UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL‟EDUCAZIONE TESI DI LAUREA IN PSICOLOGIA DELLA FORMAZIONE Fumetto e adolescenti Analisi di un medium specifico Laureanda: Anna Mosca Relatore: Chiar.mo Prof. Enzo Kermol Correlatore: Chiar.mo Prof. Fabio Cossutta ANNO ACCADEMICO 2001-2002 “Comico e tragico, avventuroso e romantico, prosaico e poetico (…), il fumetto è tutto e il contrario di tutto. È contraddittorio e paradossale, è cosa finita e indefinita, è conformista e insieme ribelle. Osservatela bene quest’arte. Vi troverete la luce e l’ombra, la verità che andiamo cercando e il lato oscuro di ognuno di noi.” (Burne Hogart) Indice Introduzione pg. 3 Capitolo primo: IL FUMETTO 1.1 Antenati e precursori del fumetto. “ 6 1.2 La nascita del fumetto. “ 9 1.2.1 Il tema della famiglia. “ 15 1.2.2 Nuovi eroi dal mondo animale. “ 18 1.2.3 Il genere d’avventura: dal fumetto al cinema. “ 21 1.2.4 Gli anni della Guerra: supereroi, patrioti singolari. “ 24 1.2.5 La crisi del dopoguerra e la rinascita del fumetto. “ 26 1.3 Il fumetto conquista l’Europa. “ 29 1.3.1 Il fumetto inglese. “ 29 1.3.2 Il fumetto italiano. “ 31 1.3.3 Il fumetto francese. “ 45 1.3.4 Il fumetto belga. “ 51 1.3.5 Il fumetto spagnolo. “ 52 1.4 Il fumetto in Giappone: l’era dei manga. “ 55 Capitolo secondo: GLI STUDI SUL FUMETTO 2.1 Il fumetto nella letteratura scientifica. “ 63 2.2 L’interesse della psicologia. “ 64 2.3 Il contributo proposto dalla sociologia. “ 70 2.4 L’intervento della semiologia. “ 73 1 “ 76 2.4.1 Le implicazioni pedagogiche. pg. 79 2.4.2 Il fumetto a scuola. 2.5 Il contributo dell’antropologia. “ 81 2.6 L’influenza del fumetto sulla coscienza del lettore. “ 85 “ 88 2.6.1 La censura nei fumetti. 2.6.2 La ripresa del fumetto negli anni Sessanta e la “ 93 diffusione del genere pornografico. Capitolo terzo: IL MITO DI “TEX” FRA CULTURA E SOCIETÀ 3.1 La nascita di “Tex”. “ 96 “ 99 3.1.1 Il mondo di “Tex”. 3.2 “Tex” e la censura. “ 101 3.3 “Tex” e la pubblicità. “ 106 3.4 “Tex” protagonista del grande e del piccolo schermo. “ 115 Conclusioni “ 125 Bibliografia “ 130 2 Introduzione “Nell‟universo dei mezzi di comunicazione sociale il fumetto si colloca in posizione intermedia tra quella che è stata chiamata galassia Gutemberg, cioè il mondo del libro (…), e la nuova civiltà audiovisiva” (Domenico Volpi). Oggi i critici e gli studiosi della società di massa vedono nei fumetti, la cui diffusione ha raggiunto indici elevati in tutto il mondo, un‟arte “popolare” che ha assunto le dimensioni di un nuovo simbolo, sostituendo i paladini e gli eroi antichi, nati a suo tempo dalla tradizione folkloristica per gioco, divertimento, evasione, bisogno di conforto. L‟intento di questo elaborato è quello di dimostrare come i fumetti, entrati ormai a far parte del consumo quotidiano, rappresentino una nuova dimensione di vita e di pensiero, un nuovo genere di letteratura che interessa una moltitudine di lettori d‟ogni età. Il lavoro presentato è suddiviso in tre parti; la prima riguarda i presupposti storici del fumetto: un‟analisi di quelli che sono stati i precursori di una nuova forma d‟arte che, in oltre un secolo di vita, ha subito molteplici trasformazioni. Sono state ripercorse le tappe fondamentali che hanno caratterizzato la storia del fumetto dalle prime pubblicazioni americane, alle divulgazioni europee del novecento, con particolare attenzione al panorama italiano, francese ed inglese, includendo anche il genere manga, caratteristico della cultura giapponese, che negli ultimi anni ha invaso il mercato fumettistico mondiale. 3 La seconda parte dell‟elaborato propone gli studi che, fino ad oggi, sono stati compiuti sul fumetto all‟interno di vari settori disciplinari, presentando i risultati delle diverse modalità con cui psicologia, sociologia, semiologia, pedagogia ed antropologia si sono rapportate disciplinariamente a questo medium. È stata posta maggior attenzione all‟influenza che il fumetto, come mezzo di comunicazione, potrebbe avere sulla coscienza dei lettori, in particolar modo su quella dei giovani d‟oggi. I contenuti trasmessi attraverso i comics fin dalle prime pubblicazioni, infatti, hanno creato molta confusione e perplessità tra gli studiosi, tanto che il fumetto è stato accusato e condannato in quanto si riteneva che alcuni elementi potessero influenzare negativamente non solo le giovani generazioni, ma addirittura l‟intera comunità. Nonostante le dure battaglie intraprese da genitori, insegnanti e studiosi contro il fumetto, si è potuto constatare come esso sia diventato, soprattutto negli ultimi anni, un fenomeno massicciamente presente all‟interno della nostra società; ciò ha comportato la necessità, da parte delle istituzioni scolastiche, di rendersi disponibili ad un‟apertura verso questo nuova forma d‟arte la cui popolarità fra i giovani non può essere messa in discussione. Si è cercato di evidenziare, allora, quali potrebbero essere i problemi relativi all‟introduzione dei fumetti in ambito scolastico; il rischio più evidente al quale si andrebbe incontro sarebbe quello di una banalizzazione del mezzo. La terza parte dell‟elaborato contiene un‟analisi di “Tex”, un fumetto tutto italiano che da oltre cinquant‟anni spopola tra i lettori di fumetti. Sono state analizzate le forme e le modalità attraverso le quali il personaggio ideato da Bonelli e Galleppini è diventato, soprattutto in Italia, 4 un carattere proverbiale presente nell‟immaginario di tutti, anche di chi non ne ha mai letta neppure un‟avventura. Sono stati analizzati in particolar modo i rapporti stabiliti nel tempo tra “Tex” ed il mondo della comunicazione di massa, con il cinema e la televisione, con la pubblicità ed il merchandising. L‟intento è stato quello di approfondire tutte le occasioni in cui il protagonista della serie ha evidenziato, e continua ad evidenziare, la sua natura di mito contemporaneo, capace di farsi simbolo ed emblema del favoloso mondo della Frontiera americana. 5 Capitolo primo IL FUMETTO 1.1 Antenati e precursori del fumetto A voler rintracciare le origini del fumetto,1 si osserva come esso sia un prodotto ibrido ed eterogeneo che è nato stabilendo dei rapporti diretti con le arti che lo hanno preceduto. Venendo al mondo ha contratto molti debiti con la letteratura per quanto riguarda la parte scritta; con il teatro per i dialoghi, poiché le battute che intercorrono tra i protagonisti delle storie possiedono un ritmo simile a quello del copione recitato dagli attori sul palcoscenico; con le arti figurative per la parte visiva, in quanto si rifà ampiamente al disegno ed alla pittura; con il cinema per la struttura narrativa, perché da esso si è ispirato per l‟utilizzo della tecnica del montaggio, alternando piani diversi tra loro. Il balloon che Richard Felton Outcault utilizzò per la prima volta all‟interno di alcune tavole del celebre fumetto “Yellow Kid”, non era una novità assoluta; in precedenza, infatti, esso era stato utilizzato in modo 1 Il termine “fumetto” indica le scritte racchiuse dentro una “nuvoletta” che esce dalla bocca dei personaggi di alcune storie per immagini, costituendone il dialogo. Gli americani chiamano questa nuvoletta balloon, vale a dire pallone, perché è di forma sferica, mentre i francesi la indicano con il termine ectoplasme, come se i personaggi illustrati fossero dei fantasmi. Più in generale, però, l‟espressione “fumetto” sta ad indicare una serie di vignette disposte orizzontalmente una a fianco all‟altra, da leggersi da sinistra verso destra, con una funzione direttamente narrativa; anche in assenza di dialoghi o didascalie, infatti, la scenetta illustrata racconta un momento dell‟azione che è parte integrante della storia; e non può essere tolta senza comprometterne in qualche modo la comprensione. Nei paesi anglosassoni il racconto così proposto è chiamato comic o funny story, giacché in origine era una storiella comica con personaggi caricaturali, e in Francia bande dessinée, ossia ”striscia disegnata”. Oggi, sotto la comune denominazione di fumetto, non sono raggruppate solo storie umoristiche, ma anche quelle western, di fantascienza, di spionaggio, di paura, ecc... 6 assiduo dai caricaturisti inglesi del Settecento, ispiratisi a loro volta al “filatterio”.2 Nonostante il fumetto sia un‟invenzione moderna, un‟espressione tipica della civiltà dell‟immagine, non bisogna stupirsi se i suoi predecessori possono essere ritrovati un po‟ ovunque in ogni epoca del passato. Le testimonianze che sono pervenute fino a noi, sono numerosissime e dimostrano come, nell‟antichità, le immagini fossero utilizzate come strumento di narrazione popolare. Nell‟antico Egitto, ad esempio, era tradizione depositare nelle tombe dei defunti più ricchi il “libro dei morti”, un rotolo di papiro con scritte ed illustrazioni di credenze religiose; sempre in Egitto, inoltre, circolavano delle vignette disegnate e colorate su papiri o scaglie di calcare. Durante il Medio Evo era diffusa la Biblia Pauperum, a uso degli illetterati, che narrava i principali episodi della vita di Gesù e dell‟Antico Testamento, servendosi di illustrazioni commentate da un versetto della Bibbia oppure da una didascalia in latino o in volgare. Nell‟arazzo di Bayeux, conservato nell‟omonima cittadina francese, sono ricamate, in una spettacolare successione di scene, le vicende riguardanti la conquista dell‟Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore. Nei settanta metri di tela, la tecnica del racconto per immagini si avvicina molto a quella del fumetto moderno. Durante il Settecento la tecnica caricaturale si diffuse, soprattutto in Inghilterra, all‟inizio come illustrazione semplice ma grottesca di opuscoli satirici e polemici. Col passare degli anni la caricatura mutò in satira politica e di costume contro la monarchia, la religione e la legge; la fantasia degli autori, accompagnò il pubblico in un mondo fantastico e realistico allo 2 Il “filatterio” era una curiosa didascalia che poteva essere letta in un nastro uscente dalla bocca dei personaggi raffigurati in affreschi e miniature medievali. 7 stesso tempo, anticipando il tono favolistico che in seguito diventerà una caratteristica fondamentale dei fumetti. Per tutto il Settecento e parte dell‟Ottocento, i caricaturisti inglesi ebbero grande popolarità presso il pubblico, facendo grossi affari soprattutto quando sui loro fogli cominciarono una violenta battaglia contro Napoleone.3 Con la scoperta della litografia, avvenuta nel 1976, il mondo cominciò a conoscere la cultura attraverso i fogli volanti ricchi di disegni, che erano stampati a migliaia di copie e venduti per pochi soldi; In Francia divennero popolari le storie per immagini, destinate in particolar modo ai ragazzi, che presero il nome di Images d’Epinal. Queste tavole litografate, spesso colorate a mano, erano opera dei maggiori caricaturisti dell‟epoca che costruirono il loro lavoro seguendo il costume pedagogico dell‟epoca; le tavole, nonostante avessero perlopiù finalità educative, non trascurarono i fatti di cronaca, gli episodi eroici, le fiabe ed i racconti mitologici che accendevano la curiosità e la fantasia del “popolino”. Anche in Italia, sebbene in ritardo rispetto ad altri paesi, si diffusero le stampe popolari che, grazie ad una sequenza di immagini, raccontavano storie che si ispiravano ai fatti di cronaca quotidiana, senza ironia ma con un contenuto moralistico dal gusto melodrammatico. L‟apparizione del fumetto, come si è potuto constatare, è stata anticipata ed approntata da una lunga evoluzione; prima che in America fosse messo a punto nella forma attualmente in commercio, il fumetto fu preannunciato in Europa da tutta una serie di racconti disegnati, spesso completati da un 3 Il caricaturista più accanito e grossolano del periodo fu James Gillary; nella stampa John Bull e la flotta d’Egitto un gulliveriano Giorgio III teneva sul palmo della sua mano un minuscolo Napoleone Bonaparte, osservandolo con il cannocchiale. Le diciture, racchiuse nei baloons, erano sempre offensive e, spesso, calunniose. 8 breve testo in rima o in prosa, che trovava la sua sistemazione al di sotto di ogni singola vignetta. A Francoforte nel 1845 Heinrich Hoffmann consegnò alle stampe un albo di litografie colorate a mano, che fu intitolato “Struwwelpeter” (che in Italia fu tradotto in “Pierino Porcospino); l‟orripilante monello compariva solo sul frontespizio, mentre nelle pagine dell‟albo il protagonista, emblema delle cattive abitudini infantili, si scomponeva assumendo, di volta in volta, nomi di personaggi diversi. In Francia, qualche anno dopo, Christophe (Georges Colomb), ispiratosi al mondo piccolo borghese della provincia francese, creò “La Famille Fenouillard”. Oltre a Hoffman e Christophe, molti altri disegnatori europei anticiparono con i loro lavori quella che in breve tempo sarebbe diventata la nuova forma narrativa, poiché introdussero un certo gusto grafico che influenzò un po‟ tutti i loro successori, e toccarono per primi quei temi che, in seguito, furono ripresi e sviluppati in un‟incalcolabile quantità di storie a fumetti. 1.2 La nascita del fumetto Il carattere specifico dei fumetti risiede nella loro natura di mezzo d‟espressione di massa che nasce e si sviluppa a fine Ottocento negli Stati Uniti, grazie all‟industria giornalistica ed in particolar modo all‟attività di due colossi della stampa, gli editori Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst. Nel 1880, nonostante fosse in corso una campagna a favore dell‟osservanza del giorno festivo, alcuni quotidiani americani decisero di uscire anche la domenica; Pulitzer fu il primo a comprendere che un 9 supplemento domenicale poteva suscitare l‟interesse dei lettori e, quindi, portare forti incrementi nelle vendite. Fu così che nel 1895, fra le pagine dell‟edizione domenicale del New York World, il disegnatore americano Richard Felton Outcault vide pubblicata la prima delle sue vivaci tavole intitolate “Down Hogan‟s Alley”.4 Si trattava di un‟unica gran vignetta, brulicante di curiose e pittoresche figure, di straccioni dei miseri bassifondi newyorkesi, di rissosi ragazzi, di minacciosi cani randagi che ruotavano attorno al personaggio fisso di un bizzarro monello di bassa statura che fu battezzato con il nome Yellow Kid.5 In queste tavole piene di scritte irriverenti che dominavano sui muri, sulle staccionate, sui cartelli tenuti in mano da una folla di miseri e soprattutto sul lungo camicione del protagonista, Outcault manifestò con inconsueto vigore tutto il suo disprezzo per un‟umanità logora e compassionevole. Con quest‟impertinente monello dall‟aria furba e sbarazzina e dal sorriso beffardo ed ambiguo, nasceva il primo personaggio della storia dei fumetti, un eroe che fu sfruttato anche dalla pubblicità e da altri mass media: apparve sulle scatole dei biscotti, sui distintivi, sui pacchetti delle sigarette, sui ventagli e persino in una commedia a Broadway. Tuttavia, quella di Yellow Kid, non era ancora una vera e propria striscia, ma l‟immediata premessa: in queste tavole erano infatti presenti i segni e le caratteristiche che annunciavano una nuova formula narrativa. Affascinato dall‟incredibile successo ottenuto da Outcault, William Hearst riuscì ad ingaggiare il disegnatore grazie ad un contratto molto 4 Il fumetto “Down Hogan‟s Alley” venne conosciuto dal pubblico italiano con il titolo “Giù nel cortile di Hogan”. 10 vantaggioso; così, alla fine del 1887, grazie a Yellow Kid e ad una nuova serie, “The Katzejammer Kids” di Rudolph Dirks, nacque il nuovo supplemento domenicale del New York American Journal: The American Houmorist. Il nuovo fumetto raccontava le avventure di due discoli chiamati Hans e Fritz,6 che con le loro marachelle facevano impazzire Die Mama, Captain e Inspector. Poiché non esisteva ancora una precisa legislazione riguardo al diritto d‟autore, Pulitzer chiese ad un altro disegnatore di continuare a raccontare le storie di Yellow Kid per il proprio giornale, mantenendone lo stile ed il carattere originari. Allo stesso modo, nel 1912, Hearst affidò le avventure di Hans e Fritz alla fantasia di Harold Knerr poichè Dirks partì per l‟Europa; tuttavia, al suo rientro in America, l‟autore riprese a raccontare le sue storie sul giornale di Pulitzer. La cosa non piacque ad Hearst che intraprese una dura battaglia legale, ma il tribunale non accettò le sue richieste stabilendo che la doppia produzione poteva coesistere su più giornali; l‟unica ingiunzione fu di modificare il titolo della nuova versione del fumetto proposta da Dirks. Fu così che sulle pagine del New York World comparvero le peripezie di “Captain and the Kids”; le loro avventure si svolgevano all‟interno di “comic strips” (strisce comiche) che erano semplicemente chiamate “comics”, nome con cui sarà presto identificato il fumetto americano. 5 Yellow Kid era un ragazzetto di bassa statura, con la faccia da cinesino, la testa completamente pelata e fornita di due enormi orecchie a sventola, che indossava una buffa camicia da notte, lunga fino ai piedi, sulla quale era ricamata una frase impertinente e maliziosa sempre differente. 6 La serie “The Katzenjammer Kids” proponeva al pubblico le avventure di due bambini dall‟età apparente di otto o nove anni, in Italia conosciuti come “Bibì e Bibò”, ambientate all‟interno di una non ben specificata colonia tedesca d‟Africa. 11 12 Nel corso del „900 furono creati altri personaggi di successo; tra questi va sicuramente ricordato “Happy Holigan”.7 Creata da Frederick Burr Opper per il giornale di Hearst, la striscia narra le avventure di un vagabondo irlandese con una lattina per cappello, inguaribile ottimista nonostante la sua proverbiale sfortuna. Ad incantare i lettori di tutte le età, però, ci pensò Winsor McCay nel 1905 che creò la serie di “Little Nemo”, un delizioso bambino che ogni notte raggiungeva gli immaginari mondi della fantasia: Little Nemo si muoveva così all‟interno di fantastici mondi da Mille e una notte, dove tutto era disegnato con cura particolare: città da favola con palazzi baroccheggianti, bizzarri duomi fungiformi, colonne, minareti e grattaceli con passerelle lanciate tra le nuvole. Di settimana in settimana, in ogni gita notturna, il piccolo Nemo acquistava sicurezza e riusciva a dominare i suoi sogni senza, però, sfuggire all‟inevitabile destino: il risveglio. McCay fu il primo illustratore ad utilizzare il fumetto a colori con intenti estetici, scegliendo scrupolosamente le tinte dominanti; tutto ciò, oltre che divertire, affascinò per la raffinatezza ed il gusto estetico. Il riquadro divenne spesso panoramico, allungandosi in bassi rettangoli orizzontali o verticali, creando un forte senso di spazio e di profondità. Queste innovazioni però, non bastarono all‟autore che ben presto cominciò ad utilizzare inquadrature variabili, aumentando e stringendo il campo visivo in base al carattere drammatico e spettacolare della tavola; inoltre fece uso dello stesso sfondo per più azioni, riportando in auge metodi del teatro medievale. 7 Il protagonista di questo fumetto, uno sfortunatissimo piccolo uomo dal volto quasi scimmiesco noto in Italia con il nome di “Fortunello, è un clown triste che sembra anticipare la patetica ed umana figura del chapliniano Charlot. 13 14 Se McCay dimostrò la possibilità per il fumetto di diventare un‟opera d‟arte, all‟inizio del secolo il fumetto stesso si trasformò in una vera e propria industria con un pubblico in continua crescita. Per esempio, Randolph Hearst decise di proporre ad un pubblico adulto e più colto tutta una serie di fumetti ambiziosi. Nacquero personaggi come “Krazy Kat”, del disegnatore George Harriman, ideato nel 1910; le strisce ritraevano una gattina innamorata di Ignatz, un topolino che esasperato dalla troppa affettuosità del felino, le gettava addosso dei mattoni nel tentativo di sbarazzarsene. Nel frattempo, Offissa B. Pupp, il cane responsabile dell‟ordine pubblico, tentava di portare il topolino in prigione. Il mattone era, qui, lo strumento della fatalità che univa i tre personaggi. Le ambientazioni delle storie mutavano di volta in volta senza però che gli eroi, immersi nel loro mondo assurdo, se ne accorgessero. Il momento fortunato per questo fumetto, che per molto tempo fu compreso da pochi, arrivò dal 1913; solo nel 1919 al trio fu dedicata un‟intera tavola domenicale, spazio di cui Harriman dispose sino alla sua morte. Accanto alle tavole a colori dei supplementi domenicali, nacquero le prime strisce giornaliere; con le loro apparizioni i temi dei fumetti americani, fino allora centrati sulle birichinate dei bambini, cominciarono timidamente a gettare lo sguardo su una società in rapido sviluppo e ricca di scompensi, satireggiando su fatti e situazioni legati alla realtà quotidiana. 1.2.1 Il tema della famiglia Per aumentare la redditività delle loro produzioni, gli editori statunitensi vollero rivolgersi ad un pubblico più ampio possibile; idearono storie con 15 personaggi in cui tutti, o quasi, potessero riconoscersi promuovendo una comicità di facile comprensione. Nacque così il fumetto a carattere familiare, le “family strips”, incentrato sulla guerra fra coniugi, dove le donne “dal pugno di ferro” intimidivano i loro mariti. Gli autori cominciarono ad ironizzare sempre di più sul sistema matriarcale della società americana, sull‟eterno conflitto che opponeva l‟uomo, vittima di soprusi memorabili, alla donna, dispotica detentrice dello scettro domestico. Le vicende delle donne rappresentate sulle strisce, erano lo specchio di un‟emancipazione promossa dall‟etica capitalistica: frustrata nelle sue aspirazioni dal marito, i cui guadagni non le permettono di conquistare tutti gli obiettivi posti dalla società del benessere attraverso i canali della comunicazione di massa, ferita dall‟indifferenza del consorte logorato da un lavoro estenuante e monotono, sconfitta nel suo desiderio di emergere sugli altri, la donna era una persona aggressiva e presuntuosa, piene di nevrosi e di risentimento verso l‟uomo. Capolavoro del genere fu sicuramente “Bringing up Father”,8 ovvero “Educando papà”, una dolce satira del sogno americano della promozione sociale creata da George McManus nel 1913; sono rappresentati i conflitti familiari di Jiggs, ex muratore diventato miliardario grazie alla lotteria, di sua moglie Maggie e della figlia Norah. Le donne della famiglia, che miravano a frequentare il bel mondo, si trovavano spesso e volentieri in contrasto con Jiggs che, al contrario, non desiderava altro che ritrovarsi con gli amici al bar. 8 Il fumetto, che l‟Italia conobbe come “Arcibaldo e Petronilla”, s‟ispirò al lavoro teatrale The Rising Generation di Billy Barry. Attraverso i loro quotidiani scontri, i protagonisti di questo fumetto criticavano e ridicolizzavano tutto il sistema familiare che aveva nel matriarcato tutto il suo punto di forza. 16 17 L‟America rappresentata nelle storie di Arcibaldo e Petronilla è quella degli inizi del Novecento, un paese in forte sviluppo economico sociale, dove l‟accumulare ricchezze sembrava garantire un futuro senza preoccupazioni. Però, improvvisamente, nel 1929 le fondamenta dell‟economia statunitense furono scosse e la nazione cadde nella miseria. Con il New Deal roosveltiano, che attuò riforme sociali ed economiche molto importanti, l‟America si risollevò ed il potere della classe media si rinvigorì al punto tale da non poter essere negato; fu così che furono creati i personaggi di Blondie e Dagwood Bumstead, una coppia che continuò la guerra tra i sessi iniziata da Arcibaldo e Petronilla. Nonostante anni di bisticci, incomprensioni, rimproveri da parte della moglie verso il povero marito, i due sposi non si sarebbero mai separati. L‟America rappresentata dai coniugi Bumstead è reale; è la nazione dell‟impiegato che quotidianamente deve combattere per essere rispettato, per riuscire a mantenere dei buoni rapporti con tutti, che deve scontrarsi con una moglie petulante dalle sembianze di donna fragile ed amabile. Dai fumetti di Petronilla a quelli di Blondie, le caratteristiche fondamentali delle family strips cambiarono allo stesso modo in cui era cambiata l‟America nel corso degli anni. 1.2.2 Nuovi eroi dal mondo animale Fin dai tempi di Esopo e di Fedro, la vita dell‟uomo è sempre stata rappresentata all‟interno di un mondo fantastico, gremito di animali parlanti che operavano come fossero veri e propri individui. La trasposizione del mondo umano in quello animale era una delle caratteristiche più rilevanti del fumetto. Questa strategia facilitava gli autori nella loro critica quotidiana del mondo moderno, della politica e dei 18 costumi; attraverso le parole degli animali, dietro il paravento delle allusioni, potevano esser dette cose che, altrimenti, sarebbero rimaste nascoste. Fu così che, nel 1928, nacque il personaggio indimenticabile di “Mickey Mouse”, topolino creato per lo schermo dall‟insuperabile Walt Disney e pubblicato in ambito editoriale dalla King Features Syndacate. Nella versione in fumetto, l‟aspetto dell‟eroe conosciuto con il nome di “Topolino” si è evoluto nel corso degli anni; infatti, di disegnatore in disegnatore, il sagace topolino, pensato e creato in bianco e nero, ha subito delle trasformazioni tali da renderlo quel “piccolo borghese”, emblema della realizzazione sociale americana: tutto prendeva colore, il busto si allungava, i pantaloni diventavano quelli lunghi degli adulti e gli occhi rotondi assumevano un‟espressione più umana. Negli Stati Uniti un forte legame univa il mondo dei fumetti a quello del cinema d‟animazione; i primi personaggi apparsi sugli schermi cinematografici erano gli stessi che per lungo tempo avevano vissuto strabilianti e divertenti avventure sulle pagine dei giornali. Walt Disney generò un mondo di animali umanizzati destinato ai ragazzi, ma seguito ed amato anche dagli adulti, ognuno dei quali conservava in sé un briciolo di infanzia. All‟interno di questo strabiliante mondo, ogni personaggio ricopriva un ruolo preciso e possedeva una fisionomia psicologica ben definita. Con il passare degli anni, però, avvenne anche il processo inverso: personaggi creati per il cinema divennero i protagonisti di strisce a fumetti; è il caso, per esempio, del gatto “Mio Mao” che nacque per il cinema nel 1917 e che sei anni dopo fece la sua apparizione sulla carta stampata. Apparvero, così, le avventure di “Felix the Cat” un furbo ed ingegnoso micione nero dal sorriso accattivante, desideroso di essere amico di tutti, 19 20 talmente pieno di fiducia da riuscire a superare ogni difficoltà; questo gatto possedeva una dignità tutta felina ed una logica assurda, che nulla aveva in comune con quella umana e che spesso lo rendeva sleale agli occhi dei lettori. Era un personaggio patetico, ma ricco di poesia che non manteneva alcun contatto con la realtà, tanto che la sua vita si svolgeva all‟interno di un mondo fatto di sogni e di evasione; svagato ed indifferente Felix viveva avventure surreali, rifiutando ogni giudizio critico sull‟uomo e la società. 