del magistero della Chiesa cattolica arriva così
alla piena accettazione dello statuto secolare dell‘opinione pubblica e delle sue leggi. In vista dei
lavori conciliari, proprio perché il Pontefice nutre molto interesse e dà molta importanza alla
missione degli operatori delle comunicazioni sociali, viene creato anche un ufficio stampa, e si può
dire che «per la prima volta nella storia, tutto il mondo ha potuto esser associato all'apertura di un
Concilio ecumenico, direttamente per mezzo della radio e della televisione, e anche per mezzo dei
rapporti di stampa»1.
Meno sfruttata a livello sulla riflessione multimediale, sarà sopra tutto la ―Gaudium et spes‖
che esprimerà l‘originalità del concilio Vaticano II e di Papa Giovanni XXIII in ambito mediaticocomunicazionale. Dopo aver a lungo escluso ogni possibile intesa con la mentalità moderna e le
sue premesse, il concilio compie un primo passo introduttivo che consiste nel situare la
problematica del confronto tra antropologia e fede cristiana nel contesto della sua nascita sia
come atteggiamento ecclesiale, sia come riconoscimento del tenore dell‘antropologia come si
affermava nel XX secolo e che avrà una sua incidenza sostanziale nel valutare il fenomeno
comunicativo e nell‘operare in esso. La questione è ineludibile. Da dove parte o cosa rende
possibile l‘approccio antropologico? Si prende atto che molte affermazioni sulla persona umana
correntemente messe avanti nel contesto ereditato dall‘ambito ecclesiale hanno senso solo nel
riferimento o dal presupposto ‗cristologico‘ 2. Sarà dunque necessario prendere atto della modifica
radicale di questo presupposto, particolarmente nel momento in cui il mondo cristiano-cattolico
accetta ufficialmente la impostazione di ‗modernità‘ dove il non centralismo cristiano viene
recepito come ipotesi umana nella quale calarsi come messaggio cristiano. Se si volesse indicare
una debolezza dell‘approccio conciliare sulla Chiesa, sembra che sia proprio il fatto di aver trattato
della Chiesa d‘una parte ‗ad intra‘ e d‘altra parte ‗ad extra‘, in una specie di dualismo tra la
specificità della Chiesa ‗in se‘ (con tinte di ‗sovranaturalismo) ed i suoi rapporti con l‘esperienza
umana, col mondo, senza poter sovraporre i due testi in una visione complessiva unica 3. Appare –
però- emblematica la maturazione della Chiesa cattolica di comunione romana, per lungo tempo
del tutto ostile ed impermeabile ad ogni apertura verso la ‗modernità‘, grazie alla ―Gaudium et
spes‖. Per chi situa l‘inizio della modernità come evento concomitante con le libere ricerche
dell‘umanesimo, della libera editoria meccanica, del Rinascimento che si avviava, questa sezione
acquisisce tutto il suo significato, particolarmente se si tiene conto dei traumi ecclesiali di vertice
in quei tempi. Si sa che la «Gaudium et spes» sorge da un lavorio conciliare abbastanza elaborato
lungo il processo di maturazione del documento che venne chiamato «lo schema XIII», il quale
1
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma
1987, p. 85.
2
L. Roberts, The Achievement of Karl Rahner, New York 1967, p. 173: «But until recently the core problem of the relationship between
Christology and theological anthropology was overlooked. Everybody claimed to know what a man is. Hence to say that Christ was a man did
not present any special problems. Since Karl Barth and K. Heim the problem has to be faced more squarely. Rahner observes that Catholic
theology needs to reflect more profoundly on the fact that many of its statements about man - for example, those of grace, the resurrection
of the body - are only meaningful because of Christology».
3
H. Denis, Ministres du culte ou ministres de l‘Evangile, in «La Maison-Dieu», 1974 n° 115, p. 135 : «Le Concile Vatican a tenté une synthèse,
à propos de l‘Eglise. Chose curieuse et pleine d‘enseignement: cette synthèse se présente sous la forme d'un dyptique. On trouve en effet
deux. volets: d‘une part, Lumen Gentium, c'est-à-dire le mystère de l‘Eglise-en-elle-même, si l'on peut dire; d'autre part Gaudium et spes
ou l'Eglise dans le monde de ce temps (1). Le concile a construit cette synthèse au cours de ses quatre années d'élaboration, et il y a sans
doute été aidé grâce à une distinction sous-jacente, à savoir l‘Eglise ad intra et l'Eglise ad extra. On pourra regretter cette distinction plus ou
moins teintée de dualisme. De toute façon, l'édifice conciliaire devait tenir compte des nouvelles relations de l'Eglise et du monde».
((1) On rève de ce que pourrait être on de ce qu'aurait pu être une unique constitution sur l'Eglise en un seul document. Est-il possible de
l'obtenir en mettant les deux constitutions en «surimpression». Nous ne le pensons pas. On retrouve ici le conflit entre le surnaturalisme
(assez fréquent en ecclésiologie) et la conception de l'Eglise qui se fait à partir des hommes et du monde (souvent implicite dans
l‘évangélisation). Il n'est pas étonnant, en tout cas, que l'on puisse utiliser les matériaux de Vatican II dans des sens fort différents.)
20
acquistò il suo intento 'antropologico' nel corso dei lavori e della maturazione del concilio Vaticano
II 1. Questo suo 'nome' fu il risultato della riduzione dei 73 schemi a 17, chiamato inizialmente
"schema XVII" e poi "XIII" 2. Il testo diventò uno dei documenti più 'sui generis' del concilio Vaticano
II 3. La qualità caratteristica della 'Costituzione' andrebbe ricercata nella sua volontà, afferma il
commentatore appena citato, di non essere un messaggio esclusivamente 'cattolico'. Il dialogo con
il mondo odierno richiede una inchiesta senza pregiudizi riguardo a questo 'mondo'. Forse in
questo si trova il tenore esplicitamente 'antropologico' del metodo di redazione che ci presenta il
nostro testo? Tra i specialisti, vi è chi discerne nella maturazione dello schema un andare e venire
tra una visione prevalentemente sociologica ed una prospettiva più teologica: dal testo di Roma
1963 a quello di Malines 1963, e da quello di Zurigo 1964 a quello di Ariccia 1965 4. I riferimenti
detti ―'sociologico' e 'teologico'‖ ci fanno già capire in quale ambito o in quale inquadratura si
muove la prospettiva conciliare. Anzi, certi autori che hanno collaborato da vicino alla stesura del
documento riassumono, oggi, i loro interrogativi (al messaggio ed attraverso di esso) in cinque
maggiori quesiti 5. Colpisce -tra questi punti più salienti- il riferimento prioritario ad un 'nuovo
1
G. Garrone, in G. Caprile, Il concilio Vaticano II, quarto periodo , Roma 1969, vol. V, p. 68: «Nel corso della 1321 congregazione generale
(21 sett. 1965), il card. Lercaro, che ha assunto la direzione del dibattito sullo schema 13, dà la parola a mons. C. Garrone (AR, Toulouse). Il
relatore ha, innanzitutto, affermato che prendeva la parola in sostituzione di mons. Guano, il quale è purtroppo assente per ragioni di salute.
Dopo aver accennato al lavoro compiuto ed alle difficoltà di materia e di forma che presentava l'elaborazione dello schema oggi sottoposto
all'esame dei Padri, mons. Garrone ha sottolineato che la differenza e la maggior lunghezza del testo attuale rispetto a quello precedente
sono dovute all'impegno con cui la Commissione competente ha cercato di attenersi ai desideri ed ai suggerimenti presentati sia per iscritto
sia a voce dai Padri conciliari. La stessa materia trattata e gli interventi dei Padri hanno consigliato di dividere il testo in due parti: la prima, di
indole piuttosto teoretica, espone in genere la dottrina della Chiesa sui rapporti tra la Chiesa stessa e il mondo; la seconda, di carattere più
pratico, si propone di proiettare la luce deila dottrina della Chiesa sui diversi settori delI attività umana, in modo da presentare i fatti sociali
in una prospettiva che si addica alla dignità della persona umana. C'è anche un'introduzione descrittiva, per la quale è stata preparata una
relazione a parte. Presentando, per ora, la prima parte del testo, e facendo una rapida sintesi del contenuto dei quattro capitoli che la
compongono, il relatore afferma che il problema dell'uomo costituisce il tema e l'anima di tutto lo Schema, il quale intende offrire in sintesi
le linee fondamentali di un'antropologia cristiana. NelI'esposizione, inoltre, la Commissione competente ha cercato di seguire uno stile e un
linguaggio, per quanto possibile, evangelico piuttosto che tecnico. Si è voluto preparare un testo semplice, concreto, dinamico, aderente il
più possihile ai problemi affrontati».
2
V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 186-187: «The Central Coordinating
Commission, following the directives of Pope John, began work in January, 1963, to reduce the number of schemata. At this time the 73
schemata originally prepared were reduced to 17. The last of these, for some time simply called "Schema 17" and later known as "Schema
13," was entitled "The Efficacious Presence of the Church in the World." The schema was entrusted to a mixed commission composed of
members from the Doctrinal Commission and the Commission on the Apostolate of the Laity. The mixed commission met in Rome the
following month. According to Bishop McGrath, the mixed commission was presented with the task of coordinating four schemata originally
prepared by the Doctrinal Commission, namely, "On the Moral Order," "On Marriage and the Family," "On the Social Order" and "On the
Community of Nations"; two schemata originally prepared by the Commission on the Discipline of the Clergy and Christian People, namely,
"On the Care of Souls" and "On Communism"; and one schema originally prepared by the Commission on the Apostolate of the Laity, namely,
"On the Apostolate of the Laity."».
3
V. A. Yzermans, American Participation in the Second Vatican Council, New York 1967, p. 185: «Many factors, nonetheless, combine to
make this Constitution the most unique of all conciliar documents. First of all, it is the longest, consisting of 23,335 words. Secondly, it is
specifically addressed to all men of good will and thus is not simply a "Catholic" document. It represents the first time the Catholic Church in
a Council has undertaken to address itself to the searing practical problems of the world. Finally, it is entitled a "pastoral" constitution both
to distinguish it from a dogmatic constitution and to reveal the Church's heightened concern with the real problems facing mankind today.
The Constitution was an experience for both the Church and the world. It might well be judged by future historians as a high-water mark in
ecclesiastical history because of its unique conciliar endeavor to build a bridge between the sanc tuary of religion and the marketplace of the
world».
4
J. Grootaers, De Vatican II a Jean Paul II , Paris 1981, p. 43: «Dans l'histoire du Schéma XIII durant le Concile lui-même, on observe un
mouvement de balancier entre une vision théologique de la relation Eglise-Monde et une approche plus sociologique de cette relation.
L'avant-projet de Rome (mai l963) et le schéma de Zürich (mai 1964) accusent une nette prédominance «sociale» tandis que l'avant-projet de
Malines (septembre l963) et le schéma d'Ariccia (mai 1965) visent, chacun à sa manière, à rétablir un équilibre théologique «».
«Le
lecteur trouvera une description analogue d'une polarité entre tendances «pastorales» et «doctrinales» dans un article qui fut rédigé par
l'un des rédacteurs principaux du texte de Züriche, le père Dingemans et publié dans la «Revue nouvelle», 40 (1964), 159-173.
5
B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception , in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II,
Indiana USA 1985, p. 31: «My task is to tell how Gaudium et Spes came to be, what it tried to do and what it has achieved; in sum Gaudium
et Spes, yesterday and today. Under the direction of Cardinal Garrone, and in collaboration with Monsignor Pierre Haubtmann, principal
editor of the Pastoral Constitution on the Church in the Modern World, I was closely associated with the formulation of that conciliar
document, especially in the decisive period of the last session in 1965. One more reading of the passages, once my joy and torment, raised
many questions, when I sought to think of the document as a living force in our culture. To avoid being overwhelmed, I decided to try to
21
ordine cristiano' nell'ambito di una 'lotta contro la secolarizzazione'... Sarà -forse- questa
soluzione di un 'ordine cristiano' aggiornato ed adattato al 'mondo moderno' la proposta specifica
del testo conciliare riguardo all'articolazione tra il tessuto sociologico 'moderno' e quello del
contesto cristiano per quanto teologicamente formulato? Nella stesura di Zurigo dello 'schema XIII',
affiora il desiderio di intraprendere una indagine sui 'segni dei tempi' 1. Ecco che si delinea una
volontà di impostare la tematica dei rapporti tra Chiesa ed umanità sulla base di una inchiesta o forse più impegnativamente- sulla base di un discernimento ispirato ad una conoscenza concreta
del cammino del mondo odierno. Invece, nella revisione di Ariccia, si inizia con una lunga
introduzione sul 'mondo moderno' partendo dalla quale si tenta un riassunto 'antropologico' per
arrivare finalmente alle posizioni ecclesiali sulle tante complesse vicende umane 2. Nel 1964,
Mons. Wojtyla propone un testo sostitutivo completo dello schema XIII, elaborato a Cracovia 3. Il
sapore ecclesiocentrico, più che l'intento di un tentativo di rendersi disponibile all'ascolto delle
attese della convivenza odierna -riscontrabile nel progetto- salta subito agli occhi 4. La 'sfida
select from the range of problems that assailed the authors of Gaudium et Spes a few issues of commanding eminence in their day that are
still with us. The questions are: Shall we maintain the old Christian order or shall we build a new one? How shall we react to the
secularization of the world? What is to become of man amidst the turmoil of our changing world? How can we help man build the world
community in peace? How shall we evangelize today? Each of these queries may be considered as the center of a constellation of questions
that foreshadow some new order dimly taking shape in the minds of men. I shall deal with the five central questions but not with the
constellations. It will not be possible to treat or even enumerate proposed answers and solutions as well as their likely consequences. The
subject matter is enormous and we are fully engaged with it. We conceived and created Gaudium et Spes yesterday; we continue to do so
today».
1
J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 44: «Le schéma qui lui succéda à Zürich, en janvier l964, bénéficia notamment de
l'impulsion du père Haering et de Mgr Guano. Les auteurs voulaient partir des plus significatifs parmi les «signes du temps», pour valoriser
dans une perspective assez optimiste la vocation de l'homme. La partie principale du schéma comprenait quatre chapitres sur l'engagement
du Chrétien dans le monde et cinq annexes (appelées d'ailleurs officiellement adnexa) qui reprenaient de grandes parties du texte de Rome
concernant l'homme, la famille, la culture, la vie sociale et la solidarité des peuples. Ce projet fut adopté en juillet 1964 et discuté au Concile
à partir du 20 octobre suivant».
V. A. Yzermans, Historical Introduction, Pastoral Constitution on the Church in the modern World, in idem, American Participation in the
Second Vatican Council, New York 1967, pp. 190: «From January 31 to February 6 the enlarged steering committee worked on the revised
2
text in Ariccia, near Rome. It enlisted the aid of 21 other Council Fathers, 39 experts, and 20 laymen and laywomen. Bishop McGrath has
called this meeting "a breakthrough" because "the presence of laymen, most of them specifically competent in one or other area touched
upon by the schema, was most comforting. During this meeting Archbishop Gabriel Garrone of Toulouse, France, who was charged with the
entire doctrinal section of the schema, emerged as a leading figure. From the discussions at this meeting and under the leadership of
Archbishop Garrone, a new ordering of the chapters in the schema was introduced. "The most striking difference between the texts of Ariccia
and Zurich," wrote the Reverend R. A. Sigmond, O.P., "was demonstrated in the attitude of the first part: the next text began with a long
introduction on the modern world; it then sought to develop a Christian anthropology; only thirdly did it outline the position of the Church in
relation to the world."»; etiam in Rulla – Imoda – Ridick, Anthropology of the Christian Vocation, in R. Latourelle (ed.), Vatican II: Assessment
and Perspectives, New York 1989, pp. 402-403.
3 J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 160: «L'action menée en 1964 par Mgr Wojtyla, qui était devenu au début de cette
année-là archevêque de Cracovie, a été d'une particulière importance à la fois dans le travail de commission relatif au Schéma XIII et dans la
discussion générale de ce projet 1. A la fin de mai 1964, Mgr Wojtyla soumit à l'attention de la présidence du Concile un texte complet de
substitution au Schéma XlII, texte qui fut appelé plus tard «la proposition des évêques polonais». Il s'agissait d'un texte qui avait été rédigé à
Cracovie sous la direction de Mgr Wojtyla, avec la collaboration de Mgr Kominek et d'un groupe de prêtres et de laïcs. A la suite de cette
initiative, Mgr Wojtyla fut invité à participer désormais au travail en commission 2».
(1 La chronologie des interventions de Mgr Wojtyla au sujet du Schéma XIII peut se résumer comme suit: 1) texte de remplacement des
évêques polonais (mai 1964); 2) nomination de Wojtyla comme membre du groupe de travail «Signes des temps» (septembre 1964); 3)
discours en assemnblée plenière (21 octobre 1964); 4) nomination de Wojtyla à la sous-cormmission centrale (17 novembre 1964); 5)
participation aux travaux de la session speciale (élargie aux experts de la sous-commission centrale) à Ariccia (31 janvier - 6 février 1965) et
plus spécialement à ceux de la sous-commission doctrinale; 6) discours en assemblée plénière (28 septembre 1965); 7) collaboration à la
«Commissio Mixta» plénière et à la V1 sous-commission (automne 1965); 8) observations faites par écrit concernant le Schéma Xlll (e.a. en
octobre 1965). /
2
Ch. Moeller, L'élaboration du Schéma Xlll , Casterman, 1968, pp. 89 et 93-94; F. Houtart, Par-delà le Schéma Xlll, (pro
manuscripto) p. 39 bis; P. Haubtmann, L'activité de l'homme et la mission de l'Eglise, in AA. VV., La nouvelle image de l'Eglise. Bilan du
Concile Vatican lI (s. dir. B. Lambert), Paris, 1967, pp. 476-498; D. Seeber, Das zweite Vaticanum - Konzil des Übergangs, Freiburg, Herder,
1966, p. 413; R. Tucci, Introduction historique et doctrinale à la Constitution pastorale , in AA. VV., L'Eglise dans le monde de ce temps, t. II
(Unam Sanctam 65 b), Paris, 1967, pp. 33-127; A. Wenger, Vatican II: Chronique de la quatrième session, Paris, Centurion, 1966, pp. 514
(Wenger IV).)
J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, Paris 1981, p. 161: «L'une des idées maItresses du Schéma XIII polonais s'énonçait comme suit: la
présence de l'Eglise ne repose pas seulement sur la volonté de Dieu, mais aussi sur celle des hommes qui manifestent dans la liberté leur
adhésion à l'Eglise.Ce projet polonais examinait successivement: 1) les fondements de la présence de l'Eglise dans le monde; 2) les objectifs
4
22
comunista' occupa gran parte dell'attenzione e porrà la sua ipoteca sui lavori ulteriori, anche se il
testo stesso non poté essere integrato sostitutivamente come pezzo operativo della discussione
sullo schema XIII
1.
Malgrado questi svariati influssi tangenziali, l'interesse 'antropologico' si
mantiene o viene regolarmente richiamato nel corso della maturazione conciliare del testo. Non
viene superata l'idea di elaborare certi 'principi' per una 'antropologia cristiana'. In funzione di vari
contesti ecclesiali, si trovano affermazioni che ―una antropologia teologica è stata data alla Chiesa
da Cristo stesso‖ (interpretando la visione ufficiale della nostra Chiesa) 2. Anzi, sulla scia del
de l'Eglise dans le monde; 3) la mission principale de l'Eglise; 4) les moyens de remplir cette mission dans le monde contemporain, à savoir
le témoignage de la foi, la vie chrétienne individuelle, les associations, les relations avec les non-chrétiens et les rapports avec la société
civile. Ce texte de substitution ne put plus être pris en considération comme un tout parce que le schéma dit «de Zurich» avait déjà été
inscrit par la Commission de coordination à l'ordre du jour du Concile 1. Il fut en tout cas joint aux documents d'Ariccia (juin 1965): il ne fut
pas, dès lors sans influence sur la nouvelle version du Schéma XIII».
(1 Ph. Delhaye, Histoire des textes, in AA. VV., L'Eglise dans le monde de ce temps (Unam Sanctam 65 A), Paris, Cerf 1961, t. 1, p. 254. En
outre l'auteur remarque: «Mais certains éléments de ce document furent retenus en raison des précisions qu'il apportait sur les relations de
l'Eglise avec une société civile officiellement athée et communiste» (n. 4).)
1
J. Grootaers, De Vatican II à Jean Paul II, op. cit., pp. 162-163: «Au début de la III° session (septembre 1964) Mgr Wojtyla fut invité à
participer au groupe de travail spécial «Signes des temps» qui venait d'être créé. Ce groupe etait destiné à préparer la partie introductive du
Schéma XIII qui contiendrait un aperçu des grandes mutations caractéristiques de la situation mondiale actuelle. Le travail du groupe fut
réparti selon la pluralité «des mondes» contemporains. C'est ainsi que le «monde communiste» eut son tour et que Mgr Wojtyla eut
l'occasion de décrire la situation de son Église en vue du Schéma XIII. Sous le titre «Remarques prealables» il souligna: 1) que le «monde
communiste» ressemble sous certains aspects à d' «autres mondes», par exemple par l'influence de la technique; 2) que le communisme est
présent également en dehors des frontières de son propre «monde»; 3) que le «monde communiste» se caractérise par une limitation de la
liberté personnelle et de la liberté sociale; 4) que le «monde communiste» adhère à l'athéisme; 5) que le Schéma XIII est d'une exceptionnelle
importance pour tous ceux qui vivent en «monde communiste»; le Schéma veut entamer un dialogue avec le monde contemporain; or les
communistes sont aussi partie prenante dans ce dialogue et peut-être sont-ils les partenaires les plus difflciles; mais ils sont captivés par lui
et surtout par ce que l'Église a à dire sur son rapport avec le monde; pour nous, conclut Mgr Wojtyla, ce Schéma est plus important que
beaucoup d'autres textes 1».
(1 Déjà en 1964 K. Wojtyla développa une vision prophétique au sujet de l'evolution du monde communiste. La citation suivante extraite du
compte rendu en français du groupe de travail spécial en fait foi: «Le communisme ne nie pas l'homme, mais lui refuse en fait l'exercice de
ses fonctions personnelles. C'est la contradiction fondamentale. Il existe maintenant dans le "monde" communiste une tension ressentie
entre la situation et ce "monde" et un appel a des valeurs supérieures. Nous devons donc par nos orientations entrer dans cette faille.)
