Ricorrenza dei 700 anni della Fondazione di Cittaducale DALLA MEMORIA ALLA VALORIZZAZIONE DELLA CITTA’ ANGIOINA Il 15 settembre 1308 Carlo II d’Angiò con Regio Decreto ha dato il suo assenso per la costruzione della nuova Comunanza sul Colle di Radicara e che prenderà il nome di CIVITA DUCALE. Nel suddetto Decreto si accennano alle cause che hanno consigliato il Re ad accogliere la richiesta dei castelli della Valle del Velino (Forcapretola, Rocca di Fondi, Pendenza, Poggio Giraldo, Petescia, S. Rufina, Lugnano, Valviano, Arpagnano, Cantalice ed altre ville) e a concedere loro la facoltà di confederarsi in un’unica terra e a fondare una nuova città, che salvaguardasse la loro indipendenza ed il diritto ai loro possessi. Il Rescritto di Carlo II , che dà il nulla osta per la costruzione della nuova città, che porterà il nome di Cittaducale (in onore del suo primogenito Roberto, Duca di Calabria), è redatto a Napoli dal milite Bartolomeo da Capua, cancelliere e pronotario del Regno di Sicilia. I reatini, come seppero che ai loro confini stava per essere edificata una nuova città, insorsero, “dando segni militari d’impedire e disfare questa fabbrica”. Inoltre, gli abitanti di Forcapretola, Roccadifondi, Pendenza, Paterno ed altri luoghi della vallata, considerando scomodo il luogo prescelto, per la distanza, per le spese ed i disagi da affrontare, contribuirono a trasferire dal Colle di Radicara al Colle di Cerreto Piano la terra, dove far sorgere la nuova città. Espletati tutti i preliminari, determinata la denominazione della nuova città, scelto il luogo dove doveva sorgere, si dava inizio finalmente alla costruzione di Città Ducale in Cerreto Piano. Era l’anno 1309. Il Duca Roberto volle di propria mano designare la nuova città nel Colle di Cerreto Piano, e, a perpetua dimostrazione di quest’atto generoso, Città Ducale per stemma e suggello tiene nella sua arma il Duca a cavallo, con lo scettro in mano rivolto con la punta al castello, che fa segno di designare la Città. Nella ricorrenza dei 700 anni della Fondazione di Cittaducale sarebbe auspicabile una riflessione, per rievocare gli avvenimenti storici, che hanno favorito la costruzione di questa nuova città. Ma sarebbe più opportuno prevedere gli sviluppi per la crescita e l’ampliamento di questa terra, perché gli abitanti di oggi contribuiscano a ridare vigore e fulgore ad una città che ha molteplici potenzialità, ma –forse- sta precipitando nell’anonimato a causa dell’incuria e dell’amorfismo dei suoi figli. 2 CITTADUCALE DUX MIHI ROBERTUS DAT NOMEN SCHEMAQUE REGI QUAE MEA CASTRA REGO FIDA ET UBIQUE DUCI “Il Duca Roberto dà nome e forma a me che resto sempre fedele al Re ed al Duca”. Cittaducale – Settecento anni di storia) INTRODUZIONE Solitamente, siamo abituati a dare risalto, a mettere in evidenza, a celebrare alcune ricorrenze della nostra vita. In particolare, viene dedicato un qualche rilievo al “compleanno”, cercando di festeggiarlo insieme a parenti ed amici. Cittaducale si appresta a celebrare la ricorrenza dei settecento anni della Fondazione. Questa singolare ricorrenza, al di là delle manifestazioni celebrative, merita un’analisi, un approfondimento, una debita considerazione. L’importanza di un nascita non deriva soltanto dal fatto che una creatura è venuta al mondo, ma bisogna anche considerare come sia venuta alla luce, con quali condizioni, valutandone tutti gli aspetti, determinandone il DNA. Soltanto lo studio attento, perspicace, profondo e globale di una nascita permette di stabilire il processo dello sviluppo, della crescita e del futuro di un individuo. Quanto premesso vale sia per una persona, sia per una città. Meravigliarsi dopo settecento anni, perché si verifichino determinati incomprensibili, stravaganti, eccessivi, strabilianti comportamenti degli abitanti, dimostra una superficiale, approssimativa analisi dei fenomeni, che - evidentemente - esulano da fattori presenti già al momento della nascita della città. Le radici sono importanti per stabilire la durata di una pianta. Lo studio del DNA di Cittaducale, al momento della sua nascita, consente di comprendere i “tanti perché” del momento storico che la popolazione sta oggi vivendo. La presente pubblicazione rappresenta un modesto contributo offerto a quanti amano la Città angioina e desiderano proporsi come costruttori ed operatori di una rinascita di una terra gloriosa, che - nel tempo - ha visto inquinare e corrodere le proprie “radici”. La ricorrenza del settecentesimo anniversario della Fondazione può rappresentare, quindi, per Cittaducale un importante, utile e prezioso momento di riflessione, per ricavarne indicazioni proficue per il futuro di questa Città. Le divisioni, i contrasti, le contese, il parlar male gli uni degli altri, il lanciare strali velenosi, l’eccessivo personalismo sono soltanto alcuni fenomeni negativi, che hanno determinato lo sfaldamento della popolazione. Per ritrovare la forza dell’unione, dell’armonia, della concordia, della solidarietà, della carità è necessario dapprima esaminare le cause dei mali che hanno provocato il disfacimento e, successivamente, tentare di progettare un percorso che permetta agli abitanti di risanare il tessuto sociale, che favorisca la guarigione, lo sviluppo e la crescita di questa gloriosa, illustre ed amata terra civitese. Dedico questa pubblicazione agli abitanti di questa città, perché INSIEME possiamo intraprendere il cammino della fraternità e della comunione, tutti concordemente impegnati nel ricercare il “bene comune”. Sac. Ferdinando Tiburzi 3 SCRIVERE la STORIA, partendo dalle RADICI Studiare, approfondire, conoscere sono le tappe di un percorso obbligato per comprendere una determinata realtà. Tentare di risalire alle origini della storia di Cittaducale, vuol dire ricercare le “radici”, che hanno determinato la “nascita” di questa Città. Ebbene, tra il 15 settembre 1308, data del Regio Decreto di Carlo II d’Angiò, che autorizzava la fondazione della “Nuova Terra”, che riceverà il nome di CIVITAS DUCALIS, ed il successivo 1309, data ufficiale della costruzione della “Nuova Città” in località Cerreto Piano, succedono in loco tre fatti importanti: 1. L’opposizione dei Reatini, che minacciosi erano comparsi sul Colle di Arpagnano per impedire e disfare la nuova fabbrica. I Reatini, infatti, come seppero che ai loro confini “si attendeva a dar principio alla fabbrica (della nuova città), comparvero una mattina per tempo tutti armati sul Colle di Arpagnano, ove piantarono un paio di forche in vilipendio di questa nuova comunanza”. 2. La ripugnanza degli abitanti di Forcapretola, Roccadifondi, Pendenza, Paterno ed altri luoghi della Vallata del Velino, che sostenevano “non essere loro comodo il luogo prescelto (Colle Radicara)”. Il disagio manifestato dagli abitanti delle suddette Frazioni derivava dalla distanza, che richiedeva un costo eccessivo nel trasferimento dei loro beni, e dal pericolo, che dovevano affrontare passando per Cerreto Piano, che era “selvareccio bosco e nido di ladri e briganti che alla scoperta rubavano” (cfr. Marchesi, compendio storico, pagg. 25-27). 3. La morte di Carlo II, avvenuta nel 1309 e la conseguente ascesa al trono di Napoli di Roberto suo figlio e Vicario del Regno. Come è possibile rilevare, l’inizio della fondazione di Cittaducale deriva da contrasti ben marcati che hanno impedito di costruire la Città in località Radicara, scegliendo il Colle Cerreto Piano, ed inoltre è bene considerare il contributo di diverse Frazioni, che concorsero ad edificare la Nuova Città, spesso peraltro in conflitto tra loro. Il nuovo sito di Cerreto Piano viene così descritto dal Marchesi (pagg. 27-28): “Vi era bontà di aere, per stare elevato e discosto da paludi e luoghi acquosi. Comodità di legname, per fare calce e servirsene per li cementi della fabbrica. Qualità di buone acque del fonte del Poggio e dell’altra condottavi dalla montagna di Poggio Giraldo. Luogo elevato che guarda le parti del cielo non calde, né fredde, ma temperate, fra levante e mezzogiorno, principal requisito a Città fatta da illustre architetto”. CITTADUCALE fu, dunque, designata da ROBERTO D’ANGIO’ sul Colle Cerreto Piano. Il Duca Roberto prese come pianta l’accampamento romano (il CASTRUM). Di forma quadrangolare era basato su due linee perpendicolari: - la più lunga (il CARDO), che si stendeva da est ad ovest; - la più breve (il DECUMANO), che segnava la linea nord-sud. L’incrocio delle due linee, che normalmente erano delle vere e proprie vie, formava il centro, la piazza. Le due strade perpendicolari, con al centro la piazza, dividevano l’abitato in quattro parti uguali ( i QUARTIERI) : 1. S. ANTIMO; 2. S. MARIA; 3. S. CROCE; 4. S. GIOVANNI BATTISTA. La Piazza, sita accanto ai Palazzi del Capitano e dei Priori, e - a sinistra - la Chiesa dell’intera Comunità, furono dedicate al Popolo, centri di riferimento comune per tutta la popolazione. 4 QUARTIERI e COLORI di CITTADUCALE CITTADUCALE era divisa in QUATTRO QUARTIERI : 1. S. MARIA : Zona parte bassa, a destra. La Chiesa di S. Maria, presumibilmente, si trovava dove c’era il frantoio di Olive dei BONAFACCIA (Piazza Marchesi). Rimane una nicchia, che racchiude una statuetta dell’ Immacolata. Comprendeva le Frazioni: Paterno; Castel Sant’Angelo; Canetra; Villa Fanula; Ponte; Mozza; Pagliara; Villanova; Viano; Villa Nommisei; Borghetto; Roccadifondi (cfr. Marchesi, pag. 32). (comprendeva la Chiesa del Monastero delle Benedettine). VERDE Colore : 2. S. GIOVANNI BATTISTA : Colore : : Zona superiore, a destra. La Chiesa di S. Giovanni era situata nella parte terminale di Via Cotilia angolo Piazza delle Rete. Nel quartiere c’erano anche altre due Chiese: Chiesa di S. Spirito, con annesso ospedale, che si trovava dove attualmente c’è il ritrovo degli Anziani (via Garibaldi) e la Chiesa di S. Francesco, annessa all’ex Convento dei Francescani Conventuali; dal 1981 inglobata alla Caserma della Forestale. Comprendeva le Frazioni: Torrecifreta; Cesoni; Poggio Giraldo; Cesarea; Arpagnano; Micciani; Pendenza; Cotilia. (comprendeva la Chiesa della Confraternita) AZZURRO Zona superiore, a sinistra. La chiesa di S. Croce era situata, dove poi è stata costruita la Chiesa di Santa Cecilia. L’attuale Chiesa, che oggi si trova nella Piazzetta di Cerreto Piano, è stata costruita su una precedente Chiesa a tre navate in stile gotico - romanico, risalente a prima del 1400 (il portale romanico attuale porta scolpita la data 1471). Comprendeva le Frazioni: Petescia; Lugnano; Cantalice; Ville di Categne; S. Liberato; Cerreto; Villanuova, Rocca Oristiana (cfr. Marchesi, pag. 32). Colore : 4. S. ANTIMO : Zona belvedere - parte inferiore, a sinistra. La Chiesa sorgeva sulla piazzetta prospiciente l’incrocio tra viaTrento e via Tommasi. C’è ancora un muro di cinta, che racchiude un orto. Comprendeva: Menzanola; Ponzano; Calcariola; Silvestretta; Cerquata; Grotti; S. Rufina, Valviano (cfr. Marchesi, pag. 31). ROSSO Colore : � CITTADUCALE Chiesa di S. Giovanni Battista Cittaducale - Chiese di S. Giovanni Battista e dei Raccomandati 6 LUCI ed OMBRE della FONDAZIONE di CITTADUCALE Diversi fattori hanno contribuito alla fondazione di CITTADUCALE. Anzitutto, è doveroso richiamare gli aspetti positivi : - la determinazione di Carlo II di dedicare una Nuova Terra al figlio Duca Roberto; - la richiesta dei Castelli della Valle del Velino di confederarsi in un’unica terra e fondare una nuova città, che salvaguardasse la loro indipendenza ed il diritto ai loro possessi. Non bisogna, peraltro, trascurare e tralasciare gli elementi negativi che scaturivano dalla conflittualità e dai contrasti esistenti tra alcune Frazioni. Inoltre, la suddivisione in Quartieri della Nuova Città ha accentuato il distacco tra le diverse popolazioni, che concorrevano a costruire questa nuova realtà. Era l’anno 1309. Dopo aver scelto il luogo (Colle Cerreto Piano), in virtù di pubblici istrumenti, fu proporzionalmente ripartito fra le CASTELLA e VILLE in quattro Quartieri, con patto che ognuna di esse fosse obbligata nel luogo assegnato a farci una Chiesa (cfr. Marchesi, pag. 29). Compiuta, dunque, la divisione del territorio cittadino e distribuita tra i vari castelli del contado, tutti “cominciarono a gara l’un l’altro a fabbricare sì le proprie case, ma anche le Chiese particolari (S. Croce; S. Giovanni Battista; S. Maria; S. Antimo), e vollero anche farne una comune a tutto il Popolo, sotto il titolo ed erezione di S. MARIA del POPOLO, antistante la Piazza dedicata anch’essa al Popolo”. La nascita di Cittaducale si caratterizza, quindi, dalla divisione, dai contrasti delle popolazioni che hanno concorso alla costruzione di ciascun quartiere. Per favorire l’unione, l’aggregazione, la socializzazione, l’assembramento, la Nuova Città aveva due elementi importanti in comune: 1. La PIAZZA; 2. La CHIESA. Ambedue queste realtà sono state intitolate al POPOLO, perché dovevano essere le Colonne portanti della nuova realtà cittadina. A livello civile-sociale, la Piazza da sempre rappresenta il luogo di incontro, di confronto, di comunicazione, di proposta, di rivendicazione, di partecipazione democratica. A livello religioso, la Chiesa costituisce il luogo di comunione, di fraternità, di carità, di condivisione, di unione con il soprannaturale. Purtroppo, venendo a mancare questi elementi portanti di una “comunità”, il popolo si disunisce, precipita nel disfacimento totale, perde la forza vitale, demolisce le fondamenta del suo stesso corpo. Per recuperare l’identità di “popolo”, è necessario ripristinare queste due componenti, che da sempre nella storia hanno assicurato successo: la Piazza e la Chiesa. Bisogna ridare alla Piazza la funzione di favorire la partecipazione e l’incontro. E’ fondamentale partecipare alla vita religiosa comunitaria nell’unica Casa-Chiesa, dedicata a S. Maria del Popolo, Colei che - nei secoli - ha sempre esercitato il Suo ruolo di Madre Unica di tutti gli abitanti. La pretesa di alcune persone di disertare la propria Chiesa, per frequentare altri “altari ed altre mense”, dimostra uno spirito alquanto labile di ecclesialità e di “comunione con l’Unico Corpo di Cristo”. Certamente, queste persone non hanno alcun senso di appartenenza alla “famiglia civitese”, nessun amore per la propria “terra”. La rinascita di Cittaducale deve partire dalla ripresa della vita sia a livello di Piazza, sia a livello di partecipazione alle Celebrazioni della Chiesa comune, entrambi dedicate al Popolo, che è chiamato –OGGI- a ritrovare la forza dell’UNITA’, della concordia, dell’armonia, del rispetto reciproco, della tolleranza, della CARITA’. 