
Ogni giorno veniamo qui in città per lavorare, quasi mai però ci
si prende del tempo per andare per le sue vie con il naso all’insù
allo stesso modo di quando visitiamo in vacanza le altre città.
Milano merita, con le sue innumerevoli storie e leggende, con i
suoi luoghi nascosti e insoliti, con i suoi simboli misteriosi, con la
sua arte non solo nei bei musei bensì a cielo aperto, nei
monumenti, nei palazzi, nelle chiese, nelle opere pubbliche.
Una Milano non da visitare con l’ausilio delle guide dettagliate
bensì una Milano da gustare in leggerezza, toccando nel
passaggio luoghi di vario genere, toccando temi di vario genere,
ad esempio quello della “Centralità dell’acqua”, valore pubblico,
perché Milano è città d’acqua, il suo nome deriva da Medheland
terra di mezzo nel ciclo dell’acqua, ponte tra cielo e terra, fisico
e spirituale.
Si attraverseranno le varie fasi temporali, il tempo celtico, quello
romano, il tempo pre-medievale e medievale, il tempo
rinascimentale, il tempo moderno, il tempo contemporaneo, fino
ad intravedere già il tempo futuro.
Ci soffermeremo poco in alcuni luoghi mentre altri li guarderemo
soltanto dalla sella della nostra bicicletta, perciò abbiamo
preparato questo breve opuscolo che ci descrive il percorso con i
luoghi e le “cose” che incontreremo e ci racconta un po’ delle
loro storie, leggende e dicerie.
È bene sapere prima cosa incontreremo durante la nostra
pedalata milanese.
E allora che si fa?.....Si parte?....
Ogni giorno veniamo qui in città per lavorare, quasi mai però ci
si prende del tempo per andare per le sue vie con il naso all’insù
allo stesso modo di quando visitiamo in vacanza le altre città.
Milano merita, con le sue innumerevoli storie e leggende, con i
suoi luoghi nascosti e insoliti, con i suoi simboli misteriosi, con la
sua arte non solo nei bei musei bensì a cielo aperto, nei
monumenti, nei palazzi, nelle chiese, nelle opere pubbliche.
Una Milano non da visitare con l’ausilio delle guide dettagliate
bensì una Milano da gustare in leggerezza, toccando nel
passaggio luoghi di vario genere, toccando temi di vario genere,
ad esempio quello della “Centralità dell’acqua”, valore pubblico,
perché Milano è città d’acqua, il suo nome deriva da Medheland
terra di mezzo nel ciclo dell’acqua, ponte tra cielo e terra, fisico
e spirituale.
Si attraverseranno le varie fasi temporali, il tempo celtico, quello
romano, il tempo pre-medievale e medievale, il tempo
rinascimentale, il tempo moderno, il tempo contemporaneo, fino
ad intravedere già il tempo futuro.
Ci soffermeremo poco in alcuni luoghi mentre altri li guarderemo
soltanto dalla sella della nostra bicicletta, perciò abbiamo
preparato questo breve opuscolo che ci descrive il percorso con i
luoghi e le “cose” che incontreremo e ci racconta un po’ delle
loro storie, leggende e dicerie.
È bene sapere prima cosa incontreremo durante la nostra
pedalata milanese.
E allora che si fa?.....Si parte?....
Stazione fantasma - Arco della Pace
Arena Civica - Parco Sempione - Acquario
civico - Fontana dell’acquamarcia- Fontana
dei Bagni Misteriosi - Torre Branca
Castello Sforzesco - Fontana Turta di
spus - Monumento a Garibaldi - Piazza
Mercanti - Palazzo della Ragione - La
scrofa semilanuta - Telefono senza fili - La
parlèra - La Madonnina/Il Duomo/La
Statua della Libertà e Il dinosauro
sul Duomo – Il fantasma del Duomo - La
Galleria - Le palle del toro - I Panzerotti
Piazza della Scala - Monumento a
Manzoni e Casa Manzoni - Casa degli
Omenoni - La Ruota Solare - L'Omm de
preja (Scior Carera)– La Colonna del Leone
Facciata del Seminario Arcivescovile – Via
della Spiga - Cinte murarie e Porte cittadine
Giardini Indro Montanelli – Planetario e
Tredesin de marz - Casa Guazzoni
Casa Galimberti - Casa Castiglioni/Ca’ di
Ciapp - Casa con l’orecchio - Casa Berri
Meregalli - Casa Campanini - Conservatorio
Giuseppe Verdi - Piazza 5
giornate/Porta Vittoria/Porta Tosa
La Rotonda della Besana - Giardini Guastalla
Porta delle Meraviglia - Università “La
statale”/Ca’ Granda/Ospedale Maggiore
Via Laghetto, Via Pantano - Torre Velasca
Cripta San Giovanni in Conca - San Satiro
Colonne di San Lorenzo Sant’Eustorgio – Resti anfiteatro romano
Sant’Ambrogio - Colonna del diavolo
Castello Cova - Albero tra i palazzi
Santa Maria delle Grazie e
Cenacolo vinciano - Farmacia Santa
Teresa - Monumento a Verdi e Casa di
Riposo per Musicisti – Villa Faccanoni con le
statue della Ca’ di Ciapp - Fontana delle
quattro stagioni – City Life
Stazione fantasma - Arco della Pace
Arena Civica - Parco Sempione - Acquario
civico - Fontana dell’acquamarcia- Fontana
dei Bagni Misteriosi - Torre Branca
Castello Sforzesco - Fontana Turta di
spus - Monumento a Garibaldi - Piazza
Mercanti - Palazzo della Ragione - La
scrofa semilanuta - Telefono senza fili - La
parlèra - La Madonnina/Il Duomo/La
Statua della Libertà e Il dinosauro
sul Duomo – Il fantasma del Duomo - La
Galleria - Le palle del toro - I Panzerotti
Piazza della Scala - Monumento a
Manzoni e Casa Manzoni - Casa degli
Omenoni - La Ruota Solare - L'Omm de
preja (Scior Carera)– La Colonna del Leone
Facciata del Seminario Arcivescovile – Via
della Spiga - Cinte murarie e Porte cittadine
Giardini Indro Montanelli – Planetario e
Tredesin de marz - Casa Guazzoni
Casa Galimberti - Casa Castiglioni/Ca’ di
Ciapp - Casa con l’orecchio - Casa Berri
Meregalli - Casa Campanini - Conservatorio
Giuseppe Verdi - Piazza 5
giornate/Porta Vittoria/Porta Tosa
La Rotonda della Besana - Giardini Guastalla
Porta delle Meraviglia - Università “La
statale”/Ca’ Granda/Ospedale Maggiore
Via Laghetto, Via Pantano - Torre Velasca
Cripta San Giovanni in Conca - San Satiro
Colonne di San Lorenzo Sant’Eustorgio – Resti anfiteatro romano
Sant’Ambrogio - Colonna del diavolo
Castello Cova - Albero tra i palazzi
Santa Maria delle Grazie e
Cenacolo vinciano - Farmacia Santa
Teresa - Monumento a Verdi e Casa di
Riposo per Musicisti – Villa Faccanoni con le
statue della Ca’ di Ciapp - Fontana delle
quattro stagioni – City Life
Corso Sempione: c’è uno strano oggetto
fuori posto. Ai bordi del controviale spunta
dall'erba un respingente ferroviario.
Che cosa ci fa in mezzo a uno spartitraffic
erboso? Qui un tempo sorgeva una stazione
ferroviaria che univa Milano a Gallarate,
con ogni probabilità costruita sui resti della
precedente linea di tramway a cavallo
Milano-Saronno, il cui capolinea, alla fine
dell'800 era in piazza Sempione.
Per quale ragione quest’ultimo respingente
ha resistito e resiste e non si è mai fatto togliere?
Corso Sempione: c’è uno strano oggetto
fuori posto. Ai bordi del controviale spunta
dall'erba un respingente ferroviario.
Che cosa ci fa in mezzo a uno spartitraffic
erboso? Qui un tempo sorgeva una stazione
ferroviaria che univa Milano a Gallarate,
con ogni probabilità costruita sui resti della
precedente linea di tramway a cavallo
Milano-Saronno, il cui capolinea, alla fine
dell'800 era in piazza Sempione.
Per quale ragione quest’ultimo respingente
ha resistito e resiste e non si è mai fatto togliere?
Chissà se è vero che quest’Arco è in asse con l’Arco di Trionfo di Parigi,
si dice infatti che Napoleone nelle sue grandiosaggini volesse unire
Parigi a Milano con una strada dritta.
Il monumento, in marmo di Crevola, è alto 25 metri e largo 24.
L'opera venne progettata da Luigi Cagnola. I lavori iniziarono nel 1807,
vennero diretti dallo stesso Cagnola e supervisionati da Domenico
Moglia, Nicola Pirovano, Francesco Peverelli e Bai Gio Battista, sotto la
spinta del comune di Milano e di Napoleone. L'opera era oramai a due
terzi e diverse statue
erano già terminate,
come
quelle
della
Storia e
della Poesia, eseguite
dal neoclassico Luigi
Acquisti, quando, con
la caduta del Regno
Italico,
il
progetto
venne
abbandonato.
Solo nel 1826 venne
ripresa la riedificazione
dell'edificio
sotto
l'imperatore asburgico
Francesco I d'Austria,
che lo dedicò alla pace che aveva riunito le diverse potenze europee
nel 1815. Dopo la morte di Luigi Cagnola, avvenuta nel 1833, la
direzione dei lavori passò nelle mani di Carlo Giuseppe Londonio che lo
completò nel 1838, in tempo perché alla cerimonia di inaugurazione
partecipasse Ferdinando I, Imperatore d'Austria e re del LombardoVeneto. L'8 giugno 1859, quattro giorni dopo la vittoria di Magenta, vi
fecero il loro ingresso trionfale in Milano Napoleone III e Vittorio
Emanuele II, fra le acclamazioni della
folla.
Venne scelta la forma dell'anfiteatro,
come richiamo alla tradizione imperiale
romana, cui Napoleone esplicitamente
si richiamava.
30.000 spettatori, ovvero poco
popolazione di Milano dell'epoca.
Canonica la disegnò ispirandosi al circo di Massenzio,
situato fuori Roma sulla via
Appia
Antica,
vicino
alla
basilica di San Sebastiano
fuori le mura, forse il meglio
conservato
degli
antichi
monumenti romani. Ha forma
ellittica, con una lunghezza di
238 metri e una larghezza di
116 e poteva contenere fino a
meno di un quarto dell'intera
Tra gli alberi del parco pare si aggiri il fantasma di Isabella da
Lampugnano - bruciata sul rogo come strega nel 1519 – e quello
della Dama Velata, una bellissima donna vestita di nero e profumata
di violetta. I malcapitati che si sono lasciati sedurre hanno però
scoperto, una volta sollevato il velo, un teschio raccapricciante.
Il Parco Sempione sorge dove un tempo si trovava il parco ducale
visconteo chiamato "Barcho" e situato vicino al Castello Sforzesco,
esso venne ingrandito e cintato dagli Sforza fino a diventare ampio
oltre 3 milioni di metri quadri. Il parco era un bosco composto
prevalentemente da querce e castagneti e abitato anche da animali
esotici introdotti dall'uomo. Con la caduta degli Sforza e la
dominazione spagnola il parco venne abbandonato e nel 1861 in parte
venne destinato all'agricoltura, l'area dove attualmente sorge il Parco
Sempione invece venne usata
come piazza d'armi per i
militari
che
stazionavano
vicino al Castello Sforzesco. Il
nome
deriva
dal
corso
Sempione, il monumentale
asse stradale realizzato in
epoca
napoleonica
sul
tracciato della storica via del
Seprio, con la nuova porta
Sempione erede dell'antica
porta Giovia.
Chissà se è vero che quest’Arco è in asse con l’Arco di Trionfo di Parigi,
si dice infatti che Napoleone nelle sue grandiosaggini volesse unire
Parigi a Milano con una strada dritta.
Il monumento, in marmo di Crevola, è alto 25 metri e largo 24.
L'opera venne progettata da Luigi Cagnola. I lavori iniziarono nel 1807,
vennero diretti dallo stesso Cagnola e supervisionati da Domenico
Moglia, Nicola Pirovano, Francesco Peverelli e Bai Gio Battista, sotto la
spinta del comune di Milano e di Napoleone. L'opera era oramai a due
terzi e diverse statue
erano già terminate,
come
quelle
della
Storia e
della Poesia, eseguite
dal neoclassico Luigi
Acquisti, quando, con
la caduta del Regno
Italico,
il
progetto
venne
abbandonato.
Solo nel 1826 venne
ripresa la riedificazione
dell'edificio
sotto
l'imperatore asburgico
Francesco I d'Austria,
che lo dedicò alla pace che aveva riunito le diverse potenze europee
nel 1815. Dopo la morte di Luigi Cagnola, avvenuta nel 1833, la
direzione dei lavori passò nelle mani di Carlo Giuseppe Londonio che lo
completò nel 1838, in tempo perché alla cerimonia di inaugurazione
partecipasse Ferdinando I, Imperatore d'Austria e re del LombardoVeneto. L'8 giugno 1859, quattro giorni dopo la vittoria di Magenta, vi
fecero il loro ingresso trionfale in Milano Napoleone III e Vittorio
Emanuele II, fra le acclamazioni della
folla.
Venne scelta la forma dell'anfiteatro,
come richiamo alla tradizione imperiale
romana, cui Napoleone esplicitamente
si richiamava.
30.000 spettatori, ovvero poco
popolazione di Milano dell'epoca.
Canonica la disegnò ispirandosi al circo di Massenzio,
situato fuori Roma sulla via
Appia
Antica,
vicino
alla
basilica di San Sebastiano
fuori le mura, forse il meglio
conservato
degli
antichi
monumenti romani. Ha forma
ellittica, con una lunghezza di
238 metri e una larghezza di
116 e poteva contenere fino a
meno di un quarto dell'intera
Tra gli alberi del parco pare si aggiri il fantasma di Isabella da
Lampugnano - bruciata sul rogo come strega nel 1519 – e quello
della Dama Velata, una bellissima donna vestita di nero e profumata
di violetta. I malcapitati che si sono lasciati sedurre hanno però
scoperto, una volta sollevato il velo, un teschio raccapricciante.
Il Parco Sempione sorge dove un tempo si trovava il parco ducale
visconteo chiamato "Barcho" e situato vicino al Castello Sforzesco,
esso venne ingrandito e cintato dagli Sforza fino a diventare ampio
oltre 3 milioni di metri quadri. Il parco era un bosco composto
prevalentemente da querce e castagneti e abitato anche da animali
esotici introdotti dall'uomo. Con la caduta degli Sforza e la
dominazione spagnola il parco venne abbandonato e nel 1861 in parte
venne destinato all'agricoltura, l'area dove attualmente sorge il Parco
Sempione invece venne usata
come piazza d'armi per i
militari
che
stazionavano
vicino al Castello Sforzesco. Il
nome
deriva
dal
corso
Sempione, il monumentale
asse stradale realizzato in
epoca
napoleonica
sul
tracciato della storica via del
Seprio, con la nuova porta
Sempione erede dell'antica
porta Giovia.
Qui un mondo sottomarino ben si adatta alle
nuove forme del liberty: fregi e ceramiche
rappresentanti la vita sottomarina corrono
intorno all'edificio, che viene completato con
statue di animali marini, come la fontana con la
testa di ippopotamo e Nettuno. Progettato
dall'architetto Sebastiano Locati, costituisce
attrazione nel campo scientifico.
