Ogni giorno veniamo qui in città per lavorare, quasi mai però ci si prende del tempo per andare per le sue vie con il naso all’insù allo stesso modo di quando visitiamo in vacanza le altre città. Milano merita, con le sue innumerevoli storie e leggende, con i suoi luoghi nascosti e insoliti, con i suoi simboli misteriosi, con la sua arte non solo nei bei musei bensì a cielo aperto, nei monumenti, nei palazzi, nelle chiese, nelle opere pubbliche. Una Milano non da visitare con l’ausilio delle guide dettagliate bensì una Milano da gustare in leggerezza, toccando nel passaggio luoghi di vario genere, toccando temi di vario genere, ad esempio quello della “Centralità dell’acqua”, valore pubblico, perché Milano è città d’acqua, il suo nome deriva da Medheland terra di mezzo nel ciclo dell’acqua, ponte tra cielo e terra, fisico e spirituale. Si attraverseranno le varie fasi temporali, il tempo celtico, quello romano, il tempo pre-medievale e medievale, il tempo rinascimentale, il tempo moderno, il tempo contemporaneo, fino ad intravedere già il tempo futuro. Ci soffermeremo poco in alcuni luoghi mentre altri li guarderemo soltanto dalla sella della nostra bicicletta, perciò abbiamo preparato questo breve opuscolo che ci descrive il percorso con i luoghi e le “cose” che incontreremo e ci racconta un po’ delle loro storie, leggende e dicerie. È bene sapere prima cosa incontreremo durante la nostra pedalata milanese. E allora che si fa?.....Si parte?.... Ogni giorno veniamo qui in città per lavorare, quasi mai però ci si prende del tempo per andare per le sue vie con il naso all’insù allo stesso modo di quando visitiamo in vacanza le altre città. Milano merita, con le sue innumerevoli storie e leggende, con i suoi luoghi nascosti e insoliti, con i suoi simboli misteriosi, con la sua arte non solo nei bei musei bensì a cielo aperto, nei monumenti, nei palazzi, nelle chiese, nelle opere pubbliche. Una Milano non da visitare con l’ausilio delle guide dettagliate bensì una Milano da gustare in leggerezza, toccando nel passaggio luoghi di vario genere, toccando temi di vario genere, ad esempio quello della “Centralità dell’acqua”, valore pubblico, perché Milano è città d’acqua, il suo nome deriva da Medheland terra di mezzo nel ciclo dell’acqua, ponte tra cielo e terra, fisico e spirituale. Si attraverseranno le varie fasi temporali, il tempo celtico, quello romano, il tempo pre-medievale e medievale, il tempo rinascimentale, il tempo moderno, il tempo contemporaneo, fino ad intravedere già il tempo futuro. Ci soffermeremo poco in alcuni luoghi mentre altri li guarderemo soltanto dalla sella della nostra bicicletta, perciò abbiamo preparato questo breve opuscolo che ci descrive il percorso con i luoghi e le “cose” che incontreremo e ci racconta un po’ delle loro storie, leggende e dicerie. È bene sapere prima cosa incontreremo durante la nostra pedalata milanese. E allora che si fa?.....Si parte?.... Stazione fantasma - Arco della Pace Arena Civica - Parco Sempione - Acquario civico - Fontana dell’acquamarcia- Fontana dei Bagni Misteriosi - Torre Branca Castello Sforzesco - Fontana Turta di spus - Monumento a Garibaldi - Piazza Mercanti - Palazzo della Ragione - La scrofa semilanuta - Telefono senza fili - La parlèra - La Madonnina/Il Duomo/La Statua della Libertà e Il dinosauro sul Duomo – Il fantasma del Duomo - La Galleria - Le palle del toro - I Panzerotti Piazza della Scala - Monumento a Manzoni e Casa Manzoni - Casa degli Omenoni - La Ruota Solare - L'Omm de preja (Scior Carera)– La Colonna del Leone Facciata del Seminario Arcivescovile – Via della Spiga - Cinte murarie e Porte cittadine Giardini Indro Montanelli – Planetario e Tredesin de marz - Casa Guazzoni Casa Galimberti - Casa Castiglioni/Ca’ di Ciapp - Casa con l’orecchio - Casa Berri Meregalli - Casa Campanini - Conservatorio Giuseppe Verdi - Piazza 5 giornate/Porta Vittoria/Porta Tosa La Rotonda della Besana - Giardini Guastalla Porta delle Meraviglia - Università “La statale”/Ca’ Granda/Ospedale Maggiore Via Laghetto, Via Pantano - Torre Velasca Cripta San Giovanni in Conca - San Satiro Colonne di San Lorenzo Sant’Eustorgio – Resti anfiteatro romano Sant’Ambrogio - Colonna del diavolo Castello Cova - Albero tra i palazzi Santa Maria delle Grazie e Cenacolo vinciano - Farmacia Santa Teresa - Monumento a Verdi e Casa di Riposo per Musicisti – Villa Faccanoni con le statue della Ca’ di Ciapp - Fontana delle quattro stagioni – City Life Stazione fantasma - Arco della Pace Arena Civica - Parco Sempione - Acquario civico - Fontana dell’acquamarcia- Fontana dei Bagni Misteriosi - Torre Branca Castello Sforzesco - Fontana Turta di spus - Monumento a Garibaldi - Piazza Mercanti - Palazzo della Ragione - La scrofa semilanuta - Telefono senza fili - La parlèra - La Madonnina/Il Duomo/La Statua della Libertà e Il dinosauro sul Duomo – Il fantasma del Duomo - La Galleria - Le palle del toro - I Panzerotti Piazza della Scala - Monumento a Manzoni e Casa Manzoni - Casa degli Omenoni - La Ruota Solare - L'Omm de preja (Scior Carera)– La Colonna del Leone Facciata del Seminario Arcivescovile – Via della Spiga - Cinte murarie e Porte cittadine Giardini Indro Montanelli – Planetario e Tredesin de marz - Casa Guazzoni Casa Galimberti - Casa Castiglioni/Ca’ di Ciapp - Casa con l’orecchio - Casa Berri Meregalli - Casa Campanini - Conservatorio Giuseppe Verdi - Piazza 5 giornate/Porta Vittoria/Porta Tosa La Rotonda della Besana - Giardini Guastalla Porta delle Meraviglia - Università “La statale”/Ca’ Granda/Ospedale Maggiore Via Laghetto, Via Pantano - Torre Velasca Cripta San Giovanni in Conca - San Satiro Colonne di San Lorenzo Sant’Eustorgio – Resti anfiteatro romano Sant’Ambrogio - Colonna del diavolo Castello Cova - Albero tra i palazzi Santa Maria delle Grazie e Cenacolo vinciano - Farmacia Santa Teresa - Monumento a Verdi e Casa di Riposo per Musicisti – Villa Faccanoni con le statue della Ca’ di Ciapp - Fontana delle quattro stagioni – City Life Corso Sempione: c’è uno strano oggetto fuori posto. Ai bordi del controviale spunta dall'erba un respingente ferroviario. Che cosa ci fa in mezzo a uno spartitraffic erboso? Qui un tempo sorgeva una stazione ferroviaria che univa Milano a Gallarate, con ogni probabilità costruita sui resti della precedente linea di tramway a cavallo Milano-Saronno, il cui capolinea, alla fine dell'800 era in piazza Sempione. Per quale ragione quest’ultimo respingente ha resistito e resiste e non si è mai fatto togliere? Corso Sempione: c’è uno strano oggetto fuori posto. Ai bordi del controviale spunta dall'erba un respingente ferroviario. Che cosa ci fa in mezzo a uno spartitraffic erboso? Qui un tempo sorgeva una stazione ferroviaria che univa Milano a Gallarate, con ogni probabilità costruita sui resti della precedente linea di tramway a cavallo Milano-Saronno, il cui capolinea, alla fine dell'800 era in piazza Sempione. Per quale ragione quest’ultimo respingente ha resistito e resiste e non si è mai fatto togliere? Chissà se è vero che quest’Arco è in asse con l’Arco di Trionfo di Parigi, si dice infatti che Napoleone nelle sue grandiosaggini volesse unire Parigi a Milano con una strada dritta. Il monumento, in marmo di Crevola, è alto 25 metri e largo 24. L'opera venne progettata da Luigi Cagnola. I lavori iniziarono nel 1807, vennero diretti dallo stesso Cagnola e supervisionati da Domenico Moglia, Nicola Pirovano, Francesco Peverelli e Bai Gio Battista, sotto la spinta del comune di Milano e di Napoleone. L'opera era oramai a due terzi e diverse statue erano già terminate, come quelle della Storia e della Poesia, eseguite dal neoclassico Luigi Acquisti, quando, con la caduta del Regno Italico, il progetto venne abbandonato. Solo nel 1826 venne ripresa la riedificazione dell'edificio sotto l'imperatore asburgico Francesco I d'Austria, che lo dedicò alla pace che aveva riunito le diverse potenze europee nel 1815. Dopo la morte di Luigi Cagnola, avvenuta nel 1833, la direzione dei lavori passò nelle mani di Carlo Giuseppe Londonio che lo completò nel 1838, in tempo perché alla cerimonia di inaugurazione partecipasse Ferdinando I, Imperatore d'Austria e re del LombardoVeneto. L'8 giugno 1859, quattro giorni dopo la vittoria di Magenta, vi fecero il loro ingresso trionfale in Milano Napoleone III e Vittorio Emanuele II, fra le acclamazioni della folla. Venne scelta la forma dell'anfiteatro, come richiamo alla tradizione imperiale romana, cui Napoleone esplicitamente si richiamava. 30.000 spettatori, ovvero poco popolazione di Milano dell'epoca. Canonica la disegnò ispirandosi al circo di Massenzio, situato fuori Roma sulla via Appia Antica, vicino alla basilica di San Sebastiano fuori le mura, forse il meglio conservato degli antichi monumenti romani. Ha forma ellittica, con una lunghezza di 238 metri e una larghezza di 116 e poteva contenere fino a meno di un quarto dell'intera Tra gli alberi del parco pare si aggiri il fantasma di Isabella da Lampugnano - bruciata sul rogo come strega nel 1519 – e quello della Dama Velata, una bellissima donna vestita di nero e profumata di violetta. I malcapitati che si sono lasciati sedurre hanno però scoperto, una volta sollevato il velo, un teschio raccapricciante. Il Parco Sempione sorge dove un tempo si trovava il parco ducale visconteo chiamato "Barcho" e situato vicino al Castello Sforzesco, esso venne ingrandito e cintato dagli Sforza fino a diventare ampio oltre 3 milioni di metri quadri. Il parco era un bosco composto prevalentemente da querce e castagneti e abitato anche da animali esotici introdotti dall'uomo. Con la caduta degli Sforza e la dominazione spagnola il parco venne abbandonato e nel 1861 in parte venne destinato all'agricoltura, l'area dove attualmente sorge il Parco Sempione invece venne usata come piazza d'armi per i militari che stazionavano vicino al Castello Sforzesco. Il nome deriva dal corso Sempione, il monumentale asse stradale realizzato in epoca napoleonica sul tracciato della storica via del Seprio, con la nuova porta Sempione erede dell'antica porta Giovia. Chissà se è vero che quest’Arco è in asse con l’Arco di Trionfo di Parigi, si dice infatti che Napoleone nelle sue grandiosaggini volesse unire Parigi a Milano con una strada dritta. Il monumento, in marmo di Crevola, è alto 25 metri e largo 24. L'opera venne progettata da Luigi Cagnola. I lavori iniziarono nel 1807, vennero diretti dallo stesso Cagnola e supervisionati da Domenico Moglia, Nicola Pirovano, Francesco Peverelli e Bai Gio Battista, sotto la spinta del comune di Milano e di Napoleone. L'opera era oramai a due terzi e diverse statue erano già terminate, come quelle della Storia e della Poesia, eseguite dal neoclassico Luigi Acquisti, quando, con la caduta del Regno Italico, il progetto venne abbandonato. Solo nel 1826 venne ripresa la riedificazione dell'edificio sotto l'imperatore asburgico Francesco I d'Austria, che lo dedicò alla pace che aveva riunito le diverse potenze europee nel 1815. Dopo la morte di Luigi Cagnola, avvenuta nel 1833, la direzione dei lavori passò nelle mani di Carlo Giuseppe Londonio che lo completò nel 1838, in tempo perché alla cerimonia di inaugurazione partecipasse Ferdinando I, Imperatore d'Austria e re del LombardoVeneto. L'8 giugno 1859, quattro giorni dopo la vittoria di Magenta, vi fecero il loro ingresso trionfale in Milano Napoleone III e Vittorio Emanuele II, fra le acclamazioni della folla. Venne scelta la forma dell'anfiteatro, come richiamo alla tradizione imperiale romana, cui Napoleone esplicitamente si richiamava. 30.000 spettatori, ovvero poco popolazione di Milano dell'epoca. Canonica la disegnò ispirandosi al circo di Massenzio, situato fuori Roma sulla via Appia Antica, vicino alla basilica di San Sebastiano fuori le mura, forse il meglio conservato degli antichi monumenti romani. Ha forma ellittica, con una lunghezza di 238 metri e una larghezza di 116 e poteva contenere fino a meno di un quarto dell'intera Tra gli alberi del parco pare si aggiri il fantasma di Isabella da Lampugnano - bruciata sul rogo come strega nel 1519 – e quello della Dama Velata, una bellissima donna vestita di nero e profumata di violetta. I malcapitati che si sono lasciati sedurre hanno però scoperto, una volta sollevato il velo, un teschio raccapricciante. Il Parco Sempione sorge dove un tempo si trovava il parco ducale visconteo chiamato "Barcho" e situato vicino al Castello Sforzesco, esso venne ingrandito e cintato dagli Sforza fino a diventare ampio oltre 3 milioni di metri quadri. Il parco era un bosco composto prevalentemente da querce e castagneti e abitato anche da animali esotici introdotti dall'uomo. Con la caduta degli Sforza e la dominazione spagnola il parco venne abbandonato e nel 1861 in parte venne destinato all'agricoltura, l'area dove attualmente sorge il Parco Sempione invece venne usata come piazza d'armi per i militari che stazionavano vicino al Castello Sforzesco. Il nome deriva dal corso Sempione, il monumentale asse stradale realizzato in epoca napoleonica sul tracciato della storica via del Seprio, con la nuova porta Sempione erede dell'antica porta Giovia. Qui un mondo sottomarino ben si adatta alle nuove forme del liberty: fregi e ceramiche rappresentanti la vita sottomarina corrono intorno all'edificio, che viene completato con statue di animali marini, come la fontana con la testa di ippopotamo e Nettuno. Progettato dall'architetto Sebastiano Locati, costituisce attrazione nel campo scientifico. L’acqua bene comune, è tornata fortemente questa bella consapevolezza. Questa fontana sembra la volessero chiudere al pubblico con scuse di “sicurezza” per poi di nascosto privatizzarne la fonte, per fortuna non ci sono riusciti! Abbiamo il dovere di difendere l’acqua , anche in onore dei tantissimi milanesi anziani e non che venivano e ancora vengono a bere e riempire le loro bottiglie da riportare a casa. La popolazione milanese era abituata a bere direttamente dalla fonte l'acqua dalle preziose proprietà terapeutiche, tanto che sulla fontana del parco campeggia ancora un cartello con scritto «Acqua non potabile»: in quest’acqua, infatti, si trovano dei sali che non sono adatti per un acquedotto. Negli anni ‘50 studi ed esami chimico farmacologici dimostrarono che l’acqua, oltre che essere sulfurea, è anche oligominerale, caratteristiche che