7 I QUARTIERI E LE CHIESE Il Marchesi, parlando della fondazione della nuova città, precisa che ogni Quartiere doveva costruire una Chiesa Parrocchiale. Tra le tante stranezze, che hanno caratterizzato la storia di Cittaducale, non esiste attualmente alcuna di queste Chiese (Ricordiamole: S. Croce; S. Giovanni Battista; S. Antimo; S. Maria). 1. Chiesa di S. CROCE – Probabilmente, il sito di questa Chiesa va ricercato dove, attualmente, si trova la Chiesa di S. Cecilia. Dietro l’attuale altare maggiore si trova un affresco quattrocentesco sulla parete absidale, che raffigura una interessante Crocifissione. Tenendo presente che la Chiesa di S. Cecilia è del settecento, costruita dopo il rovinoso terremoto del 1703, la Chiesa di S. Croce, presumibilmente, risale al quattrocento. Il portale romanico porta scolpita una data:1471, e doveva appartenere alla Chiesa di S. Croce, a tre navate in stile gotico-romanico, mentre la chiesa di S. Cecilia è a navata unica. 2. Chiesa di S. GIOVANNI BATTISTA - La Chiesa Parrocchiale di S. GIOVANNI BATTISTA aveva la facciata principale prospiciente sulla parte terminale di via Cotilia. La Chiesa scomparve, definitivamente, dalla topografia di Cittaducale intorno agli anni ’20 del secolo XX°. L’interno era a tre navate: - La navata centrale era unita alle due laterali attraverso arcate a tutto sesto poggianti su pilastri e colonne alternati. - Nell’abside poligonale si aprivano due bifore ad arco trilobato. L’arco trionfale era a sesto acuto a pietra viva come le nervature della copertura absidale; caratteristiche queste dello stile gotico, armoniosamente congiunto con il romanico delle arcate delle navate. - Anche il portale che ornava la facciata, in pietra viva e squadrata, era di stile romanico con strombatura a colonnine e pilastri. Dal 1867 la Chiesa di S. Giovanni fu abbandonata ed incominciò ad andare in rovina. 3. Chiesa di S. MARIA – La Chiesa di S. Maria (diversa da quella di S. Maria del Popolo) si affacciava sull’attuale Piazza Marchesi, dove sorgeva anche la Chiesa del Monastero delle Benedettine di S. Caterina d’Alessandria. Dell’antica Chiesa di questo Quartiere non rimane al presente che una piccola nicchia ricavata nel muro del frantoio delle olive, appartenente alla famiglia dei Bonafaccia. Questa Chiesa di S. Maria, forse, è stata chiusa poco prima del 1860. 4. Chiesa di S. ANTIMO – Esiste una testimonianza del Marchesi: “Ritrovandosi sotto la Diocesi del Vescovado di Rieti tutte queste Castella e Ville, era loro Vicario Foraneo l’Arciprete di S. Antimo di Valviano, come Chiesa più ricca delle altre e più vicina alla città di Rieti. La Chiesa di S. Antimo, titolare del Quartiere omonimo, fu la prima Cattedrale di Cittaducale, perché meglio fornita di Clero e di suppellettili, anche se non più ampia delle altre, in attesa di poter spostare la Cattedra Episcopale in S. Maria Del Popolo nel secolo XVI. Sull’altare maggiore settecentesco della Chiesa Cattedrale di S. Maria Del Popolo, sul lato sinistro “in cornu Evangelii”, del rialzo dell’altare, sullo scudo dello stemma episcopale, il S. Antimo è raffigurato con mitra (copricapo del Vescovo) e pastorale ed una macina al collo (segno del martirio). Il Santo, nativo di Nicomedia in Bitinia, sembra abbia subìto il martirio al ventiduesimo miglio della Salaria, nel quarto secolo d.C. Le quattro Chiese titolari dei quattro Quartieri di Cittaducale, purtroppo, sono state distrutte e sembra sia un “segno nefasto”, che accompagna la storia della Città, dove molte realtà sono scomparse, certamente per volontà di qualche (ir)responsabile abitante della città angioina. 8 La Chiesa di S. FRANCESCO, simbolo della gloria e della distruzione La famiglia Angioina ha dato gloria e fulgore a Cittaducale. Bisogna, tuttavia, rilevare l’inaffidabilità degli abitanti, che purtroppo hanno demolito, deturpato, cancellato le vestigia gloriose, perdendo il titolo di “regale” per manifeste incapacità dei suoi uomini, che –nell’arco dei secolisono stati demandati a custodire e conservare un patrimonio grandioso ed illustre. La Chiesa di S. FRANCESCO interpreta fedelmente la parabola discendente di Cittaducale. Duca Roberto d’Angiò aveva ereditato il trono di Napoli, a seguito della rinuncia del fratello maggiore Ludovico, nato nel 1274. Ludovico aveva rinunciato a tutti i diritti al trono in favore del fratello Roberto e decise di seguire il fascino della spiritualità francescana. Nella notte tra il 19 e 20 agosto 1297, a seguito della tubercolosi, in preda a continue emottisi, moriva piamente, a ventitre anni. Nel 1318, presenti sua madre ed il fratello Roberto, veniva proclamato Santo. Roberto d’Angiò, volendo onorare il fratello francescano Ludovico, nel 1346 chiamò a Cittaducale i FRANCESCANI Conventuali, i quali costruirono il Convento e la Chiesa di S. Francesco. Il grande rispetto e la devozione verso S. Ludovico aveva consentito di realizzare una meravigliosa artistica Chiesa, tra i primi documenti francescani esistenti nel territorio sabino. Come spesso accade a Cittaducale una mano distruttrice è riuscita a togliere qualsiasi impronta preziosa, senza che alcuno abbia tentato di reagire, mentre –stranamente- in questa città angioina gli abitanti facilmente si alterano e si ribellano per questioni futili. Nel 1981 la Chiesa di S. Francesco è stata demolita e trasformata in modernissimo refettorio dei Forestali. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI ! I civitesi, nell’arco della storia, sono stati capaci di sperperare un patrimonio ingente e favoloso, riducendo una gloriosa città a semplice “borgata”. Gli abitanti della città angioina con le parole sono capaci di alzare il polverone, nei fatti però sono inetti e feriti nell’orgoglio, rovinosamente piegati a leccarsi le “ferite”. 9 TERAPIA Il percorso storico di Cittaducale ha evidenziato “luci ed ombre”, che avrebbero potuto far registrare migliore sviluppo e qualche risultato brillante in più di quanti sono stati conseguiti. La nascita di questa città ha avuto “doglie difficili” ed un parto straziante, con evidenti tentativi di amalgamare tante “forze” tra loro inconciliabili e contrastanti. Anche l’iter storico ha fatto prevalere la tendenza a distruggere parte del patrimonio, per cui molte Chiese sono scomparse e la Piazza principale ha perduto la sua caratteristica di aggregazione del popolo, venendo a mancare i supporti per incontrarsi, magari comodamente seduti sotto l’ombra delle piante. Un male oscuro ha intaccato l’organismo cittadino e si sta profilando, addirittura, il collasso. E’ necessario, anzi urgente, procedere ad avviare una “terapia intensiva”, per evitare la morte, la totale rovina. Bisogna anzitutto recuperare la funzionalità delle due “basi” portanti, rappresentate dalla Piazza e dalla Chiesa, dedicate al Popolo tutto di Cittaducale. E’ fondamentale che si ritorni a frequentare la Piazza, per incontrare le persone, per stabilire contatti e confronti. Inoltre, diventa indispensabile partecipare alle Celebrazioni nella Chiesa Cattedrale di S. Maria del Popolo, perché sia possibile recuperare la vera fisionomia di “comunità”. Questa “terapia intensiva” prevede l’eliminazione preconcetta e prevenuta, che ogni persona possiede dell’altro, per cui bisogna fare lo sforzo di cancellare dissapori, attriti, contrasti, e qualsiasi altra forma di contesa che purtroppo lacera l’animo dei contendenti. C’è la necessità di eliminare il “personalismo”, la pretesa di occupare il palcoscenico tutto per sé, l’orrendo cancro della facilità di esprimere un “giudizio” sull’altro, ricordando quanto ha detto Gesù: “Non giudicare per non essere giudicato”. Deve prevalere la virtù dell’umiltà. Oggi, la situazione è allarmante, preoccupante, per cui bisogna trovare lo spirito “del servizio”, dell’umiltà. Diventa indispensabile alimentare la tolleranza ed il rispetto dell’altro, qualsiasi altro. Bisogna avere il coraggio di sorridere al prossimo, di stringere la mano alle persone, di rivolgere il saluto 10 INTENSIVA anche al più antipatico dei nemici. Nelle vene dei civitesi circola “sangue nobile”, ma –forse- diventa irrimediabilmente urgente effettuare una trasfusione, per evitare che sopraggiunga la morte, causa un male terribile contratto nei secoli per la superbia di essere “privilegiati”, appartenenti a famiglia “regale”. Non c’è bisogno di osteggiare meriti e titoli, ma è fondamentale farsi manovali, operai, servitori, semplici artigiani, con la consapevolezza di contribuire al “bene comune”. Lasciamo da parte il “trono”, abbandoniamo il “palcoscenico”, dove esibire le nostre presunte doti e qualità, e scendiamo nella platea, rimboccandoci tutti le maniche, per cercare di risollevare le “sorti” di questa gloriosa ed illustre città, ridotta in uno stato precario e penoso. Purtroppo, questo momento difficile richiede il contributo di tutti i cittadini, senza che alcuno abbia la pretesa di essere su un gradino privilegiato. Nella stato di povertà in cui siamo sprofondati, dobbiamo lottare “uno per tutti e tutti per uno”, evitando che qualche “furbacchione” possa trarre giovamento dalla nostra rivalità e miseria. Lo spirito di “popolo ritrovato nell’unità” deve vedere tutti incamminati nella medesima direzione, che deve condurci a recuperare la forza e la gloria che Cittaducale merita. La consapevolezza del male che abbiamo contratto ci sospinga alla guarigione, che si ottiene soltanto con l’umiltà e nell’unità. ================ Foto “L’Arcobaleno” di Ranalli Claudio UNO PER TUTTI E TUTTI PER UNO La storia è la “maestra” della vita, per cui una persona saggia deve trarre tesoro dagli insegnamenti del “passato”, per evitare di incorrere in errori già commessi da altri. Ebbene, un errore che spesso ha provocato danni irreparabili è stato quello della presunzione, della superbia, della sopraffazione dell’uno sull’altro. In periodi di difficoltà, poi, si avverte ancora di più l’esigenza di affrontare il momento storico che si sta vivendo, facendo riferimento alla “massima popolare”: “l’unione fa la forza”. Foto “L’Arcobaleno” di Ranalli Claudio Cittaducale sta vivendo un periodo particolarmente nebuloso, oscuro, tenebroso. Il popolo si presenta “sparpagliato”, “diviso”, “frazionato”, disorientato, frastornato… Dopo sette secoli, in cui -tra alterne vicende- ha imposto la sua gloria e il suo onore, in questa fase si ritrova “stracciona”, costretta a coprirsi le “vergogna”. La “città del Duca” ha perso la sua dignità, la sua nobiltà, e si ritrova a leccarsi le ferite purulente di una malattia”cancerogena”, che merita una cura immediata ed efficace. Quante volte un casato nobile si è ritrovato nel fango, nella miseria! La prima cura che bisogna intraprendere è quella della consapevolezza del proprio male. Molti, purtroppo, preferiscono ignorare la malattia, ritenendo che sia meglio “non sapere per non soffrire”. Ciechi ! E’ urgente prendere consapevolezza del “male vero”, che ha prodotto effetti devastanti, che stanno minando, distruggendo questa città. E’ la SUPERBIA, è l’ORGOGLIO fasullo, che corrode e rende pericoloso questo momento. Bisogna ripartire dal baratro in cui siamo precipitati, utilizzando una grande virtù: l’ UMILTA’. “Se vuoi essere grande, vivi con umiltà”! Un altro gradino per risalire la china verso la luce è l’ UNITA’. Bisogna che il popolo civitese ritrovi la forza di coagularsi, di unirsi, di amalgamarsi. “Chi vuol essere il primo, si faccia l’ultimo; chi vuol essere il più grande, si faccia il servo di tutti”! La ricetta vera, unica ed efficace che bisogna utilizzare è soltanto questa. “UNO PER TUTTI E TUTTI PER UNO”! Questo deve diventare il progetto per consentire a Cittaducale di riprendersi il “posto” che merita. Lasciamo da parte le nostre opinioni, le nostre presunzioni, la nostra vanagloria. C’è bisogno di operai, di manovali, di contadini, di gente semplice, generosa, gagliarda. L’unico vero comune obiettivo è recuperare la gloria di questa Città. Dobbiamo INSIEME far tornare a splendere di fulgida luce questo Capoluogo, che soltanto un popolo unito può far riemergere dal “fondo più tenebroso”. Nessuno ti regala nulla; soltanto il lavoro umile, costante, generoso, intraprendente, solidale, fervente, disinteressato ed ardente dei figli di questa terra può conseguire –fra qualche tempo- dei risultati brillanti, che consentano a questa Città di RISORGERE. Qualcuno gode del precipizio in cui è sprofondata la nostra città. Spetta a noi CIVITESI ritrovare le energie, per consentire a CITTADUCALE di sentirsi ed essere una CITTA’ non solo dalla storia gloriosa del passato, ma dal fulgido presente e da un avvenire sempre più radioso. Solo con le nostre umili ed operose mani potremo far tornare a rendere splendida questa Unica, inconfondibile, meravigliosa, splendida, amata CITTADUCALE ! 