città di PomigliAno d’Arco
AssessorAto Alle Politiche educAtive - istruzione - infAnziA
ConCorso borsa Di stuDio “luiGi DE FalCo”
anno sColastiCo 2005/06
ElEborati PrEmiati
a cura di
G iovanni b asilE
Prefazione di
antonio DElla ratta
sindaco della città di Pomigliano d’Arco
Anno
2006
la conoscenza dissipa l’ignoranza
come la luce il buio
C onCorso B orsa
di
s tudio “L uigi d e FaLCo ”
a nno s CoLastiCo 2005/06
e LaBorati P remiati
a cura di
g iovanni B asiLe
Prefazione di
antonio deLLa ratta
Sindaco della Città di Pomigliano d’Arco
anno 2006
© Copyright 2006 – Comune di Pomigliano d’Arco
ImPAgInAzIone, elAborAzIone ImmAgInI e grAfICA
dI gIovAnnI bASIle
BiBLioteCa ComunaLe
Corso vittorio emanuele (Palazzo dell’orologio)
80038 Pomigliano d’Arco (nA)
e-mail: [email protected]
Sito Web: www.biblioteca.pomigliano.na.it
Tel. 081.884 99 81 – fax 081.884 99 81
i n d i C e
PrefAzIone ........................................................................................................... p. vii
PreSenTAzIone ..................................................................................................... p. xi
le ulTIme volonTà dI luIgI de fAlCo .............................................................. p. xii
InTroduzIone ....................................................................................................... p. xiii
rIngrAzIAmenTI ................................................................................................... p. xvii
TemATIChe del ConCorSo .................................................................................... p. xviii
CommISSIone eSAmInATrICe ................................................................................. p. xviii
elenCo STudenTI PremIATI ................................................................................... p. xix
elAborATI PremIATI .............................................................................................. p. 1
ex lIbrIS dI luIgI de fAlCo ................................................................................ p. 32
ConCluSIone ........................................................................................................ p. 63
fronTeSPIzI deI PrInCIPAlI TeSTI ConSulTATI ...................................................... p. 67
PreFaZione
Quest'anno, oltre a bandire il consueto Concorso Borsa di Studio "Luigi De Falco",
abbiamo raccolto in una pubblicazione gli elaborati premiati, in modo da lasciare ai
posteri il frutto delle ricerche e dello studio degli studenti che con passione si sono
avventurati nel dedalo della memoria pomiglianese.
Tra i compiti prefissati da questa amministrazione, come ho già ribadito nella
prefazione al catalogo generale del Fondo "Luigi De Falco", c'è sicuramente quello di
favorire la formazione e la crescita culturale dei cittadini, che possono così partecipare più consapevolmente alle scelte democratiche della nostra comunità. E tanto più
rilievo assume questo compito se i cittadini sono dei giovani cittadini.
La nostra volontà di sensibilizzare i giovani vede come protagonisti ancora una
volta gli studenti, ai quali anche nell'anno scolastico 2005/06 sono state destinate 18
borse di studio.
Il Concorso Borsa di Studio "Luigi De Falco", nell'ottica di valorizzazione del
patrimonio documentario e culturale della nostra città, rimane un punto fermo per la
conoscenza, la tutela e la fruizione della raccolta di libri donata da Luigi De Falco,
fornendo ai giovani studenti pomiglianesi l'occasione per approfondire le proprie
conoscenze riguardo la storia, le tradizioni, i luoghi della memoria, i personaggi, le
figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori, i musicisti e gruppi musicali, che
ne hanno arricchito la storia e accresciuto il valore.
Finalmente, tra le tematiche proposte per il concorso, anche la figura di Luigi
De Falco diventa oggetto di approfondito studio e analisi.
Dotato di una personalità aperta a molteplici interessi culturali, De Falco divenne uomo di grande cultura grazie ad una forte volontà, che lo spinse ad un intenso,
autonomo ed approfondito studio di vari generi dello scibile umano. La sua sete di
conoscenza, l'amore per la sua città e per i suoi concittadini lo guidarono nella scoperta delle origini, della storia, dei costumi, delle tradizioni e dei letterati locali.
Un merito maggiore di quello di donare il suo prezioso patrimonio librario e
documentario alla biblioteca della sua città rimane quello della condizione di indire, a cadenza annuale, una borsa di studio destinata a tutti gli studenti delle scuole
superiori.
Con questo atto egli desiderava che il "Popolo della scuola", così gli piaceva
chiamare la classe studentesca, imparasse ad amare la cultura e l'arte, ispiratrici del
suo cammino, e che cercasse di migliorare la società e il nostro futuro, attraverso il
recupero delle antiche e nobili tradizioni, di cui è rimasto solo un vago e impreciso
viii
Prefazione
ricordo in una società sempre più problematica, ispirata a modelli effimeri che badano solo all'estetica e al successo.
Egli, con questa iniziativa, credeva che i giovani avrebbero potuto accrescere
l'amore per i libri e la lettura, strumenti capaci di ampliare gli orizzonti culturali ed
etici e di permettere loro l'acquisizione di valori fondamentali come l'amore per la propria città, la propria patria, punti di riferimento per il corretto agire individuale e
sociale.
Il Concorso Borsa di Studio vuole anche essere un riconoscimento da parte dell'amministrazione per la sua partecipazione attiva agli eventi culturali di Pomigliano,
per il prezioso patrimonio librario e documentario donato alla città, per i meriti e le
competenze che non gli furono tributati in vita. De Falco affrontò con superiorità il
dispiacere e l'amarezza dovuti al fatto che il suo lavoro non venisse adeguatamente
apprezzato; scrivendo in una noticina alla trascrizione delle cinque lettere di V.
Imbriani: "Il mare qualcosa pur sempre restituisce di tanto in tanto...". Forse non
aveva tutti i torti; il mare a lui ha restituito, a quindici anni dalla sua morte, la stima
e la riconoscenza di quei pomiglianesi che non lo conoscevano e che egli amò più di
ogni altra cosa.
Il Concorso vuole altresì essere una risposta all'appello che egli rivolse agli
amministratori, agli operatori sociali e culturali invitandoli a cooperare attivamente
con i cittadini affinché questi avessero sempre più vigile attenzione per il patrimonio
culturale del nostro paese.
Anche grazie a lui e alla sua opera la nostra città non solo ha recuperato il
valore del suo passato, ma cerca contemporaneamente di essere al passo con i tempi,
prestando sempre particolare attenzione ai temi dell'ecologia, dello sport, dello svago,
dell'arte e della cultura, non perdendo nessuna occasione per creare nuovi spazi e
strutture adeguate.
Naturalmente bisogna continuare, e con maggior vigore, a dare delle risposte
positive ai Pomiglianesi, creando nuove opportunità di lavoro dalla riscoperta delle
tradizioni e della cultura locale, fonti di un rinnovato sviluppo e benessere.
Per meglio realizzare l'obiettivo di formare giovani coscienti della propria cultura, della propria identità, delle proprie tradizioni e, quello che più conta, sempre più
attivi e partecipi alle iniziative della città, stiamo potenziando i servizi della Biblioteca
comunale, divenuta punto di riferimento culturale non solo per i pomiglianesi ma
anche per tutti gli studenti, studiosi e ricercatori dei paesi limitrofi.
Colgo l’occasione per invitare tutti, in modo particolare gli studenti, a frequentare la nostra biblioteca, che è in grado di fornire strumenti e servizi fondamentali:
Prefazione
ix
consultazione e studio in sede, prestito bibliotecario e interbibliotecario, informazioni bibliografiche, internet e postazioni multimediali, consulenza, orientamento e tutorato, tirocinio e stages, corsi di alfabetizzazione, necessari per una completa crescita
culturale.
Infine, proprio al "Popolo della scuola" voglio anticipare che tra poco un altro
singolare e irripetibile personaggio arricchirà la storia pomiglianese: l'avvocato
Nicola Esposito, del quale nell'anno 2000 l'amministrazione acquisì sia il palazzo che
la raccolta dei libri costituita da circa 50.000 volumi, tra cui testi antichi che vanno dal
'500 alla fine dell'‘800, nonché monografie, enciclopedie, dizionari, riviste, quotidiani,
opuscoli e periodici vari, dei quali si sta procedendo all'inventario e alla catalogazione. Inoltre, il Fondo “Nicola Esposito” comprende quasi tutte le pubblicazioni relative
alla sezione storica locale, vale a dire tutti quei testi che trattano o sono inerenti alla
città di Pomigliano nei suoi molteplici aspetti.
Il dott. Giovanni Basile sta lavorando alla compilazione di questa pubblicazione che avrà come titolo Il bibliofilo furioso: nicola esposito. La pubblicazione sarà
suddivisa in due parti: la prima, tratterà la vita, il pensiero e gli scritti di Nicola
Esposito; la seconda, riporterà la catalogazione dei libri antichi (secc. XVI-XIX), nonché una bibliografia completa della sezione storica locale.
Il Sindaco
Antonio Della Ratta
PresentaZione
nell’era della multimedialità, ove internet la fa da padrone, quale sovrano mezzo di
comunicazione interpersonale, l’approccio personale dei giovani con la pagina bianca
di un block notes, su cui fermare un proprio pensiero, un’emozione estemporanea,
un’opinione maturata alla luce di una particolare esperienza, risulta meno immediato,
oserei dire quasi desueto, nella pratica della quotidianità. Tra l’altro lo scrivere risulta
essere più invitante e appetibile, quand’esso esteriorizza un libero sentire, ma se deve
attenere ad un tema proposto, esso si articola in schemi precostituiti entro cui tende a
rimanere.
Solitamente è così!
non per il concorso “luigi de falco”!
esso, mirando alla valorizzazione del patrimonio culturale di Pomigliano, nel
presente come nel passato, ha offerto agli studenti degli istituti d’istruzione superiore di
Pomigliano l’occasione di andare oltre ad uno scritto che raccogliesse il frutto delle loro
ricerche o documentazioni sulla storia del proprio paese, ad essi ancora sconosciuta.
Il concorso, come tutte le buone cose di questo mondo, ha raggiunto obiettivi di
più ampio respiro, costruendo nei giovani il senso di appartenenza alla propria città,
percepita come tale anche da chi vi studia; essi si sono espressi e hanno fatto sentire la
loro voce su fatti e argomenti che sono di tutti e di ognuno e … già questo non è cosa
da poco! Così si costruisce il cittadino!
I temi proposti, inoltre, hanno guidato i giovani a scoprire realtà sommerse e
inavvertitamente hanno conosciuto e stimato personaggi che tenderanno ad emulare,
perché il loro operato di persone rette, moralmente integre, oneste nell’animo, puri nei
sentimenti, forti nel perseguire i loro ideali, ha presentato modelli positivi di come si
vive una vita autentica e vera, fatta di amore per la verità, la libertà, il rispetto della
dignità umana, valori che fanno amare la vita, perché la riempiono di significato.
gli elaborati dei giovani studenti, su idea proposta e messa in atto con scrupoloso zelo dal dott. giovanni basile, saranno raccolti in opuscoli e catalogati per anni e
potranno essere consultati da tutti coloro che spinti da una sana curiosità e dal sapore
del sapere, vorranno saperne di più sulla città di Pomigliano, sui suoi benemeriti figli
che le hanno reso onore con la loro vita e le loro gesta.
gli scritti di ogni studente saranno preziosi documenti: ognuno nella sua peculiarità di linguaggio, di stile personale, di originalità, di pensiero, sarà una perla che
andrà ad arricchire la già preziosa biblioteca di Pomigliano.
Prof.ssa rosalba Quaglia
docente liceo “matilde Serao”
xii
Le ultime volontà di Luigi De Falco
introduZione
nel dicembre del 1990, luigi de falco, consapevole che non gli restava più molto da
vivere, redasse il proprio testamento, nel quale espresse la sua volontà di donare tutti i
suoi libri alla biblioteca comunale della sua città:
«Ai miei legittimi eredi raccomando con tanta sollecitudine e “coraggio”
queste ultime volontà di un nato perdente, non infelice però!
A loro tutto ciò che mi appartiene e che ho “accumulato” con parsimonia, sacrificio! escluso i libri.
ho lavorato all’“accumulo” solo per Pomigliano ed i Pomiglianesi:
è giusto che essi ne godano.
offro i miei libri [tutti] alla biblioteca di Pomigliano. I miei subito
offriranno tale raccolta con una lettera specificando il dono. A queste
condizioni:
la donazione per atto notarile a spese del Comune.
la donazione alla biblioteca a titolo di dono con la clausola specifica che qualora si verificasse una sola perdita di un libro alla verifica degli
eredi de falco in un qualsiasi momento, Questi possono riprendersi la
suddetta raccolta o dettare moniti, etc. Che la biblioteca provveda a conservarli nella maniera più giusta e ne valorizzi l’uso attraverso iniziative
culturali.
la biblioteca nella schedatura dei libri dedichi il dono con la
testuale iscrizione: “fondo luigi de falco”.
lo stesso ogni libro od opuscolo oltre al timbro della biblioteca
porti anche il timbro o l’etichetta di provenienza, cioè: fondo luigi de
falco.
Queste sono le mie volontà,
vi prego di osservarle con scrupolo e alla lettera».
dicembre 1990
Abbraccio tutti
gigino
Il 19 dicembre 1991, dopo dieci giorni dalla morte di “gigino”, il padre Antonio e il
fratello Angelo, rispettando le sue volontà, inviarono una lettera all’allora Sindaco
raffaele russo e al Consiglio comunale di Pomigliano d’Arco:
«In ottemperanza alla volontà del nostro figliuolo e fratello “gigino de
falco” portiamo a vostra conoscenza che egli ha disposto la donazione dei
suoi libri alla biblioteca comunale, fissando, egli, anche le modalità che si
xiv
Intoduzione
riassumono in una sola volontà: ottenere per iscritto, a totale carico del Comune
(Atto notarile) l’impegno da parte di codesta Amministrazione, di costituire un
fondo a lui intestato presso la biblioteca comunale, da tenere separato da tutti
gli altri libri che corredano la biblioteca stessa. Tale fondo, intestato “fondo
luIgI de fAlCo”, dizione da apporre sui libri e sulle schede, dovrà rilevarsi
dall’Atto notarile in cui verrà elencato ogni volume ed opuscolo che egli ha inteso donare; e ciò allo scopo di evitare la dispersione o la sottrazione di qualche
libro o opuscolo; per cui in ottemperanza alla sua volontà, gli eredi possono sempre, in qualsiasi momento verificarne l’intatta consistenza.
Perché come sua volontà, nel caso di verificata mancanza di uno o più
libri, questa donazione, che noi facciamo ottemperando alla sua volontà, deve
essere revocata, come sarà revocata, affinché intatto venga trasmesso il dono
alla presente e alle future generazioni pomiglianesi, per le quali egli, è noto,
ha sacrificato le proprie forze sia intellettive che economiche.
Pertanto, nel fare questa offerTA-dono, noi siamo orgogliosi di
poter adempiere alla volontà del nostro parente, sicuri che codesta
Amministrazione vorrà accettarle con le clausole sopra ricordate, dandone
un cenno di accettazione, perché noi siamo pronti ad ottemperare alla
volontà del caro “gigino”, purché siano rispettate tutte le sue disposizioni.
Tanto dovevamo per ricordare il caro nostro figliuolo e fratello “gigino”».
de falco Antonio
de falco Angelo
Pomigliano d’Arco, lì 19 dicembre 1991
Con deliberazione della Commissione straordinaria n. 522 del 09.07.1994 veniva
accettata la donazione dei libri del bibliofilo luigi de falco. In essa si autorizzava la
bibliotecaria ed un altro impiegato a formalizzare l’elenco dei libri promessi in donazione, atto necessario per la richiesta dell’autorizzazione governativa e successivo atto
notarile. Infine, si rinviava ad atti successivi la formalizzazione della donazione e si
notificava il presente deliberato alla famiglia de falco.
Anche il Consiglio bibliotecario, nella seduta dell’11.10.1995 (verbale n. 12),
espresse parere favorevole per l’acquisizione del fondo “luigi de falco” ed approvò
la presentazione di tale dono con una manifestazione pubblica da svolgersi entro il 9
dicembre del 1995. ed essa si tenne proprio in tale data, dopo quattro anni esatti dalla
scomparsa del bibliofilo de falco, avvenuta l’8 dicembre del 1991.
Il 17 luglio del 1996, il notaio Catello Tribuzio, nella Casa Comunale alla Piazza
municipio, redasse l’Atto notarile nel quale Angelo de falco, fratello maggiore di
luigi, dichiarava di donare alla biblioteca di Pomigliano d’Arco 2601 testi.
Il sindaco pro-tempore michele Caiazzo, nella qualità di legale rappresentante del
Comune di Pomigliano d’Arco, prese atto della donazione e si riservò di chiedere al
Intoduzione
xv
Prefetto la necessaria autorizzazione per l’accettazione del dono. Pertanto, il possesso
dei libri fu trasferito al donatario dopo l’atto di accettazione. le spese concernenti l’atto furono a carico dell’ente donatario.
Inoltre, il donatario, in ottemperanza alla volontà del donante, s’impegnava nel
rispetto delle seguenti condizioni:
1. allocazione dei testi
I testi oggetto della donazione dovranno essere collocati in un luogo sicuro e lontano
da fonti di umidità o di inquinamento, allo scopo di evitarne il danneggiamento.
Il donante o i suoi eredi potranno vagliare lo stato di conservazione dei testi
mediante loro esperti di fiducia.
Interventi di restauro potranno essere eseguiti solamente da operatori specializzati. Su ciascun testo donato dovrà essere apposta l’insegna “fondo luigi de falco”.
essi saranno conservati in modo da essere riconoscibili per la loro uniformità.
2. Consultazione dei testi
la consultazione dei testi potrà avvenire mediante la compilazione di un modulo, specificamente predisposto dalla biblioteca comunale. Il modulo dovrà essere conservato
agli atti per almeno un anno dalla data che reca in calce.
la consultazione sarà possibile solo nei locali della biblioteca e in presenza di
un suo impiegato.
la riproduzione, anche solo parziale dei testi, dovrà essere vietata allo scopo di
preservarne l’integrità e un’adeguata conservazione.
3. Pubblicazione del “catalogo” dei testi oggetto della donazione
entro un anno dalla data della sottoscrizione del rogito notarile, il Comune di
Pomigliano d’Arco dovrà provvedere alla pubblicazione di un catalogo contenente tutti
i testi oggetto della donazione. Per ogni testo dovrà essere indicato l’autore, il titolo, il
soggetto, l’editore e l’anno di pubblicazione. Il catalogo dovrà avere una sezione
distinta per i testi degli autori locali. esso dovrà essere divulgato in tutte le scuole e
presso associazioni culturali presenti nel territorio comunale.
4. indizione borsa di studio
Il Comune di Pomigliano d’Arco, ogni anno, a partire dal 1996, s’impegna nell’indizione della borsa di Studio “luigi de falco” per gli studenti delle scuole superiori.
nel rispetto delle clausole, la commissione è composta di almeno tre membri:
due docenti pomiglianesi di scuola media superiore e un docente universitario con
xvi
Intoduzione
ruolo di presidente. ogni anno la commissione assume una conformazione diversa e
stabilisce le materie oggetto della borsa di studio. Queste sono, sempre e comunque,
inerenti a tematiche di ambito culturale del territorio pomiglianese.
I candidati possono consultare i testi del fondo per poter acquisire un’adeguata
preparazione. Con richiesta, inoltre, possono accedere al materiale privato posseduto
dal signor Angelo de falco: documenti, carteggi, appunti del compianto luigi.
5. iniziative Culturali
Il Comune di Pomigliano d’Arco s’impegna a pubblicare i manoscritti di luigi de
falco, alcuni dei quali, purtroppo, sono rimasti incompiuti, e un epistolario a firma
autentica di vittorio Imbriani.1 Questi lavori, manoscritti del de falco e autografi
dell’Imbriani, potranno essere sottoposti all’analisi della commissione, in modo che
questa possa vagliare l’opportunità di considerarli oggetto della tematica dei concorsi.
Inoltre, a questo materiale potranno accedere anche i candidati, in modo che eventualmente possa essere ampliato attraverso la ricerca.
6. moniti
le suddette condizioni e richieste hanno carattere permanente, quindi costituiscono un
impegno anche per le future amministrazioni del Comune di Pomigliano d’Arco. In
caso di inadempienze da parte del Comune, che possano arrecare grave danno al patrimonio librario donato, il signor Angelo de falco, autore della donazione, o i suoi eredi,
potranno considerare nullo l’atto di donazione e rientrare in possesso dei testi donati.
1 l’epistolario è costituito di cinque lettere inedite di vittorio Imbriani che sono state pubblicate
nel dicembre del 2002 col titolo: Vittorio Imbriani a Gustavo Iacobucci: cinque lettere inedite. A cura di
monica mola. Casalnuovo, Phoebus edizioni, 2002.
r i n gr a Zi a me n t i
L’idea di stampare la presente pubblicazione nasce dalla necessità di lasciare
alla storia della nostra città un prezioso documento ricco di osservazioni, riflessioni e notizie, raccolte con faticose ricerche dagli studenti che hanno partecipato con grande interesse al Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco”.
In primo luogo, sento di ringraziare il dott. Antonio Della Ratta, Sindaco
della Città di Pomigliano, che ha permesso la realizzazione di questa iniziativa;
l’assessore Sofia Salvati per la naturale entusiastica attitudine verso tutte le iniziative culturali a beneficio dei giovani e la dirigente del settore, dott.ssa
Raffaella Papaccioli, per i suoi preziosi consigli.