1.2.3 Il genere d’avventura: dal fumetto al cinema Durante la seconda metà degli anni Venti, alcuni autori americani cominciarono ad introdurre un po‟ d‟avventura all‟interno dei loro fumetti; le storie a carattere umoristico ebbero un ruolo da protagoniste della carta stampata fino al 1929, anno in cui furono creati i personaggi di “Tarzan”,9 divenuto un vero e proprio mito, e “Buck Rogers”,10 capostipite della fantascienza a strisce. Per gli Stati Uniti era l‟anno della depressione economica; i sociologi erano convinti che nei momenti di crisi sociale la gente ricercasse la “fuga dalla realtà”. 9 Il popolarissimo “Tarzan” venne creato dal disegnatore Harold Foster; il protagonista del fumetto era il figlio di una coppia di nobili inglesi, naufragati sulla costa africana (la madre morì di parto ed il padre venne ucciso dalle scimmie), che venne salvato da una gigantesca femmina gorilla che, afflitta per la perdita del suo cucciolo, lo ha adottato. Cresciuto in piena libertà, dotato di un‟agilità felina, Tarzan saltava di liana in liana compiendo acrobatici balzi e lottando contro le tribù selvagge e i razzisti biaÜchi. Aveva per compagna Jane, figlia di un esploratore, e dal 1964 anche un figlio legittimo. In Italia il “Tarzan” a fumetti comparve nel 1937 sul settimanale L’Audace. 10 Creato dal disegnatore Dick Calkins, “Buck Rogers” è il primo fumetto ad avere per protagonista un eroe spaziale; le sue imprese, non prive di una certa ironia, sono state ideate sempre con qualche aggancio rigorosamente scientifico. In Italia è apparso per la prima volta, ribattezzato come “Elio Fiamma”, nel 1936, fra le pagine del settimanale La Risata; successivamente, dopo un decennio di assenza, ricomparve con il proprio nome sul periodico Nuovo Sceriffo. 21 Per questo motivo le strisce umoristiche non bastarono più ed i fumetti a carattere avventuroso ottennero fin dall‟inizio un enorme successo, tanto che anche personaggi come Topolino, Braccio di Ferro11 ed altri, pur mantenendo intatte le loro originarie caratteristiche comiche, divennero i protagonisti di episodi ricchi d‟avventura, suspense e colpi di scena. Fu così che i lettori americani videro apparire, per esempio, Topolino nei panni di un intrepido giornalista investigatore alle prese con una spietata banda di gangster che teneva in pugno la città. S‟innestò così, nel mondo dei fumetti, un vortice tale da coinvolgere tutte le persone in fantasticherie, stravaganze ed illusioni: la gente sognava ad occhi aperti pur mantenendo ben chiara, però, la dura realtà che la nazione stava vivendo. Sprovvisti di ogni interesse psicologico, i fumetti d‟avventura indirizzano la loro attenzione al mondo sociale, giudicato luogo d‟eterna lotta fra bene e male. Dai primi anni Trenta i fumetti furono pubblicati sui “comic books”, bellissimi albi a colori dalle dimensioni ridotte, dove eroi ed eroine dotati di meravigliosi poteri, davano corpo ai sogni d‟evasione di grandi e piccoli; ogni fascicolo era specializzato in un genere: poliziesco, eroico, di fantascienza e di guerra. All‟inizio gli autori proposero storie già note ai lettori dei quotidiani; ci volle poco, però, perché i disegnatori capissero l‟esigenza di creare e pubblicare dei prodotti originali. Tra tutti i fumetti di carattere avventuroso, quello che ebbe maggior successo fu certamente “Dick Tracy”, disegnato da Chester Gould nel 1931, 11 Le avventure di “Popeye”, alias “Braccio di ferro”, cominciarono nel 1929 all‟interno della striscia The Thimble Theatre. Agli inizi, il simpatico marinaio che masticava in continuazione un corta pipetta di legno, era diverso da quello conosciuto in Europa molto tempo dopo; improvvisamente, però, diventò collerico e, grazie ad un‟alimentazione a base di spinaci, cominciò a sferrare pugni micidiali che stendevano a terra colossi più grandi di lui. 22 un poliziotto ricco d‟umanità, deciso ed inesorabile con i suoi avversari: criminali diabolici e spietati che sembravano essere usciti da sogni agitati da incubi orrendi. Verso la fine degli anni ‟30 ci fu il boom di personaggi come “Superman”, “Flash Gordon”, “Mandrake”, “Batman”, divenuti popolari grazie alle continue battaglie intentate contro nemici terribili e crudeli.12 Si era entrati in un regno da favola che, però, esprimeva la frenesia ed il caos caratteristici della vita dell‟uomo attuale, proteso verso un futuro colmo di allarmanti interrogativi. La nascita di “Superman”, per esempio, permise all‟uomo di accorgersi che, con il passare del tempo, aveva esaurito l‟esplorazione del suo pianeta ed aveva cominciato a scrutare con timore le invenzioni della tecnica per la risoluzione dei problemi dell‟umanità, capaci di modificare la realtà circostante. Messo ormai di fronte alle tante paure prodotte da una scienza in continua e costante evoluzione, l‟uomo reagì fuggendo nel mondo della fantasia. Con il passare degli anni, considerato il successo ottenuto dai primi protagonisti del fumetto d‟avventura, numerosi autori si cimentarono nel genere; fu così che nacquero eroi mascherati, vari e fantasiosi personaggi grazie ai quali si consolidò l‟unione fra cinema e fumetto: la tentazione di trasformare in pellicola gli eroi della carta stampata più popolari si fece sentire molto presto, sulla scia delle possibilità di ulteriori sfruttamenti commerciali. L‟analogia fra questi due mezzi di comunicazione permise, oltre che di proseguire l‟ormai consolidata abitudine di trasformare alcuni fumetti in Nel 1937 i coltivatori di spinaci del Texas, grati per la pubblicità fatta da “Popeye” alla loro verdura, gli eressero un monumento. 12 “Batman” venne creato da Bob Kon nel 1939; “Flash Gordon” da Alex Raymond nel 1934; “Mandrake” da Lee Falk e Phil Davis nel 1939 e “Superman” da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1938. 23 disegni animati, di realizzare dei film a puntate dove l‟eroe di carta diveniva un personaggio in carne ed ossa. All‟inizio si trattò di produzioni a basso costo con molte approssimazioni ma, non appena i finanziamenti permisero l‟ingaggio di registi di prestigio, furono realizzate pellicole dai connotati singolari; basti pensare ai film su “Popeye”, per il quale il regista Altman inventò un set cinematografico irreale, su “Superman” e su “Flash Gordon”. La maggior parte dei protagonisti delle strisce americane ebbe il proprio film, o qualche serie sullo schermo, interpretate dal divo del momento. 1.2.4 Gli anni della Guerra: supereroi, patrioti singolari Il fumetto divenne, negli anni del conflitto europeo, un forte strumento di propaganda; la guerra appariva come un‟eccitante avventura, necessaria e sempre giustificata da un non si sa quale principio etico. La caratteristica principale delle strisce era la continua contrapposizione fra buoni e cattivi, dove l‟eroe stava inevitabilmente dalla parte della ragione, mentre l‟antagonista era il codardo e feroce personaggio cui si riservava una fine ingloriosa. Molti autori di comics, attraverso le loro storie ed i loro personaggi, presero posizione riguardo all‟entrata in guerra degli Stati Uniti. Con l‟ingresso dell‟America nel conflitto bellico, per la maggior parte degli eroi a fumetti, arruolarsi diventava dovere e privilegio: bisognava rispondere all‟appello della patria. Fu così che nel 1941 nacque il personaggio di “Captain America”, eroe ultra-patriottico, simbolo dell‟epoca dell‟impegno che ostentava senza indugio i colori nazionali sul suo costume, cui seguì “Captain Marvel 24 Junior”, adolescente impavido che affrontò dapprima Captain Nazi e poi Captain Nippon. Neppure Topolino e Paperino si sottrassero al richiamo della Patria: il topo più famoso del mondo si mise a lottare contro Gambadilegno, diventato malvagio nazista, mentre Paperino si mise a disposizione del Ministero del Tesoro facendo pubblicità al prestito di guerra. In quegli anni difficili tutto valeva a sostenere gli sforzi bellici ma, al termine del conflitto, molti eroi dei fumetti, soprattutto quelli nati per portare avanti una precisa forma di propaganda, scomparvero in breve tempo senza suscitare alcun rimpianto. Tuttavia, l‟esperienza fatta durante la Seconda Guerra Mondiale, non fu accantonata e dimenticata dagli Americani; il fumetto si prestò nuovamente come dispositivo di forte promozione militare durante le guerre di Corea13 e Vietnam, quando i tradizionali criminali si mostrarono nei panni di spie sovietiche e di vietcong. E‟ il caso del coraggioso aviatore Jonny Hazard che mandava a monte i piani dei comunisti e combatteva in Vietnam, oppure dell‟aviatore Steve Canyon14 che, episodio dopo episodio, si innamorava delle donne che incontrava: attraenti spie senza alcuno scrupolo, trafficanti d‟armi o ammalianti ragazze che lo trascinavano in avventure piene di suspance. Nonostante i tentativi degli autori e degli editori di salvaguardare il successo che per anni aveva investito il fumetto d‟avventura e di guerra, per il genere cominciò un declino che causò perdita di ispirazione per gli autori, molti dei quali decisero di abbandonare i loro personaggi. 13 Nei primi anni 50 fra le pagine del Two Fisted Talese del Frontline Combat, due nuove riviste statunitensi,nacque un nuovo genere influenzato dal cinema: il racconto di guerra, creato per manifestare in modo fermo opinioni antimilitari durante la guerra di Corea. 14 “Steve Canyon” venne creato nel 1947 da Milton Caniff; il protagonista era un asso dell‟aviazione americana dal pugno facile e dalla pistola rapida che accettava le missioni più rischiose e si batteva coraggiosamente per assicurare alla giustizia pericolosi criminali. 25 1.2.5 La crisi del dopoguerra e la rinascita del fumetto Sensibilmente calata la popolarità dei supereroi, costretti ormai a combattere contro criminali da quattro soldi che potevano essere sconfitti senza l‟utilizzo dei superpoteri, fecero il loro ingresso nel mondo delle strisce gli horror comics. Questi fumetti furono fra i primi ad essere presi di mira dalle associazioni di conservatori americani; il problema, però, non era nuovo per i responsabili del settore: fin dagli inizi l‟editoria era stata accusata di promuovere tutta una serie di fumetti con ragazzacci sfrontati ed anarchici.15 Fu solo al termine della seconda guerra mondiale, però, che sociologi, pedagogisti e psicologi si interessarono al fenomeno fumetto; nel 1954 Frederic Wertham pubblicò “La seduzione degli innocenti”, un testo che cercava di dimostrare la colpa dei fumetti nei confronti della gioventù, colpita da un forte malessere. La denuncia morale che colpì soprattutto il neonato fumetto horror, costrinse i syndicates16 ad operare una censura senza precedenti. Nel 1955 si arrivò persino alla nomina del “Newspaper Comics Council”, ideato con lo scopo di separare la produzione destinata alla stampa convenzionale da quella per i comic books. Nello stesso anno, inoltre, fu emanato il Comics Code, un codice di autocensura simile a quello sorto nel 1930 per il cinema. Quest‟ondata di censura cominciò a preoccupare sensibilmente autori ed editori, i quali ritenevano che il loro futuro fosse in serio pericolo. 15 Tra i fumetti accusati dalla censura americana, vi erano anche “Buster Brown”, “Yellow Kid” e “Katzenjammer Kids”. 16 I syndicates erano delle agenzie di stampa che consentirono al fumetto di espandersi a livello mondiale fin dai primi anni; inoltre le agenzie diedero della indicazioni precise riguardo la tecnica (uniformità dei formati delle vignette) e la tematica (dovevano essere rappresentati dei soggetti rassicuranti). 26 Questa crisi durò fino al 1960, quando venne creata la rivista Help!, la quale contribuì non poco al rinnovamento del fumetto che di lì a poco avrebbe riconquistato l‟America. Fu così che la rinnovata editoria si cimentò nella pubblicazione di nuove storie dove il concetto di supereroe venne modificato rispetto al passato; Marvel fece conoscere al suo pubblico i “Fantastic Four”, un insolito quartetto composto da un uomo invisibile, un essere elastico dotato di finezza scientifica, un altro che poteva trasformarsi in torcia umana ed infine “la cosa”, un mostro molto particolare. Erano eroi muniti di una sensibilità del tutto speciale e di una buona dose di umanità: si mettevano in discussione perché turbati dalla loro doppia personalità e, quindi, messi ai margini della società. Sulla scia dei “Fantastici Quattro”, la Marvel creò altri personaggi che entrarono a far parte della storia; era il momento di “Spider Man”, “Hulk”, “Iron Man”.17 Nel frattempo, sul versante della concorrenza, la casa editrice DC pubblicava altre storie destinate a divenire dei classici:, “Wonder Woman”, un‟avvenente eroina dotata di superpoteri e di eccezionale forza che non nascondeva il suo disprezzo per gli uomini, “Flash”, l‟uomo più veloce del mondo che era diventato tale per essersi esposto incautamente ai vapori dell‟acqua pesante, e tante altre ancora. Il rinnovamento dei comics americani, però, passò principalmente attraverso le porte, rimaste sempre aperte, dello humour. Negli anni Sessanta fecero irruzione gli indimenticabili personaggi di Schulz, il quale non volle concentrarsi tanto su effetti speciali, quanto sulla psicologia dei suoi personaggi; fu soprattutto per questo motivo che il mondo dei 17 I fumetti “Hulk” e “Spider Man” furono pubblicati per la prima volta nel 1962, mentre il personaggio di “Iron Man” venne creato nel 1963. 27 “Peanuts”,18 dove trovavano posto solo bambini, ottenne un enorme successo, tale da far divenire Schulz un eroe nazionale. I personaggi proposti al pubblico dall‟autore americano nell‟arco della sua vita, non potevano certo dirsi improvvisati: essi sembravano riflettere in modo perfetto quelle che erano le angosce del mondo adulto. In concomitanza con la ripresa del fumetto humour e d‟avventura, negli Stati Uniti nacquero e si diffusero i cosiddetti fumetti underground, ovvero “fumetti clandestini”. Le storie narrate erano figlie di autori che rifiutavano la società borghese nella quale erano nati e che affrontavano temi insoliti per l‟epoca: gli underground parlavano di droga, sesso, politica; i vecchi miti che per anni avevano fatto dell‟America la “terra promessa” erano ormai crollati e la gioventù si stava impegnando in una ribellione quotidiana. In questo clima caotico di contestazione, il fumetto cominciò a riflettere in modo crudele quella che era la società massificata e a denunciare con forza i condizionamenti e le insoddisfazioni provocate dal sistema; lo scopo dei comics underground era quello, insomma, di screditare la realtà immobile e banale in cui gli Americani, e non solo, avevano creduto; era il 1968 ed il fumetto clandestino assumeva una funzione politica nel contesto della rivoluzione socio culturale promossa da giovani che volevano distinguersi in tutto e per tutto dalle generazioni che li avevano preceduti. Il nuovo fumetto di contestazione raggiunse presto il successo in America, soprattutto all‟interno dei Campus della West Coast, centri vitali della protesta in atto. Uno dei primi periodici del genere fu Zap, fondato da Robert Crumb nel 1967, cui seguirono numerose imitazioni in tutti gli Stati 18 “Peantus” era una serie di strisce i cui protagonisti erano una schiera di personaggi simpaticissimi, destinati a divenire popolarissimi; tra essi vanno ricordati “Charlie Brown”, “Luky”, “Linus Van Pelt” e l‟irresistibile “Snoopy”. Queste strisce attirarono l‟attenzione di psicologi e saggisti e conquistarono un posto d‟onore nella letteratura a fumetti. 28 Uniti. Nel 1973 si contarono ben quattrocento titoli nel genere che, nel frattempo, venne chiamato comix ma, nonostante l‟enorme successo ottenuto, il nuovo fumetto non sopravvisse agli anni Ottanta Spegnendosi l‟eco della contestazione, il fumetto cominciò a vivere una nuova epoca caratterizzata da un forte dinamismo, i disegni ed i testi cominciarono ad elevare la loro qualità. Durante l‟ultimo ventennio, la stampa ha guardato con curiosità a questo strumento che, come i festival, la televisione e la pubblicità stava diventando un fenomeno di comunicazione di massa al passo con i tempi. 1.3 Il fumetto conquista l’Europa La realtà americana fin qui illustrata non fu del tutto estranea all‟Europa; anzi, l‟enorme successo ottenuto nel corso degli anni dai fumetti d‟oltreoceano, fu l‟incentivo che permise al prodotto fumettistico europeo di maturare, uscendo così da un lungo periodo di dilettantismo. Sebbene in diversi Paesi europei esistessero da anni fumetti e periodici, fu la produzione offerta dal mercato statunitense, così fervidamente ricca di geniali proposte, ad insegnare la strada adeguata al fumetto europeo che mirava a divenire sempre più opera d‟autore. 1.3.1 Il fumetto inglese La Gran Bretagna vanta fin dal 1700 un‟ininterrotta tradizione grafica che condivide la maggior parte delle caratteristiche della letteratura nazionale: uno spiccato senso dell‟umorismo, un gusto particolare per l‟avventura esotica ed un‟efficace immaginazione che, il più delle volte, rasenta il fantastico. 29 Nonostante il sostegno culturale, così denso d‟impulsi e stimoli creativi, il fumetto britannico non riuscì a creare attorno a sé una gran tradizione come, invece, era accaduto negli Stati Uniti fin dall‟inizio delle pubblicazioni. Nel 1884, fra le pagine del periodico Ally Sloper’s Half Holiday, il balloon fu usato per la prima volta nell‟accezione moderna, ma fu solo dal 1896 che i britannici poterono gustare le prime vere comic story di propria produzione; le formule narrative usate all‟epoca, un lungo testo scritto situato al di sotto d‟ogni vignetta, marcavano ancor di più le differenze fra le opere inglesi ed i capolavori americani. La popolarità del fumetto si estese molto lentamente in Inghilterra, sviluppandosi fin dall‟inizio all‟interno dei periodici destinati ai ragazzi; i personaggi disegnati, le storie raccontate e lo humour utilizzato dagli autori, rendevano i fumetti adatti ad un pubblico giovane piuttosto che ad un adulto: da ogni tavola scaturiva una comicità spumeggiante, spassosa e goliardica che si muoveva all‟interno di un mondo caratterizzato da comicità ed arguzia. Agli inizi della Prima Guerra Mondiale, si notò un‟impennata nella pubblicazione di nuovi periodici di fumetti; tra questi vanno ricordati The Rainbow e The Funny Wonder all‟interno dei quali, fra tutti i comics, prevalevano quelli che si rifacevano ai modelli burleschi degli eroi della slapstick comedy, la commedia grossolana tanto apprezzata dal popolo inglese. Non mancavano storie umoristiche sulla guerra che avevano come scopo quello della propaganda militare, oppure quei comics i cui protagonisti erano degli animali umanizzati. Fu solo nel periodo d‟intervallo fra le due grandi guerre che gli editori decisero di proporre al proprio pubblico un fumetto a carattere avventuroso; erano storie d‟avventura con uno sfondo sentimentale, dove il personaggio 30 principale fu per molto tempo la bionda e provocante “Jane”, oppure storie poliziesche con protagonisti di minor rilievo come “Buck Ryan”, nato per opera di Jack Monk nel 1937. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli autori inglesi cercheranno di mutare e modernizzare i loro prodotti, rendendoli degni di maggior considerazione rispetto al passato; fu così che vennero creati dei comics dove si articolavano storie adatte ad un pubblico adulto, che puntavano soprattutto ad una feroce satira politica e sociale inglese che voleva prendersi gioco delle pretenziose istituzioni pubbliche, oppure fumetti di tipo fantastico ed avveniristico disegnati in modo meticoloso e curati in ogni minimo dettaglio. La novità più rilevante, però, riguarda soprattutto il genere umoristico, tipico dello spirito britannico, che in passato non venne capito e quindi ignorato; sulle pagine dei periodici comparve, allora, “Andy Capp”19 creato da Reg Smithe. Nel corso degli ultimi anni il fumetto inglese si è distinto per la sua rinnovata vivacità segnalandosi per i racconti dall‟andamento disinvolto, brioso e divertente, per i toni piacevolmente freschi e piccanti. 1.3.2 Il fumetto italiano Rispetto agli Stati Uniti e all‟Inghilterra, il fumetto italiano si sviluppò più lentamente. Nonostante l‟esistenza di numerosissimi settimanali llustrati creati già all‟inizio del secolo, i ragazzi italiani cominciarono a conoscere il fantastico ed originale mondo delle strisce solo dal 1932. 19 “Andy Capp” è l‟indolente protagonista dell‟omonima serie, sempre alle prese con la classica tirannia patriarcale, simile a quella di cui era schiavo il protagonista maschile del fumetto americano “Bringing up father”. 31 32 Per i più piccini esisteva il Corriere dei Piccoli (confidenzialmente chiamato “Corrierino”), supplemento dell‟autorevole quotidiano Corriere della sera, pubblicato per la prima volta nel 1908; gli schemi abituali della pubblicistica periodica destinata all‟infanzia furono ampliati, ospitando non solo racconti e poesie, ma anche alcune tavole dai colori vivaci, formate da vignette e didascalie in rima. Dai racconti importati dall‟America, infatti, venero eliminati i caratteristici balloons, sostituendoli con filastrocche che i ragazzi memorizzavano facilmente. Così modificati, i comics americani importati persero la loro natura e tutte quelle qualità che li distinguevano da ogni altra forma di letteratura giovanile. Accanto a queste produzioni, ne nacquero alcune tutte nostrane: “Il Signor Bonaventura” di Sergio Tofano (in arte Sto), “Il Sor Pampurio” di Carlo Bisi e tanti altri personaggi, protagonisti di gustosi racconti simili tra loro, che si concludevano in poche vignette. Per lunghi anni il “Corrierino” rimase fedele alla sua formula originaria. Nel 1932 nacque Jumbo, giornalino impostato sulla formula editoriale inglese, che pubblicava fumetti anglosassoni forniti di balloons accompagnati, però, da prolisse didascalie scritte. Nello stesso anno fu pubblicato un altro settimanale che, però, sfruttò appieno la notorietà dei personaggi disneyani; non a caso il giornalino fu chiamato Topolino.20 Con la comparsa nelle edicole dell‟Avventuroso, nel 1934, scoppiò il finimondo; ottenne un immediato successo, dovuto alla nuova formula narrativa proposta: scomparvero del tutto le didascalie che per anni avevano modificato la natura dei comics e vennero pubblicati solo fumetti 20 Nel 1935 la testata passò dalle mani del fiorentino Nerbini a quelle della Mondatori che, insieme alle grandi storie disneyane, ospitò vari episodi di “Kit Karson”, “Brick Bradford” e prodotti di fantascienza come la saga di “Saturno contro la terra” ideata da Cesare Zavattini. Queste sono solo alcune citazioni in un mare di cose notevolissime. 33 d‟avventura americani come “Flash Gordon”, “Mandrake” e “L‟Uomo Mascherato”. Considerato l‟enorme consenso di pubblico che investì l’Avventuroso, nacquero moltissimi altri periodici che riproponevano soprattutto materiale di origine americana, poiché non esisteva ancora una soddisfacente produzione nazionale.21 Nel 1937 nacque a Roma Il Vittorioso, un settimanale cattolico che fu l‟ultima delle grandi testate anteguerra contrapposta alla stampa laica; il suo scopo fu quello di formare una gioventù ardimentosa sulla base dei valori cristiani. La realizzazione del giornale dipese da uno staff, via via sempre più rinnovato, di autori italiani tra i quali Caesar (noto al pubblico anche con gli pseudonimi Cesare Avai e Caesar Away), padre di “Romano il legionario” ed il grande Jacovitti che proprio su questo periodico cominciò a presentare i suoi primi eroi.22 Con l‟avvicinarsi della Seconda Guerra Mondiale la produzione straniera venne bandita per ordine delle autorità fasciste.23 La scomparsa degli eroi americani provocò parecchie proteste da parte dei lettori e le tirature calarono sensibilmente; con il conflitto bellico ormai alle porte, i censori assunsero un atteggiamento più morbido verso il fumetti: i personaggi famosi rimasero proscritti, ma si chiuse un occhio sulle storie minori che certe riviste continuarono a pubblicare, propagandandole per italiane. Di fatto, la campagna fascista contro i fumetti stranieri, provocò la fine dell‟età d‟oro del fumetto in Italia. 