L'ESEMPIO DI HANUMÅN NELLA NOVELLISTICA
INDIANA
MARIA LUISA GNOATO
Uno
dei
personaggi
indubbiamente Hanumån,
del
Råmåya~a è
divinità popolare,
protagonista di
più
famosi
molteplici miti e tuttora amato nei villaggi come divinità autonoma,
soggetto di mistica devozione in quanto espressione della stessa forza
della vita.
Ritratti di Hanumån si trovano nelle case e nei luoghi di lavoro, sono
a lui dedicati molteplici luoghi sacri, statue di lui si trovano in
numerosi santuari e templi 1; e se talvolta egli è rappresentato come
un'esile scimmia, che giace ai piedi di Råma e S⁄tå circondandoli
con la sua coda, più spesso Råma si può trovare in rappresentazioni
di cui Hanumån è la figura principale. Celebre è la raffigurazione di
lui che dischiude il proprio torace mostrando nel suo cuore l'immagine
di Råma e S⁄tå2.
L.T. Wolcott, “Hanumån: The Power-Dispensing Monkey in North
India Folk Religion”,in Journal of Asian Studies, New York, 37:4
(1978), pp., 653; 656 e seg.
2
C. Sivaramamurti, L'arte in India, Cernusco sul Naviglio (Milano),
Garzanti, 1993, p. 115; 177; 198; 431 (fig.628); 562, e passim (titolo
originale L'art en Inde, 1974); K.C. –S. Aryan, Hanumån in art and
mythology, Delhi, Rekha Prakashan, (s.d.), Tav. 31.
1
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Hanumån è un autorevole protettore. All'inizio di ogni giorno, e di
ogni impresa, sono ripetuti versi dedicati a lui. Piccoli opuscoli,
chiamati Hanumån Cål⁄så, “Quaranta versi intorno a Hanumån”,
tratti dal Råmåya~a, sono usati come libri di preghiera e talismani3.
Si narrano storie intorno alla sua straordinaria forza e si ripetono versi
che lodano il suo nome al fine di acquisire parte della sua energia, che
può allontanare gli spettri, gli spiriti dei trapassati e tutti gli esseri
maligni. Hanumån è infatti un guardiano contro le influenze
demoniache e la sua forza rassicura le creature nei riguardi
dell'ignoto. Rivolgere il pensiero a Hanumån distoglie e salva dal
male. In alcune località egli è adorato dalle donne per guarire dalla
sterilità, ma la sua inuguagliabile forza è più spesso venerata dagli
uomini che indossano la sua immagine intorno al collo come
medaglione protettivo4. .Hanumån compare anche in santuari
dedicati a Çiva, di cui, secondo alcuni miti puranici, sarebbe il figlio.
La crescente popolarità del Råmåya~a ha indotto i devoti Çaiva a
rappresentare Hanumån come l'incarnazione della loro i‚†adevatå..
Hanumån fu considerato come un avatåra di Rudra e nello
3
L.T. Wolcott, op.cit., p. 656.
4
L.T. Wolcott, op. cit. pp. 656-659.
2
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Skanda Purå~a lo stesso Çiva afferma che i nomi di Hanumån
contribuiscono al benessere del mondo5.
La popolarità di Hanumån come personificazione dell'energia
soprannaturale induce a congetturare che la venerazione di una
divinità dall'aspetto di scimmia sia esistita nell'India prearia, o che un
eroe locale di grande forza sia stato assorbito nell'immagine di
Hanumån6.
Riferimenti a un personaggio dall'aspetto di scimmia esistono già
nell'inno rigvedico X.86, scurrile dialogo che ha come protagonisti
V®i‚åkapi, uno scimmione o un ‘uomo scimmia’, Indra e le spose
5
L.T. Wolcott, op. cit., pp. 660-661; Rev. C. Bulke, “The
characterization of Hanumån”, JOIB 9:4 (1959-60) pp. 399 e 401;
W. Doniger, Çiva. L'asceta erotico, Milano, Adelphi, 1997, pp. 297298 (trad. it. dell'opera Çiva The erotic Ascetic , 1973); C. Ludvik,
Hanumån
in
the
Råmåya~a
of
Vålm⁄ki
and
the
Råmåcaritamånasa of Tulas⁄ Dåsa , Delhi, Motilal Banarsidass
Publishers, 1994, p. 11 e 13.
