1/01
MARZO 2001 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia - contiene IR
2001-1
INDUSTRIA VICENTINA
INDUSTRIA VICENTINA
TUTTI
IL
PAESE
A TAVOLA
DEI BALOCCHI
GIOCHI,
PASTA,
PANE,
GIOSTRE,
CARNE,
TRENINI,
LATTE...
PELUCHE
LE
INDUSTRIE
E GIOCATTOLI:
ALIMENTARI
VICENTINE
TRA SAPORI, QUALITA’
ECCO L’INDUSTRIA
E
GARANZIE
DI SICUREZZA
DEL
DIVERTIMENTO
LA SOCIETA’
DISSOCIATA
VALLE INCANTATA
INCERTA
E SPAESATA,
C’È UN POLO
DELLE FORGE
BENESTANTE
MA
INSICURA.
DENTRO LA VAL
D’ASTICO
ILE RAPPORTO
DI ILVO
UN’INDUSTRIA
CHEDIAMANTI
VIVE
SULLA
SOCIETA’
VICENTINA
PROTETTA
DAI MONTI
LA
CORSA
ALL’ ITALIE
EURO
QUANTE
BELLE
INDAGINE
TRA MILLE
IMPRESE:
ILVO DIAMANTI
COMMENTA
A
PUNTO
E’ IL CAMMINO
LACHE
MAPPA
DI UN’ITALIA
VERSO
LA MONETA
UNICA?
CHE GIRA
A PIÙ VELOCITÀ
UNA
VITA DA VICENTINO
VIAGGIO
NOVECENTO
QUARANT’ANNI
IN GIRO PER IL
UN SECOLO DI ARTE
MONDO.
CON
UN OBIETTIVO
IN MOSTRA
GRAZIE
IN
TESTA
E UNO APRIVATE
TRACOLLA
ALLE
COLLEZIONI
I tempi lunghi
della giustizia
CORSIVO
S
i è parlato molto, recentemente, dei dello Stato di gestire la giustizia.
tempi lunghi della giustizia in provin- Mi auguro che lo Stato non si adagi sulcia di Vicenza, della durata dei processi e l'idea che il sistema economico vicentino
delle cause civili. Un fenomeno che inte- possa fare da sè anche nell'amministrare
ressa tutto il paese, ma che da noi si se- la giustizia civile. Occorre risolvere una
gnala per la sua particolare gravità. Il volta per tutte questa situazione, dalla
Corriere della Sera ha riportato dati lam- quale deriva per il nostro mondo propanti: c'è un magistrato ogni 58 miliardi duttivo una perdita di competitività inesportati in Italia, uno ogni 12 in Campa- diretta. Però il problema presentato dalnia, uno ogni 184 nel Veneto e addirittura l'Ordine degli avvocati di Vicenza è reale
uno ogni 466 a Vicenza. C'è un magistra- e concreto, e quella che hanno avanzato
to ogni 4.431 abitanti a Messina e uno può anche diventare una via da seguire,
qualora nulla si
ogni 17.000 nel Vimuovesse da parte
centino.
In provincia le cifre
della giustizia ordiÈ evidente che, noparlano
chiaro:
naria. I rimedi per
nostante l'impegno
dei magistrati, a Vile risposte della giustizia risolvere il problema, comunque, socenza le risposte
non sono adeguate
no noti: si tratta di
della giustizia non
sono adeguate ai bi- ai bisogni dell’economia semplificare il nostro apparato legisogni dell'economia
e
della
società.
slativo, depenalizzae della società. In
Si resta in attesa
re i reati minori, miquesta situazione, i
gliorare gli strumennostri interlocutori
di un segnale
ti tecnologici e le
esteri, quando nella
da
parte
dello
Stato
strutture a servizio
stesura di un condella giustizia, e potratto si arriva a fissare il foro competente, hanno buon gio- tenziare il numero dei magistrati: oggi a
co nell'imporre il foro della loro sede, e Vicenza l'organico è del tutto inadeguato
questo per le nostre imprese significa co- al bisogno di giustizia espresso dalla società e dal sistema economico.
sti e difficoltà in più da affrontare.
L'Ordine degli Avvocati di Vicenza ha Ci aspettiamo un segnale dallo Stato, il
avanzato l'ipotesi di un Tribunale priva- quale deve garantire che la giustizia ci
to, di una Camera arbitrale parallela alla sia e funzioni, per essere in grado di dare
quale rivolgersi per abbreviare i tempi risposte al cittadino in qualunque modella giustizia ordinaria. È una provoca- mento. Altrimenti, si mette in discussiozione, una soluzione estrema, che rivele- ne un cardine fondamentale della vita
rebbe l'incapacità dello Stato nel gestire sociale e del senso di appartenenza del
uno dei pilastri su cui si regge l'ordine cittadino allo Stato.
sociale ed economico. Sarebbe grave se
Valentino Ziche
si dovesse prendere atto del venir meno
della fiducia della gente nella capacità
Presidente Associazione industriali di Vicenza
1
SOMMARIO
INDUSTRIA VICENTINA
Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola
industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza.
Direttore responsabile
Stefano Pernigotti
Caporedattore
Stefano Tomasoni
Hanno collaborato
Maurizio Dal Ferro, Ilvo
Diamanti, Luca Grifalconi,
Anna Madron, Maurizio
Mascarin, Walter Stefani
Progetto grafico
Patrizia Peruffo
Stampa
Tipografia Rumor S.p.A.,
Vicenza
Pubblicità
Oepi, Verona
Editore
Istituto promozionale
per l’industria srl
Piazza Castello, 3 - Vicenza
Anno diciannovesimo Numero 1.
Marzo 2001
Una copia L. 8.000.
Registrazione Tribunale di
Vicenza n. 431 del 23.2.1982
Questo numero è stato stampato
e diffuso in 4.900 copie.
È vietata la riproduzione anche
parziale di articoli e illustrazioni
senza autorizzazione e senza
citare la fonte.
FOTOGRAFIE
Archivio Associazione industriali
pag. 23, 24 a sin., 56, 57, 58; Archivio Ash Multimedia 15, 16; Archivio Brendolan Prosciutti 20 in alto; Archivio Bruno Mastrotto 42, 43,
44; Archivio Coelsanus 20 in basso;
Archivio Csc 38; Archivio Diesel 41
a sin.; Archivio Filk 40 in alto; Archivio Fitt 40 in basso; Archivio
Grafiche Tassotti 41 a dx; Archivio
Harry’s Morato 18, 21, 22; Archivio Magnetic 36, 37; Archivio Santo Stefano 24 a dx; Archivio Spega
26; Cesare Gerolimetto 48, 49, 50,
51; Corrado Pedon 5, 7, 8, 10, 11,
12, 47; Fabiano Avancini 14; Libro
“Vicenza. La provincia preziosa”
52, 53, 54, 55; Opuscoli “eurofisco” ed “euroimpresa” del Ministero
del Tesoro Comitato euro 28, 30;
Opuscolo della Commissione europea “Quando arriverà concretamente l’euro nelle nostre tasche?”
29, 34; Rodolfo Paolo Rossi 46.
Copertina: Archivio Associazione
industriali, Archivio Harry’s Morato, libro “Vicenza. La provincia
preziosa”.
CORSIVO
1 I tempi lunghi della giustizia
di Valentino Ziche
FOCUS
5 La società degli insicuri
Il rapporto 2001 di Poster sugli orientamenti
dei vicentini dipinge una società incerta e
spaesata, che procede sulla strada dello sviluppo, ma si sente meno sicura e meno ricca di
rapporti interpersonali. Una società che accetta l’immigrazione regolare, ma è preoccupata
di quella clandestina.
di Ilvo Diamanti
ARGOMENTI
14 Affari nella rete
Il commercio elettronico cambia il quadro generale dell’economia e dell’impresa. Lo confermano anche i risultati del progetto sperimentale sull’e-commerce concluso dall’Assindustria e condotto con un gruppo pilota di
aziende già orientate alla vendita sulla rete.
di Maurizio Dal Ferro
VICENZA PRODUCE
18 Tutti a tavola
Il mondo dei prodotti alimentari sta attraversando un momento delicato. Il “mangiar bene” assume un significato ampio in cui trovano posto gusto e sapore, ma anche sicurezza,
garanzia e certificazione. Siamo andati a vedere cosa produce il settore alimentare vicentino
nel duemila.
di Anna Madron
L’INCHIESTA
28 La corsa all’euro
Come si stanno preparando le imprese vicentine all’arrivo della moneta unica? A pochi mesi
dall’evento, un’indagine dell’Assindustria su
mille aziende ha fatto il punto della situazione.
“Chi non si è ancora mosso, adesso deve farlo”, dice il presidente Ziche.
di Luca Grifalconi
IMPRESE
36 Piccoli, medi e grandi motori
La Magnetic di Montebello Vicentino è un’azienda che spicca nel panorama italiano dei
costruttori di motori per un “range” di prodot-
ti completo e particolarmente diversificato nel
settore dell’automazione industriale
38 I campioni della superlega
La Csc di Schio lavora da venticinque anni nel
mondo delle superleghe, progetta e costruisce
per l’industria aerospaziale, navale, chimica e
per le ricerche nell’ultra alto vuoto.
40 Impresaflash
PERSONAGGI
42 Un vulcano chiamato Bruno
Bruno Mastrotto, uno dei fratelli dell’omonimo
“impero” conciario di Arzignano, unisce la gestione delle aziende del gruppo con un impegno diretto nel sociale, come presidente del
movimento per i diritti del malato di Arzignano. Il tutto alla sua maniera. Vulcanica.
di Stefano Tomasoni
LAVORO E RELIGIONI
46 La saggezza dell’istrice
L’integrazione tra genti che hanno diversi concetti del lavoro e professano diverse religioni è
un tema sempre più d’attualità in una provincia multietnica come la nostra. Ne abbiamo
parlato con mons. Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto “Rezzara” di Vicenza.
di Maurizio Mascarin
SOCIETÀ E CULTURA
48 Una vita da viaggio
Vent’anni a girare il mondo per passione (con
un’impresa epica da Guinness), altri venti a
scoprirlo come fotografo professionista. È la
vita di Cesare Gerolimetto, un artista della foto di ambiente, di paesaggio e di umanità a
cui la sua città, Bassano, ha dedicato una
“personale”.
di Stefano Tomasoni
52 La provincia in piazza
Il libro “Vicenza. La provincia preziosa” racconta il Vicentino con centinaia di foto e una
ricca collezione di testi di autori che di questa
terra offrono un ritratto a tutto tondo. Proponiamo uno stralcio del capitolo dedicato alle
feste di piazza tradizionali vicentine.
di Walter Stefani
RUBRICHE
56 Assoflash
60 Osservatorio
La società
degli insicuri
FOCUS
5
Ecco, nei risultati
dell’annuale
rapporto di
Ilvo Diamanti,
la fotografia
della società
vicentina
all’inizio del
nuovo millennio:
incerta e
spaesata,
procede
sulla strada
dello sviluppo,
ma si sente
meno sicura
e meno ricca
di rapporti
interpersonali.
U
na società incerta e spaesata, sospettosa; che si guarda intorno con preoccupazione. È ciò che esce dal Rapporto
2001 sugli orientamenti della società vicentina, giunto al sesto appuntamento annuo, realizzato da Poster per conto dell’Associazione industriali. Una società dissociata, che procede rapida e spedita lungo la
strada dello sviluppo. Che non conosce la
disoccupazione. E si tiene saldamente ai
puntelli tradizionali: la famiglia, la Chiesa
e l’impresa. Ma mentre si globalizza e corre
veloce, sembra allontanarsi dal suo contesto sociale, dal territorio. La società sembra
perdere la società. Si smarrisce. Impaurita
da nuove minacce, come la criminalità. Da
paure che crescono anche perché il mondo
che la circonda è meno amico. Meno ricco
di rapporti interpersonali, di solidarietà.
Per questo ha bisogno, più di prima, di riferimenti istituzionali, che diano certezza.
Ma ha bisogno al tempo stesso di ricostruire le relazioni sociali, il tessuto dei contatti
personali. Di riprendersi il territorio.
Successo economico
e insicurezza personale
Non vi sono motivi “materiali” alla base
dei timori di vicentini. Le aspettative nel
futuro, quanto all’economia e al lavoro,
sono positive. Il mondo degli affetti, delle relazioni familiari e amicali continua
ad apparire gratificante. Al pari dei riferimenti associativi più radicati: le organizzazioni imprenditoriali, la Chiesa. I
problemi sorgono, invece, dal rapporto
con l’ambiente circostante, che risulta,
sempre meno amico, sempre meno vivibile e percorribile. Si sta spezzando, cioè,
il legame fra la società e il territorio, che
da luogo di vita e di relazioni tende a diventare, o meglio, ad apparire un terreno ostile, rischioso; povero di occasioni
di incontro e di comunicazione sociale.
Così che la casa, la famiglia, le cerchie
amicali più ristrette acquistano sempre
più valore, ma appaiono, al tempo stesso, rifugi, quasi fortezze; luoghi di chiu-
FOCUS
6
sura, piuttosto che punti di riferimento
aperti e proiettati all’esterno.
D’altra parte camminare per strada dopo una certa ora, girare in bicicletta,
mandare i bambini a scuola da soli viene
considerato molto pericoloso da 6-7 persone su 10. E altrettante persone non si
sentono protette senza un sistema d’allarme in casa. C’è una pericolosità ambientale che spinge i vicentini tra le mura domestiche, nei circuiti stretti della
parentela e degli amici.
Inoltre, i problemi dichiarati più importanti dai cittadini evocano altrettanti segni della “pericolosità” e dell’ostilità del
territorio circostante: la viabilità, satura e
intransitabile, che diventa per i vicentini
l’emergenza; la criminalità comune, che
continua a costituire una minaccia incombente; il degrado ambientale, che comincia a turbare seriamente gli occhi e la
mente delle persone. Un contesto che ai
vicentini sembra, quindi, sempre più difficile da vivere; insidioso e stressante da
attraversare e percorrere; rischioso, per la
sicurezza personale e familiare; deterio-
rato, deturpato. Certamente non ameno.
È come se i vicentini scoprissero, bruscamente, di vivere in una metropoli diffusa,
con i problemi e le tensioni tipiche di una
realtà ad alta intensità urbana, dopo aver
creduto, fino a poco tempo fa, di essere
ancora immersi in un mondo comunitario; in un paese punteggiato di rapporti
diretti fra persone; in uno spazio transitabile, animato da persone e di relazioni.
L’impatto delle trasformazioni, per questo, risulta loro più pesante, meno accettabile. Abituati a vivere nelle piazze e nelle strade, inseriti in una rete fitta di relazioni sociali; usi a muoversi senza fatica e
senza timori in un territorio di grande
qualità estetica, oltre che ambientale, la
scoperta dei “mali” della città diffusa li
(ci) rende più sofferenti e insofferenti.
Così come appare loro meno sopportabile
la tendenza all’autoreclusione, che cresce
in molti settori della società. Un terzo dei
vicentini, d’altronde, passa la maggior
parte del tempo esterno al lavoro da solo
o con i familiari. Rinchiuso in casa; rifugiandosi nelle relazioni “corte”.
Dimensioni dell’insicurezza locale
“Quanto ritiene pericoloso, nel suo paese o quartiere,
comportarsi nei seguenti modi?”
(percentuale di coloro che ritengono Molto o Moltissimo pericolosi – N.r. media 1,3%)
Uscire soli
quando è buio
51
Non avere in casa
un allarme
57
Girare in bici
nel traffico
65
Lasciare giocare
i bambini soli
75
0
20
40
60
80
100
Incerti e spaesati
È per questo che appaiono spaesati. Sono cambiati profondamente e in fretta.
Ma la percezione di questo mutamento
non è facile da assorbire; da tollerare. Il
che rende la società locale ancora più
reattiva. Più insicura. Non a caso una
persona su due considera il futuro “difficile, incerto e carico di rischi, per sé e
per la propria famiglia”. Il 5% in più di
due anni fa. Un indice superiore a quello
nazionale.
Né il rapporto con lo Stato e con le istituzioni sembra migliorato. Resta alta,
non a caso, la fiducia nelle “forze dell’ordine”, che riflette la domanda di protezione e di sicurezza; ma anche nel Presidente della Repubblica, oggi unico riferimento comune e unitario, al di là delle
generazioni e delle colorazioni politiche,
per i vicentini (come per gli italiani in
generale). E le stesse istituzioni locali –
comuni e regioni – ed europee registrano
un buon grado di confidenza, fra i cittadini. Ma altri ambiti che, nel passato recente, mobilitavano le aspettative e i
sentimenti sociali oggi suscitano consensi
assai minori, come la magistratura; oppure generano delusione, come le banche e la borsa.