raramente si trovano contemporaneamente nelle acque del sottosuolo italiano. Le acque termali non sono una novità per Milano, città che è sempre stata ricca di acqua nel sottosuolo. Sono infatti tre le falde che, a diversa profondità, si trovano nel terreno: in ordine, sono la falda di acqua piovana, la falda dell’acqua potabile e la falda (verso i 400 metri di profondità) di acqua termale. Già negli anni Trenta vennero costruite a Milano tre fontane pubbliche di acqua termale, detta «acqua marcia» per il forte odore di idrossido di zolfo. Le altre due fontane, in classico stile decò, si trovano in viale Piceno, e in C.so di Porta Nuova, purtroppo da nessuna delle due non sgorga più nulla. La Torre Branca è una slanciata struttura metallica alta 108 metri, che sorge accanto alla Triennale. Denominata Littoria, fu costruita in occasione della quinta Mostra Triennale delle Arti Decorative su progetto dell'architetto Giò Ponti e venne inaugurata il 10 agosto 1933. E' stata riaperta al pubblico per la prima volta nell'estate del 1997, in seguito al restauro effettuato dalla società "Fratelli Branca". Dalla torre è possibile avere una visione panoramica sui principali monumenti della città: l'Arco della Pace, il Castello Sforzesco e il Duomo. L'ascensore consente di salire lungo i 99 metri in circa 90 secondi sino al belvedere. La fontana è composta da sette misteriosi elementi: una cabina, un trampolino, due nuotatori, un cigno, una palla e una fonte in pietra. La vasca di profilo curvilineo è decorata dai disegni delle onde. Il significato della composizione metafisica si dovrebbe cercare, come nel caso delle altre opere dell’artista, nella simbologia mitologica o classica. Una delle ultime sculture di Giorgio de Chirico, realizzata nel 1973 in occasione della Triennale di Milano, spesso non viene neanche menzionata negli elenchi delle opere del maestro. Qui si trova ancora nella sua collocazione originale, davanti alla Triennale. A Milano è molto raro potersi sdraiare sul prato di un parco e ammirare un’opera di un grande maestro. Qui un mondo sottomarino ben si adatta alle nuove forme del liberty: fregi e ceramiche rappresentanti la vita sottomarina corrono intorno all'edificio, che viene completato con statue di animali marini, come la fontana con la testa di ippopotamo e Nettuno. Progettato dall'architetto Sebastiano Locati, costituisce attrazione nel campo scientifico. L’acqua bene comune, è tornata fortemente questa bella consapevolezza. Questa fontana sembra la volessero chiudere al pubblico con scuse di “sicurezza” per poi di nascosto privatizzarne la fonte, per fortuna non ci sono riusciti! Abbiamo il dovere di difendere l’acqua , anche in onore dei tantissimi milanesi anziani e non che venivano e ancora vengono a bere e riempire le loro bottiglie da riportare a casa. La popolazione milanese era abituata a bere direttamente dalla fonte l'acqua dalle preziose proprietà terapeutiche, tanto che sulla fontana del parco campeggia ancora un cartello con scritto «Acqua non potabile»: in quest’acqua, infatti, si trovano dei sali che non sono adatti per un acquedotto. Negli anni ‘50 studi ed esami chimico farmacologici dimostrarono che l’acqua, oltre che essere sulfurea, è anche oligominerale, caratteristiche che raramente si trovano contemporaneamente nelle acque del sottosuolo italiano. Le acque termali non sono una novità per Milano, città che è sempre stata ricca di acqua nel sottosuolo. Sono infatti tre le falde che, a diversa profondità, si trovano nel terreno: in ordine, sono la falda di acqua piovana, la falda dell’acqua potabile e la falda (verso i 400 metri di profondità) di acqua termale. Già negli anni Trenta vennero costruite a Milano tre fontane pubbliche di acqua termale, detta «acqua marcia» per il forte odore di idrossido di zolfo. Le altre due fontane, in classico stile decò, si trovano in viale Piceno, e in C.so di Porta Nuova, purtroppo da nessuna delle due non sgorga più nulla. La Torre Branca è una slanciata struttura metallica alta 108 metri, che sorge accanto alla Triennale. Denominata Littoria, fu costruita in occasione della quinta Mostra Triennale delle Arti Decorative su progetto dell'architetto Giò Ponti e venne inaugurata il 10 agosto 1933. E' stata riaperta al pubblico per la prima volta nell'estate del 1997, in seguito al restauro effettuato dalla società "Fratelli Branca". Dalla torre è possibile avere una visione panoramica sui principali monumenti della città: l'Arco della Pace, il Castello Sforzesco e il Duomo. L'ascensore consente di salire lungo i 99 metri in circa 90 secondi sino al belvedere. La fontana è composta da sette misteriosi elementi: una cabina, un trampolino, due nuotatori, un cigno, una palla e una fonte in pietra. La vasca di profilo curvilineo è decorata dai disegni delle onde. Il significato della composizione metafisica si dovrebbe cercare, come nel caso delle altre opere dell’artista, nella simbologia mitologica o classica. Una delle ultime sculture di Giorgio de Chirico, realizzata nel 1973 in occasione della Triennale di Milano, spesso non viene neanche menzionata negli elenchi delle opere del maestro. Qui si trova ancora nella sua collocazione originale, davanti alla Triennale. A Milano è molto raro potersi sdraiare sul prato di un parco e ammirare un’opera di un grande maestro. Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come Castrum Portae Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e nei secoli ha subito notevoli trasformazioni. Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali cittadelle militari d'Europa; quasi interamente rifatto in stile storicista da Luca Beltrami tra il 1891 e il 1905, ora è sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica. Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come Castrum Portae Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e nei secoli ha subito notevoli trasformazioni. Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali cittadelle militari d'Europa; quasi interamente rifatto in stile storicista da Luca Beltrami tra il 1891 e il 1905, ora è sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica. I vecchi milanesi la chiamavano così per la sua forma rotonda e piatta sormontata da uno zampillo a ventaglio che la rendeva simile a una torta nuziale. Quando alla fine degli anni Trenta venne collocata nello spazio davanti al Castello, come ideale raccordo tra largo Cairoli e il monumento sforzesco, la fontana (realizzata dall' Aem per un incontro di Mussolini con i reduci dell' Abissinia) venne salutata con favore dai cittadini e soprattutto dai turisti, poiché sedendosi sul bordo della grande vasca potevano farsi fotografare insieme alla Torre del Filarete. In una Milano tradizionalmente povera di fontane un getto d'acqua in più pareva dare sollievo soltanto a guardarlo, nei giorni di canicola. Invece arrivarono poco dopo i giorni dell' oscuramento, e la fontana del Castello, che di notte era illuminata, venne subito soppressa. Riprese il suo chioccolio nel dopoguerra, ma le sue traversie non erano finite. Gli scavi della prima linea della metropolitana la costrinsero a sloggiare per costruire la fermata Cairoli. Al momento sembrò un lutto provvisorio per la città , che però in pochi anni parve dimenticare che la fontana fosse esistita. Le sue strutture, smontate e riposte in magazzino, divennero in poco tempo inservibili. Ma quando qualcuno ne chiedeva notizia si sentiva rispondere (erano i giorni di Tangentopoli) che la fontana se l' era portata via Craxi e si trovava ad Hammamet... Era una leggenda metropolitana, sembra divulgata dai taxisti, che però ebbe molta fortuna in quegli anni, cioè quando al leader socialista si attribuiva ogni sorta di ladrocinio. Insomma, quella del Castello e' stata una fontana poco fortunata. Ma nel marzo del Duemila è tornata ad occupare il suo vecchio posto. Sulla parte alta del monumento cavallo e cavaliere sono rivolti verso il centro di Milano, in atto di entrarvi da trionfatori; sotto, aggettanti dal piedestallo, campeggiano una "Rivoluzione " e una "Libertà", quasi ad accompagnare la marcia, che esaltano le armi (spade sguainate) e la vittoria conquistata, contornate come sono, alla maniera rinascimentale, da fregi, corone d'alloro e palme. Bene ha fatto la città ad individuare questo sito e a dedicarlo ai fratelli Cairoli, celebri garibaldini, ma anche a decidere che l'imponente monumento a ricordo dell’eroe dei due mondi fosse lì eretto. Nel 1895, quindi a pochi anni dalla morte di Garibaldi, il grandioso manufatto era pronto e alla sua inaugurazione, avvenuta il 3 novembre di quell'anno, intervenne Felice Cavallotti per tenere un eloquentissimo discorso ai presenti. La parte architettonica del monumento è opera dell'architetto Augusto Guidini, un'artista lombardo nato nel 1853, mentre la statua equestre, in bronzo, si deve all'arte di uno dei più illustri scultori siciliani, il palermitano Ettore Ximenes (1855-1926). Nella zona dove nel tempo antico c’era il Foro romano, si venne a creare una Piazza a partire dalla metà del XIII secolo con una pianta rettangolare, in origine più ampia dell'attuale. Vi si aprivano sei accessi riferiti agli altrettanti sestieri cittadini. Le vie attigue prendevano il nome delle diverse attività svolte: Armorari, Spadari, Cappellari, Orefici, Speronari, Fustagnari. I principali palazzi della piazza sono: il palazzo della Ragione (Broletto Nuovo) la Loggia degli Osii le Scuole Palatine la Casa dei Panigarola. Curiosità: Telefono senza fili, la scrofa semilanuta, la parlèra. I vecchi milanesi la chiamavano così per la sua forma rotonda e piatta sormontata da uno zampillo a ventaglio che la rendeva simile a una torta nuziale. Quando alla fine degli anni Trenta venne collocata nello spazio davanti al Castello, come ideale raccordo tra largo Cairoli e il monumento sforzesco, la fontana (realizzata dall' Aem per un incontro di Mussolini con i reduci dell' Abissinia) venne salutata con favore dai cittadini e soprattutto dai turisti, poiché sedendosi sul bordo della grande vasca potevano farsi fotografare insieme alla Torre del Filarete. In una Milano tradizionalmente povera di fontane un getto d'acqua in più pareva dare sollievo soltanto a guardarlo, nei giorni di canicola. Invece arrivarono poco dopo i giorni dell' oscuramento, e la fontana del Castello, che di notte era illuminata, venne subito soppressa. Riprese il suo chioccolio nel dopoguerra, ma le sue traversie non erano finite. Gli scavi della prima linea della metropolitana la costrinsero a sloggiare per costruire la fermata Cairoli. Al momento sembrò un lutto provvisorio per la città , che però in pochi anni parve dimenticare che la fontana fosse esistita. Le sue strutture, smontate e riposte in magazzino, divennero in poco tempo inservibili. Ma quando qualcuno ne chiedeva notizia si sentiva rispondere (erano i giorni di Tangentopoli) che la fontana se l' era portata via Craxi e si trovava ad Hammamet... Era una leggenda metropolitana, sembra divulgata dai taxisti, che però ebbe molta fortuna in quegli anni, cioè quando al leader socialista si attribuiva ogni sorta di ladrocinio. Insomma, quella del Castello e' stata una fontana poco fortunata. Ma nel marzo del Duemila è tornata ad occupare il suo vecchio posto. Sulla parte alta del monumento cavallo e cavaliere sono rivolti verso il centro di Milano, in atto di entrarvi da trionfatori; sotto, aggettanti dal piedestallo, campeggiano una "Rivoluzione " e una "Libertà", quasi ad accompagnare la marcia, che esaltano le armi (spade sguainate) e la vittoria conquistata, contornate come sono, alla maniera rinascimentale, da fregi, corone d'alloro e palme. Bene ha fatto la città ad individuare questo sito e a dedicarlo ai fratelli Cairoli, celebri garibaldini, ma anche a decidere che l'imponente monumento a ricordo dell’eroe dei due mondi fosse lì eretto. Nel 1895, quindi a pochi anni dalla morte di Garibaldi, il grandioso manufatto era pronto e alla sua inaugurazione, avvenuta il 3 novembre di quell'anno, intervenne Felice Cavallotti per tenere un eloquentissimo discorso ai presenti. La parte architettonica del monumento è opera dell'architetto Augusto Guidini, un'artista lombardo nato nel 1853, mentre la statua equestre, in bronzo, si deve all'arte di uno dei più illustri scultori siciliani, il palermitano Ettore Ximenes (1855-1926). Nella zona dove nel tempo antico c’era il Foro romano, si venne a creare una Piazza a partire dalla metà del XIII secolo con una pianta rettangolare, in origine più ampia dell'attuale. Vi si aprivano sei accessi riferiti agli altrettanti sestieri cittadini. Le vie attigue prendevano il nome delle diverse attività svolte: Armorari, Spadari, Cappellari, Orefici, Speronari, Fustagnari. I principali palazzi della piazza sono: il palazzo della Ragione (Broletto Nuovo) la Loggia degli Osii le Scuole Palatine la Casa dei Panigarola. Curiosità: Telefono senza fili, la scrofa semilanuta, la parlèra. Al centro della piazza venne edificato, per volere del podestà Oldrado da Tresseno, il "palazzo della Ragione", detto anche Broletto Nuovo, terminato nel 1233 e adibito alle attività giudiziarie, che diede il nome di piazza del Broletto alla piazza stessa in epoca medioevale. Con questo edificio, costituito da una sala sovrapposta ad una loggia, si inaugura una tipologia ripresa in varie città lombarde, prima tra tutte Monza con il suo Arengario. La leggenda vuole che il fondatore di Milano fu il celta Belloveso, che attraversò le Alpi e il territorio degli Edui per arrivare nella pianura Padana.Belloveso vide nel luogo indicato da una dea Belisama in sogno, una scrofa di cinghiale che aveva la particolarità di avere il pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo. Sotto i portici si può provare il telefono senza fili, a testimonianza che nel luogo affollato di mercanti e "avvocati" era comunque possibile trattare e tramare facilmente. Affacciandosi dal balconcino (detto "parlera"), ornato da un'aquila che stringe una preda, simbolo della giustizia, i Magistrati annunciavano alla cittadinanza editti e sentenze. La Loggia degli Osii fu costruita nel 1316 per ordine di Matteo Visconti, che intendeva realizzare attorno al Palazzo della Ragione un sistema di portici nei quali comporre le attività giuridico notarili della città. Deve il nome ai palazzi e alle