11 Nandoe UNITI SI VINCE Ogni persona ha un proprio modo di essere e di esistere. Tutto ciò è legittimo ed anche meraviglioso, a dimostrazione che Dio-Creatore non ci ha fatti con il cliché, ma a ciascuno ha dato caratteristiche sue proprie, ben distinte. E’ dalla diversità e dalla varietà che si manifesta l’originalità di quell’Artista-Dio, che ci ha permesso di essere irripetibili. Tuttavia, l’Essere Superiore ha fatto in modo che ciascuno sia complementare all’altro, e, quindi, ci ha resi necessari gli uni agli altri, per cui diventa fondamentale cercare l’altro, avere bisogno dell’altro, mettersi in relazione con qualsiasi altro. Assoluto è soltanto Dio. Poi, per il cristiano, per colui che si considera discepolo di Gesù, esiste l’obbligo del rispetto del Comandamento Nuovo (Gv. 13,35), che richiede un Amore vero, profondo, convinto tra persone sullo stile del Divin Maestro (“Amatevi gli uni gli altri, come IO vi ho amato”- Gv. 13,34). Purtroppo, in ogni epoca si è manifestata la tendenza alla supremazia dell’uno sull’altro, per cui Caino ha cercato di eliminare Abele, un popolo ha tentato di soggiogare un altro popolo, una qualsiasi persona ha preteso di avere il sopravvento sul proprio simile. Ha prevalso, insomma, la legge del più prepotente: “HOMO HOMINI LUPUS”. Sebbene, molto cammino sia stato fatto sulla via della civiltà, ancora oggi permangono segnali allarmanti di brutalità! Nell’ambito religioso, in particolare, diventa quasi irrealizzabile il progetto di CRISTO, per cui ognuno pretende di costruirsi una Religione a proprio uso e consumo, minimamente rispettoso del messaggio evangelico, che viene ignorato e calpestato. Mentre Gesù predica l’Amore fraterno, addirittura anche del nemico, ognuno cerca di scavalcare o evitare l’altro, quando le opinioni non collimano. Ognuno si fa giudice dell’altro, mentre il Cristo ricorda con tono perentorio ed inequivocabile: “Non giudicate, per non essere giudicati” (Mt. 7, 1). Per evitare che ciascuno possa seguire una propria strada, ha istituito la CHIESA, Comunità di credenti, caratterizzata da uno spirito di fraternità (cfr. ATTI 2, 42). Queste premesse danno la dimensione della linea che un autentico cristiano deve seguire, coerentemente alla dottrina evangelica. Ogni forma di individualismo, pertanto, va contro il principio della “comunione”, che Cristo ha ribadito in maniera perentoria. A Cittaducale esiste un “tarlo” micidiale, quello del “personalismo”. Ognuno rivendica la priorità della propria persona. Intanto, il paese così diviso rischia di morire. E’ necessario, civilmente e –soprattutto- religiosamente, cercare l’UNIONE, anzi la COMUNIONE, perché da ogni singola persona possa derivare un “contributo” per il bene della collettività. L’egoismo, l’individualismo hanno sempre distrutto la società. Bisogna cercare, quindi, di eliminare l’Io per tentare la via del Noi. La S. Pasqua ci offre l’opportunità di morire al nostro egoismo ed aprirci allo spirito comunitario, per diventare “nuove creature”, persone che “risorgono” e si aprano ad una vita nuova. E’ questo l’auspicio migliore che dovremmo tutti realizzare, ciascuno per la propria parte. UNITI si vince! Abbattiamo le barriere della diffidenza, dell’indifferenza e della maldicenza ed intraprendiamo INSIEME la via dell’Amore vicendevole, perché “tutti riconoscano che siete miei Discepoli”, dice il Signore Gesù (Gv. 13, 35). CIVITESI, UNIAMOCI per il “bene comune”! 12 VINCOLI O SPARPAGLIATI “L’unione fa la forza”; “divide et impera”; “vincoli o sparpagliati”. Esistono molteplici detti popolari, assiomi, proverbi… , che racchiudono verità profonde e che consentono di comprendere la realtà della vita. Fa veramente piacere registrare il clima di unione, di fraternità che caratterizza diverse comunità piccole, capaci di realizzare iniziative importanti. L’orgoglio di appartenere ad una certa località, lo spirito di aggregazione derivante dall’essere nati in una determinata terra, dovrebbero invogliare le persone a donare concretamente il proprio contributo per la causa comune. A Cittaducale, purtroppo, qualcosa non permette di perseguire questa logica, ma si è disposti ad accogliere lo “straniero” (si fa per dire!), mentre si denigra, si condanna, si annienta il paesano, anche se è capace di dimostrare attaccamento concreto alla propria terra, in maniera disinteressata. Bisogna recuperare lo spirito di “patria”, di appartenenza alla “famiglia civitese”, per poter sperare di avviare un progetto di sviluppo e di crescita della nostra città. Ognuno, per quanto gli è possibile, deve adoperarsi per portare anche un piccolo “tassello”, o “sassolino” per la costruzione di un edificio, che consenta a “tutti” di sentirsi a “casa propria”. Esistono due realtà ben precise da salvaguardare: la casa religiosa, la Parrocchia; la casa civile, il Comune. Un civitese “doc” non può permettersi di disperdere il proprio sostegno, facilitando e sostenendo gli “estranei”, ma con orgoglio gioia e tenacia deve contribuire a far crescere il prodotto locale. In molti casi si lotta per una “bandiera”, per un “ideale”, per dei “colori”, ed è giusto apprezzare lo sforzo di quanti sostengono una “patria”, un’associazione, una squadra. La nostra patria, la nostra associazione, la nostra squadra, la nostra famiglia ha un nome nobile e glorioso: CITTADUCALE, di cui sentirci orgogliosi ! Nella misura in cui togliamo il nostro sostegno a questa città, a questa terra, per dedicarci a qualche altra località, noi veniamo meno ad un “dovere filiale”, che, purtroppo, lede e danneggia l’appartenenza alla comunità religiosa e civile a cui, anagraficamente, apparteniamo. Giustamente, ognuno esercita la propria autonomia e sostiene le proprie idee, ma è altrettanto vero che dobbiamo sentirci solidali nel cercare di mettere le nostre energie, le nostre risorse, le nostre potenzialità, le nostre qualità per il “bene comune”. Sentirsi membri di una famiglia comporta anche una responsabilità nel contribuire, in qualche maniera, al “bene” della casa. Lo stesso spirito dovrebbe avvertirsi nei confronti della Famiglia Parrocchiale o della Famiglia Civile. A Cittaducale, invece, si avverte una sensazione strana, per cui si gode nel farci il male a vicenda, gli uni con gli altri, gli uni contro gli altri. L’invidia, la perfidia, l’intolleranza, l’arroganza predominano fino al punto da distruggerci. Al contrario, “lo straniero” (espressione infelice, ma appropriata all’esempio da presentare) viene osannato, riverito, accolto con i guanti bianchi. Se non riusciamo a VOLERCI BENE, nonostante le differenze, le diversità, le contraddizioni, rischiamo di morire INSIEME. Caino ancora oggi tenta di uccidere il fratello Abele. Bisogna, invece, trovare la forza di superare gli individualismi, gli egoismi, i personalismi e lottare per l’obiettivo comune, che è rappresentato dalla ricerca di far crescere e sviluppare, spiritualmente e civilmente, la propria città, questa amata gloriosa terra. 13 CITTADUCALE Piazza del Popolo (anni ‘20) 14 HO FATTO UN SOGNO Comincia appena ad albeggiare. Si sente appena il gorgoglio della fontana della piazza. Il rumore di una macchina disturba la quiete del mattino. Sono sensazioni reali, che interrompono un sogno appena registrato nella mia mente confusa. Mi trovavo in un luogo meraviglioso. Davanti a me c’era la figura maestosa, luminosa e ieratica di una Persona, che poi si è rivelata essere Cristo Signore. Accanto a me una folla immensa! Ho cercato di individuare bene le fisionomie, i volti. Erano tutti civitesi, le stesse persone che quotidianamente vivono nella terra che amo. Ad un tratto ha preso la parola Gesù Cristo. “Ebbene, miei cari amici, siete tutti passati nell’eternità. Potreste vivere tutti felici, se lo vorrete. Accanto a voi ritrovate quelle persone, che, fino a qualche attimo fa’, erano insieme con voi sulla terra. Immagino che vogliate tutti entrare in Paradiso. Per poter realizzare questo desiderio dovete, però, accettare una condizione: vivere con queste persone che sono accanto a voi. Sulla terra alcuni di voi si sono vergognati di accettare coloro che sono qui presenti. Sebbene IO abbia invitato tutti voi ad “amarvi gli uni gli altri”, avete comunque trasgredito questo Mio Comandamento. C’è qualche persona che ha deciso di cambiare Chiesa, altare, Sacerdote, preferendo altre opportunità, e pensando di far cosa gradita al Signore. C’è chi ha sparlato degli altri (Giacomo 4,11), chi ha pronunciato calunnie (Marco 7,22; Giacomo 4,11-12), chi si è permesso di esprimere giudizi e cattiverie sugli altri. Ora, sapete bene, qui in Paradiso tutti devono vivere in COMUNIONE, esercitando la Carità fraterna. Chi si sente di sottoscrivere questo accordo, può entrare in Paradiso, altrimenti verrà precipitato nell’Inferno, dove ci sarà pianto e stridore di denti (Matteo 13,42; Luca 13,28). Questo vi avevo chiesto di compiere sulla terra: “amarvi gli uni gli altri”. Siccome Io Sono” misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Esodo 34, 6-7), vi concedo la possibilità di ravvedervi e di vivere in Paradiso tutti riuniti nell’Amore. Lascio, dunque, a voi la scelta”. Qui, improvvisamente, si è interrotto il sogno. Sono rimasto qualche attimo frastornato e confuso. Poi, ho riordinato le idee ed ho cominciato a riflettere. Ho compreso che il Signore è davvero buono e misericordioso e vuole la salvezza di tutti gli uomini. Chiede solo di rispettare il Comandamento Nuovo (Giovanni 13, 33-35). In fin dei conti ci chiede di vivere come un giorno saremo invitati a fare in Paradiso. Perché, allora, dobbiamo alimentare tanti contrasti, rancori, pregiudizi,…? Perché non riusciamo a volerci bene già, qui, sulla terra? E’ proprio vero quanto dice il Profeta Isaia (65, 25): “Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme… Non si faranno male, né si danneggeranno su tutto il mio santo monte, dice il Signore”. Sì, io nutro un forte desiderio, ho un “sogno”, che vorrei si traducesse in “realtà”. Spero, davvero, che un giorno –magari fosse oggi stesso- in cui tutti coloro che si dichiarano cristiani possano finalmente dimenticare le “cattiverie” ed incomincino a “volersi bene” profondamente, come se fossimo già in Paradiso. Vorrei vedere tutti i cristiani radunati nella maestosa Cattedrale di S. Maria del Popolo ed insieme pregare, cantare, lodare il Signore, come gli Angeli fanno in Cielo. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri” (Gv. 13, 35). Sarebbe la più bella testimonianza che potremmo rendere al Signore! Sarebbe la più bella preghiera che da questa terra potremmo - INSIEME - elevare al Cielo! Dio voglia che questo sogno diventi - presto - realtà. Lo auguro a me ed a voi, carissimi civitesi! 