Lontani dallo Stato, scoraggiati dai canali che promuovono le aspettative di
miglioramento economico e finanziario
individuale e sociale; e, peraltro, sempre
più soli nel loro ambiente. I vicentini
sembrano pagare a caro prezzo il loro
successo economico, il loro benessere, la
loro soddisfazione circa i luoghi della vita quotidiana (famiglia, lavoro, amicizia), immersi come appaiono in un clima di incertezza, di ritiro dal mondo
delle relazioni sociali, di fuga dal territorio, di paura nei confronti del futuro.
Insicurezza locale
Inquieti
54%
Sereni
9%
Preoccupati
37%
Nella categoria “Preoccupati” rientrano coloro
che hanno valutato pericoloso almeno uno dei
comportamenti proposti; nella categoria “Sereni” quanti invece ritengono che nessuno dei
comportamenti in esame sia pericoloso.
8
Immigrazione,
tra realismo e timore
Va detto che il senso generalizzato di insicurezza che inquieta i vicentini, non
impedisce loro di valutare e affrontare
con realismo i principali fenomeni e le
principali trasformazioni che segnano
questa fase. Spesso, cioè, la paura che li
pervade costituisce un sentimento indistinto, sintomo di un malessere più ampio, che si ridimensiona e comunque si
precisa di fronte a questioni definite e
concrete. È il caso, in particolare, dell’immigrazione. Gli immigrati, com’è
noto, costituiscono al tempo stesso una
risorsa e una fonte di timore per molti
cittadini, in quanto – anche se talora impropriamente – la loro presenza viene
collegata all’aumento di tensioni come il
diffondersi della criminalità comune.
Oppure alla possibile crisi di identità
culturale e religiosa della popolazione locale. Tuttavia, l’indagine mostra come i
vicentini si pongano di fronte al fenomeno, senza farsi travolgere dalle emozioni
e dai risentimenti.
L’immigrazione, infatti, è vissuta come
una minaccia per l’identità culturale e
religiosa dal 28% dei cittadini. Non è
poco, ma resta una minoranza. Come
nel resto del paese.
Più alta è, invece, la quota di chi la concepisce come una minaccia per l’ordine
pubblico: il 37%. Un dato, peraltro, inferiore sia a quello veneto che a quello
nazionale.
Per contro, il 53% dei vicentini considera
l’immigrazione necessaria allo sviluppo
dell’economia locale; e il 77% di essi riconduce le tensioni prodotte dall’immigrazione ai clandestini. Nei confronti degli immigrati, quindi, i vicentini esprimono un atteggiamento contraddittorio, ma
senza estremismi. Senza pregiudizi ideologici. Provano disagio, perché è un fenomeno nuovo per un’area che storicamente ha rappresentato una terra di emigranti, non di immigrazione. Perché l’immigrazione si associa a tanti altri cambiamenti, a tante altre trasformazioni. Però
riescono, al tempo stesso, a capire che in
larga misura l’entità del fenomeno è prodotta dall’interno, dalle nostre esigenze,
dalle dinamiche dello sviluppo economico e del mercato del lavoro. Ne percepiscono la necessità e, al tempo stesso, ne
provano inquietudine. Però non sono ciechi e insensibili. Non preferirebbero, come talora si sente dire, che venissero senza farsi vedere. Che lavorassero senza vivere in mezzo agli altri. Tant’è che il problema non è l’immigrazione. Ma l’immi-
Fiducia nelle associazioni
di categoria, un po’ meno
nelle istituzioni, nel governo. Anche la chiesa perde
qualche punto. Lo dicono i
risultati del rapporto di
grazione clandestina. Tant’è che il 60%
dei cittadini vede, come soluzione alle
tensioni suscitate dal fenomeno, la “normalizzazione” della condizione degli immigrati, attraverso la casa (60%) e il ricongiungimento familiare (66%).
Il salto generazionale
Questi dati suggeriscono che anche in
quest’area ci si abituerà all’immigrazione;
anzi che ci si stia già abituando ad essa.
Ma indicano come occorra abituarsi pre-
sto ai molti, diversi cambiamenti che investono la nostra società. Anzi: al cambiamento, in generale. Occorre, cioè, superare lo spaesamento. Capire che il villaggio in cui si pensava di vivere e abitare
non c’è più; perché siamo inseriti in un
contesto globalizzato; perché noi stessi
abbiamo contribuito a cambiare il nostro
contesto locale, con il nostro lavoro, con
le nostre abilità. Dobbiamo, cioè, fare i
conti con la metropoli che siamo diventati. E affrontare i cambiamenti interni alla
nostra società. Le fratture che l’attraver-
Diamanti.
“Sono naturalmente soddisfatto del fatto che nella
gente ci sia un’alta considerazione delle associazioni imprenditoriali – commenta Valentino Ziche,
presidente dell’Assindu-
Ora le illustrerò alcune opinioni sugli immigrati.
Quanto si sente d’accordo con ciascuna di esse?
stria – , per contro, tutta-
(% di coloro che si sono sentiti Molto o Moltissimo d’accordo)
Gli immigrati sono una minaccia per la nostra identità nazionale e religiosa
L’immigrazione è necessaria al nostro sviluppo economico
Gli immigrati sono un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone
Il problema dell’immigrazione sono i clandestini
Non risponde
Base (val. ass.)
via, non è un bene che cali
27,6
53,2
37,2
77,1
la fiducia nella politica,
3,9%
800
perché finisce che le associazioni vengono chiamate
a coprire questo vuoto di
“Quanto ritiene opportune le seguenti strategie
per far fronte ai problemi posti dall’immigrazione?”
credibilità delle istituzioni
(percentuale di coloro che le ritengono Molto o Moltissimo opportune – N.r. media 3,7%)
e della politica, assumendo
Garantire una casa
agli immigrati
59
Favorire
il ricongiungimento
familiare
un ruolo che non è loro
proprio. La gente chiede
66
che siano fatte determinate
Introdurre il reato
d’immigrazione
calndestina
69
cose, e la risposta la deve
dare la politica, riappro-
70
Rimandare a casa
tutti i clandestini
priandosi del ruolo che le
0
20
40
60
80
100
spetta”.
FOCUS
10
sano. Perché le tensioni, il disagio che attraversa la realtà vicentina, non riguardano allo stesso modo tutta la società. È
una tendenza che avevamo osservato già
lo scorso anno. E quest’anno si ripropo-
Qual è il problema
più importante da affrontare
oggi in provincia di Vicenza?
(dati in percentuale)
Strade e viabilità
Criminalità
Degrado ambientale
Immigrazione
Burocrazia
Disoccupazione
Carenza di manodopera
Competitività dei mercati
Totale
Non risponde
Base (val. ass.)
Vicenza 2001
29,7
26,8
14,2
11,6
8,7
7,2
1,0
0,8
100,0
10,1%
800
ne: più profonda e marcata. Vicenza appare, infatti, una società dissociata non
solo per il disassamento fra il mondo di
vita delle persone e il contesto che le circonda. Ma anche internamente: per i salti
che ne segnano la continuità biografica.
Osservando le tendenze e gli orientamenti dei vicentini, infatti, emerge una
doppia frattura: generazionale e culturale. Fra giovani e anziani; fra persone ad
alta e bassa scolarità. Fratture che si implicano e compongono reciprocamente.
E delineano distanze più ampie rispetto
a quelle delle tradizionali forme di stratificazione sociale (la classe, il reddito).
La paura: è tanto più forte fra gli anziani, a bassa scolarità, con una rete corta
di relazioni sociali. Settori sociali pervasi
da sfiducia, inquietudine, incertezza nel
futuro; perplessi verso il futuro, lontani
dalle istituzioni, afflitti dalla solitudine,
scettici verso le nuove tecnologie, timo-
rosi di fronte all’immigrazione. Al contrario i giovani, con elevato grado di
istruzione: immersi in reti di amicizie
aperte e molteplici, non molto ottimisti
nei confronti del futuro, ma meno spaventati dal clima di incertezza in cui sono immersi, integrati nei nuovi media,
più aperti verso gli immigrati.
Il rischio di uno sviluppo
senza società
Tutto normale? Replica di un copione
noto? Non è del tutto vero. Perché rispetto al passato si rileva una differenza
profonda: i giovani sono in costante declino. Gli adulti e gli anziani in forte crescita. La società vicentina è una società
invecchiata rapidamente. Le paure che
la attraversano non riflettono solamente
i cambiamenti rapidi di una società che
si è trasformata dal punto di vista economico e culturale; e che al contempo si
è globalizzata intensamente. Riproducono anche una società più sazia, sterile,
biograficamente invecchiata.
È, quindi, una società che deve fare i
conti con problemi di diverso segno. Ma,
11
peraltro, noti. Che possono trovare risposta attraverso politiche sociali e infrastrutturali. In tempi non troppo lontani,
visto che stanno producendo un impatto
molto forte sugli orientamenti delle persone. L’insicurezza ambientale e la viabilità, in particolare. È una società che
deve essere aiutata dal sistema politico,
Ci può dire se lei nel suo tempo libero frequenta:
(valori in %)
Una compagnia fissa di amici
Persone e amici diversi
Parenti
Associazioni e gruppi di volontariato
Bar
Centri di incontro
Sta prevalentemente da solo
Non risponde (media)
Base (val. ass.)
Con una certa assiduità
%
50,5
23,9
51,8
18,5
13,0
10,2
23,5
Solo in particolari circostanze
%
28,2
42,7
40,8
18,8
29,1
17,7
36,9
Mai
%
21,3
33,4
7,4
62,7
57,9
72,1
39,6
0,3%
800
FOCUS
12
dalle istituzioni, a ricostruire un ambiente di vita amico, protetto, sicuro. Ma che
deve, al contempo, ricostruire il suo tessuto di relazioni, il suo rapporto con il
Le relazioni sociali
Relazioni
corte
25%
Relazioni
estese
46%
Solitudine
7%
Impegnati
nel sociale
22%
Nella categoria intermedia “Relazioni Corte”
sono collocati coloro che passano il proprio
tempo libero prevalentemente in famiglia o da
soli. Invece nella categoria “Relazioni Estese”
troviamo coloro che denotano uno sviluppo intenso di relazioni sociali. Nella categoria “Impegnati nel Sociale ci sono quelli che con una
certa assiduità si dedicano ad attività di volontariato presso associazioni e parrocchie.
contesto. Afferrando gli appigli che la
sua stessa tradizione le offre. Ricorrendo, ad esempio, a quel 22% di persone
che si dicono impegnate nel sociale e nel
volontariato.
Ricostruire la socialità e riconquistare il
territorio, per garantire sicurezza nel
presente e nel futuro: questo potrebbe
essere lo slogan per rispondere all’inquietudine che scuote i vicentini.
Ma, al tempo stesso, appare importante
riprendere il dialogo e la comunicazione
fra generazioni. Fra genitori e figli. Fra
anziani, adulti e giovani.
E riprendersi il tempo per capire ciò che
sta avvenendo attorno a noi. Questo sviluppo è nato grazie alla società che gli
sta intorno. Ma oggi il percorso dello sviluppo economico e della società sembra
divergere. Non bisogna permettere che
la società si ritiri e si prosciughi. Ne soffrirebbe lo stesso sviluppo. Ma ne soffriremmo anzitutto noi.
Ilvo Diamanti
ARGOMENTI
Affari
nella rete
14
Il commercio
elettronico
cresce a passi
da gigante
e cambia il
quadro generale
dell’economia e
dell’impresa.
Una conferma
arriva anche dai
primi risultati
del progetto
sperimentale
sull’e-commerce
concluso
dall’Assindustria
e condotto con
un gruppo-pilota
di aziende già
in marcia verso
la vendita
sulla rete.
“I
l commercio elettronico sta crescendo a passi da gigante. Entro il
2003 il numero delle persone che compreranno on-line sarà triplicato rispetto
ad oggi e il valore delle transazioni aumenterà di venti volte. Le persone che
utilizzeranno il commercio elettronico in
Europa supereranno il numero degli
utenti americani e le aziende connesse
ad Internet totalizzeranno l’80% del
prodotto interno lordo europeo”. È
quanto si legge in un recente studio-previsione pubblicato dalla Commissione
dell’Unione Europea che indica anche
tutta una serie di strumenti e di azioni
prioritarie volte a superare gli handicap
che frenano il rapido sviluppo delle tecnologie digitali in Europa.
Qualche dato quantitativo completa il
quadro: nell’Unione Europea, nel 2003
l’e-commerce toccherà verosimilmente
quota 430 miliardi di euro mentre quel-
lo italiano raggiungerà un valore approssimativo di 30 mila miliardi di lire.
L’affermarsi dell’economia digitale dovrebbe inoltre contribuire a cambiare il
quadro generale dell’economia. I produttori potranno controllare le disponibilità di materia prima in tempo reale
semplificando i problemi di approvvigionamento, organizzare la produzione in
base ai bisogni dei clienti, controllare
dove si trova esattamente una merce in
consegna ed ottenere altre informazioni
che permetteranno di ottimizzare il ciclo
produttivo. Il cliente sarà informato sull’avanzamento del suo ordine, accontentato con prodotti “su misura” in grado
di soddisfare i propri desideri, seguito ed
assistito nel loro utilizzo e nella manutenzione.
Questi sviluppi, d’altra parte, implicheranno importanti cambiamenti nel modo di fare impresa ed una profonda ri-
flessione sulle strategie e sulle scelte di
sviluppo aziendale. È quanto risulta anche dal progetto ICN (Innovative Comunication Network) promosso dall’Associazione industriali e conclusosi di recente dopo due anni e mezzo di sperimentazioni. Obiettivo del progetto, finanziato
dal Fondo Sociale Europeo, era verificare le potenzialità offerte dall’utilizzo delle reti – in modo particolare dal commercio elettronico – senza trascurare altri aspetti interni all’azienda che questo
nuovo strumento modificherà profondamente.
Una quarantina le aziende che hanno
aderito all’intero progetto: tredici di loro
(Axios, Biasia Francesco, Boschetti,
Compressori DGM, Cotonificio Valbrenta, Distilleria Poli, Girovì, Lucente, Magnabosco Guido, Miles, Schiavon, Vicenza & Valentina, Xacus) si sono concentrate sull’aspetto commercio elettronico.
Il progetto nel suo insieme si è articolato
in tre fasi: ricerca e monitoraggio, formazione, assistenza e accompagnamento
alle aziende.
La sperimentazione condotta con le
aziende ha permesso di individuare i
principali nodi da affrontare prima e
durante il percorso che può portare al
commercio elettronico. Sinteticamente
sono stati raggruppati in quattro aree tematiche: strategia e organizzazione,
marketing e politica commerciale, tecnologia, aspetti legali e amministrativi.
L’area strategia ed organizzazione si riferisce alla necessità di scegliere oculatamente i prodotti da mettere in vendita
su Internet (una linea creata appositamente o alcuni prodotti delle gamma),
di fare un’analisi del mercato per capirne l’orientamento, le motivazioni e la
propensione all’acquisto on-line, di conoscere la concorrenza (posizionamento
e approccio al cliente), di valutare l’impatto sulla rete distributiva (potenzialmente potrebbe verificarsi un azzeramento della catena distributiva), di elaborare un progetto organizzativo per
prepararsi a possibili cambiamenti sulla
struttura aziendale, di prevedere la formazione del personale all’uso della rete
anche per dialogare in altro modo con il
consumatore/cliente.
L’area marketing e politica commerciale
riguarda tematiche quali la scelta del tipo di negozio virtuale che si vuole attivare, la definizione del prezzo di vendita
(il prezzo è fondamentale: l’acquirente
in rete si aspetta, in genere, un prezzo
più basso), il marketing per svolgere
un’adeguata azione promozionale (anche su Internet bisogna farsi conoscere)
facendo un mix degli strumenti di comunicazione e valutando il tipo di acquirente a cui ci si rivolge, il packaging e
le spedizioni.
L’area tecnologia interessa la definizione
di un’adeguata connettività a Internet,
valutando le diverse possibilità esistenti
(non confondendo il collegamento a Internet che permette di navigare sulla rete
con quello che connette il server del sito
alla rete stessa), la predisposizione di un
sito chiaro, dinamico ed efficace, per
consentire collegamenti facili e accattivanti, l’importanza di comunicare la sicurezza (il sito deve invogliare all’acquisto, ma anche garantire sicurezza al
cliente che usa la sua carta di credito).
