RAPPRESENTAZIONE TEATRALE DEI
DIALOGHI DEL RUZANTE A CRACOVIA
D
opo aver fatto le ricerche che hanno portato nuova luce sulla storia della Gallina Padovana e sulla
famiglia Dondi, mi rimanevano ancora alcuni desideri da
soddisfare. Primo fra tutti quello di individuare la data e
il luogo esatto di nascita di Bernardo Morando. Per me
sarebbe un grande onore poterlo comunicare alla città di
Padova e di Zamosc. Rinunciai per il momento all’impresa
in quanto i tempi per una ricerca accurata si prospettavano
alquanto lunghi, viste le difficoltà oggettive di indagine
negli archivi di stato.
L’amicizia con il professor Miroslaw Lenart si sviluppava sempre più con il passare del tempo nei vari incontri
avuti a Padova, quando gli prospettai alcune mie idee da
realizzare in terra polacca. Avendo assistito alla Festa delle
Matricole a Cracovia in uno dei miei viaggi primaverili,
il mio pensiero andò subito alla nostra Università padovana e ai legami con quella cracoviana. Improvvisamente mi
venne alla mente l’idea di portare in Polonia la “Polifonica Vitaliano Lenguazza”, la mitica orchestra degli studenti
padovani nata nel 1959, che proponeva un repertorio di
musiche e cori goliardici. Io ne ero stato per tanti anni
il fotografo ufficiale al seguito. Recentemente sono stato
onorato di essere stato nominato “ambasciatore” della Polifonica e di avere collaborato all’ultima edizione rievocativa dell’orchestra.
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CRACOVIA - Festa delle Matricole
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PADOVA - Festa delle Matricole ( la Polifonica Vitaliano Lenguazza )
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PADOVA - Incontro del Rettore dell’Università ( Giuseppe Zaccaria )
con il Console Polacco ( Ugo Zovatto )
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L’idea venne anche immediatamente condivisa dal
suo storico Maestro, Carlo Barotti. Per valutare il da farsi invitai il Console Onorario polacco Ugo Zovatto ad un
concerto dei “professori” al teatro Verdi di Padova. Organizzai pure un incontro con il neorettore, Giuseppe Zaccaria, dell’Università proponendogli di adoperarsi a far riconoscere dalle due Università le lauree in Lettere e Filosofia
e Scienze Politiche. A distanza di poco più di un anno da
quell’importante incontro in Rettorato, la mia idea del “gemellaggio” fra le due Università venne portata a compimento. Il mio pensiero si fermò anche su un altro quesito.
“Come si esprimevano, nel Cinquecento, Morando e gli
oltre mille operai veneti che stavano abbellendo le città polacche?”. La risposta fu immediata: “In pavano”. Mi
chiesi allora: perché non portare Ruzante a Cracovia? Nacque così la volontà di organizzare e realizzare l’evento.
Proposi al prof. Miroslaw Lenart di conoscere l’attore
e regista Gabriele Fanti e di studiare il da farsi. Il solito problema della ignoranza della lingua polacca però affiorava
sempre. Come far capire il pavano agli studenti polacchi
di Italianistica?. Dopo aver deciso di rappresentare i Due
Dialoghi del Ruzante: Parlamento e Bilora, da un lato il
professor Lenart si adoperò a tradurre le battute dei libretti
in polacco e Gabriele Fanti ad istruire un gruppo di attori
di “Belteatro” per la rappresentazione. Io dovevo mantenere i contatti con le istituzioni, in particolare con l’ufficio
della Provincia di Padova preposto alla divulgazione delle
tradizioni venete, allora retto da Flavio Manzolini.