2
Cfr la posizione ancora affermata anche se in un contesto di promozione femminile assai marcato in ambito della Chiesa, in M. A. O‘Neill,
The Marian Principle: Women in the Catholic Church, in CHURCH LEADERSHIP ROLES FOR WOMEN, Creating a Home, Silver Spring, Maryland,
1996, p. 34: «CHRISTIAN ANTHROPOLOGY
Pope John Paul II believes and teaches that the church has been given a theological anthropology
by Christ himself, and that this theological anthropology undergirds the fundamental constitution of the church.(1) In it, the principle of the
fundamental equality between women and men is always linked to the principle of complementarity. That is, women and men are equal but
different from each other in such a way that their respective roles in nature and in the church are not interchangeable. The theological
grounding for this anthropology of a complementary equality between the sexes is found in an interpretation of the creation stories of
Genesis, an interpretation originally developed by Pope John Paul II in a long series of Wednesday audiences on "The Theology of the Body."
That theology was accepted by the American Bishops in each of four successive drafts of their attempted pastoral letter on women in church
and society and finally in the pastoral reflection, Strengthening the Bonds of Peace. John Paul II has expressed it this way: -Both man and
woman are created in the image of the personhood of God, with inalienable personal dignity and in complementarity - one with the other.
Whatever violates the complementarity of women and men, whatever impedes the true communion of persons according to the
complementarity of the sexes offends the dignity of both women and men.(2) This is very significant theologically, for it means that the
bishops in union with the pope have adopted a theological anthropology that connects equality with complementarity, not with similarity or
with a "common humanity."(3) John Paul II holds that it is only beginning from this basis, namely, "that the human being should always and
only exist as a woman or a man," that the whole church will be able to understand "the greatness and the dignity and vocation of women"
and be able to speak "of their active presence in the church and in society. (4)».
((1) Pope John Paul II, Christifideles Laici, n.51. / (2) Ibid.,n.57. / (3) Pope John Paul II, Sunday Angelus, September 3, 1995, English
translation in Origins, Vol. 25: No. 13 (September 14, 1995), 204. (4) Rose of Lima McDermott, SSJ, "Women in the New Code," The Way
Supplement 50 (1984), 27. See also Lucy Vazquez, OP, "The Position of Women According to the Code," The Jurist 34 (1974), 128-142 and
McDermott, The Legal Condition of Woman in the Church: Shifting Policies and Norms (Washington, DC), Z 1-155.); Eppure questo contesto
era già superato nella prospettiva postconciliare, in A. Joos, Les incertitudes des infaillibilités, in «Nicolaus», 1992 n° 1-2, pp. 154-155:
«Certains proposent d'étendre le terrain du magistère à des questions d'intérêt de toute l'humanité au niveau des options éthiques majeures
(dans le sens, par exemple des 'droits de l'homme'?) (1). Les esprits les plus susceptibles penseront que l'on va, par ce biais, "récupérer en
bénissant et en intégrant dans la stratégie magistérielle" ce que les chrétiens n'ont pas su prophétiquement valoriser dans le passé. On
parlera même de «vulnérabilité idéologique» de l'Eglise concernant les questions d'éthique sociale et politique (2). D'autres se demanderont
pourquoi dogmatiser en principes immuables (du point de vue ecclésial) des critères issus de la prise de conscience humaine sur sa propre
destinée et sur la manière de résoudre ses propres confrontations de vie. N'est-ce pas précisément cela qu'offre l'intuition conciliaire de
Vatican II: la valeur en tant que telle du cheminement humain (CVII/GS 34), la perspective ambigüe mais ouverte à l'espérance de l'histoire
humaine (CVII/GS 37), la nécessité d'une insertion chrétienne de qualité 'pasquale' et 'eschatologique' (CVII/GS 38-39) tout en reconnaissant
que l'engagement sincère au service de l'humanité inclut déjà une préfiguration du monde nouveau (CVII/GS 39). Mais, le respect envers
23
pensiero di Newman (sullo sviluppo della dottrina cristiana), si propone di adombrare una
'antropologia cristiana' non nella separazione di due 'ordini' (naturale e sopranaturale) ma in un
tentativo di 'sintesi' (interventi dell'arc. L. Shehan al concilio Vaticano II) 1. La sintesi non dovrebbe
-certo- essere un compromesso, ma neanche l'imposizione di un 'principio universalmente
coercitivo'... Tutta la difficoltà dell'inserimento antropologico della Costituzione si trova forse a
questo livello: lo statuto mentale, il metodo, gli effetti di una 'sintesi'. Ecco dove può subentrare
una perplessità sulla dicitura 'antropologia cristiana'. Non sorprenderà, dunque, di veder
esprimersi l'interrogativo iniziale posto dalla meditazione 'a posteriori' o retroattiva sul documento
―Gaudium et spes‖: quello cioè dell'"ordine cristiano"
2.
E rimane così aperto il quesito di
specificare concretamente le 'due categorie dell'azione di Dio' che devono coesistere fino
l'humain comme humain -dans sa dimension historique- apparaît encore mieux dans un texte post-conciliaire qui affirme: «l'enseignement
de l'Eglise ne sert pas à authentifier une structure donnée ou à proposer un modèle préfabriqué» (3). La grande contribution de ce texte
semble être précisément l'abandon d'une vision anthropologique verrouillée en des 'principes naturels pré-établis et intouchables' et
l'ouverture à une compréhension "historique" fondamentale de l'expérience humaine (4). Cette perspective est particulièrement courageuse si
l'on sait combien le scénario 'historique' dévoile les incertitudes de l'aventure ecclésiale (5). Certes, toutes les déclarations ecclésiales ne sont
pas convergentes sur ce point (6). Quoi qu'il en soit, nous en sommes donc à nouveau reconduit vers la problématique des évaluations du
savoir (source d'action et de réflexion humaines)».
((1) Cfr F. Böckle, Le magistère de l'Eglise en matière morale , in «Revue théologique de Louvain», 1988 n1 19, p. 18. / (2) Cfr I. Fetscher,
Certitude, vérité et autorité doctrinale, in «Concilium», 1973 n° 83, p. 58. / (3) Paul VI, Lettre au cardinal Roy: ―Octogesima adveniens », in
AAS 1971, p. 431, n1 42. / (4) S. Cavallotto, La Gaudium et spes: conferme e prospettive, in N. Galantino, Il concilio venti anni dopo, Roma
1986, vol. 3, p. 140. / (5) Cfr E. Schillebeeckx, Le problème de l'infaillibilité ministérielle, in «Concilium», 1973 n° 83, p. 85. / (6) P. Hégy,
L'autorité dans le catholicisme contemporain , Paris 1975, pp. 251-252.)
1 V. A. Yzermans, Historical Introduction, Pastoral Constitution on the Church in the modern World , in idem, American Participation in the
Second Vatican Council, New York 1967, pp. 197-198: «The Archbishop of Baltimore also submitted a written observation concerning the
style and the method of the schema. He felt that the drafters of the text, although striving to reject an undue separation between the natural
and supernatural orders, had not completely succeeded. "Such a separation of these two orders," he wrote, "can be best avoided by a
presentation of the facts and truths of both orders in what is called a synthesis". In the final session the newly created Archbishop of
Baltimore spelled out in detail the nature of the synthesis he advocated. Speaking on September 23, 1964, during the 134th co ngregation,
he explained his reason for advocating a Christian synthesis in these words: The matter treated in these chapters offers an opportunity to
adumbrate a truly Christian anthropology, accommodated to the progress of the teaching of the Church for these times. For the truths and
deeds of the natural and supernatural orders consider one and the same thing, namely man in the real and concrete realm, and they find in
him the proper principle of unity or synthesis. For man, existing in the real and concrete order, can be taken as foLlows: 1) as an individual,
one and unique among others, from whom he is inwardly distinct; 2) as a spiritual person: on the one hand he is capable of infinite reality by
reason of his intelligence and love, and, on the other hand, he is capable of the communion of the community with other persons by reason
of that same intelligence and love; 3) as a son of God , to whom God Himself has given power to enter into a comrnunion of community with
the Blessed Trinity. Since these three orders, essentially different from each other, are found in the one individual person of the man who is
redeemed or capable of redemption, they manifest in the concrete and real order a deep unity of these orders and make a synthesis possible.
But these orders are in contact with reality and the concrete existing order only within a union interiorly contracted. And so, man is a
member of the human race because he is an individuai; of the human commumity because he is a person; and a member of the Church
united with Christ because he is a redeemed person. Archbishop Shehan concluded by answering the fears of those who might feel that such
a synthesis would be contrary to the traditional teaching of the Church. He distinguished between compromise and synthesis in these words:
There should not be any fear of a realistic and strong synthesis in the rnatter of this schema. Rather we must expect a progress in doctrine
brought on by a change in circumstances and the rise of new problems. A synthesis is totally different from a compromise. The solutions in a
compromise are reached by mutual concessions. However, the solutions of a synthesis seek truths by completing those things which actually
complement one another. This method, namely synthesis, is prominent in this Most Holy Synod from the very beginning in its renewal of the
Church in its life, teaching, and institutions. Therefore, the Church faithfully fulfills its mission in searching after a sy nthesis».
2
B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception , in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II, New
York 1967, p. 32: «A general definition of a Christian order is that it is the social expression of the Gospel. In a cursory summary of Church
history, one may say that first there was a broad period of Christian order which began in apostolic times. Beginning with the Emperor
Constantine there was a second Christian order which had many avatars during fifteen centuries. This papacy-empire, church-state order
was frontally attacked in the 1700s, especially by the French Revolution, and underwent a time of gradual erosion and total rejection until
Vatican II. Now we are at the beginning of a new stage. During its first three centuries the Church thought of itself as Noah's ark, the ark of
salvation. History was the deluge and the Church had to protect the elect. The Lord was soon to come and the ark, the Church, would finally
cast anchor on the shores of eschatology. This frame of mind persisted until the days of the Emperor Constantine and the cont emporary
Pope, Sylvester I. Constantine decidedly had no intention of bringing history to a halt when with the cross that appeared in the heavens were
the words: "In this sign you will conquer." For his part Pope Sylvester had come to think that the triumph of Christ necessar ily implied neither
an uninterrupted succession of persecutions and deaths nor the annihilation of Rome, the great Babylon. Did not Con stantine in effect offer
the conversion of Rome with his conversion?».
24
all'escatologia: ossia creazione e redenzione 1. I 'due ordini' potrebbero rendere troppo estranee
l'una all'altra le complementarie iniziative umana e cristiana. Un 'nuovo ordine complessivo'
potrebbe rendere troppo totalitario, sotto l'egida cristiana, ogni iniziativa che si possa portare a
termine. La questione, postasi a questo punto, si incentra sull'"uno" o sui "due" (riguardo ad
eventuali 'ordini'). Ma va proprio mantenuta la dicitura e la tipologia di "ordine"?? Ecco dove la
flessibilità molto più sfumata dell'approccio antropologico partendo dai linguaggi vivi e non da
strutturazioni stabilite ci potrà essere d'aiuto.
Parlando del cambiamento radicale che il concilio Vaticano II ha introdotto nella praxis e
nella coscienza ecclesiali, ciò che maggiormente risalta nei commenti è la novità di 'metodo' 2.
Questa 'novità' non sarebbe altra che la memoria rivivificata della metodologia di Gesù, ribadita
come 'via di misericordia' dal richiamo di papa Giovanni XXIII: andare ovunque e sempre in cerca
dei 'segni dei tempi' 3. Si deve tentare di entrare in dialogo con il mondo contemporaneo, dalla sua
consistenza umana, partendo dalla comprensione dell‘umanità di oggi 4. Paolo VI preciserà la
prospettiva: non si tratta più di dominare il mondo ma di servirlo, animati -spesso- da un senso di
ammirazione per esso 5. L'atteggiamento della Chiesa nostra non è stato univoco su questo punto
1
B. Lambert, "Gaudium et spes" and the Travail of Today's ecclesial Conception, in J. Gremillion, The Church and Culture since Vatican II, New
York 1967, p. 33: «The question remains: If we cannot sustain the old order, toward what kind of new order shall we direct ourselves? This
major question, surprisingly, issued from the labors prescribed by the third chapter of the first part of Gaudium et Spes. The phrasing of the
text is detached and untroubled, without references likely to rouse passions or provoke infinite discussions. New things are presented
almost as matter-of-fact. There is no looking for any modern Constantine. In it the Church says simply: Here then is man and it is with the
humanum that we are going to forge an alliance. In this statement there is no looking on the temporal order as simply a support to the
spiritual order; on the contrary, the Church fully acknowledges the autonomy of earthly affairs. Nor is there finally any question of saying:
Creation has its value but let us bestir ourselves to absorb it into the realm of eternity. Gaudium et Spes declared: Creation and redemption
are two categories of God's action which are to coexist to the very end and will achieve perfect coincidence only in eschatology».
G. G. Higgins, Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in
the Second Vatican Council, New York 1967, pp. 263-264: «Thus to contrast Gaudium et Spes with the Syllabus of Errors as dramatic
2
symbols of their respective eras in the modern history of the Church, is not to make light of the problems which bedeviled the reign of Pius
IX and ultimately prompted him, with his back to the wall, to fulminate against the world of 1864 in the latter document, nor is it to ignore
the providential changes which made it not only possible, but absolutely necessary for Vatican II to take a much more conciliatory approach
in the former document a century later. Whatever of that, it is fair to say, in the words of Ernesto Balducci, that, with Pop e John's opening
address at the Council, a whole era of the history of the Church is solemnly ... declared closed, and that from that moment the Church has
achieved a new consciousness of herself. The Conciliar assembly, receiving such a peremptory warning (against undue severity in its
judgment of the contemporary world), far from feeling dismay, rejoiced to hear itself thus freed from a fear complex, and from perplexiti es
concerning possible schemes for the future... The voice of her Head ... brought to the light of day her unconscious intuitions and turned the
inarticulate depths of her aspirations into an explicit idea. And in this way there began to take shape, in the most fitting place and manner, a
new era of Christianity, which we might call the ecumenical era».
CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes», Civitas vaticana 1965, n° 4; G. G. Higgins,
Commentary on the Pastoral Constitution of the Church in the modern World, in V. A. Yzermans, American Participation in the Second
Vatican Council, New York 1967, pp. 264: «Father Balducci, who is one of Pope John's more perceptive biographers, is using the word
3
ecumenical here, not in the limited sense of Catholic-Protestant relations, but in the much broader sense of a continuing and completely
openended dialogue between the Church and the contemporary world. Balducci's emphasis on the crucial importance of Pope John's keynote
address at the opening session of the Council is well taken, but, as he himself has pointed out, too little attention has been paid thus far to
John's Apostolic Constitution, Humanae Salutis, which antedated the Council by almost a year. It was in this earlier document that John not
only formally convoked the Council, but quite explicitly noted that, in his judgment, it should proceed according to the methodology
recommended to the Church by Christ Himself. "Indeed," he said, "we make ours the recommendation of Jesus that one should know how to
distinguish the 'signs of the times' (Mt. 16:4), and we seem to see now, in the midst of so much darkness, a few indications which augur well
for the fate of the Church and of humanity».
Giovanni XXIII, Costituzione apostolica « Humanae salutis » (25 dicembre 1961), Civitas Vaticana 1961, n° 6; Giovanni XXIII, Discorso di
apertura del Concilio Vaticano II ―Gaudet Mater Ecclesia‖ (11 ottobre 1962), in «Acta Apostolicae Sedis» 1962 n° 54, pp. 786-796.
5 H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, p. 174: «"Cela
4
signifie, vénérables frères, que ce Concile se caractérise par l'amour, l'amour très large et pressant, l'amour qui pense aux autres avant de
penser à soi, l'amour universel du Christ... Que le monde le sache l'Eglise le regarde avec une profonde compréhension, avec une admiration
vraie, sincèrement disposée non à le subjuguer, mais à le servir; non à le déprécier, mais à accroître sa dignité; non à le condamner, mais à
le soutenir et à le sauver 1". Par ces derniers mots, Paul VI a mis en lumière l'un des caractères principaux de Gaudium et Spes, ce texte
représente de la part du Concile une prise de conscience; le temps n'est plus où l'Église pouvait dominer le monde. On peut regretter
l'abandon dans la rédaction definitive d'un passage significatif des rédactions antérieures l'Eglise «ne met plus aucun espoir dans les
privilèges que lui assurent les autorités civiles», en se contentant de dire: «Aucune ambition terrestre ne pousse l'Église» (GS, nE 3). Mais
25
(ma neanche quella delle altre Chiese cristiane). Non esiste un consenso acquisito su questo
discernimento. Anzi, bisognerà mettersi 'in cerca' ed 'in ricerca', o cioè intraprendere la necessaria
indagine sui processi di convivenza e di esperienza umane in seno ai quali la Chiesa offre il suo
Messaggio di speranza 1. Certi osservatori cristiani hanno affermato che questo documento non
poteva essere valutato 'confessionalmente', proprio per il suo carattere di comune inchiesta
informativa sulla dinamica del 'mondo attuale' 2. Si è detto che questo 'metodo' diverso e persino
la 'Weltanschauung' nella quale si intreccia il tessuto del Vaticano II consiste nel superamento
dell'etnocentrismo, con la sua inevitabile tonalità aggressiva riguardo al linguaggio di 'vittoria' che
proferisce 3. Dalla fase preparatoria del concilio, che non aveva previsto questo documento 4, si
arriva addirittura ad uno schema con tessitura metodologica fondamentalmente dissimile alla
consuetudine della elaborazione ecclesiastica: un metodo -cioè- di analisi empirica dell'esperienza
5.
Eppure, questa analisi non intendeva rimanere chiusa nelle ristrettezze 'sociologiche' recenti
l'ensemble du texte corrobore l'intention exprimée par Paul Vl: l'Eglise est disposée, non à subjuguer le monde -- et l'Eglise se détache ainsi
de l'ère constantinienne, non seulement parce qu'elle est terminée dans de nombreuses parties du monde occidental, mais surtout parce
qu'elle représentait une déviation par rapport à l'Evangile -- mais à le servir -- ce qui signifie aussi l'abandon d'une attitude nostalgique,
replée sur elle-même, d'une Eglise dépassée par le monde moderne».
(1 «La documentation catholique», 1963 nº 60, col. 1357 et 1359.)
1
H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, pp. 174-175:
«Comment décrire cette attitude nouvelle de l'Eglise, son rôle dans le monde, ses relations avec lui? Tel est le but poursuivi par le Concile.
Or, remarquons-le, le Concile ne peut s'appuyer sur une tradition continue et vivante; il lui faut s'engager dans une recherche : certes des
théologiens et des hommes d'action ont dejà mené cette recherche, mais à titre de pionniers; souvent incompris ou contredits, ils ne peuvent
espérer faire accepter leur pensée dans le temps relativement bref des sessions conciliaires. La Constitution revêtira souvent un caractère
inachevé, insuffisant, car elle doit rassembler autour d'elle une immense majorité de votes favorables 1. Si tout texte «conciliaire» est plus ou
moins un texte de «conciliation», celui-ci l'est plus particulièrement. Remarquons d'ailleurs que les Eglises protestantes se trouvent dans une
situation à bien des égards comparable. Les relations entre l'Eglise et le monde de ce temps sont, certes, I'objet de nombreuses recherches
théologiques et pratiques; mais celles-ci reflètent une grande diversité de tendances et les confrontations entre ces orientations n'ont pu
aboutir à un consensus suffisant pour jalonner une route commune. Car pas plus que l'Eglise catholique, les Eglises protestantes ne peuvent
s'appuyer sur une tradition ferme ou sur un accord actuel».
(1 Le vote d'ensemble du 6 décembre 1965 donne, sur 2.377 votants, 2.111 placet, 251 non placet et 11 bulletins nuls.)
2
H. Bruston, L'Eglise et la vocation humaine, in AA. VV., Vatican II: points de vue de théologiens protestants , Paris 1967, p. 175: «Aussi,
comme l'a noté très justement le Pr. G. A. Lindbeck
1,
le théologien protestant ne peut donner du texte de Gaudium et Spes une
interprétation ou une critique confessionnelle, il doit s'engager en son nom personnel dans cette entreprise, et concevoir sa tâche comme
une participation à une recherche commune dont le texte conciliaire est un élément important; il doit envisager cette Constitution dans le
dynamisme d'une pensée ecclésiale à laquelle elle a donné droit de cité dans l'Eglise catholique. Cependant une étude comme la nôtre,
limitée à la première partie, peut prendre un tour plus dogmatique, dans la mesure où celle ci pose les bases de la perspective conciliaire,
sans s'attaquer aux questions «graves et urgentes» qu'aborde la seconde partie. Ici inspiration catholique et inspiration protestante sont plus
directement en dialogue».
(1 Le dialogue est ouvert; le Concile vu par les observateurs luthériens , 1965, Ed. Delachaux et Niestlé, p. 224.)
3
E. Chiavacci, La Gaudium et spes e la Zwiespaltichkeit conciliare , in N. Galantino, Il concilio vent'anni dopo, Roma 1986, vol. 3, p. 46: «Direi
che questa differenza di Weltanschauung tra il Tridentino e il Vaticano II è quello che sta dietro a tutto il mio testo, anche se non è scritto
esplicitamente. A integrazione di quanto si è detto fin qui, si pensi agli sviluppi avuti dall'antropologia culturale negli ultimi sessant'anni: da
una visione rigidamente etnocentrica, per cui anche la regalità di Cristo era vista come trionfo, in sostanza, della cultura occidentale, si è
passati ad una visione -- oggi riconosciuta del tutto legittima e doverosa -- che ha registrato la fine della supremazia di una cultura su
un'altra e, quindi, una relativizzazione delle culture, che credo oggi sia l'unica posizione sostenibile. Ho adoperato apposta la parola
relativizzazione di ogni cultura e non relativismo. Il relativismo culturale porta alla nullificazione di ogni criterio di valore, e cioè di qualsiasi
metro su cui giudicare una cultura. Relativizzazione, invece, vuol dire presupporre un metro con cui misurare una cultura, altrimenti come si
fa a dire che essa è relativa, che è insufficiente? Questa relativizzazione di ogni cultura, compresa la nostra, è un passo importante che fa
dire addirittura al Concilio che la Chiesa si arricchisce a contatto con le varie culture, e trova in questo i motivi per com prendere meglio il suo
messaggio».
4
G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale, Roma 1981, p. 13: «La fase preparatoria non aveva previsto questo documento, anche se
Giovanni XXIII, indicendo il Concilio, aveva parlato della necessità di «dare alla Chiesa la possibilità di contribuire più efficacemente alla
soluzione dei problemi del l'età moderna»
1
e i Padri conciliari nel messaggio al mondo, in apertura dei lavori, avevano affermato: «Qui riuniti
da ogni nazione che esiste sotto il cielo, portiamo nei nostri cuori le ansie di tutti i popoli a noi affidati, le angustie dell'anima e del corpo, i
dolori, i desideri, le speranze» 2 ».