6
L.T. Wolcott, op. cit., p. 659; Rev. C. Bulke, op. cit., p. 402
attribuisce la straordinaria popolarità di Hanumån alla sua
connessione con il culto preario degli Yak‚a, spiriti della vegetazione
con i quali condivide doni e forme di adorazione, come ricorda anche
C. Ludvik, op. cit., p. 3-4; 13 e passim.
3
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dei due7. Contro V®i‚åkapi si scaglia Indrå~⁄, moglie di Indra, che
però, malgrado le accuse della moglie, esprime amicizia e sincera
simpatia per lui, grazie al quale Indra riceve le modeste offerte di cui
oramai deve accontentarsi. L' inno sembra rappresentare il tramonto di
Indra. Il dio infatti non è più in grado di farsi offrire sacrifici dagli
uomini, se non alle condizioni imposte da V®i‚åkapi.
Lo studioso Pargiter ha notato la stretta connessione tra l'inno
rigvedico X.86 e alcuni capitoli del Brahma Purå~a in cui si narra
che Mahåçani, figlio di Hira~ya, primogenito dei Daitya,
assoggettò Indra, il quale potè riabilitare se stesso solo grazie
all'aiuto di Çiva e Vi‚~u, da lui invocati sulla riva della Godavar⁄.
Grazie all'adorazione di queste divinità, dall'acqua fu generato un
uomo, che aveva la natura di Çiva e Vi‚~u e che uccise Mahåçani.
Quest'essere prodigioso, lodato da Indra come l'amico più caro, si
chiamava Abjaka V®i‚åkapi, come il luogo in cui l'episodio
avvenne8.
7
R. Ambrosini, Dal X libro del ¸g-Veda , Pisa, Giardini, 1981, pp.
83-89.
Si tratta del t⁄rtha alla confluenza tra i fiumi Godavar⁄ e Phenå :
F.E. Pargiter, “Suggestions regarding RigVeda X,86”, in JRAS
(1911) pp. 803-805.
8
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Un secondo racconto del Brahma Purå~a sembra stabilire una
connessione tra i nomi Hanumån e V®i‚åkapi. Le due Apsaras,
spose di Keƒarin, Añjanå e Adrikå, le quali, a causa della
maledizione di un asceta, hanno rispettivamente la testa di una
scimmia e la testa di un gatto, concepiscono dagli dei, Våyu e
Nir®iti, i figli Han¨mat e Adri. Le due madri, indotte dai figli a
bagnarsi nello stesso sacro t⁄rtha, furono liberate dalla maledizione.
Il luogo in cui Han¨mat condusse Adrikå è detto Mårjåra,
Han¨mata e V®i‚åkapa9.
Secondo altri studiosi questo racconto non consente di ipotizzare
alcuna connessione tra i due personaggi: l'episodio non presenta alcun
riferimento a V®i‚åkapi, inoltre gli epiteti del t⁄rtha non possono
essere considerati sinonimi di una stessa località, ma luoghi sacri
distinti tra loro10. Secondo gli studi di Pargiter, V®i‚åkapi potrebbe
essere lo stesso Hanumån, essendo possibile considerare il nome
V®i‚åkapi, come la traduzione sanscrita di due parole dravidiche,
ovvero å~-mandi , termine che potrebbe essere stato sanscritizzato
9
F.E. Pargiter, op. cit., pp. 807-808.
