1/01 MARZO 2001 – sped. in abb. post. - trimestrale - 70% - P.T. Vicenza Ferrovia - tassa riscossa - taxe perçue - Italia - contiene IR 2001-1 INDUSTRIA VICENTINA INDUSTRIA VICENTINA TUTTI IL PAESE A TAVOLA DEI BALOCCHI GIOCHI, PASTA, PANE, GIOSTRE, CARNE, TRENINI, LATTE... PELUCHE LE INDUSTRIE E GIOCATTOLI: ALIMENTARI VICENTINE TRA SAPORI, QUALITA’ ECCO L’INDUSTRIA E GARANZIE DI SICUREZZA DEL DIVERTIMENTO LA SOCIETA’ DISSOCIATA VALLE INCANTATA INCERTA E SPAESATA, C’È UN POLO DELLE FORGE BENESTANTE MA INSICURA. DENTRO LA VAL D’ASTICO ILE RAPPORTO DI ILVO UN’INDUSTRIA CHEDIAMANTI VIVE SULLA SOCIETA’ VICENTINA PROTETTA DAI MONTI LA CORSA ALL’ ITALIE EURO QUANTE BELLE INDAGINE TRA MILLE IMPRESE: ILVO DIAMANTI COMMENTA A PUNTO E’ IL CAMMINO LACHE MAPPA DI UN’ITALIA VERSO LA MONETA UNICA? CHE GIRA A PIÙ VELOCITÀ UNA VITA DA VICENTINO VIAGGIO NOVECENTO QUARANT’ANNI IN GIRO PER IL UN SECOLO DI ARTE MONDO. CON UN OBIETTIVO IN MOSTRA GRAZIE IN TESTA E UNO APRIVATE TRACOLLA ALLE COLLEZIONI I tempi lunghi della giustizia CORSIVO S i è parlato molto, recentemente, dei dello Stato di gestire la giustizia. tempi lunghi della giustizia in provin- Mi auguro che lo Stato non si adagi sulcia di Vicenza, della durata dei processi e l'idea che il sistema economico vicentino delle cause civili. Un fenomeno che inte- possa fare da sè anche nell'amministrare ressa tutto il paese, ma che da noi si se- la giustizia civile. Occorre risolvere una gnala per la sua particolare gravità. Il volta per tutte questa situazione, dalla Corriere della Sera ha riportato dati lam- quale deriva per il nostro mondo propanti: c'è un magistrato ogni 58 miliardi duttivo una perdita di competitività inesportati in Italia, uno ogni 12 in Campa- diretta. Però il problema presentato dalnia, uno ogni 184 nel Veneto e addirittura l'Ordine degli avvocati di Vicenza è reale uno ogni 466 a Vicenza. C'è un magistra- e concreto, e quella che hanno avanzato to ogni 4.431 abitanti a Messina e uno può anche diventare una via da seguire, qualora nulla si ogni 17.000 nel Vimuovesse da parte centino. In provincia le cifre della giustizia ordiÈ evidente che, noparlano chiaro: naria. I rimedi per nostante l'impegno dei magistrati, a Vile risposte della giustizia risolvere il problema, comunque, socenza le risposte non sono adeguate no noti: si tratta di della giustizia non sono adeguate ai bi- ai bisogni dell’economia semplificare il nostro apparato legisogni dell'economia e della società. slativo, depenalizzae della società. In Si resta in attesa re i reati minori, miquesta situazione, i gliorare gli strumennostri interlocutori di un segnale ti tecnologici e le esteri, quando nella da parte dello Stato strutture a servizio stesura di un condella giustizia, e potratto si arriva a fissare il foro competente, hanno buon gio- tenziare il numero dei magistrati: oggi a co nell'imporre il foro della loro sede, e Vicenza l'organico è del tutto inadeguato questo per le nostre imprese significa co- al bisogno di giustizia espresso dalla società e dal sistema economico. sti e difficoltà in più da affrontare. L'Ordine degli Avvocati di Vicenza ha Ci aspettiamo un segnale dallo Stato, il avanzato l'ipotesi di un Tribunale priva- quale deve garantire che la giustizia ci to, di una Camera arbitrale parallela alla sia e funzioni, per essere in grado di dare quale rivolgersi per abbreviare i tempi risposte al cittadino in qualunque modella giustizia ordinaria. È una provoca- mento. Altrimenti, si mette in discussiozione, una soluzione estrema, che rivele- ne un cardine fondamentale della vita rebbe l'incapacità dello Stato nel gestire sociale e del senso di appartenenza del uno dei pilastri su cui si regge l'ordine cittadino allo Stato. sociale ed economico. Sarebbe grave se Valentino Ziche si dovesse prendere atto del venir meno della fiducia della gente nella capacità Presidente Associazione industriali di Vicenza 1 SOMMARIO INDUSTRIA VICENTINA Pubblicazione promossa dal Comitato provinciale per la piccola industria dell’Associazione industriali della provincia di Vicenza. Direttore responsabile Stefano Pernigotti Caporedattore Stefano Tomasoni Hanno collaborato Maurizio Dal Ferro, Ilvo Diamanti, Luca Grifalconi, Anna Madron, Maurizio Mascarin, Walter Stefani Progetto grafico Patrizia Peruffo Stampa Tipografia Rumor S.p.A., Vicenza Pubblicità Oepi, Verona Editore Istituto promozionale per l’industria srl Piazza Castello, 3 - Vicenza Anno diciannovesimo Numero 1. Marzo 2001 Una copia L. 8.000. Registrazione Tribunale di Vicenza n. 431 del 23.2.1982 Questo numero è stato stampato e diffuso in 4.900 copie. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni senza autorizzazione e senza citare la fonte. FOTOGRAFIE Archivio Associazione industriali pag. 23, 24 a sin., 56, 57, 58; Archivio Ash Multimedia 15, 16; Archivio Brendolan Prosciutti 20 in alto; Archivio Bruno Mastrotto 42, 43, 44; Archivio Coelsanus 20 in basso; Archivio Csc 38; Archivio Diesel 41 a sin.; Archivio Filk 40 in alto; Archivio Fitt 40 in basso; Archivio Grafiche Tassotti 41 a dx; Archivio Harry’s Morato 18, 21, 22; Archivio Magnetic 36, 37; Archivio Santo Stefano 24 a dx; Archivio Spega 26; Cesare Gerolimetto 48, 49, 50, 51; Corrado Pedon 5, 7, 8, 10, 11, 12, 47; Fabiano Avancini 14; Libro “Vicenza. La provincia preziosa” 52, 53, 54, 55; Opuscoli “eurofisco” ed “euroimpresa” del Ministero del Tesoro Comitato euro 28, 30; Opuscolo della Commissione europea “Quando arriverà concretamente l’euro nelle nostre tasche?” 29, 34; Rodolfo Paolo Rossi 46. Copertina: Archivio Associazione industriali, Archivio Harry’s Morato, libro “Vicenza. La provincia preziosa”. CORSIVO 1 I tempi lunghi della giustizia di Valentino Ziche FOCUS 5 La società degli insicuri Il rapporto 2001 di Poster sugli orientamenti dei vicentini dipinge una società incerta e spaesata, che procede sulla strada dello sviluppo, ma si sente meno sicura e meno ricca di rapporti interpersonali. Una società che accetta l’immigrazione regolare, ma è preoccupata di quella clandestina. di Ilvo Diamanti ARGOMENTI 14 Affari nella rete Il commercio elettronico cambia il quadro generale dell’economia e dell’impresa. Lo confermano anche i risultati del progetto sperimentale sull’e-commerce concluso dall’Assindustria e condotto con un gruppo pilota di aziende già orientate alla vendita sulla rete. di Maurizio Dal Ferro VICENZA PRODUCE 18 Tutti a tavola Il mondo dei prodotti alimentari sta attraversando un momento delicato. Il “mangiar bene” assume un significato ampio in cui trovano posto gusto e sapore, ma anche sicurezza, garanzia e certificazione. Siamo andati a vedere cosa produce il settore alimentare vicentino nel duemila. di Anna Madron L’INCHIESTA 28 La corsa all’euro Come si stanno preparando le imprese vicentine all’arrivo della moneta unica? A pochi mesi dall’evento, un’indagine dell’Assindustria su mille aziende ha fatto il punto della situazione. “Chi non si è ancora mosso, adesso deve farlo”, dice il presidente Ziche. di Luca Grifalconi IMPRESE 36 Piccoli, medi e grandi motori La Magnetic di Montebello Vicentino è un’azienda che spicca nel panorama italiano dei costruttori di motori per un “range” di prodot- ti completo e particolarmente diversificato nel settore dell’automazione industriale 38 I campioni della superlega La Csc di Schio lavora da venticinque anni nel mondo delle superleghe, progetta e costruisce per l’industria aerospaziale, navale, chimica e per le ricerche nell’ultra alto vuoto. 40 Impresaflash PERSONAGGI 42 Un vulcano chiamato Bruno Bruno Mastrotto, uno dei fratelli dell’omonimo “impero” conciario di Arzignano, unisce la gestione delle aziende del gruppo con un impegno diretto nel sociale, come presidente del movimento per i diritti del malato di Arzignano. Il tutto alla sua maniera. Vulcanica. di Stefano Tomasoni LAVORO E RELIGIONI 46 La saggezza dell’istrice L’integrazione tra genti che hanno diversi concetti del lavoro e professano diverse religioni è un tema sempre più d’attualità in una provincia multietnica come la nostra. Ne abbiamo parlato con mons. Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto “Rezzara” di Vicenza. di Maurizio Mascarin SOCIETÀ E CULTURA 48 Una vita da viaggio Vent’anni a girare il mondo per passione (con un’impresa epica da Guinness), altri venti a scoprirlo come fotografo professionista. È la vita di Cesare Gerolimetto, un artista della foto di ambiente, di paesaggio e di umanità a cui la sua città, Bassano, ha dedicato una “personale”. di Stefano Tomasoni 52 La provincia in piazza Il libro “Vicenza. La provincia preziosa” racconta il Vicentino con centinaia di foto e una ricca collezione di testi di autori che di questa terra offrono un ritratto a tutto tondo. Proponiamo uno stralcio del capitolo dedicato alle feste di piazza tradizionali vicentine. di Walter Stefani RUBRICHE 56 Assoflash 60 Osservatorio La società degli insicuri FOCUS 5 Ecco, nei risultati dell’annuale rapporto di Ilvo Diamanti, la fotografia della società vicentina all’inizio del nuovo millennio: incerta e spaesata, procede sulla strada dello sviluppo, ma si sente meno sicura e meno ricca di rapporti interpersonali. U na società incerta e spaesata, sospettosa; che si guarda intorno con preoccupazione. È ciò che esce dal Rapporto 2001 sugli orientamenti della società vicentina, giunto al sesto appuntamento annuo, realizzato da Poster per conto dell’Associazione industriali. Una società dissociata, che procede rapida e spedita lungo la strada dello sviluppo. Che non conosce la disoccupazione. E si tiene saldamente ai puntelli tradizionali: la famiglia, la Chiesa e l’impresa. Ma mentre si globalizza e corre veloce, sembra allontanarsi dal suo contesto sociale, dal territorio. La società sembra perdere la società. Si smarrisce. Impaurita da nuove minacce, come la criminalità. Da paure che crescono anche perché il mondo che la circonda è meno amico. Meno ricco di rapporti interpersonali, di solidarietà. Per questo ha bisogno, più di prima, di riferimenti istituzionali, che diano certezza. Ma ha bisogno al tempo stesso di ricostruire le relazioni sociali, il tessuto dei contatti personali. Di riprendersi il territorio. Successo economico e insicurezza personale Non vi sono motivi “materiali” alla base dei timori di vicentini. Le aspettative nel futuro, quanto all’economia e al lavoro, sono positive. Il mondo degli affetti, delle relazioni familiari e amicali continua ad apparire gratificante. Al pari dei riferimenti associativi più radicati: le organizzazioni imprenditoriali, la Chiesa. I problemi sorgono, invece, dal rapporto con l’ambiente circostante, che risulta, sempre meno amico, sempre meno vivibile e percorribile. Si sta spezzando, cioè, il legame fra la società e il territorio, che da luogo di vita e di relazioni tende a diventare, o meglio, ad apparire un terreno ostile, rischioso; povero di occasioni di incontro e di comunicazione sociale. Così che la casa, la famiglia, le cerchie amicali più ristrette acquistano sempre più valore, ma appaiono, al tempo stesso, rifugi, quasi fortezze; luoghi di chiu- FOCUS 6 sura, piuttosto che punti di riferimento aperti e proiettati all’esterno. D’altra parte camminare per strada dopo una certa ora, girare in bicicletta, mandare i bambini a scuola da soli viene considerato molto pericoloso da 6-7 persone su 10. E altrettante persone non si sentono protette senza un sistema d’allarme in casa. C’è una pericolosità ambientale che spinge i vicentini tra le mura domestiche, nei circuiti stretti della parentela e degli amici. Inoltre, i problemi dichiarati più importanti dai cittadini evocano altrettanti segni della “pericolosità” e dell’ostilità del territorio circostante: la viabilità, satura e intransitabile, che diventa per i vicentini l’emergenza; la criminalità comune, che continua a costituire una minaccia incombente; il degrado ambientale, che comincia a turbare seriamente gli occhi e la mente delle persone. Un contesto che ai vicentini sembra, quindi, sempre più difficile da vivere; insidioso e stressante da attraversare e percorrere; rischioso, per la sicurezza personale e familiare; deterio- rato, deturpato. Certamente non ameno. È come se i vicentini scoprissero, bruscamente, di vivere in una metropoli diffusa, con i problemi e le tensioni tipiche di una realtà ad alta intensità urbana, dopo aver creduto, fino a poco tempo fa, di essere ancora immersi in un mondo comunitario; in un paese punteggiato di rapporti diretti fra persone; in uno spazio transitabile, animato da persone e di relazioni. L’impatto delle trasformazioni, per questo, risulta loro più pesante, meno accettabile. Abituati a vivere nelle piazze e nelle strade, inseriti in una rete fitta di relazioni sociali; usi a muoversi senza fatica e senza timori in un territorio di grande qualità estetica, oltre che ambientale, la scoperta dei “mali” della città diffusa li (ci) rende più sofferenti e insofferenti. Così come appare loro meno sopportabile la tendenza all’autoreclusione, che cresce in molti settori della società. Un terzo dei vicentini, d’altronde, passa la maggior parte del tempo esterno al lavoro da solo o con i familiari. Rinchiuso in casa; rifugiandosi nelle relazioni “corte”. Dimensioni dell’insicurezza locale “Quanto ritiene pericoloso, nel suo paese o quartiere, comportarsi nei seguenti modi?” (percentuale di coloro che ritengono Molto o Moltissimo pericolosi – N.r. media 1,3%) Uscire soli quando è buio 51 Non avere in casa un allarme 57 Girare in bici nel traffico 65 Lasciare giocare i bambini soli 75 0 20 40 60 80 100 Incerti e spaesati È per questo che appaiono spaesati. Sono cambiati profondamente e in fretta. Ma la percezione di questo mutamento non è facile da assorbire; da tollerare. Il che rende la società locale ancora più reattiva. Più insicura. Non a caso una persona su due considera il futuro “difficile, incerto e carico di rischi, per sé e per la propria famiglia”. Il 5% in più di due anni fa. Un indice superiore a quello nazionale. Né il rapporto con lo Stato e con le istituzioni sembra migliorato. Resta alta, non a caso, la fiducia nelle “forze dell’ordine”, che riflette la domanda di protezione e di sicurezza; ma anche nel Presidente della Repubblica, oggi unico riferimento comune e unitario, al di là delle generazioni e delle colorazioni politiche, per i vicentini (come per gli italiani in generale). E le stesse istituzioni locali – comuni e regioni – ed europee registrano un buon grado di confidenza, fra i cittadini. Ma altri ambiti che, nel passato recente, mobilitavano le aspettative e i sentimenti sociali oggi suscitano consensi assai minori, come la magistratura; oppure generano delusione, come le banche e la borsa. Lontani dallo Stato, scoraggiati dai canali che promuovono le aspettative di miglioramento economico e finanziario individuale e sociale; e, peraltro, sempre più soli nel loro ambiente. I vicentini sembrano pagare a caro prezzo il loro successo economico, il loro benessere, la loro soddisfazione circa i luoghi della vita quotidiana (famiglia, lavoro, amicizia), immersi come appaiono in un clima di incertezza, di ritiro dal mondo delle relazioni sociali, di fuga dal territorio, di paura nei confronti del futuro. Insicurezza locale Inquieti 54% Sereni 9% Preoccupati 37% Nella categoria “Preoccupati” rientrano coloro che hanno valutato pericoloso almeno uno dei comportamenti proposti; nella categoria “Sereni” quanti invece ritengono che nessuno dei comportamenti in esame sia pericoloso. 