(1 Costituzione apostolica «Humanae salutis» (25 dic.1961), in «La civiltà cattolica», a. 113 (1962) I, q. 2678, p. 175. /
2
«La civiltà cattolica»,
a. 113 (1962) IV, q. 2697, p. 283.)
5
G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale, Roma 1981, pp. 13-14: «Fin dall'inizio dei lunghi dibattiti era emersa la difficoltà di una
metodologia adeguata nell'affrontare tali problemi, in parte nuovi per la teologia, e di un linguaggio non equivoco nell'esprimere, in forma a
tutti comprensibile, il pensiero della Chiesa. Il Concilio, senza rinunciare alla consueta elaborazione teologica e senza porre in secondo piano
26
della cosidetta 'sociologia della religione' 1. Non si riesce ad entrare nella ricerca antropologica se
non si fa una 'ricerca sul terreno', o cioè una inchiesta o una indagine. La metodologia sembra
assai riconosciuta... «Gaudium et spes», nella sua particolarità di stile e di prospettiva, non sembra
accantonare questa dinamica dell'approccio antropologico. Il modo di esprimersi si riallaccia a
quella insistenza del concilio Vaticano II di non usare 'le armi della severità'! Ma, dietro a questa
esortazione più volte ribadita nelle fasi di elaborazione del testo si può anche percepire l'implicita
assimilazione del metodo ambientale umano di trattare delle vicende della convivenza odierna
come volontà di guardare benevolmente alle 'metodologie' più recenti. La 'severità' farebbe -forseparte non soltanto di un malinteso sulla pedagogia di Cristo, ma significherebbe -inoltre- ignorare
e rifiutare una praxis di indagine ormai maturata nello studio interculturale contemporaneo delle
vicende umane? Sarebbe questa l'implicazione del collegamento che si fa tra un certo
'etnocentrismo' e l'inevitabile sintesi che nella sua luce porta al riassunto mentale della 'vittoria'
(qui sopra)? Come si imposta, nella «Gaudium et spes», quella indagine o quella inchiesta che
sarebbe alla base di un approccio antropologico 'post-moderno'? Il testo si apre con due
indirizzi-chiave: "nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore (dei discepoli di
Cristo)" 2, e poi, "ai nostri giorni, l'umanità scossa da ammirazione per le sue scoperte e la sua
il valore della salvezza come «dono di Dio», nella Gaudium et spes ha preferito partire da una analisi empirica della realtà, con la ricerca di
valori inerenti ai fatti, alle strutture e alle situazioni di cui è intessuta la vita dell'uomo, le quali è compito della Chi esa accogliere, purificare,
consolidare ed elevare 1. Il punto di partenza della riflessione conciliare fu il recupero del concetto di laicità della realtà umana, purificato
dalla laicizzazione progressiva che esso aveva subìto soprattutto in occidente 2».
(1 Cfr Lumen gentium, n° 13. /
2
Ricordiamo con Norberto Galli come i termini «cultura laica» e «stato laico» abbiano ostacolato il recupero di
una sana laicità della realtà. Nel termine «cultura laica» sono confluite le correnti di pensiero razionalistico ed immanentistico, che avevano
perno sulla ragione in contrapposizione alla religione rivelata. Il termine «stato laico» è sorto come contrapposizione alla Chiesa. «Laicità» ha
assunto così il senso di «laicismo» o, nel migliore dei casi, di «mentalità». In ogni caso si affermava una separazione artificiale ed astratta tra
società e religione, facendo della prima un assoluto e riducendo la seconda a un fatto privato, di spettanza domestica (Cfr Galli N.,
Educazione, laicità e libertà, in AA.VV., Laicità, problemi e prospettive, in «Vita e Pensiero», Milano, 1977, pp. 382-390).)
1 G. Dal Ferro, Religione e cambiamento sociale , Roma 1981, pp. 16-17: «Dal canto suo la sociologia della religione, dopo i consistenti
contributi offerti alla teologia dai suoi fondatori (Emile Durkheim e Max Weber), sembra essersi ripiegata principalmente «in descrizioni del
declino delle istituzioni ecclesiastiche» 1, trascurando, secondo Thomas Luckmann, l'analisi della «base sociale -- non necessariamente
istituzionale -- della religione in trasformazione nella società moderna» 2. A parte la tesi particolare del Luckmann, sulla quale avremo modo
di ritornare, resta vero che oggi si impone una intesa fra teologia e sociologia, perche entrambe sono fattori del processo storico, nel quale
la Chiesa si realizza».
(1 «Esaminando le recenti pubblicazioni di sociologia della religione - scrive Luckmann - si trovano, invero, studi sempre più numerosi di
sociologia parrocchiale, demografica delle chiese, statistiche relative alla partecipazione ad attività della chiesa, numerose analisi di
movimenti settarii, alcune monografie su organizzazioni ecclesiastiche, nonché diversi studi sulle "credenze" religiose, basati sulle strategie
del sondaggio d'opinione» (Luckmann Th., La religione invisibile, Il Mulino (Paperbacks), Bologna, 1969, p. 13). /
2
2
Ivi. p. 14.)
CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes», Civitas vaticana 1965, pp. 681-682: «Prooemium /
(De intime coniunctione Ecclesiae cum tota familia gentium) 1.1 GAUDIUM ET SPES, luctus et angor hominum huius temporis, pauperum
praesertim et quorumvis afflictorum, gaudium sunt et spes, luctus et angor etiam Christi discipulorum, nihilque vere humanum invenitur,
quod in corde eorum non resonet. Ipsorum enim communitas ex hominibus coalescit, qui, in Christo coadunati, a Spiritu Sancto diriguntur in
sua ad Regnum Patris peregrinatione et nuntium salutis omnibus proponendum acceperunt. Quapropter ipsa cum genere humano eiusque
historia se revera intime coniunctam experitur».
(1 Constitutio Pastoralis «De Ecclesia in mundo huius temporis»duabus partibus constans, unum quid tamen efficit.»Pastoralis autem dicitur
Constitutio ex eo quod, principiis doctrinalibus innixa, habitudinem Ecclesiae ad mundum et ad homines hodiernos exprimere intendit. Ideo
nec in priori parte pastoralis deest intentio, nec vero in secunda intentio doctrinalis. In parte quidem priori, Ecclesia doctrinam suam evolvit
de homine, de mundo in quem homo inseritur, et de habitudine sua ad ipsos. In secunda autem diversos aspectus hodiernae vitae et
societatis humanae pressius considerat, et quidem speciatim quaestiones et problemata quae nostris temporibus hac in re urgentiora
videntur. Unde.fit ut, in hac posteriori parte, materia, principiis doctrinalibus subiecta, non tantum elementis permanentibus, sed etiam
contingentibus constet. Interpretanda est igitur Constitutio iuxta normas generales theologicae interpretationis, et quidem ratione habita,
praesertim in secunda eius parte, adiunctorum mutabilium cum quibus res de quibus agitur natura sua connectuntur. )
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes», Roma 1965, pp. 611-612:»PROEMIO / Intima unione della
Chiesa con l'intera famiglia umana 1.1 Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti
coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano
che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito
Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò si sente
realmente ed intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia».
(1 La costituzione pastorale «La Chiesa nel mondo contemporaneo consta di due parti, ma è un tutto unitario. Vien detta «pastora le»perché
sulla base di principi dottrinali intende esporre l'atteggiamento della Chiesa in rapporto al mondo e agli uomini d'oggi. Pertanto, né alla
27
potenza, agita però spesso ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo..." 1. "Umanità, chi
sei?" e "Umanità, dove vai?": ecco due interrogativi del tutto aperti e che potrebbero essere posti
aldilà di ogni condizionamento mentale. Sono gli interrogativi della gente comune nella
consapevolezza -sempre più esplicita- delle incognite del cammino umano. Notiamo, però, uno
strano abbinamento di termini: scoperte e potenza... In esso si scorge ciò che potrebbe intendere
il testo con quello che chiama l'elemento 'genuinamente umano' dell'esperienza odierna. Sarà
questo
l'apporto
di
'modernità'
che
il
concilio
chiama
'attuale
evoluzione'
o
'mondo
contemporaneo', senza confrontarsi esaurientemente con la dicitura di 'modernità'?? La qualifica di
'moderno' entra di striscio nel linguaggio del concilio. Si 'sente' il continuo rinvio ad esso senza
che si espliciti la dicitura specifica. Sarà questo il segno di una incertezza o di una tranquilla
convinzione sul perpetuarsi e sulla omni-presenza del 'moderno' nei nostri tempi?
Purtroppo non si è quasi mai fatto menzione o tratto le implicazioni di questo approccio
del concilio Vaticano II in quanto alla dinamica ecclesiale in ambito comunicativo e
comunicazionale...
Il periodo in cui Paolo VI (1963-1978) può essere a ragione definito ―pontificato alla
ribalta‖, riguardo all‘importanza del ruolo dell‘informazione: figlio di un giornalista, egli nutre una
stima per i professionisti dei media, nonché per le concezioni moderne e liberali al riguardo 2. I
mass media entrano a pieno diritto nelle stanze del palazzo apostolico, dando conto
quotidianamente della vita e dell‘opera del Papa e tutti gli atti del pontificato paolino raggiungono
loro tramite tutti gli angoli del mondo 3. Di rilievo la decisione di riformare il servizio stampa
vaticano, istituendo la Sala Stampa della Santa Sede allo scopo di promuovere quelle iniziative che
rispondono alle esigenze dell‘informazione moderna. Tuttavia, si deve riconoscere che questa
innovazione non produce gli effetti sperati: i reiterati «no comment» del portavoce vaticano, le
frequenti smentite date a notizie da tutti ritenute fondate, l‘ufficialità estrema delle dichiarazioni,
non attraggono l‘interesse dei giornalisti, che auspicavano un cambiamento della mentalità oltre
prima parte manca l'intenzione pastorale, né alla seconda l'intenzione dottrinale. Nella prima parte, la Chiesa svolge la sua dottrina
sull'uomo, sul mondo, nel guale l'uomo s'inserisce, e sui rapporti con queste realtà. Nella seconda, si prendono più strettamente in considerazione i vari aspetti della vita odierna o della società umana, specialmente le questioni o i problemi che, in materia, sembrano oggi più
urgenti. Per cui, in questa seconda parte, la materia esaminata alla luce dei principi dottrinali non è tutta costituita da elementi immutabili
ma contiene pure elementi contingenti. Perciò la Costituzione dovrà essere interpretata secondo le norme generali dell'interpretazione teologica ma tenendo conto inoltre, specie nella seconda parte, delle circostanze mutevoli cui sono intrinsecamente connesse le materie trattate. )
1 CONCILIUM OECUMENICUM VATICANUM II, Constitutio pastoralis «Gaudium et spes» , Civitas Vaticana 1965, p. 683:»(De ministerio homini
praebendo). Nostris autem diebus, genus humanum, de propriis inventis propriaque potentia admiratione commotum, saepe tamen anxias
agitat quaestiones de hodierna mundi evolutione, de loco et munere hominis in orbe universo, de sui individualis et collectivi conaminis
sensu, denique de ultimo rerum hominumque fine. Quapropter Concilium, fidem universi populi Dei, a Christo congregati, testificans et
exponens, ipsius coniunctionem, observantiam ac dilectionem erga totam hominum familiam, cui inseritur, eloquentius demonstrare non
valet quam instituendo cum ea de variis illis problematibus colloquium, lumen afferendo ex Evangelio depromptum, atque humano generi
salutares vires suppeditando, quas ipsa Ecclesia, Spiritu Sancto ducente, a Fundatore suo accipit. Hominis enim persona salvanda est
humanaque societas instauranda. Homo igitur, et quidem unus ac totus, cum corpore et anima, corde et conscientia, mente et voluntate,
totius nostrae explanationis cardo erit»; CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et spes», Roma 1965, pp.
612-613: «3. A servizio dell'uomo . Ai nostri giorni, I'umanità scossa da ammirazione per le sue scoperte e la sua potenza, agita però spesso
ansiose questioni sull'attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell'uomo nell'universo, sul senso dei propri sforzi individuali e
collettivi, ed ancora sul fine ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il Concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il
Popolo di Dio, riunito da Cristo, non può dare dimostrazione più eloquente della solidarietà, del rispetto e dell'amore di esso nei riguardi
dell'intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la
luce che viene dal Vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo,
riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare l'umana società. È l'uomo dunque, ma l'uomo integrale,
nell'unità di corpo ed anima, di cuore e coscienza, di intelletto e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione».
2
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 60.
3
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 96.
28
che delle strutture vaticane 1. Durante il suo ministero pastorale viene promulgato il decreto
conciliare Inter Mirifica 2. Con questo documento (che verrà analizzato nello specifico più avanti) si
offre per la prima volta un quadro generale e quasi esaustivo delle problematiche inerenti tutti gli
strumenti della comunicazione sociale e, quindi, si attua una decisa apertura della Chiesa al
mondo contemporaneo. Subito dopo l‘approvazione del decreto, nel 1964, col motu proprio In
fructibus multis, Paolo VI trasforma la Commissione Pontificia per Cinema, Radio e Televisione in
Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, facendone una sezione della Segreteria di
Stato (l‘organismo supremo della Santa Sede) e attribuendole, tra i vari compiti, quello di preparare
una istruzione pastorale per l‘applicazione delle direttive del decreto 3. Nello stesso anno Paolo VI
pubblica l‘enciclica programmatica del proprio pontificato Ecclesiam suam, con la quale invita la
Chiesa a entrare in dialogo col mondo nella linea già aperta dalla ―Gaudium et spes‖ 4. È durante il
suo pontificato che viene celebrata la prima edizione della Giornata mondiale per le Comunicazioni
Sociali (1967), istituita per volere del concilio Vaticano II. Nel 1971, con la lettera apostolica
Octogesima Adveniens, il Papa sottolinea «l'importanza crescente che assumono i mezzi di
comunicazione sociale e il loro influsso sulla trasformazione della mentalità, delle cognizioni, delle
organizzazioni e della società stessa» e, parlando dei responsabili della comunicazione, indica gli
effetti del loro operato sulla verità delle informazioni, sui bisogni, sui valori, all‘interno di quella
che si costituisce come «una nuova forma di civiltà: la società dell‘immagine» 5. Nell‘Esortazione
Apostolica Evangelii nuntiandi del 1975, pubblicata a conclusione del Sinodo dei Vescovi
sull‘evangelizzazione nel mondo contemporaneo, riconoscendo l‘importanza dai media in ordine
proprio alla missione evangelizzatrice, il Papa rivolge a tutti gli operatori pastorali un accorato
appello 6.
Riguardo all‘opinione pubblica o alla piattaforma di ‗smistamento‘ dell‘opinione pubblica, si
avranno altre considerazioni papali: come per esempio nell‘enciclica Redemptoris missio, del 7
dicembre 1990, laddove si afferma che «il primo areopago del tempo moderno è il mondo della
comunicazione, che sta unificando l‘umanità rendendola, come si suol dire, ―un villaggio globale‖»
7.
Troviamo in Giovanni Paolo II la coscienza dell‘attuale configurazione della società
contemporanea ed una chiara visione del ruolo dei media, con un passaggio da una prospettiva
strumentale ad una prospettiva culturale.
1
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 62.
2
Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto ―Inter mirifica‖, 4 dicembre 1963, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel
2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn. 245-283.
3
Cfr Paolo VI, Motu proprio ―In fructibus multis‖, 2 aprile 1964, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.)
vol. 2, nn. 148-150.
4
Paolo VI, Lettera enciclica ―Ecclesiam suam‖, 6 agosto 1964, Città del Vaticano, nn. 44, 67, in in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna
1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 2, nn.181, 192:; «Essa [la Chiesa] non può rimanere immobile e indifferente davanti ai mutamenti del
mondo circostante. Per mille vie questo influisce e mette condizioni sul comportamento pratico della Chiesa. Essa, come ognuno sa, non è
separata dal mondo; ma vive in esso. Perciò i membri della chiesa ne subiscono l‘influsso, ne respirano la cultura, ne accettano le leggi, ne
assorbono i costumi. Questo immanente contatto della chiesa con la società temporale genera per essa una continua situazione
problematica, oggi laboriosissima. [...] La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si
fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio».
5
Cfr Paolo VI, Lettera apostolica ―Octogesima Adveniens‖ , 14 maggio 1971, Città del Vaticano 1971, n° 20, in «Acta Apostolicae Sedis», 1971
n° 63, p. 415.
6
Paolo VI, Esortazione apostolica ―Evangelii nuntiandi‖ , 8 dicembre 1975, Città del Vaticano 1971, n° 45, in «Acta Apostolicae Sedis», 1976 n°
68, p. 35: «La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l‘intelligenza umana rende
ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la chiesa ―predica sui tetti‖ (cf. Mt 10,27) il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova
una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini».
7
GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica ―Redemptoris missio‖, 7 dicembre 1990, n. 37, in «Acta Apostolicae Sedis», 1991 n° 83, p. 285.
29
L‘AUDIO A DISTANZA NELL‘AFFERMAZIONE DELLA DIFFUSIONE PIÙ PIENAMENTE MEDIATIZZATA
NELL‘UDIRE
Stranamente, nel corso del XX secolo, la Chiesa romana 'salverà' –fino a un certo punto- il
suo giudizio sulla comunicazione nel valutare positivamente 'l'audio' ed 'il video' nel momento in
cui si affermano comunicativamente, con una restrizione significativa: tutto si interpreta in termini
di ‗mezzi‘ e strumenti da apprezzare –lasciando in sospeso ciò che si chiamava ‗il contenuto‘, o
cioè i ‗mezzi‘ sono ‗doni divini‘ 1. Siamo alla fase dove la comunicazione sarà compresa come
―strumenti di comunicazione sociale‖ con la corrispondente ―teologia dei strumenti della
comunicazione sociale‖... Pio XII ha sicuramente preparato il terreno ―in forma embrionale‖ in molti
suoi discorsi e riflessioni riguardanti l'arte e le sue espressioni, la scienza con le sue
manifestazioni tecnologiche e le sue scoperte, la stampa e l'opinione pubblica. Egli tratta
dell'inventiva umana in relazione alla scienza affermando che è insito nella natura umana
occuparsi delle scienze terrene, perché esse non sono altro che lo specchio dell'opera creatrice di
Dio. Il Papa riconosce nell'uomo le capacità di fare sempre nuove scoperte, che, se messe al
servizio degli altri e della società, portano alla santificazione dell'uomo. D‘altra parte, a differenza
dell‘indagine e dell‘analisi antropologica sull‘incidenza dell‘audio a distanza, le autorità romane
considerano quasi esclusivamente l‘aspetto ‗verbale‘ del ‗dire-udire‘ comunicazionale. L‘immenso
patrimonio sonoro, con i ‗primi‘ ―rulli‖ di registrazione-riproduzione a distanza sembrano un tema
non rilevante nel discernimento ecclesiastico di vertice a questo livello. Come per l‘immagine
mediatica dove il significativo ambito artistico è più che ignorato nelle sue creatività pittoriche,
scultoree, architetturali, anche la creatività musicale non sembra dover fare parte dell‘interesse
suscitato dalle varie medialità dell‘audio: dai rulli ai dischi fino ai CD di alta definizione sonor, dal
telefono con la sua incidenza di intimità privata ed individualissima fino ai sofisticati apparecchi
che includono la fotografia e le mini camere, e via dicendo... Come per l‘editoria dove i primi passi
riproducono sopra tutto le opere dei maestri antichi dello ‗scrivere‘ (filosofi, poeti...), anche qui la
riproduzione della genialità ‗sonora‘ e ‗visuale‘ non rientra nella valutazione di questa fascia
comunicativa
in
via
di
affermazione.
Dalla
focalizzazione
prevalentemente
‗ideologica‘
dell‘incidenza vocale sonora a distanza, si arriva ad una classificazione quasi astratta della
questione comunicazionale nell‘audio (vedere il riferimento dell‘antropologia comunicazionale
sull‘affermazione dell‘audio a distanza nell‘indagine degli osservatori, nel nostro studio a
riguardo). L‘esame critico dell‘audio diventerà una messa sotto torchio dei suoi ‗contenuti
concettuali‘. Non è da meravigliarsi che –con questi presupposti- la valutazione delle autorità
romane consideri inizialmente come ‗fuori luogo‘ una eventuale riproduzione audio di carattere
liturgico!!...
Non mancano, tuttavia, dei chiari segnali che andranno in controtendenza. Un documento
ecclesiale del 1986 parla infatti della «comunicazione umana, dono di Dio»
1
2.
In questa
E. Baragli, L'inter mirifica , Roma 1969, p. 69: «Con la Miranda Prorsus il magistero di Pio XII segna un altro decisivo passo in avanti. Intanto
perché all'argomento consacrava un'enciclica --la seconda--, ben più impegnativa di una lettera della Segreteria di Stato; ma soprattutto
perché trattava del cinema e della radio e televisione (purtroppo, vi si taceva ancora della stampa!) in quanto specifici strumenti « di
comunicazione» , fornendo così all'lnter Mirifica la base più soda e feconda per uno sviluppo socio-teologico della dottrina. Rispetto ad esso,
invece, segna piuttosto un regresso un'altra lettera della Segreteria di Stato, inviata sotto Giovanni XXIII e nell'imminenza delle assise
conciliari, alla XXXV Settimana Sociale dei cattolici italiani, svoltasi in Siena dal 24 al 29 sett. 1962, nella quale si trattò delle «incidenze
sociali dei mezzi audiovisivi», senza curarsi di definire quali e quante fossero le realtà comprese sotto una dizione tanto approssimativa ed
ambigua».
Cfr CONGREGAZIONE PER L‘EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione
sociale, 19 marzo 1986, n. 1, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 10, n° 79: «Dio, sommo bene,
2
comunica incessantemente i suoi doni agli uomini, oggetto di sua particolare sollecitudine e amore, prima di comunicarsi più pienamente ad
essi nella visione beatifica. Inoltre, perché la sua immagine nell‘uomo riflettesse sempre più la perfezione divina (cf. Mt 5,48), Egli ha voluto
30
prospettiva, il ―dono‖ non può più essere declassato alle ―cose tecniche‖ o agli ―strumenti‖. Il
―dono‖, nella logica evangelica, va ricondotto a Dio, datore di ogni dono, e in particolare al suo
Spirito, dono all‘uomo per eccellenza. Basta evocare la pneumatologia per percepire subito quanto
sia insufficiente ridurre i ―doni‖ agli ―strumenti‖. Anche la recente lettera apostolica Il rapido
sviluppo, che abbiamo già incontrato, invita ormai la Chiesa a superare una concezione
meramente strumentale della cibercomunicazione e a prendere coscienza del fatto che essa stessa
è generativa di cultura, di una ―nuova cultura‖
1.