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Con un piccolo contributo della istituzione, unito ai
risparmi di Gabriele Fanti e miei, organizzammo la trasferta con gli attori e maestranze di Belteatro di Padova per la
data del 3 e 4 aprile 2009, vigilia della Festività delle Palme. Partenza e ritorno da Bergamo con il professor Lenart
in attesa a Cracovia. Prima della recita, Bruno Lovadina e
Gabriele Fanti hanno sviluppato i temi ruzantiani in un’aula dell’Università di Cracovia di fronte agli studenti di Italianistica. All’indomani la recita nel più capiente teatro
della Scuola di Stato della Polonia. Il pubblico era costituito da cittadini italiani residenti in città e da studenti delle
università di Cracovia, Glivice e Opole, amanti del teatro
italiano. Tutti hanno assistito ai due atti unici leggendo su
un display, posto sopra il sipario, la traduzione in polacco. Il mimo e la gestualità degli attori hanno completato il
tutto. A detta di tutti, spettatori e critica giornalistica, l’iniziativa e la rappresentazione ha riscosso grande successo. Ammirazione, complimenti ed applausi completarono
il tutto. Anche a Padova giunse l’eco del grande successo
avuto in terra polacca. La compagnia teatrale fu ricevuta
in Provincia per i ringraziamenti personali dall’assessore
Flavio Manzolini con la promessa, poi mantenuta, di rappresentare lo stesso repertorio alla Loggia Cornaro di via
Cesarotti al Santo.
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PADOVA - Odeo e Loggia Cornaro
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ANGELO BEOLCO, detto il RUZANTE
Angelo Beolco, in nome d’arte detto Il Ruzante, riconosciuto come il più grande drammaturgo italiano del
1500, nacque alla fine del XV secolo in un paese di campagna (Pernumia) vicino a Padova, in cui visse i primi anni
dell’infanzia, imparando il linguaggio dei contadini dell’epoca e osservandone le caratteristiche che informarono,
più tardi, i personaggi delle sue commedie, stretti dalle
necessità di sentimenti primari: la fame, la disperazione,
la vita nella procreazione famigliare e infine la paura delle
carestie e delle guerre, allora come ora, tanto frequenti.
L’opera di Angelo Beolco costituisce una delle più
compiute manifestazioni del rinascimento teatrale, non
soltanto veneto, ma italiano. Fu autore colto e raffinato,
amico di potenti, protetto da principi e nobili, frequentatore di salotti letterari ed artistici, anche se amante della
realtà genuina e talvolta greve del mondo contadino.
E perché vi recitasse, Alvise Cornaro, suo mecenate,
fece costruire su progetto del Falconetto, a Padova, la Loggia e l’Odeo, che sono uno dei luoghi scenici più originali
del ‘500. Il Beolco morì a Padova il 17 marzo 1542 consegnando la sua opera alla perennità dell’arte.
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LA COMPAGNIA D’ARTE IL RUZANTE
( breve storia )
Dopo la splendida stagione del teatro dell’Università
di Padova, nei primi anni ’50 del ‘900, prima che si spegnesse l’eco suscitato dall’interesse intorno al teatro del
Ruzante che era stato riproposto al pubblico dal prof. Gianfranco De Bosio, il padovano Gigi Giaretta volle dar vita
ad un gruppo di attori per portare sulle scene tutto il repertorio teatrale del grande commediografo cinquecentesco.
Nacque così nel 1959 la “Compagnia d’arte il Ruzante”
che presentò le opere di Angelo Beolco nei vari teatri italiani e veneti in particolare, riscuotendo ovunque successo
di pubblico e critica. Poco prima di poter mettere in scena
“L’Anconitana” nel 1975 il Giaretta morì lasciando l’onere
di proseguire l’attività a Gabriele Fanti il quale trasformò
la primitiva compagine in una associazione per lo studio
del teatro pavano in generale e ruzantiano in particolare,
affiancandola alla compagnia attoriale recitante che ebbe
il nome di “Compagnia teatrale del centro studi ruzantiani
di Padova”. L’associazione collaborava strettamente con
la cattedra di storia del teatro dell’Università di Padova,
retta dal prof. Giovanni Calendoli, e con la scuola regionale di teatro di Padova tenendo stabilmente seminari e
corsi di lingua pavana. Nello scorso 2008 detta compagnia
confluiva nel gruppo “Belteatro” di Padova affiancandolo
nella sua varia attività teatrale con la sezione specialistica
pavana.