proprietà degli Osii site in questo punto prima della sua realizzazione. Suo architetto fu Scoto da San Gimignano. Tutte le cattedrali hanno più alto meno questa, Imbraccia una lancia ed il immediato , antica divinità protettrice e custode del matriarcale. Il suo compagno del fuoco, da Bel=Luce, e Ecco uno dei segni di a femminile-maschile e poi posto del Duomo sorgevano Maggiore, chiese cristiane sorsero al posto del romana e che a sua volta culto di Belisama. una croce in cima al punto l'unica che ha in cima la Madonnina. parallelo con la dea Belisama è proto celtica donna-guerriera, fuoco, propria dell'antica epoca era il dio Beleno, anch'esso padrone successivamente divenuto Apollo. passaggio di "potere" da femminile, a maschile, vedi patriarcato. Al Santa Tecla e Santa Maria estiva e invernale, a loro volta tempio di Minerva di epoca sorse al posto del luogo di Al centro della piazza venne edificato, per volere del podestà Oldrado da Tresseno, il "palazzo della Ragione", detto anche Broletto Nuovo, terminato nel 1233 e adibito alle attività giudiziarie, che diede il nome di piazza del Broletto alla piazza stessa in epoca medioevale. Con questo edificio, costituito da una sala sovrapposta ad una loggia, si inaugura una tipologia ripresa in varie città lombarde, prima tra tutte Monza con il suo Arengario. La leggenda vuole che il fondatore di Milano fu il celta Belloveso, che attraversò le Alpi e il territorio degli Edui per arrivare nella pianura Padana.Belloveso vide nel luogo indicato da una dea Belisama in sogno, una scrofa di cinghiale che aveva la particolarità di avere il pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo. Sotto i portici si può provare il telefono senza fili, a testimonianza che nel luogo affollato di mercanti e "avvocati" era comunque possibile trattare e tramare facilmente. Affacciandosi dal balconcino (detto "parlera"), ornato da un'aquila che stringe una preda, simbolo della giustizia, i Magistrati annunciavano alla cittadinanza editti e sentenze. La Loggia degli Osii fu costruita nel 1316 per ordine di Matteo Visconti, che intendeva realizzare attorno al Palazzo della Ragione un sistema di portici nei quali comporre le attività giuridico notarili della città. Deve il nome ai palazzi e alle proprietà degli Osii site in questo punto prima della sua realizzazione. Suo architetto fu Scoto da San Gimignano. Tutte le cattedrali hanno più alto meno questa, Imbraccia una lancia ed il immediato , antica divinità protettrice e custode del matriarcale. Il suo compagno del fuoco, da Bel=Luce, e Ecco uno dei segni di a femminile-maschile e poi posto del Duomo sorgevano Maggiore, chiese cristiane sorsero al posto del romana e che a sua volta culto di Belisama. una croce in cima al punto l'unica che ha in cima la Madonnina. parallelo con la dea Belisama è proto celtica donna-guerriera, fuoco, propria dell'antica epoca era il dio Beleno, anch'esso padrone successivamente divenuto Apollo. passaggio di "potere" da femminile, a maschile, vedi patriarcato. Al Santa Tecla e Santa Maria estiva e invernale, a loro volta tempio di Minerva di epoca sorse al posto del luogo di Milano ha anche una "Statua della Libertà". Questa statua si trova sul Duomo di Milano, sul lato sinistro del balcone sopra il portone centrale della Basilica. Questa statua, nota come «La Legge Nuova, risale al 1810 ed è stata realizzata da Camillo Pacetti. Si ritiene che sia uno dei modelli che avrebbe ispirato Frederic Auguste Bartholdi per la realizzazione della Statua della Libertà di New York, nel 1885. La facciata del Duomo di Milano riserva sempre delle sorprese. Come se non bastasse la Statua della Libertà, tra i santi e i martiri rappresentati sul Duomo a destra del portone centrale, nella parte bassa del fregio in marmo fa bella mostra di sè un cucciolo di dinosauro. Probabilmente quello raffigurato nel marmo del Duomo è il drago Tarantasio. Secondo una leggenda popolare infatti, il lago Gerundo, nelle vicinanze di Lodi, sarebbe stato abitato da un dragone chiamato Tarànto o più comunemente conosciuto come Tarantasio, il quale si sarebbe nutrito soprattutto di bambini, ammorbando l'aria con il suo fiato pestilenziale e causando la malattia della febbre gialla.Sono sorte numerose leggende riguardo al drago, le quali sono tutte accomunate dalla concomitanza tra l'uccisione di Tarànto e il prosciugamento del lago. Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a san Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa. La più suggestiva riguarda l'uccisione del drago da parte del capostipite dei Visconti, il quale avrebbe poi adottato come simbolo la creatura sconfitta, ovvero il biscione con il bambino in bocca. Si narra che anche il Duomo di Milano abbia il suo fantasma che vaga sconsolato. E' capitato a diversi fotografi di scattare una foto a una coppia di sposi dopo la cerimonia nuziale sulla porta del Duomo di Milano e successivamente scorgere dietro di loro una donna sconosciuta vestita di nero. Questa misteriosa figura sembra essere il fantasma di una certa Carlina, vissuta a Schignano, vicino a Como, dove era in voga l'antica usanza di far vestire le spose a lutto, completamente avvolte nella seta nera, per ingannare gli uomini del feudatario del luogo che si arrogava il famigerato jus primae noctis (il diritto di consumare la prima notte di nozze con le giovani appena sposate). In una fredda e nebbiosa giornata di ottobre Carlina si sposò con il suo Renzino avvolta nel suo abito nero e partirono per Milano per il viaggio di nozze; decisero di salire sul Duomo di Milano dove tra le guglie ammantate dalla nebbia spuntavano via via le statue di drago che cominciarono ad inquietare la povera Carlina che portava nel cuore la colpa di essersi concessa ad un giovane straniero biondo poco tempo prima delle nozze, rimanendo incinta. Carlina decise di non dire nulla al futuro sposo e di fargli credere che quel figlio fosse suo, ma quel luogo suggestivo e silenzioso vicino al cielo dove nella foschia comparivano sagome inquietanti spaventarono a tal punto la novella sposa che lasciò la mano del giovane sposo e cominciò a correre tra le statue urlando angosciata del peso che portava in grembo. Ad un tratto il marito la vide cadere nel vuoto poi sparire inghiottita dalle guglie del Duomo. La leggenda racconta che il suo corpo fu cercato in lungo e in largo ma non venne mai trovato. Milano ha anche una "Statua della Libertà". Questa statua si trova sul Duomo di Milano, sul lato sinistro del balcone sopra il portone centrale della Basilica. Questa statua, nota come «La Legge Nuova, risale al 1810 ed è statua realizzata da Camillo Pacetti. Si ritiene che sia uno dei modelli che avrebbe ispirato Frederic Auguste Bartholdi per la realizzazione della Statua della Libertà di New York, nel 1885. La facciata del Duomo di Milano riserva sempre delle sorprese. Come se non bastasse la Statua della Libertà, tra i santi e i martiri rappresentati sul Duomo a destra del portone centrale, nella parte bassa del fregio in marmo fa bella mostra di sè un cucciolo di dinosauro. Probabilmente quello raffigurato nel marmo del Duomo è il drago Tarantasio. Secondo una leggenda popolare infatti, il lago Gerundo, nelle vicinanze di Lodi, sarebbe stato abitato da un dragone chiamato Tarànto o più comunemente conosciuto come Tarantasio, il quale si sarebbe nutrito soprattutto di bambini, ammorbando l'aria con il suo fiato pestilenziale e causando la malattia della febbre gialla.Sono sorte numerose leggende riguardo al drago, le quali sono tutte accomunate dalla concomitanza tra l'uccisione di Tarànto e il prosciugamento del lago. Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a san Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa. La più suggestiva riguarda l'uccisione del drago da parte del capostipite dei Visconti, il quale avrebbe poi adottato come simbolo la creatura sconfitta, ovvero il biscione con il bambino in bocca. Si narra che anche il Duomo di Milano abbia il suo fantasma che vaga sconsolato. E' capitato a diversi fotografi di scattare una foto a una coppia di sposi dopo la cerimonia nuziale sulla porta del Duomo di Milano e successivamente scorgere dietro di loro una donna sconosciuta vestita di nero. Questa misteriosa figura sembra essere il fantasma di una certa Carlina, vissuta a Schignano, vicino a Como, dove era in voga l'antica usanza di far vestire le spose a lutto, completamente avvolte nella seta nera, per ingannare gli uomini del feudatario del luogo che si arrogava il famigerato jus primae noctis (il diritto di consumare la prima notte di nozze con le giovani appena sposate). In una fredda e nebbiosa giornata di ottobre Carlina si sposò con il suo Renzino avvolta nel suo abito nero e partirono per Milano per il viaggio di nozze; decisero di salire sul Duomo di Milano dove tra le guglie ammantate dalla nebbia spuntavano via via le statue di drago che cominciarono ad inquietare la povera Carlina che portava nel cuore la colpa di essersi concessa ad un giovane straniero biondo poco tempo prima delle nozze, rimanendo incinta. Carlina decise di non dire nulla al futuro sposo e di fargli credere che quel figlio fosse suo, ma quel luogo suggestivo e silenzioso vicino al cielo dove nella foschia comparivano sagome inquietanti spaventarono a tal punto la novella sposa che lasciò la mano del giovane sposo e cominciò a correre tra le statue urlando angosciata del peso che portava in grembo. Ad un tratto il marito la vide cadere nel vuoto poi sparire inghiottita dalle guglie del Duomo. La leggenda racconta che il suo corpo fu cercato in lungo e in largo ma non venne mai trovato. . La Galleria di Milano, con le sue strutture di ferro a vista, fu uno degli esempi a cui si sarebbe ispirato Gustave Eiffel, pochi anni dopo. Nel 1859 si fece seria l'idea di un passaggio coperto che collegasse piazza Duomo a piazza della Scala: simile alla Galleria de Cristoforis, sempre a Milano a San Babila, ma più grande e più borghese. L'Ottagono centrale è considerato il salotto della città. Sul suo pavimento, al centro, è realizzato a mosaico lo stemma di Casa Savoia. Ai suoi lati, sempre in mosaici, sono rappresentati gli stemmi delle quattro città che in epoche diverse sono state capitali del Regno d'Italia: nell'ordine Milano (con Napoleone), poi Torino, Firenze e infine Roma (coi Savoia). Nelle lunette attorno alla volta, sono raffigurate le allegorie dei quattro continenti Africa, Asia, Europa e America . La Galleria di Milano, con le sue strutture di ferro a vista, fu uno degli esempi a cui si sarebbe ispirato Gustave Eiffel, pochi anni dopo. Nel 1859 si fece seria l'idea di un passaggio coperto che collegasse piazza Duomo a piazza della Scala: simile alla Galleria de Cristoforis, sempre a Milano a San Babila, ma più grande e più borghese. L'Ottagono centrale è considerato il salotto della città. Sul suo pavimento, al centro, è realizzato a mosaico lo stemma di Casa Savoia. Ai suoi lati, sempre in mosaici, sono rappresentati gli stemmi delle quattro città che in epoche diverse sono state capitali del Regno d'Italia: nell'ordine Milano (con Napoleone), poi Torino, Firenze e infine Roma (coi Savoia). Nelle lunette attorno alla volta, sono raffigurate le allegorie dei quattro continenti Africa, Asia, Europa e America Al centro della Galleria Vittorio Emanuele II, dedicata al re d’Italia, sul pavimento si trova uno stemma raffigurante un toro che rappresenta la città di Torino, il simbolo araldico dei Savoia con una croce bianca in campo rosso ed il famoso toro raffigurato con gli "attributi" in vista. L'usanza dice che porti fortuna porre il piede sopra gli attributi del toro e compiere una rotazione ad occhi chiusi facendo perno su quel piede. Migliaia di turisti e milanesi ogni giorno li schiacciano ritualmente come portafortuna! Non è da escludere che questa usanza derivi da un segno di sfregio storico contro Torino poiché Torino divenendo capitale del Regno d’Italia rubò lo scettro di capitale napoleonica a Milano che era già capitale della precedente Repubblica Italiana 1802, nonché della Repubblica Cisalpina e prima ancora della Repubblica Cispadana, embrioni della nascente e attuale Repubblica Italiana. Torino consegnò il titolo di capitale a Firenze, titolo che come sappiamo fu poi trasferito a Roma e forse la cosa non è mai andata giù ai milanesi. La storia dei mitici panzerotti risale al 1949 quando il Sig.Luini arriva a Milano ed insieme alla sua famiglia decide di far assaggiare alla città ambrosiana questa specialità pugliese. Da allora ricercati e gustati da grandi e piccoli sono divenuti famosi in tutta Milano (e non solo a Milano visto che anche Londra ha aperto un Luini). Qui è diventata abitudine fare un poco di fila, veloce però, e gustare i panzerotti ad ogni ora tra le vie del Duomo o della Scala o in Galleria. Qui si trovano Palazzo Marino (sede del Comune), la Statua di Leonardo e il Teatro alla Scala. Anche il Teatro Alla Scala ha il suo fantasma, un corista afferma di aver visto lo spettro di Maria Callas intenta a spaventare gli ignari spettatori per vendicarsi dell'episodio in cui un gruppo di loggionisti la fischiò per aver steccato. Secondo altri invece il fantasma sarebbe quello di Maria Malibran, famoso soprano dell’Ottocento. Lo scrittore Alessandro Manzoni abitò in Via Morone 1 a Milano dal 1814 al 1873, anno della sua morte. La Casa del Manzoni ora la sede del Centro Nazionale di Studi Manzoniani. Alessandro Manzoni, nacque a Milano nel 1785 da Pietro e Giulia Beccaria; della sua gloriosa carriera letteraria ricordiamo Odi, opere teatrali, l'Adelchi, il Cinque Maggio dedicato a Napoleone, il famosissimo romanzo "I Promessi Sposi". Le spoglie di Alessadro Manzoni riposano al Cimitero Monumentale, in Piazza San Fedele invece si puo' ammirare la statua costruita in suo onore. Al centro della Galleria Vittorio Emanuele II, dedicata al re d’Italia, sul pavimento si trova uno stemma raffigurante un toro che rappresenta la città di Torino, il simbolo araldico dei Savoia con una croce bianca in campo rosso ed il famoso toro raffigurato con gli "attributi" in vista. L'usanza dice che porti fortuna porre il piede sopra gli attributi del toro e compiere una rotazione ad occhi chiusi facendo perno su quel piede. Migliaia di turisti e milanesi ogni giorno li schiacciano ritualmente come portafortuna! Non