UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL‟EDUCAZIONE
TESI DI LAUREA
IN
PSICOLOGIA DELLA FORMAZIONE
Fumetto e adolescenti
Analisi di un medium specifico
Laureanda:
Anna Mosca
Relatore:
Chiar.mo Prof. Enzo Kermol
Correlatore:
Chiar.mo Prof. Fabio Cossutta
ANNO ACCADEMICO 2001-2002
“Comico e tragico, avventuroso e romantico,
prosaico e poetico (…),
il fumetto è tutto e il contrario di tutto.
È contraddittorio e paradossale,
è cosa finita e indefinita,
è conformista e insieme ribelle.
Osservatela bene quest’arte. Vi troverete la luce e l’ombra,
la verità che andiamo cercando
e il lato oscuro di ognuno di noi.”
(Burne Hogart)
Indice
Introduzione
pg. 3
Capitolo primo: IL FUMETTO
1.1 Antenati e precursori del fumetto.
“
6
1.2 La nascita del fumetto.
“
9
1.2.1 Il tema della famiglia.
“ 15
1.2.2 Nuovi eroi dal mondo animale.
“ 18
1.2.3 Il genere d’avventura: dal fumetto al cinema.
“ 21
1.2.4 Gli anni della Guerra: supereroi, patrioti singolari.
“ 24
1.2.5 La crisi del dopoguerra e la rinascita del fumetto.
“ 26
1.3 Il fumetto conquista l’Europa.
“ 29
1.3.1 Il fumetto inglese.
“ 29
1.3.2 Il fumetto italiano.
“ 31
1.3.3 Il fumetto francese.
“ 45
1.3.4 Il fumetto belga.
“ 51
1.3.5 Il fumetto spagnolo.
“ 52
1.4 Il fumetto in Giappone: l’era dei manga.
“ 55
Capitolo secondo: GLI STUDI SUL FUMETTO
2.1 Il fumetto nella letteratura scientifica.
“ 63
2.2 L’interesse della psicologia.
“ 64
2.3 Il contributo proposto dalla sociologia.
“ 70
2.4 L’intervento della semiologia.
“ 73
1
“ 76
2.4.1 Le implicazioni pedagogiche.
pg. 79
2.4.2 Il fumetto a scuola.
2.5 Il contributo dell’antropologia.
“ 81
2.6 L’influenza del fumetto sulla coscienza del lettore.
“ 85
“ 88
2.6.1 La censura nei fumetti.
2.6.2 La ripresa del fumetto negli anni Sessanta e la
“ 93
diffusione del genere pornografico.
Capitolo terzo: IL MITO DI “TEX” FRA CULTURA E SOCIETÀ
3.1 La nascita di “Tex”.
“ 96
“ 99
3.1.1 Il mondo di “Tex”.
3.2 “Tex” e la censura.
“ 101
3.3 “Tex” e la pubblicità.
“ 106
3.4 “Tex” protagonista del grande e del piccolo schermo.
“ 115
Conclusioni
“ 125
Bibliografia
“ 130
2
Introduzione
“Nell‟universo dei mezzi di comunicazione sociale il fumetto si colloca
in posizione intermedia tra quella che è stata chiamata galassia Gutemberg,
cioè il mondo del libro (…), e la nuova civiltà audiovisiva” (Domenico
Volpi).
Oggi i critici e gli studiosi della società di massa vedono nei fumetti, la
cui diffusione ha raggiunto indici elevati in tutto il mondo, un‟arte
“popolare” che ha assunto le dimensioni di un nuovo simbolo, sostituendo i
paladini e gli eroi antichi, nati a suo tempo dalla tradizione folkloristica per
gioco, divertimento, evasione, bisogno di conforto.
L‟intento di questo elaborato è quello di dimostrare come i fumetti,
entrati ormai a far parte del consumo quotidiano, rappresentino una nuova
dimensione di vita e di pensiero, un nuovo genere di letteratura che
interessa una moltitudine di lettori d‟ogni età.
Il lavoro presentato è suddiviso in tre parti; la prima riguarda i
presupposti storici del fumetto: un‟analisi di quelli che sono stati i
precursori di una nuova forma d‟arte che, in oltre un secolo di vita, ha
subito molteplici trasformazioni.
Sono state ripercorse le tappe fondamentali che hanno caratterizzato la
storia del fumetto dalle prime pubblicazioni americane, alle divulgazioni
europee del novecento, con particolare attenzione al panorama italiano,
francese ed inglese, includendo anche il genere manga, caratteristico della
cultura giapponese, che negli ultimi anni ha invaso il mercato fumettistico
mondiale.
3
La seconda parte dell‟elaborato propone gli studi che, fino ad oggi, sono
stati compiuti sul fumetto all‟interno di vari settori disciplinari, presentando
i risultati delle diverse modalità con cui psicologia, sociologia, semiologia,
pedagogia ed antropologia si sono rapportate disciplinariamente a questo
medium.
È stata posta maggior attenzione all‟influenza che il fumetto, come
mezzo di comunicazione, potrebbe avere sulla coscienza dei lettori, in
particolar modo su quella dei giovani d‟oggi. I contenuti trasmessi
attraverso i comics fin dalle prime pubblicazioni, infatti, hanno creato molta
confusione e perplessità tra gli studiosi, tanto che il fumetto è stato accusato
e condannato in quanto si riteneva che alcuni elementi potessero influenzare
negativamente non solo le giovani generazioni, ma addirittura l‟intera
comunità.
Nonostante le dure battaglie intraprese da genitori, insegnanti e studiosi
contro il fumetto, si è potuto constatare come esso sia diventato, soprattutto
negli ultimi anni, un fenomeno massicciamente presente all‟interno della
nostra società; ciò ha comportato la necessità, da parte delle istituzioni
scolastiche, di rendersi disponibili ad un‟apertura verso questo nuova forma
d‟arte la cui popolarità fra i giovani non può essere messa in discussione.
Si è cercato di evidenziare, allora, quali potrebbero essere i problemi
relativi all‟introduzione dei fumetti in ambito scolastico; il rischio più
evidente al quale si andrebbe incontro sarebbe quello di una banalizzazione
del mezzo.
La terza parte dell‟elaborato contiene un‟analisi di “Tex”, un fumetto
tutto italiano che da oltre cinquant‟anni spopola tra i lettori di fumetti.
Sono state analizzate le forme e le modalità attraverso le quali il
personaggio ideato da Bonelli e Galleppini è diventato, soprattutto in Italia,
4
un carattere proverbiale presente nell‟immaginario di tutti, anche di chi non
ne ha mai letta neppure un‟avventura.
Sono stati analizzati in particolar modo i rapporti stabiliti nel tempo tra
“Tex” ed il mondo della comunicazione di massa, con il cinema e la
televisione, con la pubblicità ed il merchandising.
L‟intento è stato quello di approfondire tutte le occasioni in cui il
protagonista della serie ha evidenziato, e continua ad evidenziare, la sua
natura di mito contemporaneo, capace di farsi simbolo ed emblema del
favoloso mondo della Frontiera americana.
5
Capitolo primo
IL FUMETTO
1.1 Antenati e precursori del fumetto
A voler rintracciare le origini del fumetto,1 si osserva come esso sia un
prodotto ibrido ed eterogeneo che è nato stabilendo dei rapporti diretti con
le arti che lo hanno preceduto. Venendo al mondo ha contratto molti debiti
con la letteratura per quanto riguarda la parte scritta; con il teatro per i
dialoghi, poiché le battute che intercorrono tra i protagonisti delle storie
possiedono un ritmo simile a quello del copione recitato dagli attori sul
palcoscenico; con le arti figurative per la parte visiva, in quanto si rifà
ampiamente al disegno ed alla pittura; con il cinema per la struttura
narrativa, perché da esso si è ispirato per l‟utilizzo della tecnica del
montaggio, alternando piani diversi tra loro.
Il balloon che Richard Felton Outcault utilizzò per la prima volta
all‟interno di alcune tavole del celebre fumetto “Yellow Kid”, non era una
novità assoluta; in precedenza, infatti, esso era stato utilizzato in modo
1
Il termine “fumetto” indica le scritte racchiuse dentro una “nuvoletta” che esce dalla bocca dei
personaggi di alcune storie per immagini, costituendone il dialogo. Gli americani chiamano
questa nuvoletta balloon, vale a dire pallone, perché è di forma sferica, mentre i francesi la
indicano con il termine ectoplasme, come se i personaggi illustrati fossero dei fantasmi. Più in
generale, però, l‟espressione “fumetto” sta ad indicare una serie di vignette disposte
orizzontalmente una a fianco all‟altra, da leggersi da sinistra verso destra, con una funzione
direttamente narrativa; anche in assenza di dialoghi o didascalie, infatti, la scenetta illustrata
racconta un momento dell‟azione che è parte integrante della storia; e non può essere tolta senza
comprometterne in qualche modo la comprensione. Nei paesi anglosassoni il racconto così
proposto è chiamato comic o funny story, giacché in origine era una storiella comica con
personaggi caricaturali, e in Francia bande dessinée, ossia ”striscia disegnata”. Oggi, sotto la
comune denominazione di fumetto, non sono raggruppate solo storie umoristiche, ma anche
quelle western, di fantascienza, di spionaggio, di paura, ecc...
6
assiduo dai caricaturisti inglesi del Settecento, ispiratisi a loro volta al
“filatterio”.2
Nonostante il fumetto sia un‟invenzione moderna, un‟espressione tipica
della civiltà dell‟immagine, non bisogna stupirsi se i suoi predecessori
possono essere ritrovati un po‟ ovunque in ogni epoca del passato.
Le testimonianze che sono pervenute fino a noi, sono numerosissime e
dimostrano come, nell‟antichità, le immagini fossero utilizzate come
strumento di narrazione popolare. Nell‟antico Egitto, ad esempio, era
tradizione depositare nelle tombe dei defunti più ricchi il “libro dei morti”,
un rotolo di papiro con scritte ed illustrazioni di credenze religiose; sempre
in Egitto, inoltre, circolavano delle vignette disegnate e colorate su papiri o
scaglie di calcare.
Durante il Medio Evo era diffusa la Biblia Pauperum, a uso degli
illetterati, che narrava i principali episodi della vita di Gesù e dell‟Antico
Testamento, servendosi di illustrazioni commentate da un versetto della
Bibbia oppure da una didascalia in latino o in volgare.
Nell‟arazzo di Bayeux, conservato nell‟omonima cittadina francese, sono
ricamate, in una spettacolare successione di scene, le vicende riguardanti la
conquista dell‟Inghilterra da parte di Guglielmo il Conquistatore. Nei
settanta metri di tela, la tecnica del racconto per immagini si avvicina molto
a quella del fumetto moderno.
Durante il Settecento la tecnica caricaturale si diffuse, soprattutto in
Inghilterra, all‟inizio come illustrazione semplice ma grottesca di opuscoli
satirici e polemici. Col passare degli anni la caricatura mutò in satira
politica e di costume contro la monarchia, la religione e la legge; la fantasia
degli autori, accompagnò il pubblico in un mondo fantastico e realistico allo
2
Il “filatterio” era una curiosa didascalia che poteva essere letta in un nastro uscente dalla bocca
dei personaggi raffigurati in affreschi e miniature medievali.
7
stesso tempo, anticipando il tono favolistico che in seguito diventerà una
caratteristica fondamentale dei fumetti.
Per tutto il Settecento e parte dell‟Ottocento, i caricaturisti inglesi ebbero
grande popolarità presso il pubblico, facendo grossi affari soprattutto
quando
sui loro fogli cominciarono una violenta battaglia contro Napoleone.3
Con la scoperta della litografia, avvenuta nel 1976, il mondo cominciò a
conoscere la cultura attraverso i fogli volanti ricchi di disegni, che erano
stampati a migliaia di copie e venduti per pochi soldi; In Francia divennero
popolari le storie per immagini, destinate in particolar modo ai ragazzi, che
presero il nome di Images d’Epinal. Queste tavole litografate, spesso
colorate a mano, erano opera dei maggiori caricaturisti dell‟epoca che
costruirono il loro lavoro seguendo il costume pedagogico dell‟epoca; le
tavole, nonostante avessero perlopiù finalità educative, non trascurarono i
fatti di cronaca, gli episodi eroici, le fiabe ed i racconti mitologici che
accendevano la curiosità e la fantasia del “popolino”.
Anche in Italia, sebbene in ritardo rispetto ad altri paesi, si diffusero le
stampe popolari che, grazie ad una sequenza di immagini, raccontavano
storie che si ispiravano ai fatti di cronaca quotidiana, senza ironia ma con
un contenuto moralistico dal gusto melodrammatico.
L‟apparizione del fumetto, come si è potuto constatare, è stata anticipata
ed approntata da una lunga evoluzione; prima che in America fosse messo a
punto nella forma attualmente in commercio, il fumetto fu preannunciato in
Europa da tutta una serie di racconti disegnati, spesso completati da un
3
Il caricaturista più accanito e grossolano del periodo fu James Gillary; nella stampa John Bull e
la flotta d’Egitto un gulliveriano Giorgio III teneva sul palmo della sua mano un minuscolo
Napoleone Bonaparte, osservandolo con il cannocchiale. Le diciture, racchiuse nei baloons, erano
sempre offensive e, spesso, calunniose.
8
breve testo in rima o in prosa, che trovava la sua sistemazione al di sotto di
ogni singola vignetta.
A Francoforte nel 1845 Heinrich Hoffmann consegnò alle stampe un albo
di litografie colorate a mano, che fu intitolato “Struwwelpeter” (che in Italia
fu tradotto in “Pierino Porcospino); l‟orripilante monello compariva solo sul
frontespizio, mentre nelle pagine dell‟albo il protagonista, emblema delle
cattive abitudini infantili, si scomponeva assumendo, di volta in volta, nomi
di personaggi diversi.
In Francia, qualche anno dopo, Christophe (Georges Colomb), ispiratosi
al mondo piccolo borghese della provincia francese, creò “La Famille
Fenouillard”.
Oltre a Hoffman e Christophe, molti altri disegnatori europei
anticiparono con i loro lavori quella che in breve tempo sarebbe diventata la
nuova forma narrativa, poiché introdussero un certo gusto grafico che
influenzò un po‟ tutti i loro successori, e toccarono per primi quei temi che,
in seguito, furono ripresi e sviluppati in un‟incalcolabile quantità di storie a
fumetti.
1.2 La nascita del fumetto
Il carattere specifico dei fumetti risiede nella loro natura di mezzo
d‟espressione di massa che nasce e si sviluppa a fine Ottocento negli Stati
Uniti, grazie all‟industria giornalistica ed in particolar modo all‟attività di
due colossi della stampa, gli editori Joseph Pulitzer e William Randolph
Hearst.
Nel 1880, nonostante fosse in corso una campagna a favore
dell‟osservanza del giorno festivo, alcuni quotidiani americani decisero di
uscire anche la domenica; Pulitzer fu il primo a comprendere che un
9
supplemento domenicale poteva suscitare l‟interesse dei lettori e, quindi,
portare forti incrementi nelle vendite.
Fu così che nel 1895, fra le pagine dell‟edizione domenicale del New
York World, il disegnatore americano Richard Felton Outcault vide
pubblicata la prima delle sue vivaci tavole intitolate “Down Hogan‟s
Alley”.4
Si trattava di un‟unica gran vignetta, brulicante di curiose e pittoresche
figure, di straccioni dei miseri bassifondi newyorkesi, di rissosi ragazzi, di
minacciosi cani randagi che ruotavano attorno al personaggio fisso di un
bizzarro monello di bassa statura che fu battezzato con il nome Yellow
Kid.5
In queste tavole piene di scritte irriverenti che dominavano sui muri, sulle
staccionate, sui cartelli tenuti in mano da una folla di miseri e soprattutto
sul lungo camicione del protagonista, Outcault manifestò con inconsueto
vigore tutto il suo disprezzo per un‟umanità logora e compassionevole.
Con quest‟impertinente monello dall‟aria furba e sbarazzina e dal sorriso
beffardo ed ambiguo, nasceva il primo personaggio della storia dei fumetti,
un eroe che fu sfruttato anche dalla pubblicità e da altri mass media:
apparve sulle scatole dei biscotti, sui distintivi, sui pacchetti delle sigarette,
sui ventagli e persino in una commedia a Broadway.
Tuttavia, quella di Yellow Kid, non era ancora una vera e propria
striscia, ma l‟immediata premessa: in queste tavole erano infatti presenti i
segni e le caratteristiche che annunciavano una nuova formula narrativa.
Affascinato dall‟incredibile successo ottenuto da Outcault, William
Hearst riuscì ad ingaggiare il disegnatore grazie ad un contratto molto
4
Il fumetto “Down Hogan‟s Alley” venne conosciuto dal pubblico italiano con il titolo “Giù nel
cortile di Hogan”.
10
vantaggioso; così, alla fine del 1887, grazie a Yellow Kid e ad una nuova
serie, “The Katzejammer Kids” di Rudolph Dirks, nacque il nuovo
supplemento domenicale del New York American Journal: The American
Houmorist.
Il nuovo fumetto raccontava le avventure di due discoli chiamati Hans e
Fritz,6 che con le loro marachelle facevano impazzire Die Mama, Captain e
Inspector.
Poiché non esisteva ancora una precisa legislazione riguardo al diritto
d‟autore, Pulitzer chiese ad un altro disegnatore di continuare a raccontare
le storie di Yellow Kid per il proprio giornale, mantenendone lo stile ed il
carattere originari.
Allo stesso modo, nel 1912, Hearst affidò le avventure di Hans e Fritz
alla fantasia di Harold Knerr poichè Dirks partì per l‟Europa; tuttavia, al
suo rientro in America, l‟autore riprese a raccontare le sue storie sul
giornale di Pulitzer.
La cosa non piacque ad Hearst che intraprese una dura battaglia legale,
ma il tribunale non accettò le sue richieste stabilendo che la doppia
produzione poteva coesistere su più giornali; l‟unica ingiunzione fu di
modificare il titolo della nuova versione del fumetto proposta da Dirks.
Fu così che sulle pagine del New York World comparvero le peripezie di
“Captain and the Kids”; le loro avventure si svolgevano all‟interno di
“comic strips” (strisce comiche) che erano semplicemente chiamate
“comics”, nome con cui sarà presto identificato il fumetto americano.
5
Yellow Kid era un ragazzetto di bassa statura, con la faccia da cinesino, la testa completamente
pelata e fornita di due enormi orecchie a sventola, che indossava una buffa camicia da notte,
lunga fino ai piedi, sulla quale era ricamata una frase impertinente e maliziosa sempre differente.
6
La serie “The Katzenjammer Kids” proponeva al pubblico le avventure di due bambini dall‟età
apparente di otto o nove anni, in Italia conosciuti come “Bibì e Bibò”, ambientate all‟interno di
una non ben specificata colonia tedesca d‟Africa.
11
12
Nel corso del „900 furono creati altri personaggi di successo; tra questi
va sicuramente ricordato “Happy Holigan”.7 Creata da Frederick Burr
Opper per il giornale di Hearst, la striscia narra le avventure di un
vagabondo irlandese con una lattina per cappello, inguaribile ottimista
nonostante la sua proverbiale sfortuna.
Ad incantare i lettori di tutte le età, però, ci pensò Winsor McCay nel
1905 che creò la serie di “Little Nemo”, un delizioso bambino che ogni
notte raggiungeva gli immaginari mondi della fantasia: Little Nemo si
muoveva così all‟interno di fantastici mondi da Mille e una notte, dove tutto
era disegnato con cura particolare: città da favola con palazzi
baroccheggianti, bizzarri duomi fungiformi, colonne, minareti e grattaceli
con passerelle lanciate tra le nuvole.
Di settimana in settimana, in ogni gita notturna, il piccolo Nemo
acquistava sicurezza e riusciva a dominare i suoi sogni senza, però, sfuggire
all‟inevitabile destino: il risveglio.
McCay fu il primo illustratore ad utilizzare il fumetto a colori con intenti
estetici, scegliendo scrupolosamente le tinte dominanti; tutto ciò, oltre che
divertire, affascinò per la raffinatezza ed il gusto estetico. Il riquadro
divenne spesso panoramico, allungandosi in bassi rettangoli orizzontali o
verticali, creando un forte senso di spazio e di profondità. Queste
innovazioni però, non bastarono all‟autore che ben presto cominciò ad
utilizzare inquadrature variabili, aumentando e stringendo il campo visivo in
base al carattere drammatico e spettacolare della tavola; inoltre fece uso
dello stesso sfondo per più azioni, riportando in auge metodi del teatro
medievale.
7
Il protagonista di questo fumetto, uno sfortunatissimo piccolo uomo dal volto quasi scimmiesco
noto in Italia con il nome di “Fortunello, è un clown triste che sembra anticipare la patetica ed
umana figura del chapliniano Charlot.
13
14
Se McCay dimostrò la possibilità per il fumetto di diventare un‟opera
d‟arte, all‟inizio del secolo il fumetto stesso si trasformò in una vera e
propria industria con un pubblico in continua crescita.
Per esempio, Randolph Hearst decise di proporre ad un pubblico adulto e
più colto tutta una serie di fumetti ambiziosi. Nacquero personaggi come
“Krazy Kat”, del disegnatore George Harriman, ideato nel 1910; le strisce
ritraevano una gattina innamorata di Ignatz, un topolino che esasperato dalla
troppa affettuosità del felino, le gettava addosso dei mattoni nel tentativo di
sbarazzarsene. Nel frattempo, Offissa B. Pupp, il cane responsabile
dell‟ordine pubblico, tentava di portare il topolino in prigione. Il mattone
era, qui, lo strumento della fatalità che univa i tre personaggi.
Le ambientazioni delle storie mutavano di volta in volta senza però che
gli eroi, immersi nel loro mondo assurdo, se ne accorgessero.
Il momento fortunato per questo fumetto, che per molto tempo fu
compreso da pochi, arrivò dal 1913; solo nel 1919 al trio fu dedicata
un‟intera tavola domenicale, spazio di cui Harriman dispose sino alla sua
morte.
Accanto alle tavole a colori dei supplementi domenicali, nacquero le
prime strisce giornaliere; con le loro apparizioni i temi dei fumetti
americani, fino allora centrati sulle birichinate dei bambini, cominciarono
timidamente a gettare lo sguardo su una società in rapido sviluppo e ricca di
scompensi, satireggiando su fatti e situazioni legati alla realtà quotidiana.
1.2.1 Il tema della famiglia
Per aumentare la redditività delle loro produzioni, gli editori statunitensi
vollero rivolgersi ad un pubblico più ampio possibile; idearono storie con
15
personaggi in cui tutti, o quasi, potessero riconoscersi promuovendo una
comicità di facile comprensione.
Nacque così il fumetto a carattere familiare, le “family strips”, incentrato
sulla guerra fra coniugi, dove le donne “dal pugno di ferro” intimidivano i
loro mariti.
Gli autori cominciarono ad ironizzare sempre di più sul sistema
matriarcale della società americana, sull‟eterno conflitto che opponeva
l‟uomo, vittima di soprusi memorabili, alla donna, dispotica detentrice dello
scettro domestico.
Le vicende delle donne rappresentate sulle strisce, erano lo specchio di
un‟emancipazione promossa dall‟etica capitalistica: frustrata nelle sue
aspirazioni dal marito, i cui guadagni non le permettono di conquistare tutti
gli obiettivi posti dalla società del benessere attraverso i canali della
comunicazione di massa, ferita dall‟indifferenza del consorte logorato da un
lavoro estenuante e monotono, sconfitta nel suo desiderio di emergere sugli
altri, la donna era una persona aggressiva e presuntuosa, piene di nevrosi e
di risentimento verso l‟uomo.
Capolavoro del genere fu sicuramente “Bringing up Father”,8 ovvero
“Educando papà”, una dolce satira del sogno americano della promozione
sociale creata da George McManus nel 1913; sono rappresentati i conflitti
familiari di Jiggs, ex muratore diventato miliardario grazie alla lotteria, di
sua moglie Maggie e della figlia Norah. Le donne della famiglia, che
miravano a frequentare il bel mondo, si trovavano spesso e volentieri in
contrasto con Jiggs che, al contrario, non desiderava altro che ritrovarsi con
gli amici al bar.
8
Il fumetto, che l‟Italia conobbe come “Arcibaldo e Petronilla”, s‟ispirò al lavoro teatrale The
Rising Generation di Billy Barry. Attraverso i loro quotidiani scontri, i protagonisti di questo
fumetto criticavano e ridicolizzavano tutto il sistema familiare che aveva nel matriarcato tutto il
suo punto di forza.
16
17
L‟America rappresentata nelle storie di Arcibaldo e Petronilla è quella
degli inizi del Novecento, un paese in forte sviluppo economico sociale,
dove l‟accumulare ricchezze sembrava garantire un futuro senza
preoccupazioni.
Però,
improvvisamente,
nel
1929
le
fondamenta
dell‟economia statunitense furono scosse e la nazione cadde nella miseria.
Con il New Deal roosveltiano, che attuò riforme sociali ed economiche
molto importanti, l‟America si risollevò ed il potere della classe media si
rinvigorì al punto tale da non poter essere negato; fu così che furono creati i
personaggi di Blondie e Dagwood Bumstead, una coppia che continuò la
guerra tra i sessi iniziata da Arcibaldo e Petronilla. Nonostante anni di
bisticci, incomprensioni, rimproveri da parte della moglie verso il povero
marito, i due sposi non si sarebbero mai separati.
L‟America rappresentata dai coniugi Bumstead è reale; è la nazione
dell‟impiegato che quotidianamente deve combattere per essere rispettato,
per riuscire a mantenere dei buoni rapporti con tutti, che deve scontrarsi con
una moglie petulante dalle sembianze di donna fragile ed amabile.