L’acqua bene comune, è tornata fortemente questa bella
consapevolezza. Questa fontana sembra la volessero chiudere al
pubblico con scuse di “sicurezza” per poi di nascosto privatizzarne la
fonte, per fortuna non ci sono riusciti! Abbiamo il dovere di difendere
l’acqua , anche in onore dei tantissimi milanesi anziani e non che
venivano e ancora vengono a bere e riempire le loro bottiglie da
riportare a casa. La popolazione milanese era abituata a bere
direttamente dalla fonte l'acqua dalle preziose proprietà terapeutiche,
tanto che sulla fontana del parco campeggia ancora un cartello con
scritto «Acqua non potabile»: in quest’acqua, infatti, si trovano dei sali
che non sono adatti per un acquedotto. Negli anni ‘50 studi ed esami
chimico farmacologici dimostrarono che l’acqua, oltre che essere
sulfurea, è anche oligominerale, caratteristiche che raramente si
trovano contemporaneamente nelle acque del sottosuolo italiano.
Le acque termali non sono
una novità per Milano, città
che è sempre stata ricca di
acqua nel sottosuolo. Sono
infatti tre le falde che, a
diversa
profondità,
si
trovano nel terreno: in
ordine, sono la falda di
acqua piovana, la falda
dell’acqua potabile e la falda
(verso i 400 metri di
profondità) di acqua termale.
Già negli anni Trenta vennero costruite a Milano tre fontane pubbliche
di acqua termale, detta «acqua marcia» per il forte odore di idrossido
di zolfo. Le altre due fontane, in classico stile decò, si trovano in viale
Piceno, e in C.so di Porta Nuova, purtroppo da nessuna delle due non
sgorga più nulla.
La Torre Branca è una slanciata struttura metallica
alta 108 metri, che sorge accanto alla Triennale.
Denominata Littoria, fu costruita in occasione della
quinta Mostra Triennale delle Arti Decorative su
progetto dell'architetto Giò Ponti e venne
inaugurata il 10 agosto 1933. E' stata riaperta al
pubblico per la prima volta nell'estate del 1997, in
seguito al restauro effettuato dalla società "Fratelli
Branca". Dalla torre è possibile avere una visione
panoramica sui principali monumenti della città:
l'Arco della Pace, il Castello Sforzesco e il Duomo.
L'ascensore consente di salire lungo i 99 metri in
circa 90 secondi sino al belvedere.
La fontana è composta da sette misteriosi elementi: una cabina, un
trampolino, due nuotatori, un cigno, una palla e una fonte in pietra. La
vasca di profilo curvilineo è decorata dai disegni delle onde. Il
significato della composizione metafisica si dovrebbe cercare, come nel
caso delle altre opere dell’artista, nella simbologia mitologica o
classica.
Una
delle
ultime
sculture di Giorgio de Chirico,
realizzata nel 1973 in occasione
della Triennale di Milano, spesso
non viene neanche menzionata
negli elenchi delle opere del
maestro. Qui si trova ancora
nella sua collocazione originale,
davanti alla Triennale. A Milano
è molto raro potersi sdraiare sul
prato di un parco e ammirare
un’opera di un grande maestro.
Qui un mondo sottomarino ben si adatta alle
nuove forme del liberty: fregi e ceramiche
rappresentanti la vita sottomarina corrono
intorno all'edificio, che viene completato con
statue di animali marini, come la fontana con la
testa di ippopotamo e Nettuno. Progettato
dall'architetto Sebastiano Locati, costituisce
attrazione nel campo scientifico.
L’acqua bene comune, è tornata fortemente questa bella
consapevolezza. Questa fontana sembra la volessero chiudere al
pubblico con scuse di “sicurezza” per poi di nascosto privatizzarne la
fonte, per fortuna non ci sono riusciti! Abbiamo il dovere di difendere
l’acqua , anche in onore dei tantissimi milanesi anziani e non che
venivano e ancora vengono a bere e riempire le loro bottiglie da
riportare a casa. La popolazione milanese era abituata a bere
direttamente dalla fonte l'acqua dalle preziose proprietà terapeutiche,
tanto che sulla fontana del parco campeggia ancora un cartello con
scritto «Acqua non potabile»: in quest’acqua, infatti, si trovano dei sali
che non sono adatti per un acquedotto. Negli anni ‘50 studi ed esami
chimico farmacologici dimostrarono che l’acqua, oltre che essere
sulfurea, è anche oligominerale, caratteristiche che raramente si
trovano contemporaneamente nelle acque del sottosuolo italiano.
Le acque termali non sono
una novità per Milano, città
che è sempre stata ricca di
acqua nel sottosuolo. Sono
infatti tre le falde che, a
diversa
profondità,
si
trovano nel terreno: in
ordine, sono la falda di
acqua piovana, la falda
dell’acqua potabile e la falda
(verso i 400 metri di
profondità) di acqua termale.
Già negli anni Trenta vennero costruite a Milano tre fontane pubbliche
di acqua termale, detta «acqua marcia» per il forte odore di idrossido
di zolfo. Le altre due fontane, in classico stile decò, si trovano in viale
Piceno, e in C.so di Porta Nuova, purtroppo da nessuna delle due non
sgorga più nulla.
La Torre Branca è una slanciata struttura metallica
alta 108 metri, che sorge accanto alla Triennale.
Denominata Littoria, fu costruita in occasione della
quinta Mostra Triennale delle Arti Decorative su
progetto dell'architetto Giò Ponti e venne
inaugurata il 10 agosto 1933. E' stata riaperta al
pubblico per la prima volta nell'estate del 1997, in
seguito al restauro effettuato dalla società "Fratelli
Branca". Dalla torre è possibile avere una visione
panoramica sui principali monumenti della città:
l'Arco della Pace, il Castello Sforzesco e il Duomo.
L'ascensore consente di salire lungo i 99 metri in
circa 90 secondi sino al belvedere.
La fontana è composta da sette misteriosi elementi: una cabina, un
trampolino, due nuotatori, un cigno, una palla e una fonte in pietra. La
vasca di profilo curvilineo è decorata dai disegni delle onde. Il
significato della composizione metafisica si dovrebbe cercare, come nel
caso delle altre opere dell’artista, nella simbologia mitologica o
classica.
Una
delle
ultime
sculture di Giorgio de Chirico,
realizzata nel 1973 in occasione
della Triennale di Milano, spesso
non viene neanche menzionata
negli elenchi delle opere del
maestro. Qui si trova ancora
nella sua collocazione originale,
davanti alla Triennale. A Milano
è molto raro potersi sdraiare sul
prato di un parco e ammirare
un’opera di un grande maestro.
Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e
della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco
Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una
precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come
Castrum Portae Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e
nei secoli ha subito notevoli trasformazioni.
Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali
cittadelle militari d'Europa; quasi interamente rifatto in
stile storicista da Luca Beltrami tra il 1891 e il 1905, ora è
sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica.
Il Castello Sforzesco è uno dei principali simboli di Milano e
della sua storia. Fu costruito nel XV secolo da Francesco
Sforza, divenuto da poco Duca di Milano, sui resti di una
precedente fortificazione risalente al XIV secolo nota come
Castrum Portae Jovis (Castello di porta Giovia o Zobia), e
nei secoli ha subito notevoli trasformazioni.
Fra il Cinquecento e il Seicento era una delle principali
cittadelle militari d'Europa; quasi interamente rifatto in
stile storicista da Luca Beltrami tra il 1891 e il 1905, ora è
sede di importanti istituzioni culturali e meta turistica.
I vecchi milanesi la chiamavano così per la sua forma rotonda e piatta
sormontata da uno zampillo a ventaglio che la rendeva simile a una
torta nuziale. Quando alla fine degli anni Trenta venne collocata nello
spazio davanti al Castello, come ideale raccordo tra largo Cairoli e il
monumento sforzesco, la fontana (realizzata dall' Aem per un incontro
di Mussolini con i reduci dell' Abissinia) venne salutata con favore dai
cittadini e soprattutto dai turisti, poiché sedendosi sul bordo della
grande vasca potevano farsi fotografare insieme alla Torre del Filarete.
In una Milano tradizionalmente povera di fontane un getto d'acqua in
più pareva dare sollievo soltanto a guardarlo, nei giorni di canicola.
Invece arrivarono poco dopo i giorni dell' oscuramento, e la fontana del
Castello, che di notte era illuminata, venne subito soppressa.
Riprese il suo chioccolio
nel dopoguerra, ma le
sue traversie non erano
finite.
Gli scavi della prima
linea della metropolitana
la
costrinsero
a
sloggiare per costruire la
fermata
Cairoli.
Al
momento sembrò un
lutto provvisorio per la
città , che però in pochi
anni parve dimenticare
che la fontana fosse
esistita.
Le
sue
strutture, smontate e
riposte in magazzino,
divennero in poco tempo
inservibili. Ma quando
qualcuno ne chiedeva
notizia si sentiva rispondere (erano i giorni di Tangentopoli) che la
fontana se l' era portata via Craxi e si trovava ad Hammamet... Era
una leggenda metropolitana, sembra divulgata dai taxisti, che però
ebbe molta fortuna in quegli anni, cioè quando al leader socialista si
attribuiva ogni sorta di ladrocinio. Insomma, quella del Castello e' stata
una fontana poco fortunata. Ma nel marzo del Duemila è tornata ad
occupare il suo vecchio posto.
Sulla parte alta del monumento cavallo
e cavaliere sono rivolti verso il centro di
Milano, in atto di entrarvi da trionfatori;
sotto,
aggettanti
dal
piedestallo,
campeggiano una "Rivoluzione " e una
"Libertà", quasi ad accompagnare la
marcia, che esaltano le armi (spade
sguainate) e la vittoria conquistata,
contornate come sono, alla maniera
rinascimentale, da fregi, corone d'alloro
e palme. Bene ha fatto la città ad
individuare questo sito e a dedicarlo ai
fratelli Cairoli, celebri garibaldini, ma
anche a decidere che l'imponente
monumento a ricordo dell’eroe dei due
mondi fosse lì eretto. Nel 1895, quindi
a pochi anni dalla morte di Garibaldi, il
grandioso manufatto era pronto e alla sua inaugurazione, avvenuta il 3
novembre di quell'anno, intervenne Felice Cavallotti per tenere un
eloquentissimo discorso ai presenti. La parte architettonica del
monumento è opera dell'architetto Augusto Guidini, un'artista
lombardo nato nel 1853, mentre la statua equestre, in bronzo, si deve
all'arte di uno dei più illustri scultori siciliani, il palermitano Ettore
Ximenes (1855-1926).
Nella zona dove nel tempo antico c’era il Foro romano, si venne a
creare una Piazza a partire dalla metà del XIII secolo con una pianta
rettangolare, in origine più ampia dell'attuale. Vi si aprivano sei accessi
riferiti agli altrettanti sestieri cittadini. Le
vie attigue prendevano il nome delle
diverse attività svolte: Armorari, Spadari,
Cappellari, Orefici, Speronari, Fustagnari.
I principali palazzi della piazza sono: il
palazzo della Ragione (Broletto Nuovo) la
Loggia degli Osii le Scuole Palatine la
Casa dei Panigarola. Curiosità: Telefono
senza fili, la scrofa semilanuta, la parlèra.
I vecchi milanesi la chiamavano così per la sua forma rotonda e piatta
sormontata da uno zampillo a ventaglio che la rendeva simile a una
torta nuziale. Quando alla fine degli anni Trenta venne collocata nello
spazio davanti al Castello, come ideale raccordo tra largo Cairoli e il
monumento sforzesco, la fontana (realizzata dall' Aem per un incontro
di Mussolini con i reduci dell' Abissinia) venne salutata con favore dai
cittadini e soprattutto dai turisti, poiché sedendosi sul bordo della
grande vasca potevano farsi fotografare insieme alla Torre del Filarete.
In una Milano tradizionalmente povera di fontane un getto d'acqua in
più pareva dare sollievo soltanto a guardarlo, nei giorni di canicola.
Invece arrivarono poco dopo i giorni dell' oscuramento, e la fontana del
Castello, che di notte era illuminata, venne subito soppressa.
Riprese il suo chioccolio
nel dopoguerra, ma le
sue traversie non erano
finite.
Gli scavi della prima
linea della metropolitana
la
costrinsero
a
sloggiare per costruire la
fermata
Cairoli.
Al
momento sembrò un
lutto provvisorio per la
città , che però in pochi
anni parve dimenticare
che la fontana fosse
esistita.
Le
sue
strutture, smontate e
riposte in magazzino,
divennero in poco tempo
inservibili. Ma quando
qualcuno ne chiedeva
notizia si sentiva rispondere (erano i giorni di Tangentopoli) che la
fontana se l' era portata via Craxi e si trovava ad Hammamet... Era
una leggenda metropolitana, sembra divulgata dai taxisti, che però
ebbe molta fortuna in quegli anni, cioè quando al leader socialista si
attribuiva ogni sorta di ladrocinio. Insomma, quella del Castello e' stata
una fontana poco fortunata. Ma nel marzo del Duemila è tornata ad
occupare il suo vecchio posto.
Sulla parte alta del monumento cavallo
e cavaliere sono rivolti verso il centro di
Milano, in atto di entrarvi da trionfatori;
sotto,
aggettanti
dal
piedestallo,
campeggiano una "Rivoluzione " e una
"Libertà", quasi ad accompagnare la
marcia, che esaltano le armi (spade
sguainate) e la vittoria conquistata,
contornate come sono, alla maniera
rinascimentale, da fregi, corone d'alloro
e palme. Bene ha fatto la città ad
individuare questo sito e a dedicarlo ai
fratelli Cairoli, celebri garibaldini, ma
anche a decidere che l'imponente
monumento a ricordo dell’eroe dei due
mondi fosse lì eretto. Nel 1895, quindi
a pochi anni dalla morte di Garibaldi, il
grandioso manufatto era pronto e alla sua inaugurazione, avvenuta il 3
novembre di quell'anno, intervenne Felice Cavallotti per tenere un
eloquentissimo discorso ai presenti. La parte architettonica del
monumento è opera dell'architetto Augusto Guidini, un'artista
lombardo nato nel 1853, mentre la statua equestre, in bronzo, si deve
all'arte di uno dei più illustri scultori siciliani, il palermitano Ettore
Ximenes (1855-1926).
Nella zona dove nel tempo antico c’era il Foro romano, si venne a
creare una Piazza a partire dalla metà del XIII secolo con una pianta
rettangolare, in origine più ampia dell'attuale. Vi si aprivano sei accessi
riferiti agli altrettanti sestieri cittadini. Le
vie attigue prendevano il nome delle
diverse attività svolte: Armorari, Spadari,
Cappellari, Orefici, Speronari, Fustagnari.
I principali palazzi della piazza sono: il
palazzo della Ragione (Broletto Nuovo) la
Loggia degli Osii le Scuole Palatine la
Casa dei Panigarola. Curiosità: Telefono
senza fili, la scrofa semilanuta, la parlèra.
Al centro della piazza venne edificato, per
volere del podestà Oldrado da Tresseno, il
"palazzo della Ragione", detto anche
Broletto Nuovo, terminato nel 1233 e
adibito alle attività giudiziarie, che diede il
nome di piazza del Broletto alla piazza
stessa in epoca medioevale. Con questo edificio, costituito da una sala
sovrapposta ad una loggia, si inaugura una tipologia ripresa in varie
città lombarde, prima tra tutte Monza con il suo Arengario.