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CRACOVIA - Gabriele Fanti - Bruno Lovadina - Franco Holzer
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CRACOVIA - La Compagnia di Belteatro
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CRACOVIA - Opuscolo dello spettacolo
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PRIMO DIALOGO PARLAMENTO DE RUZANTE CHE JERA VEGNU’
DE CAMPO
1 Ruzante, contadino padovano arruolatosi nell’esercito
veneziano, fugge dal campo di battaglia abbandonando il
suo reparto, per recarsi a Venezia dato che ha saputo che la
moglie Gnua vi è venuta a stare. Non sentirà più tamburi di
guerra, nè schioppettate, nè frecce sibilare. potrà mangiare
e dormire finalmente al sicuro e con sua moglie e senza
più paure. Lo assale il dubbio di essere stato ammazzato
in campo e quindi di essere uno spirito, ma svanisce non
appena mangia un tozzo di pane. E’ ben vivo. 2 Incontra suo compare Menato che nel momento della
chiamata alle armi si era imboscato a Venezia. Questi non
lo riconosce tanto è patito e cencioso. Ruzante si mostra
uomo vissuto, perchè troppe cose ha visto in guerra. Ma
il compare non gli crede. Lo conosce troppo bene e sa
perfettamente che non è mai stato un valoroso.
3 Alla domanda se ha mai partecipato a qualche battaglia,
CRACOVIA - Manifesto dello spettacolo
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Ruzante risponde affermativamente, ma visto che tutti
scappavano s’è messo a correre forte anche lui augurandosi
di avere le ali, gettando via addirittura le sue armi per potersi
confondere con i nemici. Compare Menato lo stuzzica per
fargli confessare la sua vigliaccheria, ma Ruzante insiste
nel dire che gli uomini più valorosi sono quelli che sanno
difendere la propria vita, anche scappando.
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4 Menato vuole sapere di quelle terre dove si combatte
(Cremona) e che gente vi abiti. Ruzante risponde di aver
visto uomini assolutamente uguali a lui e che fanno le stesse
cose. Ma, spazientito da tutte le domande di Menato, sbotta
chiedendo quello che gli preme e cioè dov’è sua moglie.
Menato gli racconta che adesso la sua donna s’è messa
insieme a gente poco raccomandabile: ladri, sfruttatori e
assassini, quindi non lo vorrà più vedere. Adesso fa la vita
da gran signora. Ruzante non gli crede e poi lui ha paura.
E’ stato in guerra.
5 Appare la Gnua. E’ sorpresa di vedere suo marito ancora
vivo, ridotto poi in condizione miserabile, lo rimprovera
di non aver guadagnato niente e vuole andar via subito.
Ruzante la implora di rimanere, ma lei non può più
sopportare l’idea di rimettersi con un uomo che non potrà
mai mantenerla negli agi e nel lusso cui ormai è abituata.
6 Ruzante prova a giocare la carta dell’amore. Le dice che
morirà se lei lo abbandona, ma il cuore della donna è di
ghiaccio: se lui non ha soldi per farla vivere bene può pure
morire. Ruzante dice di non avere colpe, è stata la sfortuna
che gli ha impedito di saccheggiare e portare a casa un
bel bottino di guerra. Lei sempre più impassibile gli dice che avrebbe preferito fosse ritornato storpio o mutilato con
i soldi piuttosto di vederlo integro ma povero. Compare
Menato dà ragione alla Gnua. Ruzante è solo con la sua
miseria.
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7 Si presenta il “Bravo” protettore della Gnua. Lei gli
ordina di andare ad ammazzare i pidocchi del marito,
di dargli, ciòè, una bella scarica di bastonate. Menato si
nasconde.
8 Convinto che Ruzante sia morto, Menato fa per andarsene
quando una flebile voce chiede se sono andati via tutte le
centinaia di persone che lo bastonavano. Menato cerca
di convincerlo che era uno solo a picchiarlo, ma Ruzante
insiste nel dire che erano più di cento. Menato ribatte
ancora che era uno e uno solo, anzi si meraviglia perchè
non si difendeva. Ruzante risponde che fingeva di essere
morto come faceva in guerra. Ottima strategia quando sono
in tanti a picchiare.