Dai fumetti di Petronilla a quelli di Blondie, le caratteristiche
fondamentali delle family strips cambiarono allo stesso modo in cui era
cambiata l‟America nel corso degli anni.
1.2.2 Nuovi eroi dal mondo animale
Fin dai tempi di Esopo e di Fedro, la vita dell‟uomo è sempre stata
rappresentata all‟interno di un mondo fantastico, gremito di animali parlanti
che operavano come fossero veri e propri individui.
La trasposizione del mondo umano in quello animale era una delle
caratteristiche più rilevanti del fumetto. Questa strategia facilitava gli autori
nella loro critica quotidiana del mondo moderno, della politica e dei
18
costumi; attraverso le parole degli animali, dietro il paravento delle
allusioni, potevano esser dette cose che, altrimenti, sarebbero rimaste
nascoste.
Fu così che, nel 1928, nacque il personaggio indimenticabile di “Mickey
Mouse”, topolino creato per lo schermo dall‟insuperabile Walt Disney e
pubblicato in ambito editoriale dalla King Features Syndacate.
Nella versione in fumetto, l‟aspetto dell‟eroe conosciuto con il nome di
“Topolino” si è evoluto nel corso degli anni; infatti, di disegnatore in
disegnatore, il sagace topolino, pensato e creato in bianco e nero, ha subito
delle trasformazioni tali da renderlo quel “piccolo borghese”, emblema della
realizzazione sociale americana: tutto prendeva colore, il busto si allungava,
i pantaloni diventavano quelli lunghi degli adulti e gli occhi rotondi
assumevano un‟espressione più umana.
Negli Stati Uniti un forte legame univa il mondo dei fumetti a quello del
cinema
d‟animazione;
i
primi
personaggi
apparsi
sugli
schermi
cinematografici erano gli stessi che per lungo tempo avevano vissuto
strabilianti e divertenti avventure sulle pagine dei giornali.
Walt Disney generò un mondo di animali umanizzati destinato ai ragazzi,
ma seguito ed amato anche dagli adulti, ognuno dei quali conservava in sé
un briciolo di infanzia. All‟interno di questo strabiliante mondo, ogni
personaggio ricopriva un ruolo preciso e possedeva una fisionomia
psicologica ben definita.
Con il passare degli anni, però, avvenne anche il processo inverso:
personaggi creati per il cinema divennero i protagonisti di strisce a fumetti;
è il caso, per esempio, del gatto “Mio Mao” che nacque per il cinema nel
1917 e che sei anni dopo fece la sua apparizione sulla carta stampata.
Apparvero, così, le avventure di “Felix the Cat” un furbo ed ingegnoso
micione nero dal sorriso accattivante, desideroso di essere amico di tutti,
19
20
talmente pieno di fiducia da riuscire a superare ogni difficoltà; questo gatto
possedeva una dignità tutta felina ed una logica assurda, che nulla aveva in
comune con quella umana e che spesso lo rendeva sleale agli occhi dei
lettori. Era un personaggio patetico, ma ricco di poesia che non manteneva
alcun contatto con la realtà, tanto che la sua vita si svolgeva all‟interno di
un mondo fatto di sogni e di evasione; svagato ed indifferente Felix viveva
avventure surreali, rifiutando ogni giudizio critico sull‟uomo e la società.
1.2.3 Il genere d’avventura: dal fumetto al cinema
Durante la seconda metà degli anni Venti, alcuni autori americani
cominciarono ad introdurre un po‟ d‟avventura all‟interno dei loro fumetti;
le storie a carattere umoristico ebbero un ruolo da protagoniste della carta
stampata fino al 1929, anno in cui furono creati i personaggi di “Tarzan”,9
divenuto un vero e proprio mito, e “Buck Rogers”,10 capostipite della
fantascienza a strisce.
Per gli Stati Uniti era l‟anno della depressione economica; i sociologi
erano convinti che nei momenti di crisi sociale la gente ricercasse la “fuga
dalla realtà”.
9
Il popolarissimo “Tarzan” venne creato dal disegnatore Harold Foster; il protagonista del
fumetto era il figlio di una coppia di nobili inglesi, naufragati sulla costa africana (la madre morì
di parto ed il padre venne ucciso dalle scimmie), che venne salvato da una gigantesca femmina
gorilla che, afflitta per la perdita del suo cucciolo, lo ha adottato. Cresciuto in piena libertà,
dotato di un‟agilità felina, Tarzan saltava di liana in liana compiendo acrobatici balzi e lottando
contro le tribù selvagge e i razzisti biaÜchi. Aveva per compagna Jane, figlia di un esploratore, e
dal 1964 anche un figlio legittimo.
In Italia il “Tarzan” a fumetti comparve nel 1937 sul settimanale L’Audace.
10
Creato dal disegnatore Dick Calkins, “Buck Rogers” è il primo fumetto ad avere per
protagonista un eroe spaziale; le sue imprese, non prive di una certa ironia, sono state ideate
sempre con qualche aggancio rigorosamente scientifico.
In Italia è apparso per la prima volta, ribattezzato come “Elio Fiamma”, nel 1936, fra le pagine
del settimanale La Risata; successivamente, dopo un decennio di assenza, ricomparve con il
proprio nome sul periodico Nuovo Sceriffo.
21
Per questo motivo le strisce umoristiche non bastarono più ed i fumetti a
carattere avventuroso ottennero fin dall‟inizio un enorme successo, tanto
che anche personaggi come Topolino, Braccio di Ferro11 ed altri, pur
mantenendo intatte le loro originarie caratteristiche comiche, divennero i
protagonisti di episodi ricchi d‟avventura, suspense e colpi di scena.
Fu così che i lettori americani videro apparire, per esempio, Topolino nei
panni di un intrepido giornalista investigatore alle prese con una spietata
banda di gangster che teneva in pugno la città.
S‟innestò così, nel mondo dei fumetti, un vortice tale da coinvolgere tutte
le persone in fantasticherie, stravaganze ed illusioni: la gente sognava ad
occhi aperti pur mantenendo ben chiara, però, la dura realtà che la nazione
stava vivendo.
Sprovvisti di ogni interesse psicologico, i fumetti d‟avventura indirizzano
la loro attenzione al mondo sociale, giudicato luogo d‟eterna lotta fra bene e
male.
Dai primi anni Trenta i fumetti furono pubblicati sui “comic books”,
bellissimi albi a colori dalle dimensioni ridotte, dove eroi ed eroine dotati di
meravigliosi poteri, davano corpo ai sogni d‟evasione di grandi e piccoli;
ogni fascicolo era specializzato in un genere: poliziesco, eroico, di
fantascienza e di guerra. All‟inizio gli autori proposero storie già note ai
lettori dei quotidiani; ci volle poco, però, perché i disegnatori capissero
l‟esigenza di creare e pubblicare dei prodotti originali.
Tra tutti i fumetti di carattere avventuroso, quello che ebbe maggior
successo fu certamente “Dick Tracy”, disegnato da Chester Gould nel 1931,
11
Le avventure di “Popeye”, alias “Braccio di ferro”, cominciarono nel 1929 all‟interno della
striscia The Thimble Theatre. Agli inizi, il simpatico marinaio che masticava in continuazione un
corta pipetta di legno, era diverso da quello conosciuto in Europa molto tempo dopo;
improvvisamente, però, diventò collerico e, grazie ad un‟alimentazione a base di spinaci,
cominciò a sferrare pugni micidiali che stendevano a terra colossi più grandi di lui.
22
un poliziotto ricco d‟umanità, deciso ed inesorabile con i suoi avversari:
criminali diabolici e spietati che sembravano essere usciti da sogni agitati da
incubi orrendi.
Verso la fine degli anni ‟30 ci fu il boom di personaggi come
“Superman”, “Flash Gordon”, “Mandrake”, “Batman”, divenuti popolari
grazie alle continue battaglie intentate contro nemici terribili e crudeli.12
Si era entrati in un regno da favola che, però, esprimeva la frenesia ed il
caos caratteristici della vita dell‟uomo attuale, proteso verso un futuro
colmo di allarmanti interrogativi. La nascita di “Superman”, per esempio,
permise all‟uomo di accorgersi che, con il passare del tempo, aveva esaurito
l‟esplorazione del suo pianeta ed aveva cominciato a scrutare con timore le
invenzioni della tecnica per la risoluzione dei problemi dell‟umanità, capaci
di modificare la realtà circostante. Messo ormai di fronte alle tante paure
prodotte da una scienza in continua e costante evoluzione, l‟uomo reagì
fuggendo nel mondo della fantasia.
Con il passare degli anni, considerato il successo ottenuto dai primi
protagonisti del fumetto d‟avventura, numerosi autori si cimentarono nel
genere; fu così che nacquero eroi mascherati, vari e fantasiosi personaggi
grazie ai quali si consolidò l‟unione fra cinema e fumetto: la tentazione di
trasformare in pellicola gli eroi della carta stampata più popolari si fece
sentire molto presto, sulla scia delle possibilità di ulteriori sfruttamenti
commerciali.
L‟analogia fra questi due mezzi di comunicazione permise, oltre che di
proseguire l‟ormai consolidata abitudine di trasformare alcuni fumetti in
Nel 1937 i coltivatori di spinaci del Texas, grati per la pubblicità fatta da “Popeye” alla loro
verdura, gli eressero un monumento.
12
“Batman” venne creato da Bob Kon nel 1939; “Flash Gordon” da Alex Raymond nel 1934;
“Mandrake” da Lee Falk e Phil Davis nel 1939 e “Superman” da Jerry Siegel e Joe Shuster nel
1938.
23
disegni animati, di realizzare dei film a puntate dove l‟eroe di carta diveniva
un personaggio in carne ed ossa.
All‟inizio si trattò di produzioni a basso costo con molte approssimazioni
ma, non appena i finanziamenti permisero l‟ingaggio di registi di prestigio,
furono realizzate pellicole dai connotati singolari; basti pensare ai film su
“Popeye”, per il quale il regista Altman inventò un set cinematografico
irreale, su “Superman” e su “Flash Gordon”.
La maggior parte dei protagonisti delle strisce americane ebbe il proprio
film, o qualche serie sullo schermo, interpretate dal divo del momento.
1.2.4 Gli anni della Guerra: supereroi, patrioti singolari
Il fumetto divenne, negli anni del conflitto europeo, un forte strumento di
propaganda; la guerra appariva come un‟eccitante avventura, necessaria e
sempre giustificata da un non si sa quale principio etico. La caratteristica
principale delle strisce era la continua contrapposizione fra buoni e cattivi,
dove l‟eroe stava inevitabilmente dalla parte della ragione, mentre
l‟antagonista era il codardo e feroce personaggio cui si riservava una fine
ingloriosa.
Molti autori di comics, attraverso le loro storie ed i loro personaggi,
presero posizione riguardo all‟entrata in guerra degli Stati Uniti.
Con l‟ingresso dell‟America nel conflitto bellico, per la maggior parte
degli eroi a fumetti, arruolarsi diventava dovere e privilegio: bisognava
rispondere all‟appello della patria.
Fu così che nel 1941 nacque il personaggio di “Captain America”, eroe
ultra-patriottico, simbolo dell‟epoca dell‟impegno che ostentava senza
indugio i colori nazionali sul suo costume, cui seguì “Captain Marvel
24
Junior”, adolescente impavido che affrontò dapprima Captain Nazi e poi
Captain Nippon.
Neppure Topolino e Paperino si sottrassero al richiamo della Patria: il
topo più famoso del mondo si mise a lottare contro Gambadilegno,
diventato malvagio nazista, mentre Paperino si mise a disposizione del
Ministero del Tesoro facendo pubblicità al prestito di guerra.
In quegli anni difficili tutto valeva a sostenere gli sforzi bellici ma, al
termine del conflitto, molti eroi dei fumetti, soprattutto quelli nati per
portare avanti una precisa forma di propaganda, scomparvero in breve
tempo senza suscitare alcun rimpianto.
Tuttavia, l‟esperienza fatta durante la Seconda Guerra Mondiale, non fu
accantonata e dimenticata dagli Americani; il fumetto si prestò nuovamente
come dispositivo di forte promozione militare durante le guerre di Corea13 e
Vietnam, quando i tradizionali criminali si mostrarono nei panni di spie
sovietiche e di vietcong. E‟ il caso del coraggioso aviatore Jonny Hazard
che mandava a monte i piani dei comunisti e combatteva in Vietnam,
oppure dell‟aviatore Steve Canyon14 che, episodio dopo episodio, si
innamorava delle donne che incontrava: attraenti spie senza alcuno
scrupolo, trafficanti d‟armi o ammalianti ragazze che lo trascinavano in
avventure piene di suspance.
Nonostante i tentativi degli autori e degli editori di salvaguardare il
successo che per anni aveva investito il fumetto d‟avventura e di guerra, per
il genere cominciò un declino che causò perdita di ispirazione per gli autori,
molti dei quali decisero di abbandonare i loro personaggi.
13
Nei primi anni 50 fra le pagine del Two Fisted Talese del Frontline Combat, due nuove riviste
statunitensi,nacque un nuovo genere influenzato dal cinema: il racconto di guerra, creato per
manifestare in modo fermo opinioni antimilitari durante la guerra di Corea.
14
“Steve Canyon” venne creato nel 1947 da Milton Caniff; il protagonista era un asso
dell‟aviazione americana dal pugno facile e dalla pistola rapida che accettava le missioni più
rischiose e si batteva coraggiosamente per assicurare alla giustizia pericolosi criminali.
25
1.2.5 La crisi del dopoguerra e la rinascita del fumetto
Sensibilmente calata la popolarità dei supereroi, costretti ormai a
combattere contro criminali da quattro soldi che potevano essere sconfitti
senza l‟utilizzo dei superpoteri, fecero il loro ingresso nel mondo delle
strisce gli horror comics. Questi fumetti furono fra i primi ad essere presi di
mira dalle associazioni di conservatori americani; il problema, però, non era
nuovo per i responsabili del settore: fin dagli inizi l‟editoria era stata
accusata di promuovere tutta una serie di fumetti con ragazzacci sfrontati ed
anarchici.15
Fu solo al termine della seconda guerra mondiale, però, che sociologi,
pedagogisti e psicologi si interessarono al fenomeno fumetto; nel 1954
Frederic Wertham pubblicò “La seduzione degli innocenti”, un testo che
cercava di dimostrare la colpa dei fumetti nei confronti della gioventù,
colpita da un forte malessere.
La denuncia morale che colpì soprattutto il neonato fumetto horror,
costrinse i syndicates16 ad operare una censura senza precedenti. Nel 1955
si arrivò persino alla nomina del “Newspaper Comics Council”, ideato con
lo scopo di separare la produzione destinata alla stampa convenzionale da
quella per i comic books.
Nello stesso anno, inoltre, fu emanato il Comics Code, un codice di
autocensura simile a quello sorto nel 1930 per il cinema.
Quest‟ondata di censura cominciò a preoccupare sensibilmente autori ed
editori, i quali ritenevano che il loro futuro fosse in serio pericolo.
15
Tra i fumetti accusati dalla censura americana, vi erano anche “Buster Brown”, “Yellow Kid” e
“Katzenjammer Kids”.
16
I syndicates erano delle agenzie di stampa che consentirono al fumetto di espandersi a livello
mondiale fin dai primi anni; inoltre le agenzie diedero della indicazioni precise riguardo la
tecnica (uniformità dei formati delle vignette) e la tematica (dovevano essere rappresentati dei
soggetti rassicuranti).
26
Questa crisi durò fino al 1960, quando venne creata la rivista Help!, la
quale contribuì non poco al rinnovamento del fumetto che di lì a poco
avrebbe riconquistato l‟America.
Fu così che la rinnovata editoria si cimentò nella pubblicazione di nuove
storie dove il concetto di supereroe venne modificato rispetto al passato;
Marvel fece conoscere al suo pubblico i “Fantastic Four”, un insolito
quartetto composto da un uomo invisibile, un essere elastico dotato di
finezza scientifica, un altro che poteva trasformarsi in torcia umana ed
infine “la cosa”, un mostro molto particolare. Erano eroi muniti di una
sensibilità del tutto speciale e di una buona dose di umanità: si mettevano in
discussione perché turbati dalla loro doppia personalità e, quindi, messi ai
margini della società.
Sulla scia dei “Fantastici Quattro”, la Marvel creò altri personaggi che
entrarono a far parte della storia; era il momento di “Spider Man”, “Hulk”,
“Iron Man”.17 Nel frattempo, sul versante della concorrenza, la casa editrice
DC pubblicava altre storie destinate a divenire dei classici:, “Wonder
Woman”, un‟avvenente eroina dotata di superpoteri e di eccezionale forza
che non nascondeva il suo disprezzo per gli uomini, “Flash”, l‟uomo più
veloce del mondo che era diventato tale per essersi esposto incautamente ai
vapori dell‟acqua pesante, e tante altre ancora.
Il rinnovamento dei comics americani, però, passò principalmente
attraverso le porte, rimaste sempre aperte, dello humour. Negli anni
Sessanta fecero irruzione gli indimenticabili personaggi di Schulz, il quale
non volle concentrarsi tanto su effetti speciali, quanto sulla psicologia dei
suoi personaggi; fu soprattutto per questo motivo che il mondo dei
17
I fumetti “Hulk” e “Spider Man” furono pubblicati per la prima volta nel 1962, mentre il
personaggio di “Iron Man” venne creato nel 1963.
27
“Peanuts”,18 dove trovavano posto solo bambini, ottenne un enorme
successo, tale da far divenire Schulz un eroe nazionale.
I personaggi proposti al pubblico dall‟autore americano nell‟arco della
sua vita, non potevano certo dirsi improvvisati: essi sembravano riflettere in
modo perfetto quelle che erano le angosce del mondo adulto.
In concomitanza con la ripresa del fumetto humour e d‟avventura, negli
Stati Uniti nacquero e si diffusero i cosiddetti fumetti underground, ovvero
“fumetti clandestini”.
Le storie narrate erano figlie di autori che rifiutavano la società borghese
nella quale erano nati e che affrontavano temi insoliti per l‟epoca: gli
underground parlavano di droga, sesso, politica; i vecchi miti che per anni
avevano fatto dell‟America la “terra promessa” erano ormai crollati e la
gioventù si stava impegnando in una ribellione quotidiana.
In questo clima caotico di contestazione, il fumetto cominciò a riflettere
in modo crudele quella che era la società massificata e a denunciare con
forza i condizionamenti e le insoddisfazioni provocate dal sistema; lo scopo
dei comics underground era quello, insomma, di screditare la realtà
immobile e banale in cui gli Americani, e non solo, avevano creduto; era il
1968 ed il fumetto clandestino assumeva una funzione politica nel contesto
della rivoluzione socio culturale promossa da giovani che volevano
distinguersi in tutto e per tutto dalle generazioni che li avevano preceduti.
Il nuovo fumetto di contestazione raggiunse presto il successo in
America, soprattutto all‟interno dei Campus della West Coast, centri vitali
della protesta in atto. Uno dei primi periodici del genere fu Zap, fondato da
Robert Crumb nel 1967, cui seguirono numerose imitazioni in tutti gli Stati
18
“Peantus” era una serie di strisce i cui protagonisti erano una schiera di personaggi
simpaticissimi, destinati a divenire popolarissimi; tra essi vanno ricordati “Charlie Brown”,
“Luky”, “Linus Van Pelt” e l‟irresistibile “Snoopy”. Queste strisce attirarono l‟attenzione di
psicologi e saggisti e conquistarono un posto d‟onore nella letteratura a fumetti.
28
Uniti. Nel 1973 si contarono ben quattrocento titoli nel genere che, nel
frattempo, venne chiamato comix ma, nonostante l‟enorme successo
ottenuto, il nuovo fumetto non sopravvisse agli anni Ottanta
Spegnendosi l‟eco della contestazione, il fumetto cominciò a vivere una
nuova epoca caratterizzata da un forte dinamismo, i disegni ed i testi
cominciarono ad elevare la loro qualità.
Durante l‟ultimo ventennio, la stampa ha guardato con curiosità a questo
strumento che, come i festival, la televisione e la pubblicità stava
diventando un fenomeno di comunicazione di massa al passo con i tempi.
1.3 Il fumetto conquista l’Europa
La realtà americana fin qui illustrata non fu del tutto estranea all‟Europa;
anzi, l‟enorme successo ottenuto nel corso degli anni dai fumetti
d‟oltreoceano, fu l‟incentivo che permise al prodotto fumettistico europeo
di maturare, uscendo così da un lungo periodo di dilettantismo.
Sebbene in diversi Paesi europei esistessero da anni fumetti e periodici,
fu la produzione offerta dal mercato statunitense, così fervidamente ricca di
geniali proposte, ad insegnare la strada adeguata al fumetto europeo che
mirava a divenire sempre più opera d‟autore.
1.3.1 Il fumetto inglese
La Gran Bretagna vanta fin dal 1700 un‟ininterrotta tradizione grafica
che condivide la maggior parte delle caratteristiche della letteratura
nazionale: uno spiccato senso dell‟umorismo, un gusto particolare per
l‟avventura esotica ed un‟efficace immaginazione che, il più delle volte,
rasenta il fantastico.
29
Nonostante il sostegno culturale, così denso d‟impulsi e stimoli creativi,
il fumetto britannico non riuscì a creare attorno a sé una gran tradizione
come, invece, era accaduto negli Stati Uniti fin dall‟inizio delle
pubblicazioni.
Nel 1884, fra le pagine del periodico Ally Sloper’s Half Holiday, il
balloon fu usato per la prima volta nell‟accezione moderna, ma fu solo dal
1896 che i britannici poterono gustare le prime vere comic story di propria
produzione; le formule narrative usate all‟epoca, un lungo testo scritto
situato al di sotto d‟ogni vignetta, marcavano ancor di più le differenze fra
le opere inglesi ed i capolavori americani.
La popolarità del fumetto si estese molto lentamente in Inghilterra,
sviluppandosi fin dall‟inizio all‟interno dei periodici destinati ai ragazzi; i
personaggi disegnati, le storie raccontate e lo humour utilizzato dagli autori,
rendevano i fumetti adatti ad un pubblico giovane piuttosto che ad un
adulto: da ogni tavola scaturiva una comicità spumeggiante, spassosa e
goliardica che si muoveva all‟interno di un mondo caratterizzato da
comicità ed arguzia.
Agli inizi della Prima Guerra Mondiale, si notò un‟impennata nella
pubblicazione di nuovi periodici di fumetti; tra questi vanno ricordati The
Rainbow e The Funny Wonder all‟interno dei quali, fra tutti i comics,
prevalevano quelli che si rifacevano ai modelli burleschi degli eroi della
slapstick comedy, la commedia grossolana tanto apprezzata dal popolo
inglese. Non mancavano storie umoristiche sulla guerra che avevano come
scopo quello della propaganda militare, oppure quei comics i cui
protagonisti erano degli animali umanizzati.
Fu solo nel periodo d‟intervallo fra le due grandi guerre che gli editori
decisero di proporre al proprio pubblico un fumetto a carattere avventuroso;
erano storie d‟avventura con uno sfondo sentimentale, dove il personaggio
30
principale fu per molto tempo la bionda e provocante “Jane”, oppure storie
poliziesche con protagonisti di minor rilievo come “Buck Ryan”, nato per
opera di Jack Monk nel 1937.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli autori inglesi
cercheranno di mutare e modernizzare i loro prodotti, rendendoli degni di
maggior considerazione rispetto al passato; fu così che vennero creati dei
comics dove si articolavano storie adatte ad un pubblico adulto, che
puntavano soprattutto ad una feroce satira politica e sociale inglese che
voleva prendersi gioco delle pretenziose istituzioni pubbliche, oppure
fumetti di tipo fantastico ed avveniristico disegnati in modo meticoloso e
curati in ogni minimo dettaglio.
La novità più rilevante, però, riguarda soprattutto il genere umoristico,
tipico dello spirito britannico, che in passato non venne capito e quindi
ignorato; sulle pagine dei periodici comparve, allora, “Andy Capp”19 creato
da Reg Smithe.
Nel corso degli ultimi anni il fumetto inglese si è distinto per la sua
rinnovata vivacità segnalandosi per i racconti dall‟andamento disinvolto,
brioso e divertente, per i toni piacevolmente freschi e piccanti.
1.3.2 Il fumetto italiano
Rispetto agli Stati Uniti e all‟Inghilterra, il fumetto italiano si sviluppò
più lentamente. Nonostante l‟esistenza di numerosissimi settimanali llustrati
creati già all‟inizio del secolo, i ragazzi italiani cominciarono a conoscere il
fantastico ed originale mondo delle strisce solo dal 1932.
19
“Andy Capp” è l‟indolente protagonista dell‟omonima serie, sempre alle prese con la classica
tirannia patriarcale, simile a quella di cui era schiavo il protagonista maschile del fumetto
americano “Bringing up father”.
31
32
Per i più piccini esisteva il Corriere dei Piccoli (confidenzialmente
chiamato “Corrierino”), supplemento dell‟autorevole quotidiano Corriere
della sera, pubblicato per la prima volta nel 1908; gli schemi abituali della
pubblicistica periodica destinata all‟infanzia furono ampliati, ospitando non
solo racconti e poesie, ma anche alcune tavole dai colori vivaci, formate da
vignette e didascalie in rima. Dai racconti importati dall‟America, infatti,
venero eliminati i caratteristici balloons, sostituendoli con filastrocche che i
ragazzi memorizzavano facilmente. Così modificati, i comics americani
importati persero la loro natura e tutte quelle qualità che li distinguevano da
ogni altra forma di letteratura giovanile. Accanto a queste produzioni, ne
nacquero alcune tutte nostrane: “Il Signor Bonaventura” di Sergio Tofano
(in arte Sto), “Il Sor Pampurio” di Carlo Bisi e tanti altri personaggi,
protagonisti di gustosi racconti simili tra loro, che si concludevano in poche
vignette.