8 Immigrazione, tra realismo e timore Va detto che il senso generalizzato di insicurezza che inquieta i vicentini, non impedisce loro di valutare e affrontare con realismo i principali fenomeni e le principali trasformazioni che segnano questa fase. Spesso, cioè, la paura che li pervade costituisce un sentimento indistinto, sintomo di un malessere più ampio, che si ridimensiona e comunque si precisa di fronte a questioni definite e concrete. È il caso, in particolare, dell’immigrazione. Gli immigrati, com’è noto, costituiscono al tempo stesso una risorsa e una fonte di timore per molti cittadini, in quanto – anche se talora impropriamente – la loro presenza viene collegata all’aumento di tensioni come il diffondersi della criminalità comune. Oppure alla possibile crisi di identità culturale e religiosa della popolazione locale. Tuttavia, l’indagine mostra come i vicentini si pongano di fronte al fenomeno, senza farsi travolgere dalle emozioni e dai risentimenti. L’immigrazione, infatti, è vissuta come una minaccia per l’identità culturale e religiosa dal 28% dei cittadini. Non è poco, ma resta una minoranza. Come nel resto del paese. Più alta è, invece, la quota di chi la concepisce come una minaccia per l’ordine pubblico: il 37%. Un dato, peraltro, inferiore sia a quello veneto che a quello nazionale. Per contro, il 53% dei vicentini considera l’immigrazione necessaria allo sviluppo dell’economia locale; e il 77% di essi riconduce le tensioni prodotte dall’immigrazione ai clandestini. Nei confronti degli immigrati, quindi, i vicentini esprimono un atteggiamento contraddittorio, ma senza estremismi. Senza pregiudizi ideologici. Provano disagio, perché è un fenomeno nuovo per un’area che storicamente ha rappresentato una terra di emigranti, non di immigrazione. Perché l’immigrazione si associa a tanti altri cambiamenti, a tante altre trasformazioni. Però riescono, al tempo stesso, a capire che in larga misura l’entità del fenomeno è prodotta dall’interno, dalle nostre esigenze, dalle dinamiche dello sviluppo economico e del mercato del lavoro. Ne percepiscono la necessità e, al tempo stesso, ne provano inquietudine. Però non sono ciechi e insensibili. Non preferirebbero, come talora si sente dire, che venissero senza farsi vedere. Che lavorassero senza vivere in mezzo agli altri. Tant’è che il problema non è l’immigrazione. Ma l’immi- Fiducia nelle associazioni di categoria, un po’ meno nelle istituzioni, nel governo. Anche la chiesa perde qualche punto. Lo dicono i risultati del rapporto di grazione clandestina. Tant’è che il 60% dei cittadini vede, come soluzione alle tensioni suscitate dal fenomeno, la “normalizzazione” della condizione degli immigrati, attraverso la casa (60%) e il ricongiungimento familiare (66%). Il salto generazionale Questi dati suggeriscono che anche in quest’area ci si abituerà all’immigrazione; anzi che ci si stia già abituando ad essa. Ma indicano come occorra abituarsi pre- sto ai molti, diversi cambiamenti che investono la nostra società. Anzi: al cambiamento, in generale. Occorre, cioè, superare lo spaesamento. Capire che il villaggio in cui si pensava di vivere e abitare non c’è più; perché siamo inseriti in un contesto globalizzato; perché noi stessi abbiamo contribuito a cambiare il nostro contesto locale, con il nostro lavoro, con le nostre abilità. Dobbiamo, cioè, fare i conti con la metropoli che siamo diventati. E affrontare i cambiamenti interni alla nostra società. Le fratture che l’attraver- Diamanti. “Sono naturalmente soddisfatto del fatto che nella gente ci sia un’alta considerazione delle associazioni imprenditoriali – commenta Valentino Ziche, presidente dell’Assindu- Ora le illustrerò alcune opinioni sugli immigrati. Quanto si sente d’accordo con ciascuna di esse? stria – , per contro, tutta- (% di coloro che si sono sentiti Molto o Moltissimo d’accordo) Gli immigrati sono una minaccia per la nostra identità nazionale e religiosa L’immigrazione è necessaria al nostro sviluppo economico Gli immigrati sono un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone Il problema dell’immigrazione sono i clandestini Non risponde Base (val. ass.) via, non è un bene che cali 27,6 53,2 37,2 77,1 la fiducia nella politica, 3,9% 800 perché finisce che le associazioni vengono chiamate a coprire questo vuoto di “Quanto ritiene opportune le seguenti strategie per far fronte ai problemi posti dall’immigrazione?” credibilità delle istituzioni (percentuale di coloro che le ritengono Molto o Moltissimo opportune – N.r. media 3,7%) e della politica, assumendo Garantire una casa agli immigrati 59 Favorire il ricongiungimento familiare un ruolo che non è loro proprio. La gente chiede 66 che siano fatte determinate Introdurre il reato d’immigrazione calndestina 69 cose, e la risposta la deve dare la politica, riappro- 70 Rimandare a casa tutti i clandestini priandosi del ruolo che le 0 20 40 60 80 100 spetta”. FOCUS 10 sano. Perché le tensioni, il disagio che attraversa la realtà vicentina, non riguardano allo stesso modo tutta la società. È una tendenza che avevamo osservato già lo scorso anno. E quest’anno si ripropo- Qual è il problema più importante da affrontare oggi in provincia di Vicenza? (dati in percentuale) Strade e viabilità Criminalità Degrado ambientale Immigrazione Burocrazia Disoccupazione Carenza di manodopera Competitività dei mercati Totale Non risponde Base (val. ass.) Vicenza 2001 29,7 26,8 14,2 11,6 8,7 7,2 1,0 0,8 100,0 10,1% 800 ne: più profonda e marcata. Vicenza appare, infatti, una società dissociata non solo per il disassamento fra il mondo di vita delle persone e il contesto che le circonda. Ma anche internamente: per i salti che ne segnano la continuità biografica. Osservando le tendenze e gli orientamenti dei vicentini, infatti, emerge una doppia frattura: generazionale e culturale. Fra giovani e anziani; fra persone ad alta e bassa scolarità. Fratture che si implicano e compongono reciprocamente. E delineano distanze più ampie rispetto a quelle delle tradizionali forme di stratificazione sociale (la classe, il reddito). La paura: è tanto più forte fra gli anziani, a bassa scolarità, con una rete corta di relazioni sociali. Settori sociali pervasi da sfiducia, inquietudine, incertezza nel futuro; perplessi verso il futuro, lontani dalle istituzioni, afflitti dalla solitudine, scettici verso le nuove tecnologie, timo- rosi di fronte all’immigrazione. Al contrario i giovani, con elevato grado di istruzione: immersi in reti di amicizie aperte e molteplici, non molto ottimisti nei confronti del futuro, ma meno spaventati dal clima di incertezza in cui sono immersi, integrati nei nuovi media, più aperti verso gli immigrati. Il rischio di uno sviluppo senza società Tutto normale? Replica di un copione noto? Non è del tutto vero. Perché rispetto al passato si rileva una differenza profonda: i giovani sono in costante declino. Gli adulti e gli anziani in forte crescita. La società vicentina è una società invecchiata rapidamente. Le paure che la attraversano non riflettono solamente i cambiamenti rapidi di una società che si è trasformata dal punto di vista economico e culturale; e che al contempo si è globalizzata intensamente. Riproducono anche una società più sazia, sterile, biograficamente invecchiata. È, quindi, una società che deve fare i conti con problemi di diverso segno. Ma, 11 peraltro, noti. Che possono trovare risposta attraverso politiche sociali e infrastrutturali. In tempi non troppo lontani, visto che stanno producendo un impatto molto forte sugli orientamenti delle persone. L’insicurezza ambientale e la viabilità, in particolare. È una società che deve essere aiutata dal sistema politico, Ci può dire se lei nel suo tempo libero frequenta: (valori in %) Una compagnia fissa di amici Persone e amici diversi Parenti Associazioni e gruppi di volontariato Bar Centri di incontro Sta prevalentemente da solo Non risponde (media) Base (val. ass.) Con una certa assiduità % 50,5 23,9 51,8 18,5 13,0 10,2 23,5 Solo in particolari circostanze % 28,2 42,7 40,8 18,8 29,1 17,7 36,9 Mai % 21,3 33,4 7,4 62,7 57,9 72,1 39,6 0,3% 800 FOCUS 12 dalle istituzioni, a ricostruire un ambiente di vita amico, protetto, sicuro. Ma che deve, al contempo, ricostruire il suo tessuto di relazioni, il suo rapporto con il Le relazioni sociali Relazioni corte 25% Relazioni estese 46% Solitudine 7% Impegnati nel sociale 22% Nella categoria intermedia “Relazioni Corte” sono collocati coloro che passano il proprio tempo libero prevalentemente in famiglia o da soli. Invece nella categoria “Relazioni Estese” troviamo coloro che denotano uno sviluppo intenso di relazioni sociali. Nella categoria “Impegnati nel Sociale ci sono quelli che con una certa assiduità si dedicano ad attività di volontariato presso associazioni e parrocchie. contesto. Afferrando gli appigli che la sua stessa tradizione le offre. Ricorrendo, ad esempio, a quel 22% di persone che si dicono impegnate nel sociale e nel volontariato. Ricostruire la socialità e riconquistare il territorio, per garantire sicurezza nel presente e nel futuro: questo potrebbe essere lo slogan per rispondere all’inquietudine che scuote i vicentini. Ma, al tempo stesso, appare importante riprendere il dialogo e la comunicazione fra generazioni. Fra genitori e figli. Fra anziani, adulti e giovani. E riprendersi il tempo per capire ciò che sta avvenendo attorno a noi. Questo sviluppo è nato grazie alla società che gli sta intorno. Ma oggi il percorso dello sviluppo economico e della società sembra divergere. Non bisogna permettere che la società si ritiri e si prosciughi. Ne soffrirebbe lo stesso sviluppo. Ma ne soffriremmo anzitutto noi. Ilvo Diamanti ARGOMENTI Affari nella rete 14 Il commercio elettronico cresce a passi da gigante e cambia il quadro generale dell’economia e dell’impresa. Una conferma arriva anche dai primi risultati del progetto sperimentale sull’e-commerce concluso dall’Assindustria e condotto con un gruppo-pilota di aziende già in marcia verso la vendita sulla rete. “I l commercio elettronico sta crescendo a passi da gigante. Entro il 2003 il numero delle persone che compreranno on-line sarà triplicato rispetto ad oggi e il valore delle transazioni aumenterà di venti volte. Le persone che utilizzeranno il commercio elettronico in Europa supereranno il numero degli utenti americani e le aziende connesse ad Internet totalizzeranno l’80% del prodotto interno lordo europeo”. È quanto si legge in un recente studio-previsione pubblicato dalla Commissione dell’Unione Europea che indica anche tutta una serie di strumenti e di azioni prioritarie volte a superare gli handicap che frenano il rapido sviluppo delle tecnologie digitali in Europa. Qualche dato quantitativo completa il quadro: nell’Unione Europea, nel 2003 l’e-commerce toccherà verosimilmente quota 430 miliardi di euro mentre quel- lo italiano raggiungerà un valore approssimativo di 30 mila miliardi di lire. L’affermarsi dell’economia digitale dovrebbe inoltre contribuire a cambiare il quadro generale dell’economia. I produttori potranno controllare le disponibilità di materia prima in tempo reale semplificando i problemi di approvvigionamento, organizzare la produzione in base ai bisogni dei clienti, controllare dove si trova esattamente una merce in consegna ed ottenere altre informazioni che permetteranno di ottimizzare il ciclo produttivo. Il cliente sarà informato sull’avanzamento del suo ordine, accontentato con prodotti “su misura” in grado di soddisfare i propri desideri, seguito ed assistito nel loro utilizzo e nella manutenzione. Questi sviluppi, d’altra parte, implicheranno importanti cambiamenti nel modo di fare impresa ed una profonda ri- flessione sulle strategie e sulle scelte di sviluppo aziendale. È quanto risulta anche dal progetto ICN (Innovative Comunication Network) promosso dall’Associazione industriali e conclusosi di recente dopo due anni e mezzo di sperimentazioni. Obiettivo del progetto, finanziato dal Fondo Sociale Europeo, era verificare le potenzialità offerte dall’utilizzo delle reti – in modo particolare dal commercio elettronico – senza trascurare altri aspetti interni all’azienda che questo nuovo strumento modificherà profondamente. Una quarantina le aziende che hanno aderito all’intero progetto: tredici di loro (Axios, Biasia Francesco, Boschetti, Compressori DGM, Cotonificio Valbrenta, Distilleria Poli, Girovì, Lucente, Magnabosco Guido, Miles, Schiavon, Vicenza & Valentina, Xacus) si sono concentrate sull’aspetto commercio elettronico. Il progetto nel suo insieme si è articolato in tre fasi: ricerca e monitoraggio, formazione, assistenza e accompagnamento alle aziende. La sperimentazione condotta con le aziende ha permesso di individuare i principali nodi da affrontare prima e durante il percorso che può portare al commercio elettronico. Sinteticamente sono stati raggruppati in quattro aree tematiche: strategia e organizzazione, marketing e politica commerciale, tecnologia, aspetti legali e amministrativi. L’area strategia ed organizzazione si riferisce alla necessità di scegliere oculatamente i prodotti da mettere in vendita su Internet (una linea creata appositamente o alcuni prodotti delle gamma), di fare un’analisi del mercato per capirne l’orientamento, le motivazioni e la propensione all’acquisto on-line, di conoscere la concorrenza (posizionamento e approccio al cliente), di valutare l’impatto sulla rete distributiva (potenzialmente potrebbe verificarsi un azzeramento della catena distributiva), di elaborare un progetto organizzativo per prepararsi a possibili cambiamenti sulla struttura aziendale, di prevedere la formazione del personale all’uso della rete anche per dialogare in altro modo con il consumatore/cliente. L’area marketing e politica commerciale riguarda tematiche quali la scelta del tipo di negozio virtuale che si vuole attivare, la definizione del prezzo di vendita (il prezzo è fondamentale: l’acquirente in rete si aspetta, in genere, un prezzo più basso), il marketing per svolgere un’adeguata azione promozionale (anche su Internet bisogna farsi conoscere) facendo un mix degli strumenti di comunicazione e valutando il tipo di acquirente a cui ci si rivolge, il packaging e le spedizioni. L’area tecnologia interessa la definizione di un’adeguata connettività a Internet, valutando le diverse possibilità esistenti (non confondendo il collegamento a Internet che permette di navigare sulla rete con quello che connette il server del sito alla rete stessa), la predisposizione di un sito chiaro, dinamico ed efficace, per consentire collegamenti facili e accattivanti, l’importanza di comunicare la sicurezza (il sito deve invogliare all’acquisto, ma anche garantire sicurezza al cliente che usa la sua carta di credito). Infine nell’area riguardante gli aspetti legali e amministrativi sono affrontate tematiche quali la registrazione del nome del proprio dominio, la stipula di patti ARGOMENTI 16 chiari con il provider definendo livelli di servizio, garanzie, responsabilità, eventuali penali. Nella scelta dei contenuti del sito si deve tener presente che la rete è accessibile a tutti: va quindi prestata attenzione a eventuali diritti di terzi su notizie, testi, immagini e suoni, ma nello