9 Menato esasperato afferma per l’ennesima volta che era
solo un uomo. Allora Ruzante, che deve ammetterlo, pensa
di essere stato vittima di un incantesimo fatto dalla moglie
stessa che già in passato aveva dato prova di essere una
strega. Allora adesso dovrà farla bruciare sul rogo. Menato
lo guarda stupito.
10 Umiliato, vilipeso, cornuto e bastonato, Ruzante si
rifugia in un sogno vendicativo di rivalsa e l’immagine
che gli si forma nella mente di una feroce punizione nei
confronti della moglie e del suo amante gli procura una
irrefrenabile smania di ridere, ai limiti della follia. Menato
lo guarda impaurito e stupefatto. 202
Ruzante ( Valerio Mazzucato ) e Menato ( Marco Luise )
in una scena del “ Parlamento “
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Un Bravaccio ( Franco Holzer ) e Ruzante ( Valerio Mazzucato )
in una scena del “ Parlamento “
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SECONDO DIALOGO
BILORA
1 Bilora si reca a Venezia per riportare a casa sua moglie
Dina, rapita dal ricco ma vecchio Andronico, mercante
veneziano.
2 A Venezia incontra Pitaro, con cui si confida e a cui
chiede aiuto. Questi prima gli dà dei consigli, poi gli
promette di intervenire lui presso il vecchio. Quindi se ne
va.
3 Bilora bussa alla casa di Andronico. Esce Dina, sua
moglie, che teme di essere picchiata. Bilora la rassicura e
le dice che la rivuole a casa. Dina si lamenta del vecchio
e gli promette che con o contro la volontà di Andronico
lo seguirà a casa. Ma che parli prima con Andronico,
che deve arrivare più tardi. Bilora dice che ha fame. La
moglie gli dà alcune monete. Egli va all’osteria in fondo
alla strada.
4 Andronico arriva a casa tutto contento. Ricorda che
gli amici gli dicevano che chi non pensa alle donne
da giovane lo farà da vecchio. E così è stato. Egli si
sente ringiovanito soltanto a vedere la giovane moglie
di Bilora. A baciarla, anche se la carne non è sempre
all’altezza dei desideri. Entra in casa.
6 Andronico scende e sta sulla porta di casa. Pitaro gli
chiede di lasciare andare la moglie di Bilora. Dina non è
pentola per il suo mestolo. Andronico si irrita e risponde
con sarcasmo. Allora Pitaro suggerisce di sentire la
ragazza. Andronico accetta: Dina senz’altro non vorrà
seguire il marito.
7 Dina scende e, interrogata, dice che non vuol
assolutamente tornare con Bilora: si pente di averlo
conosciuto. E’ uno sfaticato e la riempie di botte.
8 Bilora litiga con Pitaro che non è riuscito a recuperare
la moglie. Pitaro se ne va irritato di aver fatto fatica per
niente.
9 Bilora rimane solo. Medita di vendicarsi. Lo vuole
uccidere, così si impossesserà dei vestiti e correrà via di
corsa. Estrae un coltello arrugginito e mima l’attacco al
vecchio.
10 Poco dopo Andronico esce di casa. E’ irritato per
gli schiamazzi che aveva sentito. Si avvia per la calle,
ma è assalito e colpito da Bilora. Chiama aiuto, ma
inutilmente. Muore subito. Bilora lo vede disteso a terra
ed è soddisfatto.
5 Giungono subito Bilora e Pitaro. Pitaro bussa, mentre
Bilora si mette da parte.
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“ Bilora “ ( Marco Luise )
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Gnua ( Laura Cavinato )
Dina ( Anna Tringali )
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CRACOVIA - La Compagnia di Belteatro
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CRACOVIA - Buffet dopo lo spettacolo ( al centro la Dottoressa
Clara Celati dell’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia )
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Articolo del Gazzettino di Padova del 29 Marzo 2009
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rappresentazione teatrale dei dialoghi del ruzante a cracovia