15 19 Agosto 2007 S. MAGNO, Origine della FESTA Chi ha fatto conoscere S. MAGNO ai Civitesi? Quasi certamente il culto verso il Santo fu introdotto verso il 1400. Mons. Nicola Maria CALCAGNINO, che fu il XIX Vescovo di Cittaducale dal 1750 al 1792, stabilì che Santu Mannu doveva identificarsi con SAN MAGNO di TRANI, Vescovo martirizzato in Ciociaria a Fabreteria Vetus (presso Ceccano), il cui corpo riposa nella Cripta della Cattedrale di ANAGNI. Ne fa fede l’Ufficiatura in onore di S. MAGNO, fatta stampare dal Vescovo per tutto il Clero della Diocesi. Chi effettivamente abbia portato a Cittaducale il nome ed il culto di S. Magno non possono essere stati altri che i “transumanti”, i quali si trovavano con i greggi in montagna, quando nella campagna laziale ed in Ciociaria il 19 agosto si celebrava la festa del Santo e anch’essi lo volevano onorare, scendendo dal Terminillo in città per la fiera e per le loro private devozioni. PETESCIA, sulla via del Terminillo, costituiva in passato per i transumanti una sorta obbligata prima di intraprendere la via Salaria che li avrebbe ricondotti nella campagna romana. Di questa sosta obbligata sotto Petescia rimangono ancora le tracce, che risalgono alla preistoria della nostra città e reperti di queste sono conservati al Museo Pigorini di Roma. Da Anagni a Cittaducale il tragitto è breve e c’era sempre qualcuno che - regolarmente - lo faceva (“i transumanti”, appunto). Il culto di San Magno ha origini legate all’ampliamento della città, fondata nel 1309 dal Re Carlo II D’Angiò, in onore del figlio Roberto, Duca di Calabria ed erede al trono del regno di Napoli. Al culto fu ben presto aggiunta l’omonima Fiera, che si svolgeva per otto giorni durante il mese di agosto già dai primi anni del 1500, quando essa fu voluta da Paolo Mancini, uno dei “primati” della città, che vi condusse ben 25 delle sue vacche. Diversa è l’interpretazione del Dott. Sebastiano Marchesi, che nel suo “Compendio Storico” di Cittaducale, dalle origini al 1592, dato in Rieti nel 1875, parla della festa che si celebra in questo giorno (19 agosto), perché “si sedarono le gare, ed accordarono le differenze, piuttosto per miracolosa provvidenza, che per giudizio umano. Onde per questo rispetto, ed ancora perché fu essa un’altra volta in tal giorno libera da grandissima oppressione di sacco, si elesse cotanto alto Avvocato e Protettore”. Non esiste, comunque, una versione che possa riunire le opinioni di tanti studiosi, che mantengono le proprie posizioni, sia sulle origini della Festa, che sul nome del Santo. A noi piace sposare l’ipotesi sopra esposta, convinti che l’origine della Festa coincida quasi con la costruzione della città nel 14° secolo. ================ 16 Tela altare della navata laterale sinistra CATTEDRALE DI S. MARIA del POPOLO (Enrico Di Sisto) 17 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE Per comprendere ed apprezzare il valore di una determinata realtà, bisogna rifarsi alle origini, alle radici, alle fondamenta. Soltanto verificando la solidità del punto di partenza, si può raggiungere un obiettivo valido e rassicurante. La prossima ricorrenza dei settecento anni di storia di Cittaducale permette non soltanto di rievocarne le vicende, ma, soprattutto, di considerarne l’immensa dimensione della sua cultura, della sua civiltà e della sua tradizione. Sicuramente, le origini nobili hanno permesso a Cittaducale di primeggiare per molto tempo, rifugiandosi sull’imponenza e l’importanza di un nome dall’illustre casato. Ci si è accorti, poi, che i discendenti sono vissuti sugli allori, dilapidando l’ingente patrimonio. Un male, che ancora oggi sta corrodendo gli abitanti di questa gloriosa, illustre città è il NARCISISMO, sia a livello civile, sia livello religioso. IO, IO, IO, … Si continua a guardarsi allo specchio, elogiandosi per le presunte belle doti, mentre si indossano abiti dimessi, autentici stracci. Non ci si rende conto che il titolo nobiliare non consente più di esprimere l’appartenenza al ceto elevato, che si acquisisce invece con l’azione alacre, costante, umile e fattiva. Per risorgere dalle polveri, dalle macerie in cui la città è precipitata è necessario progettare una nuova impostazione strategica, che parta dal coinvolgimento di tutta la popolazione. In una casa i membri dovrebbero essere tutti impegnati; altrettanto si dica di uno stabile, di un condominio, dove ogni famiglia deve sentirsi coinvolta. Si può prendere esempio anche dalle Circoscrizioni o dai Municipi delle grandi città. E’ necessaria la corresponsabilità e la collaborazione di tutti i cittadini. A questo proposito, mi permetto di suggerire un’indicazione, che potrebbe determinare la partecipazione del popolo nella costituzione di Tre Municipi: 1. Abitanti residenti nella parte inferiore di Cittaducale (sottopiazza); 2. Abitanti residenti nella parte superiore di Cittaducale (soprapiazza). 3. Abitanti residenti fuori delle mura, nella parte nuova (da fuori porta verso Caporio-Cesoni). Ogni Quartiere dovrebbe nominare un gruppo di Consiglieri ed un Sindaco. Le proposte, le iniziative, i suggerimenti dei Tre Municipi dovrebbero essere rapportati al Consiglio Comunale di Corso Mazzini n. 111, dove le Autorità preposte hanno la facoltà di decidere sulla base delle segnalazioni che sono pervenute dalla base. Questo collegamento diretto tra la base popolare e le Istituzioni consentirebbe di conoscere le esigenze reali della gente e di provvedere ai problemi che, effettivamente, angustiano i cittadini. Ogni Quartiere avrebbe l’opportunità di discutere democraticamente dei propri problemi e di segnalarli a chi ha il “governo” della città. Oggi, viene a mancare un coinvolgimento del popolo, mentre potrebbe esserci un Consiglio di Quartiere a segnalare le istanze e le necessità, che si ravvisano nell’ambito ristretto di una parte della città. Si eviterebbero le distanze esistenti tra i cittadini e le Autorità; nello stesso tempo i rappresentanti di Quartiere avrebbero l’opportunità di conoscere più direttamente i problemi della propria zona e segnalarli - democraticamente - a chi ne ha facoltà. In questa maniera, il coinvolgimento diretto della popolazione favorirebbe una presa di coscienza dei veri problemi e la capacità di rapportarli in forma ufficiale a chi, poi, sarà chiamato a legiferare, sicuro di rispondere alle attese dei cittadini. Democrazia, in fin dei conti, vuol significare appunto coinvolgimento del popolo e questo è l’intento che si propone il presente articolo, nella speranza che qualcosa possa migliorare, in virtù della partecipazione diretta dei cittadini. 18 CIVITESE DOC “ESSERE o SEMBRARE”, è stato sempre il dilemma che ha accompagnato l’essere umano, interessato a dimostrare il proprio “identikit”. Anche per quanto riguarda i prodotti, oggi c’è la preoccupazione di poter avere la certezza della “genuinità”, per cui si richiede l’attestato di garanzia. Voler valutare un CIVITESE DOC è possibile soltanto se si riesce a dimostrare l’attendibilità delle caratteristiche proprie dei due “termini” in oggetto. Non è sufficiente, quindi, abitare, risiedere nel territorio di Cittaducale. E’ necessario che risultino evidenti i requisiti che il “fondatore” Duca Roberto D’Angiò ha stabilito nel momento in cui ha deciso di costruire la nuova città. Partiamo anzitutto dal termine DOC, che vuol dire “denominazione di origine controllata”. Bisogna “controllare” adeguatamente persona per persona, valutandone le radici, l’origine da cui proviene. Ebbene, il Duca Roberto D’Angiò dopo aver progettato la planimetria della nuova città, suddividendola in quattro quartieri, ha ritenuto opportuno realizzare una PIAZZA ed una CHIESA in comune, dedicandole al POPOLO, perché costituissero l’emblema dell’UNITA’ della popolazione, formata da persone provenienti dai diversi paesi limitrofi. Ecco dunque stabiliti i DUE REQUISITI fondamentali: PIAZZA e CHIESA. La “Piazza” da sempre ha rappresentato il luogo dell’incontro, della partecipazione –a livello civile- di un popolo desideroso di esporre e rivendicare interventi legislativi per lo sviluppo e la crescita della città. La “Piazza” è, per antonomasia, il luogo in cui si manifesta la “democrazia” e, quindi, la partecipazione di un popolo alla amministrazione della città. La “Chiesa” è la “casa comune” dove le persone si ritrovano per acquisire i valori morali, e dove maggiormente si realizza la “comunione” delle persone sul fondamento della dottrina evangelica della Carità Cristiana, secondo il Comandamento Nuovo proposto da Gesù, il quale invita i Suoi Discepoli ad “amarsi gli uni gli altri”. Una persona che non riesce a rispettare nel proprio comportamento queste due “esigenze”, non ha diritto di essere definita “civitese doc”. Bisogna sentirsi impegnati, fattivamente, a livello civile ed a livello religioso, partecipando all’interno delle due realtà: nella Piazza e nella Chiesa. Soltanto colui che è capace di impegnarsi nella ricerca dello sviluppo e della crescita della propria città, sia nel campo civile, sia nel campo religioso, può meritare il riconoscimento dell’attestato di “Civitese Doc”. I due requisiti sono entrambi importanti, anche se qualcuno –oggi- vorrebbe magari escluderne o l’uno o l’altro. Anche il Premio Annuale “Angioino d’Oro” dovrebbe rispettare le caratteristiche volute dal Fondatore Duca Roberto D’Angiò” nella formazione del cittadino ideale civitese, per cui la Commissione Giudicatrice dovrebbe annoverare membri del Comune e della Chiesa Parrocchiale, così come aveva previsto, nella sua lungimirante visione, Colui che si era preoccupato di costruire sia il Palazzo del Comune, sia la Chiesa del Popolo, oltre alle quattro Chiese Parrocchiali, ciascuna per ogni Quartiere. Diventa quanto mai opportuno, anzi vitale, ripartire dalle origini, dalle radici storiche della nostra Città, per ricreare i presupposti che hanno reso gloriosa, illustre e superba la nostra amata CITTADUCALE. Nandoe 19 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (2) Le pubblicazioni finora divulgate a cura della Parrocchia sul tema dei “Settecento anni di storia” di Cittaducale hanno suscitato profondo interesse e notevole coinvolgimento. Lo spirito del “civitese doc” si è ridestato ed ha provocato sussulti e brividi, che precludono ad una seria riflessione. Effettivamente, è stato raggiunto il fondo del baratro! E’ necessario perseverare, insistere e stimolare ancora l’attenzione di quanti Foto “L’Arcobaleno” di Ranalli Claudio avvertono la necessità di fare qualcosa per riemergere, per risorgere, per rivivere dopo anni di letargo. Certamente, qualcuno penserà di dedicare qualche iniziativa, oppure qualche manifestazione celebrativa per ricordare e rievocare i settecento anni di storia di Cittaducale. Tutto può essere utile e valido a stimolare le menti e le coscienze delle persone. Ma non basta! Si avverte l’esigenza di “rifondare” la nostra illustre, gloriosa e fantastica Città Angioina. Bisogna mobilitare le migliori capacità intellettive ed operative, per ridonare fulgore e doverosa considerazione ad una città, che negli ultimi decenni è decaduta nella più squallida miseria. L’ultima annotazione scaturisce dallo smembramento della collina in località “Via Monte Amiata”, dove stanno sorgendo nuove costruzioni. Sarebbe consigliabile analizzare i motivi di questo provvedimento, per capire il danno che si sta perpetrando contro l’ambiente del nostro territorio. Dopo i molteplici suggerimenti espressi nei precedenti numeri del Bollettino Parrocchiale, sembra doveroso offrire un ulteriore contributo alla “rinascita” della città. 1. 2. Realizzare una strada di collegamento dalla Salaria (versante Ovest, proveniente da cardito - radicara), transitando per Fuori Porta Napoli e ricollegandosi con la Salaria nel versante Est (Caporio). Valorizzare il borgo di Petescia, favorendo lo sviluppo edilizio di una zona che - storicamente - ha avuto la sua importanza, che andrebbe rivalutata. “Omnibus inferior tectis Petesia sed non prole virum veterum sic monumenta docet”. Petescia, inferiore a tutte le dimore, ma non per discendenza di illustri antenati, così provano i documenti. 3. 4. Bonificare la zona del “tiro a segno” in via S. Francesco, strada del cimitero, realizzandovi un Parco-giochi ed un Palazzetto dello Sport. Favorire l’istituzione di un Asilo-Nido. E’ inconcepibile che un Capoluogo Comunale sia sprovvisto di un servizio fondamentale, costringendo le famiglie ad emigrare altrove. Chi ama questa città, chi effettivamente sente l’orgoglio di appartenere a questa terra non può consentire che si perda ancora tempo, senza intervenire per lo sviluppo e la giusta valorizzazione di una Città, che è nata sotto i migliori auspici e, poi, è stata abbandonata, favorendone - lentamente, ma inesorabilmente - la sua fine. Bisogna ribellarsi con tutte le energie alla morte di Cittaducale, per cui l’occasione del settecentesimo anniversario della sua fondazione deve vedere tutti i cittadini mobilitarsi per la rinascita e la “rifondazione” di questa gloriosa, superba città. Non parole, non chiacchiere, ma un valido progetto esecutivo, che restituisca alla CIVITAS di sentirsi ancora degna erede del casato degli Angioini e l’ UMBELICUS ITALIAE. 20 2 20 LA RIFONDAZIONE PARTE DALLE NUOVE GENERAZIONI Le considerazioni pubblicate sul Bollettino Parrocchiale sull’identità del “Civitese doc” hanno incuriosito ed interessato molti lettori, i quali hanno voluto anche esprimere il proprio apprezzamento per l’esposizione dei “requisiti” necessari per essere considerati “cittadini autentici” di Cittaducale. L’osservazione espressa da più individui sulla difficoltà della persona adulta ad accettare una revisione, una conversione del proprio comportamento lascia margini per lo sconforto. “Una pianta ormai ha preso una piega, che non si può più raddrizzare”, ha confidato qualcuno, quasi rassegnato. A dire il vero, qualche altra persona ha riacquistato spirito dopo aver letto gli articoli sul Giornale Parrocchiale ed ha ritrovato nuovo vigore e la capacità di lottare. Evidentemente, qualcosa si sta muovendo, almeno a livello di mentalità! E’ giusto, comunque, partire dalle nuove generazioni, cercando di inculcare loro un interesse, anzi un amore per la propria terra e la propria città. Ricordiamo i due requisiti, che permettono di essere considerati “civitesi doc”: 1. impegno a livello civile; 2. impegno a livello religioso. E’ lodevole l’attività promossa da alcune insegnanti della Scuola Elementare e della Scuola Media nel coinvolgimento dei ragazzi nello studio e nella ricerca storica della Città. Ha fatto notevolmente piacere sapere che è stato adottato l’opuscolo del Parroco sui settecento anni dalla fondazione di Cittaducale come pròdromo per uno studio più approfondito. Meritevole, altresì, di essere segnalata l’iniziativa di una visita guidata alla Chiesa Cattedrale ed alla Sala Vescovile da parte dei ragazzi della Scuola Elementare. In questa maniera si incoraggiano le nuove generazioni a conoscere una parte della storia della propria città, stimolandoli ad affascinarsi al grande patrimonio artistico di questa gloriosa, illustre terra angioina. Un’altra iniziativa da promuovere sarebbe quella di coinvolgere i ragazzi in una conversazione con i propri nonni, chiedendo di raccontare episodi ed aneddoti del passato, riguardante la vita e la storia di Cittaducale negli anni ormai lontani della loro infanzia e giovinezza. Oltre all’impegno civile, è necessario, anzi doveroso coinvolgere i ragazzi nell’impegno religioso, ricordando le direttive di Roberto d’Angiò nel promuovere e realizzare la Piazza e la Chiesa intitolate al “popolo”, come ricerca di unione e di armonia nei rapporti. Ebbene, nel costruire un “nuovo cittadino” bisogna preoccuparsi di indirizzare le nuove generazioni alla frequenza alle Celebrazioni nella Chiesa Cattedrale di S. Maria del Popolo. E’ fondamentale assicurare la crescita spirituale, ricercando gli appuntamenti liturgici, che consentono ai cittadini di vivere in spirito di “comunione”. Diversi genitori, ma anche nonni, hanno capito l’importanza di questa crescita, a livello religioso, ed incoraggiano le “creature ancora in erba” accompagnandole a partecipare agli appuntamenti spirituali, che forgiano l’animo in maniera sublime e nobile. “La pianta va sostenuta nella sua prima fase di crescita” e, quindi, è necessario dare ai ragazzi gli stimoli giusti, perché crescano in onestà, rettitudine, moralità, santità, lealtà. Nella rifondazione della città, sicuramente, uno spazio speciale deve essere dedicato appunto alle nuove generazioni, perché siano capaci di dare nuova vitalità e nuovo impulso per rilanciare quelle iniziative, che favoriscano un futuro brillante e glorioso a questa amata terra civitese. 