21 Tra tutti i periodici sorti tra il 1934 ed il 1936 vanno ricordati: Il Monello, Primarosa (che fu un tentativo di giornalino destinato interamente alle fanciulle), Intrepido e I Tre Porcellini. 22 La “collezione” che caratterizzò la redazione del periodico, rappresentò un‟autentica palestra per quella che comunemente viene ricordata come la “Scuola del fumetto italiano”. 23 Mussolini mise al bando tutti i fumetti stranieri ad eccezione di Topolino, amato dai suoi figli. Per un approfondimento sull‟argomento censura, si rimanda al secondo capitolo. 34 35 Quando Mussolini, con le conquiste africane, rinforzò il suo potere ed il suo prestigio, ogni manifestazione, fumetti compresi, dovette per forza di cose esser fatta in ragione dell‟etica e della mistica fasciste. Per sfuggire a tale propaganda, che sollecitava i temi della patria, dell‟eroismo e della romanità, alcuni autori di fumetti si rifugiarono in storie esotiche, lontane dalla realtà del momento. In quegli anni le strisce vennero abolite dai quotidiani ed i fumetti giunsero ai lettori solo attraverso il settimanale24 che proponeva racconti a puntate; le storie proposte erano di tipo avventuroso e, spesso e volentieri, non poterono sottrarsi alla retorica nazionalistica imposta dalla situazione politica. Dopo la Liberazione, quando il fascismo uscì definitivamente di scena, l‟Italia tornò piano piano alla normalità con una nuova condizione politica, che permise il ritorno degli eroi americani sulle pagine dei periodici per ragazzi; accanto ai già noti personaggi, ne comparvero di nuovi: “Dick Tracy”, “Johnny Hazard”, “Rip Kirby” e altri. Uno dei fenomeni editoriali del dopoguerra fu Il Politecnico, creato nel 1945, che conteneva fumetti, saggi critici sui comics, riferimenti a strisce americane ed una particolare attenzione al mondo dell‟immagine e dell‟immaginario. Proprio in quegli anni gli editori si accorsero che i fumetti erano sì letti dai ragazzi, ma suscitavano l‟interesse anche degli adulti; fu così che alcuni quotidiani cominciarono a pubblicare qualche striscia giornaliera. 24 Il Balilla, giornaletto voluto dal regime fascista già nel 1923; nell‟impostazione grafica e nei contenuti si modificò varie volte nel corso degli anni, passando da un tono fiabesco ad uno allegro e scanzonato (come le filastrocche dei giorni di guerra disegnate da De Seta che caricaturavano re Giorgio d‟Inghilterra, chiamato Giorgetto, ed il suo ministro Winston Churchill, detto Ciurcillone). In parallelo al settimanale, venne pubblicato un altro giornaletto dedicato alle fanciulle: La Piccola Italiana. 36 Per quanto riguarda la produzione nazionale, emarginata più che mai dalle creazioni americane, visse un momento di stasi; fu a partire dal 1948 che alcuni autori italiani cominciarono a creare nuovi personaggi, alcuni dei quali destinati a rimanere nella storia. Fu il caso di Gianluigi Bonelli che assieme al disegnatore Aurelio Galleppini, creò il mitico ed intramontabile “Tex”, popolare cow boy del selvaggio West. Durante gli anni Cinquanta anche l‟Italia fu invasa da una propaganda anti fumetto, accusato brutalmente e superficialmente da ogni parte: ad accanirsi più di tutti furono i cattolici, preoccupati che violenza e sessualità potessero turbare l‟equilibrio dei giovani; la parte laica e quella marxista della protesta accusavano il fumetto di essere uno strumento povero nei contenuti. Tutta questa polemica sembrò assurda, poiché in Italia cattolici, laici e marxisti continuarono a promuovere la diffusione del fumetto, sicuramente selezionato e controllato, attraverso i loro periodici per ragazzi. 25 Purtroppo si dovette attendere fino la metà degli anni Sessanta per veder uscire il fumetto dal “ghetto culturale” in cui era stato relegato e constatare, finalmente, un rinnovato interesse del pubblico adulto nei confronti di questa produzione letteraria “popolare”. Ristabilito l‟interesse, sorsero nuovi generi di fumetti; tra loro spiccò il cosiddetto “fumetto nero”, che degenerò poco più tardi in una sorta di racconto sadico erotico di dubbia qualità, che lasciò perplessi e sconcertati. Da un altro punto di vista, grazie a tutta una serie di meritevoli iniziative, vennero riproposti dei classici americani anni Trenta (accompagnati da 25 I meno coerenti, forse, furono proprio i cattolici che pubblicavano fumetti non solo sul Vittorioso, ma anche su altre testate minori come Vera Vita o Lo scolaro”. Il Pioniere, di parte marxista, aprì le porte ad un nuovo settore della letteratura per l‟infanzia, introducendo per la prima volta ideali di libertà, democrazia e giustizia. L‟albo venne diffuso attraverso la distribuzione interna della sinistra. Tra gli autori che in seguito collaboreranno con la redazione, spiccano i nomi di Gianni Rodari e Marcello Argilli. 37 un‟attenta critica) che furono introdotti in ambienti fino ad allora del tutto ostili al fumetto Quest‟ultima pensata editoriale contribuì non poco alla nascita della “moda fumetto”, stimolando tutta una serie di studi e dibattiti sul fenomeno. Nacquero nuove riviste come Linus che raccolse e realizzò vecchie aspirazioni, per anni nascoste, riproponendole secondo la realtà dei nuovi tempi; la rivista presentò tutta una serie di fumetti che bisognava leggere e rileggere, come avveniva per i prodotti letterari di alto livello, se si volevano rintracciare i significati profondi. In questo clima rinnovato emersero due nuovi ed originali autori; Guido Crepax che creò “Valentina”, sofisticata fotografa milanese prototipo della donna indipendente, libera da ogni tabù, figlia nevrotica del tempo e spesso vittima di allucinazioni ed incubi.26 Hugo Pratt ideò il personaggio di “Corto Maltese”, disincantato ed imperturbabile avventuriero dallo sguardo profondo, che rinnegava la viltà ed amava la vita febbrile del vagabondo che si sposta di continuo senza mettere mai radici; fu un personaggio cinico ed irrequieto che si impose con autorità fin dalla prima apparizione, avvenuta nel 1967. Si può affermare senza ombra di dubbio che il fumetto italiano stava cambiando, arricchendosi di nuovi ed intelligenti contributi; la caratteristica principale di questi anni, almeno per alcuni autori, fu quella di aver superato il breve respiro ed i ristretti spazi del fumetto tradizionale, proiettandosi nel romanzo per immagini. 26 Crepax prende Valentina terribilmente sul serio, e forse è proprio con questo suo tentativo che un nuovo fumetto prende il posto del vecchio: dalla crisi comincia a sbocciare un altro genere, il fumetto autobiografico. 38 39 40 Le produzioni degli anni Settanta ed Ottanta hanno ancor più accentuato il distacco tra i fumetti per ragazzi e quelli per adulti; vennero creati personaggi sempre più problematici, eroine emancipate e disinibite che riempirono pagine e pagine di riviste più o meno impegnate. Tra i personaggi creati in Italia vanno ricordati “Ken Parker”, splendido western crepuscolare ideato da Giancarlo Berardi ed Ivo Milazzo, e “Martin Mystere” un archeologo detective dell‟impossibile che cerca di risolvere alcuni dei maggiori misteri del nostro pianeta.27 Nel 1974 Linus lanciò una rivista mensile gemella, Alterlinus, ribattezzata nel 1977 Alter Alter” totalmente dedicata all‟avventura, che anticipò di qualche anno il nuovo boom delle sofisticate riviste per adulti. Negli anni a seguire sorsero riviste che, salvo qualche rara eccezione, pubblicarono quasi esclusivamente autori francesi, spagnoli e sudamericani; ciò non impedì comunque l‟emergere di significativi autori italiani: Manara, le cui storie vedono duellare realtà e fantasia per la conquista della scena, Andrea Pazienza ed Attilio Micheluzzi, le cui storie possono già considerarsi dei classici del fumetto. A partire dagli stessi anni, nuovi personaggi vennero pubblicati dalla Casa Editrice Bonelli; i frequentatori delle edicole cominciarono a conoscere le molteplici tematiche proposte dai personaggi a fumetti “bonelliani”, che spaziavano nel vasto genere dell‟avventura western e della fantascienza: “Gil” (1982), “Dylan Dog” (1986), “Nick Rider” (1988), , e molti altri ancora che si aggiungeranno, dagli anni Novanta, “Nathan Never”, “Brendon”, “Napoleone”, “Magico Vento” e “Julia”. 27 Tutti questi personaggi furono creati dai disegnatori e dagli autori che appartenevano alla Casa Editrice Bonelli. Tra i fumetti di maggior rilievo, oltre al mitico ranger “Tex”, vanno ricordati: “Hondo” (1956-1958), “Terry” (1956), “Piccolo Ranger” (1958), “Zagor” (1961), “Judas” (1979) e “Martyn Mystere” (1982). 41 42 43 44 Nel corso degli ultimi anni si sono ridimensionati i centri di produzione del fumetto, indirizzando tutti gli sforzi sulla selezione e la specializzazione delle testate più redditizie; sono state attuate delle innovazioni che segnano profondamente la costruzione narrativa delle saghe seriali, dei personaggi, delle storie fantastiche proposte. La principale conseguenza di queste operazioni editoriali, è il continuo germogliare di occasioni di crescita e sviluppo per i giovani autori , fornite da poche ma efficienti case editrici, divenute negli ultimi tempi vere e proprie fabbriche del fumetto, per le quali è fondamentale tenere alto il livello di ricerca e di novità di proposte in grado di accrescere il valore globale della casa editrice sul mercato. 1.3.3 Il fumetto francese Le origini del fumetto in Francia possono esser fatte risalire al 1820, quando furono pubblicate per la prima volta le Images d’Epinal. Tuttavia, fu solo cinquant‟anni dopo che il racconto per immagini, completato dalla didascalia posta sotto i disegni, cominciò a delinearsi in modo preciso; le prime storie rappresentate, create da Cristophe, giravano attorno ad un personaggio tipo e si articolavano in una rapida successione di singole scene, garantendo un armonico ritmo narrativo. Nel 1905 venne pubblicato un periodico destinato alle fanciulle di buona famiglia, La Semine de Susette, dove la protagonista delle storie raccontate era Bécassine, una ingenua e robusta servetta bretone. Qualche anno dopo in Francia comparvero, fra le pagine del periodico Epatant, “Le Pieds nickelès” di Louis Forton. L‟autore, che era solito creare testi esplicativi dell‟immagine, fu il primo ad introdurre il fumetto (vale a dire la nuvoletta stilizzata che dava spazio a pensieri e parole dei 45 protagonisti delle storie); abbozzò persino dei dialoghi a distanza, inserì monologhi e non ebbe paura nel trascrivere suoni e rumori.28 Da allora vennero create storie e personaggi inediti, un nuovo modo di intendere il racconto per immagini che vantava fra i suoi sostenitori disegnatori come Alain Saint-Ogan;29 nel 1925 creò “Zig et Pulce”, due spavaldi ragazzini amanti dell‟avventura che intrapresero un lungo viaggio intorno al mondo con il loro pinguino Alfred e che in seguito vennero proiettati su Venere. I lettori ne restarono affascinati, tanto da chiedere un seguito. Fu così che cinema, teatro, musical, dischi e giochi si impadronirono dei paladini del fumetto, inventando prodotti che sfruttavano il patrimonio delle strisce. Nel 1934 la Francia venne colpita dall‟invasione dei comics americani che già da anni erano stati importati in molti paesi europei: sorse il Journal de Mickey. Distribuito dall‟agenzia Opera Mundi, , il giornalino si presentò al pubblico in grandi fogli colorati dalla grafica curata dove, ovviamente, venivano proposti fumetti americani, debitamente tradotti, come “Micke Mouse” e “Jungle Jim”. Il successo del periodico fu tale che il suo ideatore decise di ripetere l‟esperienza creando altri giornali per ragazzi: Robinson, Hop-là che presentarono al pubblico “Mandrake”, “Popeye”, “Prince Valiant” e molti altri fumetti ancora; questa operazione editoriale fu ripresa da diversi industriali della carta stampata che fondarono settimanali, come L’Aventures, dove i francesi conobbero “Brick Bradford e “Charlie Chan”. 28 Per la nuova concezione di struttura narrativa proposta, Forton può essere considerato senza alcun dubbio il precursore del fumetto moderno. Va ricordato che l‟autore fu tra i primi che tentarono la sonorizzazione grafica del fumetto attraverso l‟utilizzo di onomatopee. 29 Illustratore per riviste, Alain Saint-Ogan creò serie di enorme successo; nel 1934 divenne caporedattore della rivista “Cadet-Revue” e qualche anno dopo di “Benjamin”. Il riconoscimento più grande arrivò poco prima della sua morte, nel 1974, quando il suo pinguino “Alfred” diventò la mascotte del salone del fumetto di Angoulệme. 46 Ormai la Francia era in completa balia dei comics americani, tuttavia alcune serie nazionali resistettero all‟invasione; si trattò di casi isolati che non permisero agli editori di mantenere il primato nel campo dell‟editoria per ragazzi. Le uniche pubblicazioni che resistettero alla contaminazione americana furono singoli periodici, soprattutto di orientamento cattolico, che venivano distribuiti nelle chiese di campagna. L‟indipendenza dai fumetti d‟oltreoceano iniziò con la Seconda Guerra mondiale, quando il governo proibì la divulgazione dei comics; dopo la Liberazione l‟editoria per l‟infanzia cominciò un‟opera di rilancio nazionale che la portò all‟assalto di un mercato tutto da ricostruire. Ogni tentativo della produzione americana di riprendere il monopolio fallì e numerosi giornali francesi recuperarono popolarità. Tra gli artisti che parteciparono a quest‟opera di rinascita, spicca la figura di Calvo; disegnatore d‟animali, propose una bellissima trasposizione della Seconda Guerra Mondiale vissuta dagli animali: bulldog inglesi, orsi russi, conigli francesi, lupi tedeschi e così via. Gli anni del dopoguerra in Francia trascorrono all‟insegna dell‟inventiva degli autori, sempre pronti a creare storie a fumetti che catalizzino il lettore. Nel 1959 uscì il primo numero della rivista Pilote, settimanale voluto e fondato da Goscinny, Uderzo e Charlier; sono soprattutto le avventure di “Asterix” a conquistare il popolo francese, determinando così il successo del settimanale. Nel giro di poco tempo, le vicissitudini dell‟eroe gallico e dei suoi compagni raggiunsero la maturità grafica e narrativa che procurò loro il riconoscimento ad eroi nazionali.30 30 “Asterix” fu un fenomeno sociale che non riuscì ad essere eguagliato da nessun altro prodotto dell‟editoria del dopoguerra; il successo fu tale che, nel maggio del 1989, in Francia venne inaugurato il Parco Asterix. In Europa si parlò per anni di “Asterix” come di un fumetto sciovinista,di fumetto gollista che risvegliò la mania di grandezza del popolo francese. In Italia fu fatto conoscere dalla rivista Linus nel 1967 all‟interno di un supplemento; successivamente la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione delle sue avventure in una serie di lussuosi albi. 47 48 Pur mantenendo un ruolo di primo piano all‟interno della rivista, al fumetto “Asterix” vennero affiancate nuove serie che fecero del “Pilote” il giornale per ragazzi più importante della Francia. Per quanto riguarda il fumetto dedicato al pubblico adulto nel 1962, sulla rivista trimestrale V Magazine, comparvero le prime imprese spaziali di “Barbarella”; creata dal disegnatore francese Jan Claude Forest, Barbarella era una bella e giovane terrestre dotata di molta curiosità, coraggio e spirito d‟avventura che, nell‟anno 40.000 intraprende continui viaggi nel cosmo alla ricerca di nuove emozioni. L‟arma vincente di questa maliziosa amazzone siderale era la provocante bellezza; ad ogni occasione, Barbarella utilizzava il suo corpo come strumento di difesa e d‟attacco. Con l‟apparizione di questo personaggio, che in breve tempo conquistò un‟incredibile fama mondiale nacque il genere erotico fantastico. Durante il periodo delle dure contestazioni del 1968, il fumetto francese divenne anch‟esso strumento di protesta; la rivoluzione, che investì soprattutto il pubblico adulto, arrivò con la pubblicazione dell‟Echo des Savenes. Nato dalla fantasia di tre autori disertori del Pilote, ritenuto troppo chiuso e conservatore, il periodico propose fumetti che davano libero sfogo a provocazioni e satire; un miscuglio di humor sovversivo, sesso e psicanalisi che rifletteva le problematiche di una generazione controcorrente. Il nuovo spirito anticonformista e trasgressivo fu ispiratore di riviste sempre nuove, dove si fecero le ossa i futuri grandi autori del fumetto umoristico francese. La produzione di qualità si farà sempre più pressante, tanto che numerosi fumetti cominciarono ad essere esportati non solo in Europa, ma addirittura in America a partire dai primi anni Settanta. 49 50 La diffusione del fumetto francese degli anni Ottanta, provocò un crocevia di tendenze e molti disegnatori, europei e non, lavorarono per raggiungere un traguardo molto ambito: veder pubblicati i loro prodotti sui periodici francesi. 1.3.4 Il fumetto belga L‟evento di principale importanza che caratterizzò la storia del fumetto belga, fu la nascita di “Tintin” nel 1929 per mano del disegnatore Hergé. Il giovane e fin troppo fantasioso reporter, vestito con pantaloni alla zuava ed accompagnato dal fido cane Milou, fu il protagonista di movimentate imprese che lo portarono a conoscere ogni parte del mondo, sempre al servizio della giustizia. Tintin ebbe enorme successo dapprima in Belgio, dove divenne un fenomeno sociale, e subito dopo in quasi tutto il resto del mondo. Bisognò attendere molti anni prima che qualcuno riuscisse ad eguagliare il trionfo ottenuto dal fumetto di Hergé; nel 1938 nacque un periodico, Journal de Spirou, che in breve tempo attirò l‟attenzione di un vasto pubblico. Tra gli eroi che contribuirono all‟affermazione del periodico vi fu un fumetto, conosciuto ed amato in tutto il mondo, che venne pubblicato per la prima volta nel 1946: “Lucky Luke”, creato dal disegnatore Morris. Il solitario ed esile cow boy, in continua lotta contro i malviventi che invadevano l‟Ovest americano, fu il protagonista della più popolare e divertente satira europea del fumetto western. Attraverso il cowboy Lucky, le figure che caratterizzarono l‟epoca ed i grandi episodi della conquista dell‟Ovest, furono presenti, in chiave 51 umoristica, nel cinquantennio d‟avventure dell‟uomo che “spara più veloce della propria ombra”. Con il passare degli anni, i protagonisti del Journal de Spirou maturarono e si perfezionarono tanto nella grafica, quanto nella sceneggiatura.Allo stesso tempo nacquero nuove ed importanti riviste, tra le quali “Tintin” che vantò la presenza in redazione di numerosi ed indiscussi maestri del fumetto belga. Fin dai primi numeri il giornale propose storie eccezionali, i cui protagonisti erano perlopiù giovani aitanti e coraggiosi dal sorriso smagliante caratteristico dei divi. Nel 1959 Jean Graton creò il personaggio di “Michel Vaillant”, un campione automobilista, alto e robusto, appartenente alla famiglia di costruttori d‟autovetture da corsa più facoltosa della Francia, che denuncia un sospetto di omossessualità. Veniva così riproposto lo stereotipo del personaggio positivo, attore principale dei racconti dai quali si ricavava l‟immagine di una realtà ancora mitica, sebbene l‟espansione dei mezzi di comunicazione avesse accorciato le distanze che separavano l‟eroe dal lettore. L‟espansione del fumetto belga durante gli anni Sessanta e Settanta, fu il frutto della nuova ventata d‟energia introdotta all‟interno del periodico da autori di talento come Greg, Dupa, Hermann e altri. 1.3.5 Il fumetto spagnolo Rispetto agli altri paesi europei, il fumetto spagnolo si affermò più tardi; agli inizi dell‟Ottocento esistevano già dei racconti arricchiti da una serie di disegni commentati da un testo che sottostava alle vignette. Questo tipo di narrazione fu caratteristico della letteratura giovanile spagnola fino ai primi 52 anni del Novecento, quando cominciò a delinearsi un nuovo tipo di produzione letteraria costituita principalmente da periodici per l‟infanzia. Fra tutti il più importante fu sicuramente il TBO, pubblicato per la prima volta a Barcellona nel 1917, che presentava soprattutto storielle disegnate che venivano chiarite con l‟utilizzo delle didascalie; fu proprio all‟interno di questa rivista che, nel 1919, apparve un personaggio noto negli Stati Uniti già da un po‟ di tempo. Si trattava del piccolo e capriccioso “Snookums”, che venne fatto conoscere ai ragazzi spagnoli con il nome di “Pipiolin”. Fu così che il popolo spagnolo conobbe il balloon; l'innovazione venne accolta favorevolmente, tanto che il TBO raggiunse un successo enorme in pochissimo tempo. La popolarità acquistata dal tebeo (parola spagnola utilizzata per indicare il fumetto) incoraggiò l‟editoria che, nel 1921, pubblicò un nuovo giornalino: il Pulgarcito; il periodico non dava spazio a racconti d‟autori spagnoli, legati ancora alla vecchia concezione di narrativa grafica, bensì ripresentava materiale di provenienza inglese. La produzione nazionale rimase, per molti anni, un lavoro anonimo caratterizzato da contenuti poveri e pseudo comici destinati ad un pubblico giovane. Bisognerà attendere fino agli inizi degli anni Trenta per vedere una modernizzazione, se così può essere chiamata, da parte degli autori ispanici; sorsero nuovi fumetti d‟avventura dalla connotazione popolare, dove predominavano racconti di fantascienza rozza i cui protagonisti erano donne farfalla, uomini falco e mostri feroci che abitavano mondi sconosciuti, selvaggi e desolati. Attorno a questi esseri ruotavano avventure immaginarie, ricche di lotte tra eroi coraggiosi e terribili tiranni, che affascinavano e catalizzavano i giovani lettori. Nel 1938 venne pubblicato uno dei periodici più riusciti dedicato interamente ai ragazzi, Chicos; distintosi immediatamente per il materiale esclusivamente di produzione spagnola; pochi anni dopo al giornalino venne 53 affiancato un periodico che, per la prima volta , era destinato alle fanciulle, Mis Chicas.31 Fu solo un‟eccezione, perché durante gli anni ‟40 molti disegnatori spagnoli presero come modello da imitare gran parte della produzione americna, creando così eroine semivestite, prestigiatori mascherati che ricordavano lontanamente “Mandrake” e detective sempre alle prese con avventure incredibili. Il vignettista americano più imitato in assoluto dai disegnatori spagnoli fu Milton Caniff, al cui stile personalissimo si ispirarono Antonio Parrai, Josè Toutain e molti altri ancora. In questi anni di fervore nei riguardi del fumetto il grande Emilio Freixas creò “Capitan Misterio”, un aitante ed inflessibile giustiziere mascherato che, affiancato dal fido Pancho Touelada e dal giovane Balin, dava la caccia a farabutti e delinquenti tra i labirinti delle foreste. Lo stile americano che caratterizzò la maggior parte dei fumetti di queli anni venne utilizzato dal creatore di “Pistol Jim”: Carlos Balito, alias Carlo Freixas, figlio del bravo Emilio e degno successore del padre. Pistol Jim incarnava il vecchio mito dell‟eroe del West americano, tenace nemico dell‟ingiustizia e dei soprusi, sempre sostenuto dal fido scudiero. Nella Spagna dei primi anni Cinquanta la pubblicazione delle avventure di alcuni supereroi raccolte in fascicoli ebbe un enorme successo; un chiaro esempio fu quello di “Diego Valor”, generoso comandante ispanico delle fuerzas interplanetarias terrestres creato da Buylla e Rodriguez32,che venne promosso a eroe nazionale. 31 I beniamini di queste nuove produzioni erano Cuto, un intrepido e coraggioso ragazzo nato dalla fantasia del disegnatore Jesus Blasco, e Anita Diminuta, una specie di Cuto in gonnella. 32 I disegnatori Buylla e Rodriguez erano noti al pubblico spagnolo con lo pseudonimo di Buylla Bayo. 54 A dispetto della censura imposta dalla dittatura franchista, nel 1970 venne pubblicato il miglior periodico spagnolo in assoluto, Trinca; ogni settimana venivano proposti ai lettori racconti dall‟ eccezionale gusto grafico, realizzati da abili disegnatori che avevano ormai raggiunto consapevolezza e maturità. Erano storie, però, ancora destinate ad un pubblico di lettori giovani e disincantati. Bisognerà attendere gli anni Ottanta perché un cartoonist spagnolo possa imporsi all‟estero; in Italia i lettori di fumetti conobbero Enric Siò che, con le sue vignette tematicamente riconducibili al nostro Crepax, fornì una visione negativa del mondo contemporaneo. E‟ innegabile che nel corso degli ultimi anni si sia verificata un‟incredibile esplosione di qualità, eleganza e finezza all‟interno del mondo fumettistico spagnolo; oggi come oggi i temi trattati attraversano tutti i generi, dallo storico al grottesco,dal drammatico al fantastico, percorrendo gli orizzonti della fantasia con nuova capacità espressiva autonoma, ormai libera dall‟ombra dei prodotti stranieri. 