Non a caso, nel documento il Papa indica
l‘importanza dei media per la formazione della personalità e della coscienza, l'interpretazione e la
strutturazione dei legami affettivi, l'articolazione delle fasi educative e formative, l'elaborazione e
la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica ed economica. Le
comunicazioni non ―eseguono‖ soltanto ciò che le Chiese hanno da trasmettere all'umanità o a se
stesse. Esse ―rivelano‖ qualcosa alle Chiese, e cioè incidono sulle Chiese e nelle Chiese,
simultaneamente dal ―di fuori‖ e dal ―di dentro‖. Fanno saltare le ―frontiere‖, e non soprattutto
quelle dello spazio e del tempo grazie alle trasmissioni a distanza. Si tratta allora, per la Chiesa, di
rinunciare a voler ―domare‖ ad ogni costo le nuove forme di comunicazione, per integrarsi essa
stessa in quelle priorità di tattica comunicativa che esse sollecitano. La Chiesa è nella
comunicazione e la comunicazione è nella Chiesa, ma l‘una non può impossessarsi dell'altra, e
viceversa.
Rapidamente, dai primi avvisagli dell‘affermazione radiofonica, sorge la ―Radio Vaticana‖
negli anni 1930. Emblematicamente, la radiofonia viene contemporaneamente adottata come via
prioritaria –per qualche tempo- dai Testimoni di Geova negli Stati Uniti. La radio fu usata
estensivamente dagli anni 1920. Entro 1933, la Società trasmetteva da 403 emittenti radio per
diffondere conferenze sulla Bibbia. L'uso della radio fu sostituito –poi- in gran parte dai contatti
‗porta a porta‘, con fonografi portatili e commenti biblici registrati. Nell‘ambito romano, Pio XI
(1922-1939) ha trattato ampiamente temi riguardanti la stampa, la radio e il cinema. Inizialmente,
pur accogliendo le moderne invenzioni con gioia, egli ha mostrato una evidente ansia pastorale
derivante proprio dalla missione apostolica affidata da Dio a tutta la Chiesa 2. C‘è da dire, però,
che nei confronti della radio all‘inizio la posizione della Chiesa è di rifiuto assoluto: persino le
trasmissioni di carattere liturgico sono considerate un abuso prima di imporsi come strumento di
evangelizzazione 3. Pio XI è il primo a citare la radiofonia nel 1928 e, nell‘enciclica Divini illius
Magistri del 1929, tratta degli spettacoli del cinematografo e delle audizioni radiofoniche come
«potentissimi mezzi di divulgazione, che possono riuscire, se ben governati da sani principi, di
grande utilità all‘istruzione ed educazione» ma che «vengono purtroppo spesso subordinati
all‘incentivo delle male passioni e dell‘avidità del guadagno» 4. Il 12 febbraio 1931 inaugura Radio
Vaticana, allestita sotto la direzione personale di Guglielmo Marconi, la quale verrà utilizzata dal
Papa più che altro quale personale microfono per i suoi messaggi ai fedeli.
associarlo alla propria opera facendolo, a sua volta, messaggero e dispensatore degli stessi beni ai suoi fratelli e a tutta l‘umanità. L‘uomo,
infatti, per esigenza della sua stessa natura, fin dal mattino della sua esistenza ha preso a comunicare con i propri simili i suoi beni spirituali
per mezzo di segni sensorialmente percepibili. Quindi, col tempo, ha via via inventato mezzi e veicoli di comunicazione sempre più atti a
superare gli originali limiti di spazio e di tempo, sino ad attuare, con il sempre più rapido sviluppo tecnologico, un‘ormai mondiale e
istantanea comunicazione di tutta l‘umanità mediante gli strumenti della comunicazione sociale, che oggi vanno integrandosi in una
onnicomprensiva tele(infor)matica».
1
GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n. 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265: «Essa [la
Chiesa] non è chiamata soltanto ad usare i media per diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella
nuova cultura che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano».
2
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 88.
3
La trasmissione via radio delle funzioni liturgiche viene vietata nel 1927 dal Sant‘Uffizio e nel 1936 dalla Sacra Congregazione dei Riti.
4
Cfr Pio XI, Lettera enciclica ―Divini illius Magistri‖, 31 dicembre 1929, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, n. 401.
31
Si sa che per l‘intento cattolico di stampo romano, sia l‘immagine dalla visualità sia
l‘emotività dall‘impatto del dire-udire sono le due dimensioni meno congeniali alla Chiesa
d'occidente, tanto strettamente edificata ed articolata sul 'pensare' e sul 'fare' (intelletto e volontà).
Non è sull'emotività umana finalmente apprezzata nella sua valenza specifica in seno
all‘esperienza vissuta che essa si concede uno sguardo benevolo riguardo a ciò che vettore audio
mette in auge. Di fronte a questo scatto di riconoscimento della 'emotività attiva' della parola udita
e detta e alla 'emotività indifesa' dell'immagine, la Chiesa vede prospettarsi la formulazione del
suo 'principio' che rende la tecnologia audiovisiva accettabile: e cioè 'i mezzi tecnici come doni di
Dio' 1. Ciò che apparve come una riscoperta della emotività, che poi si protrae nella visualità, si
percepisce positivamente, a questo livello, come 'tecnica vicina allo spirito'… Ma l‘audio è anche
l‘ingresso a pieno titolo della tecnologia nella comunicazione, si passa dalla meccanicità
all‘elettronica. Alcuni accosteranno la nascita del movimento liturgico e del movimento ecumenico
ecumenico con questa nuova modalità di scambio partecipativo 2. In questo senso, Papa Pio XII è
stato il principale promotore dello studio e della presa di coscienza dell‘importanza della stampa,
del cinema, della radio e della televisione nella vita sociale
3.
Tra i vari strumenti della
comunicazione sociale il Pontefice si rivolge soprattutto alla radio: egli la considera un mezzo che
racchiude in sé una potenza misteriosa, in quanto ha la facoltà di far giungere «gli accordi di
un'arpa al cervello» ed attraverso di essa «le voci che si fanno sentire penetrano fino all'anima» 4.
Non solo: disponendo, nel giugno 1939, che la benedizione pontificia ricevuta via radio sia valida
per beneficiare dell‘indulgenza plenaria, ecco che la radio diventa il primo medium considerato
come potenziale strumento della Grazia divina, oltre che «uno dei più potenti mezzi di diffusione
della civiltà e della vera cultura» 5.
D‘altra parte, si è notato che la radio è stata anche il grande baluardo dei ‗cristiani
fondamentalisti‘ o dei ‗cristiani conservatori‘, legati dall‘alleanza di questo ‗ambone‘ a distanza 6.
Pio XII, Lettera enciclica ―Miranda prorsus‖ 8 settembre 1957, in «Acta Apostolicae Sedis», 1957, p. 765, etiam in AA. VV., Enchiridion delle
Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, nn. 1391-1548: «Miranda prorsus technicae artis inventa, quibus nostrorum temporum homines gloriantur,
1
quamquam ex humano ingenio laboreque oriuntur, dona sunt tamen Dei Creatoris nostri, ex quo omnia opera bona procedunt: ― non enim
solum protulit creaturam, verum etiam prolatam tuetur et fovet" (S. IOAN. CHRYS., De consubstantiali, contra Anomoeos: PG 48, 810). Ex
quibus inventis alia hominum vires potentiamque adaugent atque multiplicant; alia eorum vitae condiciones meliores efficiunt; alia denique,
cum animum potissimum respiciant, vel per se, vel per artificiosas imagines ac voces multitudines ipsas attingunt, et cum iisdem cuiusvis
generis nuntios, cogitata et praecepta facilitate summa communicant, quibus veluti mentis pabulo enutriantur per requietis etiam ac
relaxationis horas. Ad quae postrema inventa quod attinet, maximum aetate hac nostra incrementum acceperunt cinematographicae,
radiophonicae at televisificae artes»; etiam in «Bulletin d'information», (Commission pontificale pour le cinéma, la radio et la télévision), 1957
n. 49, p. 1; n. 50, p. 1): «1. Les merveilleux progrès techniques dont se glorifie notre époque sont assurément les fruits du génie et du travail
de l'homme, mais ils sont d'abord des dons de Dieu, notre Créateur, de qui dérive toute oeuvre bonne: ―non seulement en effet Il a suscité la
créature, mais Il la protège encore et la soutient‖. (SAINT JEAN CHRYSOSTOME, Traité sur le Fils consubstantiel, contre les Anoméens: PG 48,
810). 2. Quelques-unes de ces inventions servent à multiplier les forces et les ressources physiques de l'homme; d'autres à améliorer ses
conditions de vie; d'autres encore -- et celles-là concernent de plus près la vie de l'esprit -- touchent les foules directement ou par
l'expression artistique de l'image et du son, et leur offrent avec la plus grande facilité des informations, des idées et un enseignement qui
nourrissent leur esprit, même durant les heures de détente et de repos. Parmi les inventions appartenant à cette dernière catégorie, le
cinéma, la radio et la télévision ont pris à notre époque un développement très important».
2
M. McLuhan, Understanding Media , London 1964, p. 343: «The same new reference for depth participation as also prompted in the young a
strong drive toward religious experience with rich liturgical overtones. The liturgical revival of the radio and TV age affects even the most
austere Protestant sects. Choral chant and rich vestments have appeared in every quarter. The ecumenical movement is synonymous with
electric technology».
3
Cfr M. Boullet, Le choc des médias, Paris 1985, p. 16.
4
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma
1987, p. 41.
5
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, p. 34.
6
E. Coffman, Don't Touch That Dial , (Could a bitter debate among religious broadcasters really cause a"full-scale split in evangelicalism"?), in
«Internet» 2002, http://ChristianHistory.net/AOL Keyword: ChristianHistory, Friday, March 8, 2002; also @ChristianityToday.com: «Sixty
32
Una convergenza viene sottolieata tra questi conservatori cristiani ed i ‗politici conservatori‘ nel
modo di dare priorità a questa ‗vocalità‘ a distanza! Il dubbio sorge sé l‘autorità ecclesiale, al di là
della positività finalmente manifestata per l‘iniziativa comunicativa, non abbia confusamente
‗intuito‘ che la radiofonia potesse diventare il braccio lungo della salvaguardia ecclesiastica, come
la libera editoria e la stampa di attualità si erano dimostrate poco disponibili a sottostare agli
imperativi dei vertici o delle salvaguardie cristiane…
DAL CINEMA AL VIDEO ELETTRONICO RAVVICINATO NELLA SUA PRIORITÀ D‘IMPATTO VISUALE
NELL‘IMMAGINE VIVA
Anche il veicolo della visualizzazione fa il suo ingresso mediatico, talvolta aggregato dagli
esponenti ecclesiastici all‘audio sotto la dicitura ‗mezzi audiovisivi‘... Purtroppo, la gestione
dell‘immagine mediatica segue quella occidentale romana dell‘immagine in generale, senza
neanche dare spazio ad un dialogo sull‘immagine con le prestigiose tradizioni d‘oriente, per
meglio focalizzare un suo possibile ruolo più pienamente recepito. Il modello visivo di
comunicazione del messaggio della fede è inteso per ‗chi non sa leggere‘: questa modalità di
annuncio e predicazione è conosciuta col nome di Biblia pauperum, la ―Bibbia dei poveri‖. Questo
tipo di trasmissione del messaggio cristiano vide suscitarsi forti polemiche, che in Oriente
porteranno alla nascita del movimento iconoclasta
1.
Nell‘Occidente cristiano, invece, Papa
Gregorio Magno, nell‘anno 600, sottolinea la prospettiva ormai classica sull‘immagine ed il suo
years ago, waves in the broadcast community might have sent tsunamis through evangelicalism, because religious radio was one of just a
few things binding conservative Christians together. Today, though, the effect likely will be a ripple. In his very helpful book Revive Us Again:
The Reawakening of American Fundamentalism (Oxford, 1997), Calvin College history professor and provost Joel A. Carpenter argues that
parachurch organizations formed the core of evangelicalism in the 1930s and '40s. A rough summary of his story goes like this : Protestant
conservatives lost some key battles in the 1920s, both in the public sphere (Prohibition, evolution) and in their denominations. But instead of
giving up, as liberals hoped, conservatives quietly regrouped. Some fundamentalists founded splinter denominations and seminaries, but
most conservatives stayed in their drifting denominations while seeking fellowship with like-minded Christians elsewhere. That "elsewhere"
came to include summer camps, Bible colleges, alternative publications, faith missions, and Christian radio. This is why evangelicalism is
defined not by hierarchy, headquarters, or creed, but by entities like World Vision, Focus on the Family, Fuller Seminary, and Christianity
Today--insofar as evangelicalism is defined at all. No single type of parachurch program outranked all others in the formation of evangelical
identity, but radio occupied a unique position at the intersection of several of the movement's key emphases. Evangelicals have always been
populists, making use of the catchy and new, and radio was certainly the "wave of the future" in the '30s and '40s. Radio was also a verbal
medium, well suited to the message of Christians rooted in the Word. Most importantly, radio gave revival preachers--perennial evangelical
superstars -- an audience much larger than the crowds they could draw under crusade tents. The NRB was founded in 1944 by conservative
broadcasters who had more listeners than clout. In the 1920s and '30s these broadcasters had achieved such popularity that their mainline
critics tried to silence them by asking network powerhouses CBS and NBC not to carry their "sectarian" programs. The block failed;
conservatives bought time for their programs on networks that needed the money (ABC and the Mutual Broadcasting System) and built their
own networks. Memories of this saga, as well as skirmishes with the generally unsympathetic Federal Radio Commission, gave the NRB a
defensive edge. New Federal Communications Commission rules in the 1970s invited a rush of evangelicals to the airwaves. It was during
this era of the Moral Majority and developing Religious Right that Christian radio personalities became better known for political commentary
than for on-air evangelism. Randall Balmer's new Encyclopedia of Evangelicalism (more on this handy reference in a future newsletter) notes
that Jimmy Carter, Ronald Reagan, and George Bush all addressed NRB conventions. Reagan gave his famous "Evil Empire" speech, on the
Soviet Union, at the group's 1983 meeting. Today, the NRB still sometimes tussles with the FCC, and a serious split within the organization
could leave both sides too small to mount a lobby. NRB members do not, however, face much competition from theological liberals on the
dial. An overwhelming number of the more than 1,940 Christian radio stations in America fall on the conservative side of the spectrum. Even
if Pederson were reinstated, about all he could do to budge broadcasters from this niche would be to mix a little chiding into his official
speeches. A resolution that would force broadcasters to tone down their political speech, the threat some commentators seemed to see in
Pederson's interview, isn't a possibility. Still, the extent to which prevailing conservative theology should be connected to vocal conservative
politics is a valid question for Christian broadcasters. It's a valid question for the rest of us, too, especially in light of the proposed Houses of
Worship Political Speech Protection Act, which would allow pastors to endorse candidates from the pulpit. But the real tempes ts over the
issue are unlikely to originate in the back rooms and conference calls of the NRB. Radio is simply not the evangelical center of gravity it used
to be».
1
Nel 745 l‘imperatore Leone III l‘Isaurico condanna l‘uso delle immagini nella Chiesa, col pretesto che esse istigano all‘idolatria, secondo le
prescrizioni dell‘Antico Testamento. Dopo le reazioni del popolo, dei monaci e di eminenti Padri della chiesa d‘Oriente, il Concilio Niceno II,
nel 787, giustifica l‘iconografia e la venerazione delle immagini richiamandosi all‘analogia con l‘evento dell‘Incarnazione, nel quale Dio
stesso ha voluto rendersi visibile (cf. DH 600-603). Solo nell‘843, però, un editto dell‘imperatrice Teodora sanzionerà il trionfo della dottrina
conciliare.
33
valore catechetico delle rappresentazioni pittoriche 1. L‘immagine (anche la visualizzazione viva)
così ‗mediatizzata‘, utilizzata per sopperire al problema del dialogo con gli analfabeti cristiani e
anche le sacre rappresentazioni, intendono far rivivere i principali momenti della vita del Cristo (in
particolare la Passione e la Natività) in grado di coinvolgere anche sentimentalmente il pubblico 2.
Nasce una nuova ―spettacolarità‖, in cui molte funzioni liturgiche si svolgono all‘esterno delle
chiese, dando avvio a manifestazioni di teatro sia popolare che dotto e ad altre mille forme di
devozione, tra le quali si conserva ancora la ―Via Crucis‖
3.
Appare notevole –nell‘iniziativa
popolare- la gestione dell‘immagine viva fuori del diretto dominio clericale.
Il cinema nasce verso la fine del pontificato di Leone XIII (1895) e, già un anno dopo,
l‘invenzione dei fratelli Lumière fa il proprio ingresso nei giardini vaticani per riprendere lo stesso
Papa, sorpreso e imbarazzato di fronte a tale novità. Il magistero della Chiesa, però, ignorando le
potenzialità comunicative del nuovo mezzo, manifesterà un interessamento solo con Pio X nel
1912. Al tempo del pontificato di Pio X risale anche il primo intervento sul cinema, ma in direzione
negativa: benché, fra tanta produzione ritenuta dalla Chiesa scadente e volgare, ci siano anche
pellicole edificanti e a tema religioso, nel 1912 un decreto della Sacra Congregazione
concistoriale, confermato dal Papa, vieta le proiezioni cinematografiche nelle sale parrocchiali 4.
Pio XI è il primo a trattare del cinema con un atteggiamento positivo: nell‘arco storico del suo
pontificato ha pubblicato quindici documenti relativi al cinema e quattro relativi alla radio. Il Papa
ritorna sull‘argomento della comunicazione di massa nell‘enciclica Casti Connubii (1930) e
soprattutto nell‘enciclica Vigilanti cura (1936) 5, la prima e unica enciclica fino ad oggi interamente
dedicata al cinema, che costituisce un documento dottrinalmente significativo nonché un salto di
qualità rispetto al magistero precedente, a dimostrazione della volontà della Chiesa di interessarsi
al problema. Nell‘enciclica troviamo un‘analisi dell‘impatto delle immagini sugli individui e la
società e vengono stabiliti alcuni punti fondamentali, tra cui l‘importanza del cinema quale
espressione della capacità artistica dell‘uomo, in sé buona se usata onestamente 6. Dopo aver
rimproverato l‘uso distorto del mezzo da parte dei produttori di film, infatti, l‘atteggiamento del
Papa si dimostra aperto ed esprime tutte le buone potenzialità insite in esso 7. Il motivo di questa
enciclica risale alla situazione del cinema negli Stati Uniti, dove le difficoltà di mercato successive
alla Grande Depressione avevano indotto i produttori di Hollywood a realizzare film che per
Gregorio I Magno, Lettera al vescovo Sereno , in H. Denzinger, Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et
morum, a cura di P. Hünermann, Bologna 1995, n° 477: «È [...] cosa diversa adorare una pittura, e invece imparare mediante l‘immagine della
1
pittura che cosa si debba adorare. Infatti, ciò che è la scrittura per quanti sanno leggere, questo lo offre la pittura a quanti non istruiti la
guardano, giacché in essa coloro che non sono istruiti vedono che cosa debbono seguire, in essa leggono coloro che non conoscono
l‘alfabeto; onde la pittura prende anche particolarmente per i popoli il posto della lettura».
Cfr l‘angolatura ristretta di M. Fazio, Chiesa e comunicazione: un profilo storico , in D. Contreras (ed.), Chiesa e comunicazione. Metodi,
valori, professionalità, Città del Vaticano 1998, p. 52.
3 Cf. G.F. Poli – M. Cardinali, La comunicazione in prospettiva teologica. Riflessione sugli aspetti comunicativi della fede , Leumann (To) 1998,
2
p. 18.
Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e
tecniche, Roma – Torino 2002, p. 183.
5 Cfr Pio XI, Lettera enciclica ―Casti Connubii‖, 31 dicembre 1930, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, nn. 10884
1143.
6
Cfr M. Boullet, Le choc des médias, Paris 1985, p. 43.
7
Pio XI, Lettera enciclica ―Vigilanti cura‖, 29 giugno 1936, in AA. VV., Enchiridion delle Encicliche, Bologna 1994-, T. 5, n. 1112: «Le buone
rappresentazioni possono invece esercitare un'influenza profondamente moralizzatrice su coloro che le vedono. Oltre a ricreare, possono
suscitare nobili ideali di vita, diffondere preziose nozioni, fornire maggiori conoscenze della storia e delle bellezze del proprio e dell'altrui
paese, presentare la verità e la virtù sotto una forma attraente, creare o per lo meno favorire una comprensione fra le nazioni, le classi sociali
e le razze, promuovere la causa della giustizia, ridestare il richiamo della virtù e contribuire quale aiuto positivo al miglioramento morale e
sociale del mondo».
34
l‘epoca erano ritenuti volgari e immorali 1. Come reazione, nel 1934, viene costituita la Legion of
decency, cui aderiscono cinque milioni (poi saliti a nove) tra cattolici, protestanti ed ebrei, decisi a
boicottare i film immorali e i cinema che li programmano
2.
A quel punto i produttori si
impegnano, davanti ai Vescovi, all‘osservanza di un nuovo codice di autocontrollo in sostituzione
di quello precedente, il Codice Hays, che era stato firmato nel 1930 per sfuggire alla censura
federale e che era stato puntualmente disatteso. L‘enciclica di Pio XI, nella sua prima parte di
carattere dottrinale, descrive ed encomia la bella impresa dei cattolici americani, rileva il grande
potere, individuale e sociale, del cinema e chiude sollecitando Vescovi e fedeli alla necessaria
vigilanza. La seconda parte è invece dispositiva, e in essa vengono esortati i Vescovi a farsi
emulatori della Legion of decency, fornendo tempestive ―classifiche morali‖ redatte da appositi
―uffici di revisione‖ e promuovendo la produzione di film onesti anche con l‘allestimento di sale
cinematografiche cattoliche. Tra le novità presentate dal Pontefice: il coinvolgimento del laicato
organizzato di Azione cattolica; la rilevanza data all‘aspetto della comunicazione sociale; la
necessità di una presenza dei cattolici nelle fasi di produzione, distribuzione, consumo. Sotto il
suo pontificato viene istituito peraltro un Ufficio nazionale permanente il cui scopo è quello di
revisionare i film e promuovere quelli ritenuti moralmente validi.