La leggenda vuole che il fondatore di Milano fu il celta
Belloveso, che attraversò le Alpi e il territorio degli
Edui per arrivare nella pianura Padana.Belloveso vide
nel luogo indicato da una dea Belisama in sogno, una
scrofa di cinghiale che aveva la particolarità di avere il
pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo.
Sotto i portici si può provare il telefono
senza fili, a testimonianza che nel
luogo affollato di mercanti e "avvocati"
era comunque possibile trattare e
tramare facilmente.
Affacciandosi dal balconcino (detto "parlera"), ornato da un'aquila che
stringe una preda, simbolo della giustizia, i Magistrati annunciavano
alla cittadinanza editti e sentenze. La Loggia degli Osii fu costruita nel
1316 per ordine di Matteo Visconti, che
intendeva realizzare attorno al Palazzo della
Ragione un sistema di portici nei quali comporre
le attività giuridico notarili della città. Deve il
nome ai palazzi e alle proprietà degli Osii site in
questo punto prima della sua realizzazione. Suo
architetto fu Scoto da San Gimignano.
Tutte le cattedrali hanno
più alto meno questa,
Imbraccia una lancia ed il
immediato , antica divinità
protettrice e custode del
matriarcale. Il suo compagno
del fuoco, da Bel=Luce, e
Ecco uno dei segni di
a femminile-maschile e poi
posto del Duomo sorgevano
Maggiore, chiese cristiane
sorsero al posto del
romana e che a sua volta
culto di Belisama.
una croce in cima al punto
l'unica che ha in cima la Madonnina.
parallelo con la dea Belisama è
proto celtica donna-guerriera,
fuoco, propria dell'antica epoca
era il dio Beleno, anch'esso padrone
successivamente divenuto Apollo.
passaggio di "potere" da femminile,
a maschile, vedi patriarcato. Al
Santa Tecla e Santa Maria
estiva e invernale, a loro volta
tempio di Minerva di epoca
sorse al posto del luogo di
Al centro della piazza venne edificato, per
volere del podestà Oldrado da Tresseno, il
"palazzo della Ragione", detto anche
Broletto Nuovo, terminato nel 1233 e
adibito alle attività giudiziarie, che diede il
nome di piazza del Broletto alla piazza
stessa in epoca medioevale. Con questo edificio, costituito da una sala
sovrapposta ad una loggia, si inaugura una tipologia ripresa in varie
città lombarde, prima tra tutte Monza con il suo Arengario.
La leggenda vuole che il fondatore di Milano fu il celta
Belloveso, che attraversò le Alpi e il territorio degli
Edui per arrivare nella pianura Padana.Belloveso vide
nel luogo indicato da una dea Belisama in sogno, una
scrofa di cinghiale che aveva la particolarità di avere il
pelo molto lungo sulla parte anteriore del corpo.
Sotto i portici si può provare il telefono
senza fili, a testimonianza che nel
luogo affollato di mercanti e "avvocati"
era comunque possibile trattare e
tramare facilmente.
Affacciandosi dal balconcino (detto "parlera"), ornato da un'aquila che
stringe una preda, simbolo della giustizia, i Magistrati annunciavano
alla cittadinanza editti e sentenze. La Loggia degli Osii fu costruita nel
1316 per ordine di Matteo Visconti, che
intendeva realizzare attorno al Palazzo della
Ragione un sistema di portici nei quali comporre
le attività giuridico notarili della città. Deve il
nome ai palazzi e alle proprietà degli Osii site in
questo punto prima della sua realizzazione. Suo
architetto fu Scoto da San Gimignano.
Tutte le cattedrali hanno
più alto meno questa,
Imbraccia una lancia ed il
immediato , antica divinità
protettrice e custode del
matriarcale. Il suo compagno
del fuoco, da Bel=Luce, e
Ecco uno dei segni di
a femminile-maschile e poi
posto del Duomo sorgevano
Maggiore, chiese cristiane
sorsero al posto del
romana e che a sua volta
culto di Belisama.
una croce in cima al punto
l'unica che ha in cima la Madonnina.
parallelo con la dea Belisama è
proto celtica donna-guerriera,
fuoco, propria dell'antica epoca
era il dio Beleno, anch'esso padrone
successivamente divenuto Apollo.
passaggio di "potere" da femminile,
a maschile, vedi patriarcato. Al
Santa Tecla e Santa Maria
estiva e invernale, a loro volta
tempio di Minerva di epoca
sorse al posto del luogo di
Milano ha anche una "Statua della Libertà".
Questa statua si trova sul Duomo di Milano,
sul lato sinistro del balcone sopra il portone
centrale della Basilica. Questa statua, nota
come «La Legge Nuova, risale al 1810 ed è
stata realizzata da Camillo Pacetti. Si ritiene
che sia uno dei modelli che avrebbe ispirato
Frederic Auguste Bartholdi per la realizzazione
della Statua della Libertà di New York, nel
1885.
La facciata del Duomo di Milano riserva
sempre delle sorprese. Come se non bastasse
la Statua della Libertà, tra i santi e i martiri rappresentati sul Duomo a
destra del portone centrale, nella parte bassa del fregio in marmo fa
bella mostra di sè un cucciolo di dinosauro. Probabilmente quello
raffigurato nel marmo del Duomo è il drago Tarantasio. Secondo una
leggenda popolare infatti, il lago Gerundo, nelle vicinanze di Lodi,
sarebbe stato abitato da un dragone chiamato Tarànto o più
comunemente
conosciuto
come
Tarantasio, il quale si sarebbe nutrito
soprattutto di bambini, ammorbando l'aria
con il suo fiato pestilenziale e causando la
malattia della febbre gialla.Sono sorte
numerose leggende riguardo al drago, le
quali
sono
tutte
accomunate
dalla
concomitanza tra l'uccisione di Tarànto e il
prosciugamento del lago. Alcune fonti
popolari attribuiscono il prosciugamento e
la bonifica del lago a san Cristoforo, che
avrebbe sconfitto il drago, o a Federico
Barbarossa. La più suggestiva riguarda
l'uccisione del drago da parte del
capostipite dei Visconti, il quale avrebbe
poi adottato come simbolo la creatura
sconfitta, ovvero il biscione con il bambino
in bocca.
Si narra che anche il Duomo di Milano abbia il suo fantasma che vaga
sconsolato. E' capitato a diversi fotografi di scattare una foto a una
coppia di sposi dopo la cerimonia nuziale sulla porta del Duomo di
Milano e successivamente scorgere dietro di loro una donna
sconosciuta vestita di nero. Questa misteriosa figura sembra essere il
fantasma di una certa Carlina, vissuta a Schignano, vicino a Como,
dove era in voga l'antica usanza di far vestire le spose a lutto,
completamente avvolte nella seta nera, per ingannare gli uomini del
feudatario del luogo che si arrogava il famigerato jus primae noctis (il
diritto di consumare la prima notte di nozze con le giovani appena
sposate). In una fredda e nebbiosa giornata di ottobre Carlina si sposò
con il suo Renzino avvolta nel suo abito nero e partirono per Milano per
il viaggio di nozze; decisero di salire sul Duomo di Milano dove tra le
guglie ammantate dalla nebbia spuntavano via via le statue di drago
che cominciarono ad inquietare la povera Carlina che portava nel cuore
la colpa di essersi concessa ad un giovane straniero biondo poco tempo
prima delle nozze, rimanendo incinta. Carlina decise di non dire nulla al
futuro sposo e di fargli credere che quel figlio fosse suo, ma quel luogo
suggestivo e silenzioso vicino al cielo dove nella foschia comparivano
sagome
inquietanti
spaventarono a tal
punto
la
novella
sposa che lasciò la
mano del giovane
sposo e cominciò a
correre tra le statue
urlando
angosciata
del peso che portava
in grembo. Ad un
tratto il marito la
vide cadere nel vuoto
poi sparire inghiottita
dalle
guglie
del
Duomo. La leggenda
racconta che il suo
corpo fu cercato in
lungo e in largo ma
non
venne
mai
trovato.
Milano ha anche una "Statua della Libertà".
Questa statua si trova sul Duomo di Milano,
sul lato sinistro del balcone sopra il portone
centrale della Basilica. Questa statua, nota
come «La Legge Nuova, risale al 1810 ed è
statua realizzata da Camillo Pacetti. Si ritiene
che sia uno dei modelli che avrebbe ispirato
Frederic Auguste Bartholdi per la realizzazione
della Statua della Libertà di New York, nel
1885.
La facciata del Duomo di Milano riserva
sempre delle sorprese. Come se non bastasse
la Statua della Libertà, tra i santi e i martiri rappresentati sul Duomo a
destra del portone centrale, nella parte bassa del fregio in marmo fa
bella mostra di sè un cucciolo di dinosauro. Probabilmente quello
raffigurato nel marmo del Duomo è il drago Tarantasio. Secondo una
leggenda popolare infatti, il lago Gerundo, nelle vicinanze di Lodi,
sarebbe stato abitato da un dragone chiamato Tarànto o più
comunemente
conosciuto
come
Tarantasio, il quale si sarebbe nutrito
soprattutto di bambini, ammorbando l'aria
con il suo fiato pestilenziale e causando la
malattia della febbre gialla.Sono sorte
numerose leggende riguardo al drago, le
quali
sono
tutte
accomunate
dalla
concomitanza tra l'uccisione di Tarànto e il
prosciugamento del lago. Alcune fonti
popolari attribuiscono il prosciugamento e
la bonifica del lago a san Cristoforo, che
avrebbe sconfitto il drago, o a Federico
Barbarossa. La più suggestiva riguarda
l'uccisione del drago da parte del
capostipite dei Visconti, il quale avrebbe
poi adottato come simbolo la creatura
sconfitta, ovvero il biscione con il bambino
in bocca.
Si narra che anche il Duomo di Milano abbia il suo fantasma che vaga
sconsolato. E' capitato a diversi fotografi di scattare una foto a una
coppia di sposi dopo la cerimonia nuziale sulla porta del Duomo di
Milano e successivamente scorgere dietro di loro una donna
sconosciuta vestita di nero. Questa misteriosa figura sembra essere il
fantasma di una certa Carlina, vissuta a Schignano, vicino a Como,
dove era in voga l'antica usanza di far vestire le spose a lutto,
completamente avvolte nella seta nera, per ingannare gli uomini del
feudatario del luogo che si arrogava il famigerato jus primae noctis (il
diritto di consumare la prima notte di nozze con le giovani appena
sposate). In una fredda e nebbiosa giornata di ottobre Carlina si sposò
con il suo Renzino avvolta nel suo abito nero e partirono per Milano per
il viaggio di nozze; decisero di salire sul Duomo di Milano dove tra le
guglie ammantate dalla nebbia spuntavano via via le statue di drago
che cominciarono ad inquietare la povera Carlina che portava nel cuore
la colpa di essersi concessa ad un giovane straniero biondo poco tempo
prima delle nozze, rimanendo incinta. Carlina decise di non dire nulla al
futuro sposo e di fargli credere che quel figlio fosse suo, ma quel luogo
suggestivo e silenzioso vicino al cielo dove nella foschia comparivano
sagome
inquietanti
spaventarono a tal
punto
la
novella
sposa che lasciò la
mano del giovane
sposo e cominciò a
correre tra le statue
urlando
angosciata
del peso che portava
in grembo. Ad un
tratto il marito la
vide cadere nel vuoto
poi sparire inghiottita
dalle
guglie
del
Duomo. La leggenda
racconta che il suo
corpo fu cercato in
lungo e in largo ma
non
venne
mai
trovato.
.
La Galleria di Milano, con le sue strutture di ferro a vista,
fu uno degli esempi a cui si sarebbe ispirato Gustave Eiffel,
pochi anni dopo. Nel 1859 si fece seria l'idea di un
passaggio coperto che collegasse piazza Duomo a piazza
della Scala: simile alla Galleria de Cristoforis, sempre a
Milano a San Babila, ma più grande e più borghese.
L'Ottagono centrale è considerato il salotto della città.
Sul suo pavimento, al centro, è realizzato a mosaico lo
stemma di Casa Savoia. Ai suoi lati, sempre in mosaici,
sono rappresentati gli stemmi delle quattro città che in
epoche diverse sono state capitali del Regno d'Italia:
nell'ordine Milano (con Napoleone), poi Torino, Firenze e
infine Roma (coi Savoia). Nelle lunette attorno alla volta,
sono raffigurate le allegorie dei quattro continenti
Africa, Asia, Europa e America
.
La Galleria di Milano, con le sue strutture di ferro a vista,
fu uno degli esempi a cui si sarebbe ispirato Gustave Eiffel,
pochi anni dopo. Nel 1859 si fece seria l'idea di un
passaggio coperto che collegasse piazza Duomo a piazza
della Scala: simile alla Galleria de Cristoforis, sempre a
Milano a San Babila, ma più grande e più borghese.
L'Ottagono centrale è considerato il salotto della città.
Sul suo pavimento, al centro, è realizzato a mosaico lo
stemma di Casa Savoia. Ai suoi lati, sempre in mosaici,
sono rappresentati gli stemmi delle quattro città che in
epoche diverse sono state capitali del Regno d'Italia:
nell'ordine Milano (con Napoleone), poi Torino, Firenze e
infine Roma (coi Savoia). Nelle lunette attorno alla volta,
sono raffigurate le allegorie dei quattro continenti
Africa, Asia, Europa e America
Al centro della Galleria Vittorio
Emanuele II, dedicata al re d’Italia,
sul pavimento si trova uno stemma
raffigurante un toro che rappresenta la città di Torino, il simbolo
araldico dei Savoia con una croce
bianca in campo rosso ed il famoso
toro raffigurato con gli "attributi" in
vista. L'usanza dice che porti
fortuna porre il piede sopra gli
attributi del toro e compiere una
rotazione ad occhi chiusi facendo
perno su quel piede. Migliaia di turisti e milanesi ogni giorno li
schiacciano ritualmente come portafortuna! Non è da escludere che
questa usanza derivi da un segno di sfregio storico contro Torino
poiché Torino divenendo capitale del Regno d’Italia rubò lo scettro di
capitale napoleonica a Milano che era già capitale della precedente
Repubblica Italiana 1802, nonché della Repubblica Cisalpina e prima
ancora della Repubblica Cispadana, embrioni della nascente e attuale
Repubblica Italiana. Torino consegnò il titolo di capitale a Firenze,
titolo che come sappiamo fu poi trasferito a Roma e forse la cosa non è
mai andata giù ai milanesi.
La storia dei mitici panzerotti
risale al 1949 quando il
Sig.Luini arriva a Milano ed
insieme alla sua famiglia decide
di far assaggiare alla città
ambrosiana questa specialità
pugliese. Da allora ricercati e
gustati da grandi e piccoli sono
divenuti famosi in tutta Milano
(e non solo a Milano visto che
anche Londra ha aperto un
Luini). Qui è diventata abitudine fare un poco di fila, veloce però, e
gustare i panzerotti ad ogni ora tra le vie del Duomo o della Scala o in
Galleria.
Qui si trovano Palazzo Marino (sede del Comune), la Statua di
Leonardo e il Teatro alla Scala. Anche il Teatro Alla Scala ha il suo
fantasma, un corista afferma di aver visto lo spettro di Maria Callas
intenta a spaventare
gli ignari spettatori
per vendicarsi dell'episodio in cui un
gruppo di loggionisti
la fischiò per aver
steccato. Secondo altri invece il fantasma
sarebbe
quello
di
Maria Malibran, famoso soprano dell’Ottocento.