10
10. C. Ludvik, op. cit. pag. 5.
5
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come Hanumån11. L'equivalenza linguistica tra V®i‚åkapi, å~-
mandi e Hanumån è stata aspramente contestata dagli studiosi12, ma
condivisa è la fede nell'esistenza di un'antico culto locale della
scimmia nell'India meridionale. I due racconti del Brahma Purå~a
nacquero probabilmente nel Deccan, dove i dravidi veneravano
divinità abolite dalla religione ariana, ma sopravvissute grazie alla
loro successiva integrazione nell'Induismo. V®i‚åkapi rappresenta
probabilmente un antico dio dravidico delle scimmie, divinità ritenuta
più importante di Indra e incorporata perciò nel ¸igVeda quando la
religione aria si andava affermando nel Sud dell'India, ma non era
ancora pienamente accolta con devozione profonda13.
11
F.E. Pargiter, “V®‚åkapi and Hanumån”, in JRAS (1913), pp.
396-400: secondo Pargiter il nome V®‚åkapi deriva dall'unione dei
vocaboli v®‚a - ‘maschio’, che corrisponde alla parola å~ - attestata
nelle lingue Canarese, Tamil, Malayalam e
kapi- ‘scimmia’, equivalente al vocabolo dravidico mandi12
U. P. Shah, “V®‚åkapi in ¸gVeda” , JOIB 8:1 (1958), p. 44-46 e
C. Ludvik, op. cit.,p. 5-6.
13
F.E. Pargiter, “Suggestions...”, cit., pp. 808-809 e “V®‚åkapi...”,
cit., 400; L.T. Wolcott,op. cit., p. 659.
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Le gesta di Hanumån sono narrate con grande profusione di
particolari nel Råmåya~a, dove egli è presentato come figlio di
Våyu, dio del Vento, e di Añjanå, sposa di Keçari, capo delle
scimmie14. La sua stessa nascita in realtà è oggetto di discussione.
Secondo alcuni studiosi i passi dedicati ad Añjanå e a Keçari, come
l'epiteto Añjan⁄suta, costituiscono una posteriore interpolazione,
mentre certo è il suo legame con Våyu, come dimostrano numerosi
epiteti che lo caratterizzano come Våyuputra15.
Nel Råmåya~a e nelle numerose opere letterarie ispirate al noto
poema, egli é il più importante alleato di Rama contro il demone
Råva~a, sovrano di Laπkå.
Numerosi sono gli elementi che rendono indimenticabile la figura di
Hanumån.
Fin dall'infanzia egli si distingue per impetuosità e vigore, in nessun
luogo esiste una creatura tanto immensa da poter ostacolare il suo
cammino, ed egli è splendido e terrificante al contempo. A causa della
ripetuta maledizione di alcuni asceti, Hanumån è del tutto ignaro
14
Il Ramayana , a cura di G. Gorresio, Parigi, Dalla stamperia
imperiale di Francia, vol. IX, 1856, p. 35 (Råmåya~a V. XXXII).
15
Rev. C. Bulke, op. cit., pp. 393-396.
7
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della propria forza, che utilizza inconsapevolmente attirandosi ben
presto l'ostilità di Indra.
che lo colpisce a morte con il suo fulmine, spezzandogli la mascella,
hanu, episodio a cui dobbiamo lo stesso nome Hanumån. Våyu
cessa allora di soffiare e tutte le creature languono16. Come nei
racconti di magia, universalmente diffusi, la morte dell'eroe è
temporanea e può essere considerata uno dei più interessanti elementi
che connettono favole e racconti ad antichi riti di iniziazione che
“quasi ovunque comprendono una rappresentazione mimica della
morte e della resurrezione dell'iniziato che può così conseguire il suo
potere magico”17. Quando infatti il dio Brahmå apprende l'accaduto
ridona la vita al fanciullo e sollecita gli dèi a concedergli doni che lo
rendono pari a un immortale.
L'intera vicenda di Hanumån è illustrata da Vålm⁄ki
attraverso numerosi episodi che racchiudono elementi favolistici
sviluppati in racconti epici o popolari che riprendono, o trasformano,
vicende e personaggi, proponendo spunti di riflessione, spesso
16
G. Gorresio, Uttaracanda , Parigi, Dalla Stamperia Nazionale,
1870, (Torino e Firenze, Loescher), pp. 142-147 (XXXVIII).