Un pensiero di gratitudine va all’On. Michele Caiazzo, il quale, in qualità di legale rappresentante del Comune, prese atto della donazione ed ottenne
dal Prefetto la necessaria autorizzazione per l’accettazione del dono.
Sono riconoscente ai dirigenti scolastici degli istituti d’istruzione superiore di Pomigliano: prof. Francesco Barbato (Liceo "V. Imbriani"), prof. Mario
Sorrentino (I.T.I.S. "E. Barsanti"), prof. Vincenzo Gesuele (Liceo "M. Serao"),
prof. Salvatore Santaniello (Liceo "S. Cantone"), prof. Raffaele Sibilio
(I.P.S.S.C.T.G.P. "Europa"), che hanno favorito la sensibilizzazione di docenti e
alunni alla riscoperta del patrimonio artistico e storico di Pomigliano.
Un compiacimento per l'opera compiuta va alla commissione esaminatrice, che quest’anno è stata composta dalla prof.ssa Stefania Romeo (docente
dell’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa”), dalla prof.ssa Rosalba
Quaglia (docente del Liceo “Matilde Serao”) e dalla prof.ssa Stefania Bellezza
(docente dell’Istituto “Europa”), e a tutti quei docenti che hanno interessato i
giovani alla ricerca, suscitando in loro il desiderio di conoscere i luoghi della
memoria e figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori, che con la loro
vita hanno arricchito la storia di Pomigliano.
Un apprezzamento va ai collaboratori bibliotecari: Sabato Manco,
Giuseppe Candela, Girolama Leone e, in modo particolare, Felice Leone, che
ha fornito notizie e materiale utilissimo a tutti gli studenti che si sono recati in
biblioteca per effettuare le loro ricerche.
Infine, sono grato a tutti coloro che, in modo diretto o indiretto, mi hanno
sostenuto e consigliato in questo lavoro.
xviii
Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco”
tematiChe deL ConCorso:
1. luigi de falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso
di una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
2. luoghi della memoria a Pomigliano: individuare e descrivere i più significativi,
quelli legati ad eventi storici e situazioni che hanno determinato crescita culturale e
sociale.
3. figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende
della nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che, per tensione morale,
forza intellettuale, virtù patria, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
Commissione esaminatriCe:
Prof.ssa romeo Stefania
Prof.ssa Quaglia rosalba
Prof.ssa bellezza Stefania
Ist. univ. “Suor orsola benincasa”
liceo “m. Serao”
I.P.S.S.C.T.g.P. “europa”
Presidente
Componente
Componente
Concorso Borsa di Studio “Luigi De Falco”
xix
eLenCo in ordine aLFaBetiCo degLi studenti Premiati
1. AllIgrAnde, Annarita
liceo “S. Cantone”
Classe IIIf
2. ArATo, fabio
I.T.I.S. “e. barsanti”
Classe Ivg
3. d’Angelo, marco
I.T.I.S. “e. barsanti”
Classe Ivg
4. de fAlCo, Pasquale
I.T.I.S. “e. barsanti”
Classe IIIg
5. eSPoSITo, rossella
liceo “v. Imbriani”
Classe IAs
6. guAdAgnI, lucia
liceo “m. Serao”
Classe IvAs
7. lA gATTA, Carmine
liceo “v. Imbriani”
Classe IAs
8. lA SAlA, roberto
liceo “v. Imbriani”
Classe vA
9. lombArdI, ottavio
I.T.I.S. “e. barsanti”
Classe IIIg
10. mIlo, biancamaria
I.P.S.S.C.T.g.P. “europa”
Classe Ivb
11. nAPolITAno, marianna
liceo “v. Imbriani”
Classe IIC
12. PAolellA, Antonio
I.T.I.S. “e. barsanti”
Classe ve
13. PerfeTTo, nicla
liceo “m. Serao”
Classe vA
14. regA, girolamo
liceo “v. Imbriani”
Classe Ivbs
15. SPerlongAno, Simona
liceo “S. Cantone”
Classe IICs
16. SPoSITo, Teresa
liceo “v. Imbriani”
Classe Ivbs
17. TerrACCIAno, enza
liceo “S. Cantone”
Classe IIAs
18. ToSCAno, mariangela
liceo “v. Imbriani”
Classe Ivb
AllIgrAnde, Annarita
liceo “S. Cantone” Classe IIIf
Figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende della
nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che, per tensione morale, forza
intellettuale, virtù patria, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
nel corso della sua lunga storia, Pomigliano d’Arco da semplice paesino a vocazione
rurale, è diventato un centro industriale tra i più rinomati del mezzogiorno d’Italia.
Infatti, queste industrie, che dal 1940 in poi si sono installate sul nostro territorio,
hanno radicalmente trasformato la cittadina campana, proprio nel momento in cui
l’agricoltura è stata “abbandonata”, fenomeno diffuso un po’ in tutta l’Italia di quel
periodo, vuoi un po’ per la lottizzazione dei terreni oppure per l’eccessiva espansione
urbanistica, motivi che hanno sottratto alla produzione agricola terreni fertili, ad alto
indice di produttività e poco si è fatto per avviare quella che è stata sempre l’attività
principale di questa terra verso metodi di lavoro più moderni e razionali. Per tali
ragioni, le generazioni che si andavano man mano formando preferivano sempre di più
dirigersi verso altre forme lavorative, che avrebbero potuto offrire loro prospettive più
larghe di guadagno.
Come possiamo notare la situazione, nel giro di qualche decennio, cambiò radicalmente: alle vecchie costruzioni, fatiscenti ed obsolete, si sostituirono i nuovi edifici, costruiti secondo le tecnologie moderne; al vecchio bracciante agricolo subentrò
l’operaio che lavorava nelle fabbriche. ma c’è qualcosa che, nonostante l’avanzare del
tempo, continuava a rimanere l’emblema di una società che si avviava verso il cambiamento totale: l’animo delle persone. e sì, tutto ciò che concerne i sentimenti, le passioni, gli sfoghi e il divertimento della gente comune, quella che tutti i giorni sudava le
cosiddette “sette camicie” per tirare a campare, rimaneva ancora in piedi. e la testimonianza più diretta sono le persone anziane, le quali hanno ancora tatuato sulla pelle
l’essenza di quel mondo ormai ricoperto dal velo della dimenticanza. nelle loro espressioni, nei loro racconti, nelle loro storie di vita vissuta c’è tutto quello che nessun testo
scritto può tramandare. e nella nostra città, le tradizioni, certamente non mancano. le
feste erano gli avvenimenti più sentiti, i giorni a cui il pomiglianese dava maggior
importanza. In fondo la festa non è altro che una semplice celebrazione collettiva di
ricorrenze civili o religiose, che si festeggia una o più volte all’anno, che prevede la
parziale o totale cessazione delle attività lavorative e può essere accompagnata da cerimonie, comportamenti rituali o parate. già nell’antichità, dove le feste ricorrevano con
regolarità nel calendario greco e romano, esse costituivano un’interruzione delle nor-
2
Alligrande, Annarita
mali attività e, soprattutto, del tempo del lavoro, dilatandosi poi, sempre di più, fino a
raggiungere nel xx secolo, con l’affermarsi dei concetti di tempo libero e turismo,
l’acme del loro splendore. gli studiosi del folclore ritengono che le prime feste siano
nate dalle paure degli antichi che, non sapendo spiegare e controllare le forze della natura, desideravano placarle ed è universalmente accettato che le feste più antiche fossero
collegate ai periodi della semina e del raccolto o alla commemorazione dei defunti, tuttora presenti come feste laiche, anche se pervase da toni religiosi nell’epoca attuale.
nella nostra città, invece, furono le feste pagane quelle più sentite, come quella
in onore del patrono San felice in Pincis, la festa per eccellenza, ricorrenza che cadeva ogni anno il 14 gennaio, giorno in cui la gente si radunava per strada per parlare,
divertirsi e cantare. Il paese era in movimento: giovani, bambini e studenti erano indaffarati perché, come si suol dire dalle nostre parti, tutti volevano “ingignarsi” e farsi
belli durante le cosiddette “llummate”, oggi sostituite dalle modernissime “luminarie”,
che facevano appunto illuminare il paese. e nessuno voleva perdersi le bancarelle
piene di torrone, confettini colorati, taralli e di “castagne d’o prevete” o di qualche giocattolo d’epoca come lo “strummolo”, bambole di pezza, trombette e palle di stoffa
piene di segatura. Questa tradizione si è mantenuta nel corso degli anni, anche se ha
del tutto perso quel suo gusto e significato originale, sfociando in una vera e propria
“sagra del consumismo”. ma tra le feste pagane mi preme analizzarne una in particolare, la più importante di tutte, quella di Carnevale, in quanto credo che sia proprio in
quest’occasione che ‘ars est ingenium” pomiglianesi abbiano raggiunto il diapason
dello splendore, facendo sì che tale ricorrenza ci rendesse famosi in tutta la regione.
“Carneval addò te truove, Pasca a casa toia” così recita un antico adagio locale, a testimonianza del fatto che a tale festa era assegnato un ruolo di preminenza rispetto a qualsiasi altra ricorrenza. In tale massima è raccolto tutto lo spirito di chi, ritrovandosi a
cantare, ballare e scherzare per strada, voleva allontanarsi dallo stress di tutti i giorni e
concedersi un momento di svago e di divertimento. Il tutto ebbe inizio nel 1950, anno
in cui il gruppo operaio “zezi”, iniziò la tradizione del Carnevale a Pomigliano d’Arco,
mettendo in scena le prime rappresentazioni “dei dodici mesi”, del “processo e della
morte di Carnevale”, tutto questo nel giorno del “martedì grasso”. Il gruppo “zezi” con
queste rappresentazioni si prefiggeva come obiettivo quello di insegnare a tutti che “il
Carnevale non è una festa che si offre al popolo, ma bensì una festa che il popolo offre
a se stesso”. e infatti in quel giorno doveva sparire ogni forma di malinconia, ogni persona doveva scendere in strada per tuffarsi ed immergersi completamente, cioè con
tutto se stesso, in un mare di risate e ritrovarsi, per un giorno, ricco e “padrone”.
Padrone di se stesso, del suo tempo libero, libero da ogni altra cosa che gli impedisse
di svagarsi. Alla festa seguiva anche un particolare tipo di pranzo, costituito da polpette, lasagne al forno e da un dolce particolare, “o migliaccio”. Scavando e rovistando tra
Alligrande, Annarita
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gli antichi documenti del tempo e ascoltando con attenzione la descrizione di chi quelle feste le ha vissute in prima persona, è emerso un tema che ricorre anche nelle filastrocche, nelle canzonette e nei canti popolari intonati in quei giorni: la questione “dei
padroni”. Sì perché in un paese dove l’agricoltura ha dominato per tanti anni la scena
economica per poi lasciare il posto alle industrie, non poteva che nascere un’avversione verso la classe dirigente, verso la superbia di chi, “giocando” sull’ignoranza degli
altri, cercava di trarre vantaggi a proprio favore. Avversione che diveniva sempre più
forte quando venivano violati i diritti di un popolo da sempre abituato alla cultura del
lavoro e ad ogni forma di clientelismo nei confronti dei più potenti. Insomma questo
movimento portato avanti dal gruppo zezi, oltre alla grande rinomanza nell’ambito
delle feste, nasceva da un’esigenza anche di ordine politico e cioè quella di “combattere i padroni”, ragion per cui riscosse molto successo tra le classi popolari e tra quei
giovani che, desiderosi di vendetta, vedevano svanire le loro speranze e i loro sogni di
gloria. una delle figure storiche del gruppo zezi è stata, e lo è ancora oggi, anche se il
gruppo è costituito solo da una minoranza sparuta di “superstiti”, marcello Colasurdo,
la vera anima del gruppo storico su citato. un uomo semplice, proveniente dalle strade di Pomigliano d’Arco, di cui conosce tutto e un po’ tutti e chi meglio di lui poteva
raccontare attraverso i canti popolari le paure, le sofferenze e le speranze di questa
gente, di cui si fa portavoce accanito. Canti popolari, ninnananne provenienti da antiche leggende popolari e dalle più stravaganti mitologie lasciano un segno indelebile
nella memoria del popolo, che rivede in tali rappresentazioni, siano esse canore o
messe in scena, tutto ciò che si porta dentro e che non ha mai saputo esprimere. Intorno
a questa “leggendaria” figura di “demo-psicologo”, ossia studioso di canti e filastrocche popolari, si avvicendarono vari giovani, la forza motrice del gruppo, che sprizzavano forza ed energia da ogni poro e che incitavano il popolo a cantare e a seguirli
durante le loro manifestazioni. giovani attivi, speranzosi e fiduciosi in un futuro
migliore, magari grazie a quella lotta sociale che portavano avanti con così tanto entusiasmo. Allora sì che la gente si divertiva, riempiva bene le ore del giorno, era spensierata e contenta durante queste manifestazioni il cui arrivo attendeva con quell’ansia
tipica del fanciullo che aspetta una buona novella. ma prima del Colasurdo non va
taciuto sicuramente il nome di colui che è stato (e non lo dico per il grado di parentela che mi lega a lui) il “nume tutelare” delle feste pagane nella nostra città, vale a dire
Salvatore Alfuso, un giovane scomparso prematuramente alla giovanissima età di 36
anni, che diede tutto alla sua città, scrivendo canzoni e filastrocche e combattendo contro coloro i quali cercavano, per interessi personali, di infangare il nome della sua
patria, alla quale teneva tanto. Antesignano del movimento operaio locale, Salvatore
Alfuso, meglio conosciuto con il nome di “Sciascià”, lasciò nel cuore della propria
gente il ricordo di un giovane che lottava contro tutto e tutti, che difficilmente si pie-
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Alligrande, Annarita
gava a ciò che veniva imposto dall’alto, personaggio il cui credo era “battere e combattere le ingiustizie sociali”, attraverso le note di una chitarra o il tono soave della sua
voce. fu il primo vero “cantore” del gruppo “zezi”, colui che prima di tutti portò sulla
scena e nei testi delle canzoni i sentimenti, le speranze e le aspettative del popolo suo,
gente semplice, modesti lavoratori della terra, persone che si agitavano, lavoravano e
sudavano per “vegetare” in quel mondo passato. Amico di tutti, uno del popolo, che
cercò di creare il mito di una città, la sua, emblema di giustizia e uguaglianza, dove
tutti esprimessero la propria idea e il proprio credo attraverso i testi delle canzoni. Il
suo impegno non si limitò solo a questo, anzi fece sì che il folklore pomiglianese fosse
visibile anche sugli spalti della sua squadra del cuore, quella di calcio naturalmente, per
la quale preparò variegate scenografie e fuochi pirotecnici durante lo svolgimento delle
partite. Si deve a lui la stesura di molti testi ancora oggi cantati da una frangia estrema
del gruppo storico dei “zezi”, che prese il nome di “nacchere rosse”, tra i quali ricordiamo “I 12 mesi”, che da quel momento in poi divenne il cavallo di battaglia dei giovani che vi entrarono a far parte, tra cui, come ricordavo già in precedenza, Colasurdo.
una magra consolazione, per noi familiari, è stata una manifestazione culturale in suo
onore tenutasi nell’estate scorsa sui palchi del Parco Pubblico, rassegna in cui erano
presenti tutti coloro che conobbero questo “popolare masaniello”, tra cui figurava
anche il noto cantautore, coautore di alcune sue canzoni, enzo gragnaniello, un’altra
voce calda, “zingara”, gitana e come dice lui “gipsy”, della nostra terra.
Purtroppo però, lo sviluppo economico del paese, evento sicuramente positivo
per la città, e la conseguente urbanizzazione hanno fatto sì che queste tradizioni perdessero il loro valore originario e che si riducessero a semplice ricordo nella mente
degli anziani. un elemento sicuramente negativo, in quanto noi giovani dovremmo
imparare a conoscere le nostre radici, ad apprezzare gli sforzi fatti da quanti, per una
ragione o per un’altra, hanno sofferto e lavorato sodo per lasciarci quest’eredità.
un’eredità che non è costituita da niente di materiale, ma da ricordi, rituali, tradizioni
e feste, cioè un’eredità culturale, che va prima preservata e salvaguardata per poi essere trasmessa ai posteri.
Credo sia importante che a personaggi di questo spessore venga dato il giusto
riconoscimento, affinché non sia mai dimenticato quanto hanno fatto per la loro terra e
per il proprio popolo. fanno parte della nostra storia, della nostra cultura: fanno parte
di noi, perché se oggi siamo giunti a tale tenore di vita, più che accettabile, lo dobbiamo anche a loro, che soffrirono e “lavorarono” per il nostro bene. Spesso resto allibita
dinanzi alla tracotante indifferenza di chi, pur vivendo da tempo in questa città, rinnega le proprie origini e ignora del tutto il proprio passato: non è giusto nei confronti di
chi ha fatto tanto per noi posteri. Prima di goderci le comodità dei nostri tempi,
dovremmo tributare i giusti onori a chi ci ha permesso di giungere oggi in queste con-
Alligrande, Annarita
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dizioni. Anche gli enti comunali e le “altre Istituzioni” dovrebbero impegnarsi per portare avanti questo tipo di iniziativa: sensibilizzare i giovani, non solo a parole, ma
dando loro i mezzi necessari per conoscere cosa si nasconde dietro di noi.
dietro l’operato di questi personaggi, di cui ho tanto parlato finora, si nascondono verità inimmaginabili; dietro queste feste popolari c’è tutto l’ingegno e la fantasia degli uomini che vivevano una vita diametralmente opposta a quella che viviamo
noi oggi, una vita autentica, fatta di valori veri, di onestà, probità e sincerità, un mondo
in cui anche il rispetto per il nemico costituiva un parametro essenziale per essere definito “un uomo”.
e’ lo spirito di una terra che, vuoi un po’ per la posizione geografica (area vesuviana), vuoi un po’ per la storia che la contraddistingue (fulcro dell’agro nolano in età
romana e feudale), ha sempre dato i natali a personaggi ricchi di fantasia e di intraprendenza, a cui va aggiunto quel modo stoico di vivere la vita alla giornata, sperando
in un domani migliore.
vivere la vita, viverla intensamente e così com’è, con le sue gioie e con le sofferenze, che si alternano in un disegno provvidenziale che è giudice supremo del
cosmo. godersi quei pochi attimi di felicità, come appunto volevano Salvatore Alfuso,
marcello Colasurdo, il gruppo “zezi” e altri giovani al loro seguito e così come sosteneva, più di 2000 anni fa, un certo orazio flacco, che non si stancò mai di far trapelare dalle sue opere un messaggio di vita, un invito a godersi i giorni, le ore e con esse
ogni attimo dell’esistenza, messaggio che trovava il suo massimo splendore nel celeberrimo “carpe diem”.
le feste popolari e pagane, a Pomigliano d’Arco, così come in tutte le altre parti,
avevano questo fine e pretendevano che tutti vi prendessero parte attivamente, svagandosi, divertendosi, “risvegliando”, almeno in quel giorno, quegli istinti inespressi e soffocando il silenzio che si portavano dentro.
Spesso, ripensando a quel tipo di società, mi sembra di essere anni luce avanti
nel tempo e magari di vivere su un altro pianeta, ma poi sfogliando i calendari mi
accorgo che stiamo parlando solo di mezzo secolo fa, che rappresenta solo un misero
granellino di sabbia nella clessidra del tempo. occorrerebbe inculcare nelle menti delle
generazioni moderne questi concetti, queste tradizioni che, per quanto possano apparire insignificanti davanti a tanta tecnologia, comunque racchiudono in sé la vera essenza dell’uomo, quella di un essere vivente che si diverte, gioisce ed esulta nei momenti
di felicità e che invece si tormenta, si dispera e soffre nel resto del tempo, un tempo
che lo sottopone all’inarrestabile forza del destino.
nella speranza, l’ennesima, che tutte queste parole possano avere un corrispettivo nelle azioni pratiche, invito tutte le Istituzioni a star vicino ai giovani e a tutti
quelli che non sanno cosa si nasconde dietro di loro, inculcando nella loro mente que-
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Alligrande, Annarita
ste tradizioni, queste feste che, in un tempo non troppo distante da noi, invogliavano
la gente semplice a divertirsi, a svagarsi perché, d’altronde, come ci insegna un vecchio e intramontabile maestro di vita qual è nietzsche: “la vita non è altro che un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore” e sta a noi far sì che le lancette, ogni tanto, si
fermino sui pochi attimi di felicità che ci spettano.
ArATo, fabio
I.T.I.S. “e. barsanti” Classe Ivg
Figure pomiglianesi d’eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende della
nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che per tensione morale, forza
intellettuale, virtù patria, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
Sono molte le figure di eroi e di politici, ma anche scrittori pomiglianesi che hanno lasciato segni indelebili nella storia di questa città. Questo tema mi ha dato la possibilità
di trattare avvenimenti che partono da molto lontano, cioè dal 1859 per ricordare e
omaggiare personaggi famosi come Pasquale Primicile Carafa, francesco de Cicco,
Salvatore Coppola, luigi Settembrini, luigi de falco, Pironti, francesco de Sanctis,
depretis, fino a ricordare il grande don vittorio – cosi chiamato da tutti all’epoca – cioè
vittorio Imbriani, famoso per le sue qualità morali e civili.