Infine nell’area riguardante gli aspetti legali e amministrativi sono affrontate tematiche quali la registrazione del nome
del proprio dominio, la stipula di patti
ARGOMENTI
16
chiari con il provider definendo livelli di
servizio, garanzie, responsabilità, eventuali penali. Nella scelta dei contenuti
del sito si deve tener presente che la rete
è accessibile a tutti: va quindi prestata
attenzione a eventuali diritti di terzi su
notizie, testi, immagini e suoni, ma nello
stesso tempo va tutelata la proprietà e
l’ideazione dell’impresa per evitare
sfruttamento da parte di terzi. Altri
aspetti riguardano la tutela della privacy, la formulazione dei contratti di
vendita, le normative di legge per autorizzazioni e licenze per determinate attività (assicurazioni, finanza, editoria,
agenzie viaggi), la tutela del consumatore. I contratti della logistica sono un altro aspetto che richiede una particolare
attenzione.
La maggioranza delle aziende vicentine
sembra essere già cosciente delle nuove
sfide all’orizzonte: su 2350 aziende asso-
ciate all’Assindustria, circa la metà risulta collegata a vario livello (dalla sola email alla presenza con proprie pagine)
alla rete Internet, ma sia il numero degli
utenti che la sofisticazione nell’utilizzo
delle reti sono in rapida crescita. E da
un’indagine che ha coinvolto 600 aziende nell’ambito del progetto risulta che
più del 60% delle aziende che hanno risposto sono convinte che Internet cambi
il modo di fare affari.
Un approccio prudente ma aperto alle
potenzialità dello strumento: per il futuro poi le indicazioni espresse portano a
ritenere che una parte non trascurabile
dell’attività si svilupperà utilizzando la
Rete, che perderà progressivamente il
solo aspetto di strumento di promozione
per integrarsi pienamente nelle attività
aziendali.
Maurizio Dal Ferro
PRODUCE
VICENZA
18
Il mondo
alimentare sta
attraversando
un momento
delicato.
Il mangiare bene
assume un
significato ampio
in cui trovano
posto gusto e
sapore, ma
anche sicurezza,
garanzia e
certificazione.
Siamo andati
a vedere cosa
produce il settore
alimentare
vicentino
nel duemila.
Tutti a tavola
D
ai salumi ai formaggi, dalle
conserve al pane, dalla carne
alla pasta. I prodotti sono i più diversi ma l’industria è la stessa, quella alimentare, voce fondamentale
nell’economia non solo nazionale
ma anche locale. Basta pensare che
in provincia di Vicenza le aziende
alimentari associate all’Assindustria
sono circa una settantina e occupano un posto di tutto rispetto quanto
a fatturato. E ancora: il 40% della
carne prodotta nel nostro paese proviene dal Veneto, a testimonianza
dell’importanza e della diffusione
dell’industria alimentare nel nostro
territorio.
Un settore che gode di ottima salute
a giudicare dai dati Istat, che negli
ultimi mesi del 2000 evidenziano un
incremento dell’indice di fatturato
nazionale pari a circa il 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Crescita dovuta ad un aumento sia sul mercato interno
(+9,3%) che su quello estero
(+11,4%).
Dati rassicuranti, dunque, per un
settore che però sta attraversando un
momento delicato. Perché la bufera
che si è scatenata intorno alla carne
ha alzato i livelli di guardia da parte
di un consumatore oggi più attento
non soltanto nei confronti della fetti-
na, ma anche di tutto ciò che mette nel E proprio il controllo sembra essere la
piatto. E così si leggono le etichette, ci si strada vincente per il futuro. “Anche se
informa sulla provenienza, sui processi nel nostro settore – osserva Morato –
di lavorazione, sulle normative che ga- non ci sono figure specializzate in querantiscono un prodotto finale sano e ge- sto senso. Ogni azienda si crea da sola
nuino. Accontentare il palato, insomma, un entourage di professionisti, medici,
non basta più. E mangiar bene assume chimici, microbiologi, con il compito di
un significato sempre più ampio in cui vigilare, analizzare, seguire da vicino i
trovano posto gusto e sapore, ma anche processi produttivi a partire dalle materie prime”. L’osicurezza, garanzia,
“Nel Vicentino – dice
biettivo, però, è
certificazione.
ambizioso. “La
il presidente della
proposta intorno a
Un nuovo
sezione
alimentari
cui stiamo discucorso di laurea
per i
dell’associazione – c’è tendo – prosegue il
della seprofessionisti
una tradizione di serietà presidente
zione alimentari
del controllo
che accomuna tutte le dell’Assindustria –
è quella di istituire
Parole che sono diaziende,
che
per
lo
più
un corso di laurea
ventate una sorta di
comandamento per sono certificate, a riprova breve, tre anni che
le industrie del setdell’impegno nel dare potrebbero prolungarsi con un master
tore. Lo ribadisce
la
massima
garanzia
di specializzazione,
Luigi Morato, imdestinato a chi laprenditore che ha
al consumatore”.
vorerà poi nell’inlegato il suo nome
alla panificazione – è presidente della dustria alimentare”.
Harry’s Morato di Altavilla – e che al- Perché se è vero che esiste già la fal’interno dell’Assindustria è presidente coltà di scienza dell’alimentazione, è
anche vero che manca totalmente un
della sezione industrie alimentari.
“Nel Vicentino – spiega – c’è una tra- corso di studi destinato a chi poi endizione di serietà che accomuna tutte trerà in azienda per vigilare sulle male aziende del settore, che, nella mag- terie prime e su tutto ciò che accade a
gior parte dei casi, sono certificate, a monte della produzione. Passaggi fonriprova dell’impegno e della volontà di damentali sui quali, a detta di Morato,
offrire la massima garanzia al consu- si giocherà il futuro della moderna inmatore. Non dimentichiamo poi che dustria alimentare. Settore che forse
nella nostra provincia operano enti di più di altri è tenuto a seguire scrupolocontrollo all’avanguardia a livello na- samente la normativa.
zionale, basti pensare all’Istituto lat- “I nostri prodotti si mangiano – prosetiero caseario di Thiene, ritenuto uno gue Morato –, e questo comporta una
grande responsabilità da parte nostra.
dei migliori d’Italia”.
19
PRODUCE
VICENZA
20
Per questo cerchiamo di migliorarci costantemente non solo applicando le leggi, ma anche dotandoci della tecnologia
più sofisticata”.
Se la verdura
è sotto vetro
Una filosofia, questa, che è di casa, in provincia, anche nell’industria conserviera,
presente
soprattutto
nella
fascia
pedemontana
altovicenti-
na (Caltrano, Torrebelvicino, Marostica), nel capoluogo berico e nel Basso Vicentino. A Sossano si trova, ad esempio,
la Coelsanus, azienda che produce verdure e ortaggi sott’aceto, sott’olio e alcune specialità particolari come le verdure arrostite e messe in olio. Una produzione che conta oltre 30 milioni di
vasetti all’anno per un giro d’affari di
67 miliardi. Traguardi frutto dell’esperienza e della qualità, che significa anche controlli su tutta la catena produttiva, a cominciare dal terreno coltivato
sul quale ridurre al minimo l’utilizzo di
sostanze chimiche.
“Siamo al di sotto del 50% dei limiti
previsti dalla legge – spiega l’amministratore delegato Enrico Caloni –, e
spesso si va addirittura al di sotto del
90%”. In più il consumatore può contare su quella che è stata battezzata
“coltivazione di prodotto integrato”,
una tecnica particolare a metà strada
tra la coltivazione normale e quella biologica, riservata ad alcune verdure come cipolline, peperoni, funghi. E il biologico? “Lo facciamo per non sottrarci
a delle logiche di mercato, ma in modo
marginale – dice Caloni – perché non
credo che nel nostro settore avrà un
grande sviluppo”.
Dai vasetti di vetro ai prosciutti crudi. Il
marchio è quello di Brendolan, azienda di Lonigo che è una delle poche in
Italia a produrre prosciutti di diverso tipo: Parma, San Daniele, nazionale e veneto, che escono dagli stabilimenti in
Emilia, in Friuli e nel Veneto (a Lonigo,
appunto), per un totale annuo di oltre
400 mila prosciutti. Lo scorso anno la
Brendolan ha ceduto quote azionarie a
due gruppi nel Mantovano, i quali a loro volta hanno acquisito una società nel
Cremonese, il che consente ora una
scelta di oltre trentamila suini macellati
alla settimana. Sui quali i controlli sono
severi: non solo certificazioni e Haccp,
ma anche il vaglio di “Ineq” e “Ipq”,
enti di tutela del prosciutto che garantiscono la genuinità.
“Il prodotto possiede una sua sicurezza
intrinseca – interviene Filippo Amoretti, direttore generale della Brendolan
– perché il prosciutto crudo è il risultato
dell’azione combinata tra sale marino e
una stagionatura che varia dai 14 ai 16
mesi. La sicurezza viene anche dal fatto
che è praticamente impossibile lo sviluppo di cariche batteriche, in quanto la
perdita di acqua impedisce la riproduzione di microrganismi”.
Una carta d’identità di tutto rispetto,
per un prodotto che si presenta con un
buon “vissuto salutistico”. E in termini
di controllo e tutela del consumatore,
l’azienda vicentina guarda avanti.
“La strada da percorrere – prosegue
Amoretti – è quella del controllo di tutta la filiera, per riuscire a certificare
l’intero percorso del prosciutto crudo, a
partire dall’allevamento. Il consumatore italiano può stare tranquillo, potendo contare sulla serietà degli organismi
di vigilanza, delle normative e della frequenza con cui vengono effettuati i
controlli”.
“Abbiamo le normative
più severe della Cee”
“Abbiamo le normative migliori della
Cee”, rincara Luigi Morato, la cui
azienda produce 500 quintali di pane al
giorno. Pane industriale, definito “alternativo”, per lo più affettato, morbido
grazie ad una lavorazione particolare e
quindi adatto agli usi più diversi in cucina. “È un pane che si può riscaldare –
precisa Morato – che è sempre pronto
all’uso e che in molte case ha sostituito
quello tradizionale, che non sempre è
possibile acquistare fresco tutti i giorni”.
Un pane che va di pari passo con la vita
di oggi, dunque, in cui spesso è difficile
trovare anche cinque minuti per entrare
in un negozio a fare la spesa. Non a caso da qualche anno i consumi di pane
fresco sono scesi.
“Attualmente in Europa siamo al quarto posto come consumi pro capite. Questo significa che francesi, tedeschi e austriaci consumano più pane di noi italiani”, spiega Morato. Motivo? Un ritardo nella produzione di pane industriale che solo da una decina d’anni
riempie gli scaffali dei supermercati, of-
PRODUCE
VICENZA
22
frendosi come alternativa al consumatore frettoloso e costretto a fare la spesa
una volta la settimana. Ma se le abitudini di vita influenzano i consumi, resta
comunque un fatto: il pane è un alimento sano. Per la semplicità degli ingredienti ma anche perché è un alimento che non può essere inquinato.
“Inoltre non è soggetto a sviluppi batterici – continua Morato – sviluppa soltanto muffe, ed è disciplinato da normative rigorose che fissano gli ingredienti base: oltre a farina, lievito, acqua e sale anche olio di oliva, normale
o extravergine, strutto o burro. E solo
recentemente si è consentito l’impiego
di grassi vegetali per pani particolari”.
Perché anche il pane cambia. “Le indagini di mercato rivelano un consumatore sempre alla ricerca di novità –
prosegue Morato – per questo innovazione, ricerca e perché no, anche un
po’ di fantasia, sono indispensabili nell’arte bianca”.
Un’arte nella quale la farina è ingrediente fondamentale. Ne sa qualcosa
Luigi Benedetti al timone del Molino Benedetti, azienda storica per il
Vicentino, in piena attività già a
metà Ottocento, quando i molini
non solo erano colonne portanti
dell’economia locale, ma funzionavano addirittura da
“banche” per la gente povera a cui prestavano la farina, un po’ come si fa
adesso con i soldi. Oggi l’azienda Benedetti, che ha sede a Grisignano di Zocco, produce 110 mila quintali di farine
all’anno, conta un giro d’affari di circa
sette miliardi e fornisce i propri prodotti, farine speciali per la panificazione,
soprattutto alle aziende del Nordest. Un
mercato su cui però soffiano venti di
crisi.
“Il nostro è un segmento difficile – spiega Luigi Benedetti che è anche vicepresidente della sezione alimentare dell’Assindustria –, che oggi risente soprattutto
del calo del consumo di pane. Dopo i fasti del passato, oggi il settore procede
con un andamento costante, senza
grandi scossoni, ma anche senza particolari momenti di gloria”. Una situazione di stasi, dunque, per i molini, quasi
tutti a conduzione familiare, molti dei
quali alle prese anche con il problema
del ricambio generazionale con i figli
che scelgono strade diverse rispetto ai
loro padri. Eppure oggi i molini sono
aziende moderne, con impianti all’avanguardia. “Con tanto di certificazione
Iso – spiega Benedetti – e normative, come l’Haccp, che rappresentano una garanzia per l’intero ciclo produttivo”.
Latte e formaggi: una filiera
controllata in ogni sua fase
Dalle farine ai lavorati del latte, altro
settore che in provincia è ben presente, e
controllato. Eccoci alla Casearia Brazzale di Zanè, azienda che si divide in
due settori, una spa con il marchio
“Burro delle Alpi” che produce 70
mila quintali di burro all’anno, e
23
un caseificio vero e proprio in cui viene
lavorato il latte (600 mila quintali annui) per la produzione di formaggi di vario tipo, in particolare il Grana Padano.
“Sia nel caso del burro che dei formaggi
– spiega Oscar Grandotto, dirigente
della Casearia Brazzale – la filiera è
controllata in ogni sua fase, dalla stalla
fino al prodotto finito. Si tratta di controlli esterni, spesso a sorpresa, da parte
degli enti preposti alla vigilanza, ma anche di verifiche continue nel laboratorio
interno all’azienda per impedire il proliferare di batteri, mantenere costante
l’umidità, verificare la stagionatura nel
caso dei formaggi”. Di cui, fanno notare
alla Brazzale, c’è sul mercato una certa
sovraproduzione. “Questo comporta
che i prezzi devono essere mantenuti
piuttosto bassi – continua Grandotto –
e spesso non corrispondono al valore
reale del prodotto”.
E il burro? Il momento non è dei più fe-
lici per questo derivato del latte che viene acquistato dal consumatore soprattutto nella grande distribuzione. Messo al
bando dalle diete, sostituito da prodotti
analoghi e magari meno grassi, il burro
ha subìto per anni una propaganda negativa. “Che fortunatamente si è fermata
– prosegue Grandotto – perché il burro è
un prodotto che, se consumato nella giusta quantità, non può che far bene”.
Che il settore sia controllato in tutta la
filiera lo confermano anche alla Centrale del latte di Vicenza, 53 miliardi
di fatturato annuo, 30 milioni di latte
lavorati all’anno e un impegno costante
nella ricerca e nell’innovazione tanto
che sei anni fa la Centrale fu la prima
azienda del settore in Italia ad ottenere
la certificazione Iso 9001. La produzione spazia dal latte fresco a quello a lunga conservazione, dallo yogurt alla panna. Di nuovo si torna a parlare di qualità e dell’esigenza di figure professionali
PRODUCE
VICENZA
specifiche, in grado di gestire a monte
l’integrità delle materie prime.
“In modo che le aziende non subiscano
passivamente il controllo – fa notare il
direttore Franco Cera –, ma siano loro
stesse ad autocontrollarsi. Una necessità
dettata dai tempi che verrebbe soddisfatta dalla nascita di una facoltà universitaria specifica, che potrebbe avere sede
proprio qui a Vicenza”. Dove, come del
resto in tutto il paese, anche i gusti dei
consumatori cambiano. “Il consumo del
latte è aumentato – continua Cera – ma
le preferenze vanno verso quello a lunga
conservazione, l’Uht, che ha una durata
di novanta giorni perché subisce un trattamento termico a temperature più elevate, 145 gradi che, ovviamente, non
consentono di mantenere i principi nutritivi e le caratteristiche del latte fresco”.
Produzione all’insegna della qualità anche alla Comalat di Cartigliano, piccola
azienda di 13 dipendenti che lavora ogni
anno 36 mila quintali di latte trasformandolo in formaggi freschi genuini.
“Anche prima che ci fossero le normative sull’Haccp il controllo sul latte in
entrata era un imperativo - dice Giovannino Manca, amministratore delegato -. Del resto, tutte le stalle sono controllate dall’Ulls e devono avere caratteristiche ben precise. Noi ci teniamo non
solo alla qualità ma anche alla genuinità
del prodotto, e per genuinità intendo la
lavorazione di latte possibilmente italiano, raccolto direttamente da aziende
controllate, portato in caseificio e lavorato tale e quale”.