stesso tempo va tutelata la proprietà e l’ideazione dell’impresa per evitare sfruttamento da parte di terzi. Altri aspetti riguardano la tutela della privacy, la formulazione dei contratti di vendita, le normative di legge per autorizzazioni e licenze per determinate attività (assicurazioni, finanza, editoria, agenzie viaggi), la tutela del consumatore. I contratti della logistica sono un altro aspetto che richiede una particolare attenzione. La maggioranza delle aziende vicentine sembra essere già cosciente delle nuove sfide all’orizzonte: su 2350 aziende asso- ciate all’Assindustria, circa la metà risulta collegata a vario livello (dalla sola email alla presenza con proprie pagine) alla rete Internet, ma sia il numero degli utenti che la sofisticazione nell’utilizzo delle reti sono in rapida crescita. E da un’indagine che ha coinvolto 600 aziende nell’ambito del progetto risulta che più del 60% delle aziende che hanno risposto sono convinte che Internet cambi il modo di fare affari. Un approccio prudente ma aperto alle potenzialità dello strumento: per il futuro poi le indicazioni espresse portano a ritenere che una parte non trascurabile dell’attività si svilupperà utilizzando la Rete, che perderà progressivamente il solo aspetto di strumento di promozione per integrarsi pienamente nelle attività aziendali. Maurizio Dal Ferro PRODUCE VICENZA 18 Il mondo alimentare sta attraversando un momento delicato. Il mangiare bene assume un significato ampio in cui trovano posto gusto e sapore, ma anche sicurezza, garanzia e certificazione. Siamo andati a vedere cosa produce il settore alimentare vicentino nel duemila. Tutti a tavola D ai salumi ai formaggi, dalle conserve al pane, dalla carne alla pasta. I prodotti sono i più diversi ma l’industria è la stessa, quella alimentare, voce fondamentale nell’economia non solo nazionale ma anche locale. Basta pensare che in provincia di Vicenza le aziende alimentari associate all’Assindustria sono circa una settantina e occupano un posto di tutto rispetto quanto a fatturato. E ancora: il 40% della carne prodotta nel nostro paese proviene dal Veneto, a testimonianza dell’importanza e della diffusione dell’industria alimentare nel nostro territorio. Un settore che gode di ottima salute a giudicare dai dati Istat, che negli ultimi mesi del 2000 evidenziano un incremento dell’indice di fatturato nazionale pari a circa il 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Crescita dovuta ad un aumento sia sul mercato interno (+9,3%) che su quello estero (+11,4%). Dati rassicuranti, dunque, per un settore che però sta attraversando un momento delicato. Perché la bufera che si è scatenata intorno alla carne ha alzato i livelli di guardia da parte di un consumatore oggi più attento non soltanto nei confronti della fetti- na, ma anche di tutto ciò che mette nel E proprio il controllo sembra essere la piatto. E così si leggono le etichette, ci si strada vincente per il futuro. “Anche se informa sulla provenienza, sui processi nel nostro settore – osserva Morato – di lavorazione, sulle normative che ga- non ci sono figure specializzate in querantiscono un prodotto finale sano e ge- sto senso. Ogni azienda si crea da sola nuino. Accontentare il palato, insomma, un entourage di professionisti, medici, non basta più. E mangiar bene assume chimici, microbiologi, con il compito di un significato sempre più ampio in cui vigilare, analizzare, seguire da vicino i trovano posto gusto e sapore, ma anche processi produttivi a partire dalle materie prime”. L’osicurezza, garanzia, “Nel Vicentino – dice biettivo, però, è certificazione. ambizioso. “La il presidente della proposta intorno a Un nuovo sezione alimentari cui stiamo discucorso di laurea per i dell’associazione – c’è tendo – prosegue il della seprofessionisti una tradizione di serietà presidente zione alimentari del controllo che accomuna tutte le dell’Assindustria – è quella di istituire Parole che sono diaziende, che per lo più un corso di laurea ventate una sorta di comandamento per sono certificate, a riprova breve, tre anni che le industrie del setdell’impegno nel dare potrebbero prolungarsi con un master tore. Lo ribadisce la massima garanzia di specializzazione, Luigi Morato, imdestinato a chi laprenditore che ha al consumatore”. vorerà poi nell’inlegato il suo nome alla panificazione – è presidente della dustria alimentare”. Harry’s Morato di Altavilla – e che al- Perché se è vero che esiste già la fal’interno dell’Assindustria è presidente coltà di scienza dell’alimentazione, è anche vero che manca totalmente un della sezione industrie alimentari. “Nel Vicentino – spiega – c’è una tra- corso di studi destinato a chi poi endizione di serietà che accomuna tutte trerà in azienda per vigilare sulle male aziende del settore, che, nella mag- terie prime e su tutto ciò che accade a gior parte dei casi, sono certificate, a monte della produzione. Passaggi fonriprova dell’impegno e della volontà di damentali sui quali, a detta di Morato, offrire la massima garanzia al consu- si giocherà il futuro della moderna inmatore. Non dimentichiamo poi che dustria alimentare. Settore che forse nella nostra provincia operano enti di più di altri è tenuto a seguire scrupolocontrollo all’avanguardia a livello na- samente la normativa. zionale, basti pensare all’Istituto lat- “I nostri prodotti si mangiano – prosetiero caseario di Thiene, ritenuto uno gue Morato –, e questo comporta una grande responsabilità da parte nostra. dei migliori d’Italia”. 19 PRODUCE VICENZA 20 Per questo cerchiamo di migliorarci costantemente non solo applicando le leggi, ma anche dotandoci della tecnologia più sofisticata”. Se la verdura è sotto vetro Una filosofia, questa, che è di casa, in provincia, anche nell’industria conserviera, presente soprattutto nella fascia pedemontana altovicenti- na (Caltrano, Torrebelvicino, Marostica), nel capoluogo berico e nel Basso Vicentino. A Sossano si trova, ad esempio, la Coelsanus, azienda che produce verdure e ortaggi sott’aceto, sott’olio e alcune specialità particolari come le verdure arrostite e messe in olio. Una produzione che conta oltre 30 milioni di vasetti all’anno per un giro d’affari di 67 miliardi. Traguardi frutto dell’esperienza e della qualità, che significa anche controlli su tutta la catena produttiva, a cominciare dal terreno coltivato sul quale ridurre al minimo l’utilizzo di sostanze chimiche. “Siamo al di sotto del 50% dei limiti previsti dalla legge – spiega l’amministratore delegato Enrico Caloni –, e spesso si va addirittura al di sotto del 90%”. In più il consumatore può contare su quella che è stata battezzata “coltivazione di prodotto integrato”, una tecnica particolare a metà strada tra la coltivazione normale e quella biologica, riservata ad alcune verdure come cipolline, peperoni, funghi. E il biologico? “Lo facciamo per non sottrarci a delle logiche di mercato, ma in modo marginale – dice Caloni – perché non credo che nel nostro settore avrà un grande sviluppo”. Dai vasetti di vetro ai prosciutti crudi. Il marchio è quello di Brendolan, azienda di Lonigo che è una delle poche in Italia a produrre prosciutti di diverso tipo: Parma, San Daniele, nazionale e veneto, che escono dagli stabilimenti in Emilia, in Friuli e nel Veneto (a Lonigo, appunto), per un totale annuo di oltre 400 mila prosciutti. Lo scorso anno la Brendolan ha ceduto quote azionarie a due gruppi nel Mantovano, i quali a loro volta hanno acquisito una società nel Cremonese, il che consente ora una scelta di oltre trentamila suini macellati alla settimana. Sui quali i controlli sono severi: non solo certificazioni e Haccp, ma anche il vaglio di “Ineq” e “Ipq”, enti di tutela del prosciutto che garantiscono la genuinità. “Il prodotto possiede una sua sicurezza intrinseca – interviene Filippo Amoretti, direttore generale della Brendolan – perché il prosciutto crudo è il risultato dell’azione combinata tra sale marino e una stagionatura che varia dai 14 ai 16 mesi. La sicurezza viene anche dal fatto che è praticamente impossibile lo sviluppo di cariche batteriche, in quanto la perdita di acqua impedisce la riproduzione di microrganismi”. Una carta d’identità di tutto rispetto, per un prodotto che si presenta con un buon “vissuto salutistico”. E in termini di controllo e tutela del consumatore, l’azienda vicentina guarda avanti. “La strada da percorrere – prosegue Amoretti – è quella del controllo di tutta la filiera, per riuscire a certificare l’intero percorso del prosciutto crudo, a partire dall’allevamento. Il consumatore italiano può stare tranquillo, potendo contare sulla serietà degli organismi di vigilanza, delle normative e della frequenza con cui vengono effettuati i controlli”. “Abbiamo le normative più severe della Cee” “Abbiamo le normative migliori della Cee”, rincara Luigi Morato, la cui azienda produce 500 quintali di pane al giorno. Pane industriale, definito “alternativo”, per lo più affettato, morbido grazie ad una lavorazione particolare e quindi adatto agli usi più diversi in cucina. “È un pane che si può riscaldare – precisa Morato – che è sempre pronto all’uso e che in molte case ha sostituito quello tradizionale, che non sempre è possibile acquistare fresco tutti i giorni”. Un pane che va di pari passo con la vita di oggi, dunque, in cui spesso è difficile trovare anche cinque minuti per entrare in un negozio a fare la spesa. Non a caso da qualche anno i consumi di pane fresco sono scesi. “Attualmente in Europa siamo al quarto posto come consumi pro capite. Questo significa che francesi, tedeschi e austriaci consumano più pane di noi italiani”, spiega Morato. Motivo? Un ritardo nella produzione di pane industriale che solo da una decina d’anni riempie gli scaffali dei supermercati, of- PRODUCE VICENZA 22 frendosi come alternativa al consumatore frettoloso e costretto a fare la spesa una volta la settimana. Ma se le abitudini di vita influenzano i consumi, resta comunque un fatto: il pane è un alimento sano. Per la semplicità degli ingredienti ma anche perché è un alimento che non può essere inquinato. “Inoltre non è soggetto a sviluppi batterici – continua Morato – sviluppa soltanto muffe, ed è disciplinato da normative rigorose che fissano gli ingredienti base: oltre a farina, lievito, acqua e sale anche olio di oliva, normale o extravergine, strutto o burro. E solo recentemente si è consentito l’impiego di grassi vegetali per pani particolari”. Perché anche il pane cambia. “Le indagini di mercato rivelano un consumatore sempre alla ricerca di novità – prosegue Morato – per questo innovazione, ricerca e perché no, anche un po’ di fantasia, sono indispensabili nell’arte bianca”. Un’arte nella quale la farina è ingrediente fondamentale. Ne sa qualcosa Luigi Benedetti al timone del Molino Benedetti, azienda storica per il Vicentino, in piena attività già a metà Ottocento, quando i molini non solo erano colonne portanti dell’economia locale, ma funzionavano addirittura da “banche” per la gente povera a cui prestavano la farina, un po’ come si fa adesso con i soldi. Oggi l’azienda Benedetti, che ha sede a Grisignano di Zocco, produce 110 mila quintali di farine all’anno, conta un giro d’affari di circa sette miliardi e fornisce i propri prodotti, farine speciali per la panificazione, soprattutto alle aziende del Nordest. Un mercato su cui però soffiano venti di crisi. “Il nostro è un segmento difficile – spiega Luigi Benedetti che è anche vicepresidente della sezione alimentare dell’Assindustria –, che oggi risente soprattutto del calo del consumo di pane. Dopo i fasti del passato, oggi il settore procede con un andamento costante, senza grandi scossoni, ma anche senza particolari momenti di gloria”. Una situazione di stasi, dunque, per i molini, quasi tutti a conduzione familiare, molti dei quali alle prese anche con il problema del ricambio generazionale con i figli che scelgono strade diverse rispetto ai loro padri. Eppure oggi i molini sono aziende moderne, con impianti all’avanguardia. “Con tanto di certificazione Iso – spiega Benedetti – e normative, come l’Haccp, che rappresentano una garanzia per l’intero ciclo produttivo”. Latte e formaggi: una filiera controllata in ogni sua fase Dalle farine ai lavorati del latte, altro settore che in provincia è ben presente, e controllato. Eccoci alla Casearia Brazzale di Zanè, azienda che si divide in due settori, una spa con il marchio “Burro delle Alpi” che produce 70 mila quintali di burro all’anno, e 23 un caseificio vero e proprio in cui viene lavorato il latte (600 mila quintali annui) per la produzione di formaggi di vario tipo, in particolare il Grana Padano. “Sia nel caso del burro che dei formaggi – spiega Oscar Grandotto, dirigente della Casearia Brazzale – la filiera è controllata in ogni sua fase, dalla stalla fino al prodotto finito. Si tratta di controlli esterni, spesso a sorpresa, da parte degli enti preposti alla vigilanza, ma anche di verifiche continue nel laboratorio interno all’azienda per impedire il proliferare di batteri, mantenere costante l’umidità, verificare la stagionatura nel caso dei formaggi”. Di cui, fanno notare alla Brazzale, c’è sul mercato una certa sovraproduzione. “Questo comporta che i prezzi devono essere mantenuti piuttosto bassi – continua Grandotto – e spesso non corrispondono al valore reale del prodotto”. E il burro? Il momento non è dei più fe- lici per questo derivato del latte che viene acquistato dal consumatore soprattutto nella grande distribuzione. Messo al bando dalle diete, sostituito da prodotti analoghi e magari meno grassi, il burro ha subìto per anni una propaganda negativa. “Che fortunatamente si è fermata – prosegue Grandotto – perché il burro è un prodotto che, se consumato nella giusta quantità, non può che far bene”. Che il settore sia controllato in tutta la filiera lo confermano anche alla Centrale del latte di Vicenza, 53 miliardi di fatturato annuo, 30 milioni di latte lavorati all’anno e un impegno costante nella ricerca e nell’innovazione tanto che sei anni fa la Centrale fu la prima azienda del settore in Italia ad ottenere la certificazione Iso 9001. La produzione spazia dal latte fresco a quello a lunga conservazione, dallo yogurt alla panna. Di nuovo si torna a parlare di qualità e dell’esigenza di figure professionali PRODUCE VICENZA specifiche, in grado di gestire a monte l’integrità delle materie prime. “In modo che le aziende non subiscano passivamente il controllo – fa notare il direttore Franco Cera –, ma siano loro stesse ad autocontrollarsi. Una necessità dettata dai tempi che verrebbe soddisfatta dalla nascita di una facoltà universitaria specifica, che potrebbe avere sede proprio qui a Vicenza”. Dove, come del resto in tutto il paese, anche i gusti dei consumatori cambiano. “Il consumo del latte è aumentato – continua Cera – ma le preferenze vanno verso quello a lunga conservazione, l’Uht, che ha una durata di novanta giorni perché subisce un trattamento termico a temperature più elevate, 145 gradi che, ovviamente, non consentono di mantenere i principi nutritivi e le caratteristiche del latte fresco”. Produzione all’insegna della qualità anche alla Comalat di Cartigliano, piccola azienda di 13 dipendenti che lavora ogni anno 36 mila quintali di latte trasformandolo in formaggi freschi genuini. “Anche prima che ci fossero le normative sull’Haccp il controllo sul latte