«nel xIx secolo il circondario di Casoria era una striscia pianeggiante che si
estendeva perpendicolarmente alla costa verso l’interno» (g. montroni, Società e
mercato della terra, napoli, 1983, p. 37). Pomigliano d’Arco faceva parte di questo
circondario, economicamente apparteneva alla seconda area agricola del Sud, caratterizzata da colture irrigue e asciutte, come quelle della canapa (fonti lette su appunti scolastici universitari).
dopo l’unificazione nazionale, Pomigliano rimane un comune rurale, governato da personaggi che sono classificati – nei documenti ufficiali – con il “don”. la terra,
quindi, era simbolo, per quantità e valore, dello status sociale di ciascun abitante, di cui
costituiva per altro una fonte di ricchezza, di reddito e dava la possibilità di essere elettori; come possiamo comprendere, possedere una terra era un’enorme ricchezza non
solo economica ma anche, in un certo senso, politica perché si poteva essere elettori.
la legge rattazzi del 1859 conferiva «il diritto di voto ai cittadini che avessero compiuto 25 anni e sapessero leggere e scrivere, purché pagassero almeno 40 lire annue di
imposte dirette. la medesima capacità era riconosciuta anche ai notai, ai magistrati,
agli esercenti di commercio e alla borghesia, insomma: ma una borghesia così poco
rappresentativa della società civile da equivalere a meno dell’8% dei maschi e al di
sopra del venticinquesimo anno di età» (e. rotelli, Costituzione e amministrazione
dell’Italia unita, bologna, 1981, p. 49). l’intero sistema elettorale era uninominale, più
consono al notabilato, e l’intero territorio nazionale era articolato in circoscrizioni elettorali, ciascuna delle quali era chiamata ad eleggere un deputato, con il ballottaggio tra
i primi due nel caso in cui al primo scrutinio nessun candidato avesse ottenuto la maggioranza assoluta. A Pomigliano d’Arco nel 1864 gli elettori erano 92 su 8940 abitan-
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Arato, Fabio
ti, di cui 28 per rendite e 64 per professione indicate in un’apposita lista. Secondo la
casistica, Pomigliano rientrava tra i paesi dove c’era un forte astensionismo che si
attestava intorno al 47% (C. Aliberti, Pomigliano d’Arco : dall’unità d’Italia alla
Repubblica, nola, 1991, p. 21). Per quanto riguarda la partecipazione alle elezioni
comunali, bisogna dire che, a quel tempo, il Comune fu fortemente controllato dal
potere centrale; questo costituì, senza dubbio, per il notabilato locale un grosso vantaggio. Anche a Pomigliano i primi sindaci dello Stato unitario vennero eletti o
meglio scelti tra i notabili che avevano già avuto esperienza nei precedenti
decurionati borbonici, come Pasquale Primicile Carafa e francesco de Cicco: il
primo classificato come nobile, il secondo classificato come proprietario.
Il Primicile Carafa fu sindaco a Pomigliano dal 1864 al 1866, dopo aver ricoperto questa carica, in età borbonica dal 1847 al 1849; il de Cicco ricoprì la carica dal
1863 al 1864. Proprio a francesco de Cicco si deve la realizzazione del primo
impianto di illuminazione al paese (fonti lette su appunti scolastici universitari). Tale
evento fu determinante per lo sviluppo della comunità urbana; infatti, la scoperta dell’energia elettrica, che avvenne nell’ottocento, grazie all’invenzione della lampadina
di tungsteno dello scienziato americano Thomas edison, rappresentò una delle tappe
fondamentali del progresso scientifico e tecnologico che determinò la trasformazione
economica del paese, che da centro agricolo si evolveva verso una importante periferia industriale di grandi dimensioni.
ritornando agli eventi risorgimentali di Pomigliano, ricordiamo che il primo cittadino pomiglianese in età liberale e risorgimentale fu Pasquale gaudiosi, il quale ricoprì la carica di sindaco della cittadina meridionale solo per pochi mesi. dal 1866 al
1871 la carica di sindaco fu affidata a Salvatore Coppola, con il quale si entra nella fase
politica, in cui ritroviamo uno dei maggiori esponenti dei moderati napoletani: vittorio
Imbriani. la maggior parte dei moderati meridionali proveniva dalla borghesia agiata
di provincia «legati agli esponenti più autorevoli della cultura napoletana e in grado di
assicurarsi quei contatti sociali, considerati opportuni per accedere a determinate professioni. I futuri deputati vennero quasi tutti in contatto tra loro negli anni della formazione universitaria e del tirocinio professionale» (l. musella, relazioni, clientele,
gruppi e partiti nel controllo e nell’organizzazione della partecipazione politica (18601914), in Storia d’Italia, le regioni (la Campania). Torino, 1990, p. 734). Il gruppo
dei moderati era legato ai fratelli bertando e a Silvio Spaventa; quest’ultimo, grazie
all’aiuto di suo fratello, fu in contatto con i docenti dell’Ateneo napoletano e con illustri amici: luigi Settembrini, Pisanelli Pessina, manna, Antonio Ciccone, Antonio
labriola, felice Tocco e, soprattutto, francesco fiorentino e vittorio Imbriani. gli
Imbriani rappresentavano a Pomigliano d’Arco la forte corrente moderata meridionale. don vittorio fu, infatti, un costante punto di riferimento, per statura culturale e poli-
Arato, Fabio
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tica, per il Coppola ma anche per Pasquale de falco, sindaco che successe a Coppola,
il quale entrò a far parte del “partito” di vittorio Imbriani, prendendo parte anche a controversie politiche tra il cavaliere don vittorio e l’abate felice Toscano.
l’abate era ben voluto e stimato dai suoi concittadini per la sua cultura e per le
sue opere di carità.
l’abate felice Toscano fu un grande uomo politico che si impegnò a far costruire la strada provinciale Pomigliano-Sant’Anastasia, ma soprattutto si impegnò a fondare a Pomigliano l’asilo infantile per i poveri, affidati, successivamente, alle suore
della Carità, sostenendo donne e bambini con i fondi provenienti dalla Provincia, dal
Comune e anche dalle sue proprietà (fonti lette su appunti scolastici universitari).
Secondo nunzio Coppola, l’abate avrebbe potuto appartenere alla massoneria,
cosa non strana per un prete di quel tempo, poiché durante il risorgimento numerosi
preti furono massoni. Tale previsione è probabile.
Il Coppola vede possibile ciò perché don vittorio firma le sue lettere, inviate
all’abate sempre con i tre punti della massoneria (Cfr. n. Coppola, Carteggi di Vittorio
Imbriani. Gli hegheliani di Napoli ed altri corrispondenti letterati ed artisti, roma,
officine grafiche Stediv, 1964, p. 145).
vittorio Imbriani, trasferitosi a Pomigliano nel 1872, cominciò a nutrire ambizioni politiche (f. esposito, Felice Toscano: sacerdote - filosofo - educatore, marigliano, Istituto Anselmi, 1986, p. 48) e per questo non poté non avere contatti con l’abate
felice Toscano. Tra i due si instaurarono diversi atteggiamenti; in un primo momento,
vi era un sentimento di rispetto e di cortesia, anche se erano di formazione culturale
diversa. Tutto è andato bene fino al maggio del 1873, quando tra i due ci fu il momento del contrasto; secondo l’Imbriani l’abate non l’avrebbe appoggiato adeguatamente,
come lo stesso scrive in una lettera inviata proprio all’abate nel giugno del 1875 (n.
Coppola, Carteggi di Vittorio Imbriani. Gli hegheliani di Napoli ed altri corrispondenti letterati ed artisti, roma, officine grafiche Stediv, 1964, pp. 149-150).
don vittorio, nonostante avesse gli appoggi degli Spaventa, Pironti e Pisanelli e
dei suoi amici e parenti locali, come il medico Saverio de falco, «non riuscì a far superare gli ostacoli che i leaders del partito progressista opposero soprattutto nei confronti del suo elettore Angelico Paolella, capo della stazione di licignano – Casalnuovo»
(n. Coppola, Carteggi di Vittorio Imbriani. Gli hegheliani di Napoli ed altri corrispondenti letterati ed artisti, roma, officine grafiche Stediv, 1964, p. 128).
gli interventi di Sandonato e di nicotera, i due massimi esponenti della sinistra
napoletana furono determinanti per la vittoria elettorale di fulgenzio orilia contro la
candidatura di vittorio Imbriani. Queste elezioni dimostrarono come la sinistra era ben
radicata anche nelle amministrazioni locali del meridione, dove era capace di crearsi
saldi legami con la parte più attiva dell’elettorato, attraverso una piena concordanza sia
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Arato, Fabio
sull’organizzazione del consenso, sia sul programma politico (fonti lette su appunti scolastici universitari). la sinistra, infatti, pubblicò anche un giornale “Il Roma”, il quale
divenne un vero e proprio organizzatore politico ed elettorale; questo giornale fu sempre attento ad indicare ai propri lettori quei deputati che avevano votato, in Parlamento,
a favore di provvedimenti finanziari ritenuti gravosi per le province meridionali.
nelle elezioni la sinistra, nel Sud, su 46 collegi ne conquistò 10: Amalfi, Casoria,
formia, Aversa, Caserta, San giuseppe, nola, Santa maria Capua vetere e Teggiano.
vittorio Imbriani, essenzialmente moderato e legato alla destra storica, purtroppo, visse un periodo di congiuntura negativa per il suo partito, in quanto cambiarono le
strategie politico-elettorali, al di là del contrasto con l’abate.
ma la sua combattività ebbe la meglio nel 1876, quando l’Imbriani venne eletto
sindaco di Pomigliano d’Arco, ma si dimise dopo pochi mesi, quando, caduto il
governo minghetti, a livello nazionale salì la sinistra al potere (Cfr. n. Coppola,
Carteggi di Vittorio Imbriani. Vittorio Imbriani intimo. Lettere familiari e diari inediti, roma, officine grafiche Stediv, 1963, p. 166).
l’atteggiamento che don vittorio ebbe nei confronti della sinistra ce lo ricorda il
grande critico letterario benedetto Croce, in un passo dello stesso Imbriani: «dica al re
che se il padre ci liberò dalla soggezione straniera, a lui spetta salvarci dalla democrazia e dalla sinistra, la quale con l’aiuto delle mafie elettorali, va tacitamente organizzando la monarchia a repubblica, e prepara la rivoluzione, come il brigante stupra l’ingenua vergine, venutagli nelle mani, prima di sgozzarla» (Cfr. n. Coppola, Carteggi di
Vittorio Imbriani. Vittorio Imbriani intimo. Lettere familiari e diari inediti, roma,
officine grafiche Stediv, 1963, p. 171).
Questo passo ci illumina sulla posizione di Imbriani nei confronti della sinistra
storica e ci attesta di un passaggio da un primo Imbriani repubblicano ad un Imbriani
fiero conservatore con devozione alla monarchia. vittorio Imbriani in una sua lettera
del 1877 al suo amico pomiglianese Saverio Antignani, sulle posizioni economiche
della sinistra, così si esprimeva: «frattanto il pareggio, quel pareggio, per il quale si
son fatti tanti sacrifici, per quale si sono imposte tante gravezze, è bell’e sfumato. Per
l’anno prossimo, avremo un deficit nuovo di almeno settanta milioni. e come si fa?
nuovi debiti e poi, naturalmente, nuove tasse! evviva il ministero riparatore….» (n.
Coppola, Carteggi di Vittorio Imbriani. Vittorio Imbriani intimo. Lettere familiari e
diari inediti, roma, officine grafiche Stediv, 1963, p. 187).
Successivamente vittorio Imbriani si candidò alle elezioni provinciali, ottenendo la maggioranza dei voti, ma fu scalzato dal Toscano in seguito ad un ricorso.
Il tentativo alle elezioni provinciali doveva essere per l’Imbriani il punto di
partenza per una futura candidatura alle politiche, che non vi fu; seguì la rottura definitiva con l’abate.
Arato, Fabio
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Al di là di tutte queste parole, al di là di questi avvenimenti storici si evince la
forza, il modo di ragionare, il pensiero di vittorio Imbriani. Quest’uomo ha fatto dell’onestà la regola generale della sua vita. Il suo pensiero, il suo carisma si evince nella
lettera che egli stesso invia al suo amico pomiglianese Saverio Antignani; infatti, in
quelle poche parole don vittorio anticipa quello che prima o poi accadrà e si verificherà
più tardi a Pomigliano.
leggendo le vicende di questo patriota e letterato napoletano mi ha entusiasmato e “colpito” soprattutto il suo modo di essere al di sopra degli interessi personali; da
ammirare è la sua affabilità verso i più bisognosi ma anche la sua fermezza d’animo e
la sua determinazione morale. la sua audacia emerge quando deve accettare una sconfitta senza provare rancore nei confronti dell’avversario.
nella sua ultima candidatura, quella alle provinciali, pur avendo vinto lascerà il
posto senza nessun rancore verso il suo avversario politico.
dalla lettura e dall’analisi bibliografica mi sono reso conto che anche il Sud ha
vissuto intensamente l’esperienza risorgimentale ed ha visto nella massoneria la formazione di gruppi politici sia della destra che della sinistra storica.
I momenti salienti del risorgimento, che portarono l’Italia tutta all’indipendenza
nazionale e alla nascita di uno stato unitario, indipendente e libero sotto un sovrano della
dinastia Sabauda, sono stati diversi ed hanno accompagnato tutta la storia del Paese.
Anche il contributo di Pomigliano è stato veramente considerevole ed affascinante alla
formazione dello Stato; molti sono stati gli eventi e gli eroi che hanno dato una svolta
alla lotta per la difesa e la vittoria della libertà nazionale.
In particolare, la statura di vittorio Imbriani si arricchisce di nuovi aspetti biografici se si rapporta all’impianto nazionale ed ai rapporti che instaurò con politici
italiani ed europei.
ma concludo il mio lavoro, mettendo in luce l’amore che vittorio Imbriani provò
per la sua terra, che volle modernizzare e migliorare.
durante la sua attività politica ed amministrativa portò avanti due iniziative a
favore della sua città; nel 1877 istituì la Società operaia, con lo scopo di realizzare una
mutua assistenza tra i partecipanti e, poi, diede un impulso sostanziale alla realizzazione di nuove vie di comunicazione come la costruzione della ferrovia, o strada ferrata che avrebbe collegato Pomigliano con napoli verso ovest e Pomigliano a nola
verso est.
d’Angelo, marco
I.T.I.S. “e. barsanti” Classe Ivg
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
la città di Pomigliano è una delle poche realtà del Sud a possedere una biblioteca fornita di numerosi libri provenienti da collezioni private.
oltre ai volumi ceduti dall’avvocato nicola esposito numerosi sono quelli provenienti dalla collezione di luigi de falco.
Questi, nato a napoli il 22 marzo 1957, è vissuto a Pomigliano, città che aveva
dato i natali al padre, e ivi è morto il 7 dicembre 1991.
uomo di grande cultura, quasi tutta arricchita di studi da autodidatta, de falco
si interessò dei più svariati argomenti che abbracciavano: filosofia, letteratura, arte,
musica, teatro.
ebbe grande interesse per l’etnografia e per il folklore locale e ciò lo portò anche
a frequentare persone di un certo livello culturale.
Trascorse la sua breve vita dedicandosi alla cultura: infatti negli ultimi due anni
della sua vita si dedicò all’organizzazione di una mostra di cartoline d’epoca, cartoline
che lui stesso aveva raccolto in una collezione privata ricercandole in varie località italiane, spinto, come lui stesso testimonia, da una “ingenua curiosità” per essere “testimone del suo tempo” e per divulgare un patrimonio prezioso al “popolo della scuola”.
non si trattò, comunque, di un semplice lavoro di presentazione, ma di un lavoro che impegnò le sue giornate, nonostante avesse un impiego presso un’agenzia di
assicurazione, alla raccolta di materiale inedito.
fu una delusione constatare però lo scarso interesse dei suoi concittadini all’arricchimento della mostra che oltre al valore artistico, aveva un’alta valenza documentaria, dal momento che ritraeva le strade di Pomigliano nel suo assetto originario, e,
aveva ancora, un significato polemico contro il degrado attuale della città per il quale,
nell’occasione, richiese un intervento decisivo da parte dell’Amministrazione.
era naturale per lui dedicare tutto se stesso ai suoi interessi e tra questi c’era la
poesia.
luigi de falco un poeta delicato che, attraverso i versi trovò l’occasione di
denunciare con grazia atteggiamenti ipocriti, esperienze dolorose, stati d’animo malinconici o ricordi familiari.
Protagonisti sono creature tribolate per la fame, la guerra, e che manifestano un
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D’Angelo, Marco
ardente anelito alla pace e protagonista è lui stesso che mettendo a nudo la sua anima,
ricorda ora come in un sogno il volto “stremato dal dolore, destinato alla morte” della
madre, ora una donna capace di farlo arrossire “reconditi sguardi, effimere primavere”,
ora ancora, i suoi stessi pensieri simili a miriadi di stelle, pronte a vanificarsi “subito
sorridenti nel nulla”.
luigi de falco, comunque, aveva ereditato l’indole attenta alla cultura nelle più
svariate sfaccettature, dal suo ambiente familiare: il suo interesse artistico non fu mai
ostacolato dai genitori impiegati l’uno in banca, l’altra nel settore della manifattura dei
tabacchi.
nonostante la partecipazione agli eventi culturali di Pomigliano e al gran numero di materiale offerto alla città alla quale si sentiva intimamente legato, non ottenne
però mai alcun riconoscimento ufficiale da parte delle autorità.
de falco non provò mai rancore o rammarico per questa situazione; schivo di
temperamento, nel suo testamento egli stesso si definì uno “nato perdente, non infelice
però”: infatti, gli bastava sapere che la sua opera fosse stata preziosa per la realizzazione di nuovi testi, in quanto al primo posto per lui c’era la divulgazione della cultura.
fervente bibliofilo, è stato un uomo che rappresenta un esempio per i giovani.
I numerosi testi da lui raccolti anche con sacrificio personale e con grande
pazienza (circa 2.600 in soli 33 anni di esistenza) sono un messaggio importante: la lettura non deve essere un fatto passivo, non deve essere considerata un semplice impegno da portare a termine.
la lettura di qualsiasi testo ci aiuta a ritrovare il nostro passato, ci permette di
conoscere i segni lasciati dagli uomini nel corso della loro vita.
Attraverso la lettura si entra in una vita che non è la nostra ma è dell’autore e, in
tal modo, ci avviciniamo così ad una realtà a cui nella nostra vita quotidiana, oberata
da vari problemi e preoccupazioni non avremmo mai prestato attenzione.
l’amore di luigi de falco per i suoi libri non lo ha reso geloso di questi ma, al
contrario, lo ha spinto alla donazione: ha preferito condividere ciò che gli procurava
gioia con l’intento e la speranza di infondere nei suoi concittadini l’amore da lui stesso provato.
Considerando gli interventi in senso culturale soprattutto in riferimento alla
biblioteca, realizzati nel comune di Pomigliano, si può concludere che de falco è
riuscito nel suo intento e che se oggi fosse presente sarebbe contento di noi giovani.
noi, dal canto nostro, siamo fieri di poter aggiungere il suo nome a quello di altri
emeriti cittadini, Poerio, Imbriani, Cantone, che hanno onorato la città di Pomigliano
ed hanno contribuito a sviluppare la coscienza civile e culturale.
de fAlCo, Pasquale
I.T.I.S. “e. barsanti” Classe IIIg
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa per la cultura, trasfuso in una breve intensa esistenza, esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
Tra i personaggi illustri di Pomigliano quello che più mi ha coinvolto, nell’impegno di
ricerca bibliografica, è senz’altro luigi de falco, una personalità poliedrica che ha
arricchito con la sua presenza l’ambiente culturale della sua città e ha dato un forte
segnale alla vita politica di Pomigliano, emergendo come una figura semplice ma dal
forte spessore culturale. dopo aver ultimato gli studi magistrali, il de falco da autodidatta si appassionò a tutti i generi dello scibile umano, come testimoniano i libri presenti nel fondo dei suoi preziosi testi, che hanno trovato posto nella biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco, offrendo ai suoi fruitori e ai suoi giovani lettori una vasta
gamma di materiale bibliografico che spazia dallo scientifico al religioso, dal sociale
al settore teatrale. Inoltre, il suo spiccato interesse storiografico per la sua città emerge
dalla presenza di numerosi manuali, saggi, cataloghi, monografie e riviste sugli usi,
costumi e tradizioni locali, sugli eventi storici che caratterizzano l’ottocento ed il
novecento, a livello nazionale. voglio ricordare alcuni interessanti libri sugli usi e costumi di napoli, saggi sulla rivoluzione napoletana di vincenzo Cuoco, le opere di
massimo d’Azeglio e di luigi Settembrini. una sezione privilegiata è dedicata alle
cartoline d’epoca, che sono state raccolte con grande entusiasmo e che riguardano un
secolo di storia di Pomigliano e di folclore locale.
grazie all’impegnativo lavoro di ricerca lo scrittore organizzò una mostra gratuita, presso il Centro storiografico del Palazzo dell’orologio, dedicata alla formazione del “Popolo della scuola” e curò una personale pubblicazione dal titolo
“Pomigliano: immagini d’epoca”.
nella sua breve esistenza, visse solo 33 anni, fu scrupoloso ricercatore e raccoglitore di informazioni culturali finalizzate alla conoscenza di Pomigliano d’Arco e, a
buona ragione, va considerato il continuatore dell’illustre scrittore Salvatore Cantone
che, prima di lui, ha racchiuso, in un famoso libro “Cenni storici di Pomigliano
d’Arco”, tutta la storia della città a cominciare dalle presunte origini romane fino alle
battaglie risorgimentali dei suoi illustri figli come: giorgio Pio Imbriani, Carlo Poerio,
vittorio ed Alessandro Imbriani e tanti altri patrioti meridionali, che inseguirono il
vessillo della libertà e dell’indipendenza nazionale.
de falco fu uno studioso instancabile. Appuntò diverse opere rimaste inedite
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De Falco, Pasquale
anche a causa della sua ritrosia per la popolarità e sempre stimolato dalla passione di
perfezionare, rileggere e rivedere continuamente i suoi scritti.