Lo scrittore Alessandro Manzoni abitò in Via
Morone 1 a Milano dal 1814 al 1873, anno della
sua morte. La Casa del Manzoni ora la sede del
Centro Nazionale di Studi Manzoniani.
Alessandro
Manzoni,
nacque a Milano nel 1785 da
Pietro e Giulia
Beccaria; della
sua
gloriosa
carriera letteraria ricordiamo Odi, opere teatrali, l'Adelchi, il
Cinque Maggio dedicato a Napoleone,
il famosissimo romanzo "I Promessi
Sposi". Le spoglie di Alessadro
Manzoni
riposano
al
Cimitero
Monumentale, in Piazza San Fedele
invece si puo' ammirare la statua
costruita in suo onore.
Al centro della Galleria Vittorio
Emanuele II, dedicata al re d’Italia,
sul pavimento si trova uno stemma
raffigurante un toro che rappresenta la città di Torino, il simbolo
araldico dei Savoia con una croce
bianca in campo rosso ed il famoso
toro raffigurato con gli "attributi" in
vista. L'usanza dice che porti
fortuna porre il piede sopra gli
attributi del toro e compiere una
rotazione ad occhi chiusi facendo
perno su quel piede. Migliaia di turisti e milanesi ogni giorno li
schiacciano ritualmente come portafortuna! Non è da escludere che
questa usanza derivi da un segno di sfregio storico contro Torino
poiché Torino divenendo capitale del Regno d’Italia rubò lo scettro di
capitale napoleonica a Milano che era già capitale della precedente
Repubblica Italiana 1802, nonché della Repubblica Cisalpina e prima
ancora della Repubblica Cispadana, embrioni della nascente e attuale
Repubblica Italiana. Torino consegnò il titolo di capitale a Firenze,
titolo che come sappiamo fu poi trasferito a Roma e forse la cosa non è
mai andata giù ai milanesi.
La storia dei mitici panzerotti
risale al 1949 quando il
Sig.Luini arriva a Milano ed
insieme alla sua famiglia decide
di far assaggiare alla città
ambrosiana questa specialità
pugliese. Da allora ricercati e
gustati da grandi e piccoli sono
divenuti famosi in tutta Milano
(e non solo a Milano visto che
anche Londra ha aperto un
Luini). Qui è diventata abitudine fare un poco di fila, veloce però, e
gustare i panzerotti ad ogni ora tra le vie del Duomo o della Scala o in
Galleria.
Qui si trovano Palazzo Marino (sede del Comune), la Statua di
Leonardo e il Teatro alla Scala. Anche il Teatro Alla Scala ha il suo
fantasma, un corista afferma di aver visto lo spettro di Maria Callas
intenta a spaventare
gli ignari spettatori
per vendicarsi dell'episodio in cui un
gruppo di loggionisti
la fischiò per aver
steccato. Secondo altri invece il fantasma
sarebbe
quello
di
Maria Malibran, famoso soprano dell’Ottocento.
Lo scrittore Alessandro Manzoni abitò in Via
Morone 1 a Milano dal 1814 al 1873, anno della
sua morte. La Casa del Manzoni ora la sede del
Centro Nazionale di Studi Manzoniani.
Alessandro
Manzoni,
nacque a Milano nel 1785 da
Pietro e Giulia
Beccaria; della
sua
gloriosa
carriera letteraria ricordiamo Odi, opere teatrali, l'Adelchi, il
Cinque Maggio dedicato a Napoleone,
il famosissimo romanzo "I Promessi
Sposi". Le spoglie di Alessadro
Manzoni
riposano
al
Cimitero
Monumentale, in Piazza San Fedele
invece si puo' ammirare la statua
costruita in suo onore.
Il nome deriva dagli otto
telamoni (omenoni, ovvero "grandi uomini") della
facciata,
scolpiti
da
Antonio Abondio.
La costruzione del palazzo
si deve allo scultore e
cesellatore aretino Leone
Leoni, scultore imperiale
al servizio di Carlo V del
Sacro Romano Impero e
Filippo II di Spagna.
L'artista, nominato scultore della Zecca di Milano
nel 1542, acquistò la proprietà nel 1549, e nel 1565 avviò la
costruzione dell'attuale palazzo disegnandone lui stesso la facciata e
facendone scuola di scultura nonché l'abitazione propria e del figlio,
Pompeo Leoni, anch'egli scultore. La facciata è composta da due ordini
e da un attico, di epoca posteriore, ed è scandita verticalmente in sette
scomparti. Al piano terreno sono ripartiti dalle otto colossali
cariatidi in pietra, rappresentanti barbari sconfitti ispirati alla
statuaria della roma classica. Al di sopra delle teste dei barbari
sono indicate le stirpi ai quali appartengono: Svevo, Quado,
Adiabene, Parto, Sarmata e Marcomanno. Ad essi sono
alternate due finestre dal timpano spezzato, ed altre due
finestre ad arco, aperte successivamente in luogo delle nicchie
che vi si trovavano precedentemente. Al piano nobile colonne
incassate di ordine ionico si alternano a nicchie e finestre cui
nell'Ottocento furono aggiunti i balconcini. Nello scomparto
centrale del fregio che corre sotto la gronda, il rilievo con la
Calunnia sbranata dai leoni allude al casato dei proprietari.
Nell'interno, restaurato dal Portaluppi nel 1929, il cortile è a
pianta rettangolare, con tre ali porticate e fregio di metope e
triglifi.
Qui in Piazza Meda si può gustare un’altra opera a cielo aperto,
la Ruota Solare. Il suo singolare fascino, il contrasto tra il
bagliore metallico e il verde dell'erba, in un gioco di volumi, colori e
geometrie, rimanda a un'idea di bellezza apprezzata ovunque. Nella
scultura ogni forma è ricondotta all'essenziale. Sfera, cubo, cilindro, e
altri solidi ripetuti in schiera, nascosti all'interno di massicci contenitori,
come globi, colonne, cubi, e dischi parzialmente visibili dagli squarci
che rompono le superfici lisce. L'immagine che ne consegue ha
stimolato la fantasia di chi ha voluto vedervi il lavorìo di ingranaggi
appartenenti a macchinari o addirittura, una rapida successione di note
musicali. Arnaldo Pomodoro commenta la sua opera così: "La mia
prima ruota è stata fatta pensando al calendario azteco che colpì la
mia immaginazione quando andai in Messico". Il grande disco (4,5
metri di diametro) appare come un enorme sole di bronzo, cui il sole
vero, secondo il lato che colpisce, conferisce suggestivi bagliori.
L'opera è stata dotata di un meccanismo che la faceva ruotare su se
stessa, con evidente allusione al movimento (apparente) del disco
solare. Arnaldo Pomodoro è considerato uno dei più grandi scultori
contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche all'estero.
Fratello del noto scultore Giò Pomodoro. Attraverso le forme, dominate
da un rigoroso spirito geometrico, le opere di Arnaldo Pomodoro
travalicano le culture locali e, da Roma a New York, da Londra a
Tokyo, arricchiscono le città di tutto il mondo.
Il nome deriva dagli otto
telamoni (omenoni, ovvero "grandi uomini") della
facciata,
scolpiti
da
Antonio Abondio.
La costruzione del palazzo
si deve allo scultore e
cesellatore aretino Leone
Leoni, scultore imperiale
al servizio di Carlo V del
Sacro Romano Impero e
Filippo II di Spagna.
L'artista, nominato scultore della Zecca di Milano
nel 1542, acquistò la proprietà nel 1549, e nel 1565 avviò la
costruzione dell'attuale palazzo disegnandone lui stesso la facciata e
facendone scuola di scultura nonché l'abitazione propria e del figlio,
Pompeo Leoni, anch'egli scultore. La facciata è composta da due ordini
e da un attico, di epoca posteriore, ed è scandita verticalmente in sette
scomparti. Al piano terreno sono ripartiti dalle otto colossali
cariatidi in pietra, rappresentanti barbari sconfitti ispirati alla
statuaria della roma classica. Al di sopra delle teste dei barbari
sono indicate le stirpi ai quali appartengono: Svevo, Quado,
Adiabene, Parto, Sarmata e Marcomanno. Ad essi sono
alternate due finestre dal timpano spezzato, ed altre due
finestre ad arco, aperte successivamente in luogo delle nicchie
che vi si trovavano precedentemente. Al piano nobile colonne
incassate di ordine ionico si alternano a nicchie e finestre cui
nell'Ottocento furono aggiunti i balconcini. Nello scomparto
centrale del fregio che corre sotto la gronda, il rilievo con la
Calunnia sbranata dai leoni allude al casato dei proprietari.
Nell'interno, restaurato dal Portaluppi nel 1929, il cortile è a
pianta rettangolare, con tre ali porticate e fregio di metope e
triglifi.
Qui in Piazza Meda si può gustare un’altra opera a cielo aperto,
la Ruota Solare. Il suo singolare fascino, il contrasto tra il
bagliore metallico e il verde dell'erba, in un gioco di volumi, colori e
geometrie, rimanda a un'idea di bellezza apprezzata ovunque. Nella
scultura ogni forma è ricondotta all'essenziale. Sfera, cubo, cilindro, e
altri solidi ripetuti in schiera, nascosti all'interno di massicci contenitori,
come globi, colonne, cubi, e dischi parzialmente visibili dagli squarci
che rompono le superfici lisce. L'immagine che ne consegue ha
stimolato la fantasia di chi ha voluto vedervi il lavorìo di ingranaggi
appartenenti a macchinari o addirittura, una rapida successione di note
musicali. Arnaldo Pomodoro commenta la sua opera così: "La mia
prima ruota è stata fatta pensando al calendario azteco che colpì la
mia immaginazione quando andai in Messico". Il grande disco (4,5
metri di diametro) appare come un enorme sole di bronzo, cui il sole
vero, secondo il lato che colpisce, conferisce suggestivi bagliori.
L'opera è stata dotata di un meccanismo che la faceva ruotare su se
stessa, con evidente allusione al movimento (apparente) del disco
solare. Arnaldo Pomodoro è considerato uno dei più grandi scultori
contemporanei italiani, molto noto ed apprezzato anche all'estero.
Fratello del noto scultore Giò Pomodoro. Attraverso le forme, dominate
da un rigoroso spirito geometrico, le opere di Arnaldo Pomodoro
travalicano le culture locali e, da Roma a New York, da Londra a
Tokyo, arricchiscono le città di tutto il mondo.
Il Scior Carera è il nome popolare attribuito ad
un'antica scultura romana, che si trova sotto i
portici di corso Vittorio Emanuele (Largo Corsia dei
Servi), nota anche come Omm de preja (uomo di
pietra). Si tratta di un rilievo in marmo che risale al
III secolo, raffigurante una figura maschile, priva
delle braccia e con la gamba destra leggermente in
avanti, vestita con una toga. La testa probabilmente fu aggiunta in epoca medioevale. Sotto
il rilievo è stata inserita un'epigrafe incisa in latino:
Carere (da cui il nome Carera) debet omni vitio qui in alterum dicere
paratus est (traduzione: "Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto
a parlare contro un altro"). Al di sotto una seconda iscrizione ricorda la
precedente collocazione in via San Pietro all'Orto e il ruolo svolto dalla
scultura nella storia di Milano sotto la dominazione austriaca: fino a
tempi recenti vi venivano affisse satire e motti politici, in analogia alla
tradizione delle cosiddette statue parlanti di Roma.
La leggenda vuole che
questo leone sia il
bottino di guerra di un
fallito
tentativo
di
conquista di Milano da
parte dei veneziani. Si
narra infatti che una
notte l'esercito veneziano, appostato appena
fuori le mura, stesse
preparando un attacco
notturno per cogliere di
sorpresa i milanesi, per
impedire
loro
di
organizzare una difesa
adeguata.
Quando fu il momento
di sferrare l'attacco le
vedette
udirono
un
rumore che sembrava un rullo di tamburi. Temendo di essere stati
scoperti, sospesero l'avanzata e mandarono una pattuglia in avan
scoperta. In realtà il suono udito dal nemico proveniva dalla bottega di
un ignaro panettiere che setacciava la farina per preparare l'impasto.
Insospettito dai rumori, il prestinee si accorse del pericolo e chiamò a
gran voce le guardie cittadine. I milanesi scesero prontamente nelle
strade e all'invasore non rimase altro da fare che darsela a gambe
lasciandosi alle spalle, tra le varie cose, anche un leone di pietra,
simbolo dell'Evangelista San Marco, patrono di Venezia.
Milano è Moda. Via della
Spiga
fa
parte
del
Quadrilatero della moda
ed è considerata una
delle zone più lussuose,
oltreché uno dei maggiori centri dello shopping
dell'alta moda a livello
mondiale.
A differenza di via Monte
Napoleone, questa strada è chiusa al traffico ed
è interamente pavimentata in pavè.
Il Scior Carera è il nome popolare attribuito ad
un'antica scultura romana, che si trova sotto i
portici di corso Vittorio Emanuele (Largo Corsia dei
Servi), nota anche come Omm de preja (uomo di
pietra). Si tratta di un rilievo in marmo che risale al
III secolo, raffigurante una figura maschile, priva
delle braccia e con la gamba destra leggermente in
avanti, vestita con una toga. La testa probabilmente fu aggiunta in epoca medioevale. Sotto
il rilievo è stata inserita un'epigrafe incisa in latino:
Carere (da cui il nome Carera) debet omni vitio qui in alterum dicere
paratus est (traduzione: "Deve essere privo di ogni colpa chi è pronto
a parlare contro un altro"). Al di sotto una seconda iscrizione ricorda la
precedente collocazione in via San Pietro all'Orto e il ruolo svolto dalla
scultura nella storia di Milano sotto la dominazione austriaca: fino a
tempi recenti vi venivano affisse satire e motti politici, in analogia alla
tradizione delle cosiddette statue parlanti di Roma.
La leggenda vuole che
questo leone sia il
bottino di guerra di un
fallito
tentativo
di
conquista di Milano da
parte dei veneziani. Si
narra infatti che una
notte l'esercito veneziano, appostato appena
fuori le mura, stesse
preparando un attacco
notturno per cogliere di
sorpresa i milanesi, per
impedire
loro
di
organizzare una difesa
adeguata.
Quando fu il momento
di sferrare l'attacco le
vedette
udirono
un
rumore che sembrava un rullo di tamburi. Temendo di essere stati
scoperti, sospesero l'avanzata e mandarono una pattuglia in avan
scoperta. In realtà il suono udito dal nemico proveniva dalla bottega di
un ignaro panettiere che setacciava la farina per preparare l'impasto.
Insospettito dai rumori, il prestinee si accorse del pericolo e chiamò a
gran voce le guardie cittadine. I milanesi scesero prontamente nelle
strade e all'invasore non rimase altro da fare che darsela a gambe
lasciandosi alle spalle, tra le varie cose, anche un leone di pietra,
simbolo dell'Evangelista San Marco, patrono di Venezia.
Milano è Moda. Via della
Spiga
fa
parte
del
Quadrilatero della moda
ed è considerata una
delle zone più lussuose,
oltreché uno dei maggiori centri dello shopping
dell'alta moda a livello
mondiale.
A differenza di via Monte
Napoleone, questa strada è chiusa al traffico ed
è interamente pavimentata in pavè.
Le cinte murarie erette a protezione della città di Milano furono tre.
Una risalente all’epoca romana (che subì in seguito un ampliamento),
una medievale e una risalente all’epoca di dominazione spagnola.