Con l‘affermarsi della visualità mediatica, si avrà rapidamente una volontà di ‗presa in
mano‘ della presenza ecclesiale nella comunicazione da parte dell‘iniziativa ecclesiastica
ministeriale di vertice. Si potrebbe chiamare questo passaggio la priorità di 'ministerializzazione'
della comunicazione nell'ambito romano, che corrisponde al periodo connesso con l'espandersi
della visualizzazione tecnologica ravvicinata e la progressiva omnipresenza dell‘immagine. In
questo senso, nel 1912 un Decreto della Sacra Congregazione concistoriale, confermato dal Papa,
vieta le proiezioni cinematografiche nelle sale parrocchiali, indirizzando così la valenza d‘autorità
ministeriale
riguardo
al video
3.
Le
'strutture'
vaticane
per
l‘esame
della
produzione
cinematografica (ed anche radio-televisiva) nascono al vertice della gestione ecclesiale
4.
La
visualità vivacemente accentuata va di pari passo con una iniziativa di strutturazione ecclesiale o
ecclesiastica, ora sanzionata dagli organi di responsabilità della Chiesa. Là dove l‘immagine
sembra far subentrare una ‗passività‘ si noterà una maggiore attenzione dei dirigenti ecclesiastici
verso la ‗gestione‘ istituzionale della iniziativa comunicativa. La ministerializzazione trova una sua
Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e
tecniche, Roma – Leumann (TO 2002, p. 183.
2 Tra i film dichiarati immorali nel 1934 ci sono: Finishing School, The Life of Vergie Winters, Madame DuBarry, Men in White, One More
River, Riptide, The Scarlet Empress.
3 Cfr E. Baragli, voce Chiesa e comunicazione, in F. Lever – P. C. Rivoltella – A. Zanacchi, La Comunicazione. Il Dizionario di scienze e
tecniche, Roma – Leumann (TO 2002, p. 183.
4 E. Baragli, L'inter mirifica, Roma 1969, p. 70: «Nell'imminenza del Vaticano II, sarà Giovannni XIII, col motu proprio Boni Pastoris del 22
1
febbr. 1959, ad erigerla in "Ufficio permanente della Sede Apostolica per l'esame, l'incremento e l'indirizzo delle varie attività nel campo del
cinema, della radio e della televisione" (701), "aggregandola alla Segreteria di Stato" (709). Toccherà infine a Paolo VI, co l motu proprio In
fructibus multis, del 2 aprile 1964, di estenderne le competenze anche alla stampa, esaudendo il voto espresso dai Padri conciliari nel n° 19
dell' Inter Mirifica, completando così, anche nel dispositivo organizzativo-giuridico, il costante e rapido estendersi degli interessi ecclesiastici
dal cinema a tutt
-
il motu proprio , dopo l'elenco delle commissioni, diventate dieci recava: Inoltre, viene istituito un Segretariato per trattare i problemi attinenti
ai moderni mezzi di divulgazione del pensiero: stampa, radio, televisione, cinema, ecc. Questo Segretariato sarà diretto da un prelato, da noi
nominato, ed avrà membri e consultori parimente da noi scelti . Ci fu chi notò le differenze. Un segretariato non era una commissione;
inoltre, questo era il solo istituto preparatorio che non avesse a presidente un cardinale. Altri, invece, notò che l'essenziale era stato tenuto.
Grazie alla comprensione pastorale di Giovanni XXIII, ormai era lecito sperare di poter portare l'argomento alla discussione in aula conciliare,
appunto, «non in margine a problemi pastorali», ma a se stante, e «da pastori che ne conoscessero la teoria e la prassi»».
35
forma
pienamente
sviluppata
nell'approccio
cosidetto
'pastorale'
riguardo
all'iniziativa
comunicativa 'cattolica': i piani pastorali strettamente articolati intorno alla gerarchia 1.
Un passo significativo della ministerializzazione di vertice nella comunicazione: la Messa
papale in eurovisione. Con Pio XII (1939-1958) si fa più evidente e significativo il tentativo della
Chiesa di rapportarsi al contesto storico, cercando di interpretare le novità del tempo e di aprirsi a
nuovi orizzonti 2. Egli delinea le caratteristiche socio-culturali del film ideale in relazione allo
spettatore, ai contenuti e alla comunità
3.
Al 1942 risale il primo film del Centro Cattolico
Cinematografico: Pastor Angelicus, in cui Romolo Marcellini e Luis Trenker documentano la figura
e l'attività, la vita pubblica e privata di Pio XII (che interpreta se stesso), le sue azioni quotidiane, il
suo apostolato da quando era un semplice cardinale fino all'elezione al soglio di Pietro. È lo stesso
Pontefice che nel 1948 istituisce una speciale Commissione Pontificia per la Cinematografia
didattica e religiosa, che nel 1954 avrebbe allargato a radio e televisione (e che sarà trasformata
da Paolo VI nel 1964 in Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, e nel 1983
nell‘attuale Pontificio Consiglio da Giovanni Paolo II). In quegli anni, esattamente nel 1949, veniva
redatto a Roma l'atto costitutivo dell‘Associazione Cattolica Esercenti Cinema (ACEC). Quanto alla
televisione, Pio XII non lascia spazio alle esitazioni: in occasione della Pasqua del 17 aprile 1949
egli pronuncia il suo primo messaggio televisivo, diffuso grazie ad una stazione di trasmissione
donata dai cattolici francesi. In quegli anni nascono anche dapprima l‘eurovisione e poi la
mondovisione e la Messa comincia ad essere trasmessa in diretta sugli schermi: il 6 giugno 1954
ben 25 milioni di persone di cinque lingue diverse assistono alla Messa papale di Pentecoste in
diretta in eurovisione. L‘immagine, nella sua spettacolarità, trova così una sua legittimità
nell‘ambito ecclesiale...
La testimonianza scritta che ha lasciato un'impronta determinante durante il servizio
pastorale di Pio XII è stata l‘enciclica Miranda prorsus (di cui verrà trattato specificatamente nel
PONTIFICAL COUNCIL FOR SOCIAL COMMUNICATIONS, Pastoral Instruction "Aetatis novae", Vatican City 1992, nº 23-24: «ELEMENTS OF A
PASTORAL PLAN FOR SOCIAL COMMUNICATIONS 23. Media conditions and the opportunities presented to the Church in the field of social
1
communications differ from nation to nation and even from diocese to diocese within the same country. It naturally follows that the Church's
approach to media and the cultural environment they help to form will differ from place to place, and that its plans and participation will be
tailored to local situations. Every episcopal conference and diocese should therefore develop an integrated pastoral plan for communications,
preferably in consultation with representatives of international and national Catholic communications organizations and with local media
professionals. Furthermore, communications ought to be taken into account in formulating and carrying out all other pastoral plans,
including those concerning social service, education, and evangelization. A number of episcopal conferences and dioceses already have
developed such plans in which communications needs are identified, goals are articulated, realistic provision is made for financing, and a
variety of communications efforts is coordinated. The following guidelines are offered as assistance to those formulating such pastoral plans
or engaged in reassessing plans which exist. 24. A pastoral plan for social communications should include the following elements: a. the
statement of a vision, based on extensive consultation, which identifies communications strategies for all Church ministries and responds to
contemporary issues and conditions; b. an inventory or assessment which describes the media environment in the territory under
consideration, including audiences, public and commercial media producers and directors, financial and technical resources, delivery
systems, ecumenical and educational resources, and Catholic media organizations and communications personnel, including those of
religious communities; c. a proposed structure for Church-related social communications in support of evangelization, catechesis and
education, social service, and ecumenical cooperation, and including, as far as possible, public relations, press, radio, television, cinema,
cassettes, computer networks, facsimile services and related forms of telecommunications; d. media education, with special emphasis on the
relationship of media and values; e. pastoral outreach to, and dialogue with, media professionals, with particular attention to their faith
development and spiritual growth; f. means of obtaining and maintaining financial support adequate to the carrying-out of the pastoral
plan».
2
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 89.
Cfr i due discorsi su Il film ideale, in Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II
sulla comunicazione sociale , Roma 1987, pp. 35-47, 53-66.
3
36
secondo capitolo) dove egli ricapitola l‘insegnamento della Chiesa su cinema, radio e televisione 1:
è la prima volta che se ne parla globalmente ed in rapporto all‘opinione pubblica. La novità di Pio
XII, rispetto al suo predecessore, è che egli indirizza le proprie preoccupazioni morali a tutto il
mondo, facendone una questione universale: non si limita ad affermare la realtà del male e i suoi
influssi negativi sull‘esistenza umana, ma invita a progettare, a rinnovare e orientare le tecniche
massmediologiche verso il bene morale e il vero 2.
Giovanni Paolo II (1978-2005) e la sua presenza totale nei media: essi entrano ―a valanga‖
nella vita della Chiesa
3
e la comunicazione ecclesiale di vertice subisce un‘autentica rivoluzione
sia ad intra che nei rapporti con la società 4. Secondo il noto storico Le Goff, Papa Wojtyła, per il
fatto di unire insieme osservanza della tradizione e modernità delle vedute, rappresenta un felice
connubio tra Medioevo e televisione 5. Il Papa polacco è consapevole dell‘importanza dei media ed
invita perciò tutta la Chiesa a «prendere il largo» in questo settore fondamentale per
l‘evangelizzazione 6. Come sostiene Ortuño Morente 7. Sull‘esempio del Papa polacco, poi, tutta la
Chiesa ha dato inizio ad un processo di espansione della propria immagine nei grandi network
pubblici e privati, che assicurano rubriche stabili all‘informazione religiosa nella propria
programmazione, invitando ad intervenire numerose personalità ecclesiastiche e offrendo spazi
significativi al dibattito su tematiche di fede 8. Il rapporto tra Papa Wojtyła ed i media può essere
analizzato da due punti di vista: da una parte la risonanza che i suoi viaggi, i suoi discorsi e le sue
catechesi hanno avuto grazie al ruolo svolto dalla televisione e dai media in genere 9; dall‘altra
l‘attenzione riservata dal Pontefice al mondo della comunicazione. L‘immagine televisiva prende il
sopravvento in questo processo multimediale. Gli anni della sua ascesa alla cattedra di Pietro sono
quelli dell‘esplosione della televisione globale e fin dai primi istanti del suo pontificato Giovanni
Paolo II offre ai media la possibilità di accedere alla sua attività, con una trasparenza ed una
visibilità inedita nella storia della Chiesa che gli permette di raggiungere un audience planetaria
10,
creando una «grande leggenda mediale, un‘epopea a puntate, una catena quasi seriale di eventi di
massa»
11.
Si è discusso a lungo sul potere magnetico che il Papa ―venuto da lontano‖ ha esercitato
sui media di tutto il mondo durante il suo lungo pontificato: nel 1994 il Time Magazine di New
York lo ha proclamato ―Man of the year‖; per lui, il primo Papa ad aver inciso un CD e ad aver
partecipato al videoclip di presentazione
12,
sono stati coniati molti appellativi che lo hanno
Pio XII, Lettera enciclica ―Miranda prorsus‖ 8 settembre 1957, in «Acta Apostolicae Sedis», 1957, p. 765, etiam in AA. VV., Enchiridion delle
Encicliche, Bologna 1994-, T. 6, nn. 1391-1548. In questo documento il Papa non parla della stampa, ma si occupa dei media più recenti
1
che, secondo la sua visione, necessitano di una trattazione apposita da parte del magistero ecclesiale.
2
Cfr T. Stenico – G. Bonaccorso, Era mediatica e nuova evangelizzazione , Città del Vaticano 2001, p. 92.
3
Cfr V. Iannuzzi, I papi e i mass media. Discorsi di Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II sulla comunicazione sociale, Roma
1987, p. 10.
Cfr F. Lever, Il Papa e i media nei primi cento giorni di pontificato , in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto
tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 91.
5 Cfr J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità , II: I papi del Novecento , Milano 2000, p. 217.
6 Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la 36a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2002, in in AA. VV., Enchiridion
Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n. 30.
7 J. P. Ortuño Morente, TMT-Popular TV. Il Papa alle origini di un canale televisivo , in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida
e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 248: «Giovanni Paolo II ha infranto, pertanto, una contraddizione teorica le cui
4
implicazioni pratiche avrebbero supposto una crescente separazione tra la Santa Sede e il nascente mondo mediatico: una contraddizione
che consiste nell‘apparente inconciliabilità avvertibile tra il messaggio cristiano e il mezzo di comunicazione sociale, soprattutto quello
audiovisivo».
8
Cfr E. Baragli, Cattolici e mass media, in «Internet» 2007, http://www.lacomunicazione.it.
9
Cfr J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità , II: I papi del Novecento , Milano 2000, p. 180.
10
Cfr A. S. Casas, Una vita online, una morte online, in J. M. Laboa, La Chiesa e la modernità, II: I papi del Novecento, Milano 2000, p. 255.
11
Cfr E. Menduni, Wojtyła, Papa mediatico, in http://www.caffeeuropa.it.
12
Il CD, pubblicato nel 1999 da Sony e San Paolo, si intitola Abbà Pater.
37
accompagnato durante gli anni della sua azione pastorale: da «Papa delle moltitudini» a «showman
di Dio» 1, da «Pontefice massmediatico»
3.
2
a «primo Papa a non essere in ritardo di una rivoluzione»
Le sue non comuni doti di comunicazione con le masse sono state forse il motivo per cui non
era lui a ricercare i media, ma quest‘ultimi a corrergli appresso 4. Giovanni Paolo II è stato il primo
Papa della storia ad essere protagonista di un cartone animato, intitolato «Wojtyła, 2001», cartoon
apprezzato dallo stesso Pontefice tanto da ricevere in udienza nel 2003 il suo autore, Mario
Verger. C‘è chi ha visto, nella scelta di un contatto continuo e di un riferimento costante ai media,
il tentativo, da parte di Giovanni Paolo II, di perseguire un nuovo ―patto costantiniano‖, un
riconoscimento ufficiale e pubblico nello scenario del potere di cui i media rappresentano un
aspetto fondamentale
5.
In realtà, come afferma Marcynski, la ―teoria degli usi e delle
gratificazioni‖ può essere applicata ad entrambi: «Giovanni Paolo II e i media hanno ricevuto
gratificazioni reciproche. Il Papa ha trovato nei media uno strumento per evangelizzare e i media
hanno trovato in lui una star che catturava l‘attenzione»
6.
I media hanno dimostrato un
grandissimo interesse a seguire e documentare i suoi gesti e le sue parole, attribuendo grande
enfasi al ―personaggio Wojtyła‖ (lo sciatore, il nuotatore, l‘alpinista...) e, spesso, ridimensionando
la persona e il messaggio che egli voleva comunicare: Gesù Cristo ed il suo Vangelo 7. Dall‘altra
parte, se certamente la Santa Sede ha utilizzato i media per i propri scopi, essa si è pure posta il
problema della propria presenza in essi, nella convinzione che una ―eccessiva mediatizzazione‖
della Chiesa rischierebbe di limitare il contatto personale con gli uomini e di trasmettere in
maniera solo incompleta il messaggio cristiano
8.
intuiscono per la prima volta che il ―Papa pellegrino‖
I responsabili dell‘informazione mondiale
9
(che, per i suoi molteplici viaggi, nel 2000
sarà insignito del riconoscimento di Globetrotter onorario) ha un carisma mediatico fuori dal
comune quando, il 25 gennaio del 1979, atterra in Messico e bacia la terra, gesto che ripeterà in
ogni viaggio apostolico all‘estero. Sembrerebbe un paradosso che, proprio nell‘era delle
comunicazioni globali, il Papa debba viaggiare toccando le diverse parti del mondo. Tuttavia, la
sua convinzione è che, invece di aver eliminato il bisogno di spostarsi, i nuovi media abbiano reso
indispensabile il contatto diretto e personale
10.
I suoi viaggi che sono anche spedizioni
diplomatiche, vogliono prendere la forma di visite pastorali che egli si sente in dovere di compiere
come sua missione precipua
11.
Viaggi che sono entrati nella storia e che hanno goduto sempre di
una grande copertura mediatica e di un interesse mondiale, come quello nella sua Polonia, che il
regime comunista di Jaruzełski provò a boicottare (tramite i media di Stato) sia prima che durante
il suo svolgimento, ma che alla fine si affermò come un evento dalla forza dirompente
1
12.
Ciò che
Cfr G. Mazza, Introduzione, in idem (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv , Roma 2006, p.
2.
2
Cfr C. Migliore, John Paul II. A Great Communicator of Our Times, in «Communicatio socialis», 2005 n° 38, p. 291.
3
Cfr D. de Kerckove, La civilizzazione video-cristiana, Milano 1995, p. 137.
4
Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta, Roma 2006,
p. 263; cfr etiam L. Accattoli, Un pontificato missionario, in D. Del Rio – L. Accattoli, Wojtyła. Il nuovo Mosè, Milano 1988, pp. 116s.
5
Cfr G. Zizola, La Chiesa nei media, Torino 1996, pp. 84s. Successivamente, a p. 100, l‘autore oppone a Giovanni Paolo II madre Teresa di
Calcutta, che invece non aveva bisogno «di uffici stampa né di satelliti televisivi per ―fare notizia‖, col vantaggio di restare libera dal
compromesso col nuovo potere ―costantiniano‖ dei media».
6
Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta , p. 264.
7
Cfr K. Marcynski, Gli ultimi giorni di Giovanni Paolo II e i media polacchi, in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta , pp. 264s.
8
Cf. M.V. Gatti, «La moneta di Cesare. Riflessioni a margine dell‘―evento Wojtyła‖», in Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta ,
297s.
9
Cf. A. J. Majewski, «Un Papa pellegrino», in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo II e la tv ,
Roma 2006, p. 27.
10
In tutto si contano 104 viaggi internazionali e 146 in Italia, 129 nazioni visitate, 822 giorni trascorsi fuori dall‘Italia.
11
Cf. K. Wolpiuk, Il mondo della comunicazione. Il primo areopago di Giovanni Paolo II, Roma 2001, p. 69.
12
Il Cremlino, con la presa di posizione di Brežnev in persona, era intervenuto tentando fino all‘ultimo di impedire il viaggio ed è poi corso ai
ripari per nascondere la grande partecipazione popolare, dando l‘ordine di effettuare inquadrature sempre strette e di non riprendere mai
38
più risalta agli occhi di tutti è come, grazie all‘attenzione attirata su di sé da Giovanni Paolo II, la
Chiesa sia entrata nell‘agenda dei media
1,
sia nella quotidianità che negli eventi più
spiccatamente mediali, di cui alcuni furono vere e proprie novità assolute: il discorso all'Assemblea
Generale dell'ONU, a New York, nel 1979; le Giornate Mondiali della Gioventù, iniziate nel 1985) 2;
la visita alla Sinagoga di Roma nel 1986, la prima di un Papa in un luogo di culto ebraico; la
Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi nel 1986, che ha radunato i rappresentanti
delle religioni del mondo; l‘incontro nel 1983 nel Carcere di Rebibbia con Alí Agča, che il 13
maggio 1981 aveva attentato alla sua vita; la visita ufficiale (sebbene non di Stato) del Presidente
del Soviet Supremo dell'URSS, Mikhail Gorbačiov, in Vaticano nel 1989; l‘udienza al Presidente
degli Stati Uniti d'America Bill Clinton nel 1994; l‘udienza al Primo Ministro di Israele Benjamin
Netanyahu; l‘incontro a Cuba con il Presidente Fidel Castro nel 1997; il Grande Giubileo dell‘Anno
2000, il ―primo Giubileo dell‘era di Internet‖ che, trasmesso in mondovisione, si è avvalso di una
copertura mediatica da record; il viaggio in Terra Santa, con la preghiera al Muro del Pianto e la
visita alla Moschea di Damasco, in un periodo di forti tensioni in Medio Oriente; l‘udienza al
Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin nel 2000; l‘incontro con il Presidente degli Stati
Uniti, George W. Bush, il 23 luglio 2001; la visita al Parlamento italiano nel 2002, che lo ha
consacrato primo Pontefice nella storia a visitare il Parlamento italiano e a rivolgere un discorso
alle Camere riunite. Anche riguardo alle condizioni di salute del Papa (dal giorno del primo
ricovero al Policlinico Gemelli di Roma nel 1992) l‘interesse dei media è stato elevato, complice la
scelta di Giovanni Paolo II di vivere pubblicamente la malattia, ed ha subito un‘impennata
impressionante quando la situazione è cominciata ad aggravarsi nel febbraio 2005
3.
Una
copertura mediatica senza precedenti si è avuta, poi, durante l‘agonia, la morte e i funerali dell‘8
aprile 2005 sul sagrato di san Pietro, affollato di capi di Stato provenienti da tutto il mondo, per
l‘evento che è stato definito tra i più importanti della storia contemporanea
4.
Il ‗Papa
dell‘immagine d‘attualità‘ sarà anche il momento di maggiore ministerializzazione della presenza
attraverso la multimedialità visuale... Giovanni Paolo II è stato certamente una grande personalità
nell‘ambito dei media, con una capacità innata di comunicare, una personalità che di fronte alle
telecamere «bucava il video» 5.
Di fronte alla modestia di copertura della cose di vertice da parte dei media nei precedenti
pontificati, sembra che l‘invasione della figura papale nei media sia stata percepita da diversi
osservatori aulici come una ‗rivoluzione‘ nei media o anche ‗dei‘ media ad opera dell‘esponente di
spicco della Chiesa romana. ―L‘invasione‖ mediatica dell‘esperienza quotidiana era stata –peròuna delle accuse sulla piega non auspicabile della comunicazione (cfr il nostro studio
bambini e giovani, ma solo sacerdoti, suore, disabili e vecchiette (Cfr S. Dziwisz, Una vita con Karol. Conversazione con Gian Franco
Svidercoschi, Milano 2007, p. 106).
1 Cfr F. Lever, Il Papa e i media nei primi cento giorni di pontificato , in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto
tra Giovanni Paolo II e la tv, Roma 2006, p. 91; M. Morcellini, Giovanni Paolo II, in idem (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica
mai scritta, Roma 2003, p. 12.
2
Nel 1995, a Manila, la Giornata toccò il record di presenze con 4-5 milioni di partecipanti. Adriano Sofri, già leader di Lotta Continua,
commentando queste giornate, le ha definite uno dei pochi eventi finora paragonabili al Sessantotto, «nonostante l'enorme differenza, anzi,
grazie a quella» (in Speciale Fides, in «Internet» 2007, http://www.fides.org).
3
S. Dziwisz – C. Drążek – R. Buzzonetti – A. Comastri, Lasciatemi andare. La forza nella debolezza di Giovanni Paolo II , Cinisello Balsamo
2004, p. 111. Durante la malattia che privava il Papa delle sue caratteristiche più geniali e più apprezzate egli non volle nascondersi. Non
accettò che alcun velo lo proteggesse davanti agli occhi indiscreti dei media. Visse pubblicamente la malattia e la trasformò in un pulpito che
commosse tutta l‘umanità.