è da escludere che questa usanza derivi da un segno di sfregio storico contro Torino poiché Torino divenendo capitale del Regno d’Italia rubò lo scettro di capitale napoleonica a Milano che era già capitale della precedente Repubblica Italiana 1802, nonché della Repubblica Cisalpina e prima ancora della Repubblica Cispadana, embrioni della nascente e attuale Repubblica Italiana. Torino consegnò il titolo di capitale a Firenze, titolo che come sappiamo fu poi trasferito a Roma e forse la cosa non è mai andata giù ai milanesi. La storia dei mitici panzerotti risale al 1949 quando il Sig.Luini arriva a Milano ed insieme alla sua famiglia decide di far assaggiare alla città ambrosiana questa specialità pugliese. Da allora ricercati e gustati da grandi e piccoli sono divenuti famosi in tutta Milano (e non solo a Milano visto che anche Londra ha aperto un Luini). Qui è diventata abitudine fare un poco di fila, veloce però, e gustare i panzerotti ad ogni ora tra le vie del Duomo o della Scala o in Galleria. Qui si trovano Palazzo Marino (sede del Comune), la Statua di Leonardo e il Teatro alla Scala. Anche il Teatro Alla Scala ha il suo fantasma, un corista afferma di aver visto lo spettro di Maria Callas intenta a spaventare gli ignari spettatori per vendicarsi dell'episodio in cui un gruppo di loggionisti la fischiò per aver steccato. Secondo altri invece il fantasma sarebbe quello di Maria Malibran, famoso soprano dell’Ottocento. Lo scrittore Alessandro Manzoni abitò in Via Morone 1 a Milano dal 1814 al 1873, anno della sua morte. La Casa del Manzoni ora la sede del Centro Nazionale di Studi Manzoniani. Alessandro Manzoni, nacque a Milano nel 1785 da Pietro e Giulia Beccaria; della sua gloriosa carriera letteraria ricordiamo Odi, opere teatrali, l'Adelchi, il Cinque Maggio dedicato a Napoleone, il famosissimo romanzo "I Promessi Sposi". Le spoglie di Alessadro Manzoni riposano al Cimitero Monumentale, in Piazza San Fedele invece si puo' ammirare la statua costruita in suo onore. Il nome deriva dagli otto telamoni (omenoni, ovvero "grandi uomini") della facciata, scolpiti da Antonio Abondio. La costruzione del palazzo si deve allo scultore e cesellatore aretino Leone Leoni, scultore imperiale al servizio di Carlo V del Sacro Romano Impero e Filippo II di Spagna. L'artista, nominato scultore della Zecca di Milano nel 1542, acquistò la proprietà nel 1549, e nel 1565 avviò la costruzione dell'attuale palazzo disegnandone lui stesso la facciata e facendone scuola di scultura nonché l'abitazione propria e del figlio, Pompeo Leoni, anch'egli scultore. La facciata è composta da due ordini e da un attico, di epoca posteriore, ed è scandita verticalmente in sette scomparti. Al piano terreno sono ripartiti dalle otto colossali cariatidi in pietra, rappresentanti barbari sconfitti ispirati alla statuaria della roma classica. Al di sopra delle teste dei barbari sono indicate le stirpi ai quali appartengono: Svevo, Quado, Adiabene, Parto, Sarmata e Marcomanno. Ad essi sono alternate due finestre dal timpano spezzato, ed altre due finestre ad arco, aperte successivamente in luogo delle nicchie che vi si trovavano precedentemente. Al piano nobile colonne incassate di ordine ionico si alternano a nicchie e finestre cui nell'Ottocento furono aggiunti i balconcini. Nello scomparto centrale del fregio che corre sotto la gronda, il rilievo con la Calunnia sbranata dai leoni allude al casato dei proprietari. Nell'interno, restaurato dal Portaluppi nel 1929, il cortile è a pianta rettangolare, con tre ali porticate e fregio di metope e triglifi. Qui in Piazza Meda si può gustare un’altra opera a cielo aperto, la Ruota Solare. Il suo singolare fascino, il contrasto tra il bagliore metallico e il verde dell'erba, in un gioco di volumi, colori e geometrie, rimanda a un'idea di bellezza apprezzata ovunque. Nella scultura ogni forma è ricondotta all'essenziale. Sfera, cubo, cilindro, e altri solidi ripetuti in schiera, nascosti all'interno di massicci contenitori, come globi, colonne, cubi, e dischi parzialmente visibili dagli squarci che rompono le superfici lisce. L'immagine che ne consegue ha stimolato la fantasia di chi ha voluto vedervi il lavorìo di ingranaggi appartenenti a macchinari o addirittura, una rapida successione di note musicali. Arnaldo Pomodoro commenta la sua opera così: "La mia prima ruota è stata fatta pensando al calendario azteco che colpì la mia immaginazione quando andai in Messico". Il grande disco (4,5 metri di diametro) appare come un enorme sole di bronzo, cui il sole vero, secondo il lato che colpisce, conferisce suggestivi bagliori. L'opera è stata dotata di un meccanismo che la faceva ruotare su se stessa, con evidente allusione al movimento (apparente) del disco solare. Arnaldo Pomodoro è considerato uno dei più grandi scultori contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche all'estero. Fratello del noto scultore Giò Pomodoro. Attraverso le forme, dominate da un rigoroso spirito geometrico, le opere di Arnaldo Pomodoro travalicano le culture locali e, da Roma a New York, da Londra a Tokyo, arricchiscono le città di tutto il mondo. Il nome deriva dagli otto telamoni (omenoni, ovvero "grandi uomini") della facciata, scolpiti da Antonio Abondio. La costruzione del palazzo si deve allo scultore e cesellatore aretino Leone Leoni, scultore imperiale al servizio di Carlo V del Sacro Romano Impero e Filippo II di Spagna. L'artista, nominato scultore della Zecca di Milano nel 1542, acquistò la proprietà nel 1549, e nel 1565 avviò la costruzione dell'attuale palazzo disegnandone lui stesso la facciata e facendone scuola di scultura nonché l'abitazione propria e del figlio, Pompeo Leoni, anch'egli scultore. La facciata è composta da due ordini e da un attico, di epoca posteriore, ed è scandita verticalmente in sette scomparti. Al piano terreno sono ripartiti dalle otto colossali cariatidi in pietra, rappresentanti barbari sconfitti ispirati alla statuaria della roma classica. Al di sopra delle teste dei barbari sono indicate le stirpi ai quali appartengono: Svevo, Quado, Adiabene, Parto, Sarmata e Marcomanno. Ad essi sono alternate due finestre dal timpano spezzato, ed altre due finestre ad arco, aperte successivamente in luogo delle nicchie che vi si trovavano precedentemente. Al piano nobile colonne incassate di ordine ionico si alternano a nicchie e finestre cui nell'Ottocento furono aggiunti i balconcini. Nello scomparto centrale del fregio che corre sotto la gronda, il rilievo con la Calunnia sbranata dai leoni allude al casato dei proprietari. Nell'interno, restaurato dal Portaluppi nel 1929, il cortile è a pianta rettangolare, con tre ali porticate e fregio di metope e triglifi. Qui in Piazza Meda si può gustare un’altra opera a cielo aperto, la Ruota Solare. Il suo singolare fascino, il contrasto tra il bagliore metallico e il verde dell'erba, in un gioco di volumi, colori e geometrie, rimanda a un'idea di bellezza apprezzata ovunque. Nella scultura ogni forma è ricondotta all'essenziale. Sfera, cubo, cilindro, e altri solidi ripetuti in schiera, nascosti all'interno di massicci contenitori, come globi, colonne, cubi, e dischi parzialmente visibili dagli squarci che rompono le superfici lisce. L'immagine che ne consegue ha stimolato la fantasia di chi ha voluto vedervi il lavorìo di ingranaggi appartenenti a macchinari o addirittura, una rapida successione di note musicali. Arnaldo Pomodoro commenta la sua opera così: "La mia prima ruota è stata fatta pensando al calendario azteco che colpì la mia immaginazione quando andai in Messico". Il grande disco (4,5 metri di diametro) appare come un enorme sole di bronzo, cui il sole vero, secondo il lato che colpisce, conferisce suggestivi bagliori. L'opera è stata dotata di un meccanismo che la faceva ruotare su se stessa, con evidente allusione al movimento (apparente) del disco solare. Arnaldo Pomodoro è considerato uno dei più grandi scultori contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche all'estero. Fratello del noto scultore Giò Pomodoro. Attraverso le forme, dominate da un rigoroso spirito geometrico, le opere di Arnaldo Pomodoro travalicano le culture locali e, da Roma a New York, da Londra a Tokyo, arricchiscono le città di tutto il mondo. Il Scior Carera è il nome popolare attribuito ad un'antica scultura romana, che si trova sotto i portici di corso Vittorio Emanuele (Largo Corsia dei Servi), nota anche come Omm de preja (uomo di pietra). Si tratta di un rilievo in marmo che risale al III secolo, raffigurante una figura maschile, priva delle braccia e con la gamba destra leggermente in avanti, vestita con una toga. La testa probabilmente fu aggiunta in epoca medioevale. Sotto il rilievo è stata inserita un'epigrafe incisa in latino: Carere (da cui il nome Carera) debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est (traduzione: "Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a parlare contro un altro"). Al di sotto una seconda iscrizione ricorda la precedente collocazione in via San Pietro all'Orto e il ruolo svolto dalla scultura nella storia di Milano sotto la dominazione austriaca: fino a tempi recenti vi venivano affisse satire e motti politici, in analogia alla tradizione delle cosiddette statue parlanti di Roma. La leggenda vuole che questo leone sia il bottino di guerra di un fallito tentativo di conquista di Milano da parte dei veneziani. Si narra infatti che una notte l'esercito veneziano, appostato appena fuori le mura, stesse preparando un attacco notturno per cogliere di sorpresa i milanesi, per impedire loro di organizzare una difesa adeguata. Quando fu il momento di sferrare l'attacco le vedette udirono un rumore che sembrava un rullo di tamburi. Temendo di essere stati scoperti, sospesero l'avanzata e mandarono una pattuglia in avan scoperta. In realtà il suono udito dal nemico proveniva dalla bottega di un ignaro panettiere che setacciava la farina per preparare l'impasto. Insospettito dai rumori, il prestinee si accorse del pericolo e chiamò a gran voce le guardie cittadine. I milanesi scesero prontamente nelle strade e all'invasore non rimase altro da fare che darsela a gambe lasciandosi alle spalle, tra le varie cose, anche un leone di pietra, simbolo dell'Evangelista San Marco, patrono di Venezia. Milano è Moda. Via della Spiga fa parte del Quadrilatero della moda ed è considerata una delle zone più lussuose, oltreché uno dei maggiori centri dello shopping dell'alta moda a livello mondiale. A differenza di via Monte Napoleone, questa strada è chiusa al traffico ed è interamente pavimentata in pavè. Il Scior Carera è il nome popolare attribuito ad un'antica scultura romana, che si trova sotto i portici di corso Vittorio Emanuele (Largo Corsia dei Servi), nota anche come Omm de preja (uomo di pietra). Si tratta di un rilievo in marmo che risale al III secolo, raffigurante una figura maschile, priva delle braccia e con la gamba destra leggermente in avanti, vestita con una toga. La testa probabilmente fu aggiunta in epoca medioevale. Sotto il rilievo è stata inserita un'epigrafe incisa in latino: Carere (da cui il nome Carera) debet omni vitio qui in alterum dicere paratus est (traduzione: "Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto a parlare contro un altro"). Al di sotto una seconda iscrizione ricorda la precedente collocazione in via San Pietro all'Orto e il ruolo svolto dalla scultura nella storia di Milano sotto la dominazione austriaca: fino a tempi recenti vi venivano affisse satire e motti politici, in analogia alla tradizione delle cosiddette statue parlanti di Roma. La leggenda vuole che questo leone sia il bottino di guerra di un fallito tentativo di conquista di Milano da parte dei veneziani. Si narra infatti che una notte l'esercito veneziano, appostato appena fuori le mura, stesse preparando un attacco notturno per cogliere di sorpresa i milanesi, per impedire loro di organizzare una difesa adeguata. Quando fu il momento di sferrare l'attacco le vedette udirono un rumore che sembrava un rullo di tamburi. Temendo di essere stati scoperti, sospesero l'avanzata e mandarono una pattuglia in avan scoperta. In realtà il suono udito dal nemico proveniva dalla bottega di un ignaro panettiere che setacciava la farina per preparare l'impasto. Insospettito dai rumori, il prestinee si accorse del pericolo e chiamò a gran voce le guardie cittadine. I milanesi scesero prontamente nelle strade e all'invasore non rimase altro da fare che darsela a gambe lasciandosi alle spalle, tra le varie cose, anche un leone di pietra, simbolo dell'Evangelista San Marco, patrono di Venezia. Milano è Moda. Via della Spiga fa parte del Quadrilatero della moda ed è considerata una delle zone più lussuose, oltreché uno dei maggiori centri dello shopping dell'alta moda a livello mondiale. A differenza di via Monte Napoleone, questa strada è chiusa al traffico ed è interamente pavimentata in pavè. Le cinte murarie erette a protezione della città di Milano furono tre. Una risalente all’epoca romana (che subì in seguito un ampliamento), una medievale e una risalente all’epoca di dominazione spagnola. Di tutte e tre le cinte murarie rimangono solo poche tracce, le mura hanno subito il medesimo destino di gran parte degli edifici storici di una città che ha avuto la peculiarità di continuare a distruggere le tracce del passato per ricostruirsi riutilizzandone i materiali. Le tracce delle cinte murarie sono tuttavia ben impresse nell’impianto urbanistico di Milano, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa interna, antistante le mura medievali e ricoperto tra le due guerre mondiali, e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le strade costruite dove si trovava la cinta muraria dell’epoca spagnola. Le porte di Milano sono le aperture stradali ricavate nelle varie epoche nelle relative mura cittadine (romane, medievali e spagnole). Porte romane repubblicane Jovia, Vercellina, Ticinensis, Romana, ?, Comacina, Porte romane massimiane Aurea, Argentea Herculea Porte medievali Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova A queste andava aggiunta la Porta Giovia che sorgendo in uno spazio all'interno del successivo Castello Sforzesco sarebbe definitivamente scomparsa con la costruzione della Rocca Giovia (1358-1368). Le altre porte minori (o pusterle) della città erano invece: Pusterla di Monforte, Porta Tosa, Pusterla Lodovica (già Pusterla di Sant'Eufemia), Pusterla della Chiusa, Pusterla dei Fabbri, Pusterla di Sant'Ambrogio, Pusterla delle Azze, Pusterla Beatrice (già Pusterla di San Marco)[3], Pusterla del Borgo Nuovo Vanno ricordate infine la Pusterla di Santo Stefano e la Pusterla del Bottonuto. In età spagnola le porte principali della città erano: Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova Esse erano poi affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali succursale di una delle precedenti (ad eccezione di Porta Tenaglia, che faceva riferimento al vicino Castello Sforzesco: Porta Tenaglia, succursale del Castello, di vita effimera (demolita già nel 1571) Porta Tosa, succursale di Porta Orientale Porta Vigentina, succursale di Porta Romana Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese. A partire dai primi anni dell'Ottocento cominciarono i rifacimenti delle varie porte cittadine, ad eccezione di Porta Romana, l'unica fra le porte spagnole ad essere già monumentali. Alle nuove realizzazioni in stile neoclassico s'affiancarono - più o meno contemporaneamente - i caselli daziari, necessari per la riscossione e le procedure del dazio cittadino. Il modello, importato in Italia da Napoleone era quello - sia dal punto di vista istituzionale che da quello architettonico - delle Barrières di Parigi, le barriere realizzate nella cinta daziaria di Parigi da ClaudeNicolas Ledoux fra il 1785 e il 1789, alle soglie della Rivoluzione francese. Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli daziari vennero eretti a Milano; contemporaneamente le mutate esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all'apertura di nuovi varchi all'interno della cinta muraria spagnola. Nel 1864 venne aperta la Barriera Principe Umberto, per collegare la città alla Stazione Centrale; nel 1870 fu la volta di Porta Genova, per consentire una comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A queste vanno poi aggiunte Porta Volta, come nuovo itinerario per Como, e Porta Monforte, l'ultima ad essere aperta prima che in ottemperanza al Piano Beruto. In età risorgimentale diverse porte, fino ad allora chiamate col toponimo geografico di riferimento, cambiarono nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per Porta Riconoscenze e Porta Marengo) per celebrare le Cinque Giornate di Milano (Porta Vittoria), piuttosto che alcuni eventi connessi alla Seconda guerra d'indipendenza italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia, Porta Magenta). Le cinte murarie erette a protezione della città di Milano furono tre. Una risalente all’epoca romana (che subì in seguito un ampliamento), una medievale e una risalente all’epoca di dominazione spagnola. Distrutte e tre le cinte murarie rimangono solo poche tracce, le mura hanno subito il medesimo destino di gran parte degli edifici storici di una città che ha avuto la peculiarità di continuare a distruggere le tracce del passato per ricostruirsi riutilizzandone i materiali. Le tracce delle cinte murarie sono tuttavia ben impresse nell’impianto urbanistico di Milano, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa interna, antistante le mura medievali e ricoperto tra le due guerre mondiali, e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le strade costruite dove si trovava la cinta muraria dell’epoca spagnola. Le porte di Milano sono le aperture stradali ricavate nelle varie epoche nelle relative mura cittadine (romane, medievali e spagnole). Porte romane repubblicane Jovia, Vercellina, Ticinensis, Romana, ?, Comacina, Porte romane massimiane Aurea, Argentea Herculea Porte medievali Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova A queste andava aggiunta la Porta Giovia che sorgendo in uno spazio all'interno del successivo Castello Sforzesco sarebbe definitivamente scomparsa con la costruzione della Rocca Giovia (1358-1368). Le altre porte minori (o pusterle) della città erano invece: Pusterla di Monforte, Porta Tosa, Pusterla Lodovica (già Pusterla di Sant'Eufemia), Pusterla della Chiusa, Pusterla dei Fabbri, Pusterla di Sant'Ambrogio, Pusterla delle Azze, Pusterla Beatrice (già Pusterla di San Marco)[3], Pusterla del Borgo Nuovo Vanno ricordate infine la Pusterla di Santo Stefano e la Pusterla del Bottonuto. In età spagnola le porte principali della città erano: Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova Esse erano poi affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali succursale di una delle precedenti (ad eccezione di Porta Tenaglia, che faceva riferimento al vicino Castello Sforzesco: Porta Tenaglia, succursale del Castello, di vita effimera (demolita già nel 1571) Porta Tosa, succursale di Porta Orientale Porta Vigentina, succursale di Porta Romana Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese. A partire dai primi anni dell'Ottocento cominciarono i rifacimenti delle varie porte cittadine, ad eccezione di Porta Romana, l'unica fra le porte spagnole ad essere già monumentali. Alle nuove realizzazioni in stile neoclassico s'affiancarono - più o meno contemporaneamente - i caselli daziari, necessari per la riscossione e le procedure del dazio cittadino. Il modello, importato in Italia da Napoleone era quello - sia dal punto di vista istituzionale che da quello architettonico - delle Barrières di Parigi, le barriere realizzate nella cinta daziaria di Parigi da ClaudeNicolas Ledoux fra il 1785 e il 1789, alle soglie della Rivoluzione francese. Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli daziari vennero eretti a Milano; contemporaneamente le mutate esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all'apertura di nuovi varchi all'interno della cinta muraria spagnola. Nel 1864 venne aperta la Barriera Principe Umberto, per collegare la città alla Stazione Centrale; nel 1870 fu la volta di Porta Genova, per consentire una comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A queste vanno poi aggiunte Porta Volta, come nuovo itinerario per Como, e Porta Monforte, l'ultima ad essere aperta prima che in ottemperanza al Piano Beruto. In età risorgimentale diverse porte, fino ad allora chiamate col toponimo geografico di riferimento, cambiarono nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per Porta Riconoscenze e Porta Marengo) per celebrare le Cinque Giornate di Milano (Porta Vittoria), piuttosto che alcuni eventi connessi alla Seconda guerra d'indipendenza italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia, Porta Magenta). La statua Montanelli è stata commissionata nel 2005 dal Comune di Milano allo scultore toscano Vito Tongiani per essere collocata appositamente all'interno del parco dove ogni mattina il giornalista si recava prima di andare al lavoro. La scultura realizzata interamente in bronzo dorato, ritrae il noto giornalista seduto su una pila di giornali con la "lettera 22" (la macchina per scrivere) posizionata sulle ginocchia ed intento a scrivere un articolo. Al lato del personaggio è scolpito il suo cappello, uno degli elementi che contraddistinguevano lo scrittore e che Tongiani studiò accuratamente prima di eseguire la scultura. Il monumento fu collocato e inaugurato ufficialmente il 22 aprile 2005, vicino al punto in cui il giornalista fu ferito ad una gamba nel 1977 dalle Brigate Rosse. Questo parco fu il primo parco milanese espressamente destinato allo svago collettivo. Per oltre due secoli sono stati chiamati Giardini pubblici, Giardini di Porta Venezia o semplicemente I giardini, e l'uso è ancora invalso. Nella seconda metà del XIX secolo si affiancarono al Museo di storia naturale altre "attrazioni" di vita animale, quali voliere e gabbie per cervi, scimmie e una giraffa, cui progressivamente si aggiungeranno numerosi altri animali che daranno vita a quello che sarà conosciuto come "zoo di Milano chiuso definitivamente in seguito alle richieste degli ambientalisti nel 1992. Una storia curiosa. Si dice che il più antico reperto milanese, oggi parte del pavimento della chiesa di Santa Maria in paradiso in C.so di P.ta Vigentina, sia una pietra tonda con tredici raggi (“El Tredesin de Marz” da cui deriva l’omonima festa floreale di primavera). Una pietra sembra molto venerata dalle genti milanesi antiche, e forse per questo motivo San Barnaba nel buco centrale della pietra ci mise una Croce come segno di passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Nel luogo in cui fu trovata la pietra sorse una cappella di culto poi dedicata a San Dionigi, lo stesso luogo in cui adesso, ironia della sorte, sorge il planetario, ironia della sorte perché la pietra sarebbe stata venerata più per l'uso che gli antichi druidi celti e genti preromane ne facevano, ossia un calendario lunare, gli antichi leggevano il cielo, proprio come oggi si fa in un planetario. Una curiosità nella curiosità, qui siamo al livello delle mura spagnole, ben oltre quelle medievali e addirittura quelle romane, repubblicane e massimiane, dunque un luogo molto fuori la città al tempo dei druidi celti e di tutti coloro che hanno rivolto lo sguardo al cielo, anche spiritualmente. La statua Montanelli è stata commissionata nel 2005 dal Comune di Milano allo scultore toscano Vito Tongiani per essere collocata appositamente all'interno del parco dove ogni mattina il giornalista si recava prima di andare al lavoro. La scultura realizzata interamente in bronzo dorato, ritrae il noto giornalista seduto su una pila di giornali con la "lettera 22" (la macchina per scrivere) posizionata sulle ginocchia ed intento a scrivere un articolo. Al lato del personaggio è scolpito il suo cappello, uno degli elementi che contraddistinguevano lo scrittore e che Tongiani studiò accuratamente prima di eseguire la scultura. Il monumento fu collocato e inaugurato ufficialmente il 22 aprile 2005, vicino al punto in cui il giornalista fu ferito ad una gamba nel 1977 dalle Brigate Rosse. Questo parco fu il primo parco milanese espressamente destinato allo svago collettivo. Per oltre due secoli sono stati chiamati Giardini pubblici, Giardini di Porta Venezia o semplicemente I giardini, e l'uso è ancora invalso. Nella seconda metà del XIX secolo si affiancarono al Museo di storia naturale altre "attrazioni" di vita animale, quali voliere e gabbie per cervi, scimmie e una giraffa, cui progressivamente si aggiungeranno numerosi altri animali che daranno vita a quello che sarà conosciuto come "zoo di Milano chiuso definitivamente in seguito alle richieste degli ambientalisti nel 1992. Una storia curiosa. Si dice che il più antico reperto milanese, oggi parte del pavimento della chiesa di Santa Maria in paradiso in C.so di P.ta Vigentina, sia una pietra tonda con tredici raggi (“El Tredesin de Marz” da cui deriva l’omonima festa floreale di primavera). Una pietra sembra molto venerata dalle genti milanesi antiche, e forse per questo motivo San Barnaba nel buco centrale della pietra ci mise una Croce come segno di passaggio dal paganesimo al cristianesimo. Nel luogo in cui fu trovata la pietra sorse una cappella di culto poi dedicata a San Dionigi, lo stesso luogo in cui adesso, ironia della sorte, sorge il planetario, ironia della sorte perché la pietra sarebbe stata venerata più per l'uso che gli antichi druidi celti e genti preromane ne facevano, ossia un calendario lunare, gli antichi leggevano il cielo, proprio come oggi si fa in un planetario. Una curiosità nella curiosità, qui siamo al livello delle mura spagnole, ben oltre quelle medievali e addirittura quelle romane, repubblicane e massimiane, dunque un luogo molto fuori la città al tempo dei druidi celti e di tutti coloro che hanno rivolto lo sguardo al cielo, anche spiritualmente. Importante esempio del liberty milanese. È caratterizzato da libero trattamento di materiale cementizio e dalla applicazione di pregevoli ferri battuti uniti con vivo senso figurativo. L’edificio con gronda molto aggettante ha sull’angolo due balconi sovrapposti e collegati. La plastica decorativa si svolge soprattutto nella parte basamentale emergendo con putti che sorreggono i balconi e con parapetti variamente ornati. Altri sovrastanti balconi sono collegati ai primi da colonnine di ferro binate ed hanno pure parapetti lavorati in ferro con espressiva coerenza stilistica. A differenza della Casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso struttura e decorazione. Anche in questo caso i balconi e le aperture delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande, scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei ferri battuti sovrastanti. La composizione architettonica e decorativa risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi. Sono state perse le decorazioni pittoriche nella fascia tra il secondo e il terzo piano. Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro battuto e degli affreschi con putti e fiori ritrovati nel restauro del 1997, probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala. I ferri battuti sono probabilmente di Alessandro Mazzucotelli. Nell'ingresso davanti alla portineria sono stati ritrovati nel 1997 dei dipinti di un lago con piante acquatiche. Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e gradini di marmo a sbalzo. In seguito a restauri effettuati a parziale carico dello Stato l’appartamento di angolo al secondo piano è visitabile la prima domenica del mese dalle 9 alle 13 previo appuntamento telefonico al n. 348-7306402. Sono stati restaurate tutte le decorazione dei soffitti. Progettato dall'architetto Giovanni Battista Bossi (1864-1924) nel 1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti, è ritenuto uno dei pezzi più brillanti del Liberty milanese grazie al rivestimento di gran parte della facciata esterna con piastrelle figurate in ceramica, ferri battuti e motivi floreali in cemento, tutti disegnati da Bossi. I fratelli Galimberti costruirono negli stessi anni Casa Campanini (1904-1906), uno degli edifici più rappresentativi del Liberty milanese, su progetto di Alfredo Campanini (18731926). Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904, costituisce un po' il "manifesto" artistico dell'Art Nouveau a Milano. L'edificio fu realizzato a tre piani, con due facciate, una principale sulla strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo principale e costituenti le scuderie e la rimessa. Questo palazzo ha un basamento con bugnato grezzo che riprende le forme naturali della roccia; le altre decorazioni presenti sono una ripresa dello stucco in Importante esempio del liberty milanese. È caratterizzato da libero trattamento di materiale cementizio e dalla applicazione di pregevoli ferri battuti uniti con vivo senso figurativo. L’edificio con gronda molto aggettante ha sull’angolo due balconi sovrapposti e collegati. La plastica decorativa si svolge soprattutto nella parte basamentale emergendo con putti che sorreggono i balconi e con parapetti variamente ornati. Altri sovrastanti balconi sono collegati ai primi da colonnine di ferro binate ed hanno pure parapetti lavorati in ferro con espressiva coerenza stilistica. A differenza della Casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso struttura e decorazione. Anche in questo caso i balconi e le aperture delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande, scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei ferri battuti sovrastanti. La composizione architettonica e decorativa risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi. Sono state perse le decorazioni pittoriche nella fascia tra il secondo e il terzo piano. Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro battuto e degli affreschi con putti e fiori ritrovati nel restauro del 1997, probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala. I ferri battuti sono probabilmente di Alessandro Mazzucotelli. Nell'ingresso davanti alla portineria sono stati ritrovati nel 1997 dei dipinti di un lago con piante acquatiche. Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e gradini di marmo a sbalzo. In seguito a restauri effettuati a parziale carico dello Stato l’appartamento di angolo al secondo piano è visitabile la prima domenica del mese dalle 9 alle 13 previo appuntamento telefonico al n. 348-7306402. Sono stati restaurate tutte le decorazione dei soffitti. Progettato dall'architetto Giovanni Battista Bossi (1864-1924) nel 1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti, è ritenuto uno dei pezzi più brillanti del Liberty milanese grazie al rivestimento di gran parte della facciata esterna con piastrelle figurate in ceramica, ferri battuti e motivi floreali in cemento, tutti disegnati da Bossi. I fratelli Galimberti costruirono negli stessi anni Casa Campanini (1904-1906), uno degli edifici più rappresentativi del Liberty milanese, su progetto di Alfredo Campanini (18731926). Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904, costituisce un po' il "manifesto" artistico dell'Art Nouveau a Milano. L'edificio fu realizzato a tre piani, con due facciate, una principale sulla strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo principale e costituenti le scuderie e la rimessa. Questo palazzo ha un basamento con bugnato grezzo che riprende le forme naturali della roccia; le altre decorazioni presenti sono una ripresa dello stucco in stile settecentesco. Quando nel 1903 furono tolti i ponteggi dalla facciata, l'opinione pubblica si schierò fortemente contro fino ad ottenere di far rimuovere due statue di figure femminili poste sopra il portale d'ingresso. Le due statue, opera di Ernesto Bazzaro, suscitarono scandalo tanto da far pubblicare vignette satiriche sulla vicenda del palazzo Castiglioni sul giornale Guerin Meschino nei mesi successivi all'inugurazione (17-24-31 maggio e 11-14 giugno e 19 luglio). Le figure femminili risultavano incomprensibili nel loro significato simbolico (in realtà ben rappresentavano l'una la pace e l'altra l'industria), secondariamente erano criticate perché non avevano un ruolo preciso, non erano cariatidi a sostenere il portale o un balcone, e in ultimo (ma sicuramente era questo l'argomento principale) si accusavano di essere troppo procaci e nude (il popolino milanese prese a definirlo ironicamente la Ca' di ciapp, ovvero Casa delle chiappe). Le due statue furono così tolte e successivamente poste sul fianco della villa Luigi Faccanoni a Milano, dove anche lì sono nascoste dalla strada. Il portale rimasto privo di questi due elementi importanti dovette essere modificato: fu rialzato occupando parte della finestra superiore, la quale nella restante parte fu tamponata da un bassorilievo: il risultato finale fu quello di togliere forza all'elemento centrale del palazzo. Uno scempio ad opera di uno stolto puritanesimo borghese poco coraggioso alle evoluzioni artistiche e decisamente soccombente all’ironia e al sarcasmo popolano. Altre opere hanno subito la censura milanese come di recente l’Albero dei Bimbi di Cattelan (visti come impiccati e non come frutti). “Ca dell’oreggia”, detta così proprio per l’orecchio (in realtà un citofono ora non più funzionante) posto accanto alla porta di ingresso, realizzato dall’artista Andreani. La leggenda subito sorta attorno a questo strano orecchio, scolpito nel 1930, dice che bisbigliando un desiderio nell’orecchio questo si avveri. Il liberty milanese vede il suo periodo di splendore durante l’esposizione internazionale del 1906: dopodiché lo stile risentirà di pesanti contaminazioni di altri stili, uno su tutti l’eclettismo. Un celebre esempio di questa tendenza è data da Casa Berri-Meregalli. Realizzata da Giulio Arata tra il 1911 e il 1915, presenta un vero e proprio misto di vari stili: il bugnato ruvido e lo sviluppo verticale della costruzione rimandano all’architettura neogotica, l’interno decorato a mosaici ricorda l’architettura bizantina di Ravenna, mentre i ferri battuti del Mazzucchelli e la sfilata di statue di vari animali riportano ai temi del liberty. Di immediato impatto sono le cariatidi di cemento all'ingresso, realizzate dallo scultore Michele Vedani: benché esse rappresentino un chiaro omaggio alle cariatidi originariamente poste all'ingresso di Palazzo Castiglioni del Sommaruga, sono meno austere e monumentali. Il cancello d'ingresso in ferro battuto, disegnato dallo stesso Campanini e realizzato dal Mazzucotelli , riprende i motivi floreali tipici della scultura liberty; tali trame si possono ritrovare anche nei ferri battuti all'interno del palazzo e nella gabbia dell'ascensore. Il palazzo complessivamente, rispetto al più monumentale Palazzo Castiglioni, assume forme meno maestose, ma più attente alla vita quotidiana. stile settecentesco. Quando nel 1903 furono tolti i ponteggi dalla facciata, l'opinione pubblica si schierò fortemente contro fino ad ottenere di far rimuovere due statue di figure femminili poste sopra il portale d'ingresso. Le due statue, opera di Ernesto Bazzaro, suscitarono scandalo tanto da far pubblicare vignette satiriche sulla vicenda del palazzo Castiglioni sul giornale Guerin Meschino nei mesi successivi all'inugurazione (17-24-31 maggio e 11-14 giugno e 19 luglio). Le figure femminili risultavano incomprensibili nel loro significato simbolico (in realtà ben rappresentavano l'una la pace e l'altra l'industria), secondariamente erano criticate perché non avevano un ruolo preciso, non erano cariatidi a sostenere il portale o un balcone, e in ultimo (ma sicuramente era questo l'argomento principale) si accusavano di essere troppo procaci e nude (il popolino milanese prese a definirlo ironicamente la Ca' di ciapp, ovvero Casa delle chiappe). Le due statue furono così tolte e successivamente poste sul fianco della villa Luigi Faccanoni a Milano, dove anche lì sono nascoste dalla strada. Il portale rimasto privo di questi due elementi importanti dovette essere modificato: fu rialzato occupando parte della finestra superiore, la quale nella restante parte fu tamponata da un bassorilievo: il risultato finale fu quello di togliere forza all'elemento centrale del palazzo. Uno scempio ad opera di uno stolto puritanesimo borghese poco coraggioso alle evoluzioni artistiche e decisamente soccombente all’ironia e al sarcasmo popolano. Altre opere hanno subito la censura milanese come di recente l’Albero dei Bimbi di Cattelan (visti come impiccati e non come frutti). “Ca dell’oreggia”, detta così proprio per l’orecchio (in realtà un citofono ora non più funzionante) posto accanto alla porta di ingresso, realizzato dall’artista Andreani. La leggenda subito sorta attorno a questo strano orecchio, scolpito nel 1930, dice che bisbigliando un desiderio nell’orecchio questo si avveri. Il liberty milanese vede il suo periodo di splendore durante l’esposizione internazionale del 1906: dopodiché lo stile risentirà di pesanti contaminazioni di altri stili, uno su tutti l’eclettismo. Un celebre esempio di questa tendenza è data da Casa Berri-Meregalli. Realizzata da Giulio Arata tra il 1911 e il 1915, presenta un vero e proprio misto di vari stili: il bugnato ruvido e lo sviluppo verticale della costruzione rimandano all’architettura neogotica, l’interno decorato a mosaici ricorda l’architettura bizantina di Ravenna, mentre i ferri battuti del Mazzucchelli e la sfilata di statue di vari animali riportano ai temi del liberty. Di immediato impatto sono le cariatidi di cemento all'ingresso, realizzate dallo scultore Michele Vedani: benché esse rappresentino un chiaro omaggio alle cariatidi originariamente poste all'ingresso di Palazzo Castiglioni del Sommaruga, sono meno austere e monumentali. Il cancello d'ingresso in ferro battuto, disegnato dallo stesso Campanini e realizzato dal Mazzucotelli , riprende i motivi floreali tipici della scultura liberty; tali trame si possono ritrovare anche nei ferri battuti all'interno del palazzo e nella gabbia dell'ascensore. Il palazzo complessivamente, rispetto al più monumentale Palazzo Castiglioni, assume forme meno maestose, ma più attente alla vita quotidiana. Uno dei gioielli dell'architettura barocca, il periodo storico che vide la nascita vera e propria del conservatorio meneghino è caratterizzato dalla figura di Napoleone. Nel 1796 il generale francese libera il capoluogo lombardo dagli austriaci e la proclama capitale della Repubblica Cisalpina. La vita culturale della città è già in fermento, complici le concezioni illuministiche sviluppatesi in sordina nel corso del governo austriaco. Le pesanti imposte richieste dai francesi sono viste come il prezzo necessario al mantenimento della libertà. L'aria di cambiamento portata da Bonaparte è propizia affinché l'idea di costruire un conservatorio maturi e si concretizzi. Le Cinque Giornate di Milano, forse vale la pena ricordare che iniziarono il 18 marzo del 1948 e terminarono il 22 marzo, data che è anche diventata toponimo del viale in uscita da Milano che parte dalla piazza. Questi cinque giorni furono decisivi per porre fine al dominio straniero che per secoli ci aveva dominato: spagnoli, austriaci, francesi e ancora austriaci. Qui un bassorilievo di età medioevale raffigurante una donna che mostra l’atto di radersi la vagina, faceva bella mostra di se su uno dei muri di "Porta Tosa" a Milano. In meneghino ragazza si dice tosa. Tosa da tosata, rasata. La leggenda vuole che il bassorilievo rappresenti con scherno la moglie dell'imperatore Federico Barbarossa (che aveva raso al suolo Milano); un’altra leggenda dice che grazie ad una delle prostitute milanesi uscita appena fuori dalla città (indicante dunque un luogo di meretricio) conquistò i soldati teutonici cosicché parte della resistenza cittadina potette uscire; forse il suo significato reale è ancor prima collegato a sculture apotropaiche dell'area celtica che mostrano donne che esibiscono la vulva. Dopo le 5 giornate, la porta fu distrutta per costruirvi l'attuale "Porta Vittoria" il bassorilievo non c'era già più. Era stato tolto sul finire del '500 per volere di Carlo Borromeo, ma conservato nel giardino di una casa patrizia fino al secolo XIX, adesso si trova la museo del castello di porta Giovia. La Rotonda della Besana (o "Rotonda di Via Besana") è un edificio tardobarocco di Milano. La "Rotonda" è un complesso, nato con funzioni cimiteriali, che ha il suo centro nella ex chiesa, intitolata a San Michele, oggi sconsacrata e adibita a spazio espositivo. L'Ospedale Maggiore di Milano, fin dalla sua nascita (1456), si era dotato di un'area cimiteriale in cui seppellire quanti fossero deceduti al suo interno, all'interno dello stesso complesso filaretiano di Via Festa del Perdono. Alla fine del XVII secolo, il sepolcreto si rivelò però insufficiente per le accresciute necessità e inadeguato alle esigenze igieniche di un grande nosocomio. Per la costruzione fu scelto un terreno nei pressi delle mura di "Porta Tosa", come era allora detta "Porta Vittoria", sita nel luogo dell'attuale Piazza Cinque Giornate. Nel 1696 venne edificato il nuovo cimitero con la chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri in fondo alla Strada di San Barnaba (attuale Via San Barnaba). Per il collegamento del Uno dei gioielli dell'architettura barocca, il periodo storico che vide la nascita vera e propria del conservatorio meneghino è caratterizzato dalla figura di Napoleone. Nel 1796 il generale francese libera il capoluogo lombardo dagli austriaci e la proclama capitale della Repubblica Cisalpina. La vita culturale della città è già in fermento, complici le concezioni illuministiche sviluppatesi in sordina nel corso del governo austriaco. Le pesanti imposte richieste dai francesi sono viste come il prezzo necessario al mantenimento della libertà. L'aria di cambiamento portata da Bonaparte è propizia affinché l'idea di costruire un conservatorio maturi e si concretizzi. Le Cinque Giornate di Milano, forse vale la pena ricordare che iniziarono il 18 marzo del 1948 e terminarono il 22 marzo, data che è anche diventata toponimo del viale in uscita da Milano che parte dalla piazza. Questi cinque giorni furono decisivi per porre fine al dominio straniero che per secoli ci aveva dominato: spagnoli, austriaci, francesi e ancora austriaci. Qui un bassorilievo di età medioevale raffigurante una donna che mostra l’atto di radersi la vagina, faceva bella mostra di se su uno dei muri di "Porta Tosa" a Milano. In meneghino ragazza si dice tosa. Tosa da tosata, rasata. La leggenda vuole che il bassorilievo rappresenti con scherno la moglie dell'imperatore Federico Barbarossa (che aveva raso al suolo Milano); un’altra leggenda dice che grazie ad una delle prostitute milanesi uscita appena fuori dalla città (indicante dunque un luogo di meretricio) conquistò i soldati teutonici cosicché parte della resistenza cittadina