Carne: la parola d’ordine
adesso è rintracciabilità
Se il burro è reduce da anni difficili, per
la carne il momento è delicatissimo. An-
che se chi lavora seriamente guarda al tori, ai quali chiediamo precise garanfuturo con serenità. È il caso della San- zie in termini di sostanze utilizzate
to Stefano, azienda di Sandrigo che da nell’alimentazione ed esclusione di sooltre 35 anni opera nel settore carni con stanze farmacologiche vietate dalla
attività di macellazione, preparazione, legge, nonché rispetto ed applicazione
disosso e confezionamento sottovuoto di del sistema Haccp. I capi destinati alla
carne bovina nazionale. La ditta opera macellazione vengono selezionati uno
inoltre nel settore della lavorazione di ad uno. La stessa applicazione del sicarne suina destinata alla produzione di stema Haccp significa rispetto delle
disposizioni igieniinsaccati freschi co“La qualità nel settore
co sanitarie duranme salsicce, salate tutte le fasi della
melle e cotechini.
delle carni è frutto di
lavorazione delle
Settantacinque diesperienza
e
scelte
carni. Altro aspetto
pendenti, un giro
da non trascurare è
d’affari annuo di
aziendali, che vanno
l’attività del veteri105 miliardi, la
dalla selezione dei
nario responsabile
Santo Stefano vende esclusivamente
fornitori alle procedure di struttura: la presenza vigile e cosul mercato nazioattente
al
rispetto
delle
stante di una figunale, anche se i fornorme igienico-sanitarie. ra esterna rapprenitori sono attinti
dal mercato estero.
E qualità significa anche sentante del Servizio sanitario nazio“La qualità nel setcompleta
rintracciabilità
nale costituisce
tore carni non si
un’ulteriore garanimprovvisa – sottodel prodotto”.
zia di qualità, di rilinea Ferdinando
Dalla Valle, responsabile dell’azienda – spetto e applicazione delle norme igieè frutto di esperienza, ma anche di pre- niche e quindi di tutela dei consumacise scelte aziendali. Che spaziano dalla tori. E infine la rintracciabilità dei
selezione accurata dei fornitori, alla pre- prodotti, attraverso un sistema infordisposizione di strutture e sistemi a ga- matico che permette in ogni momento
ranzia della corretta lavorazione e con- di risalire all’intera storia del bovino:
servazione dei prodotti; dalla definizio- nascita, provenienza, macellazione, dine di procedure operative attente al ri- sosso, vendita”.
spetto delle esigenze igienico sanitarie, Normative, tecnologie, innovazione.
alla formazione, motivazione e sensibi- Strade obbligate per raggiungere quella
lizzazione del personale. Qualità signifi- qualità che è requisito fondamentale per
ca inoltre offrire ai consumatori finali rendere competitiva l’azienda e al temgaranzie reali come la completa rintrac- po stesso tutelare il consumatore e offrirgli il meglio. Principi su cui si basa
ciabilità del prodotto consumato”.
In che modo? “È fondamentale – spie- anche Spega, azienda di Monticello
ga Dalla Valle – la selezione dei forni- Conte Otto che riunisce sotto lo stesso
25
PRODUCE
VICENZA
26
marchio la ristorazione (certificata da
un anno e mezzo) e il caseificio (quest’ultimo in fase di certificazione) con
alcuni prodotti di spicco tra cui lo yogurt e i formaggi freschi. Prodotti che si
sono affermati negli anni e sono diventati sinonimo di qualità per il consumatore, sia per la scelta della materia prima che per l’esclusiva ricettazione ed i
molteplici controlli eseguiti in ogni fase
della produzione.
Questa assoluta attenzione alla qualità e
alla genuinità trova conferme anche nel
recente conseguimento della certificazione AIAB per la produzione di prodotti da agricoltura biologica, come sottolinea Gaetano Mattiuzzo, che della Spe-
ga è responsabile di stabilimento.
“Qualità – osserva – è un termine che
ha un significato molto ampio. E che
comunque nel settore alimentare spazia
dalla certificazione che consente di
strutturare meglio l’azienda, all’applicazione della normativa Haccp, obbligatoria per legge, che regola l’aspetto
igienico sanitario del prodotto fino a
tutte quelle forme di autocontrollo interne all’azienda che cominciano dalla
materia prima e terminano con il prodotto finito”.
Affinché quello che arriva sulla tavola si
possa davvero mangiare ad occhi chiusi.
Anna Madron
L’INCHIESTA
La corsa
all’euro
28
Come si stanno
preparando
le imprese
vicentine
all’arrivo
dell’euro?
A pochi mesi
dall’evento,
un’indagine
dell’Assindustria
su mille
aziende
ha fatto il
punto della
situazione.
M
ancano pochi mesi, ormai, all’entrata in vigore dell’euro, e il panorama che emerge dalle indagini nazionali ed europee disegna un quadro
preoccupante, con difficoltà operative
e ritardi. E le imprese vicentine come
si stanno preparando all’evento? Per
avere un quadro aggiornato e chiaro
della situazione l’Associazione industriali ha condotto un’importante indagine (a mezzo questionario) su un
campione ampiamente rappresentativo
di 1000 aziende.
L’iniziativa assume una grande rilevanza rispetto ad altre precedenti per due
motivi: innanzitutto, le imprese in questi ultimi mesi hanno incrementato il loro grado di consapevolezza di tutti gli
adempimenti che l’euro comporta e
quindi i dati forniti rispecchiano con
maggior fedeltà l’effettivo stato di preparazione; in secondo luogo, questo periodo è cruciale per il processo di adeguamento e inizia a coinvolgere anche le
aziende finora meno motivate ad accelerare i tempi, ossia quelle di ridotte dimensioni e quelle che operano esclusivamente sul mercato interno o su mercati esteri poco ricettivi nei confronti
della moneta unica.
C’è ancora ritardo, ma arrivano
anche segnali positivi
Le tappe del processo
di adeguamento
I dati emersi dall’analisi confermano la
situazione generale nazionale ed europea che vede le aziende, soprattutto le
più piccole, ancora in ritardo nel cammino di adeguamento. Non mancano
tuttavia alcuni segnali positivi che fanno ben sperare e confermano l’elevata
dinamicità e internazionalizzazione delle imprese locali che dimostrano in alcuni casi di avere una marcia in più rispetto ai concorrenti.
Il primo quesito chiedeva alle imprese di
precisare quali sono le aree aziendali sulle quali l’euro avrà l’impatto maggiore.
Le risposte prevedono per l’area contabile-amministrativa la mole di lavoro
più pesante: per il 96% delle imprese è
questa infatti l’area più critica.
Anche l’adeguamento delle aree commerciale e acquisti è rilevante (rispettivamente 50% per le piccole e 42%
per le aziende medio grandi). Sembra
essersi leggermente ridimensionato
invece il problema informatico, mesi
fa inizialmente indicato come l’aspetto più preoccupante. Segno questo
che le software-house hanno lavorato
sodo in questi mesi e hanno ormai
tutte approntato nuove soluzioni “euroready”.
Si può inoltre constatare come le aziende
più grandi percepiscano una maggiore
complessità del passaggio al l’euro, individuando un maggior numero di aree
“euro-sensibili”.
Un altro importante parametro di valutazione è quello dell’approccio seguito
dalle imprese per affrontare il processo di
adeguamento.
Poiché la maggior parte degli studi condotti nei mesi precedenti su grandi realtà
avevano indicato nell’approccio di progetto la metodologia più adatta ad affrontare un problema che impatta su così
tante aree aziendali, si è cercato di capire
quanti effettivamente stiano seguendo
queste indicazioni.
Le aziende di dimensione maggiore hanno avvertito questa necessità di impostare a livello organizzativo il processo,
mentre per quelle più piccole, la cui
struttura è ovviamente meno complessa,
la logica di progetto non sembra essere
in tutti i casi necessaria.
Per affrontare correttamente la fase di
adeguamento è importante che il personale aziendale delle aree maggiormente
coinvolte riceva adeguata formazione. Il
29
L’INCHIESTA
30
livello di formazione del personale è una
importante indicazione sulla effettiva
presa di coscienza delle dimensioni del
problema e dei tempi necessari per la
sua soluzione. Anche in questo caso la
dimensione delle aziende influisce notevolmente sul loro comportamento: il
75% delle aziende medie e grandi ha già
avviato la formazione del proprio personale, contro solo il 38% delle piccole.
Se è confortante il fatto che le aziende più
grandi si sono attivate con adeguato anticipo, desta qualche preoccupazione la ri-
levante percentuale di piccole aziende che
non ha ancora colmato questa lacuna.
A conclusione delle domande finalizzate
a conoscere come le aziende si sono attrezzate al proprio interno per affrontare
il problema euro, è stato chiesto quali risorse e competenze l’azienda intende
mettere in campo per affrontare le numerose attività inerenti la conversione.
La risposta è significativa: la stragrande
maggioranza degli intervistati utilizzerà il
proprio personale e i propri professionisti
abituali, a conferma della logica del “fai
“Chi non si è ancora mosso, adesso deve farlo”
Valentino Ziche, presidente dell’Associazione
industriali, non è particolarmente preoccupato
del fatto che, all’inizio del 2001, molte piccole
aziende vicentine segnalassero di non aver ancora affrontato compiutamente la conversione
dalla lira all’euro. “Le aziende più indietro sono quelle di più piccole dimensioni, mentre
quelle più grandi hanno avviato da tempo le
procedure necessarie o sono già arrivate in
fondo – osserva Ziche –. Proprio le ridotte dimensioni, peraltro, consentono tempi di aggiornamento inferiori. Quindi, è bene dire che
gli spazi di manovra per adeguarsi all’euro ci
sono ancora; certo nessuno adesso può più
permettersi di stare a guardare. Chi non l’ha
ancora fatto, deve pensare a organizzare l’azienda in termini di euro e deve svolgere la necessaria attività di formazione nei confronti dei
dipendenti”.
E per chi guarda ancora alla moneta unica come ad una “grana” di cui si farebbe volentieri
a meno?
“L’euro significa semplificazione burocratica e
snellimento nei rapporti commerciali – osserva
Ziche –. Porterà indubbiamente dei vantaggi
visibili fin dall’inizio per le imprese che lavorano con l’estero”.
“Le aziende esportatrici hanno a che fare con
l’euro già dal ‘99, perciò hanno cominciato già
un paio d’anni fa a prendere coscienza di questo tema – aggiunge Giorgio Tassotti, vicepresidente dell’Assindustria e, al suo interno, delegato ai progetti speciali, tra cui appunto l’euro
–. La nostra provincia, nel suo complesso, si
colloca in posizione piuttosto avanzata rispetto
alle altre realtà italiane, soprattutto proprio
perché ha un tessuto produttivo che esporta
molto e che quindi ha già affrontato il passaggio all’euro. Le aziende meno preparate sono
quelle piccole e quelle che lavorano sul mercato interno, ma sono anche quelle che, proprio
per la snellezza della loro organizzazione,
avranno meno problemi e quindi meno necessità di tempo per adeguarsi. L’aspetto più critico sarà quello amministrativo e contabile, e su
questo in particolare occorre fare formazione
interna”.
s.t.
Aree aziendali coinvolte
Quali sono le aree che subiranno il maggiore impatto?
(più risposte possibili)
Amministrazione
Contabilità
Aziende:
piccole
medie-grandi
Informatica
Personale
31
Commerciale
Acquisti
Logistica
0
20
40
da te” tipica delle nostre imprese. Solo il
25% attiverà anche risorse straordinarie
specifiche per affrontare il problema.
Un’azienda eurocompatibile
Passando ad esaminare le fasi più propriamente operative che misurano l’effettivo stato di preparazione delle imprese, iniziamo con le attività che permettono ad una azienda di essere “eurocompatibile” durante il periodo transitorio,
almeno nei confronti dei propri clienti e
fornitori: la predisposizione dei listini, la
fatturazione e lo scambio di informazioni con i propri partner.
Per l’analisi di queste variabili si è segmentato il campione secondo il livello di
export piuttosto che per dimensione
aziendale, essendo il primo il vero stimolo
che porta le aziende ad anticipare i tempi.
Iniziando con i listini, si può constatare
che oltre la metà delle aziende che
60
80
100
esportano ha già presentato per l’anno
in corso i listini in euro, contro solo il
20% di quelle che operano esclusivamente sul mercato interno.
Appare comunque preoccupante, soprattutto in termini strategici, il fatto che circa la metà delle aziende del campione
non ha ancora iniziato questa attività.
Passando alle attività di fatturazione, il
60% delle aziende esportatrici dichiara
di emettere parte delle fatture in euro; il
70% delle imprese che non esportano
non emette ad oggi fatture in euro, a
conferma del fatto che, per quanto riguarda il mercato interno, l’euro è ancora poco utilizzato.
Il ruolo strategico
dell’informazione
La transizione all’euro dell’azienda non
può essere vista solo come un fatto interno: uno degli aspetti su cui gli esperti si
L’INCHIESTA
32
stato attivato ancora da pochi soggetti.
Passando ad analizzare le variabili che
contraddistinguono l’adeguamento dell’azienda al proprio interno, le risposte
delle aziende sono state riclassificate
nuovamente per dimensione aziendale.
La prima domanda posta riguarda l’adeguamento del sistema informatico.
Sembra essere stata questa, infatti, la
maggior fonte di preoccupazione delle
aziende in questa prima fase, visto che i
risultati sono oltre ogni aspettativa: oltre
il 50% degli intervistati ritiene che il
proprio sistema informatico sia pronto
ad operare in euro e solo il 17% non lo
sono maggiormente soffermati è quello
dell’importanza dello scambio di informazioni con clienti e fornitori circa le intenzioni su come e quando operare il
passaggio. Oltre che a rispondere a esigenze organizzative, si ritiene che l’informazione giochi un ruolo strategico in
quanto offre la possibilità all’azienda di
incrementare il livello di fidelizzazione
con i propri clienti e di offrire un’immagine dinamica e aperta al cambiamento.
Le risposte indicano che l’informazione
attiva è stata effettuata dal 10% delle
imprese, mentre quella passiva conferma che il processo di comunicazione è
Fatturazione
State già emettendo fatture in euro?
Sì
No
0
10
20
30
40
50
60
70
80
Non esportatrici
Esportatrici
Aziende:
Conversione della contabilità
Avete fissato la data di passaggio all’euro come moneta di conto?
Già avvenuta nel 2000
Aziende:
Durante il 2001
piccole
grandi
Dal 1º gennaio 2002
Non definito
0
10
20
30
40
50
60
ritiene affatto adeguato. È da notare che Importante formare il personale
in questo caso le piccole aziende hanno
Dall’indagine quali considerazioni si
tenuto il passo delle più grandi.
Diversa invece è la situazione per quan- possono trarre? Il rischio ritardo esiste
to riguarda la conversione della conta- veramente?
bilità, l’adempimento sicuramente più L’analisi stratificata del campione dimoimpegnativo per le aziende: solo il 3% stra una notevole differenza tra le aziendelle aziende (il 2% delle piccole e il 9% de grandi e piccole: le prime si sono
delle medio-grandi) dichiara di aver mosse in anticipo mentre le seconde
hanno preferito atconvertito la contaL’indagine
tendere.
bilità nella nuova
Si può affermare
moneta. Ben il 60%
dell’Associazione
che esiste ancora
delle imprese semdimostra
una
notevole
una grande fetta di
bra invece orientato
ad effettuare il pas- differenza tra le grandi e aziende di piccole
e che
saggio in imminenle piccole aziende: le dimensioni
opera solo sul merza dell’ultimo giorno disponibile.
prime si sono mosse in cato nazionale, che
ancora poco o nienL’ultimo quesito rianticipo,
mentre
le
te ha fatto per adeguarda un altro
seconde hanno preferito guarsi all’euro.
adempimento di naQuesta constataziotura amministratiattendere, potendo
ne però non è necesva, ossia la convercontare
su
tempi
di
sariamente consesione del capitale
sociale per le società
adeguamento più brevi. guenza di un atteggiamento disinteresdi capitali. La risposta delle imprese è confortante, come pe- sato, ma può avere una motivazione ben
raltro confermato da una recente indagi- precisa: le ridotte dimensioni aziendali
ne svolta da Infocamere: Vicenza infatti consentono un tempo di adeguamento
è la provincia che registra il maggior nu- inferiore rispetto a quello necessario per
mero di società a responsabilità limitata una azienda più grande. La mancanza
e per azioni che hanno già provveduto a di attività con l’estero, inoltre, non sticonvertire in euro il proprio capitale so- mola sicuramente tali aziende ad anticiciale. L’11% delle piccole aziende e il pare il processo di conversione: non
21% delle più grandi dichiara di aver avrebbe senso operare in euro quando
ancora i propri partner gestiscono esclugià provveduto alla conversione.