21 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (3) la religiosita’ del popolo civitese Le radici sono una componente fondamentale di una pianta. Ebbene, per comprendere il momento attuale di Cittaducale, è doveroso valutarne le origini. La circostanza favorevole dei settecento anni dalla fondazione ci permette di recuperare considerazioni ed insegnamenti di notevole efficacia. Una componente essenziale che il Duca Roberto ha valutato nella elaborazione della costruzione della nuova Città è stata quella “Religiosa”, per cui ha proposto la realizzazione di una Chiesa per ciascun Quartiere ed una Chiesa centrale, che favorisse l’unione di tutti i cittadini. Pertanto, sono state costruite le Chiese di S. ANTIMO, di S. CROCE, di S. MARIA, di S. GIOVANNI BATTISTA. La Chiesa di S. MARIA del POPOLO doveva rappresentare il centro di coagulazione e di comunione dell’intera collettività. Sono state, inoltre costruite altre Chiese: S. Caterina d’Alessandria (monastero delle Benedettine); S. Francesco (in onore di S. Ludovico francescano, fratello del Duca Roberto); S. Maria del Monte (convento dei Cappuccini). Evidentemente, le tante Chiese avevano anche un’affluenza di fedeli, per cui era logico prevedere una “religiosità”, particolarmente profonda e convinta. Nel giugno-luglio del 1875, poi, abbiamo un documento davvero importante ed esplicativo, che rivela la situazione nuova delle Chiese di Cittaducale. Mons. Luigi Filippi nella sua visita pastorale, effettuata a Cittaducale, descrive in maniera dettagliata, pertinente e precisa la posizione delle Chiese, che –a quel tempo- erano funzionali. Abbiamo quindi una nuova mappa, che prevede l’esistenza delle seguenti Chiese: S. Maria del Popolo; S. Maria dei Raccomandati o della Confraternita; S. Giuseppe; S. Cecilia; Sant’Agostino; S. Maria delle Grazie; S. Maria di Sesto; S. Caterina d’Alessandria; S. Maria del Monte; S. Francesco (demolita nel 1981). Chiese che non esistono più: S. Antimo; S. Giovanni Battista; S. Maria (Piazza Marchesi – ex frantoio); S. Spirito (via Garibaldi). E’ presumibile pensare che la popolazione sentisse la necessità di riunirsi in preghiera. Oggi, la realtà è ben diversa! Le Chiese – in gran parte - necessitano di lavori di restauro. Per la solerzia e l’intraprendenza di qualcuno, che ama questa terra, la situazione si prospetta rassicurante. E’ necessario, ora, pensare alla partecipazione dei Fedeli alle Celebrazioni Liturgiche. E’ importante valutare non solo la Chiesa nella sua struttura muraria, ma la Chiesa delle anime. Ebbene, qui il fenomeno del “secolarismo”, dell’ateismo, della tiepidezza ha compromesso molto la partecipazione delle persone alle “funzioni religiose”. Il CIVITESE doc è colui che sente, avverte l’esigenza e la necessità di partecipare agli appuntamenti religiosi. Nella Celebrazione della S. Messa Festiva-Domenicale si registra quanti effettivamente meritano l’appellativo di Civitese Doc. L’assenza di un solo abitante di questa città alla S. Messa dimostra la mancanza di amore e di legame affettivo a questa gloriosa ed illustre terra. Qualsiasi scusante o giustificazione non merita neppure una menzione. Un figlio autentico e devoto a questa città deve superare qualsiasi remora, disagio e controversia e fare ogni sforzo, per assicurare la propria partecipazione alla S. Messa nella Chiesa di S. Maria del Popolo, fatta costruire appositamente dal Duca Roberto, perché favorisse l’unione e la concordia del popolo civitese. Senza questa presenza assidua, costante un cittadino mancherebbe di un requisito importante, che lo renderebbe estraneo alla vita di una Città, che deve basarsi sulla armonia e comunione fraterna, nella consapevolezza che la “famiglia civitese” trova la sua forza attorno all’unica Mensa della Chiesa comune, per invocare l’unico Padre che è nei cieli, tramite l’intercessione di Maria Ss.ma, Colei che è la nostra Madre comune. 22 basta cosi’ ! Esiste un limite oltre il quale non si può andare. Quando si è raggiunto il fondo, è inutile infierire per cercare di oltrepassare tale confine. Purtroppo, continua il fenomeno disfattista di alcune persone, che vorrebbero imporre la propria strategia ed il proprio potere quasi fossero i “giustizieri” del prossimo. La presunzione, la boria, la superbia, l’arroganza, l’ambizione, la prepotenza evidentemente creano un clima di disfattismo e di rovina, che non permette alcuna possibilità di crescita e di sviluppo. Le vere “armi” per risorgere sono l’umiltà, l’abnegazione, il servizio, la semplicità, la riservatezza, il silenzio, la disponibilità, la collaborazione … La voglia di “dominare la scena”, la ricerca di protagonismo, il sentirsi indispensabili da parte di alcune persone hanno tarpato le ali a questa nostra città, impedendole di progredire, anzi facendola precipitare nel baratro più profondo. BASTA COSI’ ! Cittaducale ha bisogno di persone capaci di rimboccarsi le maniche, sia a livello civile , sia a livello religioso. Due sono gli impegni indispensabili e fondamentali, per meritare la cittadinanza civitese: la disponibilità nel campo civile-sociale; la disponibilità nel campo religioso. Molti considerano la propria presenza come villeggianti, come turisti, evitando qualsiasi coinvolgimento nelle attività tese al “bene comune”. Esiste poi l’atteggiamento “perbenista”, che impedisce ad alcune persone di “condividere” le iniziative, le manifestazioni, le attività con quanti vengono ritenuti “immeritevoli”. C’è la pretesa, inoltre, di far pesare la propria assenza, prendendo le debite distanze dagli altri, indegni compagni di viaggio, indesiderati commensali. BASTA COSI’ ! E’ necessario rendersi conto che siamo davvero “perdenti”, nella misura in cui continuiamo a dividerci, a “farci del male gli uni contro gli altri”, ad essere e vivere “sparpagliati”. Bisogna compattarsi, mettersi insieme “lupo ed agnello”, in uno spirito di solidarietà totale e di carità cristiana. A livello civile, tutti dobbiamo interessarci delle iniziative, che possono assicurare sviluppo e crescita alla città. A livello religioso, c’è l’obbligo morale di vivere “in comunione”, in “fraternità”, perché Cristo stesso ci invita a perseguire la via della concordia, della collaborazione, dell’unione. Ogni volta che una “sola persona” non partecipa alla S. Messa Festiva offende la “comunione in Cristo” e priva il Corpo mistico di Gesù di un “membro”, senza il quale la persona è menomata, presenta un “handicap”. Il giorno in cui compariremo davanti al Signore nel giudizio finale, saremo valutati sulla capacità di “amare” il fratello e la sorella, che vivono nella nostra comunità. E’ bene ricordare che non siamo liberi di scegliere le persone che vogliamo. Gesù ci ha inseriti nella Comunità di Cittaducale. Ebbene, tutti sono fratelli e sorelle da amare, anche le persone a noi antipatiche ed insopportabili. BASTA COSI’ ! Cittaducale risorgerà, se ogni persona saprà dare il meglio di se stessa per il “bene comune”. Altrimenti, tutto precipiterà nello squallore e nella desolazione assoluta. Il S. NATALE ci invita a rinascere, a diventare Nuove Creature, ad essere tutti più buoni. Il Bambino Gesù ci aiuti a volerci “bene” ! 23 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (4) RADICI CRISTIANE MARIANE Ogni popolo, ogni famiglia, ogni individuo scrivono - giorno per giorno - la loro storia. Ebbene, all’inizio di un percorso vengono precisati i requisiti, le caratteristiche, gli obiettivi e quanto può essere importante per assicurare risultati efficaci. La FONDAZIONE di CITTADUCALE ha avuto, senza dubbio, anche una marcata impostazione religiosa cristiana mariana. Nei quattro quartieri, che costituivano il nucleo abitativo delle persone impegnate a realizzare la nuova città, era prevista la costruzione della Chiesa. Inoltre, per tutta la popolazione è stata realizzata una Chiesa del Popolo, che prevedesse la ricerca dell’unione tra tutti gli abitanti, affidati alla protezione della Mamma Celeste. Una peculiare caratteristica, tuttavia, dimostra come fosse predominante la devozione alla Madonna. Alla Madre di Gesù sono state dedicate ben sei Chiese nel territorio civitese ed altre due nelle immediate vicinanze. 1. S. MARIA DI SESTO 2. S. MARIA (nella piazza Marchesi, ex-frantoio; chiesa parrocchiale del Quartiere) 3. S. MARIA DEI RACCOMANDATI, (meglio conosciuta come Confraternita) 4. S. MARIA DEL MONTE (Chiesa dei Cappuccini, sorta nel 1533) 5. S. MARIA DELLE GRAZIE (1794-1806) 6. S. MARIA DEL POPOLO (Chiesa Cattedrale del XIV secolo). Nelle immediate vicinanze di Cittaducale troviamo S. MARIA di CESONI (1800) e la Chiesa di S. MARIA di S. VITTORINO (inizi del secolo XVII). Il richiamo affettivo e devozionale alla Mamma del Cielo diventa quindi una caratteristica fondamentale del Popolo Civitese. In particolare, due sono le Chiese che hanno un messaggio ed un significato eloquente, profondo e pertinente per la devozione alla Madonna. Anzitutto, la Chiesa-Cattedrale di S. Maria del Popolo, fatta costruire da Roberto d’Angiò, perché interpretasse l’esigenza di “unificare” il Popolo, suddiviso in quattro Quartieri, in cui era stata edificata una propria Chiesa (S. Antimo; S. Croce; S. Giovanni Battista; S. Maria). L’altra Chiesa, davvero importante nella storia della popolazione civitese, è quella di S. Maria delle Grazie, finalmente ridonata al culto dei fedeli nel settembre 2006. Ebbene, il messaggio della Madonna apparsa alla donzella Chiara, figlia di Apollonio di Crescenzio Mazzalupi, assume un significato molto importante per tutta la popolazione. La Madonna si mostra in lacrime, chiedendo alla fanciulla preghiere e penitenza, richiamando tutto il popolo ad un comportamento più corretto e rispondente alla dottrina cristiana. Questo richiamo vale ancora oggi, per cui sarebbe opportuno fare tesoro delle esortazioni che la Madonna nel lontano 11 settembre 1694 rivolse alla donzella Chiara, cercando di non far piangere ancora la nostra Mamma del Cielo, perché i suoi figli continuano a trasgredire la volontà del Suo Figlio Gesù Cristo, che chiede ai Suoi discepoli di amarsi reciprocamente (Gv. 13, 35). 24 La STORIA di CITTADUCALE in CARTOLINA Ci sono diversi modi per scrivere una vicenda, un avvenimento, un episodio, un aneddoto, una serie di circostanze, una storia. E’ possibile, peraltro, ripercorrere le vicende di una città, di un popolo attraverso filmati, registrazioni, testi, pergamene. Ebbene, esiste anche l’opportunità di analizzare lo sviluppo di una città attraverso le cartoline, che consentono di effettuare dei confronti da un’epoca all’altra. L’incontro con un amico, De Michele Virgilio, mi ha permesso di affrontare il discorso di Cittaducale nei documenti che questo civitese, attualmente residente in terra toscana, custodisce. E’ stato possibile avere una cartolina, che nel retro porta stampato sul francobollo la data del 22-101942. Viene riprodotto l’interno della Chiesa Cattedrale di S. Maria del Popolo, con molteplici peculiarità, che meriterebbero un’analisi approfondita e meticolosa. Tra le novità riprodotte nella cartolina, c’è la vetrata dell’Abside, dove è possibile notare un disegno, che - forse - soltanto gli anziani ricordano perfettamente. Due anni orsono, nel sostituire la vetrata che attualmente brilla nel suo splendore, dono di una signora generosa, qualcuno paventava l’ipotesi che fosse stato perpetrato un danno con l’eliminazione di una vetrata del settecento. E’ stato possibile accertare, invece, che la vetrata sostituita, che ora giace nel cortiletto davanti all’immagine della Madonna di Lourdes, era stata commissionata da Don Norberto Circi a Peppinucciu Passi negli anni 1949 - 50. Una cartolina del 1942 ha permesso di fare chiarezza. Attendiamo altri documenti per poter scrivere ancora una porzione di storia della nostra amata gloriosa meravigliosa Cittaducale. 