Per lunghi anni il “Corrierino” rimase fedele alla sua formula originaria.
Nel 1932 nacque Jumbo, giornalino impostato sulla formula editoriale
inglese,
che
pubblicava
fumetti
anglosassoni
forniti
di
balloons
accompagnati, però, da prolisse didascalie scritte.
Nello stesso anno fu pubblicato un altro settimanale che, però, sfruttò
appieno la notorietà dei personaggi disneyani; non a caso il giornalino fu
chiamato Topolino.20
Con la comparsa nelle edicole dell‟Avventuroso, nel 1934, scoppiò il
finimondo; ottenne un immediato successo, dovuto alla nuova formula
narrativa proposta: scomparvero del tutto le didascalie che per anni avevano
modificato la natura dei comics e vennero pubblicati solo fumetti
20
Nel 1935 la testata passò dalle mani del fiorentino Nerbini a quelle della Mondatori che,
insieme alle grandi storie disneyane, ospitò vari episodi di “Kit Karson”, “Brick Bradford” e
prodotti di fantascienza come la saga di “Saturno contro la terra” ideata da Cesare Zavattini.
Queste sono solo alcune citazioni in un mare di cose notevolissime.
33
d‟avventura americani come “Flash Gordon”, “Mandrake” e “L‟Uomo
Mascherato”.
Considerato l‟enorme consenso di pubblico che investì l’Avventuroso,
nacquero moltissimi altri periodici che riproponevano soprattutto materiale
di origine americana, poiché non esisteva ancora una soddisfacente
produzione nazionale.21
Nel 1937 nacque a Roma Il Vittorioso, un settimanale cattolico che fu
l‟ultima delle grandi testate anteguerra contrapposta alla stampa laica; il suo
scopo fu quello di formare una gioventù ardimentosa sulla base dei valori
cristiani. La realizzazione del giornale dipese da uno staff, via via sempre
più rinnovato, di autori italiani tra i quali Caesar (noto al pubblico anche
con gli pseudonimi Cesare Avai e Caesar Away), padre di “Romano il
legionario” ed il grande Jacovitti che proprio su questo periodico cominciò
a presentare i suoi primi eroi.22
Con l‟avvicinarsi della Seconda Guerra Mondiale la produzione straniera
venne bandita per ordine delle autorità fasciste.23 La scomparsa degli eroi
americani provocò parecchie proteste da parte dei lettori e le tirature
calarono sensibilmente; con il conflitto bellico ormai alle porte, i censori
assunsero un atteggiamento più morbido verso il fumetti: i personaggi
famosi rimasero proscritti, ma si chiuse un occhio sulle storie minori che
certe riviste continuarono a pubblicare, propagandandole per italiane.
Di fatto, la campagna fascista contro i fumetti stranieri, provocò la fine dell‟età
d‟oro del fumetto in Italia.
21
Tra tutti i periodici sorti tra il 1934 ed il 1936 vanno ricordati: Il Monello, Primarosa (che fu
un tentativo di giornalino destinato interamente alle fanciulle), Intrepido e I Tre Porcellini.
22
La “collezione” che caratterizzò la redazione del periodico, rappresentò un‟autentica palestra
per quella che comunemente viene ricordata come la “Scuola del fumetto italiano”.
23
Mussolini mise al bando tutti i fumetti stranieri ad eccezione di Topolino, amato dai suoi figli.
Per un approfondimento sull‟argomento censura, si rimanda al secondo capitolo.
34
35
Quando Mussolini, con le conquiste africane, rinforzò il suo potere ed il
suo prestigio, ogni manifestazione, fumetti compresi, dovette per forza di
cose esser fatta in ragione dell‟etica e della mistica fasciste. Per sfuggire a
tale propaganda, che sollecitava i temi della patria, dell‟eroismo e della
romanità, alcuni autori di fumetti si rifugiarono in storie esotiche, lontane
dalla realtà del momento.
In quegli anni le strisce vennero abolite dai quotidiani ed i fumetti
giunsero ai lettori solo attraverso il settimanale24 che proponeva racconti a
puntate; le storie proposte erano di tipo avventuroso e, spesso e volentieri,
non poterono sottrarsi alla retorica nazionalistica imposta dalla situazione
politica.
Dopo la Liberazione, quando il fascismo uscì definitivamente di scena,
l‟Italia tornò piano piano alla normalità con una nuova condizione politica,
che permise il ritorno degli eroi americani sulle pagine dei periodici per
ragazzi; accanto ai già noti personaggi, ne comparvero di nuovi: “Dick
Tracy”, “Johnny Hazard”, “Rip Kirby” e altri.
Uno dei fenomeni editoriali del dopoguerra fu Il Politecnico, creato nel
1945, che conteneva fumetti, saggi critici sui comics, riferimenti a strisce
americane ed una particolare attenzione al mondo dell‟immagine e
dell‟immaginario.
Proprio in quegli anni gli editori si accorsero che i fumetti erano sì letti
dai ragazzi, ma suscitavano l‟interesse anche degli adulti; fu così che alcuni
quotidiani cominciarono a pubblicare qualche striscia giornaliera.
24
Il Balilla, giornaletto voluto dal regime fascista già nel 1923; nell‟impostazione grafica e nei
contenuti si modificò varie volte nel corso degli anni, passando da un tono fiabesco ad uno allegro
e scanzonato (come le filastrocche dei giorni di guerra disegnate da De Seta che caricaturavano re
Giorgio d‟Inghilterra, chiamato Giorgetto, ed il suo ministro Winston Churchill, detto
Ciurcillone).
In parallelo al settimanale, venne pubblicato un altro giornaletto dedicato alle fanciulle: La
Piccola Italiana.
36
Per quanto riguarda la produzione nazionale, emarginata più che mai
dalle creazioni americane, visse un momento di stasi; fu a partire dal 1948
che alcuni autori italiani cominciarono a creare nuovi personaggi, alcuni dei
quali destinati a rimanere nella storia. Fu il caso di Gianluigi Bonelli che
assieme al disegnatore Aurelio Galleppini, creò il mitico ed intramontabile
“Tex”, popolare cow boy del selvaggio West.
Durante gli anni Cinquanta anche l‟Italia fu invasa da una propaganda
anti fumetto, accusato brutalmente e superficialmente da ogni parte: ad
accanirsi più di tutti furono i cattolici, preoccupati che violenza e sessualità
potessero turbare l‟equilibrio dei giovani; la parte laica e quella marxista
della protesta accusavano il fumetto di essere uno strumento povero nei
contenuti.
Tutta questa polemica sembrò assurda, poiché in Italia cattolici, laici e
marxisti continuarono a promuovere la diffusione del fumetto, sicuramente
selezionato e controllato, attraverso i loro periodici per ragazzi. 25
Purtroppo si dovette attendere fino la metà degli anni Sessanta per veder
uscire il fumetto dal “ghetto culturale” in cui era stato relegato e constatare,
finalmente, un rinnovato interesse del pubblico adulto nei confronti di
questa produzione letteraria “popolare”.
Ristabilito l‟interesse, sorsero nuovi generi di fumetti; tra loro spiccò il
cosiddetto “fumetto nero”, che degenerò poco più tardi in una sorta di
racconto sadico erotico di dubbia qualità, che lasciò perplessi e sconcertati.
Da un altro punto di vista, grazie a tutta una serie di meritevoli iniziative,
vennero riproposti dei classici americani anni Trenta (accompagnati da
25
I meno coerenti, forse, furono proprio i cattolici che pubblicavano fumetti non solo sul
Vittorioso, ma anche su altre testate minori come Vera Vita o Lo scolaro”.
Il Pioniere, di parte marxista, aprì le porte ad un nuovo settore della letteratura per l‟infanzia,
introducendo per la prima volta ideali di libertà, democrazia e giustizia.
L‟albo venne diffuso attraverso la distribuzione interna della sinistra. Tra gli autori che in seguito
collaboreranno con la redazione, spiccano i nomi di Gianni Rodari e Marcello Argilli.
37
un‟attenta critica) che furono introdotti in ambienti fino ad allora del tutto
ostili al fumetto
Quest‟ultima pensata editoriale contribuì non poco alla nascita della
“moda fumetto”, stimolando tutta una serie di studi e dibattiti sul fenomeno.
Nacquero nuove riviste come Linus che raccolse e realizzò vecchie
aspirazioni, per anni nascoste, riproponendole secondo la realtà dei nuovi
tempi; la rivista presentò tutta una serie di fumetti che bisognava leggere e
rileggere, come avveniva per i prodotti letterari di alto livello, se si volevano
rintracciare i significati profondi.
In questo clima rinnovato emersero due nuovi ed originali autori; Guido
Crepax che creò “Valentina”, sofisticata fotografa milanese prototipo della
donna indipendente, libera da ogni tabù, figlia nevrotica del tempo e spesso
vittima di allucinazioni ed incubi.26
Hugo Pratt ideò il personaggio di “Corto Maltese”, disincantato ed
imperturbabile avventuriero dallo sguardo profondo, che rinnegava la viltà
ed amava la vita febbrile del vagabondo che si sposta di continuo senza
mettere mai radici; fu un personaggio cinico ed irrequieto che si impose con
autorità fin dalla prima apparizione, avvenuta nel 1967.
Si può affermare senza ombra di dubbio che il fumetto italiano stava
cambiando, arricchendosi di nuovi ed intelligenti contributi; la caratteristica
principale di questi anni, almeno per alcuni autori, fu quella di aver
superato il breve respiro ed i ristretti spazi del fumetto tradizionale,
proiettandosi nel romanzo per immagini.
26
Crepax prende Valentina terribilmente sul serio, e forse è proprio con questo suo tentativo che
un nuovo fumetto prende il posto del vecchio: dalla crisi comincia a sbocciare un altro genere, il
fumetto autobiografico.
38
39
40
Le produzioni degli anni Settanta ed Ottanta hanno ancor più accentuato
il distacco tra i fumetti per ragazzi e quelli per adulti; vennero creati
personaggi sempre più problematici, eroine emancipate e disinibite che
riempirono pagine e pagine di riviste più o meno impegnate. Tra i
personaggi creati in Italia vanno ricordati “Ken Parker”, splendido western
crepuscolare ideato da Giancarlo Berardi ed Ivo Milazzo, e “Martin
Mystere” un archeologo detective dell‟impossibile che cerca di risolvere
alcuni dei maggiori misteri del nostro pianeta.27
Nel 1974 Linus lanciò una rivista mensile gemella, Alterlinus,
ribattezzata nel 1977 Alter Alter” totalmente dedicata all‟avventura, che
anticipò di qualche anno il nuovo boom delle sofisticate riviste per adulti.
Negli anni a seguire sorsero riviste che, salvo qualche rara eccezione,
pubblicarono quasi esclusivamente autori francesi, spagnoli e sudamericani;
ciò non impedì comunque l‟emergere di significativi autori italiani: Manara,
le cui storie vedono duellare realtà e fantasia per la conquista della scena,
Andrea Pazienza ed Attilio Micheluzzi, le cui storie possono già
considerarsi dei classici del fumetto.
A partire dagli stessi anni, nuovi personaggi vennero pubblicati dalla
Casa Editrice Bonelli; i frequentatori delle edicole cominciarono a
conoscere le molteplici tematiche proposte dai personaggi a fumetti
“bonelliani”, che spaziavano nel vasto genere dell‟avventura western e della
fantascienza: “Gil” (1982), “Dylan Dog” (1986), “Nick Rider” (1988), , e
molti altri ancora che si aggiungeranno, dagli anni Novanta, “Nathan
Never”, “Brendon”, “Napoleone”, “Magico Vento” e “Julia”.
27
Tutti questi personaggi furono creati dai disegnatori e dagli autori che appartenevano alla Casa
Editrice Bonelli. Tra i fumetti di maggior rilievo, oltre al mitico ranger “Tex”, vanno ricordati:
“Hondo” (1956-1958), “Terry” (1956), “Piccolo Ranger” (1958), “Zagor” (1961), “Judas” (1979)
e “Martyn Mystere” (1982).
41
42
43
44
Nel corso degli ultimi anni si sono ridimensionati i centri di produzione
del fumetto, indirizzando tutti gli sforzi sulla selezione e la specializzazione
delle testate più redditizie; sono state attuate delle innovazioni che segnano
profondamente la costruzione narrativa delle saghe seriali, dei personaggi,
delle storie fantastiche proposte.
La principale conseguenza di queste operazioni editoriali, è il continuo
germogliare di occasioni di crescita e sviluppo per i giovani autori , fornite
da poche ma efficienti case editrici, divenute negli ultimi tempi vere e
proprie fabbriche del fumetto, per le quali è fondamentale tenere alto il
livello di ricerca e di novità di proposte in grado di accrescere il valore
globale della casa editrice sul mercato.
1.3.3 Il fumetto francese
Le origini del fumetto in Francia possono esser fatte risalire al 1820,
quando furono pubblicate per la prima volta le Images d’Epinal. Tuttavia,
fu solo cinquant‟anni dopo che il racconto per immagini, completato dalla
didascalia posta sotto i disegni, cominciò a delinearsi in modo preciso; le
prime storie rappresentate, create da Cristophe, giravano attorno ad un
personaggio tipo e si articolavano in una rapida successione di singole
scene, garantendo un armonico ritmo narrativo.
Nel 1905 venne pubblicato un periodico destinato alle fanciulle di buona
famiglia, La Semine de Susette, dove la protagonista delle storie raccontate
era Bécassine, una ingenua e robusta servetta bretone.
Qualche anno dopo in Francia comparvero, fra le pagine del periodico
Epatant, “Le Pieds nickelès” di Louis Forton. L‟autore, che era solito creare
testi esplicativi dell‟immagine, fu il primo ad introdurre il fumetto (vale a
dire la nuvoletta stilizzata che dava spazio a pensieri e parole dei
45
protagonisti delle storie); abbozzò persino dei dialoghi a distanza, inserì
monologhi e non ebbe paura nel trascrivere suoni e rumori.28
Da allora vennero create storie e personaggi inediti, un nuovo modo di
intendere il racconto per immagini che vantava fra i suoi sostenitori
disegnatori come Alain Saint-Ogan;29 nel 1925 creò “Zig et Pulce”, due
spavaldi ragazzini amanti dell‟avventura che intrapresero un lungo viaggio
intorno al mondo con il loro pinguino Alfred e che in seguito vennero
proiettati su Venere.
I lettori ne restarono affascinati, tanto da chiedere un seguito. Fu così che
cinema, teatro, musical, dischi e giochi si impadronirono dei paladini del
fumetto, inventando prodotti che sfruttavano il patrimonio delle strisce.
Nel 1934 la Francia venne colpita dall‟invasione dei comics americani
che già da anni erano stati importati in molti paesi europei: sorse il Journal
de Mickey. Distribuito dall‟agenzia Opera Mundi, , il giornalino si presentò
al pubblico in grandi fogli colorati dalla grafica curata dove, ovviamente,
venivano proposti fumetti americani, debitamente tradotti, come “Micke
Mouse” e “Jungle Jim”.
Il successo del periodico fu tale che il suo ideatore decise di ripetere
l‟esperienza creando altri giornali per ragazzi: Robinson, Hop-là che
presentarono al pubblico “Mandrake”, “Popeye”, “Prince Valiant” e molti
altri fumetti ancora; questa operazione editoriale fu ripresa da diversi
industriali della carta stampata che fondarono settimanali, come
L’Aventures, dove i francesi conobbero “Brick Bradford e “Charlie Chan”.
28
Per la nuova concezione di struttura narrativa proposta, Forton può essere considerato senza
alcun dubbio il precursore del fumetto moderno. Va ricordato che l‟autore fu tra i primi che
tentarono la sonorizzazione grafica del fumetto attraverso l‟utilizzo di onomatopee.
29
Illustratore per riviste, Alain Saint-Ogan creò serie di enorme successo; nel 1934 divenne
caporedattore della rivista “Cadet-Revue” e qualche anno dopo di “Benjamin”. Il riconoscimento
più grande arrivò poco prima della sua morte, nel 1974, quando il suo pinguino “Alfred” diventò
la mascotte del salone del fumetto di Angoulệme.
46
Ormai la Francia era in completa balia dei comics americani, tuttavia
alcune serie nazionali resistettero all‟invasione; si trattò di casi isolati che
non permisero agli editori di mantenere il primato nel campo dell‟editoria
per ragazzi. Le uniche pubblicazioni che resistettero alla contaminazione
americana furono singoli periodici, soprattutto di orientamento cattolico,
che venivano distribuiti nelle chiese di campagna.
L‟indipendenza dai fumetti d‟oltreoceano iniziò con la Seconda Guerra
mondiale, quando il governo proibì la divulgazione dei comics; dopo la
Liberazione l‟editoria per l‟infanzia cominciò un‟opera di rilancio nazionale
che la portò all‟assalto di un mercato tutto da ricostruire. Ogni tentativo
della produzione americana di riprendere il monopolio fallì e numerosi
giornali francesi recuperarono popolarità.
Tra gli artisti che parteciparono a quest‟opera di rinascita, spicca la
figura di Calvo; disegnatore d‟animali, propose una bellissima trasposizione
della Seconda Guerra Mondiale vissuta dagli animali: bulldog inglesi, orsi
russi, conigli francesi, lupi tedeschi e così via.
Gli anni del dopoguerra in Francia trascorrono all‟insegna dell‟inventiva
degli autori, sempre pronti a creare storie a fumetti che catalizzino il lettore.
Nel 1959 uscì il primo numero della rivista Pilote, settimanale voluto e
fondato da Goscinny, Uderzo e Charlier; sono soprattutto le avventure di
“Asterix” a conquistare il popolo francese, determinando così il successo
del settimanale. Nel giro di poco tempo, le vicissitudini dell‟eroe gallico e
dei suoi compagni raggiunsero la maturità grafica e narrativa che procurò
loro il riconoscimento ad eroi nazionali.30
30
“Asterix” fu un fenomeno sociale che non riuscì ad essere eguagliato da nessun altro prodotto
dell‟editoria del dopoguerra; il successo fu tale che, nel maggio del 1989, in Francia venne
inaugurato il Parco Asterix. In Europa si parlò per anni di “Asterix” come di un fumetto
sciovinista,di fumetto gollista che risvegliò la mania di grandezza del popolo francese. In Italia fu
fatto conoscere dalla rivista Linus nel 1967 all‟interno di un supplemento; successivamente la
casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione delle sue avventure in una serie di lussuosi albi.
47
48
Pur mantenendo un ruolo di primo piano all‟interno della rivista, al
fumetto “Asterix” vennero affiancate nuove serie che fecero del “Pilote” il
giornale per ragazzi più importante della Francia.
Per quanto riguarda il fumetto dedicato al pubblico adulto nel 1962, sulla
rivista trimestrale V Magazine, comparvero le prime imprese spaziali di
“Barbarella”; creata dal disegnatore francese Jan Claude Forest, Barbarella
era una bella e giovane terrestre dotata di molta curiosità, coraggio e spirito
d‟avventura che, nell‟anno 40.000 intraprende continui viaggi nel cosmo
alla ricerca di nuove emozioni. L‟arma vincente di questa maliziosa
amazzone siderale era la provocante bellezza; ad ogni occasione, Barbarella
utilizzava il suo corpo come strumento di difesa e d‟attacco.
Con l‟apparizione di questo personaggio, che in breve tempo conquistò
un‟incredibile fama mondiale nacque il genere erotico fantastico.
Durante il periodo delle dure contestazioni del 1968, il fumetto francese
divenne anch‟esso strumento di protesta; la rivoluzione, che investì
soprattutto il pubblico adulto, arrivò con la pubblicazione dell‟Echo des
Savenes. Nato dalla fantasia di tre autori disertori del Pilote, ritenuto troppo
chiuso e conservatore, il periodico propose fumetti che davano libero sfogo
a provocazioni e satire; un miscuglio di humor sovversivo, sesso e
psicanalisi
che
rifletteva
le
problematiche
di
una
generazione
controcorrente.
Il nuovo spirito anticonformista e trasgressivo fu ispiratore di riviste
sempre nuove, dove si fecero le ossa i futuri grandi autori del fumetto
umoristico francese.
La produzione di qualità si farà sempre più pressante, tanto che numerosi
fumetti cominciarono ad essere esportati non solo in Europa, ma addirittura
in America a partire dai primi anni Settanta.
49
50
La diffusione del fumetto francese degli anni Ottanta, provocò un
crocevia di tendenze e molti disegnatori, europei e non, lavorarono per
raggiungere un traguardo molto ambito: veder pubblicati i loro prodotti sui
periodici francesi.
1.3.4 Il fumetto belga
L‟evento di principale importanza che caratterizzò la storia del fumetto
belga, fu la nascita di “Tintin” nel 1929 per mano del disegnatore Hergé. Il
giovane e fin troppo fantasioso reporter, vestito con pantaloni alla zuava ed
accompagnato dal fido cane Milou, fu il protagonista di movimentate
imprese che lo portarono a conoscere ogni parte del mondo, sempre al
servizio della giustizia.
Tintin ebbe enorme successo dapprima in Belgio, dove divenne un
fenomeno sociale, e subito dopo in quasi tutto il resto del mondo.
Bisognò attendere molti anni prima che qualcuno riuscisse ad eguagliare
il trionfo ottenuto dal fumetto di Hergé; nel 1938 nacque un periodico,
Journal de Spirou, che in breve tempo attirò l‟attenzione di un vasto
pubblico.
Tra gli eroi che contribuirono all‟affermazione del periodico vi fu un
fumetto, conosciuto ed amato in tutto il mondo, che venne pubblicato per la
prima volta nel 1946: “Lucky Luke”, creato dal disegnatore Morris. Il
solitario ed esile cow boy, in continua lotta contro i malviventi che
invadevano l‟Ovest americano, fu il protagonista della più popolare e
divertente satira europea del fumetto western.
Attraverso il cowboy Lucky, le figure che caratterizzarono l‟epoca ed i
grandi episodi della conquista dell‟Ovest, furono presenti, in chiave
51
umoristica, nel cinquantennio d‟avventure dell‟uomo che “spara più veloce
della propria ombra”.
Con il passare degli anni, i protagonisti del Journal de Spirou
maturarono e si perfezionarono tanto nella grafica, quanto nella
sceneggiatura.Allo stesso tempo nacquero nuove ed importanti riviste, tra le
quali “Tintin” che vantò la presenza in redazione di numerosi ed indiscussi
maestri del fumetto belga.
Fin dai primi numeri il giornale propose storie eccezionali, i cui
protagonisti erano perlopiù giovani aitanti e coraggiosi dal sorriso
smagliante caratteristico dei divi. Nel 1959 Jean Graton creò il personaggio
di “Michel Vaillant”, un campione automobilista, alto e robusto,
appartenente alla famiglia di costruttori d‟autovetture da corsa più facoltosa
della Francia, che denuncia un sospetto di omossessualità.
Veniva così riproposto lo stereotipo del personaggio positivo, attore
principale dei racconti dai quali si ricavava l‟immagine di una realtà ancora
mitica, sebbene l‟espansione dei mezzi di comunicazione avesse accorciato
le distanze che separavano l‟eroe dal lettore.
L‟espansione del fumetto belga durante gli anni Sessanta e Settanta, fu il
frutto della nuova ventata d‟energia introdotta all‟interno del periodico da
autori di talento come Greg, Dupa, Hermann e altri.
1.3.5 Il fumetto spagnolo
Rispetto agli altri paesi europei, il fumetto spagnolo si affermò più tardi;
agli inizi dell‟Ottocento esistevano già dei racconti arricchiti da una serie di
disegni commentati da un testo che sottostava alle vignette. Questo tipo di
narrazione fu caratteristico della letteratura giovanile spagnola fino ai primi
52
anni del Novecento, quando cominciò a delinearsi un nuovo tipo di
produzione letteraria costituita principalmente da periodici per l‟infanzia.
Fra tutti il più importante fu sicuramente il TBO, pubblicato per la prima
volta a Barcellona nel 1917, che presentava soprattutto storielle disegnate
che venivano chiarite con l‟utilizzo delle didascalie; fu proprio all‟interno di
questa rivista che, nel 1919, apparve un personaggio noto negli Stati Uniti
già da un po‟ di tempo. Si trattava del piccolo e capriccioso “Snookums”,
che venne fatto conoscere ai ragazzi spagnoli con il nome di “Pipiolin”.
Fu così che il popolo spagnolo conobbe il balloon; l'innovazione venne
accolta favorevolmente, tanto che il TBO raggiunse un successo enorme in
pochissimo tempo. La popolarità acquistata dal tebeo (parola spagnola
utilizzata per indicare il fumetto) incoraggiò l‟editoria che, nel 1921,
pubblicò un nuovo giornalino: il Pulgarcito; il periodico non dava spazio a
racconti d‟autori spagnoli, legati ancora alla vecchia concezione di narrativa
grafica, bensì ripresentava materiale di provenienza inglese. La produzione
nazionale rimase, per molti anni, un lavoro anonimo caratterizzato da
contenuti poveri e pseudo comici destinati ad un pubblico giovane.
Bisognerà attendere fino agli inizi degli anni Trenta per vedere una
modernizzazione, se così può essere chiamata, da parte degli autori ispanici;
sorsero nuovi fumetti d‟avventura dalla connotazione popolare, dove
predominavano racconti di fantascienza rozza i cui protagonisti erano donne
farfalla, uomini falco e mostri feroci che abitavano mondi sconosciuti,
selvaggi e desolati. Attorno a questi esseri ruotavano avventure
immaginarie, ricche di lotte tra eroi coraggiosi e terribili tiranni, che
affascinavano e catalizzavano i giovani lettori.