Pur non essendo questo un adempimento sivamente la valuta nazionale.
che richiede per le ditte tempi lunghi di È evidente quindi che la scelta del moattuazione, è prevedibile che gli ultimi mento della transizione dipende fortegiorni dell’anno vedranno un enorme nu- mente dal comportamento del mercato
mero di pratiche (60% delle aziende) in cui l’azienda opera.
presso gli uffici del Registro delle Imprese. La notevole durata del periodo transitorio
33
L’INCHIESTA
Formazione del personale
Il vostro personale ha partecipato a corsi o convegni sull’euro?
Sì
Non ancora
Non lo faremo
0
34
10
20
Aziende:
30
40
50
60
70
80
piccole
medie-grandi
(tre anni) stabilito dalla Commissione Europea, pensata probabilmente per attori
economici di altra natura, ha probabilmente causato una ulteriore caduta di tensione.
Un altro fattore che sembra motivare il ritardo è anche quello dell’incertezza che
contraddistingue il processo di sostituzione
della valuta, evento assolutamente nuovo
per tutti: la piccola impresa in tal senso
preferisce aspettare e imparare dall’esperienza delle più grandi per non incorrere
in problematiche tipiche del pioniere.
Ci si domanda allora se ci sia effettivamente da preoccuparsi. Dato che il ritardo non necessariamente significa che le
imprese stiano sottovalutando il problema, ciò che conta veramente è che esso
non dipenda dal non averci ancora pensato e quindi dal non aver percepito il
problema e stimato i tempi necessari per
la sua soluzione.
Il vero e unico rischio pertanto, mano a
mano che passano i giorni, è che il ritardo, inizialmente frutto di una precisa valutazione aziendale, non si tramuti in
una rincorsa frenetica e disperata dell’ultimo momento.
Poco rassicurante appare in quest’ottica
il dato che indica che molte piccole
aziende non hanno ancora formato il
personale, fattore invece determinante
per potersi muovere velocemente e bene
all’ultimo momento, sulla base rassicurante dell’esperienza fatta da quelle
aziende che hanno, per loro necessità o
strategia, anticipato i tempi.
Luca Grifalconi
IMPRESE
Piccoli, medi
e grandi motori
36
Magnetic
L’azienda
di motori
di Montebello
ha completato
il suo “range”
di prodotti
nel settore
dell’automazione
industriale
M
otori per l’automazione industriale
dalla A alla Z. A spazzole a magneti permanenti, brushless e asincroni vettoriali, e poi anche dinamo tachimetriche. Motori piccoli, medi e grandi, da 0,1
a 300 kW, per tutte le esigenze. Questa la
specializzazione della Magnetic, azienda
di Montebello Vicentino che nel 2000 ha
raggiunto l’obiettivo di completare la
propria gamma di prodotti.
La storia di quest’azienda comincia nel
1981, quando viene fondata da alcuni
imprenditori locali per costruire piccole
macchine elettriche rotanti ad alta tecnologia per gli azionamenti a velocità variabile e in particolare per l’automazione industriale. Partendo da una produzione
esistente di pompe a spazzole per il
sollevamento dell’acqua pulita,
l’azienda si pone l’obiettivo di diversificare produzione e mercati. Si
parte con la produzione di dinamo
tachimetriche, servomotori a corrente
continua a magneti permanenti, e poi
motori a corrente continua a campo avvolto. Tutti motori a velocità variabile pilotati da convertitori elettronici, per le più
diverse applicazioni nei processi e nei
macchinari industriali. L’azienda, dunque, passa nel giro di pochi anni da un
mercato civile “povero” ad un mercato
avanzato dell’automazione industriale.
Un vero cambio di marcia, che si concretizza ancor più negli anni Novanta, con
un’ulteriore evoluzione tecnologica e l’ingresso in produzione di altre famiglie di
prodotti, più evolute. In particolare, si
tratta dei motori brushless (“senza spazzole”) e dei motori asincroni vettoriali.
Motori di nuova generazione, sui quali la
Magnetic ha investito molto, arrivando di
recente a completare la gamma dei motori offerti.
“Per noi - spiega Daniele Sartori, amministratore delegato dell’azienda di Montebello - ci sono due settori ugualmente importanti: quello dei sistemi di posizionamento con servomotori a magneti permanenti di dimensioni relativamente piccole
e ad alte prestazioni utilizzati negli asservimenti automatici e nei controlli asse, e
quello dei motori di potenza a velocità
variabile, con o senza spazzole, utilizzati
negli impianti industriali che possono arrivare fino a 300 kW con pesi fino a millecento chili”.
Oggi, la caratteristica dell’azienda è appunto quella di avere un “parco prodotti” completo: dal servomotore a magneti
permanenti, ai motori di media potenza,
dalla tecnologia “general purpose” in
corrente continua alla corrente alterna-
ta, dalla piccola alla grande dimensione.
Una diversificazione, quella della Magnetic, che non ha eguali. “Siamo l’unica azienda italiana ad offrire un range
così ampio di prodotti nel settore dell’automazione industriale - afferma Sartori -. Abbiamo scelto la strada, impegnativa, della massima diversificazione
e dell’elevato contenuto tecnologico,
spesso in collaborazione con il dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova, con il quale abbiamo
sviluppato un rapporto utile ad entrambi. Questo collegamento con l’università
fa sì che l’intuizione di un prodotto nuovo possa essere verificata con una scuola
di pensiero che si confronta continuamente con la ricerca in tutto il mondo.
Ed è proprio questo confronto con gli
scenari mondiali che ci interessa. Siamo
un’azienda che punta sui progetti e sulla
capacità di applicarli nelle macchine,
proponendo soluzioni che interpretano
le esigenze dei clienti”.
Questa capacità di produrre motori “dal
più piccolo al più grande” non significa
dimensioni d’organico particolarmente
ampie. La Magnetic, infatti, occupa una
cinquantina di persone, è dunque una tipica piccola azienda, snella e flessibile,
che punta sull’apporto esterno di una rete di terzisti di fiducia. “La produzione
avviene in parte al nostro interno e in
parte all’esterno, - spiega Sartori -. Nella
nostra officina facciamo i montaggi, le
lavorazioni speciali di qualità come l’equilibratura e la rettifica, e poi i controlli
intermedi, i collaudi finali e le finiture”.
Dal ‘94 Magnetic fa parte del Gruppo
Ferroli, multinazionale europea per il
benessere domestico che ha sede a San
Bonifacio e che opera con quindici unità
produttive e
commerciali in
tutta Europa
nel campo del
riscaldamento,
della climatizzazione, dell’idromassaggio
e del termo-arredo. Il presidente del
Gruppo, Dante Ferroli, è anche presidente della Magnetic.
L’azienda di Montebello, che è certificata
Iso 9001 dal ‘94, esporta il 25% del fatturato, tra Europa (soprattutto Spagna,
Francia, Gran Bretagna e Germania) e
mercati mondiali tra i quali spiccano Corea, Taiwan e Turchia. In vent’anni di attività, l’azienda ha venduto ormai
120.000 motori e 200.000 dinamo tachimetriche. I clienti-tipo della Magnetic
operano nei settori della robotica, delle
macchine utensili, dei magazzini automatici, delle macchine per la lavorazione
del filo metallico e del filo di rame, delle
macchine per cavi, delle macchine estrusori per materie plastiche, dei macchinari
per il tessile, per la carta e il cartone, per
il legno, per la lavorazione del vetro, per
la produzione di giostre. Insomma, l’azienda è presente in tutti quei processi
dove c’è necessità di azionare o controllare macchine a velocità variabile.
Quali le prospettive per il futuro, nel settore? “La concorrenza è sempre più agguerrita, sia da parte di aziende italiane
che da parte delle grandi multinazionali risponde Sartori -. Il settore dell’automazione industriale è comunque in espansione. Si tratta di puntare sempre più
sullo sviluppo di nuovi prodotti, per contrastare la forza delle multinazionali
mondiali con la capacità tecnica, la flessibilità e la fantasia tipiche della piccola
impresa della nostra area”.
IMPRESE
I campioni
della superlega
38
CSC
Traguardo dei
venticinque anni
per l’azienda
di Schio che
lavora sulle
superleghe,
progetta
e costruisce
per l’industria
aerospaziale,
navale, chimica
e per le ricerche
nell’ultra alto
vuoto.
A fianco,
un calorimetro per ricerche
sulla fusione nucleare.
Qui sotto,
una partenza del razzo
Ariane 5 contenente
il satellite XMM, del quale
la CSC ha costruito
il serbatoio di
caricamento.
“S
iamo un’azienda piccola, con
una manodopera altamente specializzata in grado di fare quello che gli
altri non sanno o non possono fare. Lavoriamo in una nicchia di mercato dove
ci sono aziende che hanno bisogno di
pezzi unici e difficili da realizzare, sia
come forma che come materiali”.
Eccoci alla Csc. Piccola azienda di Schio
(una trentina di dipendenti) che compie
quest’anno vencinque anni di vita. L’acronimo significa “Costruzioni saldate
collaudate”. Ma qui non saldano normalissimi acciai e metalli. Lavorano su superleghe come il
titanio, il tantalio e il nichel.
Progettano e costruiscono per
l’industria aerospaziale, navale,
chimica e petrolchimica e per le ricerche nell’ultra alto vuoto.
Hanno costruito la centralina utilizzata per il caricamento del propellente e
dell’ossidante dei motori del “Tethered”,
il satellite artificiale europeo mandato in
orbita con lo Shuttle nel ‘96. Hanno realizzato parti per altri satelliti, componenti speciali del programma europeo “Jet”
sulla fusione nucleare controllata. Hanno
realizzato per conto degli americani un
calorimetro per rilevare le particelle neutre (fotoni, neutroni, pioni e quark) che
si formano nelle reazioni nucleari. Hanno progettato e costruito camere in ultra
alto vuoto per il Sincrotone di Trieste e
per la ricerca in campo medico. Su incarico del Cern di Ginevra hanno prodotto
varie parti della più grande macchina
del mondo per la ricerca nel campo delle
particelle subnucleari. Hanno costruito
un serbatoio in titanio per ricerche sottomatine in Antartide per conto di EneaTecnomare. Hanno realizzato componenti in titanio per il “Moro di Venezia”
che all’America’s Cup del ‘92 fece passare notti insonni a mezza Italia, e poi particolari in titanio anche per la Ferrari di
Formula 1, e telai in alluminio per le
moto Aprilia classe 500. Hanno costruito
idrogetti per un’azienda olandese leader
nella propulsione delle navi.
Ne hanno fatte di cose particolari, insomma, da quel 1976, quando sei soci
(Antonio Dalle Carbonare, Mariano
Scortegagna, Alessandro Pamato, Leonida Dal Santo, Gino Dal santo e sua moglie Maria Conzato) decisero di mettersi
in proprio. Lavoravano tutti alla Zanon
di Schio, e ad un certo punto pensarono
di fare qualcosa per conto loro. Dei sei
soci di partenza, è rimasto solo lui e sua
moglie Maria. Gli altri quattro sono stati
sostituiti dai rispettivi figli.
“Manteniamo la flessibilità dell’artigiano
e ci aggiungiamo la possibilità di realizzare lavori molto più grandi di quelli che
una struttura come la nostra potrebbe
permettersi. Come? Associandosi con altre ditte. Tutte le lavorazioni meccaniche,
ad esempio, le facciamo fare all’esterno».
IMPRESE
IMPRESAFLASH
40
Faraplan, scoperta di
una plastica riciclabile
E intanto Fitt sbarca in Usa
e cresce in Europa
La Faraplan, azienda di Fara Vicentino del Gruppo Fitt (tubi
flessibili, rigidi e semirigidi per
uso agricolo e industriale), ha
annunciato la scoperta di un
nuovo modo di produzione del
Pvc, che consente di controllare
il rilascio di metalli e dell’acido
cloridrico dalla plastica, rendendo atossico e iper-riciclabile il
Pvc. Il materiale, realizzato insieme con l’americana Cromton
Witco, evita il rilascio di sostanze
inquinanti, specie nell’acqua, da
parte delle tubature e dei contenitori in plastica. La soluzione
studiata dalla Faraplan prevede
l’eliminazione del piombo nella
composizione del Pvc. La nuova
tecnologia, oltre a produrre plastica atossica e più volte riutilizzabile, anticiperebbe i termini
della messa al bando degli effetti
inquinanti del Pvc, previsti in
ambito Ue a partire dal 2005.
Intanto, il Gruppo Fitt, che ha
sede a Sandrigo, ha segnato recentemente alcune importanti
tappe di crescita: ha stipulato
un importante accordo con la
Teknor Apex, la maggiore
azienda statunitense del settore,
per la realizzazione negli Usa
della gamma di tubi flessibili
Fitt con un sistema antitorsione,
e ha acquisito tre nuove aziende, le ultime due aziende concorrenti francesi e un’azienda
storica italiana.
In Europa oggi Fitt ha una
quota di mercato intorno al
50%, con un volume pari a circa 350 milioni di metri di tubo
venduto (foto sotto).
Gioielli Flik alla conferenza
mondiale sull’oro
I gioielli Filk hanno sfilato sulla
passerella di uno tra i più prestigiosi e attesi
eventi mondiali
del
settore
orafo. La Conferenza Mondiale sull’Oro
indetta dal Financial Times
con la collaborazione della
Goldman Sachs
e svoltasi recentemente a Roma.
Il prestigioso appuntamento della “World Gold Conference” ha
richiamato a Roma i più influenti esponenti del mercato
orafo mondiale. La partecipazione di Filk ha portato sotto i
riflettori il prodotto finito che
realizza i numeri più significativi
nel mercato.
“Abbiamo portato a Roma prodotti rivolti ai giovani – spiega
Pietro Cremasco, presidente del
Gruppo Filk – per sottolineare
l’importanza di adattarci ad un
mercato in continua evoluzione
in cui i ragazzi hanno un ruolo
sempre più determinante”.
Un megastore Diesel
nel cuore di Tokyo
La Diesel di Renzo Rosso (nella foto) ha inaugurato un megastore a Tokio: 650 metri
quadrati su tre piani nel cuore
di Harajuku, una zona diven-
tata ormai il fulcro della moda
della capitale giapponese. Negli ultimi anni l’Asia è diventata un mercato sempre più importante per
Diesel, e in
questo quadro grande
rilievo ha
assunto il
Giappone: qui
l’azienda conta 21
punti
vendita
tra
negozi diretti e corner, con un
fatturato in continua espansione. Le vendite nel paese del
Sol Levante sono arrivate a
rappresentare il 6% del giro
d’affari complessivo della società di Molvena, che nel 2000
è ammontato a 750 miliardi di
lire e nel 2001 dovrebbe salire
a 880 miliardi.
Dalle Officine Munari
un impianto per
il gruppo Renault
Le Officine Munari di Zanè,
azienda specialista nella progettazione e costruzione di impianti per pre-trattamento e
verniciatura dei metalli che
negli ultimi anni ha allargato
la produzione anche nel settore delle fonderie, ha acquisito
un’importante commessa dalla
fonderia francese “Fonderie
Le Mans”, che fa parte del
Gruppo Renault e produce
getti in ghisa per il settore automobilistico.
La commessa riguarda la produzione di uno speciale impianto automatico per l’essiccazione di anime per fonderia,
e fa parte di una commessa
più ampia per la fornitura di
un’intera linea produttiva, alla
quale partecipa un’altra azienda italiana e una spagnola.
Cangini Filippi si rafforza
con Nazareno Gabrielli
Alla Cangini Filippi, storica
azienda vicentina specializzata
nella produzione di agende e
rubriche per la cartoleria e
l’ufficio, è stato conferito il ramo cartoleria della Nazareno
Gabrielli. Il passaggio fa parte
di un accordo più ampio tra la
Nazareno Gabrielli e la Lediberg di Bergamo, accordo dal
quale è nata una nuova società, la N.G. Diaries.
L’operazione punta a consolidare la posizione di Cangini
Filippi nel mercato degli articoli cartotecnici e agende attraverso la diversificazione apportata dall’uso del marchio e
dei prodotti Gabrielli e il potenziamento delle strutture dirigenziali.
Grafiche Tassotti, una
nuova “carteria”
a Venezia
Le Grafiche Tassotti di Bassano del Grappa hanno aperto
una nuova carteria a Venezia,
in calle della Bissa. Vi si trova
una ricca serie di oggetti di
carta e tela (scatole, cartelle,
agende e rubriche, album portafoto...), di coloratissime
stampe artistiche riprese da
antiche incisioni, di biglietti
augurali e carte decorative.
La nuova carteria Tassotti è la
quarta in Italia dopo quelle di
Bassano del Grappa, Milano e
Firenze.