17
V.J. Propp, Le radici storiche dei racconti di fate, Torino,
Boringhieri, 1972, pp. 89; 149-150, 477 e passim (trad. it. dell'opera
Istoriçeskie korni volçebnoj skazki, 1946).
8
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contrapposti, ma accumunati da inesauribile vitalità. Tra i molti temi
che hanno dato vita a favole universalmente diffuse ricordo:
- i doni ricevuti dagli dèi, che consentono ad Hanumån di portare a
compimento la sua impresa18;
- la maledizione di un asceta, che colpisce l'eroe nel momento in cui
inconsapevolmente infrange un divieto 19;
- l'anello consegnato da Råma a Hanumån come segno di
riconoscimento per S⁄tå, elemento che nel poema determina uno
svolgimento positivo della vicenda, ma spesso è causa di
imprevedibili sviluppi20;
- l'inaccessibile grotta d'oro, in un luogo remoto della foresta, abitata
da una donna asceta, che come la maga e la casa nel bosco, pressochè
onnipresenti nelle favole, anche europee, rappresentano l'accesso a
un'altra consapevolezza e preparano l'eroe all'assunzione del
compito21;
18
19
G. Gorresio, Uttaracanda , cit., pp.147-149 (XXXIX).
G. Gorresio, Urraracanda, cit., pp. 143 e 149-151 (XXXVIII e
XL).
20
Il Ramayana, cit., vol. VIII, 1853, pp. 176-178 (Råmåya~a IV,
XLII).
21
Il Ramayana , cit., vol. VIII, pp. 201-204 e 204-209 (Råmåya~a
IV, L).
9
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- l'acquisizione di notizie fondamentali da creature dalle doti
soprannaturali come Sampåti, l'immane e longevo sovrano degli
avvoltoi: grazie alla sua vista prodigiosa, egli potrà indicare ai
Vånara il luogo in cui S⁄tå è stata imprigionata22.
Questi spunti narrativi sembrano trasformare Hanumån nel
protagonista di una ben articolata favola di magia; in realtà il poema
esprime una vicenda mitica, testimonianza della cosmica lotta contro
il male. In questo senso, i numerosi elementi favolistici sono da
considerare come il tentativo di esprimere situazioni archetipiche,
universalmente diffuse, perché manifestazione dei processi psichici
dell'inconscio umano23. Del resto lo stesso mito, come è noto, sgorga
spontaneamente dalla profondità della psiche e determina con la sua
presenza a livello della coscienza una realtà linguistica, lógos , avente
lo stesso valore collettivo riconoscibile nello ‘stato di veglia’, a cui si
riferisce Eraclito quando afferma: “Coloro che vegliano hanno un
Il Ramayana , cit., vol. VIII, pp. 215-218 e 218-223 (Råmåya~a
22
IV, LVI).
23
M.L. Von Franz, Le fiabe interpretate, Torino, Bollati Boringhieri,
1992 (I. ed. 1980) p. 1 e seg. (titolo originale An Introduction to the
Psychology of Fairy Tales, 1969).
10
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unico cosmo in comune”24, cioè un unico mondo al quale partecipano
tutti insieme. Proprio quella realtà linguistica, quel lógos, impedisce
con la sua struttura un predominio dell'inconscio che conduce
all'annichilimento della coscienza. Le immagini mitiche, latenti entro
la psiche umana, contrappongono all'inconscio una sorta di barriera,
escludendone il predominio indiscriminato25. La ‘natura collettiva’
dell'eroe mitico è mirabilmente illustrata nel Råmåya~a
dove i
caratteri dei protagonisti si distinguono per ambivalenza e psicologica
complementarietà. Råma e i suoi fratelli partecipano della natura di
un singolo eroe, incarnato in molteplici forme. Essi sono
collettivamente l'incarnazione di Vi‚~u, ma al contempo ciascuno
costituisce “il soggetto di coerenti caratterizzazioni, distinte e
reciprocamente complementari”26. Ognuno dei quattro fratelli sembra
dar vita a un naturale e importante aspetto della psiche. Ad esempio è
24
Eraclito, Frammenti, a cura di M. Marcovich, Firenze, La Nuova
Italia, p. 67 (fr. 24).