Nel 1938 venne pubblicato uno dei periodici più riusciti dedicato
interamente ai ragazzi, Chicos; distintosi immediatamente per il materiale
esclusivamente di produzione spagnola; pochi anni dopo al giornalino venne
53
affiancato un periodico che, per la prima volta , era destinato alle fanciulle,
Mis Chicas.31
Fu solo un‟eccezione, perché durante gli anni ‟40 molti disegnatori
spagnoli presero come modello da imitare gran parte della produzione
americna, creando così eroine semivestite, prestigiatori mascherati che
ricordavano lontanamente “Mandrake” e detective sempre alle prese con
avventure incredibili.
Il vignettista americano più imitato in assoluto dai disegnatori spagnoli
fu Milton Caniff, al cui stile personalissimo si ispirarono Antonio Parrai,
Josè Toutain e molti altri ancora.
In questi anni di fervore nei riguardi del fumetto il grande Emilio Freixas
creò “Capitan Misterio”, un aitante ed inflessibile giustiziere mascherato
che, affiancato dal fido Pancho Touelada e dal giovane Balin, dava la caccia
a farabutti e delinquenti tra i labirinti delle foreste.
Lo stile americano che caratterizzò la maggior parte dei fumetti di queli
anni venne utilizzato dal creatore di “Pistol Jim”: Carlos Balito, alias Carlo
Freixas, figlio del bravo Emilio e degno successore del padre. Pistol Jim
incarnava il vecchio mito dell‟eroe del West americano, tenace nemico
dell‟ingiustizia e dei soprusi, sempre sostenuto dal fido scudiero.
Nella Spagna dei primi anni Cinquanta la pubblicazione delle avventure
di alcuni supereroi raccolte in fascicoli ebbe un enorme successo; un chiaro
esempio fu quello di “Diego Valor”, generoso comandante ispanico delle
fuerzas interplanetarias terrestres creato da Buylla e Rodriguez32,che venne
promosso a eroe nazionale.
31
I beniamini di queste nuove produzioni erano Cuto, un intrepido e coraggioso ragazzo nato
dalla fantasia del disegnatore Jesus Blasco, e Anita Diminuta, una specie di Cuto in gonnella.
32
I disegnatori Buylla e Rodriguez erano noti al pubblico spagnolo con lo pseudonimo di Buylla
Bayo.
54
A dispetto della censura imposta dalla dittatura franchista, nel 1970
venne pubblicato il miglior periodico spagnolo in assoluto, Trinca; ogni
settimana venivano proposti ai lettori racconti dall‟ eccezionale gusto
grafico, realizzati da abili disegnatori che avevano ormai raggiunto
consapevolezza e maturità. Erano storie, però, ancora destinate ad un
pubblico di lettori giovani e disincantati.
Bisognerà attendere gli anni Ottanta perché un cartoonist spagnolo possa
imporsi all‟estero; in Italia i lettori di fumetti conobbero Enric Siò che, con
le sue vignette tematicamente riconducibili al nostro Crepax, fornì una
visione negativa del mondo contemporaneo.
E‟ innegabile che nel corso degli ultimi anni si sia verificata
un‟incredibile esplosione di qualità, eleganza e finezza all‟interno del
mondo fumettistico spagnolo; oggi come oggi i temi trattati attraversano
tutti i generi, dallo storico al grottesco,dal drammatico al fantastico,
percorrendo gli orizzonti della fantasia con nuova capacità espressiva
autonoma, ormai libera dall‟ombra dei prodotti stranieri.
1.4 Il fumetto in Giappone: l’era dei manga
Gli esordi del fumetto in Giapppone vengono fatti risalire all‟era Meiji, 33
durante la quale il Paese cominciò ad affacciarsi al mondo industrializzato;
fu proprio il progresso delle nuove tecniche di produzione dei beni di
consumo ad essere riprese dalle prime vignette nipponiche, considerate le
premesse dei manga34 come li intendiamo oggi.
33
L‟era Meiji è quel periodo storico che va dal 1868 al 1911.
Da un punto di vista etimologico, il termine manga è composto da “man” ( svago, divagazione)
e da “ga” (immagine,disegno). Attualmente il termine indica il fumetto giapponese nella sua
forma cartacea, anche se in origine designava tutta una serie di caricature in stile grottesco che
costituivano una specie di enciclopedia per immagini.
34
55
La diffusione delle vignette, di carattere umoristico satirico, fu affidata
ad un‟editoria nuova, dove gli investitori stranieri si appoggiarono
all‟esperienza dei responsabili nazionali per promuovere una circolazione
su tutto il territorio ed ottenere un rapido sviluppo del settore.
Nel 1905 Rakuten Kitazawa creò il primo giornale satirico, il Tōkyō
Puck, dove vennero proposte alcune innovazioni che sarebbero rimaste in
uso per parecchio tempo: strisce in sei riquadri, disposti in due sezioni
verticali, e personaggi fissi caratterizzati da un nome proprio. Si potevano
già intravedere un impianto narrativo ed una sequenza temporale, mentre il
dialogo era riportato nel riquadro della vignetta ed era preceduto dal nome
del personaggio che stava parlando.
Kitazawa seppe mescolare in modo ideale le influenze occidentali in
campo artistico ed una buona quantità di capacità satirica caricaturale per
descrivere criticamente sia avvenimenti storico politici, sia fatti quotidiani;
tutto ciò permise di allargare il pubblico di riferimento.
Un altro disegnatore importante in quel fortunato periodo fu Ippei
Okamoto, che in breve tempo divenne un esempio per un‟intera generazione
di disegnatori; egli realizzò una cronaca di tipo giornalistico a base di testo
e disegno,35 ispirata ad un lungo viaggio attraverso l‟America e l‟Europa;
erano racconti visivi inizialmente pubblicati su riviste ed in seguito raccolte
in due opere.36
La continua crescita del manga, supportata dall‟espansione del mondo
editoriale giapponese, dal 1915 si trasformò in una serie di organizzazioni
di mostre annuali e nella nascita di associazioni di disegnatori37 tuttora in
35
Questo tipo di cronaca giornalistica era chiamata manga manbun.
Le opere furono tradotte in italiano come: Viaggio a fumetti per il mondo sulla carta e Lettere
illustrate di un giro intorno al mondo.
37
“Associazione del manga di Tōkiō” e “Nuova associazione giapponese dei disegnatori di
manga”.
36
56
piena attività. In breve tempo il target dei manga si allargò: si constatò che i
fruitori del genere potevano essere, oltre che gli adulti, anche i più piccoli.
Il genere per ragazzi fu iniziato da Shigeo Miyao, che pubblicò le
avventure di “Manga Tarō” nel 1922; l‟innovazione consisteva nell‟aver
trasferito fra le pagine di un quotidiano un racconto per giovani,
privilegiando l‟aspetto grafico a quello del testo. L‟opera purtroppo si perse
in un incendio; ciò spinse l‟autore a creare un nuovo personaggio,38 molto
simile al primo: un giovane samurai che durante il viaggio, superò molte
difficoltà grazie al prodigioso uso della spada.
Agli anni Venti appartengono anche “Le avventure di Schōcan”, un
adolescente che in compagnia del suo scoiattolo aiutava le persone in
difficoltà; per la prima volta il dialogo fu proposto all‟interno di nuvolette,
anche se alcune didascalie esplicative rimasero all‟esterno dei riquadri.
Il filone cavalleresco avventuroso, già molto noto alla letteratura
nipponica, fu una tematica ricorrente all‟interno dei maga dedicati ai
ragazzi.
Nell‟ambito dei manga per adulti di quel periodo va ricordato “Il papà
ottimista”, di Yutaka Aso, il cui protagonista era un tranquillo capofamiglia,
alle prese con eventi quotidiani, che voleva dimostrare ai lettori una via di
fuga dalla complessità e dalle problematiche della vita di ogni giorno. 39
L‟enorme successo ottenuto dall‟opera, permise una rapida espansione
oltre confine che dura ancora oggi, in quanto le attività promozionali ad
esso legate ricopre un‟importanza vitale nel mercato giapponese.
Nel 1934 comparve su un quotidiano quello che potrebbe essere definito
il precursore di tutta la serie di robot futuristici e sofisticati di cui
38
“Il viaggio intorno al mondo di Dango Kushisuke”.
Questo manga seppe sviluppare meglio di altri elementi quali l‟uso della nuvoletta ,l‟equilibrio
tra il linguaggio scritto e quello iconico e, infine, lo schema del manga familiare ispirato alla vita
domestica.
39
57
“Goldrake”, per gli italiani, rappresentò il capostipite; il protagonista della
storia fu “Tanku Tankurō”, curioso incrocio tra macchina e uomo dotato di
superpoteri.
Il genere per ragazzi crebbe in parallelo al numero di fruitori;
l‟abbondanza dei fumetti, presenti da qualche tempo su molte riviste, fu
ridimensionata dal Ministero degli Interni, sollecitato dalle proteste di
numerosi genitori ed insegnanti preoccupati per gli eventuali effetti negativi
dei manga sullo sviluppo psicologico ed intellettivo dei giovani giapponesi.
Ad aumentare gli effetti censori del Ministero, arrivò la Seconda Guerra
Mondiale che procurò una battuta d‟arresto disastrosa per l‟editoria
nipponica.
Chiusasi la terribile parentesi bellica, tra il 1945 ed il 1946, l‟industria
dei manga volle aiutare la popolazione nella difficile opera di ripresa e di
evasione dalla realtà circostante; nei manga trasparirono i cambiamenti in
atto nel Giappone del dopoguerra, determinandone in questo modo una
richiesta sempre maggiore da parte dei lettori.
Tutto ciò permise, a partire dalla seconda metà del Novecento, una svolta
in campo fumettistico, con l‟ingresso nel settore di un artista che viene da
tutti definito il “dio dei manga”: Osamu Tezuka. Capostipite di una lunga
schiera che ne seguirà le orme, si occupò autonomamente di tutte la fasi
della realizzazione di un‟opera: dalle sceneggiature ai disegni, tutto è gestito
da lui e, in sostituzione delle vecchie strisce, creò un nuovo tipo di fumetto
detto sutorii manga.
Nel 1951 l‟autore pubblicò la sua prima opera, “L‟imperatore della
giungla” di cui in un secondo tempo venne realizzata una trasposizione
animata che in Italia fu trasmessa con il titolo di “Simba il leone bianco”; a
58
questo manga di successo ne seguirono molti altri, tra i quali “Atomu,
braccio di ferro”40 e “Il Cavaliere col Fuoco”.41
Quando l‟edizione dei manga sbarcò in Europa, ed in particolare in Italia,
Spagna e Germania, si aggiudicò fin da subito il record mondiale di tirature;
più problematica fu l‟ introduzione in Francia, nonostante la diffusione
sugli schermi di “Goldrake”, “Candy Candy” e “Capitain Harlock” verso
la fine degli anni ‟70. Fu l‟editore Francese Glénat ad interessarsi per primo
ai manga di qualità e a preoccuparsi della loro diffusione su fascicoli e
album.
Negli ultimi decenni l‟editoria giapponese ha fatto passi da gigante; in
occasione dei saloni del libro di Bologna e Francoforte gli addetti ai lavori
europei si sono lanciati su tutto ciò che è stato presentato dalle case
nipponiche.
Il “dopo manga” resta un‟incognita.
40
41
La versione animata fu trasmessa in Italia con il titolo di “Astroboy”.
La trasposizione animata italiana venne intitolata “La Principessa Zaffiro”.
59
60
61
62
Capitolo secondo
GLI STUDI SUL FUMETTO
2.1 Il fumetto nella letteratura scientifica
Al giorno d‟oggi sta aumentando sempre più l‟attenzione di studiosi e
ricercatori verso il mondo dei mass media e dell‟immagine. In particolar
modo il fumetto, che come si vedrà è stato per molti anni accusato di
distogliere i giovani da letture più serie ed a loro adeguate, è attualmente
guardato con benevolenza, considerato quasi un espediente per riavvicinare
alla carta stampata e realizzare il “piacere della lettura”.
Non essendoci ancora una specifica disciplina che si occupi
esclusivamente del fumetto, sino ad oggi gli studi su questo fenomeno sono
stati eseguiti grazie al supporto di numerose altre discipline. Gli obiettivi e
gli strumenti delle ricerche sono risultati esterni al fumetto ma, durante lo
svolgimento del lavoro all‟interno del proprio ambito disciplinare, gli
studiosi hanno sempre operato all‟insegna della multidisciplinarietà,
mantenendosi sul piano della scientificità ed attuando un intenso scambio
d‟informazioni.
L‟utilizzo di diversi contributi è stato utile per svariate ragioni, come
quella di essere riusciti a tracciare, in modo approfondito, le linee generali
dell‟evoluzione del fumetto dalle sue origini ad oggi e dei vari problemi
legati a tale sviluppo; inoltre le singole discipline hanno offerto tutta una
serie di strumenti d‟approccio che potrebbero servire da spunto per
eventuali studi futuri.
E‟ necessario un salto di qualità nelle ricerche, nel senso che bisogna
accantonare i discorsi di carattere generale per scendere nell‟analisi dei
testi, non per abbandonare o rifiutare tutto quello che è stato detto fino ad
63
oggi, ma per evidenziare come, attraverso una ricerca linguistica e l‟utilizzo
di strumenti interdisciplinari, emergano molti aspetti già noti ma ancora da
esplorare.
L‟industria culturale, e specificatamente quella italiana dove il fumetto
occupa un posto di principale importanza, negli ultimi anni è diventata un
tema molto presente all‟interno delle riflessioni e delle ricerche degli storici
dei media, degli storici tout court, di semiologi, psicologi e sociologi della
comunicazione e della cultura.
2.2 L’interesse della psicologia
Gli studi effettuati sul fumetto con gli strumenti a disposizione delle
discipline psicologiche non sono molti; per anni l‟attenzione dei ricercatori
si è focalizzata sull‟influenza di questo mezzo nella formazione della
coscienza del lettore,42 perdendo di vista altri aspetti altrettanto importanti.
Gli strumenti utilizzati per questo tipo di ricerche sono quelli classici della
psicologia: il questionario, il test, l‟intervista, l‟analisi psicoanalitica,
l‟osservazione, …
Un aspetto importante che riguarda la capacità comunicativa del fumetto
è stato sottolineato da Alberto Giordano e Angela Fontana Capoccia che
hanno utilizzato questo strumento nella ricerca psicologica;43 gli autori
hanno impiegato il fumetto come linguaggio aggiuntivo al test del disegno
di famiglia, dimostrando che “questo reattivo, avendo lo scopo di riprodurre
42
Il problema dell‟influenza del fumetto sulla coscienza del lettore è stato affrontato in modo
approfondito nelle ricerche di Antonio Imbasciati e Carlo Castelli; gli studiosi, basatisi sul
principio che un fumetto di successo risponde a certi “umori” delle masse, hanno analizzato il
fumetto per tentare di capire quali potevano essere le tematiche conflittuali più ricorrenti nella
società.
43
A. Giordana, A. Fontana Capoccia, Il valore proiettivo dell’aggiunta del linguaggio al test del
disegno di famiglia attraverso la tecnica del fumetto, in “Rivista di psicologia”, 1967, fasc. II,
pag. 517.
64
scenicamente situazioni od atteggiamenti del fanciullo nei riguardi del suo
rapporto affettivo con i vari componenti del nucleo familiare, si può giovare
di un arricchimento verbale esplicativo o addirittura proiettivo”.
La funzione del fumetto aggiunto al disegno può essere riepilogata in tre
diverse circostanze. La prima occasione è presentata dai casi d‟insufficienza
mentale o da situazioni di blocco o di rifugio nella banalità, allorquando i
dialoghi familiari inseriti, risultano stereotipati ed anticipano, l‟ultima fase
dell‟inchiesta; il secondo caso è quello che vede il fumetto utilizzato per
chiarire un disegno di per sé abbastanza eloquente (come nei casi di
dotazione artistica o di particolari capacità espressive o caricaturali dei
soggetti); la terza opportunità, e forse più efficace, è offerta dai casi in cui il
fumetto assume una funzione essenziale, mostrando situazioni che,
altrimenti, non sarebbero comprensibili e ponendo l‟accento sull‟importanza
dell‟elemento proiettivo di cui il disegno è solamente la traccia di partenza,
peraltro indispensabile.44
Nonostante gli sforzi di questi ed altri autori, in campo psicologico non si
sono aperte promettenti strade per uno studio del fumetto; sono però emersi
nuovi aspetti che meritano sicuramente di essere approfonditi.
I lavori più esplicativi al riguardo appartengono a Raffaele De Garda e
Cesare Musatti, i quali hanno affrontato la questione dell‟esistenza di una
connessione fra creatività ed espressione artistica;45 le modalità d‟approccio
al problema sono state differenti, come diverse erano anche le teorie di
partenza, ma i risultati ottenuti al termine delle ricerche sono stati molto
simili.
44
Per avallare le loro ipotesi, Giordana e Fontana Capoccia hanno aggiunto alle consegne date ai
campioni, quella di far parlare i personaggi solamente dopo aver terminato il disegno e prima di
passare alla fase d‟inchiesta, prevista dalla tecnica di Corman, sul disegno familiare.
45
De Garda R., Arte e psicologia: necessità di un rapporto, in “Ricerche di psicologia”, 1982, n°
21, pag. 15.
65
Per quanto riguarda De Garda, che richiama tutta una serie di lavori
precedenti al suo, egli offre dei suggerimenti interessanti ed originali per
una riflessione sul rapporto esistente fra il momento creativo, quale
“spunto” psicologico iniziale, ed il prodotto creativo; l‟autore fa notare
come il secondo elemento considerato, vale a dire il prodotto, diventi altro
rispetto al primo a causa dei mezzi tecnici con i quali l‟atto creante deve,
per forza di cose, esprimersi. In altri termini, una cosa è il pensiero più
profondo dell‟uomo, un‟altra è l‟espressione come prodotto comunicabile;
inoltre, lo stesso prodotto comunicabile, porta con sé una valenza storica,
poiché l‟atto creativo si arricchisce delle esperienze che ogni artista affronta
nel rapporto con il suo tempo e la sua epoca.
La scienza psicologica può, quindi, aiutare il critico d‟oggi a capire i
contenuti personali, accidentali e storici che danno carattere all‟opera d‟arte
indipendentemente dalla sua osservanza al gusto e allo stile di un‟epoca, al
conformismo e alle tradizioni e alla subordinazione ad una cultura
dominante, vincendo così le tendenze verso la restaurazione di un vuoto
formalismo o di un sociologismo descrittivo.
Musatti, che fonda le sue ricerche sulla teoria psicoanalitica, affronta il
problema prendendo spunto da una frase di Freud,46 differenziando fra
quello che è il “pensiero libero”, vale a dire il pensiero del sogno che giunge
dai processi primari dell‟inconscio, ed il “mondo della ragione”, quello
dell‟aderenza alla realtà che fa parte della nostra coscienza piena. Musatti,
però, sottolinea il fatto che fra queste due sfere non vi è una separazione
netta, anzi il vero artista è colui che riesce a trasformare il sogno in realtà,
Musatti C., L’attività artistica e il suo rapporto con l’inconscio, in “Ricerche di psicologia”,
1982, n° 21, pag. 31.
46
La frase di Freud a cui Musatti fa riferimento è la seguente: “In complesso potremmo anche
rinunciare a dare, così come siamo abituati a fare, tanta importanza alla circostanza che un
processo psichico sia o no inconscio”, op. cit, pag. 31.
66
rendendolo concreto attraverso la coscienza e la consapevolezza che questo
sogno dovrà essere fruito da altri.
L‟autore evidenzia quindi come l‟arte, nelle sue molteplici forme, possa
svincolarsi dalla stretta dipendenza dai canoni della ragione; l‟attività
artistica è, per Musatti, una specie di sogno o di delirio che, tuttavia,
acquista una sua forma di comunicabilità nelle opere artistiche.
Sulla base dei risultati ottenuti dagli studi dei due autori, risulta che l‟arte
può essere tale solo se vi è il rapporto fra l‟inconscio e la coscienza piena;
ed è proprio quest‟ultima ad essere completamente assorta nella realtà del
mondo in cui ogni artista vive. A tentennare è il rapporto fra i due elementi,
per cui ora prevale l‟aspetto inconscio, ora quello razionale.
Sia De Garda che Musatti, vedono nell‟arte una specie di duplicità che
per il primo è costituita dal rapporto atto psicologico creativo-produzione
artistica; per il secondo dal rapporto spinta dell‟inconscio-controllo della
ragione. In pratica si tratta di due livelli, uno profondo legato alla psiche
umana ed uno più cosciente legato alla realtà esterna all‟individuo.
Nel corso degli anni sono state condotte altre ricerche psicologiche sul
fumetto, all‟interno delle quali sono stati riscontrati i due aspetti evidenziati
da De Garda e Musatti, in particolare quando è stato affrontato il problema
della creatività e del rapporto che esiste fra produzione e realtà sociale.
Per trovare un saggio che si occupi esclusivamente del mondo dei fumetti
in cui è possibile distinguere sia il livello del subconscio che quello più
consapevole, bisognerà attendere le ricerche effettuate attorno ai primi anni
Settanta; in uno studio condotto da Marco Battacchi47 sono stati riscontrati
47
M.W. Battacchi, ed altri, Ipotesi sulla funzione psicodinamica del fumetto per adulti, in
“Rivista di psicologia”, 1971, pag. 57. La metodologia utilizzata dagli studiosi è stata quella di
applicare al fumetto i metodi di studio già proficuamente adottati per la fiaba. Un confronto fra i
due elementi è stato inevitabile; sono state rilevate differenze ed analogie che hanno permesso di
chiarire la loro funzione specifica rispetto alle aspettative del lettore.
67
due tipologie di contenuto, uno latente e l‟altro manifesto, che non risultano
nettamente distinti, ma correlati uno all‟altro.
Il lavoro di Battacchi e degli altri autori, si è concentrato sull‟analisi
morfologica della fiaba e del fumetto ed in particolare sul confronto fra due
comics che in quegli anni risultavano essere i più conosciuti: “Diabolik” e
“Satanik”.48 Il contenuto manifesto dei due oggetti in questione è stato
studiato prendendo spunto dall‟analisi morfologica della fiaba attuata da
Propp,49 mentre la parte latente è stata analizzata utilizzando il metodo
psicoanalitico dell‟analisi del sogno.50
Fermandosi all‟analisi strutturale, “Diabolik” e “Satanik” risulterebbero
due favole realistiche, dove le frustrazioni e le barriere di natura sociale
vengono combattute dai protagonisti che, però, lottano solo apparentemente
contro le ingiustizie lasciando, di fatto, inalterato lo stato delle cose;
“Abbiamo una favola moderna in cui si trasmettono i valori dell‟efficienza e
della lotta per la riuscita, si rassicura (e si illude) che riuscire sui
competitori è sempre possibile e si compensa fantasticamente le frustrazioni
dell‟insuccesso”.51
Queste conclusioni sarebbero bastate agli autori se avessero condotto
solamente un‟analisi morfologica dei testi ma, avendo attuato anche
un‟indagine di tipo psicoanalitico, non sono sfuggite altre due componenti
fondamentali quali la competizione ed il successo. Tali elementi non
dovevano considerarsi delle banalità, “non soltanto perché il successo nella
48
Il campione utilizzato per la ricerca, era di circa due annate di pubblicazione dei fumetti in
questione.
49
Vladimir JA.Propp, Morfologia della fiaba, Einaudi Editore, Torino, 1966.
50
Gli autori hanno deciso di utilizzare l‟analisi morfologica perché essa permetteva di
individuare gli elementi di cui è composta una storia; le funzioni originarie della fiaba sono state
modificate, dovendo essere applicate al fumetto che era oggettivamente diverso da quella, se non
altro per l‟origine e per la destinazione, e per esser fatto d‟immagini e parole associate fra loro,
mentre la fiaba era un prodotto esclusivamente verbale.
68
nostra società è un preminente valore culturale, ma perché la lotta per il
potere è uno dei motivi guida dello sviluppo infantile”.52
Sviluppando questo discorso, i ricercatori hanno così concluso: “si può
fondamentalmente sostenere l‟ipotesi che in Diabolik e Satanik i ragazzi
saturino le stesse valenze che saturano nella fruizione dei fumetti e dei libri
di avventura, dei western e degli altri film d‟azione, e nelle fiabe stesse. La
vera differenza fra le fiabe ed i fumetti è che questi presentano una grande
semplificazione strutturale e motivazionale, saturando, per quanto concerne
gli aspetti colti dall‟analisi morfologica, soltanto le valenze del potere e del
successo”.53
Le conclusioni a cui è giunto Batacchi assieme ai suoi colleghi hanno
delle implicazioni importanti; prima fra tutte vi è la consapevolezza che il
metodo dell‟analisi morfologica e quello psicoanalitico dell‟indagine del
sogno, sono validi strumenti utilizzabili negli studi sul fumetto.
Confrontando le ricerche attuate da De Garda e Musatti con lo studio di
Battacchi, è possibile constatare che all‟interno del fumetto vi sono due
aspetti: quello legato ad un atto creativo, interno alla psiche umana, e quello
più consapevole e razionale legato alla comunicabilità dell‟atto creativo
stesso.
2.3 Il contributo proposto dalla sociologia
51
Op. cit., pag. 65. Gli autori della ricerca hanno concluso che per lo studio di questi due fumetti,
non occorreva uno strumento psicoanalitico, sarebbe bastato utilizzare la teoria
comportamentistica del problem-solving;
52
Op. cit, pag 66. Dalla fase del conflitto edipico, sostengono gli autori, il bambino desidera e
teme il potere dei genitori ed è frustrato in tale desiderio; una delle motivazioni principali per
l‟identificazione con l‟adulto è l‟invidia nei confronti delle persone forti e potenti che agiscono
senza timore di ritorsione, delle persone che sottraggono agli altri le cose buone tenendole per sé,
di chi, in sostanza, domina gli altri.