Di tutte e tre le cinte murarie rimangono solo poche tracce, le mura
hanno subito il medesimo destino di gran parte degli edifici storici di
una città che ha avuto la peculiarità di continuare a distruggere le
tracce del passato per ricostruirsi riutilizzandone i materiali. Le tracce
delle cinte murarie sono tuttavia ben impresse nell’impianto
urbanistico di Milano, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei
Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa
interna, antistante le mura medievali e ricoperto tra le due guerre
mondiali, e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le
strade costruite dove si trovava la cinta muraria dell’epoca spagnola.
Le porte di Milano sono le aperture stradali ricavate nelle varie epoche
nelle relative mura cittadine (romane, medievali e spagnole).
Porte romane repubblicane
Jovia, Vercellina, Ticinensis, Romana, ?, Comacina,
Porte romane massimiane
Aurea, Argentea Herculea
Porte medievali
Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova
A queste andava aggiunta la Porta Giovia che sorgendo in uno spazio
all'interno del successivo Castello Sforzesco sarebbe definitivamente
scomparsa con la costruzione della Rocca Giovia (1358-1368).
Le altre porte minori (o pusterle) della città erano invece:
Pusterla di Monforte, Porta Tosa, Pusterla Lodovica (già Pusterla
di Sant'Eufemia), Pusterla della Chiusa, Pusterla dei Fabbri,
Pusterla di Sant'Ambrogio, Pusterla delle Azze, Pusterla Beatrice
(già Pusterla di San Marco)[3], Pusterla del Borgo Nuovo
Vanno ricordate infine la Pusterla di Santo Stefano e la Pusterla del
Bottonuto.
In età spagnola le porte principali della città erano:
Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova
Esse erano poi affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali
succursale di una delle precedenti (ad eccezione di Porta Tenaglia, che
faceva riferimento al vicino Castello Sforzesco:
Porta Tenaglia, succursale del Castello, di vita effimera
(demolita già nel 1571)
Porta Tosa, succursale di Porta Orientale
Porta Vigentina, succursale di Porta Romana
Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese.
A partire dai primi anni dell'Ottocento cominciarono i rifacimenti delle
varie porte cittadine, ad eccezione di Porta Romana, l'unica fra le porte
spagnole ad essere già monumentali. Alle nuove realizzazioni in stile
neoclassico s'affiancarono - più o meno contemporaneamente - i caselli
daziari, necessari per la riscossione e le procedure del dazio cittadino.
Il modello, importato in Italia da Napoleone era quello - sia dal punto
di vista istituzionale che da quello architettonico - delle Barrières di
Parigi, le barriere realizzate nella cinta daziaria di Parigi da ClaudeNicolas Ledoux fra il 1785 e il 1789, alle soglie della Rivoluzione
francese. Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli
daziari vennero eretti a Milano; contemporaneamente le mutate
esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all'apertura di
nuovi varchi all'interno della cinta muraria spagnola. Nel 1864 venne
aperta la Barriera Principe Umberto, per collegare la città alla Stazione
Centrale; nel 1870 fu la volta di Porta Genova, per consentire una
comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A
queste vanno poi aggiunte Porta Volta, come nuovo itinerario per
Como, e Porta Monforte, l'ultima ad essere aperta prima che in
ottemperanza al Piano Beruto. In età risorgimentale diverse porte, fino
ad allora chiamate col toponimo geografico di riferimento, cambiarono
nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per
Porta Riconoscenze e
Porta Marengo) per
celebrare le Cinque
Giornate
di
Milano
(Porta Vittoria), piuttosto che alcuni eventi
connessi alla Seconda
guerra d'indipendenza
italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia,
Porta Magenta).
Le cinte murarie erette a protezione della città di Milano furono tre.
Una risalente all’epoca romana (che subì in seguito un ampliamento),
una medievale e una risalente all’epoca di dominazione spagnola.
Distrutte e tre le cinte murarie rimangono solo poche tracce, le mura
hanno subito il medesimo destino di gran parte degli edifici storici di
una città che ha avuto la peculiarità di continuare a distruggere le
tracce del passato per ricostruirsi riutilizzandone i materiali. Le tracce
delle cinte murarie sono tuttavia ben impresse nell’impianto
urbanistico di Milano, tanto che ancora oggi si parla di “cerchia dei
Navigli” per definire la parte della città compresa entro la fossa
interna, antistante le mura medievali e ricoperto tra le due guerre
mondiali, e di “circonvallazione delle mura spagnole” per definire le
strade costruite dove si trovava la cinta muraria dell’epoca spagnola.
Le porte di Milano sono le aperture stradali ricavate nelle varie epoche
nelle relative mura cittadine (romane, medievali e spagnole).
Porte romane repubblicane
Jovia, Vercellina, Ticinensis, Romana, ?, Comacina,
Porte romane massimiane
Aurea, Argentea Herculea
Porte medievali
Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova
A queste andava aggiunta la Porta Giovia che sorgendo in uno spazio
all'interno del successivo Castello Sforzesco sarebbe definitivamente
scomparsa con la costruzione della Rocca Giovia (1358-1368).
Le altre porte minori (o pusterle) della città erano invece:
Pusterla di Monforte, Porta Tosa, Pusterla Lodovica (già Pusterla
di Sant'Eufemia), Pusterla della Chiusa, Pusterla dei Fabbri,
Pusterla di Sant'Ambrogio, Pusterla delle Azze, Pusterla Beatrice
(già Pusterla di San Marco)[3], Pusterla del Borgo Nuovo
Vanno ricordate infine la Pusterla di Santo Stefano e la Pusterla del
Bottonuto.
In età spagnola le porte principali della città erano:
Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova
Esse erano poi affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali
succursale di una delle precedenti (ad eccezione di Porta Tenaglia, che
faceva riferimento al vicino Castello Sforzesco:
Porta Tenaglia, succursale del Castello, di vita effimera
(demolita già nel 1571)
Porta Tosa, succursale di Porta Orientale
Porta Vigentina, succursale di Porta Romana
Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese.
A partire dai primi anni dell'Ottocento cominciarono i rifacimenti delle
varie porte cittadine, ad eccezione di Porta Romana, l'unica fra le porte
spagnole ad essere già monumentali. Alle nuove realizzazioni in stile
neoclassico s'affiancarono - più o meno contemporaneamente - i caselli
daziari, necessari per la riscossione e le procedure del dazio cittadino.
Il modello, importato in Italia da Napoleone era quello - sia dal punto
di vista istituzionale che da quello architettonico - delle Barrières di
Parigi, le barriere realizzate nella cinta daziaria di Parigi da ClaudeNicolas Ledoux fra il 1785 e il 1789, alle soglie della Rivoluzione
francese. Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli
daziari vennero eretti a Milano; contemporaneamente le mutate
esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all'apertura di
nuovi varchi all'interno della cinta muraria spagnola. Nel 1864 venne
aperta la Barriera Principe Umberto, per collegare la città alla Stazione
Centrale; nel 1870 fu la volta di Porta Genova, per consentire una
comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A
queste vanno poi aggiunte Porta Volta, come nuovo itinerario per
Como, e Porta Monforte, l'ultima ad essere aperta prima che in
ottemperanza al Piano Beruto. In età risorgimentale diverse porte, fino
ad allora chiamate col toponimo geografico di riferimento, cambiarono
nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per
Porta Riconoscenze e
Porta Marengo) per
celebrare le Cinque
Giornate
di
Milano
(Porta Vittoria), piuttosto che alcuni eventi
connessi alla Seconda
guerra d'indipendenza
italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia,
Porta Magenta).
La statua Montanelli è stata
commissionata nel 2005 dal
Comune di Milano allo scultore
toscano Vito Tongiani per
essere
collocata
appositamente all'interno del parco
dove
ogni
mattina
il
giornalista si recava prima di
andare al lavoro. La scultura
realizzata
interamente
in
bronzo dorato, ritrae il noto
giornalista seduto su una pila
di giornali con la "lettera 22"
(la macchina per scrivere) posizionata sulle ginocchia ed intento a
scrivere un articolo. Al lato del personaggio è scolpito il suo cappello,
uno degli elementi che contraddistinguevano lo scrittore e che Tongiani
studiò accuratamente prima di eseguire la scultura. Il monumento fu
collocato e inaugurato ufficialmente il 22 aprile 2005, vicino al punto in
cui il giornalista fu ferito ad una gamba nel 1977 dalle Brigate Rosse.
Questo parco fu il primo parco milanese espressamente destinato allo
svago collettivo. Per oltre due secoli sono stati chiamati Giardini
pubblici, Giardini di Porta Venezia o semplicemente I giardini, e l'uso è
ancora invalso. Nella seconda metà del XIX secolo si affiancarono al
Museo di storia naturale altre "attrazioni" di vita animale, quali voliere
e
gabbie
per
cervi,
scimmie e una giraffa, cui
progressivamente si aggiungeranno
numerosi
altri animali che daranno
vita a quello che sarà
conosciuto come "zoo di
Milano chiuso definitivamente in seguito alle
richieste degli ambientalisti nel 1992.
Una storia curiosa. Si dice che il più antico
reperto milanese, oggi parte del pavimento
della chiesa di Santa Maria in paradiso in
C.so di P.ta Vigentina, sia una pietra tonda
con tredici raggi (“El Tredesin de Marz” da
cui deriva l’omonima festa floreale di
primavera). Una pietra sembra molto
venerata dalle genti milanesi antiche, e
forse per questo motivo San Barnaba nel buco centrale della pietra ci
mise una Croce come segno di passaggio dal paganesimo al
cristianesimo. Nel luogo in cui fu trovata la pietra sorse una cappella di
culto poi dedicata a San Dionigi, lo stesso luogo in cui adesso, ironia
della sorte, sorge il planetario, ironia della sorte perché la pietra
sarebbe stata venerata più per l'uso che gli antichi druidi celti e genti
preromane ne facevano, ossia un calendario lunare, gli antichi
leggevano il cielo, proprio come oggi si fa in un planetario. Una
curiosità nella curiosità, qui siamo al livello delle mura spagnole, ben
oltre quelle medievali e addirittura quelle romane, repubblicane e
massimiane, dunque un luogo molto fuori la città al tempo dei druidi
celti e di tutti coloro che hanno rivolto lo sguardo al cielo, anche
spiritualmente.
La statua Montanelli è stata
commissionata nel 2005 dal
Comune di Milano allo scultore
toscano Vito Tongiani per
essere
collocata
appositamente all'interno del parco
dove
ogni
mattina
il
giornalista si recava prima di
andare al lavoro. La scultura
realizzata
interamente
in
bronzo dorato, ritrae il noto
giornalista seduto su una pila
di giornali con la "lettera 22"
(la macchina per scrivere) posizionata sulle ginocchia ed intento a
scrivere un articolo. Al lato del personaggio è scolpito il suo cappello,
uno degli elementi che contraddistinguevano lo scrittore e che Tongiani
studiò accuratamente prima di eseguire la scultura. Il monumento fu
collocato e inaugurato ufficialmente il 22 aprile 2005, vicino al punto in
cui il giornalista fu ferito ad una gamba nel 1977 dalle Brigate Rosse.
Questo parco fu il primo parco milanese espressamente destinato allo
svago collettivo. Per oltre due secoli sono stati chiamati Giardini
pubblici, Giardini di Porta Venezia o semplicemente I giardini, e l'uso è
ancora invalso. Nella seconda metà del XIX secolo si affiancarono al
Museo di storia naturale altre "attrazioni" di vita animale, quali voliere
e
gabbie
per
cervi,
scimmie e una giraffa, cui
progressivamente si aggiungeranno
numerosi
altri animali che daranno
vita a quello che sarà
conosciuto come "zoo di
Milano chiuso definitivamente in seguito alle
richieste degli ambientalisti nel 1992.
Una storia curiosa. Si dice che il più antico
reperto milanese, oggi parte del pavimento
della chiesa di Santa Maria in paradiso in
C.so di P.ta Vigentina, sia una pietra tonda
con tredici raggi (“El Tredesin de Marz” da
cui deriva l’omonima festa floreale di
primavera). Una pietra sembra molto
venerata dalle genti milanesi antiche, e
forse per questo motivo San Barnaba nel buco centrale della pietra ci
mise una Croce come segno di passaggio dal paganesimo al
cristianesimo. Nel luogo in cui fu trovata la pietra sorse una cappella di
culto poi dedicata a San Dionigi, lo stesso luogo in cui adesso, ironia
della sorte, sorge il planetario, ironia della sorte perché la pietra
sarebbe stata venerata più per l'uso che gli antichi druidi celti e genti
preromane ne facevano, ossia un calendario lunare, gli antichi
leggevano il cielo, proprio come oggi si fa in un planetario. Una
curiosità nella curiosità, qui siamo al livello delle mura spagnole, ben
oltre quelle medievali e addirittura quelle romane, repubblicane e
massimiane, dunque un luogo molto fuori la città al tempo dei druidi
celti e di tutti coloro che hanno rivolto lo sguardo al cielo, anche
spiritualmente.
Importante esempio del
liberty
milanese.
È
caratterizzato
da
libero
trattamento di materiale
cementizio e dalla applicazione di pregevoli ferri
battuti uniti con vivo senso
figurativo. L’edificio con
gronda molto aggettante
ha sull’angolo due balconi
sovrapposti e collegati. La
plastica
decorativa
si
svolge soprattutto nella parte basamentale emergendo con putti che
sorreggono i balconi e con parapetti variamente ornati. Altri
sovrastanti balconi sono collegati ai primi da colonnine di ferro binate
ed hanno pure parapetti lavorati in ferro con espressiva coerenza
stilistica. A differenza della Casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che
è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di
materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso
struttura e decorazione. Anche in questo caso i balconi e le aperture
delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il
rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va
semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande,
scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei
balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei
ferri battuti sovrastanti. La composizione architettonica e decorativa
risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi.
Sono state perse le decorazioni pittoriche nella fascia tra il secondo e il
terzo piano. Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro
battuto e degli affreschi con putti e fiori ritrovati nel restauro del 1997,
probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala. I ferri battuti sono
probabilmente di Alessandro Mazzucotelli. Nell'ingresso davanti alla
portineria sono stati ritrovati nel 1997 dei dipinti di un lago con piante
acquatiche. Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e
gradini di marmo a sbalzo. In seguito a restauri effettuati a parziale
carico dello Stato l’appartamento di angolo al secondo piano è
visitabile la prima domenica del mese dalle 9 alle 13 previo
appuntamento telefonico al n. 348-7306402. Sono stati restaurate
tutte le decorazione dei soffitti.
Progettato dall'architetto Giovanni Battista Bossi (1864-1924) nel
1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti, è ritenuto uno dei pezzi
più brillanti del Liberty milanese grazie al rivestimento di gran parte
della facciata esterna con
piastrelle figurate in ceramica,
ferri battuti e motivi floreali in
cemento, tutti disegnati da
Bossi. I fratelli Galimberti
costruirono negli stessi anni
Casa Campanini (1904-1906),
uno
degli
edifici
più
rappresentativi
del
Liberty
milanese, su progetto di
Alfredo
Campanini
(18731926).
Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904,
costituisce un po' il "manifesto" artistico dell'Art Nouveau a Milano.
L'edificio fu realizzato a tre piani, con due facciate, una principale sulla
strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo
principale e costituenti le scuderie e la rimessa. Questo palazzo ha un
basamento con bugnato grezzo che riprende le forme naturali della
roccia; le altre decorazioni presenti sono una ripresa dello stucco in
Importante esempio del
liberty
milanese.