potette uscire; forse il suo significato reale è ancor prima collegato a sculture apotropaiche dell'area celtica che mostrano donne che esibiscono la vulva. Dopo le 5 giornate, la porta fu distrutta per costruirvi l'attuale "Porta Vittoria" il bassorilievo non c'era già più. Era stato tolto sul finire del '500 per volere di Carlo Borromeo, ma conservato nel giardino di una casa patrizia fino al secolo XIX, adesso si trova la museo del castello di porta Giovia. La Rotonda della Besana (o "Rotonda di Via Besana") è un edificio tardobarocco di Milano. La "Rotonda" è un complesso, nato con funzioni cimiteriali, che ha il suo centro nella ex chiesa, intitolata a San Michele, oggi sconsacrata e adibita a spazio espositivo. L'Ospedale Maggiore di Milano, fin dalla sua nascita (1456), si era dotato di un'area cimiteriale in cui seppellire quanti fossero deceduti al suo interno, all'interno dello stesso complesso filaretiano di Via Festa del Perdono. Alla fine del XVII secolo, il sepolcreto si rivelò però insufficiente per le accresciute necessità e inadeguato alle esigenze igieniche di un grande nosocomio. Per la costruzione fu scelto un terreno nei pressi delle mura di "Porta Tosa", come era allora detta "Porta Vittoria", sita nel luogo dell'attuale Piazza Cinque Giornate. Nel 1696 venne edificato il nuovo cimitero con la chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri in fondo alla Strada di San Barnaba (attuale Via San Barnaba). Per il collegamento del nuovo camposanto all'Ospedale Maggiore, fu costruito un nuovo ponte sulla cerchia dei navigli nei pressi dell'ingresso posteriore dell'Ospedale, sull'attuale Via Francesco Sforza. Di quest'opera, è tutt'ora visibile la Porta della Meraviglia sul retro della Ca' Granda. Poiché anche i vasti ossari collocati nei sotterranei della chiesa divennero insufficienti, nel 1719 venne realizzato il porticato circostante, terminato nel 1731. Il complesso era allora noto come "Foppone dell'Ospedale", dalla voce milanese "foppa" significante appunto "fossa", con cui venivano denominati i molti cimiteri di Milano. Vi furono sepolte quasi centocinquantamila persone. Il progetto fu degli architetti Attilio Arrigoni (autore della chiesa) e poi Francesco Croce (autore del porticato e della ristrutturazione della chiesa), con il contributo dell'ingegner Carlo Francesco Raffagno. L'omonimo Collegio della Guastalla nasce a Milano nel 1555 ad opera della generosissima e laica Paola Lodovica Torelli, Contessa di Guastalla, nata nel 1499 e rimasta vedova a soli 29 anni, si trasferì a Milano dopo aver venduto il suo feudo ai Gonzaga. Fondò quindi un Collegio, dedicandosi all'educazione di fanciulle nobili ma decadute che, senza dote o altri mezzi, sarebbero finite altrimenti in convento o su una cattiva strada. La sede originaria del Collegio è l'attuale sede del Giudice di pace. I Giardini della Guastalla ospitano al loro interno, al posto dell'originario laghetto, una pregevole vasca peschiera seicentesca, in stile barocco, formata da due terrazzamenti comunicanti tramite scale e arricchita da balaustre in granito bianco. Tra gli altri elementi si possono trovare un'edicola, sempre seicentesca, contenente il gruppo di statue in terracotta policroma della Maddalena penitente confortata da angeli, e un tempietto neoclassico del Cagnola. Vi è un'area giochi per i bambini e ai cani sono riservate due piccoli spazi cintati. Situata invece all'esterno del giardino, all'angolo di via San Barnaba e via della Commenda, una pregevole fontana barocca. nuovo camposanto all'Ospedale Maggiore, fu costruito un nuovo ponte sulla cerchia dei navigli nei pressi dell'ingresso posteriore dell'Ospedale, sull'attuale Via Francesco Sforza. Di quest'opera, è tutt'ora visibile la Porta della Meraviglia sul retro della Ca' Granda. Poiché anche i vasti ossari collocati nei sotterranei della chiesa divennero insufficienti, nel 1719 venne realizzato il porticato circostante, terminato nel 1731. Il complesso era allora noto come "Foppone dell'Ospedale", dalla voce milanese "foppa" significante appunto "fossa", con cui venivano denominati i molti cimiteri di Milano. Vi furono sepolte quasi centocinquantamila persone. Il progetto fu degli architetti Attilio Arrigoni (autore della chiesa) e poi Francesco Croce (autore del porticato e della ristrutturazione della chiesa), con il contributo dell'ingegner Carlo Francesco Raffagno. L'omonimo Collegio della Guastalla nasce a Milano nel 1555 ad opera della generosissima e laica Paola Lodovica Torelli, Contessa di Guastalla, nata nel 1499 e rimasta vedova a soli 29 anni, si trasferì a Milano dopo aver venduto il suo feudo ai Gonzaga. Fondò quindi un Collegio, dedicandosi all'educazione di fanciulle nobili ma decadute che, senza dote o altri mezzi, sarebbero finite altrimenti in convento o su una cattiva strada. La sede originaria del Collegio è l'attuale sede del Giudice di pace. I Giardini della Guastalla ospitano al loro interno, al posto dell'originario laghetto, una pregevole vasca peschiera seicentesca, in stile barocco, formata da due terrazzamenti comunicanti tramite scale e arricchita da balaustre in granito bianco. Tra gli altri elementi si possono trovare un'edicola, sempre seicentesca, contenente il gruppo di statue in terracotta policroma della Maddalena penitente confortata da angeli, e un tempietto neoclassico del Cagnola. Vi è un'area giochi per i bambini e ai cani sono riservate due piccoli spazi cintati. Situata invece all'esterno del giardino, all'angolo di via San Barnaba e via della Commenda, una pregevole fontana barocca. La Porta delle Meraviglia con i resti del ponte utilizzati come balaustre sulla via Francesco Sforza, collegava la Cà Granda con il cimitero della Rotonda della Besana. La Ca' Granda, già sede dell'Ospedale Maggiore di Milano, opera dell'architetto fiorentino Filarete, fu uno dei primi edifici rinascimentali a Milano ed ebbe un ampio seguito in tutta l'Italia settentrionale. Giunto grosso modo all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino (ne sarebbero tra l'altro testimoni antichi toponimi come via Poslaghetto e via Pantano): qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la Vettabbia appunto, con il Lambro, il Po e quindi il mare. Di questo collegamento fa menzione nell'XI secolo Landolfo Seniore nella sua Historia Mediolanensis, mentre una "patente" di Liutprando re dei Longobardi 690-740 parla di un porto tra Lambro e Po. Il nome, derivato dal preesistente toponimo, è legato al governatore spagnolo Juan Fernández de Velasco, a cui fu dedicata la piazza nel Seicento. Per la sua forma particolarissima fu ribattezzata dai milanesi "il grattacielo con le bretelle". Progettata e costruita da un gruppo di architetti tra il 1956 e il 1958 (292 giorni, 8 in meno del tempo contrattuale). Gli architetti volevano farla assomigliare ai torrioni medievali integrandola con gli edifici del centro storico milanese, lo stesso modello ispiratore del Castello Cova. La Porta delle Meraviglia con i resti del ponte utilizzati come balaustre sulla via Francesco Sforza, collegava la Cà Granda con il cimitero della Rotonda della Besana. La Ca' Granda, già sede dell'Ospedale Maggiore di Milano, opera dell'architetto fiorentino Filarete, fu uno dei primi edifici rinascimentali a Milano ed ebbe un ampio seguito in tutta l'Italia settentrionale. Giunto grosso modo all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino (ne sarebbero tra l'altro testimoni antichi toponimi come via Poslaghetto e via Pantano): qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la Vettabbia appunto, con il Lambro, il Po e quindi il mare. Di questo collegamento fa menzione nell'XI secolo Landolfo Seniore nella sua Historia Mediolanensis, mentre una "patente" di Liutprando re dei Longobardi 690-740 parla di un porto tra Lambro e Po. Il nome, derivato dal preesistente toponimo, è legato al governatore spagnolo Juan Fernández de Velasco, a cui fu dedicata la piazza nel Seicento. Per la sua forma particolarissima fu ribattezzata dai milanesi "il grattacielo con le bretelle". Progettata e costruita da un gruppo di architetti tra il 1956 e il 1958 (292 giorni, 8 in meno del tempo contrattuale). Gli architetti volevano farla assomigliare ai torrioni medievali integrandola con gli edifici del centro storico milanese, lo stesso modello ispiratore del Castello Cova. La basilica di San Giovanni in Conca risale al IV secolo ed era situata in un quartiere residenziale romano, del quale sono stati rinvenuti alcuni resti di pavimentazione a mosaico, oggi ospitati nel Museo archeologico di Milano. Fu riedificata nell'XI secolo, distrutta nel 1162 dal Barbarossa e riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del palazzo ducale, divenne la cappella dei Visconti. Nel 1531 fu donata da Francesco II Sforza all'ordine dei Carmelitani, che costruirono un elevato campanile utilizzato nel XIX secolo come osservatorio astronomico. La chiesa venne sconsacrata dagli Austriaci e definitivamente chiusa dai Francesi, che la destinarono a magazzino di ferramenta e carri. Nel 1879 venne accorciata per consentire, in corrispondenza delle campate iniziali della chiesa, l'apertura della nuova via Mazzini; in questo caso la facciata gotica venne arretrata in corrispondenza dell'abside. L'edificio venne quindi venduto ai Valdesi, che al momento della demolizione ne recuperarono la facciata e la utilizzarono applicandola alla loro nuova chiesa di via Francesco Sforza. Nel 1949 venne definitivamente demolita per realizzare l'asse viario di via Albricci-piazza Missori; soltanto all'ultimo, quando ormai la demolizione era giunta al termine, questi lavori vennero bloccati per intervento dell'allora soprintendente Luigi Crema. Oggi ne rimane la cripta, unico esempio di cripta romanica originale esistente a Milano, nella quale si trovano reperti archeologici, che testimoniano la storia della chiesa. Sopra di essa rimangono brani della muratura dell'abside, con una monofora ed il coronamento esterno degli archetti svuotati, tipico del romanico milanese (presente in Sant'Ambrogio, in San Nazaro, etc.). Anche la monofora superstite è di tipo romanico, con strombatura, arco a tutto sesto e due capitelli con volute a graffito. Edificata alla fine del Quattrocento inglobando il sacello di San Satiro di epoca altomedioevale, costituisce uno dei capolavori rinascimentali di Donato Bramante, celebre per la prospettiva illusoria della "finta abside". Si tratta di sedici colonne in marmo con capitelli corinzi che sostengono la trabeazione che fu di un edificio romano risalente al III secolo, probabilmente delle grandi terme volute dall'imperatore Massimiano. Le colonne vennero trasportate nell'attuale locazione nel IV secolo a completare la nascente basilica di San Lorenzo. Appoggiati alla basilica vi sono altri corpi, tra cui notevole è la cappella di sant'Aquilino con mosaici di età romana. La basilica di San Giovanni in Conca risale al IV secolo ed era situata in un quartiere residenziale romano, del quale sono stati rinvenuti alcuni resti di pavimentazione a mosaico, oggi ospitati nel Museo archeologico di Milano. Fu riedificata nell'XI secolo, distrutta nel 1162 dal Barbarossa e riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del palazzo ducale, divenne la cappella dei Visconti. Nel 1531 fu donata da Francesco II Sforza all'ordine dei Carmelitani, che costruirono un elevato campanile utilizzato nel XIX secolo come osservatorio astronomico. La chiesa venne sconsacrata dagli Austriaci e definitivamente chiusa dai Francesi, che la destinarono a magazzino di ferramenta e carri. Nel 1879 venne accorciata per consentire, in corrispondenza delle campate iniziali della chiesa, l'apertura della nuova via Mazzini; in questo caso la facciata gotica venne arretrata in corrispondenza dell'abside. L'edificio venne quindi venduto ai Valdesi, che al momento della demolizione ne recuperarono la facciata e la utilizzarono applicandola alla loro nuova chiesa di via Francesco Sforza. Nel 1949 venne definitivamente demolita per realizzare l'asse viario di via Albricci-piazza Missori; soltanto all'ultimo, quando ormai la demolizione era giunta al termine, questi lavori vennero bloccati per intervento dell'allora soprintendente Luigi Crema. Oggi ne rimane la cripta, unico esempio di cripta romanica originale esistente a Milano, nella quale si trovano reperti archeologici, che testimoniano la storia della chiesa. Sopra di essa rimangono brani della muratura dell'abside, con una monofora ed il coronamento esterno degli archetti svuotati, tipico del romanico milanese (presente in Sant'Ambrogio, in San Nazaro, etc.). Anche la monofora superstite è di tipo romanico, con strombatura, arco a tutto sesto e due capitelli con volute a graffito. Edificata alla fine del Quattrocento inglobando il sacello di San Satiro di epoca altomedioevale, costituisce uno dei capolavori rinascimentali di Donato Bramante, celebre per la prospettiva illusoria della "finta abside". Si tratta di sedici colonne in marmo con capitelli corinzi che sostengono la trabeazione che fu di un edificio romano risalente al III secolo, probabilmente delle grandi terme volute dall'imperatore Massimiano. Le colonne vennero trasportate nell'attuale locazione nel IV secolo a completare la nascente basilica di San Lorenzo. Appoggiati alla basilica vi sono altri corpi, tra cui notevole è la cappella di sant'Aquilino con mosaici di età romana. In romanico lombardo, contiene reperti paleocristiani, importanti capolavori di epoca gotica, quali l'Ancona della passione di Jacopino da Tradate, l'Ancona dei Magi e l'Arca di san Pietro martire, e di epoca rinascimentale quali la Cappella Brivio e la Cappella Portinari, considerata una delle maggiori architetture rinascimentali di Milano. Fu fondata probabilmente nel IV secolo. La tradizione vuole che il carro che portava le sacre reliquie dei Re Magi si fermò inspiegabilmente: le ruote erano diventate pesanti come macigni, e buoi e cavalli non la vincevano. Così il vescovo Eustorgio dovette abbandonare l'idea di avere i tre santi corpi nella cattedrale e si dovette costruire la Basilica fuori dalle mura cittadine. Col saccheggio di Federico Barbarossa le celebri e preziose reliquie furono trafugate e trasferite a Colonia in Germania. Solo nel 1906 alcune spoglie poterono fare ritorno nella