69
I primi studi sociologici sul fumetto comparvero negli Stati Uniti dagli
anni Venti, quando in molti cominciarono a comprendere che le storielle
raccontate dai comics non erano solamente divertenti e non avevano la sola
funzione di svago per i lettori. I fumetti, infatti, contenevano degli evidenti
legami con la società che li produceva e questo fu il motivo principale per
cui numerosi sociologi statunitensi cominciarono ad interessarsi a questo
fenomeno.
Le considerazioni che emersero da numerose ricerche, però, non furono
unanimi e le molte divergenze d‟opinione portarono sostanzialmente alla
nascita di due indirizzi che, a loro volta, proponevano ulteriori
differenziazioni.
Alcuni autori si preoccuparono delle forti influenze che il fumetto poteva
esercitare sui lettori. Le prime tesi al riguardo accusarono i comics di
corrompere i costumi di tutta la società; oggi come oggi quest‟idea così
pessimista è stata superata nella maggior parte dei casi, anche se nei
momenti più critici è possibile trovare qualcuno sempre pronto a riproporre
l‟accusa.
D‟opinione certamente diversa fu chi sostenne la tesi per cui il fumetto,
destinato ad un vasto pubblico, doveva per forza di cose contenere le
esigenze, i valori e gli umori della società che lo produceva e che ne
beneficiava. Il fumetto “Bringing up father” rifletteva l‟immagine di una
nazione, l‟America, che stava cambiando, dove Arcibaldo, il capo famiglia,
continuava a coltivare le sue vecchie ed “insane” abitudini nonostante
l‟ondata di ricchezza che stava assicurando a tutta la popolazione un futuro
privo di preoccupazioni. Petronilla, dal canto suo, sempre intenta a frugare
nelle tasche del marito, era il chiaro esempio della donna che voleva a tutti
costi partecipare alla scalata sociale.
53
Op. cit., pag. 66.
70
Nonostante le divergenze d‟opinione che caratterizzarono le teorie
proposte riguardo al fumetto americano,54 è possibile trovare un comune
denominatore che le racchiude e le distingue da altre: quella di credere nella
società americana a tal punto da considerarla un valore insostituibile.
Per quanto riguarda l‟Italia, va sottolineato il fatto che la riflessione
sociologica ha modificato questo comune denominatore, poiché non crede
fermamente in quella società.
Uno tra i maggiori critici italiani fu Carlo Della Corte che pubblicò uno
scritto sui fumetti, all‟interno del quale risaltavano riflessioni attente e
profonde.55
Ad introdurre in Italia le istanze metodologiche caratteristiche della
sociologia americana fu Roberto Giammanco;56 l‟autore propose la sua idea
del mondo statunitense, all‟interno del quale inserì il fenomeno dei mezzi di
comunicazione, in particolar modo dei fumetti. Poiché i comics
rappresentavano la società, essi non potevano essere nient‟altro che
espedienti meccanici, oggetti di puro e semplice consumo; in questo modo i
canoni della società americana, preoccupata di mantenersi all‟interno del
sistema, furono rovesciati: per Giammanco i fumetti di scadente qualità, non
erano che il prodotto naturale di quella società, i migliori invece la sana
denuncia delle sue storture.
Ad esempio “Krazy Kat”, uno dei più raffinati personaggi prodotti
dall‟editoria statunitense, creato agli inizi della lunga crisi economica che
sfociò in seguito nella Grande Depressione, rispecchiò fedelmente il
54
Coloro i quali hanno elogiato il fumetto, hanno elogiato la società che la prodotto; chi ha
criticato e condannato il fumetto, lo ha fatto per difendere quella stessa società di cui temevano la
corruzione.
55
C. Della Corte, I fumetti, in “Enciclopedia Popolare Mondatori”, Milano, Mondadori, 1961.
56
Fra gli articoli di R. Giammanco vanno ricordati: I fumetti contro Wall Street, in “L‟Espresso”,
n° 11, 14 marzo 1965, pag 27; Una realtà da studiare, in “Rinascita” n° 3, marzo 1965, pag. 32.
71
profondo senso di impotenza, la diffidenza verso il sistema, lo svilimento e
la delusione dell‟individuo ormai incapace di controllare il suo futuro.
L‟idea che Giammanco propone della società americana, però, non
esclude a priori la possibilità che il fumetto sia la vittima delle storture della
società stessa piuttosto che la causa prima.57 Il fumetto, proprio perché
strumento di evasione all‟interno di un mondo fantastico dove le angosce
dell‟uomo trovano un momentaneo equilibrio, è a maggior ragione utile.
Eliminando i fumetti, dunque, non si eliminerebbero le brutture della
società anzi, le angosce della popolazione potrebbero aumentare al punto
tale da causare una degenerazione delle coscienze.
Nel già citato articolo Una realtà da studiare, l‟autore distinse tre
posizioni riguardo la dimensione storica del fumetto: la prima considerava i
comics dei sottoprodotti culturali a cui guardare con sufficienza; la seconda
li vedeva come espressioni della civiltà di massa, del tutto legittime, al pari
della cosiddetta cultura superiore; la terza posizione, quella in cui
Giammanco si riconosceva, era quella che tentava di impostare il problema
in senso storico e socio-psicologico.58
Gli studi successivi, ripresero alcune delle indicazioni proposte dal
ricercatore; molti autori scoprirono che il fumetto conteneva, rispecchiava e
spesso illustrava e spesso anticipava le trasformazioni sociali, le ideologie
politiche i miti e le aspirazioni collettive. Nei fumetti, si poteva trovare
tutto: la polemica sociale, l‟emancipazione femminile; la reazione al
57
“Le responsabilità dei compilatori dei comics e delle murder stories non è, come vorrebbero i
critici più ingenui, un fattore primario, ma forse addirittura l‟elemento più irrilevante. Non
basterebbe, anche ammettendo che fosse oggettivamente possibile, eliminare quell‟industria per
risolvere i problemi di cui esso è il sordido portavoce e l‟abile sfruttatrice”, in R. Giammanco,
Dialogo sulla società americana, Torino, Einaudi, 1964, pag. 106.
58
Quest‟ultima posizione storico-sociologica insiste sulla necessità di analizzare in quale forma i
comics riflettano strutturalmente le categorie psico-sociali della realtà americana. Invece di
descrivere un meccanico rapporto di causa e di effetto (i comics disabituano alla lettura,
sostituiscono i buoni libri, ecc.) è necessario stabilire quali bisogni creano e quali dimensioni
atrofizzano.
72
capitalismo, i pregiudizi razziali, la crisi dell‟istituzione familiare, fino alla
pressione esercitata dei mass media.
Questa impostazione sociologica venne utilizzata da molti storici del
fumetto che, durante le loro ricerche, misero l‟accento su un periodo, quello
tra il 1929 ed il 1930, in cui la crisi economica che colpì gli americani,
favorì un notevole sviluppo del fumetto; in quegli anni nacque il fumetto
realistico d‟avventura, il cui successo aumentò rapidamente, proprio per
favorire un processo di identificazione che consentisse ai lettori di trovare
conforto di fronte ad un avvenire che si prospettava poco florido.
I comics realistici d‟avventura rispondevano al bisogno degli americani
di evadere, di accantonare le esigenze materiali; l‟esaltazione dell‟uomo
positivo, dava al lettore l‟opportunità di esprimere la propria presa di
posizione, incoraggiando a credere nella vita, offrendo modelli a cui
ispirarsi giorno dopo giorno.
Un‟ulteriore risposta al bisogno di evasione di quegli anni, fu la nascita
di “dirty comics”, ovvero dei fumetti pornografici ed umoristici che
rispondevano al crescente bisogno di ridere ed esorcizzare gli aspetti più
tragici dell‟epoca.
Dalle esemplificazioni fatte fino ad ora, si può comprendere come il
metodo del confronto fra produzione e contesto storico svisceri a fondo le
valenze positive del fenomeno fumetto.
2.4 L’intervento della semiologia
Uno dei più interessanti contributi alla comprensione dei fumetti è dato
dalla semiologia, una disciplina che in questo medium ha trovato un oggetto
utile per una sua evoluzione.
73
Umberto Eco59 è riuscito a dare un‟interpretazione del fumetto “Steve
Canyon”, il personaggio creato da Milton Caniff nel 1947, usando mezzi
propri e caratteristici della semiologia. L‟analisi compiuta riguardava nello
specifico le undici vignette che costituivano la prima puntata del comic;
l‟autore è riuscito ad esaminare ogni vignetta sfruttando i parametri della
tecnica
cinematografica,
osservando
il
disegno
per
comprendere
l‟espressione e le peculiarità di ogni personaggio, registrando con zelo
qualunque altro particolare della sceneggiatura delle vignette poiché, come
nella narrativa popolare e nelle fiabe, ogni minuzia è in qualche modo
funzionale al racconto.
Dall‟analisi compiuta da Eco è emerso come, in poche vignette, l‟autore
del fumetto sia riuscito a delineare e caratterizzare un gruppo di personaggi,
raggruppandoli in buoni e cattivi,60 protagonisti ed antagonisti, ed a creare
un contesto introduttivo dal quale è affiorata un‟atmosfera di suspense
costruita attraverso una forte attesa di riunire gli elementi narrativi
contrastanti che sono stati forniti al lettore.
Gli strumenti che Eco ha utilizzato per analizzare “Steve Canyon”, fanno
parte di un sistema più complesso che è servito all‟autore per lavorare su
molti altri fumetti come, per esempio, “Superman”, eroe creato da Jerry
Siegel e Joe Shuster nel 1938. L‟analisi condotta da Eco sul mito del
personaggio di “Superman” ha portato l‟autore a considerare che “le storie
di Superman sono un esempio minimo ma esatto di fusione tra vari livelli,
omogeneizzati in un sistema di relazioni in cui ogni livello riproduce su
scala diversa limiti e contraddizioni degli altri. Se l‟ideologia etica di
59
U.Eco, Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa,
Bompiani, Milano, 1999, pag. 131.
60
Eco, nell‟approfondito lavoro di ricerca, ha realizzato un implicito confronto tra i “valori” di
cui i personaggi “buoni” erano portatori e quelli della società americana, sottolineando come gli
uni e gli altri coincidano.Tra questi “valori” è possibile trovare quello dei buoni rapporti con la
74
“Superman” rappresenta, come rappresenta, un sistema coerente, e la
struttura delle varie storie un altro sistema, la saga del supereroe appare
come un calibratissimo sistema di sistemi-dove non apparirebbe inutile
esaminare allora anche la natura del disegno, le cadenze del linguaggio, la
caratterizzazione dei vari personaggi”.61
Tuttavia, va precisato che l‟analisi ha trovato un ostacolo nel disegno;
infatti, se la semiotica, o semiologia, viene applicata alla letteratura, l‟opera
viene considerata come un sistema coerente: di conseguenza si applica a
descrivere tutti quei segni e le relative leggi di unione, trovando in essi gli
elementi costitutivi che fungono da livelli d‟interpretazione offerti dalla
lettura.
Pertanto, poiché nel fumetto il linguaggio iconico è fondamentale e la
semiotica si è sviluppata dalla linguistica strutturale, è naturale che sorgano
dubbi e perplessità: “abbiamo il diritto di applicare metodi linguistici a un
corpus che non ha a che fare unicamente con la lingua? Il disegno e le sue
componenti sono riducibili in termini strutturali? La o le significazioni di
questi ultimi sono razionalmente integrati in un sistema? In che modo segni
di natura diversa come la vignetta e la parola possono essere descritti
secondo schemi tra di loro comparabili? E col pretesto di trovare
somiglianze, non si rischia o non si è tentati di dimenticare alcuni elementi
irriducibili a concetti analitici comuni ai due sistemi ?”.62
A tutte queste domande erano già state date delle risposte, convenendo
che trasferire l‟interesse sui disegni, se da un certo punto di vista aveva
richiesto improvvisazione, dall‟altro aveva concesso un salto di qualità sul
piano interdisciplinare, nel senso che nella ricerca si era dovuto ricorrere a
giustizia, “la guerra come cemento di affetti, scuola di amicizia, palestra di iniziative”, la
generosità e la cordialità verso i “buoni poveri”, ecc.
61
U. Eco, Il mito di Superman, in “Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della
cultura di massa”, Bompiani, Milano, 1999, pag. 221.
75
nozioni di stilistica, estetica, psicologia e sociologia. Per questo motivo,
sotto certi aspetti, il fumetto ha favorito un ampliamento di orizzonti agli
stessi studi di semiologia.
2.4.1 Le implicazioni pedagogiche
Il contributo che l‟analisi semiotica ha dato alla comprensione del
fumetto è tale che oggi, chiunque si avvicinasse a questo medium, non
potrebbe ignorarla.
Due sono gli aspetti che meritano di essere analizzati, non tanto perché
ritenuti i più importanti, ma certamente perché carichi di implicazioni
pedagogiche; il primo elemento è lo “smontaggio” del fumetto attraverso
l‟analisi semiologica, mentre il secondo riguarda la delimitazione del
fumetto come strumento narrativo a se stante.
La semiologia ha effettuato una scomposizione del fumetto con
l‟obiettivo di descriverne le caratteristiche e di comprenderne i messaggi più
intrinseci. Da questo lavoro è stato possibile individuare alcuni aspetti
sostanziali che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
In primo luogo vanno isolati i personaggi, ovvero le persone, gli animali
ed anche le cose che agiscono in qualche modo all‟interno delle vignette;
essi vengono studiati sia attraverso i disegni, sia tramite il comportamento
ed il dialogo per portare alla luce gli elementi che contribuiscono alla loro
tipizzazione. Tra i segni iconici che incidono di più nella caratterizzazione,
ci sono i lineamenti del volto, la mimica facciale, il modo di vestire, la
capigliatura, le fattezze del corpo; dal linguaggio, dalle espressioni e dal
modo di agire è possibile distinguere stereotipi come l'ingegno, l‟astuzia, la
62
P. Fresnault Deruelle, Il linguaggio dei fumetti, Sellerio, Palermo, 1977, pag. 31.
76
forza, l'acutezza, la capacità organizzativa, il valore, la cupidigia o
addirittura alcuni valori etici ed ideologici che variano a seconda
dell‟atteggiamento dei personaggi, buoni o cattivi che siano, nei confronti di
certe realtà: denaro, giustizia, cultura, religione,ecc.).
Un secondo elemento che, se analizzato, può sicuramente risultare utile
per una comprensione totale del fumetto, è la vignetta; l‟analisi del rapporto
esistente fra linguaggio scritto e linguaggio parlato, le tecniche di
montaggio, le relazioni tra una vignetta e l‟altra, le metodologie di
rappresentazione della caratteristica nuvoletta (diversa a seconda che il
personaggio parli normalmente, urli, pensi, ecc.), le inquadrature,63 i
rumori, i suoni vaghi e indistinti, le metafore visualizzate, le onomatopee, 64
ecc.
Un ultimo ed importante fattore che viene isolato dagli esperti di
semiologia che si occupano di fumetto, è la tecnica narrativa; essa risulta
fondamentale sia per studiare le strutture sottostanti al racconto, come la
ripetizione di alcuni temi o situazioni, sia per riconoscere ed identificare le
modalità attraverso le quali vengono generati alcuni effetti come la comicità
o la suspense.65
63
Con il termine inquadratura si vuole indicare la delimitazione bidimensionale dello spazio
occupato da una vignetta: quello della dimensione del riquadro entro cui è racchiusa l‟immagine.
Il “primo piano” indica l‟inquadratura che mostra un particolare della figura, il “piano medio”
mostra un personaggio mezzo busto; prende il nome di “piano tre quarti” o “piano americano”
l‟inquadratura che taglia il personaggio all‟altezza delle ginocchia, mentre l‟inquadratura che
mostra la figura nella sua completezza viene chiamata “piano generale”. La scelta del tipo di
inquadratura è determinata dall‟azione del soggetto, dall‟importanza che riveste nell‟andatura del
racconto, dal suo rapporto con l‟ambiente e da altre condizioni come quelle psicologiche o
estetiche; all‟interno dell‟inquadratura confluiscono, inoltre, tutti quegli elementi che la
integrano e ne compongono la scena, come il vestiario, gli oggetti, le aggettivazioni, le
onomatopee, ecc.
64
Per onomatopee si intendono quelle frasi il cui suono è imitativo delle cose che significano.
Nella loro applicazione al linguaggio dei comics, le onomatopee sono graficamente e
foneticamente rappresentate all‟interno delle vignette con vocaboli che suggeriscono al lettore il
rumore prodotto da un‟azione, da un oggetto o da un animale.
65
Per l‟analisi delle tecniche narrative la semiologia si è servita di precedenti studi sul racconto o
sulle fiabe, utilizzando in particolare le tecniche di Propp.
77
Arrivati a questo punto è importante vedere se l‟analisi semiotica è in
grado, per quanto riguarda un prodotto come il fumetto che è strettamente
legato alla società che lo produce, di limitarsi allo studio dei segni senza
considerare il contesto socioculturale all‟interno dei quali si sono sviluppati
quei segni.
Nelle scuole, fino a qualche anno fa, seguendo le indicazioni dei libri di
testo, guide o riviste didattiche, sono state praticate delle attività di
“smontaggio” del fumetto; lo scopo principale era quello di condurre gli
alunni verso una lettura più consapevole ed approfondita del prodotto. E‟
evidente che le indicazioni da cui hanno preso spunto gli insegnanti, hanno
avuto come principale punto di riferimento gli studi di semiologia.
I risultati ottenuti con questo tipo di attività sono stati diversi, ma va
osservato e sottolineato che spesso, a causa della mancata collocazione in
un contesto che restituisca ad ogni singolo elemento l‟organicità e
l‟interrelazione, tali lavori sono divenuti pure e semplici esercitazioni.
Per quanto riguarda l‟aspetto della semiologia che ha scoperto la
peculiarità del fumetto come strumento narrativo a se stante, unico e
distinto dagli altri, bisogna ricordare che tale disciplina ha contribuito in
modo determinante a codificarne i canoni, conferendo così una vera e
propria grammatica al fumetto.
La semiologia, però, non ha concepito un qualcosa fatto di regole severe
a cui tutti gli autori ed i disegnatori avrebbero dovuto obbedire, bensì ha
studiato la produzione ricavando e sistematicizzando i codici attraverso cui
il fumetto si esprime. Ciò non ha provocato una riduzione o un
indebolimento della creatività, non ha costretto i produttori all‟interno di
schemi più rigidi, ma ha posto l‟accento sulla convenzionalità dei codici,
stimolando in più occasioni la ricerca.
78
A partire da tali approfondimenti sembra che il fumetto abbia intrapreso
una strada ancor più ricca di creatività e fantasia, ma l‟aver fissato un
codice ha determinato soprattutto la differenziazione fra il fumetto e gli altri
mezzi di comunicazione, caratterizzandolo ulteriormente come genere a sé.
2.4.2 Il fumetto a scuola
Nel corso degli anni il fumetto ha conquistato un posto all‟interno delle
attività scolastiche quotidiane; l‟interesse della scuola, però, è stato
raggiunto dopo anni di immobilismo e di crociate nei confronti di questo
medium. Nonostante le lunghe battaglie compiute da insegnanti e genitori,
l‟interesse dei giovani nei confronti del fumetto non è diminuito, anzi, è
aumentato di giorno in giorno; ciò ha portato gli scettici a convincersi del
peso che il fumetto ha oggi sulla formazione dei giovani. Se in passato i
comics erano considerati solo strumenti per una lettura disinteressata e di
puro svago, oggi sono visti come un mezzo utile per riavvicinare i giovani al
mondo della carta stampata.
Grazie ai mass media le nuove generazioni sono portatrici di un bagaglio
di conoscenze ed informazioni molto ampio; tali conoscenze, però, sono
slegate tra loro e non hanno alcun punto di riferimento o, se si vuole, di
contesto. Un‟azione educativa adeguata ai tempi, potrebbe essere quella che
considera il ruolo occupato dalle esperienze extrascolastiche nella vita dei
giovani. E‟ necessario, dunque, introdurre nella scuola ciò che di importante
avviene fuori da essa, riconoscendo a pieno titolo il ruolo fondamentale di
televisione, cinema e fumetto.
I libri di testo proposti agli insegnanti delle scuole contengono capitoli
interi riguardanti lo studio del linguaggio, delle tecniche grafiche, della
caratterizzazione dei personaggi e delle strutture narrative; l‟obiettivo delle
79
attività scolastiche basate su questi elementi, dovrebbe essere quello di
aiutare gli alunni a raggiungere un livello di lettura più critico e consapevole
per una scelta qualitativa migliore del genere.
Il problema che sorge, però, è quello dell‟uso che gli insegnanti fanno dei
mezzi a loro disposizione, che diviene per forza di cose ristretto se non si
possiedono cognizioni fondamentali più ampie che permettano di andare
oltre. La conoscenza della materia è l‟elemento fondamentale di ogni
insegnamento; è assurdo proporre un‟attività d‟analisi grammaticale del
fumetto non se ne conoscono l‟origine, le tradizioni letterarie a cui fa
riferimento e, soprattutto, se non si comprende il rapporto che lega la
produzione e la fruizione del fumetto.
Se il mondo scolastico vuole avvicinarsi in maniera veramente produttiva
al genere fumettistico, non dovrebbe fuggire il contatto con il fumetto
stesso; il rapporto con l‟oggetto di studio è un principio applicabile, ed
auspicabile, a tutti le discipline.66 Un insegnamento puramente teorico non
basta più, occorre attuare un complesso processo di conoscenza del mezzo
che permetta un suo reale utilizzo all‟interno della scuola di oggi.
Un‟eventuale introduzione dei fumetti all‟interno della scuola come
strumento per la conoscenza, presuppone la ricerca di nuove coordinate per
una pedagogia che sappia vedere nella lettura, nella creatività e
nell‟invenzione le basi di una proposta di rinnovamento.
Un esempio al riguardo può essere quello apparso su un articolo del
Biochemical Education67 che illustrava il modo in cui i manga, fumetti e
cartoni animati giapponesi, siano stati utilizzati per spiegare agli studenti
temi e terminologie della biochimica.
66
“Oggi ci si va sempre più rendendo conto che non solo la fisica ha bisogno del laboratorio di
fisica, ma anche la lingua ha bisogno del laboratorio linguistico, come la storia ha bisogno del
museo,...” ; in E. Detti, Il fumetto fra cultura e scuola, La Nuova Italia, 1984, pag. 166.
80
I ricercatori, consapevoli del fatto che se un‟informazione viene elaborata
e presentata con dei supporti, essa rimane più facilmente nella memoria,
consegnarono agli studenti dei manga di “Sailor Moon” adattati per lo
studio dei termini caratteristici della biochimica.
I risultati ottenuti dall‟attività e dal questionario successivamente
compilato dagli studenti, hanno dimostrato che l‟uso del fumetto e dei
cartoni animati aiutava il ricordo di quanto precedentemente appreso e che,
considerando la popolarità e la mania del popolo giapponese per i manga,
l‟utilizzo di questo mezzo rendeva le lezioni di biochimica meno seriose e,
quindi, più piacevoli.
La scuola dovrebbe lavorare per creare una struttura culturale sistematica
aperta, capace di dare spazio alle nuove conoscenze e di inquadrarle in un
contesto più ampio; tale impostazione non può sfuggire a precisi riferimenti
metodologici, rivalutando una progettualità complessiva e recuperando gli
aspetti positivi che le ricerche pedagogiche degli ultimi anni hanno
evidenziato: le capacità creative, il protagonismo e la partecipazione
dell‟alunno alla conquista delle conoscenze.
2.5 Il contributo dell’antropologia
“I fumetti sono uno dei fenomeni più vistosi e caratteristici della società
contemporanea. Tipico prodotto della cosiddetta civiltà dell‟immagine,
hanno un peso rilevante nella vita culturale del nostro tempo, incidono
notevolmente sulla formazione psicologica e ideologica dei giovani e
contribuiscono a fornire all‟uomo della strada modelli, suggestioni e
67
Ryoichi Nagata, “Learning biochemistry throug manga-helping students learn remember, and
making lectures more exciting”, in Biochemical Education, n° 27, 1999.
81
reazioni emotive sui quali egli costruisce una propria immagine della
società in cui vive”.68
Dalle parole del critico Gaetano Strazzulla, emerge chiaramente l‟idea
che il fumetto molto spesso abbia trasformato, e continui tutt‟oggi a farlo,
alcuni aspetti della vita di molte comunità; se si fa attenzione alle mode che
investono i vari paesi, è possibile trovare dei veri e propri prodotti
“sponsorizzati” dai personaggi dei fumetti.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, fino a pochi anni fa esistevano le
scarpe di “Buster Brown”69 ed ancora oggi continua la tradizione americana
di pubblicizzare molti prodotti alimentari sfruttando l‟immagine dei
personaggi più in voga.70
Fino agli anni Cinquanta e Sessanta l‟antropologia si era interessata solo
marginalmente a tutti i fenomeni di trasformazione culturale derivati dal
condizionamento dei mass media, poiché tali sistemi non giungevano, o
raggiungevano solo marginalmente, alle popolazioni primitive che, come si
sa, sono l‟oggetto principale degli studi e delle ricerche antropologiche.
Quando gli studiosi capirono che i gruppi potevano essere inseriti in
categorie più vaste, che attraversavano anche le civiltà occidentali e più
industrializzate, includendo gli analfabeti e gli emarginati, le ricerche
realizzate portarono alcuni antropologi a considerare una nuova
68
G. Strazzulla, Fumetti di ieri e di oggi, Bologna, Cappelli, 1977, pag. 7.
Il fumetto “Buster Brown”, che in Italia fu chiamato “Mimmolo Mammolo”, venne creato nel
1902 per il New York Herald da Richard Felton Outcault. Il comic raccontava le birichinate
innocenti e non troppo preoccupanti di un malizioso ragazzino di buona famiglia, con i capelli
tagliati alla paggio e biondi, vestito secondo la moda dell‟epoca, sempre accompagnato dallo
smorfioso buldog Medoro.