“L’obiettivo – dice Giorgio
Tassotti, che conduce l’azienda
con le figlie Arianna e Nicole –
è quello di arrivare entro l’anno ad aprire una decina di
nuove carterie nelle principali
città italiane, puntando soprattutto su quelle che hanno
un’accentuata connotazione di
turismo culturale”.
41
PERSONAGGI
Un vulcano
chiamato Bruno
42
Bruno Mastrotto,
uno dei fratelli
dell’omonimo
“impero” della
concia di
Arzignano,
unisce la gestione
delle aziende
del gruppo con
un impegno
diretto nel
sociale, come
presidente del
Movimento per i
diritti del malato
di Arzignano.
“Ci diamo da fare
per migliorare i
servizi e i rapporti
umani all’interno
delle strutture
sanitarie”.
A
rriva, saluta, ti offre il caffè, comincia a parlare, si interrompe per dar
retta ad un collaboratore con un problema urgente da risolvere, chiede una
pausa, si alza e va in un’altra stanza. È
un vulcano in azione. Se entra qualcuno
a presentargli un problema, capace che
decide lì per lì di fare una riunione, convoca in cinque minuti tutte le persone
interessate e via, la riunione comincia.
Bruno Mastrotto è come l’ago di una
bussola che indica contemporaneamente
tutti e quattro i punti cardinali.
È così, del resto, che il Gruppo Mastrotto
di Arzignano è diventato uno dei primi
produttori europei e mondiali della concia. Grazie alla natura vulcanica di Bruno, e del fratello Santo. Con loro il
Gruppo Mastrotto è diventato il colosso
che è, partendo da una piccola conceria
acquistata quarant’anni fa per provare a
lavorare la pelle in proprio. Oggi la
realtà è quella di otto aziende e ottocento dipendenti. E poi, c’è l’altro gruppo,
quello che fa capo al fratello Rino.
Insomma, le vicende di questa famiglia
sono intrecciate con quelle della concia
italiana. La storia comincia nel 1912 ad
Alvese, una contrada sopra la val
Chiampo, dove in quell’anno nasce Arciso Mastrotto, primo di quattro figli. È un
bambino sveglio, e quando diventa un
uomo si sposa e mette al mondo sei pargoli, Bruno, Angelo, Santo, Mario, Rino
e Nella. Negli anni Cinquanta i primi figli cominciano a lavorare in alcune concerie del luogo. Bruno fa da apripista nel
‘53, a 12 anni, assunto alla “Soldà” con
una paga di trenta lire all’ora. Presto
passa alla conceria “Faggiana”, dove
guadagna cinquecento lire al giorno.
Finché nel ‘58 Arciso decide di avviare
un’attività conciaria in proprio e, con un
socio, compra la prima conceria, la “Au-
rora”. Un paio d’anni dopo, cede l’attività e con altri quattro soci apre un’altra
conceria, la “Astra”. Nel ‘63 nasce la
“San Marco”; passano altri due anni e la
collaborazione con i soci finisce, i Mastrotto vanno avanti da soli.
“Il primo anno che abbiamo lavorato in
proprio abbiamo chiuso in perdita – ricorda Bruno –. Allora ci siamo guardati
bene in faccia e abbiamo detto: calma,
non facciamo il passo più lungo della
gamba. Siamo tornati indietro e abbiamo cominciato a lavorare per conto terzi, e questa è stata una palestra di esperienza importantissima, ci ha fatto crescere tutti. Più che soldi, in quegli anni
abbiamo fatto esperienza, tornata utile
quando più tardi abbiamo deciso che
era arrivato il momento di mettersi davvero in proprio”.
Mentre l’uomo arriva sulla Luna, ad Arzignano nasce la Basmar, dalle iniziali
dei cinque figli maschi con l’aggiunta del
papà. Nel 1975, Arciso si fa da parte: divide tutto tra i figli e torna al suo primo
amore, l’agricoltura. Anni dopo, Rino si
stacca e fonda un’azienda tutta sua.
Bruno e Santo, per parte loro, con acquisizioni e sviluppi aziendali mettono le
ali al Gruppo Mastrotto. “Negli ultimi
vent’anni siamo cresciuti dieci volte, come dipendenti e come fatturato – dice
Bruno –. I dipendenti sono arrivati a essere ottocento e col fatturato siamo oggi
a 580 miliardi, con tre milioni di pelli lavorate all’anno”.
Cosa è stato a mettere in moto tutta
questa trasformazione nel giro degli ultimi vent’anni? “Intanto – risponde Bruno
Mastrotto –, il fatto che ciascuna azienda
del gruppo sia indipendente e segua la
sua strada, con una propria politica e
con i propri prodotti.
Non sono sette
aziende fotocopia, in altre
parole. Questo consente di essere
più flessibili e dinamici. E poi ho sempre
insistito sull’importanza di avere la fiducia del cliente, e per farlo devi sempre rispettare gli impegni; non parlo di quelli
scritti, che sono scontati, ma di quelli
verbali. L’importante è essere seri. Mio
padre diceva sempre: piuttosto di fregare
qualcosa a qualcuno, preferisco che freghino me”.
Bruno ha cominciato a lavorare come
apprendista, è passato presto operaio e
negli anni Sessanta era già vicecaporeparto. Da giovane ha fatto tutti i lavori
che esistono in una conceria. Oggi che è
sempre più difficile trovare giovani leve
disposte ad andare a lavorare nelle pelli,
il settore è pieno di immigrati. Nelle
aziende di Mastrotto ce ne sono circa
duecento, un quarto di tutta la forza lavoro. Viene da chiedersi: come fate con
le case? “Gliele diamo noi” dice Bruno.
Negli ultimi anni Mastrotto ha acquistato un’ottantina di appartamenti e li ha
affittati ai propri dipendenti, soprattutto
a quelli stranieri.
“Non è che abbiamo fatto un conto economico di convenienza – dice –. Certo, è
chiaro che se diamo una sistemazione a
questa gente, gli diamo anche più serenità, più sicurezza, e quindi lavoreranno
meglio. Ma prima di tutto abbiamo fatto
un conto da uomini: conosco il problema
di chi arriva da lontano per lavorare, in
fondo anche la nostra generazione è figlia del tempo dell’immigrazione italiana all’estero”.
43
In queste pagine,
alcune immagini
di Bruno Mastrotto tra
casa, azienda e famiglia.
In apertura,
tra i bottali dell’azienda
insieme a una delle figlie
e ad una modella
per l’ultima campagna
promozionale.
Sopra,
nella sua casa
di Arzignano.
A pagina 44
con tutta la famiglia
e in un momento
di vacanza.
PERSONAGGI
44
Ma Bruno Mastrotto non è ancora
tutto qui. Di lui c’è anche un’altra
dimensione, quella fuori dall’azienda. Ormai da otto anni è presidente
del Movimento per i diritti del malato
di Arzignano e Montecchio. Proprio
niente a che fare con l’impresa.
“C’era bisogno di qualcuno che si interessasse di queste cose – spiega lui –. Il
movimento è un pungolo all’ente pubblico per migliorare il servizio sanitario
al cittadino. È un impegno di volontariato che vuol dire magari rinunciare a
qualche sabato in montagna, che è la
mia passione, per andare a vedere come
funzionano gli ospedali e come sono
trattati i malati. E se insisti, qualche risultato lo porti anche a casa. Il nostro è
considerato il Movimento per i diritti del
malato più attivo del Veneto”.
E in effetti, tanti piccoli grandi risultati,
Mastrotto e i suoi collaboratori del Movi-
mento li hanno ottenuti. “La cosa importante è già quella di esserci e di poter
contribuire ad aiutare gli altri – osserva
–. Quanto ai risultati concreti che anche
la nostra azione ha permesso di ottenere,
ricordo su tutti l’estensione della guardia
anestesiologica all’ospedale di Arzignano
24 ore su 24, e poi il potenziamento della presenza notturna degli infermieri nei
reparti, il fatto che si siano ridotti sensibilmente i tenmpi di attesa per i prelievi
di sangue. E poi altro ancora. Tante piccole cose, insomma, che messe insieme
danno una grande soddisfazione. In definitiva, quello che più ci interessa è
creare una migliore civiltà nei rapporti,
all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, un rapporto umano migliore. E
questo significa a volte un vero cambio
di mentalità”.
Stefano Tomasoni
LAVORO
E
RELIGIONI
La saggezza
dell’istrice
46
Immigrazione,
integrazione
tra genti e
culture che
hanno diversi
concetti
del lavoro
e professano
diverse
religioni.
Sono temi
sempre più
d’attualità in
una provincia
come la nostra,
ricca di oltre
cento etnie.
Ne parliamo,
inaugurando
una nuova
rubrica,
con mons.
Giuseppe
Dal Ferro,
direttore
dell’Istituto
“Rezzara”
di Vicenza.
È
un autorevole studioso, nonché docente di Ecumenismo e dialogo interreligioso alla Facoltà Teologica di Padova e Venezia. A monsignor Giuseppe
Dal Ferro, che a Vicenza dirige l’istituto
di Scienze sociali “Nicolò Rezzara”, abbiamo chiesto alcune riflessioni su concetti chiave del nostro tempo quali l’immigrazione e l’integrazione, il lavoro e le
religioni. Concetti che ci portano ad interpretare i mutamenti in atto in una
provincia come Vicenza, che dà lavoro a
migliaia di immigrati.
Un puzzle multietnico – sono 102 le etnie presenti in provincia – che nell’ottica
di un processo reale di integrazione porta inevitabilmente a riflettere su due ambiti destinati a coniugarsi: cultura dei
popoli, cultura (nostra e degli altri) del
lavoro.
Ecco, sintetizzando per singoli temi, cosa
è emerso dal colloquio con monsignor
Dal Ferro.
Immigrazione. Su questo tema, sostiene il prelato, l’unica strada praticabile è
quella del dialogo con le persone di culture diverse. “Il processo auspicabile è
quello della integrazione dal basso, in
cui noi e loro operiamo per gestire assieme anche aspetti di conflittualità, inevitabili tra persone che provengono da
realtà socio-economiche diverse”.
L’integrazione, dice ancora il responsabile del “Rezzara”, esige determinati
orientamenti. “Le linee guida si possono
tradurre nell’accettare l’altro, abbandonando la sfera dei pregiudizi. Se non si
globalizza la cultura, non si globalizza
nemmeno la nostra fabbrica, nemmeno
quella apparentemente multietnica. A
questo proposito ritengo importante la
figura del cosiddetto mediatore culturale. È colui che fa da trait d’union tra la
nostra cultura e quella delle etnie omogenee presenti in un contesto di lavoro o
territoriale. Non c’è dubbio che l’azienda
si configuri come il maggior laboratorio
di integrazione. La figura del mediatore
culturale è un passaggio che favorisce
questo processo, perché in una economia
che cambia anche i nostri luoghi di lavoro si trasformano”.
Religioni. Il punto di partenza è il confronto tra religioni. “Il dialogo interreligioso non mira a convertire, ma a rispettare l’Assoluto di ciascun popolo, di ciascuna etnia – afferma monsignor Dal
Ferro –. Nella nostra provincia c’è una
larga componente di musulmani e il loro
diritto alla preghiera è fuor di dubbio.
Nell’Islam ci sono grandi valori da recuperare; valori che possono aiutare, noi e
loro, a rafforzare concetti universali
quali la pace, i diritti umani, il rispetto
dell’ambiente. Certo, l’Islam è un mondo
che a noi occidentali appare lontano: ha
il senso della giustizia, non della carità;
non distingue tra lo Stato e la Religione;
la moschea ha una forte caratterizzazione sociale. Non dimentichiamo però che
anche gli islamici che vivono e lavorano
all’estero stanno rielaborando il loro modo d’essere, in una prospettiva di Islam
europeo. Del resto, che in Veneto si possa vivere da buoni musulmani emerge
anche da un’autorevole ricerca dell’università di Padova svolta proprio tra immigrati di fede islamica: l’84 per cento
del campione ha infatti detto che qui
può praticare la propria fede senza particolari problemi. Un dato che in fondo è
già l’inizio di un’integrazione possibile”.
Lavoro. “È evidente che ogni popolo ha
il proprio concetto di lavoro – osserva
Dal Ferro –. Da noi il lavoro è diventato
‘tutto’, con gli elementi negativi che a
volte anche quest’atteggiamento estremo
comporta. Di conseguenza non bisogna
stupirsi se altri popoli hanno del lavoro
un concetto, come dire, più fatalistico. Il
musulmano, ad esempio, ha una forte e
innata propensione al commercio; i senegalesi di etnia Muridi, invece, hanno
un concetto elevato di lavoro manuale,
inteso come preghiera. Ciascuno, insomma, ha la propria ‘vocazione’ al lavoro”.
L’integrazione, in definitiva, è un processo complesso, che costa fatica. “Alla fine
però l’integrazione è produttiva, nella
società come nella fabbrica – riprende il
direttore dell’Istituto “Rezzara” –. Come
mi diceva un amico imprenditore francese, oggi i suoi migliori dipendenti sono
i musulmani di terza generazione. Insomma, ci vuole buona volontà reciproca. Pensiamo a quell’immagine dei due
istrici che si avvicinano per riscaldarsi:
piano piano s’incontrano e si riscaldano
senza pungersi. È l’integrazione”.
Maurizio Mascarin
SOCIETÀ
E
CULTURA
Una vita
da viaggio
Vent’anni a
girare il mondo
per pura
passione
del viaggio,
altri venti
a scoprirlo
in lungo e in
largo come
fotografo
professionista.
Ecco la vita
di Cesare
Gerolimetto,
un artista
della foto
di ambiente,
paesaggi e
umanità a cui
la sua città,
Bassano, ha
dedicato una
“personale”.
“V
iaggiare è spostare la noia”. Così ha scritto Jerome K. Jerome,
l’autore di “Tre uomini in barca”. Sciagurato. Chissà cosa gli risponderebbe
Cesare Gerolimetto, se Jerome fosse ancora vivo e potesse incontrarlo. Sarebbe
un bel duello, verbale s’intende. Sì, perché se c’è uno che ha fatto del viaggio la
sua filosofia di vita, questo è Cesare Gerolimetto. Il noto fotografo di Bassano
del Grappa. O meglio, residente a Bassano, ma classico “cittadino del mondo”. Gerolimetto ha chiuso da poco una
sua bellissima “personale”, un’esposizione di grandi fotografie di viaggio realizzate nella sua carriera in tutto il mondo; una mostra che la sua città natale
gli ha dedicato a Palazzo Agostinelli,
uno dei tempi della cultura bassanese.
Una soddisfazione non da poco, per lui,
perché si sa che è difficile essere profeti
in patria, perlomeno da vivi.
Gerolimetto questo affetto e questa attenzione da parte della sua città l’ha
meritata in tanti anni passati a fotografare il mondo. Oddio, tanti: relativamente tanti, se si pensa che la rivelazio-
ne dell’obiettivo come strumento di lavoro e di vita gli è arrivata intorno ai
quarant’anni, e che oggi il “grande Cesare” di anni ne sta per compiere sessantadue. Ma da allora ad oggi Gerolimetto ha sicuramente recuperato quello
che non aveva fotografato nella prima
parte della sua vita, ha bruciato le tappe, ha accumulato esperienze che bastano per due vite, non per una.
La sua storia ha tratti decisamente anomali e per certi versi unici. “Prima di
tutto, nasco come viaggiatore – inizia a
raccontare –. La parola chiave, per me,
più ancora che viaggiare è andare. Io
partirei tutti i giorni. Il sogno della mia
vita è sempre stato quello di andare, andare senza mai fermarmi, cambiare letto ogni notte”.
Concetto già di per sè forte, in una società che ci vede sedentari nel lavoro e
turisti pigri nelle vacanze. Nel vocabolario di Gerolimetto, invece, non c’è posto
per la parola “tutto compreso” o “volo e
trasferimenti inclusi”. Non esiste.
“Viaggiare con gli aerei, con i treni o
con i mezzi pubblici non mi è mai pia-
ciuto – dice –. Non sento di vivere il
viaggio, se negli spostamenti dipendo
da altri. Ho bisogno di sentirmi indipendente, libero di muovermi. Come i
viaggiatori di una volta. Così ho sempre usato l’auto, perché è l’epoca delle
quattro ruote, ma sennò sarei andato a
cavallo. Perché è così che si vive il
viaggio”.