Per la sua produzione lirica non è molto noto al pubblico: de falco, infatti, fu
poeta delicato e sensibile; alcune sue poesie sono state inserite nell’Antologia dei poeti
pomiglianesi, insieme alle opere liriche di v. Imbriani, pubblicate in un’edizione del
1990 dall’“Istituto Anselmi” curata da giovanni russo.
Tra le liriche più belle ne ho letta una intitolata “Ameni incanti” che riproduce
una serie di stati d’animo piacevoli; sono momenti felici, esenti da dolore e preoccupazioni che vengono scanditi dalla solitudine notturna. nella prima parte della poesia
c’è un forte riferimento ai sonetti del foscolo che ho studiato a scuola; mi riferisco al
sonetto “Alla sera”, dove è espresso lo stesso concetto. Il poeta, infatti, dice che solo
di notte si placano le cure dell’animo umano.
In un altro componimento compare una vena poetica di tipo classico.
l’ispirazione poetica è un dono divino, è una dote di pochi che ... “svanisce in una
breve parentesi, scomparendo subito, sorridenti nel nulla”. Anche la lirica “non sciuperò” è molto vicina ai versi di una poesia di ungaretti cioè “la madre”. leggendo
attentamente la poesia di luigi de falco, sembra di capire che il poeta conosca molto
bene le regole della poesia ermetica, in cui vengono espresse, in pochissime parole,
intense emozioni di significato.
la guerra è un tema di grande interesse nel novecento. I poeti la ripudiano e la
condannano, mediante versi infuocati che gridano “pace” ed opere eterne che attestano l’impegno civile in difesa della libertà della patria e dei diritti umani dei popoli.
una delle poesie civili di luigi de falco è intitolata “non canterò”. Si tratta di
una poesia autobiografica, dove il poeta si paragona ad un uccello che non riparerà più
il suo nido; infatti, essendo breve la sua vita, deve procreare e dar vita a nuovi uccellini indifesi, a cui insegnerà a volare.
Il de falco, come dimostrano questi versi così intensi, è condannato dal crudele destino a vivere una vita breve e a compiere prematuramente il viaggio in cielo.
I ricordi, come un faro, brillano con l’intensità di una luce nel buio della notte e
riempiono il suo cuore di future speranze.
nel suo testamento lascerà ai giovani una grande eredità morale: “… non abbattetevi davanti alle difficoltà che lo studio ed il lavoro di ricerca richiede; amate sempre
di più il paese che vi ha generato, le proprie origini e quelle della città in cui si vive”.
Il monito che tramanda alle nuove generazioni è chiaro: bisogna partecipare attivamente alla vita sociale e politica, facendo volontariato, leggendo e studiando la storia del passato per imparare a praticare la pace, la giustizia, la lettura ed il lavoro, valori che fanno progredire l’umanità.
le guerre, la disoccupazione, le ingiustizie sociali sono mali che si combattono
De Falco, Pasquale
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con l’impegno civile e culturale di tutti e dei giovani in particolare.
facciamo in modo che gli insegnamenti di luigi de falco non cadano nel
dimenticatoio, né che restino nella nostra mente nel breve spazio di un tema.
luigi, grazie!Ti ricorderemo per sempre!
eSPoSITo, rossella
liceo “v. Imbriani” Classe IAs
Luoghi della memoria a Pomigliano : individuare e descrivere i più significativi, quelli legati ad eventi storici e situazioni, che hanno determinato una crescita culturale e
sociale.
facendo un ricerca che mi consentisse di parlare della mia città in modo consapevole
e il più possibile corretto, mi sono accorta che la quantità e la qualità delle notizie, dei
dati e delle informazioni che ho attinto dai libri e dai documenti vari che ho esaminato, fanno di Pomigliano d’Arco un comune tra i più importanti della provincia napoletana fin dall’epoca posteriore all’unità d’Italia.
Infatti, ho scoperto che Pomigliano contava già nel 1860 oltre ottomila abitanti,
il che può dare un’idea del ruolo che la realtà pomiglianese aveva già a quel tempo.
Allo stesso modo, attraverso un’analisi storico-sociale accurata del territorio
pomiglianese, ho scoperto che non solo gli avvenimenti in quanto tali o l’economia e
la politica sono importanti, bensì anche i luoghi più disparati, i punti più caratteristici,
i momenti più significativi di questa città hanno contribuito, attraverso una complessa
rete di interazioni, alla formazione della storia locale.
Così, un luogo come Piazza mercato, che era già il centro del paese negli anni
trenta, era presente sul territorio pomiglianese sin dalla fine del ‘700, epoca a cui risale l’attuale denominazione in quanto luogo adibito, ogni giovedì, a mercato pubblico.
Il mercato cittadino era soprattutto «ortofrutticolo, anche se vi affluiva un cospicuo numero di venditori di stoffe, i “pannazzari”, con altri artigiani, “zoccolari”, “maccaronari”, ”orefici” e “calderai”…» (da “Pomigliano, il galeone e lo scrigno del tesoro”, a cura di massimo d’Antonio, napoli, massa editore, 2004, p. 49). Al centro della
piazza si ergeva, e si trova tuttora, il monumento simbolo della città di Pomigliano
d’Arco, costituito da un cestello con tre pomi posto sulla parte più alta di una colonna
di marmo che poggia su una base fatta di due gradini. esso ricorda il passaggio, nel
1735, di Carlo III di borbone e si trova proprio all’entrata del “museo della memoria”.
e’ questo un altro monumento insigne del territorio di Pomigliano, realizzato nel sottosuolo di Piazza mercato in un vecchio rifugio antiaereo della II guerra mondiale;
recuperato e riadattato a sede museale, esso è stato patrocinato e voluto dalle istituzioni comunali. e’ suddiviso in due aree: la prima presenta gli ambienti preesistenti
lasciati allo stato originale e la seconda, ottenuta dall’ampliamento della cavità, ospita attività didattiche, amministrative e direttive. Il museo è fornito di impianti di alta
tecnologia e in esso è stata allestita una biblioteca contenente un’ampia documenta-
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Esposito, Rossella
zione libraria e fotografica sulla resistenza. Infatti è proprio per trasmettere il ricordo
di tale periodo storico ai giovani, insieme alla volontà di rivalorizzare un luogo storico cittadino, come la piazza, che in passato aveva ricoperto una funzione importante
nella vita del paese, che la cavità sotterranea è stata trasformata in quello che oggi è il
“museo della memoria”.
di grande valore culturale e storico è poi in Pomigliano la “biblioteca
Comunale”, situata nel “Palazzo dell’orologio”, la cui costruzione risale alla fine del
‘700 e pare sia dovuta ad un voto fatto a San rocco, forse in occasione di qualche epidemia o della peste del 1656.
ecco perché in origine l’edificio doveva essere una chiesa, ma non fu mai completata né consacrata, anzi, nel 1844 fu abbattuta la parte che doveva costituire la chiesa e, al suo posto, fu costruita l’attuale torre, sulla cui facciata fu collocato un grande
orologio, da cui prende il nome. fu sottoposta a varie ristrutturazioni e vi fu allestita la
biblioteca comunale che, nel 1999, si è estesa, per volontà del comune, nei locali del
“Palazzo montanino” adiacente a quello dell’orologio.
oltre alla biblioteca, questo edificio, che si sviluppa su tre livelli, ospita la sede
universitaria del corso di laurea in “Turismo per i beni culturali” ed è fornita di strumenti e mezzi altamente tecnologici nonché di una splendida aula magna. di recente il
comune ha annesso alla biblioteca il “Palazzo esposito” con il suo patrimonio librario
di oltre quarantacinquemila volumi.
Inutile dire quanto questi luoghi e monumenti siano importanti per Pomigliano
d’Arco e quanto essi vi siano legati e, a proposito di monumenti cari ai pomiglianesi,
bisogna ricordare la chiesa del Carmine e soprattutto la chiesa di San felice, il cui campanile è antichissimo: risale, sembra, alla fine del xv secolo.
fra i tanti dipinti e affreschi che essa ospita, il più antico raffigura un’“Adorazione dei magi” del 1545, di scuola napoletana; allo stesso secolo risale il fonte
battesimale, sito sul lato sinistro della chiesa, entrando.
Tra le situazioni che il paese ha vissuto sempre con piena partecipazione e totale coinvolgimento, dopo il fascismo e la II guerra mondiale, figura sicuramente la creazione sul territorio pomiglianese della vasta area industriale dell’Alfa Sud. Tale industrializzazione è forse l’evento più notevole della seconda metà del ‘900 verificatosi in
questa città provinciale della Campania. esso ha segnato il passaggio da una civiltà
prevalentemente agricola e fortemente vincolata ai tradizionalismi e all’arretratezza, a
quello industriale che chiuse i contadini di un tempo, abituati ai campi e agli spazi aperti, dentro le fabbriche per seguire la catena di montaggio.
In quegli anni, il ventennio dei sessanta e settanta, il volto della città cambiò profondamente e si aprì un dibattito ancora oggi in corso. Quello cioè portato avanti
soprattutto dalle lotte operaie, dalle rivendicazioni sindacali e dalle illusioni di quanti
Esposito, Rossella
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pensarono che proprio da qui, da Pomigliano d’Arco, con l’Alfa Sud, potesse ricominciare la rinascita economica del mezzogiorno che mettesse finalmente un limite efficace alla disoccupazione più radicata che mai delle terre del sud.
forse non ci fu la rinascita economica del sud, ma sicuramente l’economia, la
politica e la società pomiglianese risentirono fortemente degli influssi positivi di questa industrializzazione. naturalmente bisogna continuare, e con maggior vigore, a
dare delle risposte positive agli abitanti di questa città, creando occasioni ed opportunità di lavoro, da rinvenire nelle nuove occupazioni provenienti soprattutto dalla
riscoperta delle tradizioni e della cultura locale, in quanto fonte di un nuovo sviluppo
e benessere.
guAdAgnI, lucia
liceo “m. Serao” Classe IvAs
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani d’ogni tempo.
l’uomo da essere umano è riuscito a sviluppare un sistema di relazioni e comportamenti vasto, complesso; ma ciò che determina inequivocabilmente la sua peculiarità è
l’aver creato e ampliato un patrimonio culturale dal quale dipende il suo stile di vita, il
suo grado di civiltà. Ciò lo aveva capito molto bene un nostro compaesano, un grande
uomo prima che un grande poeta, luigi de falco.
luigi de falco nacque a napoli nel 1957, ma da sempre e fino alla morte ha vissuto a Pomigliano d’Arco, che ha amato tanto al punto da lasciare alla sua città un dono
prezioso: i suoi libri.
la sua vita è stata una protesta contro un’esistenza vissuta nell’ipocrisia e nella
falsità, prima di tutto con noi stessi, il che è veramente grave, poi verso gli altri.
Infatti, scrive de falco nella sua poesia “vi riconoscerei”: “vi riconoscerei tra
una miriade di stelle miei pensieri… vi celate dietro quinte variopinti, scenari scroscianti… per non irritare il chiasso intimo… ma subito però scomparite sorridenti nel
nulla”.
leggendo per intero questa poesia, della quale ho riportato solo alcuni versi,
quelli più significativi, si può capire quante verità e quante prese di coscienza vi sono
in queste parole; l’uomo nei suoi più intimi pensieri, quelli che forse realizza solo nel
silenzio della notte fonda, sa di vivere nell’errore, nell’ipocrisia, nella falsità, ma cosa
può farci se così è stato abituato e se solo così viene accettato dalla nostra società? ed
ecco che allora col farsi del giorno abbandona questi “folli” pensieri sorridendo fra sè,
facendo finta di nulla, continuando così a vivere la sua “normale” esistenza, se così la
si può definire.
nella sua breve esistenza luigi de falco si fa esempio e monito ai giovani di
ogni tempo, con i suoi testi che non solo hanno arricchito la biblioteca del nostro comune, ma soprattutto la cultura di tutte le persone che usufruiscono di questi preziosi testi.
Con atto di grande umanità nel 1990 luigi de falco scrive il proprio testamento,
affermando saldamente che tutti i suoi libri intendeva donarli alla biblioteca comunale della sua città; infatti, scrive de falco: “ho lavorato all’accumulo dei miei libri
solo per Pomigliano e i pomiglianesi ed è giusto che essi ne godano”, da qui si può
capire l’amore, il profondo amore che gigino (così si faceva chiamare) aveva per i suoi
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Guadagni, Lucia
compaesani, amore talmente forte che lo spinse a lasciargli il più grande dei suoi patrimoni, il più ricco di tutti i patrimoni, perché il più profondo, il patrimonio culturale di
un ragazzo schivo e semplice che non andava in cerca di popolarità, ma che ha però
riscosso un grande successo proprio per la sua forte passione e il profondo amore che
aveva per i suoi concittadini, beneficiari del bene suo più prezioso.
molto vasto era l’orizzonte degli interessi di luigi de falco: egli si occupò di
scienza e di religione, di arte e di storia, di politica e del sociale, del teatro e della musica, conducendo numerose ricerche molto scrupolose su testi che acquistava con numerosi sacrifici, rinunce quotidiane e privazioni di ogni cosa non ritenuta utile a quello
che ogni giorno, pur da malato, gli dava la forza di continuare ad alzarsi dal letto e a
vivere: raccogliere informazioni importanti per la sua città, per renderla migliore, perfetta come egli tanto desiderava vederla.
Il materiale informativo da “gigino” raccolto ha consentito in seguito la realizzazione di molti scritti su Pomigliano d’Arco, anche se è triste ricordare che il suo contributo non è mai stato pienamente riconosciuto e gratificato.
de falco voleva solo far capire che la cultura, le mostre, non erano altro che dei
beni a disposizione di tutti, perché arricchivano il patrimonio di tutti ed allora non
dovevano essere custoditi dai singoli con lo spirito dell’avaro, superiore a tutto e a tutti
perché possiede di più; si doveva abbattere la barriera dell’egoismo individuale ed allora “gigino” aveva fatto della sua poesia un’arma da adoperare per rompere questo
robusto muro dell’ipocrisia in quanto egli già allora aveva capito ciò che noi nel III
millennio forse non vogliamo ancora accettare: la cultura aiuta l’uomo ad affrontare i
problemi sociali, perché offre gli strumenti utili a risolverli; strumenti che ognuno trova
nel sapere acquisito e negli esempi che la tradizione fornisce. ma per giungere a ciò,
l’uomo deve servirsi dell’educazione che consente la trasmissione della cultura stessa
da individuo a individuo senza invidia, senza falsità, senza persistente ipocrisia. Chissà
se, quando era ancora in vita, luigi de falco si rendeva già conto della fine che avrebbe fatto oggi la sua tanto amata e voluta cultura! Purtroppo oggi la cultura è cultura di
massa, e si caratterizza, grazie soprattutto all’influenza dei media, per l’acriticità delle
posizioni, dovuta alla mancanza di elaborazione personale, per la conoscenza ridotta a
livello di slogan, per la genericità dei dati culturali. Il risultato è un comportamento
straordinariamente comune: tutti parlano di tutto senza conoscere bene i problemi, perciò senza preoccuparsi dei veri valori che questa società sta man mano perdendo.
ed allora io penso che in questo scenario così complesso, così critico, e soprattutto così ipocrita, un grande come luigi de falco si sta proprio, consentitemi il termine, rivoltando nella tomba.
lA gATTA, Carmine
liceo “v. Imbriani” Classe IAs
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani d’ogni tempo.
luigi de falco nacque a napoli il 22 marzo del 1957, era il secondogenito di Antonio
e francesca Saverio esposito. visse a Pomigliano d’Arco, il paese di cui era originario
il padre, vi morì il 7 dicembre del 1991 a soli 33 anni. Compì gli studi magistrali e continuò a studiare da autodidatta, frequentando importanti studiosi quali nicola e
ferdinando esposito, entrambi pomiglianesi. Il padre di de falco ricopriva un impiego
in banca. la madre lavorava al monopolio di Stato. egli era un appassionato studioso
di etnografia, folklore e storia locale. fece scrupolose ricerche su testi che acquistava
con grandi sacrifici e con grande pazienza, riuscì a raccogliere informazioni molto
importanti per la città di Pomigliano d’Arco. Il materiale che lui raccolse rappresenta
una fonte per molti scritti su Pomigliano, ma il suo contributo non è stato mai
riconosciuto con riferimenti precisi. egli mostrò una grande passione, un grande amore
e un forte interesse verso la sua città e verso i personaggi illustri suoi concittadini.
Presso il Centro Culturale Polivalente di Palazzo dell’orologio, nel dicembre 1989, si
dedicò con grande gioia ad una mostra di cartoline d’epoca, dando tutta la sua disponibilità e la sua energia; egli preferì abbandonare il suo lavoro pur di dedicarsi a tempo
pieno alla gestione della mostra. le cartoline provenivano dalla sua collezione privata,
raccolta che realizzò con zelante ricerca per più di un decennio a napoli, a roma, a
firenze e in particolare a ravenna. le cartoline ricoprivano un arco di tempo che va
dalla fine dell’800 agli inizi del 1960. Per la maggior parte di esse pose una didascalia.
nella premessa di Pomigliano: immagini d’epoca e dettagli, opuscolo da lui redatto,
egli denunciò l’egoismo dei suoi concittadini che, nonostante le sue sollecitazioni a
mettere altri esemplari a disposizione, preferirono custodirli per sé. l’opuscolo contiene dati concernenti le origini e la storia di strade ed edifici pomiglianesi e gli usi e i
costumi dei suoi abitanti prima della primavera del 1939, cioè prima che benito
mussolini ponesse la prima pietra dello Stabilimento Aeronautico dell’Alfa romeo e,
quindi, prima che iniziasse il processo di industrializzazione di Pomigliano.
nell’opuscolo de falco rivolse un appello agli amministratori e agli stessi cittadini,
affinché si impegnassero nella conservazione e nel recupero di costruzioni e strade, in
modo da fermare il degrado. de falco fu anche un poeta. egli considerava la propria
poesia una semplice protesta contro l’ipocrita esistenza. Alcune delle sue poesie sono
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La Gatta, Carmine
state pubblicate nell’Antologia dei poeti pomiglianesi, insieme a quelle degli Imbriani,
dei quali fu grande studioso. nutriva per questi personaggi una sorta di venerazione.
la sua biblioteca era fornita di moltissimi libri ed opuscoli di questi autori. Il de falco
fu un grande bibliofilo: collezionò più di 2.600 testi, un numero molto elevato considerando che morì all’età di soli trentatré anni. I testi da lui raccolti riguardano diversi argomenti: ciò ci fa capire che egli aveva ampi interessi. la sua biblioteca comprendeva testi riguardanti il diritto, la medicina, la psicologia, la storia dell’arte, la
filosofia, la letteratura, l’antropologia, l’etnologia, la teologia e la musica. egli fu
poeta e scrittore. fra le sue opere ricordiamo: Ameni incanti, in cui evoca piacevoli
stati d’animo e una vita serena e felice, esente da preoccupazioni e da dolori; Vi
riconoscerei, una meditazione dell’autore sulla propria arte e sui suoi pensieri; Non
sciuperò, scritta in seguito alla morte della madre; Bramerei arrossire, in cui troviamo
la dolcezza, la delicatezza e la purezza di sentimenti del de falco; Non canterà, poesia autobiografica scritta nell’ultimo periodo della sua breve esistenza.
non sono stati pubblicati molti lavori di luigi de falco, questo a causa della sua
storia: egli era un ragazzo molto schivo e semplice, non andava in cerca di popolarità.
Alcuni lavori che stava redigendo sono rimasti incompiuti, perché la malattia non gli
permise di terminarli, ma anche perché era spesso insoddisfatto della sua opera: egli
molte volte collaborò in ricerche e fornì del materiale per alcuni scritti su Pomigliano,
ma non fu indicato con dei riferimenti precisi. egli era contento di fornire notizie che
potessero essere utili per la redazione di scritti sulla storia di Pomigliano. l’unico scritto che riuscì a pubblicare, col patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione, è
l’opuscolo sulla mostra di cartoline d’epoca, allestita nel Palazzo dell’orologio. In
Pomigliano: immagini d’epoca e dettagli, descrisse “cartoline d’epoca” che ritraggono strade, monumenti e vedute di Pomigliano nella prima metà del ventesimo secolo
e testimoniano l’aspetto edilizio originario di Pomigliano. nell’opuscolo si trova
anche uno scritto del de falco sul natale, da cui traggo questo brano: «ogni strada e
ogni palazzo, ogni chiesa ed ogni pollaio, ogni muro e ogni persona di questo paese ha
voluto recitarmi la sua parte; una favola od una storia testimone del suo tempo!.. non
dirmi – te ne prego – che le pietre ammuffite dal viscido muschio e le sagome delle
persone di tanto tempo fa non parlano più, o che sono morte ed io sono un matto a
riesumarle! Ti sbaglieresti di grosso, perché l’intensità delle loro sfocate immagini, fortunatamente fermate dal fotografo anni luce, ti seguono e ti scrutano ovunque ed ancora: esse vorrebbero dialogare con te!».
Il suo impegno è stato molto importante per la crescita culturale della nostra
città. Peccato che egli abbia avuto una vita breve perché avrebbe ancora potuto dare
tanto a Pomigliano, e se in vita non ha avuto i riconoscimenti che meritava, oggi noi
ragazzi siamo fieri di partecipare a questa iniziativa riflettendo sull’importanza del
nostro passato per costruire il nostro futuro.
lA SAlA, roberto
liceo “v. Imbriani” Classe vA
Figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende della
nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che, per tensione morale, forza
intellettuale, virtù patria, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
Pomigliano d’Arco nella sua storia è stata spesso illuminata dalla luce dei suoi eroi, che
hanno compiuto azioni esemplari e condotto vite valorose, ma anche da personaggi che
si sono distinti in diversi campi o che hanno vissuto vite normali nelle quali hanno
trovato lo spazio per dedicarsi a una grande passione che si sarebbe poi rivelata importante per l’intera comunità.