La popolarità raggiunta da questo personaggio fu eccezionale, tanto che l‟industria americana si
servì del suo nome e della sua immagine per reclamizzare i prodotti più svariati.
70
Questa attività promozionale è paragonabile al merchandise, quel mercato di oggetti diversi,
dagli orologi ai quaderni di scuola, giocattoli, dolci, indumenti per bambini come scarpe e
magliette, che riportano stampate le sembianze degli eroi entrati a far parte della collettività. E‟
un mercato protetto dai diritti di proprietà che consentono ai legittimi proprietari notevoli
guadagni, col risultato di pubblicizzare ulteriormente i singoli personaggi del fumetto.
69
82
formulazione dell‟antropologia. Matilde Callari Galli71 osservò che
all‟interno di un universo così ridefinito, l‟antropologia poteva trasformarsi
da scienza dell‟umanità a scienza della maggioranza dell‟umanità;
l‟antropologa sottolineava e precisava che si stavano modificando anche
alcuni concetti che, in qualche modo, risentivano del mito del “buon
selvaggio”: si insinuava l‟idea che non potesse esistere l‟emarginato
“buono”, come del resto quello “felice”, anche se poteva esserci “una
cultura analfabeta”, grazie alla quale l‟analfabeta riusciva a sopravvivere”.
Gli stratagemmi della “minoranza dominante” non sono serviti nel
tentativo di recuperare gli emarginati utilizzando le istituzioni scolastiche;
l‟autrice sostenne anzi l‟esistenza di una cultura analfabeta avviata proprio
all‟interno dell‟ambito scolastico che, a suo modo, tendeva ad escludere chi,
per tradizione familiare, non era portatore di valori di cultura e di
conoscenza. La cultura analfabeta, non si presentava allora come un
fenomeno isolato e a sè stante, bensì come qualcosa che si eredita grazie
anche alle istituzioni educative.
Ma se l‟educazione scolastica non era capace di risanare la situazione,
continua l‟antropologa, sia le nuove che le vecchie istituzioni devono
assumersi responsabilità sempre più onerose: il gruppo di coetanei, la
famiglia e soprattutto i mass media che, se possiedono effettivamente la
possibilità di colmare l‟abisso esistente, è indubbio che ciò stia avvenendo
non senza contraddizioni.72
71
M. Callari Galli, Antropologia e educazione. L’antropologia e i processi educativi, Firenze, La
Nuova Italia, 1971.
72
“Chi ha la possibilità di imporre, di controllare gli strumenti della comunicazione, possiede
anche il controllo politico dei suoi concittadini (…). E‟ questo l‟abisso che separa il mondo degli
istruiti dal mondo degli analfabeti, su cui però i nuovi strumenti di comunicazione di massa si
stendono già come un ponte, che correggerà la nostra ignoranza degli altri linguaggi , assai più
che non l‟ignoranza analfabeta della parola scritta”; in M. Callari Galli, G. Harrison, Né leggere
né scrivere, Milano, Feltrinelli, 1971, pag. 141.
83
A questo punto viene da pensare al ruolo del media per eccellenza, la
televisione, ma nella storia è esistito un altro strumento, mezzo di
comunicazione potentissimo, capace di operare un‟incorporazione nelle
masse, soprattutto americane.
Ciò si è verificato durante la seconda metà dell‟Ottocento, quando il
processo d‟industrializzazione della produzione culturale ricercava un
mercato il più possibile esteso; il percorso seguito da tale industria è stato
caratterizzato da continui esperimenti, ricorsi alla tradizione culturale
popolare, riconfermate o modificate dai processi interni alla stessa attività
produttiva. Durante il periodo delle ricerche attuate dall‟industria culturale,
un ruolo fondamentale non l‟ha avuto solamente il cinema, ma anche il
fumetto; le prime tavole pubblicate sui periodici non erano altro che la
continuazione degli esperimenti attuati dalla produzione per ricercare dei
nuovi mezzi in grado di mediare i bisogni del pubblico acquirente.
Questa
frenetica
ricerca
comportò che
i fumetti
contenessero
“l‟immagine riflessa dei loro lettori” e ciò portò a delle notevoli
conseguenze in ambito antropologico. Il fumetto riuscì a cogliere
l‟immaginazione
collettiva
di
un
pubblico
eterogeneo,
composto
d‟immigrati europei, contadini, operai e borghesi, rappresentando quel
mondo caotico e popolare, potendo comunicare anche a chi non sapeva
leggere attraverso i balloons che contenevano un linguaggio semplice,
immediato, sintetico e, spesso, un misto di lingue diverse.
Avveniva, allora, che mentre il fumetto andava pian piano costruendosi
un‟identità propria e ben definita, anche le masse americane costruivano
quella propria trovando nel fumetto stesso un punto di riferimento capace di
contribuire ad un‟unificazione non solo linguistica, ma anche di uomini con
origini e trascorsi molto diversi.
84
2.6 L’influenza del fumetto sulla coscienza del lettore
I modelli di vita e le ideologie proposte dal fumetto fin dalla sua nascita,
hanno costituito una delle prime e più importanti preoccupazioni, causando
molta confusione fra gli studiosi riguardo al contenuto ed il mezzo di
comunicazione utilizzato per far conoscere quello stesso contenuto. A causa
di alcune scene di crudeltà e violenza spesso proposte dai fumetti, esso fu
accusato e condannato, poiché vi era il timore che tali elementi
condizionassero le masse emarginate, divenendo atteggiamenti pericolosi
per l‟intera comunità.
Attorno agli anni Cinquanta questa tesi accomunò molti studiosi, e non,
dell‟America; in particolare, Wertham accusava violentemente il fumetto di
corrompere i giovani e gli individui più semplici delle masse popolari.
Nonostante tutto, però, vi era ancora qualcuno convinto che il ruolo assunto
dal fumetto, vale a dire quello di specchio della società, avesse favorito lo
sviluppo di una forte unità nazionale, incarnando ideologie ed usanze del
tempo.
Per quel che riguarda l‟Europa, si diffuse soprattutto la prima tendenza,
quella che vedeva nel fumetto un pericolo per la formazione psicologica dei
giovani. I cattolici italiani sostennero addirittura che la violenza e la
sessualità presentate dai fumetti potessero turbare l‟equilibrio dei ragazzi;
anche i laici ed i marxisti, seppure con toni e modi più pacati rispetto ai
cattolici, operarono una campagna contro i comics.
La situazione iniziò a cambiare soprattutto quando le riflessioni
cominciarono a puntare di più su fatti concreti; certe idee furono
completamente ribaltate, non credendo più che la criminalità e certe turbe
giovanili potessero essere eliminate operando una censura che cancellasse
scene erotiche o di violenza dai fumetti. Dagli studi condotti si costatò che,
nonostante le scene d‟aggressività e di pornografia influenzassero le
85
reazioni psicologiche dei campioni, suscitando in loro atteggiamenti
identificativi ed imitativi, tali comportamenti variavano da soggetto a
soggetto, inserendosi in modo particolare all‟interno di contesti già alterati.
Inoltre, alcuni studiosi sostennero che la lettura di fumetti contenenti le
scene incriminate, potesse provocare un effetto catartico (vale a dire uno
scaricarsi di pulsioni) sui soggetti osservati, per cui, dopo, essi sarebbero
risultati addirittura demotivati a porre atto a forme qualsiasi di aggressività.
La tesi per cui vi sarebbe un effetto catartico legato alla lettura dei
fumetti è sostenuta ancora oggi, anche se il discorso si riferisce al mondo
delle fiabe; nonostante ciò, è possibile trasferire le riflessioni proposte da
Bettelheim73 al mondo dei fumetti, che è carico di elementi favolistici. Gli
studiosi Imbasciati e Castelli sostengono che anche il fumetto peggiore,
quello pornografico, violento ed impastato di distruzione, proprio per la sua
struttura favolistica, non influisce in modo drastico sul lettore; “La struttura
della favola costituisce la struttura difensiva, sostanziale quanto unica,
nell‟elaborazione delle pulsioni in fantasie: è appunto il carattere di
smaccata irrealtà che permette l‟abolizione della censura. Il lettore
riuscirebbe cioè a fruire di un materiale fantastico, a riceverlo senza
riprovazione-in altri termini, a leggere con piacere simili fumetti e a porre in
atto eventuali dinamismi identificatori con i personaggi-proprio in funzione
della assoluta negazione di realtà, contenuta palesemente nelle vicende”. 74
73
L‟autore consigliava ai genitore di non proporre ai figli solo le storie prive di elementi
scabrosi, ma di presentare ai bambini anche i mostri cattivi delle fiabe; il bambino, in questo
modo, ha la possibilità di astrarre la realtà, giocando il suo incontro con il mondo. Dalla sua
prospettiva egocentrica, egli fornisce un‟entità materiale ai sogni, attribuisce vita e volontà ad
oggetti ed eventi fisici, spiga i fenomeni in chiave di utilità o di casualità rispetto ai suoi bisogni
ed alle sue esigenze.
74
In A. Imbasciati, C. Castelli, Psicologia del fumetto, Rimini-Firenze, Guaraldi Editore, 1975,
pag. 187.
Alcuni psicanalisti sostengono che le storie censurate, rese moraleggianti perché prive di
elementi violenti o erotici, possono far emergere nel lettore di fumetti, e soprattutto nel bambino,
dei complessi di colpa causati da un confronto fra il proprio comportamento e quello del
protagonista del racconto.
86
Dalle ricerche svolte da numerosi studiosi, è emerso un elemento
costante che accomuna i risultati delle osservazioni: l‟influenza operata dal
fumetto sui soggetti, è in gran parte in rapporto a fattori esterni al medium
(ambiente, socializzazione, modelli culturali, carenze psicologiche,…). Ciò
ha portato alla convinzione che l‟evasione nel mondo di fantasia in cui ci
trasporta il fumetto, abbia un‟incidenza minima rispetto alla realtà
preesistente nel lettore; pertanto è possibile che un fumetto, come del resto
qualsiasi altro medium, incida anche su persone equilibrate per scelte più
inconsistenti piuttosto che su convinzioni profonde, per le quali ognuno si
basa sulla realtà di ogni singola esperienza personale e sulla cultura
d‟appartenenza.
Il comportamento del protagonista di un fumetto o dei personaggi che ad
esso si affiancano, non modifica il comportamento del lettore, né tantomeno
lo cambia secondo le volontà dell‟autore. L‟agire del lettore viene
evidentemente condizionato dal contesto culturale in cui è cresciuto, dalle
conoscenze, dalla realtà del momento e non da un‟identificazione in un
personaggio fantastico.
Il fumetto è un mezzo di comunicazione con cui è possibile apprendere
delle nozioni in maniera implicita, grazie al quale la fantasia di ognuno può
essere arricchita poiché vengono presentati al pubblico una varietà infinita
di avvenimenti ipotetici che allargano il campo delle soluzioni possibili per
un problema. Ne consegue, allo stato attuale delle ricerche, che le ideologie
dell‟autore implicite nei racconti, hanno pochissima importanza per il
lettore che, immerso in un mondo completamente fantastico ed irreale, torna
ad una realtà fatta di esperienze proprie, della specifica cultura, delle
proprie convinzioni; i modelli proposti dall‟atteggiamento dei protagonisti
delle storie, possono influire sul comportamento del lettore nel caso questo
abbia un retroterra culturale debole o quando vi siano dei difetti psichici.
87
Le conclusioni cui gli autori delle ricerche sono arrivati, hanno
evidenziato la poca incidenza del messaggio ideologico dell‟autore sul
lettore; ne consegue che le forme di censura attuate dai genitori, dagli
insegnanti, delle istituzioni preposte al controllo potrebbero ottenere
l‟effetto contrario a quello desiderato, danneggiando il lettore invece di
proteggerlo. Va precisato, però, che il fruitore del fumetto deve essere
aiutato e preparato alla ricerca dei messaggi che l‟autore trasmette; tale
capacità è uno strumento fondamentale per la comprensione del rapporto
esistente fra produzione e contesto storico, per capire la personalità
dell‟autore ed il valore prodotto. Sarebbe necessario, pertanto, superare la
fase di lettura per pura evasione per operare una lettura critica, capace di
interpretare i messaggi ed i significati più profondi.
2.6.1 La censura nei fumetti
Come si è potuto costatare, a partire dagli anni Sessanta molti studiosi
hanno cominciato ad interessarsi all‟influenza operata dai mass media e ai
meccanismi che ne regolano la diffusione e la capacità di comunicare con il
pubblico; l‟interesse riguardava anche il mondo dei fumetti che pian piano
cominciava ad essere visto come un genere narrativo a sè stante, con una
validità espressiva non indifferente.
Fin dalla sua nascita il fumetto è sempre stato vittima dell‟ostilità e del
disprezzo di molti, convinti dell‟assenza di un ben che minimo valore
letterario; questo atteggiamento di intolleranza non stimolò alcuna
espressione di indifferenza o un disinteresse nei loro confronti da parte del
mondo culturale ed istituzionale. Esaminando attentamente, però, quella che
è stata la storia dello sviluppo e dell‟ascesa del fumetto, è impossibile non
notare una contraddizione logica espressa dalla profonda e insistente
88
censura operata sull‟immagine, sul linguaggio e sui contenuti; un controllo
su un medium tanto denigrato, ma altrettanto temuto, che segnala
un‟apprensione a prima vista ingiustificata nei confronti di questo mezzo.
All‟apparenza, quindi, non si riconosceva al fumetto alcuna importanza
letteraria, mentre di fatto, attraverso l‟attenzione rivolta a tutto quello che
da esso veniva proposto, gli si attribuiva una forte valenza pedagogica.
Negli Stati Uniti la censura cominciò ad operare agli inizi del Novecento
con le prime pubblicazioni, arrivando poi alla rigida regolamentazione
imposta dai Sindacati anche nei paesi d‟oltreoceano dove cominciavano a
diffondersi i fumetti americani.75 In Italia le prime censure riguardarono i
caratteristici balloons, sostituiti da rime baciate, colpevoli di mettere la
parola al servizio dell‟immagine; si dovette aspettare gli anni Trenta perché
ci si accorgesse dell‟importante valore che le nuvolette avevano per il nuovo
genere, destinato soprattutto ai giovani.
Purtroppo, durante il periodo fascista, la censura operò in maniera
pesante, criminalizzando il fumetto e colpevolizzandolo di essere una
minaccia per il sano sviluppo della gioventù di allora; a partire dal 1934
vennero inquisiti e condannati i primi disegni, dove le prosperose e
seminude donne americane vennero debitamente rivestite, ed alcuni testi. A
partire dal 1938 il regime fascista proibì l‟importazione di fumetti stranieri,
costringendo gli autori a sostituire il nome dei personaggi per poter
continuare a pubblicare i comics senza aver paura delle ripercussioni;76 il
disegnatore Carlo Cossio77 fu costretto a salvaguardare l‟italianità di “Dick
75
La censura applicata nei vari paesi europei dove venne importato il fumetto americano, variò
l‟intensità, la rigidità e le modalità a seconda dei diversi contesti politico sociali.
76
Fu così che “Audax” fu sostituito dal “Maresciallo Rossi”; “Mandrake” perse la “k” e “Brick
Bradford” divenne “Giorgio Ventura”.
77
Il nome di Carlo Cossio, oltre ad essere legato al personaggio di “Dick Fulmine”, va ricordato
per aver dato vita per l‟Intrepido, nel 1950, alle avventure di “Buffalo Bill” ricalcando le storie
americane.
89
Fulmine” dall‟accusa di americanismo disegnando alcune tavole del fumetto
a Roma davanti ai censori.
Nel 1942 scomparve nuovamente la nuvoletta, sostituita questa volta
dalla vecchia didascalia, accusata di essere troppo americana. Tutto in
quegli anni doveva essere italiano, dalla mano di chi creava i fumetti alle
situazioni; idee e valori dovevano riproporre fedelmente lo spirito fascista:
“Mandrake” combatté a Berlino contro un gruppo di spie inglesi ; le origini
di “Tarzan” furono fatte risalire ad un lontano avo tedesco; “Cino e Franco”
divennero due giovani coloniali, mentre il famoso “Marmittone”, 78
colpevole di non essere fascista, fu fatto scomparire.
Nonostante il fascismo sia stato molto rigido nei confronti degli autori e
dei produttori dell‟epoca, bisogna constatare come, in realtà, abbia
compreso più di chiunque altro il valore del fumetto come mezzo di
comunicazione;79 intuiti i valori e la portata di questo medium, e di tutti gli
altri, cercò di utilizzarli secondo le sue brutali consuetudini, riducendo tutto
alla più rozza propaganda e non cogliendo la necessità di avvicinarsi a
questi mezzi con astuzia ed eleganza.
Con la Liberazione, il popolo italiano credette nella possibilità di poter
esprimersi apertamente, di spaziare entro quei mondi che, proprio per essere
stati a lungo esiliati, erano diventati mitici. Ricomparvero i fumetti
americani ma, soprattutto, nacquero quelli italiani: “Zambo”, “Asso di
Picche”, “Tex”, “Sciuscià” ed altri. Purtroppo anche durante il periodo
di
78
“Marmittone” venne creato nel 1928 da Bruno Angioletta per il Corriere dei Piccoli; era un
povero soldatino dal carattere mite e dall‟animo semplice,pieno di buona volontà, ma
sprovveduto, che finiva sempre in prigione perché gli assurdi regolamenti ed il destino avverso
gli facevano commettere un sacco di guai.
79
Mentre la censura stava espandendosi a macchia d‟olio, il fascismo cominciò a sfruttare il
fumetto, come tutti gli altri mezzi di comunicazione, per diffondere, nelle giovani generazioni
italiche, l‟ideologia fascista e le imprese di Mussolini. Allo scopo venne addirittura fondata una
90
ricostruzione vi furono episodi tangibili a testimoniare la volontà, da parte
delle istituzioni, di mantenere il controllo totale della produzione
fumettistica. Un episodio da ricordare è quello che ha visto la
trasformazione della protagonista di “Pantera Bionda”, una specie di
“Tarzan” in gonnella, che fu accusata e condannata per i suoi abiti troppo
succinti e scandalosi; l‟editore fu, quindi, costretto a modificarne
l‟abbigliamento, imponendo al personaggio la gonna al posto del due pezzi.
La trasformazione del personaggio portò ad un calo delle vendite e, quindi,
alla scomparsa del fumetto. La situazione che venne a crearsi in Italia, però,
non si discostava poi molto da quella che stavano attraversando gli altri
paesi, europei e non; censure di proporzioni consistenti vennero applicate
anche alla produzione italiana esportata all‟estero: il nostro “Piccolo
Sceriffo”, nella versione venduta in Germania, subì significative
modificazioni per quanto riguarda la grafica ed i balloons che, ancora una
volta, furono sostituiti con le didascalie.
Gli anni Cinquanta furono un periodo molto difficile per i fumetti che,
inseriti in un contesto generale di restaurazione e di moralizzazione
“all‟americana”, furono accusati nuovamente di immoralità e di corruzione
dei ragazzi costretti, a quel punto, a leggerli quasi clandestinamente. Pur
senza raggiungere gli eccessi degli Stati Uniti, dove si arrivò addirittura a
bruciare nelle piazze cataste di comics, i fumetti erano da più parti
criminalizzati e banditi. In Germania, nel 1955 gli editori adottarono il
“Freiwillige Selbstkontrolle Sür Serien-Bilder”, la quale prescriveva una
rigorosa pulizia morale.
Nella realtà dell‟epoca, le forze politiche governative assunsero un
atteggiamento di restaurazione che andava ad affiancare un moralismo
testata finalizzata a tale scopo, Il Balilla, ed operò la fascistizzazione di alcuni periodici, tra cui Il
Vittorioso e Il Corriere dei Piccoli.
91
ormai diffuso; si cercava di far penetrare nelle coscienze i valori più
moderati
della
borghesia,
compresi
quelli
provenienti
dai
paesi
d‟oltreoceano. Con la continua diffusione di alcune mode statunitensi, si
espandevano anche gli aspetti più conformisti e perbenisti di quella società;
così, il fumetto venne bandito dalle scuole e da alcune famiglie.
Questa feroce campagna pesò molto anche all‟interno della sinistra e
delle forze culturali più progressiste; Gianni Rodari fu costretto a
polemizzare con Nilde Jotti per evidenziare gli aspetti e le caratteristiche
positive del fumetto.80
Nel 1951 due deputati democristiani presentarono un disegno di legge
con il quale si intendeva istituire un controllo preventivo sulle pubblicazioni
a fumetti; ogni fumetto, cioè, prima di essere messo in vendita nelle edicole
doveva passare al vaglio di una apposita commissione. Il disegno di legge
passò alla Camera, ma non al Senato. Proposte analoghe furono presentate
negli anni seguenti senza essere mai convertite in legge, ma misero in
allarme gli editori che decisero di correre ai ripari; alcuni di essi, infatti,
stabilirono di adottare un codice di autoregolamentazione per le
pubblicazioni, identificando i fumetti realizzati nel rispetto di tale codice
con il marchio di Garanzia Morale.
Nelle storie inedite erano bandite le scene eccessivamente violente, i
vestiti e le pose “sconvenienti”, soprattutto per personaggi femminili, il
80
Nonostante Rodari, all‟inizio, considerasse il fumetto un mezzo di comunicazione, allo stesso
tempo nutriva dei dubbi sulla validità del mezzo stesso; tale convinzione si modificò nel corso
degli anni, quando attribuì al fumetto un posto importante all‟interno della letteratura per i
ragazzi. Il bambino lettore di fumetti, affermava Rodari, fa la sua prima esperienza di lettura
motivata, leggendo per sé e non perché glielo ha imposto qualcuno, in quanto deve riconoscere i
personaggi, interpretarne le espressioni ed osservare l‟ambiente. In tutto ciò l‟immaginazione ha
un ruolo fondamentale: quello di collegamento tra una vignetta e l‟altra. “Per un bambino di sei
sette anni mi sembra un lavoro abbastanza impegnativo, ricco di operazioni logiche e fantastiche,
indipendentemente dal valore e dai contenuti del fumetto (…) La sua fantasia non assiste passiva
(…) la fantasia è chiamata ad assolvere alle sue funzioni più nobili”; in G. Rodari, Grammatica
della fantasia, pag. 146.
92
linguaggio crudo e scurrile;81 inoltre doveva sempre trasparire il rispetto per
la Patria, per le istituzioni e per i sani principi.
2.6.2 La ripresa del fumetto negli anni Sessanta e la diffusione del
genere pornografico
Il rilancio del fumetto, decaduto da un punto di vista qualitativo e
contenutistico a causa delle censure, avvenne nella metà degli anni
Sessanta: lo sviluppo della critica e dell‟interesse da parte di altre discipline
e del mondo culturale, si rifletté in maniera positiva sulla qualità del
fumetto.
Cominciarono ad essere allestite le prime mostre, organizzati incontri e
dibattiti ai quali parteciparono personalità di vario livello e di vari paesi. La
più nota di queste iniziative fu il Salone internazionale dei comics del
cinema d’animazione e dell’illustrazione che ebbe inizio nel 1965, a
Bordighera, con il sostegno e l‟approvazione dell‟Istituto di Pedagogia
dell‟Università di Roma e di altre istituzioni rivolte allo studio della stampa
a fumetti. L‟anno successivo il Salone si trasferì stabilmente a Lucca,
divenendo così un punto di incontro per autori, studiosi, giornalisti,
appassionati e curiosi di ogni età e di tutto il mondo.Grazie al Salone dei
Comics il fumetto cominciò ad uscire dal pregiudizio che lo voleva relegare
tra le cose più effimere, destinate esclusivamente al consumo infantile.82
Nacquero e si svilupparono altre iniziative, si costituirono associazioni
come l‟ANAF (Associazione nazionale amici del fumetto) o l‟Arci Comics.
81
Per quanto riguarda il linguaggio, era frequente trovare vignette che raffigurassero un
malvivente disarmato, preso a pugni dall‟eroe di turno che esclamasse un improbabile
“Accidempoli” invece di ben altre realistiche espressioni.
82
Nonostante il clima di rinnovamento la censura continua ad operare, anche se in modo più
raffinato, capace di stare al passo con i tempi.
93
Il rilancio del fumetto, però, non fu privo di contraddizioni, la più
strepitosa della quale coinvolgeva la nascita del fumetto pornografico.83
All‟esplodere della pornografia ci fu chi rimpianse i bei tempi duri della
censura intransigente; la casa editrice SEPIM, ad esempio, decise di attuare
un‟operazione editoriale che prevedeva la ristampa le storie di alcuni
fumetti, nati tra il 1945 ed 1950, così come erano stati censurati, all‟interno
dell‟Albo Evviva.84
Tale iniziativa fu ben vista da quella parte della società italiana che,
preoccupata per le conseguenze delle proteste sessantottine, chiese una
pulizia che garantisse equilibrio e tranquillità. Purtroppo le speranze dei ben
pensanti dovettero essere riposte, perché l‟albo venne ritirato dalle edicole
dopo poche uscite; per rimediare al fallimento la SEPIM ricoprì le copertine
delle copie avanzate con immagini di donne nude e con i titoli modificati,
anche se all‟interno continuavano ad esserci ancora le avventure del Piccolo
Sceriffo.85
L‟operazione commerciale, questa volta, fu un successo, tanto che gli
editori crearono una rivista che pubblicava esclusivamente fotoromanzi
pornografici: il Cabalero, dichiarando di essersi gettati nel mondo della
pornografia per esigenze d‟aggiornamento.