in entrata era un imperativo - dice Giovannino Manca, amministratore delegato -. Del resto, tutte le stalle sono controllate dall’Ulls e devono avere caratteristiche ben precise. Noi ci teniamo non solo alla qualità ma anche alla genuinità del prodotto, e per genuinità intendo la lavorazione di latte possibilmente italiano, raccolto direttamente da aziende controllate, portato in caseificio e lavorato tale e quale”. Carne: la parola d’ordine adesso è rintracciabilità Se il burro è reduce da anni difficili, per la carne il momento è delicatissimo. An- che se chi lavora seriamente guarda al tori, ai quali chiediamo precise garanfuturo con serenità. È il caso della San- zie in termini di sostanze utilizzate to Stefano, azienda di Sandrigo che da nell’alimentazione ed esclusione di sooltre 35 anni opera nel settore carni con stanze farmacologiche vietate dalla attività di macellazione, preparazione, legge, nonché rispetto ed applicazione disosso e confezionamento sottovuoto di del sistema Haccp. I capi destinati alla carne bovina nazionale. La ditta opera macellazione vengono selezionati uno inoltre nel settore della lavorazione di ad uno. La stessa applicazione del sicarne suina destinata alla produzione di stema Haccp significa rispetto delle disposizioni igieniinsaccati freschi co“La qualità nel settore co sanitarie duranme salsicce, salate tutte le fasi della melle e cotechini. delle carni è frutto di lavorazione delle Settantacinque diesperienza e scelte carni. Altro aspetto pendenti, un giro da non trascurare è d’affari annuo di aziendali, che vanno l’attività del veteri105 miliardi, la dalla selezione dei nario responsabile Santo Stefano vende esclusivamente fornitori alle procedure di struttura: la presenza vigile e cosul mercato nazioattente al rispetto delle stante di una figunale, anche se i fornorme igienico-sanitarie. ra esterna rapprenitori sono attinti dal mercato estero. E qualità significa anche sentante del Servizio sanitario nazio“La qualità nel setcompleta rintracciabilità nale costituisce tore carni non si un’ulteriore garanimprovvisa – sottodel prodotto”. zia di qualità, di rilinea Ferdinando Dalla Valle, responsabile dell’azienda – spetto e applicazione delle norme igieè frutto di esperienza, ma anche di pre- niche e quindi di tutela dei consumacise scelte aziendali. Che spaziano dalla tori. E infine la rintracciabilità dei selezione accurata dei fornitori, alla pre- prodotti, attraverso un sistema infordisposizione di strutture e sistemi a ga- matico che permette in ogni momento ranzia della corretta lavorazione e con- di risalire all’intera storia del bovino: servazione dei prodotti; dalla definizio- nascita, provenienza, macellazione, dine di procedure operative attente al ri- sosso, vendita”. spetto delle esigenze igienico sanitarie, Normative, tecnologie, innovazione. alla formazione, motivazione e sensibi- Strade obbligate per raggiungere quella lizzazione del personale. Qualità signifi- qualità che è requisito fondamentale per ca inoltre offrire ai consumatori finali rendere competitiva l’azienda e al temgaranzie reali come la completa rintrac- po stesso tutelare il consumatore e offrirgli il meglio. Principi su cui si basa ciabilità del prodotto consumato”. In che modo? “È fondamentale – spie- anche Spega, azienda di Monticello ga Dalla Valle – la selezione dei forni- Conte Otto che riunisce sotto lo stesso 25 PRODUCE VICENZA 26 marchio la ristorazione (certificata da un anno e mezzo) e il caseificio (quest’ultimo in fase di certificazione) con alcuni prodotti di spicco tra cui lo yogurt e i formaggi freschi. Prodotti che si sono affermati negli anni e sono diventati sinonimo di qualità per il consumatore, sia per la scelta della materia prima che per l’esclusiva ricettazione ed i molteplici controlli eseguiti in ogni fase della produzione. Questa assoluta attenzione alla qualità e alla genuinità trova conferme anche nel recente conseguimento della certificazione AIAB per la produzione di prodotti da agricoltura biologica, come sottolinea Gaetano Mattiuzzo, che della Spe- ga è responsabile di stabilimento. “Qualità – osserva – è un termine che ha un significato molto ampio. E che comunque nel settore alimentare spazia dalla certificazione che consente di strutturare meglio l’azienda, all’applicazione della normativa Haccp, obbligatoria per legge, che regola l’aspetto igienico sanitario del prodotto fino a tutte quelle forme di autocontrollo interne all’azienda che cominciano dalla materia prima e terminano con il prodotto finito”. Affinché quello che arriva sulla tavola si possa davvero mangiare ad occhi chiusi. Anna Madron L’INCHIESTA La corsa all’euro 28 Come si stanno preparando le imprese vicentine all’arrivo dell’euro? A pochi mesi dall’evento, un’indagine dell’Assindustria su mille aziende ha fatto il punto della situazione. M ancano pochi mesi, ormai, all’entrata in vigore dell’euro, e il panorama che emerge dalle indagini nazionali ed europee disegna un quadro preoccupante, con difficoltà operative e ritardi. E le imprese vicentine come si stanno preparando all’evento? Per avere un quadro aggiornato e chiaro della situazione l’Associazione industriali ha condotto un’importante indagine (a mezzo questionario) su un campione ampiamente rappresentativo di 1000 aziende. L’iniziativa assume una grande rilevanza rispetto ad altre precedenti per due motivi: innanzitutto, le imprese in questi ultimi mesi hanno incrementato il loro grado di consapevolezza di tutti gli adempimenti che l’euro comporta e quindi i dati forniti rispecchiano con maggior fedeltà l’effettivo stato di preparazione; in secondo luogo, questo periodo è cruciale per il processo di adeguamento e inizia a coinvolgere anche le aziende finora meno motivate ad accelerare i tempi, ossia quelle di ridotte dimensioni e quelle che operano esclusivamente sul mercato interno o su mercati esteri poco ricettivi nei confronti della moneta unica. C’è ancora ritardo, ma arrivano anche segnali positivi Le tappe del processo di adeguamento I dati emersi dall’analisi confermano la situazione generale nazionale ed europea che vede le aziende, soprattutto le più piccole, ancora in ritardo nel cammino di adeguamento. Non mancano tuttavia alcuni segnali positivi che fanno ben sperare e confermano l’elevata dinamicità e internazionalizzazione delle imprese locali che dimostrano in alcuni casi di avere una marcia in più rispetto ai concorrenti. Il primo quesito chiedeva alle imprese di precisare quali sono le aree aziendali sulle quali l’euro avrà l’impatto maggiore. Le risposte prevedono per l’area contabile-amministrativa la mole di lavoro più pesante: per il 96% delle imprese è questa infatti l’area più critica. Anche l’adeguamento delle aree commerciale e acquisti è rilevante (rispettivamente 50% per le piccole e 42% per le aziende medio grandi). Sembra essersi leggermente ridimensionato invece il problema informatico, mesi fa inizialmente indicato come l’aspetto più preoccupante. Segno questo che le software-house hanno lavorato sodo in questi mesi e hanno ormai tutte approntato nuove soluzioni “euroready”. Si può inoltre constatare come le aziende più grandi percepiscano una maggiore complessità del passaggio al l’euro, individuando un maggior numero di aree “euro-sensibili”. Un altro importante parametro di valutazione è quello dell’approccio seguito dalle imprese per affrontare il processo di adeguamento. Poiché la maggior parte degli studi condotti nei mesi precedenti su grandi realtà avevano indicato nell’approccio di progetto la metodologia più adatta ad affrontare un problema che impatta su così tante aree aziendali, si è cercato di capire quanti effettivamente stiano seguendo queste indicazioni. Le aziende di dimensione maggiore hanno avvertito questa necessità di impostare a livello organizzativo il processo, mentre per quelle più piccole, la cui struttura è ovviamente meno complessa, la logica di progetto non sembra essere in tutti i casi necessaria. Per affrontare correttamente la fase di adeguamento è importante che il personale aziendale delle aree maggiormente coinvolte riceva adeguata formazione. Il 29 L’INCHIESTA 30 livello di formazione del personale è una importante indicazione sulla effettiva presa di coscienza delle dimensioni del problema e dei tempi necessari per la sua soluzione. Anche in questo caso la dimensione delle aziende influisce notevolmente sul loro comportamento: il 75% delle aziende medie e grandi ha già avviato la formazione del proprio personale, contro solo il 38% delle piccole. Se è confortante il fatto che le aziende più grandi si sono attivate con adeguato anticipo, desta qualche preoccupazione la ri- levante percentuale di piccole aziende che non ha ancora colmato questa lacuna. A conclusione delle domande finalizzate a conoscere come le aziende si sono attrezzate al proprio interno per affrontare il problema euro, è stato chiesto quali risorse e competenze l’azienda intende mettere in campo per affrontare le numerose attività inerenti la conversione. La risposta è significativa: la stragrande maggioranza degli intervistati utilizzerà il proprio personale e i propri professionisti abituali, a conferma della logica del “fai “Chi non si è ancora mosso, adesso deve farlo” Valentino Ziche, presidente dell’Associazione industriali, non è particolarmente preoccupato del fatto che, all’inizio del 2001, molte piccole aziende vicentine segnalassero di non aver ancora affrontato compiutamente la conversione dalla lira all’euro. “Le aziende più indietro sono quelle di più piccole dimensioni, mentre quelle più grandi hanno avviato da tempo le procedure necessarie o sono già arrivate in fondo – osserva Ziche –. Proprio le ridotte dimensioni, peraltro, consentono tempi di aggiornamento inferiori. Quindi, è bene dire che gli spazi di manovra per adeguarsi all’euro ci sono ancora; certo nessuno adesso può più permettersi di stare a guardare. Chi non l’ha ancora fatto, deve pensare a organizzare l’azienda in termini di euro e deve svolgere la necessaria attività di formazione nei confronti dei dipendenti”. E per chi guarda ancora alla moneta unica come ad una “grana” di cui si farebbe volentieri a meno? “L’euro significa semplificazione burocratica e snellimento nei rapporti commerciali – osserva Ziche –. Porterà indubbiamente dei vantaggi visibili fin dall’inizio per le imprese che lavorano con l’estero”. “Le aziende esportatrici hanno a che fare con l’euro già dal ‘99, perciò hanno cominciato già un paio d’anni fa a prendere coscienza di questo tema – aggiunge Giorgio Tassotti, vicepresidente dell’Assindustria e, al suo interno, delegato ai progetti speciali, tra cui appunto l’euro –. La nostra provincia, nel suo complesso, si colloca in posizione piuttosto avanzata rispetto alle altre realtà italiane, soprattutto proprio perché ha un tessuto produttivo che esporta molto e che quindi ha già affrontato il passaggio all’euro. Le aziende meno preparate sono quelle piccole e quelle che lavorano sul mercato interno, ma sono anche quelle che, proprio per la snellezza della loro organizzazione, avranno meno problemi e quindi meno necessità di tempo per adeguarsi. L’aspetto più critico sarà quello amministrativo e contabile, e su questo in particolare occorre fare formazione interna”. s.t. Aree aziendali coinvolte Quali sono le aree che subiranno il maggiore impatto? (più risposte possibili) Amministrazione Contabilità Aziende: piccole medie-grandi Informatica Personale 31 Commerciale Acquisti Logistica 0 20 40 da te” tipica delle nostre imprese. Solo il 25% attiverà anche risorse straordinarie specifiche per affrontare il problema. Un’azienda eurocompatibile Passando ad esaminare le fasi più propriamente operative che misurano l’effettivo stato di preparazione delle imprese, iniziamo con le attività che permettono ad una azienda di essere “eurocompatibile” durante il periodo transitorio, almeno nei confronti dei propri clienti e fornitori: la predisposizione dei listini, la fatturazione e lo scambio di informazioni con i propri partner. Per l’analisi di queste variabili si è segmentato il campione secondo il livello di export piuttosto che per dimensione aziendale, essendo il primo il vero stimolo che porta le aziende ad anticipare i tempi. Iniziando con i listini, si può constatare che oltre la metà delle aziende che 60 80 100 esportano ha già presentato per l’anno in corso i listini in euro, contro solo il 20% di quelle che operano esclusivamente sul mercato interno. Appare comunque preoccupante, soprattutto in termini strategici, il fatto che circa la metà delle aziende del campione non ha ancora iniziato questa attività. Passando alle attività di fatturazione, il 60% delle aziende esportatrici dichiara di emettere parte delle fatture in euro; il 70% delle imprese che non esportano non emette ad oggi fatture in euro, a conferma del fatto che, per quanto riguarda il mercato interno, l’euro è ancora poco utilizzato. Il ruolo strategico dell’informazione La transizione all’euro dell’azienda non può essere vista solo come un fatto interno: uno degli aspetti su cui gli esperti si L’INCHIESTA 32 stato attivato ancora da pochi soggetti. Passando ad analizzare le variabili che contraddistinguono l’adeguamento dell’azienda al proprio interno, le risposte delle aziende sono state riclassificate nuovamente per dimensione aziendale. La prima domanda posta riguarda l’adeguamento del sistema informatico. Sembra essere stata questa, infatti, la maggior fonte di preoccupazione delle aziende in questa prima fase, visto che i risultati sono oltre ogni aspettativa: oltre il 50% degli intervistati ritiene che il proprio sistema informatico sia pronto ad operare in euro e solo il 17% non lo sono maggiormente soffermati è quello dell’importanza dello scambio di informazioni con clienti e fornitori circa le intenzioni su come e quando operare il passaggio. Oltre che a rispondere a esigenze organizzative, si ritiene che l’informazione giochi un ruolo strategico in quanto offre la possibilità all’azienda di incrementare il livello di fidelizzazione con i propri clienti e di offrire un’immagine dinamica e aperta al cambiamento. Le risposte indicano che l’informazione attiva è stata effettuata dal 10% delle imprese, mentre quella passiva conferma che il processo di comunicazione è Fatturazione State già emettendo fatture in euro? Sì No 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Non esportatrici Esportatrici Aziende: Conversione della contabilità Avete fissato la data di passaggio all’euro come moneta di conto? Già avvenuta nel 2000 Aziende: Durante il 2001 piccole grandi Dal 1º gennaio 2002 Non definito 0 10 20 30 40 50 60 ritiene affatto adeguato. È da notare che Importante formare il personale in questo caso le piccole aziende hanno Dall’indagine quali considerazioni si tenuto il passo delle più grandi. Diversa invece è la situazione per quan- possono trarre? Il rischio ritardo esiste to riguarda la conversione della conta- veramente? bilità, l’adempimento sicuramente più L’analisi stratificata del campione dimoimpegnativo per le aziende: solo il 3% stra una notevole differenza tra le aziendelle aziende (il 2% delle piccole e il 9% de grandi e piccole: le prime si sono delle medio-grandi) dichiara di aver mosse in anticipo mentre le seconde hanno preferito atconvertito la contaL’indagine tendere. bilità