25
F. Jesi, Letteratura e Mito, Torino, Einaudi, 1981, p. 35 e seg. (I ed.
1968).
26
R.P. Goldman, “Råmaª Sahalak‚ma~aª: psychological and
literary aspects of the composite hero of Vålm⁄ki's Råmåya~a” in
Journal of Indian Philosophy , Dordrecht, 8 (1980), p. 154.
11
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spesso attribuito a Lak‚ma~a il ruolo di portavoce delle “pulsioni
aggressive dell'inconscio” di Råma. Mentre Råma sembra costituire
la stessa coscienza di Lak‚ma~a, la condotta di Lak‚ma~a è
espressione dell'inconscio di Råma, per diventare egli a sua volta
fautore di riserbo e razionalità nelle circostanze in cui Råma
smarrisce il controllo di sé27.
Dal canto suo Hanumån rappresenta la forza naturale dell'eroe, la
sua capacità di agire e forse originariamente costituiva con lui un
unico personaggio, a entrambi anteriore. Osserviamo che alcune delle
doti attribuite a Råma nel poema, corrispondono alle qualità di
Hanumån, come lui Råma sembra ignaro della propria divinità,
inoltre è attribuita a Råma la capacità di compiere le stesse
strabilianti imprese concretamente effettuate da Hanumån28.
Numerose sono le favole e i racconti attestanti che anticamente lo
stesso eroe veniva trasformato in animale, mentre in testi di epoca
successiva egli ottiene come aiutante un animale, che può considerarsi
27
R.P. Goldman, op.cit., p.166 e seg.
28
V.J. Propp, op.cit., p.295 osserva che l’aiutante magico costituisce
la personificazione della facoltà dell’eroe di agire in lontananza, in
altezza e in profondità.
12
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la facoltà personificata dell'eroe29. Hanumån sembra compensare
l'eccessiva razionalità che caratterizza la rappresentazione di Råma e
dei suoi fratelli. Hanumån può infatti essere considerato un esempio
di interiorizzazione dell'elemento animale, da cui, secondo le
numerose popolazioni, fondate sul totemismo, la stirpe umana
discende, e da cui è
istintualmente potenziata30.
Creatura onirica, espressione di parte dell'inconscio, Hanumån
ha tutte le caratteristiche che distinguono l'aiutante magico: si
muove agilmente nell'aria, ha una prodigiosa conoscenza, unita a
capacità taumaturgiche, ma soprattutto egli solo può dischiudere a
Råma l'accesso al regno di Råva~a, essendo Hanumån un
mediatore tra diverse realtà, e l'unico a cui è attribuita forza tanto
possente da poter oltrepassare i confini dell'orizzonte.
Tra le molteplici gesta da lui compiute, di grande interesse è la lotta
da lui intrapresa con Suraså, durante l'attraversamento dell'oceano31.
Per volere delle più autorevoli divinità, desiderose di saggiare
la forza di Hanumån, Suraså, madre dei Någa, si trasforma in una
demonessa dal terribile aspetto e invita l'eroe a entrare nelle sue fauci.
29
30
31
V.J. Propp, op. cit., pp. 265-267; 322-323.
V.J. Propp, op. cit., p. 341.
Il Ramayana , cit., vol. VIII, pp. 259-261 (Råmåya~a V.VI).
13
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Nello scontro i due mutano continuamente le loro sembianze,
assumendo dimensioni sempre più imponenti, fino a quando
Hanumån, assunte proporzioni piccolissime, si getta nella sua
enorme bocca spalancata, uscendone immediatamente e del tutto
incolume.
Lo scontro consiste in una competizione magica in cui il fattore
decisivo
implica il
diventare pressochè
invisibile all'altro32,
suggerendo al lettore che il problema della lotta contro il male va
affrontato a livello spirituale, non dispiegando la propria potenza, ma
raccogliendosi all'interno del proprio Sé.