È
caratterizzato
da
libero
trattamento di materiale
cementizio e dalla applicazione di pregevoli ferri
battuti uniti con vivo senso
figurativo. L’edificio con
gronda molto aggettante
ha sull’angolo due balconi
sovrapposti e collegati. La
plastica
decorativa
si
svolge soprattutto nella parte basamentale emergendo con putti che
sorreggono i balconi e con parapetti variamente ornati. Altri
sovrastanti balconi sono collegati ai primi da colonnine di ferro binate
ed hanno pure parapetti lavorati in ferro con espressiva coerenza
stilistica. A differenza della Casa Galimberti, qui l'effetto cromatico, che
è più esatto chiamare chiaroscurale, è ottenuto tramite l'impiego di
materiali diversi: cemento e ferro costituiscono al tempo stesso
struttura e decorazione. Anche in questo caso i balconi e le aperture
delle finestre si vanno alleggerendo verso l'alto, così come il
rivestimento decorativo, più marcato al piano terreno e primo, si va
semplificando verso i piani alti: il fitto intreccio di putti e ghirlande,
scolpiti in cemento sui contorni delle finestre e sulle balaustre dei
balconi del primo piano, si snellisce nelle trame vibranti e incisive dei
ferri battuti sovrastanti. La composizione architettonica e decorativa
risulta felicissima ed estremamente proporzionata nei suoi elementi.
Sono state perse le decorazioni pittoriche nella fascia tra il secondo e il
terzo piano. Il passo carraio contiene un pregevole cancello di ferro
battuto e degli affreschi con putti e fiori ritrovati nel restauro del 1997,
probabilmente dell'acquarellista Paolo Sala. I ferri battuti sono
probabilmente di Alessandro Mazzucotelli. Nell'ingresso davanti alla
portineria sono stati ritrovati nel 1997 dei dipinti di un lago con piante
acquatiche. Il corpo scale è esagonale, con ringhiera in ferro battuto e
gradini di marmo a sbalzo. In seguito a restauri effettuati a parziale
carico dello Stato l’appartamento di angolo al secondo piano è
visitabile la prima domenica del mese dalle 9 alle 13 previo
appuntamento telefonico al n. 348-7306402. Sono stati restaurate
tutte le decorazione dei soffitti.
Progettato dall'architetto Giovanni Battista Bossi (1864-1924) nel
1903-1905 su incarico dei fratelli Galimberti, è ritenuto uno dei pezzi
più brillanti del Liberty milanese grazie al rivestimento di gran parte
della facciata esterna con
piastrelle figurate in ceramica,
ferri battuti e motivi floreali in
cemento, tutti disegnati da
Bossi. I fratelli Galimberti
costruirono negli stessi anni
Casa Campanini (1904-1906),
uno
degli
edifici
più
rappresentativi
del
Liberty
milanese, su progetto di
Alfredo
Campanini
(18731926).
Costruito da Giuseppe Sommaruga (1867-1917) nel 1901-1904,
costituisce un po' il "manifesto" artistico dell'Art Nouveau a Milano.
L'edificio fu realizzato a tre piani, con due facciate, una principale sulla
strada e una secondaria sul giardino, più gli annessi staccati dal corpo
principale e costituenti le scuderie e la rimessa. Questo palazzo ha un
basamento con bugnato grezzo che riprende le forme naturali della
roccia; le altre decorazioni presenti sono una ripresa dello stucco in
stile settecentesco. Quando
nel 1903 furono tolti i
ponteggi
dalla
facciata,
l'opinione pubblica si schierò
fortemente contro fino ad
ottenere di far rimuovere due
statue di figure femminili
poste
sopra
il
portale
d'ingresso. Le due statue,
opera di Ernesto Bazzaro,
suscitarono scandalo tanto da
far
pubblicare
vignette
satiriche sulla vicenda del
palazzo Castiglioni sul giornale Guerin Meschino nei mesi successivi
all'inugurazione (17-24-31 maggio e 11-14 giugno e 19 luglio). Le
figure femminili risultavano incomprensibili nel loro significato
simbolico (in realtà ben rappresentavano l'una la pace e l'altra
l'industria), secondariamente erano criticate perché non avevano un
ruolo preciso, non erano cariatidi a sostenere il portale o un balcone, e
in ultimo (ma sicuramente era questo l'argomento principale) si
accusavano di essere troppo procaci e nude (il popolino milanese prese
a definirlo ironicamente la Ca' di ciapp, ovvero Casa delle chiappe). Le
due statue furono così tolte e successivamente poste sul fianco della
villa Luigi Faccanoni a Milano, dove anche lì sono nascoste dalla strada.
Il portale rimasto privo di questi due elementi importanti dovette
essere modificato: fu rialzato occupando parte della finestra superiore,
la quale nella restante parte fu tamponata da un bassorilievo: il
risultato finale fu quello di togliere forza all'elemento centrale del
palazzo. Uno scempio ad
opera
di
uno
stolto
puritanesimo
borghese
poco
coraggioso
alle
evoluzioni
artistiche
e
decisamente soccombente
all’ironia e al sarcasmo
popolano. Altre opere hanno subito la censura milanese come di recente
l’Albero
dei
Bimbi
di
Cattelan (visti come impiccati e non come frutti).
“Ca dell’oreggia”, detta così proprio per l’orecchio (in
realtà un citofono ora non più funzionante) posto
accanto alla porta di ingresso, realizzato dall’artista
Andreani. La leggenda subito sorta attorno a questo
strano orecchio, scolpito nel 1930, dice che
bisbigliando un desiderio nell’orecchio questo si
avveri.
Il liberty milanese vede il suo periodo di
splendore
durante
l’esposizione
internazionale del 1906: dopodiché lo stile
risentirà di pesanti contaminazioni di altri
stili, uno su tutti l’eclettismo. Un celebre
esempio di questa tendenza è data da Casa
Berri-Meregalli. Realizzata da Giulio Arata
tra il 1911 e il 1915, presenta un vero e
proprio misto di vari stili: il bugnato ruvido e lo sviluppo verticale della
costruzione rimandano all’architettura neogotica, l’interno decorato
a mosaici ricorda l’architettura bizantina di Ravenna, mentre i ferri
battuti del Mazzucchelli e la sfilata di statue di vari animali riportano ai
temi del liberty.
Di immediato impatto sono le cariatidi di
cemento all'ingresso, realizzate dallo scultore
Michele Vedani: benché esse rappresentino un
chiaro omaggio alle cariatidi originariamente
poste all'ingresso di Palazzo Castiglioni del
Sommaruga,
sono
meno
austere
e
monumentali. Il cancello d'ingresso in ferro battuto, disegnato dallo
stesso Campanini e realizzato dal Mazzucotelli , riprende i motivi
floreali tipici della scultura liberty; tali trame si possono ritrovare anche
nei ferri battuti all'interno del palazzo e nella gabbia dell'ascensore. Il
palazzo complessivamente, rispetto al più monumentale Palazzo
Castiglioni, assume forme meno maestose, ma più attente alla vita
quotidiana.
stile settecentesco. Quando
nel 1903 furono tolti i
ponteggi
dalla
facciata,
l'opinione pubblica si schierò
fortemente contro fino ad
ottenere di far rimuovere due
statue di figure femminili
poste
sopra
il
portale
d'ingresso. Le due statue,
opera di Ernesto Bazzaro,
suscitarono scandalo tanto da
far
pubblicare
vignette
satiriche sulla vicenda del
palazzo Castiglioni sul giornale Guerin Meschino nei mesi successivi
all'inugurazione (17-24-31 maggio e 11-14 giugno e 19 luglio). Le
figure femminili risultavano incomprensibili nel loro significato
simbolico (in realtà ben rappresentavano l'una la pace e l'altra
l'industria), secondariamente erano criticate perché non avevano un
ruolo preciso, non erano cariatidi a sostenere il portale o un balcone, e
in ultimo (ma sicuramente era questo l'argomento principale) si
accusavano di essere troppo procaci e nude (il popolino milanese prese
a definirlo ironicamente la Ca' di ciapp, ovvero Casa delle chiappe). Le
due statue furono così tolte e successivamente poste sul fianco della
villa Luigi Faccanoni a Milano, dove anche lì sono nascoste dalla strada.
Il portale rimasto privo di questi due elementi importanti dovette
essere modificato: fu rialzato occupando parte della finestra superiore,
la quale nella restante parte fu tamponata da un bassorilievo: il
risultato finale fu quello di togliere forza all'elemento centrale del
palazzo. Uno scempio ad
opera
di
uno
stolto
puritanesimo
borghese
poco
coraggioso
alle
evoluzioni
artistiche
e
decisamente soccombente
all’ironia e al sarcasmo
popolano. Altre opere hanno subito la censura milanese come di recente
l’Albero
dei
Bimbi
di
Cattelan (visti come impiccati e non come frutti).
“Ca dell’oreggia”, detta così proprio per l’orecchio (in
realtà un citofono ora non più funzionante) posto
accanto alla porta di ingresso, realizzato dall’artista
Andreani. La leggenda subito sorta attorno a questo
strano orecchio, scolpito nel 1930, dice che
bisbigliando un desiderio nell’orecchio questo si
avveri.
Il liberty milanese vede il suo periodo di
splendore
durante
l’esposizione
internazionale del 1906: dopodiché lo stile
risentirà di pesanti contaminazioni di altri
stili, uno su tutti l’eclettismo. Un celebre
esempio di questa tendenza è data da Casa
Berri-Meregalli. Realizzata da Giulio Arata
tra il 1911 e il 1915, presenta un vero e
proprio misto di vari stili: il bugnato ruvido e lo sviluppo verticale della
costruzione rimandano all’architettura neogotica, l’interno decorato
a mosaici ricorda l’architettura bizantina di Ravenna, mentre i ferri
battuti del Mazzucchelli e la sfilata di statue di vari animali riportano ai
temi del liberty.
Di immediato impatto sono le cariatidi di
cemento all'ingresso, realizzate dallo scultore
Michele Vedani: benché esse rappresentino un
chiaro omaggio alle cariatidi originariamente
poste all'ingresso di Palazzo Castiglioni del
Sommaruga,
sono
meno
austere
e
monumentali. Il cancello d'ingresso in ferro battuto, disegnato dallo
stesso Campanini e realizzato dal Mazzucotelli , riprende i motivi
floreali tipici della scultura liberty; tali trame si possono ritrovare anche
nei ferri battuti all'interno del palazzo e nella gabbia dell'ascensore. Il
palazzo complessivamente, rispetto al più monumentale Palazzo
Castiglioni, assume forme meno maestose, ma più attente alla vita
quotidiana.
Uno dei gioielli dell'architettura
barocca, il periodo storico che
vide la nascita vera e propria del
conservatorio
meneghino
è
caratterizzato dalla figura di
Napoleone. Nel 1796 il generale
francese libera il capoluogo
lombardo dagli austriaci e la
proclama
capitale
della
Repubblica Cisalpina. La vita culturale della città è già in fermento,
complici le concezioni illuministiche sviluppatesi in sordina nel corso del
governo austriaco. Le pesanti imposte richieste dai francesi sono viste
come il prezzo necessario al mantenimento della libertà. L'aria di
cambiamento portata da Bonaparte è propizia affinché l'idea di
costruire un conservatorio maturi e si concretizzi.
Le Cinque Giornate di Milano,
forse vale la pena ricordare
che iniziarono il 18 marzo del
1948 e terminarono il 22
marzo, data che è anche
diventata toponimo del viale in
uscita da Milano che parte
dalla piazza. Questi cinque giorni furono decisivi
per porre fine al dominio straniero che per secoli ci
aveva dominato: spagnoli, austriaci, francesi e
ancora austriaci. Qui un bassorilievo di età
medioevale raffigurante una donna che mostra
l’atto di radersi la vagina, faceva bella mostra di se
su uno dei muri di "Porta Tosa" a Milano. In
meneghino ragazza si dice tosa. Tosa da tosata,
rasata. La leggenda vuole che il bassorilievo
rappresenti con scherno la moglie dell'imperatore
Federico Barbarossa (che aveva raso al suolo
Milano); un’altra leggenda dice che grazie ad
una delle prostitute milanesi uscita appena fuori
dalla città (indicante dunque un luogo di
meretricio) conquistò i soldati teutonici cosicché
parte della resistenza cittadina potette uscire;
forse il suo significato reale è ancor prima
collegato a sculture apotropaiche dell'area
celtica che mostrano donne che esibiscono la
vulva. Dopo le 5 giornate, la porta fu distrutta
per costruirvi l'attuale "Porta Vittoria" il
bassorilievo non c'era già più. Era stato tolto sul
finire del '500 per volere di Carlo Borromeo, ma
conservato nel giardino di una casa patrizia fino
al secolo XIX, adesso si trova la museo del castello di porta Giovia.
La Rotonda della Besana (o "Rotonda di Via Besana") è un edificio
tardobarocco di Milano. La "Rotonda" è un complesso, nato con
funzioni cimiteriali, che ha il suo centro nella ex chiesa, intitolata a San
Michele, oggi sconsacrata e adibita a spazio espositivo. L'Ospedale
Maggiore di Milano, fin dalla sua nascita (1456), si era dotato di
un'area cimiteriale in cui seppellire quanti fossero deceduti al suo
interno, all'interno dello stesso complesso filaretiano di Via Festa del
Perdono. Alla fine del XVII secolo, il sepolcreto si rivelò però
insufficiente per le accresciute necessità e inadeguato alle esigenze
igieniche di un grande nosocomio.
Per la costruzione fu scelto un
terreno nei pressi delle mura di
"Porta Tosa", come era allora
detta "Porta Vittoria", sita nel
luogo dell'attuale Piazza Cinque
Giornate.
Nel
1696
venne
edificato il nuovo cimitero con la
chiesa di San Michele ai Nuovi
Sepolcri in fondo alla Strada di
San Barnaba (attuale Via San
Barnaba). Per il collegamento del
Uno dei gioielli dell'architettura
barocca, il periodo storico che
vide la nascita vera e propria del
conservatorio
meneghino
è
caratterizzato dalla figura di
Napoleone. Nel 1796 il generale
francese libera il capoluogo
lombardo dagli austriaci e la
proclama
capitale
della
Repubblica Cisalpina. La vita culturale della città è già in fermento,
complici le concezioni illuministiche sviluppatesi in sordina nel corso del
governo austriaco. Le pesanti imposte richieste dai francesi sono viste
come il prezzo necessario al mantenimento della libertà. L'aria di
cambiamento portata da Bonaparte è propizia affinché l'idea di
costruire un conservatorio maturi e si concretizzi.
Le Cinque Giornate di Milano,
forse vale la pena ricordare
che iniziarono il 18 marzo del
1948 e terminarono il 22
marzo, data che è anche
diventata toponimo del viale in
uscita da Milano che parte
dalla piazza. Questi cinque giorni furono decisivi
per porre fine al dominio straniero che per secoli ci
aveva dominato: spagnoli, austriaci, francesi e
ancora austriaci. Qui un bassorilievo di età
medioevale raffigurante una donna che mostra
l’atto di radersi la vagina, faceva bella mostra di se
su uno dei muri di "Porta Tosa" a Milano. In
meneghino ragazza si dice tosa. Tosa da tosata,
rasata. La leggenda vuole che il bassorilievo
rappresenti con scherno la moglie dell'imperatore
Federico Barbarossa (che aveva raso al suolo
Milano); un’altra leggenda dice che grazie ad
una delle prostitute milanesi uscita appena fuori
dalla città (indicante dunque un luogo di
meretricio) conquistò i soldati teutonici cosicché
parte della resistenza cittadina potette uscire;
forse il suo significato reale è ancor prima
collegato a sculture apotropaiche dell'area
celtica che mostrano donne che esibiscono la
vulva. Dopo le 5 giornate, la porta fu distrutta
per costruirvi l'attuale "Porta Vittoria" il
bassorilievo non c'era già più. Era stato tolto sul
finire del '500 per volere di Carlo Borromeo, ma
conservato nel giardino di una casa patrizia fino
al secolo XIX, adesso si trova la museo del castello di porta Giovia.