nella nuova Si può affermare moneta. Ben il 60% dell’Associazione che esiste ancora delle imprese semdimostra una notevole una grande fetta di bra invece orientato ad effettuare il pas- differenza tra le grandi e aziende di piccole e che saggio in imminenle piccole aziende: le dimensioni opera solo sul merza dell’ultimo giorno disponibile. prime si sono mosse in cato nazionale, che ancora poco o nienL’ultimo quesito rianticipo, mentre le te ha fatto per adeguarda un altro seconde hanno preferito guarsi all’euro. adempimento di naQuesta constataziotura amministratiattendere, potendo ne però non è necesva, ossia la convercontare su tempi di sariamente consesione del capitale sociale per le società adeguamento più brevi. guenza di un atteggiamento disinteresdi capitali. La risposta delle imprese è confortante, come pe- sato, ma può avere una motivazione ben raltro confermato da una recente indagi- precisa: le ridotte dimensioni aziendali ne svolta da Infocamere: Vicenza infatti consentono un tempo di adeguamento è la provincia che registra il maggior nu- inferiore rispetto a quello necessario per mero di società a responsabilità limitata una azienda più grande. La mancanza e per azioni che hanno già provveduto a di attività con l’estero, inoltre, non sticonvertire in euro il proprio capitale so- mola sicuramente tali aziende ad anticiciale. L’11% delle piccole aziende e il pare il processo di conversione: non 21% delle più grandi dichiara di aver avrebbe senso operare in euro quando ancora i propri partner gestiscono esclugià provveduto alla conversione. Pur non essendo questo un adempimento sivamente la valuta nazionale. che richiede per le ditte tempi lunghi di È evidente quindi che la scelta del moattuazione, è prevedibile che gli ultimi mento della transizione dipende fortegiorni dell’anno vedranno un enorme nu- mente dal comportamento del mercato mero di pratiche (60% delle aziende) in cui l’azienda opera. presso gli uffici del Registro delle Imprese. La notevole durata del periodo transitorio 33 L’INCHIESTA Formazione del personale Il vostro personale ha partecipato a corsi o convegni sull’euro? Sì Non ancora Non lo faremo 0 34 10 20 Aziende: 30 40 50 60 70 80 piccole medie-grandi (tre anni) stabilito dalla Commissione Europea, pensata probabilmente per attori economici di altra natura, ha probabilmente causato una ulteriore caduta di tensione. Un altro fattore che sembra motivare il ritardo è anche quello dell’incertezza che contraddistingue il processo di sostituzione della valuta, evento assolutamente nuovo per tutti: la piccola impresa in tal senso preferisce aspettare e imparare dall’esperienza delle più grandi per non incorrere in problematiche tipiche del pioniere. Ci si domanda allora se ci sia effettivamente da preoccuparsi. Dato che il ritardo non necessariamente significa che le imprese stiano sottovalutando il problema, ciò che conta veramente è che esso non dipenda dal non averci ancora pensato e quindi dal non aver percepito il problema e stimato i tempi necessari per la sua soluzione. Il vero e unico rischio pertanto, mano a mano che passano i giorni, è che il ritardo, inizialmente frutto di una precisa valutazione aziendale, non si tramuti in una rincorsa frenetica e disperata dell’ultimo momento. Poco rassicurante appare in quest’ottica il dato che indica che molte piccole aziende non hanno ancora formato il personale, fattore invece determinante per potersi muovere velocemente e bene all’ultimo momento, sulla base rassicurante dell’esperienza fatta da quelle aziende che hanno, per loro necessità o strategia, anticipato i tempi. Luca Grifalconi IMPRESE Piccoli, medi e grandi motori 36 Magnetic L’azienda di motori di Montebello ha completato il suo “range” di prodotti nel settore dell’automazione industriale M otori per l’automazione industriale dalla A alla Z. A spazzole a magneti permanenti, brushless e asincroni vettoriali, e poi anche dinamo tachimetriche. Motori piccoli, medi e grandi, da 0,1 a 300 kW, per tutte le esigenze. Questa la specializzazione della Magnetic, azienda di Montebello Vicentino che nel 2000 ha raggiunto l’obiettivo di completare la propria gamma di prodotti. La storia di quest’azienda comincia nel 1981, quando viene fondata da alcuni imprenditori locali per costruire piccole macchine elettriche rotanti ad alta tecnologia per gli azionamenti a velocità variabile e in particolare per l’automazione industriale. Partendo da una produzione esistente di pompe a spazzole per il sollevamento dell’acqua pulita, l’azienda si pone l’obiettivo di diversificare produzione e mercati. Si parte con la produzione di dinamo tachimetriche, servomotori a corrente continua a magneti permanenti, e poi motori a corrente continua a campo avvolto. Tutti motori a velocità variabile pilotati da convertitori elettronici, per le più diverse applicazioni nei processi e nei macchinari industriali. L’azienda, dunque, passa nel giro di pochi anni da un mercato civile “povero” ad un mercato avanzato dell’automazione industriale. Un vero cambio di marcia, che si concretizza ancor più negli anni Novanta, con un’ulteriore evoluzione tecnologica e l’ingresso in produzione di altre famiglie di prodotti, più evolute. In particolare, si tratta dei motori brushless (“senza spazzole”) e dei motori asincroni vettoriali. Motori di nuova generazione, sui quali la Magnetic ha investito molto, arrivando di recente a completare la gamma dei motori offerti. “Per noi - spiega Daniele Sartori, amministratore delegato dell’azienda di Montebello - ci sono due settori ugualmente importanti: quello dei sistemi di posizionamento con servomotori a magneti permanenti di dimensioni relativamente piccole e ad alte prestazioni utilizzati negli asservimenti automatici e nei controlli asse, e quello dei motori di potenza a velocità variabile, con o senza spazzole, utilizzati negli impianti industriali che possono arrivare fino a 300 kW con pesi fino a millecento chili”. Oggi, la caratteristica dell’azienda è appunto quella di avere un “parco prodotti” completo: dal servomotore a magneti permanenti, ai motori di media potenza, dalla tecnologia “general purpose” in corrente continua alla corrente alterna- ta, dalla piccola alla grande dimensione. Una diversificazione, quella della Magnetic, che non ha eguali. “Siamo l’unica azienda italiana ad offrire un range così ampio di prodotti nel settore dell’automazione industriale - afferma Sartori -. Abbiamo scelto la strada, impegnativa, della massima diversificazione e dell’elevato contenuto tecnologico, spesso in collaborazione con il dipartimento di ingegneria elettrica dell’Università di Padova, con il quale abbiamo sviluppato un rapporto utile ad entrambi. Questo collegamento con l’università fa sì che l’intuizione di un prodotto nuovo possa essere verificata con una scuola di pensiero che si confronta continuamente con la ricerca in tutto il mondo. Ed è proprio questo confronto con gli scenari mondiali che ci interessa. Siamo un’azienda che punta sui progetti e sulla capacità di applicarli nelle macchine, proponendo soluzioni che interpretano le esigenze dei clienti”. Questa capacità di produrre motori “dal più piccolo al più grande” non significa dimensioni d’organico particolarmente ampie. La Magnetic, infatti, occupa una cinquantina di persone, è dunque una tipica piccola azienda, snella e flessibile, che punta sull’apporto esterno di una rete di terzisti di fiducia. “La produzione avviene in parte al nostro interno e in parte all’esterno, - spiega Sartori -. Nella nostra officina facciamo i montaggi, le lavorazioni speciali di qualità come l’equilibratura e la rettifica, e poi i controlli intermedi, i collaudi finali e le finiture”. Dal ‘94 Magnetic fa parte del Gruppo Ferroli, multinazionale europea per il benessere domestico che ha sede a San Bonifacio e che opera con quindici unità produttive e commerciali in tutta Europa nel campo del riscaldamento, della climatizzazione, dell’idromassaggio e del termo-arredo. Il presidente del Gruppo, Dante Ferroli, è anche presidente della Magnetic. L’azienda di Montebello, che è certificata Iso 9001 dal ‘94, esporta il 25% del fatturato, tra Europa (soprattutto Spagna, Francia, Gran Bretagna e Germania) e mercati mondiali tra i quali spiccano Corea, Taiwan e Turchia. In vent’anni di attività, l’azienda ha venduto ormai 120.000 motori e 200.000 dinamo tachimetriche. I clienti-tipo della Magnetic operano nei settori della robotica, delle macchine utensili, dei magazzini automatici, delle macchine per la lavorazione del filo metallico e del filo di rame, delle macchine per cavi, delle macchine estrusori per materie plastiche, dei macchinari per il tessile, per la carta e il cartone, per il legno, per la lavorazione del vetro, per la produzione di giostre. Insomma, l’azienda è presente in tutti quei processi dove c’è necessità di azionare o controllare macchine a velocità variabile. Quali le prospettive per il futuro, nel settore? “La concorrenza è sempre più agguerrita, sia da parte di aziende italiane che da parte delle grandi multinazionali risponde Sartori -. Il settore dell’automazione industriale è comunque in espansione. Si tratta di puntare sempre più sullo sviluppo di nuovi prodotti, per contrastare la forza delle multinazionali mondiali con la capacità tecnica, la flessibilità e la fantasia tipiche della piccola impresa della nostra area”. IMPRESE I campioni della superlega 38 CSC Traguardo dei venticinque anni per l’azienda di Schio che lavora sulle superleghe, progetta e costruisce per l’industria aerospaziale, navale, chimica e per le ricerche nell’ultra alto vuoto. A fianco, un calorimetro per ricerche sulla fusione nucleare. Qui sotto, una partenza del razzo Ariane 5 contenente il satellite XMM, del quale la CSC ha costruito il serbatoio di caricamento. “S iamo un’azienda piccola, con una manodopera altamente specializzata in grado di fare quello che gli altri non sanno o non possono fare. Lavoriamo in una nicchia di mercato dove ci sono aziende che hanno bisogno di pezzi unici e difficili da realizzare, sia come forma che come materiali”. Eccoci alla Csc. Piccola azienda di Schio (una trentina di dipendenti) che compie quest’anno vencinque anni di vita. L’acronimo significa “Costruzioni saldate collaudate”. Ma qui non saldano normalissimi acciai e metalli. Lavorano su superleghe come il titanio, il tantalio e il nichel. Progettano e costruiscono per l’industria aerospaziale, navale, chimica e petrolchimica e per le ricerche nell’ultra alto vuoto. Hanno costruito la centralina utilizzata per il caricamento del propellente e dell’ossidante dei motori del “Tethered”, il satellite artificiale europeo mandato in orbita con lo Shuttle nel ‘96. Hanno realizzato parti per altri satelliti, componenti speciali del programma europeo “Jet” sulla fusione nucleare controllata. Hanno realizzato per conto degli americani un calorimetro per rilevare le particelle neutre (fotoni, neutroni, pioni e quark) che si formano nelle reazioni nucleari. Hanno progettato e costruito camere in ultra alto vuoto per il Sincrotone di Trieste e per la ricerca in campo medico. Su incarico del Cern di Ginevra hanno prodotto varie parti della più grande macchina del mondo per la ricerca nel campo delle particelle subnucleari. Hanno costruito un serbatoio in titanio per ricerche sottomatine in Antartide per conto di EneaTecnomare. Hanno realizzato componenti in titanio per il “Moro di Venezia” che all’America’s Cup del ‘92 fece passare notti insonni a mezza Italia, e poi particolari in titanio anche per la Ferrari di Formula 1, e telai in alluminio per le moto Aprilia classe 500. Hanno costruito idrogetti per un’azienda olandese leader nella propulsione delle navi. Ne hanno fatte di cose particolari, insomma, da quel 1976, quando sei soci (Antonio Dalle Carbonare, Mariano Scortegagna, Alessandro Pamato, Leonida Dal Santo, Gino Dal santo e sua moglie Maria Conzato) decisero di mettersi in proprio. Lavoravano tutti alla Zanon di Schio, e ad un certo punto pensarono di fare qualcosa per conto loro. Dei sei soci di partenza, è rimasto solo lui e sua moglie Maria. Gli altri quattro sono stati sostituiti dai rispettivi figli. “Manteniamo la flessibilità dell’artigiano e ci aggiungiamo la possibilità di realizzare lavori molto più grandi di quelli che una struttura come la nostra potrebbe permettersi. Come? Associandosi con altre ditte. Tutte le lavorazioni meccaniche, ad esempio, le facciamo fare all’esterno». IMPRESE IMPRESAFLASH 40 Faraplan, scoperta di una plastica riciclabile E intanto Fitt sbarca in Usa e cresce in Europa La Faraplan, azienda di Fara Vicentino del Gruppo Fitt (tubi flessibili, rigidi e semirigidi per uso agricolo e industriale), ha annunciato la scoperta di un nuovo modo di produzione del Pvc, che consente di controllare il rilascio di metalli e dell’acido cloridrico dalla plastica, rendendo atossico e iper-riciclabile il Pvc. Il materiale, realizzato insieme con l’americana Cromton Witco, evita il rilascio di sostanze inquinanti, specie nell’acqua, da parte delle tubature e dei contenitori in plastica. La soluzione studiata dalla Faraplan prevede l’eliminazione del piombo nella composizione del Pvc. La nuova tecnologia, oltre a produrre plastica atossica e più volte riutilizzabile, anticiperebbe i termini della messa al bando degli effetti inquinanti del Pvc, previsti in ambito Ue a partire dal 2005. Intanto, il Gruppo Fitt, che ha sede a Sandrigo, ha segnato recentemente alcune importanti tappe di crescita: ha stipulato un importante accordo con la Teknor Apex, la maggiore azienda statunitense del settore, per la realizzazione negli Usa della gamma di tubi flessibili Fitt con un sistema antitorsione, e ha acquisito tre nuove aziende, le ultime due aziende concorrenti francesi e un’azienda storica italiana. In Europa oggi Fitt ha una quota di mercato intorno al 50%, con un volume pari a circa 350 milioni di metri di tubo venduto (foto sotto). Gioielli Flik alla conferenza mondiale sull’oro I gioielli Filk hanno sfilato sulla passerella di uno tra i più prestigiosi e attesi eventi mondiali del settore orafo. La Conferenza Mondiale sull’Oro indetta dal Financial Times con la collaborazione della Goldman Sachs e svoltasi recentemente a Roma. Il prestigioso appuntamento della “World Gold Conference” ha richiamato a Roma i più influenti esponenti del mercato orafo mondiale. La partecipazione di Filk ha portato sotto i riflettori il prodotto finito che realizza i numeri più significativi nel mercato. “Abbiamo portato a Roma prodotti rivolti ai giovani – spiega Pietro Cremasco, presidente del Gruppo Filk – per sottolineare l’importanza di adattarci ad un mercato in continua evoluzione in cui i ragazzi hanno un ruolo sempre più determinante”. Un megastore Diesel nel cuore di Tokyo La Diesel di Renzo Rosso (nella foto) ha inaugurato un megastore a Tokio: 650 metri quadrati su tre piani nel cuore di Harajuku, una zona diven- tata ormai il fulcro della moda della capitale giapponese. Negli ultimi anni l’Asia è diventata un mercato sempre più importante per Diesel, e in questo quadro grande rilievo ha assunto il Giappone: qui l’azienda conta 21 punti vendita tra negozi diretti e corner, con un fatturato in continua espansione. Le vendite nel paese del Sol Levante sono arrivate a rappresentare il 6% del giro d’affari complessivo della società di Molvena, che nel 2000 è ammontato a 750 miliardi di lire e nel 2001 dovrebbe salire a 880 miliardi. Dalle Officine Munari un impianto per il gruppo Renault Le Officine Munari di Zanè, azienda specialista nella progettazione e costruzione di impianti per pre-trattamento e verniciatura dei metalli che negli ultimi anni ha allargato la produzione anche nel settore delle fonderie, ha acquisito un’importante commessa dalla fonderia francese “Fonderie Le Mans”, che fa parte del Gruppo Renault e produce getti in ghisa per il settore automobilistico. La commessa riguarda la produzione di uno speciale impianto automatico per l’essiccazione di anime per fonderia, e fa parte di una commessa più ampia per la fornitura di un’intera linea produttiva, alla quale partecipa un’altra azienda italiana e una spagnola. Cangini Filippi si rafforza con Nazareno Gabrielli Alla Cangini Filippi, storica azienda vicentina specializzata nella produzione di agende e rubriche per la cartoleria e l’ufficio, è stato conferito il ramo cartoleria della Nazareno Gabrielli. Il passaggio fa parte di un accordo più ampio tra la Nazareno Gabrielli e la Lediberg di Bergamo, accordo dal quale è nata una nuova società, la N.G. Diaries. L’operazione punta a consolidare la posizione di Cangini Filippi nel mercato degli articoli cartotecnici e agende attraverso la diversificazione apportata dall’uso del marchio e dei prodotti Gabrielli e il potenziamento delle strutture dirigenziali. Grafiche Tassotti, una nuova “carteria” a Venezia Le Grafiche Tassotti di Bassano del Grappa hanno aperto una nuova carteria a Venezia, in calle della Bissa. Vi si trova una ricca serie di oggetti di carta e tela (scatole, cartelle, agende e rubriche, album portafoto...), di coloratissime stampe artistiche riprese da antiche incisioni, di biglietti augurali e carte decorative. La nuova carteria Tassotti è la quarta in Italia dopo quelle di Bassano del Grappa, Milano e Firenze. “L’obiettivo – dice Giorgio Tassotti, che conduce l’azienda con le figlie Arianna e Nicole – è quello di arrivare entro l’anno ad aprire una decina di nuove carterie nelle principali città italiane, puntando soprattutto su quelle che hanno un’accentuata connotazione di turismo culturale”. 