IL RITORNO ALLA TEORIA DEL COMPLOTTO
Venerdì 15 Febbraio 2008 01:07
di Eugenio Roscini Vitali
Simon Wiesenthal, l’uomo che ha dedicato la maggior parte della vita alla cattura dei criminali
nazisti, era certo che l’Europa fosse ormai vaccinata dalla presenza dell’antisemitismo. Le
testimonianze e i dibattiti politico-culturali a cui assistiamo ci fanno però pensare che nel mondo
c’è ancora chi identifica il mito dell’ebreo come nemico interno; l’esistenza di complotto
giudeo-massonico che si rifà alla congiura che nel 1920 veniva denunciata dal Times attraverso
la pubblicazione di un presunto documento segreto che descriveva un ipotetico piano pensato
ed organizzato dalla comunità ebraica per dominare il mondo, “I Protocolli dei Savi di Sion”.
Una psicosi collettiva che contribuirà ad innalzare i toni della propaganda antisemita e che è
cresciuta intorno alla figura del giudeo deicida e alle accuse di omicidio rituale; un pregiudizio
che lo storico tedesco Christian Matthias Theodor Mommsen, premio Nobel della letteratura nel
1902, considerava un’epidemia di fronte alla quale la ragione diventa impotente.
Nel
vecchio continente l’evoluzione del pensiero antiebraico in sentimento antisemita si è sviluppata
intorno alla seconda metà dell’Ottocento, quando gli ebrei europei (ashkenaziti), ai quali solo la
Rivoluzione francese del 1789 aveva dato pieni diritti civili, tornano a subire una nuova ondata
di intolleranza che trova le sue radici nell’Alsazia francese. Nel 1853 il Conte Joseph Arthur de
Gobineau scrive il “Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane”, un pilastro della teoria sulla
differenza razziale intesa come scala gerarchica che regola il rapporto tra gli esseri umani. Il
termine antisemita viene utilizzato per la prima volta dal giornalista tedesco Wilhelm Marr che
nel 1879 pubblica un opuscolo dal titolo “La strada verso la vittoria del Germanismo sul
Giudaismo”. L’anno successivo Marr fonda la Lega antisemita, la prima organizzazione tedesca
impegnata nel combattere la presunta minaccia ebraica alla Germania; sempre nello stesso
anno Adolf Stocker, capo del partito cristiano-socialista, lancia un programma antisemita che
vuole escludere gli ebrei dalla società tedesca.
Tra il 1880 e il 1905, dalla Spagna all’Europa orientale, rifiorisce una brutale leggenda: nel
periodo pasquale gli ebrei impastano il pane azzimo con il sangue dei cristiani. Le
organizzazioni più estremiste colgono al volo l’occasione e impastando l’immaginazione
popolare con le ideologie antisemite scatenano i pogrom, processi pubblici fatti con il pretesto di
presunti omicidi che spesso si trasformano in sanguinosi massacri. In Russia i pogrom vengono
organizzati dallo stesso governo zarista che cerca di attenuare le rivolte popolari convogliando il
malcontento verso l'intolleranza religiosa e l'odio etnico. Gli ebrei fuggiti nella vicina Moldavia
non vengono comunque risparmiati. Tra il 6 aprile 1903 e 19 ottobre 1905 la città di Kisinev, è
luogo di due importanti pogrom; la numerosissima comunità ebraica è costretta a lasciare il
Paese.
L’Europa, ormai attraversata da un violento e sanguinario attivismo ideologico e razziale,
sembra indifferente alla tragedia degli ebrei. Mentre in Germania il Partito popolare antisemita
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raggiunge l’apice del successo, in Francia Edouard Drumont affronta l’argomento come
espressione di un antigiudaismo cattolico che vede gli ebrei in veste di traditori, un’anticipazione
di quello che sarebbe accaduto qualche anno dopo con l’affare Dreyfus, uno dei più eclatanti
casi di antisemitismo del XIX secolo. Scoppiato in Francia nel 1894, il fatto coinvolge Alfred
Dreyfus, capitano dell’artiglieria dell’esercito che ha la sola peculiarità di essere ebreo.
Accusato di tradimento a favore della Prussia e condannato all’ergastolo sulla base di illazioni
senza fondamento, nel 1899 ottiene la grazia: un escamotage trovato dal Presidente della
Repubblica Émile Loubet per evitare che l’assoluzione ottenuta da Dreyfus dopo la revisione del
processo, e nella quale riesce a dimostrare la sua innocenza, si potesse trasformare in un vero
scandalo. Il capitano Alfred Dreyfus verrà pienamente riabilitato nel 1906.