Insomma, con queste convinzioni, maturate fin da quando era ragazzo, Gerolimetto ha cominciato a girare il mondo
nel ‘63. In quell’anno, giovane ventiquattrenne inserito nell’attività di commercio di famiglia, parte e usa tutte le
ferie per andare con una Fiat 600 a Baghdad, in tempi in cui già era difficile
trovare una guida turistica di un paese
europeo, figuriamoci di un paese come
l’Iraq. Passata l’iniziazione, negli anni
successivi va più volte (sempre in auto)
in Turchia e in Marocco, nel ‘68 nel giro
di due mesi e mezzo va e torna dal Nepal, via terra, con una Fiat 124. Nel
‘71, insieme con un architetto di Feltre
fa il periplo dell’Africa in jeep, attraversando il Sahara in andata e ritorno, totale 50.000 chilometri. E fin qui, attenzione, Gerolimetto viaggia, ma non fotografa. Non se la porta proprio via, la
macchina fotografica. Pensa a godersi
“l’andare”. “Le foto allora mi dicevano
poco, viaggiavo per me stesso, e basta”.
Il giro dell’Africa, però, segna una svolta. “Al ritorno mi sono detto: o smetto,
o punto al massimo. Ho cominciato allora a pensare al giro del mondo. Per
cinque anni ho studiato carte e percorsi,
scritto ad ambasciate e consolati, trovato tutti i sistemi per avere informazioni
sulle vie percorribili. Perché quelli erano
ancora tempi pionieristici, sotto certi
profili: non esistevano carte geografiche
dei paesi del Terzo mondo. In quegli anni di preparazione, ho cominciato a
prendere confidenza con la macchina
fotografica. Alla fine ho deciso di partire, convincendo a farlo anche Daniele
Pellegrini, un fotografo professionista”.
Gerolimetto molla tutto, a partire dal
In apertura,
un curioso autoritratto
di Gerolimetto a Venezia:
tre immagini
in un solo scatto.
Sotto:
donne a Teheran (1997) e
bambini in Sudan (1999)
49
CULTURA
Spagna, 1990;
E
Libia, 1998;
SOCIETÀ
Da sinistra:
Salar di Uyuni,
50
Jaen,
Erg di Muyzuk,
Bolivia, 1978.
lavoro nell’azienda di famiglia, e va.
Parte nell’agosto del ‘76 con un camion
messo a disposizione dalla Fiat. Sta via
due anni e sette mesi. Attraversa l’Europa dell’est, l’Asia, arriva a Singapore,
sbarca in Australia e se la fa tutta, arriva in Africa e la percorre nella massima
lunghezza da città del Capo alla Tunisia, passa per Genova a prendere la nave per l’America Latina (e mentre
aspetta la nave si sposa!), prosegue
dunque in Sudamerica, va in Terra del
Fuoco, risale fino agli Stati Uniti, prosegue per Canada e Alaska, torna e New
York, vola a Lisbona e arriva finalmente a casa. Dopo 184.000 chilometri. È il
più lungo giro del mondo mai compiuto
con un camion. Un record che resiste
ancora nel Guinness dei primati.
In tutto questo “andare”, Gerolimetto
scopre, stavolta sì, la fotografia: scatta quattromila istantanee, contro le
sessantamila del compagno di viaggio
fotografo.
“Dopo quel viaggio, la testa per il lavoro e la vita quotidiana non c’era più –
ricorda –. Ho lavorato ancora due o tre
anni, poi ho detto basta. E dall’84 ho
cominciato a fare soltanto il fotografo.
Sono stato fortunato, perché sono entrato presto in un buon giro, non ho
dovuto fare troppa attesa. Ho comin-
ciato presto a lavorare per i grandi editori milanesi, continuando a girare il
mondo, ma stavolta per lavoro, fotografando per riviste di viaggio, di natura, di ambiente. Da Time a Panorama, da Airone a Epoca”.
E arrivano anche i libri fotografici, sulle grandi città del mondo e le capitali.
Ma la gran parte dei suoi libri, Gerolimetto li dedica al suo Veneto. Nascono
così “Venezia”, “Veneto d’acqua”,
“Plaga felix”, “Il giardino veneto”,
“Veneto, l’immagine dell’anima”, fino
all’ultimissimo libro, tutto dedicato a
Bassano del Grappa.
“È stato il professor Italo Zannier, una
volta, a consigliarmi: nel tempo libero,
fotografa la tua regione. L’ho fatto,
adesso ho centomila foto sul Veneto. Sono immagini che fanno di questa regione una terra molto più bella di quanto
sia in realtà – osserva –. Qualcuno mi
frica, io partirei nel giro di un’ora. Subito. Ho sessantadue anni, ma non mi
importa: parto. La testa è ancora quella di un trentenne”.
Vien da pensare che tutto questo sia
possibile solo per un uomo “single”, per
uno che non ha famiglia. Invece no, Gerolimetto è sposato, con Lia Peserico.
“È la santa di turno, capisce che la mia
è una spinta più forte di qualsiasi cosa.
51
ha invitato a riprendere anche le brutture, ma proprio non ce la faccio a fotografare e a soffrire”.
Da quando ha fatto della macchina fotografica il suo “arnese del mestiere”,
però, Gerolimetto non può più evitare
aerei e treni. Non è più come una volta, quando saliva in macchina e non lo
fermava più nessuno. “Certo, adesso
l’aereo devo pur prenderlo, ma non mi
diverte – dice lui –. Se mi dicessero:
qua c’è l’automobile, parti per il Suda-
Però anche lei in questi anni ha viaggiato molto con me, e molti libri sono anche merito suo, del suo lavoro di preparazione e di studio”.
Un uomo fortunato, insomma, il nostro.
“Penso di sì – dice –. Ho sempre fatto
quello che ho voluto, ho vissuto intensamente. Se morissi oggi, morirebbe un
uomo contento”. Ma in realtà, di viaggi
Gerolimetto vuole farne ancora tanti.
Stefano Tomasoni
SOCIETÀ
E
CULTURA
La provincia
in piazza
“Vicenza.
La provincia
preziosa”
è il titolo
di un volume
di 500 pagine
che racconta
il Vicentino
con una gran
quantità di foto
e una ricca
collezione di
testi di autori
che conoscono
bene questa
terra.
In queste
pagine
proponiamo
uno stralcio
del capitolo
dedicato
alle feste
di piazza
vicentine.
O
gni centro della nostra provincia, piccolo o grande, ha sempre destinato
un luogo nel quale i suoi abitanti potessero riunirsi, assistere o partecipare a qualche evento particolare, sia che fosse ricorrente o straordinario. Il luogo non poteva
essere che una piazza centrale, magari vicino alla chiesa, al teatro, al palazzo comunale, nel corso dei secoli servito alle
pubbliche grida, ai festeggiamenti per la
festa del patrono, alle processioni religiose, le parate militari, le cerimonie civili o
patriottiche, i comizi politici, gli spettacoli,
le luminarie e i fuochi d’artificio.
Quindi, ogni momento della nostra storia
millenaria ha avuto come protagonista la
piazza, luogo deputato per eccellenza alla
vita pubblica della comunità. Perciò ogni
occasione poteva essere buona per far festa in piazza: come corollario a solennità
religiose, a manifestazioni ludiche e sportive, a rassegne economiche, a promozioni turistiche, a eventi memorabili. E ogni
centro della nostra provincia ha avuto – e
spesso conserva – una sua tradizione fe-
staiola, puntualmente rispettata. Citiamo
qui, un po’ a caso qualcuna di esse: Breganze con la festa del vino, Bassano e la
mostra-concorso dell’asparago, Marostica con la sagra delle ciliegie, Nove e il
concorso della ceramica, Malo con la sfilata dei carri mascherati, Schio col motoraduno del Pasubio, Sandrigo con la festa del baccalà, Valdagno e Recoaro con
la chiamata della primavera, Cesuna con
la festa del ciclamino, Castelnovo di Isola
Vicentina con la rassegna gastronomica
Gran-Polu, Roana e Cesuna con la mostra dei cuchi, Valli del Pasubio con la
sagra della soppressa, Arzignano con la
fiera di Ognissanti, Nanto col concorso
Nantopietra, Grisignano con la fiera del
Sòco, Costabissara con la sagra della birra, e via di questo passo. […]
Vicenza, feste per nobili e popolo
Nel corso dei secoli, numerose furono le
occasioni per la città berica di veder gremite le sue piazze – soprattutto quella
maggiore – per gli avvenimenti e le manifestazioni più disparati. Particolarmente quando si trattava di festeggiare qualche ricorrenza storica o qualche visitatore
illustre, di assistere a qualche torneamento equestre, oppure a parate, concerti, cerimonie. Il popolo gremiva indifferentemente la piazza maggiore per assistere al
“lavoro” della ghigliottina, oppure la
piazza dell’Isola per vedere le tauromachie. I nobili si davano convegno nell’anfiteatro ligneo e smontabile eretto in
Campo Marzo per assistere alle corse dei
cavalli scossi, nella piazza dei Signori per
i loro caroselli allegorici, nel salone della
Basilica e nel Teatro Olimpico per i loro
fastosi spettacoli e ricevimenti.
Durante un nevoso febbraio del 1784,
fece epoca la corsa delle slitte, cioè una
sfilata in pompa magna di
trenta slittoni riccamente addobbati, sui quali avevano
preso posto i nobili delle
migliori casate, che andarono a gara nel dimostrare la loro maestria
nel guidare i cavalli sulla superficie gelata del Corso e del giardino
Valmarana (ora giardino Salvi) per il
gran finale. Centinaia di torce resinose,
sostenute da una turba di lacchè, fecero
luce all’eccezionale kermesse notturna,
mentre una folla strabocchevole, assiderata dal freddo pungente di quella notte,
assisté imperterrita all’inusitato spettacolo, facendo ala al passaggio dei vari equipaggi e salutando gioiosamente gli intrepidi cavalieri. […]
53
Vicenza, la provincia preziosa
È stato pubblicato di recente, su ideazione e
realizzazione di Biblos Edizioni, il volume “Vicenza. La provincia preziosa”. Si tratta di un
libro a sua volta davvero prezioso, che in quasi
cinquecento pagine di grande formato scandaglia ogni aspetto della vita culturale, artistica,
storica, religiosa, naturalistica ed economica
vicentina grazie ad una serie di testi realizzati
da autori ed esperti di indubbio prestigio e ad
una ricca galleria di fotografie di grande suggestione.
Il volume si divide in sei aree tematiche, intitolate “Le origini” (la provincia sotto il profilo
storico), “La luce, lo spazio, la natura” (la
montagne, i fiumi, la flora e la fauna, la gastronomia), “La città preziosa” (le piazze, i
giardini, i castelli e le ville, i musei e i teatri,
l’architettura palladiana, i luoghi della fede),
“La memoria popolare” (le feste, i mercati, i
caffè storici), “La provincia erudita” (le facciate affrescate di Bassano, l’altopiano di Asiago
raccontato da Rigoni Stern) e “Il territorio operoso” (le varie tradizioni industriali tra passato
e presente).
Dopo un testo introduttivo del vescovo di Vicenza, mons. Pietro Nonis, “Vicenza. La provincia
preziosa” ospita contributi di trenta autori diversi, tra i quali Giuseppe Barbieri, Giovanni
Capnist, Giovanni Luigi Fontana, Danilo Longhi, Paola Marini, Mario Rigoni Stern, Remo
Schiavo, Renato Zironda. In queste pagine proponiamo alcuni passi del capitolo che, nel volume, Walter Stefani dedica alle feste in piazza
che sono entrate nella tradizione popolare vicentina. Anche le foto sono tratte dall’enorme
materiale iconografico contenuto nel libro.
In queste pagine,
alcune delle centinaia
di foto d’autore
raccolte nel libro.
In apertura,
mercato notturno
a Bassano del Grappa;
qui sopra,
l’ingresso del santuario
di Monte Berico.
La Rua
In cinquecento anni di
vita, la fiabesca torre lignea vicentina ha seguito
e vissuto direttamente
sulla propria immagine
l’intero procedere delle vicende storiche, politiche e
di costume della città. Nata
come emblema d’un Collegio professionale e per una
processione religiosa, passò
col volgere di pochi decenni
ad assumere il valore di simbolo popolare per l’intera comunità berica. Una questione, in
altri termini, di campanile... mobile, trasportato lungo un percorso divenuto quasi subito canonico: da
piazza dei Signori per contra’ Muschieria,
piazza Duomo, il Vescovado, piazza Castello, poi il Corso fino alla svolta di contra’ Santa Barbara, col ritorno “trionfale”
in piazza dei Signori.
Qualcuno volle attribuire l’invenzione della Rua al Palladio; ma quando il sommo
architetto era nella sua piena attività, la
Rua era già vecchia d’un secolo. È accerQui sopra,
l’ultima apparizione
della Rua
in piazza dei Signori,
l’8 settembre 1928.
A destra, la Rotonda,
la più famosa
delle ville palladiane.
A pagina 55,
immagini legate
alla coltivazione
della terra.
tato che contribuì in varie occasioni, a
predisporre gli addobbi per la venuta a
Vicenza di qualche personaggio illustre, e
non è quindi da escludere che egli possa
aver partecipato ad arricchire anche la
Rua. Parte della più colorita tradizione locale, specialmente ottocentesca, voleva invece che l’origine della Rua risalisse al ricordo d’una battaglia vinta dai Vicentini
sui Padovani nel 1200: in particolare, alla
conquista d’una ruota del Carroccio avversario. Vero invece è che la Rua nacque
presso i notai quando questi decisero, nel
1441, di creare qualcosa ben più imponente del cero che seguiva, assieme all’insegna della categoria, la processione del
Corpus Domini, solennizzata dal Comune
sin dal 1389. Ma perché, poi, al centro del
simulacro doveva stare una ruota? Occorre a questo punto ricordare che i notai si
dividevano in Modulanti e Vacanti. I primi, trecento in tutto, ripartiti in cinque sezioni, si succedevano a turno negli incarichi. Era stato tale periodico “giro” a richiamare il movimento della ruota e a far
nascere la relativa insegna del Collegio.
Ecco perché, nella struttura della macchina, venne inserita una sorta di piccola giostra girevole nel senso verticale, dotata di
scanni su cui far salire alcuni bambini.
Sembra assodato che la prima uscita della
Rua in tal foggia sia avvenuta nel 1444, e
abbia subito goduto del favore generale.
Tanto che, di lì a poco, ogni avvenimento
importante per Vicenza, non più soltanto
dunque il Corpus Domini, diventò occasione perché la gran mole – anno dopo
anno arricchita sempre più di figuranti vivi o in cartapesta, di stoffe vario pinte e di
pennacchi – venisse fatta uscire dai magazzini, quando addirittura non ricostruita ex novo. Era il Comune stesso a richiederla ai notai: i quali ben presto denunciarono difficoltà finanziarie, tanto che nel
1483 decisero di non farla uscire, stante la
cospicua spesa per il suo restauro.
Cent’anni dopo, quando il problema
tornò a presentarsi, venne interessato il
Comune che deliberò di “municipalizzare” il simulacro, grazie anche all’interessamento del nobile Pietro Paolo Bissari.
Ecco perché dal 1585, anno della pubblicizzazione del patrio spettacolo, ebbe origine anche il saluto: «Viva la Rua di casa
Bissara!», lanciato in segno di gratitudine
da figuranti e popolo.
La trasformazione in una accezione più
laica dell’iniziativa procedette comunque
ancora: dal 1616, la torre iniziò a girare
solo al termine della processione. Questo
perché le autorità religiose non sembravano più disposte ad accettare che la folla,
nel giorno del Corpus Domini, attendessero con più ansia il transito della Rua che
non quello del Santissimo. Col passare del
tempo, le dimensioni della torre lignea si
fecero sempre più imponenti, fino a oltre
24 m d’altezza e a un peso di ottanta
quintali. Cosicché aumenterà anche il numero dei facchini “precettati” per trascinarla, che raggiungeranno l’ottantina. As-
sieme alla folla cittadina e “foresta” aumenterà anche l’interesse della Rua come
fenomeno sociale, come “passaporto collettivo” a una giornata di autentici bagordi, e s’infittirà anche il numero degli inviati dei giornali italiani, perché ogni uscita,
scatenando tutta una serie di festeggiamenti popolari, poteva fornire interessanti
spunti di colore e di costume. Ovvio che
un simbolo di tale presa venisse caricato
anche di significati politici. Durante la loro
occupazione, i Francesi al posto dell’originale Leone di San Marco appiccicarono
sulla Rua il caratteristico Gallo d’Oltralpe,
col cartiglio «Libertà ed Eguaglianza», gli
Austriaci vi imposero l’Aquila bicipite degli Asburgo mentre, dopo l’Unità, essa divenne tutta tricolore arricchita con gli scudi di casa Savoia. L’ultimo percorso “normale” attraverso il centro storico venne effettuato nel 1901. Undici anni dopo, la
Rua sarà trascinata soltanto in piazza dei
Signori e in piazza Biade, dal momento
che le vie del suo “giro” erano già occupate dai fili dell’illuminazione elettrica, del
telegrafo e del tramway.