Alcuni dei personaggi di cui parlerò sono conosciuti solo a livello locale, ma in
realtà hanno un’importanza che va ben oltre un insigne titolo o una medaglia al valore;
altri sono invece molto famosi in tutta Italia, ma forse certi aspetti più intimi della loro
vita sono meno noti e non è mai stato sottolineato il loro rapporto con la terra di origine e con la città di Pomigliano d’Arco.
Il primo personaggio sul quale vorrei soffermarmi è sicuramente il più famoso
pomiglianese di sempre: giovanni leone, che è stato Presidente della repubblica.
leone è nato a napoli il 3 novembre 1908, ma ha trascorso l’infanzia, l’adolescenza e parte della giovinezza qui a Pomigliano. Si è laureato in giurisprudenza a
soli ventuno anni, diventando uno dei più importanti avvocati penalisti italiani e un
affermato docente universitario. ha pubblicato testi fondamentali di diritto, in particolare il suo Trattato di diritto processuale penale ha formato numerose generazioni di
studenti ed è stato tradotto in varie lingue.
ha partecipato alla seconda guerra mondiale meritandosi un encomio solenne.
la sua brillante carriera politica l’ha visto, oltre che nel ruolo di Presidente della
repubblica, anche nei ruoli di deputato al Parlamento, Presidente della Camera dei
deputati, Presidente del Consiglio dei ministri. dopo la presidenza della repubblica è
stato nominato Senatore a vita “per aver illustrato la Patria per altissimi meriti nel
campo scientifico e sociale”.
Il Presidente leone era molto affezionato alla sua terra e in particolare alla città
di Pomigliano. una cosa che mi ha colpito e che non conoscevo è che fu proprio lui a
conferire a Pomigliano d’Arco il titolo di Città, cosa che ha un grande valore simbolico ma che dà anche importanti vantaggi concreti, come l’accesso a leggi e finanziamenti utili per lo sviluppo urbano. va anche ricordato il suo ruolo determinante per la
scelta di localizzare lo stabilimento industriale dell’Alfasud a Pomigliano d’Arco, che
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La Sala, Roberto
oggi è sicuramente una delle più fiorenti città del sud Italia, anche grazie all’opera di
giovanni leone.
Sarebbe un torto non citare tra i grandi pomiglianesi anche il padre del presidente leone: mauro leone, nato in una famiglia di umili origini, è stato uno stimato
avvocato civilista, Consigliere Comunale del Comune di Pomigliano d’Arco e uno dei
fondatori del Partito Popolare in Campania. oggi il suo nome è legato a una storica
scuola media statale e a una delle strade principali della nostra città.
un altro uomo, nato a brusciano ma vissuto nella città di Pomigliano, si distinse
per la sua vita eroica all’insegna della completa dedizione alla patria: felice
Terracciano. oggi è noto solo per il nome dato a una delle strade pomiglianesi più frequentate, dove ci sono l’isola pedonale e alcuni dei negozi più belli. Io stesso per anni
sono passato in via felice Terracciano senza sapere niente dell’uomo che le ha dato il
nome. Terracciano in realtà fu un pilota dell’aviazione italiana durante la seconda
guerra mondiale. dopo aver prestato giuramento nel 1930, fu decorato con una
medaglia commemorativa nel ‘36: ma questa fu solo la prima di una lunga serie di
riconoscenze a livello nazionale. distintosi per vari meriti, fu gratificato del titolo di
“Cavaliere all’ordine della Corona d’Italia”; ma dopo pochi anni, durante una missione
sul golfo di gela, il suo aereo fu abbattuto, mettendo fine così ad una vita da vero e
proprio eroe italiano.
Alberto di nuccio è un nome che non è molto conosciuto tra i Pomiglianesi, ma
che in realtà nasconde una vita difficile trascorsa tra sofferenze e grandi sforzi. di
nuccio nel ‘39 lasciò gli studi perchè chiamato alle armi a causa dell’imminente guerra mondiale: col grado di sottotenente fu assegnato alla divisione “brennero”. ma
dopo l’otto settembre del 1943 fu fatto prigioniero dalle forze armate tedesche e
rinchiuso nel campo polacco di Siedlce, e successivamente trasferito in più campi, tra
cui quello di Amburgo, dove nel ‘45 fu liberato dagli Inglesi.
Testimonianza di questi drammatici anni della sua vita è il suo diario La va a
pochi!... Diario di un prigioniero italiano nei lager tedeschi, nel quale, sulle orme di
Primo levi, ha raccontato minuziosamente la vita che si svolgeva quotidianamente nei
campi di concentramento, lasciando un inestimabile contributo per la memoria di
questo tragico avvenimento storico. Avendo amato molto Se questo è un uomo, sono
rimasto sorpreso nell’apprendere l’esistenza di questo libro scritto da un mio concittadino che ha vissuto le stesse orribili esperienze del grande scrittore torinese.
Anche a Pomigliano d’Arco abbiamo avuto un grande scrittore, che in una
rassegna dei grandi pomiglianesi non può assolutamente mancare. Si tratta naturalmente di vittorio Imbriani, che dà anche il nome al liceo che frequento.
vittorio Imbriani nacque a napoli nel 1840, oltre che letterato fu un patriota e
combattente. Trascorse la giovinezza con il padre in esilio a Torino e frequentò a
La Sala, Roberto
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zurigo le lezioni di de Sanctis. Partecipò alle guerre di Indipendenza e nel 1866 fu tra
i garibaldini. Insegnò letteratura italiana e tedesca all’università di napoli dal 1878 al
1882. nel 1885 ebbe la Cattedra di estetica. Con il suo spirito bizzarro ed estroso, e il
temperamento fiero e combattivo, fu uno dei più significativi e polemici esponenti
della cultura meridionale dopo l’unità d’Italia. Trascorse gran parte della vita a napoli
e qui a Pomigliano, nella casa degli Imbriani, ereditata dalla nonna Caterina de falco.
oggi la strada in cui si trova la casa di Imbriani porta il suo nome e sulla facciata dell’edificio c’è una lastra di marmo che ricorda lo scrittore.
fu consigliere comunale, assessore e sindaco. Come amministratore di
Pomigliano si impegnò per l’istituzione di un asilo infantile, di una scuola elementare
pubblica, e per la costruzione di una linea ferroviaria che congiungesse Pomigliano a
napoli.
Scrisse romanzi, racconti, poesie, saggi, con stile estroso e fu acuto studioso di
giambattista basile.
egli rivolse alla nostra terra un forte interesse letterario oltre che affettivo, raccogliendo favole della tradizione pomiglianese e svolgendo una intensa attività di folklorista con i libri Canti del popolo meridionale, La novellaia fiorentina, La novellaia
milanese.
I suoi resti riposano nel cimitero di Pomigliano d’Arco, nella cappella gentilizia
degli Imbriani-Poerio, dichiarata monumento nazionale.
l’ultimo personaggio che desidero ricordare e al quale tengo molto è luigi de
falco, non perché mi senta obbligato dalle circostanze, bensì per il grande senso di
stima che ha suscitato in me quando, facendo alcune ricerche, ho ripercorso la sua vita.
luigi de falco, nato in una famiglia alquanto umile, dopo aver concluso gli
studi magistrali, condusse la sua vita studiando da autodidatta e dedicandola interamente all’amore per i libri e alla propria città. Purtroppo era affetto da gravi problemi
di salute, ma con una forte tenacia e insaziabile voglia di sapere che ricorda quasi quella del grande leopardi, continuò a vivere collezionando libri su libri, arrivando alla
cifra di circa 2.600 volumi. Questi testi, che per suo volere sono stati donati alla biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco, trattavano varie discipline: musica, arti visive,
letteratura, scienze e medicina; questo è un segno di interessi molto diversificati e di
una grande apertura mentale. oltre a essere un indiscutibile bibliofilo fu anche un
poeta, come testimoniano alcuni suoi brani pubblicati su riviste culturali. Si è spento
all’età di soli trentatré anni, lasciando un grande vuoto che probabilmente resterà incolmato, vista l’unicità di questo personaggio nella storia di Pomigliano d’Arco.
Spero di essere riuscito a trasmettere la mia profonda ammirazione per questi
grandi pomiglianesi, ma soprattutto il mio stupore perché alcuni di loro sono stati delle
vere e proprie scoperte per me. Si tratta sicuramente di uomini normali; alcuni come
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La Sala, Roberto
giovanni leone e vittorio Imbriani hanno avuto grandi meriti culturali e patriottici
grazie alla loro formazione, all’intransigenza che hanno dimostrato durante tutta la propria vita e ai ruoli istituzionali che hanno ricoperto. Altri, come felice Terracciano o
Alberto di nuccio, si sono trovati, loro malgrado, a essere protagonisti di eventi tragici che ci ricordano che anche la nostra piccola città si è trovata coinvolta attivamente
nel flusso dei grandi avvenimenti storici. del resto sarei curioso di sapere quanti miei
concittadini sanno che nella biblioteca comunale di Pomigliano possiamo trovare il
diario di un pomiglianese che è stato prigioniero in un lager.
Per quanto riguarda luigi de falco, devo ammettere che la sua vita di grande
passione, sacrificio, curiosità e amore per la cultura, e il gesto bellissimo di donare alla
città tutti i libri collezionati, mi hanno davvero commosso. Penso che al di là della fama
e dei successi personali raggiunti dai personaggi che ammiriamo, noi tutti dobbiamo
ispirarci a modelli come questo, che ci lasciano una grande lezione sia a livello culturale che umano.
lombArdI, ottavio
I.T.I.S. “e. barsanti” Classe IIIg
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa per l’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
rendere omaggio a qualcuno che ha dato tanto a questo nostro piccolo grande paese
attraverso un tema, non è facile.
Come possiamo descrivere una persona che ha vissuto per un unico grande
amore: il sapere?
Animi così sensibili, intelletti così brillanti, sono un bene inestimabile per la
società, e luigi de falco fa parte, o meglio faceva parte, di quella schiera di persone
che hanno speso tutta l’esistenza per la cultura.
Si tratta senz’altro di un Socrate moderno, che fino in ultimo ha voluto imparare e insegnare, soprattutto a noi giovani, che non c’è niente di più bello del sapere,
che ci permette di far luce sul buio dell’ignoranza ed allunga enormemente i nostri
orizzonti.
eh sì… “il mare qualcosa pur sempre restituisce di tanto in tanto”… aveva proprio ragione gigino, ma immaginava che questa frase così bella che ha scritto sarebbe
stata ottima per descrivere se stesso?
Cos’è il mare?... sinceramente non solo acqua salata… è qualcosa di così vasto,
così immenso e bello, il solo guardarlo confonde l’uomo, che si perde con la fantasia
in quell’infinita bellezza. Allo stesso modo… così immensa è la conoscenza di questo
bibliofilo, così infinito è il suo amore per la cultura e per la sua Pomigliano, alla quale
tanto ha dato in eredità di affetti e di cultura.
Al di là del dono materiale, luigi de falco ha trasmesso non solo il suo amore
per la cultura, ma anche il piacere di condividere le proprie conoscenze e trasmetterle
agli altri, superando quel desiderio del tutto umano di tenere le cose che ci piacciono
solo per noi. forse sono un po’ egoista, ma mi riesce difficile pensare di donare dei
miei libri; la passione per il possesso mi prende forte e spero sempre di poterli toccare,
tenerli con me, leggere e sognare ancora una volta.
Se riuscissimo a dedicare ad un libro solo la metà del tempo che dedichiamo al
computer e alla televisione, sarebbe un grosso vantaggio.
noi giovani certamente saremmo meno irresponsabili, meno superficiali e meno
apatici.
ma l’ignoranza ci porta spesso a non apprezzare le cose importanti.
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Lombardi, Ottavio
molti, infatti, disprezzano la lettura di un buon libro, giudicandola come una
perdita di tempo. ma non sanno cosa si perdono!...
Sfogliare quelle pagine a volte sbiadite o un po’ ingiallite e sentire quell’odore
un po’ particolare di cellulosa e provare quelle emozioni che provi solo quando sei a
contatto con libroni di storia, di arte, di letteratura, mentre apprendi nuove cose…
Per fortuna il dono di “gigino” ci induce a riflettere di più sull’importanza della
cultura del proprio paese e delle proprie origini storiche locali…
e’ importante non farlo solo una volta all’anno, in occasione di un concorso.
e’ necessario che rimanga nei nostri cuori e nella nostra mente per sempre.
l’amore per la conoscenza, secondo me, dovrebbe essere coltivato giorno dopo
giorno, e ci dovrebbe accompagnare per l’intero corso della nostra esistenza e renderci capaci di amare e “donare”.
bellissimo essere ricordato un giorno come colui che “ardentemente amò la sua
città”, e con questo obiettivo, felice si spense! grazie gigino!!!!!
Ex libris di luigi de falco
mIlo, biancamaria
I.P.S.S.C.T.g.P. “europa” Classe Ivb
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
Il 22 marzo 1957 è il giorno della nascita di una persona semplice, che fece della sua
vita una interminabile ricerca della perfezione certosina tipica di un uomo che nelle
pieghe del tempo scavò ed illuminò la vita quotidiana della comunità pomiglianese,
raccontando l’opera e l’azione della famiglia illustre degli Imbriani.
egli è luigi de falco, un personaggio che rimarrà sempre nella storia di
Pomigliano d’Arco. Interessato all’arte, alla cultura, alla filosofia, fu soprattutto
amante del passato e delle antiche tradizioni del suo paese natale.
Appassionato delle opere di vittorio Imbriani, se ne immedesimò a tal punto da
far trasparire nelle sue lettere olografe i tratti caratteristici della grafia tipica di un gentiluomo dell’800. Scelse come motto imbrianeo “Nil heic spernendum”, seguendo la
descrizione che ne fece vittorio Imbriani, il quale voleva disegnarlo per sé, come raccontò luigi de falco stesso a mio padre durante uno dei loro frequenti incontri.
l’ex libris, che si era fatto stampare su carta intestata, rappresentava un maiale
squartato, simbolo primigenio della cultura contadina che tutto conserva e nulla getta.
lui, dice il mio papà che l’ha conosciuto, tutto conservava, anzi la sua missione
era cercare per ricordare e conservare la memoria e l’identità della Pomigliano arcaica
e contadina, la cui vita quotidiana era scaturita dal canto del gallo e dal suono delle
campane al vespro, quando, terminato il duro lavoro dei campi, ciascuno tornava a casa
con la propria carretta.
nel voler ricordare luoghi ed immagini di quel tempo, luigi de falco nel 1989
allestì una mostra fotografica nella struttura polifunzionale di Palazzo dell’orologio,
con tutte le cartoline e le foto da lui raccolte di Pomigliano fino a prima della
costruzione dell’Alfasud, quindi prima dell’industrializzazione che la rese poi famosa
e urbanizzata più o meno come oggi.
leggendo le lettere e le cartoline che aveva inviato a mio padre, mi ha particolarmente colpito una dedica apposta ad un libro che luigi de falco gli aveva regalato,
e che riporto integralmente: «Con il rammarico di non essere più di tanto di quello che
sono; camminando e meditando sulle gioie e pene del quotidiano, questa “testimonianza” né mi sorprende né mi irrita. Mi allena a carpire di più l’arcano della nostra
esistenza, mi pesa meno dolorosamente il traguardo vicino…tuo Gigino».
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Milo, Biancamaria
nel presentimento della morte aveva donato a mio padre un libro particolare, dal
titolo “Esiste l’aldilà”. di lì a poco mio padre capì che la sua malattia era grave e lo
avrebbe portato alla morte, avvenuta il 7 dicembre 1991.
Prima di morire, però, volle che le sue ricerche e i suoi libri, quelli a cui aveva
dedicato tutto il suo amore, venissero custoditi e conservati nella biblioteca comunale,
in modo da non essere dimenticati dalle future generazioni.
ed è così che luigi de falco ritorna in vita, ogni volta che un giovane sfoglia le
pagine dei suoi libri; proprio come lui aveva fatto rinascere la Pomigliano dei valori
veri con le sue ricerche.
egli era un tipo solitario che osservava, meditava sulla società e sul perché essa
era così vuota, incompleta: scoprì che le mancava la vita vissuta nelle cose semplici
che danno quel tocco di felicità all’esistenza, e che l’industrializzazione aveva spazzato via.
Per questo lui volle ricercare: non accettava di vivere in modo così “povero”;
voleva riscoprire la vita “ricca” d’un tempo e farla riscoprire a tutti i pomiglianesi attraverso la sua mostra, le sue opere, i suoi studi.
la raccolta dei libri da lui donata alla biblioteca comunale deve essere per i giovani un simbolo, che testimoni quanto sia importante non soffermarsi solo sulla realtà,
ma sulla bellezza di capire i valori della vita, anche mediante esperienze e situazioni
vissute da uomini e donne del passato.
Questa esperienza mi ha permesso di conoscere, attraverso i racconti di papà e
la lettura di alcune lettere e cartoline, un personaggio nobile, ed è stata interessante e
curiosa perché non mi aspettavo di “incontrare” una persona così carismatica che
potesse veramente ispirarmi un modello di vita.
Inoltre sono felice e soddisfatta del mio lavoro, perché in esso e nelle opere degli
altri studenti, è riemersa quella volontà tipica di cercare e di apprendere dell’intellettuale pomiglianese, a cui noi tutti dobbiamo un grande insegnamento: quello della
memoria.
nAPolITAno, marianna
liceo “v. Imbriani” Classe IIC
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve, ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
Studiando i testi scolastici, leggendo le più svariate riviste, confrontandoci giorno per
giorno con chi ci è vicino nell’esperienza e nell’età e con chi invece, nel corso degli
anni, ha avuto modo di imparare, leggere e soffrire più di noi, abbiamo sicuramente
capito che la vita si presenta con mille volti e molteplici sfumature diverse. ogni età
ha i suoi miti; i giovani amano cantanti e calciatori, ma sanno anche difendere con
forza e convinzione la loro passione per la letteratura russa, o per la cultura orientale.
raramente però ci capita di innamorarci di quelle tradizioni, e di quei modi di fare che
appartengono ad una realtà che ci ha visto nascere e compiere i primi passi. la figura
di luigi de falco è, a mio avviso, vicina ai giovani proprio per questo motivo. nato a
napoli nel 1957, egli visse la sua vita interamente a Pomigliano, non solo perché il
padre era originario di questo paese, ma anche e soprattutto perché lo desiderò ardentemente. noi giovani oggi viviamo in un mondo in cui chi ci vuole bene, ci racconta
che le passioni ti riempiono la vita per un determinato periodo, ma che poi quando le
“necessità primarie” bussano alla porta, esse non possono aiutarti ad “accoglierle”.
Sono poche quelle persone che hanno il coraggio di ammettere a se stessi e agli altri di
voler spendere la propria vita dedicandosi alle cose che si amano. «Ai miei legittimi
eredi raccomando con tanta sollecitudine e coraggio queste ultime volontà di un nato
perdente, non infelice però!». Con queste parole de falco apre il suo testamento, nel
quale dichiara la volontà di voler lasciare i propri libri ai Pomiglianesi, per i quali tanto
lavorò. egli fu infatti un grande bibliofilo, collezionò nel corso della sua esistenza circa
2607 testi di vari argomenti. Si interessò infatti di musica, di filosofia, di antropologia,
di medicina e di letteratura, ma soprattutto si dedicò con gioia ed energia alla ricerca e
allo studio della storia del suo paese, analizzando i testi di Salvatore Cantone e delle
famiglie Imbriani e Poerio. di carattere schivo, egli si presentava come un ragazzo
estremamente semplice, meticoloso e preciso nel lavoro, animato dalla volontà di perfezionare la sua opera e poco amante della popolarità. la sua biblioteca mostrava testi
di autori quali matilde Serao, Salvatore di giacomo, J. W. goethe e edouard Shurè. Il
tutto andava a costituire un patrimonio ricco e prezioso al servizio di scuole e università, studenti e professori. gigino, così come lo chiamavano parenti ed amici, aveva
deciso fin da ragazzo di voler dedicare la sua vita e la sua attività ai Pomiglianesi. È
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Napolitano, Marianna
per questo motivo che, stroncato dalla malattia, non dimenticò di lasciare i suoi libri
alla gente che tanto amò, affinché essa ne realizzasse un “fondo” accessibile alla
comunità. l’arricchimento dei cittadini, ma soprattutto una maggiore consapevolezza
delle scelte democratiche della comunità: questi sono gli obiettivi che il “fondo luigi
de falco”, conservato presso la biblioteca di Pomigliano, e l’Amministrazione, che di
esso si è occupato, si sono proposti. gigino amò anche la poesia: egli la considerava
una semplice protesta contro un’esistenza ipocrita, e i testi pubblicati su varie riviste
culturali ne sono un esempio. non sempre però i suoi meriti furono riconosciuti e,
purtroppo, de falco questo lo sapeva bene, ma era pur capace di affrontare e superare
il rammarico a cui si accompagnava questa amarezza; scrisse infatti: «Il mare qualcosa
pur sempre restituisce di tanto in tanto». e come dargli torto; il mare solitamente ci
restituisce i sogni, la speranza, la serenità, ma a lui il mare ha restituito, a quindici anni
dalla sua morte, la stima e la riconoscenza dei Pomiglianesi, che amò più di ogni altra
cosa. ma gli ha anche restituito l’ammirazione e il rispetto di quei giovani che non lo
conoscevano, e grazie a questo “fondo”, oggetto della sua volontà, hanno imparato a
conoscerlo. luigi de falco lascia a tutti noi un grande esempio di forza e coraggio; non
servono tanti anni per capire di volersi sacrificare in nome delle proprie passioni, non
servono tanti anni per costruire qualcosa di grandioso senza avanzare assurde pretese.