1.4 Il fumetto in Giappone: l’era dei manga Gli esordi del fumetto in Giapppone vengono fatti risalire all‟era Meiji, 33 durante la quale il Paese cominciò ad affacciarsi al mondo industrializzato; fu proprio il progresso delle nuove tecniche di produzione dei beni di consumo ad essere riprese dalle prime vignette nipponiche, considerate le premesse dei manga34 come li intendiamo oggi. 33 L‟era Meiji è quel periodo storico che va dal 1868 al 1911. Da un punto di vista etimologico, il termine manga è composto da “man” ( svago, divagazione) e da “ga” (immagine,disegno). Attualmente il termine indica il fumetto giapponese nella sua forma cartacea, anche se in origine designava tutta una serie di caricature in stile grottesco che costituivano una specie di enciclopedia per immagini. 34 55 La diffusione delle vignette, di carattere umoristico satirico, fu affidata ad un‟editoria nuova, dove gli investitori stranieri si appoggiarono all‟esperienza dei responsabili nazionali per promuovere una circolazione su tutto il territorio ed ottenere un rapido sviluppo del settore. Nel 1905 Rakuten Kitazawa creò il primo giornale satirico, il Tōkyō Puck, dove vennero proposte alcune innovazioni che sarebbero rimaste in uso per parecchio tempo: strisce in sei riquadri, disposti in due sezioni verticali, e personaggi fissi caratterizzati da un nome proprio. Si potevano già intravedere un impianto narrativo ed una sequenza temporale, mentre il dialogo era riportato nel riquadro della vignetta ed era preceduto dal nome del personaggio che stava parlando. Kitazawa seppe mescolare in modo ideale le influenze occidentali in campo artistico ed una buona quantità di capacità satirica caricaturale per descrivere criticamente sia avvenimenti storico politici, sia fatti quotidiani; tutto ciò permise di allargare il pubblico di riferimento. Un altro disegnatore importante in quel fortunato periodo fu Ippei Okamoto, che in breve tempo divenne un esempio per un‟intera generazione di disegnatori; egli realizzò una cronaca di tipo giornalistico a base di testo e disegno,35 ispirata ad un lungo viaggio attraverso l‟America e l‟Europa; erano racconti visivi inizialmente pubblicati su riviste ed in seguito raccolte in due opere.36 La continua crescita del manga, supportata dall‟espansione del mondo editoriale giapponese, dal 1915 si trasformò in una serie di organizzazioni di mostre annuali e nella nascita di associazioni di disegnatori37 tuttora in 35 Questo tipo di cronaca giornalistica era chiamata manga manbun. Le opere furono tradotte in italiano come: Viaggio a fumetti per il mondo sulla carta e Lettere illustrate di un giro intorno al mondo. 37 “Associazione del manga di Tōkiō” e “Nuova associazione giapponese dei disegnatori di manga”. 36 56 piena attività. In breve tempo il target dei manga si allargò: si constatò che i fruitori del genere potevano essere, oltre che gli adulti, anche i più piccoli. Il genere per ragazzi fu iniziato da Shigeo Miyao, che pubblicò le avventure di “Manga Tarō” nel 1922; l‟innovazione consisteva nell‟aver trasferito fra le pagine di un quotidiano un racconto per giovani, privilegiando l‟aspetto grafico a quello del testo. L‟opera purtroppo si perse in un incendio; ciò spinse l‟autore a creare un nuovo personaggio,38 molto simile al primo: un giovane samurai che durante il viaggio, superò molte difficoltà grazie al prodigioso uso della spada. Agli anni Venti appartengono anche “Le avventure di Schōcan”, un adolescente che in compagnia del suo scoiattolo aiutava le persone in difficoltà; per la prima volta il dialogo fu proposto all‟interno di nuvolette, anche se alcune didascalie esplicative rimasero all‟esterno dei riquadri. Il filone cavalleresco avventuroso, già molto noto alla letteratura nipponica, fu una tematica ricorrente all‟interno dei maga dedicati ai ragazzi. Nell‟ambito dei manga per adulti di quel periodo va ricordato “Il papà ottimista”, di Yutaka Aso, il cui protagonista era un tranquillo capofamiglia, alle prese con eventi quotidiani, che voleva dimostrare ai lettori una via di fuga dalla complessità e dalle problematiche della vita di ogni giorno. 39 L‟enorme successo ottenuto dall‟opera, permise una rapida espansione oltre confine che dura ancora oggi, in quanto le attività promozionali ad esso legate ricopre un‟importanza vitale nel mercato giapponese. Nel 1934 comparve su un quotidiano quello che potrebbe essere definito il precursore di tutta la serie di robot futuristici e sofisticati di cui 38 “Il viaggio intorno al mondo di Dango Kushisuke”. Questo manga seppe sviluppare meglio di altri elementi quali l‟uso della nuvoletta ,l‟equilibrio tra il linguaggio scritto e quello iconico e, infine, lo schema del manga familiare ispirato alla vita domestica. 39 57 “Goldrake”, per gli italiani, rappresentò il capostipite; il protagonista della storia fu “Tanku Tankurō”, curioso incrocio tra macchina e uomo dotato di superpoteri. Il genere per ragazzi crebbe in parallelo al numero di fruitori; l‟abbondanza dei fumetti, presenti da qualche tempo su molte riviste, fu ridimensionata dal Ministero degli Interni, sollecitato dalle proteste di numerosi genitori ed insegnanti preoccupati per gli eventuali effetti negativi dei manga sullo sviluppo psicologico ed intellettivo dei giovani giapponesi. Ad aumentare gli effetti censori del Ministero, arrivò la Seconda Guerra Mondiale che procurò una battuta d‟arresto disastrosa per l‟editoria nipponica. Chiusasi la terribile parentesi bellica, tra il 1945 ed il 1946, l‟industria dei manga volle aiutare la popolazione nella difficile opera di ripresa e di evasione dalla realtà circostante; nei manga trasparirono i cambiamenti in atto nel Giappone del dopoguerra, determinandone in questo modo una richiesta sempre maggiore da parte dei lettori. Tutto ciò permise, a partire dalla seconda metà del Novecento, una svolta in campo fumettistico, con l‟ingresso nel settore di un artista che viene da tutti definito il “dio dei manga”: Osamu Tezuka. Capostipite di una lunga schiera che ne seguirà le orme, si occupò autonomamente di tutte la fasi della realizzazione di un‟opera: dalle sceneggiature ai disegni, tutto è gestito da lui e, in sostituzione delle vecchie strisce, creò un nuovo tipo di fumetto detto sutorii manga. Nel 1951 l‟autore pubblicò la sua prima opera, “L‟imperatore della giungla” di cui in un secondo tempo venne realizzata una trasposizione animata che in Italia fu trasmessa con il titolo di “Simba il leone bianco”; a 58 questo manga di successo ne seguirono molti altri, tra i quali “Atomu, braccio di ferro”40 e “Il Cavaliere col Fuoco”.41 Quando l‟edizione dei manga sbarcò in Europa, ed in particolare in Italia, Spagna e Germania, si aggiudicò fin da subito il record mondiale di tirature; più problematica fu l‟ introduzione in Francia, nonostante la diffusione sugli schermi di “Goldrake”, “Candy Candy” e “Capitain Harlock” verso la fine degli anni ‟70. Fu l‟editore Francese Glénat ad interessarsi per primo ai manga di qualità e a preoccuparsi della loro diffusione su fascicoli e album. Negli ultimi decenni l‟editoria giapponese ha fatto passi da gigante; in occasione dei saloni del libro di Bologna e Francoforte gli addetti ai lavori europei si sono lanciati su tutto ciò che è stato presentato dalle case nipponiche. Il “dopo manga” resta un‟incognita. 40 41 La versione animata fu trasmessa in Italia con il titolo di “Astroboy”. La trasposizione animata italiana venne intitolata “La Principessa Zaffiro”. 59 60 61 62 Capitolo secondo GLI STUDI SUL FUMETTO 2.1 Il fumetto nella letteratura scientifica Al giorno d‟oggi sta aumentando sempre più l‟attenzione di studiosi e ricercatori verso il mondo dei mass media e dell‟immagine. In particolar modo il fumetto, che come si vedrà è stato per molti anni accusato di distogliere i giovani da letture più serie ed a loro adeguate, è attualmente guardato con benevolenza, considerato quasi un espediente per riavvicinare alla carta stampata e realizzare il “piacere della lettura”. Non essendoci ancora una specifica disciplina che si occupi esclusivamente del fumetto, sino ad oggi gli studi su questo fenomeno sono stati eseguiti grazie al supporto di numerose altre discipline. Gli obiettivi e gli strumenti delle ricerche sono risultati esterni al fumetto ma, durante lo svolgimento del lavoro all‟interno del proprio ambito disciplinare, gli studiosi hanno sempre operato all‟insegna della multidisciplinarietà, mantenendosi sul piano della scientificità ed attuando un intenso scambio d‟informazioni. L‟utilizzo di diversi contributi è stato utile per svariate ragioni, come quella di essere riusciti a tracciare, in modo approfondito, le linee generali dell‟evoluzione del fumetto dalle sue origini ad oggi e dei vari problemi legati a tale sviluppo; inoltre le singole discipline hanno offerto tutta una serie di strumenti d‟approccio che potrebbero servire da spunto per eventuali studi futuri. E‟ necessario un salto di qualità nelle ricerche, nel senso che bisogna accantonare i discorsi di carattere generale per scendere nell‟analisi dei testi, non per abbandonare o rifiutare tutto quello che è stato detto fino ad 63 oggi, ma per evidenziare come, attraverso una ricerca linguistica e l‟utilizzo di strumenti interdisciplinari, emergano molti aspetti già noti ma ancora da esplorare. L‟industria culturale, e specificatamente quella italiana dove il fumetto occupa un posto di principale importanza, negli ultimi anni è diventata un tema molto presente all‟interno delle riflessioni e delle ricerche degli storici dei media, degli storici tout court, di semiologi, psicologi e sociologi della comunicazione e della cultura. 2.2 L’interesse della psicologia Gli studi effettuati sul fumetto con gli strumenti a disposizione delle discipline psicologiche non sono molti; per anni l‟attenzione dei ricercatori si è focalizzata sull‟influenza di questo mezzo nella formazione della coscienza del lettore,42 perdendo di vista altri aspetti altrettanto importanti. Gli strumenti utilizzati per questo tipo di ricerche sono quelli classici della psicologia: il questionario, il test, l‟intervista, l‟analisi psicoanalitica, l‟osservazione, … Un aspetto importante che riguarda la capacità comunicativa del fumetto è stato sottolineato da Alberto Giordano e Angela Fontana Capoccia che hanno utilizzato questo strumento nella ricerca psicologica;43 gli autori hanno impiegato il fumetto come linguaggio aggiuntivo al test del disegno di famiglia, dimostrando che “questo reattivo, avendo lo scopo di riprodurre 42 Il problema dell‟influenza del fumetto sulla coscienza del lettore è stato affrontato in modo approfondito nelle ricerche di Antonio Imbasciati e Carlo Castelli; gli studiosi, basatisi sul principio che un fumetto di successo risponde a certi “umori” delle masse, hanno analizzato il fumetto per tentare di capire quali potevano essere le tematiche conflittuali più ricorrenti nella società. 43 A. Giordana, A. Fontana Capoccia, Il valore proiettivo dell’aggiunta del linguaggio al test del disegno di famiglia attraverso la tecnica del fumetto, in “Rivista di psicologia”, 1967, fasc. II, pag. 517. 64 scenicamente situazioni od atteggiamenti del fanciullo nei riguardi del suo rapporto affettivo con i vari componenti del nucleo familiare, si può giovare di un arricchimento verbale esplicativo o addirittura proiettivo”. La funzione del fumetto aggiunto al disegno può essere riepilogata in tre diverse circostanze. La prima occasione è presentata dai casi d‟insufficienza mentale o da situazioni di blocco o di rifugio nella banalità, allorquando i dialoghi familiari inseriti, risultano stereotipati ed anticipano, l‟ultima fase dell‟inchiesta; il secondo caso è quello che vede il fumetto utilizzato per chiarire un disegno di per sé abbastanza eloquente (come nei casi di dotazione artistica o di particolari capacità espressive o caricaturali dei soggetti); la terza opportunità, e forse più efficace, è offerta dai casi in cui il fumetto assume una funzione essenziale, mostrando situazioni che, altrimenti, non sarebbero comprensibili e ponendo l‟accento sull‟importanza dell‟elemento proiettivo di cui il disegno è solamente la traccia di partenza, peraltro indispensabile.44 Nonostante gli sforzi di questi ed altri autori, in campo psicologico non si sono aperte promettenti strade per uno studio del fumetto; sono però emersi nuovi aspetti che meritano sicuramente di essere approfonditi. I lavori più esplicativi al riguardo appartengono a Raffaele De Garda e Cesare Musatti, i quali hanno affrontato la questione dell‟esistenza di una connessione fra creatività ed espressione artistica;45 le modalità d‟approccio al problema sono state differenti, come diverse erano anche le teorie di partenza, ma i risultati ottenuti al termine delle ricerche sono stati molto simili. 44 Per avallare le loro ipotesi, Giordana e Fontana Capoccia hanno aggiunto alle consegne date ai campioni, quella di far parlare i personaggi solamente dopo aver terminato il disegno e prima di passare alla fase d‟inchiesta, prevista dalla tecnica di Corman, sul disegno familiare. 45 De Garda R., Arte e psicologia: necessità di un rapporto, in “Ricerche di psicologia”, 1982, n° 21, pag. 15. 65 Per quanto riguarda De Garda, che richiama tutta una serie di lavori precedenti al suo, egli offre dei suggerimenti interessanti ed originali per una riflessione sul rapporto esistente fra il momento creativo, quale “spunto” psicologico iniziale, ed il prodotto creativo; l‟autore fa notare come il secondo elemento considerato, vale a dire il prodotto, diventi altro rispetto al primo a causa dei mezzi tecnici con i quali l‟atto creante deve, per forza di cose, esprimersi. In altri termini, una cosa è il pensiero più profondo dell‟uomo, un‟altra è l‟espressione come prodotto comunicabile; inoltre, lo stesso prodotto comunicabile, porta con sé una valenza storica, poiché l‟atto creativo si arricchisce delle esperienze che ogni artista affronta nel rapporto con il suo tempo e la sua epoca. La scienza psicologica può, quindi, aiutare il critico d‟oggi a capire i contenuti personali, accidentali e storici che danno carattere all‟opera d‟arte indipendentemente dalla sua osservanza al gusto e allo stile di un‟epoca, al conformismo e alle tradizioni e alla subordinazione ad una cultura dominante, vincendo così le tendenze verso la restaurazione di un vuoto formalismo o di un sociologismo descrittivo. Musatti, che fonda le sue ricerche sulla teoria psicoanalitica, affronta il problema prendendo spunto da una frase di Freud,46 differenziando fra quello che è il “pensiero libero”, vale a dire il pensiero del sogno che giunge dai processi primari dell‟inconscio, ed il “mondo della ragione”, quello dell‟aderenza alla realtà che fa parte della nostra coscienza piena. Musatti, però, sottolinea il fatto che fra queste due sfere non vi è una separazione netta, anzi il vero artista è colui che riesce a trasformare il sogno in realtà, Musatti C., L’attività artistica e il suo rapporto con l’inconscio, in “Ricerche di psicologia”, 1982, n° 21, pag. 31. 46 La frase di Freud a cui Musatti fa riferimento è la seguente: “In complesso potremmo anche rinunciare a dare, così come siamo abituati a fare, tanta importanza alla circostanza che un processo psichico sia o no inconscio”, op. cit, pag. 31. 66 rendendolo concreto attraverso la coscienza e la consapevolezza che questo sogno dovrà essere fruito da altri. L‟autore evidenzia quindi come l‟arte, nelle sue molteplici forme, possa svincolarsi dalla stretta dipendenza dai canoni della ragione; l‟attività artistica è, per Musatti, una specie di sogno o di delirio che, tuttavia, acquista una sua forma di comunicabilità nelle opere artistiche. Sulla base dei risultati ottenuti dagli studi dei due autori, risulta che l‟arte può essere tale solo se vi è il rapporto fra l‟inconscio e la coscienza piena; ed è proprio quest‟ultima ad essere completamente assorta nella realtà del mondo in cui ogni artista vive. A tentennare è il rapporto fra i due elementi, per cui ora prevale l‟aspetto inconscio, ora quello razionale. Sia De Garda che Musatti, vedono nell‟arte una specie di duplicità che per il primo è costituita dal rapporto atto psicologico creativo-produzione artistica; per il secondo dal rapporto spinta dell‟inconscio-controllo della ragione. In pratica si tratta di due livelli, uno profondo legato alla psiche umana ed uno più cosciente legato alla realtà esterna all‟individuo. Nel corso degli anni sono state condotte altre ricerche psicologiche sul fumetto, all‟interno delle quali sono stati riscontrati i due aspetti evidenziati da De Garda e Musatti, in particolare quando è stato affrontato il problema della creatività e del rapporto che esiste fra produzione e realtà sociale. Per trovare un saggio che si occupi esclusivamente del mondo dei fumetti in cui è possibile distinguere sia il livello del subconscio che quello più consapevole, bisognerà attendere le ricerche effettuate attorno ai primi anni Settanta; in uno studio condotto da Marco Battacchi47 sono stati riscontrati 47 M.W. Battacchi, ed altri, Ipotesi sulla funzione psicodinamica del fumetto per adulti, in “Rivista di psicologia”, 1971, pag. 57. La metodologia utilizzata dagli studiosi è stata quella di applicare al fumetto i metodi di studio già proficuamente adottati per la fiaba. Un confronto fra i due elementi è stato inevitabile; sono state rilevate differenze ed analogie che hanno permesso di chiarire la loro funzione specifica rispetto alle aspettative del lettore. 67 due tipologie di contenuto, uno latente e l‟altro manifesto, che non risultano nettamente distinti, ma correlati uno all‟altro. Il lavoro di Battacchi e degli altri autori, si è concentrato sull‟analisi morfologica della fiaba e del fumetto ed in particolare sul confronto fra due comics che in quegli anni risultavano essere i più conosciuti: “Diabolik” e “Satanik”.48 Il contenuto manifesto dei due oggetti in questione è stato studiato prendendo spunto dall‟analisi morfologica della fiaba attuata da Propp,49 mentre la parte latente è stata analizzata utilizzando il metodo psicoanalitico dell‟analisi del sogno.50 Fermandosi all‟analisi strutturale, “Diabolik” e “Satanik” risulterebbero due favole realistiche, dove le frustrazioni e le barriere di natura sociale vengono combattute dai protagonisti che, però, lottano solo apparentemente contro le ingiustizie lasciando, di fatto, inalterato lo stato delle cose; “Abbiamo una favola moderna in cui si trasmettono i valori dell‟efficienza e della lotta per la riuscita, si rassicura (e si illude) che riuscire sui competitori è sempre possibile e si compensa fantasticamente le frustrazioni dell‟insuccesso”.51 Queste conclusioni sarebbero bastate agli autori se avessero condotto solamente un‟analisi morfologica dei testi ma, avendo attuato anche un‟indagine di tipo psicoanalitico, non sono sfuggite altre due componenti fondamentali quali la competizione ed il successo. Tali elementi non dovevano considerarsi delle banalità, “non soltanto perché il successo nella 48 Il campione utilizzato per la ricerca, era di circa due annate di pubblicazione dei fumetti in questione. 49 Vladimir JA.Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi Editore, Torino, 1966. 50 Gli autori hanno deciso di utilizzare l‟analisi morfologica perché essa permetteva di individuare gli elementi di cui è composta una storia; le funzioni originarie della fiaba sono state modificate, dovendo essere applicate al fumetto che era oggettivamente diverso da quella, se non altro per l‟origine e per la destinazione, e per esser fatto d‟immagini e parole associate fra loro, mentre la fiaba era un prodotto esclusivamente verbale. 68 nostra società è un preminente valore culturale, ma perché la lotta per il potere è uno dei motivi guida dello sviluppo infantile”.52 Sviluppando questo discorso, i ricercatori hanno così concluso: “si può fondamentalmente sostenere l‟ipotesi che in Diabolik e Satanik i ragazzi saturino le stesse valenze che saturano nella fruizione dei fumetti e dei libri di avventura, dei western e degli altri film d‟azione, e nelle fiabe stesse. La vera differenza fra le fiabe ed i fumetti è che questi presentano una grande semplificazione strutturale e motivazionale, saturando, per quanto concerne gli aspetti colti dall‟analisi morfologica, soltanto le valenze del potere e del successo”.53 Le conclusioni a cui è giunto Batacchi assieme ai suoi colleghi hanno delle implicazioni importanti; prima fra tutte vi è la consapevolezza che il metodo dell‟analisi morfologica e quello psicoanalitico dell‟indagine del sogno, sono validi strumenti utilizzabili negli studi sul fumetto. Confrontando le ricerche attuate da De Garda e Musatti con lo studio di Battacchi, è possibile constatare che all‟interno del fumetto vi sono due aspetti: quello legato ad un atto creativo, interno alla psiche umana, e quello più consapevole e razionale legato alla comunicabilità dell‟atto creativo stesso. 2.3 Il contributo proposto dalla sociologia 51 Op. cit., pag. 65. Gli autori della ricerca hanno concluso che per lo studio di questi due fumetti, non occorreva uno strumento psicoanalitico, sarebbe bastato utilizzare la teoria comportamentistica del problem-solving; 52 Op. cit, pag 66. Dalla fase del conflitto edipico, sostengono gli autori, il bambino desidera e teme il potere dei genitori ed è frustrato in tale desiderio; una delle motivazioni principali per l‟identificazione con l‟adulto è l‟invidia nei confronti delle persone forti e potenti che agiscono senza timore di ritorsione, delle persone che sottraggono agli altri le cose buone tenendole per sé, di chi, in sostanza, domina gli altri. 69 I primi studi sociologici sul fumetto comparvero negli Stati Uniti dagli anni Venti, quando in molti cominciarono a comprendere che le storielle raccontate dai comics non erano solamente divertenti e non avevano la sola funzione di svago per i lettori. I fumetti, infatti, contenevano degli evidenti legami con la società che li produceva e questo fu il motivo principale per cui numerosi sociologi statunitensi cominciarono ad interessarsi a questo fenomeno. Le considerazioni che emersero da numerose ricerche, però, non furono unanimi e le molte divergenze d‟opinione portarono sostanzialmente alla nascita di due indirizzi che, a loro volta, proponevano ulteriori differenziazioni. Alcuni autori si preoccuparono delle forti influenze che il fumetto poteva esercitare sui lettori. Le prime tesi al riguardo accusarono i comics di corrompere i costumi di tutta la società; oggi come oggi quest‟idea così pessimista è stata superata nella maggior parte dei casi, anche se nei momenti più critici è possibile trovare qualcuno sempre pronto a riproporre l‟accusa. D‟opinione certamente diversa fu chi sostenne la tesi per cui il fumetto, destinato ad un vasto pubblico, doveva per forza di cose contenere le esigenze, i valori e gli umori della società che lo produceva e che ne beneficiava. Il fumetto “Bringing up father” rifletteva l‟immagine di una nazione, l‟America, che stava cambiando, dove Arcibaldo, il capo famiglia, continuava a coltivare le sue vecchie ed “insane” abitudini nonostante l‟ondata di ricchezza che stava assicurando a tutta la popolazione un futuro privo di preoccupazioni. Petronilla, dal canto suo, sempre intenta a frugare nelle tasche del marito, era il chiaro esempio della donna che voleva a tutti costi partecipare alla scalata sociale. 53 Op. cit., pag. 66. 70 Nonostante le divergenze d‟opinione che caratterizzarono le teorie proposte riguardo al fumetto americano,54 è possibile trovare un comune denominatore che le racchiude e le distingue da altre: quella di credere nella società americana a tal punto da considerarla un valore insostituibile. Per quanto riguarda l‟Italia, va sottolineato il fatto che la riflessione sociologica ha modificato questo comune denominatore, poiché non crede fermamente in quella società. Uno tra i maggiori critici italiani fu Carlo Della Corte che pubblicò uno scritto sui fumetti, all‟interno del quale risaltavano riflessioni attente e profonde.55 Ad introdurre in Italia le istanze metodologiche caratteristiche della sociologia americana fu Roberto Giammanco;56 l‟autore propose la sua idea del mondo statunitense, all‟interno del quale inserì il fenomeno dei mezzi di comunicazione, in particolar modo dei fumetti. Poiché i comics rappresentavano la società, essi non potevano essere nient‟altro che espedienti meccanici, oggetti di puro e semplice consumo; in questo modo i canoni della società americana, preoccupata di mantenersi all‟interno del sistema, furono rovesciati: per Giammanco i fumetti di scadente qualità, non erano che il prodotto naturale di quella società, i migliori invece la sana denuncia delle sue storture. Ad esempio “Krazy Kat”, uno dei più raffinati personaggi prodotti dall‟editoria statunitense, creato agli inizi della lunga crisi economica che sfociò in seguito nella Grande Depressione, rispecchiò fedelmente il 54 Coloro i quali hanno elogiato il fumetto, hanno elogiato la società che la prodotto; chi ha criticato e condannato il fumetto, lo ha fatto per difendere quella stessa società di cui temevano la corruzione. 55 C. Della Corte, I fumetti, in “Enciclopedia Popolare Mondatori”, Milano, Mondadori, 1961. 56 Fra gli articoli di R. Giammanco vanno ricordati: I fumetti contro Wall Street, in “L‟Espresso”, n° 11, 14 marzo 1965, pag 27; Una realtà da studiare, in “Rinascita” n° 3, marzo 1965, pag. 32. 