25 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (5) LE VILLE E LE BORGATE DI IERI DI NUOVO RIUNITE Il 24 giugno 1502 Papa Alessandro VI eresse CITTADUCALE a Sede Vescovile, assegnando ad essa un territorio di una ventina di villaggi. Nel Salone dell’Episcopio sono dipinti in alto, lungo le pareti, le ville e le borgate assegnate alla nuova Diocesi ed un distico latino, posto sotto ciascuna di esse, che ne ricorda in breve ed elegantemente le prerogative. La documentazione del Salone Vescovile consente di individuare una componente importante della popolazione che ha contribuito a rendere grandiosa la storia di Cittaducale. In occasione del settecentesimo anniversario della Fondazione della Città Angioina, sarebbe quanto mai opportuno convocare i Sindaci e le popolazioni che hanno collaborato, sia nella costruzione, sia nei rapporti di condivisione pastorale, con la nostra Città. Ricordiamo i Paesi interessati: 1. CITTADUCALE (Cittaducale; S. Rufina; Micciani; Pendenza; Calcariola; Casette; Grotti; Petescia; S. Vittorino) 2. RIETI ( Casette; Terminillo; Lisciano; Lugnano; Vaiano; Vazia; Madonna del Passo) 3. ANTRODOCO (Rocca di Fondi) 4. BORGOVELINO (Borgovelino; Collerinaldo) 5. CASTEL SANT’ANGELO (Castel S. Angelo; Canetra; Paterno; Ponte; Vasche; Mozza; Cotilia Terme) 6. CANTALICE (Cantalice). E’ possibile, quindi, ricostruire la storia di Cittaducale anche recuperando i rapporti con quelle popolazioni, che per un certo periodo hanno avuto un legame, soprattutto ecclesiastico, con la Città degli Angioini. La condivisione di un percorso di storia più o meno lungo, permette di ricostruire vicende e situazioni di indubbio valore. Ritrovarsi in occasione di una ricorrenza commemorativa consente di stabilire nuovi percorsi da effettuareinsieme per il bene delle popolazioni della Valle del Velino. 26 LETTERA APERTA AI CIVITESI DI TUTTO IL MONDO Il 15 settembre 1308 Carlo II d’Angiò –con Regio Decreto- ha dato il suo assenso per la costruzione di una nuova città, su richiesta dei castelli della Valle del Velino. Nella ricorrenza dei SETTECENTO ANNI della Fondazione di CITTADUCALE è doveroso, oltrechè motivo di profondo compiacimento, rivolgere un invito ai tanti FIGLI di questa amata TERRA, perché possano –a pieno titolo- sentirsi coinvolti e partecipi alle manifestazioni celebrative. Personalmente, non conosco tutti i vostri nomi, né la residenza vostra attuale, dislocati come siete nelle diverse località italiane, oppure europee, o magari in nazioni lontane. E’ certo che vi porto nel cuore, perché anche voi amate questa terra, questa città che ha dato origine alla nostra esistenza.. Nel nome comune di CIVITESI, vi scrivo questa mia, perché –idealmente e spiritualmente- possiamo sentirci uniti in una ricorrenza altamente significativa e di grande risonanza. L’orgoglio di appartenenza a questa gloriosa città deve coalizzare i nostri animi e farci sentire fraternamente uniti per la celebrazione di un COMPLEANNO di particolare importanza. Nel periodo in cui sono stato impegnato, pastoralmente, a servire la Comunità Parrocchiale di S. Pio delle Camere e Tussio (AQ), località relativamente lontana (si fa per dire) da Cittaducale, la nostalgia per la mia terra affiorava in maniera palese e sviscerata. Oggi, che il progetto del Signore mi ha consentito di ritornare a servire questa mia amata città, avverto tutta l’immensa gioia ed esultanza. Sono convinto che nel vostro cuore avvertiate un profondo legame con questa terra e per questo vi affido il presente messaggio, nella fiducia, anzi nella certezza di ricevere da voi una entusiastica adesione ad una iniziativa che mi permetto di segnalarvi per il bene della nostra Comunità Civitese. Spero che qualcuno, parente o amico, vi faccia pervenire copia del Giornale Parrocchiale, in modo da facilitare la conoscenza delle proposte che la Parrocchia suggerisce ed indica a tutti, ma in questo specifico caso a voi, carissimi civitesi, che vivete lontano territorialmente da Cittaducale. Ebbene, è mia intenzione, in occasione del settecentesimo anniversario di Fondazione della nostra Città di raccogliere le vostre Offerte e –su indicazione del Consiglio Pastorale- realizzare un’opera che faccia sentire il vostro coinvolgimento, il vostro amore per questa nostra terra. Confido molto in voi, carissimi Amici! A tutti voi invio un abbraccio fraterno ed un saluto cordiale! Spero un giorno di vedervi e di incontrarvi di persona, anche per ringraziarvi. Vi ricordo nella mia preghiera ed imploro per voi tutti una speciale Benedizione! Il vostro amico Parroco 27 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (6) LA CHIESA, FONDAMENTO DELLA STORIA CIVITESE Il cammino di un popolo è possibile registrarlo attraverso i costumi, l’arte, il governo cittadino, la cultura, le diverse espressioni della sua civiltà, ma anche attraverso la componente religiosa, la storia della Chiesa. Conoscere Cittaducale, ripercorrerne le tappe importanti del suo cammino, sapere come si è sviluppata la sua storia diventa oltremodo credibile, cercando di analizzare l’influenza che nell’arco dei secoli ha rappresentato la Chiesa. Fin dai primordi, Cittaducale ha avuto una impronta profonda di religiosità, per cui è fondamentale studiare i fenomeni della pietà popolare per riuscire a comprendere le evoluzioni della sua cultura storica. Roberto d’Angiò nel suo progetto, elaborato per la costruzione della nuova Città, ha previsto una Chiesa per ogni Quartiere ed un Chiesa madre per tutto il popolo. A Cittaducale si sono insediati diversi Istituti religiosi maschili e femminili, iniziando da quello di Santa CaterinaMonache Benedettine a quello dei Francescani Conventuali, a quello dei Cappuccini, degli Agostiniani e diversi altri… La Cattedrale di S. Maria con il suo Parroco ed i suoi 12 Canonici, i Sacerdoti delle altre Chiese, il Vescovo che dal 1502 al 1818 ha avuto il compito di guidare la Diocesi di Cittaducale, comprendente circa una ventina di Parrocchie, hanno determinato e rappresentato un influsso notevole nel contesto cittadino e nel suo territorio. Il patrimonio religioso custodito ed incrementato nei settecento anni di storia dal Clero dà la dimensione di quanto sia stato prezioso il lavoro della Chiesa. Il culto dei Santi, poi, rappresenta un ulteriore prezioso documento storico, che consente di ricostruire le fasi del cammino del popolo civitese. La presenza di San Felice da Cantalice (1523-1543); il culto in onore a San Magno (sec. XIV); l’apparizione di S. Maria delle Grazie ed il miracolo della fanciulla guarita dalla cecità (testimonianza di Mons. Filippo Tani 1686-1712 e di Mons. Pasquale Martini 1792-1798); il culto a Sant’Antonio di Padova, promosso dai Francescani Conventuali nel 1346 e sviluppatosi per merito di Mons. G. Padilla y Vasconcello (1599-1609) sono soltanto alcune testimonianze, che permettono di ricostruire pagine di storia interessantissime. L’opera preziosa di Mons. Antonio Conte (1981-2002), grande ricercatore storico e studioso delle vicende della città angioina, consentono di possedere una documentazione davvero valida. L’entusiasmo, la passione, l’amore per la propria terra del Sacerdote civitese Don Ferdinando Tiburzi (ottobre 2002-…) sta contagiando diverse persone, coinvolgendole in un nuovo interessamento per tutto quello che appartiene a questa fantastica gloriosa meravigliosa Cittaducale, favorendone un risveglio, preludio a sviluppi di rinascita e di crescita sotto tanti aspetti. Amare la Chiesa, quindi, vuol dire anche amare la Civitas Ducalis! Questo binomio, probabilmente, è la carta segreta e sicura della grandezza della Città angioina, che, nella ricorrenza dei settecento anni di storia, sta ritrovando nuova vitalità. 28 Nandoe ORIGINE del CULTO a S. ANTONIO di PADOVA La popolazione di Cittaducale ha il grande merito di aver custodito per secoli il culto in onore di Sant’Antonio di Padova. Certamente, l’Associazione di S. Antonio di Padova, presieduta dal bravo ed intraprendente Beniamino Monaco, ha ereditato una devozione, che risale peraltro ai primordi della storia della città angioina. La costruzione della “macchina” maestosa e superba, che sorregge la “bella e splendida statua” del Santo dei miracoli, risale a più di un secolo fa’ ed ha contribuito, profondamente, a sviluppare la devozione verso S. Antonio. Purtroppo, la sede originaria della custodia della statua è andata distrutta (1981) ed oggi, forse, se ne rimpiange lo scempio perpetrato da chi, evidentemente, non amava né il culto del Santo, né la città, che nella Chiesa di S. Francesco trovava il simbolo di una gloria perpetrata nei secoli. L’origine della devozione al Santo di Lisbona risale alla costruzione della città angioina e ne trasmette tutta la gloriosa storia dei suoi settecento anni. Carlo II d’Angiò ebbe, come figlio primogenito, LUDOVICO, nato nel 1274. Per seguire la sua vocazione religiosa alla spiritualità francescana, Ludovico aveva rinunciato a tutti i diritti al trono in favore del fratello Roberto d’Angiò. Nella notte tra il 19 e 20 agosto 1297, a seguito della tubercolosi, in preda a continue emottisi, Ludovico moriva piamente a ventitre anni. Nel 1318, presenti sua madre ed il fratello Roberto, veniva proclamato Santo. A quel punto, volendo onorare il fratello francescano Ludovico, Roberto d’Angiò chiamò a Cittaducale i FRANCESCANI Conventuali, i quali costruirono il Convento e la Chiesa di San Francesco. Insediandosi a Cittaducale, i Francescani coltivarono la devozione di San Francesco d’Assisi (morto nel 1226), San Ludovico d’Angiò e S. Antonio di Padova, canonizzato da Papa Gregorio IX a Spoleto nel 1232, un anno appena dopo la morte. Un incremento particolare alla devozione al Santo di Lisbona lo diede il Vescovo Lusitano Giorgio G. PADILLA Y VASCONCELLO (1599-1609), nominato Vescovo di Cittaducale nel 1599, il quale volle onorare il Santo suo conterraneo, dedicandogli solenni festeggiamenti. Da quel momento la devozione al Santo portoghese si sviluppò sempre più fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui un’Associazione intitolata a S. Antonio si impegna a conservarne l’alto onore di perpetuare l’omaggio devoto del popolo civitese. 29 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (7) MONASTERO DI CITTADUCALE: il Museo e la Biblioteca Il Monastero delle Benedettine di S. Caterina V. e M. è la prima casa religiosa ad essere eretta nella città angioina. La data di erezione del Monastero reca la data del 26 febbraio 1327. Successivamente, nel 1736 fu aggiunta l’ala destra dell’edificio, dove attualmente è situato l’ingresso principale del Monastero. Per ripercorrere le tappe della storia del Monastero è possibile visitare il Museo e la Biblioteca, che sono stati inaugurati sabato 14 aprile 2007 con la partecipazione del Vescovo di Rieti, Mons. Delio Lucarelli, le autorità civili, religiose e militari e una ingente folla. Fra le pergamene conservate nella Biblioteca del Monastero di S. Caterina è possibile trovare la chiave per comprendere gli avvenimenti che portarono alla fondazione della Casa Religiosa. Ma è possibile, oggi, ritrovare tante altre fonti, che consentono di ripercorrere le tappe della storia gloriosa del Convento e della Città Ducale. Osservando ed analizzando le pergamene è possibile ritrovare censi, lasciti testamentari ed acquisiti, che permettono di ricostruire uno spaccato importante dal punto di vista storico. Il fondo pergamenaceo si compone di 54 documenti che vanno dal secolo XIII al secolo XVII, più altre 36 pergamene che vanno dal XIV al XIX secolo. La Biblioteca, composta da qualche migliaio di volumi, contiene cinque preziosissime cinquecentine, che sono state inserite nel progetto di censimento Nazionale delle opere del 1500. Vi sono, inoltre, numerosi volumi del XVII e dell’ XVIII secolo, più altri testi di vario genere. Gli oggetti d’arte sono per lo più costituiti da oggetti di culto: vasi sacri (calici, pissidi, ostensori), candelieri, carte gloria, incensieri, reliquiari, quadri con immagini sacre, paramenti liturgici. Ciò che poi suscita curiosità sono i lavori che le monache hanno prodotto nell’arco dei secoli con maestria e finezza particolare. Fedeli interpreti della “Regula Monacorum” : “Ora et labora”, le Monache hanno realizzato con le proprie mani, nel corso della loro attività plurisecolare, autentici capolavori, che oggi arricchiscono il Museo. E’ evidente che la componente predominante sia quella spirituale, per cui ritroviamo documenti, che attestano la storia monastica dei circa settecento anni di vita del Convento Benedettino. Ancora oggi, le Monache si dedicano con particolare fervore alla preghiera, impegnate ogni giorno a celebrare l’Opus Dei, l’Ufficio di lode, diurno e notturno, alternando le ore della giornata tra la preghiera ed il lavoro. Per apprezzare quanto la storia ci ha lasciato e costituisce il patrimonio conservato nel Museo e nella Biblioteca, è possibile soggiornare nel confortevole edificio per gli ospiti, inaugurato sempre nella giornata di sabato 14 aprile, nella struttura denominata “Oasi di S. Caterina d’Alessandria”. Ad ogni visitatore è possibile offrire uno studio storico artistico di notevole importanza, ed inoltre c’è l’opportunità di inebriarsi nello spirito, condividendo con le Monache alcuni momenti di preghiera. 