Trentatrè anni sono bastati a gigino per realizzare il suo sogno e lasciare un’impronta
indelebile nel paese che lo ha visto crescere e morire.
PAolellA, Antonio
I.T.I.S. “e. barsanti” Classe ve
Figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende della
nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che, per tensione morale, forza
intellettuale, virtù patrie, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
e’ ormai tesi condivisa da più parti che lo sviluppo di un territorio è tanto incisivo
quanto più affonda le sue radici nel passato, per cui, ancora più nella nostra era della
globalizzazione, una comunità può proporre un’evoluzione progressiva solo partendo
dalle vocazioni del luogo, dalle tradizioni, dalle vicende che costituiscono la storia
locale. Conoscere la storia locale è fondamentale per capire e vivere bene il presente,
per proiettarsi e proporsi adeguatamente ad affrontare le sfide del futuro. e l’eccezionalità del momento storico è evidente se riflettiamo che meno di un secolo e mezzo
fa in Italia si è combattuto per avere l’unità. Come oggi per l’europa, anche allora
per l’Italia le idee di grandi uomini hanno consentito di cambiare la storia. Tra tanti
uomini, una testimonianza della storia pomiglianese è vittorio Imbriani. Personalità
complessa e ricca di sfaccettature, uomo politico, scrittore, patriota. Passò la sua adolescenza in esilio con la famiglia; nel 1859, a soli 19 anni, corse volontario a combattere nell’Italia centrale e, quando a guerra finita si stabilì per studio a berlino, ferì
in duello chi aveva osato offendere l’Italia. nel 1866, partì come volontario
garibaldino da napoli, dove si trovava da 3 anni e dove aveva scritto articoli letterari
sul giornale ”Italia”. fu solo nel 1872 che il 32enne vittorio Imbriani fissò il proprio
domicilio in Pomigliano d’Arco, al vico della Pigna, divenendo elettore politico ed
amministratore del Comune col titolo di possidente. verosimilmente, la dimora degli
Imbriani, nel vico della Pigna, fu meta per diverse personalità intellettuali e politiche
che presero parte ai moti risorgimentali nel napoletano. nel 1868 si ha la metamorfosi
politica di vittorio Imbriani: da ardente e passionale repubblicano diviene spartano
propugnatore della monarchia.
l’epoca nella quale il figlio Imbriani si trasferisce nel borgo agricolo
pomiglianese è un tempo nel quale la comunità locale vive la stessa condizione di tante
realtà meridionali, da sempre ai margini della storia.
don vittorio, ‘o professore, ‘o cavaliere, come ossequiosamente ed affettuosamente i paesani lo appellavano, contribuì a dare una sterzata allo scorrere grigio del
quotidiano vissuto pomiglianese.
giunto ad interessarsi di cose pubbliche e a partecipare alla vita politica, vittorio
Imbriani incontrò sulla sua strada, in Pomigliano d’Arco, l’abate felice Toscano,
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Paolella, Antonio
filosofo di formazione giobertiana, particolarmente attento alle tematiche dell’educazione e della formazione.
Quando l’Imbriani elesse domicilio in Pomigliano d’Arco, appoggiò con convinzione la candidatura dell’abate Toscano, che, poi, risultò effettivamente eletto.
vittorio Imbriani aveva dato il suo appoggio elettorale all’abate poiché stava
coltivando l’aspirazione di presentarsi candidato per la conquista del seggio di deputato del Collegio di Afragola, di cui faceva parte Pomigliano d’Arco, e quindi gli poteva
ritornare utile l’appoggio di felice Toscano, che però non ottenne i consensi necessari
per la vittoria.
Il nostro commentò l’esito di quella votazione in una lettera che Imbriani scrisse
all’abate felice Toscano, rivolgendogli tutta la sua delusione per la “questione elettorale”, perché l’abate gli aveva esplicitamente promesso il suo appoggio, dei suoi parenti e del suo partito, ma accadde che ebbe solo il suo voto, mentre parentela e partito gli avevano votato contro, dal primo all’ultimo, senza eccezione alcuna, il che
purtroppo non poteva essere accaduto senza la sua decisione. Così da quel tempo i rapporti tra Imbriani e Toscano non si ricomposero mai più, anzi, vi fu un continuo
incrinarsi che trovò un drammatico epilogo nella futura elezione del consigliere provinciale, quando i due si presentarono candidati contrapposti e trascinarono gli elettori
locali in uno scontro aspro, durante il quale si consumò anche un attentato a vittorio
Imbriani, presso la cui abitazione fu collocata una bomba carta.
gli anni che vanno dal 1875 al 1879 furono quelli durante i quali il rapporto di
vittorio Imbriani con Pomigliano d’Arco si fece più intenso e più speculare.
Tutto cominciò nel febbraio 1876, quando ricevette dal governo la nomina a
sindaco di Pomigliano d’Arco, e siccome era il tempo in cui la destra Storica si avviava al suo irreversibile declino, il 18 marzo dello stesso anno il governo presieduto
da marco minghetti fu messo in minoranza da un’alleanza tra la Sinistra Storica e il
gruppo dei deputati toscani, cosicché Agostino depretis fu il nuovo Presidente del
Consiglio.
di fronte a tali avvenimenti, il sindaco di Pomigliano d’Arco, vale a dire vittorio
Imbriani, riunì il Consiglio comunale, e con un memorabile discorso intriso di duri e
sarcastici attacchi alla nuova classe dirigente nazionale, si dimise dalla carica. Così fu
nominato sindaco il possidente Salvatore Coppola, che già aveva ricoperto l’incarico
per ben due volte e che, col tempo, divenne uno dei più spartani sostenitori
dell’Imbriani.
nel 1877 gli morì il padre Paolo emilio; in seguito si fidanzò e si sposò con la
delicata gigia rosati, e nel 1879 (anno del suo matrimonio), grazie al sindaco
Salvatore Coppola, al farmacista ferdinando Antignani e al medico Saverio de falco,
Imbriani si ripresentò candidato alle elezioni per il rinnovo del consiglio provinciale,
Paolella, Antonio
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come avversario dell’abate Toscano per scalzarlo dal seggio di consigliere provinciale.
Al professor Imbriani piaceva molto osservare la “vita quotidiana locale”, quella che si svolgeva nei cortili, dove primordiali forme di identificazione di ambiti comunitari extrafamiliari si affermavano e costituivano parte importante della vita delle persone. nei cortili si cresceva e si riceveva la prima educazione-formazione; la vita dei
diversi aggregati domestici riservava al privato tempo e attenzioni marginali; nei cortili c’era il pozzo per l’acqua, il lavatoio, il gabinetto, il forno, che rappresentavano
momenti di comunione, a volte non desiderati. Spesso, durante le sue passeggiate per
il Paese, don vittorio si soffermava ad indagare, con lo sguardo attento, tutto quanto
pullulava dentro il cortile. e chiedeva, interrogava, si soffermava a guardare nuovamente per poi lasciarsi erudire dalla maestra di turno.
Imbriani si soffermava a guardare i cortili soprattutto nei momenti più importanti, come quando, nella lavorazione della canapa, gli uomini “maciulavano” e le
femmine “spaduliavano”, per ricavare dalla pianta coltivata in loco corde, spaghi e
filamenti per tessuti; poi quando dalla vite che si coltivava nelle campagne che
fiancheggiavano la via Sommese, l’uva veniva trasportata nel centro del paese per
ricavare un discreto vino da tavola, e con le vinacce, poi, abbandonata la “cercola”,
si ricavava alcool e cremore, attraverso la lavorazione dell’alambicco; poi, ancora,
nella stagione della mietitura del grano e della essiccazione dei legumi, di cui abbondava l’agricoltura locale, insomma in tutte quelle circostanze in cui il cortile si ravvivava di mille colori e sapori. vittorio ne fu il testimone necessario e stava lì a percepire
ogni cosa, capendo che Pomigliano d’Arco era una comunità agricola. la Pomigliano
d’Arco che visse vittorio Imbriani era una realtà di oltre diecimila persone, accentrate
in circa 350 tra cortili e palazzotti con un primo piano. un prezioso impulso
all’evoluzione sociale della comunità locale fu dato da vittorio Imbriani, attraverso due
importanti iniziative: il 29 luglio 1877 fondò, con altri, tra cui Salvatore Coppola ed
Antonio Cantone, la Società operaia, che aveva lo scopo di realizzare la mutua assistenza tra i soci partecipanti, quasi tutti esercenti e possidenti; il 19 settembre 1878
Imbriani scrisse all’ex ministro Silvio Spaventa di interessarsi del progetto per la
costruzione della ferrovia che doveva collegare Pomigliano a napoli e nola, e che
giunse a buon fine tra il 1880 ed il 1884. Sia la fondazione della Società operaia che
la vicenda della ferrovia rappresentarono le occasioni con le quali vittorio Imbriani fu
maggiormente apprezzato dalle persone influenti del paese, molte delle quali non capivano il valore dell’attività di studio che il poliedrico professore stava svolgendo con i
conti e i canti tradizionali locali.
A questo punto, quando si giunse all’elezione per il consigliere provinciale,
Imbriani aveva consolidato il proprio rapporto con Pomigliano d’Arco, sia per i legami elettorali ed affettivi costruiti che per l’attività di studio, tanto da fare da padrino di
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Paolella, Antonio
battesimo al primogenito di giuseppe russo (ufficiale postale), e nacque anche un
comitato composto da persone autorevoli, in sostegno della sua candidatura. Anche i
sostenitori dell’abate Toscano costituirono un comitato elettorale ma, nonostante ciò,
vittorio Imbriani riuscì a vincere.
I fatti del ’79 segnarono un sentimento profondo in vittorio Imbriani. l’avversità
sistematica ad ogni sua aspirazione di impegno politico, prima per il parlamento
nazionale e poi per il consiglio provinciale, modificò molto la tempra del professore.
Così nel 1880 Imbriani rinunciò a candidarsi nuovamente per il seggio di consigliere
provinciale, perché un fatto importante segnò la sua vita: la nascita del primogenito
Paolo emilio junior.
la nascita del figlio servì ad alleviargli lo stato di angoscia nel quale versava, e
gli ritornò, finalmente, il sorriso sulle sue labbra. vittorio si immerse nella funzione di
“padre”, allentando gli studi e vivendo, con necessario distacco, la propria passione
politica. Ciò fu un tempo in cui il professore visse una felicità non mediata, spontanea,
che però durò poco, perché il piccolo Paolo emilio morì il 26 ottobre 1881, ad appena sedici mesi di vita, e la sua morte lasciò una ferita profonda che non si rimarginò
nemmeno in seguito alla nascita di Carlotta, la seconda figlia. già a quel tempo si manifestarono i primi segni delle malattie che accompagnarono vittorio Imbriani negli
ultimi anni della sua vita; l’atassia che lo colpì, malattia che si manifesta attraverso la
perdita di coordinazione dei movimenti muscolari volontari, interessò gradualmente le
gambe e portò vittorio a non poterne più fare uso. la moglie gigia gli fu molto vicina
e pure i suoi amici pomiglianesi, che lo considerarono sempre punto di riferimento per
le battaglie elettorali. nonostante le sue condizioni non ottimali, in questi primi anni di
malattia, Imbriani visse una significativa fase di attività di studioso, concentrandosi
soprattutto sul folklore, sulle fiabe e sui canti popolari. In tempo di vita, però, vittorio
Imbriani non ebbe la dovuta fortuna poetica e letteraria: nel 1877 non superò la prova
al concorso per l’assegnazione della Cattedra di letteratura italiana all’università, perché si trovò membro della commissione giosuè Carducci, che lui avversava fortemente
e, solo otto anni dopo ,ottenne la Cattedra di estetica a napoli dove, però, le lezioni non
ebbero mai luogo, perchè le sue condizioni lo impedivano.
vittorio Imbriani, ormai paralizzato alle gambe dalla malattia, si trasferì a
napoli dove morì nella notte di Capodanno, tra il 31 dicembre 1885 ed il 1° gennaio
1886. I suoi resti riposano nel cimitero di Pomigliano d’Arco.
Pomigliano, a ricordo di questo tanto amato figlio adottivo, gli ha dedicato una
delle strade più antiche del paese, quella che congiunge una estremità di via vittorio
emanuele con la via nazionale, all’altezza di piazza garibaldi e proseguendo, detta
strada, tuttora vi si trova il Casino degli Imbriani, ovvero una bella casa rustica, ormai
decadente e fatiscente. Questa dimora, pur senza alcun valore intrinseco o architetto-
Paolella, Antonio
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nico, ha tuttavia un gran valore simbolico, storico ed affettivo. Questo uomo, e come
lui tanti altri eroi, grazie anche alle loro idee, hanno lasciato segni indelebili del loro
essere nella storia di Pomigliano e vanno ricordati per ciò che furono ma soprattutto
per ciò che fecero.
vorrei concludere ringraziando luigi de falco e la mia prof. di lettere per avermi dato la possibilità di fare questo tema e l’occasione di aver conosciuto “scrittori” ed
eroi famosi, appartenenti alla mia città.
PerfeTTo, nicla
liceo “m. Serao” Classe vA
Luoghi della memoria a Pomigliano: individuare e descrivere i più significativi, quelli legati ad eventi storici e situazioni che hanno determinato crescita culturale e
sociale.
mai come oggi, in tempi in cui lo sviluppo è sempre più rapido, è necessario conservare la “memoria storica”, affinché non si perdano valori fondamentali del nostro passato; è necessario conoscere e ricordare i luoghi che ci circondano, quelli che hanno
contribuito in modo fondamentale alla crescita culturale e sociale del nostro paese:
Pomigliano d’Arco.
uno di questi è la Torre dell’orologio: inizialmente venne progettata come
chiesa di San rocco, probabilmente per sciogliere un voto relativo alla peste del 1656,
ma non venne mai terminata e consacrata; successivamente fu adibita a forno pubblico, ma, dopo poco, il sindaco giovanni Terracciano la fece abbattere; fu poi, nel 1844,
stabilito il vero destino di questo luogo: costruita dall’appaltatore giuseppe
Amalfitano, l’attuale Torre con l’orologio. oggi è sede di corsi universitari, corsi di
formazione professionale, corsi di informatica e di lingue straniere, seminari, convegni, congressi, e soprattutto sede della biblioteca comunale; e, proprio a questo proposito, un uomo straordinario che ha contribuito totalitariamente alla crescita culturale di
questo luogo è stato luigi de falco.
luigi de falco nacque a napoli il 22 marzo del 1957. visse dalla nascita a
Pomigliano, il paese di cui era originario il padre, e qui morì il 7 dicembre del 1991.
fu un bibliofilo di notevole spessore, riuscendo a collezionare oltre 2.600 testi, numero
molto elevato considerato che morì a soli 33 anni. la sete di conoscenza e la sua sensibilità lo portavano a interessarsi di letteratura, filosofia, mistica, storia, arte, musica
e teatro; profonda attenzione, inoltre, egli diede a usi, costumi e tradizioni locali.
nel 1990, ormai molto malato, redasse il proprio testamento, dichiarando
esplicitamente la sua volontà di donare “tutti” i suoi libri alla biblioteca comunale: «Ai
miei legittimi eredi raccomando con tanta sollecitudine e “coraggio” queste ultime
volontà di un nato perdente, non infelice però!
A loro tutto ciò che mi appartiene e che ho “accumulato” con parsimonia, sacrificio! escluso i libri. ho lavorato all’“accumulo” solo per Pomigliano ed i
pomiglianesi: è giusto che essi ne godano».
la Torre dell’orologio propone numerose e varie iniziative di carattere culturale, di studio e di ricerca; infatti sono proprio i giovani i protagonisti indiscussi in
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Perfetto, Nicla
questa sede, vissuta come un punto culturale di riferimento, in grado di unire gli studenti nello studio.
Infatti, proprio durante le vacanze pasquali mi è capitato di andarci diverse
mattine, e lì, con mia piacevole sorpresa, ho trovato non solo un luogo piacevole in
cui studiare, ma anche un posto pieno di studenti, pieno di vita ed allegria, in grado
di trasformare perfetti estranei in amici.
ma se la Torre dell’orologio è tessuto attivo del nostro paese, vi è un altro luogo
poco distante che racchiude nelle sue viscere un tesoro inestimabile, ovvero Piazza
mercato ed il museo della memoria.
Piazza mercato fu la curtis dell’antica villa romana, in seguito il largo di un
modesto feudo ed il largo della terra di un piccolo comune; fu poi nel diciannovesimo
secolo sede del mercato pubblico, fino a quando, pochi anni fa, fu spostato in altra
sede. In questa piazza, nel 1735, sostò Carlo III di borbone, ed in suo onore venne
preparato dal popolo un cesto di frutta fresca.
In ricordo di tale episodio, nella piazza fu posta una colonna con sopra poggiato un cesto di pomi in marmo bianco.
le risorse economiche del paese, fino a quel momento, erano per lo più agricole;
bisogna fare il salto di un secolo per poter vedere il paese cambiare progressivamente;
ci saranno sostanziali trasformazioni e cambiamenti, capaci di portare Pomigliano
d’Arco, come qualcuno ha detto, dalle patate agli aerei.
Ci saranno riprese economiche e miseria, a causa delle due grandi guerre.
Infatti, durante l’epoca del fascismo, il nostro paese divenne un luogo di sperimentazione architettonica, negli anni venti Pomigliano può vantare una delle sei scuole
magistrali presenti in Italia e un aeroporto cittadino, ma questo non apportò i vantaggi
che si speravano, ed i pomiglianesi se ne accorsero quando dovettero rifugiarsi nei rifugi antiaerei, il più importante dei quali era proprio a piazza mercato, sede oggi del
museo della memoria; questo è il primo museo comunale del mezzogiorno dedicato ai
valori umani e civili espressi dalla resistenza.
Il rifugio fu costruito in previsione della seconda guerra mondiale ed era posto a
circa 4 metri di profondità. Il museo si estende su una superficie di 600 metri ed è suddiviso in due aree. la prima comprende le suggestive gallerie dell’ex rifugio, testimoni
silenziose di paure, preghiere, riflessioni e solidarietà. un luogo ricco di suggestione
dove sembra possibile percepire il passato che lo caratterizza.
le gallerie ospitano mostre temporanee, spettacoli e manifestazioni. ognuna di
esse, inoltre, è dotata di schermi per proiezioni video. l’altra area, nata dall’ampliamento della cavità, ospita gli uffici amministrativi, una biblioteca contenente materiale
librario e fotografico riguardante varie tematiche storiche, una sala multimediale ed
una sala per conferenze, incontri e seminari.
Perfetto, Nicla
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l’intero museo è testimonianza di un periodo storico che ha segnato e trasformato profondamente la nostra città, come nel caso delle “palazzine rionali”, situate
nella parte nuova del paese, linee di fabbricati disposti parallelamente tra loro; le strade
di accesso ai portoncini sono: via locatelli, via ferrarin, viale Alfa romeo, via
guidoni e via medaglie d’oro, volute da mussolini e costruite tra il 1939-40 per offrire
alloggio agli operai delle varie fabbriche nascenti, ovvero le fabbriche che in quel periodo costruivano aerei militari, dal motore alla fusoliera. Queste palazzine furono una
vera novità per la popolazione ed una macchia per l’intera aria urbana, caratterizzata
fino a quel momento da quasi tutta campagna.
Spero che, con un piccolissimo percorso del territorio pomiglianese, sia possibile comprendere come cambi velocemente il volto del paese, probabilmente le sue
tradizioni ed i rapporti familiari.
ma, sono certa, che questi temi siano un’occasione per recuperare la memoria
collettiva di periodi storici che hanno segnato profondamente la nostra città. Pomigliano
è una cittadina speciale, racchiude in sé molti tesori e storie diverse, e, pur viaggiando
in tempi lontani, è straordinario pensare che si uniscano in un unico territorio; siamo circondati da un passato più prossimo di quanto il distacco possa sembrare, ed i pomiglianesi dovranno solo imparare a conoscerlo ed acquistare più consapevolezza di esso,
per poi imparare ad amarlo, rispettarlo ed essere affascinati, proprio come ne sono
rimasta incantata io, da questa terra meravigliosa in cui vivono.
regA, girolamo
liceo "v. Imbriani" Classe Ivbs
Figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori che presero parte alle vicende della
nostra città, sacrificando anche la vita. Indicate quelle che, per tensione morale, forza
intellettuale, virtù patria, hanno lasciato una traccia profonda nel vostro animo.