71 profondo senso di impotenza, la diffidenza verso il sistema, lo svilimento e la delusione dell‟individuo ormai incapace di controllare il suo futuro. L‟idea che Giammanco propone della società americana, però, non esclude a priori la possibilità che il fumetto sia la vittima delle storture della società stessa piuttosto che la causa prima.57 Il fumetto, proprio perché strumento di evasione all‟interno di un mondo fantastico dove le angosce dell‟uomo trovano un momentaneo equilibrio, è a maggior ragione utile. Eliminando i fumetti, dunque, non si eliminerebbero le brutture della società anzi, le angosce della popolazione potrebbero aumentare al punto tale da causare una degenerazione delle coscienze. Nel già citato articolo Una realtà da studiare, l‟autore distinse tre posizioni riguardo la dimensione storica del fumetto: la prima considerava i comics dei sottoprodotti culturali a cui guardare con sufficienza; la seconda li vedeva come espressioni della civiltà di massa, del tutto legittime, al pari della cosiddetta cultura superiore; la terza posizione, quella in cui Giammanco si riconosceva, era quella che tentava di impostare il problema in senso storico e socio-psicologico.58 Gli studi successivi, ripresero alcune delle indicazioni proposte dal ricercatore; molti autori scoprirono che il fumetto conteneva, rispecchiava e spesso illustrava e spesso anticipava le trasformazioni sociali, le ideologie politiche i miti e le aspirazioni collettive. Nei fumetti, si poteva trovare tutto: la polemica sociale, l‟emancipazione femminile; la reazione al 57 “Le responsabilità dei compilatori dei comics e delle murder stories non è, come vorrebbero i critici più ingenui, un fattore primario, ma forse addirittura l‟elemento più irrilevante. Non basterebbe, anche ammettendo che fosse oggettivamente possibile, eliminare quell‟industria per risolvere i problemi di cui esso è il sordido portavoce e l‟abile sfruttatrice”, in R. Giammanco, Dialogo sulla società americana, Torino, Einaudi, 1964, pag. 106. 58 Quest‟ultima posizione storico-sociologica insiste sulla necessità di analizzare in quale forma i comics riflettano strutturalmente le categorie psico-sociali della realtà americana. Invece di descrivere un meccanico rapporto di causa e di effetto (i comics disabituano alla lettura, sostituiscono i buoni libri, ecc.) è necessario stabilire quali bisogni creano e quali dimensioni atrofizzano. 72 capitalismo, i pregiudizi razziali, la crisi dell‟istituzione familiare, fino alla pressione esercitata dei mass media. Questa impostazione sociologica venne utilizzata da molti storici del fumetto che, durante le loro ricerche, misero l‟accento su un periodo, quello tra il 1929 ed il 1930, in cui la crisi economica che colpì gli americani, favorì un notevole sviluppo del fumetto; in quegli anni nacque il fumetto realistico d‟avventura, il cui successo aumentò rapidamente, proprio per favorire un processo di identificazione che consentisse ai lettori di trovare conforto di fronte ad un avvenire che si prospettava poco florido. I comics realistici d‟avventura rispondevano al bisogno degli americani di evadere, di accantonare le esigenze materiali; l‟esaltazione dell‟uomo positivo, dava al lettore l‟opportunità di esprimere la propria presa di posizione, incoraggiando a credere nella vita, offrendo modelli a cui ispirarsi giorno dopo giorno. Un‟ulteriore risposta al bisogno di evasione di quegli anni, fu la nascita di “dirty comics”, ovvero dei fumetti pornografici ed umoristici che rispondevano al crescente bisogno di ridere ed esorcizzare gli aspetti più tragici dell‟epoca. Dalle esemplificazioni fatte fino ad ora, si può comprendere come il metodo del confronto fra produzione e contesto storico svisceri a fondo le valenze positive del fenomeno fumetto. 2.4 L’intervento della semiologia Uno dei più interessanti contributi alla comprensione dei fumetti è dato dalla semiologia, una disciplina che in questo medium ha trovato un oggetto utile per una sua evoluzione. 73 Umberto Eco59 è riuscito a dare un‟interpretazione del fumetto “Steve Canyon”, il personaggio creato da Milton Caniff nel 1947, usando mezzi propri e caratteristici della semiologia. L‟analisi compiuta riguardava nello specifico le undici vignette che costituivano la prima puntata del comic; l‟autore è riuscito ad esaminare ogni vignetta sfruttando i parametri della tecnica cinematografica, osservando il disegno per comprendere l‟espressione e le peculiarità di ogni personaggio, registrando con zelo qualunque altro particolare della sceneggiatura delle vignette poiché, come nella narrativa popolare e nelle fiabe, ogni minuzia è in qualche modo funzionale al racconto. Dall‟analisi compiuta da Eco è emerso come, in poche vignette, l‟autore del fumetto sia riuscito a delineare e caratterizzare un gruppo di personaggi, raggruppandoli in buoni e cattivi,60 protagonisti ed antagonisti, ed a creare un contesto introduttivo dal quale è affiorata un‟atmosfera di suspense costruita attraverso una forte attesa di riunire gli elementi narrativi contrastanti che sono stati forniti al lettore. Gli strumenti che Eco ha utilizzato per analizzare “Steve Canyon”, fanno parte di un sistema più complesso che è servito all‟autore per lavorare su molti altri fumetti come, per esempio, “Superman”, eroe creato da Jerry Siegel e Joe Shuster nel 1938. L‟analisi condotta da Eco sul mito del personaggio di “Superman” ha portato l‟autore a considerare che “le storie di Superman sono un esempio minimo ma esatto di fusione tra vari livelli, omogeneizzati in un sistema di relazioni in cui ogni livello riproduce su scala diversa limiti e contraddizioni degli altri. Se l‟ideologia etica di 59 U.Eco, Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani, Milano, 1999, pag. 131. 60 Eco, nell‟approfondito lavoro di ricerca, ha realizzato un implicito confronto tra i “valori” di cui i personaggi “buoni” erano portatori e quelli della società americana, sottolineando come gli uni e gli altri coincidano.Tra questi “valori” è possibile trovare quello dei buoni rapporti con la 74 “Superman” rappresenta, come rappresenta, un sistema coerente, e la struttura delle varie storie un altro sistema, la saga del supereroe appare come un calibratissimo sistema di sistemi-dove non apparirebbe inutile esaminare allora anche la natura del disegno, le cadenze del linguaggio, la caratterizzazione dei vari personaggi”.61 Tuttavia, va precisato che l‟analisi ha trovato un ostacolo nel disegno; infatti, se la semiotica, o semiologia, viene applicata alla letteratura, l‟opera viene considerata come un sistema coerente: di conseguenza si applica a descrivere tutti quei segni e le relative leggi di unione, trovando in essi gli elementi costitutivi che fungono da livelli d‟interpretazione offerti dalla lettura. Pertanto, poiché nel fumetto il linguaggio iconico è fondamentale e la semiotica si è sviluppata dalla linguistica strutturale, è naturale che sorgano dubbi e perplessità: “abbiamo il diritto di applicare metodi linguistici a un corpus che non ha a che fare unicamente con la lingua? Il disegno e le sue componenti sono riducibili in termini strutturali? La o le significazioni di questi ultimi sono razionalmente integrati in un sistema? In che modo segni di natura diversa come la vignetta e la parola possono essere descritti secondo schemi tra di loro comparabili? E col pretesto di trovare somiglianze, non si rischia o non si è tentati di dimenticare alcuni elementi irriducibili a concetti analitici comuni ai due sistemi ?”.62 A tutte queste domande erano già state date delle risposte, convenendo che trasferire l‟interesse sui disegni, se da un certo punto di vista aveva richiesto improvvisazione, dall‟altro aveva concesso un salto di qualità sul piano interdisciplinare, nel senso che nella ricerca si era dovuto ricorrere a giustizia, “la guerra come cemento di affetti, scuola di amicizia, palestra di iniziative”, la generosità e la cordialità verso i “buoni poveri”, ecc. 61 U. Eco, Il mito di Superman, in “Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa”, Bompiani, Milano, 1999, pag. 221. 75 nozioni di stilistica, estetica, psicologia e sociologia. Per questo motivo, sotto certi aspetti, il fumetto ha favorito un ampliamento di orizzonti agli stessi studi di semiologia. 2.4.1 Le implicazioni pedagogiche Il contributo che l‟analisi semiotica ha dato alla comprensione del fumetto è tale che oggi, chiunque si avvicinasse a questo medium, non potrebbe ignorarla. Due sono gli aspetti che meritano di essere analizzati, non tanto perché ritenuti i più importanti, ma certamente perché carichi di implicazioni pedagogiche; il primo elemento è lo “smontaggio” del fumetto attraverso l‟analisi semiologica, mentre il secondo riguarda la delimitazione del fumetto come strumento narrativo a se stante. La semiologia ha effettuato una scomposizione del fumetto con l‟obiettivo di descriverne le caratteristiche e di comprenderne i messaggi più intrinseci. Da questo lavoro è stato possibile individuare alcuni aspetti sostanziali che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi prefissati. In primo luogo vanno isolati i personaggi, ovvero le persone, gli animali ed anche le cose che agiscono in qualche modo all‟interno delle vignette; essi vengono studiati sia attraverso i disegni, sia tramite il comportamento ed il dialogo per portare alla luce gli elementi che contribuiscono alla loro tipizzazione. Tra i segni iconici che incidono di più nella caratterizzazione, ci sono i lineamenti del volto, la mimica facciale, il modo di vestire, la capigliatura, le fattezze del corpo; dal linguaggio, dalle espressioni e dal modo di agire è possibile distinguere stereotipi come l'ingegno, l‟astuzia, la 62 P. Fresnault Deruelle, Il linguaggio dei fumetti, Sellerio, Palermo, 1977, pag. 31. 76 forza, l'acutezza, la capacità organizzativa, il valore, la cupidigia o addirittura alcuni valori etici ed ideologici che variano a seconda dell‟atteggiamento dei personaggi, buoni o cattivi che siano, nei confronti di certe realtà: denaro, giustizia, cultura, religione,ecc.). Un secondo elemento che, se analizzato, può sicuramente risultare utile per una comprensione totale del fumetto, è la vignetta; l‟analisi del rapporto esistente fra linguaggio scritto e linguaggio parlato, le tecniche di montaggio, le relazioni tra una vignetta e l‟altra, le metodologie di rappresentazione della caratteristica nuvoletta (diversa a seconda che il personaggio parli normalmente, urli, pensi, ecc.), le inquadrature,63 i rumori, i suoni vaghi e indistinti, le metafore visualizzate, le onomatopee, 64 ecc. Un ultimo ed importante fattore che viene isolato dagli esperti di semiologia che si occupano di fumetto, è la tecnica narrativa; essa risulta fondamentale sia per studiare le strutture sottostanti al racconto, come la ripetizione di alcuni temi o situazioni, sia per riconoscere ed identificare le modalità attraverso le quali vengono generati alcuni effetti come la comicità o la suspense.65 63 Con il termine inquadratura si vuole indicare la delimitazione bidimensionale dello spazio occupato da una vignetta: quello della dimensione del riquadro entro cui è racchiusa l‟immagine. Il “primo piano” indica l‟inquadratura che mostra un particolare della figura, il “piano medio” mostra un personaggio mezzo busto; prende il nome di “piano tre quarti” o “piano americano” l‟inquadratura che taglia il personaggio all‟altezza delle ginocchia, mentre l‟inquadratura che mostra la figura nella sua completezza viene chiamata “piano generale”. La scelta del tipo di inquadratura è determinata dall‟azione del soggetto, dall‟importanza che riveste nell‟andatura del racconto, dal suo rapporto con l‟ambiente e da altre condizioni come quelle psicologiche o estetiche; all‟interno dell‟inquadratura confluiscono, inoltre, tutti quegli elementi che la integrano e ne compongono la scena, come il vestiario, gli oggetti, le aggettivazioni, le onomatopee, ecc. 64 Per onomatopee si intendono quelle frasi il cui suono è imitativo delle cose che significano. Nella loro applicazione al linguaggio dei comics, le onomatopee sono graficamente e foneticamente rappresentate all‟interno delle vignette con vocaboli che suggeriscono al lettore il rumore prodotto da un‟azione, da un oggetto o da un animale. 65 Per l‟analisi delle tecniche narrative la semiologia si è servita di precedenti studi sul racconto o sulle fiabe, utilizzando in particolare le tecniche di Propp. 77 Arrivati a questo punto è importante vedere se l‟analisi semiotica è in grado, per quanto riguarda un prodotto come il fumetto che è strettamente legato alla società che lo produce, di limitarsi allo studio dei segni senza considerare il contesto socioculturale all‟interno dei quali si sono sviluppati quei segni. Nelle scuole, fino a qualche anno fa, seguendo le indicazioni dei libri di testo, guide o riviste didattiche, sono state praticate delle attività di “smontaggio” del fumetto; lo scopo principale era quello di condurre gli alunni verso una lettura più consapevole ed approfondita del prodotto. E‟ evidente che le indicazioni da cui hanno preso spunto gli insegnanti, hanno avuto come principale punto di riferimento gli studi di semiologia. I risultati ottenuti con questo tipo di attività sono stati diversi, ma va osservato e sottolineato che spesso, a causa della mancata collocazione in un contesto che restituisca ad ogni singolo elemento l‟organicità e l‟interrelazione, tali lavori sono divenuti pure e semplici esercitazioni. Per quanto riguarda l‟aspetto della semiologia che ha scoperto la peculiarità del fumetto come strumento narrativo a se stante, unico e distinto dagli altri, bisogna ricordare che tale disciplina ha contribuito in modo determinante a codificarne i canoni, conferendo così una vera e propria grammatica al fumetto. La semiologia, però, non ha concepito un qualcosa fatto di regole severe a cui tutti gli autori ed i disegnatori avrebbero dovuto obbedire, bensì ha studiato la produzione ricavando e sistematicizzando i codici attraverso cui il fumetto si esprime. Ciò non ha provocato una riduzione o un indebolimento della creatività, non ha costretto i produttori all‟interno di schemi più rigidi, ma ha posto l‟accento sulla convenzionalità dei codici, stimolando in più occasioni la ricerca. 78 A partire da tali approfondimenti sembra che il fumetto abbia intrapreso una strada ancor più ricca di creatività e fantasia, ma l‟aver fissato un codice ha determinato soprattutto la differenziazione fra il fumetto e gli altri mezzi di comunicazione, caratterizzandolo ulteriormente come genere a sé. 2.4.2 Il fumetto a scuola Nel corso degli anni il fumetto ha conquistato un posto all‟interno delle attività scolastiche quotidiane; l‟interesse della scuola, però, è stato raggiunto dopo anni di immobilismo e di crociate nei confronti di questo medium. Nonostante le lunghe battaglie compiute da insegnanti e genitori, l‟interesse dei giovani nei confronti del fumetto non è diminuito, anzi, è aumentato di giorno in giorno; ciò ha portato gli scettici a convincersi del peso che il fumetto ha oggi sulla formazione dei giovani. Se in passato i comics erano considerati solo strumenti per una lettura disinteressata e di puro svago, oggi sono visti come un mezzo utile per riavvicinare i giovani al mondo della carta stampata. Grazie ai mass media le nuove generazioni sono portatrici di un bagaglio di conoscenze ed informazioni molto ampio; tali conoscenze, però, sono slegate tra loro e non hanno alcun punto di riferimento o, se si vuole, di contesto. Un‟azione educativa adeguata ai tempi, potrebbe essere quella che considera il ruolo occupato dalle esperienze extrascolastiche nella vita dei giovani. E‟ necessario, dunque, introdurre nella scuola ciò che di importante avviene fuori da essa, riconoscendo a pieno titolo il ruolo fondamentale di televisione, cinema e fumetto. I libri di testo proposti agli insegnanti delle scuole contengono capitoli interi riguardanti lo studio del linguaggio, delle tecniche grafiche, della caratterizzazione dei personaggi e delle strutture narrative; l‟obiettivo delle 79 attività scolastiche basate su questi elementi, dovrebbe essere quello di aiutare gli alunni a raggiungere un livello di lettura più critico e consapevole per una scelta qualitativa migliore del genere. Il problema che sorge, però, è quello dell‟uso che gli insegnanti fanno dei mezzi a loro disposizione, che diviene per forza di cose ristretto se non si possiedono cognizioni fondamentali più ampie che permettano di andare oltre. La conoscenza della materia è l‟elemento fondamentale di ogni insegnamento; è assurdo proporre un‟attività d‟analisi grammaticale del fumetto non se ne conoscono l‟origine, le tradizioni letterarie a cui fa riferimento e, soprattutto, se non si comprende il rapporto che lega la produzione e la fruizione del fumetto. Se il mondo scolastico vuole avvicinarsi in maniera veramente produttiva al genere fumettistico, non dovrebbe fuggire il contatto con il fumetto stesso; il rapporto con l‟oggetto di studio è un principio applicabile, ed auspicabile, a tutti le discipline.66 Un insegnamento puramente teorico non basta più, occorre attuare un complesso processo di conoscenza del mezzo che permetta un suo reale utilizzo all‟interno della scuola di oggi. Un‟eventuale introduzione dei fumetti all‟interno della scuola come strumento per la conoscenza, presuppone la ricerca di nuove coordinate per una pedagogia che sappia vedere nella lettura, nella creatività e nell‟invenzione le basi di una proposta di rinnovamento. Un esempio al riguardo può essere quello apparso su un articolo del Biochemical Education67 che illustrava il modo in cui i manga, fumetti e cartoni animati giapponesi, siano stati utilizzati per spiegare agli studenti temi e terminologie della biochimica. 66 “Oggi ci si va sempre più rendendo conto che non solo la fisica ha bisogno del laboratorio di fisica, ma anche la lingua ha bisogno del laboratorio linguistico, come la storia ha bisogno del museo,...” ; in E. Detti, Il fumetto fra cultura e scuola, La Nuova Italia, 1984, pag. 166. 80 I ricercatori, consapevoli del fatto che se un‟informazione viene elaborata e presentata con dei supporti, essa rimane più facilmente nella memoria, consegnarono agli studenti dei manga di “Sailor Moon” adattati per lo studio dei termini caratteristici della biochimica. I risultati ottenuti dall‟attività e dal questionario successivamente compilato dagli studenti, hanno dimostrato che l‟uso del fumetto e dei cartoni animati aiutava il ricordo di quanto precedentemente appreso e che, considerando la popolarità e la mania del popolo giapponese per i manga, l‟utilizzo di questo mezzo rendeva le lezioni di biochimica meno seriose e, quindi, più piacevoli. La scuola dovrebbe lavorare per creare una struttura culturale sistematica aperta, capace di dare spazio alle nuove conoscenze e di inquadrarle in un contesto più ampio; tale impostazione non può sfuggire a precisi riferimenti metodologici, rivalutando una progettualità complessiva e recuperando gli aspetti positivi che le ricerche pedagogiche degli ultimi anni hanno evidenziato: le capacità creative, il protagonismo e la partecipazione dell‟alunno alla conquista delle conoscenze. 2.5 Il contributo dell’antropologia “I fumetti sono uno dei fenomeni più vistosi e caratteristici della società contemporanea. Tipico prodotto della cosiddetta civiltà dell‟immagine, hanno un peso rilevante nella vita culturale del nostro tempo, incidono notevolmente sulla formazione psicologica e ideologica dei giovani e contribuiscono a fornire all‟uomo della strada modelli, suggestioni e 67 Ryoichi Nagata, “Learning biochemistry throug manga-helping students learn remember, and making lectures more exciting”, in Biochemical Education, n° 27, 1999. 81 reazioni emotive sui quali egli costruisce una propria immagine della società in cui vive”.68 Dalle parole del critico Gaetano Strazzulla, emerge chiaramente l‟idea che il fumetto molto spesso abbia trasformato, e continui tutt‟oggi a farlo, alcuni aspetti della vita di molte comunità; se si fa attenzione alle mode che investono i vari paesi, è possibile trovare dei veri e propri prodotti “sponsorizzati” dai personaggi dei fumetti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, fino a pochi anni fa esistevano le scarpe di “Buster Brown”69 ed ancora oggi continua la tradizione americana di pubblicizzare molti prodotti alimentari sfruttando l‟immagine dei personaggi più in voga.70 Fino agli anni Cinquanta e Sessanta l‟antropologia si era interessata solo marginalmente a tutti i fenomeni di trasformazione culturale derivati dal condizionamento dei mass media, poiché tali sistemi non giungevano, o raggiungevano solo marginalmente, alle popolazioni primitive che, come si sa, sono l‟oggetto principale degli studi e delle ricerche antropologiche. Quando gli studiosi capirono che i gruppi potevano essere inseriti in categorie più vaste, che attraversavano anche le civiltà occidentali e più industrializzate, includendo gli analfabeti e gli emarginati, le ricerche realizzate portarono alcuni antropologi a considerare una nuova 68 G. Strazzulla, Fumetti di ieri e di oggi, Bologna, Cappelli, 1977, pag. 7. Il fumetto “Buster Brown”, che in Italia fu chiamato “Mimmolo Mammolo”, venne creato nel 1902 per il New York Herald da Richard Felton Outcault. Il comic raccontava le birichinate innocenti e non troppo preoccupanti di un malizioso ragazzino di buona famiglia, con i capelli tagliati alla paggio e biondi, vestito secondo la moda dell‟epoca, sempre accompagnato dallo smorfioso buldog Medoro. La popolarità raggiunta da questo personaggio fu eccezionale, tanto che l‟industria americana si servì del suo nome e della sua immagine per reclamizzare i prodotti più svariati. 70 Questa attività promozionale è paragonabile al merchandise, quel mercato di oggetti diversi, dagli orologi ai quaderni di scuola, giocattoli, dolci, indumenti per bambini come scarpe e magliette, che riportano stampate le sembianze degli eroi entrati a far parte della collettività. E‟ un mercato protetto dai diritti di proprietà che consentono ai legittimi proprietari notevoli guadagni, col risultato di pubblicizzare ulteriormente i singoli personaggi del fumetto. 69 82 formulazione dell‟antropologia. Matilde Callari Galli71 osservò che all‟interno di un universo così ridefinito, l‟antropologia poteva trasformarsi da scienza dell‟umanità a scienza della maggioranza dell‟umanità; l‟antropologa sottolineava e precisava che si stavano modificando anche alcuni concetti che, in qualche modo, risentivano del mito del “buon selvaggio”: si insinuava l‟idea che non potesse esistere l‟emarginato “buono”, come del resto quello “felice”, anche se poteva esserci “una cultura analfabeta”, grazie alla quale l‟analfabeta riusciva a sopravvivere”. Gli stratagemmi della “minoranza dominante” non sono serviti nel tentativo di recuperare gli emarginati utilizzando le istituzioni scolastiche; l‟autrice sostenne anzi l‟esistenza di una cultura analfabeta avviata proprio all‟interno dell‟ambito scolastico che, a suo modo, tendeva ad escludere chi, per tradizione familiare, non era portatore di valori di cultura e di conoscenza. La cultura analfabeta, non si presentava allora come un fenomeno isolato e a sè stante, bensì come qualcosa che si eredita grazie anche alle istituzioni educative. Ma se l‟educazione scolastica non era capace di risanare la situazione, continua l‟antropologa, sia le nuove che le vecchie istituzioni devono assumersi responsabilità sempre più onerose: il gruppo di coetanei, la famiglia e soprattutto i mass media che, se possiedono effettivamente la possibilità di colmare l‟abisso esistente, è indubbio che ciò stia avvenendo non senza contraddizioni.72 71 M. Callari Galli, Antropologia e educazione. L’antropologia e i processi educativi, Firenze, La Nuova Italia, 1971. 72 “Chi ha la possibilità di imporre, di controllare gli strumenti della comunicazione, possiede anche il controllo politico dei suoi concittadini (…). E‟ questo l‟abisso che separa il mondo degli istruiti dal mondo degli analfabeti, su cui però i nuovi strumenti di comunicazione di massa si stendono già come un ponte, che correggerà la nostra ignoranza degli altri linguaggi , assai più che non l‟ignoranza analfabeta della parola scritta”; in M. Callari Galli, G. Harrison, Né leggere né scrivere, Milano, Feltrinelli, 1971, pag. 141. 83 A questo punto viene da pensare al ruolo del media per eccellenza, la televisione, ma nella storia è esistito un altro strumento, mezzo di comunicazione potentissimo, capace di operare un‟incorporazione nelle masse, soprattutto americane. Ciò si è verificato durante la seconda metà dell‟Ottocento, quando il processo d‟industrializzazione della produzione culturale ricercava un mercato il più possibile esteso; il percorso seguito da tale industria è stato caratterizzato da continui esperimenti, ricorsi alla tradizione culturale popolare, riconfermate o modificate dai processi interni alla stessa attività produttiva. Durante il periodo delle ricerche attuate dall‟industria culturale, un ruolo fondamentale non l‟ha avuto solamente il cinema, ma anche il fumetto; le prime tavole pubblicate sui periodici non erano altro che la continuazione degli esperimenti attuati dalla produzione per ricercare dei nuovi mezzi in grado di mediare i bisogni del pubblico acquirente. Questa frenetica ricerca comportò che i fumetti contenessero “l‟immagine riflessa dei loro lettori” e ciò portò a delle notevoli conseguenze in ambito antropologico. Il fumetto riuscì a cogliere l‟immaginazione collettiva di un pubblico eterogeneo, composto d‟immigrati europei, contadini, operai e borghesi, rappresentando quel mondo caotico e popolare, potendo comunicare anche a chi non sapeva leggere attraverso i balloons che contenevano un linguaggio semplice, immediato, sintetico e, spesso, un misto di lingue diverse. Avveniva, allora, che mentre il fumetto andava pian piano costruendosi un‟identità propria e ben definita, anche le masse americane costruivano quella propria trovando nel fumetto stesso un punto di riferimento capace di contribuire ad un‟unificazione non solo linguistica, ma anche di uomini con origini e trascorsi molto diversi. 