41 PERSONAGGI Un vulcano chiamato Bruno 42 Bruno Mastrotto, uno dei fratelli dell’omonimo “impero” della concia di Arzignano, unisce la gestione delle aziende del gruppo con un impegno diretto nel sociale, come presidente del Movimento per i diritti del malato di Arzignano. “Ci diamo da fare per migliorare i servizi e i rapporti umani all’interno delle strutture sanitarie”. A rriva, saluta, ti offre il caffè, comincia a parlare, si interrompe per dar retta ad un collaboratore con un problema urgente da risolvere, chiede una pausa, si alza e va in un’altra stanza. È un vulcano in azione. Se entra qualcuno a presentargli un problema, capace che decide lì per lì di fare una riunione, convoca in cinque minuti tutte le persone interessate e via, la riunione comincia. Bruno Mastrotto è come l’ago di una bussola che indica contemporaneamente tutti e quattro i punti cardinali. È così, del resto, che il Gruppo Mastrotto di Arzignano è diventato uno dei primi produttori europei e mondiali della concia. Grazie alla natura vulcanica di Bruno, e del fratello Santo. Con loro il Gruppo Mastrotto è diventato il colosso che è, partendo da una piccola conceria acquistata quarant’anni fa per provare a lavorare la pelle in proprio. Oggi la realtà è quella di otto aziende e ottocento dipendenti. E poi, c’è l’altro gruppo, quello che fa capo al fratello Rino. Insomma, le vicende di questa famiglia sono intrecciate con quelle della concia italiana. La storia comincia nel 1912 ad Alvese, una contrada sopra la val Chiampo, dove in quell’anno nasce Arciso Mastrotto, primo di quattro figli. È un bambino sveglio, e quando diventa un uomo si sposa e mette al mondo sei pargoli, Bruno, Angelo, Santo, Mario, Rino e Nella. Negli anni Cinquanta i primi figli cominciano a lavorare in alcune concerie del luogo. Bruno fa da apripista nel ‘53, a 12 anni, assunto alla “Soldà” con una paga di trenta lire all’ora. Presto passa alla conceria “Faggiana”, dove guadagna cinquecento lire al giorno. Finché nel ‘58 Arciso decide di avviare un’attività conciaria in proprio e, con un socio, compra la prima conceria, la “Au- rora”. Un paio d’anni dopo, cede l’attività e con altri quattro soci apre un’altra conceria, la “Astra”. Nel ‘63 nasce la “San Marco”; passano altri due anni e la collaborazione con i soci finisce, i Mastrotto vanno avanti da soli. “Il primo anno che abbiamo lavorato in proprio abbiamo chiuso in perdita – ricorda Bruno –. Allora ci siamo guardati bene in faccia e abbiamo detto: calma, non facciamo il passo più lungo della gamba. Siamo tornati indietro e abbiamo cominciato a lavorare per conto terzi, e questa è stata una palestra di esperienza importantissima, ci ha fatto crescere tutti. Più che soldi, in quegli anni abbiamo fatto esperienza, tornata utile quando più tardi abbiamo deciso che era arrivato il momento di mettersi davvero in proprio”. Mentre l’uomo arriva sulla Luna, ad Arzignano nasce la Basmar, dalle iniziali dei cinque figli maschi con l’aggiunta del papà. Nel 1975, Arciso si fa da parte: divide tutto tra i figli e torna al suo primo amore, l’agricoltura. Anni dopo, Rino si stacca e fonda un’azienda tutta sua. Bruno e Santo, per parte loro, con acquisizioni e sviluppi aziendali mettono le ali al Gruppo Mastrotto. “Negli ultimi vent’anni siamo cresciuti dieci volte, come dipendenti e come fatturato – dice Bruno –. I dipendenti sono arrivati a essere ottocento e col fatturato siamo oggi a 580 miliardi, con tre milioni di pelli lavorate all’anno”. Cosa è stato a mettere in moto tutta questa trasformazione nel giro degli ultimi vent’anni? “Intanto – risponde Bruno Mastrotto –, il fatto che ciascuna azienda del gruppo sia indipendente e segua la sua strada, con una propria politica e con i propri prodotti. Non sono sette aziende fotocopia, in altre parole. Questo consente di essere più flessibili e dinamici. E poi ho sempre insistito sull’importanza di avere la fiducia del cliente, e per farlo devi sempre rispettare gli impegni; non parlo di quelli scritti, che sono scontati, ma di quelli verbali. L’importante è essere seri. Mio padre diceva sempre: piuttosto di fregare qualcosa a qualcuno, preferisco che freghino me”. Bruno ha cominciato a lavorare come apprendista, è passato presto operaio e negli anni Sessanta era già vicecaporeparto. Da giovane ha fatto tutti i lavori che esistono in una conceria. Oggi che è sempre più difficile trovare giovani leve disposte ad andare a lavorare nelle pelli, il settore è pieno di immigrati. Nelle aziende di Mastrotto ce ne sono circa duecento, un quarto di tutta la forza lavoro. Viene da chiedersi: come fate con le case? “Gliele diamo noi” dice Bruno. Negli ultimi anni Mastrotto ha acquistato un’ottantina di appartamenti e li ha affittati ai propri dipendenti, soprattutto a quelli stranieri. “Non è che abbiamo fatto un conto economico di convenienza – dice –. Certo, è chiaro che se diamo una sistemazione a questa gente, gli diamo anche più serenità, più sicurezza, e quindi lavoreranno meglio. Ma prima di tutto abbiamo fatto un conto da uomini: conosco il problema di chi arriva da lontano per lavorare, in fondo anche la nostra generazione è figlia del tempo dell’immigrazione italiana all’estero”. 43 In queste pagine, alcune immagini di Bruno Mastrotto tra casa, azienda e famiglia. In apertura, tra i bottali dell’azienda insieme a una delle figlie e ad una modella per l’ultima campagna promozionale. Sopra, nella sua casa di Arzignano. A pagina 44 con tutta la famiglia e in un momento di vacanza. PERSONAGGI 44 Ma Bruno Mastrotto non è ancora tutto qui. Di lui c’è anche un’altra dimensione, quella fuori dall’azienda. Ormai da otto anni è presidente del Movimento per i diritti del malato di Arzignano e Montecchio. Proprio niente a che fare con l’impresa. “C’era bisogno di qualcuno che si interessasse di queste cose – spiega lui –. Il movimento è un pungolo all’ente pubblico per migliorare il servizio sanitario al cittadino. È un impegno di volontariato che vuol dire magari rinunciare a qualche sabato in montagna, che è la mia passione, per andare a vedere come funzionano gli ospedali e come sono trattati i malati. E se insisti, qualche risultato lo porti anche a casa. Il nostro è considerato il Movimento per i diritti del malato più attivo del Veneto”. E in effetti, tanti piccoli grandi risultati, Mastrotto e i suoi collaboratori del Movi- mento li hanno ottenuti. “La cosa importante è già quella di esserci e di poter contribuire ad aiutare gli altri – osserva –. Quanto ai risultati concreti che anche la nostra azione ha permesso di ottenere, ricordo su tutti l’estensione della guardia anestesiologica all’ospedale di Arzignano 24 ore su 24, e poi il potenziamento della presenza notturna degli infermieri nei reparti, il fatto che si siano ridotti sensibilmente i tenmpi di attesa per i prelievi di sangue. E poi altro ancora. Tante piccole cose, insomma, che messe insieme danno una grande soddisfazione. In definitiva, quello che più ci interessa è creare una migliore civiltà nei rapporti, all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, un rapporto umano migliore. E questo significa a volte un vero cambio di mentalità”. Stefano Tomasoni LAVORO E RELIGIONI La saggezza dell’istrice 46 Immigrazione, integrazione tra genti e culture che hanno diversi concetti del lavoro e professano diverse religioni. Sono temi sempre più d’attualità in una provincia come la nostra, ricca di oltre cento etnie. Ne parliamo, inaugurando una nuova rubrica, con mons. Giuseppe Dal Ferro, direttore dell’Istituto “Rezzara” di Vicenza. È un autorevole studioso, nonché docente di Ecumenismo e dialogo interreligioso alla Facoltà Teologica di Padova e Venezia. A monsignor Giuseppe Dal Ferro, che a Vicenza dirige l’istituto di Scienze sociali “Nicolò Rezzara”, abbiamo chiesto alcune riflessioni su concetti chiave del nostro tempo quali l’immigrazione e l’integrazione, il lavoro e le religioni. Concetti che ci portano ad interpretare i mutamenti in atto in una provincia come Vicenza, che dà lavoro a migliaia di immigrati. Un puzzle multietnico – sono 102 le etnie presenti in provincia – che nell’ottica di un processo reale di integrazione porta inevitabilmente a riflettere su due ambiti destinati a coniugarsi: cultura dei popoli, cultura (nostra e degli altri) del lavoro. Ecco, sintetizzando per singoli temi, cosa è emerso dal colloquio con monsignor Dal Ferro. Immigrazione. Su questo tema, sostiene il prelato, l’unica strada praticabile è quella del dialogo con le persone di culture diverse. “Il processo auspicabile è quello della integrazione dal basso, in cui noi e loro operiamo per gestire assieme anche aspetti di conflittualità, inevitabili tra persone che provengono da realtà socio-economiche diverse”. L’integrazione, dice ancora il responsabile del “Rezzara”, esige determinati orientamenti. “Le linee guida si possono tradurre nell’accettare l’altro, abbandonando la sfera dei pregiudizi. Se non si globalizza la cultura, non si globalizza nemmeno la nostra fabbrica, nemmeno quella apparentemente multietnica. A questo proposito ritengo importante la figura del cosiddetto mediatore culturale. È colui che fa da trait d’union tra la nostra cultura e quella delle etnie omogenee presenti in un contesto di lavoro o territoriale. Non c’è dubbio che l’azienda si configuri come il maggior laboratorio di integrazione. La figura del mediatore culturale è un passaggio che favorisce questo processo, perché in una economia che cambia anche i nostri luoghi di lavoro si trasformano”. Religioni. Il punto di partenza è il confronto tra religioni. “Il dialogo interreligioso non mira a convertire, ma a rispettare l’Assoluto di ciascun popolo, di ciascuna etnia – afferma monsignor Dal Ferro –. Nella nostra provincia c’è una larga componente di musulmani e il loro diritto alla preghiera è fuor di dubbio. Nell’Islam ci sono grandi valori da recuperare; valori che possono aiutare, noi e loro, a rafforzare concetti universali quali la pace, i diritti umani, il rispetto dell’ambiente. Certo, l’Islam è un mondo che a noi occidentali appare lontano: ha il senso della giustizia, non della carità; non distingue tra lo Stato e la Religione; la moschea ha una forte caratterizzazione sociale. Non dimentichiamo però che anche gli islamici che vivono e lavorano all’estero stanno rielaborando il loro modo d’essere, in una prospettiva di Islam europeo. Del resto, che in Veneto si possa vivere da buoni musulmani emerge anche da un’autorevole ricerca dell’università di Padova svolta proprio tra immigrati di fede islamica: l’84 per cento del campione ha infatti detto che qui può praticare la propria fede senza particolari problemi. Un dato che in fondo è già l’inizio di un’integrazione possibile”. Lavoro. “È evidente che ogni popolo ha il proprio concetto di lavoro – osserva Dal Ferro –. Da noi il lavoro è diventato ‘tutto’, con gli elementi negativi che a volte anche quest’atteggiamento estremo comporta. Di conseguenza non bisogna stupirsi se altri popoli hanno del lavoro un concetto, come dire, più fatalistico. Il musulmano, ad esempio, ha una forte e innata propensione al commercio; i senegalesi di etnia Muridi, invece, hanno un concetto elevato di lavoro manuale, inteso come preghiera. Ciascuno, insomma, ha la propria ‘vocazione’ al lavoro”. L’integrazione, in definitiva, è un processo complesso, che costa fatica. “Alla fine però l’integrazione è produttiva, nella società come nella fabbrica – riprende il direttore dell’Istituto “Rezzara” –. Come mi diceva un amico imprenditore francese, oggi i suoi migliori dipendenti sono i musulmani di terza generazione. Insomma, ci vuole buona volontà reciproca. Pensiamo a quell’immagine dei due istrici che si avvicinano per riscaldarsi: piano piano s’incontrano e si riscaldano senza pungersi. È l’integrazione”. Maurizio Mascarin SOCIETÀ E CULTURA Una vita da viaggio Vent’anni a girare il mondo per pura passione del viaggio, altri venti a scoprirlo in lungo e in largo come fotografo professionista. Ecco la vita di Cesare Gerolimetto, un artista della foto di ambiente, paesaggi e umanità a cui la sua città, Bassano, ha dedicato una “personale”. “V iaggiare è spostare la noia”. Così ha scritto Jerome K. Jerome, l’autore di “Tre uomini in barca”. Sciagurato. Chissà cosa gli risponderebbe Cesare Gerolimetto, se Jerome fosse ancora vivo e potesse incontrarlo. Sarebbe un bel duello, verbale s’intende. Sì, perché se c’è uno che ha fatto del viaggio la sua filosofia di vita, questo è Cesare Gerolimetto. Il noto fotografo di Bassano del Grappa. O meglio, residente a Bassano, ma classico “cittadino del mondo”. Gerolimetto ha chiuso da poco una sua bellissima “personale”, un’esposizione di grandi fotografie di viaggio realizzate nella sua carriera in tutto il mondo; una mostra che la sua città natale gli ha dedicato a Palazzo Agostinelli, uno dei tempi della cultura bassanese. Una soddisfazione non da poco, per lui, perché si sa che è difficile essere profeti in patria, perlomeno da vivi. Gerolimetto questo affetto e questa attenzione da parte della sua città l’ha meritata in tanti anni passati a fotografare