30 MONASTERO DELLE BENEDETTINE DI S. CATERINA D’ALESSANDRIA IN CITTADUCALE Tra le molteplici testimonianze storiche, che appartengono alla fondazione di Cittaducale, è da annoverare senza dubbio il Monastero di S. Caterina V.M. d’Alessandria. Il Monastero delle Benedettine è la prima casa religiosa ad essere eretta nella città angioina. La data di erezione del Monastero reca la data del 26 febbraio 1327. Un documento che certifica l’attendibilità della realizzazione del primo Istituto Religioso a Cittaducale è la lettera del Vescovo di Rieti, Mons. Giovanni Muto de Papazzurri (1301-1337), indirizzata a fra’ Gentile da Foligno ed è stata redatta a Montereale. In essa il Vescovo reatino dà licenza all’intestatario “di fabbricare entro le mura di Cittaducale un Monastero di Monache sotto il titolo di S. Caterina V.M.”. Con la medesima lettera il Vescovo Giovanni concede al religioso fra’ Gentile: “di proporre nello stesso Monastero la prima Abbadessa, che avrà la facoltà di ricevere nel detto luogo monache e suore fino al numero di dodici”. La lettera di erezione del Monastero prescriveva che “coloro che entreranno in questo luogo Sacro, abbiano la possibilità e il dovere di condurre una vita santa, secondo le norme della Regola di S. Benedetto”. Dalla suddetta lettera si desume anche che il primo Monastero doveva essere piuttosto modesto, anche per dimensioni. Il Monastero di S. Caterina d’Alessandria, nel corso dei secoli, andò ingrandendosi e trasformandosi. Possiamo ripercorrere le tappe dello sviluppo del Monastero, partendo dal secolo XIV, in cui viene realizzato l’edificio. Anzitutto, la facciata della Chiesa non si presentava allora come si presenta oggi, con un intervento avvenuto all’ultimo decennio del 1600. Nel secolo XVI viene costruito il chiostro interno, il passaggio coperto, sia per accedere alle stanze del piano terreno che a quelle del piano superiore. Nei secoli XVII e XVIII è stato effettuato l’ingrandimento della Chiesa (presbiterio, nuovo altare e coro interno dietro l’altare. Nel secolo XVIII è stata realizzata la costruzione della nuova ala del Monastero. Nel lunotto dell’arco sovrastante il bel portone della facciata destra troviamo una scritta: “A.M.D.G. / OB OCOMMODIOREM SACRARUM VERGINUM HABITATIONEM / NOVA HAEC MONASTERII PARS ANTIQUAE IUNCTA EST / ANNO DOMINI MDCCXXXVI”, (A maggior gloria di Dio / per una più adatta dimora delle Vergini consacrate / questa nuova parte del Monastero è stata aggiunta all’antica / nell’anno del Signore 1736). Il 14 aprile 2007 sono stati inaugurati il Museo, l’Archivio e la Biblioteca di notevole interesse storico. Le Monache di S. Caterina continuano anche oggi a tener vivo il Monastero, ritmando le ore della giornata con orazioni e lavoro. Dall’aprile 2007 è stato aperto un “centro di accogli e n z a ” p e r vi s i t a t o r i , s t u d i o si e “persone che cercano il contatto con Dio, i quali potrann o g o d e r e , ol t r e al n u t r i m e n to dell’anima e dell’intelletto, anche del meraviglioso scenario na t u r a l e c h e c i r c o n d a i l M o n a stero e dei prodotti tipici che le Monache continuano a realizzare , s e c o n d o ri c e t t e e t e c n i c h e antiche tramandate di generazione in generazione. 31 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (8) S. MARIA DEL POPOLO CIVITESE Cittaducale, fin dalla sua fondazione, ha dato rilievo alla devozione alla Madonna, dedicandoLe la Chiesa di S. Maria. Il Marchesi, nel suo “Compendio storico di Città Ducale”, ci tramanda una notizia importante: “Coloro che furono chiamati ad abitare la nuova città, voluta e disegnata dal Duca Roberto d’Angiò”, … vollero anche costruire una Chiesa comune a tutto il popolo, sotto il titolo ed erezione di S. MARIA DEL POPOLO, nella Piazza comune. La costruzione di un Tempio “comune a tutto il Popolo” e consacrato alla Madonna, fu voluta, perché fosse LEI, Maria Ss.ma, ad unire le varie genti provenienti da località diverse, di tradizioni civili e religiose diversificate, anche se concordi nel considerare la Beata Foto “L’Arcobaleno” di Ranalli Claudio Vergine Maria, Madre comune di tutti i credenti. Particolare importanza riveste la scelta di Colei, che è stata invocata e proclamata quale Patrona e Protettrice del Popolo Civitese. Il 4 maggio ricorre la Festa di “S. Maria del Popolo”, momento di incontro, di venerazione, di devozione, in cui tutti i Fedeli si ritrovano attorno alla propria Mamma del Cielo. Non soltanto i cristiani, ma tutti i cittadini sono invitati a dedicare un omaggio a Colei che i nostri antenati hanno prescelto a tutela di tutto il popolo. Maria deve rappresentare il punto di riferimento per tutto il popolo e per ogni creatura. A Lei fissiamo devotamente lo sguardo, soprattutto nei momenti di difficoltà, di disagio, di dolore, di sofferenza. Gesù stesso ha voluto donarci questa Mamma (“Donna, ecco tuo figlio”, Giovanni 19,26). L’orgoglio di appartenere a Lei ci spinge ad alimentare fiducia grande nella Sua Materna intercessione. Il Popolo di Cittaducale è stato consacrato a MARIA nei tempi passati. OGGI è necessario riconsacrare questo nostro Polo alla Madonna. LEI deve essere la Madre che ci conduce tutti a Gesù. Per questo dobbiamo ritrovarci INSIEME, per pregare, ascoltare e lodare MARIA. Il mese di Maggio, con la festa dedicata a S. Maria del Popolo, ci offre un’opportunità unica, per recuperare il vero senso del culto mariano, espresso da un’unica Chiesa, che riconosce in Maria la Madre premurosa e fedele, capace di farci tornare a Cristo. Una vera devozione, un autentico amore si riconoscono dalle azioni, non dalle parole. Non si può essere devoti, amare Maria e poi rattristarla con il nostro comportamento discutibile, operando in senso contrario alle aspirazioni di questa nostra Mamma Celeste. Dobbiamo, anzitutto, ritrovare le motivazioni giuste per sentirci ed essere un “vero popolo”, capace di vivere UNITO e di camminare INSIEME, al di là delle differenze, delle inevitabili diversità di carattere e di opinione. Dobbiamo sforzarci di mettere da parte le nostre faziosità e cercare di evidenziare tutto ciò che può servirci ad unire le nostre persone. La Madonna, Mamma di tutti, ci invita a riunirci tutti ai Suoi piedi. Non si può amare Maria Ss.ma, non amando anche tutti gli altri fratelli, in quanto tutti figli Suoi. Ogni giorno del mese di maggio diventa una feconda opportunità spirituale e pedagogica per incontrare Maria nella recita del S. Rosario (ore 17.30). E’ questo il desiderio di Maria, della nostra Mamma, vederci tutti riuniti nel Suo Nome, per invocarla Insieme. Nessuno manchi agli INCONTRI con MARIA, la quale desidera riservare “doni speciali” ai suoi figli, che –ogni giorno- si ritroveranno ai suoi piedi. LEI, Mamma del Popolo di Cittaducale, a tutti vuole donare “copiose Grazie e Benedizioni”. 32 Nandoe I SACERDOTI, PASTORI DEL POPOLO CIVITESE La festa di “S. MARIA DEL POPOLO” riafferma l’esigenza di sentirsi protetti da Colei che Gesù stesso ha voluto nominare nostra Madre (“Donna, ecco tuo figlio” – Gv. 19,26). Nella storia del popolo civitese Maria Ss.ma riveste, dunque, una notevole importanza. E’ doveroso dedicare un piccolo, ma riconoscente spazio a quei Sacerdoti, che hanno contribuito a perpetrare il culto in onore della Madonna del Popolo. Nel salone vescovile vengono riportati gli stemmi ed i nomi dei Vescovi, che dal 1302 al 1818 hanno governato la Diocesi di Cittaducale, così pure sono raffigurati i paesi che componevano la Diocesi di Cittaducale. In nessuna parte si fa menzione dei Sacerdoti, che hanno avuto il delicato compito di guidare il “popolo civitese”. Sul frontale della porta d’ingresso al Salone c’è una scritta significativa, dedicata appunto al REGALE SACERDOTIUM, con la successiva iscrizione: SUPER ASPIDEM ET BASILISCUM AMBULABIS ET CONCULCABIS LEONEM ET DRACONEM (Sulla serpe e sulla vipera camminerai, calpesterai il leoncello ed il drago). Salmo 91, v. 13 Il Salmista rappresenta Dio che dà ordine ai suoi angeli di assumersi la protezione del “fedele”; così protetto, egli potrà sicuramente calpestare gli assalitori violenti (=leone) o gli insidiatori (aspide). Ogni Sacerdote, quindi, trova protezione in Dio ed si sente confortato per il lavoro pastorale a cui è chiamato a svolgere per il bene del popolo a lui affidato. Nella storia di Cittaducale i Sacerdoti rappresentano un punto di riferimento importante e fondamentale nella crescita e nello sviluppo del popolo. Ne citiamo alcuni, che è stato possibile registrare da alcuni documenti, come ad esempio dai verbali delle visite pastorali: MONS. POMPONIO VETULI (1632-1652), il quale ha portato a termine i lavori della navata sinistra della Chiesa ed ha consacrato – ufficialmente - S. Maria del Popolo quale Chiesa Cattedrale della città e della Diocesi. Rev.mo GIOVANNI BATTISTA CIAMBOTTI (1693-95), il quale provvide ai lavori di restauro. Arciprete FELICE GIANFELICE, nominato da Papa Leone XIII Vescovo di BOIANO (Moise) nell’aprile 1893. Nella visita pastorale di Mons. Luigi Filippi, nel 1875, oltre al già citato Don Felice Gianfelice, vengono citati anche DON LUIGI FALCONI; DON GIOVANNI TIBERTI; DON ANTONIO VETULI. A questo punto, è opportuno riportare i nomi dei Sacerdoti, almeno relativamente all’ultimo secolo. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. DON DON DON DON DON DON DON DON DON NICOLO’ MARIO PIETRO DOMENICO NORBERTO MARIO ANTONIO ANTONIO FERDINANDO GIAN PIETRO D’AQUILIO DIONISI D’ANGELI CIRCI CIOCCA BAIOCCHI CONTE TIBURZI 1890 - 1914 1914 - 1915 1915 - 1924 1924 - 1942 Agosto 1942 - Aprile 1962 Aprile 1962 - 3 gennaio 1981 Gennaio 1981 - marzo 1981 4 Aprile 1981 - 5 ottobre 2002 6 Ottobre 2002 Ogni Sacerdote ha certamente contribuito a far crescere il popolo civitese, assicurando ogni possibile energia e dedizione generosa. “Ogni Sacerdote è scelto fra gli uomini, ed è stabilito per servire Dio a vantaggio degli uomini” (Ebrei 5, 1). Una Comunità cristiana deve sentire il dovere di stringersi attorno ai propri Sacerdoti, pregare per loro e collaborare con loro. Il popolo civitese sappia manifestare e conservare gratitudine per coloro che il Signore ha inviato ad operare in questa città per il bene di tutti. Il giorno 4 maggio è opportuno ricordare i Sacerdoti che hanno operato in questa Comunità, e, quanti –tra loro- sono stati chiamati dal Signore nel regno celeste, continueranno certamente ad intercedere per questo diletto popolo, implorando copiose benedizioni, mentre –sempre- i Sacerdoti saranno impegnati a donarsi per il bene della Comunità. 33 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (9) CONVENTO dei FRATI CAPPUCCINI La presenza dei Religiosi ha accompagnato la storia di Cittaducale. Già, in precedenza, è stata fatta menzione alla venuta dei Frati Conventuali, voluta espressamente dal Duca Roberto, che volle erigere la Chiesa di S. Francesco, in onore e memoria di suo fratello San Ludovico. La famiglia francescana, agli inizi del 1500, si ampliò con la presenza dei Frati Cappuccini. Il Convento venne edificato nel 1533 per opera e cura particolare di Caterino Marchesi, uomo assai ricco, il quale donò la maggior parte della sua selva ai Cappuccini, già presenti a Cittaducale, ben prima del riconoscimento ufficiale di Papa Clemente VII con la Bolla “Religionis zelus” del 1528. La Chiesa del convento è stata dedicata alla Madonna, per cui viene chiamata “Chiesa di Santa Maria del Monte”, perché costruita sopra il monte sovrastante la città, nel lato sud-est. Vi si accede per la strada che conduce al cimitero e continua verso l’antico abitato di Petescia. Salendo verso la Chiesa, seguendo il vecchio sentiero che costeggia il muro di recinzione della proprietà del Convento, si incontrano delle edicole. Si giunge nella spianata antistante la Chiesa a cui si sale per una delle due rampe di scale convergenti. Nella convergenza delle due rampe è ricavata una nicchia rustica, chiusa da un cancelletto, nella quale campeggia una statuetta di gesso raffigurante un frate cappuccino con sulla spalla sinistra una grossa bisaccia da “cercatore”: è San Felice da Cantalice. La facciata della Chiesa, sulla sinistra, e la sporgenza dell’ala del convento, sulla destra, sono raccordate tra di loro da una tettoia poggiante su tre pilastri uniti da un arco ribassato, che incorniciano rispettivamente la porta di accesso alla Chiesa e al Chiostro del Convento e, sotto l’arco centrale, un affresco raffigurante la Flagellazione di Gesù (sec. XVII). L’entrata della Chiesa è ad angolo con la Cappella di S. Felice. Questa è ricavata dalla antica foresteria del Convento e qui S. Felice fu trattenuto da giovane postulante (1543). Sopra la grata lignea che protegge all’esterno la Cappella, vi è un affresco, che ricorda l’episodio che determinò il Santo a farsi cappuccino. Domando i buoi e soggiogandoli all’aratro, il Santo rimase travolto di medesimi e il vomere gli passò sul corpo, lasciandolo illeso. Sulla porta d’ingresso al Chiostro del Convento una lapide marmorea quadrangolare ricorda che “Qui, San Felice da Cantalice, chiese l’abito cappuccino nel 1543”. Il Portale della chiesa, dedicata alla Madonna è semplice, sormontato da una altrettanto semplice cornice orizzontale; sull’architrave si legge: HIC DANTUR DIGNA PREMIA: PALMA, QUIES A.D. 15XXXIII (Qui si danno degni premi: la palma e la quiete – Anno del Signore 1533). L’interno della Chiesa è ad una navata e nella sinistra c’è la cappella dedicata al santo, ritratto mentre riceve dalla Vergine Maria il Bambino Gesù. Tale dipinto è attribuito all’Orbetto. E’ da attribuire allo stesso autore, e comunque alla scuola veneta della fine del secolo XVII il dipinto della Pietà tra S. Francesco, la Maddalena e S. Girolamo, nell’omonima cappella nella Chiesa e da apprezzare anche il dipinto dei magi nel refettorio del convento. Quanti desiderano trascorrere un momento sereno per lo spirito, immersi nel tranquillo silenzio della natura, qui possono trovare l’appagamento, e l’invito alla riflessione e alla preghiera. 