Il caso Dreyfus, la propaganda antisemita in Germania e i pogrom russi creano le condizioni
ideali per la nascita di un movimento politico sionista. A fondarlo è il giornalista viennese
Theodor Herzl, ebreo assimilato che dal 1897 da una struttura politica al movimento ed inizia a
diffondere la speranza di normalizzazione del problema ebraico attraverso la creazione di uno
Stato in Palestina per gli ebrei. Secondo Herzl l’antisemitismo è un fenomeno inevitabile che
impedisce agli ebrei qualsiasi possibilità di assimilazione; sono proprio gli eventi che precedono
la Grande guerra a legittimare il progetto sionista che verrà di fatto realizzato grazie alla
dichiarazione di Balfour del 1917 e al crollo dell’Impero Ottomano. La Palestina diventa così
uno dei pochi rifugi possibili per gli ebrei europei.
L’8 maggio 1920 il Times pubblica un articolo intitolato “Il pericolo ebraico. Un pamphlet
sconvolgente: richiesta di indagini”. Il pezzo svela l’esistenza di un gruppo di potere ebraico che
attraverso il controllo dei media, della finanza e la manipolazione delle masse vuole dominare il
mondo. Nessuno conosce la fonte della notizia ma appare evidente che il quotidiano britannico
parla di un testo noto come “I Protocolli dei Savi di Sion”: opera divulgata per la prima volta in
Russia nel 1902 e ripubblicata in edizione ridotta dopo la rivoluzione del 1905. La fonte
originaria del documento è un pamphlet scritto dal francese Maurice Joly nel 1864, “Dialoghi
agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu”: mettendo in scena un dialogo immaginario che i due
personaggi intraprendono all’inferno, l'autore attacca le ambizioni politiche dell'imperatore
Napoleone III.
Anche se nel 1921 il Times ammette che il presunto documento segreto è un falso ed è frutto
di plagio da precedenti opere di satira politica, in molti continuano a considerarlo una prova
della cospirazione ebraica nel mondo. La teoria del complotto è ormai inarrestabile: dopo la
Rivoluzione russa gli occidentali iniziano a credere che il comunismo sia una congiura ebraica
che mira ad dominio del mondo; nel 1920 Henry Ford, proprietario del giornale antisemita il
Dearborn Independent, ne finanzia la pubblicazione di 500 mila copie; tra il 1930 e il 1934
l’opera diventa parte integrante dello sforzo propagandistico del nazismo e Hitler, facendone
riferimento nel suo Mein Kampf, la usa come manuale nella guerra di sterminio contro gli ebrei.
Dopo la seconda guerra mondiale la diffusione in Medio Oriente dei Protocolli dei Savi di Sion
viene sostenuta dal presidente egiziano Nasser e dal suo successore Sadat, dal presidente
iracheno Arif, dal colonnello libico Gheddafi e dal Re Faysal di Arabia Saudita; nel marzo 1970
risulta essere il libro più venduto in Libano; durante la Rivoluzione islamica viene pubblicato in
Iran. Come per altre organizzazioni estremiste islamiche, Hamas si riferisce esplicitamente ai
Protocolli nel suo statuto, considerandoli veri documenti storici. E’ così che un documento
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spregiudicatamente falso, considerato la prima opera della moderna letteratura cospirativa, è
stato utilizzato per costruire la teoria del complotto giudeo-massonico.
n.d.a.In senso biblico i semiti sono i popoli discendenti di Sem, il figlio maggiore di Noè e
padre degli assiro-babilonesi, dei caldei, degli aramei, dei sabei e degli ebrei. Nel contesto
linguistico i linguaggi semitici comprendono l’arabo, l’ebraico, il cananeo, l’accadico, l’aramaico
e l’amarico. Le antiche popolazioni semitiche erano nomadi dediti alla pastorizia che prima
dell'era cristiana migrarono dalla penisola Araba verso coste del Mediterraneo, il delta del Nilo e
la Mesopotamia; gli ebrei e altri gruppi si insediarono nella Giudea meridionale, in Palestina. Gli
attuali popoli di lingua semita sono gli arabi e gli ebrei, diversi fra loro a causa delle secolari
migrazioni ma con stesse origini linguistiche. Le molte affinità storiche riflettono inoltre la
comune radice dei due popoli.
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