4
Così il commento del sindaco di Roma Walter Veltroni sulle pagine de «La Repubblica», in «Internet» 2007, http://www.repubblica.it, nella
sezione esteri del 2005 dedicata ai funerali del Papa.
Cf. A. Fumagalli, Una rivoluzione comunicativa , in in G. Mazza (ed.), Karol Wojtyła, un Pontefice in diretta. Sfida e incanto tra Giovanni Paolo
II e la tv, Roma 2006, p. 83.
5
39
sull‘antropologia comunicazionale). Si sarebbe in presenza di una ‗invasione ribaltata‘: ciò sarebbe
allora meno una ‗rivoluzione‘ che una ‗contro-offensiva‘. Ma, si sa che queste esaltazioni facili con
il concorso di termini a largo impatto non spiegano più di tanto... Uno dei tratti distintivi del
rapporto tra Giovanni Paolo II e i media può essere individuato nella sua decisione di istituire il
Centro Televisivo Vaticano (22 ottobre 1983), con il compito di riprendere e poi diffondere le
immagini dell‘eterogenea attività pastorale del Papa, promuovendo la presenza della Santa Sede
nel campo della televisione di tutto il mondo 1. Lo stesso Giovanni Paolo II, stavolta sui canali Rai,
sarebbe sorprendentemente intervenuto in diretta con una telefonata durante la trasmissione del
programma Porta a Porta dedicata ai vent‘anni del suo pontificato, in onda il 13 ottobre 1998.
Rimane però una diffusa insofferenza nei confronti della cibercomunicazione con le
immagini, rappresentata dalla capacità di Internet di ―falsificare‖ la realtà, cioè di tratteggiare
un‘immagine artefatta di eventi e situazioni, che plagia l‘utente e lo estrania dalla vita reale.
Soprattutto si teme il potere di condizionamento mentale esercitato dall‘uso massiccio delle
immagini. Questa incertezza sull‘immagine appare più palesemente nell‘accostamento di due
affermazioni difficilmente convergenti da parte del vertice romano: si riconosce che con la
comunicazione multimediale a distanza la «partecipazione» si è estesa, ma allo stesso tempo si
enuncia che l‘immagine –―rappresentando‖ ma non ―riproducendo in se‖ la ‗realtà‘- non da accesso
alla partecipazione effettiva (con riferimento alla validità giuridica delle modalità di partecipazione
– come l‘assistenza alla messa domenicale) 2. La «captatio benevolentiae» sulla partecipazione
estesa
-che
si
riconosce
agli
―strumenti
della
comunicazione
sociale‖-
si
riduce
poi
immediatamente dal modo stesso di concepire ‗l‘immagine‘ (cfr i vari accenni che abbiamo fatto
su questa dimensione comunicazionale tramite la visualità). La stranezza di queste asserzioni è
che si riconosce la potenzialità di partecipazione tramite ―gli strumenti tecnici‖ (non umani come
‗mezzi materiali‘ –secondo questa angolatura) ma si riduce l‘incidenza dell‘immagine nella
visualità umana (umanamente umana eppure sempre immagine trasmessa al cervello). Il ‗mezzo
tecnico‘ sarebbe più «partecipativo» che l‘immagine percettiva umana!!... Anzi qui, un‘altra volta,
occorre muovere un appunto. La Chiesa, soprattutto nella sua configurazione occidentale, rivela in
questo modo di aver dimenticato del tutto la teologia dell‘immagine dell‘Oriente cristiano: per gli
orientali l‘immagine non è l‘alterazione artificiosa del reale, ma la re-invenzione dal di dentro
dell‘esperienza, un modo diverso di guardare che anticipa ciò che ancora non è compiuto ma che è
1
Lo scopo del Centro Televisivo Vaticano, secondo lo Statuto del 1° giugno 1998, è di favorire l‘attenzione della Chiesa per i l mondo della
cultura, attraverso l‘uso degli strumenti audio-televisivi, cominciando dalla produzione e distribuzione di notiziari riguardanti la religione, la
cultura umana e l‘arte (cf. il sito http://www.vaticanradio.org).
2
Benedetto XVI, Esortazione apostolica postsinodale ―sacramentum caritatis‖, del santo padre sull'eucaristia fonte e culmine della vita e della
missione
della
chiesa,
(22
febbraio
2007),
Città
del
Vaticano
2007,
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/apost_exhortations/documents/hf_ben-xvi_exh_20070222_sacramentum-caritatis_it.html:
«57. A causa dello sviluppo formidabile dei mezzi di comunicazione, negli ultimi decenni la parola «partecipazione» ha acquistato un
significato più ampio che in passato. Tutti riconosciamo con soddisfazione che questi strumenti offrono nuove possibilità anche in
riferimento alla Celebrazione eucaristica.(176) Ciò richiede dagli operatori pastorali del settore una specifica preparazione ed un vivo senso
di responsabilità. Infatti, la santa Messa trasmessa alla televisione inevitabilmente acquista un certo carattere di esemplarità. Si deve fare
perciò particolare attenzione perché la celebrazione, oltre a svolgersi in luoghi degni e ben preparati, rispetti le norme liturgiche. Infine,
quanto al valore della partecipazione alla santa Messa resa possibile dai mezzi di comunicazione, chi assiste a tali trasmissioni deve sapere
che, in condizioni normali, non adempie al precetto festivo. Infatti, il linguaggio dell'immagine rappresenta la realtà, ma non la riproduce in
se stessa.(177) Se è assai lodevole che anziani e malati partecipino alla santa Messa festiva attraverso le trasmissioni radiotelevisive, non
altrettanto potrebbe dirsi di chi, mediante tali trasmissioni, volesse dispensarsi dall'andare in chiesa per partecipare alla Celebrazione
eucaristica nell'assemblea della Chiesa viva».
((1) Cfr Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle Comunicazioni Sociali nel 20(o) Anniversario della « Communio et
Progressio » Aetatis novae (22 febbraio 1992): AAS 84 (1992), 447-468. / (2) Cfr Propositio 29.)
40
atteso e promesso (vedere lo studio introduttivo alla teologia orientale – la dottrina iconica) 1.
L‘immagine, in altri termini, più che falsificazione è, per la teologia d‘Oriente, profezia e
prefigurazione del futuro 2. Perché non trasferire questa concezione anche al mondo virtuale,
utilizzando in direzione profetica e simbolica il potere immaginifico di Internet 3? Sotto questo
aspetto, si può pensare che anche l‘immagine cinematografica rappresenti, mutatis mutandis, una
riedizione della lingua degli analfabeti o un linguaggio non verbale più potente della stessa parola
4,
in altre parole una nuova Biblia pauperum.
L‘AVVENTO PIÙ RECENTE DELLA RETE DI CONNETTIVITÀ ILLIMITATA DALLA NUMERIZZAZIONE
COMPUTERIZZATA DI OGNI DATO INFORMATIVO
Il penultimo passo è recente: si tratta del confronto tra evento informatico e intento
ecclesiale. Il lungo pontificato di Giovanni Paolo II è coinciso con gli anni del massimo sviluppo
delle tecnologie, della comunicazione a livello globale, con la rincorsa delle notizie in tempo reale,
con la nascita dei network internazionali collegati 24 ore su 24. L'interesse direttamente
'gestionale' che sembra aver suscitato il prospetto informatico. Il tentativo iniziale che si manifesta
è quello di una ‗gestione propria dei dati informativi‘. Si parlerà di una rete informatica ecclesiale
per l‘America latina, verso gli anni 1980-90. Queste 'reti' e le memorizzazioni sono tipicamente
concentrate su un tipo di informazione orientativa e di valutazione. Con ―Internet‖, la
sproporzionalità di mezzi e di accesso accantonerà il sogno di una gestione informatica
complessiva propria dei dati. L‘interrogativo di fondo su ―che cosa cambia nell‘esperienza umana‖
da questo nuovo traguardo tecnologico, ma sempre: quale uso ne possiamo fare a nostro
vantaggio, con eventuali miopie sul tenore del fenomeno –come si verificò peraltro per gli altri
passi dell‘affermazione multimediale a distanza.
Seguendo in particolare l‘evoluzione di Internet: nel 1995 il messaggio natalizio e gli
auguri del Papa ai popoli e alle nazioni sono diffusi anche sul web; il 24 marzo 1997 nasce il sito
www.vatican.va, che segna l‘ingresso ufficiale della Santa Sede in Internet, sito in cui vengono
raccolti tutti i documenti e le informazioni vaticane in un unico spazio virtuale; il 22 novembre
2001 il Pontefice promulga via Internet l‘esortazione apostolica Ecclesia in Oceania cliccando
personalmente l‘invio; addirittura, il 15 gennaio 2003 i discorsi del Papa in Sms raggiungono i
clienti della compagnia italiana di telefonia mobile Tim. Lo stesso Papa, tuttavia, è anche
consapevole dei problemi legati alla Rete: il digital divide, ovvero il rischio che Internet rappresenti
1
Cfr A. Joos, Il testo complessivo dello studio online, in «Internet» 2009, http://www.webalice.it/joos.a/EASTERN_THEOLOGY_-
_AN_INTRODUCTION_-_INTRODUZIONE_ALLA_TEOLOGIA_ORIENTALE.html;
sulla
dottrina
iconica,
cfr
la
parte
VII,
ibidem ,
http://www.webalice.it/joos.a/OCICP7SA.pdf.
2
Cfr F. Bœspflug, Immagini, in J.-Y. Lacoste (ed.), Dizionario critico di teologia, (edizione italiana a cura di P. Coda), Roma 2005, 679-684.
3
Cfr A. Joos, Nuova comunicazione e Chiesa. Internet e (N)TIC: riplasmare la Chiesa, Parte II. Le Chiese nel fenomeno comunicativo: recepirlo
e
plasmarsi
in
esso.
Traguardi
della
nuova
comunicazione,
in
«Internet»
2007,
(edizione
2007),
http://www.webalice.it/joos.a/NEW_COMMUNICATION(S)_AND_CHURCH(ES)_-_NUOVA_COMUNICAZIONE_E_CHIESA(E).html: Parte II. Le Chiese
nel fenomeno comunicativo, pp. 19s.
4
Di questo parere è J. Foley, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, il quale, parlando al VI Convegno di Studi sul
tema ―Ripartire dal primo. I dieci comandamenti nella cultura cinematografica del terzo millennio‖ (Roma, 2-3 dicembre 2002), in «Internet»
2002, http://www.fides.org/ita/vaticano/foley_3mil03122002.html, ha dichiarato: «Parlando di cinema, è impossibile dimenticare che esso è
uno dei potenti mezzi della comunicazione sociale, una voce privilegiata che raggiunge ogni uomo ed ha il potere di condizionare le sue
scelte ed il suo modo di pensare. La forza comunicativa dello schermo è eccezionale e di grande impatto, in grado di renderlo veicolo di
valori, legati alla vita e alla spiritualità umana. Esso si serve di un linguaggio e di una comunicazione che la parola articolata non possiede,
dimostrando che si può comunicare, pensare, esistere anche senza ricorrere allo strumento verbale, basandosi sul potere delle immagini che
abbattono i confini della lingua e della cultura, facendo appello alla dimensione intima di ogni essere umano. Anche la Parola di Dio diventa
immagine nel cinema e arriva direttamente all'animo dello spettatore».
41
un‘ulteriore espressione del divario tra i popoli del mondo 1; il relativismo, la disintermediazione,
il ciberterrorismo e la presenza di siti che diffamano la Chiesa, siti che offendono la dignità della
persona, siti che propagano la pornografia, siti che istigano alla violenza 2. Ma Giovanni Paolo II
non teme di raccogliere la sfida ed invita tutta la Chiesa ad imitarlo, a non aver paura delle
innovazioni tecnologiche, a sfruttare le opportunità offerte dai new media per una rinnovata
religiosità cristiana 3. In filigrana appare però la perplessità degli organi clericali: Internet, nella
sua impostazione e nella sua gestione non corrisponde a ciò che si è già visto nell‘esperienza
umana (cfr il nostro studio sull‘antropologia comunicazionale). In modo popolare e colloquiale, si
è potuto sentire che ―non si sapeva tanto ‗che pesce pigliare‘‖...
Si indicano subito alcuni rischi della Rete: il rischio maggiore può condurre ad un equivoco
pericoloso: quello di interpretare Internet come una ―Chiesa alternativa‖, una Chiesa senza alcuna
autorità gerarchica e in qualche modo strutturata in forma tipicamente congregazionale 4. Negli
Stati uniti esiste un orientamento ecclesiale a proporre l'impegno comunicativo come ―ministero‖.
Si tratterebbe, in altri termini, di un ministero ―trasversale‖ che includerebbe sia presbiteri che
laici. Almeno in questo ambito, dunque, si supererebbe la rigida divisione laicato-clero. Del resto,
non è da sottovalutare l'insistenza cristiana sulla dimensione profetica della comunicazione, che
postula il coinvolgimento di tutto il Popolo di Dio, in quanto ogni battezzato è per ciò stesso
abilitato alla profezia. Per queste ragioni, si potrebbe forse osare l‘affermazione secondo cui la
Rete sarebbe più dalla parte battesimale che ministeriale. Ciononostante, questo non deve
attenuare
la
necessaria
distinzione
tra
sacerdozio
comune
e
sacerdozio
gerarchico,
autorevolmente ribadita dal Concilio Vaticano II 5, avvicinando pericolosamente la Chiesa cattolica
al protestantesimo nelle sue versioni più radicali. Al riguardo, appaiono significativi gli accenni
contenuti in certi documenti di Giovanni Paolo II, laddove viene esplicitamente menzionata la
necessaria conoscenza dei linguaggi mediatici da parte dei ministri ordinati, così che essi possano
addentrarsi nella realtà comunicativa odierna con una iniziativa di evangelizzazione. Nelle
esortazioni apostoliche Pastores dabo vobis, Vita consecrata e Pastores gregis, il Papa sprona
sacerdoti e religiosi a compiere la propria missione di annunciare il Vangelo anche nell‘ambito
massmediale
6
e ad acquisire una conoscenza adeguata del loro linguaggio
tempo della formazione al ministero
8.
7
a cominciare dal
Si sottolinea che occorre innanzitutto ―raggiungere‖ le
Cfr al riguardo Giovanni Paolo II, Messaggio per la 36a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2002, in AA. VV.,
Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n° 35: «Senza dubbio la rivoluzione elettronica ha in sé la promessa
1
di grandi progressi per il mondo invia di sviluppo, ma esiste anche l‘eventualità che aggravi di fatto le disuguaglianze esistenti perché il
divario dell‘informazione e delle comunicazioni si fa più profondo».
2
Cfr L. Mazzei, «Il Papa e i nuovi media», in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica mai scritta, Roma 2003, p.
39.
3
Cfr L. Mazzei, «Il Papa e i nuovi media», in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una Enciclica mai scritta , Roma 2003, p.
40.
Al riguardo, si legga quanto annotano T.P. Novak – D.L. Hoffman, Bridging the Digital Divide. The Impact of Race on Computer Access and
Internet Use, in «Internet» 2007, http://www.empowermentzone.com/race_int.txt: «Who Governs the Internet? In many ways the Internet is
4
like a Church: it has its council of elders, every member has an opinion about how things should work, and you can either take part or not.
It's your choice. The Internet has no president, chief operating officer, or Pope. The constituent networks may have presidents and CEO's, but
that's a different issue; there's no single authority figure for the Internet as a whole. The ultimate authority for where the Internet is going
rests with the Internet Society, or ISOC. ISOC is a voluntary membership organization whose purpose is to promote global information
exchange through Internet technology».
Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre 1964, n° 10, in AA. VV., Enchiridion
Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 284-456.
6 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Pastores dabo vobis‖, 25 marzo 1992, n° 59, in «Acta Apostolicae Sedis», 1994 n° 82, p. 762.
7 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Vita consecrata‖, 25 marzo 1996, n. 99, in «Acta Apostolicae Sedis», 1996 n° 88, pp. 475s.
8 Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Pastores gregis‖, 16 ottobre 2003, n. 30, n. 30, in «Acta Apostolicae Sedis», 2004 n° 96, p.
5
863.
42
persone umane di oggi, farsi capire ed accettare dal maggior numero di persone. Esiste così una
problematica pastorale nuova, legata alla capacità degli annunciatori di inserirsi in questa
dinamica comunicativa e di orientarsi nei suoi linguaggi e meccanismi. Nelle Esortazioni
Apostoliche Ecclesia in Africa 1, Ecclesia in America
2
ed Ecclesia in Europa
3
il Papa indica alcune
priorità per i cristiani che lavorano nel campo della comunicazione: una adeguata formazione, una
profonda conoscenza del linguaggio, della natura e delle caratteristiche dei media e la scelta di
persone preparate per un‘autentica inculturazione del messaggio cristiano nei Paesi di prima
evangelizzazione (come l‘Africa), o di ―nuova evangelizzazione‖ (come l‘Europa e l‘America),
tenendo sempre nella dovuta considerazione le priorità e i problemi propri di ciascun Paese nel
rispetto della loro fisionomia culturale.
Altra questione: l‘impegno comunicativo potrebbe tracciare dei nuovi squilibri tra Chiese
tecnologicamente favorite e Chiese più demunite. L'elemento finanziario rimane allora prioritario.
Viceversa, la ―Chiesa internettiana‖ dovrà impegnarsi a smascherare i centri del potere e della
ricchezza, promuovendo – come ha già fatto in altri campi della vita pubblica – la dinamica della
equa e paritaria partecipazione alle risorse e all‘informazione 4. Insomma, non potrà essere elusa
la questione del digital divide ed è altamente significativo, in questo senso, che il Compendio della
dottrina sociale della Chiesa, pubblicato nel 2004, vi faccia esplicito riferimento, sottolineando
l‘importanza dell‘accesso di tutti all‘informazione per un integrale sviluppo umano e sociale 5. Il
problema più spinoso è, comunque, di natura teologica. Fino ad oggi è apparso evidente
rintracciare la Chiesa nella comunità dei credenti che si raduna in un dato luogo ed in un dato
momento sotto la presidenza dei legittimi pastori, per l'ascolto della Parola e per la celebrazione
dei sacramenti. Ma, con l‘affermarsi dell‘evangelizzazione ―internettiana‖, che ne sarà di questa
bimillenaria struttura ecclesiale che garantisce la possibilità di vivere la comunione nella
successione delle generazioni? Deve qui restare chiaro che nessuna ―Chiesa elettronica‖, cioè
semplicemente virtuale, potrà mai sostituire la Chiesa topografica, visto che Cristo ha voluto
dotare la Chiesa di una precisa ed insuperabile organizzazione locale o territoriale 6. In questo
senso, il rimprovero più diffuso tra i detrattori di Internet poggia sulla dualità tra esperienza
diretta vissuta ed esperienza mediata a distanza, sia in ambito antropologico che ecclesiale. Si
oppone la realtà alla irrealtà – o virtualità – dell‘ambito comunicativo a distanza (cfr infra). Come
può darsi autentica esperienza credente senza il contatto vivo, che invece caratterizzava la
predicazione apostolica? Come può essere comunicata la grazia, senza accesso diretto alla vita
sacramentale? Ciò che deve restare chiaro è, allora, che Internet rappresenta certamente
un‘efficace via di evangelizzazione, non solo in quanto strumento di comunicazione, ma anche in
quanto generatore di mentalità e di cultura; ma al contempo che la Rete non soppianta la ―Chiesa
della gente‖, in cui soltanto nel contatto diretto tra gli individui e nella partecipazione personale e
comunitaria alla vita sacramentale viene elargita la grazia salvifica. Al riguardo, tuttavia, vale la
1
Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in Africa‖, 14 settembre 1995, in «Acta Apostolicae Sedis», 1996 n° 88, pp. 5-82.
2
Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Ecclesia in America, 22 gennaio 1999, in «Acta Apostolicae Sedis», 1999 n° 91, pp. 737-815.
3
Cfr Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in Europa‖, 28 giugno 2003, in «Acta Apostolicae Sedis», 2003 n° 95, pp. 649-719.
4
Cfr H. Mowlana, The Communications Paradox, in «Internet» 2007, http://www.globalpolicy.org/ globaliz/special/netcult.htm.
5
Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Città del Vaticano 2004, n° 561: «Le
strutture e le politiche di comunicazione e la distribuzione della tecnologia sono fattori che contribuiscono a far sì che alcune persone siano
ricche di informazione e altre povere di informazione, in un‘epoca in cui la prosperità e perfino la sopravvivenza dipendono
dall‘informazione. La tecnologia dell‘informazione, insieme alla formazione nel loro uso, devono mirare ad eliminare queste ingiustizie e
questi squilibri».
Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre 1964, n° 23, in AA. VV., Enchiridion
Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 338-341.