il mondo. Oddio, tanti: relativamente tanti, se si pensa che la rivelazio- ne dell’obiettivo come strumento di lavoro e di vita gli è arrivata intorno ai quarant’anni, e che oggi il “grande Cesare” di anni ne sta per compiere sessantadue. Ma da allora ad oggi Gerolimetto ha sicuramente recuperato quello che non aveva fotografato nella prima parte della sua vita, ha bruciato le tappe, ha accumulato esperienze che bastano per due vite, non per una. La sua storia ha tratti decisamente anomali e per certi versi unici. “Prima di tutto, nasco come viaggiatore – inizia a raccontare –. La parola chiave, per me, più ancora che viaggiare è andare. Io partirei tutti i giorni. Il sogno della mia vita è sempre stato quello di andare, andare senza mai fermarmi, cambiare letto ogni notte”. Concetto già di per sè forte, in una società che ci vede sedentari nel lavoro e turisti pigri nelle vacanze. Nel vocabolario di Gerolimetto, invece, non c’è posto per la parola “tutto compreso” o “volo e trasferimenti inclusi”. Non esiste. “Viaggiare con gli aerei, con i treni o con i mezzi pubblici non mi è mai pia- ciuto – dice –. Non sento di vivere il viaggio, se negli spostamenti dipendo da altri. Ho bisogno di sentirmi indipendente, libero di muovermi. Come i viaggiatori di una volta. Così ho sempre usato l’auto, perché è l’epoca delle quattro ruote, ma sennò sarei andato a cavallo. Perché è così che si vive il viaggio”. Insomma, con queste convinzioni, maturate fin da quando era ragazzo, Gerolimetto ha cominciato a girare il mondo nel ‘63. In quell’anno, giovane ventiquattrenne inserito nell’attività di commercio di famiglia, parte e usa tutte le ferie per andare con una Fiat 600 a Baghdad, in tempi in cui già era difficile trovare una guida turistica di un paese europeo, figuriamoci di un paese come l’Iraq. Passata l’iniziazione, negli anni successivi va più volte (sempre in auto) in Turchia e in Marocco, nel ‘68 nel giro di due mesi e mezzo va e torna dal Nepal, via terra, con una Fiat 124. Nel ‘71, insieme con un architetto di Feltre fa il periplo dell’Africa in jeep, attraversando il Sahara in andata e ritorno, totale 50.000 chilometri. E fin qui, attenzione, Gerolimetto viaggia, ma non fotografa. Non se la porta proprio via, la macchina fotografica. Pensa a godersi “l’andare”. “Le foto allora mi dicevano poco, viaggiavo per me stesso, e basta”. Il giro dell’Africa, però, segna una svolta. “Al ritorno mi sono detto: o smetto, o punto al massimo. Ho cominciato allora a pensare al giro del mondo. Per cinque anni ho studiato carte e percorsi, scritto ad ambasciate e consolati, trovato tutti i sistemi per avere informazioni sulle vie percorribili. Perché quelli erano ancora tempi pionieristici, sotto certi profili: non esistevano carte geografiche dei paesi del Terzo mondo. In quegli anni di preparazione, ho cominciato a prendere confidenza con la macchina fotografica. Alla fine ho deciso di partire, convincendo a farlo anche Daniele Pellegrini, un fotografo professionista”. Gerolimetto molla tutto, a partire dal In apertura, un curioso autoritratto di Gerolimetto a Venezia: tre immagini in un solo scatto. Sotto: donne a Teheran (1997) e bambini in Sudan (1999) 49 CULTURA Spagna, 1990; E Libia, 1998; SOCIETÀ Da sinistra: Salar di Uyuni, 50 Jaen, Erg di Muyzuk, Bolivia, 1978. lavoro nell’azienda di famiglia, e va. Parte nell’agosto del ‘76 con un camion messo a disposizione dalla Fiat. Sta via due anni e sette mesi. Attraversa l’Europa dell’est, l’Asia, arriva a Singapore, sbarca in Australia e se la fa tutta, arriva in Africa e la percorre nella massima lunghezza da città del Capo alla Tunisia, passa per Genova a prendere la nave per l’America Latina (e mentre aspetta la nave si sposa!), prosegue dunque in Sudamerica, va in Terra del Fuoco, risale fino agli Stati Uniti, prosegue per Canada e Alaska, torna e New York, vola a Lisbona e arriva finalmente a casa. Dopo 184.000 chilometri. È il più lungo giro del mondo mai compiuto con un camion. Un record che resiste ancora nel Guinness dei primati. In tutto questo “andare”, Gerolimetto scopre, stavolta sì, la fotografia: scatta quattromila istantanee, contro le sessantamila del compagno di viaggio fotografo. “Dopo quel viaggio, la testa per il lavoro e la vita quotidiana non c’era più – ricorda –. Ho lavorato ancora due o tre anni, poi ho detto basta. E dall’84 ho cominciato a fare soltanto il fotografo. Sono stato fortunato, perché sono entrato presto in un buon giro, non ho dovuto fare troppa attesa. Ho comin- ciato presto a lavorare per i grandi editori milanesi, continuando a girare il mondo, ma stavolta per lavoro, fotografando per riviste di viaggio, di natura, di ambiente. Da Time a Panorama, da Airone a Epoca”. E arrivano anche i libri fotografici, sulle grandi città del mondo e le capitali. Ma la gran parte dei suoi libri, Gerolimetto li dedica al suo Veneto. Nascono così “Venezia”, “Veneto d’acqua”, “Plaga felix”, “Il giardino veneto”, “Veneto, l’immagine dell’anima”, fino all’ultimissimo libro, tutto dedicato a Bassano del Grappa. “È stato il professor Italo Zannier, una volta, a consigliarmi: nel tempo libero, fotografa la tua regione. L’ho fatto, adesso ho centomila foto sul Veneto. Sono immagini che fanno di questa regione una terra molto più bella di quanto sia in realtà – osserva –. Qualcuno mi frica, io partirei nel giro di un’ora. Subito. Ho sessantadue anni, ma non mi importa: parto. La testa è ancora quella di un trentenne”. Vien da pensare che tutto questo sia possibile solo per un uomo “single”, per uno che non ha famiglia. Invece no, Gerolimetto è sposato, con Lia Peserico. “È la santa di turno, capisce che la mia è una spinta più forte di qualsiasi cosa. 51 ha invitato a riprendere anche le brutture, ma proprio non ce la faccio a fotografare e a soffrire”. Da quando ha fatto della macchina fotografica il suo “arnese del mestiere”, però, Gerolimetto non può più evitare aerei e treni. Non è più come una volta, quando saliva in macchina e non lo fermava più nessuno. “Certo, adesso l’aereo devo pur prenderlo, ma non mi diverte – dice lui –. Se mi dicessero: qua c’è l’automobile, parti per il Suda- Però anche lei in questi anni ha viaggiato molto con me, e molti libri sono anche merito suo, del suo lavoro di preparazione e di studio”. Un uomo fortunato, insomma, il nostro. “Penso di sì – dice –. Ho sempre fatto quello che ho voluto, ho vissuto intensamente. Se morissi oggi, morirebbe un uomo contento”. Ma in realtà, di viaggi Gerolimetto vuole farne ancora tanti. Stefano Tomasoni SOCIETÀ E CULTURA La provincia in piazza “Vicenza. La provincia preziosa” è il titolo di un volume di 500 pagine che racconta il Vicentino con una gran quantità di foto e una ricca collezione di testi di autori che conoscono bene questa terra. In queste pagine proponiamo uno stralcio del capitolo dedicato alle feste di piazza vicentine. O gni centro della nostra provincia, piccolo o grande, ha sempre destinato un luogo nel quale i suoi abitanti potessero riunirsi, assistere o partecipare a qualche evento particolare, sia che fosse ricorrente o straordinario. Il luogo non poteva essere che una piazza centrale, magari vicino alla chiesa, al teatro, al palazzo comunale, nel corso dei secoli servito alle pubbliche grida, ai festeggiamenti per la festa del patrono, alle processioni religiose, le parate militari, le cerimonie civili o patriottiche, i comizi politici, gli spettacoli, le luminarie e i fuochi d’artificio. Quindi, ogni momento della nostra storia millenaria ha avuto come protagonista la piazza, luogo deputato per eccellenza alla vita pubblica della comunità. Perciò ogni occasione poteva essere buona per far festa in piazza: come corollario a solennità religiose, a manifestazioni ludiche e sportive, a rassegne economiche, a promozioni turistiche, a eventi memorabili. E ogni centro della nostra provincia ha avuto – e spesso conserva – una sua tradizione fe- staiola, puntualmente rispettata. Citiamo qui, un po’ a caso qualcuna di esse: Breganze con la festa del vino, Bassano e la mostra-concorso dell’asparago, Marostica con la sagra delle ciliegie, Nove e il concorso della ceramica, Malo con la sfilata dei carri mascherati, Schio col motoraduno del Pasubio, Sandrigo con la festa del baccalà, Valdagno e Recoaro con la chiamata della primavera, Cesuna con la festa del ciclamino, Castelnovo di Isola Vicentina con la rassegna gastronomica Gran-Polu, Roana e Cesuna con la mostra dei cuchi, Valli del Pasubio con la sagra della soppressa, Arzignano con la fiera di Ognissanti, Nanto col concorso Nantopietra, Grisignano con la fiera del Sòco, Costabissara con la sagra della birra, e via di questo passo. […] Vicenza, feste per nobili e popolo Nel corso dei secoli, numerose furono le occasioni per la città berica di veder gremite le sue piazze – soprattutto quella maggiore – per gli avvenimenti e le manifestazioni più disparati. Particolarmente quando si trattava di festeggiare qualche ricorrenza storica o qualche visitatore illustre, di assistere a qualche torneamento equestre, oppure a parate, concerti, cerimonie. Il popolo gremiva indifferentemente la piazza maggiore per assistere al “lavoro” della ghigliottina, oppure la piazza dell’Isola per vedere le tauromachie. I nobili si davano convegno nell’anfiteatro ligneo e smontabile eretto in Campo Marzo per assistere alle corse dei cavalli scossi, nella piazza dei Signori per i loro caroselli allegorici, nel salone della Basilica e nel Teatro Olimpico per i loro fastosi spettacoli e ricevimenti. Durante un nevoso febbraio del 1784, fece epoca la corsa delle slitte, cioè una sfilata in pompa magna di trenta slittoni riccamente addobbati, sui quali avevano preso posto i nobili delle migliori casate, che andarono a gara nel dimostrare la loro maestria nel guidare i cavalli sulla superficie gelata del Corso e del giardino Valmarana (ora giardino Salvi) per il gran finale. Centinaia di torce resinose, sostenute da una turba di lacchè, fecero luce all’eccezionale kermesse notturna, mentre una folla strabocchevole, assiderata dal freddo pungente di quella notte, assisté imperterrita all’inusitato spettacolo, facendo ala al passaggio dei vari equipaggi e salutando gioiosamente gli intrepidi cavalieri. […] 53 Vicenza, la provincia preziosa È stato pubblicato di recente, su ideazione e realizzazione di Biblos Edizioni, il volume “Vicenza. La provincia preziosa”. Si tratta di un libro a sua volta davvero prezioso, che in quasi cinquecento pagine di grande formato scandaglia ogni aspetto della vita culturale, artistica, storica, religiosa, naturalistica ed economica vicentina grazie ad una serie di testi realizzati da autori ed esperti di indubbio prestigio e ad una ricca galleria di fotografie di grande suggestione. Il volume si divide in sei aree tematiche, intitolate “Le origini” (la provincia sotto il profilo storico), “La luce, lo spazio, la natura” (la montagne, i fiumi, la flora e la fauna, la gastronomia), “La città preziosa” (le piazze, i giardini, i castelli e le ville, i musei e i teatri, l’architettura palladiana, i luoghi della fede), “La memoria popolare” (le feste, i mercati, i caffè storici), “La provincia erudita” (le facciate affrescate di Bassano, l’altopiano di Asiago raccontato da Rigoni Stern) e “Il territorio operoso” (le varie tradizioni industriali tra passato e presente). Dopo un testo introduttivo del vescovo di Vicenza, mons. Pietro Nonis, “Vicenza. La provincia preziosa” ospita contributi di trenta autori diversi, tra i quali Giuseppe Barbieri, Giovanni Capnist, Giovanni Luigi Fontana, Danilo Longhi, Paola Marini, Mario Rigoni Stern, Remo Schiavo, Renato Zironda. In queste pagine proponiamo alcuni passi del capitolo che, nel volume, Walter Stefani dedica alle feste in piazza che sono entrate nella tradizione popolare vicentina. Anche le foto sono tratte dall’enorme materiale iconografico contenuto nel libro. In queste pagine, alcune delle centinaia di foto d’autore raccolte nel libro. In apertura, mercato notturno a Bassano del Grappa; qui sopra, l’ingresso del santuario di Monte Berico. La Rua In cinquecento anni di vita, la fiabesca torre lignea vicentina ha seguito e vissuto direttamente sulla propria immagine l’intero procedere delle vicende storiche, politiche e di costume della città. Nata come emblema d’un Collegio professionale e per una processione religiosa, passò col volgere di pochi decenni ad assumere il valore di simbolo popolare per l’intera comunità berica. Una questione, in altri termini, di campanile... mobile, trasportato lungo un percorso divenuto quasi subito canonico: da piazza dei Signori per contra’ Muschieria, piazza Duomo, il Vescovado, piazza Castello, poi il Corso fino alla svolta di contra’ Santa Barbara, col ritorno “trionfale” in piazza dei Signori. Qualcuno volle attribuire l’invenzione della Rua al Palladio; ma quando il sommo architetto era nella sua piena attività, la Rua era già vecchia d’un secolo. È accerQui sopra, l’ultima apparizione della Rua in piazza dei Signori, l’8 settembre 1928. A destra, la Rotonda, la più famosa delle ville palladiane. A pagina 55, immagini legate alla coltivazione della terra. tato che contribuì in varie occasioni, a predisporre gli addobbi per la venuta a Vicenza di qualche personaggio illustre, e non è quindi da escludere che egli possa aver partecipato ad arricchire anche la Rua. Parte della più colorita tradizione locale, specialmente ottocentesca, voleva invece che l’origine della Rua risalisse al ricordo d’una battaglia vinta dai Vicentini sui Padovani nel 1200: in particolare, alla conquista d’una ruota del Carroccio avversario. Vero invece è che la Rua nacque presso i notai quando questi decisero, nel 1441, di creare qualcosa ben più imponente del cero che seguiva, assieme all’insegna della categoria, la processione del Corpus Domini, solennizzata dal Comune sin dal 1389. Ma perché, poi, al centro del simulacro doveva stare una ruota? Occorre a questo punto ricordare che i notai si dividevano in Modulanti e Vacanti. I primi, trecento in tutto, ripartiti in cinque sezioni, si succedevano a turno negli incarichi. Era stato tale periodico “giro” a richiamare il movimento della ruota e a far nascere la relativa insegna del Collegio. Ecco perché, nella struttura della macchina, venne inserita una sorta di piccola giostra girevole nel senso verticale, dotata di scanni su cui far salire alcuni bambini. Sembra assodato che la prima uscita della Rua in tal foggia sia avvenuta nel 1444, e abbia subito goduto del favore generale. Tanto che, di lì a poco, ogni avvenimento importante per Vicenza, non più soltanto dunque il Corpus Domini, diventò occasione perché la gran mole – anno dopo anno arricchita sempre più di figuranti vivi o in cartapesta, di stoffe vario pinte e di pennacchi – venisse fatta uscire dai magazzini, quando addirittura non ricostruita ex novo. Era il Comune stesso a richiederla ai notai: i quali ben presto denunciarono difficoltà finanziarie, tanto che nel 1483 decisero di non farla uscire, stante la cospicua spesa per il suo restauro. Cent’anni dopo, quando il problema tornò a presentarsi, venne interessato il Comune che deliberò di “municipalizzare” il simulacro, grazie anche all’interessamento del nobile Pietro Paolo Bissari. Ecco perché dal 1585, anno della pubblicizzazione del patrio spettacolo, ebbe origine anche il saluto: «Viva la Rua di casa Bissara!», lanciato in segno di gratitudine da figuranti e popolo. La trasformazione in una accezione più laica dell’iniziativa procedette comunque ancora: dal 1616, la torre iniziò a girare solo al termine della processione. Questo perché le autorità religiose non sembravano più disposte ad accettare che la folla, nel giorno del Corpus Domini, attendessero con più ansia il transito della Rua che non quello del Santissimo. Col passare del tempo, le dimensioni della torre lignea si fecero sempre più imponenti, fino a oltre 24 m d’altezza e a un peso di ottanta quintali. Cosicché aumenterà anche il numero dei facchini “precettati” per trascinarla, che raggiungeranno l’ottantina. As- sieme alla folla cittadina e “foresta” aumenterà anche l’interesse della Rua come fenomeno sociale, come “passaporto collettivo” a una giornata di autentici bagordi, e s’infittirà anche il numero degli inviati dei giornali italiani, perché ogni uscita, scatenando tutta una serie di festeggiamenti popolari, poteva fornire interessanti spunti di colore e di costume. Ovvio che un simbolo di tale presa venisse caricato anche di significati politici. Durante la loro occupazione, i Francesi al posto dell’originale Leone di San Marco appiccicarono sulla Rua il caratteristico Gallo d’Oltralpe, col cartiglio «Libertà ed Eguaglianza», gli Austriaci vi imposero l’Aquila bicipite degli Asburgo mentre, dopo l’Unità, essa divenne tutta tricolore arricchita con gli scudi di casa Savoia. L’ultimo percorso “normale” attraverso il centro storico venne effettuato nel 1901. Undici anni dopo, la Rua sarà trascinata soltanto in piazza dei Signori e in piazza Biade, dal momento che le vie del suo “giro” erano già occupate dai fili dell’illuminazione elettrica, del telegrafo e del tramway. L’ultima uscita risale al 1928, con l’accompagnamento dei labari fascisti. Poi lo smontaggio e il deposito al Lazzaretto in Gogna, dove verrà completamente distrutta dai bombardamenti aerei dell’ultima guerra. Così, mentre la vecchia e gloriosa Rua lanciava al cielo le sue ultime faville come fossero gli estremi sussulti di una persona morente, anche Vicenza era in fiamme e semidistrutta. Quasi a significare, emblematicamente, la fine di un’epoca. Cioè di quella Vicenza di ieri a noi così tanto cara, e che amiamo ricordare spesso nei nostri conversari. Walter Stefani RUBRICHE ASSOFLASH Il nuovo consiglio del comitato piccola industria Munaretto (F.lli Munaretto, Zanè), Francesco Pronio (Vera da Pozzo, Thiene), Roberto Salviato (Lab. Chimico farm. Sella, Schio), Gaetano Stella (Azalea, Caldogno), Gianfranco Pavan (Camoter, Vicenza, past president). Bonaguro confermato presidente a Bassano 56 Giordano Malfermo, presidente della Eltra di Sarego è stato eletto alla guida del Comitato piccola industria dell’Associazione. Subentra a Gianfranco Pavan. I vicepresidenti sono Giannino Beschin (Conceria Beschin Gino, Arzignano) e Giorgio Tassotti (Grafiche Tassotti, Bassano del Grappa). Il consiglio direttivo è inoltre composto da Luisa Silvestri Bandini (Errepidueveneto, Vicenza), Paolo Bastianello (Marly’s Confezioni, Arzignano), Marisa Converti (CDS Security Vicenza, Vicenza), Giuseppe Filippi (Pieffe Plast, Bolzano Vicentino), Ernesto Graizzaro (Luigi Graizzaro, S.Pietro Mussolino), Giorgio Giubilato (Giubilato Cicli, Cassola), Alessandro Menegatti (Menegatti F.lli, Vicenza), Luigi Morato (Harry’s Morato, Altavilla Vicentina), Renato Giampaolo Bonaguro (Edithink, Marostica) è stato confermato per il prossimo biennio alla presidenza del Raggruppamento di Bassano del Grappa dell’Associazione. Potrà contare ancora sul contributo di Antonio Francesco Bizzotto (Sace & C., Rosà) alla vicepresidenza, e dei consiglieri Ludovico Barettoni (Dr. Barettoni già Antonibon, Nove), Valerio Bresolin (Hydor, Bassano del Grappa), Silverio Cerato (Silmar, Romano D’Ezzelino), Aurelia Dilda (Baggio Tecnologie, Tezze sul Brenta) Domenica Donazzan (Bonotto, Molvena), Michele Eger (Conjugi Eger, Mussolente), Antonio Fiorese (Fiorese Silvano, Bassano del Grappa), Fabio Giolai (Gipel, Rossano Veneto), Giovannino Manca (Comalat, Cartigliano), Giovanni Menon (Raasm, San Zeno di Cassola), Carlo Orso (Ialc Serramenti, Romano D’Ezzelino), Carlo Pasinato (Impr. Edile Pasinato Vittorio, Pove del Grappa), Mario Patuzzi (Axios Italia, Bassano del Grappa), Gianfranco Rubbo (Rubbo Gianfranco, Marostica), Arianna Tassotti (Grafiche Tassotti, Bassano del Grappa), Renato Zaltron (Masters, Bassano del Grappa). Raggruppamento di Schio: conferma per Franco Masello L’assemblea del Raggruppamento di Schio ha confermato Giovanni Franco Masello, amministratore delegato della Deroma di Malo, alla presidenza del Raggruppamento stesso per il biennio 2001-2001. Conferma anche per il vicepresidente, Albino Bisio (Officine Bisio, Santorso). Parzialmente rinnovato, invece, il resto del consiglio direttivo, di cui ora fanno parte Giovanni Battista Bertollo Conte (Lanificio G.B. Conte, Schio), Mario Ciscato (Foc Ci- scato, Velo D’Astico), Fulvio Daroit (Daroitex, Schio), Luigi De Tomi (Iterra Impianti, Malo), Mirco Gasparotto (Arroweld Italia, Zanè), Mario Meneghini (Maglificio Rover, Zanè), Carmelino Pessina (Norda, Valli del Pasubio), Carlo Primultini (Primultini F.lli, Marano Vicentino), Mario Rossato (Finmoda, Schio), Roberto Salviato (Lab. Chimico Farm. Sella, Schio), Paolo Xoccato (Xacus, San Vito di Leguzzano) e Massimo Zampieri (Its, Schio). Energindustria, accordo anche per il gas metano Energindustria, il consorzio dell’Associazione industriali per la fornitura di energia alle aziende, ha firmato un accordo-quadro con Edison Gas per l’erogazione di gas naturale ed è partita con le forniture al primo blocco di aziende contrattualizzate. In questa prima fase, l’accordo interessa una quarantina di aziende fino ad oggi servite da Snam e ora inserite in un progetto-pilota su cui l’Assindustria sta lavorando da tempo. L’accordo con Energindustria è uno dei primi che Edison Gas ha siglato nel Triveneto e consentirà alle quaranta aziende per ora interessate di risparmiare complessivamente 2 miliardi e mezzo di lire nel corso del 2001. L’intesa prevede anche l’istituzione di una commissione tecnica, composta da esperti di Energindustria e di Edison Gas, incaricata di valutare i risultati del progetto per arrivare a estendere la fornitura anche ad altre aziende del consorzio. Per l’Assindustria, l’accordo siglato con Edison Gas rappresenta un importante passo avanti sulla strada dei consorzi di aziende per abbattere i costi energetici. È nato Unionfidi, dalla fusione tra CPI Fidi e Confidexport Si chiama Unionfidi ed è una nuova realtà consortile dell’Associazione industriali, nata dalla fusione tra Confidexport e CPI Fidi. Il nuovo consorzio fa parte di un sistema che unisce anche Confidi e Assofidi e che rappresenta oggi, all’interno dell’Assindustria, un sistema di 835 aziende affidate per un totale di 510 miliardi. Nel programma del nuovo consorzio, c’è la volontà di far cono- scere al maggior numero di imprenditori possibile le opportunità di cui possono disporre. Sono anche in programma significativi interventi di abbattimento dei costi fissi per alcune pratiche agevolate di largo utilizzo da parte delle piccole imprese. Saranno 57 semplificati i flussi informativi e le procedure operative per rendere più agevole il ricorso ai servizi: sarà infatti possibile, entro l’anno, scaricare via Internet i documenti da compilare e restituire al consorzio, tramite un sito di semplice e immediata consultazione. Una ricerca sull’evoluzione del distretto orafo vicentino “Tradizione ed evoluzione: il distretto orafo vicentino”. Questo il titolo di una ricerca sull’oreficeria vicentina che la sezione orafi e argentieri dell’Associazione ha commissionato al Dipartimento di tecnica e gestione dei sistemi industriali della facoltà di ingegneria dell’Università di Vicenza. RUBRICHE 58 Uno studio per conoscere in modo approfondito gli scenari e le prospettive del settore orafo, così da definire meglio le strategie per il futuro e capire quali potrebbero essere le innovazioni da introdurre sul versante tecnologico e soprattutto su quello commerciale e gestionale. I temi affrontati sono numerosi: dagli aspetti normativi e istituzionali dell’industria orafa mondiale (domanda e offerta del metallo nel mondo), alle caratteristiche del mercato interno e internazionale dei gioielli in oro, all’analisi dei mutamenti dei comportamenti d’acquisto dei consumatori. La domanda e l’offerta internazionale di prodotti orafi è stata oggetto di un’analisi particolarmente accurata che ha permesso di raccogliere elementi dettagliati su ciascuno dei paesi maggiori produttori e consumatori di oreficeria. Questa parte della ricerca era importante per valutare opportunità e minacce della crescente competizione internazionale per le imprese del distretto orafo vicentino”. Una parte importante della ricerca è stata condotta mediante un’indagine sulle cinquanta principali imprese orafe della provincia. I risultati dell’indagine sono stati raccolti in un libro. Quadro Fiammingo - Jacob Jordaens (Anversa 1593 - 1678) Olio su tela cm. 53 x 38 - cornice foglia oro coeva Armadio a muro da sacrestia della valle dei Mocheni Trento Periodo primi 1800 - Legno abete e cirmolo cm. 230 x 145 x 33 mobili - tappeti - dipinti Via Marconi, 33 - 36015 SCHIO (VI) - Tel. 0445 526013 RUBRICHE Osservatorio 60 L’industria vicentina si mantiene in salute. Nel periodo ottobre-dicembre 2000 la produzione delle aziende vicentine è risultata in leggero aumento, collocandosi sui livelli migliori di tutto l’anno 2000. Per la precisione, il 54% delle aziende ha dichiarato aumenti di produzione (era stato il 50% secco nel trimestre precedente), mentre il 12% ha segnalato cali produttivi. Il saldo, ovvero la differenza tra l’uno e l’altro dato, è dunque ampiamente positivo: +42, contro il +37 del trimestre precedente. Le esportazioni hanno evidenziato anch’esse una tendenza positiva, ma meno evidente rispetto alla produzione: il saldo tra chi ha segnalato export in aumento e chi in diminuzione è risultato positivo di 23 punti, contro i 21 del trimestre lugliosettembre. La consistenza del portafoglio ordini conferma il positivo momento congiunturale. Da un lato, sale dal 21,5 al 24,7% la percentuale di chi dice di avere lavoro assicurato per un periodo molto breve, meno di un mese; dall’altro lato, però, diminuisce dal 65 al 60% per cento la percentuale di chi ha ordini per un arco di tempo che arriva ai tre mesi, e aumenta (dal 13,5 al 15%) il numero delle aziende che possono organizzare la produzione sapendo di avere da- vanti un periodo di lavoro assicurato superiore ai tre mesi. Anche il saldo occupazionale si è confermato su valori positivi: il 28% delle ditte ha segnalato incrementi nel numero degli addetti, mentre il 12% ha dichiarato diminuzioni. È salita invece la quota di aziende che segnalano ritardi negli incassi: dal 29 al 36%. Imprese operanti in provincia 1999 Attività connesse con l’agricoltura Estrazione di minerali Alimentare Tessile Abbigliamento Pelli e cuoio Legno Carta, stampa, editoria Chimica Gomma e materie plastiche Lav. minerali non metalliferi Metalmeccanico Altre industrie Energia Edilizia ed inst. impianti Commercio Alberghi e ristoranti Trasporti Servizi finanziari Servizi Istruzione Altri servizi pubblici PRODUZIONE ed EXPORT Saldi di opinione I prezzi delle materie prime e quelli dei prodotti finiti sono risultati ancora in tensione: più di sette aziende su dieci hanno denunciato prezzi in aumento per le materie prime. Le previsioni: per la prima parte dell’anno gli imprenditori vicentini si attendono la conferma del positivo andamento congiunturale degli ultimi mesi del 2000. Domanda interna ed esportazioni dovrebbero ancora crescere per circa il 40% delle industrie. Anche l’occupazione si conferma in aumento. PRODUZIONE 3º trimestre 2000 Saldi di opinione 15.225 91 858 705 1.263 946 1.005 436 194 414 887 6.141 2.352 27 8.584 17.237 3.216 2.711 1.225 6.454 150 2.956 Pubblica Amministrazione Efficienza dello Stato: economia, politica e giustizia - Surveys IMD Posizione in classifica su 47 paesi Qualità Attuazione delle politiche delle politiche economiche economiche Efficienza giustizia Efficienza burocrazia 0 = giudizio negativo; 10 = giudizio positivo Irlanda 3 7.20 6.53 8.37 5.93 Olanda 7 7.43 6.66 8.78 5.80 Finlandia 9 7.48 8.05 8.77 6.68 Stati Uniti 10 6.58 5.94 7.42 4.66 Canada 15 6.03 6.61 8.84 4.74 Regno Unito 17 5.96 5.70 7.96 4.24 Spagna 18 6.63 6.43 4.80 3.74 Danimarca 21 5.91 6.85 8.99 5.70 Giappone 22 4.77 4.28 6.59 3.10 Austria 25 5.53 5.60 8.53 3.47 Germania 28 4.66 4.92 8.35 3.55 Svezia 33 4.79 5.53 8.32 5.50 Portogallo 34 5.41 4.41 3.06 2.11 Grecia 37 5.47 4.69 5.17 2.08 Belgio 40 5.42 5.01 5.03 2.89 Francia 41 4.46 5.82 6.15 2.68 Italia 46 3.77 3.04 2.99 1.48 Infrastrutture Benchmarking Rete autostradale e ferroviaria nell’Unione Europea per paese (anno 1996 - numeri indici: U.E. = 100) PAESI Km per abitante Francia 118,0 111,0 131,0 111,0 Germania 103,0 96,0 122,0 118,0 Italia 116,0 88,0 67,0 57,0 Paesi Bassi 112,0 135,0 42,0 38,0 Portogallo 52,0 75,0 68,0 132,0 Regno Unito 41,0 51,0 67,0 164,0 Spagna 149,0 165,0 75,0 50,0 Svezia 105,0 114,0 268,0 256,0 FERROVIE Km ferrovie/ Km autostrade Fonte: International Road Federation (IRF), Ministero dei Trasporti Education Benchmarking Tasso di abbandono e durata media degli studi universitari Giappone Durata media Tasso degli studi di abbandono 4 PAESI 11 Danimarca Paesi Aliquote Italia (1) Giappone Stati Uniti Belgio Germania Francia Lussemburgo Portogallo Spagna Paesi Bassi Austria Danimarca Regno Unito (2) Finlandia Svezia Irlanda (3) 49,2 41 40,8 40,17 38,88 37,77 37,5 37,4 35 35 34 32 30 (20) 29 28 24 (10) (1) Aliquota implicita compresa l’Irap. Per la metodologia di calcolo si veda “Previsioni dell’economia italiana” Csc, dicembre 2000. (2) L’aliquota del 20% si riferisce alla tassazione delle piccole imprese. (3) L’aliquota del 10% è relativa all’indsutria manifatturiera localizzata in certe zone del Paese. Tassi e condizioni bancarie Mercato creditizio vicentino. I dati sono stati rilevati nel mercato creditizio vicentino al 28 febbraio 2001 su un campione di imprese con positivi indicatori economico-finanziari. Conto corrente AUTOSTRADE Km per Km per veicolo abitante circolante PAESI FISCO Pressione fiscale sui redditi d’impresa (imposte nazionali e locali; 2001) Tasso franco commissione max scoperto Spese per operazione Valuta per assegni fuori piazza 7,30% 1.930 3 gg. lav. Anticipi su fattura/contratti Tasso aperto 5,60% Smobilizzo Italia Tasso sbf 5,20 % Commissione incasso effetti cartaceo 4.050 Commissione incasso effetti elettronico 3.350 Valuta portafoglio cartaceo 4,8 gg. lav. Valuta portafoglio elettronico 4,7 gg. lav. Operazioni con l’estero Durata media Tasso degli studi di abbandono Tasso lire per anticipi export 5,10% Spread a favore della banca su eurodivisa 0,30% 0,03 % – 33 Commissione valutaria Regno Unito – 19 Belgio – 37 Crediti di firma Repubblica ceca 4 21 USA 4 37 Fidejussione Italia 1,1 % Irlanda 4 23 Francia 5 45 Indicatori di riferimento Finlandia 5 25 Austria 7 47 Bce 4,75 % 8,00 % Germania 6 28 Portogallo 3 51 Prime rate ABI Olanda – 30 Italia 6 65 Euribor 3 mesi lettera 4,837 % Rendimento lordo titoli pubblici 4,939 % Fonte: Ocse 61