Che gli stessi censori di fumetti fossero anche creatori di storie
pornografiche, anche se non appare del tutto logico, non deve stupire;
l‟opera dei censori, infatti, non è stata, e continua a non essere, sostenuta da
motivazioni legate alle operazioni di cui sono artefici, bensì da obiettivi più
generali come la restaurazione sociale. Per questo motivo l‟operato della
83
E‟ probabile che le radici del genere pornografico debbano essere ricercate nel mondo del
cinema e dei fotoromanzi. L. Barbini, A. Abruzzese, Pornograffiti. Trame e figure del fumetto
italiano per adulti, Roma, Napoleone, 1980.
84
Le storie pubblicate dalla SEPIM erano quelle del Piccolo Sceriffo.
85
Fumetti censurati e copertine sexy furono gli elementi che fecero dell‟Evviva il simbolo di una
disfunzione profonda, di un distacco tra intenti moralistici e realtà.
94
SEPIM rappresentò una contraddizione molto forte: il fumetto che viene
modificato di più dalla censura, è quello che in realtà alla fine ricorre di più
all‟espediente della pornografia, logico sbocco per una produzione
dequalificata.
Limitare la creatività degli autori ha generato un decadimento dei
prodotti che demotiva i lettori, con una conseguenza anche sul piano delle
vendite. Bisogna sottolineare, però, che non tutti passarono dalla censura
alla pornografia; Sergio Bonelli, ad esempio, dichiarò di essersi vergognato
molto nell‟attuare quelle censure, non per le modifiche in se stesse, ma per
aver dovuto trascorrere giornate intere a chiedersi se la scollatura di una
donna fosse troppo ampia o se l‟atteggiamento dei protagonisti rispondesse
o meno ai principî dell‟epoca. In questo modo, oltre a sprecare del tempo
prezioso, si perdevano di vista gli obiettivi del lavoro, a discapito della
qualità grafica e narrativa; ma Bonelli fu tra quelli che seppero far tesoro di
queste esperienze e, grazie alla capacità d‟autocritica, riuscì a portare i suoi
prodotti ad alto livello sia in ambito nazionale sia internazionale.
95
Capitolo terzo
IL MITO DI “TEX” FRA CULTURA E SOCIETÀ
3.1 La nascita di “Tex”
Cercare di riannodare tutti i fili che portano a Tex Willer, dalle
profondità del Mito del West in Italia, non è una cosa molto semplice da
fare; il ranger creato da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, in arte
“Galep”, non è un personaggio western qualsiasi, né e solo il più importante
eroe di carta italiano di tutti i tempi, quanto meno per durata. E‟ l‟insieme,
invece, di molte figure leggendarie del selvaggio West, così come sono
giunte in Italia nell‟arco di oltre un secolo, passando attraverso la fotografia,
la letteratura di genere, il cinema e la narrativa illustrata. “Tex”, però, è
anche l‟erede di tutti gli eroi popolari che lo hanno preceduto, a partire da
“Dick Fulmine”, e vanta anche antenati non trascurabili come il fumetto
“colto”.
“Tex”, in qualche modo, ha riassunto e riproposto il Mito del West così
come è stato vissuto in Europa, e principalmente in Italia, prima e dopo
stagioni chiave come quella, cinematografica, dei cosiddetti “spaghetti
western”. In più di cinquant‟anni di fortuna, nonostante lo scenario delle
sue avventure fosse sempre quello del selvaggio Ovest, “Tex” ha seguito ed
in parte rispecchiato le profonde trasformazioni del costume nella società
italiana, l‟evolversi delle vicende storiche la nascita ed il tramonto di tutte le
ideologie a partire dall‟anno in cui venne creato, il 1948.86
86
Per l‟Italia è un anno di svolta: con il primo gennaio entrò in vigore la Costituzione
repubblicana, Einaudi è presidente, Gino Bartali vince il Tour de France e Togliatti viene ferito
durante un attentato.
96
La nascita di “Tex” deve essere attribuita alla volontà di una giovane
imprenditrice, Tea Bonelli, che nell‟immediato dopoguerra aveva rilevato
dall‟ex marito Gianluigi Bonelli la casa editrice AUDACE. Quando la
donna conobbe il disegnatore Aurelio Galleppini, alias “Galep”, lo invitò a
disegnare un nuovo fumetto che rimpiazzasse il vecchio “Furio”, 87
personaggio di punta delle produzioni del momento.
Galeppini accettò l‟incarico e, assieme a Bonelli, creò un personaggio
western “comune”, destinato alle strisce, a cui venne dato il nome di “Tex
Killer”; il nome venne poi sostituito in “Tex Willer” perché considerato
troppo violento.88
Il primo numero fu pubblicato il 30 settembre 1948, con una tiratura di
50.000 copie ed un periodicità settimanale; le dimensioni del prodotto
editoriale erano abbastanza ridotte: un albetto a striscia, stampato in bianco
e nero composto di appena trentasei pagine, copertina inclusa
Il primo “Tex” aveva dei lineamenti non ben definiti, e si ispirava in
parte a Gary Cooper ed in parte allo stesso “Galep”;89 anche
l‟abbigliamento era diverso da quello che vediamo noi oggi: il ranger tutto
scazzottate e fuorilegge indossava una casacca a frange al posto della
sgargiante camicia gialla.
87
Creato nel 1940 da Carlo Cossio su testo di Gianluigi Bonelli, “Furio Almirante” apparve come
protagonista della serie “X-1 il Pugile Misterioso. Fu uno degli eroi italiani dotati di forza e
coraggio in auge durante l‟ultimo periodo fascista; a testimonianza della sua appartenenza alla
pura razza latina, sfoggiava una folta e riccioluta capigliatura corvina e si avventurava in episodi
che lo contrapponevano contro i nemici dell‟Italia. Durante la Seconda Guerra Mondiale diventò
uno strumento della propaganda fascista; nel dopoguerra, il personaggio venne sostanzialmente
modificato, senza però cogliere il favore dei lettori.
88
Va sottolineato che Galleppini riuscì a lavorare da solo al progetto editoriale per pochi anni; il
successo inaspettato del fumetto lo costrinse ad accettare l‟aiuto di altri disegnatori che, però, si
limitavano a disegnare la pagina in matita o a realizzare i fondali: i personaggi e le chine erano
un‟esclusiva di “Galep”.
89
L‟opera illustrativa di Galleppini non nasceva da documentazioni cartacee o pittoresche, bensì
da quel poco che i fotogrammi del cinema western gli avevano trasmesso; è proprio da uno dei
protagonisti di Hollywood, Gary Cooper, che il disegnatore trasse spunto per dare un volto a
“Tex”.
97
Nel corso degli anni, con l‟avvicendarsi di nuovi disegnatori, i lineamenti
del viso di “Tex” si sono fatti più duri e squadrati, e anche il suo fisico,
inizialmente asciutto, si è via via trasformato divenendo più robusto e
vigoroso90.
Sin dall‟inizio, nella proposta di “Tex”, era possibile notare delle
diversità rispetto a quello che era lo standard medio del fumetto italiano;
nella vicenda immaginata da Bonelli si scorgevano elementi narrativi ed
ambientali che non potevano confondere il prodotto nascente con altre
pubblicazioni egualmente interessate all‟universo del West. Le avventure
del ranger solitario erano inserite in un preciso territorio geografico; appunti
a margine e annotazioni inserite nel racconto testimoniavano come l‟autore
non facesse ricorso a vaghe reminiscenze ricavate da altri testi.
Con una invidiabile precisione fatti ed avvenimenti si susseguivano
attraverso una razionale identificazione di luoghi, distanze e percorsi; ogni
elemento contribuiva a dare al lettore delle precise certezze, così come del
resto era nella natura del protagonista.
Esiste un altro aspetto dell‟ epopea che, sin dalle prime puntate, stimolò
la curiosità e l‟attenzione dei lettori più accaniti: l‟elemento magico. Questo
tema, a cui gradatamente verrà data molta importanza nelle complesse
vicende di “Tex”, comprende quel “meraviglioso” che garantisce una
costante presenza di suspense all‟interno delle storie. Si include, così, il
mistero, il soprannaturale, la stregoneria, il fantastico, mescolando leggende
e superstizioni popolari, figure ricavate dal bagaglio dell‟immaginario di
Bonelli e dai suoi amati ricordi letterari.91
90
Il “Tex” realizzato dal disegnatore Claudio Villa può essere considerato una specie di clone di
John Wayne; altri disegnatori si sono divertiti a proporre visi e situazioni famose: il cattivo Juan
Velarde (“Tex” n° 328-330) è il ritratto di Vincent Price, Lee Van Cleef ha prestato il volto al
bandito di turno del n° 387, mentre Robert Mitchum allo sceriffo del n° 385.
91
Le letture che hanno segnato la passione di Bonelli per l‟avventura sono quelle che vanno da
Conrad a Grey, da Dumas a Rider Haggard e da Sabatini a Salgari.
98
Durante tutto l‟arco della sua vita, “Tex” ha sempre fatto, e continua a
fare, esperienze straordinarie e razionalmente inspiegabili che lasciano
intendere pensieri del tipo: “Non capisco, ma mi adeguo”; dopo aver
affrontato le situazioni più disparate, il mitico ranger è riuscito a maturare
un grande rispetto per l‟impenetrabile, l‟oscuro, il magico.
L‟esperienza dell‟autore fece sì che questi elementi incantevoli venissero
accettati ed apprezzati dal pubblico, in quanto abilmente inseriti in una
“chanson de geste” che non nutriva dubbi circa la propria essenza di grande
ed avvincente romanzo popolare.
3.1.1 Il mondo di “Tex”
“Tex” è figlio di un ranchero texano che da giovane aiuta il padre, il
fratello Sam e Gunny Bill, il superiore che insegnerà al giovane tutto
sull‟uso delle armi, ad occuparsi della proprietà.
Dopo aver vendicato la morte del padre, vittima dei banditi, il giovane
abbandona il ranch paterno in cerca di avventure; lavora per un rodeo, dove
si guadagna lo splendido Dinamite.92 Venuto a conoscenza dell‟assassinio
del fratello, Tex decide nuovamente di sostituirsi alla legge facendo
giustizia da solo e diventando un fuorilegge ricercato, che riesce a chiarire
la sua situazione a suon di pugni e di pallottole e che alla fine viene
nominato ranger di frontiera, mandato a combattere indiani, rapinatori e
bandoleros.
Ecco come si presentava “Tex Willer” ai suoi lettori nel 1948.
92
Dinamite è lo splendido cavallo di “Tex”, suo inseparabile compagno. Fin dalle prive
avventure il purosangue è la vera spalla del ranger, quello che nitrisce se arrivano i nemici o i
serpenti ed è pronto a volare come il vento per sfuggire agli indiani.
99
Il ranger solitario è anche capo ed agente indiano della Riserva Navajo;
profondo conoscitore della cultura dei nativi americani, che lo chiamano
Aquila della notte, egli nutre un profondo rispetto per i loro usi e costumi. 93
“Tex” ha rappresentato uno dei primi contatti degli italiani con il mondo
del selvaggio West e delle praterie americane: i fiumi tortuosi, le fitte
foreste, le montagne rocciose, le pianure erbose e sconfinate, i grandi
deserti, hanno sempre caratterizzato l‟ambiente in cui si muove il nostro
eroe.94
“Tex” è l‟ultimo erede di una serie di giustizieri insofferenti verso i
potenti, i furbi, i prevaricatori, portato a farsi giustizia da solo, in nome dei
più deboli, in un mondo in cui gli intrighi e la prepotenza si fanno beffa di
una giustizia che, per colpa degli uomini, viene spesso messa in dubbio.
In genere il ranger impiega le pistole soprattutto contro i sicari bianchi o
messicani che lo affrontano in città, a gruppetti di quattro o cinque,
cercando di ucciderlo al saloon o al ristorante. Il fuoco del suo fucile,
invece, colpisce gli indiani che notoriamente si muovono a gruppi di cento
per volta; quando gli avversari cominciano ad essere troppi, “Tex” passa ad
utilizzare la dinamite.
Il ranger è dotato di una specie di sesto senso capace di smascherare i
delinquenti con estrema facilità; questa è una delle componenti rassicuranti
dell‟intera serie: quando “Tex” picchia qualcuno, è sicuramente perché ha
davanti a sé un criminale incallito.
Un altro tema rilevante all‟interno delle storie è, come si è visto, la
vendetta; a “Tex” non basta che il malvagio venga punito, chi ha subito
un‟offesa deve anche essere vendicato. Il binomio giustizia-vendetta deriva
93
L‟autorità di “Tex” nei confronti dei suoi amici pellerossa, è rappresentata dal sacro Wampum,
la cintura simbolo di pace rispettato da tutte la tribù indiane che il predente capo navajo gli aveva
donato.
100
dal duplice ruolo del protagonista: ranger e capo bianco dei Navajos. “Tex”
crede fermamente nel suo ruolo di vendicatore, tant‟è che, solitamente,
aggiunge al sostantivo “vendetta”, l‟aggettivo “giusta”.
Agli inizi degli anni Cinquanta95 “Tex” sta via via conquistandosi nuove
simpatie per come si comporta, per i personaggi, amici e nemici, che va
incontrando, per il modo non proprio corretto di portare a termine le sue
azioni. Capitolo dopo capitolo, infatti, stermina fuorilegge, sconvolge i
piani dei trafficanti d‟oppio e di armi, sconfigge gente di ogni tipo e,
ripetutamente, si schiera dalla parte degli indiani combattendo contro il
popolo bianco.
“Tex” continuamente dà prova della sua forza interiore, delle regole
morali che lo guidano, del suo non voler essere giustiziere, bensì un
coraggioso e valoroso difensore dei diritti di chi non può difendersi.
3.2 “Tex” e la censura
“Tex” attirò fin da subito l‟attenzione di molti, probabilmente per la sua
diffusione e per la sua lunga durata; infatti, con il passare del tempo, “Tex”
riuscì a mantenere vivo l‟interesse dei propri lettori fino a crearsi un vasto
pubblico che permise proprio in queste storie, l‟identificazione di un genere
a sè stante: il western all‟italiana.
Fu questo, secondo Ermanno Detti, il motivo per cui numerosi studiosi si
interessarono al mitico rangers: Antonio Faeti gli destinò non poche pagine
94
Quando Galleppini cominciò a lavorare al fumetto nel 1948, si ispirò ai paesaggi rocciosi della
Sardegna; in seguito a dare l‟ispirazione al disegnatore fu il massiccio dolomitico della Sella.
95
La costante crescita di fiducia e benevolenza del pubblico, si manifestò nel giugno del 1952,
quando venne decisa la ristampa delle prime avventure di “Tex”; un segno decisamente positivo,
testimoniato dalla presenza in edicola di albi quindicinali (in formato verticale, composti di 36
pagine) che riproponevano, a tre a tre, le storie precedentemente pubblicate in striscia. Nel 1954
questi stessi albi, riadattati, divennero dei grossi volumi di duecento pagine, dimostrando così che
“Tex” aveva vinto la sua scommessa, assestandosi tra gli eroi più amati in Italia.
101
del saggio Dacci questo veleno, molte riviste pubblicarono lunghi articoli su
“Tex” al quale, inoltre, furono dedicati alcuni libri.96
L‟opinione di Detti, inoltre, è che “Tex” sia stata l‟unica testata capace di
far risaltare, confrontando la prima edizione con le successive ristampe, i
cambiamenti della nostra società così come vengono rispecchiate nel
fumetto.
Per operare questo tipo di confronto, Detti utilizzò le edizioni del 1948 e
del 1964, limitandosi all‟analisi dei primi venti episodi;97 la prima
osservazione è stata che le ristampe risultavano molto simili alla prima
edizione e che il numero delle strisce era rimasto invariato;98 da un punto di
vista grafico-linguistico, la preoccupazione degli autori è stata quella di
operare una trasformazione moralistica ed ideologica, un cambiamento
pesante fatto su poche ma incisive vignette.
Le differenze evidenziate da Detti durante la sua ricerca, le più
significative del clima che stava investendo il mondo dei fumetti italiani
negli anni della crisi, sono quelle che colpiscono il mondo femminile; nelle
ristampe le donne, oltre ad essere completamente vestite, non hanno più il
ruolo e l‟importanza iniziale: le coraggiose signorine di un tempo, non sono
più ritenute capaci di influenzare gli avvenimenti in prima persona. 99
Le variazioni che “Tex” subì nel linguaggio, coinvolsero espressioni
ritenute troppo forti; così il termine “scagnozzi” venne sostituito con
“uomini”, mentre altri modi di dire che caratterizzavano i personaggi,
96
L‟obiettivo di alcuni di questi lavori, era quello di capire il perché di tanta fortuna di questo
albo e si sono espresse opinioni diverse sul personaggio: c‟è chi lo considera favorevolmente,
perché protettore degli indiani, e chi invece lo reputa un tipico tutore della legge dello Stato
statunitense. I punti di vista risultano essere diversi tra loro perché relativi solo ai contenuti; si è
tralasciato di compiere delle indagini sugli elementi strutturali dell‟Albo, i quali avrebbero così
evitato inutili formulazioni di giudizi sintetici e teorici.
97
Le modifiche sviscerate ed analizzate da Detti erano presenti già nelle edizioni del 1959.
98
Nell‟affermare che tra la prima edizione e le ristampe di “Tex” non ci sono differenze fra le
vignette, Detti intende che esse non sono state tolte, ma non ne sono state aggiunte delle altre.
102
furono
completamente
cancellati:
“Perdio”. “sangue del diavolo”,
“bastardo”,…
Un‟altra trasformazione sul piano grafico è stata quella, trovata solo su
una vignetta, che riguarda la cancellazione di una ferita di sangue che
scende dalla fronte di un malvivente; lo scopo di questa modifica è, stando a
Detti, sia quello di attenuare una scena troppo cruda, sia di presentare un
“Tex” meno violento.100
L‟elemento che però ha interessato di più il critico durante il suo lavoro,
è stato il cambiamento operato nei confronti della concezione della legge e
dei suoi rappresentanti. Nell‟edizione originaria, le regole potevano essere
violate e spesso volentieri gli sceriffi venivano presentati come degli
incapaci. La paura di corruzione che invase l‟Italia delle censure, costrinse
Bonelli ad inventare sceneggiature dove non si accennasse in alcun modo
alla violazione della legge e dove non ci si prendesse gioco delle forze
dell‟ordine.
Le ragioni delle modifiche attuate da una censura, in questo caso
autoimposta dall‟autore e dal disegnatore, vanno ricercate nell‟ ambiente
culturale in cui si inserivano i lavori di Bonelli e di molti altri autori, un
mondo dove la moralizzazione era l‟obiettivo principale, dove violenza e
criminalità dovevano restare fuori dalla vita dei più giovani, considerati
talmente deboli da poter essere manipolati e corrotti dal contenuto di un
semplice fumetto.
Il motivo che indusse la Casa Editrice ad adottare questi ed altri
provvedimenti, venne spiegato ai lettori nel 1986 dallo stesso Bonelli, che
in un ampio intervento sul n°4 di “TuttoTex” dichiarò: “Nel 1951 due
99
In alcuni casi sono state modificate scene intere in cui la donna aveva, in origine, un ruolo
attivo.
100
Nelle riedizioni, “Tex” non appare più come lo spietato fuorilegge che spara per uccidere
anche se non ve ne è la necessità, ma appare piuttosto addolcito e meno sadico.
103
104
105
106
deputati democristiani, Federici e Migliori, Presentarono alla Camera un
progetto di legge che istituiva un controllo preventivo sulla stampa a
fumetti. Il progetto non fu approvato al Senato, ma proposte analoghe
(anch‟esse mai approvate) vennero ripresentate nel 1955 e nel 1958. Tanto
per darvi un‟idea, significava che, nel caso una legge simile entrasse in
vigore, ogni pagina doveva essere mostrata a una „commissione di censura
governativa prima di essere approvata. In altre parole sarebbe stata la
paralisi dell‟editoria a fumetti per ragazzi. Perciò, io e tutti gli altri editori
del settore, vivevamo nel panico e non potevamo aspettare che quella spada
di Damocle cadesse. Dunque, corremmo ai ripari, usando le stesse „armi‟
del nemico: istituimmo cioè una nostra commissione di „autocensura‟, con
tanto di marchio che appariva sulle pubblicazioni (…). Fatto sta che noi
editori, in assurde riunioni, dovevamo stabilire (o meglio cercare di
interpretare, calandoci nella mentalità dei famosi deputati) i confini della
morale”.
3.3 “Tex” e la pubblicità
Oggi come oggi, si sa, esiste un florido mercato di oggettistica varia che
riproduce i personaggi famosi dell‟editoria a fumetti e del cinema: quaderni,
zaini, magliette, penne, orologi, puzzle, pupazzi e mille altri prodotti che
vengono distribuiti ovunque, dal supermercato all‟edicola, dal negozio di
giocattoli a quello di vestiti.
La Disney da qualche anno ha aperto anche in Italia una catena di negozi,
già presente in altre parti del mondo, destinata alla promozione e alla
vendita di oggettistica ed abbigliamento legata ai personaggi più famosi che
le appartengono. In alcuni casi il riscontro d‟immagine dei protagonisti di
alcuni fumetti è più forte nel campo del merchandising, piuttosto che nelle
107
vendite in edicola: i biglietti di auguri di Charlie Brown si possono trovare
in tutte le cartolerie e risultano noti, come icone,alla maggioranza degli
habitué.
Nel caso specifico di “Tex”, il discorso cambia radicalmente. Il ranger
inventato da Bonelli, infatti, è presente nelle edicole da oltre cinquant‟anni
ed è sempre più popolare tra i fruitori di fumetti; per nulla indebolita, con
caratteristiche grafiche e di testi che non sembrano in alcun modo
dequalificarsi, la serie di “Tex Willer” continua ad incrementare le vendite.
Ci sarebbe da aspettarsi, a questo punto, che tanto successo abbia
portato, e continui a portare, un‟esplosione di oggettistica con il marchio del
noto personaggio; in realtà ciò non è accaduto, il merchandising “texiano” è
stato condotto in sordina negli anni passati ed anche oggi non offre molto,
nonostante questa sia l‟epoca della comunicazione multimediale, dove le
proposte di tipo commerciale invadono televisione e giornali.
La questione, riguardo al mercato pubblicitario legato a “Tex”, deve
essere inserita in un contesto molto ampio che concerne la tradizionale
riluttanza della casa editrice Bonelli nei confronti delle moderne tecniche di
marketing.
Fra le pagine delle più note pubblicazioni, infatti, è rarissimo, se non
impossibile, trovare qualche forma di spazio pubblicitario concesso a
pagamento; il motivo per cui ciò accade, va ricercato non all‟esterno della
casa editrice, tra le aziende ed i pubblicitari, bensì al suo interno, dove si
continua a portare avanti una precisa scelta dell‟editore fatta molti anni fa:
non mettere in vendita nessuna pagina dei fumetti, perché la presenza di
pubblicità che non riguardi iniziative della casa editrice, potrebbe infastidire
il lettore.101
101
Per Sergio Bonelli il fumetto non è unicamente un prodotto commerciale, ma un‟autentica
passione da coltivare; a questo va aggiunto che vi è nell‟editore la soddisfazione di aver
108
L‟attività dei Bonelli si è sempre rivolta univocamente al mondo dei
fumetti,102 disinteressandosi di tutto il resto; gli impegni, gli investimenti e
gli sforzi erano, e sono, rivolti alla cura dei propri prodotti, attenti ad evitare
accuratamente che i personaggi diventassero oggetto di studio e di lavoro di
qualche addetto al settore del marketing.
Con la nascita di “Dylan Dog”, le cose sono un po‟ cambiate; il
personaggio creato da Tiziano Scala nel 1986, ha rappresentato sia un boom
editoriale, sia un fenomeno di costume, tanto che i produttori di ogni genere
d‟oggettistica hanno cominciato a chiedere il permesso della casa editrice
per utilizzare il logo e l‟icona del loro “Indagatore dell‟Incubo”: fu così che
Bonelli decise di affidare ad un‟agenzia specializzata in merchandising e
licensing il compito di creare e distribuire una quantità enorme di prodotti,
dai quaderni agli orologi, dalle magliette ai videogiochi.
Nonostante “Tex” abbia sempre combattuto ad armi pari con le vendite di
“Dylan Dog”, ed avendo alle spalle decenni di successo in più rispetto al
suo antagonista, “l‟Indagatore dell‟Incubo” ha potuto essere effigiato
ovunque, mentre il mitico ranger, sul versante dei gadget, ha dovuto segnare
il passo.
Bisogna specificare, a questo punto, che il target di mercato
dell‟oggettistica
è
rappresentato
principalmente
da
un
pubblico
giovanissimo, costituito da bambini e da ragazze;103 entrambe le categorie
interessate, però, non fanno parte del tradizionale mondo dei fruitori di
fumetti di “Tex”. Quando le avventure di “Aquila della Notte” erano lette
pubblicato i propri lavori grazie al ricavato delle vendite, senza alcun tipo di sostegno esterno ,
pressioni o influenze da parte di finanziatori diversi dagli acquirenti delle edicole.
102
A differenza della casa editrice Bonelli, la Disney si è occupata, e continua ad occuparsi, di
altre produzioni, quali quelle cinematografiche e televisive, di parchi dei divertimenti, di gestione
del merchandising, considerando i fumetti solo un elemento secondario che fa parte dell‟immenso
mondo produttivo. Anche la Mondatori riteneva quello dei fumetti un settore fra i tanti di cui si
occupava e che comprendeva anche libri e riviste di vario genere.
109
con ardore e passione dai bambini, si era negli anni Cinquanta e Sessanta,
epoca in cui non prevaleva il merchandising e, quando veniva praticato,ciò
avveniva in misura estremamente limitata.
Oggi come oggi, appurato l‟interesse dei più piccoli verso questo tipo di
mercato, si deve constatare come “Tex” abbia visto progressivamente
invecchiare l‟età media dei suoi lettori: ciò farebbe pensare alla creazione di
un‟oggettistica che punti ad un target molto diverso da quello infantile,
costituito principalmente da giovani ed adulti.