6
43
pena menzionare un evento significativo: con la disposizione di Pio XII, nel giugno 1939, che la
benedizione pontificia ricevuta via radio sia da considerarsi valida per beneficiare dell‘indulgenza
plenaria (la cosiddetta benedizione urbi et orbi), ci troviamo di fronte al primo medium
considerato come potenziale strumento della grazia divina1. Se dunque la ―Chiesa internettiana‖
non sostituisce la Chiesa sacramentale, è anche vero che Internet può anch‘esso, in un modo
diverso e suo peculiare, servire alla grazia divina, consentendole di raggiungere il maggior numero
di persone simultaneamente. Quello della benedizione urbi et orbi potrebbe essere soltanto un
primo passo, e qualcosa di simile potrebbe applicarsi anche – ad esempio – nell‘ambito delle
Chiese diocesane: i fedeli acquisterebbero a distanza i favori spirituali sia nel contesto locale in
base alle disposizioni episcopali, sia universalmente in base alle disposizioni della Santa Sede. In
questo senso, si consideri anche la diretta televisiva della Santa Messa domenicale, che offre a
tanti – impossibilitati a partecipare fisicamente alla celebrazione parrocchiale – la possibilità di
prendere parte ―in certo modo‖ alla liturgia, e che è già – nella prassi pastorale – raccomandata da
tanti sacerdoti in cura d‘anime ad anziani ed ammalati. Come per tutto ciò che riguarda la
comunicazione, i passi sono qui certamente circospetti ed estremamente graduali. Ma i vantaggi
non vanno sottovalutati: non esisterebbe più una inderogabile necessità di simultaneità
topografica e cronologica per usufruire dei benefici spirituali di un gesto ecclesiale. Quale sarà,
tuttavia, il limite invaricabile? Certamente, esso è rappresentato da quell‘actuosa participatio alla
vita liturgica e sacramentale, che proprio l‘ultimo Concilio ha riportato in auge
2,
la quale
evidentemente trova il suo acme nella comunione eucaristica. Il coinvolgimento nel servizio
comunicativo introduce coloro che vi operano in una particolarissima responsabilità: quella di
avere fra le mani la capacità di influenzare profondamente il modo di pensare e di agire degli
utenti 3. La comunicazione si presenta pertanto come una via nella quale si forma e si trasforma, si
modella un modo di pensare e di agire, e dunque si determinano precisi ed inediti atteggiamenti
umani. I mass media costituiscono una delle grandi forze che modellano il mondo attuale
1
4
e che
SACRA PENITENZIERIA APOSTOLICA, Decreto, in «L‘Osservatore Romano», 18 dicembre 1985, p. 4: «Da varie parti sono giunte alla Santa
Sede richieste affinché, come si fa sempre più frequente e perfetto l'uso degli strumenti di comunicazione radio-televisiva per la diffusione
del messaggio della salvezza e ciò per dono della Provvidenza Divina che tutto dirige al fine della salvezza, così questi medesim i strumenti
possano servire anche per la distribuzione dei favori spirituali, per quanto lo consente la loro natura. Questo precisa mente hanno proposto
alcuni Vescovi circa l'Indulgenza plenaria, annessa alla Benedizione papale che, secondo la Norma 11,2 dell‘ Enchiridion Indulgentiarum , i
Vescovi possono concedere tre volte all'anno, affinché siano in grado di acquistarla quei loro fedeli che, per una ragionevole causa, non
possono essere fisicamente presenti ai sacri riti durante i quali viene impartita la Benedizione papale, purché seguano piamente lo
svolgimento dei riti attraverso la radio o la televisione, e ricevano la Benedizione stessa alle solite condizioni della confessione, della
comunione e della preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice. La Sacra Penitenzieria ha creduto di accogliere volentieri questo
adattamento della vigente disciplina, tanto più che da ciò molto ne avvantaggerà la stima delle Indulgenze in mezzo al popolo cristiano, che
si sentirà in tal modo stimolato ad acquistarla o ad accrescere la grazia santificante per mezzo dei Sacramenti, come pure verrà
maggiormente rafforzata l'unione spirituale dei fedeli col proprio Vescovo. Pertanto, nell'Udienza del 13 dicembre corrente concessa al
sottoscritto Penitenziere Maggiore, il Sommo Pontefice si è benignamente degnato di concedere che fedeli possano acquistare l'Indulgenza
plenaria come sopra è stato esposto, e dispone che questa concessione venga pubblicata. Con il presente decreto la Sacra Penitenzieria
eseguisce la decisione del Sommo Pontefice sopra riferita. / Contrariis quibuslibet non obstantibus / Roma, dalla Penitenzieria Apostolica, 14
dicembre 1985 / Luigi Card. Dadaglio, Penitenziere Maggiore; Luigi De Magistris Reggente».
Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione ―Sacrosanctum Concilium‖, 4 dicembre 1963, n. 14, in AA. VV., Enchiridion
Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn° 23ss.
3 Giovanni Paolo II, Ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale durante la visita pastorale in Asia , in idem, Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. I, p. 461: «Sono molto lieto di salutarvi qui a Radio Veritas, in questa importante emittente
2
cattolica delle Filippine. Saluto voi tutti con grande cordialità e rispetto, perché quali corrispondenti, fotografi, esperti della radio e della
televisione voi siete la scintilla di vita e lo spirito animatore dei vari moderni strumenti della comunicazione. Vi chiedo di essere sempre
profondamente consapevoli della vostra responsabilità. Le immagini che riprendete, i suoni che registrate, i programmi che trasmettete,
superano le barriere del tempo e dello spazio. Essi raggiungono e, in alcune forme, quasi istantaneamente i punti più remoti e le popolazioni
più diverse del globo. Quanto le persone vedono e ascoltano nelle vostre trasmissioni e nei vostri commenti influenza profondamente il loro
modo di pensare e di agire».
4
Giovanni Paolo II, Messaggio per la 14° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 1980: «Non c'è dubbio che i mass media
costituiscano oggi una delle grandi forze che modellano il mondo, e che in questo campo un numero crescente di persone, ben dotate e
altamente preparate, è chiamato a trovare il proprio lavoro e la possibilità di esercitare la propria vocazione. La Chiesa pensa a loro con
44
chiede da parte dei professionisti una preparazione e un impegno del tutto particolare: i ―mezzi‖,
in questo senso, si offrono come un ―segno dei tempi‖, in quanto illimitato potenziale di
comprensione universale nella prospettiva della fraternità tra tutti i popoli. Le autorità
ecclesiastiche indicano come compito prioritario dei nuovi mezzi di comunicazione nella rete
planetaria quello di ―far conoscere‖: Internet, in particolare, viene inteso come nuovo pulpito per
l‘evangelizzazione, di cui la Chiesa può e deve servirsi per raggiungere le grandi masse. Questo
spiega, ad esempio, la presenza ormai capillare sulla Rete di Diocesi, Conferenze Episcopali,
Ordini Religiosi, Movimenti ecclesiali. Questa sottolineatura sembra principalmente legata alla
priorità dell'evangelizzazione, per cui il vantaggio di Internet è quello di favorire un formidabile
flusso di informazione e di opinione 1. In questo modo, ci troviamo già pienamente inseriti nella
dinamica vitale del ―far sapere‖ – far sapere la Buona Novella –, il che mostra come, per la Chiesa,
sia la chiave informativa ad apparire prioritaria. Tuttavia, non basta essere presenti in Rete.
Dobbiamo al contempo interrogarci sulla qualità ‗connettiva‘ della nostra offerta evangelizzativa
virtuale. L‘implicazione per l‘evangelizzazione è assai chiara: prima di tutto, ognuno può diventare
evangelizzatore, ovvero offrire il suo contributo alla testimonianza (anche senza grande
conoscenza ed abilità professionale); in secondo luogo, il messaggio ―internettamente più
comunicabile‖ sarà anche quello meno concettuale, che mira a coinvolgere tutti gli utenti e tutti gli
agenti. Ripassa in penombra la chiave del ‗dialogo col mondo‘, che il concilio Vaticano II
prospettava nella ―Gaudium et spes‖: davanti al ‗pulpito‘ ognuno ascolti nel silenzio... Ma, questo
ritmo di linguaggio è proprio lo spazio specifico di Internet nell‘esperienza antropologica?
Internet offre alla Chiesa da una parte l‘opportunità di comunicare, uscendo dai linguaggi
ermetici sulla fede 2, e dall‘altra parte quella di ―farsi capire, sentire, ascoltare‖, non esercitando
una indebita pressione tramite gli strumenti della comunicazione sociale, ma imparando «le regole
di questi linguaggi oggi nascenti»
3.
In questo senso, l‘intento cristiano non sarà quello di
―imporre l'evangelizzazione alla comunicazione‖ (come se questa fosse una specie di nemico da
sconfiggere) ma di ―tradurre comunicativamente l'invito alla fede nell'ambito del dialogo pubblico‖.
Poiché, inoltre, la cibercomunicazione sconvolge le classificazioni già operate nell'esperienza
umana e ridistribuisce i ruoli nella convivenza umana, essa ci obbliga a rivedere le nostre
formulazioni teologiche. Non si tratta di ―adattare‖ la teologia alla comunicazione, ma di spingere
la riflessione cristiana al di là delle sue attuali frontiere per poter offrire un annuncio credibile e
significativo dopo lo sconvolgimento ed il ―potenziamento‖ mentale provocato dalla nuova
comunicazione. Essa, in definitiva, ci obbliga a guardare oltre ciò che è già stato detto e formulato.
Ancora, siamo di fronte, tramite la Rete, all‘avvento di una possibile coscientizzazione della
comunità umana molto più ampia e profonda che in passato. La primissima evangelizzazione si
trovò in presenza di una capacità di sentire e comprendere al di là dei limiti della propria lingua e
cultura tutto ciò che gli Apostoli proclamavano – come attesta chiaramente il racconto della
affetto sollecito e rispettoso e prega per essi. Poche professioni richiedono tanta energia, dedizione, integrità e responsabilità come questa,
ma, nello stesso tempo, sono poche le professioni che abbiano un'uguale incidenza sui destini dell'umanità».
1
Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, La Chiesa e Internet , 22 febbraio 2002, n. 6, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum,
Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, nn° 77ss.
2
GIOVANNI PAOLO II, Allocution à l'occasion de la visite "ad limina" des évêques de Belgique , in «Acta Apostolicae Sedis», 1982 n° 74, p. 1158:
«Souvenez vous aussi du problème de la communication. Les docteurs de la foi doivent fuir l‘hermétisme et même le langage simplement
confus qui peuvent engendrer l‘ambiguïté. Les théologiens et leurs collaborateurs doivent en effet apprendre aux chrétiens à bien
comprendre les événements et les bouleversements à travers lesquels leur foi chrétienne et leur vocation sont pratiquement en cause».
GIOVANNI PAOLO II, Udienza all'assemblea plenaria della Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali , in idem, Insegnamenti di
Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1981, vol. I, p. 625.
3
45
Pentecoste (cf. At 2,1-11). Così, non sono stati gli Apostoli a diventare poliglotti ma sono stati gli
ascoltatori a veder cadere le frontiere tra le lingue per comprendere tutti la stessa cosa. Proprio
questa è una ulteriore chance di Internet: quella di far cadere la barriere linguistiche e culturali,
originando una sovra-lingua e una sovra-cultura in cui tutti, anche alle distanze più svariate,
possono riconoscersi, imparando a percepire gli altri come ―prossimi‖ e come ―affini‖.
La scommessa è qui quella di creare luoghi e momenti interattivi di comunità 1. In questo
senso, non sfuggono le opportunità rappresentate oggi dai cosiddetti social network, Facebook in
testa, che offrono agli utenti la possibilità di radunarsi in comunità virtuali e di confrontarsi in
tutta schiettezza. Queste assemblee ―internettiane‖ non possono certamente sostituire le
assemblee ―in carne ed ossa‖ che si radunano nelle nostre chiese, in primo luogo le assemblee
eucaristiche, ma possono forse diventare preparazione e prolungamento di quelle. Non a caso
assistiamo, proprio in questi ultimi tempi, al proliferare di etichette cristiane proprio all‘interno dei
più diffusi social network. Più recentemente, è venuta configurandosi come ulteriore chance
offerta dalla Rete quella del dialogo interculturale, dialogo che la Chiesa auspica per promuovere
la pace tra i popoli e la concordia tra le religioni e che la comunicazione multimediale a distanza
riesce a promuovere in forme inedite 2. Del resto questo dialogo offre anche un chiaro contributo
intraecclesiale: quello di favorire l‘inculturazione del Vangelo soprattutto presso le popolazioni più
distanti, geograficamente e culturalmente, dall‘Occidente cristiano. Allo stesso tempo, il dialogo
tra le fedi e le culture non deve sfociare nell‘indifferentismo e del relativismo: Internet, infatti,
presta il fianco ad una concezione larvatamente ―commerciale‖ della fede, proponendosi quasi
come un supermercato del sacro in cui ciascuno acquista ciò che soddisfa i propri bisogni
individualisti e trascura tutto il resto. Anche nell‘epoca di Internet resta invece chiaro che solo
Cristo è il salvatore del mondo, che il suo messaggio non accetta parzializzazioni o unilateralismi,
e che tutto ciò che di genuino si trova disseminato nelle culture dell‘umanità ha un misterioso
legame con Cristo per mezzo dell‘azione invisibile dello Spirito Santo 3.
IL SORGERE DELLA VIRTUALITÀ SU CIÒ CHE SARÀ DI NOI E L‘INTERROGATIVO POSTO
DALL‘ANTICIPAZIONE CIBERNETICA NELL‘ARTICOLARSI DELLA ‗NUOVA COMUNICAZIONE‘
Ovviamente, non si parla neanche di un indirizzo consapevole in ambito comunicazionale o
antropologico
riguardo
alla
'virtualità'
ecclesialmente
recepito
(cfr
supra,
l‘antropologia
comunicazionale)… Eppure si notano delle sottolineature significative che accompagnano
l‘affermarsi della ‗virtualità‘, della ‗cibernetica‘, della ‗robotica‘ nel paesaggio multimediale,
andando verso la fine del millennio. Dopo l‘intento di ministerializzazione dell‘iniziativa
comunicativa ecclesiale con la visualità ravvicinata al di là delle distanze, nel momento in cui si
afferma il richiamo iniziale all‘immaginario virtuale, si avrà –da parte degli organi di responsabilità
ecclesiale-
un
‗leitmotiv‘
per
una
diecina
d‘anni
sull‘‖etica‖
(della
comunicazione...) come priorità nel considerare questi settori comunicativi
4.
pubblicità,
della
Si pensava che la
focalizzazione ‗moralistica‘ fosse stata superata in un coinvolgimento multimediale massiccio da
1
Così pensa M. SIMON, Web 2.0. New Revolution in Church Growth, in «Internet» 2009, http:// www.opensourcetheology.net/node/1141.
Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica in Internet , 22 febbraio 2002, nn° 1, 11, in AA. VV., Enchiridion
Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, nn° 96, 114s.
3 È questo, come si sa, l‘insegnamento del Cfr CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione dogmatica ―Lumen gentium‖, 21 novembre
1964, n° 16, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum , Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, n° 326; ibidem, Decretum ―Ad gentes‖, 7
dicembre 1965, n. 7, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum, Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 1, nn° 1104ss.
4 Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica nella pubblicità, Città del Vaticano 1992; idem, Etica nelle comunicazioni
sociali, Città del Vaticano 2000.
2
46
parte degli organi ecclesiastici, ma tutto rientra in questa tematica come puntualizzazione
maggiore sotto la terminologia ‗etica‘ 1. Gli esponenti amministrativi e burocratici di quell‘epoca
argomentano che l‘ambiente secolare sarebbe sensibile a questo approccio
2.
Tutto l‘ambito
comunicativo rientra in questo intento col rischio o di ridurre la comunicazione multimediale a un
settore solo operativo dell‘esperienza umana o a considerare l‘esperienza umana prevalentemente
sottoposta alla casuistica moralistica. Avendo chiarito solo parzialmente ciò che sia la
comunicazione odierna, i precetti moralistici che si applicano ad essa potrebbero essere poco
rilevanti, dato anche che non si tratta di ‗etica‘ nel senso che si da antropologicamente oggi a
questo termine. Partendo dai principi cosidetti ‗etici‘ apparirà il confronto tra una comunicazione
‗reale‘ ed una comunicazione ‗fittizia‘, o ‗virtuale‘, o ‗irreale‘. Con questo marchio, tutto il discorso
sulla potenzialità o sulla creatività di ciò che potrebbe essere ma ancora non è attuato prende una
piega assai incerta. Il virtuale come fonte di ciò che potrebbe realizzarsi positivamente acquista
una colorazione sospetta... Eppure vi sarà qualche inconsapevole riferimento a questa chiave da
parte di responsabili ecclesiastici, guardando non solo alla prospettiva ‗informativa‘ (notizia da
‗sapere‘ su ciò che c‘è) ma anche ‗performativa‘ (anticipazione su ciò che viene, che ‗produce‘ fatti
e ‗cambia‘ la vita)
3.
Sarebbe interessante capire fino a che punto questo pontefice avesse
minimamente colto la possibile convergenza tra ‗comunicazione performativa‘ e ‗comunicazione
virtuale‘, dal ―linguaggio nostro‖ che egli si compiace a ribadire... Anzi, si farà un riferimento
diretto all‘intento della fede proprio in questi termini di ‗comunicazione‘ (sempre nel linguaggio
attuale che si vuole recepire e praticare) 4.
Il fenomeno della nuova comunicazione si è affermato con la progressiva invasione
planetaria e multidimensionale della rete di Internet, a seguito delle tappe decisive compiute dalla
comunicazione massmediale negli ultimi quattro secoli. Da Internet stesso si prende coscienza del
taglio ‗virtuale‘ nell‘esperienza a distanza che si sta prospettando (vedere supra, il paragrafo
sull‘affermarsi della virtualità multimediale). Si parla all‘inizio del XXI secolo dell‘avvento di (nuove)
tecnologie della comunicazione e dell‘informazione: (N)ICT in inglese, (N)TIC in italiano (leggi:
nuove
1
tecnologie
di
informazione
e
comunicazione).
Si
utilizza
pure
il
termine
A differenza di ciò che sembra prospettarsi in M. C. Carnicella, Chiesa e scienza delle comunicazioni sociali, in «Ricerche Teologiche», 1991
n° 2, pp. 297-315.
2
Si possono ricordare ciò che si compiacevano di ripetere l‘allora Presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali ed il
Segretario di quel dicastero J. Foley e P. Pastore.
3
Benedetto
XVI,
Lettera
enciclica
―Spe
salvi‖,
30
novembre
2007,
Città
del
Vaticano
2007,
etiam
in
«Internet»
2007,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html: «2. Solo quando il
futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una «buona
notizia» – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo
«informativo», ma «performativo». Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una
comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive
diversamente; gli è stata donata una vita nuova».
4
Benedetto
XVI,
Lettera
enciclica
―Spe
salvi‖,
30
novembre
2007,
Città
del
Vaticano
2007,
etiam
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20071130_spe-salvi_it.html:
in
«Internet»
«9.
Nel
2007,
Nuovo
Testamento questa attesa di Dio, questo stare dalla parte di Dio assume un nuovo significato: in Cristo Dio si è mostrato. Ci ha ormai
comunicato la «sostanza» delle cose future, e così l'attesa di Dio ottiene una nuova certezza. È attesa delle cose future a partire da un
presente già donato. È attesa, alla presenza di Cristo, col Cristo presente, del completarsi del suo Corpo, in vista della su a venuta definitiva.
Con hypostole invece è espresso il sottrarsi di chi non osa dire apertamente e con franchezza la verità forse pericolosa. Questo nascondersi
davanti agli uomini per spirito di timore nei loro confronti conduce alla «perdizione» ( Eb 10,39). «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza,
ma di forza, di amore e di saggezza» – così invece la Seconda Lettera a Timoteo (1,7) caratterizza con una bella espressione l'atteggiamento
di fondo del cristiano».
47
cybercommunication o cibercomunicazione, dove cibernetica sta per scienza dei sistemi o delle
strategie umane 1.
Possiamo prevedere, senza temere di essere smentiti, che le mutazioni della nuova
comunicazione multimediale interpersonale ed a distanza toccheranno l‘esperienza umana nel
sapere dell‘intelletto, nell‘azione operativa, nelle modalità di vita 2. Non si può più interpretare il
fenomeno come parziale, o periferico, o ristrettamente tecnico-meccanico: esso coinvolge tutta la
persona e tutta la comunità umana nelle mutazioni che implica. In questo modo, il ciberspazio
potrebbe configurarsi come l'aperto crogiuolo di tutte le problematiche umane nelle loro diverse
scelte, sentimenti e discernimenti 3. Si tratterebbe di una fase del tutto nuova dell‘esperienza
umana 4. Con l‘avvento di Internet, l‘informazione diventa capace di creare una interconnessione
di tutti i dati su tutto e su tutti, al punto che i campi specifici dell‘azione, del pensiero,
dell‘emotività, devono necessariamente interagire l‘uno con l‘altro. L‘interconnettività e la
interdisciplinarietà diventeranno insostituibili, in vista di un discernimento operativo di fronte alla
raccolta di infinità di dati. È evidente che la galassia della nuova comunicazione si inserisce, da un
punto di vista culturale ed antropologico, nel vasto orizzonte della cosiddetta globalizzazione,
intesa generalmente come tendenza della società planetaria contemporanea a creare una
prossimità virtuale al di là delle distanze spaziali e temporali per avvicinare il più possibile persone
e gruppi 5. Al riguardo, gli orientamenti di vertice della Chiesa cattolica tendono a guardare la
globalizzazione in modo tendenzialmente benevolo, anche se non esente da rischi, come quello di
creare nuove divaricazioni economiche e culturali tra le varie parti del globo 6. Non mancano, allo
stesso tempo, prese di posizioni cristiane che invocano una global governance in grado di guidare
dall‘alto il processo di globalizzazione e di scongiurarne i pericoli 7. Più restrittivo ancora è
l‘accenno alla comunicazione-globalizzazione dell‘enciclica di avvio del pontificato degli anni
2006 in poi: si vede il mondo ‗più piccolo‘ sia dai ―mezzi di massa‖ sia dalla globalizzazione, ciò
Cfr G.R. Boulanger, Qu‘est-ce que la cybernétique? , in AA. VV., Le dossier de la cybernétique, Paris 1968, pp. 13s; L. Ectors, Intelligence,
instinct et cybernétique, in AA. VV., Le dossier de la cybernétique, Paris 1968, pp. 168s; F.E. Mairlot, La cybernétique, science de l'invariant,
et son impact sur la solution de problèmes réels , in AA. VV., Scientific method and actual problems, Namur 1975, p. 36.
2 Cfr l‘intervento autorevole di K. Annan, Development and International Cooperation in the Twenty-first Century. The Role of Information
Technology in the Context of a Knowledge-based Global Economy. Report of the Secretary-General. E/2000/52, I. Introduction, in «Internet»
1
2009, http://www.un.org/documents/ecosoc/docs/2000/e2000-52.pdf, p. 6: «The central purpose and effect of this phenomenon is an
escalating and all-pervasive capacity to harness, access and apply information and diffuse knowledge at electronic speed to all walks of
human activity. This is revolutionizing not only processes of production and consumption and modes of organization but also the way
people live, work and interact with each other. Information and knowledge have thus emerged as a central, strategic factor of economic and
social progress. Today, countries are increasingly judged by whether they are information-rich or information-poor».
Cf. P. Manzelli, Le nuove teorie di sviluppo della mente e le nuove tecnologie di apprendimento. Strategie per condividere la progettazione
e gestione di sistemi complessi di formazione continua on line , in «Internet» 2009, http://www.chim1.unifi.it/ group/education/index.html.
4 Cf. E. Brooks – N. Heyman – J. Pyon, Social Interaction on the Internet. An Application of Erving Goffman's Sociological Theories , in
3
«Internet» 2009, http://socserv2.mcmaster.ca/ soc/courses/soc4j3/stuweb/cyber9/front.htm.
5
Cf., tra i tanti contributi, J. Leigh, Reflections of Babylon. Intercultural Communication and Globalization in the New World Order , in
«Internet» 2009, in «Internet» 2007, http://globalization.icaap.org/content/ v4.1/leigh.html.
6
Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Etica in Internet, 22 febbraio 2002, n. 4, in AA. VV., Enchiridion Vaticanum,
Bologna 1966-, (nel 2009 fino a 23 voll.) vol. 21, n° 101; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica ―Ecclesia in America‖ , 22 gennaio 1999, n°
20, in «Acta Apostolicae Sedis», 1999 n° 91, p. 761.