84 2.6 L’influenza del fumetto sulla coscienza del lettore I modelli di vita e le ideologie proposte dal fumetto fin dalla sua nascita, hanno costituito una delle prime e più importanti preoccupazioni, causando molta confusione fra gli studiosi riguardo al contenuto ed il mezzo di comunicazione utilizzato per far conoscere quello stesso contenuto. A causa di alcune scene di crudeltà e violenza spesso proposte dai fumetti, esso fu accusato e condannato, poiché vi era il timore che tali elementi condizionassero le masse emarginate, divenendo atteggiamenti pericolosi per l‟intera comunità. Attorno agli anni Cinquanta questa tesi accomunò molti studiosi, e non, dell‟America; in particolare, Wertham accusava violentemente il fumetto di corrompere i giovani e gli individui più semplici delle masse popolari. Nonostante tutto, però, vi era ancora qualcuno convinto che il ruolo assunto dal fumetto, vale a dire quello di specchio della società, avesse favorito lo sviluppo di una forte unità nazionale, incarnando ideologie ed usanze del tempo. Per quel che riguarda l‟Europa, si diffuse soprattutto la prima tendenza, quella che vedeva nel fumetto un pericolo per la formazione psicologica dei giovani. I cattolici italiani sostennero addirittura che la violenza e la sessualità presentate dai fumetti potessero turbare l‟equilibrio dei ragazzi; anche i laici ed i marxisti, seppure con toni e modi più pacati rispetto ai cattolici, operarono una campagna contro i comics. La situazione iniziò a cambiare soprattutto quando le riflessioni cominciarono a puntare di più su fatti concreti; certe idee furono completamente ribaltate, non credendo più che la criminalità e certe turbe giovanili potessero essere eliminate operando una censura che cancellasse scene erotiche o di violenza dai fumetti. Dagli studi condotti si costatò che, nonostante le scene d‟aggressività e di pornografia influenzassero le 85 reazioni psicologiche dei campioni, suscitando in loro atteggiamenti identificativi ed imitativi, tali comportamenti variavano da soggetto a soggetto, inserendosi in modo particolare all‟interno di contesti già alterati. Inoltre, alcuni studiosi sostennero che la lettura di fumetti contenenti le scene incriminate, potesse provocare un effetto catartico (vale a dire uno scaricarsi di pulsioni) sui soggetti osservati, per cui, dopo, essi sarebbero risultati addirittura demotivati a porre atto a forme qualsiasi di aggressività. La tesi per cui vi sarebbe un effetto catartico legato alla lettura dei fumetti è sostenuta ancora oggi, anche se il discorso si riferisce al mondo delle fiabe; nonostante ciò, è possibile trasferire le riflessioni proposte da Bettelheim73 al mondo dei fumetti, che è carico di elementi favolistici. Gli studiosi Imbasciati e Castelli sostengono che anche il fumetto peggiore, quello pornografico, violento ed impastato di distruzione, proprio per la sua struttura favolistica, non influisce in modo drastico sul lettore; “La struttura della favola costituisce la struttura difensiva, sostanziale quanto unica, nell‟elaborazione delle pulsioni in fantasie: è appunto il carattere di smaccata irrealtà che permette l‟abolizione della censura. Il lettore riuscirebbe cioè a fruire di un materiale fantastico, a riceverlo senza riprovazione-in altri termini, a leggere con piacere simili fumetti e a porre in atto eventuali dinamismi identificatori con i personaggi-proprio in funzione della assoluta negazione di realtà, contenuta palesemente nelle vicende”. 74 73 L‟autore consigliava ai genitore di non proporre ai figli solo le storie prive di elementi scabrosi, ma di presentare ai bambini anche i mostri cattivi delle fiabe; il bambino, in questo modo, ha la possibilità di astrarre la realtà, giocando il suo incontro con il mondo. Dalla sua prospettiva egocentrica, egli fornisce un‟entità materiale ai sogni, attribuisce vita e volontà ad oggetti ed eventi fisici, spiga i fenomeni in chiave di utilità o di casualità rispetto ai suoi bisogni ed alle sue esigenze. 74 In A. Imbasciati, C. Castelli, Psicologia del fumetto, Rimini-Firenze, Guaraldi Editore, 1975, pag. 187. Alcuni psicanalisti sostengono che le storie censurate, rese moraleggianti perché prive di elementi violenti o erotici, possono far emergere nel lettore di fumetti, e soprattutto nel bambino, dei complessi di colpa causati da un confronto fra il proprio comportamento e quello del protagonista del racconto. 86 Dalle ricerche svolte da numerosi studiosi, è emerso un elemento costante che accomuna i risultati delle osservazioni: l‟influenza operata dal fumetto sui soggetti, è in gran parte in rapporto a fattori esterni al medium (ambiente, socializzazione, modelli culturali, carenze psicologiche,…). Ciò ha portato alla convinzione che l‟evasione nel mondo di fantasia in cui ci trasporta il fumetto, abbia un‟incidenza minima rispetto alla realtà preesistente nel lettore; pertanto è possibile che un fumetto, come del resto qualsiasi altro medium, incida anche su persone equilibrate per scelte più inconsistenti piuttosto che su convinzioni profonde, per le quali ognuno si basa sulla realtà di ogni singola esperienza personale e sulla cultura d‟appartenenza. Il comportamento del protagonista di un fumetto o dei personaggi che ad esso si affiancano, non modifica il comportamento del lettore, né tantomeno lo cambia secondo le volontà dell‟autore. L‟agire del lettore viene evidentemente condizionato dal contesto culturale in cui è cresciuto, dalle conoscenze, dalla realtà del momento e non da un‟identificazione in un personaggio fantastico. Il fumetto è un mezzo di comunicazione con cui è possibile apprendere delle nozioni in maniera implicita, grazie al quale la fantasia di ognuno può essere arricchita poiché vengono presentati al pubblico una varietà infinita di avvenimenti ipotetici che allargano il campo delle soluzioni possibili per un problema. Ne consegue, allo stato attuale delle ricerche, che le ideologie dell‟autore implicite nei racconti, hanno pochissima importanza per il lettore che, immerso in un mondo completamente fantastico ed irreale, torna ad una realtà fatta di esperienze proprie, della specifica cultura, delle proprie convinzioni; i modelli proposti dall‟atteggiamento dei protagonisti delle storie, possono influire sul comportamento del lettore nel caso questo abbia un retroterra culturale debole o quando vi siano dei difetti psichici. 87 Le conclusioni cui gli autori delle ricerche sono arrivati, hanno evidenziato la poca incidenza del messaggio ideologico dell‟autore sul lettore; ne consegue che le forme di censura attuate dai genitori, dagli insegnanti, delle istituzioni preposte al controllo potrebbero ottenere l‟effetto contrario a quello desiderato, danneggiando il lettore invece di proteggerlo. Va precisato, però, che il fruitore del fumetto deve essere aiutato e preparato alla ricerca dei messaggi che l‟autore trasmette; tale capacità è uno strumento fondamentale per la comprensione del rapporto esistente fra produzione e contesto storico, per capire la personalità dell‟autore ed il valore prodotto. Sarebbe necessario, pertanto, superare la fase di lettura per pura evasione per operare una lettura critica, capace di interpretare i messaggi ed i significati più profondi. 2.6.1 La censura nei fumetti Come si è potuto costatare, a partire dagli anni Sessanta molti studiosi hanno cominciato ad interessarsi all‟influenza operata dai mass media e ai meccanismi che ne regolano la diffusione e la capacità di comunicare con il pubblico; l‟interesse riguardava anche il mondo dei fumetti che pian piano cominciava ad essere visto come un genere narrativo a sè stante, con una validità espressiva non indifferente. Fin dalla sua nascita il fumetto è sempre stato vittima dell‟ostilità e del disprezzo di molti, convinti dell‟assenza di un ben che minimo valore letterario; questo atteggiamento di intolleranza non stimolò alcuna espressione di indifferenza o un disinteresse nei loro confronti da parte del mondo culturale ed istituzionale. Esaminando attentamente, però, quella che è stata la storia dello sviluppo e dell‟ascesa del fumetto, è impossibile non notare una contraddizione logica espressa dalla profonda e insistente 88 censura operata sull‟immagine, sul linguaggio e sui contenuti; un controllo su un medium tanto denigrato, ma altrettanto temuto, che segnala un‟apprensione a prima vista ingiustificata nei confronti di questo mezzo. All‟apparenza, quindi, non si riconosceva al fumetto alcuna importanza letteraria, mentre di fatto, attraverso l‟attenzione rivolta a tutto quello che da esso veniva proposto, gli si attribuiva una forte valenza pedagogica. Negli Stati Uniti la censura cominciò ad operare agli inizi del Novecento con le prime pubblicazioni, arrivando poi alla rigida regolamentazione imposta dai Sindacati anche nei paesi d‟oltreoceano dove cominciavano a diffondersi i fumetti americani.75 In Italia le prime censure riguardarono i caratteristici balloons, sostituiti da rime baciate, colpevoli di mettere la parola al servizio dell‟immagine; si dovette aspettare gli anni Trenta perché ci si accorgesse dell‟importante valore che le nuvolette avevano per il nuovo genere, destinato soprattutto ai giovani. Purtroppo, durante il periodo fascista, la censura operò in maniera pesante, criminalizzando il fumetto e colpevolizzandolo di essere una minaccia per il sano sviluppo della gioventù di allora; a partire dal 1934 vennero inquisiti e condannati i primi disegni, dove le prosperose e seminude donne americane vennero debitamente rivestite, ed alcuni testi. A partire dal 1938 il regime fascista proibì l‟importazione di fumetti stranieri, costringendo gli autori a sostituire il nome dei personaggi per poter continuare a pubblicare i comics senza aver paura delle ripercussioni;76 il disegnatore Carlo Cossio77 fu costretto a salvaguardare l‟italianità di “Dick 75 La censura applicata nei vari paesi europei dove venne importato il fumetto americano, variò l‟intensità, la rigidità e le modalità a seconda dei diversi contesti politico sociali. 76 Fu così che “Audax” fu sostituito dal “Maresciallo Rossi”; “Mandrake” perse la “k” e “Brick Bradford” divenne “Giorgio Ventura”. 77 Il nome di Carlo Cossio, oltre ad essere legato al personaggio di “Dick Fulmine”, va ricordato per aver dato vita per l‟Intrepido, nel 1950, alle avventure di “Buffalo Bill” ricalcando le storie americane. 89 Fulmine” dall‟accusa di americanismo disegnando alcune tavole del fumetto a Roma davanti ai censori. Nel 1942 scomparve nuovamente la nuvoletta, sostituita questa volta dalla vecchia didascalia, accusata di essere troppo americana. Tutto in quegli anni doveva essere italiano, dalla mano di chi creava i fumetti alle situazioni; idee e valori dovevano riproporre fedelmente lo spirito fascista: “Mandrake” combatté a Berlino contro un gruppo di spie inglesi ; le origini di “Tarzan” furono fatte risalire ad un lontano avo tedesco; “Cino e Franco” divennero due giovani coloniali, mentre il famoso “Marmittone”, 78 colpevole di non essere fascista, fu fatto scomparire. Nonostante il fascismo sia stato molto rigido nei confronti degli autori e dei produttori dell‟epoca, bisogna constatare come, in realtà, abbia compreso più di chiunque altro il valore del fumetto come mezzo di comunicazione;79 intuiti i valori e la portata di questo medium, e di tutti gli altri, cercò di utilizzarli secondo le sue brutali consuetudini, riducendo tutto alla più rozza propaganda e non cogliendo la necessità di avvicinarsi a questi mezzi con astuzia ed eleganza. Con la Liberazione, il popolo italiano credette nella possibilità di poter esprimersi apertamente, di spaziare entro quei mondi che, proprio per essere stati a lungo esiliati, erano diventati mitici. Ricomparvero i fumetti americani ma, soprattutto, nacquero quelli italiani: “Zambo”, “Asso di Picche”, “Tex”, “Sciuscià” ed altri. Purtroppo anche durante il periodo di 78 “Marmittone” venne creato nel 1928 da Bruno Angioletta per il Corriere dei Piccoli; era un povero soldatino dal carattere mite e dall‟animo semplice,pieno di buona volontà, ma sprovveduto, che finiva sempre in prigione perché gli assurdi regolamenti ed il destino avverso gli facevano commettere un sacco di guai. 79 Mentre la censura stava espandendosi a macchia d‟olio, il fascismo cominciò a sfruttare il fumetto, come tutti gli altri mezzi di comunicazione, per diffondere, nelle giovani generazioni italiche, l‟ideologia fascista e le imprese di Mussolini. Allo scopo venne addirittura fondata una 90 ricostruzione vi furono episodi tangibili a testimoniare la volontà, da parte delle istituzioni, di mantenere il controllo totale della produzione fumettistica. Un episodio da ricordare è quello che ha visto la trasformazione della protagonista di “Pantera Bionda”, una specie di “Tarzan” in gonnella, che fu accusata e condannata per i suoi abiti troppo succinti e scandalosi; l‟editore fu, quindi, costretto a modificarne l‟abbigliamento, imponendo al personaggio la gonna al posto del due pezzi. La trasformazione del personaggio portò ad un calo delle vendite e, quindi, alla scomparsa del fumetto. La situazione che venne a crearsi in Italia, però, non si discostava poi molto da quella che stavano attraversando gli altri paesi, europei e non; censure di proporzioni consistenti vennero applicate anche alla produzione italiana esportata all‟estero: il nostro “Piccolo Sceriffo”, nella versione venduta in Germania, subì significative modificazioni per quanto riguarda la grafica ed i balloons che, ancora una volta, furono sostituiti con le didascalie. Gli anni Cinquanta furono un periodo molto difficile per i fumetti che, inseriti in un contesto generale di restaurazione e di moralizzazione “all‟americana”, furono accusati nuovamente di immoralità e di corruzione dei ragazzi costretti, a quel punto, a leggerli quasi clandestinamente. Pur senza raggiungere gli eccessi degli Stati Uniti, dove si arrivò addirittura a bruciare nelle piazze cataste di comics, i fumetti erano da più parti criminalizzati e banditi. In Germania, nel 1955 gli editori adottarono il “Freiwillige Selbstkontrolle Sür Serien-Bilder”, la quale prescriveva una rigorosa pulizia morale. Nella realtà dell‟epoca, le forze politiche governative assunsero un atteggiamento di restaurazione che andava ad affiancare un moralismo testata finalizzata a tale scopo, Il Balilla, ed operò la fascistizzazione di alcuni periodici, tra cui Il Vittorioso e Il Corriere dei Piccoli. 91 ormai diffuso; si cercava di far penetrare nelle coscienze i valori più moderati della borghesia, compresi quelli provenienti dai paesi d‟oltreoceano. Con la continua diffusione di alcune mode statunitensi, si espandevano anche gli aspetti più conformisti e perbenisti di quella società; così, il fumetto venne bandito dalle scuole e da alcune famiglie. Questa feroce campagna pesò molto anche all‟interno della sinistra e delle forze culturali più progressiste; Gianni Rodari fu costretto a polemizzare con Nilde Jotti per evidenziare gli aspetti e le caratteristiche positive del fumetto.80 Nel 1951 due deputati democristiani presentarono un disegno di legge con il quale si intendeva istituire un controllo preventivo sulle pubblicazioni a fumetti; ogni fumetto, cioè, prima di essere messo in vendita nelle edicole doveva passare al vaglio di una apposita commissione. Il disegno di legge passò alla Camera, ma non al Senato. Proposte analoghe furono presentate negli anni seguenti senza essere mai convertite in legge, ma misero in allarme gli editori che decisero di correre ai ripari; alcuni di essi, infatti, stabilirono di adottare un codice di autoregolamentazione per le pubblicazioni, identificando i fumetti realizzati nel rispetto di tale codice con il marchio di Garanzia Morale. Nelle storie inedite erano bandite le scene eccessivamente violente, i vestiti e le pose “sconvenienti”, soprattutto per personaggi femminili, il 80 Nonostante Rodari, all‟inizio, considerasse il fumetto un mezzo di comunicazione, allo stesso tempo nutriva dei dubbi sulla validità del mezzo stesso; tale convinzione si modificò nel corso degli anni, quando attribuì al fumetto un posto importante all‟interno della letteratura per i ragazzi. Il bambino lettore di fumetti, affermava Rodari, fa la sua prima esperienza di lettura motivata, leggendo per sé e non perché glielo ha imposto qualcuno, in quanto deve riconoscere i personaggi, interpretarne le espressioni ed osservare l‟ambiente. In tutto ciò l‟immaginazione ha un ruolo fondamentale: quello di collegamento tra una vignetta e l‟altra. “Per un bambino di sei sette anni mi sembra un lavoro abbastanza impegnativo, ricco di operazioni logiche e fantastiche, indipendentemente dal valore e dai contenuti del fumetto (…) La sua fantasia non assiste passiva (…) la fantasia è chiamata ad assolvere alle sue funzioni più nobili”; in G. Rodari, Grammatica della fantasia, pag. 146. 92 linguaggio crudo e scurrile;81 inoltre doveva sempre trasparire il rispetto per la Patria, per le istituzioni e per i sani principi. 2.6.2 La ripresa del fumetto negli anni Sessanta e la diffusione del genere pornografico Il rilancio del fumetto, decaduto da un punto di vista qualitativo e contenutistico a causa delle censure, avvenne nella metà degli anni Sessanta: lo sviluppo della critica e dell‟interesse da parte di altre discipline e del mondo culturale, si rifletté in maniera positiva sulla qualità del fumetto. Cominciarono ad essere allestite le prime mostre, organizzati incontri e dibattiti ai quali parteciparono personalità di vario livello e di vari paesi. La più nota di queste iniziative fu il Salone internazionale dei comics del cinema d’animazione e dell’illustrazione che ebbe inizio nel 1965, a Bordighera, con il sostegno e l‟approvazione dell‟Istituto di Pedagogia dell‟Università di Roma e di altre istituzioni rivolte allo studio della stampa a fumetti. L‟anno successivo il Salone si trasferì stabilmente a Lucca, divenendo così un punto di incontro per autori, studiosi, giornalisti, appassionati e curiosi di ogni età e di tutto il mondo.Grazie al Salone dei Comics il fumetto cominciò ad uscire dal pregiudizio che lo voleva relegare tra le cose più effimere, destinate esclusivamente al consumo infantile.82 Nacquero e si svilupparono altre iniziative, si costituirono associazioni come l‟ANAF (Associazione nazionale amici del fumetto) o l‟Arci Comics. 81 Per quanto riguarda il linguaggio, era frequente trovare vignette che raffigurassero un malvivente disarmato, preso a pugni dall‟eroe di turno che esclamasse un improbabile “Accidempoli” invece di ben altre realistiche espressioni. 82 Nonostante il clima di rinnovamento la censura continua ad operare, anche se in modo più raffinato, capace di stare al passo con i tempi. 93 Il rilancio del fumetto, però, non fu privo di contraddizioni, la più strepitosa della quale coinvolgeva la nascita del fumetto pornografico.83 All‟esplodere della pornografia ci fu chi rimpianse i bei tempi duri della censura intransigente; la casa editrice SEPIM, ad esempio, decise di attuare un‟operazione editoriale che prevedeva la ristampa le storie di alcuni fumetti, nati tra il 1945 ed 1950, così come erano stati censurati, all‟interno dell‟Albo Evviva.84 Tale iniziativa fu ben vista da quella parte della società italiana che, preoccupata per le conseguenze delle proteste sessantottine, chiese una pulizia che garantisse equilibrio e tranquillità. Purtroppo le speranze dei ben pensanti dovettero essere riposte, perché l‟albo venne ritirato dalle edicole dopo poche uscite; per rimediare al fallimento la SEPIM ricoprì le copertine delle copie avanzate con immagini di donne nude e con i titoli modificati, anche se all‟interno continuavano ad esserci ancora le avventure del Piccolo Sceriffo.85 L‟operazione commerciale, questa volta, fu un successo, tanto che gli editori crearono una rivista che pubblicava esclusivamente fotoromanzi pornografici: il Cabalero, dichiarando di essersi gettati nel mondo della pornografia per esigenze d‟aggiornamento. Che gli stessi censori di fumetti fossero anche creatori di storie pornografiche, anche se non appare del tutto logico, non deve stupire; l‟opera dei censori, infatti, non è stata, e continua a non essere, sostenuta da motivazioni legate alle operazioni di cui sono artefici, bensì da obiettivi più generali come la restaurazione sociale. Per questo motivo l‟operato della 83 E‟ probabile che le radici del genere pornografico debbano essere ricercate nel mondo del cinema e dei fotoromanzi. L. Barbini, A. Abruzzese, Pornograffiti. Trame e figure del fumetto italiano per adulti, Roma, Napoleone, 1980. 84 Le storie pubblicate dalla SEPIM erano quelle del Piccolo Sceriffo. 85 Fumetti censurati e copertine sexy furono gli elementi che fecero dell‟Evviva il simbolo di una disfunzione profonda, di un distacco tra intenti moralistici e realtà. 94 SEPIM rappresentò una contraddizione molto forte: il fumetto che viene modificato di più dalla censura, è quello che in realtà alla fine ricorre di più all‟espediente della pornografia, logico sbocco per una produzione dequalificata. Limitare la creatività degli autori ha generato un decadimento dei prodotti che demotiva i lettori, con una conseguenza anche sul piano delle vendite. Bisogna sottolineare, però, che non tutti passarono dalla censura alla pornografia; Sergio Bonelli, ad esempio, dichiarò di essersi vergognato molto nell‟attuare quelle censure, non per le modifiche in se stesse, ma per aver dovuto trascorrere giornate intere a chiedersi se la scollatura di una donna fosse troppo ampia o se l‟atteggiamento dei protagonisti rispondesse o meno ai principî dell‟epoca. In questo modo, oltre a sprecare del tempo prezioso, si perdevano di vista gli obiettivi del lavoro, a discapito della qualità grafica e narrativa; ma Bonelli fu tra quelli che seppero far tesoro di queste esperienze e, grazie alla capacità d‟autocritica, riuscì a portare i suoi prodotti ad alto livello sia in ambito nazionale sia internazionale. 95 Capitolo terzo IL MITO DI “TEX” FRA CULTURA E SOCIETÀ 3.1 La nascita di “Tex” Cercare di riannodare tutti i fili che portano a Tex Willer, dalle profondità del Mito del West in Italia, non è una cosa molto semplice da fare; il ranger creato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, in arte “Galep”, non è un personaggio western qualsiasi, né e solo il più importante eroe di carta italiano di tutti i tempi, quanto meno per durata. E‟ l‟insieme, invece, di molte figure leggendarie del selvaggio West, così come sono giunte in Italia nell‟arco di oltre un secolo, passando attraverso la fotografia, la letteratura di genere, il cinema e la narrativa illustrata. “Tex”, però, è anche l‟erede di tutti gli eroi popolari che lo hanno preceduto, a partire da “Dick Fulmine”, e vanta anche antenati non trascurabili come il fumetto “colto”. “Tex”, in qualche modo, ha riassunto e riproposto il Mito del West così come è stato vissuto in Europa, e principalmente in Italia, prima e dopo stagioni chiave come quella, cinematografica, dei cosiddetti “spaghetti western”. In più di cinquant‟anni di fortuna, nonostante lo scenario delle sue avventure fosse sempre quello del selvaggio Ovest, “Tex” ha seguito ed in parte rispecchiato le profonde trasformazioni del costume nella società italiana, l‟evolversi delle vicende storiche la nascita ed il tramonto di tutte le ideologie a partire dall‟anno in cui venne creato, il 1948.86 86 Per l‟Italia è un anno di svolta: con il primo gennaio entrò in vigore la Costituzione repubblicana, Einaudi è presidente, Gino Bartali vince il Tour de France e Togliatti viene ferito durante un attentato. 96 La nascita di “Tex” deve essere attribuita alla volontà di una giovane imprenditrice, Tea Bonelli, che nell‟immediato dopoguerra aveva rilevato dall‟ex marito Gianluigi Bonelli la casa editrice AUDACE. Quando la donna conobbe il disegnatore Aurelio Galleppini, alias “Galep”, lo invitò a disegnare un nuovo fumetto che rimpiazzasse il vecchio “Furio”, 87 personaggio di punta delle produzioni del momento. Galeppini accettò l‟incarico e, assieme a Bonelli, creò un personaggio western “comune”, destinato alle strisce, a cui venne dato il nome di “Tex Killer”; il nome venne poi sostituito in “Tex Willer” perché considerato troppo violento.88 Il primo numero fu pubblicato il 30 settembre 1948, con una tiratura di 50.000 copie ed un periodicità settimanale; le dimensioni del prodotto editoriale erano abbastanza ridotte: un albetto a striscia, stampato in bianco e nero composto di appena trentasei pagine, copertina inclusa Il primo “Tex” aveva dei lineamenti non ben definiti, e si ispirava in parte a Gary Cooper ed in parte allo stesso “Galep”;89 anche l‟abbigliamento era diverso da quello che vediamo noi oggi: il ranger tutto scazzottate e fuorilegge indossava una casacca a frange al posto della sgargiante camicia gialla. 