A questa considerazione specifica sulle caratteristiche del fruitore di
“Tex”, bisogna aggiungere anche quella legata al decadimento del genere
western nell‟immaginario collettivo, evento che è progressivamente
coinciso con l‟incremento dell‟interesse verso i gadget e della mania per gli
oggetti firmati,
sponsorizzati
ed etichettati; questa esplosione di
consumismo di settore, avvenuta attorno agli anni Settanta, però, non
coinvolse “Tex”, poiché proprio in quegli anni il genere fumettistico
western stava vivendo il periodo più brutto e nei negozi andavano per la
maggiore i gadget degli “Sturmtruppen”, piuttosto che quelli di “Aquila
della Notte”.
Nonostante tutto, però, durante gli anni migliori per l‟editoria western,
sono stati messi comunque in commercio giocattoli legati al personaggio del
ranger creato da Bonelli: un piccolo fucile chiamato “Winchester di Tex”
(1949), dei pupazzetti raffiguranti i pards di “Tex” (1974 prodotti dalla
Lavarelli; 1979 prodotti dalla Herbert), soldatini di plastica di cow-boy ed
indiani in una busta che recava il logo di “Tex” (distribuiti dalla Globo di
Verona), il gioco di società “Tex Willer”, messo in commercio per un
pubblico di giovanissimi dalla Clementoni di Cremona (1975).
103
I ragazzi vedono nei gadget legati al personaggio dei fumetti preferito uno spunto di gioco,
mentre le ragazze sono attratte da tutto ciò che riesce a catalizzare affettuosità e pulsioni.
110
111
112
I giochi si esauriscono in quelli elencati e ad essi possono essere aggiunti
altri prodotti di poco interesse, come un costume di carnevale, una serie di
“Trasferelli” prodotti dalla Mondatori, un album di figurine,104 qualche
quaderno ed alcuni diari scolastici.
Per quanto riguarda i prodotti più recenti, creati per il pubblico più
maturo, possono essere ricordati i teli da mare prodotti nel 1983 dalla ditta
Befana, tre diversi puzzle da 250 e 1000 pezzi distribuiti attorno agli anni
Novanta dalla Mondatori e dalla Clementoni, una serie di giochi interattivi
su dischetti e su CD-ROM, un disco 45 giri contenente il motivo “La ballata
di Tex Willer”, una serie di magliette, cinture, felpe, jeans e addirittura
scarpe con il marchio di “Aquila della Notte”.
Tutta questa varietà di prodotti sarebbe rilevante, se il personaggio in
questione non fosse sulla breccia dell‟onda da ormai più di cinquant‟anni;
viene da chiedersi il motivo per cui non siano stati prodotti biglietti
d‟auguri, tappetini per il mouse, lavagnette, indumenti intimi, pantofole,
zerbini, orologi, carte da poker, cravatte ed adesivi per le automobili. Inoltre
bisognerebbe scoprire dove siano stati distribuiti gli oggetti prodotti,
considerato il fatto che è impossibile reperirli.
E‟ ovvio che una mancata pressione da merchandising può anche essere
un fatto positivo; tuttavia bisogna considerare il fenomeno che serve ad
inquadrare “Tex” quasi esclusivamente in una dimensione fumettistica,
influenzata molto poco da influssi esterni. Ma non è tutto: bisogna tener
conto della possibilità che si verifichi una sorta di transfert tra il
personaggio ed i suoi affezionati lettori. Questo potrebbe essere il punto
principale, quello da evidenziare: è una teoria da non sottovalutare, e
104
L‟album “Le figurine di Tex” è stato pubblicato nel 1979 dalle Edizioni Ediboy di Milano,
un‟azienda che non era leader del settore, cosicché la distribuzione ne risentì e non fu ottimale.
Altri editori, tra cui la famosissima Panini, si sono completamente disinteressati a “Tex”,
convinti evidentemente che il personaggio non fosse abbastanza mirato per il loro pubblico.
113
114
consiste nel giustificare lo scarso sviluppo del merchandising con l‟affinità
tra “Tex” e chi di “Tex” è un assiduo lettore.
Il lettore di “Tex”, infatti, prima o poi finisce inesorabilmente con
l‟identificarsi con il ranger, oppure sceglie l‟amato personaggio perché lo
sente affine a sé stesso.
Verrebbe da chiedersi, allora, cosa se ne farebbe l‟estimatore di “Tex”
dell‟orologio, dei boxer o di quant‟altro possa proporre il mercato dei
gadget.
E‟ facile supporre che i lettori che considerano “Aquila della Notte”
come un uomo pratico e dai modi sbrigativi ed energici, che si identificano
in lui provando soddisfazione nel vederlo prendere a pugni qualche
farabutto, non provino alcun tipo di soddisfazione nell‟acquistare dei
semplici oggetti.
Se l‟ipotesi fin qui formulata fosse corretta, vorrebbe dire che la
difficoltà incontrata da “Tex” nello sfondare nel mondo del merchandising
nascerebbe dalla sua stessa connotazione psicologica e caratteriale che
conduce il lettore a pensare, quasi per imprinting, a desiderare di vivere
un‟avventura simile a quelle del ranger, piuttosto che la penna griffata o
l‟orologio griffati.
Le mostre ed i cataloghi ed i libri su “Tex” si sono moltiplicati, segno
evidente che il pubblico texiano esiste, attento ed interessato anche ad altro
che non all‟acquisto dell‟albo in edicola. Il fatto è che, molto
probabilmente, preferisce coltivare il mito del proprio eroe così come riesce
a presentarlo la carta stampata. L‟immagine riprodotta produce un effetto
evocativo del tutto particolare: ad ognuno suggerisce qualcosa di diverso,
delle emozioni proprie e private.
Non deve stupire se i lettori accaniti di “Tex” preferiscono sfogare le loro
passioni rivolgendosi al mercato editoriale piuttosto che a quello dei
115
gadget.105 Se il pubblico texiano fosse interessato in senso consumistico al
ranger, avremmo sicuramente avuto un‟infinità di oggettini da mettere in
mostra.
Quindi, in fin dei conti, è meglio che le cose siano andate così.
3.4 “Tex” protagonista del grande e del piccolo schermo
Attorno alla seconda metà degli anni Settanta “Tex” apparve al di fuori
delle pagine degli albi a fumetti, entrando a far parte del mondo televisivo
italiano; in quegli anni suscitava grande entusiasmo un programma della
Rai, “Supergulp”,106 che proponeva le versioni animate o semi animate delle
avventure di celebri personaggi dei comics: “L‟Uomo Ragno”, “I Fantastici
Quattro” ed altri. Anche “Aquila della Notte” divenne uno dei protagonisti
di quella trasmissione: nella terza serie venne presentato il racconto
intitolato “El Muerto”.107
Il successo ottenuto dall‟innovativa trasmissione per ragazzi, suggerì a
Giorgio Bonelli, uno dei figli di Gianluigi, l‟idea di realizzare un
programma analogo incentrato esclusivamente sui personaggi editi dalla
Cepim e dalla Daim Press: nacque, così, “Tex & Company”, una serie di
fumetti in televisione che presentava ai telespettatori alcune delle più
riuscite storie di “Tex”, “Zagor” e “Mister No”, ma anche episodi tratti
dalla collana “Un Uomo un‟avventura”. Ad avere il ruolo da protagonista
105
Le avventure di “Aquila della Notte”, anche le primissime, quelle ormai lontane, vengono
continuamente ristampate, riscotendo sempre e comunque un enorme successo.
106
Il programma della Rai venne ideato da Giancarlo Governi, Guido De Maria e Franco
Bonvicini.
107
Il racconto venne firmato da Gianluigi Bonelli ed Aurelio Galleppini, ma in realtà fu ideato e
scritto da Sergio Bonelli, figlio del popolarissimo “padre” di “Tex”. questa splendida avventura,
in cui “Tex” affronta un misterioso pistolero dal viso sfigurato, venne adattata per la televisione
da Sergio Trinchero e realizzata in semianimazione da Sandro Lodolo; la voce del protagonista
apparteneva al doppiatore Renzo Stacchi.
116
era ovviamente “Tex”, presente in circa la metà degli episodi portati sullo
schermo.108
Il programma di Bonelli non proponeva veri e propri cartoni animati, ma
delle immagini fisse, le stesse che si potevano osservare all‟interno degli
albi e da cui erano tratti gli episodi della serie; ai disegni furono tolti i
classici balloons e montati in sequenze cinematografiche, per poi essere
“animati” con i movimenti della telecamera.109
Questa tecnica risultava essere molto artigianale e spesso improvvisata,
che però si dimostrò molto efficace, finendo addirittura col fare scuola; se
all‟interno dei classici cartoni è un difetto del nostro occhio a creare il
movimento, in “Tex & Company” tale illusione nasce da una certa
complicità con i telespettatori che, catturati dalla narrazione dei fatti, dal
realismo dei suoni e dal rapido susseguirsi delle immagini, ne dimenticano
la staticità.
L‟unica sequenza veramente animata fu quella che comparve nella sigla
d‟apertura del programma, ideata da Galleppini, che rappresentava “Aquila
della Notte” a cavallo del fedele Dinamite nella prateria, mentre affrontava
un feroce gruppo di indiani intenzionati ad ucciderlo.
La colonna sonora che faceva da sottofondo musicale alla sequenza era
“La ballata di Tex Willer”, tratta dal 45 giri uscito nel 1980; un pezzo
particolarmente orecchiabile che, fortunatamente, evitava nel testo
108
La regia di tutte le avventure di “Tex” è di Giorgio Bonelli, ma un ruolo fondamentale nella
realizzazione del programma l‟hanno avuto anche Ferruccio Alessandri, Dario Ciola e Mauro
Borselli, che si occuparono degli adattamenti televisivi e curarono la regia degli episodi legati
agli altri eroi del fumetto. I produttori della serie furono la Fono Roma Milano e la Sunrise
Milano.
Le avventure texiane adattate per la televisione, furono: “Tex contro Mefisto (da Tex gigante nn.
39-40) e “La valle della paura” (da Tex Gigante nn. 47-48): si trattava di storie edite a colori,
motivo per cui gli autori del programma non dovettero preoccuparsi di colorarle.
109
I movimenti della telecamera che resero meno statiche le immagini di “Tex” e degli altri
fumetti, erano zoomate, croma-key ed altri piccoli sistemi, capaci di dare l‟idea dell‟ azione.
117
l‟ingenuità e le esagerazioni della maggior parte delle sigle dei cartoni
animati.110
L‟iniziativa avviata dai Bonelli riscosse un notevole successo, tanto che
venne realizzata una nuova serie, “Tex & Company n. 2”, 111 in cui
comparvero, però, un numero uguale di episodi di “Tex”, 112 ”Zagor”, e
“Mister No” con l‟aggiunta di qualche episodio di “Ken Parker” e del
“Comandante Mark”.
Il programma contribuì molto ad accrescere fra il pubblico più giovane la
popolarità dei personaggi creati dal team dei Bonelli; il merito principale
degli autori fu quello di aver ricavato gli episodi dagli albi e di averli
trasportati sullo schermo senza alterarne né il contenuto, né i personaggi. 113
I disegni lucenti e dinamici di Galleppini permisero una fruizione chiara
ed immediata dei racconti da parte dei telespettatori.
Un altro punto di forza della serie fu la bravura con cui i doppiatori,
professionisti della Fono Roma Milano, riuscirono a conferire ai personaggi
i giusti toni, adatti alle diverse situazioni.114
110
Particolarmente interessanti erano anche le altre canzoni che costituivano la colonna sonora
del programma: “Even if you‟re not the first one”, utilizzato nella versione strumentale in molte
scene di dialogo, e “Tex „s Stomp music”, sigla finale degli episodi della seconda serie.
111
La seconda serie di “Tex & Company” fu prodotta dalla Fono Roma Milano e dalla Avelca
Video Record per la Coronado Production SRL.
112
Le avventure di “Tex” messe in onda furono: “Sangue Navajo” (da Tex Gigante nn. 51-5253), “La Valle della Luna” (da Tex Gigante nn. 55-56) e “Fort Apache” (da Tex Gigante n. 100);
tutti e tre gli episodi vennero colorati ex novo. La sigla della trasmissione era sempre la stessa,
sebbene più corta, accompagnata da immagini statiche dei vari personaggi della serie.
113
Tutte le avventure furono suddivise in due puntate della durata di venticinque minuti l‟una,
tranne i due “kolossal” “Tex contro Mefisto” e “Sangue Navajo”, che contarono rispettivamente
quattro o cinque puntate. Gli episodi furono suddivisi con intelligenza, spesso in modo tale che
alcuni episodi si concludessero in frangenti particolarmente pericolosi per il protagonista, come
avveniva nei vecchi telefilm.
114
Per quanto riguarda il doppiaggio di “Tex”, Franco Morgan fu in grado di dare al personaggio
un tono da duro senza mai scivolare in quello da spaccone, interpretandone ugualmente bene gli
accenti più miti.
118
119
Questo successo si limitò alle emittenti private in quanto, a causa dei
costi elevati di produzione, la serie non arrivò mai alla Rai; fu così che,
dopo due edizioni di successo, “Tex & Company” cessò di esistere.
Conclusa l‟avventura televisiva “Tex” approdò, nel 1985, nelle sale
cinematografiche; venne girato un film che si ispirava alle avventure del
mitico ranger: “Tex e il Signore degli Abissi”, prodotto dalla Rai in
collaborazione con Cinecittà e diretto da Duccio Tessari.
Ovviamente non fu un‟innovazione nel campo; già altri personaggi dei
fumetti erano stati trasformati in eri di celluloide.
L‟attore prescelto per interpretare il ruolo di “Tex” fu Giuliano Gemma;
il soggetto del film era stato ideato dallo stesso Gianluigi Bonelli, giacché si
basava su un‟avventura da lui scritta alla fine degli anni Sessanta in cui
“Aquila della Notte”, nel corso di un‟indagine su di un traffico d‟armi,
smascherava gli intenti rivoltosi di un gruppo di discendenti degli Aztechi.
Nonostante l‟ossatura della storia fosse la stessa degli albi a fumetti, il
racconto fu rielaborato con molta libertà, favorendo lo sviluppo di numerose
ed evidenti differenze fra il fumetto ed il film.
La trama del film attingeva soprattutto al filone fantastico della saga
texana e ciò non fu un caso; erano gli anni Ottanta, epoca in cui le
avventure di “Indiana Jones”, il celebre archeologo protagonista delle storie
ideate da Lucas e Spielberg, stavano spopolando in tutto il mondo. Popoli
primitivi, templi maledetti, sacrifici umani e crolli di caverne erano alcuni
elementi dei primi due film di “Indiana Jones”e, guarda caso, costituivano
anche il tema centrale della seconda parte del film su “Tex”, quella, alla fin
fine, meno fedele al racconto di Bonelli.
Molto probabilmente i produttori del film italiano volevano inserirsi nel
fortunato filone fantastico-avventuroso di “Indiana Jones” e, vista la sua
120
121
agilità nell‟affrontare sempre situazioni magiche e misteriose, “Tex”
rappresentava il personaggio più adatto ai loro scopi.
Sorge il dubbio, a questo punto, che per gli autori fosse più importante
sfruttare quel settore tanto famoso che interpretare il più fedelmente
possibile l‟universo di “Tex”.
La sceneggiatura del film, grazie soprattutto alle idee di Giorgio Bonelli,
non cambiò di molto i personaggi, conservando nei dialoghi un‟impronta
abbastanza texiana. Furono riproposte espressioni come “tizzone d‟inferno”,
o “vecchio satanasso”. Nonostante ciò, però, i dialoghi non riuscirono ad
eguagliare il brio di quelli realizzati da Gianluigi Bonelli per le pagine del
mensile; mancavano, infatti, le caratteristiche espressioni fantasiose e
l‟umorismo spaccone di “Tex” durante i pestaggi e le scazzottate.
Anche se è evidente il tentativo del film di esaltare la figura del
protagonista, il “Tex” cinematografico non riuscì a sfoderare tutto il suo
carisma, la grinta e la sicurezza che i lettori dei fumetti amano ed
apprezzano da sempre. Giuliano Gemma, sostanzialmente, interpretava il
ruolo del raddrizzatore di torti, che arriva, uccide tutti e se ne va; oltretutto,
per troppe volte, si è trovato in difficoltà, costretto a chiedere aiuto ai
compagni per salvare la pelle.
Se la sceneggiatura fosse stata affidata a Gianluigi Bonelli, il film
sarebbe risultato più convincente. Nonostante le buone intenzioni degli
autori, il tentativo di rifacimento televisivo effettuato con “Tex e il Signore
degli Abissi”, resta imperfetto.
Il film potrebbe essere classificato come prodotto di serie B, colpevole di
non essere riuscito a presentare al meglio il personaggio del mitico ranger e
dei suoi compagni.
122
123
Non v‟è dubbio che tentare di ricreare in un paio d‟ore di pellicola un
personaggio che si contraddistingue da più di cinquant‟anni, è un‟impresa
ardua e faticosa, ma il successo di più recenti film basati sui personaggi dei
fumetti come “Batman” induce a non disperare.
A questo punto è evidente che, fino ad oggi, le migliori apparizioni di
“Tex” sullo schermo restano quelle degli audiovisivi ideati da Bonelli.
D‟altra parte, per far sognare i lettori di “Tex”, non sono indispensabili
gli effetti speciali del piccolo e del grande schermo: ci riescono
efficacemente, da quasi cinquantaquattro anni, le più umili tavole illustrate
che attendono in edicola centinaia di migliaia di lettori.
124
125
Conclusioni
I fumetti possono essere collocati fra i grandi media di massa; infatti, per
quanto il contenuto tecnologico delle strisce possa essere rimasto semplice,
la quantità e la qualità potenziale del loro messaggio e la loro forza iconica
è sempre stata molto grande.
L‟importante ruolo assunto da questo potente mezzo di comunicazione
all‟interno della nostra società non può essere messo in discussione; i
fumetti, oggi, devono essere considerati uno dei fenomeni più appariscenti e
caratteristici del tempo, di questa società che ha fatto dell‟immagine
un‟importante veicolo d‟informazioni socioculturali, capace di rivolgersi,
con i suoi messaggi iconici, ad un pubblico differenziato, in grado di
comprenderne immediatamente i significati.
Dalla ricerca effettuata sull‟evoluzione del fumetto dalle sue origini ai
giorni nostri, è emerso chiaramente come questo mezzo abbia, per molto
tempo, destato reazioni di scandalo e preoccupazione a causa dei modelli di
vita e delle ideologie proposte.
Si è visto come alcune scene di violenza e crudeltà abbiano generato, fra
gli studiosi, ma anche fra gli insegnanti ed i genitori, la paura che i fumetti
potessero, in qualche modo, deviare il comportamento degli individui più
semplici delle masse popolari. La convinzione che accomunava molti critici
era quella che il fumetto mettesse in pericolo l‟equilibrio psicologico dei
ragazzi che dovevano essere protetti; per molti, abituati ad un tipo di cultura
tradizionale, essi erano un prodotto diseducativo e nocivo, un incentivo alla
pigrizia mentale che contribuiva a disabituare i giovani alla lettura.
126
Negli anni duri della censura, pochi si rendevano conto di quanto il
mondo dei comics fosse un fenomeno curioso e meritevole di essere
analizzato in tutti i suoi aspetti socio-economici e psicologici.
Di contro si è visto come, a partire dagli anni Sessanta, sia nato un vivace
interesse sociologico per una forma di espressione tipica di questa società
dei consumi.
Gli interventi e le ricerche delle varie discipline proposte in questo
elaborato, hanno dimostrato ampliamente come i fumetti possano essere
inseriti a pieno titolo fra gli argomenti degni di interesse interdisciplinare.
Si è visto come la psicologia abbia evidenziato la forte capacità
comunicativa del fumetto che, grazie all‟esistenza di una connessione molto
stretta fra creatività ed espressione artistica al suo interno, crea un rapporto
fra la produzione e la realtà sociale in cui essa viene attuata.
I contributi apportati dagli studi sociologici sul fumetto, hanno mostrato
la capacità del medium di rispecchiare in maniera fedele la realtà sociale di
ogni epoca, le ideologie politiche, le trasformazioni sociali, i miti e le
aspirazioni collettive, attivi nel rispondere ai bisogni che i contesti storici
hanno creato, e continuano a creare, nei lettori di ogni età.
L‟analisi svolta sul ruolo che la semiologia ha all‟interno delle ricerche
multidisciplinari sul mondo dei fumetti, ha permesso di individuarne le
caratteristiche in quanto strumento narrativo a sé stante, e di comprenderne i
contenuti più profondi. Tali approfondimenti hanno permesso di
differenziare
il
fumetto
dagli
altri
mezzi
di
comunicazione,
caratterizzandolo sempre di più come genere a sé.
Da un punto di vista strettamente legato all‟ambito scolastico, si è visto
come i risultati ottenuti dalle ricerche semiologiche abbiano contribuito a
far introdurre il fumetto all‟interno dei libri di testo, di guide o di riviste
didattiche; le attività proposte prevedono essenzialmente opere di
127
smontaggio del mezzo con lo scopo di condurre gli studenti verso una
lettura più consapevole ed approfondita del prodotto.
Si è potuto constatare, però, che tutte queste attività, nella maggior parte
dei casi, si riducono a pure e semplici esercitazioni; il motivo di queste
banalizzazioni nell‟utilizzazione del mezzo, può essere ricondotto all‟uso
che gli insegnanti fanno del materiale a loro disposizione che, come si è
visto, molto spesso è limitato a causa della mancanza di cognizioni
fondamentali più ampie che permettano di andare oltre.
Se la scuola vuole avvicinarsi in modo proficuo al mondo dei fumetti,
non deve sfuggire il contatto con il fumetto stesso; la necessità di un
rapporto reale con l‟oggetto studiato dovrebbe essere un principio valido per
tutte le discipline. È importante riconoscere, quindi, il principio basilare
della necessità di introdurre nella scuola ciò che di importante avviene fuori
da essa, riconoscendo in tal modo che non solo la televisione ed il cinema,
ma anche il fumetto ha un peso nelle esperienze extrascolastiche dei
giovani, tale da divenire per forza di cose un argomento degno di molte
attenzioni.
La letteratura scientifica si è occupata molto del fumetto sul quale, però,
non è stato detto ancora tutto; vi è la necessità di entrare più nel merito per
superare ogni genere di necessità e schematismo.
Nel corso della ricerca bibliografica effettuata, è stato possibile
evidenziare come questo tipo di lavoro sia stato, in qualche caso, iniziato e
come l‟attenzione di critici e studiosi si sia concentrata in modo particolare
su “Tex” considerato da molti anni, emblema italiano del settore.
L‟indagine effettuata sulla figura del più celebre ed amato eroe del
fumetto italiano, ha evidenziato i motivi e le modalità con cui il
protagonista della serie è riuscito ad entrare a far parte dell‟immaginario
collettivo.
128
Con le sue cavalcate sotto il cielo del selvaggio West, “Tex” si è
trasformato in un eroe popolare; ognuno dei suoi lettori, dall‟appassionato
al lettore occasionale, può trovarvi mille sfumature, significati e addirittura
sentimenti diversi. Gli elementi di pathos caratteristici di “Tex Willer”,
attraggono e coinvolgono il lettore, lo soddisfano e lo tengono in continua
tensione.
Si è potuto constatare come “Tex” sia amato perché, in un‟epoca in cui
emerge il bisogno di giustizia, di immaginare un mondo equo e giusto, le
sue avventure benché inverosimili, nel senso che non rispecchiano alcuna
realtà che possiamo incontrare,sotto i cieli del mitico West, invece, tutto
diventa possibile e ci si può ritrovare in un mondo diverso, dove cattiveria
ed ingiustizie non restano impunite.
Da “Tex”, quello stesso giustiziere che talvolta sentiamo dentro di noi,
proprio perché frustrato, traiamo beneficio poiché ci proiettiamo in un
mondo onirico: tutto ciò ci procura una certa vitalità, convince che nella
giustizia, sia pure a livello virtuale, si può ancora credere.
I lettori di “Tex” sanno che le loro aspirazioni ed i loro sogni sono forti
al punto tale da costituire una realtà che spesso, nel corso della storia, è
stata alla base di progressi, sovversioni e sviluppi.
La speranza è che “Tex” continui per questa strada anche nei prossimi
anni: ben fatto, con storie belle ed accattivanti, ancora protagonista di
numerosi dibattiti.
Le polemiche, le riflessioni e le opinioni personali sono più che legittime,
proprio perché il fumetto non è un fenomeno da sottovalutare del tutto.
I fumetti stanno vivendo una stagione particolarmente felice e fortunata:
sono un medium a cui oggi semiologi e pedagogisti dedicano molta
attenzione, la critica se ne occupa frequentemente con particolare interesse
nei confronti dei contenuti e agli stili dei disegnatori. L‟editoria lancia in
129
continuazione sul mercato nuovi prodotti accattivanti e raffinati,
affiancandoli ad eleganti riedizioni di vecchi personaggi e di vecchie storie.
I fumetti, presi globalmente, rappresentano una nuova dimensione di vita
e di pensiero, un nuovo genere di letteratura che interessa a tutti i livelli
sociali milioni di appassionati di ogni età.
Quello che interessa di più è che ormai i fumetti fanno parte del nostro
consumo quotidiano, come il cinema, la televisione ed i settimanali
illustrati, ed ha acquisito un peso rilevante nella vita culturale di tutti i
giorni, in quanto incidono notevolmente sulla formazione psicologica e
ideologica dell‟uomo medio e contribuiscono a fornirgli modelli,
suggestioni e reazioni emotive sui quali egli costruisce una propria
immagine nella società in cui vive e lavora.
130
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