L’ultima uscita risale al 1928, con l’accompagnamento dei labari fascisti. Poi lo
smontaggio e il deposito al Lazzaretto in
Gogna, dove verrà completamente distrutta dai bombardamenti aerei dell’ultima guerra. Così, mentre la vecchia e gloriosa Rua lanciava al cielo le sue ultime
faville come fossero gli estremi sussulti di
una persona morente, anche Vicenza era
in fiamme e semidistrutta. Quasi a significare, emblematicamente, la fine di un’epoca. Cioè di quella Vicenza di ieri a noi
così tanto cara, e che amiamo ricordare
spesso nei nostri conversari.
Walter Stefani
RUBRICHE
ASSOFLASH
Il nuovo consiglio del
comitato piccola industria
Munaretto (F.lli Munaretto,
Zanè), Francesco Pronio (Vera
da Pozzo, Thiene), Roberto
Salviato (Lab. Chimico farm.
Sella, Schio), Gaetano Stella
(Azalea, Caldogno), Gianfranco
Pavan (Camoter, Vicenza, past
president).
Bonaguro confermato
presidente a Bassano
56
Giordano Malfermo, presidente
della Eltra di Sarego è stato eletto
alla guida del Comitato piccola
industria dell’Associazione. Subentra a Gianfranco Pavan.
I vicepresidenti sono Giannino
Beschin (Conceria Beschin Gino,
Arzignano) e Giorgio Tassotti
(Grafiche Tassotti, Bassano del
Grappa). Il consiglio direttivo è
inoltre composto da Luisa Silvestri Bandini (Errepidueveneto,
Vicenza), Paolo Bastianello
(Marly’s Confezioni, Arzignano),
Marisa Converti (CDS Security
Vicenza, Vicenza), Giuseppe
Filippi (Pieffe Plast, Bolzano
Vicentino), Ernesto Graizzaro (Luigi Graizzaro, S.Pietro
Mussolino), Giorgio Giubilato (Giubilato Cicli, Cassola), Alessandro Menegatti (Menegatti F.lli, Vicenza), Luigi Morato
(Harry’s Morato, Altavilla Vicentina), Renato
Giampaolo Bonaguro (Edithink,
Marostica) è stato confermato per
il prossimo biennio alla presidenza del Raggruppamento di Bassano del Grappa dell’Associazione. Potrà contare ancora sul contributo di Antonio Francesco Bizzotto (Sace & C., Rosà) alla vicepresidenza, e dei consiglieri Ludovico Barettoni (Dr. Barettoni
già Antonibon, Nove), Valerio
Bresolin (Hydor, Bassano del
Grappa), Silverio Cerato (Silmar,
Romano D’Ezzelino), Aurelia
Dilda (Baggio Tecnologie, Tezze
sul Brenta) Domenica Donazzan (Bonotto, Molvena),
Michele Eger (Conjugi Eger,
Mussolente), Antonio Fiorese
(Fiorese Silvano, Bassano del
Grappa), Fabio Giolai (Gipel,
Rossano Veneto), Giovannino
Manca (Comalat, Cartigliano),
Giovanni Menon (Raasm, San
Zeno di Cassola), Carlo Orso
(Ialc Serramenti, Romano D’Ezzelino), Carlo Pasinato (Impr.
Edile Pasinato Vittorio, Pove del
Grappa), Mario Patuzzi (Axios
Italia, Bassano del Grappa),
Gianfranco Rubbo (Rubbo Gianfranco, Marostica), Arianna Tassotti (Grafiche Tassotti, Bassano
del Grappa), Renato Zaltron
(Masters, Bassano del Grappa).
Raggruppamento di Schio:
conferma per Franco
Masello
L’assemblea del Raggruppamento di Schio ha confermato Giovanni Franco Masello, amministratore delegato della Deroma di
Malo, alla presidenza del Raggruppamento stesso per il biennio 2001-2001. Conferma anche
per il vicepresidente, Albino Bisio (Officine Bisio,
Santorso).
Parzialmente
rinnovato, invece,
il resto del consiglio direttivo, di cui
ora fanno parte Giovanni Battista Bertollo Conte (Lanificio
G.B. Conte, Schio),
Mario Ciscato (Foc Ci-
scato, Velo D’Astico), Fulvio Daroit (Daroitex, Schio), Luigi De
Tomi (Iterra Impianti, Malo),
Mirco Gasparotto (Arroweld Italia, Zanè), Mario Meneghini (Maglificio Rover, Zanè), Carmelino
Pessina (Norda, Valli del Pasubio), Carlo Primultini (Primultini
F.lli, Marano Vicentino), Mario
Rossato (Finmoda, Schio), Roberto Salviato (Lab. Chimico
Farm. Sella, Schio), Paolo Xoccato (Xacus, San Vito di Leguzzano) e Massimo Zampieri (Its,
Schio).
Energindustria, accordo
anche per il gas metano
Energindustria, il consorzio dell’Associazione industriali per la
fornitura di energia alle aziende,
ha firmato un accordo-quadro
con Edison Gas per l’erogazione
di gas naturale ed è partita con le
forniture al primo blocco di
aziende contrattualizzate.
In questa prima fase, l’accordo
interessa una quarantina di
aziende fino ad oggi servite da
Snam e ora inserite in un progetto-pilota su cui l’Assindustria sta
lavorando da tempo. L’accordo
con Energindustria è uno dei primi che Edison Gas ha siglato nel
Triveneto e consentirà alle quaranta aziende per ora interessate
di risparmiare complessivamente
2 miliardi e mezzo di lire nel corso del 2001.
L’intesa prevede anche l’istituzione di una commissione tecnica,
composta da esperti di Energindustria e di Edison Gas, incaricata di valutare i risultati del progetto per arrivare a estendere la
fornitura anche ad altre aziende
del consorzio.
Per l’Assindustria, l’accordo siglato con Edison Gas rappresenta
un importante passo avanti sulla
strada dei consorzi di aziende per
abbattere i costi energetici.
È nato Unionfidi,
dalla fusione tra CPI Fidi
e Confidexport
Si chiama Unionfidi ed è una
nuova realtà consortile dell’Associazione industriali, nata dalla
fusione tra Confidexport e CPI
Fidi. Il nuovo consorzio fa parte
di un sistema che unisce anche
Confidi e Assofidi e che rappresenta oggi, all’interno dell’Assindustria, un sistema di 835 aziende affidate per un totale di 510
miliardi.
Nel programma del nuovo consorzio, c’è la volontà di far cono-
scere al maggior numero di imprenditori possibile le opportunità di cui possono disporre. Sono anche in programma significativi interventi di abbattimento
dei costi fissi per alcune pratiche
agevolate di largo utilizzo da parte delle piccole imprese. Saranno
57
semplificati i flussi informativi e
le procedure operative per rendere più agevole il ricorso ai servizi:
sarà infatti possibile, entro l’anno, scaricare via Internet i documenti da compilare e restituire al
consorzio, tramite un sito di semplice e immediata consultazione.
Una ricerca sull’evoluzione
del distretto orafo vicentino
“Tradizione ed evoluzione: il distretto orafo vicentino”. Questo il
titolo di una ricerca sull’oreficeria
vicentina che la sezione orafi e
argentieri dell’Associazione ha
commissionato al Dipartimento
di tecnica e gestione dei sistemi
industriali della facoltà di ingegneria dell’Università di Vicenza.
RUBRICHE
58
Uno studio per conoscere in modo approfondito gli scenari e le
prospettive del settore orafo, così
da definire meglio le strategie per
il futuro e capire quali potrebbero essere le innovazioni da introdurre sul versante tecnologico e
soprattutto su quello commerciale e gestionale.
I temi affrontati sono numerosi:
dagli aspetti normativi e istituzionali dell’industria orafa mondiale (domanda e offerta del
metallo nel mondo), alle caratteristiche del mercato interno e internazionale dei gioielli in oro,
all’analisi dei mutamenti dei
comportamenti d’acquisto dei
consumatori. La domanda e
l’offerta internazionale di prodotti orafi è stata oggetto di
un’analisi particolarmente accurata che ha permesso di raccogliere elementi dettagliati su ciascuno dei paesi maggiori produttori e consumatori di oreficeria. Questa parte della ricerca
era importante per valutare opportunità e minacce della crescente competizione internazionale per le imprese del distretto
orafo vicentino”.
Una parte importante della ricerca è stata condotta mediante
un’indagine sulle cinquanta
principali imprese orafe della
provincia. I risultati dell’indagine sono stati raccolti in un libro.
Quadro Fiammingo - Jacob Jordaens (Anversa 1593 - 1678)
Olio su tela cm. 53 x 38 - cornice foglia oro coeva
Armadio a muro da sacrestia
della valle dei Mocheni Trento
Periodo primi 1800 - Legno abete e cirmolo
cm. 230 x 145 x 33
mobili - tappeti - dipinti
Via Marconi, 33 - 36015 SCHIO (VI) - Tel. 0445 526013
RUBRICHE
Osservatorio
60
L’industria vicentina si mantiene in salute. Nel periodo ottobre-dicembre 2000 la produzione delle aziende vicentine è
risultata in leggero aumento,
collocandosi sui livelli migliori
di tutto l’anno 2000. Per la
precisione, il 54% delle aziende
ha dichiarato aumenti di produzione (era stato il 50% secco
nel trimestre precedente), mentre il 12% ha segnalato cali
produttivi. Il saldo, ovvero la
differenza tra l’uno e l’altro dato, è dunque ampiamente positivo: +42, contro il +37 del trimestre precedente.
Le esportazioni hanno evidenziato anch’esse una tendenza
positiva, ma meno evidente rispetto alla produzione: il saldo
tra chi ha segnalato export in
aumento e chi in diminuzione è
risultato positivo di 23 punti,
contro i 21 del trimestre lugliosettembre.
La consistenza del portafoglio
ordini conferma il positivo momento congiunturale. Da un lato, sale dal 21,5 al 24,7% la
percentuale di chi dice di avere
lavoro assicurato per un periodo
molto breve, meno di un mese;
dall’altro lato, però, diminuisce
dal 65 al 60% per cento la percentuale di chi ha ordini per un
arco di tempo che arriva ai tre
mesi, e aumenta (dal 13,5 al
15%) il numero delle aziende
che possono organizzare la produzione sapendo di avere da-
vanti un periodo di lavoro assicurato superiore ai tre mesi.
Anche il saldo occupazionale si
è confermato su valori positivi:
il 28% delle ditte ha segnalato
incrementi nel numero degli
addetti, mentre il 12% ha dichiarato diminuzioni. È salita
invece la quota di aziende che
segnalano ritardi negli incassi:
dal 29 al 36%.
Imprese operanti in provincia 1999
Attività connesse con l’agricoltura
Estrazione di minerali
Alimentare
Tessile
Abbigliamento
Pelli e cuoio
Legno
Carta, stampa, editoria
Chimica
Gomma e materie plastiche
Lav. minerali non metalliferi
Metalmeccanico
Altre industrie
Energia
Edilizia ed inst. impianti
Commercio
Alberghi e ristoranti
Trasporti
Servizi finanziari
Servizi
Istruzione
Altri servizi pubblici
PRODUZIONE ed EXPORT
Saldi di opinione
I prezzi delle materie prime e
quelli dei prodotti finiti sono risultati ancora in tensione: più di
sette aziende su dieci hanno denunciato prezzi in aumento per
le materie prime.
Le previsioni: per la prima parte dell’anno gli imprenditori vicentini si attendono la conferma
del positivo andamento congiunturale degli ultimi mesi del
2000. Domanda interna ed
esportazioni dovrebbero ancora
crescere per circa il 40% delle
industrie. Anche l’occupazione
si conferma in aumento.
PRODUZIONE
3º trimestre 2000
Saldi di opinione
15.225
91
858
705
1.263
946
1.005
436
194
414
887
6.141
2.352
27
8.584
17.237
3.216
2.711
1.225
6.454
150
2.956
Pubblica Amministrazione
Efficienza dello Stato: economia, politica e giustizia - Surveys IMD
Posizione
in classifica
su 47 paesi
Qualità
Attuazione
delle politiche delle politiche
economiche economiche
Efficienza
giustizia
Efficienza
burocrazia
0 = giudizio negativo; 10 = giudizio positivo
Irlanda
3
7.20
6.53
8.37
5.93
Olanda
7
7.43
6.66
8.78
5.80
Finlandia
9
7.48
8.05
8.77
6.68
Stati Uniti
10
6.58
5.94
7.42
4.66
Canada
15
6.03
6.61
8.84
4.74
Regno Unito
17
5.96
5.70
7.96
4.24
Spagna
18
6.63
6.43
4.80
3.74
Danimarca
21
5.91
6.85
8.99
5.70
Giappone
22
4.77
4.28
6.59
3.10
Austria
25
5.53
5.60
8.53
3.47
Germania
28
4.66
4.92
8.35
3.55
Svezia
33
4.79
5.53
8.32
5.50
Portogallo
34
5.41
4.41
3.06
2.11
Grecia
37
5.47
4.69
5.17
2.08
Belgio
40
5.42
5.01
5.03
2.89
Francia
41
4.46
5.82
6.15
2.68
Italia
46
3.77
3.04
2.99
1.48
Infrastrutture
Benchmarking
Rete autostradale e ferroviaria nell’Unione Europea per paese
(anno 1996 - numeri indici: U.E. = 100)
PAESI
Km per
abitante
Francia
118,0
111,0
131,0
111,0
Germania
103,0
96,0
122,0
118,0
Italia
116,0
88,0
67,0
57,0
Paesi Bassi
112,0
135,0
42,0
38,0
Portogallo
52,0
75,0
68,0
132,0
Regno Unito
41,0
51,0
67,0
164,0
Spagna
149,0
165,0
75,0
50,0
Svezia
105,0
114,0
268,0
256,0
FERROVIE
Km ferrovie/
Km autostrade
Fonte: International Road Federation (IRF), Ministero dei Trasporti
Education
Benchmarking
Tasso di abbandono e durata media degli studi universitari
Giappone
Durata media
Tasso
degli studi di abbandono
4
PAESI
11
Danimarca
Paesi
Aliquote
Italia (1)
Giappone
Stati Uniti
Belgio
Germania
Francia
Lussemburgo
Portogallo
Spagna
Paesi Bassi
Austria
Danimarca
Regno Unito (2)
Finlandia
Svezia
Irlanda (3)
49,2
41
40,8
40,17
38,88
37,77
37,5
37,4
35
35
34
32
30 (20)
29
28
24 (10)
(1) Aliquota implicita compresa l’Irap. Per la metodologia di calcolo si veda “Previsioni dell’economia
italiana” Csc, dicembre 2000. (2) L’aliquota del
20% si riferisce alla tassazione delle piccole imprese.
(3) L’aliquota del 10% è relativa all’indsutria manifatturiera localizzata in certe zone del Paese.
Tassi e condizioni bancarie
Mercato creditizio vicentino.
I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio
vicentino al 28 febbraio 2001 su
un campione di imprese con positivi
indicatori economico-finanziari.
Conto corrente
AUTOSTRADE
Km per
Km per veicolo
abitante
circolante
PAESI
FISCO
Pressione fiscale sui redditi d’impresa
(imposte nazionali e locali; 2001)
Tasso franco commissione
max scoperto
Spese per operazione
Valuta per assegni fuori piazza
7,30%
1.930
3 gg. lav.
Anticipi su fattura/contratti
Tasso aperto
5,60%
Smobilizzo Italia
Tasso sbf
5,20 %
Commissione incasso effetti
cartaceo
4.050
Commissione incasso effetti
elettronico
3.350
Valuta portafoglio cartaceo
4,8 gg. lav.
Valuta portafoglio elettronico
4,7 gg. lav.
Operazioni con l’estero
Durata media
Tasso
degli studi di abbandono
Tasso lire per anticipi export
5,10%
Spread a favore della banca
su eurodivisa
0,30%
0,03 %
–
33
Commissione valutaria
Regno Unito
–
19
Belgio
–
37
Crediti di firma
Repubblica ceca
4
21
USA
4
37
Fidejussione Italia
1,1 %
Irlanda
4
23
Francia
5
45
Indicatori di riferimento
Finlandia
5
25
Austria
7
47
Bce
4,75 %
8,00 %
Germania
6
28
Portogallo
3
51
Prime rate ABI
Olanda
–
30
Italia
6
65
Euribor 3 mesi lettera
4,837 %
Rendimento lordo titoli pubblici
4,939 %
Fonte: Ocse
61
Scarica

industria vicentina - Confindustria Vicenza