34 Nandoe I FRANCESCANI nella storia di CITTADUCALE La storia di Cittaducale, come già più volte è stato richiamato nei numeri del Giornale Parrocchiale, si basa su due elementi importanti, la costruzione di un popolo, sia dal punto di vista civile, sia da quello religioso. Le numerose Chiese e gli Istituti Religiosi hanno espresso un “sentimento di profonda religiosità”, che ha particolarmente contribuito a formare uno spirito di devozione e di pietà. Tra gli Istituti Religiosi maschili, oltre a quello degli Agostiniani, predomina quello dei Francescani, espressamente voluti da Duca Roberto d’Angiò, che –come è stato pubblicato in precedenti numeri del giornaleha fatto erigere la Chiesa di San Francesco, dedicandola a tre Santi: San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio di Padova, San Ludovico d’Angiò. Altri due Santi Francescani hanno lasciato un’impronta in Cittaducale. SAN BERNARDINO da SIENA (1380-1444). E’ stato proprio il Frate Minore a proporre la realizzazione del portale principale, di stile gotico, della Chiesa di S. Agostino. S. Bernardino, passando a Cittaducale, dove si fermò a predicare, suggerì la sistemazione di un portale più artistico di quello che si trova in Via V. Veneto (adiacente alla caserma dei Carabinieri). Nel lunotto, sopra il portale, c’è un affresco di Lorenzo Torresani, pittore di Rieti, raffigurante la Madonna con Bambino ed ai lati S. Agostino e S. Francesco. Sul frontale c’è un’iscrizione latina a caratteri maiuscoli ANNO A NATIVITATE DOMINI MCCCCL (Nell’Anno dalla Nascita del Signore 1450). San Bernardino passò per Cittaducale nel maggio del 1444, diretto a L’Aquila dove, il 18 maggio morì. Sotto i portici di Piazza del Popolo in Cittaducale fece la sua ultima predica. S. FELICE da CANTALICE, un Santo umile, ma di grande spiritualità. San Felice da Cantalice fu una delle più popolari e caratteristiche figure della Roma cinquecentesca. Se Cantalice vanta il merito di aver dato i natali a questo Santo, nel 1513, è pur vero che Cittaducale ha forgiato e dato una formazione fondamentale al fraticello, che tutti oggi venerano. Dal 1523 al 1543 Felice Porri ha lavorato presso la famiglia di Marco Tullio Pichi, sita nell’attuale Corso Mazzini come garzone, dove maturò la vocazione alla vita consacrata. Nel 1543 chiese ufficialmente al Guardiano del Convento di S. Maria del Monte di Cittaducale di indossare l’abito dei cappuccini. Dal 1574 al 1587 fu questuante per le vie di Roma, chiedendo l’elemosina non soltanto per il convento, quanto per i poveri e gli ammalati. Semplice, ma pieno di spirito religioso; umile e saggio, d’una saggezza però tutta soprannaturale, esortava tutti alla carità. San Filippo Neri lo incontrò e gli divenne amico. Anche San Carlo Borromeo lo tenne in grandissima considerazione, come tanti altri Prelati lo apprezzarono per la sua straordinaria potenza spirituale e sapienza contadina. Morì il 18 maggio 1587. Il Parroco di Cittaducale, Sac. Ferdinando Tiburzi, ha realizzato un film, dal titolo: “L’ASINO dei FRATI” (2005), che permette di meglio apprezzare le virtù e la grandezza spirituale del Santo Francescano, Patrono della Diocesi di Rieti, e co-Patrono di Cittaducale. 35 EX - DIOCESI di CITTADUCALE Il 24 giugno 1502 Papa Alessandro VI eresse CITTADUCALE a Sede Vescovile, assegnando ad essa un piccolo territorio di una ventina di villaggi. Sul portone d’accesso al Salone Vescovile troviamo scolpito: REGALE SACERDOTIUM – SUPER ASPIDEM ET BASILISCUM AMBULABIS ET CONCULCABIS LEONEM ET DRAGONEM “Sulla serpe e sulla vipera camminerai, calpesterai il leoncello ed il drago” – Salmo 91, 13. Nel Salone dell’Episcopio sono dipinti in alto, lungo le pareti, le ville e borgate assegnate alla nuova Diocesi ed un distico latino, posto sotto ciascuna di esse, che ne ricorda in breve ed elegantemente le prerogative. Riportiamo l’elenco delle ville e borgate della Diocesi di Cittaducale: 1. 4. 7. 10. 13. 16. CITTADUCALE PENDENZA GROTTI LISCIANO BORGOVELINO PETESCIA 2. S. RUFINA 5. CALCARIOLA 8. CANTALICE 11. CASTEL SANT’ANGELO 14. COLLERINALDO 17. S. VITTORINO 3. 6. 9. 12. 15. MICCIANI CASETTE LUGNANO PATERNO ROCCA DI FONDI CITTADUCALE – “Dux mihi Robertus dat nomen schemaque regi Quae mea castra rego fida et ubique duci » Il Duca Roberto dà nome e forma a me che resto sempre fedele al Re ed al Duca”. S. RUFINA – “Hostes irridet sit quamvis parvula villa, hanc propriis meritis Diva Ruphina fovet ». Irride i nemici, sebbene sia piccola villa. la protegge coi suoi meriti S. Rufina. MICCIANI – “Moenia Miccianum haud cingunt turremque Cifredam et Cesonium, sed quid fortia corda tegunt”. Mura non ricingono Micciano, Torrecifreda e Cesonio, ma le proteggono forti cuori. PENDENZA – “Dicor pendentes inter Pendentia silvas, Tu procul a nobis, si sapis hostis abi”. Son detta Pendenza tra le pendenti selve, Tu, o nemico, se sei saggio, sta lontano da noi. CALCARIOLA – “Oppidulum cernis quod Calcariola vocatur hostibus adverso nam pede calcat iter”. Un piccolo castello tu vedi che si chiama Calcariola, perché calca la via con piede avverso ai nemici. CASETTE – “Non humiles abitare casas non parvula tecta displicet hoc nomen laetor intesse mihi”. Abitare umili case poveri tetti non dispiace, godo di avere questo nome. 36 EX - DIOCESI di CITTADUCALE GROTTI – “His tibi de Cryptis iusserunt exire Leones Nam licet has Cryptas frivola tecta putes ». Da queste Grotte che tu credi deboli case i leoni t’imposero di uscire. CANTALICE – “Cui Bellona animos, cui Mars dedit arma tremendus haec sunt Cantatici fortia tecta loci”. Questi sono i forti tetti di Cantalice, cui dette Bellona l’ardire e Marte tremendo le armi. LUGNANO – “Prole gigantea Lugnanum nobile dicor non timet hostiles gens animosa minas ». Nobile per prole gigantesca son detto Lugnano ; non teme minacce ostili una gente animosa. LISCIANO – “Vix nostri meminet transacti temporis aetas at modo Liscianum non sine laude vocor”. L’età passata appena si ricorda di me, ma ora non senza lode son chiamato Lisciano. CASTEL SANT’ANGELO – “Cernite nunc castrum Angelico sub nomine factum Angelus omne nefas hinc procul esse iubet”. Guardate ora il castello dal nome Angelico; l’Angelo comanda che di qui sia lontano ogni male. PATERNO – “Urbs vicina tenet quondam me jure paterno, non aliud voluti nomen intesse mihi”. Poiché la vicina città mi regge in modo paterno, non altro nome volle che io avessi. BORGOVELINO – “Aspice Burgetti sunt haec insignia cuius non timida est umquam Martis ad arma manus”. Guarda: questa è l’insegna del Borghetto la cui mano non è mai timida per le armi di Marte. COLLERINALDO – “Cornaldum videas stet saxi ut robore firmum Burgetti requies quo modo tuta manet”. Vedi come Cornaldo sta fermo su la roccia, per cui sta sicura la quiete del Borghetto. ROCCA DI FONDI – “Quam vos magnanimam Fundorum cernitis arcem est quae Velini terminet arva loci”. La magnanima Rocca di Fondi che voi vedete è il confine del suolo Velino. PETESCIA – “Omnibus inferior tectis Petesia sed non prole virum veterum sic monumenta docet” Petescia, inferiore a tutte le dimore, ma non per discendenza di illustri antenati, così provano i documenti. Chiesa di S. VITTORINO – “Hic vario Cutiliae nascuntur gurgite limphae hic ubi nunc Christi colitur alma Mater” Qui scaturiscono con diverse sorgenti le acque di Cotilia, qui dove ora vengono a venerare la Vergine Madre di Cristo. 37 IN CAMMINO VERSO I SETTECENTO ANNI DALLA FONDAZIONE (10) CITTADUCALE, PRESTIGIO e DECADENZA La storia di Cittaducale è stata caratterizzata da periodi di fulgida GLORIA e da momenti di dissesto, di decadenza, di DECLINO. Il prestigio derivante dal Casato dei D’Angiò si è accresciuto, dal 1502 in poi, dalla nomina della Città a Sede Vescovile. Nel 1927, Cittaducale ha conteso a Rieti la candidatura a PROVINCIA. Purtroppo, come sovente è facile registrare, la sfortuna, ma soprattutto la dabbenaggine, ha compromesso la possibilità di sviluppare e rendere la Città memorabile. Oggi, la Città Angioina conserva il titolo Arcivescovile e l’attuale titolare della Diocesi di Cittaducale è MONS. MARCO DINO BROGI, che risiede al Convento Francescano di FIESOLE. Ripercorriamo, brevemente, la storia della DIOCESI di CITTADUCALE. Il 24 giugno 1502 CITTADUCALE fu eretta al rango di SEDE VESCOVILE. L’erezione di Cittaducale a Diocesi s’innesta nelle vicissitudini politiche di cui fu protagonista il Cardinale COLONNA. Il Primo Vescovo designato, ULISSE ORSINI, rifiutò l’incarico, a causa del modestissimo appannaggio. L’incarico fu allora affidato a MATTEO MONGIANI, vassallo di Casa Orsini. Nel 1508 il Papa Giulio II inviò come Vescovo Monsignor GIACOMO ALFARABI, un Sacerdote reatino, originario di Leonessa. Alla guida della DIOCESI di CITTADUCALE si sono succeduti i seguenti VESCOVI: 1. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. MONGIANI MATTEO (1502-1505); 2. ALFARABI GIACOMO (1508 – 1511); MASSIMI GIACOMO (1513-1524, di Pontecorvo); MASSIMI FELICE (1525-1573, di Pontecorvo); PIRROTTA POMPILIO (1573-1580, napoletano); VALENTINI VALENTINO (1580-1592, nativo di S. Martino di Petrella Salto); ZAGORDO GIANFRANCESCO (1593-1599); Il portoghese Fra’ Giorgio Giovanni PADILLA Y VASCONCELLOS (1599-1609); PIERPAOLO QUINTAVALLE da Campli (1609-1627); BENIGNI NICOLA da Todi (1628-1632); VETULI POMPONIO, nativo di Cittaducale (1632-1652); CHERUBINI SALLUSTIO da Posta (1652-1659); Il reatino VALENTINI GIOVAN CARLO (1659-1681); GIANGIROLAMI FRANCESCO, reatino (1682-1685); TANI FILIPPO, benedettino romano (1686-1712); PICHI PIERGIACOMO (1718-1733); per un certo periodo, in sostituzione del titolare Mons. Pichi, la Diocesi fu affidata all’Amministratore Apostolico SANDULLI PAOLINO; 17. RIVERA FRANCESCO, patrizio aquilano (1733-1742); 18. MARCULLI ANGELO MARIA (1742-1750); 19. CALCAGNINI NICOLA MARIA, nativo di Capua (1750-1792); 20. MARTINI PASQUALE, beneventano (1792-1798). La convulsa stagione dell’età napoleonica fu duramente segnata dalla morte del Vescovo Martini Pasquale, che fu ucciso nel 1798 durante i torbidi della rivoluzione, che ha provocato la soppressione della Diocesi di Cittaducale, il cui territorio fu annesso alla Diocesi de’ L’Aquila. Dal 1798 al 1818, la Diocesi di Cittaducale fu amministrata da un VICARIO Capitolare. Gli effetti della soppressione della Diocesi di Cittaducale (1818) sono perdurati fino al 1972, quando il territorio di Cittaducale è stato accorpato alla Diocesi di Rieti. 38 IL SALONE VESCOVILE Cittaducale vive di memorie, di storie, certamente gloriose, ma ha bisogno di persone capaci di emulare i personaggi del passato per lasciare un patrimonio prezioso ai posteri. Accanto alla Chiesa Cattedrale di S. Maria del Popolo, si trova il Palazzo Vescovile. L’appartamento, in cui risiede il Parroco, ha subìto lavori di trasformazione nell’anno 2004. Un locale meritava di essere sistemato e messo in ordine. Il Salone Vescovile appariva in condizioni di trascuratezza. Un civitese, il Vescovo Mons. Pomponio Vetuli (1632-1652), apportando alcune modifiche al Palazzo, aveva creato un grande salone, dove aveva fatto raffigurare lungo le pareti Cittaducale con i castelli componenti il territorio della Diocesi, in alternanza con gli stemmi dei Vescovi, che lo avevano preceduto alla guida della Chiesa della Diocesi di Cittaducale (24 giugno1502, Papa Alessandro VI eresse Cittaducale a Sede Vescovile, assegnando ad essa un territorio con una ventina di villaggi). La raffigurazione panoramica di Cittaducale, che si può ammirare al centro della parete prospiciente la facciata del palazzo, come pure quella di ciascun castello, nelle restanti pareti, è accompagnata da un distico latino, che ne mette in risalto le caratteristiche. Nel Salone il Vescovo accoglieva le autorità e dava udienza pubblica. Sotto la raffigurazione panoramica di Cittaducale era sistemato il “trono”, la “cattedra episcopale” e lì il Vescovo si mostrava ai suoi diocesani con tutta la dignità di cui era insignito. Dopo circa 360 anni, un Parroco civitese, il Sac. Ferdinando Tiburzi, ha provveduto a ridare decoro al Salone Vescovile. Grazie all’opera volontaria, preziosa, meticolosa e valida di un gruppo di persone, il Salone sta riacquistando il suo fulgore. 39 SQUARCI DI CITTADUCALE (Enrico Di Sisto) Cittaducale - Scavi di S. Vittorino 40 Cittaducale - Piazza Portale di Sant’Agostino