La Rotonda della Besana (o "Rotonda di Via Besana") è un edificio
tardobarocco di Milano. La "Rotonda" è un complesso, nato con
funzioni cimiteriali, che ha il suo centro nella ex chiesa, intitolata a San
Michele, oggi sconsacrata e adibita a spazio espositivo. L'Ospedale
Maggiore di Milano, fin dalla sua nascita (1456), si era dotato di
un'area cimiteriale in cui seppellire quanti fossero deceduti al suo
interno, all'interno dello stesso complesso filaretiano di Via Festa del
Perdono. Alla fine del XVII secolo, il sepolcreto si rivelò però
insufficiente per le accresciute necessità e inadeguato alle esigenze
igieniche di un grande nosocomio.
Per la costruzione fu scelto un
terreno nei pressi delle mura di
"Porta Tosa", come era allora
detta "Porta Vittoria", sita nel
luogo dell'attuale Piazza Cinque
Giornate.
Nel
1696
venne
edificato il nuovo cimitero con la
chiesa di San Michele ai Nuovi
Sepolcri in fondo alla Strada di
San Barnaba (attuale Via San
Barnaba). Per il collegamento del
nuovo camposanto all'Ospedale Maggiore, fu costruito un nuovo ponte
sulla cerchia dei navigli nei pressi dell'ingresso posteriore
dell'Ospedale, sull'attuale Via Francesco Sforza. Di quest'opera, è
tutt'ora visibile la Porta della Meraviglia sul retro della Ca' Granda.
Poiché anche i vasti ossari collocati nei sotterranei della chiesa
divennero insufficienti, nel 1719 venne realizzato il porticato
circostante, terminato nel 1731. Il complesso era allora noto come
"Foppone dell'Ospedale", dalla voce milanese "foppa" significante
appunto "fossa", con cui venivano denominati i molti cimiteri di Milano.
Vi furono sepolte quasi centocinquantamila persone. Il progetto fu
degli architetti Attilio Arrigoni (autore della chiesa) e poi Francesco
Croce (autore del porticato e della ristrutturazione della chiesa), con il
contributo dell'ingegner Carlo Francesco Raffagno.
L'omonimo Collegio della Guastalla nasce a Milano nel 1555 ad opera
della generosissima e laica Paola Lodovica Torelli, Contessa di
Guastalla, nata nel 1499 e rimasta vedova a soli 29 anni, si trasferì a
Milano dopo aver venduto il suo feudo ai Gonzaga. Fondò quindi un
Collegio, dedicandosi all'educazione di fanciulle nobili ma decadute
che, senza dote o altri mezzi, sarebbero finite altrimenti in convento o
su una cattiva strada. La sede
originaria del Collegio è l'attuale
sede del Giudice di pace. I
Giardini della Guastalla ospitano
al
loro interno,
al
posto
dell'originario
laghetto,
una
pregevole
vasca
peschiera
seicentesca, in stile barocco,
formata da due terrazzamenti
comunicanti tramite scale e
arricchita
da
balaustre
in
granito bianco. Tra gli altri
elementi si possono trovare
un'edicola, sempre seicentesca,
contenente il gruppo di statue
in terracotta policroma
della Maddalena penitente
confortata
da
angeli, e un tempietto
neoclassico del Cagnola.
Vi è un'area giochi per i
bambini e ai cani sono
riservate due piccoli
spazi cintati. Situata
invece all'esterno del
giardino, all'angolo di
via San Barnaba e via
della Commenda, una
pregevole fontana barocca.
nuovo camposanto all'Ospedale Maggiore, fu costruito un nuovo ponte
sulla cerchia dei navigli nei pressi dell'ingresso posteriore
dell'Ospedale, sull'attuale Via Francesco Sforza. Di quest'opera, è
tutt'ora visibile la Porta della Meraviglia sul retro della Ca' Granda.
Poiché anche i vasti ossari collocati nei sotterranei della chiesa
divennero insufficienti, nel 1719 venne realizzato il porticato
circostante, terminato nel 1731. Il complesso era allora noto come
"Foppone dell'Ospedale", dalla voce milanese "foppa" significante
appunto "fossa", con cui venivano denominati i molti cimiteri di Milano.
Vi furono sepolte quasi centocinquantamila persone. Il progetto fu
degli architetti Attilio Arrigoni (autore della chiesa) e poi Francesco
Croce (autore del porticato e della ristrutturazione della chiesa), con il
contributo dell'ingegner Carlo Francesco Raffagno.
L'omonimo Collegio della Guastalla nasce a Milano nel 1555 ad opera
della generosissima e laica Paola Lodovica Torelli, Contessa di
Guastalla, nata nel 1499 e rimasta vedova a soli 29 anni, si trasferì a
Milano dopo aver venduto il suo feudo ai Gonzaga. Fondò quindi un
Collegio, dedicandosi all'educazione di fanciulle nobili ma decadute
che, senza dote o altri mezzi, sarebbero finite altrimenti in convento o
su una cattiva strada. La sede
originaria del Collegio è l'attuale
sede del Giudice di pace. I
Giardini della Guastalla ospitano
al
loro interno,
al
posto
dell'originario
laghetto,
una
pregevole
vasca
peschiera
seicentesca, in stile barocco,
formata da due terrazzamenti
comunicanti tramite scale e
arricchita
da
balaustre
in
granito bianco. Tra gli altri
elementi si possono trovare
un'edicola, sempre seicentesca,
contenente il gruppo di statue
in terracotta policroma
della Maddalena penitente
confortata
da
angeli, e un tempietto
neoclassico del Cagnola.
Vi è un'area giochi per i
bambini e ai cani sono
riservate due piccoli
spazi cintati. Situata
invece all'esterno del
giardino, all'angolo di
via San Barnaba e via
della Commenda, una
pregevole fontana barocca.
La Porta delle Meraviglia con i resti del ponte
utilizzati come balaustre sulla via Francesco
Sforza, collegava la Cà Granda con il
cimitero della Rotonda della Besana.
La Ca' Granda, già sede dell'Ospedale
Maggiore di Milano, opera dell'architetto
fiorentino Filarete, fu uno dei primi
edifici rinascimentali a Milano ed
ebbe un ampio seguito in tutta l'Italia
settentrionale.
Giunto grosso modo all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una
depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino (ne
sarebbero tra l'altro testimoni antichi toponimi come via Poslaghetto e
via Pantano): qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la
Vettabbia appunto, con il
Lambro, il Po e quindi il
mare.
Di questo collegamento fa
menzione nell'XI secolo
Landolfo Seniore nella sua
Historia
Mediolanensis,
mentre una "patente" di
Liutprando
re
dei
Longobardi 690-740 parla
di un porto tra Lambro e
Po.
Il nome, derivato dal preesistente toponimo, è legato al
governatore spagnolo Juan Fernández de Velasco, a cui fu
dedicata la piazza nel Seicento.
Per la sua forma particolarissima
fu ribattezzata dai milanesi "il
grattacielo con le bretelle".
Progettata e costruita da un
gruppo di architetti tra il
1956 e il 1958 (292
giorni, 8 in meno
del tempo contrattuale). Gli architetti
volevano farla assomigliare ai torrioni medievali integrandola con gli
edifici del centro
storico
milanese,
lo stesso modello
ispiratore del
Castello Cova.
La Porta delle Meraviglia con i resti del ponte
utilizzati come balaustre sulla via Francesco
Sforza, collegava la Cà Granda con il
cimitero della Rotonda della Besana.
La Ca' Granda, già sede dell'Ospedale
Maggiore di Milano, opera dell'architetto
fiorentino Filarete, fu uno dei primi
edifici rinascimentali a Milano ed
ebbe un ampio seguito in tutta l'Italia
settentrionale.
Giunto grosso modo all'altezza dell'attuale via Larga, a causa di una
depressione naturale, il Seveso formava un ampio bacino (ne
sarebbero tra l'altro testimoni antichi toponimi come via Poslaghetto e
via Pantano): qui vi sarebbe stato il "porto di Milano" in comunicazione, tramite la
Vettabbia appunto, con il
Lambro, il Po e quindi il
mare.
Di questo collegamento fa
menzione nell'XI secolo
Landolfo Seniore nella sua
Historia
Mediolanensis,
mentre una "patente" di
Liutprando
re
dei
Longobardi 690-740 parla
di un porto tra Lambro e
Po.
Il nome, derivato dal preesistente toponimo, è legato al
governatore spagnolo Juan Fernández de Velasco, a cui fu
dedicata la piazza nel Seicento.
Per la sua forma particolarissima
fu ribattezzata dai milanesi "il
grattacielo con le bretelle".
Progettata e costruita da un
gruppo di architetti tra il
1956 e il 1958 (292
giorni, 8 in meno
del tempo contrattuale). Gli architetti
volevano farla assomigliare ai torrioni medievali integrandola con gli
edifici del centro
storico
milanese,
lo stesso modello
ispiratore del
Castello Cova.
La basilica di San Giovanni in
Conca risale al IV secolo ed
era situata in un quartiere
residenziale romano, del quale
sono stati rinvenuti alcuni
resti di pavimentazione a
mosaico, oggi ospitati nel
Museo archeologico di Milano.
Fu riedificata nell'XI secolo, distrutta nel 1162 dal Barbarossa e
riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del palazzo
ducale, divenne la cappella dei Visconti.
Nel 1531 fu donata da Francesco II Sforza all'ordine dei Carmelitani,
che costruirono un elevato campanile utilizzato nel XIX secolo come
osservatorio astronomico. La chiesa venne sconsacrata dagli Austriaci
e definitivamente chiusa dai Francesi, che la destinarono a magazzino
di ferramenta e carri.
Nel 1879 venne accorciata per consentire, in corrispondenza delle
campate iniziali della chiesa, l'apertura della nuova via Mazzini; in
questo caso la facciata gotica venne arretrata in corrispondenza
dell'abside. L'edificio venne quindi venduto ai Valdesi, che al momento
della demolizione ne recuperarono la facciata e la utilizzarono
applicandola alla loro nuova chiesa di via Francesco Sforza.
Nel 1949 venne definitivamente demolita per realizzare l'asse viario di
via Albricci-piazza Missori; soltanto all'ultimo, quando ormai la
demolizione era giunta al termine, questi lavori vennero bloccati per
intervento dell'allora soprintendente Luigi Crema.
Oggi ne rimane la cripta, unico esempio di cripta romanica originale
esistente a Milano, nella quale si trovano reperti archeologici, che
testimoniano la storia della chiesa.
Sopra di essa rimangono brani della muratura dell'abside, con una
monofora ed il coronamento esterno degli archetti svuotati, tipico del
romanico milanese (presente in Sant'Ambrogio, in
San Nazaro, etc.). Anche la
monofora superstite è di
tipo
romanico,
con
strombatura, arco a tutto
sesto e due capitelli con
volute a graffito.
Edificata alla fine del Quattrocento inglobando il
sacello di San Satiro di epoca altomedioevale,
costituisce uno dei capolavori rinascimentali di
Donato Bramante, celebre per la prospettiva
illusoria della "finta abside".
Si tratta di sedici colonne in marmo con capitelli
corinzi che sostengono la trabeazione che fu di
un edificio romano risalente al III secolo,
probabilmente delle grandi terme volute dall'imperatore Massimiano.
Le colonne vennero trasportate nell'attuale locazione nel IV secolo a
completare la nascente basilica di San Lorenzo. Appoggiati alla basilica
vi sono altri corpi, tra cui notevole è la cappella di sant'Aquilino con
mosaici di età romana.
La basilica di San Giovanni in
Conca risale al IV secolo ed
era situata in un quartiere
residenziale romano, del quale
sono stati rinvenuti alcuni
resti di pavimentazione a
mosaico, oggi ospitati nel
Museo archeologico di Milano.
Fu riedificata nell'XI secolo, distrutta nel 1162 dal Barbarossa e
riedificata nel XIII secolo quando, inglobata nell'area del palazzo
ducale, divenne la cappella dei Visconti.
Nel 1531 fu donata da Francesco II Sforza all'ordine dei Carmelitani,
che costruirono un elevato campanile utilizzato nel XIX secolo come
osservatorio astronomico. La chiesa venne sconsacrata dagli Austriaci
e definitivamente chiusa dai Francesi, che la destinarono a magazzino
di ferramenta e carri.
Nel 1879 venne accorciata per consentire, in corrispondenza delle
campate iniziali della chiesa, l'apertura della nuova via Mazzini; in
questo caso la facciata gotica venne arretrata in corrispondenza
dell'abside. L'edificio venne quindi venduto ai Valdesi, che al momento
della demolizione ne recuperarono la facciata e la utilizzarono
applicandola alla loro nuova chiesa di via Francesco Sforza.
Nel 1949 venne definitivamente demolita per realizzare l'asse viario di
via Albricci-piazza Missori; soltanto all'ultimo, quando ormai la
demolizione era giunta al termine, questi lavori vennero bloccati per
intervento dell'allora soprintendente Luigi Crema.
Oggi ne rimane la cripta, unico esempio di cripta romanica originale
esistente a Milano, nella quale si trovano reperti archeologici, che
testimoniano la storia della chiesa.
Sopra di essa rimangono brani della muratura dell'abside, con una
monofora ed il coronamento esterno degli archetti svuotati, tipico del
romanico milanese (presente in Sant'Ambrogio, in
San Nazaro, etc.). Anche la
monofora superstite è di
tipo
romanico,
con
strombatura, arco a tutto
sesto e due capitelli con
volute a graffito.
Edificata alla fine del Quattrocento inglobando il
sacello di San Satiro di epoca altomedioevale,
costituisce uno dei capolavori rinascimentali di
Donato Bramante, celebre per la prospettiva
illusoria della "finta abside".
Si tratta di sedici colonne in marmo con capitelli
corinzi che sostengono la trabeazione che fu di
un edificio romano risalente al III secolo,
probabilmente delle grandi terme volute dall'imperatore Massimiano.
Le colonne vennero trasportate nell'attuale locazione nel IV secolo a
completare la nascente basilica di San Lorenzo. Appoggiati alla basilica
vi sono altri corpi, tra cui notevole è la cappella di sant'Aquilino con
mosaici di età romana.
In romanico lombardo, contiene reperti paleocristiani,
importanti capolavori di epoca gotica, quali l'Ancona della
passione di Jacopino da Tradate, l'Ancona dei Magi e l'Arca
di san Pietro martire, e di epoca rinascimentale quali la
Cappella Brivio e la Cappella Portinari, considerata una
delle maggiori architetture rinascimentali di Milano. Fu
fondata probabilmente nel IV secolo. La tradizione vuole
che il carro che portava le sacre reliquie dei Re Magi si
fermò inspiegabilmente: le ruote erano diventate pesanti
come macigni, e buoi e cavalli non la vincevano. Così il
vescovo Eustorgio dovette abbandonare l'idea di avere i tre
santi corpi nella cattedrale e si dovette costruire la Basilica
fuori dalle mura cittadine.