Così pensa la Conferenza dei Vescovi della Comunità Europea: cf. COMECE, Global Governance. Trasformare la globalizzazione in un
opportunità per tutti. La nostra responsabilità in merito , Bruxelles 2001, p. 5: «Nello spazio di una generazione, l‘interdipendenza economica
7
globale si è sviluppata ad un ritmo straordinario. Questo sviluppo, generalmente chiamato globalizzazione, è la conseguenza di un enorme
progresso tecnologico e della determinazione, evidenziata dalle decisioni politiche, di aprire alla concorrenza, sia interna che estera, le
economie nazionali. Tale processo è destinato a continuare: non si fermerà né si invertirà. Finora, la globalizzazione ha portato
miglioramenti ed opportunità per molte persone in molte parti del mondo. Tuttavia, molti non sono stati in grado di adeguarsi a tale
processo e sono perciò rimasti esclusi dal suoi benefici venendosi a trovare così in una posizione di svantaggio. Se, da una parte, la
globalizzazione consente di sperimentare l‘incontro di un mondo di diversità e di maggiore efficienza, dall‘altra essa suscita timori per la
perdita dell‘identità culturale. La global governance si presenta come la chiave per garantire, da un lato, che gli impatti positivi della
globalizzazione siano rafforzati e, dall‘altro, che i suoi aspetti potenzialmente negativi siano mitigati».
48
dal punto di vista delle opere caritative 1. Sorprende che neanche una nota di documentazione
rimandi a qualche fonte ecclesiale autorevole sulla comunicazione multimediale a distanza.
Rimane emblematico il modo di evocare il succo della comunicazione nello ‗stare insieme‘ mentre
tutto in essa è movimento di impulsi sempre più rapidi ed tentativamente istantanei. La statica
appare come sottofondo tranquillo di un tale pensiero. L‘interessante priorità della carità viene
posta, però, dal solo lato della ‗strumentalità che toglie le distanze‘ e non da ciò che la nuova
comunicazione offrirebbe di più profondamente umano e specifico: la nascita di una nuova
coscienza comune di sensibilità ai bisogni più urgenti e di apertura al richiamo morale verso i
meno favoriti, una ‗anima o coscienza dalla connettività di rete planetaria‘ (vedere infra sulle
trasformazioni antropologiche della nuova comunicazione). Come per la ‗meccanica‘ dei mezzi, ci
sarà un meccanismo della globalizzazione politico-sociale per ‗far funzionare‘ la carità... Là dove i
‗mezzi‘ vanno al di là del loro ‗statuto strumentale‘ ed entra direttamente a costituire il vivo della
configurazione umana di pensiero, azione ed emotività, si parlerà di ‗abissi del male‘ e di ogni tipo
di distorzione in vista della ‗manipolazione delle coscienze‘: siamo sempre nel tipo di dualismo tra
‗interiorità totale delle coscienze‘ e ‗mezzi che rappresentano la realtà‘ ovvero ‗lo spirito‘
segregato dalla ‗materia‘
2.
Tutto sarà riassunto nella formula sulla comunicazionalità
multimediale ―questo pericoloso mutamento della loro funzione‖ (ibidem). Sarà sempre il potere
clericale di vertice a ‗definire la loro funzione‘: quanto siamo lontani dalla metodologia e dal
sincero approccio della ―Gaudium et spes‖ (cfr supra). E, quasi cinicamente si conclude il brano
dicendo che vi sono ―questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili‖ (cfr
nella stessa nota). Si arriva al colmo, nel brano, chiedendosi se i media debbano continuare ad
1
Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Deus Caritas est‖ (sull‘amore cristiano), (25 dicembre 2005), Città del Vaticano 2005, etiam in «Internet»
2009, http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est_it.html: «73. a) I
mezzi di comunicazione di massa hanno oggi reso il nostro pianeta più piccolo, avvicinando velocemente uomini e culture profondamente
diversi. Se questo « stare insieme » a volte suscita incomprensioni e tensioni, tuttavia, il fatto di venire, ora, in modo molto più immediato a
conoscenza delle necessità degli uomini costituisce soprattutto un appello a condividerne la situazione e le difficoltà. Ogni giorno siamo resi
coscienti di quanto si soffra nel mondo, nonostante i grandi progressi in campo scientifico e tecnico, a causa di una multiforme miseria, sia
materiale che spirituale. Questo nostro tempo richiede, dunque, una nuova disponibilità a soccorrere il prossimo bisognoso. G ià il Concilio
Vaticano II lo ha sottolineato con parole molto chiare: « Oggi che i mezzi di comunicazione sono divenuti più rapidi e le distanze fra gl i
uomini quasi eliminate [...], l'azione caritativa può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità » [1]. D'altro
canto — ed è questo un aspetto provocatorio e al contempo incoraggiante del processo di globalizzazione — il presente mette a nostra
disposizione innumerevoli strumenti per prestare aiuto umanitario ai fratelli bisognosi, non ultimi i moderni sistemi per la distribuzione di
cibo e di vestiario, come anche per l'offerta di alloggio e di accoglienza. Superando i confini delle comunità nazionali, la sollecitudine per il
prossimo tende così ad allargare i suoi orizzonti al mondo intero. Il Concilio Vaticano II ha giustamente rilevato: « Tra i segni del nostro
tempo è degno di speciale menzione il crescente e inarrestabile senso di solidarietà di tutti i popoli » [2]. Gli enti dello Stato e le associazioni
umanitarie assecondano iniziative volte a questo scopo, per lo più attraverso sussidi o sgravi fiscali, gli uni, rendendo disponibili
considerevoli risorse, le altre. In tal modo la solidarietà espressa dalla società civile supera significativamente quella dei singoli».
([1] Decr. sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 8. / [2] Ibid., 14.)
Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "I mezzi di
comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla", 24 gennaio 2008, Città del Vaticano 2008,
2
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-
xvi_mes_20080124_42nd-world-communications-day_it.html: «3. L‘umanità si trova oggi di fronte a un bivio. Anche per i media vale
quanto ho scritto nell‘Enciclica Spe salvi circa l‘ambiguità del progresso, che offre inedite possibilità per il bene, ma apre al tempo stesso
possibilità abissali di male che prima non esistevano (cfr n. 22). Occorre pertanto chiedersi se sia saggio lasciare che gli strumenti della
comunicazione sociale siano asserviti a un protagonismo indiscriminato o finiscano in balia di chi se ne avvale per manipolare le coscienze.
Non sarebbe piuttosto doveroso far sì che restino al servizio della persona e del bene comune e favoriscano ―la formazione etica dell‘uomo,
nella crescita dell‘uomo interiore‖ (ibid.)? La loro straordinaria incidenza nella vita delle persone e della società è un dato largamente
riconosciuto, ma va posta oggi in evidenza la svolta, direi anzi la vera e propria mutazione di ruolo, che essi si trovano ad affrontare. Oggi, in
modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al
potere e alla forza di suggestione che possiede. Si costata, ad esempio, che su talune vicende i media non sono utilizzati per un corretto
ruolo di informazione, ma per ―creare‖ gli eventi stessi. Questo pericoloso mutamento della loro funzione è avvertito con preoccupazione da
molti Pastori. Proprio perché si tratta di realtà che incidono profondamente su tutte le dimensioni della vita umana (morale, intellettuale,
religiosa, relazionale, affettiva, culturale), ponendo in gioco il bene della persona, occorre ribadire che non tutto ciò che è tecnicamente
possibile è anche eticamente praticabile. L‘impatto degli strumenti della comunicazione sulla vita dell‘uomo contemporaneo pone pertanto
questioni non eludibili, che attendono scelte e risposte non più rinviabili».
49
essere asserviti al protagonismo indiscriminato senza neanche un esame di coscienza sul
protagonismo al quale si sottomettono i poteri clericali di vertice... Proseguendo nella
superficialità, si nota poi un paragrafo aggiunto (n° 4) sulla dimensione antropologica (dunque
nella congiunzione spirito-materia) dell‘assetto comunicazionale, passando dalla dicitura ‗mezzi
di comunicazione sociale‘ a quella di ‗comunicazione sociale‘, con lo stesso indirizzo indirizzo di
voler ‗fare la lezione‘ su ciò che deve essere la comunicazione invece di cercare di comprendere il
fenomeno antropologico (come dicevano Giovanni XXIII e Paolo VI, cfr supra) 1. La ‗sparata‘ sulla
―info-etica‖, a nome di ‗più di qualcuno‘, sembra del tutto fuori correttezza se usata senza
riferimento ai suoi autori – chissà con certi diritti sulla formulazione?).
Oltre a questi pronunciamenti generali sul tema della globalizzazione, la Chiesa si
confronta ormai anche con la questione specifica della nuova comunicazione, in modo tale che sia
possibile elaborare una vera e propria riflessione teologica al riguardo, che ci permetta di
comprendere in che modo anche la cibercomunicazione entra con pieno diritto di cittadinanza
nella missione della Chiesa e quali mutamenti comporta (o comporterà) nella stessa autocoscienza
ecclesiale. Ciò che si constata è comunque una certa incertezza dell'attuale discernimento
ecclesiale, particolarmente per la Chiesa cattolica, ragione per cui si passa talora da una visione
sommamente pessimistica e reprobativa a momenti di approvazione quasi euforica. L'ambiguità si
acuisce, poi, per il fatto che questo doppio modo estremo di qualificare la comunicazione coesiste
parallelamente, secondo i momenti e le occasioni, magari in uno stesso documento 2.
Nella istruzione pastorale Communio et Progressio, applicazione del decreto conciliare
Inter Mirifica, si trova la domanda, posta proprio nella conclusione del documento: «Stiamo forse
entrando in un era nuova della comunicazione? [...] Sono in gioco, nel panorama comunicativo di
oggi, mutamenti quantitativi o non anche qualitativi?» 3. Una speranza anima questo interrogativo
conclusivo: la cibercomunicazione offrirà una occasione di dialogo più intenso in seno alla
comunità umana! Questa è, in fondo, la grande chance offerta alla Chiesa di oggi: venire a dialogo
con il mondo contemporaneo e con coloro che lo popolano. Il compito della Chiesa si situa,
dunque, molto meno al livello dell‘―utilizzare gli strumenti‖, e molto più al livello dell‘―essere
Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "I mezzi di
comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio. Cercare la verità per condividerla", 24 gennaio 2008, Città del Vaticano 2008,
1
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-
xvi_mes_20080124_42nd-world-communications-day_it.html: «4. Il ruolo che gli strumenti della comunicazione sociale hanno assunto nella
società va ormai considerato parte integrante della questione antropologica, che emerge come sfida cruciale del terzo millenn io. In maniera
non dissimile da quanto accade sul fronte della vita umana, del matrimonio e della famiglia, e nell‘ambito delle grandi questioni
contemporanee concernenti la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato, anche nel settore delle comunicazioni sociali sono in gioco
dimensioni costitutive dell‘uomo e della sua verità. Quando la comunicazione perde gli ancoraggi etici e sfugge al controllo sociale, finisce
per non tenere più in conto la centralità e la dignità inviolabile dell‘uomo, rischiando di incidere negativamente sulla sua coscienza, sulle sue
scelte, e di condizionare in definitiva la libertà e la vita stessa delle persone. Ecco perché è indispensabile che le comunicazioni sociali
difendano gelosamente la persona e ne rispettino appieno la dignità. Più di qualcuno pensa che sia oggi necessaria, in questo ambito,
un‘―info-etica‖ così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita».
A. Joos, Nuova comunicazione e Chiesa. Internet e (N)TIC: riplasmare la Chiesa, Parte II. Le Chiese nel fenomeno comunicativo: recepirlo e
plasmarsi in esso. Traguardi della nuova comunicazione, in «Internet» 2007, http://www.webalice.it/joos.a/NC-C-IN1.pdf (edizione 2007 l‘edizione 2010 aggiorna e riprospetta le edizioni precedenti). Cfr ad esempio, il documento Etica nella pubblicità, del 1997, di cui scrive F.
Brune, Un ralliement au culte de la marchandise. Le Vatican absout la publicité, in «Le Monde diplomatique», avril 1997, p. 32 «Le problème,
2
c‘est que les arguments opposés dans ce document s‘opposent mutuellement. La publicité est à la fois dénoncée dans ses abus et
pleinement légitimée dans son principe, dans sa réalité actuelle, laquelle mène à ces abus... Glissant ainsi plus ou moins sciemment de
l‘innocence relative de la publicité, comme production isolée, à la justification du système publicitaire, comme discours dominant, nos
auteurs s‘exposent à de dangereuses naïvetés... Mais voilà: si l‘autorité ecclésiastique ne parvient pas à s‘attaquer à ce pouvoir en tant que
tel, c‘est peut-être qu‘elle caresse l‘innocent désir de s‘en approprier des miettes».
3
Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Istruzione pastorale ―Communio et Progressio‖, 23 maggio 1971, n° 181, in
«Acta Apostolicae Sedis», 1971 n° 63, p. 641.
50
presenti nel dialogo pubblico‖. Nascerà così, ed anzi sta già nascendo, un nuovo tipo di presenza
cristiana nel nostro tempo, sollecitato ―dal di fuori‖ della stessa struttura ecclesiastica.
Occorre integrare il messaggio stesso in questa ―nuova cultura‖ creata dalla comunicazione
moderna. È un problema complesso, perché questa nuova cultura nasce, prima ancora che dai
contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove
tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici 1. Papa Wojtyła, infine, ha dedicato uno dei suoi ultimi
documenti, la lettera apostolica Il rapido sviluppo, proprio ai responsabili delle comunicazioni
sociali, invitando la Chiesa, in un‘epoca di comunicazione globale, a prendere coscienza «che l'uso
delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrante della
propria missione nel terzo millennio», anche se essa non è chiamata soltanto ad usare i media per
diffondere il Vangelo ma, oggi più che mai, ad integrare il messaggio salvifico nella ―nuova
cultura‖ che i potenti strumenti della comunicazione creano ed amplificano 2. Nel documento il
Papa indica l‘importanza dei media per la formazione della personalità e della coscienza,
l'interpretazione e la strutturazione dei legami affettivi, l'articolazione delle fasi educative e
formative, l'elaborazione e la diffusione di fenomeni culturali, lo sviluppo della vita sociale, politica
ed economica. Per questo Giovanni Paolo II considera i media «un patrimonio da tutelare e
promuovere» e vorrebbe che la Chiesa offrisse il suo contributo «per una migliore comprensione
delle prospettive e delle responsabilità connesse con gli attuali sviluppi delle comunicazioni
sociali» 3.
Più recentemente, si ritornerà al riferimento prioritario che tratta dei ‗mezzi‘ e ‗strumenti‘
delle comunicazioni sociali, in senso –poi- assai negativo per quanto tendono a compiere nella
loro (un‘altra volta, sembrava una formulazione dimenticata!!...) omnipervasività 4. Emblematico,
nella prospettiva ratzingeriana è il legame tra ‗mezzi di comunicazione sociale‘ e mondo
‗tecnologico‘ industriale, situandosi così in un tacito dissenso con quello che la coscienza
ecclesiale aveva potuto recepire negli ultimi anni di consapevolezza. Ancora più caratteristico è la
differenza –sempre più o meno implicita- tra la dinamica comunicazionale multimediale e la
‗comunicazione-comunione-dialogos‘
1
5.
Il mondo della ‗comunicazione-dialogo‘ non sembra
Cfr PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI, Istruzione pastorale ―Communio et Progressio‖, 23 maggio 1971, n° 181, in
«Acta Apostolicae Sedis», 1971 n° 63, p. 641.
2
Cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n° 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265.
3
Cfr Giovanni Paolo II, Lettera apostolica ―Il rapido sviluppo‖, 24 gennaio 2005, n° 2, in «Acta Apostolicae Sedis», 2005 n° 97, p. 265.
4
Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del
Vaticano
2009,
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-
xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Connessa con lo sviluppo tecnologico è l'accresciuta pervasività dei mezzi di
comunicazione sociale. È ormai quasi impossibile immaginare l'esistenza della famiglia umana senza di essi. Nel bene e nel male, sono così
incarnati nella vita del mondo, che sembra davvero assurda la posizione di coloro che ne sostengono la neutralità, rivendicandone di
conseguenza l'autonomia rispetto alla morale che tocca le persone. Spesso simili prospettive, che enfatizzano la natura strettamente tecnica
dei media, favoriscono di fatto la loro subordinazione al calcolo economico, al proposito di dominare i mercati e, non ultimo, al desiderio di
imporre parametri culturali funzionali a progetti di potere ideologico e politico».
5
Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del
Vaticano
2009,
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-
xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «4. Perché piena di verità, la carità può essere dall'uomo compresa nella sua ricchezza di
valori, condivisa e comunicata. La verità, infatti, è ―lógos‖ che crea ―diá-logos‖ e quindi comunicazione e comunione. La verità, facendo uscire
gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di
incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose. La verità apre e unisce le intelligenze nel lógos dell'amore: è, questo,
l'annuncio e la testimonianza cristiana della carità. Nell'attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero,
vivere la carità nella verità porta a comprendere che l'adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la
costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente
scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e
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avere niente a che vedere con i ‗mezzi della comunicazione sociale – tecnologia‘. Anzi, la loro
dinamica informativa non comprende dall‘offerta informativa stessa un maggiore incentivo alla
‗libertà‘
1.
L‘informazione –riconosciuta come piattaforma di apertura alla libertà- si trova
rimandata allo statuto di ‗strumentalità‘, ovviamente poco ‗umanizzata‘ ed ‗umanizzabile‘... Il
salto alle valutazioni precedenti di quasi un secolo si conferma riguardo alla dinamica
comunicazionale... Sarà la speculazione ‗antropologica‘ ad imprimere a questi strumenti una
‗finalizzazione‘ corretta 2. Un tipo di dualismo appare così tanto più chiaramente tra ‗valenza
antropologica‘ e ‗strumentalità tecnologica‘... Dalla densità profonda occorrerà ‗imporre‘ il taglio
umano ai ‗mezzi‘ (che non sono altro che ciò!!)... La convergenza tra ‗comunicazione multimediale‘
e ‗globalizzazione‘ accuisce poi ogni contrapposizione... Di fronte a questa articolazione astratta,
il predecessore si staglia con nitidezza: i media sono stati uno dei tanti linguaggi che Giovanni
Paolo II ―ha parlato‖, insieme a quelli della modernità e della storia 3. Eppure, vi sono interventi
occasionali del Papa Benedetto XVI che scivolano da quel livello tecnologico a quello della
‗connettività profonda‘ qual‘è il dialogo, il rispetto, l‘amicizia, l‘amore reciproco, e ciò dalla stessa
connettività multimediale a distanza 4... L‘incertezza del discernimento al vertice sembra totale.
proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e
dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività».
1
Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del
Vaticano
2009,
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-
xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Ciò vuol dire che essi possono divenire occasione di umanizzazione non solo quando,
grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e
orientati alla luce di un'immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. I mezzi di comunicazione sociale
non favoriscono la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti, semplicemente perché moltiplicano le possibilità di
interconnessione e di circolazione delle idee. Per raggiungere simili obiettivi bisogna che essi siano centrati sulla promozione della dignità
delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e
soprannaturale. Infatti, nell'umanità la libertà è intrinsecamente collegata con questi valori superiori. I media possono costituire un valido
aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l' ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell'universale
partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto».
2
Benedetto XVI, Lettera enciclica ―Caritas in veritate‖ (sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità), (29 giugno 2009), Città del
Vaticano
2009,
etiam
in
«Internet»
2009,
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-
xvi_enc_20090629_caritas-in-veritate_it.html: «73. Data la loro fondamentale importanza nella determinazione di mutamenti nel modo di
percepire e di conoscere la realtà e la stessa persona umana, diventa necessaria un'attenta riflessione sulla loro influenza specie nei
confronti della dimensione etico-culturale della globalizzazione e dello sviluppo solidale dei popoli. Al pari di quanto richiesto da una
corretta gestione della globalizzazione e dello sviluppo, il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico».
Cfr G. D‘Ascenzo – M. Morcellini, L‘Enciclica dei gesti. Prefazione, in M. Morcellini (ed.), Il Papa dei gesti. Segni e parole di una enciclica mai
scritta, Roma 2003, p. 7.
4 Benedetto XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XLIII giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "Nuove tecnologie,
nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia", 24 maggio 2009, in «Internet» 2009,
3
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/communications/documents/hf_ben-xvi_mes_20090124_43rd-worldcommunications-day_it.html: «Sebbene sia motivo di meraviglia la velocità con cui le nuove tecnologie si sono evolute in termini di
affidabilità e di efficienza, la loro popolarità tra gli utenti non dovrebbe sorprenderci, poiché esse rispondono al desiderio fondamentale
delle persone di entrare in rapporto le une con le altre. Questo desiderio di comunicazione e amicizia è radicato nella nostra stessa natura di
esseri umani e non può essere adeguatamente compreso solo come risposta alle innovazioni tecnologiche. Alla luce del messaggio biblico,
esso va letto piuttosto come riflesso della nostra partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol fare dell‘intera umanità
un‘unica famiglia. Quando sentiamo il bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle meglio e farci conoscere, stiamo
rispondendo alla chiamata di Dio – una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio, il Dio
della comunicazione e della comunione. Il desiderio di connessione e l‘istinto di comunicazione, che sono così scontati nella cultura
contemporanea, non sono in verità che manifestazioni moderne della fondamentale e costante propensione degli esseri umani ad andare
oltre se stessi per entrare in rapporto con gli altri. In realtà, quando ci apriamo agli altri, noi portiamo a compimento i nostri bisogni più
profondi e diventiamo più pienamente umani. Amare è, infatti, ciò per cui siamo stati progettati dal Creatore. Naturalmente, non parlo di
passeggere, superficiali relazioni; parlo del vero amore, che costituisce il centro dell‘insegnamento morale di Gesù: "Amerai il Signore tuo
Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" e "Amerai il tuo prossimo come te stesso"
(cfr Mc 12,30-31). In questa luce, riflettendo sul significato delle nuove tecnologie, è importante considerare non solo la loro indubbia
capacità di favorire il contatto tra le persone, ma anche la qualità dei contenuti che esse sono chiamate a mettere in circolazione. Desidero
incoraggiare tutte le persone di buona volontà, attive nel mondo emergente della comunicazione digitale, perché si impegnino nel
promuovere una cultura del rispetto, del dialogo , dell‘ amicizia».
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Non è difficile intuire qui la rapida euforia degli ideatori di questo brano –con qualche accenno di
edificante sentimentalismo- riguardo alla nuova comunicazione...
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nuova comunicazione e chiesa. come riplasmare l`esperienza di fede