basilica milanese, ora poste in una teca vicino al sarcofago dei tre Magi. Il campanile, in luogo della croce sommitale, è sormontato dalla stella a otto punte che li guidò fino a Betlemme, in loro memoria. Ogni 6 gennaio qui si conclude la processione dei Re Magi in costume medievale. All’interno della Cappella Portinari, capolavoro del Rinascimento milanese, si trova un affresco misterioso: quello che ritrae Madonna con Bambino, entrambi dotati di corna. In romanico lombardo, contiene reperti paleocristiani, importanti capolavori di epoca gotica, quali l'Ancona della passione di Jacopino da Tradate, l'Ancona dei Magi e l'Arca di san Pietro martire, e di epoca rinascimentale quali la Cappella Brivio e la Cappella Portinari, considerata una delle maggiori architetture rinascimentali di Milano. Fu fondata probabilmente nel IV secolo. La tradizione vuole che il carro che portava le sacre reliquie dei Re Magi si fermò inspiegabilmente: le ruote erano diventate pesanti come macigni, e buoi e cavalli non la vincevano. Così il vescovo Eustorgio dovette abbandonare l'idea di avere i tre santi corpi nella cattedrale e si dovette costruire la Basilica fuori dalle mura cittadine. Col saccheggio di Federico Barbarossa le celebri e preziose reliquie furono trafugate e trasferite a Colonia in Germania. Solo nel 1906 alcune spoglie poterono fare ritorno nella basilica milanese, ora poste in una teca vicino al sarcofago dei tre Magi. Il campanile, in luogo della croce sommitale, è sormontato dalla stella a otto punte che li guidò fino a Betlemme, in loro memoria. Ogni 6 gennaio qui si conclude la processione dei Re Magi in costume medievale. All’interno della Cappella Portinari, capolavoro del Rinascimento milanese, si trova un affresco misterioso: quello che ritrae Madonna con Bambino, entrambi dotati di corna. Struttura datata tra il II e il III secolo, quando Mediolanum andava assumendo un importante potere politico ed economico, ma quando era ancora lontana dal periodo in cui ebbe il suo massimo ruolo, nei secoli successivi. L'edificio venne abbandonato nei primi secoli del Cristianesimo, perché teatri e anfiteatri erano particolarmente invisi alle autorità religiose del nuovo culto. L'anfiteatro romano milanese divenne infatti una cava di materiali edili già tra il IV secolo e il V secolo, quando venne costruita la basilica di San Lorenzo. I blocchi di pietra utilizzati per le fondamenta sono in parte visibili nell'edificio, e paiono essere tratti dal muro di summa cavea dell'anfiteatro. Dall'anfiteatro dovrebbe venire anche un capitello di ordine corinzio utilizzato come base di un pilastro. Una delle più antiche della città, monumento di epoca paleocristiana e medievale. Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio, fu costruita in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Per questo venne dedicata ai martiri ed era chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le reliquie dei santi martiri Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria, Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora cambiò nome, assumendo quello attuale. Nella piazza, sul lato sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla recinzione, è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno cercando di trafiggere il santo con le corna finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. Secondo quanto narra Galvano Fiamma, essi giuravano sul messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano questa colonna: "Quando il re dei Romani vuole ricevere la corona del regno italico nella basilica Ambrosiana, l' Imperatore deve andare prima presso la colonna di marmo che sorge presso la basilica Ambrosiana stessa, e uno dei conti di Angera deve presentare all'Imperatore un messale. L'Imperatore giurerà che sarà obbediente al Papa e alla Chiesa Romana nelle cose temporali e spirituali... Quindi l'Arcivescovo o l'Abate di S.Ambrogio deve incoronarlo con la corona ferrea come Re d'Italia. Ciò fatto l'Imperatore deve abbracciare quella colonna dritta di marmo per significare che la giustizia in lui sarà diritta..." Struttura datata tra il II e il III secolo, quando Mediolanum andava assumendo un importante potere politico ed economico, ma quando era ancora lontana dal periodo in cui ebbe il suo massimo ruolo, nei secoli successivi. L'edificio venne abbandonato nei primi secoli del Cristianesimo, perché teatri e anfiteatri erano particolarmente invisi alle autorità religiose del nuovo culto. L'anfiteatro romano milanese divenne infatti una cava di materiali edili già tra il IV secolo e il V secolo, quando venne costruita la basilica di San Lorenzo. I blocchi di pietra utilizzati per le fondamenta sono in parte visibili nell'edificio, e paiono essere tratti dal muro di summa cavea dell'anfiteatro. Dall'anfiteatro dovrebbe venire anche un capitello di ordine corinzio utilizzato come base di un pilastro. Una delle più antiche della città, monumento di epoca paleocristiana e medievale. Edificata tra il 379 e il 386 per volere del vescovo di Milano Ambrogio, fu costruita in una zona in cui erano stati sepolti i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Per questo venne dedicata ai martiri ed era chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le reliquie dei santi martiri Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria, Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora cambiò nome, assumendo quello attuale. Nella piazza, sul lato sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla recinzione, è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno cercando di trafiggere il santo con le corna finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici. Secondo quanto narra Galvano Fiamma, essi giuravano sul messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano questa colonna: "Quando il re dei Romani vuole ricevere la corona del regno italico nella basilica Ambrosiana, l' Imperatore deve andare prima presso la colonna di marmo che sorge presso la basilica Ambrosiana stessa, e uno dei conti di Angera deve presentare all'Imperatore un messale. L'Imperatore giurerà che sarà obbediente al Papa e alla Chiesa Romana nelle cose temporali e spirituali... Quindi l'Arcivescovo o l'Abate di S.Ambrogio deve incoronarlo con la corona ferrea come Re d'Italia. Ciò fatto l'Imperatore deve abbracciare quella colonna dritta di marmo per significare che la giustizia in lui sarà diritta..." Il palazzo viene edificato tra il 1910 e il 1915, su progetto di Adolfo Coppedè, fratello del più famoso Gino Coppedè. L'edificio si impone subito per il suo stile fortemente neo-medioevale, peraltro in moda nell'Ottocento, rifuggendo però dalle eccessive decorazioni: il palazzo è costruito in mattoni in cotto, e decorato in pietra bianca. Impostato su cinque piani, l'ultimo è decorato con merlate guelfe a cui si aggiunge un torre medievaleggiante, anch'essa merlata, tipica delle architetture dei castelli. Il bugnato in pietra del primo piano, da un tocco leggermente eclettico alla costruzione. Decisamente degna di nota è la loggia coperta, che rafforza ulteriormente lo stile della casa: per via del suo volume, del fatto di trovarsi all'angolo tra due strade, e per via di elementi come la loggia e il torrione, il palazzo risulta avere un aspetto decisamente monumentale. Dalla torre del castello Cova, si ispireranno gli architetti della Torre Velasca, grattacielo situato nel centro di Milano. A poche decine di metri dall'edificio si trova la Pusterla di Sant'Ambrogio, antica porta urbica della città, che deve il suo aspetto attuale ad un rimaneggiamento del 1940, che porta avanti lo stile revival della zona. La chiesa di Santa Maria delle Grazie è una basilica e santuario di Milano, appartenente all'Ordine Domenicano e facente capo alla parrocchia di San Vittore al Corpo. L’architettura della tribuna, edificata fra il 1492 e il 1493 per volere del Duca di Milano Ludovico il Moro come mausoleo per la propria famiglia, costituisce una delle più alte realizzazioni del Rinascimento nell'Italia settentrionale. Fu il secondo sito italiano dopo le incisioni rupestri in Valcamonica ad essere classificato come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, insieme con l'affresco del Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel refettorio del convento (di proprietà del Comune di Milano). Esempio straordinariamente conservato di negozio liberty i cui arredi originali sono ancora in uso. La Casa di Riposo per Musicisti è una casa di riposo per cantanti e musicisti che venne fondata dal compositore Giuseppe Verdi nel 1896 ed è collocata a Milano, in piazza Buonarroti, 29. La struttura venne eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del celebre musicista Arrigo, amico del maestro Verdi. Qui trovarono sepoltura anche lo stesso Verdi nell'oratorio (1901), accanto alla moglie Giuseppina Strepponi. Il palazzo viene edificato tra il 1910 e il 1915, su progetto di Adolfo Coppedè, fratello del più famoso Gino Coppedè. L'edificio si impone subito per il suo stile fortemente neo-medioevale, peraltro in moda nell'Ottocento, rifuggendo però dalle eccessive decorazioni: il palazzo è costruito in mattoni in cotto, e decorato in pietra bianca. Impostato su cinque piani, l'ultimo è decorato con merlate guelfe a cui si aggiunge un torre medievaleggiante, anch'essa merlata, tipica delle architetture dei castelli. Il bugnato in pietra del primo piano, da un tocco leggermente eclettico alla costruzione. Decisamente degna di nota è la loggia coperta, che rafforza ulteriormente lo stile della casa: per via del suo volume, del fatto di trovarsi all'angolo tra due strade, e per via di elementi come la loggia e il torrione, il palazzo risulta avere un aspetto decisamente monumentale. Dalla torre del castello Cova, si ispireranno gli architetti della Torre Velasca, grattacielo situato nel centro di Milano. A poche decine di metri dall'edificio si trova la Pusterla di Sant'Ambrogio, antica porta urbica della città, che deve il suo aspetto attuale ad un rimaneggiamento del 1940, che porta avanti lo stile revival della zona. La chiesa di Santa Maria delle Grazie è una basilica e santuario di Milano, appartenente all'Ordine Domenicano e facente capo alla parrocchia di San Vittore al Corpo. L’architettura della tribuna, edificata fra il 1492 e il 1493 per volere del Duca di Milano Ludovico il Moro come mausoleo per la propria famiglia, costituisce una delle più alte realizzazioni del Rinascimento nell'Italia settentrionale. Fu il secondo sito italiano dopo le incisioni rupestri in Valcamonica ad essere classificato come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, insieme con l'affresco del Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel refettorio del convento (di proprietà del Comune di Milano). Esempio straordinariamente conservato di negozio liberty i cui arredi originali sono ancora in uso. La Casa di Riposo per Musicisti è una casa di riposo per cantanti e musicisti che venne fondata dal compositore Giuseppe Verdi nel 1896 ed è collocata a Milano, in piazza Buonarroti, 29. La struttura venne eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del celebre musicista Arrigo, amico del maestro Verdi. Qui trovarono sepoltura anche lo stesso Verdi nell'oratorio (1901), accanto alla moglie Giuseppina Strepponi. L'edificio era originariamente noto come Villa Faccanoni, opera di Giuseppe Sommaruga (1911-1913), poi diventò villa Romeo in seguito all'acquisto del 1919 effettuato dal celebre imprenditore dell'automobile Nicola Romeo. La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3 piani di 337 m2, una grande portineria e con un ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti (1908) e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio (1906). La villa venne ornata nel 1914 con due sculture di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite provenienti da Palazzo Castiglioni, altra preziosa residenza liberty milanese di inizio novecento (il palazzo era stato soprannominato Ca' di Ciapp (Casa delle Chiappe) proprio per via delle due sculture che avevano destato scandalo all'epoca della sua costruzione nel 1903). É una delle più grandi fontane di Milano. Costruita nel 1927 in pietra di Sarnico e marmo, ad opera dell'architetto Renzo Gerla. Essa presenta una gran varietà di zampilli attorno all'alto getto centrale; lungo il contorno è decorata di statue, obelischi, pigne. Il suo nome si rifà alle statue vicentine, ricalcate su originali del Settecento. Nel 1953 la fontana è stata restaurata con l'aggiunta di nuove sculture, opera di Eros Pellini, scultore milanese. Qui vi era l’ingresso principale alla Fiera Campionaria che lascia il posto alla nascente City Life. L'edificio era originariamente noto come Villa Faccanoni, opera di Giuseppe Sommaruga (1911-1913), poi diventò villa Romeo in seguito all'acquisto del 1919 effettuato dal celebre imprenditore dell'auto-mobile Nicola Romeo. La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3 piani di 337 m2, una grande portineria e con un ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti (1908) e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio (1906). La villa venne ornata nel 1914 con due sculture di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite provenienti da Palazzo Castiglioni, altra preziosa residenza liberty milanese di inizio novecento (il palazzo era stato soprannominato Ca' di Ciapp (Casa delle Chiappe) proprio per via delle due sculture che avevano destato scandalo all'epoca della sua costruzione nel 1903). É una delle più grandi fontane di Milano. Costruita nel 1927 in pietra di Sarnico e marmo, ad opera dell'architetto Renzo Gerla. Essa presenta una gran varietà di zampilli attorno all'alto getto centrale; lungo il contorno è decorata di statue, obelischi, pigne. Il suo nome si rifà alle statue vicentine, ricalcate su originali del Settecento. Nel 1953 la fontana è stata restaurata con l'aggiunta di nuove sculture, opera di Eros Pellini, scultore milanese. Qui vi era l’ingresso principale alla Fiera Campionaria che lascia il posto alla nascente City Life. Pedalata Milanese Realizzato dal Gruppo Ciclo Arcal RAI Milano Edizione 2013 Foto e testi tratti da Internet Pedalata Milanese Realizzato dal Gruppo Ciclo Arcal RAI Milano Edizione 2013 Foto e testi tratti da Internet