Nome file LFF135_VF3.pdf Data 18/06/2013 Contesto LFF Autore V Ferrarini Liv. revisione Pubblicazione Lemmi Filosofia Freud Sigmund LFF Feuerbach VERENNA FERRARINI LABORATORIO FILOSOFICO FREUDIANO FEUERBACH INTRODUZIONE Soltanto tre sono i passi in cui Freud cita Feuerbach, l’autore de L’essenza del cristianesimo (1841), de L’essenza della religione (1844) e de La questione dell’immortalità dell’anima dal punto di vista dell’antropologia (1846). Eppure, l’entusiasmo con il quale egli ne parla in una lettera all’amico Silberstein non lascia dubbi sull’importanza feconda che il lavoro di pensiero del filosofo tedesco ha avuto sull’elaborazione di Freud proprio nella sua critica logica e rispettosa alla religione. Nella lunga lettera all’amico del marzo 1875, nella quale un giovanissimo Freud assiduo frequentatore della lezioni di Brentano nomina tra gli altri Darwin e Stuart Mill, leggiamo: “Dato che oltre a questo quell’uomo ha dato alla stampa una biografia di Feuerbach che rende giustizia al valore di quell’uomo che io stimo e ammiro più di tutti gli altri filosofi, lo stimo e mi fa piacere che sia un difensore tanto determinato delle nostre verità. Non sono in grado di dire nulla sulla sua importanza intellettuale”.1 Con ragione Peter Gay riferisce: “Nel suo testo più famoso, L’essenza del Cristianesimo, pubblicato per la prima volta nel 1841, Feuerbach scrive che lo scopo del suo lavoro sulla religione é fondamentalmente ‘la distruzione di una illusione’, una illusione al riguardo ‘assolutamente perniciosa’. Freud, che si considerava un ‘distruttore di illusioni’ non poteva che trovare congeniale una posizione del genere”.2 In L’avvenire di un’illusione, preannunciata come “opuscolo che la riguarda molto da vicino” in una lettera al pastore Pfister,3 Freud svolge la sua critica alla religione, che “riesce a 1 Non é irrilevante sapere che, tra i libri portati da Freud a Londra, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania e l’occupazione di Vienna dai nazisti, c’erano anche i tre testi di Feuerbach: L’essenza del cristianesimo, L’essenza della religione, e La questione dell’immortalità dal punto di vista dell’antropologia. Cfr. Trosman H., Simmons D. (1973). The Freud Library, J.Am. Psychoanal. Asn., 21, p. 661 e 64. 2 Peter Gay, Freud una vita per i nostri tempi, Bompiani, Milano 1988, p. 26. 3 S. Freud, Epistolari, Lettere tra Freud e il pastore Pfister 1909-1939, Bollati Boringhieri, Torino 1970, p. 109. 1 risparmiare a molta gente la nevrosi individuale”4, essendo essa stessa “la nevrosi ossessiva universale dell’umanità”.5 E il lemma “illusione”, fondamentale nell’opera di Feuerbach, é trattato con molta cura da Freud là dove precisa: le rappresentazioni religiose, nella loro “genesi psichica”, “si presentano come dogmi, non sono esiti dell’esperienza o risultati conclusivi di un’attività di pensiero, ma sono illusioni, appagamenti dei desideri più antichi, più forti, più pressanti dell’umanità; il segreto della loro forza è la forza di questi desideri. [...] Quando dico che tutte queste sono illusioni, devo delimitare il significato della parola. Un’illusione non è la stessa cosa di un errore, e non è nemmeno necessariamente un errore”.6 Il “piacere e lo zelo” che hanno connotato la lettura di Feuerbach, come un maturo Freud scrive a Biswanger, autorizzano a ritenere rilevante l’interesse di uno sull’opera dell’altro, in un periodo che lo stesso Freud valuta così carico di frutti e di inizi promettenti da fargli dichiarare: “Dopo una diversione che era durata una vita, e che era passata attraverso le scienze naturali, la medicina e la psicoterapia, i miei interessi tornarono a quei problemi culturali che tanto mi avevano affascinato quand’ero un giovinetto imberbe, affacciatosi appena al mondo del pensiero”. 7 Tra i problemi culturali che lo hanno “affascinato” e sollecitato al lavoro, certamente il problema della religione, affrontato da Feuerbach con robustezza logica e tolleranza senza abdicazione al pensiero, é stato uno dei più importanti; é manifestamente sufficiente rileggere anche soltanto i titoli delle opere dedicate a questa questione e annotare le date per scoprire lavoro di Freud: Azioni ossessive e pratiche religiose (1907), Totem e tabù (1912-1913), L’avvenire di un’illusione (1927) e infine L’uomo Mosè e la religione monoteistica (1934-1938). É Freud stesso a riordinare efficacemente il suo lavoro, dopo aver precisato con un pertinente ossimoro, che si é trattato di “una sorta di sviluppo regressivo”, al quale allude appunto la citazione suddetta del Poscritto del 1935 all’Autobiografia. “Già nell’epoca d’oro del pensiero psicoanalitico, nel 1912,” – scrive Freud – “avevo tentato, con il mio libro Totem e tabù, di utilizzare le nuove conoscenze psicoanalitiche per studiare le origini della religione e della moralità. Due saggi che scrissi successivamente, L’avvenire di un’illusione (1927) e Il disagio della civiltà (1929), proseguirono poi questo indirizzo di pensiero. Mi resi conto con sempre maggior chiarezza che gli eventi della storia, gli influssi reciproci fra natura umana, sviluppo civile e quei sedimenti di avvenimenti preistorici di cui la religione é il massimo rappresentante, altro non sono che il riflesso dei conflitti dinamici fra Io, Es e Super-io, studiati dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi su uno scenario più ampio”. Nella lettera del 16 ottobre 1927 Freud scrive: “Tra qualche settimana uscirà un mio opuscolo che La riguarda molto da vicino. Infatti avrei voluto scriverlo già da tempo, ma per rispetto a Lei l’ho rinviato, fin quando la spinta é diventata troppo forte. Il saggio ha per tema – facile indovinarlo – il mio atteggiamento di decisa ripulsa verso la religione, in ogni forma e sfumatura, e benché ciò non possa tornarLe nuovo, pure temevo e temo ancora che una tale confessione pubblica le riesca dolorosa. Mi farà poi sapere in quale misura potrà ancora accordare comprensione e tolleranza all’inguaribile eretico.” 4 S. Freud, L’avvenire di un’illusione, (1927), OSF 10, p. 576. 5 Ivi, p. 473. 6 Ivi, p. 460. 7 S. Freud, Autobiografia, Poscritto del 1935, OSF 10, p. 139. 2 É anche per questa via di critica alla religione, favorita dalla lettura dell’opera di Feuerbach, che l’ “ebreo miscredente” Freud ha scoperto la crisi nella quale versava e versa il concetto di Padre, lo ha riattivato denunciandone in ogni modo la banalizzazione, fino alla sua distruzione, fino al parricidio: la dichiarazione del primato del Padre sul monoteismo resta ancora quasi del tutto inesplorata. © Società Amici del Pensiero - Studium Cartello 2013 Vietata la riproduzione anche parziale del presente testo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright 3