L'interpretazione mi sembra confermata dalla repentina emersione
dalle acque del monte Mainåka, sollecitato da Oceano a offrire
riposo a Hanumån33. Mainåka ricorda il tempo in cui le montagne
erano alate e vagavano qua e là, fino a quando furono colpite dai
fulmini di Indra, che spezzò le ali a tutti i monti. Sospinto da Våyu,
Mainåka fu sommerso nell'oceano, per questo il monte ha
conservato la capacità di volare, che gli consente ora di offrire riparo
32
M.L. Von Franz, L'ombra e il male nella fiaba, Torino, Bollati
Boringhieri, pp. 220-222 (titolo originale Der Schatten und das Böse
im Märchen , 1985 , I pubblicazione: Shadow and Evil in Fairy Tales,
1974).
33
Il Ramayana, cit., vol. VIII, pp. 261-267 (Råmåya~a V.VII).
14
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a Hanumån. Il racconto rievoca il noto passo rigvedico II.12.2 dove
si afferma che Indra fermò gli oscillanti monti e consolidò la terra
vacillante. In età primordiale i monti sarebbero stati una varietà
particolare di nuvole e Indra li avrebbe privati della facoltà di volare
per stabilizzare con il loro peso la superficie tremante della terra34. Le
ali ed il volo esprimono innalzamento verso il cielo ed arricchiscono il
valore trascendente attribuito al monte, luogo di elevazione e di
transizione verso l'eternità. Questo episodio, come l'intera vicenda di
Hanumån, infonde fiducia nel provvidenziale intervento della
divinità, evidenzia la dimensione spirituale dell'evento e consente di
considerare Hanumån come un dono dato dagli dei per osteggiare il
predominio
dell'elemento
irrazionale.
Hanumån insegna a
contrapporre all'ignoto la devozione per Råma, incarnazione del
principio divino e dunque elemento di interiore unificazione e di
forza.
Nel poema di Vålm⁄ki, Hanumån sembra esistere in funzione della
sua devozione per Råma, rappresentata con intensità sempre
maggiore nelle opere epiche medievali, ispirate al noto poema. In
particolare nel Råmacaritmånasa di Tulas⁄ Dåsa, Hanumån è
34
H. Zimmer, Miti e simboli dell'India, Milano, Adelphi, 1993, pag.
101 (titolo originale Myths and Symbols in Indian Art and Civilization
, 1946).
15
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l'espressione di uno sconfinato amore per Råma a cui sembra dovere
la sua stessa forza35. Il concetto è stato sinteticamente espresso dallo
stesso Hanumån in un celebre passo in cui leggiamo: “Dal punto di
vista del corpo, io sono il tuo servitore, dal punto di vista dell'anima
individuale, io sono parte di te, dal punto di vista del Sé, io sono te.
Questo è il mio convincimento”36.
Ulteriori considerazioni possono essere tratte dalle novelle
aventi per protagonisti dei Vidyådhara uomini che hanno acquisito
doti sovrumane grazie alla loro conoscenza sconfinata. Come
Hanumån, ai Vidyådhara è attribuito l'epiteto Våyuputra
35
36
37
ed
L.T. Wolcott, op. cit., pp. 654-655.
dehabuddhyå tu dåso'smi j⁄vabuddhyå tvad aµçakaª /
åtmabuddhyå tvam evåham iti me niçcitå matiª // Il passo é
ascritto al Mahånå†aka, o Hanumånnå†aka . La compilazione di
quest'opera, di cui esistono due redazioni risalenti al secolo XI, è
attribuita dalla tradizione allo stesso Hanumån: J. Ghosh, Epic
Sources of Sanskrit Literature , Calcutta, Sanskrit College, 1963, pp.
167-168 e C. Ludvik, op. cit., p. 9 e pp. 136-137.
37
C. Ludvik, op. cit., p. 7 e 13; il Samugga Jåtaka (N. 436), dove si
racconta la storia di un vidyådhara definito Vayussa Putta è
ricordata anche da Rev. C. Bulke, op. cit., p. 397; J.A.B. van
16
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essi sanno trascorrere l'oceano, o inabissarsi in esso, per incontrare la
fanciulla amata, per liberarla da voraci demoni o al fine di riportare da
un lontano regno le conoscenze, o i doni, da lei attesi.