Analizzando lo scenario filosofico-letterario di Pomigliano d'Arco, sono due le personalità da cui sono rimasto particolarmente colpito.
le due figure in questione sono vittorio Imbriani e l'Abate felice Toscano.
entrambi, pur avendo riscosso dalla critica differenti livelli di fama, hanno suscitato in
me particolare ammirazione. Il primo, vittorio Imbriani, è la figura di maggior rilievo
della scena culturale pomiglianese. Sono vari gli aspetti della sua ideologia che mi
hanno affascinato. Innanzitutto, il suo avvicinamento al movimento milanese definito
“scapigliatura”, ne denota lo spirito bizzarro ed estroso, il temperamento fiero e combattivo e lo spiccato senso della provocazione. Inoltre, ha suscitato in me particolare
godimento l'analisi di alcune sue opere. nello specifico, mi ha colpito il suo scritto La
bella bionda. narrando di una napoli post-borbonica, egli descrive camorrismi politici, il romanticismo degli ambienti in questione ed inserisce un elemento fino ad allora
sconosciuto alla letteratura italiana: il femminismo. Infatti, tramite questo racconto,
Imbriani decanta le lotte del gentil sesso per affermare i diritti della donna al lavoro e
alla libera scelta sessuale. e' qui, nell'anticonformismo e nella provocazione, che emerge il genio artistico dell'autore: questi, oltre a una fotografia dello scenario partenopeo,
ispira il lettore alla riflessione e ad una presa di coscienza su di una società bisognosa
di vari ritocchi. In più, ho trovato estremamente accattivante la prefazione dell'opera
Fame usurpate. Anche qui l'Imbriani mostra la propria audacia letteraria; infatti, premettendo che il suo scritto andrà contro la mentalità dei benpensanti, afferma il proprio punto di vista e addirittura si toglie qualche sassolino dalla scarpa, ridicolizzando coloro che hanno, senza cognizione di causa, cercato di mettere in cattiva luce il
suo operato. Questi sono solo esempi della sua ideologia che può essere a mio avviso
sintetizzata in una frase dello stesso Imbriani, che per giustificare le proprie posizioni, affermava: “Sotto all'intingolo più o men pruriginoso, v'è cibo sano e nutriente”.
Il secondo, felice Toscano, non ha goduto nel corso degli anni della stessa notorietà dell'Imbriani. ma un suo scritto Sulla teorica del progresso infinito (ristampato
recentemente in una edizione curata dal prof. giovanni m. buglione), ha destato in me
un entusiasmo per la filosofia mai provato in precedenza. Infatti, l'Abate Toscano, pur
essendo un giobertiano, non ebbe problemi a distanziarsi da tale movimento quando lo
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Rega, Girolamo
ritenne opportuno, dando dimostrazione di come il primo passo verso il raggiungimento della verità sia il non porsi vincoli, e lasciare che la mente svolga il suo viaggio
verso le conoscenze. Questa tendenza alla libera ricerca e la sua voglia di verità sono
state per me da sprono per comprendere cosa significhi la cultura e quanto grande sia
lo sforzo da compiere per arrivare ai limiti del progresso; limiti che, come sostiene
l'Abate Toscano: "Sono riposti nel punto in cui si passa dalla vita presente a quella futura, poiché il progresso finisce quando si raggiunge il vero ed ultimo scopo del viaggio".
destino volle che queste due personalità ebbero a scontrarsi per questioni politiche ed entrambi hanno ricoperto posizioni di alto rilievo nell'amministrazione pomiglianese e provinciale, dando notevole importanza a iniziative culturali.
non cambia però il messaggio che mi hanno trasmesso e da cui sono rimasto colpito. Infatti, la forza intellettuale di queste grandi personalità ed il loro amore per la
cultura sono un grande esempio da seguire, in quanto nulla è più soddisfacente per un
essere umano delle conoscenze che si acquisiscono tramite la propria mente. e mi sono
promesso di seguire tali modelli, in quanto è inevitabile (per chi come me ama la cultura) non ammirare due figure che, anche se in maniera differente, insegnano quanto il
sapere sia il mezzo che più accomuna gli uomini e li avvicina a qualcosa che, chissà,
forse non è dato loro di comprendere.
SPerlongAno, Simona
liceo “S. Cantone” Classe IICs
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell'amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
Aveva poco meno di trentaquattro anni e già sapeva che non gli restava più molto da
vivere. malato di tumore e affetto da uno strano handicap che gli provocava tremore
alle mani, luigi de falco aveva scritto nel suo testamento del dicembre del '90, oltre
alla sua data di nascita, anche le prime tre cifre della sua data di morte, 199_, non conoscendo la quarta ma sapendo che non avrebbe mai visto il xxI secolo. In questo gesto
si manifesta la grandezza e la forza d'animo di quest'uomo che non aveva mai confessato a nessuno la sua malattia e aveva resistito per portare a termine il suo obiettivo.
lo stesso manifesto, dopo la sua morte, fu scritto e stampato dall'Amministrazione
comunale come si fa con i personaggi illustri e degni di stima e rispetto.
Chi era luigi de falco? "un nato perdente, non infelice però": così egli stesso
si era definito, in quanto era consapevole della malattia che presto lo avrebbe strappato alla vita ma contemporaneamente non rinunciò mai al suo amore sconfinato per i
libri, per la cultura, per le tradizioni, per il folklore e per tutto l'agglomerato di credenze della città di Pomigliano.
egli impiegò tutta la sua vita per questi studi ai quali si dedicò con costanza,
pazienza e sacrifici.
Tutt'altro che artefatto, luigi de falco era una persona molto semplice, buona,
schiva, forse anche troppo timida; fu sempre afflitto da un gran senso di solitudine che
lo indusse a camminare da solo nel "dedalo della memoria", con la paura di essere
seguito e scrutato; trovava difficoltà nell'uscire dalla sfera del suo intimo e nel manifestare a tutti quello che era il suo obiettivo: far rivivere in un mondo moderno tutti i
valori e le tradizioni antiche, che non dovrebbero essere mai estirpate dalle radici di un
popolo, in modo da ritornare alla genuinità e alla spontaneità di un tempo. la vita di
de falco, pur breve, può essere intesa come una serie di atti d'amore che egli non rivolge alle persone care, ai familiari, agli amici, ai parenti come è di solito, ma ad una città
intera, Pomigliano.
egli ha cercato di esaminare il passato della città avvicinandosi alla storia e alle
tradizioni per andare incontro alle sue origini, alle sue radici.
de falco ha concretizzato il suo desiderio di rendere tutti partecipi della sua
ricerca un anno prima della sua morte, mediante la raccolta di materiale iconografico
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Sperlongano, Simona
in un opuscolo su Pomigliano d'Arco, che amò intensamente. Il suo amore per la città
era anche amore per i cittadini pomiglianesi. forse, proprio per la sua timidezza e la
sua paura di affacciarsi al mondo, inizialmente titubò nella realizzazione di tale opuscolo; poi, sollecitato dall'allora assessore alla Pubblica Istruzione e alla Cultura, prof.
vincenzo d'onofrio, che gli diede la sua fiducia e investì su di lui, egli compilò un opuscolo dal titolo Pomigliano: immagini d'epoca e dettagli. esso comprendeva trentacinque cartoline d'epoca analizzate nei dettagli, provenienti da Pomigliano, napoli, roma,
ravenna e firenze. Queste gli furono donate da persone che come lui amavano le tradizioni delle città e volevano premiarlo per il suo grande amor patrio. durante il suo
lavoro, de falco incontrò anche delle ostilità da parte di persone che rifiutarono di
donargli cartoline d'epoca, chiusi nella morsa del loro cieco egoismo.
leggendo le didascalie che affiancano le immagini, ci sembra quasi di vivere
l'atmosfera di una Pomigliano lontana, per le cui strade era facile trovare i massari, gli
spaccalegna, i gramignari, i pecorari, i cenerentoli, gli acquavitai, i bottari, tutti mestieri ormai scomparsi.
la città descritta da de falco affonda le sue radici nel 1939, anno in cui nacque
lo stabilimento aeronautico dell'Alfa romeo e Pomigliano divenne famosissima e
orgogliosa. nello stesso periodo nacquero le famose "Palazzine".
molto significativa è la cartolina raffigurante le "Palazzine" in cui la campagna
in primo piano segna la separazione geografica tra due mondi distinti e contrapposti
che stavano imparando a convivere fino alla nascita di moltissimi nuovi insediamenti
industriali che deformarono la città e impedirono la realizzazione di tale processo.
de falco è stato uno dei pochi in grado di percepire la voce delle cose passate,
la loro anima e la loro essenza, riportando in vita la storia della nostra città e instaurando con le antiche reliquie, per lui sacre, un vero e proprio dialogo. era questo, in
effetti, il suo sogno più grande: "non dirmi – te ne prego – che le pietre ammuffite dal
viscido muschio, e le sagome delle persone di tanto tempo fa non parlano più, o che
sono morte e ed io sono un matto a riesumarle". bisogna ammettere che il suo tentativo è riuscito e, anzi, alcune persone hanno riconosciuto in quelle cartoline se stesse o
le loro madri.
l'opera di de falco non si è conclusa qui: infatti, egli ha rivolto un appello diretto agli amministratori e agli operatori sociali e culturali incitandoli a cooperare attivamente con i cittadini affinché non si abbia un ulteriore degrado della città e il patrimonio culturale di quest'ultima sia conservato e viva in eterno.
l'ultimo desiderio di questo grande studioso di arte, di filosofia, di letteratura, di
medicina, di etnografia e di psicologia, prima della sua morte fu da lui chiaramente
espresso nel testamento: donare tutti i suoi libri alla biblioteca comunale affinché i
Pomiglianesi ne possano godere.
Sperlongano, Simona
51
ogni individuo dovrebbe trarre esempio da questo grande uomo e considerare
le tradizioni come un bene nazionale, un serbatoio di valori che conducono l'uomo alla
conquista della libertà, dell'indipendenza, dell'unità. Soprattutto noi giovani delle
nuove generazioni, dovremmo sempre coltivare nel profondo del nostro animo questi
valori e queste tradizioni, considerando queste ultime come utilissimi e imprescindibili punti di riferimento, dovremmo mantenere vivo il ricordo del nostro passato e
imparare a conoscere le nostre origini per creare un mondo migliore basato su nobili
sentimenti.
luigi de falco è testimone di arte, di nuove idee germogliate dal pathos e dall'amore, da sensazioni e dal coraggio da tramandare alle future generazioni. I giovani
dovrebbero prendere esempio dal de falco, amante della cultura, in quanto essa abolisce l'intolleranza, elimina le differenze, invita al rispetto, elabora e valuta soluzioni e
risposte ai problemi dell'esistenza, debella atteggiamenti egoistici, atroci, violenti che
nessuna forma razionale può giustificare.
la partecipazione di luigi alla ricerca delle memorie del passato è sempre stata
attiva, egli ha scandagliato con amore e con costanza gli aspetti concreti e dettagliati
dell'epoca passata, è sempre stato fedele a valori morali, universali ed eterni. Spetta a
noi giovani conservare il candore, la purezza, il mondo magico del passato, ad essere
dinamici ed impegnati nella vita politica e sociale, a non essere mai passivi o irresponsabili, ma sempre disponibili a conservare la memoria storica.
ora è indispensabile continuare ciò che il grande gigino aveva iniziato.
SPoSITo, Teresa
liceo “v. Imbriani” Classe Ivbs
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell’amore per la cultura, trasfuso in una breve, ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
Ci sono diversi modi per dimostrare l’amore e la dedizione per i libri e la lettura, sicuramente è esemplare quello scelto da luigi de falco, che proprio in nome della cultura
ha donato alla biblioteca comunale di Pomigliano più di 2600 volumi preziosissimi.
Proveniva da una famiglia della piccola borghesia, il padre era impiegato di
banca, nacque a napoli nel 1957, ma ha sempre risieduto in Pomigliano d’Arco, al suo
tempo un piccolo borgo che si avviava all’industrializzazione, simbolo di una grande
patria per questo cittadino che si è sempre battuto per la sua salvaguardia. Ci ha lasciato all’età di trentatré anni, in seguito ad una grave malattia.
la vita del de falco non è stata particolarmente serena, era infatti affetto da
piccoli problemi motori alle articolazioni delle mani, e inoltre fu privato della madre
naturale, deceduta quand’egli era ancora infante.
Per queste spiacevoli vicende si definiva “nato perdente, ma non infelice”, lasciando intuire che le sofferenze, tipiche della vita umana, non precludono la strada al
bene e alla felicità.
era un ragazzo introverso, riservato, amava trascorrere il tempo leggendo, occupazione che più di tutte riusciva ad alleviare i suoi mali e a renderlo felice; era inoltre
animato da un ardente e continuo desiderio di conoscere le sue origini, la storia del suo
paese, d’aver speso l’intera esistenza nella collezione di libri che riguardassero prima
di tutto letterati legati alla sua città: Imbriani-Poerio.
Talvolta si dedicava alla composizione di poesie ambientate in luoghi ameni,
dedicate alle sofferenze degli uomini, ai suoi pensieri, al ricordo della madre naturale,
dice infatti: «non sciuperò il flebile ricordo rimasto, d’un volto imbruttito dalla malattia, stremato dal dolore…».
era inoltre appassionato di fotografie, ciò che più amava immortalare nei suoi
scatti era proprio il suo paese, allestestendo una mostra fotografica su Pomigliano, nel
dicembre 1989, presso il Centro Culturale Polivalente di Palazzo dell’orologio, e
desiderò che fosse visitata da tutti i ragazzi del paese. e’ proprio grazie a lui che abbiamo ancora testimonianza della città di Pomigliano, nel suo aspetto dagli inizi del ‘900
agli anni ottanta del medesimo secolo.
Il de falco era anche un uomo religioso, durante il corso della sua vita si recò
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Sposito, Teresa
diverse volte in umbria, non solo per concedersi un breve periodo di raccoglimento,
ma anche per visitare il vasto patrimonio artistico della zona e, secondo le testimonianze dell’amico e compagno di viaggio felice leone, dipendente della biblioteca
comunale di Pomigliano, fremeva dalla voglia di ammirare le opere d’arte tanto da non
volersi concedere neanche una breve pausa per i pasti.
Insomma, il de falco aveva una personalità particolarmente attiva, da quanto
appreso dai libri e dagli amici si evince che egli era un uomo come tanti, amava la vita
semplice d’un paese prettamente contadino che gli ha trasmesso valori quali la fratellanza, l’amore verso il prossimo, l’attaccamento alla famiglia e alle radici… che tuttavia non amava esternare, infatti non era per nulla esibizionista; ha desiderato vivere
nell’ombra la sua breve esistenza, pur sapendo che la sua inclinazione naturale a studi
e interessi d’ogni genere avrebbe potuto donare tanto all’umanità.
dunque, il desiderio di lasciare in custodia un prezioso patrimonio librario, se
si considera il breve periodo in cui è stato accumulato, alla biblioteca comunale della
sua città, può essere forse interpretato come un rimedio al “torto” fatto in vita alla cultura e all’arte, ispiratori del suo cammino che ha desiderato far proseguire ai giovani,
non soltanto attraverso il generoso dono, ma grazie anche all’istituzione della suddetta borsa di studio.
Il de falco aveva compreso che la vita è il dono più prezioso che ci sia stato
affidato, è tuttavia breve e piena di sofferenze, dobbiamo per questo adoperarci a non
sprecarla in svaghi e occupazioni inutili, e a non permettere che dolori e sofferenze
diventino un ostacolo invalicabile.
bisogna piuttosto cercare di migliorare la società e il nostro futuro, perciò egli
propone ai giovani il recupero delle tradizioni ricche di valori, di cui è rimasto solo un
vago ricordo nella società moderna che sta subendo un preoccupante processo involutivo, ispirandosi a modelli fasulli che badano solo all’estetica e al successo.
luigi de falco non deve quindi essere ricordato solo per la sua generosità, ma
soprattutto come un uomo che desiderava ripristinare il culto delle tradizioni e l’amore
per i libri e la lettura, che soli possono garantire un futuro migliore per i giovani e il
raggiungimento della felicità.
TerrACCIAno, enza
liceo “S. Cantone” Classe Ivbs
Luigi De Falco lascia a Pomigliano un dono ben più prezioso dei suoi libri: il senso di
una vita spesa nell'amore per la cultura, trasfuso in una breve ma intensa esistenza,
esempio e monito ai giovani di ogni tempo.
luigi de falco, delicato poeta e bibliofilo di notevole spessore, considerava la propria
poesia una semplice protesta contro l'ipocrita esistenza. nato a napoli il 22 marzo del
1957, fu secondogenito di Antonio, impiegato di banca, e francesca Saverio esposito,
che lavorava al monopolio di Stato nel settore della manifattura del tabacco. visse
dalla nascita a Pomigliano, dove, grazie alla sua sensibilità e alla sete di conoscenza,
rivolse una profonda attenzione alla letteratura, alla filosofia, alla mistica, alla storia,
all'arte, alla musica e al teatro. Purtroppo la sua prematura morte non gli permise di
completare le sue scrupolose ricerche, dedite agli usi, costumi e tradizioni pomiglianesi, effettuate su testi che acquistava con grandi sacrifici e che analizzava con incessante pazienza. Ciò nonostante riuscì a raccogliere informazioni molto importanti per la
città di Pomigliano d'Arco, che amò ardentemente e alla quale lasciò, come scritto nel
suo testamento, tutti i libri che aveva accumulato con parsimonia e sacrificio. ragazzo
schivo e semplice, non andava alla ricerca di popolarità e considerava sé stesso un nato
perdente ma non infelice. Per lui, qualsiasi forma d'organizzazione sociale, per reggersi saldamente nel tempo necessita di un sistema di valori fondamentali, che rappresentano i punti di riferimento per l'agire individuale e sociale. e' evidente che il sistema
dei valori di riferimento cambia secondo il periodo storico e le specifiche condizioni di
vita di un popolo, tuttavia esistono valori ritenuti universali perché valutati importanti
per ciascun essere umano indipendentemente dall'epoca storica. Per luigi de falco il
più importante di questi valori era l'amore per la Patria, nella quale si trova la massima
espressione, la propria storia personale e quella della propria famiglia, in un contesto
di comuni radici culturali e tradizioni della gente d'appartenenza. la mentalità dell'uomo si è trasformata fino al punto che oggi nessuno dà nulla per scontato, meno che mai
le giovani generazioni, che sono sempre più attratte da una società dei consumi e dai
messaggi martellanti. oggi si vive in una sorta di presente continuo, dove le giovani
menti sono incuranti del passato e del futuro, protese ad impossessarsi di tutto ciò che
è piacevole e desiderabile qui ed ora, senza porsi troppi problemi. e' allora evidente
che, in una tale situazione, anche i valori di una volta non hanno più ragione di esistere. luigi de falco ha speso la sua vita per qualcosa che ha realmente valore: "la cultura". Ciò dovrebbe essere d'esempio alle nuove generazioni, in quanto la cultura è la
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Terracciano, Enza
base della parola, dell'espressione, delle considerazioni, delle rivolte… la cultura sviluppa e aiuta a sviluppare la propria personalità, fornendo verità di vita sulla base di
solidi principi etnico-morali, riuscendo così a fronteggiare, con il necessario coraggio
e l'indispensabile determinazione, tutte le difficoltà che la vita inevitabilmente ci riserverà, imparando però anche a goderne appieno i doni. ma a cosa serve conoscere tutto
se non si conosce da dove si viene? A che serve costruire un palazzo se non ci sono
prima solide fondamenta? ma soprattutto come possiamo aiutare lo sviluppo culturale
del nostro paese se non ne conosciamo il passato e la storia? "Per seguire noi stessi
dobbiamo prima scoprire chi siamo" e qual è miglior posto per scoprirlo se non il paese
da cui proveniamo? la scoperta di noi stessi è una continua ricerca alle origini e quindi alla conoscenza, alla cultura, uno strumento in grado di rispondere persino alle
nostre domande più nascoste. la giovinezza è un'età in cui si pongono continue domande, la maggior parte delle quali senza risposta e talvolta molti giovani si sentono persi e
confusi. la cultura aiuta a diventare pienamente consapevoli dei propri diritti e doveri
nei confronti di sé stessi e degli altri e ci aiuta ad essere in grado di prendere decisioni
assumendosene tutte le responsabilità, decidere coscientemente gli indirizzi fondamentali della propria esistenza, ci aiuta a essere capaci di instaurare e conservare rapporti di
amicizia e di collaborazione, di amore e di condivisione delle scelte di vita con una persona, e quindi ci permette di usare con intelligenza e raziocinio la libertà di cui dispone
ogni essere umano. la conoscenza, inoltre, può dare ai giovani un punto di riferimento in grado di orientarli nella multiforme e magmatica realtà; e se dunque sono venuti
meno valori, ideali, punti di riferimento storicamente fondati, è evidente che si può perdere anche il senso stesso del significato di un rimprovero, di un richiamo al dovere,
alla responsabilità. I giovani di oggi non solo sono figli del loro tempo, ma rappresentano il risultato di scelte più o meno consapevoli operate nel sociale molto tempo
addietro, in dimensioni di portata storica; e quindi i giovani sono il risultato di ciò che
hanno voluto fossero i loro padri e i loro nonni non di certo come singole persone ma
a livello di scelte collettive più o meno consapevoli. Se non si nota questo non si riesce
a spiegare perché al giorno d'oggi sia addirittura devastante con un giovane parlargli di
punizioni e doveri; un genitore, un adulto in genere ha sempre timore di creare traumi,
di suscitare improvvise ribellioni, di allontanare anziché avvicinare. ed è allora che per
un giovane è importante la cultura, per farlo essere consapevole degli errori già commessi nel passato e renderlo forte nell'affrontare obblighi legati al senso del dovere.
Pomigliano non è mai stata la città delle "proteste operaie", quelle cioè fini a se stesse.
e' stata la città delle lotte operaie che hanno aiutato molto la crescita culturale di questa realtà. Pomigliano può essere oggi definita all'apparenza come una moderna città,
ma all'interno resta sempre un paese dove si svolge un'intensa vita culturale, dove vige
una forte attività sociale e partecipativa, formata soprattutto dai giovani. luigi de
Terracciano, Enza
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falco ha fatto in modo che queste verità non fossero nascoste e che l'amore per la cultura fosse un esempio per spronare i giovani alla conoscenza. A Piazza Primavera è
esposta un'opera di vincenzo gaetaniello, la "ragazza col nastro", ai cui piedi è scritto: "un uomo ha ciò che ha fatto...". I pomiglianesi per avere hanno fatto e per aver
fatto non sono stati ostili alla cultura, l'unico mezzo in grado di distinguere un individuo da un altro e in grado di evidenziare la libertà di un uomo.