87 Creato nel 1940 da Carlo Cossio su testo di Gianluigi Bonelli, “Furio Almirante” apparve come protagonista della serie “X-1 il Pugile Misterioso. Fu uno degli eroi italiani dotati di forza e coraggio in auge durante l‟ultimo periodo fascista; a testimonianza della sua appartenenza alla pura razza latina, sfoggiava una folta e riccioluta capigliatura corvina e si avventurava in episodi che lo contrapponevano contro i nemici dell‟Italia. Durante la Seconda Guerra Mondiale diventò uno strumento della propaganda fascista; nel dopoguerra, il personaggio venne sostanzialmente modificato, senza però cogliere il favore dei lettori. 88 Va sottolineato che Galleppini riuscì a lavorare da solo al progetto editoriale per pochi anni; il successo inaspettato del fumetto lo costrinse ad accettare l‟aiuto di altri disegnatori che, però, si limitavano a disegnare la pagina in matita o a realizzare i fondali: i personaggi e le chine erano un‟esclusiva di “Galep”. 89 L‟opera illustrativa di Galleppini non nasceva da documentazioni cartacee o pittoresche, bensì da quel poco che i fotogrammi del cinema western gli avevano trasmesso; è proprio da uno dei protagonisti di Hollywood, Gary Cooper, che il disegnatore trasse spunto per dare un volto a “Tex”. 97 Nel corso degli anni, con l‟avvicendarsi di nuovi disegnatori, i lineamenti del viso di “Tex” si sono fatti più duri e squadrati, e anche il suo fisico, inizialmente asciutto, si è via via trasformato divenendo più robusto e vigoroso90. Sin dall‟inizio, nella proposta di “Tex”, era possibile notare delle diversità rispetto a quello che era lo standard medio del fumetto italiano; nella vicenda immaginata da Bonelli si scorgevano elementi narrativi ed ambientali che non potevano confondere il prodotto nascente con altre pubblicazioni egualmente interessate all‟universo del West. Le avventure del ranger solitario erano inserite in un preciso territorio geografico; appunti a margine e annotazioni inserite nel racconto testimoniavano come l‟autore non facesse ricorso a vaghe reminiscenze ricavate da altri testi. Con una invidiabile precisione fatti ed avvenimenti si susseguivano attraverso una razionale identificazione di luoghi, distanze e percorsi; ogni elemento contribuiva a dare al lettore delle precise certezze, così come del resto era nella natura del protagonista. Esiste un altro aspetto dell‟ epopea che, sin dalle prime puntate, stimolò la curiosità e l‟attenzione dei lettori più accaniti: l‟elemento magico. Questo tema, a cui gradatamente verrà data molta importanza nelle complesse vicende di “Tex”, comprende quel “meraviglioso” che garantisce una costante presenza di suspense all‟interno delle storie. Si include, così, il mistero, il soprannaturale, la stregoneria, il fantastico, mescolando leggende e superstizioni popolari, figure ricavate dal bagaglio dell‟immaginario di Bonelli e dai suoi amati ricordi letterari.91 90 Il “Tex” realizzato dal disegnatore Claudio Villa può essere considerato una specie di clone di John Wayne; altri disegnatori si sono divertiti a proporre visi e situazioni famose: il cattivo Juan Velarde (“Tex” n° 328-330) è il ritratto di Vincent Price, Lee Van Cleef ha prestato il volto al bandito di turno del n° 387, mentre Robert Mitchum allo sceriffo del n° 385. 91 Le letture che hanno segnato la passione di Bonelli per l‟avventura sono quelle che vanno da Conrad a Grey, da Dumas a Rider Haggard e da Sabatini a Salgari. 98 Durante tutto l‟arco della sua vita, “Tex” ha sempre fatto, e continua a fare, esperienze straordinarie e razionalmente inspiegabili che lasciano intendere pensieri del tipo: “Non capisco, ma mi adeguo”; dopo aver affrontato le situazioni più disparate, il mitico ranger è riuscito a maturare un grande rispetto per l‟impenetrabile, l‟oscuro, il magico. L‟esperienza dell‟autore fece sì che questi elementi incantevoli venissero accettati ed apprezzati dal pubblico, in quanto abilmente inseriti in una “chanson de geste” che non nutriva dubbi circa la propria essenza di grande ed avvincente romanzo popolare. 3.1.1 Il mondo di “Tex” “Tex” è figlio di un ranchero texano che da giovane aiuta il padre, il fratello Sam e Gunny Bill, il superiore che insegnerà al giovane tutto sull‟uso delle armi, ad occuparsi della proprietà. Dopo aver vendicato la morte del padre, vittima dei banditi, il giovane abbandona il ranch paterno in cerca di avventure; lavora per un rodeo, dove si guadagna lo splendido Dinamite.92 Venuto a conoscenza dell‟assassinio del fratello, Tex decide nuovamente di sostituirsi alla legge facendo giustizia da solo e diventando un fuorilegge ricercato, che riesce a chiarire la sua situazione a suon di pugni e di pallottole e che alla fine viene nominato ranger di frontiera, mandato a combattere indiani, rapinatori e bandoleros. Ecco come si presentava “Tex Willer” ai suoi lettori nel 1948. 92 Dinamite è lo splendido cavallo di “Tex”, suo inseparabile compagno. Fin dalle prive avventure il purosangue è la vera spalla del ranger, quello che nitrisce se arrivano i nemici o i serpenti ed è pronto a volare come il vento per sfuggire agli indiani. 99 Il ranger solitario è anche capo ed agente indiano della Riserva Navajo; profondo conoscitore della cultura dei nativi americani, che lo chiamano Aquila della notte, egli nutre un profondo rispetto per i loro usi e costumi. 93 “Tex” ha rappresentato uno dei primi contatti degli italiani con il mondo del selvaggio West e delle praterie americane: i fiumi tortuosi, le fitte foreste, le montagne rocciose, le pianure erbose e sconfinate, i grandi deserti, hanno sempre caratterizzato l‟ambiente in cui si muove il nostro eroe.94 “Tex” è l‟ultimo erede di una serie di giustizieri insofferenti verso i potenti, i furbi, i prevaricatori, portato a farsi giustizia da solo, in nome dei più deboli, in un mondo in cui gli intrighi e la prepotenza si fanno beffa di una giustizia che, per colpa degli uomini, viene spesso messa in dubbio. In genere il ranger impiega le pistole soprattutto contro i sicari bianchi o messicani che lo affrontano in città, a gruppetti di quattro o cinque, cercando di ucciderlo al saloon o al ristorante. Il fuoco del suo fucile, invece, colpisce gli indiani che notoriamente si muovono a gruppi di cento per volta; quando gli avversari cominciano ad essere troppi, “Tex” passa ad utilizzare la dinamite. Il ranger è dotato di una specie di sesto senso capace di smascherare i delinquenti con estrema facilità; questa è una delle componenti rassicuranti dell‟intera serie: quando “Tex” picchia qualcuno, è sicuramente perché ha davanti a sé un criminale incallito. Un altro tema rilevante all‟interno delle storie è, come si è visto, la vendetta; a “Tex” non basta che il malvagio venga punito, chi ha subito un‟offesa deve anche essere vendicato. Il binomio giustizia-vendetta deriva 93 L‟autorità di “Tex” nei confronti dei suoi amici pellerossa, è rappresentata dal sacro Wampum, la cintura simbolo di pace rispettato da tutte la tribù indiane che il predente capo navajo gli aveva donato. 100 dal duplice ruolo del protagonista: ranger e capo bianco dei Navajos. “Tex” crede fermamente nel suo ruolo di vendicatore, tant‟è che, solitamente, aggiunge al sostantivo “vendetta”, l‟aggettivo “giusta”. Agli inizi degli anni Cinquanta95 “Tex” sta via via conquistandosi nuove simpatie per come si comporta, per i personaggi, amici e nemici, che va incontrando, per il modo non proprio corretto di portare a termine le sue azioni. Capitolo dopo capitolo, infatti, stermina fuorilegge, sconvolge i piani dei trafficanti d‟oppio e di armi, sconfigge gente di ogni tipo e, ripetutamente, si schiera dalla parte degli indiani combattendo contro il popolo bianco. “Tex” continuamente dà prova della sua forza interiore, delle regole morali che lo guidano, del suo non voler essere giustiziere, bensì un coraggioso e valoroso difensore dei diritti di chi non può difendersi. 3.2 “Tex” e la censura “Tex” attirò fin da subito l‟attenzione di molti, probabilmente per la sua diffusione e per la sua lunga durata; infatti, con il passare del tempo, “Tex” riuscì a mantenere vivo l‟interesse dei propri lettori fino a crearsi un vasto pubblico che permise proprio in queste storie, l‟identificazione di un genere a sè stante: il western all‟italiana. Fu questo, secondo Ermanno Detti, il motivo per cui numerosi studiosi si interessarono al mitico rangers: Antonio Faeti gli destinò non poche pagine 94 Quando Galleppini cominciò a lavorare al fumetto nel 1948, si ispirò ai paesaggi rocciosi della Sardegna; in seguito a dare l‟ispirazione al disegnatore fu il massiccio dolomitico della Sella. 95 La costante crescita di fiducia e benevolenza del pubblico, si manifestò nel giugno del 1952, quando venne decisa la ristampa delle prime avventure di “Tex”; un segno decisamente positivo, testimoniato dalla presenza in edicola di albi quindicinali (in formato verticale, composti di 36 pagine) che riproponevano, a tre a tre, le storie precedentemente pubblicate in striscia. Nel 1954 questi stessi albi, riadattati, divennero dei grossi volumi di duecento pagine, dimostrando così che “Tex” aveva vinto la sua scommessa, assestandosi tra gli eroi più amati in Italia. 101 del saggio Dacci questo veleno, molte riviste pubblicarono lunghi articoli su “Tex” al quale, inoltre, furono dedicati alcuni libri.96 L‟opinione di Detti, inoltre, è che “Tex” sia stata l‟unica testata capace di far risaltare, confrontando la prima edizione con le successive ristampe, i cambiamenti della nostra società così come vengono rispecchiate nel fumetto. Per operare questo tipo di confronto, Detti utilizzò le edizioni del 1948 e del 1964, limitandosi all‟analisi dei primi venti episodi;97 la prima osservazione è stata che le ristampe risultavano molto simili alla prima edizione e che il numero delle strisce era rimasto invariato;98 da un punto di vista grafico-linguistico, la preoccupazione degli autori è stata quella di operare una trasformazione moralistica ed ideologica, un cambiamento pesante fatto su poche ma incisive vignette. Le differenze evidenziate da Detti durante la sua ricerca, le più significative del clima che stava investendo il mondo dei fumetti italiani negli anni della crisi, sono quelle che colpiscono il mondo femminile; nelle ristampe le donne, oltre ad essere completamente vestite, non hanno più il ruolo e l‟importanza iniziale: le coraggiose signorine di un tempo, non sono più ritenute capaci di influenzare gli avvenimenti in prima persona. 99 Le variazioni che “Tex” subì nel linguaggio, coinvolsero espressioni ritenute troppo forti; così il termine “scagnozzi” venne sostituito con “uomini”, mentre altri modi di dire che caratterizzavano i personaggi, 96 L‟obiettivo di alcuni di questi lavori, era quello di capire il perché di tanta fortuna di questo albo e si sono espresse opinioni diverse sul personaggio: c‟è chi lo considera favorevolmente, perché protettore degli indiani, e chi invece lo reputa un tipico tutore della legge dello Stato statunitense. I punti di vista risultano essere diversi tra loro perché relativi solo ai contenuti; si è tralasciato di compiere delle indagini sugli elementi strutturali dell‟Albo, i quali avrebbero così evitato inutili formulazioni di giudizi sintetici e teorici. 97 Le modifiche sviscerate ed analizzate da Detti erano presenti già nelle edizioni del 1959. 98 Nell‟affermare che tra la prima edizione e le ristampe di “Tex” non ci sono differenze fra le vignette, Detti intende che esse non sono state tolte, ma non ne sono state aggiunte delle altre. 102 furono completamente cancellati: “Perdio”. “sangue del diavolo”, “bastardo”,… Un‟altra trasformazione sul piano grafico è stata quella, trovata solo su una vignetta, che riguarda la cancellazione di una ferita di sangue che scende dalla fronte di un malvivente; lo scopo di questa modifica è, stando a Detti, sia quello di attenuare una scena troppo cruda, sia di presentare un “Tex” meno violento.100 L‟elemento che però ha interessato di più il critico durante il suo lavoro, è stato il cambiamento operato nei confronti della concezione della legge e dei suoi rappresentanti. Nell‟edizione originaria, le regole potevano essere violate e spesso volentieri gli sceriffi venivano presentati come degli incapaci. La paura di corruzione che invase l‟Italia delle censure, costrinse Bonelli ad inventare sceneggiature dove non si accennasse in alcun modo alla violazione della legge e dove non ci si prendesse gioco delle forze dell‟ordine. Le ragioni delle modifiche attuate da una censura, in questo caso autoimposta dall‟autore e dal disegnatore, vanno ricercate nell‟ ambiente culturale in cui si inserivano i lavori di Bonelli e di molti altri autori, un mondo dove la moralizzazione era l‟obiettivo principale, dove violenza e criminalità dovevano restare fuori dalla vita dei più giovani, considerati talmente deboli da poter essere manipolati e corrotti dal contenuto di un semplice fumetto. Il motivo che indusse la Casa Editrice ad adottare questi ed altri provvedimenti, venne spiegato ai lettori nel 1986 dallo stesso Bonelli, che in un ampio intervento sul n°4 di “TuttoTex” dichiarò: “Nel 1951 due 99 In alcuni casi sono state modificate scene intere in cui la donna aveva, in origine, un ruolo attivo. 100 Nelle riedizioni, “Tex” non appare più come lo spietato fuorilegge che spara per uccidere anche se non ve ne è la necessità, ma appare piuttosto addolcito e meno sadico. 103 104 105 106 deputati democristiani, Federici e Migliori, Presentarono alla Camera un progetto di legge che istituiva un controllo preventivo sulla stampa a fumetti. Il progetto non fu approvato al Senato, ma proposte analoghe (anch‟esse mai approvate) vennero ripresentate nel 1955 e nel 1958. Tanto per darvi un‟idea, significava che, nel caso una legge simile entrasse in vigore, ogni pagina doveva essere mostrata a una „commissione di censura governativa prima di essere approvata. In altre parole sarebbe stata la paralisi dell‟editoria a fumetti per ragazzi. Perciò, io e tutti gli altri editori del settore, vivevamo nel panico e non potevamo aspettare che quella spada di Damocle cadesse. Dunque, corremmo ai ripari, usando le stesse „armi‟ del nemico: istituimmo cioè una nostra commissione di „autocensura‟, con tanto di marchio che appariva sulle pubblicazioni (…). Fatto sta che noi editori, in assurde riunioni, dovevamo stabilire (o meglio cercare di interpretare, calandoci nella mentalità dei famosi deputati) i confini della morale”. 3.3 “Tex” e la pubblicità Oggi come oggi, si sa, esiste un florido mercato di oggettistica varia che riproduce i personaggi famosi dell‟editoria a fumetti e del cinema: quaderni, zaini, magliette, penne, orologi, puzzle, pupazzi e mille altri prodotti che vengono distribuiti ovunque, dal supermercato all‟edicola, dal negozio di giocattoli a quello di vestiti. La Disney da qualche anno ha aperto anche in Italia una catena di negozi, già presente in altre parti del mondo, destinata alla promozione e alla vendita di oggettistica ed abbigliamento legata ai personaggi più famosi che le appartengono. In alcuni casi il riscontro d‟immagine dei protagonisti di alcuni fumetti è più forte nel campo del merchandising, piuttosto che nelle 107 vendite in edicola: i biglietti di auguri di Charlie Brown si possono trovare in tutte le cartolerie e risultano noti, come icone,alla maggioranza degli habitué. Nel caso specifico di “Tex”, il discorso cambia radicalmente. Il ranger inventato da Bonelli, infatti, è presente nelle edicole da oltre cinquant‟anni ed è sempre più popolare tra i fruitori di fumetti; per nulla indebolita, con caratteristiche grafiche e di testi che non sembrano in alcun modo dequalificarsi, la serie di “Tex Willer” continua ad incrementare le vendite. Ci sarebbe da aspettarsi, a questo punto, che tanto successo abbia portato, e continui a portare, un‟esplosione di oggettistica con il marchio del noto personaggio; in realtà ciò non è accaduto, il merchandising “texiano” è stato condotto in sordina negli anni passati ed anche oggi non offre molto, nonostante questa sia l‟epoca della comunicazione multimediale, dove le proposte di tipo commerciale invadono televisione e giornali. La questione, riguardo al mercato pubblicitario legato a “Tex”, deve essere inserita in un contesto molto ampio che concerne la tradizionale riluttanza della casa editrice Bonelli nei confronti delle moderne tecniche di marketing. Fra le pagine delle più note pubblicazioni, infatti, è rarissimo, se non impossibile, trovare qualche forma di spazio pubblicitario concesso a pagamento; il motivo per cui ciò accade, va ricercato non all‟esterno della casa editrice, tra le aziende ed i pubblicitari, bensì al suo interno, dove si continua a portare avanti una precisa scelta dell‟editore fatta molti anni fa: non mettere in vendita nessuna pagina dei fumetti, perché la presenza di pubblicità che non riguardi iniziative della casa editrice, potrebbe infastidire il lettore.101 101 Per Sergio Bonelli il fumetto non è unicamente un prodotto commerciale, ma un‟autentica passione da coltivare; a questo va aggiunto che vi è nell‟editore la soddisfazione di aver 108 L‟attività dei Bonelli si è sempre rivolta univocamente al mondo dei fumetti,102 disinteressandosi di tutto il resto; gli impegni, gli investimenti e gli sforzi erano, e sono, rivolti alla cura dei propri prodotti, attenti ad evitare accuratamente che i personaggi diventassero oggetto di studio e di lavoro di qualche addetto al settore del marketing. Con la nascita di “Dylan Dog”, le cose sono un po‟ cambiate; il personaggio creato da Tiziano Scala nel 1986, ha rappresentato sia un boom editoriale, sia un fenomeno di costume, tanto che i produttori di ogni genere d‟oggettistica hanno cominciato a chiedere il permesso della casa editrice per utilizzare il logo e l‟icona del loro “Indagatore dell‟Incubo”: fu così che Bonelli decise di affidare ad un‟agenzia specializzata in merchandising e licensing il compito di creare e distribuire una quantità enorme di prodotti, dai quaderni agli orologi, dalle magliette ai videogiochi. Nonostante “Tex” abbia sempre combattuto ad armi pari con le vendite di “Dylan Dog”, ed avendo alle spalle decenni di successo in più rispetto al suo antagonista, “l‟Indagatore dell‟Incubo” ha potuto essere effigiato ovunque, mentre il mitico ranger, sul versante dei gadget, ha dovuto segnare il passo. Bisogna specificare, a questo punto, che il target di mercato dell‟oggettistica è rappresentato principalmente da un pubblico giovanissimo, costituito da bambini e da ragazze;103 entrambe le categorie interessate, però, non fanno parte del tradizionale mondo dei fruitori di fumetti di “Tex”. Quando le avventure di “Aquila della Notte” erano lette pubblicato i propri lavori grazie al ricavato delle vendite, senza alcun tipo di sostegno esterno , pressioni o influenze da parte di finanziatori diversi dagli acquirenti delle edicole. 102 A differenza della casa editrice Bonelli, la Disney si è occupata, e continua ad occuparsi, di altre produzioni, quali quelle cinematografiche e televisive, di parchi dei divertimenti, di gestione del merchandising, considerando i fumetti solo un elemento secondario che fa parte dell‟immenso mondo produttivo. Anche la Mondatori riteneva quello dei fumetti un settore fra i tanti di cui si occupava e che comprendeva anche libri e riviste di vario genere. 109 con ardore e passione dai bambini, si era negli anni Cinquanta e Sessanta, epoca in cui non prevaleva il merchandising e, quando veniva praticato,ciò avveniva in misura estremamente limitata. Oggi come oggi, appurato l‟interesse dei più piccoli verso questo tipo di mercato, si deve constatare come “Tex” abbia visto progressivamente invecchiare l‟età media dei suoi lettori: ciò farebbe pensare alla creazione di un‟oggettistica che punti ad un target molto diverso da quello infantile, costituito principalmente da giovani ed adulti. A questa considerazione specifica sulle caratteristiche del fruitore di “Tex”, bisogna aggiungere anche quella legata al decadimento del genere western nell‟immaginario collettivo, evento che è progressivamente coinciso con l‟incremento dell‟interesse verso i gadget e della mania per gli oggetti firmati, sponsorizzati ed etichettati; questa esplosione di consumismo di settore, avvenuta attorno agli anni Settanta, però, non coinvolse “Tex”, poiché proprio in quegli anni il genere fumettistico western stava vivendo il periodo più brutto e nei negozi andavano per la maggiore i gadget degli “Sturmtruppen”, piuttosto che quelli di “Aquila della Notte”. Nonostante tutto, però, durante gli anni migliori per l‟editoria western, sono stati messi comunque in commercio giocattoli legati al personaggio del ranger creato da Bonelli: un piccolo fucile chiamato “Winchester di Tex” (1949), dei pupazzetti raffiguranti i pards di “Tex” (1974 prodotti dalla Lavarelli; 1979 prodotti dalla Herbert), soldatini di plastica di cow-boy ed indiani in una busta che recava il logo di “Tex” (distribuiti dalla Globo di Verona), il gioco di società “Tex Willer”, messo in commercio per un pubblico di giovanissimi dalla Clementoni di Cremona (1975). 103 I ragazzi vedono nei gadget legati al personaggio dei fumetti preferito uno spunto di gioco, mentre le ragazze sono attratte da tutto ciò che riesce a catalizzare affettuosità e pulsioni. 110 111 112 I giochi si esauriscono in quelli elencati e ad essi possono essere aggiunti altri prodotti di poco interesse, come un costume di carnevale, una serie di “Trasferelli” prodotti dalla Mondatori, un album di figurine,104 qualche quaderno ed alcuni diari scolastici. Per quanto riguarda i prodotti più recenti, creati per il pubblico più maturo, possono essere ricordati i teli da mare prodotti nel 1983 dalla ditta Befana, tre diversi puzzle da 250 e 1000 pezzi distribuiti attorno agli anni Novanta dalla Mondatori e dalla Clementoni, una serie di giochi interattivi su dischetti e su CD-ROM, un disco 45 giri contenente il motivo “La ballata di Tex Willer”, una serie di magliette, cinture, felpe, jeans e addirittura scarpe con il marchio di “Aquila della Notte”. Tutta questa varietà di prodotti sarebbe rilevante, se il personaggio in questione non fosse sulla breccia dell‟onda da ormai più di cinquant‟anni; viene da chiedersi il motivo per cui non siano stati prodotti biglietti d‟auguri, tappetini per il mouse, lavagnette, indumenti intimi, pantofole, zerbini, orologi, carte da poker, cravatte ed adesivi per le automobili. Inoltre bisognerebbe scoprire dove siano stati distribuiti gli oggetti prodotti, considerato il fatto che è impossibile reperirli. E‟ ovvio che una mancata pressione da merchandising può anche essere un fatto positivo; tuttavia bisogna considerare il fenomeno che serve ad inquadrare “Tex” quasi esclusivamente in una dimensione fumettistica, influenzata molto poco da influssi esterni. Ma non è tutto: bisogna tener conto della possibilità che si verifichi una sorta di transfert tra il personaggio ed i suoi affezionati lettori. Questo potrebbe essere il punto principale, quello da evidenziare: è una teoria da non sottovalutare, e 104 L‟album “Le figurine di Tex” è stato pubblicato nel 1979 dalle Edizioni Ediboy di Milano, un‟azienda che non era leader del settore, cosicché la distribuzione ne risentì e non fu ottimale. Altri editori, tra cui la famosissima Panini, si sono completamente disinteressati a “Tex”, convinti evidentemente che il personaggio non fosse abbastanza mirato per il loro pubblico. 