Queste novelle, racchiuse nel Kathåsaritsågara , rievocano la
vicenda di Hanumån per l'affinità della struttura, per la
fondamentale importanza assunta dall'elemento soprannaturale e
soprattutto per il carattere dei protagonisti, tutti animati dalle
principali doti attribuite ad Hanumån, tra le quali ricordo soprattutto
l'innata forza d'animo che induce l'eroe ad affrontare ogni pericolo pur
di mantenere la parola data, che spesso si trasforma nello stesso
destino dell'eroe. Rammento per esempio la determinazione di
Çaktideva nel suo tentativo di raggiungere la Città d'Oro: sorretto
dal fermo proposito di mantenere la sua parola egli, benchè solo e
oppresso da indicibili difficoltà, realizzerà ogni sua più profonda
aspirazione38.
Buitenen, “The Indian Hero as Vidyådhara”, in Studies in Indian
Literature and Philosophy, edited by L. Rocher, Delhi, Motilal
Banarsidass, 1988, pp. 135-145 (Milton Singer (ed.) Traditional
India: Structure and Change (Journal of American Folklore,
71,1958,305-311).
38
Somadeva, L'oceano dei fiumi dei racconti , a cura di F. Baldissera,
V. Mazzarino, M.P. Vivanti, Torino, Einaudi, 1993, vol. I, pp. 236280 (Kathåsaritsågara V. 24-26).
17
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Un altro elemento che distingue gli eroi del mondo della novella è lo
spirito di rinuncia. Hanumån non esita a rinunciare al merito della
liberazione di S⁄tå, da lui raggiunta a Laπkå, affinchè la gloria
dell'impresa possa ricadere su Råma, allo stesso modo i protagonisti
di numerose novelle sono pronti a ogni tipo di sacrificio. Questo tema,
fortemente idealizzato nell'epos, è talvolta oggetto di ironia nel mondo
della novella39, dove però non mancano iperbolici exempla
di
rinuncia e devozione. Basti per tutti l'esempio di V⁄ravara che non
esiterà a sacrificare l'intera sua famiglia, e la sua stessa vita, al fine di
assicurare il benessere del sovrano40.
Di grande interesse é l'uso di rinviare, anche ripetutamente,
l'esecuzione di un fatto drammatico impedendone involontariamente
la realizzazione.
Quando Hanumån si imbatte nella minacciosa Suraså, non disdegna
di assecondarla, ma propone di rinviare la lotta al suo ritorno da
Laπkå41.
39
Jambhaladatta, Gli enigmi dello spettro, a cura di M.L. Gnoato,
Venezia, Marsilio, pp. 103-105 (novella n. XVII).
40
41
Jambhaladatta, op. cit., pp. 61-64 (novella IV).
Il Ramayana, cit., vol. VIII, p. 260 (Råmåya~a V.VI).
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L'espediente ricorre in numerose novelle in cui l'inghiottimento di un
giovane, il ratto di una fanciulla, o altre azioni truffaldine, sono
concordemente rinviati, con estremo candore, a quando i protagonisti
insidiati avranno realizzato i loro propositi, come accade a
Låva~yavat⁄ che riuscirà a tornare incolume e intatta dal proprio
sposo dopo aver promesso a un innamorato di possederla, a un ladro
di derubarla e a un demone di divorarla42. Questo espediente, insieme
alla possibilità di tentare più volte la stessa impresa, fino al successo
finale, mi sembra trasmettere una profonda fiducia nell'uomo e nella
possibilità di trascendere le limitazioni legate alla realtà fenomenica,
uno dei fondamentali principi espressi dal Råmåya~a, mirabilmente
illustrati anche dal mondo della novella.
Tra le
più condivise caratteristiche di Hanumån è necessario
ricordare la sua capacità di mutare aspetto e dimensione.