Col saccheggio di Federico Barbarossa le celebri e preziose
reliquie furono trafugate e trasferite a Colonia in Germania.
Solo nel 1906 alcune spoglie poterono fare ritorno nella
basilica milanese, ora poste in una teca vicino al sarcofago
dei tre Magi. Il campanile, in luogo della croce sommitale,
è sormontato dalla stella a otto punte che li guidò fino a
Betlemme, in loro memoria. Ogni 6 gennaio qui si conclude
la processione dei Re Magi in costume medievale.
All’interno della Cappella Portinari, capolavoro del
Rinascimento milanese, si trova un affresco misterioso:
quello che ritrae Madonna con Bambino, entrambi
dotati di corna.
In romanico lombardo, contiene reperti paleocristiani,
importanti capolavori di epoca gotica, quali l'Ancona della
passione di Jacopino da Tradate, l'Ancona dei Magi e l'Arca
di san Pietro martire, e di epoca rinascimentale quali la
Cappella Brivio e la Cappella Portinari, considerata una
delle maggiori architetture rinascimentali di Milano. Fu
fondata probabilmente nel IV secolo. La tradizione vuole
che il carro che portava le sacre reliquie dei Re Magi si
fermò inspiegabilmente: le ruote erano diventate pesanti
come macigni, e buoi e cavalli non la vincevano. Così il
vescovo Eustorgio dovette abbandonare l'idea di avere i tre
santi corpi nella cattedrale e si dovette costruire la Basilica
fuori dalle mura cittadine.
Col saccheggio di Federico Barbarossa le celebri e preziose
reliquie furono trafugate e trasferite a Colonia in Germania.
Solo nel 1906 alcune spoglie poterono fare ritorno nella
basilica milanese, ora poste in una teca vicino al sarcofago
dei tre Magi. Il campanile, in luogo della croce sommitale,
è sormontato dalla stella a otto punte che li guidò fino a
Betlemme, in loro memoria. Ogni 6 gennaio qui si conclude
la processione dei Re Magi in costume medievale.
All’interno della Cappella Portinari, capolavoro del
Rinascimento milanese, si trova un affresco misterioso:
quello che ritrae Madonna con Bambino, entrambi
dotati di corna.
Struttura datata tra il II e il III
secolo, quando Mediolanum
andava
assumendo
un
importante potere politico ed
economico, ma quando era
ancora lontana dal periodo in
cui ebbe il suo massimo ruolo,
nei secoli successivi. L'edificio
venne abbandonato nei primi
secoli
del
Cristianesimo,
perché teatri e anfiteatri erano
particolarmente
invisi
alle
autorità religiose del nuovo culto. L'anfiteatro romano milanese
divenne infatti una cava di materiali edili già tra il IV secolo e il V
secolo, quando venne costruita la basilica di San Lorenzo. I blocchi di
pietra utilizzati per le fondamenta sono in parte visibili nell'edificio, e
paiono essere tratti dal muro di summa cavea dell'anfiteatro.
Dall'anfiteatro dovrebbe venire anche un capitello di ordine corinzio
utilizzato come base di un pilastro.
Una delle più antiche
della città, monumento di
epoca paleocristiana e
medievale. Edificata tra il
379 e il 386 per volere
del vescovo di Milano
Ambrogio, fu costruita in
una zona in cui erano
stati sepolti i cristiani
martirizzati dalle persecuzioni romane.
Per questo venne dedicata ai martiri ed era
chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le
reliquie dei santi martiri Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria,
Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora
cambiò nome, assumendo quello attuale.
Nella piazza, sul lato sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla
recinzione, è presente una colonna, comunemente detta "la colonna
del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata
da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo
la quale la colonna fu testimone di una lotta tra sant'Ambrogio ed il
demonio. Il maligno cercando di trafiggere il santo con le corna finì
invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di
divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La
tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando
l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà
questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori
germanici. Secondo quanto narra Galvano Fiamma, essi giuravano sul
messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano questa
colonna: "Quando il re dei Romani vuole ricevere la corona del regno
italico
nella
basilica
Ambrosiana, l' Imperatore deve andare prima
presso la colonna di
marmo che sorge presso
la basilica Ambrosiana
stessa, e uno dei conti di
Angera deve presentare
all'Imperatore un messale.
L'Imperatore giurerà che
sarà obbediente al Papa
e alla Chiesa Romana
nelle cose temporali e
spirituali... Quindi l'Arcivescovo o l'Abate di
S.Ambrogio deve incoronarlo con la corona
ferrea come Re d'Italia.
Ciò fatto l'Imperatore
deve abbracciare quella
colonna dritta di marmo
per significare che la
giustizia
in
lui
sarà
diritta..."
Struttura datata tra il II e il III
secolo, quando Mediolanum
andava
assumendo
un
importante potere politico ed
economico, ma quando era
ancora lontana dal periodo in
cui ebbe il suo massimo ruolo,
nei secoli successivi. L'edificio
venne abbandonato nei primi
secoli
del
Cristianesimo,
perché teatri e anfiteatri erano
particolarmente
invisi
alle
autorità religiose del nuovo culto. L'anfiteatro romano milanese
divenne infatti una cava di materiali edili già tra il IV secolo e il V
secolo, quando venne costruita la basilica di San Lorenzo. I blocchi di
pietra utilizzati per le fondamenta sono in parte visibili nell'edificio, e
paiono essere tratti dal muro di summa cavea dell'anfiteatro.
Dall'anfiteatro dovrebbe venire anche un capitello di ordine corinzio
utilizzato come base di un pilastro.
Una delle più antiche
della città, monumento di
epoca paleocristiana e
medievale. Edificata tra il
379 e il 386 per volere
del vescovo di Milano
Ambrogio, fu costruita in
una zona in cui erano
stati sepolti i cristiani
martirizzati dalle persecuzioni romane.
Per questo venne dedicata ai martiri ed era
chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi tutte le
reliquie dei santi martiri Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria,
Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora
cambiò nome, assumendo quello attuale.
Nella piazza, sul lato sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla
recinzione, è presente una colonna, comunemente detta "la colonna
del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata
da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo
la quale la colonna fu testimone di una lotta tra sant'Ambrogio ed il
demonio. Il maligno cercando di trafiggere il santo con le corna finì
invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di
divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La
tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando
l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà
questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori
germanici. Secondo quanto narra Galvano Fiamma, essi giuravano sul
messale, ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano questa
colonna: "Quando il re dei Romani vuole ricevere la corona del regno
italico
nella
basilica
Ambrosiana, l' Imperatore deve andare prima
presso la colonna di
marmo che sorge presso
la basilica Ambrosiana
stessa, e uno dei conti di
Angera deve presentare
all'Imperatore un messale.
L'Imperatore giurerà che
sarà obbediente al Papa
e alla Chiesa Romana
nelle cose temporali e
spirituali... Quindi l'Arcivescovo o l'Abate di
S.Ambrogio deve incoronarlo con la corona
ferrea come Re d'Italia.
Ciò fatto l'Imperatore
deve abbracciare quella
colonna dritta di marmo
per significare che la
giustizia
in
lui
sarà
diritta..."
Il palazzo viene edificato tra il
1910 e il 1915, su progetto di
Adolfo Coppedè, fratello del più
famoso Gino Coppedè. L'edificio si
impone subito per il suo stile
fortemente
neo-medioevale,
peraltro in moda nell'Ottocento,
rifuggendo però dalle eccessive
decorazioni: il palazzo è costruito
in mattoni in cotto, e decorato in
pietra
bianca.
Impostato
su
cinque piani, l'ultimo è decorato
con merlate guelfe a cui si
aggiunge
un
torre
medievaleggiante,
anch'essa
merlata, tipica delle architetture
dei castelli. Il bugnato in pietra
del primo piano, da un tocco
leggermente
eclettico
alla
costruzione. Decisamente degna
di nota è la loggia coperta, che rafforza ulteriormente lo stile della
casa: per via del suo volume, del fatto di trovarsi all'angolo tra due
strade, e per via di elementi come la loggia e il torrione, il palazzo
risulta avere un aspetto decisamente monumentale. Dalla torre del
castello Cova, si ispireranno gli architetti della Torre Velasca,
grattacielo situato nel centro di Milano. A poche decine di metri
dall'edificio si trova la Pusterla di Sant'Ambrogio, antica porta urbica
della città, che deve il suo
aspetto
attuale
ad
un
rimaneggiamento del 1940, che
porta avanti lo stile revival della
zona.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie
è una basilica e santuario di Milano,
appartenente all'Ordine Domenicano e
facente capo alla parrocchia di San
Vittore al Corpo. L’architettura della
tribuna, edificata fra il 1492 e il 1493
per volere del Duca di Milano
Ludovico il Moro come mausoleo per
la propria famiglia, costituisce una
delle più alte realizzazioni del Rinascimento nell'Italia settentrionale. Fu
il secondo sito italiano dopo le incisioni rupestri in Valcamonica ad
essere classificato come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, insieme
con l'affresco del Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel
refettorio del convento (di proprietà del Comune di Milano).
Esempio straordinariamente conservato di
negozio liberty i cui arredi originali sono
ancora in uso.
La Casa di Riposo per Musicisti è una casa di riposo per cantanti e
musicisti che venne fondata dal compositore Giuseppe Verdi nel 1896
ed è collocata a Milano, in piazza Buonarroti, 29. La struttura venne
eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del
celebre
musicista
Arrigo,
amico
del
maestro Verdi. Qui
trovarono
sepoltura
anche lo stesso Verdi
nell'oratorio
(1901),
accanto alla moglie
Giuseppina Strepponi.
Il palazzo viene edificato tra il
1910 e il 1915, su progetto di
Adolfo Coppedè, fratello del più
famoso Gino Coppedè. L'edificio si
impone subito per il suo stile
fortemente
neo-medioevale,
peraltro in moda nell'Ottocento,
rifuggendo però dalle eccessive
decorazioni: il palazzo è costruito
in mattoni in cotto, e decorato in
pietra
bianca.
Impostato
su
cinque piani, l'ultimo è decorato
con merlate guelfe a cui si
aggiunge
un
torre
medievaleggiante,
anch'essa
merlata, tipica delle architetture
dei castelli. Il bugnato in pietra
del primo piano, da un tocco
leggermente
eclettico
alla
costruzione. Decisamente degna
di nota è la loggia coperta, che rafforza ulteriormente lo stile della
casa: per via del suo volume, del fatto di trovarsi all'angolo tra due
strade, e per via di elementi come la loggia e il torrione, il palazzo
risulta avere un aspetto decisamente monumentale. Dalla torre del
castello Cova, si ispireranno gli architetti della Torre Velasca,
grattacielo situato nel centro di Milano. A poche decine di metri
dall'edificio si trova la Pusterla di Sant'Ambrogio, antica porta urbica
della città, che deve il suo
aspetto
attuale
ad
un
rimaneggiamento del 1940, che
porta avanti lo stile revival della
zona.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie
è una basilica e santuario di Milano,
appartenente all'Ordine Domenicano e
facente capo alla parrocchia di San
Vittore al Corpo. L’architettura della
tribuna, edificata fra il 1492 e il 1493
per volere del Duca di Milano
Ludovico il Moro come mausoleo per
la propria famiglia, costituisce una
delle più alte realizzazioni del Rinascimento nell'Italia settentrionale. Fu
il secondo sito italiano dopo le incisioni rupestri in Valcamonica ad
essere classificato come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, insieme
con l'affresco del Cenacolo di Leonardo da Vinci che si trova nel
refettorio del convento (di proprietà del Comune di Milano).
Esempio straordinariamente conservato di
negozio liberty i cui arredi originali sono
ancora in uso.
La Casa di Riposo per Musicisti è una casa di riposo per cantanti e
musicisti che venne fondata dal compositore Giuseppe Verdi nel 1896
ed è collocata a Milano, in piazza Buonarroti, 29. La struttura venne
eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del
celebre
musicista
Arrigo,
amico
del
maestro Verdi. Qui
trovarono
sepoltura
anche lo stesso Verdi
nell'oratorio
(1901),
accanto alla moglie
Giuseppina Strepponi.
L'edificio era originariamente noto come Villa
Faccanoni, opera di Giuseppe Sommaruga
(1911-1913), poi diventò villa Romeo in seguito
all'acquisto del 1919 effettuato dal celebre
imprenditore dell'automobile Nicola Romeo.
La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3
piani di 337 m2, una grande portineria e con un
ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un
trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona
vicina alla fiera campionaria, con la palazzina
Galimberti in via Buonarroti (1908) e la
palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio
(1906). La villa venne ornata nel 1914 con due
sculture di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite provenienti
da
Palazzo
Castiglioni,
altra
preziosa
residenza liberty milanese di inizio novecento
(il palazzo era stato soprannominato Ca' di
Ciapp (Casa delle Chiappe) proprio per via
delle due sculture che avevano destato
scandalo all'epoca della sua costruzione nel
1903).
É una delle più grandi fontane di Milano.
Costruita nel 1927 in pietra di Sarnico e
marmo, ad opera dell'architetto Renzo Gerla.
Essa presenta una gran varietà di zampilli
attorno all'alto getto centrale; lungo il
contorno è decorata di statue, obelischi,
pigne. Il suo nome si rifà alle statue vicentine,
ricalcate su originali del Settecento. Nel 1953 la fontana è stata
restaurata con l'aggiunta di nuove sculture, opera di Eros Pellini,
scultore milanese. Qui vi era l’ingresso principale alla Fiera
Campionaria che lascia il posto alla nascente City Life.
L'edificio era originariamente noto come Villa
Faccanoni, opera di Giuseppe Sommaruga
(1911-1913), poi diventò villa Romeo in seguito
all'acquisto del 1919 effettuato dal celebre
imprenditore dell'auto-mobile Nicola Romeo.
La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3
piani di 337 m2, una grande portineria e con un
ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un
trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona
vicina alla fiera campionaria, con la palazzina
Galimberti in via Buonarroti (1908) e la
palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio
(1906). La villa venne ornata nel 1914 con due
sculture di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite provenienti
da
Palazzo
Castiglioni,
altra
preziosa
residenza liberty milanese di inizio novecento
(il palazzo era stato soprannominato Ca' di
Ciapp (Casa delle Chiappe) proprio per via
delle due sculture che avevano destato
scandalo all'epoca della sua costruzione nel
1903).
É una delle più grandi fontane di Milano.
Costruita nel 1927 in pietra di Sarnico e
marmo, ad opera dell'architetto Renzo Gerla.
Essa presenta una gran varietà di zampilli
attorno all'alto getto centrale; lungo il
contorno è decorata di statue, obelischi,
pigne. Il suo nome si rifà alle statue vicentine,
ricalcate su originali del Settecento. Nel 1953 la fontana è stata
restaurata con l'aggiunta di nuove sculture, opera di Eros Pellini,
scultore milanese. Qui vi era l’ingresso principale alla Fiera
Campionaria che lascia il posto alla nascente City Life.
Pedalata Milanese
Realizzato dal Gruppo Ciclo Arcal RAI Milano
Edizione 2013
Foto e testi tratti da Internet
Pedalata Milanese
Realizzato dal Gruppo Ciclo Arcal RAI Milano
Edizione 2013
Foto e testi tratti da Internet
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