113 114 consiste nel giustificare lo scarso sviluppo del merchandising con l‟affinità tra “Tex” e chi di “Tex” è un assiduo lettore. Il lettore di “Tex”, infatti, prima o poi finisce inesorabilmente con l‟identificarsi con il ranger, oppure sceglie l‟amato personaggio perché lo sente affine a sé stesso. Verrebbe da chiedersi, allora, cosa se ne farebbe l‟estimatore di “Tex” dell‟orologio, dei boxer o di quant‟altro possa proporre il mercato dei gadget. E‟ facile supporre che i lettori che considerano “Aquila della Notte” come un uomo pratico e dai modi sbrigativi ed energici, che si identificano in lui provando soddisfazione nel vederlo prendere a pugni qualche farabutto, non provino alcun tipo di soddisfazione nell‟acquistare dei semplici oggetti. Se l‟ipotesi fin qui formulata fosse corretta, vorrebbe dire che la difficoltà incontrata da “Tex” nello sfondare nel mondo del merchandising nascerebbe dalla sua stessa connotazione psicologica e caratteriale che conduce il lettore a pensare, quasi per imprinting, a desiderare di vivere un‟avventura simile a quelle del ranger, piuttosto che la penna griffata o l‟orologio griffati. Le mostre ed i cataloghi ed i libri su “Tex” si sono moltiplicati, segno evidente che il pubblico texiano esiste, attento ed interessato anche ad altro che non all‟acquisto dell‟albo in edicola. Il fatto è che, molto probabilmente, preferisce coltivare il mito del proprio eroe così come riesce a presentarlo la carta stampata. L‟immagine riprodotta produce un effetto evocativo del tutto particolare: ad ognuno suggerisce qualcosa di diverso, delle emozioni proprie e private. Non deve stupire se i lettori accaniti di “Tex” preferiscono sfogare le loro passioni rivolgendosi al mercato editoriale piuttosto che a quello dei 115 gadget.105 Se il pubblico texiano fosse interessato in senso consumistico al ranger, avremmo sicuramente avuto un‟infinità di oggettini da mettere in mostra. Quindi, in fin dei conti, è meglio che le cose siano andate così. 3.4 “Tex” protagonista del grande e del piccolo schermo Attorno alla seconda metà degli anni Settanta “Tex” apparve al di fuori delle pagine degli albi a fumetti, entrando a far parte del mondo televisivo italiano; in quegli anni suscitava grande entusiasmo un programma della Rai, “Supergulp”,106 che proponeva le versioni animate o semi animate delle avventure di celebri personaggi dei comics: “L‟Uomo Ragno”, “I Fantastici Quattro” ed altri. Anche “Aquila della Notte” divenne uno dei protagonisti di quella trasmissione: nella terza serie venne presentato il racconto intitolato “El Muerto”.107 Il successo ottenuto dall‟innovativa trasmissione per ragazzi, suggerì a Giorgio Bonelli, uno dei figli di Gianluigi, l‟idea di realizzare un programma analogo incentrato esclusivamente sui personaggi editi dalla Cepim e dalla Daim Press: nacque, così, “Tex & Company”, una serie di fumetti in televisione che presentava ai telespettatori alcune delle più riuscite storie di “Tex”, “Zagor” e “Mister No”, ma anche episodi tratti dalla collana “Un Uomo un‟avventura”. Ad avere il ruolo da protagonista 105 Le avventure di “Aquila della Notte”, anche le primissime, quelle ormai lontane, vengono continuamente ristampate, riscotendo sempre e comunque un enorme successo. 106 Il programma della Rai venne ideato da Giancarlo Governi, Guido De Maria e Franco Bonvicini. 107 Il racconto venne firmato da Gianluigi Bonelli ed Aurelio Galleppini, ma in realtà fu ideato e scritto da Sergio Bonelli, figlio del popolarissimo “padre” di “Tex”. questa splendida avventura, in cui “Tex” affronta un misterioso pistolero dal viso sfigurato, venne adattata per la televisione da Sergio Trinchero e realizzata in semianimazione da Sandro Lodolo; la voce del protagonista apparteneva al doppiatore Renzo Stacchi. 116 era ovviamente “Tex”, presente in circa la metà degli episodi portati sullo schermo.108 Il programma di Bonelli non proponeva veri e propri cartoni animati, ma delle immagini fisse, le stesse che si potevano osservare all‟interno degli albi e da cui erano tratti gli episodi della serie; ai disegni furono tolti i classici balloons e montati in sequenze cinematografiche, per poi essere “animati” con i movimenti della telecamera.109 Questa tecnica risultava essere molto artigianale e spesso improvvisata, che però si dimostrò molto efficace, finendo addirittura col fare scuola; se all‟interno dei classici cartoni è un difetto del nostro occhio a creare il movimento, in “Tex & Company” tale illusione nasce da una certa complicità con i telespettatori che, catturati dalla narrazione dei fatti, dal realismo dei suoni e dal rapido susseguirsi delle immagini, ne dimenticano la staticità. L‟unica sequenza veramente animata fu quella che comparve nella sigla d‟apertura del programma, ideata da Galleppini, che rappresentava “Aquila della Notte” a cavallo del fedele Dinamite nella prateria, mentre affrontava un feroce gruppo di indiani intenzionati ad ucciderlo. La colonna sonora che faceva da sottofondo musicale alla sequenza era “La ballata di Tex Willer”, tratta dal 45 giri uscito nel 1980; un pezzo particolarmente orecchiabile che, fortunatamente, evitava nel testo 108 La regia di tutte le avventure di “Tex” è di Giorgio Bonelli, ma un ruolo fondamentale nella realizzazione del programma l‟hanno avuto anche Ferruccio Alessandri, Dario Ciola e Mauro Borselli, che si occuparono degli adattamenti televisivi e curarono la regia degli episodi legati agli altri eroi del fumetto. I produttori della serie furono la Fono Roma Milano e la Sunrise Milano. Le avventure texiane adattate per la televisione, furono: “Tex contro Mefisto (da Tex gigante nn. 39-40) e “La valle della paura” (da Tex Gigante nn. 47-48): si trattava di storie edite a colori, motivo per cui gli autori del programma non dovettero preoccuparsi di colorarle. 109 I movimenti della telecamera che resero meno statiche le immagini di “Tex” e degli altri fumetti, erano zoomate, croma-key ed altri piccoli sistemi, capaci di dare l‟idea dell‟ azione. 117 l‟ingenuità e le esagerazioni della maggior parte delle sigle dei cartoni animati.110 L‟iniziativa avviata dai Bonelli riscosse un notevole successo, tanto che venne realizzata una nuova serie, “Tex & Company n. 2”, 111 in cui comparvero, però, un numero uguale di episodi di “Tex”, 112 ”Zagor”, e “Mister No” con l‟aggiunta di qualche episodio di “Ken Parker” e del “Comandante Mark”. Il programma contribuì molto ad accrescere fra il pubblico più giovane la popolarità dei personaggi creati dal team dei Bonelli; il merito principale degli autori fu quello di aver ricavato gli episodi dagli albi e di averli trasportati sullo schermo senza alterarne né il contenuto, né i personaggi. 113 I disegni lucenti e dinamici di Galleppini permisero una fruizione chiara ed immediata dei racconti da parte dei telespettatori. Un altro punto di forza della serie fu la bravura con cui i doppiatori, professionisti della Fono Roma Milano, riuscirono a conferire ai personaggi i giusti toni, adatti alle diverse situazioni.114 110 Particolarmente interessanti erano anche le altre canzoni che costituivano la colonna sonora del programma: “Even if you‟re not the first one”, utilizzato nella versione strumentale in molte scene di dialogo, e “Tex „s Stomp music”, sigla finale degli episodi della seconda serie. 111 La seconda serie di “Tex & Company” fu prodotta dalla Fono Roma Milano e dalla Avelca Video Record per la Coronado Production SRL. 112 Le avventure di “Tex” messe in onda furono: “Sangue Navajo” (da Tex Gigante nn. 51-5253), “La Valle della Luna” (da Tex Gigante nn. 55-56) e “Fort Apache” (da Tex Gigante n. 100); tutti e tre gli episodi vennero colorati ex novo. La sigla della trasmissione era sempre la stessa, sebbene più corta, accompagnata da immagini statiche dei vari personaggi della serie. 113 Tutte le avventure furono suddivise in due puntate della durata di venticinque minuti l‟una, tranne i due “kolossal” “Tex contro Mefisto” e “Sangue Navajo”, che contarono rispettivamente quattro o cinque puntate. Gli episodi furono suddivisi con intelligenza, spesso in modo tale che alcuni episodi si concludessero in frangenti particolarmente pericolosi per il protagonista, come avveniva nei vecchi telefilm. 114 Per quanto riguarda il doppiaggio di “Tex”, Franco Morgan fu in grado di dare al personaggio un tono da duro senza mai scivolare in quello da spaccone, interpretandone ugualmente bene gli accenti più miti. 118 119 Questo successo si limitò alle emittenti private in quanto, a causa dei costi elevati di produzione, la serie non arrivò mai alla Rai; fu così che, dopo due edizioni di successo, “Tex & Company” cessò di esistere. Conclusa l‟avventura televisiva “Tex” approdò, nel 1985, nelle sale cinematografiche; venne girato un film che si ispirava alle avventure del mitico ranger: “Tex e il Signore degli Abissi”, prodotto dalla Rai in collaborazione con Cinecittà e diretto da Duccio Tessari. Ovviamente non fu un‟innovazione nel campo; già altri personaggi dei fumetti erano stati trasformati in eri di celluloide. L‟attore prescelto per interpretare il ruolo di “Tex” fu Giuliano Gemma; il soggetto del film era stato ideato dallo stesso Gianluigi Bonelli, giacché si basava su un‟avventura da lui scritta alla fine degli anni Sessanta in cui “Aquila della Notte”, nel corso di un‟indagine su di un traffico d‟armi, smascherava gli intenti rivoltosi di un gruppo di discendenti degli Aztechi. Nonostante l‟ossatura della storia fosse la stessa degli albi a fumetti, il racconto fu rielaborato con molta libertà, favorendo lo sviluppo di numerose ed evidenti differenze fra il fumetto ed il film. La trama del film attingeva soprattutto al filone fantastico della saga texana e ciò non fu un caso; erano gli anni Ottanta, epoca in cui le avventure di “Indiana Jones”, il celebre archeologo protagonista delle storie ideate da Lucas e Spielberg, stavano spopolando in tutto il mondo. Popoli primitivi, templi maledetti, sacrifici umani e crolli di caverne erano alcuni elementi dei primi due film di “Indiana Jones”e, guarda caso, costituivano anche il tema centrale della seconda parte del film su “Tex”, quella, alla fin fine, meno fedele al racconto di Bonelli. Molto probabilmente i produttori del film italiano volevano inserirsi nel fortunato filone fantastico-avventuroso di “Indiana Jones” e, vista la sua 120 121 agilità nell‟affrontare sempre situazioni magiche e misteriose, “Tex” rappresentava il personaggio più adatto ai loro scopi. Sorge il dubbio, a questo punto, che per gli autori fosse più importante sfruttare quel settore tanto famoso che interpretare il più fedelmente possibile l‟universo di “Tex”. La sceneggiatura del film, grazie soprattutto alle idee di Giorgio Bonelli, non cambiò di molto i personaggi, conservando nei dialoghi un‟impronta abbastanza texiana. Furono riproposte espressioni come “tizzone d‟inferno”, o “vecchio satanasso”. Nonostante ciò, però, i dialoghi non riuscirono ad eguagliare il brio di quelli realizzati da Gianluigi Bonelli per le pagine del mensile; mancavano, infatti, le caratteristiche espressioni fantasiose e l‟umorismo spaccone di “Tex” durante i pestaggi e le scazzottate. Anche se è evidente il tentativo del film di esaltare la figura del protagonista, il “Tex” cinematografico non riuscì a sfoderare tutto il suo carisma, la grinta e la sicurezza che i lettori dei fumetti amano ed apprezzano da sempre. Giuliano Gemma, sostanzialmente, interpretava il ruolo del raddrizzatore di torti, che arriva, uccide tutti e se ne va; oltretutto, per troppe volte, si è trovato in difficoltà, costretto a chiedere aiuto ai compagni per salvare la pelle. Se la sceneggiatura fosse stata affidata a Gianluigi Bonelli, il film sarebbe risultato più convincente. Nonostante le buone intenzioni degli autori, il tentativo di rifacimento televisivo effettuato con “Tex e il Signore degli Abissi”, resta imperfetto. Il film potrebbe essere classificato come prodotto di serie B, colpevole di non essere riuscito a presentare al meglio il personaggio del mitico ranger e dei suoi compagni. 122 123 Non v‟è dubbio che tentare di ricreare in un paio d‟ore di pellicola un personaggio che si contraddistingue da più di cinquant‟anni, è un‟impresa ardua e faticosa, ma il successo di più recenti film basati sui personaggi dei fumetti come “Batman” induce a non disperare. A questo punto è evidente che, fino ad oggi, le migliori apparizioni di “Tex” sullo schermo restano quelle degli audiovisivi ideati da Bonelli. D‟altra parte, per far sognare i lettori di “Tex”, non sono indispensabili gli effetti speciali del piccolo e del grande schermo: ci riescono efficacemente, da quasi cinquantaquattro anni, le più umili tavole illustrate che attendono in edicola centinaia di migliaia di lettori. 124 125 Conclusioni I fumetti possono essere collocati fra i grandi media di massa; infatti, per quanto il contenuto tecnologico delle strisce possa essere rimasto semplice, la quantità e la qualità potenziale del loro messaggio e la loro forza iconica è sempre stata molto grande. L‟importante ruolo assunto da questo potente mezzo di comunicazione all‟interno della nostra società non può essere messo in discussione; i fumetti, oggi, devono essere considerati uno dei fenomeni più appariscenti e caratteristici del tempo, di questa società che ha fatto dell‟immagine un‟importante veicolo d‟informazioni socioculturali, capace di rivolgersi, con i suoi messaggi iconici, ad un pubblico differenziato, in grado di comprenderne immediatamente i significati. Dalla ricerca effettuata sull‟evoluzione del fumetto dalle sue origini ai giorni nostri, è emerso chiaramente come questo mezzo abbia, per molto tempo, destato reazioni di scandalo e preoccupazione a causa dei modelli di vita e delle ideologie proposte. Si è visto come alcune scene di violenza e crudeltà abbiano generato, fra gli studiosi, ma anche fra gli insegnanti ed i genitori, la paura che i fumetti potessero, in qualche modo, deviare il comportamento degli individui più semplici delle masse popolari. La convinzione che accomunava molti critici era quella che il fumetto mettesse in pericolo l‟equilibrio psicologico dei ragazzi che dovevano essere protetti; per molti, abituati ad un tipo di cultura tradizionale, essi erano un prodotto diseducativo e nocivo, un incentivo alla pigrizia mentale che contribuiva a disabituare i giovani alla lettura. 126 Negli anni duri della censura, pochi si rendevano conto di quanto il mondo dei comics fosse un fenomeno curioso e meritevole di essere analizzato in tutti i suoi aspetti socio-economici e psicologici. Di contro si è visto come, a partire dagli anni Sessanta, sia nato un vivace interesse sociologico per una forma di espressione tipica di questa società dei consumi. Gli interventi e le ricerche delle varie discipline proposte in questo elaborato, hanno dimostrato ampliamente come i fumetti possano essere inseriti a pieno titolo fra gli argomenti degni di interesse interdisciplinare. Si è visto come la psicologia abbia evidenziato la forte capacità comunicativa del fumetto che, grazie all‟esistenza di una connessione molto stretta fra creatività ed espressione artistica al suo interno, crea un rapporto fra la produzione e la realtà sociale in cui essa viene attuata. I contributi apportati dagli studi sociologici sul fumetto, hanno mostrato la capacità del medium di rispecchiare in maniera fedele la realtà sociale di ogni epoca, le ideologie politiche, le trasformazioni sociali, i miti e le aspirazioni collettive, attivi nel rispondere ai bisogni che i contesti storici hanno creato, e continuano a creare, nei lettori di ogni età. L‟analisi svolta sul ruolo che la semiologia ha all‟interno delle ricerche multidisciplinari sul mondo dei fumetti, ha permesso di individuarne le caratteristiche in quanto strumento narrativo a sé stante, e di comprenderne i contenuti più profondi. Tali approfondimenti hanno permesso di differenziare il fumetto dagli altri mezzi di comunicazione, caratterizzandolo sempre di più come genere a sé. Da un punto di vista strettamente legato all‟ambito scolastico, si è visto come i risultati ottenuti dalle ricerche semiologiche abbiano contribuito a far introdurre il fumetto all‟interno dei libri di testo, di guide o di riviste didattiche; le attività proposte prevedono essenzialmente opere di 127 smontaggio del mezzo con lo scopo di condurre gli studenti verso una lettura più consapevole ed approfondita del prodotto. Si è potuto constatare, però, che tutte queste attività, nella maggior parte dei casi, si riducono a pure e semplici esercitazioni; il motivo di queste banalizzazioni nell‟utilizzazione del mezzo, può essere ricondotto all‟uso che gli insegnanti fanno del materiale a loro disposizione che, come si è visto, molto spesso è limitato a causa della mancanza di cognizioni fondamentali più ampie che permettano di andare oltre. Se la scuola vuole avvicinarsi in modo proficuo al mondo dei fumetti, non deve sfuggire il contatto con il fumetto stesso; la necessità di un rapporto reale con l‟oggetto studiato dovrebbe essere un principio valido per tutte le discipline. È importante riconoscere, quindi, il principio basilare della necessità di introdurre nella scuola ciò che di importante avviene fuori da essa, riconoscendo in tal modo che non solo la televisione ed il cinema, ma anche il fumetto ha un peso nelle esperienze extrascolastiche dei giovani, tale da divenire per forza di cose un argomento degno di molte attenzioni. La letteratura scientifica si è occupata molto del fumetto sul quale, però, non è stato detto ancora tutto; vi è la necessità di entrare più nel merito per superare ogni genere di necessità e schematismo. Nel corso della ricerca bibliografica effettuata, è stato possibile evidenziare come questo tipo di lavoro sia stato, in qualche caso, iniziato e come l‟attenzione di critici e studiosi si sia concentrata in modo particolare su “Tex” considerato da molti anni, emblema italiano del settore. L‟indagine effettuata sulla figura del più celebre ed amato eroe del fumetto italiano, ha evidenziato i motivi e le modalità con cui il protagonista della serie è riuscito ad entrare a far parte dell‟immaginario collettivo. 128 Con le sue cavalcate sotto il cielo del selvaggio West, “Tex” si è trasformato in un eroe popolare; ognuno dei suoi lettori, dall‟appassionato al lettore occasionale, può trovarvi mille sfumature, significati e addirittura sentimenti diversi. Gli elementi di pathos caratteristici di “Tex Willer”, attraggono e coinvolgono il lettore, lo soddisfano e lo tengono in continua tensione. Si è potuto constatare come “Tex” sia amato perché, in un‟epoca in cui emerge il bisogno di giustizia, di immaginare un mondo equo e giusto, le sue avventure benché inverosimili, nel senso che non rispecchiano alcuna realtà che possiamo incontrare,sotto i cieli del mitico West, invece, tutto diventa possibile e ci si può ritrovare in un mondo diverso, dove cattiveria ed ingiustizie non restano impunite. Da “Tex”, quello stesso giustiziere che talvolta sentiamo dentro di noi, proprio perché frustrato, traiamo beneficio poiché ci proiettiamo in un mondo onirico: tutto ciò ci procura una certa vitalità, convince che nella giustizia, sia pure a livello virtuale, si può ancora credere. I lettori di “Tex” sanno che le loro aspirazioni ed i loro sogni sono forti al punto tale da costituire una realtà che spesso, nel corso della storia, è stata alla base di progressi, sovversioni e sviluppi. La speranza è che “Tex” continui per questa strada anche nei prossimi anni: ben fatto, con storie belle ed accattivanti, ancora protagonista di numerosi dibattiti. Le polemiche, le riflessioni e le opinioni personali sono più che legittime, proprio perché il fumetto non è un fenomeno da sottovalutare del tutto. I fumetti stanno vivendo una stagione particolarmente felice e fortunata: sono un medium a cui oggi semiologi e pedagogisti dedicano molta attenzione, la critica se ne occupa frequentemente con particolare interesse nei confronti dei contenuti e agli stili dei disegnatori. L‟editoria lancia in 129 continuazione sul mercato nuovi prodotti accattivanti e raffinati, affiancandoli ad eleganti riedizioni di vecchi personaggi e di vecchie storie. I fumetti, presi globalmente, rappresentano una nuova dimensione di vita e di pensiero, un nuovo genere di letteratura che interessa a tutti i livelli sociali milioni di appassionati di ogni età. Quello che interessa di più è che ormai i fumetti fanno parte del nostro consumo quotidiano, come il cinema, la televisione ed i settimanali illustrati, ed ha acquisito un peso rilevante nella vita culturale di tutti i giorni, in quanto incidono notevolmente sulla formazione psicologica e ideologica dell‟uomo medio e contribuiscono a fornirgli modelli, suggestioni e reazioni emotive sui quali egli costruisce una propria immagine nella società in cui vive e lavora. 130 Bibliografia AA. VV., Gli antieroi Bonelli, Milano, Bonelli Editori, 1995. AA. VV., Gulp, 100 anni a fumetti, Milano, Electa, 1996. BARBIERI D., I linguaggi del fumetto, Milano, Bompiani, 1991. BATTACCHI M. W., Ipotesi sulla funzione psicodinamica del fumetto per adulti, in “Rivista di psicologia”, fasc. II, 1971, pag.57. BERTIERI C., I film di carta. Ottanta anni di fumetto sullo schermo e di cinema nei fumetti, Firenze, Vallecchi, 1979. BEVILACQUA D., POLLICELLI G., Bonelli & dintorni. Appunti critici e note bibliografiche sulla Sergio Bonelli Editore, Roma, Editrice Nardini, 2000. BONO G., GORI L., Tex: un eroe per amico, Milano, Motta; 1998. BORDONI C., FOSSATI F., Dal feuilleton al fumetto, Roma, Editori Riuniti, 1985. BOSCHESI P., Smasch! L’epoca d’oro dei fumetti, Milano, Mondatori, 1975. BOSCHI L., GORI L., SANI A., I Disney italiani. Dal 1930 al 1990, la storia dei fumetti di Topolino e Paperino realizzati in Italia, Bologna, Granata Press, 1990. BRUNORO G., Quel fantastico mondo. Padri, figli, padrini, padroni e padreterno del fumetto italiano, Bari, Laterza, 1992. BRANCATO S., Fumetti. Guida ai comics nel sistema dei media, Roma, Datanews, 1995. CALLARI GALLI M., Antropologia e educazione, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1975. CAMPIONE D., Media a strisce, in “Campagne”, n° 5, dicembre 1992. 131 DE GARDA R., Arte e psicologia: necessità di un rapporto, in “Ricerche di psicologia”, n° 21, 1982, pag. 15. DELLA BRUNA A., BERGADANO E., La nuvola parlante. Nel mondo dei fumetti, Roma, Edizioni Paoline, 1982. DETTI E., Il fumetto fra cultura e scuola, Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1984. ECO U., Trattato di semiotica generale, Milano, Bompiani, 1975. ECO U., Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa, Milano Bompiani, 1999. FABBRI S., LAZZARATO F., ONGINI V., a cura di, Il libro nella pancia del video. Il bambino lettore nell’era dell’informatica, Atti del convegno di Ariccia 26-27 aprile 1985, Roma, Salemi, 1986. FAETI A., La moda e i modi del fumetto, in “Riforma della scuola”, n° 910, 1983, pag.23. FAETI A., Un sogghigno senza gatto, Bari, Dedalo libri, 1979. FAETI A., La “camera” dei bambini. Cinema, mass media, fumetti, educazione, Bari, Dedalo, 1983. FAETI A., Guardare le figure, Torino, Einaudi, 1972. FAETI A., Dacci questo veleno! Fiabe, fumetti, feuilletons, bambine, Milano, Mazzotta, 1980. FAETI A., In trappola col topo, Torino, Einaudi, 1986. FESTI R., a cura di, I cinquant’anni di Tex, Trento, Comune di Trento, 1998. FONTANA CAPOCCIA A., GIORDANO A., Il valore proiettivo dell’aggiunta del linguaggio al test del disegno di famiglia attraverso la tecnica del fumetto, in “Rivista di psicologia”, fasc.II, 1967, pag. 517. FOSSATI F., Cosa leggere sui fumetti: bibliografia e fumettografia, Milano, Bibliografica, 1980. 132 FOSSATI F., Fumetto, Milano, Mondatori Editore, 1992. FRESNAULT DERUELLE P., Il linguaggio dei fumetti, Palermo, Sellerio, 1977. FREZZA G., Fumetti, anime del visibile, Roma, Meltemi Editore srl, 1999. FREZZA G., La scrittura malinconica. Sceneggiatura e serialità nel fumetto italiano, Firenze, La Nuova Italia, 1987. GIAMMANCO R., Sortilegio a fumetti, Milano, Mondatori, 1966. GUBERN R., Il linguaggio dei comics, Milano, Milano Libri, 1976. GUBERN R, Il Fumetto, Novara, Istiuto Geografico De Agostani, 1976. GUERRA M., Storia del fumetto. Autori e personaggi dalle origini ad oggi, Roma, Newton Compton, 1995. IMBASCIATI A., CASTELLI C., Psicologia del fumetto, Rimini-Firenze, 1975. LUCIANETTI S., ANTONINI A., Manga. Immagini del Giappone contemporaneo, Roma, Castelvecchi Editore, 2001. McCLOUDE S., Capire il fumetto. L’arte invisibile, Torino, Pavesio, 1996. MOLITERNI C., MELLOT P., DENNI M., Il fumetto. Cent’anni di avventura, Torino, Universale Electa, Gallimard Arte, 1996. MUSATTI C., L’attività artistica e il suo rapporto con l’inconscio, in “Ricerche di psicologia”, n° 21, 1982, pag.31. ORSI, M.T., Storia del fumetto giapponese, Venezia, Musa, 1998. PAGANELLI M., VALZANIA S., a cura di, Gianluigi Bonelli, Aurelio Galleppini, Montepulciano, Editori del Grifo, 1982. PAGLIERI C., Non son degno di Tex. Vita, morte e miracoli del mitico ranger, Venezia, Marsilio Editori, 1997. 133 POLLICELLI G., CinquanTex, Torino, Lo Scarabeo, 1998. PROPP V., Morfologia della fiaba,Torino, Einaudi Editore, 1966. STRAZZULLA G., I fumetti, volumi I-II, Firenze, Sansoni Editori, 1980. STRAZZULLA G., Fumetti di ieri e di oggi, Bologna, Cappelli, 1978. VOLPI D., Il fumetto come linguaggio e i suoi sistemi di segni, in Nuovo Dizionario di Pedagogia, a cura di Giuseppe Flores d‟Arcais, Roma, Edizioni Paoline, 1982. ZANOTTO P., Il grande libro del fumetto, Roma, Edizioni Paoline, 1982. Siti internet consultati www.ubcfumetti.com Il sito per gli appassionati di fumetti. Grande attenzione alle produzioni Bonelli. Recensioni, anteprime... www.milomanara.com Il sito di Milo Manara, un artista di fumetti porno e non. www.edv.it/valentina Il sito ufficiale di Valentina. www.asterix.tm.fr Il sito ufficiale, in francese, di Asterix. www.fumetti.it Un sito sulla fumettistica italiana ed internazionale. www.disney.it Il sito italiano della Walt Disney. www.snoopy.com Il sito, in inglese, di Snoopy. www.col.it/MangaOnLine 134 Manga On Line in italiano. www.fumettinrete.it Un sito dove, ogni settimana, si trovano recensioni di siti italiani e non, dedicati a fumetti e cartoni. www.sergiobonellieditore.it Il sito ufficiale. Storia della casa editrice, notizie sugli autori, anticipazioni, recensioni, novità. www.diabolik.it Il sito di Diabolik. www.informacitta.it/texwiller Uno dei siti di Tex Willer. www.comics2film.com Il sito dei fumetti che sono diventati films. www.jacovitti.it Il sito ufficiale di Jacovitti. www.cartonionline.com Un sito dedicato a serie e personaggi del mondo dei fumetti e dei cartoni animati, con schede, giochi, immagini,... 135