L'epiteto più frequentemente a lui attribuito è kåmar¨pin ‘che ama
assumere molte forme’, ed elemento tipico della metamorfosi è la
fiducia che un ente, o un personaggio, possa mutarsi in un altro, pur
restando identico a se stesso. La mentalità magico-religiosa tende
infatti a trasformare irresistibilmente in rapporti di identità quelli che
42
Jambhaladatta, op. cit., pp. 79-81 (novella X).
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per la mentalità occidentale sono meri rapporti di somiglianza,
analogia o contatto43.
Nella XV novella della Vetålapañcaviµçati il dio Mahåkåla,
invocato da Harisvåmin desideroso di possedere un incantesimo,
spiega: “La capacità di compiere sortilegi appartiene solo all'uomo
che non conosce distinzione tra sé e gli altri”. Harisvåmin dunque
non esita a donare metà della sua stessa vita alla propria sposa,
consentendole così di rinascere44. Una vicenda analoga è celebre
anche nel mondo greco45, e molto ricorrente nella tradizione
favolistica greca e latina è il tema della trasformazione magica, spesso
utilizzato però per affermare l'immutabilità della propria condizione
sociale originaria46. Nella tradizione indiana invece la metamorfosi
43
D. A. Conci, “Fenomenologia della metamorfosi”, in Da spazi e
tempi lontani. La fiaba nelle tradizioni etniche, Napoli, Guida Editori,
1991, pp. 458-9.
44
Jambhaladatta, op. cit. p. 96 (novella XV).
45
Alludo naturalmente ad Alcesti; sulla versione di Euripide si veda
l'opera di D. Del Corno, I narcisi di Colono, Milano, Cortina, 1998,
pp. 147-173.
46
Ricordo ad esempio la favola esopica La gatta e Afrodite, ripresa da
J. de La Fontaine, Favole, Milano, Rizzoli, 1980, vol. I, pp. 182-183
(trad. it. da Fables choisies mises en vers, 1962).
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costituisce
una
delle
molte
testimonianze
della
fede
nell'onnipervadenza dell'Essere supremo, variamente denominato, ma
pronto ad assumere tutte le forme, costituendo la ragion d'essere di
ogni cosa.
Il carattere e le gesta di Hanumån, caleidoscopicamente
riprese nel mondo della novella, sembrano dunque ispirare soprattutto
fiducia, simpatia, consapevolezza del proprio valore, certezza che
“attraverso la moltitudine dei dolori tutti gli uomini possano
raggiungere il successo”47 e soprattutto fede che ogni vicenda sia
sostenuta dalla divinità. Questo aspetto è indubbiamente approfondito
nelle versioni medievali del Råmåya~a
48
, espressioni della più
fervida Råmåbhakti, ma anche le più semplici novelle, in cui si può
intravedere l'esempio di Hanumån, indicano a ogni creatura la
possibilità di superare ogni ostacolo trasformando consapevolmente il
proprio cuore nella sede della divinità.
DR. MARIA LUISA GNOATO
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MILANO [email protected]
SUMMARY
47
Somadeva, op. cit., vol. II, pp. 1188 e passim
48
Rev. C. Bulke, op. cit., pp. 399-401 e C. Ludvik, op. cit., pp. 8-15.
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One of the most famous personalities in the Råmåya~a is
Hanumån, god of the people, manifestation of the power of life
itself; he can be considered the embodiment of the divine energy of
Råma and may be constituted with him as a single being in the past.
Hanumån is always beside Råma, and due to his many gifts, has
always been an object of mystical adoration, and is still, to this day,
worshipped in the villages.
Hanumån has had a particular influence on Indian Literature and
above all on tales. He may be considered the most authoritative
exemple of the assistant with magic powers to the hero. Thus
Hanumån is a fundamental personality in the creation of fables and
stories. The character and actions of Hanumån is reflected in the
world of the tales, expressing trust, empathy and rendering every
situation with inextinguishable vitality. Hanumån indicates to every
living being the possibility of overcoming every obstacle placing in its
own heart the abode of the divinity.
ACRONIMI UTILIZZATI
JRAS - Journal of the Royal Asiatic Society, London
JOIB - Journal of the Oriental Institute, Baroda
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L`esempio di Hanumā