ToSCAno, mariangela
liceo “v. Imbriani” Classe Ivb
Luoghi della Memoria a Pomigliano: individuare e descrivere i più significativi, quelli legati ad eventi storici e situazioni che hanno determinato crescita culturale e
sociale.
I luoghi della memoria possono definirsi la carta d’identità di un paese sui quali sono
stampati i ricordi, le emozioni, gli avvenimenti che nel tempo ne hanno caratterizzato
l’evoluzione della cultura e della società. Sono l’insieme della storia e della vita degli
uomini, in essi confluiscono memoria collettiva ed individuale nell’aspirazione di raggiungere valori condivisi che rafforzano l’identità culturale e morale.
la mia città, Pomigliano d’Arco, è piena di questi luoghi: le vie, le piazze, i
palazzi storici e le più modeste costruzioni, le fabbriche, le chiese e i monumenti evocano tutti “memoria”. ma alcuni di questi luoghi hanno una particolare importanza perché ad essi sono legati le vicende che hanno segnato tappe fondamentali per lo sviluppo socio-culturale della città. le radici culturali di Pomigliano d’Arco affondano nella
remota civiltà contadina a cui si è aggiunta la moderna civiltà operaia dell’era industriale. Insieme formano, secondo me, i due aspetti primari della cultura e della
tradizione pomiglianese. la civiltà contadina individua i suoi siti della memoria nelle
antiche masserie, ovvero i casolari contadini sparsi sul vasto e pianeggiante territorio.
le masserie prendevano il nome dai loro proprietari e tutt’oggi li conservano; anche la
famiglia della mia nonna paterna ne possedeva una: ricordo questa grande casa circondata da orti e frutteti, luogo di ritrovo familiare accanto al camino acceso a natale
e all’ombra del pergolato nei caldi pomeriggi d’estate.
le masserie rappresentano la memoria di tradizioni secolari legate al duro lavoro
contadino, scandito dai lenti cicli delle stagioni, da riti pagani e religiosi per propiziarsi i raccolti o concedersi un po’ di svago. Con il passare dei secoli l’aumento della
popolazione dette origine al primo borgo urbano sviluppatosi intorno alla chiesa di
Santa Croce, oggi chiesa del Carmine, fino alla chiesa di San felice. dal largo Santa
Croce, attuale piazza municipio, a San felice sorsero i primi cortili che sono un forte
simbolo di memoria della Pomigliano di un tempo. I cortili, detti “curtine”, presentano
un nucleo di case intorno ad uno slargo più o meno ampio e sul fondo la campagna con
orti e giardini. erano autosufficienti, in quanto dotati di forno per il pane, lavatoio per
il bucato, bagno comune, pozzo per l’acqua, cantine e spesso edicole votive per la
preghiera.
nel cortile si svolgeva un’intensa e laboriosa vita che si è tramandata per lungo
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Toscano, Mariangela
tempo. Come ci raccontano i vecchi abitanti era condivisa da ciascuna famiglia nella
sua quotidianità: dalla lievitazione alla cottura del pane, ai faticosi bucati a mano sui
lavatoi di pietra, dalla preparazione delle conserve di pomodoro in estate alla vendemmia in autunno; si partecipava alle gioie per le nascite e i matrimoni e si soffriva per i
lutti. la colonna sonora delle attività del cortile era data dal chiacchiericcio e talvolta
dalle liti delle donne e dagli schiamazzi dei bambini che si divertivano a giocare, molto
più spensieratamente di oggi.
nell’era moderna le masserie e i cortili spesso sono stati abbandonati per nuove
abitazioni più confortevoli, ma negli ultimi decenni si sono realizzati numerosi restauri nel centro storico di Pomigliano d’Arco che, non solo hanno avuto il merito di riqualificare gli edifici, ma anche di recuperare le relazioni umane così intense un tempo.
Se le masserie e i cortili rappresentano i luoghi della memoria più antica, contadina e popolare, le industrie e le “Palazzine” esprimono memoria recente, operaia e
artigiana che, oltre a trasformare l’aspetto urbano hanno inciso sul cambiamento mentale e culturale della gente. Il contatto con la fabbrica ha imposto nuovi ritmi di vita
dettati dal dinamismo della catena di montaggio. le industrie, automobilistica ed aeronautica, sono state insediate durante il fascismo e per soddisfare il bisogno di case degli
operai, si costruì il cosiddetto rione delle “Palazzine”. esse rappresentano una grande
innovazione, un salto nella modernità, ancora oggi sono considerate un valido esempio
dell’architettura del tempo. Il loro aspetto è essenziale, semplice, una vena artistica è
data dalle formelle di terracotta sui portoni che raffigurano scene di lavoro operaio.
Annessi alle abitazioni c’erano gli orti e i giardini che permettavano agli operai di conservare il legame con la terra poiché molti di essi erano ex contadini. le “Palazzine”
sono luogo della memoria dell’era industriale, portatrice di benessere economico, culturale e sociale: temi nuovi di apertura al mondo e agli altri anche se avviate durante il
ventennio fascista, periodo di dittatura e guerra.
ricordando la sventura della seconda guerra mondiale, a Pomigliano d’Arco
abbiamo un luogo della memoria molto significativo per la sua storia: l’antica piazza
mercato che prende il nome dall’abituale mercato che qui si è svolto per secoli. nella
piazza era situata, e lo è tuttora, la colonna di marmo sulla quale è posto un cesto con
tre pomi, monumento simbolo di Pomigliano d’Arco, eretta in onore della visita del re
Carlo III di borbone nel 1735.
durante gli anni della guerra, la piazza era il principale ritrovo dei pomiglianesi e la sua cavità sottostante divenne il principale rifugio antiaereo della città (ve ne
erano altri sei collocati sul territorio). durante il 1943, i bombardamenti furono durissimi poiché Pomigliano d’Arco era sede dell’aeroporto militare e di industrie belliche.
Attraverso le preziose testimonianze dei “combattenti e reduci” conosciamo quanto i
pomiglianesi furono offesi dalla guerra e seppero ribellarsi al nazifascismo. oggi, nel
Toscano, Mariangela
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ricordo e nella continuità dei valori nati dalla resistenza e dalla liberazione, quel rifugio è diventato museo della memoria; in esso si conservano ampie raccolte di foto e
testi sulla resistenza. Io penso che sia molto importante custodire e tramandare queste
testimonianze per educare le persone e in special modo i giovani al rispetto della libertà e della pace conquistate con tanto sacrificio e sofferenza.
Appunto per questo la mia città ha dedicato alcuni spazi e monumenti a figure
che hanno fatto propri questi valori rischiando e talvolta sacrificando la propria vita. A
vincenzo Pirozzi (il giovane pomiglianese trucidato a roma nell’eccidio delle “fosse
Ardeatine”) è dedicata la via. A Salvo d’Acquisto, il valoroso carabiniere che offrì la
propria vita per salvare un gruppo di innocenti, è dedicata la piazza e il monumento. A
Sandro Pertini, il combattente partigiano che guidò la resistenza e la nascita della
repubblica divenendone Presidente amatissimo durante il suo settennato 1978-1985, è
intitolato il centro sportivo-culturale che richiama tanti giovani e anziani. Alla “donna
della resistenza” è dedicata la Piazza della libertà con la scultura della madre addolorata per la morte del figlio.
I luoghi della memoria di Pomigliano d’Arco si ricordano anche attraverso le
immagini dei film di Salvatore Piscicelli, il regista pomiglianese che con la sua sensibilità aveva affrontato, negli anni ’80, temi sociali e culturali della società di allora.
Quest’anno il Comune gli ha dedicato alcune iniziative: una mostra, il calendario
e un ciclo di proiezioni riconoscendogli il merito d’avere contribuito allo sviluppo culturale della città; nei suoi film si ritrova la memoria collettiva di quel tempo destinata
alle future generazioni.
mentre si consolidano questi valori ormai già acquisiti, l’evoluzione della società reclama nuovi luoghi della memoria da identificare.
la mia città è al passo con i tempi. l’attenzione ai temi dell’ecologia, dello
sport, dello svago, dell’arte e della cultura ha offerto l’occasione di creare spazi nuovi
di riferimento per Pomigliano d’Arco.
luogo di memoria è già il Parco Pubblico, nato sull’area malsana della cosiddetta “vasca”, in esso si svolgono innumerevoli attività che vedono il coinvolgimento
popolare e non solo. Annualmente è in calendario la rassegna di spettacoli musicali del
festival Jazz che ha raggiunto fama nazionale e richiama appassionati di questo genere
musicale da ogni parte, arricchito dalla partecipazione di artisti internazionali. Il Parco
ospita inoltre manifestazioni sportive, religiose, ludiche e quant’altro occorre al
benessere culturale della città.
la biblioteca comunale, che ha sede nel Palazzo dell’orologio, ha un indubbio
valore culturale per i cittadini: offre a tutti il libero accesso alla conoscenza, impreziosita anche dalla donazione dello studioso luigi de falco. Il centro culturale intitolato al giudice Paolo borsellino, assassinato dalla mafia, richiama l’attenzione ai valori
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Toscano, Mariangela
della legalità, così importanti nella nostra terra afflitta per decenni dal potere della
camorra.
la mia città così densa di luoghi della memoria passata e contemporanea, proietta nel futuro i valori culturali e sociali fin qui conquistati e sui loro insegnamenti
accoglie e integra le diversità portate dai nuovi cittadini immigrati che aspirano a fare
propri questi luoghi. Pomigliano d’Arco è una città che si propone di custodire gelosamente la sua memoria e i suoi luoghi per tramandarne il patrimonio. dimenticare il
proprio passato vuol dire perdere la propria identità, come già profetizzava il poeta
leonida nel III secolo a.C. con una citazione riportata alla base della scultura della
“donna della resistenza” che per sua attualità sembra scritta oggi: “la dimenticanza è
più amara della morte”.
ConCLusione
nella precedente stampa della pubblicazione degli Elaborati premiati, avvenuta nel
1999, l’allora assessore maria Tufano riportava una domanda che alcuni studenti le
avevano posto in un incontro-dibattito, che l’aveva particolarmente stupita: “…. ma
perché, Pomigliano ha anche una storia?”. leggendo gli elaborati della presente pubblicazione sembra che gli studenti, in questo breve lasso di tempo, abbiano fatto passi
da gigante.
e’ straordinario come il Concorso borsa di Studio “luigi de falco” abbia dato
agli studenti pomiglianesi l’opportunità di ricercare, studiare, scoprire e approfondire
la cultura delle nostre tradizioni, la storia, i luoghi della memoria, i personaggi illustri
e meno famosi, le figure pomiglianesi di eroi, di politici e di scrittori, dei nostri musicisti e gruppi musicali.
gli studenti sono diventati consapevoli che mantenere vivo il ricordo del nostro
passato e delle nostre origini aiuta a creare una società migliore. molti di essi hanno
rievocato oltre ai luoghi e personaggi già noti alla maggior parte dei pomiglianesi
anche figure “minori” ancora ignote ai giovani ma non certamente di meno valore.
hanno appreso che la nostra città ha dato i natali a personaggi dall’animo sensibile, a intelletti brillanti, ricchi di talento, di spirito di intraprendenza. dietro il loro
operato si nascondono verità che non si immaginano facilmente, uomini che vivevano
una vita diametralmente opposta a quella che viviamo noi oggi: una vita naturale, fatta
di valori veri, di onestà, rettitudine morale, rispettosi anche del proprio avversario,
atteggiamento questo essenziale per distinguere la civiltà dall’inciviltà.
hanno saputo trovare collegamenti tra avvenimenti, luoghi, eroi e semplici cittadini morti per la patria, che hanno lottato per la libertà, l’unità, l’indipendenza.
essi hanno dimostrato di aver compreso l’importanza di trasmettere alle nuove
generazioni, sempre più attratte da una società consumistica e dai messaggi martellanti dei mass media, l’amore per le nostre tradizioni che, per quanto possano apparire
insignificanti in un mondo dove costantemente siamo bombardati da flussi di dati, racchiudono in sé il “codice genetico” della comunità.
dagli elaborati si evince che gli studenti credono nella cultura, quale strumento
capace di far evolvere civilmente e spiritualmente, di abolire le differenze, di accettare una società multietnica, di valutare soluzioni e trovare risposte ai problemi dell’esistenza. essi hanno compreso che dimenticare il proprio passato vuol dire perdere la
propria identità, come ci ricorda la scritta posta alla base della scultura della “donna
della resistenza” in Piazzetta libertà: “la dimenticanza è più amara della morte”.
Tra le tematiche affrontate vi sono anche le situazioni che il paese ha vissuto
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Conclusione
sempre con piena partecipazione e totale coinvolgimento, come la creazione sul territorio pomiglianese della vasta area industriale dell’Alfa romeo. Il processo di industrializzazione rimane il maggior evento della prima metà del ‘900, esso ha segnato il
passaggio da una civiltà prevalentemente agricola e fortemente vincolata ai tradizionalismi e all’arretratezza, a una industriale che chiuse i contadini di un tempo, abituati ai
campi e agli spazi aperti, dentro le fabbriche per impiegarli sulla catena di montaggio.
In un ventennio, negli anni sessanta e settanta, il volto della città cambiò profondamente e si aprì un dibattito ancora oggi in corso. Quello cioè portato avanti
soprattutto dalle lotte operaie, dalle rivendicazioni sindacali e dalle illusioni di quanti
pensarono che proprio da qui, da Pomigliano d’Arco, potesse ricominciare la rinascita
economica del mezzogiorno che mettesse finalmente fine alla disoccupazione, più
radicata che mai nelle terre meridionali.
forse non ci fu la rinascita economica del sud, ma sicuramente l’economia, la
politica e la società pomiglianese risentirono fortemente degli influssi positivi di questa industrializzazione.
gli studenti hanno dovuto affrontare lo sforzo di consultare una notevole bibliografia per estrapolare notizie e concetti in ordine cronologico relativi a personaggi,
eventi e luoghi, in modo da poter delineare una più esaustiva panoramica storica di
Pomigliano.
Alcuni di essi sono riusciti con le loro ricerche a cogliere il rapporto tra importanti personaggi sia della storia passata, quali v. Imbriani e l’Abate felice Toscano, sia
di quella recente, quali il Capitano felice Terracciano, luigi de falco, mario de falco,
Alberto di nuccio, e lo sviluppo sociale, politico e culturale di Pomigliano.
la studentessa del liceo Imbriani, mariangela Toscano, nel suo elaborato ha
scritto: «I luoghi della memoria possono definirsi la carta d’identità di un paese sulla
quale sono stampati i ricordi, le emozioni, gli avvenimenti che nel tempo ne hanno
caratterizzato l’evoluzione della cultura e della società. …».
Più in generale, dal lavoro degli studenti è emersa non solo la scoperta o la riscoperta di luoghi simbolo della memoria storica, quali Palazzo dell’orologio, Piazza
mercato, il museo della memoria, le Palazzine, di quelli simbolo della tradizione, masserie e cortili, delle strutture di più recente creazione, quali il Centro Sportivo “Sandro
Pertini”, i giardini dell’infanzia, il Parco Pubblico “giovanni Paolo II”, ma anche la
capacità di guardare ad essi con occhi nuovi, consapevoli del loro valore per i pomiglianesi di ogni età.
Inoltre, negli elaborati sono stati ricordati conti, canti popolari e ninnenanne che
hanno lasciato un segno indelebile nella memoria del popolo, il quale rivede in tali rappresentazioni tutto ciò che si porta dentro e che vorrebbe esprimere.
mi ha sorpreso favorevolmente il fatto che sono state ricordate anche alcune figu-
Conclusione
65
re della nostra cultura folcloristica, ancora poco note alle nuove generazioni, quali
giovanni Sgammato, marcello Colasurdo e Salvatore Alfuso, conosciuto in arte con il
nome di "Sciascià". fu quest'ultimo il vero fondatore del gruppo musicale nacchere
rosse, con il quale ho avuto il piacere di suonare, quando, giovane studente del
Conservatorio di musica, partecipavo alle contestazioni studentesche e alle lotte operaie.
Sciascià, insieme ad alcuni compagni di fabbrica, studenti e disoccupati con i
quali condivise le sue idee, diede vita ad una serie di incontri politico-musicali durante i quali venne riconosciuto il suo talento. Con essi cominciò a cantare accompagnato
da nacchere e tammorre e con semplici parole che parlavano di lavoro e della voglia di
cambiare il mondo, compose canzoni capaci di coinvolgere chiunque le ascoltasse. da
quelle iniziative nasce nel dicembre 1975 sotto forma di "Collettivo giovanile" il gruppo che, dopo tante riunioni attorno al focolare con i bicchieri di vino sempre pieni, sceglie il nome di nacchere rosse. esso si impegnò nella ricerca di espressioni ed elaborazione di canti e musiche della cultura popolare contadina oltre che nella composizione di brani inediti poi pubblicati nel loro primo lP , Noi vi spar(l)iamo addosso,
inciso nel 1978 al folk Studio di roma.
Sciascià, scomparso all'età di 36 anni, con il suo spirito ricco di vita e d'iniziativa, ironizzò sui tanti problemi della vita quotidiana. Il compagno Sciascià, con il sogno
nel cassetto di voler creare una "Casa della cultura", che fosse luogo di incontri e dibattiti, fucina di idee e proposte innovative dei cittadini di Pomigliano. egli era uno dei
tanti operai che conosceva tutto di Pomigliano e dei pomiglianesi: di certo non amava
molto la fabbrica e quando poteva scappava fuori, tra la gente ad organizzare spettacoli
di musica popolare e tornei di calcio. Ci ha lasciato canzoni e filastrocche dalle quali
emerge un'accanita contestazione contro i padroni, che non riconoscevano i diritti degli
operai. Con l'aspra vitalità della sua voce combatteva le ingiustizie sociali e in tal modo
lasciò nel cuore dei pomiglianesi il ricordo di un giovane che lottava contro tutto e tutti
e che difficilmente si piegava a ciò che veniva imposto dall'alto.
una prima commemorazione in suo onore, si tenne nel mese di febbraio del
1992 al Teatro gloria di Pomigliano, durante la quale vennero presentati gli ultimi
lavori multimediali del nuovo gruppo musicale delle nacchere rosse, derivato da una
frangia estrema del gruppo storico dei zezi.
Il gruppo operaio 'e zezi, del quale Sciascià pure aveva fatto parte, ma che si
era allontanato per divergenza di ideologie, era nato qualche anno prima, fondato e
fortemente voluto da Angelo de falco, cugino di luigi de falco, a cui è intitolata la
presente borsa di Studio, e finalizzato a un'esigenza di ordine politico: combattere i
padroni. una delle figure storiche del gruppo è stata, e lo è ancora oggi, anche se esso
è costituito solo da una minoranza sparuta di superstiti, marcello Colasurdo, la vera
anima del gruppo, uomo semplice, cresciuto per le strade di Pomigliano d'Arco, di cui
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Conclusione
conosce tutto e un po' tutti.
la più recente commemorazione realizzata a Pomigliano risale al 30 maggio del
2004, svoltasi nel Parco Pubblico "Papa giovanni Paolo II". Per l'occasione furono
invitati molti di coloro che conobbero questo "popolare masaniello", al quale fecero
omaggio di un lavoro musicale a cura di enzo la gatta, dal titolo Tammorra a sonagliera, dove è possibile ascoltare la voce di Sciascià e quella del gruppo operaio 'e zezi.
All'affollatissima manifestazione parteciparono quasi 10.000 persone ed intervennero
le nuove nacchere rosse, marcello Colasurdo, nello daniele, enzo gragnaniello,
Tony Cercola, dario fo e importanti leader politici.
oggi, ai veterani del primo Collettivo si sono uniti nuovi musicisti, che hanno
elaborato una nuova chiave interpretativa dei brani. e' stato realizzato anche un interessante sito web (www.nacchererosse.it) dove è possibile attingere preziose informazioni relative alla storia, alla discografia e a recensioni dei lavori dello storico gruppo.
In veste di bibliotecario, quindi di educatore, sono confortato dal fatto che tanti
studenti hanno espresso considerazioni di grande finezza e profonde riflessioni relative alla storia della nostra città e alle doti umane e d’ingegno dei suoi rappresentanti
maggiori e minori. mi auguro che essi con il loro operato e il loro entusiasmo possano
coinvolgere un numero sempre maggiore di giovani nella scoperta delle nostre tradizioni culturali.
Il Concorso borsa di Studio “luigi de falco” può dunque assumere un ruolo
fondamentale attraverso i suoi partecipanti: quello di veicolare valori, ideali e cultura,
quali strumenti educativi per orientare i giovani nella nostra multiforme e magmatica
realtà, per guidarli verso una cittadinanza attiva, intesa come capacità di adoperarsi per
migliorare la nostra società.
FrontesPiZi
dei PrinCiPaLi testi ConsuLtati
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fInITo dI STAmPAre nel meSe dI oTTobre del 2006
PreSSo duvA & duvA – grAfICA e ComunICAzIone
vIA PeTrArCA, 7 – 80038 PomIglIAno d’ArCo (nA)
san roCCo
statua lignea settecentesca destinata alla chiesa di san rocco, che non venne mai finita nè consacrata.
l’edificio divenne, col tempo, l’attuale Palazzo dell’orologio, sede della Biblioteca comunale.
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